Presidente. L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0004/2006), presentata dall’onorevole Vittorio Agnoletto a nome della commissione per gli affari esteri, sulla clausola relativa ai diritti dell’uomo e alla democrazia negli accordi dell’Unione europea (2005/2057(INI)).
Vittorio Agnoletto (GUE/NGL), relatore. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, la clausola relativa ai diritti dell’uomo e alla democrazia ha una lunga storia all’interno del Parlamento e parte dal presupposto che i diritti civili e politici ma, intesi in senso lato, anche quelli economici, sociali e culturali, debbano essere al centro della politica dell’Unione europea.
Le clausola nasce nei primi anni ’90 con l’accordo di Lomé e, proprio nel 1990, è stata applicata anche all’Argentina. Nella sua relazione annuale, il Parlamento europeo chiede ogni anno che questa clausola assuma un maggiore significato ed esorta il Consiglio a conferire al Parlamento un ruolo più importante nella sorveglianza della sua applicazione. Finora, le richieste del Parlamento non hanno ottenuto risposte soddisfacenti. Attualmente la clausola è inserita in più di cinquanta accordi e viene applicata a oltre centoventi paesi. A tale proposito, va sottolineata l’importanza dell’Accordo di Cotonou, firmato con i paesi ACP nel giugno del 2000, che ha potenziato il ruolo di questa clausola.
Il primo punto che vorrei affrontare riguarda il Parlamento europeo. Esso deve dare il proprio parere conforme a un accordo prima della sua entrata in vigore, ma non è chiamato a pronunciarsi sull’avvio di una consultazione o sulla parziale sospensione di un accordo. Ciò sminuisce il suo ruolo istituzionale e, più in generale, politico.
Per tale motivo ritengo importante sottolineare che il Parlamento non è più disposto a dare il proprio parere conforme a nuovi accordi internazionali che non contengono una clausola relativa ai diritti dell’uomo e alla democrazia. Il Parlamento ritiene di dover partecipare alla definizione del mandato negoziale relativo ai nuovi accordi con paesi terzi e, soprattutto, all’elaborazione delle loro finalità politiche e di promozione dei diritti umani. Inoltre, il Parlamento chiede di essere coinvolto nel processo decisionale concernente l’avvio di una consultazione o la sospensione di un accordo, o ancora la sospensione di eventuali misure adeguate negative che sono già state imposte a un paese. Infine, il Parlamento chiede di essere associato al Consiglio di associazione e alle sottocommissioni sui diritti umani e auspica che le sue delegazioni interparlamentari svolgano un ruolo rafforzato al riguardo, iscrivendo regolarmente all’ordine del giorno delle riunioni discussioni sulla clausola democratica.
Un altro punto che vorrei affrontare riguarda la reciprocità tra l’Unione europea e i paesi terzi, che finora non è stata pienamente sfruttata. Ritengo inoltre che la clausola debba essere applicata in relazione alla violazione di cui si discute e non in relazione al paese di cui si discute.
E’ altresì necessario estendere la clausola a tutti i nuovi accordi tra l’Unione europea e i paesi terzi – industrializzati o in via di sviluppo – includendo gli accordi settoriali e gli aiuti commerciali, tecnici o finanziari, sull’esempio di quanto è stato realizzato finora per i paesi ACP.
E’ necessario prevedere l’iscrizione sistematica delle questioni attinenti ai diritti umani all’ordine del giorno del Consiglio di associazione. A tale proposito, si ritiene che il capo delle delegazioni esterne della Commissione nei paesi terzi debba svolgere un ruolo più importante e si chiede l’elaborazione di documenti strategici pluriennali paese per paese, che devono essere discussi regolarmente.
E’ inoltre previsto un dialogo strutturato tra il Consiglio di associazione e la sua sottocommissione sui diritti umani. Si chiede l’istituzione generalizzata delle sottocommissioni sui diritti umani, incaricate di verificare il rispetto, l’applicazione e l’implementazione della clausola democratica, nonché di proporre azioni specifiche positive, volte al miglioramento della democrazia e dei diritti umani. E’ importante sottolineare che si chiede l’inclusione e la consultazione in queste sottocommissioni dei rappresentanti dei parlamenti e delle organizzazioni della società civile.
Vi è poi un ulteriore aspetto estremamente importante. Con questa risoluzione noi riconosciamo che finora l’applicazione della clausola è stata resa più difficile dal requisito dell’unanimità in seno al Consiglio per l’avvio di una procedura di consultazione. Si chiede pertanto l’abolizione dell’unanimità e, a tal fine, la revisione dell’articolo 300, paragrafo 2, del Trattato che istituisce la Comunità europea, che limita il ruolo del Parlamento europeo in questi casi.
Infine, se da un lato si ritiene che la clausola debba essere applicata a tutti i paesi e a tutti gli accordi, dall’altro lato si ritiene che con i paesi interessati dalla nuova politica di vicinato si potrebbe prevedere la firma di accordi che vadano oltre la clausola democratica, basati sulla condivisione di istituzioni comuni per la promozione dei principi democratici e dei diritti umani, sull’esempio del Consiglio d’Europa e degli accordi regionali.
Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, accolgo con favore questa relazione sulla clausola relativa ai diritti dell’uomo e alla democrazia negli accordi dell’Unione europea, redatta dagli onorevoli deputati e in particolare dall’onorevole Agnoletto, nonché la risoluzione oggi all’esame del Parlamento europeo.
Dal 1995 le clausole relative ai diritti dell’uomo vengono sistematicamente inserite negli accordi esterni e, a dieci anni di distanza, è giunto il momento di fare il punto sui risultati raggiunti. Tutte le Istituzioni comunitarie devono collaborare a tal fine, e ribadisco il mio impegno a favore di un dialogo costante, ma anche molto concreto, con il Consiglio e il Parlamento, per il quale questa relazione costituisce un’ottima base.
Inizierò col sottolineare quanto è stato fatto finora: va detto che siamo già più che a metà dell’opera. Dopo discussioni spesso difficili e negoziati molto complessi, la Commissione ha garantito, come si è detto, l’inclusione di una clausola relativa ai diritti dell’uomo e alla democrazia in più di 50 accordi; tale clausola si applica a oltre 120 paesi. Di fatto, ne sono un esempio importante gli articoli 9 e 96 dell’accordo di Cotonou. Nell’ambito della politica commerciale, il regime speciale di incentivazione per lo sviluppo sostenibile e il buon governo, noto come “SPG+”, fornisce vantaggi supplementari a paesi che applicano, inter alia, talune norme internazionali nell’ambito dei diritti umani e sociali; si tratta quindi di un incentivo positivo.
Le clausole relative ai diritti dell’uomo hanno già un impatto evidente e, con la loro mera esistenza, sostengono molte delle nostre attività nel campo dei diritti umani. I diritti umani rivestono un ruolo di spicco in ogni dialogo politico che intratteniamo con i nostri partner. Stiamo istituendo sottocommissioni sui diritti umani con un numero sempre maggiore di partner e, di fatto, i piani d’azione della politica europea di vicinato contengono sezioni molto particolareggiate sui diritti dell’uomo.
La Commissione, nell’ambito della troika, avvia ogni anno diverse azioni diplomatiche sulle questioni dei diritti umani e l’Iniziativa europea per la democrazia e i diritti dell’uomo finanzia progetti in materia di diritti dell’uomo in tutto il mondo. La Commissione sta inoltre finanziando diversi progetti di assistenza tecnica con un impatto sui diritti dell’uomo, che vanno, ad esempio, dal miglioramento della formazione delle forze di polizia all’ammodernamento del sistema giudiziario nei paesi partner. Lo Stato di diritto è uno dei settori più importanti in cui, a mio avviso, possiamo davvero fare la differenza.
Vorrei inoltre rilevare quanto sia le ambasciate degli Stati membri che le delegazioni della Commissione siano attive in quest’ambito. I capi missione dell’UE, a cadenza periodica, elaborano collettivamente schede informative, riferiscono in merito all’attuazione dei vari orientamenti comunitari sui diritti umani e analizzano nei dettagli gli sviluppi relativi ai diritti dell’uomo e alla democrazia in determinati paesi. Le relazioni sulla situazione politica che vengono redatte dalle delegazioni della Commissione affrontano sempre più spesso questioni riguardanti i diritti umani.
Occorre valutare in maniera globale l’efficacia avuta finora dalla clausola relativa ai diritti dell’uomo. La clausola relativa ai diritti dell’uomo e alla democrazia è, di per sé, un modo importante di dimostrare l’impegno comune dell’Unione europea e dei suoi partner a favore del rispetto, e anche della promozione, dei diritti umani. La clausola relativa ai diritti dell’uomo spiana la strada allo sviluppo di un dialogo più profondo e intenso sulle questioni relative ai diritti umani. Inoltre, l’esistenza di queste clausole può, in alcuni casi, persino contribuire a scoraggiare eventuali violazioni dei diritti dell’uomo.
Per quanto riguarda le sanzioni, mi preme sottolineare che la frequenza dell’imposizione chiaramente dipende meno dalla formulazione della clausola relativa ai diritti dell’uomo che dalla volontà politica degli Stati membri, nonché degli altri Stati. Convengo che, se non si applicano sanzioni a seguito di gravi violazioni dei diritti dell’uomo, la credibilità della politica UE sui diritti dell’uomo può risultarne compromessa.
Da parte sua, la Commissione vorrebbe talvolta assistere a un impiego più incisivo di queste clausole, ma la soluzione non consiste nell’inserirne un numero maggiore nell’accordo. Dobbiamo invece svolgere un’opera di sensibilizzazione e ottenere il consenso dell’intera Unione europea sull’importanza delle questioni relative ai diritti dell’uomo rispetto ad altre priorità. La relazione apporta dunque un prezioso contributo in tal senso.
Quanto alla partecipazione del Parlamento alla negoziazione o alla sospensione di un accordo, come ben saprete queste procedure sono chiaramente stabilite dal Trattato e riflettono la struttura interistituzionale dell’Unione europea. Il Parlamento svolge già un ruolo inestimabile, perché concentra la propria attenzione sulle questioni attinenti ai diritti dell’uomo attraverso l’operosa attività della sottocommissione sui diritti umani, attraverso la sua relazione annuale sui diritti umani nel mondo e attraverso le varie risoluzioni e discussioni su particolari questioni riguardanti i diritti dell’uomo. Accolgo inoltre con estremo favore la proposta volta a far sì che le delegazioni interparlamentari affrontino le questioni concernenti i diritti umani in maniera molto più sistematica. Penso che anche a questo proposito possiate svolgere un ruolo importante.
Sono inoltre favorevole a una revisione del formato dell’attuale relazione annuale dell’Unione europea sui diritti umani al fine di farne un documento pienamente interistituzionale e di inserirvi un’analisi dell’applicazione delle clausole relative ai diritti dell’uomo.
In conclusione, vorrei ribadire che, per misurare il successo delle clausole relative ai diritti dell’uomo, occorre constatare i progressi compiuti nell’ambito del coinvolgimento dei partner in un dialogo autentico e nelle consultazioni sui diritti umani, nonché i miglioramenti della situazione dei diritti umani che ne sono successivamente scaturiti.
Negli ultimi dieci anni, le clausole relative ai diritti dell’uomo hanno costituito una base indispensabile per sviluppare con i nostri partner un dialogo davvero efficace sui diritti dell’uomo, perché è così che questi paesi modificano lentamente il loro comportamento. Questo non significa, tuttavia, che non vi sia un margine di miglioramento: un margine di miglioramento c’è sempre e sono ansiosa di assistere al dibattito odierno e di instaurare un dibattito attivo e costante con il Parlamento. Siamo pronti ad ascoltare, ma vorremmo anche contribuire al miglioramento della situazione dei diritti umani nel mondo.
(Applausi)
Fernando Fernández Martín (PPE-DE), relatore per parere della commissione per lo sviluppo. – (ES) Signor Presidente, signora Commissario Ferrero-Waldner, onorevoli colleghi, l’inclusione di una clausola relativa ai diritti dell’uomo nei nostri accordi internazionali è uno dei tratti distintivi dell’Unione europea. Il suo contenuto si è andato evolvendo nel corso del tempo, adeguandosi alla natura degli accordi siglati successivamente, che ora sono più di 50 e vengono applicati in oltre 120 paesi, come ha appena ricordato il Commissario. Purtroppo, talvolta questo non ci ha impedito di sospendere i nostri accordi a causa di violazioni dei diritti dell’uomo.
Riguardo alla relazione in esame, la commissione per lo sviluppo intende rilevare i seguenti punti.
Primo, affermiamo che i diritti dell’uomo hanno carattere universale e indivisibile e che esiste una stretta interdipendenza tra tali diritti, la democrazia e lo sviluppo.
Secondo, vogliamo sottolineare che la lotta contro la povertà è una nostra priorità e che potremo sconfiggere questa piaga solo adottando un approccio globale ai processi di democratizzazione e sviluppo.
Terzo, insistiamo sulla necessità di una duplice impostazione della condizionalità: una condizionalità positiva nei confronti dei paesi che compiono maggiori progressi e una condizionalità negativa in caso di violazioni gravi e continuate.
Quarto, poniamo l’accento sui valori esemplari dell’accordo di Cotonou, per la sua ampia applicazione a 77 paesi e per l’efficacia e la flessibilità della clausola sospensiva prevista dall’articolo 96, che lo rende l’unico accordo ad essere sfociato nell’imposizione di sanzioni e ad aver funzionato relativamente bene.
Quinto, insistiamo sulla trasparenza quale uno dei nostri principi fondanti.
Sesto, appoggiamo tutte le misure volte realizzare gli Obiettivi di sviluppo del Millennio e, a tale proposito, accogliamo con favore la decisione del G8 di condonare il debito ai 18 paesi più poveri del mondo.
Settimo, chiediamo un maggiore impegno da parte dei paesi con cui collaboriamo per il raggiungimento di questi Obiettivi.
Ottavo, ci rammarichiamo per alcune decisioni adottate dalla Commissione, che non condividiamo, quali la cessazione delle sanzioni al Sudan, visti i gravi fatti avvenuti nella regione del Darfur.
Glyn Ford (PSE), relatore per parere della commissione per il commercio internazionale. – (EN) Signor Presidente, la mia commissione accoglie con favore la relazione dell’onorevole Agnoletto, che, con pochissime riserve, sosteniamo in toto. Abbiamo infatti adottato il nostro parere, che riprende le affermazioni dell’onorevole Agnoletto, con una maggioranza di 20 voti a 1.
Come ha affermato il Commissario, a 14 anni dall’inizio dell’inclusione di questi accordi sui diritti umani, è ora di fare il punto sulla situazione. Dal 1995, la clausola relativa ai diritti dell’uomo è stata invocata in 12 casi: contro Niger, Guinea-Bissau, Repubblica centrafricana, Togo, Haiti, da dove sono appena rientrato dopo aver partecipato a una missione di osservazione elettorale, Comore, Costa d’Avorio, Figi, Liberia e Zimbabwe. La clausola relativa ai diritti dell’uomo ha inoltre impedito di concludere accordi con Australia e Nuova Zelanda e, in seguito all’evoluzione del governo di Lukashenko verso un regime sempre più autoritario, anche con la Bielorussia.
Siamo favorevoli all’inclusione della clausola e vorremmo che venisse estesa anche agli accordi commerciali settoriali. A nostro avviso, dovrebbero essere introdotti parametri di riferimento specifici e possibilmente un ventaglio di criteri più ampio per rispondere alle violazioni dei diritti umani. Chiediamo alla Commissione di stabilire un meccanismo di monitoraggio che colleghi l’attuazione e la sospensione temporanea di accordi commerciali e di misure commerciali autonome all’osservanza, da parte del paese beneficiario, delle basilari norme democratiche e al suo rispetto dei diritti dell’uomo e delle minoranze, come indicato nella relazione annuale del Parlamento europeo sui diritti umani nel mondo.
Come la signora Commissario, penso anch’io che, se la partecipazione del Parlamento europeo è prevista per quanto riguarda l’adozione della clausola negli accordi commerciali e di altro tipo, non è formalmente prevista per quanto riguarda l’applicazione della clausola. Chiediamo tuttavia che la Commissione, di propria iniziativa, in futuro associ più sistematicamente il Parlamento europeo alla verifica dell’applicazione delle clausole sui diritti umani o di requisiti analoghi.
Giorgos Dimitrakopoulos, a nome del gruppo PPE-DE. – (EL) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, desidero innanzi tutto congratularmi con il relatore, onorevole Agnoletto, per l’ottimo lavoro che ha presentato.
A mio avviso è importante che, nella sua relazione, l’onorevole Agnoletto faccia riferimento al nuovo ruolo che occorre conferire al Parlamento europeo, non solo per quanto riguarda gli accordi negoziali con i paesi terzi, ma anche in materia di applicazione e controllo. In questa maniera il quadro istituzionale entro cui tali accordi vengono conclusi verrebbe ampiamente modificato.
L’onorevole Agnoletto raccomanda a ragione di estendere la clausola relativa ai diritti dell’uomo a tutti i settori e a tutti i paesi e il precedente che utilizza a sostegno della sua posizione è interessante. L’onorevole Agnoletto chiede a ragione di attuare un migliore controllo e una migliore procedura di monitoraggio al fine di stabilire se le parti si attengono all’accordo siglato; spesso, infatti, come tutti sapete, firmare è facile, mentre è difficile rispettare gli impegni assunti. L’onorevole Agnoletto cita a ragione la necessità di istituire, tra le altre cose, un meccanismo sull’applicazione degli accordi. Il collega sottolinea a ragione che occorre accordare un’elevata priorità alla dimensione dei diritti umani all’interno di tale meccanismo. Infine, nella conclusione finale, il relatore afferma a ragione che è ormai giunto il momento di esaminare una nuova clausola il cui contenuto rifletta tutti gli argomenti delle nostre discussioni e tutto ciò che raccomandiamo in molte occasioni o che, in altre, critichiamo tramite il processo europeo.
Il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, come sapete, ha presentato un emendamento che, per quanto ne so, è stato accolto dall’onorevole Agnoletto e, di conseguenza, il PPE-DE può sostenere la sua relazione.
María Elena Valenciano Martínez-Orozco, a nome del gruppo PSE. – (ES) Signor Presidente, il rispetto dei principi democratici e dei diritti umani fondamentali, così come definito nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, ispira le politiche interne ed esterne delle parti e costituisce un elemento essenziale degli accordi internazionali dell’Unione europea.
La farraginosa e vaga formulazione della clausola democratica che ho appena citato ha molti limiti ed è priva dei meccanismi necessari ad assicurarne la corretta operatività. Il risultato è che, spesso, la clausola viene utilizzata come alibi o come esempio retorico, senza che ne scaturiscano conseguenze concrete.
La relazione oggi in esame intende porre fine a questa situazione, rafforzando giuridicamente l’efficacia della clausola. Per questo noi socialisti abbiamo formulato varie proposte, che sono state inserite nel testo e ce ne rallegriamo. Colgo l’occasione per congratularmi con l’onorevole Agnoletto e ringraziarlo per il suo lavoro e la sua comprensione.
Tuttavia, non vogliamo illuderci. Questa relazione d’iniziativa dovrà fare nuovamente i conti con la realtà quando ci accingeremo ad applicare la clausola.
L’Unione europea deve promuovere l’introduzione della clausola seguendo le raccomandazioni della presente relazione, e questa è la richiesta che avanziamo oggi in seno all’Assemblea. L’Unione europea dovrà continuare a dare prova di una grande volontà politica affinché il rispetto dei diritti umani costituisca effettivamente un valore aggiunto negli accordi internazionali e nella promozione della dignità, affinché l’introduzione della clausola non sia lettera morta e non la si utilizzi in maniera ipocrita, applicandola solo a seconda dei nostri interessi. A tal fine l’Europa deve assumere un impegno effettivo nei confronti dei diritti umani, un impegno efficace, credibile e coerente.
Per individuare le violazioni dei diritti umani possiamo applicare un meccanismo di avvertimento, che ci permetta di intervenire in maniera appropriata e di reagire per tempo. L’Europa deve mantenere la reciprocità nell’applicazione della clausola relativa ai diritti dell’uomo, perché dobbiamo essere in grado di mantenere un dialogo franco e aperto con i paesi con cui abbiamo raggiunto un accordo, e dobbiamo anche saper ascoltare le critiche espresse dai paesi partner, ad esempio sul trattamento riservato da noi europei ai loro cittadini, e agire di conseguenza.
L’Europa deve mantenere una posizione credibile. I diritti umani non possono essere utilizzati come merce di scambio. Non possiamo anteporre la loro difesa ad altri interessi momentanei. L’Europa deve agire in maniera onesta e trasparente. Dobbiamo invocare la fine della pena di morte in India, Cina, Giappone e negli Stati Uniti. Dobbiamo esigere la fine della tortura laddove viene perpetrata, che si tratti di Guantánamo, dell’Iraq o della Siria.
In un mondo ossessionato dai benefici a breve termine e dalla sicurezza, non possiamo abbassare la guardia nella difesa dei nostri diritti universali.
Sajjad Karim, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, nel maggio 1995 il Consiglio decise che, per promuovere i diritti fondamentali e gli ideali democratici dell’Unione europea, occorreva inserire una clausola sul rispetto dei diritti umani quale elemento essenziale di tutti gli accordi bilaterali.
Nei dieci anni trascorsi dalla sua introduzione, la clausola ha retto al rigoroso vaglio della Corte di giustizia europea ed è stata inserita in oltre 50 accordi comunitari. In questi dieci anni, tuttavia, l’Unione europea è stata criticata per non aver messo in pratica gli strumenti sui diritti umani di cui dispone nell’ambito delle relazioni esterne ed è diventato sempre più evidente che, nelle relazioni con paesi chiave, i partenariati strategici e il doppiopesismo della Realpolitik continuano a offuscare i diritti umani fondamentali che questa clausola cerca di proteggere.
A titolo illustrativo cito il fatto che, nonostante ciò che chiediamo sulla carta, il dibattito innescato dall’elezione della nuova Autorità palestinese ha chiaramente dimostrato che l’attuazione dipende essenzialmente dalla volontà politica dell’Unione europea di anteporre le questioni relative ai diritti umani agli interessi economici e politici. Prima che l’Autorità democraticamente eletta avesse la possibilità di organizzarsi, l’accordo UE-Palestina è stato riveduto sulla base dei diritti umani in un modo che è stato respinto sia dal Consiglio che dalla Commissione, che lo hanno ritenuto inutile in quanto avrebbe precluso la possibilità di esercitare qualsiasi tipo d’influenza. Tuttavia, quando le è stato chiesto di esprimersi sull’accordo di associazione UE-Israele, nonostante la sfilza di risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU disattese da Israele e il suo evidente sprezzo per la Corte internazionale di giustizia, visto che continua ad annettere Gerusalemme est e a negare al popolo palestinese il diritto all’autodeterminazione, come ha reagito l’Unione europea?
Ho aspramente criticato la gestione dell’accordo di associazione UE-Israele, analizzando attentamente la scrupolosa applicazione della clausola relativa ai diritti dell’uomo in diverse occasioni in quest’Aula. Eppure non sento altro che eufemismi, ovvero che dobbiamo mantenere la nostra influenza e proseguire il dialogo. Se il Consiglio e la Commissione non riescono a spiegare chiaramente a quest’Aula come utilizzano in modo coerente, efficace e trasparente la clausola relativa ai diritti dell’uomo, come possono aspettarsi che il Parlamento sia disposto a dare il proprio consenso a nuovi accordi internazionali?
Il vago criterio e le inadeguate procedure contenute in questo strumento non mi hanno permesso di cogliere la logica sottesa ad alcune decisioni adottate dall’Unione europea, né aiutano l’UE a difendersi dalle accuse di ambivalenza e discriminazione dinanzi a gravi violazioni dei diritti umani. Da un testo rivisto deve scaturire un meccanismo concreto, da attuare gradualmente, che vada dal dialogo a segnali di avvertimento e preveda uno spettro di strumenti, a partire da gravi sanzioni fino alla sospensione, volto a dotare di maggiore influenza e autorità i nostri interventi nel caso di persistenti violazioni dei diritti umani. Questo strumento dovrebbe inoltre basarsi sul principio della reciprocità sia per quanto riguarda le violazioni perpetrate sul territorio europeo che quelle commesse all’estero. Se qualcosa è emerso dalla controversia sulle operazioni illecite della CIA in Europa è che, in materia di diritti umani, l’UE non è stata in grado di mettere ordine al proprio interno.
Non si può attribuire un’eccessiva importanza a quest’ultima svolta nella guerra al terrorismo, che ha di fatto mandato in frantumi l’autocompiacimento dell’Unione europea per le sue conquiste nell’ambito dei diritti umani, con le inchieste avviate dal Consiglio d’Europa e da quest’Aula e l’avvertimento che avrebbe potuto essere impiegato il meccanismo sanzionatorio previsto dall’articolo 7. E’ ora che l’Unione europea avvii una revisione esaustiva e completa e colleghi, dotandole di equilibrio, le dimensioni esterna e interna della sua politica sui diritti umani.
Se da un lato l’UE si è battuta per promuovere costantemente e sistematicamente una posizione coerente sui diritti dell’uomo, dall’altro il Parlamento europeo è stato elogiato dalle ONG per il positivo impatto del ripristino della sottocommissione sui diritti umani. Sotto la guida dell’onorevole Flautre la sottocommissione ha compiuto sempre maggiori progressi e, con la nomina di Michael Matheson, abbiamo influito profondamente sull’attuazione degli orientamenti sui diritti umani.
Concludo dicendo che, man mano che ai diritti umani verrà dato sempre maggiore rilievo in diversi settori della politica estera e di sicurezza e che le questioni trasversali richiederanno una partecipazione più costante, occorrerà ricorrere alla nostra conoscenza e competenza quali responsabili decisionali quando si tratterà di avviare consultazioni e di sospendere accordi sulla base dei diritti umani.
Hélène Flautre, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, le azioni che l’Unione europea intraprende nei confronti dei paesi terzi in materia di rispetto dei diritti umani si basano sulla clausola di cui discutiamo oggi e sono da essa legittimate. La relazione dell’onorevole Agnoletto avanza alcune proposte importanti che, come potete vedere, hanno raccolto un consenso estremamente ampio in seno al Parlamento. Questa clausola presenta alcune lacune. Innanzi tutto, è caratterizzata da una mancanza di uniformità: la formulazione della clausola può variare da un tipo di accordo all’altro. Il relatore ed io siamo favorevoli a una clausola migliore, al fine di aumentarne l’impatto politico e giuridico. Ad esempio, occorre stabilire chiaramente che le parti che contraggono questi accordi sono tenute a rispettare le norme e gli obblighi internazionali loro incombenti.
In secondo luogo, come è già stato rilevato, nella maggior parte dei casi in questa clausola si riscontra una mancanza di metodi di applicazione concreti. Per essere coerente, l’Unione europea deve definire tali metodi. Non possiamo aspettarci di rimanere credibili agli occhi dei nostri partner se, da un lato, pretendiamo di voler fare del rispetto dei diritti dell’uomo un elemento essenziale della nostra politica, ma, dall’altro, non adottiamo le misure necessarie quando questi paesi violano sistematicamente tali diritti. Attualmente gli accordi ACP costituiscono probabilmente il modello più avanzato e dovremmo pertanto ispirarci ad essi.
I meccanismi di attuazione della clausola devono inoltre essere graduali. Non dobbiamo considerarli solo come rimproveri per le violazioni dei diritti dell’uomo, ma anche come mezzi per contribuire al rafforzamento dei diritti dell’uomo nei paesi terzi. Ecco perché l’approccio positivo della clausola relativa ai diritti dell’uomo riveste tanta importanza.
Quanto al ruolo del Parlamento, per garantire la coerenza, la credibilità e la trasparenza della nostra politica, è assolutamente indispensabile che la nostra Istituzione venga coinvolta in tutte le fasi di applicazione della clausola. Quando le risoluzioni del Parlamento si riferiscono alla clausola o chiedono di adottare misure appropriate, il Consiglio dovrebbe prestare ascolto a tali istanze e valutarne l’adeguatezza.
Il secondo punto essenziale è il legame tra la clausola e le strutture del dialogo politico. Il nesso tra la clausola e la creazione di sottocommissioni sui “diritti umani” deve essere chiaro e queste sottocommissioni vanno inoltre rafforzate. A tale proposito trovo altresì deplorevole che i requisiti dell’Unione europea, soprattutto nei confronti di alcuni nostri vicini, siano stati allentati. Se vogliamo applicare efficacemente questa clausola, dobbiamo creare i forum necessari allo svolgimento di un franco e costruttivo scambio di vedute sui diritti dell’uomo.
Per quanto riguarda il principio di reciprocità, questo dialogo deve anche essere reciproco, soprattutto in un momento in cui alcuni dei nostri Stati membri vengono additati per la loro politica antiterroristica, ad esempio, oppure per le condizioni disumane in cui versano le loro carceri. Dobbiamo saper ascoltare le eventuali critiche che i nostri partner potrebbero rivolgerci.
In conclusione, è importante che dei diritti umani non si occupino solo i nostri ministri degli Esteri, ma tutti gli organismi governativi. Per questa ragione, come il relatore, chiedo anch’io che la clausola sia un “elemento essenziale” di tutti gli accordi e, infine, che il Parlamento non dia più il proprio assenso a nuovi accordi che non contengono una clausola relativa ai diritti dell’uomo e alla democrazia.
Jiří Maštálka, a nome del gruppo GUE/NGL. – (CS) Onorevoli colleghi, vorrei congratularmi con l’onorevole Agnoletto per l’ottima relazione elaborata. A mio parere è equilibrata e obiettiva e soprattutto ci fornisce una panoramica eccellente non solo delle conquiste ottenute nel campo dei diritti umani, ma anche degli importanti aspetti su cui dobbiamo concentrarci in futuro. Vorrei soffermarmi sulle seguenti aree chiave.
In primo luogo, penso anch’io che i diritti umani non debbano essere intesi solo come diritti civili e politici, ma che sia assolutamente necessario concentrarsi anche sui diritti economici, sociali e culturali, e non solo al fine di realizzare gli Obiettivi di sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite. In secondo luogo, dovremmo basarci sulle esperienze positive che sono emerse finora dall’accordo di Cotonou, e fare in modo che le clausole sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici vengano incluse in tutti gli accordi settoriali e in tutti gli accordi con i paesi sviluppati; saranno così garantite condizioni di parità a tutte le parti contraenti dell’accordo. In terzo luogo, è importante attribuire maggiore rilievo all’attuazione delle cosiddette misure positive per motivare gli Stati, e ricorrere alle misure negative solo nel caso in cui sia assolutamente indispensabile farlo, ovvero in mancanza di alternative. Nel valutare le opzioni disponibili, è ovviamente necessario tenere conto dell’impatto delle misure sui cittadini comuni.
A mio avviso, uno dei fattori chiave ai fini della trasparenza è che il Parlamento europeo e la società civile svolgano un ruolo maggiore nell’applicazione delle clausole relative ai diritti dell’uomo e ai principi democratici. Il lavoro della Commissione e del Consiglio è stato finora contraddistinto da scarsa trasparenza ed è stato spesso ambiguo, tanto da destare il timore che gli interessi politici, strategici e commerciali abbiano il sopravvento sull’attuazione coerente di norme chiaramente definite. Se vogliamo accrescere la trasparenza e la democratizzazione dei processi decisionali, è assolutamente indispensabile che la Commissione europea informi regolarmente il Parlamento e le parti interessate della sfera pubblica – idealmente a cadenza annuale – sull’applicazione delle clausole relative al rispetto dei diritti dell’uomo e dei principi democratici, elaborando inoltre studi sui singoli casi e sull’approccio adottato dal Consiglio in un determinato periodo, nonché illustrando il buon esito di talune misure e gli approcci da adottare in futuro nel caso di un mancato miglioramento della situazione. Una metodologia oggettiva e una procedura chiara per l’applicazione della suddetta clausola saranno ovviamente essenziali.
Gerard Batten, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, questa clausola è stata formulata dieci anni fa ed è stata applicata in determinati accordi. La relazione in esame vuole che siano definiti nuovi criteri da applicarsi tra gli Stati membri dell’UE e i paesi terzi. In caso di violazione della clausola, si assisterebbe a una sospensione degli accordi con i suddetti paesi.
La relazione critica la mancata applicazione della clausola in tre grandi settori: agricoltura, tessile e pesca. Ovviamente la democrazia e i diritti umani devono essere incoraggiati in tutti quegli Stati del mondo che non sono abbastanza fortunati da poterne già godere. Tutti gli Stati democratici che si rispettino dovrebbero sfruttare le loro relazioni con gli altri paesi – diplomatiche, commerciali, culturali, eccetera – per incoraggiare la crescita della democrazia e dei diritti umani, come fa il mio paese, il Regno Unito, da diversi anni.
Tuttavia, la relazione afferma che la clausola deve applicarsi a tutti i paesi indistintamente. Questa ipotesi è stata valutata con attenzione? In tal caso, la clausola si applicherà alla Cina e ad altre economie in via di sviluppo in Estremo Oriente e in altre parti del mondo. Molti posti di lavoro dipendono dalle relazioni commerciali con la Cina e il loro numero è destinato a crescere in futuro. Intendiamo veramente dire che cambieremo il corso della storia costringendo la Cina a diventare, da un giorno all’altro, un paese democratico e pienamente rispettoso dei diritti umani, solo sulla base di una relazione del Parlamento europeo? Non credo.
Oggi le Nazioni Unite hanno chiesto di chiudere Guantánamo e sono molte le questioni irrisolte in materia di diritti umani riguardo a ciò che gli americani stanno facendo presso questo centro di detenzione. Se questo accordo dovrà applicarsi indistintamente a tutti i paesi, interromperemo le nostre relazioni con gli Stati Uniti, qualora pensassimo che stiano violando i diritti umani a Guantánamo?
Sono inoltre rimasto colpito dall’arroganza dimostrata dal Commissario nel chiedere che altri paesi, come Cina e Giappone, aboliscano la pena di morte se vogliono intrattenere relazioni con l’UE. Penso che si tratti di un’incredibile ingerenza nel diritto democratico e sovrano degli altri paesi di dotarsi di un sistema penale che soddisfi le esigenze loro e dei loro cittadini anziché quelle dell’UE. La stessa Unione europea sta mettendo a repentaglio la democrazia in tutti i suoi Stati membri. So per esperienza diretta quanto nel Regno Unito la democrazia sia stata pregiudicata dalle nostre relazioni con l’Unione europea e dalla crescente integrazione politica del nostro paese negli Stati Uniti d’Europa. Penso quindi che, forse, in materia di democrazia l’Unione europea dovrebbe prima mettere ordine al proprio interno e, tanto per cominciare, potrebbe iniziare a prestare attenzione ai risultati dei referendum di Francia e Paesi Bassi sulla Costituzione.
Mi permetto di suggerire che questa relazione non è stata elaborata correttamente. D’accordo, vogliamo la democrazia e i diritti umani in tutti i paesi del mondo, ma cerchiamo di realizzare questo obiettivo dando un esempio di solidarietà, anziché stabilendo criteri e condizioni che non verranno rispettati.
Ryszard Czarnecki (NI). – (PL) Signor Presidente, se fra cent’anni i nostri successori cercheranno di valutare i principali valori e vantaggi dell’Unione europea, si accorgeranno che uno dei motivi essenziali che hanno determinato la nascita dell’Unione è stata la difesa e la promozione dei diritti umani in tutto il mondo. Dovremmo issare sempre la bandiera dei diritti umani e non ammainarla in circostanze sfavorevoli, come purtroppo talvolta avviene.
Sono preoccupato dalla famigerata politica dei due pesi e due misure. Siamo disposti a chiedere il rispetto dei diritti umani e a condannare determinati paesi che li violano. Tuttavia, quando sono i paesi più grandi o quelli che in termini economici sono particolarmente importanti per le imprese degli Stati membri dell’Unione europea a violare tali diritti, siamo altrettanto disposti a sottacere la questione dei diritti umani o ad accennarvi appena. La maledizione di questo doppiopesismo è una macchia sull’onore dell’Unione europea. E’ una macchia sulla nostra bella bandiera blu a stelle dorate.
I diritti umani devono essere intesi anche in un contesto economico. Per questo siamo favorevoli a condonare il debito ai paesi in via di sviluppo, come ha affermato l’onorevole Fernández Martín. Tuttavia, siamo anche favorevoli a monitorare l’attuazione dell’aiuto comunitario affinché non venga utilizzato per incoraggiare i regimi dittatoriali di Africa e Asia.
Penso valga la pena di rilevare la necessità di inserire clausole relative ai diritti dell’uomo e alla democrazia negli accordi settoriali che sigliamo nei settori dell’agricoltura, della pesca e del tessile, ad esempio. In conclusione, dobbiamo sempre ricordare che, in materia di diritti umani, non si può mai dire che è stato fatto tutto il possibile.
Simon Coveney (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, sono lieto di avere l’opportunità di intervenire su questa relazione d’iniziativa dell’onorevole Agnoletto sulla clausola relativa ai diritti dell’uomo e alla democrazia negli accordi dell’Unione europea. Ritengo si tratti di un’iniziativa seria e ambiziosa del relatore, il quale ha prodotto un documento che, secondo la sottocommissione sui diritti umani della commissione per gli affari esteri, è una delle relazioni più importanti che siano state redatte da qualche tempo a questa parte.
Le clausole sui diritti dell’uomo vengono incluse negli accordi internazionali e commerciali dell’Unione europea da oltre 50 anni. Come ha affermato il Commissario, si applicano in più di 120 paesi diversi. Questa relazione valuta l’efficacia di tali clausole sui diritti dell’uomo verificandone l’applicazione e il rispetto e propone nuovi modi di rafforzare la clausola per renderla più efficace e meglio monitorata.
Le clausole relative ai diritti dell’uomo hanno avuto un discreto successo in passato. Se dobbiamo essere sinceri, tuttavia, in molti casi negli accordi siglati dall’Unione europea con paesi terzi le clausole relative ai diritti umani avevano meno valore del foglio di carta su cui erano scritte. A seguito di un accordo si instaura dunque una relazione commerciale e di cooperazione, ma le fondamentali e chiare violazioni dei diritti umani continuano; le clausole relative ai diritti dell’uomo vengono ignorate o non prese sul serio, ma non vi sono conseguenze. Si tratta di una situazione deplorevole, che fa perdere all’UE non solo un’occasione per sfruttare meglio la propria considerevole influenza al fine di innalzare gli standard sui diritti umani, ma ne pregiudica anche la credibilità in un’area politica fondamentale.
Questa relazione definisce con dovizia di particolari l’aspetto che una nuova clausola relativa ai diritti dell’uomo potrebbe o dovrebbe assumere, le modalità secondo cui dovrebbe essere monitorata e applicata per diventare più efficace e le conseguenze che potrebbero scaturire da una violazione della clausola in diversi casi. Gli obiettivi della relazione, tuttavia, sono essenzialmente due. In primo luogo, garantire l’inclusione in tutti i nuovi accordi internazionali sottoscritti dall’Unione europea di una nuova e migliore clausola relativa ai diritti dell’uomo e alla democrazia, basata sul rispetto del diritto internazionale e sulle convenzioni accettate dell’UE. In secondo luogo, creare un meccanismo che consenta di controllare in modo più adeguato il rispetto della clausola relativa ai diritti dell’uomo, in modo tale che le violazioni della clausola abbiano una serie di conseguenze concrete sull’accordo generale. In questo modo ai diritti umani verrebbe conferita quella priorità politica di cui il Commissario ha parlato oggi.
Richard Howitt (PSE). – (EN) Signor Presidente, nel corso dell’ultimo anno l’Unione europea è stata nuovamente accusata di essere venuta meno all’impegno assunto nei confronti dei diritti umani rifiutandosi di utilizzare effettivamente le clausole relative ai diritti dell’uomo negli accordi commerciali e di cooperazione. Un importante precedente si è avuto in Uzbekistan, dopo il massacro di Andijan, ma il fatto che la reazione dell’Unione europea sia arrivata a quattro mesi di distanza dall’accaduto è una triste dimostrazione della mancanza di serietà con cui sono state considerate le clausole in passato.
Nonostante le enormi preoccupazioni in materia di diritti umani e l’influenza esercitata dall’Unione europea in Medio Oriente, le clausole relative ai diritti dell’uomo non sono mai state invocate nei confronti di Egitto, Israele e Tunisia, benché, in quest’ultimo caso, l’anno scorso l’UE avesse pronunciato forti dichiarazioni in merito alla limitazione della libertà di espressione e al blocco dei finanziamenti destinati alle ONG.
Quanto ai paesi ACP, riconosco che, negli ultimi otto anni, le consultazioni previste dall’articolo 96 sono state condotte con 15 paesi e che, in 11 casi, ne sono scaturite misure appropriate. Tuttavia, l’UE mantiene strette relazioni con Angola, Etiopia e Ruanda, pur condannando le violazioni che vengono perpetrate in quei paesi e senza esercitare alcuna pressione concreta o avviare azioni che facciano seguito a tali condanne. In Eritrea l’iniziativa diplomatica ha prodotto finora scarsi risultati: il servizio militare forzato, la detenzione arbitraria, le vessazioni nei confronti dei profughi e l’uso della tortura continuano.
Come possiamo garantire il buon esito delle consultazioni sulle clausole relative ai diritti dell’uomo? Occorre l’impegno del paese terzo, che oggi appare troppo condizionato dall’entità della dipendenza dai fondi comunitari. Occorre un coordinamento tra i donatori, ad esempio simile a quello cui abbiamo assistito dopo il colpo di Stato nella Repubblica centrafricana nel 2003. Occorre individuare le violazioni e le azioni da intraprendere per porvi rimedio, come nel caso della Guinea-Bissau, in cui si sono tenute elezioni libere ed eque nel quadro del calendario stabilito; occorre inoltre mantenere uno stretto dialogo politico, che talvolta può essere interrotto e – come abbiamo visto oggi – era purtroppo assente nel caso dell’Iran.
Conveniamo con la signora Commissario sul fatto che le ragioni politiche troppo spesso ostacolano l’azione degli Stati membri. Non penso che sia arrogante; penso che sia nobile quando difende il costante impegno dell’Unione europea a porre fine alla pena di morte. Trovo sconvolgente che il partito per l’indipendenza del Regno Unito stamani abbia affermato che potremmo chiudere un occhio sulle violazioni dei diritti umani perpetrate in Cina per il semplice fatto che intratteniamo ottime relazioni commerciali con questo paese. Mi congratulo con il Commissario e con il relatore.
(Applausi)
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE). – (ES) Signor Presidente, sono davvero lieto che quest’Aula sia sostanzialmente d’accordo sul fatto che lo sviluppo e il rafforzamento della democrazia e dello Stato di diritto, nonché il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, sono, anche se dovrebbero esserlo ancora di più, un obiettivo globale della politica estera e di sicurezza comune e che devono essere parte integrante della politica esterna dell’Unione europea.
Dico che dovrebbero esserlo ancora di più perché, come è stato affermato, sono numerosi, troppi, gli esempi in cui questi principi vengono sminuiti, o addirittura scavalcati, a favore di determinati interessi economici, commerciali o politici privati. E’ vero che la cosiddetta clausola relativa ai diritti dell’uomo e alla democrazia è stata inclusa in oltre cinquanta accordi e che si applica in 120 paesi, ma è altrettanto vero che il livello di osservanza di tale clausola varia molto, al pari della nostra richiesta affinché venga rispettata.
Di conseguenza, dopo dieci anni di applicazione di questo sistema, dobbiamo fare il punto della situazione e adottare determinate misure correttive; mi congratulo dunque con l’onorevole Agnoletto per il lavoro svolto, la relazione elaborata e le conclusioni raggiunte, che naturalmente condividiamo.
In primo luogo, vorrei sottolineare che occorre ricordare che molti accordi con paesi sviluppati e accordi settoriali, ad esempio in materia di prodotti tessili, agricoltura e pesca, non contengono ancora tale clausola, e questa è una lacuna evidente.
In secondo luogo, benché la clausola si applichi tanto all’Unione europea quanto al paese terzo, la dimensione di reciprocità della clausola stessa non è stata ancora pienamente sfruttata e, come ha affermato la collega Valenciano Martínez-Orozco, credo che l’Unione europea debba iniziare a dare l’esempio.
In terzo luogo, uno dei motivi che ne hanno compromesso l’applicazione è la genericità della sua stessa formulazione, dato che essa non individua modalità precise di interventi in positivo e in negativo nell’ambito della cooperazione UE-paesi terzi, lasciando che le esigenze del Consiglio e quelle nazionali degli Stati membri abbiano la precedenza rispetto alle esigenze più generali dei diritti umani.
Per tutti questi motivi, siamo favorevoli all’elaborazione di un nuovo testo di clausola modello, tale da perfezionare l’attuale formulazione del cosiddetto articolo 2, in modo da garantire un approccio più coerente, efficace e trasparente alla politica europea dei diritti umani negli accordi con i paesi terzi.
(Applausi)
Bruno Gollnisch (NI). – (FR) Signor Presidente, stiamo discutendo delle clausole relative al rispetto dei diritti dell’uomo che l’UE impone ai paesi con cui intrattiene relazioni. D’accordo, ma prima di cercare la pagliuzza nell’occhio del vicino, non dovremmo rimuovere la trave dal nostro?
Ad esempio, nel mio paese, la Francia, come peraltro nel resto dell’Unione europea, la tirannia della correttezza politica sta diventando assolutamente intollerabile. In teoria, si può dire quel che si vuole sull’immigrazione di massa; se però non la si approva, si viene condannati per incitamento all’odio razziale. Se, come è avvenuto di recente, si parla di islamizzazione dell’Alsazia, anche quando a farlo è un rappresentante eletto, si diventa bersaglio di deplorevoli condanne che screditano solo chi ha le pronunciate. In teoria, si può dire quel che si vuole sulla storia contemporanea, ma, in pratica, lo si può fare solo a patto che ci si attenga alle disposizioni di una legge di ispirazione comunista, perché altrimenti si rischia di finire in carcere. Per aver contestato questa legge durante una conferenza stampa politica, io stesso ho perso, almeno temporaneamente, la cattedra all’Università di Lione. Se si afferma di preferire le famiglie naturali alle unioni omosessuali, si rischia nuovamente di venire condannati, come ha scoperto di recente un deputato francese appartenente alla maggioranza di governo. Un sindaco non ha il diritto di preferire uno dei suoi connazionali a uno straniero quando deve assegnare una casa popolare, e una persona non può esprimere questo genere di preferenze in alcun ambito. Potrei fornirvi altri esempi.
Ogni gruppo, ogni lobby, ogni minoranza e ogni devianza ha sviluppato i propri metodi per esercitare pressioni, intimidire e perseguitare la maggioranza, con la complicità attiva o passiva delle autorità. Date le circostanze, onorevoli colleghi, prima di imporre ai nostri partner una clausola che a quanto sembra interpretate del tutto unilateralmente, faremmo bene a iniziare a mettere ordine al nostro interno.
Georgios Papastamkos (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, il principio democratico che ispira le relazioni estere dell’Unione, del quale discutiamo oggi a seguito della relazione Agnoletto, con cui mi congratulo, solleva una serie di domande fondamentali. Per motivi di tempo mi limiterò a elencarne cinque.
Prima domanda: l’Unione continuerà a limitarsi al carattere più o meno dichiarativo della clausola relativa ai diritti dell’uomo o cercherà – e questa è la mia proposta – di elevare il principio della democrazia trasformandolo un uno strumento giuridico appropriato, in una conditio sine qua non per l’agevole funzionamento degli accordi con i paesi terzi?
Seconda domanda: gli sconti selettivi della clausola democratica sono ammissibili? L’intensità differenziata della formulazione del principio in questione è ammissibile? La risposta è ovvia. L’invocazione della democrazia, dello Stato di diritto, dei diritti umani e delle libertà fondamentali, per essere credibile, deve obbedire alla regola di norme uniformi.
Terza domanda: affinché un sistema possa essere definito democratico, è sufficiente che sia caratterizzato dagli elementi della concorrenza elettorale e dallo svolgimento di elezioni libere? La vita democratica moderna solleva esigenze che vanno a intrecciarsi con la qualità della democrazia. Esige diritti civili partecipativi, nonché una responsabilità politica orizzontale. Esige una governance onesta, sicurezza istituzionale e coesione sociale.
Quarta domanda: l’Unione intende – noi Parlamento democraticamente legittimato per eccellenza intendiamo – adottare indicatori qualitativi per misurare e valutare la condotta democratica dei nostri partner privati economici e commerciali nonché, punto ancora più importante, quella dei paesi terzi che sono chiamati, o saranno chiamati, a soddisfare i cosiddetti criteri di Copenaghen?
Quinta e ultima domanda: nelle relazioni esterne dell’Unione europea, il principio democratico e l’economia di mercato vengono citati insieme o contestualmente, ma in pratica è l’economia di mercato ad avere la priorità. Cercheremo se non altro di ripristinare questo equilibrio?
Panagiotis Beglitis (PSE). – (EL) Signor Presidente, vorrei iniziare congratulandomi a mia volta con l’onorevole collega Agnoletto per l’importante relazione che ci ha presentato.
L’introduzione, dall’inizio degli anni ’90, di una clausola relativa ai diritti dell’uomo negli accordi dell’Unione europea è stata politicamente e istituzionalmente innovativa. Tuttavia, nel fare il punto della situazione oggi, dobbiamo essere onesti e dire che i risultati non sono particolarmente soddisfacenti. Il motivo è essenzialmente ascrivibile alla mancanza di volontà politica da parte degli Stati membri, come ha affermato il Commissario dando prova di grande coraggio e onestà, alla sensibilità selettiva con cui viene applicata la clausola, al prevalere del doppiopesismo e, infine, alla supremazia di interessi e convenienze nazionali rispetto alla posizione comune e risoluta dell’Unione europea.
Gli esempi sono numerosi e questa situazione sta compromettendo seriamente la credibilità delle Istituzioni europee agli occhi dei cittadini dell’Unione. Da un lato, l’Unione europea può congelare relazioni e accordi – l’onorevole Ford ha parlato della questione corredandola di esempi – e, dall’altro, non fa nulla per le violazioni dei diritti umani perpetrate in Tunisia, Egitto, Israele e Turchia. Gli interessi strategici prevalgono sul rispetto dei diritti umani e dei diritti delle minoranze nelle relazioni con Russia, Cina e Stati Uniti.
Il requisito dell’unanimità per l’adozione di misure e la sospensione di un accordo continuerà in pratica a vanificare tutti i seri sforzi intrapresi. L’Unione europea non potrà impegnarsi in una politica estera dinamica con la procedura dell’unanimità. Questa dimensione dovrà essere riproposta nel dibattito sul futuro dell’Europa. Condivido tutte le proposte avanzate dal collega Agnoletto. Tuttavia, dobbiamo capire che le gravi lacune della politica estera e della politica sui diritti dell’uomo sono dovute e collegate al carattere transnazionale e al requisito dell’unanimità, dietro cui si celano interessi nazionali e varie convenienze e priorità politiche. Altrimenti, per quanto forti siano le clausole, resteranno purtroppo inefficaci.
Cem Özdemir (Verts/ALE). – (DE) Signor Presidente, signora Commissario Ferrero-Waldner, signor Commissario Frattini, vorrei esprimere anch’io i miei sentiti ringraziamenti al collega per la relazione. Le reazioni che ha suscitato dimostrano che gode di un vastissimo sostegno. Abbiamo già sentito da diverse parti quanto per noi sia più facile criticare e sanzionare Stati piccoli come Myanmar che non fare altrettanto con quelli di dimensioni maggiori, in cui entrano in gioco interessi di carattere economico. E’ qui che abbiamo un problema, un dilemma, e dobbiamo affrontarlo apertamente anziché menare il can per l’aia. L’Unione europea ha un problema di credibilità, un problema di doppiopesismo, e questo è un aspetto al quale dobbiamo prestare attenzione nella situazione attuale, con le caricature e con quello che viene considerato uno scontro di civiltà. Siamo sostanzialmente d’accordo su molti dei punti sollevati nella relazione.
Desidero tuttavia rilevare che ci occuperemo di una questione analoga – quella dell’Agenzia per i diritti fondamentali – in una delle prossime discussioni parlamentari. L’Agenzia affronterà molte delle nostre preoccupazioni attuali. Vorrei richiamare l’attenzione dei colleghi sul fatto che questa Agenzia per i diritti fondamentali non avrà solo il compito di migliorare la protezione dei diritti dell’uomo all’interno degli Stati membri dell’Unione europea, ma funzionerà anche come una sorta di sistema di allarme preventivo, informandoci su ciò che accade negli Stati che ci circondano e fornendoci il quadro della situazione dei diritti umani al loro interno. Avremo così l’occasione unica di migliorare la politica dell’Europa sui diritti umani. Il Parlamento adotterà molto presto una decisione in merito, e chiedo a voi tutti di sostenerla.
Philip Claeys (NI). – (NL) Signor Presidente, vorrei formulare tre osservazioni riguardo alla clausola relativa ai diritti dell’uomo.
Innanzi tutto va rilevato che questa clausola viene invocata molto di rado: solo 12 volte dal 1995. Se confrontiamo questo dato con il numero di Stati antidemocratici con cui l’Unione europea sigla accordi, possiamo concludere che, nella maggior parte dei casi, la clausola deve essere considerata priva di qualsiasi utilità pratica.
La mia seconda osservazione riguarda le politiche degli Stati membri in materia di immigrazione e asilo, che il relatore vuole includere nella clausola relativa ai diritti dell’uomo. La ritengo una proposta non molto realistica e in ogni caso non molto auspicabile, soprattutto se stimolerà i paesi in via di sviluppo a criticare l’accoglienza riservata ai loro cittadini che chiedono asilo in Europa. In realtà, dovremmo impegnarci a incoraggiare tali Stati a riammettere quei cittadini la cui richiesta di asilo non può essere accolta dall’Unione europea. Spesso, però, l’esperienza ha dimostrato che avviene proprio l’esatto contrario.
Infine, non è auspicabile coinvolgere le organizzazioni non governative nella valutazione dell’applicazione della clausola relativa ai diritti dell’uomo riguardo ai paesi terzi. Tali organizzazioni non hanno alcuna legittimità democratica e non si deve attribuire loro una responsabilità politica di questo tipo. Semmai, l’Europa deve essere maggiormente in grado di dimostrare come utilizza il denaro dei contribuenti.
Bogusław Sonik (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, la corretta osservanza delle clausole relative ai diritti dell’uomo dipende soprattutto dalla volontà politica degli Stati membri. Purtroppo, sforzandosi di promuovere gli interessi nazionali, questi paesi spesso impediscono all’Unione di intervenire in maniera efficace.
Oggi il nostro compito è fare in modo che le clausole relative ai diritti dell’uomo vengano inserite negli accordi dell’Unione in modo tale da permetterci di esercitare un’effettiva pressione sui paesi terzi. Non basta più limitarsi a formulare una dichiarazione di principi e un elenco di requisiti; bisogna applicarli e, per farlo, occorrono grande coraggio e determinazione.
Ho constatato con rammarico che il comportamento dei leader dell’Unione tende a essere dominato dal timore e dall’opportunismo. Troppo spesso gli interessi economici e politici prevalgono sulla necessità di fornire una risposta rapida ai casi tristemente noti in cui le persone vengono umiliate e le loro libertà limitate. Il principio della solidarietà non deve essere considerato come una zavorra di cui ci si può liberare in qualunque momento. Deve diventare uno strumento cruciale della politica dell’Unione europea.
Le clausole relative ai diritti dell’uomo devono quindi essere dotate di adeguati mezzi di persuasione e di strumenti che permettano di esercitare pressioni politiche. Per realizzare tale obiettivo occorre dunque adottare un approccio diverso nei confronti della politica estera e di sicurezza comune. Una caratteristica permanente di questa politica deve essere un impegno costante a difesa dei principi della libertà e della democrazia.
Dobbiamo urgentemente dotarci di Istituzioni europee finanziate dal governo, sul modello di quelle americane, che siano in grado di dare un sostegno efficace ai difensori dei diritti umani in tutto il mondo. Attualmente non esistono istituzioni simili, ma la prevista Agenzia europea per i diritti fondamentali dovrebbe contribuire a colmare questa lacuna. In realtà, il nome più appropriato per questo organismo dovrebbe essere Agenzia per i diritti dell’uomo.
Nella sua relazione annuale, l’organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch ha concluso che, durante il 2005, gli interessi dell’Unione europea si sono concentrati principalmente in campo imprenditoriale, politico ed energetico.
Non basta più limitarsi a criticare verbalmente i regimi totalitari e dittatoriali. L’Unione europea deve dimostrare la volontà di applicare i diritti fondamentali in tutto il mondo. Ora come ora, c’è qualcuno nell’Unione europea che si stia occupando delle restrizioni alla libertà di espressione e alle attività delle organizzazioni non governative in Russia? C’è qualcuno che sia disposto a sacrificare i contratti commerciali con la Cina in cambio del rilascio dei monaci tibetani imprigionati per presunte attività sovversive? Saremo mai in grado di opporci al regime cubano?
In conclusione, vorrei esprimere il mio sostegno all’azione di protesta contro il motore di ricerca Google. Oggi non lo utilizzerò. Google ha creato una versione speciale del suo motore di ricerca per le pagine cinesi, controllata dal governo di Pechino. Si tratta di una forma di censura che contrasta con la posizione ufficiale della Cina.
PRESIDENZA DELL’ON. ONYSZKIEWICZ Vicepresidente
Józef Pinior (PSE). – (PL) Signor Presidente, i diritti dell’uomo e la democrazia sono le fondamenta su cui è stata costruita l’Unione europea. La politica sui diritti umani della Comunità europea, e di fatto della comunità internazionale in generale, ha avuto un ruolo importante nella caduta dei regimi totalitari dell’Europa meridionale, negli anni ’70, e dell’Europa centrale e orientale, dopo il 1989. Attualmente, i diritti umani e la democrazia costituiscono l’asse su cui s’impernia la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea. La politica estera dell’Unione è volta a creare un ordine mondiale globale basato sulla pace, la democrazia, i diritti umani, lo Stato di diritto, lo sviluppo sostenibile e la crescita stabile.
Ora la clausola relativa ai diritti dell’uomo e alla democrazia deve avere un’applicazione più ampia ed essere inclusa in tutti gli accordi siglati dall’Unione europea con paesi terzi, siano essi paesi industrializzati o in via di sviluppo. La suddetta clausola deve figurare anche negli accordi settoriali, negli scambi commerciali e negli aiuti tecnici e finanziari. Questa clausola conferisce alle pertinenti Istituzioni dell’Unione, compreso il Parlamento europeo, l’autorità di sorvegliare efficacemente il rispetto dei diritti umani e dei principi democratici da parte dei paesi che hanno sottoscritto gli accordi con l’UE. A tale proposito, è importante ricordare la relazione esistente tra rispetto dei diritti umani, democrazia e sviluppo. I principi generali che racchiudono la protezione dei diritti umani, lo Stato di diritto e il rispetto dei valori democratici sono una conditio sine qua non per l’eradicazione della povertà.
Per affrontare nel modo corretto la questione, si potrebbe inserire in questi accordi una raccomandazione per lo scambio di relazioni annuali sui diritti dell’uomo tra l’UE e il paese firmatario dell’accordo. Sarebbe altresì auspicabile istituire un meccanismo di consultazione con le organizzazioni non governative. Le missioni di osservazione elettorale svolgono un ruolo fondamentale nella protezione e nel sostegno dei diritti umani e della democrazia oltre i confini dell’Unione, analogamente a quello dell’aiuto che l’UE deve fornire alla società civile nei paesi terzi.
Bernat Joan i Marí (Verts/ALE). – (EN) Signor Presidente, come il relatore, onorevole Agnoletto, penso anch’io che il Parlamento non debba limitarsi a fornire un parere, ma debba anche svolgere un ruolo attivo nell’ambito dei diritti umani, della democrazia e del rispetto per la diversità negli accordi con i paesi terzi.
Lo sviluppo economico, la pace sociale e un’economia in crescita sono chiaramente collegati alla democrazia e ai diritti dell’uomo. La cooperazione allo sviluppo può essere garantita solo nel contesto di società democratiche. Se analizzassimo l’efficacia della nostra cooperazione allo sviluppo, avremmo la conferma che, nei paesi in cui la democrazia e il rispetto dei diritti umani vengono rafforzati, tutto funziona meglio. Nei casi di dittature, regimi non trasparenti o governi corrotti, il nostro lavoro può essere completamente distorto.
Desidero rilevare che dobbiamo comprendere appieno la democrazia e i diritti umani. Democrazia significa rispetto per la diversità; i diritti umani non sono completi senza il rispetto per la diversità, la pluralità e le differenze culturali. Abbiamo visto come le minoranze di paesi prossimi all’adesione all’Unione europea si affidino a noi per ottenere il rispetto dei loro diritti. Le Istituzioni europee possono fornire un’occasione per la pluralità e il rispetto dei diritti culturali e nazionali, benché siano molti i paesi europei a non rispettarli. Dobbiamo rafforzare il ruolo del Parlamento, poiché è la sede dei nostri rappresentanti europei.
Justas Vincas Paleckis (PSE). – (LT) Vorrei ringraziare il relatore per la sua determinazione a dotare di maggiore trasparenza e coerenza l’espansione e il rafforzamento dei diritti umani. Nella relazione sembra che il principio della chiarezza e della trasparenza siano sottoposti a una lente di ingrandimento. Interpretazioni diverse del concetto di “diritti umani” impediscono all’Unione europea di adottare azioni adeguate in presenza di gravi violazioni. Quando il Consiglio discute della situazione dei diritti umani in uno Stato in cui vi sono motivi di preoccupazione, di solito questo o quell’altro paese europeo insiste per agire nel proprio interesse nazionale e si oppone a quanto deciso. Il principio dell’unanimità deve essere reso più flessibile.
Quando si discute della possibilità di imporre sanzioni, si tiene inevitabilmente conto del potere politico ed economico del paese in questione, nonché delle sue dimensioni e della probabilità di subire eventuali rappresaglie. Occorre evitare per quanto possibile questa situazione e alcuni Stati, che violano palesemente i diritti umani, non dovrebbero sentirsi più uguali di altri.
Lo strumento sanzionatorio, utilizzato contro un determinato regime o contro un governo che si è comportato in maniera inadeguata, deve essere impiegato con estrema precisione. Il bastone delle sanzioni non deve colpire la popolazione, che spesso vive in condizioni particolarmente difficili e non ha la possibilità di opporsi al regime.
Nel giro di pochi mesi l’UE avvierà negoziati con uno Stato che ha ancora difficoltà ad applicare politiche sulla parità di genere e sui diritti delle donne, uno Stato che deve ancora liberarsi dalle catene della discriminazione etnica. I diritti umani costituiranno una parte importante di questi negoziati e, pertanto, anche la procedura per la definizione di questo processo negoziale dovrà essere più trasparente.
Libor Rouček (PSE). – (CS) Onorevoli colleghi, lo sviluppo e il rafforzamento della democrazia e dello Stato di diritto, nonché il rispetto dei diritti umani e delle libertà, sono divenuti parte integrante della gestione dell’Unione europea e della politica estera. La clausola relativa ai diritti dell’uomo e alla democrazia negli accordi dell’Unione europea costituisce uno degli strumenti di questa politica e, come si è già detto, finora è stata inserita in più di 50 accordi e si applica a oltre 120 paesi. Tuttavia, nonostante le frequenti esperienze positive, a mio parere è indispensabile valutare il modo di migliorare o perfezionare questa clausola.
A tale proposito, la relazione Agnoletto avanza molte proposte importanti e interessanti. Rileva, ad esempio, che il concetto di libertà e diritti umani e civili comprende anche diritti economici, sociali e culturali. Sottolinea inoltre che l’UE, nel sostenere i diritti umani, deve concentrarsi sull’attuazione di politiche per l’uguaglianza di genere e per i diritti della donna e opporsi a ogni forma di discriminazione basata ad esempio sull’orientamento sessuale o concernente i diritti dei disabili. Vorrei accordare il mio sostegno all’idea secondo cui occorre conferire al Parlamento europeo un ruolo più importante nel processo di elaborazione per l’implementazione e valutazione della clausola democratica, e vorrei aggiungere che sia la società civile che la rete internazionale delle organizzazioni non governative che si occupano di diritti umani devono svolgere un ruolo molto maggiore nell’ambito di questo processo.
John Attard-Montalto (PSE). – (MT) Sono sbalordito dalla frequenza con cui il Parlamento riscontra alcune piccole manchevolezze in Europa, quando tutti sanno che il nostro continente è di fatto un portabandiera che cerca di esportare questi fondamentali e nobili diritti in altre parti del mondo. Va rilevato che ci si è sempre chiesti se i diritti umani possano essere amministrati internamente a livello statale o governativo o se siano universali. Ovviamente, è indubbio che i diritti umani sono diritti universali e che nessun dittatore o Stato è autorizzato a negare agli esseri umani il benché minimo aspetto dei loro diritti fondamentali. Il problema è come l’Europa intende utilizzare le proprie risorse per cercare di esportare questi nobili obiettivi. In quest’area talvolta accusiamo l’Europa di non far valere i suoi diritti e il suo potere, compreso quello economico, e, al contempo, tacciamo l’amministrazione o le Istituzioni di chiudere gli occhi dinanzi a determinate lacune. Occorre prendere una decisione. Dobbiamo decidere se l’Europa può esportare meglio i propri obiettivi utilizzando la persuasione o il potere economico. Concluderò dicendo che dobbiamo fornire alle nostre Istituzioni tutte le risorse atte a garantire che, dotando i nostri valori della coerenza necessaria, sia possibile esportarli dalla Comunità. Vi ringrazio.
Ana Maria Gomes (PSE). – (PT) Sostengo tutte le raccomandazioni formulate dall’onorevole Agnoletto in questa relazione. Sono particolarmente favorevole all’inclusione di una clausola di reciprocità in tutti gli accordi con paesi terzi. E’ deplorevole che finora l’applicazione della clausola relativa ai diritti dell’uomo sia dipesa da considerazioni geopolitiche e geoeconomiche che non hanno nulla a che vedere con l’Unione nel suo complesso, ma che spesso scaturiscono dalle strategie limitate di alcuni Stati membri e di alcuni servizi della Commissione.
L’esempio più eclatante della mancanza di un’applicazione concreta di questa clausola è l’Etiopia, nonostante il Parlamento abbia ripetutamente chiesto alla Commissione e al Consiglio di avviare consultazioni, conformemente all’articolo 96, dopo i massacri e le gravi violazioni dei diritti umani cui si è assistito dopo le elezioni.
Sono inorridita dal silenzio e dall’inazione del Consiglio sulla questione. Solo la Commissione e uno Stato membro – il Regno Unito – hanno sospeso gli aiuti diretti al bilancio del governo etiope, il minimo che potessero fare date le circostanze. Non avendone però chiarito i termini e le condizioni, questa iniziativa non ha avuto alcun effetto sul governo etiope e ha inviato un messaggio disastroso non solo all’intera popolazione di quel paese, ma a tutti gli africani – l’Organizzazione dell’Unità africana, infatti, ha sede proprio nella capitale dell’Etiopia – nonché agli Stati membri e a tutti i paesi con cui l’Unione europea intrattiene relazioni.
Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE). – (PL) Signor Presidente, la promozione del rispetto dei diritti umani e della democrazia nei paesi terzi è indubbiamente uno dei principali obiettivi della politica estera dell’Unione europea; tuttavia, se gli accordi internazionali continueranno a concentrarsi esclusivamente su questioni economiche e politiche, sarà impossibile realizzarlo. L’inclusione di clausole relative ai diritti dell’uomo e alla democrazia negli accordi commerciali e negli aiuti tecnici e finanziari costituirà inoltre un passo fondamentale nella giusta direzione.
L’Unione europea potrà intervenire in maniera più rapida ed efficace in difesa dei diritti umani se avrà la possibilità di sospendere la cooperazione economica nel caso di gravi violazioni dei diritti fondamentali nei paesi terzi. Contestualmente a questo processo, il Parlamento europeo dovrà partecipare più attivamente alle consultazioni sul contenuto degli accordi e delle clausole nonché alla loro implementazione e applicazione.
Quando disporremo di un efficace sistema di monitoraggio delle libertà fondamentali, corroborato dalla possibilità di imporre sanzioni economiche, passeremo quanto meno dalle parole ai fatti. Finora è accaduto spesso che le belle parole del Parlamento europeo sulla difesa dei diritti dell’uomo siano rimaste semplicemente sulla carta.
Katalin Lévai (PSE). – (EN) Signor Presidente, vorrei congratularmi con il relatore e ringraziarlo per l’ambizioso lavoro svolto. La protezione della democrazia, dei diritti umani e dello Stato di diritto e il buon governo sono elementi fondamentali dell’Unione europea, ma devono anche essere parte integrante della sua politica estera.
Vorrei dare particolare risalto alla promozione delle pari opportunità e alla lotta alla discriminazione basata sull’orientamento sessuale. Si tratta di questioni che oggi rappresentano ancora un grave problema in ogni paese. I diritti di donne e bambini e i diritti di chi ha un diverso orientamento sessuale vengono violati ogni giorno.
Per migliorare la realizzazione di questi obiettivi, l’Unione europea deve elaborare nuove procedure e nuovi criteri per l’applicazione delle clausole relative ai diritti dell’uomo e alla democrazia. Convengo che, per garantire un approccio più coerente, efficace e trasparente alla politica europea in materia di diritti umani, è indispensabile procedere a una revisione del testo attuale.
Sostengo l’istituzione, nell’ambito degli accordi sottoscritti dall’UE con i paesi terzi, di sottocommissioni sui diritti umani, cui deve essere affidato il compito di verificare il rispetto della clausola, controllarne l’applicazione e l’implementazione, nonché di proporre azioni volte ad affrontare i problemi riguardanti la democrazia e i diritti umani.
Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, questa è stata un’utilissima discussione sulla clausola relativa ai diritti dell’uomo e sui diritti umani e la democrazia in generale.
Non dimentichiamo che le questioni relative ai diritti dell’uomo vengono già sistematicamente sollevate nei dialoghi politici che intratteniamo con i nostri partner. Abbiamo instaurato consultazioni e un dialogo sui diritti umani con determinati paesi, e abbiamo anche istituito sottocommissioni sui diritti umani. In altri casi, le questioni relative ai diritti dell’uomo possono essere affrontate in seno ai consigli di associazione e nelle riunioni del comitato di associazione.
Obiettivo della clausola relativa ai diritti dell’uomo non è semplicemente permettere l’imposizione di sanzioni, ma anche stabilire una base per il dialogo sui diritti umani e per la creazione di istituzioni che se ne occupino, perché dobbiamo dare una possibilità a tali istituzioni e incoraggiarne lo sviluppo. Il potenziamento istituzionale è importante quanto la clausola, e l’esistenza della clausola relativa ai diritti dell’uomo nell’accordo di associazione o negli accordi di partenariato e cooperazione è alla base di tale rafforzamento. Non è quindi necessario prevederne una duplicazione anche negli accordi settoriali.
Vorrei altresì ricordare che i nostri accordi hanno un ampio ventaglio di obiettivi politici. Vogliamo contribuire alla stabilità e all’aumento del benessere di tutte le popolazioni interessate. Non è per mancanza di coraggio se non sempre utilizziamo la medesima clausola sui diritti umani o non applichiamo sanzioni. Dobbiamo anche contribuire allo sviluppo di una popolazione – si pensi alle popolazioni africane, e ad alcuni popoli asiatici, menzionati da taluni oratori. Vi sono anche la libertà dal bisogno e la libertà dalla paura, che sono strettamente correlate ai diritti umani e al concetto di sicurezza umana. Questo significa che non possiamo buttare via il bambino con l’acqua sporca. Vi sono molte altre clausole da difendere, quali la clausola contro il terrorismo, la clausola contro le armi di distruzione di massa e la clausola per la democrazia. E’ tutto intercorrelato e non possiamo concentrarci solo sui diritti umani; dobbiamo guardare al quadro generale, tra cui figura anche l’eradicazione della povertà. E’ questo il difficile equilibrio che talvolta dobbiamo raggiungere.
Non è semplice armonizzare questa clausola perché conduciamo negoziati con ogni partner, al termine dei quali dobbiamo giungere a una soluzione. Non tutti i partner accettano esattamente la medesima formulazione. Tuttavia, non è tanto un problema di formulazione, quanto di applicazione e del modo in cui riusciamo a incoraggiare i partner a individuare le proprie soluzioni poiché, come abbiamo sempre detto chiaramente, non vogliamo imporre tutto agli altri: vogliamo incoraggiare le loro società a rafforzarsi e a cambiare.
Come ho già affermato, anche il potenziamento istituzionale è importante, così come lo è la riforma giuridica, giudiziaria e di polizia; l’applicazione dei diritti umani, infatti, avviene proprio in questi ambiti.
Vorrei infine dire che, con tutto il debito rispetto, in molti singoli casi siamo riusciti a far uscire le persone di prigione e a parlare di loro. Parliamo della pena di morte con ogni singolo partner, condanniamo la tortura e pian piano portiamo alla luce questi problemi. Talvolta può accadere che si riesca a risolvere rapidamente la questione – non tutto viene fatto allo stesso tempo. Cerchiamo tuttavia di essere realistici: non si può cambiare il mondo in un giorno.