Indice 
 Precedente 
 Seguente 
 Testo integrale 
Procedura : 2005/2005(INI)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo dei documenti :

Testi presentati :

A6-0394/2005

Discussioni :

PV 13/02/2006 - 15
CRE 13/02/2006 - 15

Votazioni :

PV 14/02/2006 - 7.7
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2006)0051

Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 14 febbraio 2006 - Strasburgo Edizione GU

8. Dichiarazioni di voto
Processo verbale
  

– Relazione Daul (A6-0008/2006)

 
  
MPphoto
 
 

  Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Il testo del regolamento (CE) n. 1786/2003 del Consiglio contiene una serie di errori che vanno corretti senza indugio.

Pertanto, in seguito all’emendamento introdotto nella Nomenclatura Combinata, i codici NC 1214 90 91 e 1214 90 99 vanno sostituiti dal codice NC 1214 90 90. La quantità massima garantita di foraggio essiccato di 4 855 900 tonnellate dev’essere sostituita da 4 960 723 tonnellate, quantità corrispondente alla somma delle attuali quantità nazionali. Inoltre va rettificato il metodo di calcolo della riduzione di aiuti nel caso in cui tale quantità ecceda il fabbisogno.

La proposta della Commissione viene incontro alla necessità di riformulare il regolamento (CE) n. 1786/2003 del Consiglio.

L’emendamento proposto è opportuno e il parere favorevole della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale dev’essere sostenuto dal Parlamento europeo.

 
  
  

– Relazione Fraga Estévez (A6-0018/2006)

 
  
MPphoto
 
 

  Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’accordo di partenariato tra la Comunità europea e le Isole Salomone si basa sul mandato conferito dal Consiglio alla Commissione nel giugno 2001 di negoziare accordi bilaterali relativamente alla pesca tonniera con gli Stati ACP del Pacifico centroccidentale, in vista dell’istituzione di una rete di accordi di pesca tonniera per la flotta comunitaria che opera in questa zona.

Sostengo toto corde la posizione adottata dalla relatrice in questo documento, ma desidero sottolineare l’importanza dell’emendamento n. 5, il quale prevede che, in occasione della prima riunione della commissione mista, la Commissione debba informare le autorità delle Isole Salomone del fatto che i rappresentanti degli armatori saranno presenti alle prossime riunioni della commissione mista.

Pertanto sostengo l’approvazione del documento.

 
  
MPphoto
 
 

  Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) In sostanza, la relazione esporta nelle Isole Salomone la disastrosa politica comune della pesca dell’Unione e ha pochi motivi per raccomandarla; pertanto ho votato contro e mi amareggia che il Parlamento abbia scelto di approvare il testo. La politica comune della pesca è un disastro assoluto che occorre eliminare, non perpetuare ed esportare nei paesi terzi.

 
  
  

– Relazione Cashman (A6-0394/2005)

 
  
MPphoto
 
 

  Hélène Goudin, Nils Lundgren e Lars Wohlin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La relazione prende in esame un tema in relazione al quale il valore del mercato interno deve confrontarsi con l’autodeterminazione nazionale. Proprio in questo momento una causa attinente (C-156/04) è al vaglio della Corte di giustizia delle Comunità europee. Non riteniamo che il dibattito sull’argomento possa essere favorito in alcun modo da una dichiarazione resa ora in questa sede dal Parlamento europeo.

Pertanto abbiamo scelto di votare contro la relazione, ma intendiamo sottolineare che non adotteremo una posizione effettiva nel prosieguo del dibattito. La Corte di giustizia delle Comunità europee deve prima adottare una posizione ed emettere una sentenza. In seguito le autorità e il parlamento nazionale della Grecia dovranno discutere su come intenderanno regolarsi nei confronti della sentenza della Corte.

 
  
  

– Relazione Öry (A6-0026/2006)

 
  
MPphoto
 
 

  Roselyne Bachelot-Narquin (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, a proposito della relazione del collega, onorevole Őry, sono divisa fra tre diverse reazioni: la soddisfazione, il rammarico e infine un desiderio.

La soddisfazione è per il compimento dell’opera cominciata nel 1994 per avviare un approccio concertato ai rischi che corrono i lavoratori. L’atteggiamento delle nostre società davanti ai rischi della vita è un elemento chiave del modello sociale europeo che lo distingue da molti altri.

Provo invece rammarico per il fatto che la Commissione europea, sotto pressione del Consiglio, non abbia voluto negoziare col Parlamento la soluzione più ragionevole, ovvero quella del richiamo al principio di sussidiarietà, cosa che avrebbe fugato i nostri timori relativi a un obbligo degli Stati di recepire le norme sulle radiazioni solari dal momento che erano menzionate nella direttiva quadro. E’ davvero un paradosso che il Consiglio ignori il principio di sussidiarietà con la complicità della Commissione!

Il desiderio è che in avvenire possiamo affrontare la questione delle radiazioni solari con elasticità, senza normative né burocrazia inutili. Per esempio, l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, con sede a Bilbao, potrebbe lanciare una grande campagna informativa diretta ai lavoratori europei per metterli in guardia sui rischi causati dall’esposizione al sole.

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Ci siamo astenuti dal voto perché la Commissione e il Consiglio hanno ceduto alla pressione del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, nonché dei Liberali, e hanno escluso dall’ambito di applicazione della direttiva le radiazioni solari.

Questa posizione è tanto più sconcertante perché è noto che le radiazioni ottiche rientrano nella categoria delle radiazioni elettromagnetiche, che comprende principalmente la luce diretta, i raggi infrarossi e ultravioletti, nonché i raggi laser. Le radiazioni solari sono composte da raggi ultravioletti e infrarossi e dalla luce diretta. Gli effetti di queste radiazioni sulla salute sono noti per essere la causa di alterazioni del sistema immunitario, malattie cutanee e degli occhi, tumori e disturbi psicologici.

L’esposizione alle radiazioni solari si ripercuote negativamente sulla qualità della vita di milioni di persone dell’Unione europea che lavorano nell’agricoltura, nella pesca, nell’edilizia, nelle saline, nelle cave e nelle miniere a cielo aperto, nonché nelle varie attività che svolgono durante il tempo libero.

Pertanto, anche se non abbiamo votato contro la direttiva – dal momento che contiene effettivamente alcuni miglioramenti significativi riguardo alle radiazioni artificiali – la sua portata è ridotta perché non include le radiazioni solari.

 
  
MPphoto
 
 

  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore dell’esito di questa conciliazione. E’ positivo che il titolo e l’ambito di applicazione della direttiva siano stati limitati alle sole radiazioni ottiche provenienti da sorgenti artificiali. Spero che la Commissione ne trarrà insegnamento, dopo avere gettato il ridicolo sull’Unione proponendo in origine di vietare la luce del sole, e, nell’ambito delle pubbliche relazioni, facendo un regalo agli euroscettici e ai mezzi d’informazione che li sostengono assiduamente.

Si poteva evitare questa riga inutile, ma mi compiaccio che sia stata accettata, seppur tardivamente, la ragionevole decisione del Parlamento europeo.

Ora disporremo di una direttiva che cerca legittimamente di proteggere chi lavora con i laser e le attrezzature per la saldatura elettrica, sia nell’industria siderurgica e vetraria che nel settore dell’abbronzatura artificiale. Gli orientamenti approvati hanno lo scopo di prevenire gli effetti gravi e a lungo termine che possono colpire gli occhi e la pelle in caso di alti livelli di esposizione.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Approvo la relazione sulla tutela dei lavoratori contro i rischi che derivano dalle sorgenti di radiazioni ottiche e artificiali. Credo sia ragionevole, da parte del Parlamento, fissare valori limite di esposizione, perché in tal modo si salvaguardano i lavoratori da sorgenti artificiali come i laser, i tubi catodici e le apparecchiature per saldare.

 
  
MPphoto
 
 

  Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) Ho votato ovviamente a favore della direttiva che mira a proteggere i lavoratori dai rischi derivanti dall’esposizione alle radiazioni ottiche. Il testo fa seguito a tre direttive precedenti, anch’esse finalizzate alla protezione dei lavoratori dai pericoli dei vari “agenti fisici” come l’esposizione al rumore, alle vibrazioni e ai campi elettromagnetici.

Questa direttiva riguarda principalmente le sorgenti di radiazioni come i laser o le lampade a raggi infrarossi. Prevede in particolare l’adozione di metodi di lavoro per ridurre i rischi di radiazioni, la durata e il grado d’esposizione, invitando altresì la Commissione europea a elaborare una guida pratica per i datori di lavoro e in particolare per le PMI. Quest’ultima misura merita d’essere sottolineata, perché ritengo che l’Unione debba fare di più per le PMI, vera punta di diamante dell’innovazione e della creazione di posti di lavoro nell’Europa dei Venticinque.

Questa normativa applicabile abbina la flessibilità per i datori di lavoro alla sicurezza per i lavoratori. Dunque costituisce un esempio specifico per dimostrare che, contrariamente alle idee diffuse dai nuovi euroscettici specializzati e non specializzati, l’Unione si occupa dei lavoratori, salariati o meno che siano, dell’est e dell’ovest, e raccomanda spesso la standardizzazione al livello più alto della legislazione sociale degli Stati membri.

 
  
MPphoto
 
 

  Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. – (SV) Ho votato contro la proposta in prima lettura, ma ora i governi degli Stati membri l’hanno migliorata. La direttiva non comporta una nuova e ampia normativa, ma si limita ad applicare le leggi vigenti a settori di cui l’Unione si è già assunta la competenza. E’ stata ritirata la bizzarra proposta di includere le radiazioni solari.

Inoltre, le norme si basano su convenzioni internazionali e, nel caso in cui tali convenzioni manchino, si accetta la normativa nazionale. Il monitoraggio della salute e i susseguenti controlli vanno svolti in conformità con le prassi nazionali. Pertanto questa è una proposta abbastanza equilibrata e accettabile. I vantaggi in termini di tutela dei lavoratori fanno passare in secondo piano il problema della proliferazione legislativa perché questa direttiva, in pratica, non conferisce alcun nuovo potere all’Unione.

 
  
MPphoto
 
 

  José Albino Silva Peneda (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Questo è un classico esempio della lentezza, spesso penosa, che caratterizza il processo decisionale europeo.

La proposta che abbiamo votato oggi è sul tavolo fin dal 1992, nonostante si occupi di una questione cruciale come la tutela della salute dei lavoratori.

Ci sono voluti 13 lunghi anni prima che la tesi del Parlamento europeo prevalesse.

Il testo appena approvato riguarda l’esposizione dei lavoratori alle radiazioni artificiali ed esclude le radiazioni di origine naturale dall’ambito di applicazione della direttiva. Si è deciso, conformemente al principio di sussidiarietà, che queste ultime siano trattate a livello nazionale, a seconda delle condizioni e delle esigenze nazionali.

Ho votato a favore della relazione perché concordo sull’impossibilità da parte dell’Unione di imporre ai datori di lavoro dei 25 Stati membri la valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori esposti alla luce solare. Ritengo che una valutazione di tale natura vada effettuata a livello nazionale, in funzione della realtà di ciascun paese.

Con questa direttiva, i datori di lavoro devono attuare misure atte a prevenire o ridurre i rischi dei propri lavoratori esposti a radiazioni artificiali, in particolare in relazione alle attrezzature, alla progettazione dei locali di lavoro e alla durata dell’esposizione.

 
  
MPphoto
 
 

  Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Adesso l’ambito di applicazione di questa direttiva è più chiaro – quello delle radiazioni artificiali – e io accolgo il suo ritorno in Parlamento, lieto di averla votata. E’ un peccato che i progetti legislativi iniziali abbiano dato luogo a tante sciocchezze sul tentativo dell’Unione di regolamentare la luce del sole quando gli obiettivi della normativa, che consistono nella tutela dei lavoratori europei dalle radiazioni nocive, sono così meritevoli. Sono lieto che il Parlamento, con il nostro lavoro, sia riuscito a rendere apprezzabile questa normativa e sono contento di votarla oggi.

 
  
  

– Relazione Berman (A6-0017/2006)

 
  
MPphoto
 
 

  Albert Jan Maat (PPE-DE). – (NL) Signor Presidente, vorrei fare una dichiarazione di voto per chiarire il motivo per cui noi democratici cristiani abbiamo votato contro la relazione. L’abbiamo fatto perché, mentre siamo favorevoli al benessere degli animali, compreso il settore avicolo, è inaccettabile che non prescriviamo gli stessi requisiti riguardo alle importazioni.

Un altro motivo è costituito dal fatto che questa relazione comporta un aumento di burocrazia, mentre in Europa dobbiamo diminuirla. Vogliamo meno pastoie burocratiche, anche perché l’impatto di questa direttiva viene valutato dopo la sua introduzione e non prima. Questa ci sembra una politica dozzinale alle spalle degli avicoltori europei, e non è questo ciò che vogliamo. Ciò che vogliamo è un benessere migliore, a patto che si basi su un’equa distribuzione dell’onere tra i consumatori e i produttori.

Vorrei chiedere di concedere all’onorevole McGuinness la possibilità di riprendere la parola su questo argomento.

 
  
MPphoto
 
 

  Mairead McGuinness (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, condivido le preoccupazioni dell’onorevole Maat. Penso che questa direttiva comporterà forzatamente una corsa al ribasso, costringendo di fatto a spostare l’allevamento dei polli al di fuori dell’Unione europea, al di là dei nostri confini. Di conseguenza, non avremo più il controllo della situazione, né la gente sarà più informata, dal momento che non disponiamo dell’etichettatura.

 
  
MPphoto
 
 

  Frank Vanhecke (NI). – (NL) Signor Presidente, sono totalmente d’accordo con i due oratori che mi hanno preceduto. E’ vero che il grado di civiltà di una società si misura anche dal modo in cui vengono trattati gli animali, ma sono altresì convinto che gli allevatori – in questo caso gli avicoltori dei nostri paesi – per certo non devono essere accusati di crudeltà o insensibilità nei confronti di quegli animali.

Tuttavia vorrei soprattutto richiamare la vostra attenzione sul fatto che le nostre aziende europee devono far fronte a una concorrenza abnorme costituita dalle importazioni di carne da paesi extraeuropei come Brasile e Thailandia, dove si applicano criteri totalmente differenti per quanto riguarda aspetti come la densità degli allevamenti, la sicurezza alimentare, la rintracciabilità, l’uso dei mangimi e degli antibiotici.

Gli allevatori europei di polli da carne non vogliono certamente tornare a un’epoca in cui “va bene tutto” e sono disposti ad allevare in una maniera che sia rispettosa degli animali e dell’ambiente, purché tutta la carne importata sia conforme ai medesimi criteri, cosa che per il momento, purtroppo, non avviene. E’ triste dirlo, ma in effetti stiamo lasciando i nostri allevatori europei in gravi difficoltà.

 
  
MPphoto
 
 

  James Hugh Allister (NI), per iscritto. – (EN) Oggi, durante il voto sulla relazione riguardante le “norme per la protezione dei polli allevati per la produzione di carne”, ho votato a favore della massima tutela del nostro settore avicolo contro le minacce costituite dalle importazioni a basso costo, che nelle ultime settimane sono già costate all’Irlanda del Nord un allevamento di pollame.

E’ comprensibile la preoccupazione per il benessere del pollame, ma non ha senso “gonfiare” i relativi requisiti nell’Unione al punto di costringere i produttori europei a cessare la propria attività, diventando dipendenti dalle importazioni provenienti dai paesi dell’Estremo Oriente e dell’America del sud, dove non si possono imporre alla produzione restrizioni in materia di benessere. Ciò serve soltanto ad aumentare il numero dei polli allevati in condizioni terribili. Pertanto dobbiamo equilibrare i requisiti comunitari relativi al benessere degli animali garantendo la sopravvivenza di un settore d’importanza vitale.

Perciò oggi, in sede di votazione, mi sono opposto ad ogni ulteriore riduzione della densità negli allevamenti, cosa che comporterebbe gravi e inevitabili conseguenze sull’economia della produzione dei polli da carne in Europa.

 
  
MPphoto
 
 

  Robert Evans (PSE), per iscritto. – (EN) Ho deciso di astenermi in occasione del voto finale sulla relazione Berman. Essendo vegetariano, ho molte riserve sull’intero settore della produzione di carne. Se si continua a praticare l’allevamento del bestiame per produrre carne, e posso accettare che si continui, ritengo che quest’allevamento debba essere organico e naturale. In alternativa, i livelli di benessere degli animali devono essere comunque quanto più possibile elevati.

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo votato a favore della relazione; pur senza approvarne tutte le raccomandazioni, siamo in linea di massima favorevoli agli obiettivi che si pone.

A nostro avviso è necessario trovare un equilibrio tra i miglioramenti che occorre introdurre in materia di benessere degli animali, i diritti e gli interessi dei piccoli e medi allevatori e i diritti dei consumatori.

Sappiamo che bisogna mettere in atto un sistema di valutazione del benessere di tutti i capi nel mattatoio, ma siamo consci che ci sono anche costi di cui tenere conto e che le piccole imprese, in genere, non sono in condizione di effettuare queste valutazioni.

Pertanto siamo favorevoli alla concessione di un termine di tempo più ampio per consentire un periodo di sperimentazione e, successivamente, un adeguamento a un sistema che in Portogallo non esiste.

Riteniamo altresì che, nel contesto attuale, alcune delle proposte emerse in plenaria siano esagerate; non le sosteniamo per via delle conseguenze negative che, senza un periodo sperimentale, potrebbero sortire per i piccoli produttori.

 
  
MPphoto
 
 

  Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) La relazione è assai tempestiva, dal momento che coincide con il primo piano d’azione mai realizzato sulla protezione degli animali. Ancora una volta l’Unione europea è all’avanguardia nel migliorare i livelli di benessere degli animali.

La proposta risponde alla preoccupazione, da parte dell’opinione pubblica, per il fatto che i livelli attuali di benessere dei polli destinati alla produzione di carne sono troppo bassi. Di conseguenza, i polli da carne soffrono di patologie alle zampe e zoppia, dilatazione cardiaca, sindrome della morte improvvisa e ustioni da ammoniaca.

La relazione chiede di ridurre la densità dei polli, fissare un valore minimo per lo spessore della lettiera, migliorare la ventilazione e prevedere un periodo di nidificazione di almeno sei ore in oscurità totale. Inoltre prende in considerazione la crudeltà della troncatura del becco e la permette soltanto quando siano esaurite tutte le altre misure volte a prevenire il cannibalismo.

Approvo la relazione, anche se alcune delle proposte sopra riportate sono decadute. Speravo che si spingesse oltre, ma i risultati qui ottenuti sono buoni per i polli e per i consumatori. Polli più sani danno un prodotto di qualità più elevata. Non stiamo esportando disposizioni che comportino uno scarso benessere per gli animali, anzi, stiamo alzando i livelli di tale benessere sia per il pollame che per i cittadini.

 
  
MPphoto
 
 

  Hélène Goudin, Nils Lundgren e Lars Wohlin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Abbiamo, per quanto era nel limite delle nostre possibilità, votato a favore di una zootecnia migliore. Tuttavia alcuni degli emendamenti da votare erano un po’ troppo dettagliati perché rappresentanti politici eletti potessero schierarsi in merito. Per un profano è difficile decidere su questioni dettagliate riguardanti i periodi di oscurità, le lesioni alle piante delle zampe e la mortalità nella prima settimana relativamente all’allevamento di pollame per la produzione di carne. Avremmo preferito, piuttosto, la possibilità di prendere decisioni su principi generali, lasciando agli esperti il compito di mettere a punto le regole più specifiche. Ci troviamo di fronte a una procedura di consultazione per il Parlamento europeo e non a una procedura di codecisione, che avrebbe potuto consentirci di emettere in merito una dichiarazione più di principio.

Desideriamo inoltre sottolineare quanto sia importante compiere ulteriori progressi nei negoziati nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio per ottenere un consenso generale a favore di requisiti di produzione più rigorosi in tema di sicurezza alimentare e protezione degli animali.

 
  
MPphoto
 
 

  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Ho appoggiato gli emendamenti proposti dal mio gruppo e da altri, emendamenti che avrebbero consolidato la proposta, in particolare quelli che auspicavano una minore densità dei polli negli allevamenti e mettevano in evidenza le conseguenze per la sicurezza alimentare provocate da insufficienti condizioni di benessere.

Benché la maggior parte degli emendamenti più validi sia stata bocciata, ho votato a favore della relazione nella speranza che la proposta della Commissione faccia registrare qualche progresso nella risoluzione di problemi importanti in materia di benessere nel settore della carne di pollo.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Approvo la relazione e penso che sia molto tempestiva per via delle conclusioni, recentemente adottate, del primo piano d’azione mai realizzato sulla protezione animale. La relazione dimostra che l’Unione europea sta assumendo ancora una volta un ruolo di spicco nel miglioramento attivo dei livelli di benessere degli animali.

La proposta si occupa di una questione complessa e di pubblico interesse, perché i livelli attuali di benessere dei polli allevati per la produzione di carne sono bassissimi, causano patologie alle zampe e zoppia, ascite (dilatazione cardiaca), sindrome della morte improvvisa e ustioni da ammoniaca.

Approvo le proposte della commissione per l’agricoltura, ma credo che non si siano spinte abbastanza avanti. Per questa ragione ho appoggiato gli emendamenti dell’onorevole Jørgensen e sono deluso perché il Parlamento non li ha approvati.

 
  
MPphoto
 
 

  Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) Il miglioramento del benessere dei polli è davvero un argomento che meriti di essere dibattuto in un’aula parlamentare? E riveste una dimensione europea tale da giustificare cinquanta minuti di discussioni dedicate al pollame destinato alla produzione di carne?

Sono due domande che costituiscono già in sé un inizio di risposta! Certo, non è la prima volta che il Parlamento europeo si pronuncia su un argomento lontano dalle preoccupazioni dei cittadini. Comunque, non penso che il Parlamento abbia il benché minimo interesse ad adottare lo slogan “un’Europa impicciona”; al contrario, sono convinto che abbia tutto l’interesse a porre un freno alla frenesia di regolamentazione.

Ciò è soprattutto vero in casi come quello della relazione Berman, quando le minuziose norme proposte sono totalmente assurde: i polli allevati in batteria godranno di due visite sanitarie al giorno, dell’accesso a una lettiera asciutta e di una temperatura ambientale non superiore di tre gradi rispetto a quella che conoscono i loro alter ego che vivono all’aria aperta! Sono solo alcuni esempi fra tante proposte ugualmente grottesche.

In conclusione, l’Europa non ha niente da guadagnare con questo genere di leggi. Rischia anzi di lasciarci le penne!

 
  
MPphoto
 
 

  Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. – (SV) Ho votato a favore di questa relazione, seppure molto debole, perché, nonostante tutto, comporta miglioramenti nella maggior parte dei paesi e riguarda un quadro legislativo di minima, il che significa che possiamo avere norme più rigorose. I nostri emendamenti relativi alla riduzione della densità degli allevamenti erano compromessi estremamente sensati che hanno ottenuto un appoggio pressoché unanime in sede di commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare. E’ ben triste che non siano stati approvati. Il Parlamento sostiene interessi a breve termine anziché una zootecnia umana su cui i consumatori possano fare affidamento, e agendo in questo modo non fa nessun favore al settore. Ho votato a favore della proposta della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale di fissare a 34 chilogrammi il limite massimo della densità degli allevamenti entro il 2013 solo perché si tratta di una proposta migliore di quella originaria. Con tanti paesi rappresentati nel Consiglio che intendono superare i 38 chilogrammi, sarà possibile appellarsi a questa proposta per opporsi al Consiglio. Il Parlamento, in ogni caso, indica che si potrebbe optare per un’altra direzione.

I polli continueranno a soffrire più di tutti gli altri animali. Il modo in cui trattiamo i nostri animali la dice lunga su quanto la nostra civiltà sia evoluta: in questo campo ci siamo rivelati dei barbari.

 
  
MPphoto
 
 

  Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Signor Presidente, la relazione sul benessere dei polli da carne è davvero tardiva. E’ ora che la Comunità europea intervenga per migliorare in tutta l’Unione il benessere delle galline da carne, molte delle quali vivono la loro breve esistenza in condizioni terribili. E’ un peccato che alcuni degli emendamenti del mio gruppo alla relazione non siano passati, anche se il documento contribuisce di per sé, in una certa misura, ad accrescere i livelli di benessere e io sono lieto di sostenerlo.

 
  
  

– Relazione Hökmark (A6-0009/2006)

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) E’ notorio che gli aiuti di Stato sono uno strumento di politica economica importante che giova a rivitalizzare lo sviluppo economico, sociale, ambientale e regionale. L’obiettivo primario è quello di permettere agli Stati di intervenire per concretare le proprie politiche strategiche, assicurare il finanziamento dei servizi pubblici e compensare le imprese che promuovono i cosiddetti “servizi di interesse generale”.

Con questa relazione, di taglio chiaramente neoliberista, la maggioranza parlamentare cerca di limitare gli aiuti di Stato a “ultima risorsa”, secondo un preconcetto ideologico che mira a ridurre l’intervento dello Stato nell’economia, in nome della vacca sacra della benefica “economia di mercato”, e a prevenire la cosiddetta “concorrenza sleale”. Ecco perché abbiamo votato contro.

Il relatore appoggia le proposte di riforma della Commissione volte a conferire maggior rilevanza alla concorrenza rispetto agli aiuti di Stato, a incentivare la riduzione di tali aiuti e limitarli alle politiche orizzontali connesse alla strategia di Lisbona, come le questioni in materia di innovazione e di ricerca e sviluppo.

 
  
MPphoto
 
 

  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Per decenni gli aiuti di Stato sono stati autorizzati o vietati dalla Commissione soltanto per conformarsi alle esigenze della divina concorrenza. Benché sia deplorevole che si sia dovuto aspettare il 2006 per pensare di prendere in considerazione criteri di buonsenso come l’occupazione, l’innovazione, la crescita, la coesione socioeconomica e così via, non dobbiamo respingere questo nuovo orientamento politico perché non possiamo impedirne l’esistenza.

Tuttavia, sono preoccupato per la sorte riservata ai servizi d’interesse generale e in particolare per il fatto che non sono realmente tutelati dalla capacità di nuocere di Bruxelles. Le conseguenze della liberalizzazione delle attività di rete (servizi postali, trasporti ferroviari, elettricità et similia), che privatizza i profitti e nazionalizza le perdite, devono servire di lezione a tutti quelli che chiedono alla Commissione di legiferare in questo campo.

Sono preoccupato anche per il modo in cui si dà priorità al rispetto per la concorrenza a scapito di tutti gli altri criteri, cosa caratteristica di una politica che continua a favorire i suoi dogmi anziché gli interessi degli europei.

Vorrei infine sottolineare che molte attività, anche emergenti, non avrebbero bisogno di sussidi o aiuti se beneficiassero di condizioni fiscali, normative e internazionali favorevoli – condizioni che le politiche di Bruxelles contribuiscono ampiamente a distruggere.

 
  
MPphoto
 
 

  Hélène Goudin, Nils Lundgren e Lars Wohlin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Qualsiasi studio sugli aiuti di Stato deve basarsi su un’idea chiara delle differenze tra entrate e uscite in relazione, da una parte, alle finanze private e, dall’altra, a quelle pubbliche, ovvero un’idea dell’esistenza di conseguenze esterne. La relazione evita un’analisi basilare e così finisce per addivenire a conclusioni generali che non possono essere comprovate. Per soprammercato, nel dibattito non si registrano seri sforzi di valutare le conseguenze esterne. Nonostante ciò, abbiamo votato a favore della relazione perché, in generale, sconsiglia gli aiuti di Stato. L’esperienza dimostra che di norma gli aiuti di Stato vengono utilizzati troppo spesso per motivi protezionistici.

 
  
MPphoto
 
 

  Sérgio Marques (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Lo scopo della relazione sulla riduzione del livello generale degli aiuti di Stato da parte dagli Stati membri è quello di destinarne la concessione agli obiettivi della strategia di Lisbona. Le norme che disciplinano gli aiuti di Stato fissate dall’Unione europea e l’atteggiamento degli Stati membri vanno modificati radicalmente se vogliamo far fronte a questa sfida.

Si stanno rettificando anche le norme della Commissione in materia di aiuti regionali, in linea col principio “aiuti di Stato più contenuti e meglio mirati”. Dal mio punto di vista, come relatore, desidero esprimere il mio pieno appoggio a questa iniziativa dell’Unione.

Mi ha fatto piacere constatare che la Commissione ha recepito, nella riforma dei nuovi orientamenti relativi agli aiuti di Stato nazionali e regionali, il fatto che le regioni ultraperiferiche continueranno a vedersi riconoscere lo status di regioni svantaggiate, a prescindere dal loro reddito nazionale lordo. Come tali, queste regioni possono essere compatibili col mercato comune di aiuti destinati a promuovere lo sviluppo economico di regioni in cui il tenore di vita sia eccezionalmente basso, e possono continuare a usufruire degli aiuti alla gestione.

 
  
MPphoto
 
 

  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Gli aiuti di Stato, presentati come mezzo per rimediare alle carenze del mercato, spesso sono tuttavia la causa, come giustamente fa rilevare il relatore, di ingiustizie e inefficienze. Pertanto, in sintonia con la posizione del relatore, condividiamo le preoccupazioni della Commissione in questo campo.

Sarebbe irrealistico e sbagliato cercare di porre immediatamente fine a tutti gli aiuti di Stato. Tuttavia, la diminuzione di questi aiuti negli ultimi anni – cosa che è stata fatta in stretta conformità al volere dell’Unione – è un segnale positivo per chi pensa che un’economia che rispetti pienamente le norme di buon funzionamento del mercato sia quella che presenta i maggiori vantaggi per i consumatori, i produttori e i lavoratori. In altre parole, gli aiuti di Stato costituiscono un modello che deve essere gradualmente sostituito da mezzi più equi ed efficaci di promozione di un mercato vero e proprio.

 
  
  

– Relazione Herczog (A6-0021/2006)

 
  
MPphoto
 
 

  Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. – (SV) Oggi i conservatori svedesi hanno votato a favore della relazione sugli effetti della globalizzazione sul mercato interno. Concordiamo col presupposto che sta alla base della relazione, ovvero il fatto che, in seguito alla globalizzazione, saranno necessarie riforme economiche per mantenere la competitività europea. Tuttavia non siamo favorevoli all’istituzione di un fondo per la globalizzazione, perché le conseguenze di quest’ultima si affrontano meglio con un’economia di mercato dinamica.

 
  
MPphoto
 
 

  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Errare è umano, perseverare è diabolico. Questa massima potrebbe applicarsi a ciascuna delle tante relazioni che il Parlamento dedica alla globalizzazione e al suo impatto, deplorandone gli impatti negativi, ma senza proporre nessuna soluzione definitiva se non quella di dare più poteri a Bruxelles e all’Europa. Non ha mai messo in forse la globalizzazione in sé o il modo in cui Bruxelles ce l’ha imposta.

Questo, tuttavia, è il vero problema. L’Unione sacrifica i nostri posti di lavoro, le nostre industrie, la nostra agricoltura e i nostri sistemi di protezione sociale sull’altare del liberoscambismo globale e del dogma della concorrenza internazionale; non protegge le nostre economie dalla concorrenza sleale, dal dumping sociale o monetario, dalla pirateria o dalla contraffazione; non sostiene le nostre aziende quando, nei paesi concorrenti dove intendono commerciare, sono alle prese con molteplici barriere tariffarie e non tariffarie o quando si confrontano nel proprio paese con una concorrenza in aumento perché le nostre economie sono tra le più aperte al mondo; accumula le norme e i regolamenti penalizzanti.

Conclusione inevitabile: l’Europa è lo zimbello della globalizzazione e i cittadini europei ne sono le principali vittime. E’ ora che i loro interessi abbiano la precedenza sul perseguimento utopico di dogmi ultraliberisti.

 
  
MPphoto
 
 

  Sérgio Marques (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Vorrei congratularmi con l’onorevole Herczog per la sua importante relazione sugli effetti della globalizzazione nel mercato interno, relazione che ha il mio pieno appoggio. Apprezzo in particolare il riferimento alla necessità di creare un ambiente sano e di sostegno per le piccole e medie imprese e di consolidare la loro posizione e il loro accesso all’innovazione e agli strumenti finanziari.

Ritengo inoltre essenziale la creazione di un mercato interno dei servizi per aumentare la competitività dell’Unione.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Approvo questa tempestiva relazione sulle sfide poste dalla globalizzazione al mercato interno della Comunità europea. Si tratta di un argomento la cui importanza è stata sottolineata il 27 ottobre 2005 dai capi di Stato e di governo dell’Unione europea in occasione del vertice informale della Presidenza britannica a Hampton Court.

Come membro della commissione per il commercio internazionale, ho insistito affinché si prendessero in considerazione problemi sociali e ambientali in un’epoca di globalizzazione e nel contesto del progresso di Cina, India e Brasile. Non si tratta solo di protezionismo: le mie preoccupazioni nascono dalla necessità di garantire che la liberalizzazione dell’economia mondiale, soprattutto mediante il sistema commerciale multilaterale, non comporti un calo dell’occupazione e dei criteri sociali, né una corsa al ribasso.

Pertanto, se è vero che ho appoggiato emendamenti intesi a potenziare l’accesso preferenziale al mercato dell’Unione per quei paesi terzi che hanno ratificato e applicato in modo adeguato le convenzioni internazionali fondamentali in materia di lavoro e ambiente come incentivo aggiunto, reputo che la Commissione debba collaborare maggiormente con l’Organizzazione internazionale del lavoro per indagare e informarsi in merito all’osservanza e all’applicazione pratica di queste convenzioni fondamentali, in modo da tutelarsi dagli abusi futuri del nuovo sistema di preferenze generalizzate (SPG+).

 
  
MPphoto
 
 

  José Albino Silva Peneda (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La globalizzazione offre nuove opportunità in termini di accesso ai mercati mondiali; con tutto ciò è vista negativamente da molti cittadini europei per via degli effetti di vasta portata per il settore europeo del tessile che comportano le ristrutturazioni e le delocalizzazioni attualmente in corso.

L’Unione deve affrontare apertamente queste sfide, senza rinunciare ai suoi valori storici e sociali che si riflettono nelle caratteristiche fondamentali dei sistemi di protezione sociale esistenti.

Contemporaneamente l’Unione deve offrire incentivi per accrescere la competitività dell’industria europea attraverso lo sviluppo di tutta una serie di strumenti, come riportato nella strategia di Lisbona.

Con crescite dell’1 o del 2 per cento non c’è nessun margine di manovra. Di conseguenza, per consolidare il mercato interno, sono tanto più urgenti riforme di tipo economico, in particolare per quanto riguarda gli aspetti legati alla liberalizzazione del mercato.

Infine, in termini di politica estera, l’Unione deve insistere, nei confronti delle future grandi potenze mondiali come Cina, India e Brasile, affinché i diversi processi di sviluppo si svolgano in base a un equilibrio tra la politica sociale ed economica.

 
  
MPphoto
 
 

  Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La relazione era un’occasione per farsi un’idea del tipo di impatto che la globalizzazione ha avuto sul mercato internazionale, ma purtroppo il documento ha mancato quest’opportunità. Pertanto il mio gruppo non ha potuto sostenerlo.

 
  
  

– Relazione Agnoletto (A6-0004/2006)

 
  
MPphoto
 
 

  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Signor Presidente, ho detto stamattina quanto fosse sconcertante che noi tentassimo di impartire al mondo lezioni sui diritti umani quando l’Unione li viola allegramente, nel suo stesso territorio, soprattutto in relazione alla libertà d’espressione.

Ci sono tuttavia altri motivi per opporsi alla relazione Agnoletto, che invoca l’articolo 60 della Convenzione di Vienna, in particolare la clausola di non esecuzione che ci permette di ignorare le condizioni di un trattato perché la controparte non ha ottemperato ai propri obblighi. L’unico problema è costituito dal fatto che l’Unione è il solo arbitro di questo caso e questa mi sembra un’interpretazione del tutto scorretta. Dobbiamo almeno disporre di un sistema d’arbitraggio, altrimenti questa condizione è, in realtà, una clausola potestativa che ci permette a nostro piacimento di sottrarci ai nostri obblighi o, al contrario, di tenervi fede quando abbiamo a che fare con Stati potenti di cui temiamo le rappresaglie. Questo non è accettabile.

 
  
MPphoto
 
 

  Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, l’Unione può tenere in gran conto il rispetto della democrazia e dei diritti umani – l’adesione alla Comunità europea dipende proprio da questi valori – ma sotto questo aspetto, nel caso della Turchia, ha certamente fallito. Non soltanto questo paese è lontano mille miglia dall’ammettere che il genocidio armeno è effettivamente avvenuto, ma minaccia pure sanzioni punitive per quei giornalisti che danno voce a qualsiasi tipo di critica nei suoi confronti. Inoltre occorre dire che si sono verificati netti regressi per quanto riguarda la libertà di opinione e di stampa rispetto all’inizio dei negoziati. Occorre considerare alla luce di tutto questo che, nel 2004, l’11 per cento delle domande di asilo da parte di turchi sono state accettate e che la Turchia è lo Stato membro del Consiglio d’Europa condannato con maggiore frequenza dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Ne consegue che il suo curriculum in relazione al rispetto dei diritti umani non può essere particolarmente buono.

Per soprammercato, il recente assassinio di un prete cattolico in Turchia – un crimine commesso per motivi politici e religiosi – dimostra che questo paese non è in grado o non vuole tutelare le minoranze interne. Ci vorrà assai più dei 500 milioni di euro sborsati quest’anno come sussidio alla preadesione per fare della Turchia la prima della classe in materia di diritti umani.

 
  
MPphoto
 
 

  Hélène Goudin, Nils Lundgren e Lars Wohlin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La relazione prende in esame il tema della clausola relativa ai diritti dell’uomo prevista dagli accordi siglati dall’Unione europea. Un esempio di accordo di questo genere è l’Accordo di Cotonou, che l’Unione ha concluso con i paesi ACP. La clausola esiste da dieci anni, per cui il relatore ritiene ora opportuno valutarla.

Nella situazione attuale, il Parlamento non può avviare colloqui se ritiene che un paese abbia violato la clausola. Tra le proposte avanzate dall’onorevole Agnoletto ce n’è una volta a dare al Parlamento l’opportunità di avviare colloqui di questo tipo. Inoltre il relatore vuole che il Parlamento sia ammesso a partecipare all’intera procedura riguardante la clausola.

Da quanto detto si può pensare che ci sia la volontà di dare al Parlamento maggiori poteri, cosa a cui ci opponiamo in linea di principio. Pertanto abbiamo votato contro la relazione Agnoletto durante la votazione odierna.

 
  
MPphoto
 
 

  Marine Le Pen (NI), per iscritto. – (FR) Esigere dai nostri partner economici e politici il rispetto dei diritti umani è un pregevole sentimento, ma le Istituzioni europee devono innanzi tutto cominciare a fare ordine in casa propria, datosi specialmente che il loro vicino della porta accanto è la Turchia.

Le discriminazioni di cui è vittima la minoranza cristiana, la censura sulle notizie riguardanti il genocidio armeno e l’occupazione di un terzo del territorio cipriota da parte dell’esercito turco: nessuna di queste violazioni flagranti del diritto ha impedito ai leader europei tra i quali, in Francia, Chirac e Villepin, di aprire le porte dell’Europa a questo paese asiatico.

La prospettiva di un’adesione incoraggia le autorità turche a condividere i valori della nostra civiltà? Ne dubitiamo. L’ascesa al potere nel 2002 del partito islamico, l’AKP, minaccia in particolare i pochi diritti concessi in precedenza alle donne. Due sono i fatti che illustrano questo fenomeno: la violenza usata l’anno scorso per disperdere una pacifica dimostrazione femminile e il ritorno della poligamia.

In un momento in cui, perfino nei nostri paesi, ci sono organizzazioni islamiche che sfidano la libertà di stampa, l’Unione, accogliendo la Turchia, rinnegherebbe i valori su cui asserisce di fondare la propria politica estera.

 
  
MPphoto
 
 

  Cristiana Muscardini (UEN), per iscritto. Dopo l’accordo di partenariato tra i paesi ACP e l’Unione europea, firmato a Cotonou e modificato a Lussemburgo, il problema della clausola relativa ai diritti umani e alla democrazia negli accordi dell’Unione sembrava risolto. In effetti, con l’accettazione del principio della tutela dei diritti umani, è stato compiuto un grande passo avanti. Tuttavia, l’applicazione di questo principio sembra presentare ancora delle lacune.

La questione non è semplice ed è complicata dal fatto che, se si volesse sospendere l’accordo sottoscritto per la violazione della clausola sui diritti umani, bisognerebbe evitare di danneggiare la popolazione dello Stato inadempiente. Accanto alle clausole dei diritti umani esistono requisiti analoghi in materia di osservanza delle basilari norme democratiche e di rispetto dei diritti delle minoranze. Cito il caso particolare dei negoziati con la Croazia, nel corso dei quali non ho mai avuto sentore che l’Unione si interessasse e tutelasse più di tanto i diritti della minoranza italiana, né quelli degli esuli giuliano-dalmati, magari giustificando questo atteggiamento con l’affermazione che si tratta di questioni bilaterali. Segnalo invece alla Commissione che la tutela dei diritti delle minoranze deve essere salvaguardata al di là di un rapporto bilaterale. E’ un diritto fondamentale, soprattutto se non si tratta di un accordo commerciale, ma addirittura di un Trattato d’adesione. Questo problema non è stato risolto neppure da questa relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’interesse e la preoccupazione che il relatore ha manifestato in merito alla clausola relativa ai diritti umani e alla democrazia negli accordi dell’Unione europea sono lodevoli.

A distanza di dieci anni dalla prima stesura di questa clausola è giunto il momento di stabilire come sia stata applicata e come possa essere migliorata. C’è inoltre un aspetto, a mio avviso, che la nostra analisi deve chiarire: è necessario che si valuti l’impatto di questa clausola. Apprezzo che l’Unione la includa e la consideri uno dei principi guida in materia di politica estera e di cooperazione. Ciò detto, se la clausola si trasforma solo in un mantra che ricorre in tutti i nostri accordi senza dare luogo a differenze sostanziali – soprattutto nel caso in cui le sue condizioni vengano violate –, è ovvio che non servirà a nulla. La futile, reiterata manifestazione di buone intenzioni è causa di errori e di insuccessi nel campo della politica internazionale.

 
  
MPphoto
 
 

  José Albino Silva Peneda (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La rapida liberalizzazione del commercio mondiale, caratterizzata da norme permissive in materia di lavoro e ambiente, rappresenta una sfida considerevole per la competitività dell’economia europea.

L’Unione non può, né tanto meno deve, essere in concorrenza con economie basate sui sussidi all’esportazione, in contrasto con norme sociali e ambientali basilari, e che violano i diritti umani.

L’integrazione europea si basa sulla solidarietà, sul rispetto dei diritti umani e sull’osservanza delle norme ambientali e sociali, nonché sullo sviluppo sostenibile. I valori della democrazia, dello Stato di diritto e delle libertà fondamentali costituiscono il cuore stesso del progetto europeo.

L’Unione è riuscita a incorporare “una clausola relativa ai diritti dell’uomo e alla democrazia” negli accordi internazionali con paesi terzi.

Tuttavia sono profondamente deluso perché una clausola fondamentale come questa è ancora assente negli accordi del settore tessile.

E’ noto che la Cina si è sistematicamente fatta beffe delle regole del gioco da quando, nel 2001, ha aderito all’Organizzazione mondiale del commercio. In questo caso specifico l’Unione sarebbe nel suo pieno diritto imponendo un minimo di norme sociali e ambientali negli accordi commerciali a venire con questo partner. Se ci dev’essere concorrenza, è bene che ci sia in condizioni di parità.

 
  
  

– Relazione Stihler (A6-0016/2006)

 
  
MPphoto
 
 

  Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La relazione in esame non solleva obiezioni di sorta alla proposta della Commissione. Anzi la approva e sostiene tutte le idee proposte.

L’iniziativa di conservare lo Shetland Box e il Plaice Box costituisce una risposta opportuna ed equilibrata alla revisione del funzionamento e dell’efficacia di questi box e alla consultazione effettuata in quest’ambito.

Le raccomandazioni contenute nella relazione permetteranno di difendere i principi basilari della nuova politica comune della pesca, ovvero gestire lo sfruttamento delle risorse ittiche in modo sostenibile, garantendo al contempo condizioni economiche, ambientali e sociali sostenibili.

Pertanto sono favorevole all’approvazione del documento.

 
  
MPphoto
 
 

  Hélène Goudin, Nils Lundgren e Lars Wohlin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La Lista di giugno è contraria alla politica comune della pesca e vuole che quest’ambito politico venga gradualmente eliminato nel lungo periodo. Pertanto riteniamo che l’Unione non debba decidere se mantenere o meno lo Shetland Box e il Plaice Box. Tale questione può essere risolta in modo migliore dagli organi internazionali esistenti.

 
  
MPphoto
 
 

  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione, che è stata notevolmente consolidata in sede di commissione con l’adozione di tutti e nove gli emendamenti che avevo presentato.

L’importantissima decisione del Parlamento europeo di patrocinare una zona di acque protette intorno al nord della Scozia è certamente assai gradita. I deputati al Parlamento di tutta Europa hanno riconosciuto l’importanza di queste acque per le comunità settentrionali della Scozia.

Ora la Commissione deve riconoscere che il principio dell’accesso illimitato alle acque è insostenibile. I diritti di pesca vanno assegnati alle comunità che da essi dipendono. Questa è, adesso, la volontà politica del Parlamento europeo e non si deve permettere a coloro che richiedono parità di accesso ad acque e risorse di pregiudicarla esercitando pressioni politiche.

Il voto del Parlamento costituisce un raro esempio di buona notizia dall’Europa per i pescatori scozzesi; invito il Consiglio dei ministri, che prenderà la decisione definitiva, a seguirci.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Approvo la relazione sullo Shetland Box e il Plaice Box. Mi fa piacere che la Commissione abbia deciso di mantenere lo Shetland Box e il Plaice Box e che il Parlamento abbia sostenuto questa proposta; la proroga di tre anni è opportuna per la conservazione e per gli interessi scozzesi in materia di pesca.

 
  
MPphoto
 
 

  Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Signor Presidente, do personalmente il bentornato a Strasburgo alla nostra relatrice su questo tema importante. Mi ha fatto piacere sostenere la relazione, perché le misure che contiene sono utili per rimediare agli effetti disastrosi della politica comune della pesca, politica che andrebbe spazzata via e che si è rivelata un disastro per le comunità di pescatori, per il settore alieutico e ovviamente per i pesci stessi. Non fa un favore all’Europa, poiché il fatto di avere una politica così impraticabile scredita l’Unione agli occhi dei nostri cittadini.

 
  
  

– Relazione Rothe (A6-0020/2006)

 
  
MPphoto
 
 

  Lydia Schenardi (NI), per iscritto. – (FR) Una delle sfide più importanti che devono affrontare i paesi europei consiste nella loro politica energetica e nella loro capacità di utilizzare le energie rinnovabili per ridurre la loro dipendenza dagli approvvigionamenti di petrolio e gas e dalle oscillazioni di prezzo di tali risorse.

Queste fonti rinnovabili di energia devono svolgere un ruolo predominante nel campo del riscaldamento e della refrigerazione, campo che attualmente rappresenta circa il 70 per cento del consumo energetico in Europa.

Noi diamo pertanto il nostro sostegno alle misure che potrebbero incoraggiare l’impiego di energie rinnovabili: informazioni per gli utenti, rimozione degli ostacoli amministrativi, aiuti all’attuazione, promozione della ricerca eccetera.

Tuttavia vigileremo particolarmente sul rispetto della sovranità degli Stati in materia di approvvigionamento energetico e sugli aspetti fiscali di tutte le proposte avanzate.

Non abbiamo ancora visto tutte le conseguenze della liberalizzazione dei mercati dell’elettricità e del gas sui bilanci energetici nazionali. Ed è escluso che si diano alla Commissione, tramite proposte fiscali, poteri supplementari in fatto di politica energetica che i Trattati non le hanno conferito, ma di cui la Commissione è già riuscita ad appropriarsi per vie traverse.

 
  
MPphoto
 
 

  Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Signor Presidente, quest’importante relazione mette in evidenza una potenzialità importante per l’Europa. Il mio paese, la Scozia, è potenzialmente un leader mondiale nell’ambito dei vantaggi che comporta l’energia rinnovabile, ma a causa dell’inerzia nazionale non ne abbiamo ancora tratto beneficio. La relazione mostra come l’Unione europea possa contribuire a incoraggiare la crescita in questa futura tecnologia d’importanza vitale e io sono lieto di sostenere questo documento, anche se alcune raccomandazioni chiave non sono state accolte dal Parlamento.

 
Note legali - Informativa sulla privacy