Indice 
 Precedente 
 Seguente 
 Testo integrale 
Procedura : 2004/0001(COD)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo del documento : A6-0409/2005

Testi presentati :

A6-0409/2005

Discussioni :

PV 14/02/2006 - 12
PV 14/02/2006 - 14
CRE 14/02/2006 - 12
CRE 14/02/2006 - 14

Votazioni :

PV 16/02/2006 - 6.1
CRE 16/02/2006 - 6.1
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2006)0061

Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 14 febbraio 2006 - Strasburgo Edizione GU

12. Servizi nel mercato interno (discussione)
Processo verbale
MPphoto
 
 

  Presidente. L’ordine del giorno reca la discussione sulla relazione (A6-0409/2005), presentata dall’onorevole Evelyne Gebhardt a nome della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno [COM(2004)0002 C5-0069/2004 2004/0001(COD)].

Il Parlamento è pienamente consapevole dell’importanza di questa discussione.

 
  
MPphoto
 
 

  Evelyne Gebhardt (PSE), relatore. – (DE) Signor Presidente, Ministro Bartenstein, Presidente Barroso, onorevoli colleghi, oggi siamo giunti, assolutamente senza fretta, all’ultimo round del più importante progetto legislativo dell’Unione europea dopo la Costituzione per l’Europa. Non avrei difficoltà a descrivere gli sforzi compiuti negli ultimi mesi e le montagne di carta che abbiamo dovuto scalare, ma avrei bisogno di ore per farlo.

Mi limiterò quindi ad alcune osservazioni fondamentali, che non piaceranno a tutti, ma che per me, signor Presidente, sono importanti.

La circolazione dei servizi in Europa deve essere altrettanto libera di quella delle merci e dei capitali. La presentazione, a lungo attesa, del progetto di direttiva sui servizi da parte della Commissione va quindi accolta con favore.

Purtroppo, però, si è diffusa l’impressione che questo progetto di direttiva sia destinato a contrapporre gli interessi dei 15 “vecchi” Stati membri a quelli dei 10 “nuovi” Stati membri, che hanno aderito nel maggio 2004. Il motivo per cui metto “vecchi” e “nuovi” tra virgolette è che tutti i membri della nostra Comunità di Stati hanno gli stessi diritti e gli stessi obblighi, a prescindere dal tempo trascorso dalla loro adesione.

L’Unione europea serve a promuovere il benessere dei suoi 470 milioni di cittadini sulla base dell’uguaglianza, non il valore per gli azionisti o gli interessi e i meccanismi di mercato dei fanatici della liberalizzazione.

Ritengo sia estremamente importante porre le persone al centro delle nostre iniziative politiche e legislative. Dobbiamo occuparci principalmente dei lavoratori e delle loro famiglie, non delle grandi imprese e dei loro mercati, e dobbiamo anche tutelare le piccole imprese e gli artigiani, che non devono essere calpestati.

Per questi motivi, l’Assemblea ha dovuto rielaborare completamente il progetto della Commissione e, nonostante tutte le divisioni ideologiche, abbiamo compiuto notevoli progressi. Sono fiduciosa che il voto del Parlamento ci permetterà di compiere gli ultimi passi decisivi.

Il prodotto finale deve essere una direttiva senza burocrazia eccessiva, che giovi ai lavoratori, dai quali dipende la capacità dell’Europa di competere con la concorrenza. Tale direttiva deve rispettare le specificità degli Stati membri e scongiurare il pericolo di un drastico peggioramento delle condizioni di lavoro e delle retribuzioni, della qualità e della protezione dei consumatori e dell’ambiente.

Dobbiamo quindi innanzi tutto abbandonare il principio del paese d’origine, con tutti i suoi effetti devastanti.

Ho proposto una soluzione semplice, secondo la quale un’impresa che presti legalmente servizi in uno Stato membro sia autorizzata a offrire tali servizi anche in ogni altro Stato membro, purché, naturalmente, all’esecuzione del contratto si applichino le norme e le leggi vigenti nel paese di destinazione. La semplicità di questa impostazione riflette la nostra esperienza nella vita reale; per esempio, con una patente di guida tedesca sono autorizzata a guidare in Inghilterra, ma non posso guidare a destra.

In questo modo si promuove la libera circolazione dei servizi e si garantisce una concorrenza leale.

In secondo luogo, ho proposto che la libera circolazione sia prevista solo per i servizi commerciali e che tutti gli altri siano esclusi dal campo di applicazione della direttiva. In nessun caso, per esempio, l’Europa deve accordare la libertà di circolazione alla forma moderna di schiavitù praticata dalle agenzie di lavoro temporaneo.

Dobbiamo anche assicurare che i servizi d’interesse generale – in senso lato – non siano compromessi, tutelando l’autogoverno municipale e il desiderio dei cittadini di gestire i propri affari in ogni settore, dall’acqua agli asili nido.

Il Parlamento potrà adottare la direttiva sui servizi, a condizione che siano apportati i necessari adeguamenti al progetto iniziale della Commissione.

Abbiamo lavorato in modo approfondito sul progetto iniziale e lo abbiamo cambiato radicalmente. Così facendo, abbiamo sventato l’introduzione di un regime di creazione di posti di lavoro per avvocati, che le piccole imprese non si sarebbero potute permettere.

A mio parere, questo atto legislativo complicato si sarebbe potuto rendere ancora più chiaro e semplice, ma un progetto così complesso richiede anche la forza di scendere a compromessi.

Ho l’impressione che la Commissione apprezzi il lavoro costruttivo svolto dal Parlamento e non sia legata in modo indissolubile alla vecchia versione, che ha suscitato tanta indignazione negli Stati membri. Il coro di sindacati, associazioni di artigiani, municipalità e di tutte le altre parti interessate ha avuto un effetto poderoso e visibile.

Siamo ora giunti a un punto critico. Possiamo adottare una legislazione che non ci è imposta né dalla Commissione né dal Consiglio. Se lo faremo, realizzeremo la necessaria libera circolazione dei servizi nell’Unione europea e, al tempo stesso, compiremo un passo di grande importanza verso un’Europa sociale. I diritti dei lavoratori saranno garantiti e la qualità e l’ambiente saranno protetti. Con un tale risultato in mano, il Parlamento potrà essere fiero di aver reso un servizio ai 470 milioni di cittadini della nostra Comunità.

Alla luce di queste considerazioni, vorrei ringraziare ancora una volta tutti i colleghi di tutti i gruppi per la loro cooperazione molto costruttiva. Sono certa che, nelle discussioni finali che ci attendono oggi pomeriggio, stasera e domani, troveremo le giuste soluzioni, che ci permetteranno di raggiungere veramente una grande maggioranza in seno all’Assemblea, che induca sia la Commissione sia il Consiglio a seguire la strada indicata dal Parlamento.

(Vivi applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Martin Bartenstein, Presidente in carica del Consiglio. (DE) Signor Presidente, signor Presidente della Commissione, Commissario McCreevy, onorevole Gebhardt, onorevoli deputati, come l’onorevole Gebhardt ha appena ricordato, nel febbraio 2004 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva relativa ai servizi nel mercato interno europeo, la cui attuazione avrebbe dovuto avvicinare l’Europa agli obiettivi di Lisbona. Nella relazione del novembre 2004 del gruppo di esperti di alto livello presieduto da Wim Kok – che, potrei aggiungere, era stato istituito dalla Commissione in preparazione della revisione intermedia della strategia di Lisbona – si sollecitava la creazione di un mercato europeo dei servizi, ritenendo che rappresentasse la migliore possibilità di favorire una maggiore crescita in Europa. Dal punto di vista economico, una ripresa della crescita è proprio ciò di cui ha bisogno l’Europa. Lo sappiamo: la crescita, e l’occupazione che ne risulta, sono la massima priorità per tutti noi.

Nei suoi primi dieci anni di vita, il mercato unico europeo ha conseguito notevoli successi, non ultimo la creazione di 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro. Proprio per questo motivo, tutte le lacune rimaste devono essere colmate. Gli ostacoli giuridici e burocratici opposti dalla Commissione ai prestatori di servizi hanno dimostrato quanto siano frammentati i mercati europei dei servizi nella realtà e le conseguenze sono prezzi più elevati del necessario, minore concorrenza a scapito dei consumatori e opportunità di crescita e creazione di posti di lavoro mancate.

La proposta in esame era stata presentata dalla Commissione Prodi, il cui Commissario competente era Frits Bolkestein, e, dal febbraio 2004, è stata oggetto di discussioni approfondite in seno al gruppo di lavoro competente del Consiglio. Nel contesto del dibattito pubblico, essa ha suscitato molte critiche, in parte giustificate. Alcuni l’hanno anche usata per diffondere preoccupazioni ingiustificate.

La direttiva è molto chiara riguardo allo scopo che si prefigge ed esiste un ampio sostegno per il principio su cui si fonda, cioè una maggiore libertà di prestazione di servizi e l’eliminazione sistematica di tutti gli ostacoli ingiustificati per i prestatori di servizi.

La Commissione deve ora riesaminare il modo in cui conseguire tale obiettivo e il voto del Parlamento costituirà una base essenziale a tal fine. Il completamento del mercato interno dei servizi deve apportare benefici e vantaggi per i cittadini, i consumatori e le imprese d’Europa, ma si deve escludere la possibilità che il modello sociale europeo sia indebolito o compromesso.

I cittadini d’Europa hanno diritto a un mercato interno dei servizi senza rischi di dumping salariale o sociale. A tal fine, la direttiva sui servizi deve essere neutra in termini di diritto del lavoro; si devono anche prevedere norme chiare e inequivocabili per garantire che non vi siano ripercussioni negative sulla direttiva relativa al distacco dei lavoratori, non ultimo per quanto riguarda le possibilità di controllo.

Deve altresì essere chiaro, al di là di ogni dubbio, che questa direttiva sui servizi non influisce minimamente sulla qualità, sulla prestazione universale e sull’accessibilità dei servizi d’interesse generale. L’onorevole Gebhardt ha già evidenziato questo aspetto.

Gli occhi della Presidenza del Consiglio sono ora puntati sul Parlamento europeo. La Presidenza e il Consiglio nel suo insieme attendono con grande interesse l’esito della prima lettura e il raggiungimento di una maggioranza il più possibile ampia sarebbe particolarmente utile per riuscire a compiere ulteriori progressi in seno al Consiglio. In questo contesto, accogliamo con favore anche le iniziative e gli sforzi compiuti – con evidente successo – dai due gruppi principali dell’Assemblea, al fine di raggiungere un ampio consenso tramite un buon compromesso, soprattutto sui punti controversi.

Dopo la votazione in seno al Parlamento, che si svolgerà dopodomani, il 16 febbraio, spetterà alla Commissione svolgere un ruolo attivo nella procedura di codecisione. La Presidenza – in stretta cooperazione con l’Assemblea, ma naturalmente anche con la Commissione – insisterà su una direttiva imparziale, che tenga ampiamente conto dei timori espressi in merito alla proposta in esame e crei al tempo stesso una base giuridica per un mercato interno dei servizi funzionante, che ci permetta di sfruttare tutto il nostro potenziale di crescita e creazione di posti di lavoro. Abbiamo ora appreso da due studi – uno condotto a Copenaghen e l’altro a Vienna – che la direttiva sui servizi potrebbe determinare la creazione di circa 600 000 posti di lavoro.

In questo contesto, la Presidenza accoglie con favore l’annuncio del Presidente Barroso a Vienna della sua intenzione di presentare molto presto, dopo il voto del Parlamento e in tempo utile per il Consiglio europeo di marzo, una proposta contenente i punti essenziali per un’intesa politica. La Presidenza austriaca li esaminerà quindi in modo approfondito e li porterà avanti, tengo a sottolinearlo, con la piena partecipazione delle parti sociali.

Abbiamo la possibilità di sfruttare tutto il nostro potenziale di crescita e creazione di posti di lavoro tramite un mercato interno dei servizi e di rafforzare al tempo stesso la fiducia dei cittadini in un’Europa sociale. Questo deve essere l’obiettivo di tutti noi.

(Vivi applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  José Manuel Barroso, Presidente della Commissione. (FR) Signor Presidente, Ministro Bartenstein, onorevole Gebhardt, onorevoli deputati, questa settimana rappresenta una tappa cruciale per la direttiva sui servizi, per il completamento del mercato interno e per la nostra strategia per la crescita e l’occupazione in Europa. Sono quindi lieto che il Parlamento europeo sia pronto a pronunciarsi su questa proposta e ad assumersi le sue responsabilità nei confronti dei cittadini europei. Vorrei ringraziare, in particolare, l’onorevole Gebhardt e tutti i deputati direttamente interessati, segnatamente i relatori ombra, i quali, durante gli ultimi mesi, hanno svolto un lavoro ammirevole, che ci ha permesso di raggiungere lo stadio a cui siamo oggi.

La discussione di oggi e il voto di giovedì rappresentano un momento importante per il futuro dell’Unione europea e questo, permettetemi di dirlo, va persino al di là dell’importantissima questione dei servizi nel mercato interno. Nessuno dubita che vi sia ancora molto da fare perché le nostre economie riescano a tradurre in realtà le libertà fondamentali previste dal Trattato e a trarne profitto. Il Commissario McCreevy ricorderà fra poco i progressi realizzati in questo ambito.

Vorrei tuttavia sottolineare un aspetto molto importante, che va ben oltre la dimensione puramente economica: l’Unione europea allargata a 25 Stati membri è in grado di trovare, di comune accordo, soluzioni appropriate per far fronte a problemi estremamente difficili e delicati? Aggiungerei: siamo in grado di affrontare, in particolare, i problemi considerati più delicati dall’opinione pubblica nei nostri paesi? Per essere ancora più chiaro: sono convinto – ed è anche il parere della Commissione – che sarebbe auspicabile raggiungere un forte consenso in seno al Parlamento su questa direttiva, un forte consenso che permetta, ci auguriamo, di pervenire a un accordo in seno al Consiglio e di creare le condizioni per una convergenza tra le nostre tre Istituzioni. Sono certo che, questa settimana, il Parlamento saprà dare espressione concreta al profondo senso di responsabilità di cui ha dato prova durante l’intero processo.

Come sapete – e al riguardo dobbiamo essere franchi – questa direttiva, presentata nel gennaio 2004 dalla Commissione del mio predecessore, Romano Prodi, ha suscitato serie preoccupazioni in alcuni ambienti dei nostri Stati membri e, in generale, nell’opinione pubblica europea. Pur fondandosi su timori legittimi, legati alla protezione dell’acquis sociale, alcune critiche si basavano su veri e propri malintesi e in alcuni casi hanno anche alimentato polemiche del tutto estranee alla direttiva stessa.

La Commissione che presiedo e io stesso siamo sempre stati assolutamente chiari sul fatto che vogliamo un vero mercato interno dei servizi. Vogliamo un mercato che funzioni e che apporti valore aggiunto alla nostra economia. Vogliamo ora tradurre in realtà i principi delle quattro libertà tramandateci dai padri fondatori dell’Europa. Vogliamo anche rispondere alle legittime preoccupazioni che continuano a essere espresse.

Il risultato sarà dunque, con il vostro consenso, onorevoli deputati, frutto di un compromesso. Per definizione, abbiamo bisogno di un compromesso, un compromesso che salvaguardi e rispetti i principi del Trattato e che s’inscriva nel nostro programma per la crescita e l’occupazione. Al riguardo, la Commissione è pronta a sostenere e a incorporare nella sua proposta rivista tutti gli elementi che rappresentano un passo avanti verso la realizzazione di un vero mercato interno dei servizi e che siano sostenuti da una larga maggioranza dell’Assemblea.

In seguito a un dibattito durato quasi due anni, è giunto il momento di lasciarci alle spalle le divisioni, di costruire ponti e creare le condizioni per un accordo. E’ ora di dimostrare ai nostri cittadini che l’Unione a 25 Stati membri funziona, è consapevole del suo destino comune e sa ottenere risultati nell’interesse di ciascuno. Dobbiamo ora comprendere che cosa sia realistico e realizzabile in questa fase.

Il 2005 è stato un anno difficile e abbiamo ora imboccato la via del ritorno alla fiducia nell’Unione europea. Dobbiamo sforzarci di trovare soluzioni pragmatiche in risposta ai problemi reali dei nostri cittadini. Se la prima lettura in seduta plenaria della direttiva sui servizi sfocerà giovedì in un voto capace di conciliare le esigenze della competitività con le nostre preoccupazioni sociali, sarà una vittoria non solo per voi, onorevoli deputati al Parlamento europeo, ma anche per l’Unione nel suo insieme.

Onorevoli deputati, non dubitate delle nostre ambizioni per l’Europa. Al riguardo, dobbiamo essere chiari sulla dimensione economica. E’ accettabile avere 20 milioni di disoccupati nell’Unione europea? Esiste un argomento più valido per giustificare la nostra iniziativa? Non è forse uno dei motivi principali della mancanza di fiducia nell’Unione? Oggigiorno, i due principali settori in grado di creare occupazione in Europa sono i servizi e le piccole e medie imprese. E’ quindi a questi settori che dobbiamo dare priorità, creando un vero mercato dei servizi e sostenendo le piccole e medie imprese.

(Applausi a destra)

Sono loro i principali beneficiari della direttiva. Anche se si tratta solo di un primo passo, davvero non penso esista una strategia più sociale di una strategia che crea posti di lavoro di alta qualità.

Prima di cedere la parola al Commissario McCreevy, con il suo permesso, signor Presidente, vorrei augurare a tutti una discussione proficua, costruttiva e positiva. Lavoriamo insieme per produrre una direttiva sui servizi che traduca in realtà, in modo equilibrato, le nostre ambizioni per l’Europa: un’Europa allargata, un’Europa più moderna e più competitiva, un’Europa fondata sulle quattro libertà fondamentali lasciateci in eredità dai nostri padri fondatori.

(Applausi al centro e a destra)

 
  
MPphoto
 
 

  Charlie McCreevy, Membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, sin dalla sua nascita, due anni fa, questa proposta fa notizia. Tanto i suoi sostenitori quanto i suoi oppositori la considerano un simbolo. In tutte le controversie sulla proposta, riguardanti un numero relativamente limitato di questioni, è stato facile dimenticare che esistono molti altri ambiti in cui, a mio parere, vi è ampio accordo e si riconoscono i vantaggi della direttiva proposta.

In primo luogo, grazie alla semplificazione amministrativa, sarà più facile creare un’impresa nell’Unione. Ciò è fondamentale per incoraggiare l’imprenditorialità, un elemento vitale per promuovere la crescita e l’occupazione. I prestatori di servizi potranno ottenere informazioni e completare le formalità amministrative tramite sportelli unici in ogni Stato membro, il che semplifica, accelera e riduce il costo delle procedure di autorizzazione e ovvia alla necessità di rivolgersi ad autorità di vari livelli.

Sarà inoltre possibile espletare tali procedure per via elettronica, in modo da permettere alle imprese di risparmiare tempo ed evitare spese considerevoli derivanti dalla necessità di presentarsi di persona – talvolta a più riprese – presso le autorità competenti per completare le necessarie formalità.

In secondo luogo, la direttiva sarà utile ai consumatori. Rafforzare la fiducia dei consumatori è fondamentale per valorizzare le possibilità offerte dal mercato interno. Essi ne trarranno benefici, in quanto potranno facilmente accedere a informazioni fondamentali sulle imprese e sui servizi da esse forniti. Ciò permetterà loro di fare scelte informate quando acquistano un servizio. I diritti dei consumatori sono definiti in modo chiaro e si devono eliminare tutte le discriminazioni operate sulla base della nazionalità o del luogo di stabilimento dell’impresa.

In terzo luogo, gli Stati membri dovranno instaurare una cooperazione amministrativa per garantire che le imprese siano soggette a controlli adeguati ed efficaci in tutta l’Unione, evitando al tempo stesso la duplicazione dei controlli. Quest’obbligo giuridico sarà sostenuto a livello pratico da un sistema elettronico che permetterà alle autorità uno scambio di informazioni diretto ed efficiente. Queste disposizioni, tra molte altre contenute nel progetto di direttiva, offriranno vantaggi significativi, sia alle imprese sia ai consumatori: so che non avete mai perso di vista questo aspetto.

Nel valutare gli emendamenti adottati nel parere della commissione principale, e gli altri emendamenti presentati in seguito, la Commissione sta assumendo una posizione molto costruttiva e positiva. In particolare, intendiamo accogliere e incorporare nella nostra proposta rivista gli emendamenti che riteniamo siano sostenuti da una grande maggioranza dell’Assemblea.

La Commissione in generale accoglie con favore gli emendamenti presentati dal Parlamento europeo che mirano a chiarire e migliorare la proposta iniziale della Commissione. Questi riguardano principalmente la semplificazione amministrativa, la libertà di stabilimento e la cooperazione amministrativa.

La Commissione in linea di massima accoglie anche molti emendamenti adottati dalla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori riguardo ai servizi d’interesse generale. E’ una questione delicata, che ha diviso i pareri durante l’intero dibattito e, a mio avviso, è chiaro che il voto della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori ha ottenuto molto al riguardo. D’altro canto, ritengo che i servizi d’interesse economico generale debbano rimanere compresi nel campo di applicazione della direttiva. L’eventuale esclusione di altri settori dal campo di applicazione della direttiva dovrà essere molto limitata.

I testi di compromesso che ho esaminato, se adottati, costituiscono una buona base per elaborare la nostra proposta modificata. Dobbiamo nondimeno essere chiari sul modo in cui affronteremo l’eventuale soppressione di disposizioni contenute nella proposta. Se il Parlamento approverà lo stralcio degli articoli 24 e 25 della proposta, riguardanti il distacco dei lavoratori, la Commissione elaborerà orientamenti per far fronte a qualsiasi ostacolo amministrativo ingiustificato, che possa impedire alle imprese di avvalersi delle possibilità offerte dalla direttiva sul distacco dei lavoratori. Ciò si potrà fare con relativa rapidità. Esiste una giurisprudenza consolidata della Corte cui occorre conformarsi.

Del pari, l’eventuale esclusione dei servizi sanitari dal campo di applicazione della direttiva non eliminerà la necessità di affrontare la crescente giurisprudenza della Corte di giustizia sulla mobilità dei pazienti. Sarà quindi necessaria una proposta distinta della Commissione che affronti questa problematica.

I testi di compromesso riconoscono anche la libertà di cui i prestatori di servizi devono godere nell’accedere ai mercati di altri Stati membri e nell’esercitarvi le loro attività. Mi compiaccio che si riconosca la necessità di eliminare un’intera serie di ostacoli che si oppongono alla prestazione di tali servizi, naturalmente permettendo alcune restrizioni per motivi ben definiti di politica pubblica.

E’ importante ribadire che ogni emendamento che accoglieremo dovrà rispondere all’obiettivo che ci siamo posti, cioè che questa direttiva rappresenti un passo avanti verso la creazione di un mercato interno dei servizi. In qualità di custode dei Trattati, la Commissione ha anche la responsabilità di assicurare che il risultato di questo processo sia compatibile con le libertà fondamentali definite nei Trattati stessi e nella giurisprudenza della Corte di giustizia.

Inoltre, le eventuali restrizioni applicate dagli Stati membri ai prestatori di servizi di altri Stati membri dovranno essere valutate in base ai criteri di non discriminazione, necessità e proporzionalità. In particolare, dovremo tenere conto di questo aspetto nell’esaminare qualsiasi modifica venga approvata in relazione all’articolo 16 e alla libera prestazione di servizi.

Sono certo che la maggioranza dei deputati concorderà sul fatto che questo è l’unico modo in cui possiamo preservare il reale valore aggiunto di questa proposta. Essa faciliterà la prestazione transfrontaliera di servizi e, al tempo stesso, permetterà di salvaguardare le considerazioni legittime in materia di politica pubblica. Questo è l’equilibrio verso cui stiamo lavorando tutti. Mi sembra sia l’essenza degli emendamenti di compromesso relativi all’articolo 16.

Confermo che, in seguito al voto di giovedì, la Commissione presenterà una proposta rivista, al fine di agevolare l’adozione di una posizione comune quanto prima possibile, mi auguro entro la fine di aprile. Fatto salvo quanto ho detto poc’anzi, la Commissione baserà le sue proposte modificate sugli emendamenti che otterranno ampio sostegno in seno all’Assemblea.

Frattanto, attendo con impazienza la discussione di oggi e, in definitiva, l’esito del voto di giovedì. Il Parlamento ha un’opportunità reale per dimostrare, dopo due anni di lavoro, di saper gettare le basi su cui portare avanti in modo consensuale una proposta importante ma molto controversa. E’ una sfida della quale sono convinto che la maggioranza degli eurodeputati voglia mostrarsi all’altezza. Vi esorto a continuare a lavorare verso il consenso, che ritengo abbiate buone possibilità di raggiungere. Potete garantire una migliore direttiva sui servizi, che liberi l’enorme potenziale economico del settore. E’ su queste basi che saremo giudicati dalle imprese, dai lavoratori, dai consumatori e dai disoccupati europei che dovrebbero beneficiarne.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. Informo l’Assemblea che in questo momento all’esterno del Parlamento si sta svolgendo una manifestazione di enormi proporzioni. La polizia di Strasburgo stima che circa 30 000 persone siano concentrate tra Parc des Expositions e Place de la République.

Vorrei segnalare il carattere pacifico della manifestazione.

(Applausi)

Mi comunicano che si sta svolgendo in un clima molto positivo, con musica dal vivo e tutta una serie di intrattenimenti. L’accesso al Parlamento è stato libero fino alle tre del pomeriggio. Sono sicuro che la massiccia presenza di cittadini europei alle porte del Parlamento ci darà un forte stimolo a svolgere il nostro lavoro con responsabilità.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Hans-Gert Poettering, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signor Presidente della Commissione, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, onorevoli colleghi, il nostro gruppo accoglie con favore la manifestazione, perché dimostra che i cittadini d’Europa si stanno infine rendendo conto di quanto il Parlamento sia influente. Devo dire, tuttavia, che nutro qualche dubbio su quanto le preoccupazioni dei manifestanti siano realmente giustificate, perché stanno protestando contro qualcosa che non è nemmeno più in discussione, ma la manifestazione in sé è un segnale positivo.

Il Consiglio europeo di Lisbona, nel marzo 2000, si è prefisso l’obiettivo di rafforzare la competitività dell’Unione europea. Ha preso atto del fatto che i servizi rappresentano uno dei settori più importanti della nostra economia, del quale l’Europa tuttavia non sfrutta minimamente il potenziale. La libera prestazione dei servizi fa parte, dal 1958, delle quattro libertà che i padri fondatori hanno inscritto nel Trattato. Tuttavia – a differenza della circolazione delle merci, dei capitali e delle persone – questa libertà è sempre stata trascurata e il motivo è che in questo settore gli Stati membri sono stati meno disposti a dare piena attuazione al Trattato e hanno lasciato alla Corte di giustizia il compito di elaborare le norme attraverso le decisioni adottate nei singoli casi.

La direttiva sui servizi deve cambiare questa situazione. Essa è l’elemento centrale della strategia di Lisbona. Rafforzerà la competitività dei prestatori di servizi europei, contribuirà alla creazione di posti di lavoro in questo settore e offrirà ai consumatori e ai clienti commerciali maggiori possibilità di scelta. Tuttavia, la direttiva è innanzi tutto una decisione politica, una decisione a favore della chiara attuazione del Trattato. Per questo motivo, essa costituisce un banco di prova per la Commissione e per gli Stati membri e dimostra anche fino a che punto il Parlamento sia serio nelle sue dichiarazioni sulla strategia di Lisbona. La proposta presentata dalla Commissione era ambiziosa. Alcune parti davano adito a dubbi, altre non centravano l’obiettivo e la proposta è stata oggetto di varie critiche, alcune giustificate e molte altre ingiustificate. La cosiddetta direttiva Bolkestein è diventata l’occasione per esprimere inquietudine riguardo alle conseguenze della globalizzazione, dell’allargamento dell’Unione e delle maggiori pressioni della concorrenza, nonché timori in merito alle realtà economiche in generale.

(Applausi)

Persino qui in Parlamento si erano diffuse idee fuorvianti, che hanno trovato espressione in tentativi di bloccare la direttiva stessa o di favorire l’erezione di barriere nel mercato interno da parte degli Stati membri. Il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei ha proposto miglioramenti sostanziali del testo della Commissione e sono molto grato al nostro relatore, onorevole Harbour, e a tutti i deputati del nostro gruppo e degli altri gruppi, nonché alla relatrice, onorevole Gebhardt, per tutto il lavoro svolto. Il nostro gruppo ha praticamente riscritto la direttiva e il documento oggi in esame è il risultato di tale lavoro, nel corso del quale abbiamo tutti dimostrato la necessaria disponibilità a trovare compromessi. Pur auspicando un’ampia intesa sulla direttiva, non vogliamo un compromesso a qualunque costo. Vogliamo miglioramenti sostanziali e una notevole semplificazione delle procedure per le imprese che intendono stabilirsi in più di uno Stato membro e prestare servizi a livello transfrontaliero.

Non vogliamo la trasposizione letterale della giurisprudenza della Corte di giustizia europea, con tutte le sue imponderabilità e specificità dei singoli casi. Vogliamo maggiore certezza giuridica per le imprese e le autorità degli Stati membri, vogliamo maggiore cooperazione tra gli Stati membri nella lotta contro il lavoro temporaneo illegale e il falso lavoro autonomo. Soprattutto, vogliamo una direttiva con norme chiare ed eque che creino infine un mercato interno dei servizi, un mercato interno cui tutti i prestatori di servizi, in particolare le piccole e medie imprese, e tutti i consumatori possano davvero partecipare. Vogliamo una direttiva che migliori realmente la nostra competitività a livello internazionale, che assicuri la rapida integrazione dei nuovi Stati membri nel mercato interno, una direttiva che ci permetta di sfruttare tutto il nostro potenziale di crescita e di creazione di posti di lavoro e che tenga fede ai principi dell’economia sociale di mercato.

Ciò che auspichiamo è che il Consiglio europeo, al Vertice di primavera, raggiunga un’intesa politica sulla base dell’esito del voto dell’Assemblea. Dovrà includere i punti sostenuti da una vasta maggioranza in tale votazione. Prima della fine dell’anno – forse, signor Presidente in carica del Consiglio, persino entro il primo semestre, sotto la vostra Presidenza – potremo quindi adottare la componente legislativa più importante della strategia di Lisbona.

Ogni giorno perso significa meno competitività, meno mercato interno e quindi meno crescita e occupazione. Dobbiamo dimostrare ai cittadini dell’Unione europea che prendiamo sul serio le loro preoccupazioni e i loro timori. Tuttavia, dobbiamo anche garantire una leadership capace di ridare loro speranza e fiducia, affinché il nostro grande progetto europeo abbia un futuro. L’Unione europea è un progetto condiviso e in quanto tale dobbiamo difenderlo e condurlo nel futuro.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Martin Schulz, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, innanzi tutto ringrazio la nostra collega, l’onorevole Gebhardt, che ha alle spalle settimane durissime, ma – mi auguro – giovedì vedrà infine la felice conclusione dei suoi travagli. Ringrazio anche l’onorevole Harbour, che ha alle spalle settimane ancora più dure e al quale auguro una conclusione altrettanto felice. Tornando al mio gruppo, ringrazio infine l’onorevole van Lancker, che ha elaborato il suo contributo al nostro lavoro nelle circostanze più difficili.

Questa direttiva è il progetto più controverso e discusso che sia stato presentato negli ultimi anni, ed è giusto che sia così, perché riguarda il tipo di modello sociale che vogliamo per l’Europa – niente di più e niente di meno – e daremo risposta a tale questione questa settimana. Ciò che è chiaro, per noi socialdemocratici europei, è che ogni progresso economico e tecnico che possiamo citare come un successo della seconda metà del XX secolo è stato accompagnato da un aumento del reddito, da maggiore sicurezza sociale, più diritti ambientali e migliore protezione dei consumatori. Questo è ciò che intendiamo quando parliamo di modello sociale europeo. L’obiettivo di Frits Bolkestein era creare crescita sulla base di una riduzione del reddito, minore sicurezza sociale, meno norme ambientali e minore tutela dei consumatori. Oggi stiamo ponendo fine proprio a questo. Da oggi, “Bolkestein” non esiste più. Questa è la prima buona notizia che emerge dalla nostra discussione.

(Applausi)

Il secondo punto che dobbiamo porre al centro del nostro dibattito è che l’Europa non si lascerà dividere. Sia nel gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei sia nel nostro gruppo, è ormai chiaro che il tentativo di dividerci, insito nella direttiva Bolkestein, è stato sventato. Secondo la filosofia di Frits Bolkestein, chi guadagna meno e ha norme meno rigorose deve ottenere libero accesso al mercato e, là dove le retribuzioni e le norme sono elevate, si deve procedere a un adeguamento verso il basso. E’ stato un tentativo di mettere i nuovi Stati membri contro quelli vecchi, di contrapporre la Vecchia Europa alla Nuova Europa. In seno all’Assemblea possiamo dimostrare che tale tentativo è fallito. Nel mio gruppo, così come nel gruppo PPE-DE, le delegazioni dei vecchi e dei nuovi Stati membri lavorano insieme per risolvere il problema. Questa è un’altra buona notizia di oggi.

(Applausi)

Vi è anche un terzo messaggio, sul quale non dobbiamo nutrire idee sbagliate: molti hanno tentato di strumentalizzare la direttiva sui servizi per promuovere i propri interessi e strutturare il mercato interno europeo sulla base di un modello concettuale puramente liberista. Sono certo che ciò che ho descritto fosse ciò che voleva Frits Bolkestein. Ho l’impressione che, per un certo tempo, fosse ciò che voleva anche il Commissario McCreevy, ma, alla luce del reale equilibrio di poteri, del quale riceverà prove scritte giovedì, è venuto a più miti consigli.

Abbiamo quindi appreso con grande interesse, Presidente Barroso e Commissario McCreevy, che intendete basare le vostre future azioni sull’esito del voto del Parlamento, perché è evidente che in seno all’Assemblea si sta formando un’ampia maggioranza a favore di una nuova direttiva sui servizi, una direttiva fondata sull’idea di assicurare il libero accesso al mercato, a condizione che ai servizi si applichi la legislazione del paese in cui sono prestati. Di conseguenza, i diritti riconosciuti negli Stati membri in materia di sicurezza sociale, retribuzione, ambiente e consumatori saranno salvaguardati e i servizi saranno prestati su tali basi. Questo è precisamente ciò che abbiamo ottenuto. Abbiamo, per così dire, invertito la rotta della direttiva Bolkestein per orientarla nella giusta direzione e gli attacchi di coloro che volevano il contrario sono stati così vanificati.

Se posso usare un linguaggio chiaro, ciò significa – e parlo a nome del mio gruppo – che chi vuole modificare il modello sociale europeo o distruggerlo incontrerà la ferma resistenza dei socialisti d’Europa. Un aspetto positivo è che evidentemente sta anche incontrando la ferma resistenza di una parte sostanziale del movimento cristiano sociale d’Europa, e siamo lieti di constatarlo.

(Mormorii di dissenso)

Sentiamo le voci del dissenso, ma posso dire all’onorevole Langen che le minoranze del gruppo PPE-DE tendono a esprimere forte e chiaro il loro parere. Questo lo sappiamo!

Tuttavia, in ciò che discutiamo oggi e in ciò che decideremo giovedì, è sottinteso un messaggio per le Istituzioni. Il Ministro Bartenstein lo ha ricevuto, e anche il Presidente Barroso. Hanno entrambi compreso – e permettetemi di sottolineare che è un bene – che, a prescindere dalle decisioni fondamentali che cercano di adottare, decisioni che determinano la direzione futura dell’Unione europea, il Parlamento europeo non può essere aggirato.

Il Consiglio ha fallito quando ha tentato di imporci una Commissione che non volevamo e allo stesso modo fallirà con le sue prospettive finanziarie irragionevoli. Il Consiglio ha dovuto prendere atto del fatto che è stato il Parlamento ad adottare una politica ragionevole ed equilibrata sui prodotti chimici. E’ stato il Parlamento a mantenere il dibattito sull’allargamento in un quadro ragionevole e a impedire che fosse condotto in modo precipitoso. In questa occasione, è il Parlamento a dimostrare alle altre due Istituzioni che è possibile fare ciò che il defunto Presidente del mio paese, Johannes Rau, chiedeva in quasi ogni suo discorso, cioè essere i protettori di cui la povera gente ha bisogno in un mondo deregolamentato.

Le grandi multinazionali possono far fronte alla concorrenza globale, ma i normali cittadini d’Europa – i lavoratori nei porti e nelle fabbriche, i conducenti sui loro autocarri, gli impiegati delle poste o delle ferrovie, gli artigiani nelle loro officine e gli infermieri negli ospedali – hanno bisogno di protezione in questa lotta a favore di quello che chiamiamo modello sociale europeo. Non possono contare sul valore per l’azionista; hanno bisogno di qualcuno che difenda i loro diritti in un’Europa deregolamentata e quel qualcuno, oggi, è il Parlamento europeo, e ci auguriamo che lo faccia giovedì con una stragrande maggioranza.

 
  
MPphoto
 
 

  Graham Watson, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, posso garantire all’Assemblea che Frits Bolkestein è vivo e vegeto ed è per questo motivo che l’onorevole Martin Schulz è così turbato in questi giorni!

Il Parlamento deve compiere una scelta. La via della riforma porta a un’Unione dinamica e competitiva, che crea occupazione, benessere e opportunità per i suoi cittadini. La via del protezionismo porta a vantaggi a breve termine per alcuni e svantaggi a lungo termine per tutti, soprattutto per i nostri 20 milioni di disoccupati.

(Applausi)

Il 70 per cento dell’economia e della forza lavoro d’Europa dipende da un settore dei servizi sano, un settore che però è lentamente strangolato da una massa insensata di norme.

L’onorevole Gebhardt dice “pensate alle piccole imprese”. E’ proprio perché pensiamo alle piccole imprese che vogliamo il principio del paese d’origine. Il 90 per cento delle imprese di servizi è costituito da PMI. Il principio del paese d’origine permette loro di valutare e sondare i mercati esteri. Inviano esperti per svolgere ricerche di mercato. Poi effettuano scambi, per sondarlo prima di creare un ufficio o una filiale. Eliminando il principio del paese d’origine si dimezzano gli effetti di crescita di questa misura.

I Democratici e Liberali sono favorevoli alla ricerca di un compromesso, ma un compromesso tra politiche che si escludono a vicenda non è un compromesso. Lo chiamiamo il “blocco di Berlino”. Questa direttiva non introduce il dumping sociale. Se hanno dubbi, gli onorevoli Schulz e Rasmussen possono leggere la direttiva del 1996 relativa al distacco dei lavoratori. E’ tuttora in vigore. Il progetto in esame trasforma in realtà i principi della libera circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali e delle persone per 450 milioni di cittadini. Sono principi fondamentali dell’Unione, del tutto incompatibili con una cittadinanza di seconda classe per i nuovi Stati membri.

Senza dubbio si dovranno prendere decisioni difficili, ma il nostro compito non è proteggere un settore piuttosto che un altro: è legiferare a favore dell’economia europea nel suo insieme. Se riusciamo a creare un mercato unico dei servizi che ricalchi il mercato unico delle merci, potremo aumentare il PIL di quasi il 2 per cento e creare fino a 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro. Questo è ciò che Frits Bolkestein voleva per l’Europa. Permettere agli Stati membri di giustificare gli ostacoli alla prestazione dei servizi sulla base della politica sociale e della tutela dei consumatori equivale a inferire una pugnalata al cuore di questa proposta. Tuttavia, non osserveremmo questa castrazione del progetto legislativo, se il Presidente Barroso e i suoi Commissari avessero difeso la loro proposta di direttiva anziché combattere contro i mulini a vento.

Il Commissario McCreevy ritiene forse che le pressioni esercitate sul Parlamento dal suo gabinetto la scorsa settimana abbiano promosso la causa del mercato unico europeo? Non sa che il paragrafo 3 dell’emendamento di compromesso n. 293 è contrario alla giurisprudenza della Corte di giustizia e alle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei servizi? Mi auguro, Commissario McCreevy, che fornirà una risposta su questo punto nella sua replica. Anziché indicare la via da seguire, questa Commissione si nasconde nell’ombra dell’opinione pubblica e dell’esitazione degli Stati membri.

Maggiore produttività, più posti di lavoro, retribuzioni più elevate, imprese più forti: sono tutti obiettivi alla nostra portata e per questo esorto l’Assemblea a votare in modo da fare dell’Europa un mercato dinamico per l’occupazione e per i servizi.

(Vivi applausi al centro e a destra)

 
  
MPphoto
 
 

  Heide Rühle, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, signor Presidente della Commissione, signor Presidente in carica del Consiglio, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto dire tre cose. Raramente un’iniziativa legislativa europea ha polarizzato a tal punto le società europee. Riconosco quindi tanto più merito alla relatrice, onorevole Gebhardt, per essere riuscita a smussare il progetto della Commissione. Devo dire, tuttavia – e questo mi porta al terzo punto – che ciò è andato a scapito della chiarezza e della certezza giuridica in questa direttiva quadro. Per comprenderne il motivo, è sufficiente esaminare il materiale con cui la relatrice ha dovuto lavorare, perché il progetto della Commissione è oscuro e poco comprensibile, l’esatto contrario di una “migliore regolamentazione”. E’ una cosa che andava detta a chiare lettere.

(Applausi)

Purtroppo l’Assemblea non è riuscita a concentrarsi sui punti fondamentali e realizzabili. La necessità di una direttiva quadro europea sui servizi è indiscutibile. La prestazione di servizi a livello transfrontaliero comporta numerosi problemi, che non si possono più risolvere tramite i tribunali, ma devono essere affrontati dai legislatori europei, cioè il Parlamento e il Consiglio. Con il progetto in esame rischiano tuttavia di finire di nuovo dinanzi alla Corte.

Esistono alternative, alternative chiare e semplici, che realizzano perfettamente l’obiettivo di ridurre la burocrazia per la prestazione di servizi a livello transfrontaliero. La nostra proposta, sostenuta a lungo dalla relatrice, è sostanzialmente divisa in due parti e prevede, da un lato, che questa direttiva sia espressamente limitata ai servizi commerciali, con la debita considerazione della legislazione vigente in materia. I cosiddetti servizi d’interesse generale – e consentitemi di dire, a beneficio del Commissario McCreevy, che con questo intendo i servizi a favore di tutti e nell’interesse economico generale di tutti – devono essere descritti e trattati in una direttiva distinta, perché non rientrano in questa.

Al posto di questa netta delimitazione, attualmente abbiamo un catalogo di singole deroghe, che tuttavia non comprende tutto: l’istruzione non è compresa, la situazione dei servizi sociali resta da chiarire e lo stesso vale per l’edilizia popolare. Alcuni servizi sono totalmente esclusi, altri – quali i grandi servizi forniti dalle reti – solo in parte. Tutto ciò equivale a un miscuglio di norme e regolamenti individuali, che rendono difficile avere una visione d’insieme e determinano una mancanza di trasparenza e di certezza giuridica, un tema, quest’ultimo, che oggi tutti hanno trattato. Sono soprattutto le piccole e medie imprese ad averne bisogno, altrimenti non investiranno e i consumatori non compreranno i loro prodotti.

La nostra proposta riguarda anche l’articolo 16, il principio del paese d’origine, una questione molto controversa. Anche in questo caso esiste un’alternativa chiara e semplice, cioè l’apertura dell’accesso al mercato dei servizi sulla base del principio del paese d’origine per l’Unione nel suo insieme, ma associato alla condizione che i servizi siano prestati in conformità della legislazione e delle norme locali. Invece, la grande coalizione propone una regolamentazione che si astiene dal menzionare il principio del paese d’origine e apre invece i mercati vietando alcune restrizioni locali. Tuttavia, anche questo conduce a questioni irrisolte, a mancanza di chiarezza e di certezza su quale sia la legislazione applicabile e lascia l’ultima parola ai giudici. Non possiamo approvare questo progetto di direttiva. Non incoraggia la fiducia nella capacità dell’Europa di adottare le proprie leggi e, con questa direttiva, il Parlamento indebolisce la sua posizione.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Francis Wurtz, a nome del gruppo GUE/NGL. – (FR) Signor Presidente, Presidente Barroso, Ministro Bartenstein, per il giorno di San Valentino avremmo potuto scegliere un argomento di discussione un po’ più romantico della direttiva Bolkestein. Tuttavia, così stando le cose, quali osservazioni può fare il gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica sull’ultimo rimaneggiamento di questo progetto di direttiva così emblematico?

Innanzi tutto, è giocoforza constatare, e con piacere, che le eccezionali mobilitazioni sociali e politiche contro la direttiva, che si moltiplicano da più di un anno, hanno ottenuto un primo risultato: siamo riusciti a mettere i sostenitori della direttiva sulla difensiva. Dopo tutto, come ha appena rilevato il Commissario McCreevy, portavoce della Commissione e successore di Frits Bolkestein, dobbiamo essere realisti: si sono svolti referendum in Francia e nei Paesi Bassi. In altri termini, come ha precisato John Monks, il segretario generale della Confederazione europea dei sindacati, “il successo del no ha cambiato il panorama europeo, in quanto tutti hanno successivamente compreso che la dimensione sociale deve essere al centro delle politiche europee”. Ecco perché non storciamo il naso davanti ai cambiamenti introdotti nell’ambito dei vari negoziati sulla direttiva in seno alla Commissione.

Tuttavia, la questione da porsi è se la direttiva, nella sua versione modificata, sia diventata una buona direttiva, se il suo contenuto essenziale sia cambiato. In breve, se, come alcuni affermano, i lavoratori possano ora sentirsi rassicurati riguardo al futuro dei loro diritti sociali. La nostra risposta purtroppo è “no” e, a mio parere, coloro che affermano il contrario si assumono una grossa responsabilità. In primo luogo, sottovalutano gravemente gli effetti dell’acquis comunitario attuale in cui si inserirà tale direttiva, se sarà adottata. Al di là dei Trattati stessi, la giurisprudenza della Corte di giustizia, cui ha fatto riferimento il Commissario McCreevy con insistenza e in modo molto significativo, protegge sistematicamente le imprese che prestano servizi sulla base del principio del paese d’origine e critica continuamente le norme dei paesi ospitanti, accusati di ostacolare le attività di tali imprese.

Di fronte a un tale dirottamento di sovranità, ritengo sia necessario organizzare una vera e propria controffensiva, se vogliamo mettere freno alla corsa verso il basso dell’acquis sociale. Eliminando ogni riferimento esplicito al principio del paese di destinazione, il compromesso raggiunto dal gruppo PSE e dal gruppo PPE-DE offre il fianco alle vessazioni della Commissione e della Corte.

I sostenitori di tale compromesso sopravvalutano molto, a mio parere, anche la portata delle garanzie sociali che affermano di aver introdotto nel progetto di direttiva. Per esempio, un’impresa stabilita in un paese con norme sociali meno rigorose non dovrà fare altro che offrire i suoi servizi in tutta l’Unione avvalendosi di lavoratori “autonomi”, perché il paese ospitante perda il diritto di imporle di rispettare le norme locali. Un altro esempio: si afferma che le disposizioni relative al distacco dei lavoratori ora incluse nel progetto di direttiva permettano di garantire ai lavoratori dipendenti di altri Stati membri il rispetto dell’orario massimo di lavoro. Bell’affare! Vi rammento che l’orario massimo di lavoro è di 48 ore settimanali nell’Unione e addirittura di 65 ore in alcuni paesi.

Queste stesse disposizioni dovrebbero anche assicurare il rispetto dei contratti collettivi. In realtà, niente è meno sicuro. Si tratta di una zona grigia del diritto comunitario, come ha recentemente riconosciuto il portavoce della DG Mercato interno e servizi della Commissione. In un contesto così precario, è necessario escludere ogni ambiguità, ogni mezza misura, ogni margine di interpretazione lasciato alla Commissione e alla Corte. Il messaggio corretto da trasmettere loro è chiaro: dobbiamo respingere la direttiva nel voto di giovedì e, se non riusciamo a farlo ora, questo rimarrà il nostro obiettivo per l’intera durata della procedura.

Nel frattempo, il mio gruppo farà tutto il possibile per inserire nella direttiva un riferimento specifico al primato delle norme del paese di destinazione e limitare al massimo il campo di applicazione della direttiva, in particolare escludendo tutti i servizi pubblici. Dall’Atlantico al Baltico, dalla Lapponia al Peloponneso, diciamo sì all’uguaglianza, sì alla solidarietà, sì alla promozione dei diritti di ciascun individuo e quindi no alla direttiva Bolkestein. In questo spirito, mi unisco a lei, signor Presidente, nel porgere un caloroso benvenuto a Strasburgo alle decine di migliaia di lavoratori venuti a difendere i loro diritti e l’idea di un’Europa in cui essi possano di nuovo riconoscersi.

(Applausi dai banchi del gruppo GUE/NGL)

 
  
MPphoto
 
 

  Nigel Farage, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, ricordo molto bene la dichiarazione sull’agenda di Lisbona fatta proprio in quest’Aula. L’Unione sarebbe diventata l’economia più dinamica e competitiva del mondo, con la piena occupazione. Bene, eccoci qua, con più di metà strada alle spalle, e che cosa abbiamo? Venti milioni di disoccupati e, nella zona dell’euro, tassi di crescita spaventosamente bassi e il crollo totale degli investimenti diretti esteri. Ci trasciniamo barcollanti in un deserto economico, ma – come i soldati francesi della legione straniera in Beau Geste – abbiamo improvvisamente avuto una visione: la direttiva sui servizi. Ci darà un libero mercato, economie liberiste e la soluzione a tutti i nostri guai. Purtroppo, ovviamente si tratta di un miraggio, perché niente è mai quel che sembra nell’Unione europea. La convinzione che un ennesimo atto legislativo migliorerà la situazione è sempre sbagliata.

Quando, nel 1999, si parlava di creare un mercato unico dei servizi finanziari, tutti i miei amici nel mondo reale della City di Londra dicevano: “Nigel, ti stai sbagliando”. Sono abbastanza abituato a sentirmi dire che sbaglio. Tuttavia, a distanza di sette anni, che cosa è successo? Abbiamo un piano d’azione sui servizi finanziari, abbiamo l’attuazione di 42 nuove direttive e gli oneri gravanti sui servizi finanziari sono più pesanti che mai. Ogni giorno vi sono imprese che abbandonano l’attività per trasferirsi in Svizzera e alle Bermuda e lo stesso accadrà con la direttiva sui servizi.

L’applicazione di questa direttiva varierà da paese a paese. La Commissione dirà che sono necessarie ulteriori misure di armonizzazione perché funzioni. Gli oneri gravanti sulle imprese aumenteranno e, ancora peggio, sarà la Corte di giustizia a legiferare e decidere in materia. Questa direttiva rappresenta un ennesimo massiccio trasferimento di poteri dagli Stati membri a queste Istituzioni fallimentari. Non saranno più in grado di gestire le loro stesse economie. Voteremo “no”.

(Applausi dai banchi del gruppo IND/DEM)

 
  
MPphoto
 
 

  Adam Jerzy Bielan, a nome del gruppo UEN.(PL) Signor Presidente, uno degli obiettivi fondamentali dei padri fondatori della Comunità economica europea era la creazione di un mercato interno nel quale fosse garantita la libera circolazione di persone, merci, capitali e servizi.

Sono ormai trascorsi 50 anni e tale obiettivo non è ancora stato realizzato. Nel settore dei servizi, qualsiasi attività al di fuori del mercato nazionale è tuttora classificata come prestazione di servizi all’estero, e non all’interno di una singola entità, cioè l’Unione europea. Le migliaia di disposizioni in vigore e di autorizzazioni attualmente richieste costituiscono un ostacolo allo sviluppo dell’intero settore europeo dei servizi. Ricordo all’Assemblea che il settore dei servizi oggigiorno rappresenta il 70 per cento del PIL dell’Unione europea.

La Corte di giustizia delle Comunità europee si è più volte pronunciata a favore del diritto dei prestatori di servizi di beneficiare della libertà imprenditoriale e della libera circolazione dei servizi da essi offerti in altri Stati membri. Esistono molti dati attendibili, secondo cui la piena attuazione della direttiva proposta determinerà la creazione di 600 000 nuovi posti di lavoro nell’Unione europea ed eliminerà più della metà degli ostacoli esistenti alla prestazione di servizi. Si verificherà inoltre una riduzione dei costi dei servizi cui si applica la direttiva, a vantaggio sia dei consumatori sia delle imprese che ne fruiscono. I consumatori, le imprese e i governi europei trarranno giovamento anche dal risultante rafforzamento della produttività, dalla crescita dell’occupazione e da retribuzioni più elevate.

Questa seduta ci offre l’opportunità di dimostrare che tipo di europei siamo. Sono certo che daremo prova di coraggio, responsabilità e saggezza. Sono favorevole al compromesso, un’impostazione che l’Assemblea segue da lungo tempo. Tuttavia, non posso accettare una situazione in cui, nonostante il difficile compromesso raggiunto e incorporato nella relazione della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, alcuni gruppi politici responsabili tendano ancora una volta a cedere all’allarmismo, al ricatto e a riforme fittizie. Dopo tutto, si può forse descrivere altrimenti la decisione di limitare ulteriormente il campo di applicazione della direttiva e di sopprimere il principio fondamentale del paese d’origine?

Mi auguro altresì che l’Assemblea si rifiuti di sopprimere le disposizioni che vietano gli ostacoli illegali alla prestazione di servizi da parte di lavoratori distaccati all’estero. Tali ostacoli non colpiscono i cittadini di paesi specifici: di fatto limitano la libertà e la mobilità di tutti gli europei, consumatori e imprenditori.

Concludo rivolgendo un appello al Presidente della Commissione Barroso e al Commissario McCreevy, affinché proseguano i loro sforzi volti a realizzare un mercato realmente libero e favorire lo sviluppo economico dell’Europa. Questo è ciò che anche i cittadini europei si attendono da noi.

 
  
MPphoto
 
 

  Marine Le Pen (NI).(FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, come sul suo mandato quinquennale e sull’IVA ad aliquota ridotta per i ristoratori, Jacques Chirac ha mentito una terza volta sulla direttiva Bolkestein. Non è stata ritirata nel marzo 2005 come aveva promesso, ma solo congelata durante il referendum sulla Costituzione europea. Essa torna oggi, un anno dopo, all’esame del Parlamento europeo, emendata e modificata, è vero, ma sempre e comunque controversa.

A giudicare dal gran numero di emendamenti presentati, 404, non si può certo dire che il consenso tanto ricercato dalla relatrice per la direttiva sui servizi, onorevole Gebhardt, sia stato raggiunto. Ci viene detto che è stato raggiunto un accordo in extremis tra i due maggiori gruppi del Parlamento europeo sulla soppressione del principio del paese d’origine, il principale ostacolo della direttiva. Non è affatto vero, perché il compromesso è stato firmato solo dai delegati dei gruppi, ma non è stato sottoposto all’esame dei gruppi stessi. E’ una strana idea di democrazia rappresentativa, propagata con la complicità dei media.

Non lasciamoci impressionare da queste false voci, atteniamoci al testo della relazione. E’ una relazione complessa, poco chiara, ambigua, contraddittoria e persino pericolosa. Non solo i servizi d’interesse economico generale, cioè i servizi pubblici commerciali, figurano ancora nella relazione, con talune eccezioni, ma sono anche state soppresse diverse salvaguardie. A fini di semplificazione, il regime di autorizzazione preventiva è stato abolito e sostituito dal sistema molto burocratico dello sportello unico europeo.

La direttiva Bolkestein è solo l’altra faccia dell’OMC, con l’Accordo generale sugli scambi di servizi che imporrà agli Stati, tutti contenti di saltare sul carrozzone ginevrino, il principio del paese d’origine. Il rischio di dumping sociale non è scongiurato, in quanto la Commissione europea può contare su una maggioranza di Stati liberisti, desiderosi di sfruttare i loro vantaggi comparativi.

Poiché tutte le nostre competenze sono state trasferite a Bruxelles, in particolare per quanto riguarda la concorrenza, non dobbiamo stupirci di vedere i nostri servizi pubblici rimessi in discussione, le nostre organizzazioni professionali contestate e le nostre specificità ignorate. Il nuovo ordine mondiale non tollera le resistenze nazionali. Tutto deve essere uniformato dalla legge o dal mercato; per mancanza di tempo, il mercato si occuperà di distruggere i gioielli della nostra industria, del nostro commercio, del nostro artigianato e delle nostre libere professioni, in attesa di attaccare i nostri servizi sanitari, i sistemi di istruzione e la nostra cultura. Questo è proprio ciò contro cui lottiamo.

 
  
MPphoto
 
 

  Christopher Heaton-Harris (PPE-DE), relatore per parere della commissione per il controllo dei bilanci. – (EN) Signor Presidente, a nome della commissione per il controllo dei bilanci, vorrei dire che siamo molto soddisfatti che tutti i nostri punti siano stati accolti dalla relatrice.

In seno all’Assemblea, tutti sanno quanto tempo sia stato dedicato a questa direttiva. A giudicare dagli emendamenti di compromesso presentati dal gruppo PPE-DE e dal gruppo PSE, lo spirito di San Valentino deve essere stato molto presente in quest’ultimo mese. E’ un peccato che tali compromessi si allontanino così tanto dal testo adottato dalla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, dopo gli eroici sforzi dell’onorevole Harbour, il relatore ombra.

Personalmente, posso comprendere che in alcuni momenti sia necessario fare concessioni, ma non scendere a questi compromessi, non ora, in un’Europa in cui sussiste l’evidente necessità di una riforma economica. Il Presidente Barroso, da comunista riformato, sa che spesso in politica il maggior clamore proviene dagli estremi. Molto spesso è la sinistra a gridare più forte. Infatti, circa 30 000 persone stanno manifestando oggi a Strasburgo, perché vogliono proteggere i mercati in cui operano. Se ciò può farle sentire più tranquille nel breve periodo, di sicuro non le aiuta nelle loro prospettive di occupazione a lungo termine. Dimenticano i 20 milioni di disoccupati presenti nel nostro continente.

Se non liberalizziamo, se non manteniamo il principio del paese d’origine, a quei 20 milioni di disoccupati se ne aggiungeranno molti altri in futuro e altri ancora continueranno a rimanere inattivi. Come ci si può aspettare, signor Presidente, in quanto conservatore spesso non sono d’accordo con il Primo Ministro Blair. Tuttavia, concordo con il suo governo quando afferma che questa direttiva è già stata fin troppo indebolita. Mi chiedo se anche gli eurodeputati del suo partito siano d’accordo su questo punto.

E’ una sfida per l’Assemblea produrre, con il voto sugli emendamenti approvati in seno alla commissione per il mercato interno, una direttiva che permetta all’Europa di praticare la via e non solo il linguaggio della liberalizzazione, una direttiva che crei nuovi posti di lavoro e non si limiti a proteggere lo status quo.

 
  
MPphoto
 
 

  Pervenche Berès (PSE), relatore per parere della commissione per i problemi economici e monetari. – (FR) Signor Presidente, devo il privilegio di intervenire in questa discussione all’esito infelice dell’esame della relazione dell’onorevole Wagenknecht da parte della commissione per i problemi economici e monetari. Alla fine, ha ritirato il suo nome dalla relazione, in seguito al voto della commissione.

In seno alla commissione per i problemi economici e monetari, la nostra relatrice, onorevole Wagenknecht, intendeva proporre di respingere la direttiva, in quanto l’articolo 16 stabilisce il principio del paese d’origine, che è incompatibile con il principio di sussidiarietà, mette a repentaglio i servizi d’interesse generale e rischia di condurre al dumping fiscale, sociale e ambientale, compromettendo i fondamenti stessi del modello sociale europeo.

La nostra relatrice proponeva inoltre di opporsi al principio del paese d’origine e respingere la cosiddetta “direttiva Bolkestein”, che ora dovremmo rinominare “direttiva McCreevy”, perché mette in concorrenza 25 sistemi giuridici, crea incertezza giuridica e rischia di favorire la concorrenza sleale tra le imprese, che non saranno più soggette alle stesse condizioni.

Purtroppo, nel voto, la commissione per i problemi economici e monetari non ha seguito le sue raccomandazioni. Riguardo al principio del paese d’origine, in particolare, la nostra commissione ha ritenuto che esso debba essere la norma, anche se probabilmente sarà messo in discussione in seduta plenaria. La commissione per i problemi economici e monetari ha tuttavia ritenuto che alcuni servizi debbano essere esclusi, nella misura in cui sono oggetto di norme specifiche previste da altri strumenti comunitari. Si tratta, in particolare, dei servizi finanziari. Fortunatamente, il rischio di incoerenza comportato da un criterio di esclusione di questo tipo è stato scongiurato dal voto della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori.

Mi auguro che lo stesso avvenga in plenaria. Ciò non toglie che, in seno alla commissione per i problemi economici e monetari, abbiamo anche escluso la liberalizzazione dei servizi d’interesse economico generale e la privatizzazione degli enti pubblici che prestano servizi, nonché difeso l’idea che questa direttiva non debba compromettere le regole comunitarie che disciplinano la concorrenza e gli aiuti di Stato.

 
  
MPphoto
 
 

  Kartika Tamara Liotard (GUE/NGL), relatrice per parere della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare. – (NL) Signor Presidente, in questo momento, vi sono sicuramente più di 30 000 manifestanti fuori dal Parlamento, dove sono appena stata. Queste persone sono qui per manifestare contro la direttiva sui servizi e non è la prima volta che i cittadini d’Europa ci comunicano che non sono favorevoli a questa proposta di liberalizzazione.

Pur sapendo che molti colleghi presenti in Aula probabilmente sosterranno la direttiva, non è la prima volta che il Parlamento sembra totalmente incapace di rappresentare i cittadini europei. Un esempio che posso fornire è il fallimento della Costituzione europea.

E’ stato detto molto sul famoso compromesso tra i due maggiori gruppi. E’ tipico che un argomento importante come questo sia così spesso il prodotto di macchinazioni ambigue. Ciò non è degno di una democrazia.

E’ anche un compromesso poco coraggioso, perché anziché adottare una decisione politica chiara, ora si rimanda tutto ai tribunali. Se la proposta originaria di Frits Bolkestein era inaccettabile su tutti i fronti, quanto meno era chiara. Con questo compromesso, il Parlamento dimostra solo la sua mancanza di potere politico e presto i lavoratori, i consumatori e l’ambiente diventeranno le vittime di questa mancanza di potere.

Quanto è stato diverso l’atteggiamento della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, in seno alla quale una stragrande maggioranza ha avuto il coraggio politico di respingere la proposta originaria, il principio del paese d’origine e l’indebolimento dei servizi pubblici e delle strutture sociali. Purtroppo, i membri della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori hanno dimostrato meno buon senso nelle loro decisioni di voto. Mi auguro che l’Assemblea dimostri di avere maggior giudizio giovedì.

 
  
MPphoto
 
 

  Jorgo Chatzimarkakis (ALDE), relatore per parere della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia. – (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, questa è una settimana decisiva per la credibilità dell’Unione europea e del Parlamento in particolare.

Si rivolgono istanze ai responsabili politici europei, all’Assemblea, e dobbiamo affrontare e adempiere le nostre responsabilità. Diciamo continuamente di voler ridurre la disoccupazione di massa, ma siamo credibili soltanto se facciamo qualcosa per le persone senza lavoro e ora possiamo farlo.

Questa settimana voteremo la direttiva sui servizi, la quale, se attuata, potrà creare 600 000 nuovi posti di lavoro in Europa, purché sia adottata nella forma approvata dalla commissione per l’industria o dalla commissione per il mercato interno. Il compromesso ha tenuto conto delle giuste critiche formulate sul progetto iniziale della Commissione, assicurando al tempo stesso l’apporto di un nuovo dinamismo al mercato dei servizi dell’Unione europea.

Il mio parere è stato approvato dalla commissione per l’industria con soli sei voti contrari, ma la proposta di compromesso in esame, il risultato della contrattazione tra i due maggiori gruppi, dimostra il disdegno che essi hanno del faticoso lavoro svolto dalle commissioni competenti. Il denominatore comune, in definitiva, è talmente ridotto da non giustificare gli sforzi compiuti negli anni passati.

Questo compromesso non è solo un attacco contro il principio stesso del mercato interno, al quale dobbiamo la prosperità e l’integrazione, ma è anche uno schiaffo in faccia ai nuovi Stati membri, che sono stati praticamente esclusi dai negoziati.

Il voto sulla direttiva relativa ai servizi nel mercato interno ci offre, a livello europeo, la possibilità di dare il nostro contributo alla strategia di Lisbona, perché sappiamo bene che gli Stati membri hanno serie difficoltà a fare infine ciò che hanno promesso di fare, e sarebbe un fallimento per l’Assemblea non riuscire a trasmettere un chiaro messaggio sulla necessità di nuovi posti di lavoro.

I sindacati, che continuano a diffondere falsità e panico, rimangono indifferenti a questi argomenti. Oggi possiamo vedere 30 000 sindacalisti bene organizzati che cercano di impedire la creazione di 600 000 nuovi posti di lavoro. Alcuni sono qui per cercare di tenersi stretto ciò che hanno già. Abbiamo ora la possibilità di affermare chiaramente il nostro desiderio che l’Europa sia un luogo migliore in cui condurre attività commerciali. Facciamone buon uso.

 
  
MPphoto
 
 

  Marie-Hélène Descamps (PPE-DE), relatore per parere della commissione per la cultura e l’istruzione. – (FR) Signor Presidente, nel 1957 i sei Stati membri fondatori della Comunità economica europea si sono impegnati a realizzare un mercato unico in cui le persone, le merci, i capitali e i servizi potessero circolare liberamente. Quasi 50 anni dopo, soltanto la libera circolazione dei servizi non è ancora stata attuata.

Nella forma oggi in esame, la proposta di direttiva sui servizi, che si inserisce nel processo di riforme economiche avviato dal Consiglio europeo di Lisbona per fare dell’Europa, entro il 2010, l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo, rappresenta un progresso politico importante per l’Unione europea. Per 18 mesi, il Parlamento europeo si è sforzato di riscrivere la proposta iniziale della Commissione per produrre una versione profondamente modificata. Si tratta di una versione equilibrata, volta a conciliare l’efficienza economica, attraverso l’apertura del mercato dei servizi, con la giustizia sociale, attraverso la salvaguardia delle norme sociali che proteggono i cittadini dell’Unione. Questa nuova versione riconosce anche la peculiarità di alcuni servizi, in particolare i servizi culturali e audiovisivi. Questi servizi sono portatori di identità e di valori e in tal senso non possono essere considerati come beni di consumo o servizi mercantili come gli altri.

Inoltre, i servizi audiovisivi sono oggetto dell’impostazione settoriale a livello comunitario tramite la direttiva “Televisione senza frontiere”. Quest’ultima risponde già agli obiettivi stabiliti dalla direttiva sui servizi, in quanto garantisce la libera prestazione di servizi e permette al tempo stesso di perseguire altri obiettivi, quali la promozione dei contenuti europei, il rispetto della diversità culturale e la promozione del pluralismo dei programmi. Tenendo conto di tali principi, la commissione per la cultura e l’istruzione, seguita dalla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, si è pronunciata, con una larga maggioranza, a favore dell’inserimento di una clausola di riserva culturale e dell’esclusione dei servizi audiovisivi dal campo di applicazione della direttiva.

E’ essenziale che la direttiva “Televisione senza frontiere”, in corso di revisione, rimanga l’unico testo di riferimento in materia. Tuttavia, è altrettanto essenziale adottare una direttiva sui servizi, in modo da poter creare un vero mercato interno dei servizi nell’Unione europea.

Per concludere, vorrei congratularmi con l’onorevole Gebhardt per la qualità della sua relazione, nonché con gli onorevoli Malcolm Harbour, Marianne Thyssen, Jacques Toubon e Othmar Karas, che hanno lavorato sodo per produrre un testo che giovedì potremo votare senza problemi.

 
  
MPphoto
 
 

  Kurt Lechner (PPE-DE), relatore per parere della commissione giuridica. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho solo due minuti a disposizione, sufficienti per alcune osservazioni. Seguendo il dibattito pubblico, si poteva avere l’impressione che la libera prestazione di servizi fosse un’invenzione di questa direttiva, ma di fatto essa ha forza di legge. Il problema è che molti paesi non rispettano questa legge, ma hanno anzi eretto barriere e usano ogni tipo di cavillo per vanificarla. In realtà, tutto ciò che occorre fare è porre fine a questo protezionismo, che è il motivo di tutta questa cavillosità, e la direttiva in esame ci offre gli strumenti giuridici adeguati per farlo.

L’integrazione politica ed economica dell’Europa nel settore dei servizi, che rappresenta il 70 per cento del PIL, sarà vantaggiosa per tutti. Essa non è tuttavia fondamentale per i grandi operatori globali o in termini di valore per l’azionista, e su questo aspetto rimanderei a quanto hanno affermato il Presidente Barroso e l’onorevole Watson. I grandi operatori globali non hanno bisogno della direttiva, perché hanno filiali e agenzie ovunque, attraverso le quali possono offrire i loro servizi, ma è sicuramente fondamentale per le piccole e medie imprese. Offre vantaggi anche ai cittadini, sotto forma di maggiore libertà e possibilità di scelta, e soprattutto ai lavoratori, in quanto creerà occupazione e l’occupazione – cioè nuovi posti di lavoro – è la migliore politica sociale.

Alcuni ora usano un Commissario, che non è più qui e non può più difendersi, come pretesto per fare giochi di prestigio con termini quali liberista del libero mercato, radicale del libero mercato e neoliberista, il che crea solo allarmismo e a nulla approda. Ciò che conta è il testo, perché è con il testo che si compiono progressi fondamentali. Anche io mi aspettavo di più – cioè meno deroghe – dal voto della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori e della commissione giuridica, che oggi rappresento.

Tuttavia, vi sono alcuni aspetti che considero decisivi. In primo luogo, non si peggiora la situazione attuale. In secondo luogo, di sicuro è un progresso; l’unico problema è che forse non è sufficiente. In terzo luogo, niente impedisce di compiere i prossimi passi in una fase successiva, quando i tempi saranno maturi. Ed è possibile che tale momento giunga prima di quanto pensiamo.

 
  
MPphoto
 
 

  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), relatore per parere della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere. – (ES) Signor Presidente, non vi è nulla di male nel voler ridurre gli ostacoli ingiustificati alla libera circolazione dei servizi nel mercato interno, purché lo si faccia in modo responsabile, garantendo che i diritti sociali e ambientali non siano indeboliti e procedendo verso un’armonizzazione a livello europeo della legislazione in materia di servizi.

Tuttavia, nella versione in esame, questa proposta di direttiva comporta numerosi rischi, molti dei quali sono già stati menzionati. In veste di relatore per parere della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, esaminerò specificamente quelli riguardanti la dimensione di genere.

I rischi per le donne riguardano essenzialmente la creazione di occupazione femminile e le condizioni di lavoro delle donne, nonché la loro situazione in qualità di consumatrici di servizi.

In primo luogo, l’attuazione della direttiva nella sua versione attuale senza dubbio eserciterà effetti negativi sull’occupazione femminile, soprattutto nei settori in cui la presenza delle donne è predominante. Come è stato affermato in diverse occasioni, oggigiorno è necessario investire di più nella formazione e quindi aumentare la spesa pubblica, non, come propone la direttiva, aumentare solo la concorrenza.

E’ altresì preoccupante che la Commissione non abbia svolto un’analisi dell’impatto sociale e sull’occupazione, soprattutto alla luce degli effetti prodotti da liberalizzazioni precedenti, che hanno determinato la perdita di molti posti di lavoro e spesso hanno anche eroso la coesione sociale.

Inoltre, la liberalizzazione dei servizi sanitari e sociali può determinare un peggioramento dei servizi stessi e della copertura dell’assistenza sanitaria a favore delle assicurazioni private, il che colpirebbe soprattutto le donne, in quanto principali fruitrici di tali servizi.

Infine, l’applicazione del principio del paese d’origine, menzionata più volte, ai prestatori di servizi potrebbe provocare abusi e manipolazioni, in quanto nei comparti non armonizzati a livello europeo, che sono la maggioranza, tale principio permetterebbe la coesistenza di vari regimi nazionali, nonché l’eventuale giustapposizione di 25 regolamentazioni nazionali, la cui conseguenza sarebbe che i consumatori non saprebbero a chi rivolgere e quando presentare i loro reclami.

 
  
MPphoto
 
 

  Marcin Libicki (UEN), relatore per parere della commissione per le petizioni. – (PL) Signor Presidente, la commissione per le petizioni ha sostenuto il progetto iniziale di direttiva sui servizi. Avevamo accolto con favore persino il progetto ancora precedente, presentato dal Commissario Bolkestein. Sono obbligato a ricordarlo all’Assemblea. Nel corso delle nostre discussioni e decisioni in materia, in seno alla commissione per le petizioni, abbiamo anche affermato che, per quanto ci risulta, l’integrazione europea si basa su ciò cui abbiamo aderito, cioè innanzi tutto le quattro libertà fondamentali. Queste quattro libertà avrebbero dovuto rappresentare una nuova opportunità per l’Europa. Avrebbero dovuto favorire il successo della strategia di Lisbona.

Volevamo trasformare in realtà l’integrazione europea. Siamo totalmente favorevoli, ma solo entro i limiti di ciò cui abbiamo aderito. Noi abbiamo aderito essenzialmente all’integrazione economica europea. Siamo costernati nel sentire affermare che alcuni nuovi Stati membri non contribuiscono all’integrazione. Vorrei ricordare che non siamo stati noi a respingere il Trattato costituzionale e oggi non siamo noi a voler mettere la camicia di forza all’economia europea.

Devo dire che mi preoccupa l’idea di raggiungere un compromesso in questa sede e sorvolare sulle differenze di opinione. Sarebbe fuorviante per l’opinione pubblica europea. I cittadini devono sapere che, così come l’opinione pubblica è divisa all’esterno, altrettanto lo è l’Assemblea. Non vogliamo dare l’impressione che di fatto nessuno voglia la libertà economica e che nessuno voglia aiutare l’Europa a diventare il principale motore trainante e non solo uno dei tanti motori trainanti del successo europeo. Mi ha amareggiato sentir parlare di dumping sociale oggi in Aula. Non è compatibile con un’economia normale e sana. Non mi stupisce che i manifestanti oggi siano così euforici, perché sembra che avranno successo. Otterranno il tipo di successo che i sindacalisti ben pagati ottengono sempre.

 
  
MPphoto
 
 

  Anne Van Lancker (PSE), relatore per parere della commissione per l’occupazione e gli affari sociali. – (NL) Signor Commissario, signor Presidente in carica del Consiglio, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto rivolgere le mie calorose congratulazioni all’onorevole Gebhardt per il duro lavoro svolto finora. Sono semplicemente ammirata. Vorrei ringraziare anche i deputati degli altri gruppi. Penso che possiamo essere fieri del lavoro che abbiamo svolto nelle ultime settimane. Nulla è stato discusso a porte chiuse o in corridoi sotterranei; vi è stata ogni possibilità di dibattito aperto.

Sono anche in debito con i membri della commissione per l’occupazione e gli affari sociali. Stiamo veramente trasmettendo un segnale importante, perché l’Assemblea ha ora una grande responsabilità: dobbiamo dimostrare che è possibile creare un mercato interno dei servizi nel tentativo di sviluppare appieno il nostro modello sociale. Di conseguenza, dobbiamo votare a favore di una direttiva che escluda definitivamente il dumping sociale. Ciò dà eco anche a un messaggio trasmesso dalla commissione per l’occupazione e gli affari sociali. Ritengo che i manifestanti nelle strade di Strasburgo possano essere d’accordo con tale messaggio e che possa esserlo anche la maggioranza dei colleghi in seno all’Assemblea.

Innanzi tutto, sono molte le questioni da affrontare, per esempio il pieno rispetto del diritto del lavoro, la protezione sociale, i contratti collettivi e le relazioni industriali, comprese le azioni collettive, sulle quali l’Assemblea può fare assegnamento per fornire garanzie assolute.

In secondo luogo, la mia commissione afferma che la direttiva sui servizi in nessuna circostanza deve compromettere i diritti sociali europei esistenti. La direttiva relativa al distacco dei lavoratori, in particolare, è chiaramente una questione delicata. Molto spesso, si ritiene che la direttiva sui servizi dia carta bianca a un progressivo peggioramento delle condizioni di lavoro e a riduzioni salariali e in alcuni paesi – in realtà non pochi – sono stati recentemente denunciati infortuni dovuti a pratiche fraudolente. Ne abbiamo visto esempi con la Laval in Svezia, la Struik Foods in Belgio e con l’Irish Ferries, ma ve ne sono molti altri.

Immancabilmente, tali pratiche sono del tutto illegali, ma poiché la direttiva sui servizi minaccia di rendere i controlli ancora più difficili, è importante chiarire che gli articoli 24 e 25 sono soppressi, ma la direttiva sui servizi rimane pienamente in vigore.

Tuttavia, la questione non si esaurisce qui. Infatti, Commissario McCreevy, dovremo adottare misure per concedere ai datori di lavoro in buona fede un migliore accesso all’informazione e misure antiburocratiche, ma, signor Commissario, dovremo anche adottare misure per garantire il rispetto della legislazione sul distacco dei lavoratori, che in teoria è buona. E’ troppo facile aggirare questa legislazione e vi sono troppi casi di abusi.

In terzo luogo, la mia commissione afferma chiaramente che occorre fare qualcosa riguardo al campo di applicazione della direttiva. E’ un bene che si registri già un consenso generale sull’esclusione dei servizi sociali, dei servizi sanitari, dei servizi delle agenzie di lavoro temporaneo e dei servizi di sicurezza, perché funzionano in modo completamente diverso. In realtà, la mia commissione è del parere che tutti i servizi d’interesse economico generale debbano essere esclusi, per il semplice motivo che non hanno finalità commerciali, ma mirano essenzialmente a fornire un servizio d’interesse generale, in altre parole a garantire i diritti umani fondamentali. Ritengo che dopo tutto sarebbe bene escludere tali servizi dalla direttiva.

Riguardo al principio del paese d’origine, sarò breve. Secondo la commissione per l’occupazione e gli affari sociali, questo principio è inaccettabile. Ritengo che il compromesso in esame sia efficace, perché permette ai paesi in cui il servizio è prestato di continuare ad adottare misure legislative ai fini dell’interesse generale.

Per concludere, mi auguro che giovedì l’Assemblea saprà trasmettere alla Commissione e al Consiglio un forte segnale – sotto forma di un testo nuovo e completamente rielaborato – sul profondo adeguamento sociale del documento iniziale della Commissione cui il Parlamento europeo è favorevole, perché solo così riusciremo a persuadere l’opinione pubblica che l’Assemblea non ha prodotto una licenza per il dumping sociale.

 
  
MPphoto
 
 

  Malcolm Harbour (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, sono passati più di due anni da quando ho cominciato a lavorare a questa direttiva e sin dall’inizio sono stato convinto che i suoi obiettivi e l’ambizione di affrontare gli ostacoli che si frappongono al mercato interno dei servizi fossero assolutamente giustificati. Perché ci sono voluti due anni? Il progetto era pronto al termine della legislatura precedente; abbiamo sentito sollevare oggi in Aula alcune questioni controverse nei discorsi di molti oratori, i quali, in molti casi, hanno dato un rilievo esagerato ai problemi, sminuendo invece le opportunità.

Con la retorica enfatica che abbiamo sentito oggi su questioni quali il dumping sociale eccetera, che non sono mai stato convinto sarebbero emerse da questa direttiva, è della massima importanza non dimenticare le opportunità, quindi ne esaminerò alcune stasera.

Innanzi tutto, vorrei ringraziare, in particolare, tutti i deputati del mio gruppo in seno alla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, che hanno lavorato instancabili con me per riformulare il testo. Calcolo che tre quarti degli emendamenti che voteremo giovedì siano stati presentati dal mio gruppo. In particolare, l’idea di una clausola centrale, definita “libertà di prestazione di servizi”, è stata sviluppata da noi in prossimità del voto in seno alla commissione. Tale clausola costituirà la base per il compromesso che oggi raccomando a tutti i colleghi di sostenere. Vorrei anche ringraziare i deputati dei gruppi ALDE e UEN, che ci hanno aiutato a conseguire un risultato molto importante in seno alla commissione in novembre.

E’ uno degli argomenti che ha suscitato la maggioranza dei dibattiti e delle discussioni negli ultimi due anni. La discussione di oggi conclude questo ciclo, ma sono certo che se ne svolgeranno molte altre. L’onorevole Gebhardt, una relatrice molto operosa e determinata, è stata al centro del dibattito. Anche se non mi sta ascoltando – penso stia lavorando alla sua lista di voto – vorrei renderle omaggio per il modo molto garbato e scrupoloso in cui ha guidato il nostro lavoro su una proposta decisamente complessa e difficile.

Dicevo che voglio esaminare l’impatto della direttiva nel suo insieme, perché dobbiamo pensare soprattutto alle piccole e medie imprese, che sono continuamente ostacolate dall’attuale impossibilità di accedere al mercato interno. Questa proposta contiene un’intera serie di disposizioni – ben 81 sugli Stati membri – che affrontano questo tipo di ostacoli, perché le imprese vogliono avere la possibilità di accedere ai mercati, di avviare le loro attività senza ostacoli burocratici ingiustificati, di inviare esperti in altri paesi. Tuttavia, vogliono anche avere la certezza che non saranno soggette a restrizioni sproporzionate e inutili e ciò comprende l’obbligo di conformarsi a più insiemi di norme e autorizzazioni, quando lo hanno già fatto nel proprio paese. Ritengo che non sia ragionevole. I giudici europei ritengono che non sia ragionevole, e ciò figura nel compromesso. Se questo è il terribile principio del paese d’origine, su che cosa abbiamo discusso così a lungo? E’ nella giurisprudenza della Corte di giustizia. La mia interpretazione di questo compromesso è che tale principio non sia affatto eroso e dobbiamo assicurare che non sia eroso quando esprimeremo il nostro voto.

Si è parlato del ruolo della Commissione. Se il Commissario McCreevy vorrà ascoltarmi – sono tutti impegnati in conversazioni mentre mi rivolgo a loro – lei, in veste di Commissario, ha la responsabilità cruciale di portare avanti questo progetto. Non voglio che si limiti a produrre una proposta basata, parola per parola, su questo testo. Dobbiamo ancora lavorarci, perché la direttiva deve offrire vantaggi alle imprese, altrimenti non ha senso adottarla. A mio parere possiamo farlo.

Per concludere, vorrei dire al Ministro Bartenstein – e sto ancora indossando la mia cravatta austriaca, perché gli ho detto che l’avrei portata finché si fosse prospettato un accordo chiaro – che può ancora riuscire a presentare questo testo al Vertice economico di marzo, se decide di farlo.

(Applausi)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. ROTH-BEHRENDT
Vicepresidente

 
  
MPphoto
 
 

  Robert Goebbels (PSE).(FR) Signora Presidente, raramente un progetto di direttiva ha suscitato tanta passione. Frits Bolkestein è diventato il salvatore per gli uni e l’anticristo per gli altri. Tuttavia, se si ascoltano alcuni discorsi, è evidente che poche persone hanno veramente letto il testo iniziale. Molti suoi oppositori non si sono resi conto che il Parlamento ha totalmente riscritto la cosiddetta “direttiva Bolkestein”, eppure ci chiedono di respingerla. Li invito a non farlo. Il Parlamento deve svolgere il suo lavoro di legislatore, altrimenti la Corte di giustizia imporrà la sua giurisprudenza, e ciò può essere pericoloso.

Attualmente, 53 cause relative alla libera prestazione di servizi sono in attesa di giudizio dinanzi alla Corte di giustizia. La Corte palesemente attende un chiarimento da parte del legislatore europeo. Se il Parlamento europeo non farà il suo lavoro, la Corte farà il suo. Vi invito a votare a favore del compromesso raggiunto dagli onorevoli Evelyne Gebhardt e Malcolm Harbour, che apre il mercato interno dei servizi e al tempo stesso previene la concorrenza selvaggia e sleale e salvaguarda il diritto di ogni Stato di difendere il proprio modello sociale e i propri servizi pubblici senza discriminazioni.

La proposta Bolkestein è stata maldestra e ha tentato di aggirare il metodo comunitario dell’armonizzazione progressiva con il principio del paese d’origine. Tuttavia, tale principio non è stabilito dai Trattati, anche se è stato applicato, alla luce della giurisprudenza della Corte, per favorire la libera circolazione delle merci. Nondimeno, i servizi sono prestati da esseri umani, che devono essere protetti contro il dumping sociale. Il principio del paese d’origine incoraggia una corsa verso il basso in termini di regolamentazione, ma il principio del paese di destinazione incoraggia un protezionismo ottuso e brutale. Dobbiamo abolire il protezionismo e gli ostacoli agli scambi che si sono accumulati dal 1957, soprattutto negli Stati membri fondatori.

Il Trattato di Roma ha fissato l’obiettivo della libera circolazione dei servizi. Siamo lontani dal realizzarlo, anche se i nostri paesi sono essenzialmente diventati economie di servizi. Non tutti i servizi sono esportabili. I servizi pubblici continueranno a essere di competenza delle autorità pubbliche. Per i servizi pubblici commerciali, gli Stati hanno la libertà di definire ciò che essi considerano essere servizi d’interesse economico generale e di disciplinarne l’organizzazione e il finanziamento.

In alcuni paesi, si tenta di divinizzare la nozione di servizi pubblici senza mai domandarsi se i servizi pubblici siano realmente servizi resi al pubblico. E’ difficile accettare, per esempio, che la Francia cerchi di proteggere i suoi mercati dei servizi pubblici, allorché imprese pubbliche e private francesi fanno razzia nei mercati di altri paesi. L’equilibrio raggiunto grazie al lavoro degli onorevoli Evelyne Gebhardt, Malcolm Harbour, Anne Van Lancker, Marianne Thyssen e altri garantirà che gli Stati membri conservino il controllo dei servizi prestati ai cittadini, evitando misure discriminatorie.

Concludo, signora Presidente, dicendo che l’adozione della direttiva modificata farà sprofondare Bolkestein nell’oblio. Con i nuovi strumenti, in particolare attraverso gli sportelli unici, il mercato interno dell’Unione compirà progressi.

 
  
MPphoto
 
 

  Anneli Jäätteenmäki (ALDE).(FI) Signora Presidente, onorevoli colleghi, la discussione sulla direttiva relativa ai servizi ha suscitato grandi emozioni e non siamo ancora del tutto usciti dall’impiccio.

In democrazia, si perviene a una decisione attraverso il dibattito, a volte un lungo dibattito. In conseguenza delle discussioni in seno al Parlamento europeo, la proposta della Commissione è stata migliorata; è diventata accettabile.

La direttiva non è indebolita dagli emendamenti: ciò fa parte del funzionamento della democrazia. Alcuni affermano che i deputati al Parlamento europeo hanno paura di introdurre riforme coraggiose e che hanno paura di portare avanti la direttiva originaria. Rispondo a queste affermazioni, dicendo che non lavoriamo in una torre d’avorio. Affrontiamo le cause legittime di preoccupazione ogniqualvolta risulti necessario e modificheremo la direttiva se riterremo opportuno farlo. Ascoltiamo l’opinione pubblica, e così deve essere. Questa si chiama democrazia, che l’Unione afferma di rispettare e tenta persino di esportare nel resto del mondo.

Sono disposta a sostenere proposte ragionevoli di compromesso, perché è meglio avere una specie di vaga armonia piuttosto che una grande discordia. Tuttavia, sono certa che riusciremo a raggiungere un ampio consenso sulla questione. Sarebbe positivo per il mercato interno europeo. D’altro canto, dobbiamo assicurare che agli Stati membri non sia data mano libera per impedire la circolazione dei servizi sulla base di motivi del tutto inconsistenti.

In conclusione, vorrei ringraziare l’onorevole Gebhardt e tutti i presenti, compreso il Commissario McCreevy.

 
  
MPphoto
 
 

  Pierre Jonckheer (Verts/ALE).(FR) Signora Presidente, vorrei associarmi anch’io ai ringraziamenti rivolti alle onorevoli Gebhardt e van Lancker per il loro eccellente lavoro, ma anche per la lealtà e lo spirito di cooperazione di cui hanno dato prova con il mio gruppo e con gli altri gruppi. Ciò detto, dopo aver ascoltato l’onorevole Harbour intervenire dopo le onorevoli Gebhardt e Van Lancker, non sono realmente sicuro che il famoso testo comune abbia lo stesso significato per tutti, il che mi preoccupa, e mi convince sempre più l’idea espressa dall’onorevole Rühle che questo compromesso forse aumenti, anziché ridurre, l’incertezza del diritto.

Commissario McCreevy, il Presidente Barroso ha parlato di malintesi. E’ chiaro che il malinteso è principalmente legato al famoso principio del paese d’origine. Vogliamo tutti la creazione di posti di lavoro, ma per creare posti di lavoro non è sufficiente intensificare la concorrenza e per aumentare la domanda non è sufficiente che i prezzi diminuiscano. La domanda aumenta quando le persone – i cittadini e i lavoratori – hanno fiducia. Perché abbiano fiducia, è necessario persuaderli dell’equità delle regole di concorrenza. Questo è il motivo per cui il principio del paese d’origine non solo non esiste giuridicamente nei Trattati, ma sarebbe anche, a mio parere, economicamente disastroso. Non vogliamo un’Unione a 25 in cui la concorrenza si trasformi in “regola nazionale contro regola nazionale”. Se vogliamo trasmettere segnali politici positivi ai cittadini dei nuovi Stati membri, dotiamoci di un bilancio all’altezza della solidarietà che dobbiamo dimostrare; seguiamo il consiglio della Commissione – e lo dico rivolgendomi al Presidente del Consiglio – e facciamo sì che tutti gli Stati membri eliminino le restrizioni alla libera circolazione dei lavoratori; facciamo sì che il 1° maggio 2006 sia effettivamente un Primo maggio per tutti i lavoratori dei 25 Stati membri dell’Unione europea.

Infine, Commissario McCreevy, durante la legislatura precedente, la maggioranza dei deputati al Parlamento europeo intervenuti in seduta plenaria ha chiesto in due occasioni alla Commissione di elaborare una proposta di direttiva quadro sui servizi d’interesse generale – in altre parole i servizi pubblici – onde evitare che tali servizi siano assoggettati alla giurisprudenza della Corte o siano oggetto di deroghe al diritto della concorrenza. Che cosa vi impedisce di presentare tale proposta? E’ un impegno elettorale che abbiamo preso: elaborare, parallelamente, una direttiva quadro sui servizi d’interesse generale e una direttiva sul mercato interno dei servizi. Lei, con il suo atteggiamento, e la sua Commissione, astenendovi dal presentare tale proposta, create uno squilibrio e date adito o rafforzate la diffidenza mostrata da una parte di cittadini. Da questo punto di vista, voi non incoraggiate la realizzazione di un’Unione a 25 i cui temi dominanti siano la solidarietà tra l’est e l’ovest e la parità di trattamento per tutti i lavoratori.

 
  
MPphoto
 
 

  Sahra Wagenknecht (GUE/NGL).(DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, le menzogne usate per giustificare le politiche neoliberiste sono sempre le stesse – si creeranno posti di lavoro e si promuoverà la crescita – e le abbiamo sentite ripetere più volte anche oggi. In realtà, la ricostruzione neoliberista dell’Europa negli ultimi 15 anni ha avuto esattamente l’effetto opposto. Ogni nuovo ciclo di misure di liberalizzazione ha eliminato centinaia di migliaia di posti di lavoro ed esacerbato la povertà. Ogni erosione dei diritti dei lavoratori ha ridotto il potere d’acquisto e ha così soffocato la crescita. La direttiva Bolkestein è un grande progetto di chi vuole un capitalismo senza freni; se diventerà una realtà, vedremo l’alba di un’Europa in cui la logica del mercato e la ragione del profitto regnano incontestate, in cui le norme in materia di qualità e di ambiente sono declassate e la spirale discendente delle retribuzioni e delle prestazioni sociali accelera in modo intollerabile.

Il fragile compromesso su cui si sono accordati i conservatori e i socialdemocratici tende ancora verso tale direzione; in settori essenziali, quali l’approvvigionamento idrico o l’istruzione, vale ancora la filosofia radicale del libero mercato della direttiva originaria. Il principio del paese d’origine non è stato realmente accantonato – almeno questo è emerso palesemente dai discorsi di entrambe le parti – ma è stato invece lasciato all’interpretazione della Corte di giustizia. Ripensando alle pronunce passate della Corte, la lobby delle grandi imprese probabilmente non avrà problemi al riguardo. Non vogliamo una direttiva Bolkestein, un’Europa Bolkestein.

Non vogliamo un’Europa che usa i concetti di pari opportunità e di libera prestazione di servizi come pretesto per creare le migliori condizioni possibili per le grandi imprese e permettere loro di realizzare i massimi profitti a spese dei lavoratori e dei consumatori. Non vogliamo un’Europa in cui i servizi essenziali d’interesse generale diventino giocattoli delle forze di mercato capitalistiche. La mania della privatizzazione deve essere fermata e invertita. Dobbiamo continuare a opporre resistenza a questo brutale progetto neoliberista.

E’ grazie a questo compromesso che si stanno svolgendo manifestazioni di protesta e quindi ritengo che la questione non possa chiudersi qui. La lotta contro la direttiva deve proseguire finché alla fine...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
MPphoto
 
 

  Philippe de Villiers (IND/DEM).(FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, assistiamo al ballo in maschera di Frits Bolkestein, che torna così al Parlamento europeo. Questo compromesso, questa cosmesi, questo raggiro, è una menzogna e uno scandalo.

E’ una menzogna, perché si tenta di farci credere che la direttiva Bolkestein sia stata svuotata della sua sostanza, del suo contenuto. Niente è più falso! Il principio del paese d’origine è presente, ben presente, insieme con la libera prestazione di servizi, soprattutto per gli artigiani autonomi. Il principio del primato del diritto nazionale sul diritto europeo è assente e abbiamo sentito più oratori spiegare a più riprese che l’intera questione passa sotto il controllo, sotto l’arbitraggio della Corte di giustizia, della quale conosciamo già molto bene la giurisprudenza. E’ uno scandalo.

 
  
MPphoto
 
 

  Guntars Krasts (UEN).(LV) La ringrazio, signora Presidente. Ora, esaminando gli ultimi emendamenti presentati congiuntamente dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei e dal gruppo socialista, sembra un peccato che la direttiva sui servizi non sia stata adottata prima dell’ultimo allargamento dell’Unione europea. Chiaramente, l’opinione pubblica nei vecchi Stati membri, cui entrambi i gruppi politici maggiori hanno prestato ascolto, attualmente percepisce tutte le misure di liberalizzazione del mercato come minacce, anche se in realtà mirano a rafforzare l’Unione europea. Vorrei quindi innanzi tutto confutare il parere erroneo secondo cui la liberalizzazione del mercato dei servizi sarebbe vantaggiosa solo per i mercati meno cari, cioè per i nuovi Stati membri. Già oggi nei settori dei servizi ad alto valore aggiunto – i servizi finanziari e di consulenza – il flusso è maggiore dai vecchi Stati membri verso quelli nuovi. La circolazione dei servizi in seguito alla liberalizzazione non è e non può essere a senso unico. Per esempio, la quota dei vecchi Stati membri in termini di valore aggiunto totale nel settore edile dell’Unione europea è del 95 per cento, mentre nella sfera dei servizi commerciali la percentuale è ancora più alta: 98 per cento. Per questo motivo, nei mercati dei nuovi Stati membri sicuramente vi sarà sempre spazio per il settore dei servizi dei vecchi Stati membri, caratterizzato da un livello elevato di valore aggiunto, capacità e capitali. L’applicazione del principio del paese d’origine alla prestazione di servizi aprirebbe il mercato interno dell’Unione europea ai principali prestatori di servizi degli Stati membri, cioè le piccole e medie imprese. Il mantenimento del principio del paese d’origine trasferirebbe parte delle pressioni concorrenziali sul mercato del lavoro verso la sfera commerciale. Ciò avrebbe effetti positivi sullo sviluppo delle attività commerciali in tutta Europa. I lavoratori impiegati al di fuori del loro paese manterrebbero uno stretto legame con il paese d’origine attraverso le imprese nazionali. I nuovi Stati membri sono interessati all’esportazione di prodotti e servizi, non all’esportazione di lavoratori. Un argomento portato contro il principio del paese d’origine è il timore che esso minacci il tenore di vita nei vecchi Stati membri, ma la soppressione del principio del paese d’origine o una sua notevole limitazione priverebbe la direttiva sui servizi della sua efficacia, e ciò sicuramente eroderà il tenore di vita in futuro.

 
  
MPphoto
 
 

  Jan Tadeusz Masiel (NI).(PL) Signora Presidente, il testo iniziale della direttiva Bolkestein rappresentava un’opportunità per l’Europa a 25 e anche un’opportunità per l’Europa a 15. Poco rimane di tale testo ora. Gli interessi nazionali sono prevalsi su quelli europei e il principio di solidarietà è stato spazzato via dall’egoismo di alcuni paesi. La preoccupazione per le condizioni sociali non è forse solo una cortina di fumo dietro cui nascondere la preoccupazione per i mercati nazionali? Il compromesso raggiunto tra destra e sinistra ha qualche utilità, vi si può riporre fiducia?

Durante il recente dibattito sulla Costituzione europea in Francia, sono emerse serie apprensioni riguardo all’ultimo allargamento dell’Unione. Nondimeno, sono stati avviati i negoziati con la Turchia. I nuovi Stati membri non costituiscono una minaccia per l’Unione.

Nella sua versione iniziale, la direttiva sui servizi offriva l’opportunità di correggere lo squilibrio derivante dalle condizioni di adesione inique imposte ai nuovi Stati membri. I loro cittadini non hanno il diritto di lavorare altrove nell’Unione e le sovvenzioni agricole sono molto basse. Al tempo stesso, supermercati e altre imprese straniere, in gran parte francesi, stanno realizzando profitti record in Polonia. Impiegano il personale a un quinto della retribuzione normale, fino alle dieci di sera, di domenica, e quasi non versano tasse nelle casse del governo polacco.

L’onorevole Schulz, leader del gruppo socialista al Parlamento europeo, non ha bisogno di perdere il sonno per la nostra situazione. I nostri paesi sanno bene che cosa sia meglio per loro. Quel programma ambizioso sembra essere morto e sepolto, sebbene soddisfacesse gli obiettivi della strategia di Lisbona. Avevamo la possibilità di scegliere se viaggiare verso un’Europa migliore in treno o in bicicletta, e abbiamo scelto la bicicletta.

Oggi è il giorno di San Valentino, ma non si vedono grandi dimostrazioni d’amore tra gli Stati membri della vecchia e della nuova Unione.

 
  
MPphoto
 
 

  Marianne Thyssen (PPE-DE).(NL) Signora Presidente, sin dal momento in cui questa proposta di direttiva sui servizi ha visto la luce, i democratici cristiani fiamminghi sono stati tra coloro che l’hanno considerata estremamente controversa. A nostro parere, il suo campo di applicazione era troppo vasto, la spinta verso la deregolamentazione troppo forte, la devoluzione di poteri agli Stati membri non era sufficientemente rispettata e la proposta conteneva troppe ambiguità. Tutto ciò ha suscitato un timore diffuso dell’impatto che la direttiva potrebbe avere, che è stato usato e abusato e si è gradualmente trasformato nel simbolo stesso dell’abisso che ci separa dai cittadini.

Al tempo stesso, abbiamo sempre saputo che il completamento del mercato interno dei servizi è una necessità e può fare una differenza reale per il nostro livello di prosperità. Se, come Parlamento, vogliamo assumerci parte della responsabilità riguardo alla strategia per la crescita e l’occupazione, una valida direttiva sui servizi è il nostro strumento per eccellenza. Il potenziale di creazione di 600 000 posti di lavoro non è un fattore che possiamo tranquillamente ignorare.

Questo è il motivo per cui non abbiamo mai votato a favore del rigetto e sin dall’inizio siamo stati favorevoli alla sua revisione e, finora, siamo riusciti nel nostro intento. Chiunque abbia letto i testi e li abbia inseriti nel giusto contesto può confermarlo.

Con il voto in seno alla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, il Parlamento europeo ha fornito l’indirizzo da seguire nel dibattito. Abbiamo dimostrato che la proposta può essere modificata in modo da poter conseguire l’obiettivo di ridurre la burocrazia e gli ostacoli ingiustificati alla libera circolazione senza compromettere la protezione sociale.

Sono molto fiera del risultato che il mio gruppo è riuscito a raggiungere in seno alla commissione, sotto la guida dell’onorevole Harbour. Con l’aiuto del gruppo “Unione per l’Europa delle nazioni” e dei Liberali, siamo riusciti a ottenere l’approvazione di molti nostri emendamenti. Questa è stata senza dubbio la base per un’ulteriore azione di persuasione e per fare gli ultimi ritocchi nei negoziati delle ultime settimane.

Vorrei ringraziare tutti gli onorevoli colleghi, compresi quelli del gruppo socialdemocratico, che vi hanno contribuito, perché abbiamo tutti fatto la nostra parte per assicurare che oggi fosse presentato al Parlamento un buon pacchetto.

Non dobbiamo ora impantanarci nelle minuzie. E’ inevitabile avere pareri differenti su alcuni aspetti. Dopo tutto, le sensibilità all’interno dei partiti e degli Stati membri sono diverse. Anziché guardare a sinistra o a destra, dobbiamo esaminare il pacchetto nel suo insieme; ciò ci farà compiere molti progressi nel nostro sforzo comune a favore della crescita e dell’occupazione.

Una maggioranza schiacciante nel voto di giovedì ci aiuterà anche a colmare un triplice divario: il divario tra le Istituzioni e i cittadini, il divario emerso tra i vecchi e i nuovi Stati membri – siamo magnanimi e ammettiamolo – e il divario tra la teoria del Trattato e gli ostacoli pratici che hanno impedito lo sviluppo del mercato dei servizi sin troppo a lungo.

Attendiamo fiduciosi le proposte annunciate dalla Commissione e mi auguro che giovedì riusciremo a conseguire il nostro obiettivo.

 
  
MPphoto
 
 

  Richard Falbr (PSE).(CS) Signora Presidente, onorevoli colleghi, questa discussione non fa che confermare il livello di emotività suscitata dal progetto di direttiva sui servizi. Tanto gli oppositori quanto i sostenitori propongono argomenti che in alcuni casi sono piuttosto dubbi. E’ già stato affermato più volte in Aula che la libera circolazione dei servizi, uno dei quattro principi fondamentali del mercato interno dell’Unione europea, non è realizzata nella pratica. Questa situazione persiste da lungo tempo ed è solo un caso che si stia tentando di cambiarla poco dopo un importante allargamento dell’Unione, che di per sé è uno dei motivi delle reazioni emotive.

Se le modifiche concordate saranno adottate, i sindacalisti che manifestano fuori dall’Emiciclo potranno dormire sonni tranquilli. Il loro timore di una possibile esportazione di manodopera a basso costo per la prestazione di servizi non si materializzerà. Da ex sindacalista, mi compiaccio della presenza di sindacalisti dei nuovi Stati membri tra i manifestanti. Molti si chiedono perché siano qui. La risposta è perché dimostrano solidarietà con i sindacalisti dei vecchi Stati membri e perché l’allargamento dell’Unione proseguirà. Ciò che alcuni possono considerare inutile oggi, potrebbe essere molto diverso tra un anno. La questione è se la direttiva all’esame del Parlamento sia buona o cattiva. La questione più generale è se la direttiva sia diventata talmente incomprensibile dopo la marea di emendamenti che sarebbe meglio respingerla. Se adottiamo la direttiva insieme con gli emendamenti approvati, essa creerà molto lavoro per gli avvocati in tutti i nostri paesi. A mio parere, come in molti casi precedenti, le Istituzioni europee non riescono a produrre direttive chiare e sintetiche, che semplifichino il compito di controllarne la corretta attuazione e applicazione. Non mi sorprende che la comunità imprenditoriale si interessi a tal punto delle sorti di questa direttiva. Le attività nel settore dei servizi, soprattutto per quanto riguarda i servizi pubblici, non sono esposte alle pressioni concorrenziali presenti nel settore manifatturiero.

A mio parere, la disposizione problematica che permette agli Stati membri di introdurre ulteriori requisiti riguardanti le politiche sociali o la protezione dei consumatori deve essere soppressa. Non voglio che la protezione dei consumatori sia distorta in protezionismo. In questo periodo circolano molti pareri sul tema comune della diffidenza dei vecchi Stati membri nei confronti di quelli nuovi. Compiamo un passo verso l’eliminazione di un elemento controverso e votiamo a favore della direttiva, purché i compromessi raggiunti siano attuati.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. Onorevole de Villiers, devo segnalare che abbiamo avuto un problema con i tempi. Lei ha diritto a un minuto e mezzo, ma le è stato assegnato solo un minuto. E’ stato un errore e non riusciamo a chiarirne il motivo. Tuttavia, quando do la parola a un oratore, indico sempre il tempo a sua disposizione. Sarei grata se, in futuro, in caso di discrepanza, l’errore fosse immediatamente segnalato. Le concederò ora un minuto, in quanto è impossibile fare un intervento comprensibile nei 30 secondi rimasti.

 
  
MPphoto
 
 

  Philippe de Villiers (IND/DEM).(FR) Signora Presidente, ovviamente considero increscioso che il destino abbia voluto che questo errore si verificasse proprio mentre interveniva uno dei principali portavoce francesi del “no” al referendum. Mi ha quindi troncato la parola, può protestare.

Il 29 maggio 2005 il popolo francese ha detto “no”, “no” alla direttiva Bolkestein. Considero deplorevole che mi si tronchi la parola, riducendo di un terzo il tempo a mia disposizione, proprio mentre sto dicendo che la direttiva Bolkestein è stata respinta senza tante cerimonie per suffragio universale, con un calcio nel didietro sferrato dal popolo francese, e ora fa ritorno al Parlamento europeo. Per i cittadini francesi che stasera guarderanno le immagini alla televisione in tutto il paese, si tratta di pura e semplice provocazione, perché i cittadini francesi hanno sentito Jacques Chirac, il Presidente della Repubblica, affermare nel maggio scorso: “la direttiva Bolkestein è morta”. Non era morta, e questa è una provocazione!

 
  
MPphoto
 
 

  Bernard Lehideux (ALDE).(FR) Signora Presidente, onorevoli colleghi, in quanto membri del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, i deputati dell’Unione per la democrazia francese sono ovviamente convinti sostenitori della libera circolazione dei servizi. Sussiste la necessità reale di porre fine alle pratiche discriminatorie e protezionistiche degli Stati membri e siamo quindi a favore di una direttiva sui servizi elaborata dal Parlamento e non attraverso la giurisprudenza della Corte.

Tuttavia, esigiamo che si trovi un equilibrio tra tale libertà a favore dello sviluppo economico dell’Europa e il rispetto del diritto del lavoro, della protezione dell’ambiente e della tutela dei consumatori.

E’ vero che avremmo preferito un’autentica armonizzazione al testo maldestro e sconsiderato che è stato proposto. Tutti noi avremmo dovuto sapere che questo progetto era destinato a incontrare un rifiuto massiccio e giustificato da parte dell’opinione pubblica europea. Al punto in cui siamo, avremmo potuto evitare questo nuovo colpo all’immagine dell’integrazione europea.

Devo dire, signora Presidente, che la mancanza di giudizio politico da parte della Commissione è stata uguagliata solo dalle autorità governative francesi, che si sono rivelate un partner inatteso in questa serie di errori grossolani. Andando al nocciolo della questione, tuttavia, vorrei esprimere soddisfazione per i progressi realizzati nell’ambito dei dibattiti in seno al Parlamento.

Onorevoli colleghi, possiamo garantire la salvaguardia del diritto del lavoro sopprimendo gli articoli 24 e 25. Possiamo respingere il principio del paese d’origine adottando il compromesso sull’articolo 16, cioè l’emendamento n. 293, il quale apre anche la strada all’armonizzazione che tutti chiediamo e auspichiamo.

Possiamo, mi auguro, ottenere l’esclusione dei servizi sociali e dei servizi d’interesse economico generale dalla direttiva, votando a favore dei nostri emendamenti. Per l’intera durata di questo processo, abbiamo sostenuto le relatrici, onorevoli Gebhardt e Van Lancker, che ringrazio per la loro capacità di ascolto e per il loro spirito aperto. Se, come ci auguriamo, il Parlamento intende davvero procedere in questa direzione, nel voto finale potremo accordare il nostro sostegno a questo testo, perché sarà profondamente modificato.

 
  
MPphoto
 
 

  Jean Lambert (Verts/ALE).(EN) Signora Presidente, vorrei associarmi anch’io ai ringraziamenti rivolti alle onorevoli Gebhardt e Van Lancker per il grande lavoro svolto. Ascoltando la discussione oggi pomeriggio, si ha l’impressione che la votazione si sia già svolta, perché tutti parlano con grande sicurezza di ciò che è previsto e ciò che è escluso. Nulla è escluso finché non voteremo giovedì mattina.

Di sicuro è chiaro che la direttiva andava riscritta. E’ un peccato che lo stia facendo il Parlamento; avevamo chiesto alla Commissione di ritirare il progetto e riscriverlo, ma non lo ha fatto. Come hanno affermato altri oratori, molti di noi hanno considerato il comportamento della Commissione durante l’intero dibattito sulla direttiva estremamente problematico. Non siamo riusciti a ottenere chiarezza, risposte a quesiti specifici e vi è stata una mancanza di risposta pubblica agli emendamenti presentati, non ultimo nelle riunioni in seno alla nostra commissione, oltre all’assenza di una valutazione efficace dell’impatto sociale, che avrebbe potuto contribuire a mitigare i timori dei cittadini in merito alle implicazioni di questo progetto.

E’ vero che i punti controversi sono relativamente pochi, ma senza dubbio sono punti molto importanti. Se esaminiamo il contesto internazionale, per alcuni di noi ciò significa il GATS, abbiamo sentito dire alcune cose su ciò che, in teoria, è realmente in esame, ma poi sentiamo parlare di posizioni negoziali rimaste nell’ombra che portano ad altro.

Molti di noi hanno avuto grossi problemi con la filosofia del paese d’origine – non ritengo che sia un principio – e il modo in cui, per esempio, possa accordarsi con la facoltà degli Stati membri di introdurre norme più elevate, anch’essa prevista. Anche in questo caso, molti nostri quesiti in merito al modo in cui l’interesse pubblico, cui non si può derogare, entrerà in gioco non hanno ricevuto una risposta adeguata.

Concordo sul fatto che la salute debba essere esclusa dalla direttiva; infatti, non sarebbe mai dovuta figurare in tale testo e molti di noi attendono con impazienza una proposta della Commissione sulla questione della mobilità dei pazienti, non della mobilità dei servizi, motivo per cui la salute non sarebbe mai dovuta essere inclusa nella direttiva.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Roberto Musacchio (GUE/NGL). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, quest’oggi a Strasburgo una grandissima manifestazione ha espresso, in modo forte e chiaro, il bisogno di un’altra Europa. Questa voglia di un’altra Europa è l’opposto della direttiva Bolkestein e non può trovare soddisfazione neppure in un compromesso che è lungi dal recepire questa esigenza. Si crea, infatti, un diritto prevalente del fare profitto con i servizi mercificati, rendendo legge fondamentale le norme del commercio, del GATS, piuttosto che i diritti e le migliori pratiche.

Chi decide cosa è necessario, proporzionato e non discriminatorio? Questa direttiva finirà per creare un elevato numero di controversie giudiziarie. Ciò viene aggravato dal fatto che nel compromesso non sono esclusi dal campo di applicazione della direttiva i servizi pubblici e i servizi di cittadinanza, mentre colpisce il fatto che sono escluse le professioni e i servizi finanziari e assicurativi, vale a dire i poteri forti. I lavoratori autonomi vengono lasciati al dumping ed è facile pensare cosa accadrà. Noi vogliamo il nuovo e invece ci viene riproposto il vecchio. E’ per questo motivo che voteremo contro questa direttiva e questo cattivo compromesso.

 
  
MPphoto
 
 

  Mario Borghezio (IND/DEM). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi siamo e restiamo contrari alla direttiva, anche nella versione modificata. Le modifiche apportate, infatti, non eliminano del tutto le gravi conseguenze che la direttiva può determinare in termini di dumping sociale e, soprattutto, di indebolimento del ruolo e dei poteri degli enti territoriali.

Inoltre, la proposta generalizzata di eliminare gli ostacoli all’ingresso dei prestatori di servizi stranieri rischia di ridurre il livello qualitativo dei servizi erogati ai cittadini, ad esempio per quanto riguarda la garanzia della fornitura di cibi biologici alle mense scolastiche e lo stesso rilascio di licenze per determinati servizi. Vi è poi tutta una serie di regolamentazioni che gli Stati e gli enti locali hanno posto a tutela dei consumatori e degli utenti a cui dovremo rinunciare definitivamente.

Inoltre, questo compromesso spalanca le porte a un immenso contenzioso e non permetterà affatto di sburocratizzare e di snellire il mercato dei servizi. Basti pensare a tutti i conflitti che verranno sottoposti all’esame della Corte di giustizia e quindi alla giurisprudenza europea, un vero e proprio superdiritto europeo, che calpesterà il diritto degli Stati e le normative locali e territoriali. Per questo noi diciamo un fermo no a questo tentativo di imporre, comunque surrettiziamente, anche il principio che si dice essere stato mitigato nella direttiva…

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
MPphoto
 
 

  Roberta Angelilli (UEN). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi dispiace dirlo, ma con questa direttiva il Parlamento europeo rischia di generare un mostro. Purtroppo è sostanzialmente fallito l’obiettivo di abbattere quelle odiose barriere burocratiche che mortificano di fatto la libera circolazione dei servizi. Quel che resta della direttiva è un pasticcio, frutto della logica del compromesso ad oltranza, che mette insieme quello che insieme non può stare, vale a dire la liberalizzazione selvaggia e la difesa dei privilegi corporativi di certe categorie e di certi settori.

Bisogna infatti ricordare che, dal campo d’applicazione di questa direttiva, restano esclusi tutti i settori forti – le telecomunicazioni, i servizi bancari e finanziari, le assicurazioni e i servizi giuridici – e cioè tutti quei settori che hanno avuto la forza di rimanere fuori dalla direttiva, mentre essa sarà applicata a tutti i settori deboli che hanno bisogno di più tutele sociali e che hanno minore capacità di avere una rappresentanza e di esercitare pressioni.

Voglio comunque guardare al bicchiere mezzo pieno. Constato che è stato giustamente rimosso il principio del paese d’origine e speriamo che saranno esclusi dal campo d’applicazione tutti i servizi di interesse generale.

Vorrei sottolineare due contributi che abbiamo dato al testo: in primo luogo, l’obbligo imposto alla Commissione di presentare una relazione al Parlamento europeo sullo stato di attuazione della direttiva, al fine di verificarne la corretta applicazione e di accertare che la direttiva non violi le norme a tutela dei diritti dei lavoratori e dei consumatori e, in secondo luogo, la richiesta di istituire in ogni Stato membro un osservatorio nazionale che elabori una relazione annuale e verifichi l’applicazione della direttiva, affinché essa non violi i diritti dei lavoratori e non determini pratiche di dumping sociale. L’osservatorio deve vigilare affinché siano applicate ai lavoratori tutte le tutele per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. In conclusione chiedo che l’osservatorio vigili...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
MPphoto
 
 

  James Hugh Allister (NI).(EN) Signora Presidente, nella tensione tra totale libertà di accesso al mercato e salvaguardia dell’occupazione indigena nazionale, considero assolutamente prioritario salvaguardare i posti di lavoro locali. Di conseguenza, il principio del paese d’origine, soprattutto nella versione originaria prevista dalla proposta di direttiva, per me è un ponte troppo lungo: sarebbe pernicioso per l’occupazione nazionale permettere ai prestatori di servizi di operare nel paese ospitante di loro scelta senza essere soggetti, come i prestatori locali, alle stesse costose restrizioni previste dalla legislazione in materia di lavoro, consumatori e ambiente. Di conseguenza, i perdenti sarebbero i datori di lavoro e i lavoratori locali e, in definitiva, i consumatori locali. La concorrenza non deve essere solo libera, deve anche essere leale, e mi sembra che questo principio sia del tutto trascurato.

La mia seconda obiezione a questa direttiva riguarda il campo di applicazione. Non posso accettare che si applichi ai servizi pubblici essenziali. Ogni paese ha il dovere di fornirli e tale dovere non deve essere eluso, né si deve diminuire la qualità dei servizi, permettendo che siano prestati dalle fonti più economiche e senza scrupoli. I servizi commerciali sono una cosa, ma i servizi pubblici essenziali, come l’edilizia popolare e le prestazioni previdenziali, sono tutt’altra cosa e non possono essere un giocattolo nelle mani di prestatori di servizi che mirano solo al profitto. Non posso quindi sostenere questa direttiva, e non la sosterrò.

 
  
MPphoto
 
 

  Othmar Karas (PPE-DE).(DE) Signora Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, onorevoli colleghi, da un po’ di tempo le prospettive sembrano positive per la direttiva sui servizi. Oggi il Consiglio è presente in Aula, rappresentato dal ministro dell’Economia e del Lavoro di un paese in cui il partenariato sociale funziona e l’economia sociale di mercato è una realtà quotidiana. L’accordo tra le parti sociali, l’economia sociale di mercato e la compatibilità della crescita economica e della competitività con la sicurezza sociale sono anche i principi in base ai quali i deputati al Parlamento europeo, nelle ultime settimane, sono giunti ad accordarsi tra loro e a riscrivere la direttiva Bolkestein.

Nelle scorse settimane e negli ultimi mesi, tuttavia, sono state dette e scritte molte falsità sulla direttiva relativa ai servizi, nel deliberato tentativo di suscitare inquietudine e pregiudizi. Tuttora alcuni preferiscono manifestare anziché informare, scendere in piazza anziché negoziare e preferiscono la divisione a valide soluzioni politiche.

Il Parlamento ha scelto un’altra strada, ma persino tra noi vi sono persone che diffondono false informazioni senza prima avere letto. All’onorevole Wagenknecht devo dire che questa direttiva non riguarda la liberalizzazione o la privatizzazione e agli amici del gruppo Verde/Alleanza libera europea ricordo che la prima frase dell’articolo 16 recita: “Gli Stati membri assicurano il libero accesso ai servizi e il libero esercizio degli stessi”.

Questa direttiva elimina burocrazia e incertezza del diritto, crea crescita economica e posti di lavoro e salvaguarda la sicurezza sociale. Assume come punto di partenza la libertà di prestazione dei servizi e disciplina il modo in cui fruire di tale libertà.

Con la risoluzione sul mercato interno, abbiamo riscritto la proposta della Commissione e nei negoziati tra i gruppi abbiamo prodotto un biglietto da visita per il modello europeo di economia sociale di mercato. Non stiamo mettendo gli uni contro gli altri. Abbiamo anche ascoltato i cittadini e, nel lavoro svolto in seno al Parlamento, abbiamo tenuto conto delle loro preoccupazioni e dei loro timori.

L’Europa ha bisogno di questa direttiva sui servizi. Essa favorirà la crescita e l’occupazione in Europa e sarà vantaggiosa per i lavoratori, gli imprenditori e per l’Europa stessa. Non esiste un solo motivo per respingere la direttiva nella forma in cui sarà sottoposta al voto, né esiste oggi un solo motivo per manifestare contro questa direttiva nella forma in cui intendiamo adottarla.

Anche i manifestanti lo hanno riconosciuto, perché dei 35 000 arrivati a Strasburgo, meno di 1 000 si sono presentati davanti al Parlamento. Sanno che lavoriamo per loro.

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
MPphoto
 
 

  Hannes Swoboda (PSE).(DE) Signora Presidente, innanzi tutto vorrei porgerle i miei sinceri ringraziamenti per aver fatto in modo che tre austriaci intervenissero appena prima della pausa. E’ un omaggio alla Presidenza, o almeno così lo intendo io.

Onorevoli colleghi, il Commissario McCreevy, il Presidente della Commissione e il Ministro Bartenstein hanno ragione ad affermare che il voto di giovedì sarà molto importante sia per lo sviluppo del mercato dei servizi e del mercato interno in generale sia per la questione dell’allargamento. Il fatto che le due questioni coincidano ha naturalmente destato molti timori di un aumento della concorrenza o di tagli in campo sociale. Abbiamo infatti criticato la direttiva nella sua forma attuale perché produrrà proprio questi risultati. Credo tuttavia, e tutti devono esserne convinti, che ci siamo impegnati a realizzare il mercato interno come strumento dell’Unione europea e dobbiamo progressivamente trasformarlo in realtà. Ci siamo impegnati anche a favore dell’allargamento. Ciò significa permettere anche ai paesi che hanno aderito all’Unione di recente di partecipare al mercato interno senza discriminazioni. Con questa direttiva, dobbiamo trasformare tutto questo in realtà in una prospettiva sociale.

Provengo da un paese situato sulla linea di incontro con i paesi dell’allargamento. Molto di ciò che forse non è ancora avvenuto formalmente di fatto è già una realtà. So che esistono problemi, e se uso l’espressione “dumping sociale” so che alcuni colleghi del mio stesso gruppo diranno che è discriminatoria. Non mi riferisco tuttavia ai lavoratori. Parlo di un piccolo numero di imprese che usano manodopera a basso costo e praticano il dumping sociale. Dobbiamo quindi impedire anche solo a un piccolo numero di imprese di dare un’immagine negativa del processo di allargamento o del mercato interno, perché il mercato interno e l’allargamento sono elementi di per sé positivi. Sono certo che abbiamo compiuto progressi al riguardo.

I giornalisti oggi ci chiedono se la direttiva avrà qualche utilità. L’articolo 16, in particolare, è importante nella sua versione attuale, perché descrive chiaramente che cosa si può e che cosa non si può fare. Concordo con la Commissione sulla necessità di abolire le disposizioni discriminatorie e le norme sproporzionate o inutili ai fini degli obiettivi da conseguire. D’altro canto, è importante chiarire che non stiamo contribuendo al dumping sociale né compromettiamo i progressi già compiuti, perché nessuno capirebbe se dovessimo usare l’allargamento o il mercato interno per bloccare i progressi o vanificare quelli già compiuti. In quest’ottica, è giusto e importante riuscire ad attuare domani il compromesso raggiunto oggi. Le manifestazioni hanno contribuito a richiamare l’attenzione sulla questione. Dopo tutto non erano contro una direttiva, ma a favore di una direttiva migliore.

Se la Presidenza e la Commissione contribuiscono a creare una direttiva migliore, potremo essere davvero soddisfatti.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Martin Bartenstein, Presidente in carica del Consiglio. (DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, concordo con voi e con il Commissario McCreevy sul fatto che abbiamo oggi una direttiva migliore, una direttiva che mi auguro sarà sostenuta da una vasta maggioranza in prima lettura; dico questo non solo dopo aver ascoltato la discussione, ma alla luce del lavoro svolto in queste settimane e negli ultimi mesi.

Per caso, o grazie alla saggezza del Presidente, sono lieto di poter intervenire come concittadino dei due oratori che mi hanno preceduto, gli onorevoli Karas e Swoboda, non solo perché sono miei connazionali, ma perché hanno entrambi svolto un ruolo considerevole nel raggiungere questo compromesso nelle ultime settimane. Ho già espresso i miei ringraziamenti all’onorevole Gebhardt e vorrei ora ringraziare gli onorevoli Karas e Swoboda, e naturalmente anche l’onorevole Harbour e molti altri. Sono certo che potrà indossare la cravatta della Presidenza nelle prossime settimane e nei mesi a venire, onorevole Harbour, perché questa direttiva continuerà a essere una buona direttiva e aprirà la strada a una maggiore libertà di prestazione di servizi.

E’ stato ed è uno dei fascicoli più controversi, forse il più controverso che il Parlamento europeo abbia mai affrontato, sicuramente uno dei più sostanziali, se penso al numero di emendamenti che sono stati presentati. Anche con la direttiva REACH, che aveva una portata analoga, il Parlamento europeo ha svolto un lavoro eccellente e ha davvero spianato la strada a una direttiva ragionevole sui prodotti chimici. Il Parlamento può esserne fiero. L’importante è che si formi una larga maggioranza dopodomani, non solo per motivi di principio, ma perché siamo tutti al corrente, per esempio, dell’esistenza di una lettera di sei Stati membri alla Commissione, del fatto che vi sono ancora alcune questioni in sospeso in seno alla Commissione e che una grande maggioranza in seno al Parlamento ovviamente trasmetterà alla Commissione e al Consiglio il messaggio che essi devono adeguarsi al parere dell’Assemblea.

A mio parere e secondo la Presidenza, il testo di compromesso soddisfa molte esigenze, da un lato, conferendo un chiaro valore aggiunto al mercato interno dei servizi e alla libera prestazione di servizi e, dall’altro, dicendo un chiaro “no” a qualsiasi rischio di dumping sociale e salariale. Personalmente, credo che la sicurezza sociale in Europa non sia un ostacolo per la competitività e la capacità economica europea, ma sia anzi una condizione essenziale per rendere l’Europa sempre più competitiva.

Questa direttiva ha anche un grande significato simbolico. Sebbene l’onorevole Thyssen abbia affermato che nelle ultime settimane e nel corso di questi mesi la direttiva è stata un simbolo dell’abisso esistente tra l’Europa e le sue Istituzioni da un lato e i cittadini dall’altro – il che è un peccato, ma purtroppo è vero – essa è anche un simbolo della questione inerente alla capacità di questa Europa di farci avanzare verso una crescita e un’occupazione più elevate. Sul versante politico, non abbiamo molte occasioni di promuovere la crescita e l’occupazione. La direttiva sui servizi è una di queste.

In quest’ottica, è un simbolo importante sotto molti aspetti e siamo sulla buona strada. Negli ultimi mesi ho avuto l’impressione che tutte le parti interessate, comprese le parti sociali, cioè tutte le parti interessate responsabili, vogliano che questa direttiva sui servizi abbia successo, perché ne abbiamo bisogno. Vorrei rilevare che il segretario generale della Confederazione europea dei sindacati ha affermato che è un buon compromesso e dovrebbe essere adottato; molti hanno anche affermato che oggi avrebbero manifestato a favore di una direttiva migliore. Se vogliamo ravvivare la strategia di Lisbona, se vogliamo trasmettere ai cittadini il messaggio che stiamo lavorando a favore della crescita e dell’occupazione, abbiamo bisogno di questa direttiva sui servizi.

La Presidenza continuerà a lavorare sodo nelle prossime settimane. Terremo conto dei pareri e della posizione del Parlamento, discuteremo la proposta con le parti sociali il 9 marzo, in sede di Consiglio “Concorrenza” il 13 marzo e sarà discussa dal Consiglio europeo il 23 e 24 marzo. Non appena il Commissario McCreevy e la Commissione ci trasmetteranno la nuova proposta rivista alla fine di aprile, che in larga misura si baserà sul lavoro del Parlamento, e la renderanno pubblica, ci impegneremo al massimo per compiere il maggior numero possibile di progressi su questo fascicolo. Vi assicuro, e lo assicuro anche al Parlamento europeo, che teniamo in grande considerazione la sua posizione e in larga misura la seguiremo.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Toine Manders (ALDE).(NL) Signora Presidente, mi rammarica profondamente che la Presidenza non possa trattenersi sino alla fine, perché dobbiamo decidere quali sono le nostre priorità e considero deplorevole che i deputati dei gruppi minori stasera interverranno in assenza della Presidenza. Sono deluso e al tempo stesso questa è di fatto la risposta a tutte le osservazioni già fatte. Volevo innanzi tutto togliermi questo peso dallo stomaco.

E’ altresì deplorevole che i gruppi minori non partecipino ai negoziati. La decisione di non invitarli è un modo di operare del tutto inaccettabile. Che il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei e il gruppo socialista al Parlamento europeo giungano ora a un accordo, a mio parere, è davvero increscioso. Se questo è il modo in cui si farà politica in futuro, abbiamo preso la direzione sbagliata e la democrazia in Europa è sempre più erosa. Questi sono altri due pesi di cui volevo liberarmi.

Lo scopo di questa direttiva è rafforzare l’economia europea, non al fine di competere gli uni contro gli altri, ma di competere con il resto del mondo. L’obiettivo è assicurare l’equilibrio tra gli interessi dei consumatori e delle imprese e migliorare la posizione della nostra economia rispetto al resto del mondo.

Mi auguro che saremo in grado di trovare un compromesso accettabile entro giovedì mattina. In caso contrario, temo che commetteremo lo stesso errore degli antichi egizi all’apice della loro civiltà. Si sono limitati a proteggere ciò che avevano acquisito e non si sono più concentrati sulla necessità di salvaguardare la prosperità per il futuro e sappiamo tutti che cosa è successo alla cultura egizia. Per questo motivo, ...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
MPphoto
 
 

  Elisabeth Schroedter (Verts/ALE).(DE) Signora Presidente, temo di dover disturbare un po’ l’esibizione di armonia e ricordare che con la direttiva Bolkestein la Commissione ha reso all’Unione europea un disservizio. Non ha nemmeno la scusa di averla ereditata, dal momento che non l’ha ritirata nel marzo scorso. La direttiva Bolkestein divide l’Europa tra poveri e ricchi, tra est e ovest. La direttiva Bolkestein è un progetto con pochi vincitori e molti perdenti. Non è un passo avanti, ma un passo indietro per l’integrazione europea. Abbiamo bisogno di una direttiva sui servizi che crei una situazione favorevole a tutti, una direttiva che associ la libera prestazione di servizi al riconoscimento dei diritti sociali e alla protezione dei lavoratori di ogni Stato membro. Il principio del paese d’origine, d’altro canto, rischia di provocare una rapida riduzione dei diritti sociali in Europa.

Molte persone, provenienti da tutta Europa, dalla Francia, dall’Italia, dalla Polonia e dalla Germania, oggi sono venute a Strasburgo per protestare contro questa tendenza. Non protestano contro l’Unione europea, protestano contro la deriva dell’Europa verso il neoliberismo, contro la divisione dell’Europa. Esistono già norme nell’Unione europea che hanno introdotto il principio di “parità di retribuzione per lavoro di pari valore nello stesso luogo di lavoro” nella legislazione in materia di prestazione di servizi a livello transfrontaliero. Questa è una situazione favorevole a tutti nella legislazione. Tale principio rischia ora di essere compromesso.

Ho capito bene, Commissario Bolkestein? Se il Parlamento sopprime gli articoli 24 e 25 del progetto della Commissione, lei intende presentare una nuova proposta? Questo, Commissario Bolkestein, no: questo, Commissario McCreevy – è stato un lapsus, ma forse calzava – significa che dovrà compromettere la direttiva relativa al distacco dei lavoratori retroattivamente! Non se riusciremo a evitarlo, signor Commissario! Ciò che lei afferma dimostra che tutte quelle persone oggi hanno buoni motivi per marciare nelle strade di Strasburgo.

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo (GUE/NGL).(PT) Ci opponiamo con vigore a questa proposta di direttiva che mira a liberalizzare i servizi.

Non possiamo ignorare il fatto che questo è uno degli strumenti più importanti della cosiddetta strategia di Lisbona – di fatto una delle sue pietre angolari – che mira ad accelerare la liberalizzazione e la privatizzazione dei servizi pubblici e a incoraggiare il dumping sociale e la concorrenza tra lavoratori a vantaggio dei gruppi economici e finanziari.

La pressione dell’opinione pubblica, la mobilitazione sociale e la lotta dei lavoratori, compresa la manifestazione di oggi, hanno imposto l’introduzione di alcuni adeguamenti nella sua formulazione iniziale, ma l’obiettivo centrale rimane lo stesso. Per questo motivo, è fondamentale respingere la proposta, onde evitare che questa legislazione entri dalla porta di servizio. Ai fini della certezza giuridica e della difesa dei diritti sociali, ambientali, dei lavoratori e dei consumatori è indispensabile respingere la proposta ed è così che voteremo.

 
  
MPphoto
 
 

  Johannes Blokland (IND/DEM).(NL) Signora Presidente, sostengo il contenuto della direttiva, fatte salve le restrizioni concordate dai due maggiori gruppi. In tal modo, si rende giustizia alle norme ambientali e al diritto del lavoro in vigore negli Stati membri.

E’ importante che la direttiva contribuisca a ridurre gli oneri amministrativi imposti ai prestatori di servizi che operano in altri Stati membri.

Tutto lascia supporre che il principio del paese d’origine scomparirà e questo è un aspetto di cui mi compiaccio. Mi chiedo tuttavia se il Consiglio e la Commissione possano garantire che gli Stati membri potranno subordinare la prestazione di servizi al rispetto della deontologia medica.

L’acqua potabile è un argomento altrettanto problematico e, per questo motivo, è meglio escluderla dal campo di applicazione della direttiva.

Lo stesso vale per l’assistenza e i servizi sociali. I beneficiari di questi servizi spesso non sono in grado di scegliere il proprio fornitore. Questo è il motivo per cui l’assistenza ai disabili potrebbe risentirne.

La direttiva non riguarda le condizioni di lavoro dei lavoratori temporanei, che sono disciplinate dalla direttiva relativa al lavoro temporaneo. Di conseguenza, non vi è alcun motivo per non applicare la direttiva al settore del lavoro temporaneo.

La direttiva deve essere rafforzata nella pratica. La qualità della sua applicazione sarà decisiva a tal fine.

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
MPphoto
 
 

  Eoin Ryan (UEN).(EN) Signora Presidente, troppo a lungo l’Europa è stata dominata dalla politica della paura: paura della globalizzazione, dell’immigrazione e di una corsa verso il basso. Tuttavia, in realtà, tale paura equivale al timore del cambiamento. Ciò è vero tanto per l’Irlanda quanto per ogni altro Stato membro. In Irlanda, tali timori non sono fondati su un’analisi economica concreta, ma su prove aneddotiche del cambiamento negativo che la direttiva sui servizi potrebbe introdurre.

E’ fondamentale, naturalmente, salvaguardare e non indebolire le norme e le condizioni che si applicano ai lavoratori; si deve garantire che i progressi compiuti in materia di retribuzioni e condizioni di lavoro nel corso degli anni non saranno in alcun modo intaccati. E’ quindi essenziale sostenere un compromesso che assicuri un controllo e un’applicazione efficace dei diritti dei lavoratori, preservando la finalità originaria della direttiva.

Tuttavia, nessuna barriera può proteggerci dalle forze della globalizzazione. L’Europa deve compiere un passo avanti fiducioso e unito. Il pericolo reale per l’Europa non è il rischio di una corsa verso il basso, ma è legato alla necessità che l’Europa sia certa di vincere la corsa in modo da rimanere in testa e non precipitare in coda.

Se raggiungeremo un consenso praticabile su questa direttiva, dimostreremo ai cittadini che l’Unione europea si impegna ed è all’altezza di competere a livello globale. E’ necessario evitare un ulteriore ristagno economico dei mercati europei. Le riforme in gran parte cominciano con buone intenzioni, ma possono perdere la loro finalità originaria in Parlamento attraverso gli emendamenti. Non possiamo permettere che si sviluppi una situazione in cui, come ha affermato un economista citato oggi, “la direttiva sui servizi potrebbe finire per essere un buon esempio di “morte per mano del Parlamento””.

E’ essenziale, come ha affermato il Commissario McCreevy, produrre una migliore direttiva sui servizi, che liberi l’enorme potenziale economico del settore dei servizi in Europa.

 
  
MPphoto
 
 

  Jana Bobošíková (NI).(CS) Onorevoli colleghi, sono pienamente favorevole all’approvazione della direttiva relativa ai servizi nel mercato interno da parte del Parlamento europeo. Ciò comprende le disposizioni fondamentali dell’articolo 16, in cui si afferma chiaramente che i prestatori di servizi sono soggetti esclusivamente alle disposizioni nazionali del loro Stato membro. Sostengo anche le proposte della Commissione contenute negli articoli 24 e 25, che agevoleranno enormemente la circolazione dei lavoratori all’interno del mercato dell’Unione. Solo adottando la direttiva in questa forma stabiliremo solide basi per la realizzazione di un mercato unico nel settore dei servizi. Leggerò ora una citazione tratta dal primo accordo concluso tra gli Stati dell’Unione in materia di integrazione economica, cioè la dichiarazione di Messina, che risale a 50 anni fa. Gli statisti dell’epoca si erano posti l’obiettivo della creazione di un mercato comune e della graduale introduzione della libera circolazione dei lavoratori.

Cito: “I governi della Repubblica federale di Germania, del Belgio, della Francia, dell’Italia, del Lussemburgo e dei Paesi Bassi sono fermamente convinti che sia giunto il momento di compiere un ulteriore passo avanti verso un’Europa unita”. Essi erano convinti che fosse necessario conseguire questo obiettivo principalmente nella sfera economica e che un’Europa unita si dovesse creare attraverso lo sviluppo di istituzioni comuni, la progressiva instaurazione di legami tra economie nazionali, la creazione di un mercato comune e la graduale armonizzazione delle politiche sociali. Lo considero un programma essenziale perché l’Europa mantenga la sua posizione e rafforzi la sua influenza e il suo prestigio nel mondo e continui al tempo stesso a migliorare il tenore di vita dei suoi cittadini. Qui finisce questa citazione di 50 anni fa.

Onorevoli colleghi, invito soprattutto i deputati degli Stati citati a tener fede agli obiettivi dei loro antenati politici e a non rinunciare all’ideale di un’economia aperta. Altrimenti, si rischia di liberare dalla lampada il genio nero e rosso del populismo e del nazionalismo, il genio che in passato ha dato a questo continente solo tirannia e povertà.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. La discussione è sospesa e riprenderà alle 21.00.

L’ordine del giorno reca il Tempo delle interrogazioni e vorrei ringraziare il rappresentante della Presidenza del Consiglio, il sottosegretario di Stato Winkler, per la sua disponibilità e per averci permesso di oltrepassare leggermente l’orario previsto.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. DOS SANTOS
Vicepresidente

 
Note legali - Informativa sulla privacy