Presidente. Riprendiamo ora la discussione sulla relazione dell’onorevole Evelyne Gebhardt sui servizi nel mercato interno.
Jacques Toubon (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, innanzi tutto, in quanto nuovo deputato del Parlamento europeo, vorrei dire che, dopo aver assistito ormai da diciotto mesi a questi dibattiti, ho scoperto la ricchezza e la qualità del lavoro che viene svolto in quest’Aula.
Vorrei rendere omaggio alla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, e al suo defunto presidente, onorevole Phillip Whitehead, alla sua relatrice, onorevole Evelyne Gebhardt, nonché alla relatrice della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, onorevole Anne Van Lancker. Desidero ringraziare i colleghi responsabili del nostro gruppo, al cui lavoro dobbiamo il progetto di cui stiamo discutendo oggi: l’onorevole Harbour, relatore ombra e coordinatore del nostro gruppo; l’onorevole Thyssen, nostra vicepresidente, e il nostro infaticabile segretariato. Rivolgo anche un plauso al lavoro delle onorevoli Descamps e Bachelot, entrambe della delegazione francese.
Grazie a tutti questi uomini e a tutte queste donne, abbiamo conseguito un risultato molto importante: il compromesso elaborato è un testo nuovo. Prima di tutto istituisce il mercato interno dei servizi. Questo progetto sottrae alla Corte di giustizia il monopolio di fatto che esercita da 50 anni in materia di attuazione dei principi dei Trattati. Il mercato interno dei servizi si basa sulla fiducia reciproca e prevede la cooperazione amministrativa, la semplificazione delle procedure amministrative e l’abolizione degli ostacoli protezionistici, sia per quanto riguarda la costituzione di società di servizi che la prestazione temporanea di servizi. Il progetto si applica ai servizi di interesse economico generale unicamente per la libertà di stabilimento, escludendo invece molti servizi essenziali come gli audiovisivi e il cinema, i giochi d’azzardo, la sanità, le professioni giuridiche. Il compromesso propone pertanto che il Parlamento voti a favore di una legge quadro orientata verso la crescita economica, l’innovazione e l’occupazione, è quello che vogliono i popoli europei.
Tuttavia, il compromesso rispetta anche il nostro modello e le nostre preferenze collettive nazionali. La direttiva determinerà lo smantellamento delle nostre norme sociali? Provocherà un livellamento verso il basso? Con la proposta iniziale della Commissione, il rischio era evidente, e per questo l’abbiamo respinta. Il compromesso che vi viene proposto costituisce tuttavia una barriera al dumping sociale, si basa sulla sussidiarietà e adotta un approccio ragionevole e restrittivo rispetto alla libera prestazione di servizi. Il compromesso esclude in modo del tutto esplicito le conquiste sociali e il diritto del lavoro. La concorrenza nella sfera sociale è vietata. Per quanto attiene alla libertà di stabilimento, sono rispettate numerose normative nazionali, e la libertà di prestare servizi è accompagnata dalla garanzia, per gli Stati membri, di poter applicare le regole nazionali, quando l’interesse pubblico lo giustifica. E’ un vero compromesso: è oggetto di critiche da entrambe le parti, il che dimostra chiaramente che abbiamo trovato il giusto mezzo.
A nome dei miei colleghi francesi, spero quindi che appoggerete il compromesso votando a larga maggioranza a suo favore. Sarebbe una vittoria per il Parlamento europeo e sarebbe una vittoria per l’Unione europea.
Harlem Désir (PSE). – (FR) Signor Presidente, Commissario Barroso, Presidente Winkler, una cosa è il completamento del mercato interno, un obiettivo che condividiamo, un’altra è lo smantellamento del modello sociale europeo, una manovra alla quale ci opponiamo con determinazione. Ci opponiamo con determinazione perché è contraria agli interessi dei cittadini e agli interessi dei lavoratori e dei consumatori europei, ma anche perché mette in pericolo il sostegno dei cittadini al progetto europeo.
L’iniziale progetto della direttiva Bolkestein è stato respinto a stragrande maggioranza perché sembrava mirato a subordinare il completamento del mercato interno all’indebolimento dei diritti sociali e delle norme ambientali e in materia di protezione dei consumatori, consumatori che in certi Stati membri avevano raggiunto un livello più elevato di tutela che in altri.
Cercando di fondare il mercato interno non più sulla concorrenza tra le imprese, ma sulla concorrenza tra i sistemi sociali dei vari Stati membri, la proposta Bolkestein sembrava voler contrapporre gli interessi degli Stati membri fra loro. Tale testo ha creato un clima di sospetto tra vecchi e nuovi Stati membri, contraddicendo il compito della Commissione europea che è invece quello di riunire tutti gli europei attorno ad un progetto comune. Includendo numerosi servizi sociali e alcuni servizi di interesse economico generale nel campo di applicazione della direttiva, la Commissione ha cercato di subordinare attività cruciali in termini di coesione sociale unicamente alla logica della concorrenza e del mercato.
Con il principio del paese d’origine, la Commissione ha voltato le spalle al metodo comunitario orientato verso l’armonizzazione settoriale. E’ un metodo che si è sempre basato sul ravvicinamento delle disposizioni in vigore negli Stati membri ed è stato pertanto rigorosamente pensato per favorire il mutuo riconoscimento e l’integrazione economica senza mettere in pericolo il modello sociale europeo e – lo ripeto – il livello di protezione più elevato raggiunto in alcuni casi in certi paesi. Era un’armonizzazione verso l’alto.
Con questo progetto, per la prima volta, la Commissione europea ha proposto un atto legislativo che, a differenza del metodo comunitario, incoraggia la disparità dei diritti nazionali e premia invece gli Stati meno esigenti. Certo, non è stata la Commissione attuale a produrre la proposta iniziale, ma ha comunque una responsabilità: una volta riconosciuto che questo testo era mal concepito e mal redatto – come ha segnalato anche lei Commissario McCreevy – era dovere della Commissione ritirarlo e proporne un altro, più in linea con i principi europei e in grado di ridare fiducia ai cittadini.
Per questo motivo, i deputati francesi del gruppo socialista al Parlamento europeo voteranno a favore di un emendamento di reiezione. Presidente Barroso, lei ha detto che la Commissione era disposta ad includere gli emendamenti che ci consentirebbero di compiere progressi in vista della realizzazione del mercato interno dei servizi, ma non ha detto che cosa farete degli emendamenti tesi a salvaguardare i diritti sociali, le norme ambientali, il diritto dei consumatori. Lei non si è nemmeno pronunciato sulle intenzioni della Commissione rispetto agli emendamenti tesi ad escludere i servizi sociali e certi servizi di interesse economico generale dal campo di applicazione della direttiva. Il Commissario McCreevy questo pomeriggio ha addirittura affermato che intendeva mantenere alcuni servizi di interesse economico generale nel campo di applicazione della direttiva. In questo modo la Commissione dà l’impressione di non ascoltare il Parlamento o di ascoltarlo solo quando si pronuncia a favore della liberalizzazione.
Signor Presidente, Commissario Barroso, concluderò dicendo che la manifestazione di questo pomeriggio è stata testimonianza del fatto che i cittadini si aspettano che l’Europa tuteli maggiormente la sfera sociale di quanto fa la Commissione. Condizioneremo il nostro voto favorevole all’esclusione di tutti i servizi pubblici dal campo di applicazione della direttiva, alla soppressione del principio del paese d’origine e alla definizione di regole giuridiche chiare in merito al diritto applicabile. Tutto questo purtroppo non c’è nel compromesso ora proposto e abbiamo pertanto presentato alcuni emendamenti in tal senso.
Ona Juknevičienė (ALDE). – (LT) Sono la relatrice ombra per la relazione dell’onorevole Anne Van Lancker della commissione per l’occupazione e gli affari sociali. Intervengo sulla regolamentazione della circolazione dei lavoratori prevista dalla direttiva.
Signor Presidente, sono stata all’estero per la prima volta nel 1990, quando la Lituania ha dichiarato l’indipendenza. Prima di quella data, i comunisti non mi avrebbero fatta uscire dal paese, poiché mio padre era un oppositore del regime.
La Lituania ora si è liberata dei comunisti e siamo nell’Unione europea.
Abbiamo aderito alla Comunità con l’intento di essere utili. Credevamo che saremmo stati partner e cittadini dell’Unione uguali agli altri. Purtroppo, non è così. La maggior parte dei “vecchi” europei ha più paura di noi che dell’influenza aviaria. Il 2006 è stato dichiarato l’anno della mobilità dei lavoratori nella Comunità, ma i suoi membri non vogliono assolutamente aprire le porte. La direttiva propone nuove restrizioni.
La cifre della Commissione indicano evidenti vantaggi per i paesi che hanno liberalizzato il loro mercato del lavoro. I politici però allo stesso tempo parlano ai cittadini della minaccia di invasione dall’est ed ignorano la realtà. Perché gli immigrati illegali provenienti dalla ex Jugoslavia sono tollerati in Austria, i marocchini in Francia e i turchi in Germania? Eppure gli slovacchi, i polacchi e i lituani sono considerati come la minaccia più grave.
I vecchi Stati membri della Comunità da molto tempo traggono profitto dai mercati dei nuovi paesi. E’ giusto, perché noi crediamo nei vantaggi reciproci. Anche le nostre comunità economiche e commerciali cercano nuovi mercati e sono pronte a competere onestamente. Sanno che la concorrenza è sinonimo di progresso e di crescita. Sanno anche che solo un’Europa integrata ed unita potrà sostenere le sfide poste dalla globalizzazione. Ma noi lo sappiamo?
Purtroppo, per i lituani, la direttiva proposta non comporta grandi cambiamenti rispetto ai tempi della cortina di ferro.
Signor Presidente, l’Europa probabilmente rimarrà divisa se i suoi cittadini saranno messi gli uni contro gli altri. Un’Europa unita è un’Europa in cui tutti i cittadini hanno gli stessi diritti, soprattutto in materia di libertà di circolazione e libera prestazione di servizi.
Jean-Luc Bennahmias (Verts/ALE). – (FR) Signor Presidente, Commissario Barroso, onorevoli colleghi, a nome del gruppo Verde/Alleanza libera europea, chiedo di prevedere giovedì, in occasione della votazione, un’interruzione della seduta, subito prima del voto finale.
Il Parlamento e la Commissione dovrebbero fare un monumento all’ex Commissario Bolkestein, l’europeo più famoso nel 2005 e nel 2006, perché tutti si ricordino che non vogliamo più una proposta di questo tipo, sulla base di un’iniziativa della Commissione europea.
Dobbiamo ammettere che abbiamo compiuto passi avanti rispetto al punto in cui eravamo con la direttiva Bolkestein iniziale: le nostre commissioni parlamentari hanno lavorato, e hanno lavorato sodo. Tuttavia, è una ragione sufficiente per accettare questo compromesso? Io – anzi, noi – pensiamo proprio di no. Ci sono ancora troppe zone d’ombra in questo testo, in particolare per quanto riguarda le opportunità di controllare il diritto del lavoro, il diritto dell’ambiente e il diritto dei consumatori. Non è possibile accettare che i servizi economici di interesse generale, i servizi sociali o l’edilizia sociale siano toccati da questa direttiva.
Se l’obiettivo è quello di ridare fiducia a tutti i nostri concittadini, che hanno sempre più dubbi su quello che l’integrazione europea può fare davvero per migliorare la loro vita quotidiana, dobbiamo passare rapidamente ad una vera e propria armonizzazione sociale verso l’alto; non da ultimo dando priorità all’elaborazione di una direttiva che definisca le nozioni di servizio pubblico europeo.
Jonas Sjöstedt (GUE/NGL). – (SV) Signor Presidente, la proposta di direttiva sui servizi è reazionaria. Minaccia i diritti dei lavoratori e rischia di provocare dumping sociale. Vogliamo pertanto che la proposta sia respinta nella sua integrità. Se non lo sarà, voteremo a favore di ogni emendamento che possa limitare gli effetti nefasti della direttiva, per esempio gli emendamenti tesi ad eliminare il principio del paese d’origine e ad escludere certi settori dalla direttiva.
Il compromesso raggiunto tra il gruppo socialista al Parlamento europeo e il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei elimina gravi difetti dalla proposta, ma rimangono grandi ambiguità, che probabilmente dovranno essere risolte dalla Corte di giustizia europea. Da parte nostra non vogliamo che i diritti dei lavoratori possano essere determinati dalla Corte. Non possiamo accettare una situazione in cui i diritti dei lavoratori, unitamente alla legislazione destinata a proteggere i nostri cittadini, sono sacrificati sull’altare del libero mercato.
Jens-Peter Bonde (IND/DEM). – (DA) Signor Presidente, desidero ringraziare i numerosi manifestanti che oggi hanno espresso in modo molto dignitoso la loro opposizione alla direttiva Bolkestein. Il “Movimento di giugno” auspica, come i manifestanti, la reiezione della direttiva Bolkestein. Il compromesso tra il gruppo socialista al Parlamento europeo e il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei non cambia i termini fondamentali della questione. Il principio del paese d’origine è stato eliminato, senza però essere sostituito da un chiaro principio del paese ospite. La direttiva sul distacco dei lavoratori continua a dare ai paesi con un basso costo del lavoro il diritto di insidiare i nostri salari e il modello contrattuale danese. Alcuni temi delicati sono esclusi dalla direttiva, cosicché si delega ai giudici la facoltà di liberalizzare i servizi pubblici ed assoggettarli al mercato. Tutto questo è già avvenuto nei settori dell’istruzione, della sanità e dei servizi sociali.
La Corte di giustizia europea è direttamente chiamata a legiferare con l’emendamento n. 5, che conferma i principi di non discriminazione, necessità e proporzionalità della Corte. Su questi principi siamo d’accordo, ma i tre termini indicano che saranno i giudici a Lussemburgo a dover decidere se la legislazione nazionale può essere considerata illegale qualora in pratica non conferisca alle imprese straniere gli stessi diritti di partecipare a gare e di fornire servizi. Il “Movimento di giugno” dà il benvenuto all’idraulico polacco e a tutti gli altri lavoratori stranieri, ma a patto che le retribuzioni non siano discriminatorie e non provochino un dumping salariale. Auspichiamo la libera concorrenza, che deve però essere leale e proponiamo pertanto che i servizi siano disciplinati dal metodo aperto di coordinamento, affinché le nostre democrazie non siano trasformate in barriere commerciali illegali dai giudici di Lussemburgo.
Rolandas Pavilionis (UEN). – (LT) Siamo tutti d’accordo sul fatto che la direttiva servizi legalizzerebbe la circolazione dei servizi all’interno del territorio dell’Unione europea. E se fosse adottata senza rilevanti emendamenti, non discriminerebbe i nuovi paesi. Mi riferisco, in particolare, al mantenimento del principio del paese d’origine. Dall’altra parte, soprattutto se si considerano i pericoli messi in rilievo dalla maggior parte degli emendamenti, la direttiva rischierebbe di allontanarsi moltissimo dal progetto originale e diventare un ostacolo insormontabile per l’ulteriore sviluppo dell’Unione europea.
Un’altra questione riguarda la tipologia dei servizi. Convengo sul fatto che in realtà l’istruzione, conformemente sia al Trattato CE sia alla direttiva, sia una materia principalmente di competenza nazionale, e l’Unione europea finanzia solo programmi di istruzione europei di carattere generale. Tuttavia, se la responsabilità nazionale è insufficiente e i finanziamenti dei programmi di istruzione europei di carattere generale non aumenta, la direttiva servizi, limitandosi a confermare la responsabilità e la competenza delle autorità nazionali, trascurando al contempo i servizi nel settore dell’istruzione, non contribuisce a risolvere i problemi legati alla diffusione dell’istruzione in Europa, ma li perpetua. Tutto questo è del resto confermato dal calo dei finanziamenti dei programmi generali per l’istruzione e la cultura per il periodo 2007-2013, tema oggetto di una convincente lettera che la commissione per la cultura e l’istruzione ha trasmesso a tutti i capigruppo del Parlamento europeo.
Hans-Peter Martin (NI). – (DE) Signor Presidente, oggi assistiamo ad un dibattito molto strano. A sentire i rappresentanti dei partiti principali, si potrebbe credere che sia stata davvero trovata una soluzione – ma quale soluzione? La montagna, dopo un lungo travaglio, ha partorito una chimera burocratica. Datele un’occhiata, soprattutto chi di voi si definisce socialdemocratico. Come intendete attuare quello che pensate di aver negoziato? E dall’altra parte troviamo la stessa situazione disperata. Anche coloro che credono veramente di poter creare un mercato più aperto hanno fallito. Cosa si fa in una situazione simile nella vita reale, quando non c’è posto per sprechi o autoincensamenti? Si ritorna al punto di partenza. Si ricomincia da capo. E’ una tragedia per l’Europa che non l’abbiate fatto in questo caso. E’ una tragedia che non abbiate ascoltato l’onorevole Rühle. Sono coloro che davvero vogliono difendere l’idea europea che dovranno farsi carico delle conseguenze di tutti i problemi emersi nonché delle lamentele che ci saranno rivolte.
Ria Oomen-Ruijten (PPE-DE). – (NL) Signor Presidente, la prosperità ed il benessere dei cittadini dell’Unione europea si basano su libertà riconosciute: libera circolazione di beni, persone, capitali e servizi.
Mentre la promozione della libera circolazione dei servizi rientra nell’ambito del processo di Lisbona, in quanto necessaria per assicurare crescita e posti di lavoro, la proposta che ci era stata presentata, si è rivelata essere una sorta di soluzione lampo che, se da una parte può essere letale, dall’altra può anche avere effetti positivi. Si è rivelata vantaggiosa per i nuovi Stati membri, ma vi metto in guardia: la tensione sociale che potrebbe derivarne rischia di volgere le cose di male in peggio, e la direttiva non causerebbe solo tensioni sociali, ma comprometterebbe anche il buon lavoro svolto.
Ci sono molti altri problemi, tra i quali per esempio citerei il distacco dei lavoratori. Che cosa intende fare ora in pratica la Commissione? Poiché io stessa vengo da una regione periferica, so che dobbiamo evitare che gli ostacoli amministrativi rendano difficile il distacco dei lavoratori, o lo impediscano del tutto. Dobbiamo eliminare tutti gli ostacoli, soprattutto al fine di rimettere sulla giusta via il fascicolo sul lavoro interinale in seno al Consiglio. Se tutto andrà liscio nel settore del lavoro interinale, sarò sicuramente favorevole alla sua inclusione nel campo di applicazione della direttiva servizi, ma non siamo ancora arrivati a questo punto. La cosa importante ora è rimettere in carreggiata la direttiva sul lavoro interinale.
Tutto dipende dalle procedure di controllo che saranno attuate: controllo del distacco dei lavoratori, controllo dei lavoratori autonomi senza dipendenti… Per il primo caso, non ci limitiamo ad occuparci di sicurezza sociale e di imposte, ma potremmo anche stabilire che sui moduli utilizzati siano specificate le retribuzioni minime.
Proprio questo rende il processo della direttiva servizi così efficace e sono soddisfatta dei compromessi raggiunti.
Poul Nyrup Rasmussen (PSE). – (DA) Signor Presidente, il compromesso che ci è stato presentato e sul quale voteremo giovedì è una direttiva servizi molto diversa dalla direttiva Bolkestein. Per questo posso dire all’onorevole Bonde che le migliaia di onesti e dignitosi sindacalisti che hanno manifestato oggi di fronte al Parlamento sostengono il compromesso che è stato qui raggiunto. Basta che l’onorevole Bonde legga il comunicato stampa di John Monks, Segretario generale della Confederazione europea dei sindacati. E aggiungo anche che non ho dubbi sui motivi per cui lo sostengono. Anch’io ho contribuito a spingere in questa direzione. I contratti e la legislazione sul lavoro saranno definiti dai singoli paesi e dai singoli movimenti sindacali. Questa soluzione consentirà di creare più posti di lavoro. Il settore pubblico sarà salvaguardato, e avremo evitato una frattura tra nuovi e vecchi Stati membri.
Giovedì voteremo a favore di un’apertura equilibrata del mercato interno. Da molto tempo vado dicendo che l’Unione europea non deve trasformarsi in una forma di concorrenza tra Stati. E con il presente compromesso abbiamo evitato questo rischio. Ora garantiremo una concorrenza sulla base di condizioni eque e trasparenti e assicureremo la protezione degli interessi pubblici e del singolo cittadino nei vari tipi di settore pubblico presenti in tutte le nostre società. Ritengo che questo sia un compromesso importante, e credo anche che rappresenti una linea di tendenza fondamentale che dobbiamo continuare a rafforzare, a prescindere dal fatto che si parli della direttiva sull’orario di lavoro o dei molti altri temi che dobbiamo affrontare. Anche come presidente del Partito dei socialisti europei posso pertanto raccomandare il compromesso che ci è stato presentato. Ci porterà sicuramente nella giusta direzione.
Cecilia Malmström (ALDE). – (SV) Signor Presidente, da quasi due anni discutiamo in tutta Europa della direttiva servizi. E’ naturalmente molto positivo che finalmente ci sia un tema al quale i cittadini possono interessarsi attivamente tra quelli di cui ci occupiamo in questa Assemblea. Talvolta si creano molti malintesi e, talvolta, questi malintesi sono sfruttati in modo alquanto sgradevole.
La direttiva servizi è destinata ad eliminare le migliaia di ostacoli burocratici che complicano la vita alle imprese europee, soprattutto a quelle di piccole dimensioni. Non dobbiamo dimenticare che sono imprese che creano posti di lavoro. Senza le imprese non ci sarebbe nemmeno un lavoratore. Il settore dei servizi costituisce una parte sempre più importante delle nostre economie, che offre grandi opportunità di lavoro e crescita. Dobbiamo aprire e riformare le economie europee, e dobbiamo farlo urgentemente. Il principio del paese d’origine è valido in quanto crea un vero e proprio mercato interno senza discriminazioni. E questo è un importante progresso per i cittadini e le imprese. Il principio è stato chiarito e precisato nel compromesso IMCO, che afferma che si applicano le regole del paese ospite in materia di diritto del lavoro, sanità pubblica e sicurezza.
Il compromesso che ora circola tra i gruppi principali ha introdotto un concetto estremamente confuso, quello della politica sociale. E’ deplorevole perché apre la strada al protezionismo e a una miriade di interpretazioni giuridiche diverse. Si può in effetti già sentire come i rappresentanti dei vari gruppi stiano interpretando il compromesso. Se ne ricava tuttavia l’impressione che il compromesso sia quasi in fin di vita, scenario che non possiamo che accogliere con favore.
La direttiva servizi riguarda il modo in cui l’Europa deve difendersi in un mondo globalizzato. Riguarda la crescita, l’economia, l’occupazione e la libertà di scelta. Sin dal Trattato di Roma, il nostro obiettivo è stato quello di introdurre la libertà di circolazione anche per i servizi. Ora è venuto il momento di farlo.
Carl Schlyter (Verts/ALE). – (SV) Signor Presidente, il Parlamento oggi si arrende e rinuncia al suo ruolo politico. Il compromesso comporta l’eliminazione del concetto del paese d’origine e la sua sostituzione con un vuoto politico. Questo vuoto sarà colmato dalla Corte di giustizia europea che, a sua volta, reintrodurrà il principio del paese d’origine, perché la Corte, coerentemente, antepone le considerazioni sul mercato interno a tutto. La Corte non può essere destituita e nemmeno le si può chiedere di rendere conto delle proprie decisioni. Ma è democrazia questa?
Solo le imprese di grandi dimensioni con studi di avvocati saranno in grado di utilizzare la direttiva servizi per difendere i loro interessi. L’unica disoccupazione alla quale metterà fine la direttiva è quella degli avvocati. A perdere saranno i comuni, i dipendenti pubblici, i consumatori e le piccole imprese. Dobbiamo bocciare questa direttiva. Invece di applicare la liberalizzazione a tutto, dovremmo rispettare le decisioni prese democraticamente per salvaguardare i settori da una miope mentalità di mercato. L’Unione europea non può vivere solo di efficienza economica. Abbiamo anche bisogno di efficienza democratica in cui i cittadini non sono costantemente maltrattati da pessime direttive.
Georgios Toussas (GUE/NGL). – (EL) Signor Presidente, la direttiva sulla libera prestazione di servizi e sulla libertà di stabilimento fa parte della più ampia politica dell’Unione europea contraria alla base e si fonda sul Trattato di Maastricht e sull’obiettivo ratificato della strategia di Lisbona di creare un mercato unico, essenzialmente finalizzato a rafforzare la concorrenza, ottimizzare la redditività dei monopoli, privatizzando i servizi pubblici e di interesse generale e andando a colpire i diritti sociali e le tutele occupazionali fondamentali dei lavoratori.
La promessa di fedeltà al principio secondo cui i monopoli non sono tenuti a rendere conto delle loro azioni è stata oggi ripetuta in modo arrogante dal Presidente della Commissione europea, Barroso.
L’accordo politico tra il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei e il gruppo socialista al Parlamento europeo, con il pacchetto di emendamenti, non modifica la natura reazionaria della direttiva, il cui principio fondamentale è il paese d’origine, in altri termini la facoltà per il capitale di non rendere conto delle proprie azioni e la distruzione di migliaia di piccole e medie imprese e di lavoratori autonomi. Le raccomandazioni relative ad un ipotetico rispetto dei diritti dei lavoratori costituiscono un tentativo di indorare la pillola e placare le reazioni dei lavoratori.
L’argomentazione secondo cui la liberalizzazione assicurerà servizi meno costosi per i cittadini non sta in piedi, visto che con la direttiva, i servizi si concentreranno in meno mani e i monopoli determineranno la qualità e i prezzi in vista dell’aumento dei loro utili, per questo voteremo contro la direttiva. State seminando tempesta e siate pur certi che raccoglierete uragani.
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Hélène Goudin (IND/DEM). – (SV) Signor Presidente, la “Lista di giugno” svedese sostiene un mercato interno efficiente ed è pertanto ben disposta nei confronti della direttiva servizi. Allo stesso tempo, attribuiamo molta importanza all’autodeterminazione nazionale. Ci devono essere validi motivi perché gli Stati membri trasferiscano potere e competenze all’Unione europea. Se accettiamo il principio del paese d’origine, rinunciamo alla sovranità nazionale. Crediamo che i vantaggi di questo principio non siano tali da giustificare tale rinuncia. Questo principio riguarda in particolare servizi come la costruzione, le pulizie e la consulenza. Sono settori importanti, ma non hanno un’influenza determinante sulla prosperità e sul PIL svedesi.
E’ altresì positivo che i monopoli nazionali nel settore dei servizi non siano inclusi nella direttiva. Se devono essere riorganizzati, dovrebbero esserlo secondo uno spirito democratico, ossia attraverso un dibattito su larga scala nei paesi che reputano tale cambiamento auspicabile. Appoggeremo il compromesso.
Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk (UEN). – (PL) Signor Presidente, si supponeva che il mercato comune europeo dovesse basarsi su tre libertà. Faccio riferimento alla libera circolazione di beni e servizi, alla libera circolazione di capitali e alla libera circolazione delle persone.
Negli ultimi decenni, l’attuazione della prima di queste libertà ha consentito ai vecchi Stati membri di realizzare eccedenze di decine di miliardi di euro nelle loro bilance commerciali con paesi come la Polonia. E questo ha contribuito a garantire centinaia di migliaia di posti di lavoro nei vecchi Stati membri.
La seconda libertà ha consentito agli imprenditori dei vecchi Stati membri di partecipare alla privatizzazione delle aziende di proprietà del Tesoro dello Stato polacco a condizioni estremamente favorevoli, in particolare nel settore bancario e assicurativo.
Purtroppo, quando si tratta di libera circolazione delle persone, proprio la libertà che assicurerebbe i maggiori vantaggi per i nuovi Stati membri, ci scontriamo con molte restrizioni.
La cosiddetta direttiva servizi avrebbe potuto contribuire a migliorare la situazione. Purtroppo, l’attuale progetto contenuto nella relazione dell’onorevole Gebhardt è diversissimo dalla versione presentata dalla Commissione europea e ha poco a che vedere con la libera circolazione dei servizi. Questo è particolarmente sorprendente, poiché i servizi rappresentano quasi il 70 per cento del PIL dell’Unione europea e la libera circolazione dei servizi accelererebbe senza dubbio il tasso di crescita del PIL nei vecchi Stati membri così come nei nuovi.
Roselyne Bachelot-Narquin (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, pensiamo al seguito dei nostri lavori. E’ venuto il momento di ricordare che siamo in una procedura di codecisione. Intelligentemente il nostro collega, onorevole Harbour, ha saputo rinunciare all’idea di una probabile vittoria parlamentare, che avrebbe però determinato la lenta agonia di un testo cruciale nel settore dei servizi. Il giro che l’onorevole Harbour ha compiuto nelle capitali europee gli ha confermato quello che sapevamo. Il compromesso elaborato con l’onorevole Gebhardt – alla quale desidero rendere omaggio – è l’unico possibile in seno al Consiglio e tra il Parlamento e il Consiglio. Al Consiglio non ci sono votazioni a maggioranza qualificata per il tipo di mercato interno che alcuni vorrebbero. Ostinarsi su questa versione sarebbe una vittoria di Pirro.
Inoltre la cosa più evidente è che la differenza tra di noi è diventata una differenza tra est e ovest. Sulla base di questa osservazione, oggi viene messa in discussione la logica dell’allargamento. Non dimentichiamo che il fallimento della direttiva servizi andrebbe ad allungare una lista che include il naufragio della Costituzione, le preoccupazioni sulle prospettive finanziarie e i dubbi sull’agenda di Lisbona.
Dobbiamo ora seguire una strategia di riconciliazione per mantenere in vita l’ambizione comunitaria. Vedo un vero problema nella sensazione di discriminazione che provano i nuovi Stati membri di fronte agli ostacoli posti alla libera circolazione dei lavoratori. Voglio dire, a beneficio di questi paesi, che non è respingendo il compromesso e quindi, a lungo termine, la direttiva servizi, o rimettendo in discussione la direttiva sul distacco dei lavoratori, che supereranno questa discriminazione, anzi. Questa è la logica alla base del lavoro che abbiamo portato avanti in seno alla commissione per l’occupazione e gli affari sociali, sotto l’egida dell’onorevole Van Lancker, con l’eliminazione degli articoli 24 e 25 del testo iniziale.
D’ora in poi, dobbiamo ormai solennemente chiedere l’abbandono della moratoria e l’eliminazione di tutte le restrizioni alla libera circolazione dei lavoratori dei nuovi Stati membri. Sarebbe anche utile collegare tra di loro queste problematiche nell’ambito della discussione della direttiva servizi al Consiglio. Tuttavia l’esame del testo ha anche messo in evidenza le numerose lacune dell’arsenale giuridico comunitario. Alcuni deputati hanno espresso timori legittimi e questi timori devono essere affrontati. Cerchiamo di vedere l’innegabile progresso che questo testo rappresenta, perché il nostro lavoro di legislatori non è che all’inizio.
Edit Herczog (PSE). – (HU) Nell’anno in cui sono nata, il Presidente Kennedy pronunciò la famosa frase “Ich bin ein Berliner”. A quell’epoca, tutti capirono e furono d’accordo con lui nell’affermare che la divisione tra est e ovest rappresentava un errore storico. Se io dicessi oggi “Ich bin ein Polish plumber”, non so se tutti noi riusciremmo a capire che la questione è ancora quella dell’unità dell’Europa, e se saremmo tutti d’accordo.
La direttiva servizi supera gli interessi e affronta i valori. Affronta le quattro libertà fondamentali sancite dal Trattato di Roma e le pari opportunità. Nell’Europa del XXI secolo, è inaccettabile discriminare un prestatore di servizi sulla base dell’origine, dalla nazionalità o della lingua madre.
Un obiettivo importante è la riduzione del numero e della vulnerabilità di coloro che sono obbligati a lavorare in nero o nell’economia sommersa. Vogliamo un’Europa migliore! Vogliamo un’Europa in cui i prestatori di servizi beneficino della certezza giuridica negli Stati membri. Vogliamo un’Europa migliore, in cui i prestatori di servizi possano creare posti di lavoro europei e soddisfare le esigenze dei consumatori in modo legale. Dobbiamo creare un contesto giuridico sicuro, stabile e chiaro. E’ particolarmente importante per le piccole e medie imprese. Gli eurodeputati socialisti dei nuovi Stati membri hanno sempre ritenuto doveroso sostenere questo interesse comune dell’Europa. Siamo stati costruttivi, abbiamo accettato l’eliminazione totale del diritto del lavoro dalla direttiva. Abbiamo riconosciuto che invece del paese d’origine, dobbiamo disciplinare la libertà della prestazione di servizi. Abbiamo riconosciuto che la direttiva non entra probabilmente in conflitto con altre norme giuridiche europee vigenti, e non può sovrascrivere il Trattato. Non possiamo indebolire il quadro sicuro, stabile e chiaro che è stato creato. Non possiamo accettare deroghe non definite, perché lascerebbero spazio alle decisioni arbitrarie degli Stati membri.
Non siamo a favore dell’esclusione totale dei servizi pubblici di natura economica, ma siamo disposti ad esaminare le deroghe settoriali su base individuale. Riconosciamo e accogliamo con favore la protezione cui hanno diritto i consumatori europei in qualsiasi momento e ovunque, ma non accettiamo che la protezione dei consumatori limiti la libertà di prestazione dei servizi. E infine, un ultimo aspetto non meno importante: nella sfida posta dalla concorrenza globale, l’Europa non può permettersi di spendere il PIL prodotto in comune per il controllo amministrativo.
Karin Riis-Jørgensen (ALDE). – (DA) Signor Presidente, questo è un momento decisivo per l’Europa. Giovedì avremo due opzioni: possiamo dimostrare, in particolare, la solidarietà che da tempo ci chiedono i nostri nuovi Stati membri e possiamo dimostrare che prendiamo sul serio i cittadini europei, il loro desiderio di poter scegliere tra varie alternative più economiche, la richiesta di più posti di lavoro, oppure, in alternativa, possiamo prendere in giro i cittadini europei, adottando una direttiva servizi ad ogni costo, con il minimo comune denominatore, e approvando un documento che non modifica minimamente le attuali condizioni protezionistiche nel settore dei servizi – un testo che non conserva nemmeno lo status quo, ma che, oltretutto, costituisce un passo indietro, in quanto crea ancora più ostacoli per le nostre imprese.
La Commissione ha purtroppo già preso la sua decisione, Commissario McCreevy, e non è stata di nessun aiuto nel compromesso tra i due gruppi principali. Mi aspettavo che la Commissione sarebbe stata il portabandiera di un vero mercato interno dei servizi, che è la pietra angolare stessa del processo di Lisbona della Commissione, un processo di alto profilo. Il compromesso dei gruppi principali non avvicinerà in nessun caso l’Unione europea ai cittadini, che è invece l’obiettivo per il quale noi naturalmente ci battiamo. Solo un vero mercato interno dei servizi può creare i posti di lavoro di cui abbiamo così bisogno in Europa. Tutto il resto è un marketing fallito.
Dobbiamo dissociarci nettamente dalle campagne intimidatorie, dalla disinformazione e dalle manipolazioni che alcuni gruppi – anche qui in Aula – portano avanti parlando di dumping sociale e disoccupazione di massa e altre mostruosità. La loro azione è scandalosa.
Hélène Flautre (Verts/ALE). – (FR) Signor Presidente, come hanno segnalato molti oratori, la proposta iniziale della Commissione europea è socialmente pericolosa, redatta male e giuridicamente complicata. In breve, esattamente il contrario di un buon testo legislativo, ossia un atto legislativo che sia utile al progetto europeo e ai cittadini europei.
Noi, in quest’Aula rappresentiamo i cittadini. Questo pomeriggio ce n’erano varie decine di migliaia nelle strade di Strasburgo. Credo che la manifestazione sia stata un sano esercizio di democrazia al quale hanno partecipato i relatori ombra e i relatori con lo scopo di respingere la direttiva nella sua forma attuale e proporre modifiche sostanziali del suo contenuto.
Il gruppo Verdi/Alleanza libera europea auspica naturalmente la realizzazione di un mercato europeo dei servizi, ma rifiuta categoricamente che sia governato dalla concorrenza tra le legislazioni nazionali, concorrenza che è invece il risultato dell’applicazione del principio del paese d’origine e che, di fatto, causerebbe un’armonizzazione verso il basso. Per questo motivo, voteremo a favore della proposta. Abbiamo inoltre proposto emendamenti contrari al principio del paese d’origine e che escludono i servizi di interesse economico generale dal campo di applicazione della direttiva.
Bairbre de Brún (GUE/NGL). – (L’oratore ha parlato in irlandese)
(EN) Vi esorto a respingere la direttiva servizi. La recente disputa dei traghetti irlandesi ha illustrato che cosa potrebbe riservare il futuro per i lavoratori e i loro diritti in base a quanto previsto dalla direttiva servizi e, analogamente, molti dei recenti commenti pubblici del Commissario McCreevy hanno messo in evidenza pericoli per i diritti dei lavoratori e la contrattazione collettiva.
La direttiva commercializza quasi tutti i servizi all’interno dell’Unione europea. Priverà milioni di persone di servizi pubblici di qualità. Tocca in misura sproporzionata le donne, sia in quanto maggioranza dei lavoratori nel settore dei servizi sia in quanto utenti di tali servizi, e sono d’accordo con le osservazioni esposte questa sera in merito al fatto che le decisioni vengono così trasferite alla Corte di giustizia. Decine di migliaia di persone hanno sfilato oggi per protestare contro tutto questo, ma mettiamo in guardia i governi: la lotta raggiungerà la massima intensità a livello nazionale.
Dariusz Maciej Grabowski (IND/DEM). – (PL) Signor Presidente, il tasso di crescita dell’Unione europea è in calo da anni e recentemente è sceso al di sotto del 2 per cento annuo. Il mondo ci lascia indietro, perché quando si tratta di competere a livello europeo, hanno la meglio coloro che riescono a contenere costi e prezzi e creano nuovi prodotti.
L’Unione europea rimane indietro perché ha un settore agricolo costoso e una politica di sovvenzionamento del settore sbagliata, economicamente costosa ed inefficace. L’Unione ha anche un settore industriale costoso che è gravato da privilegi sociali eccessivi, dalla politica doganale comune e da normative burocratiche dispendiose. E soprattutto, l’Unione ha servizi costosi. Il settore dei servizi è quello che crea più posti di lavoro, ma ai prestatori di servizi meno costosi viene impedito l’accesso al mercato.
Il tentativo di rinviare la liberalizzazione dei servizi ricorda il tentativo di frenare il flusso di beni di consumo a basso prezzo provenienti dall’Asia. E’ costoso ed inefficace. E’ costoso perché esige un sistema amministrativo gigantesco ed è inefficace perché contribuisce alla diffusione dei servizi illegali che va a scapito dei lavoratori. Coloro che difendono le attuali disposizioni dell’Unione europea sui servizi sostengono di combattere per i posti di lavoro dei loro cittadini e contro la crescita della disoccupazione. La mia controargomentazione è la seguente: pensate a quello che è avvenuto in Irlanda e in Gran Bretagna. Entrambi questi paesi hanno liberalizzato i loro mercati. Il tasso di occupazione è aumentato o diminuito? La disoccupazione aumenta o diminuisce? La conclusione non può essere che una. L’evoluzione del mercato dei servizi ha contribuito ad accelerare lo sviluppo economico.
Credo che servizi meno costosi siano la chiave per accelerare lo sviluppo dell’Unione europea. Servizi meno costosi ridurrebbero il costo della produzione e dei consumi. Inoltre deve essere ampliato il mercato e devono essere introdotte nuove tecnologie. Servizi poco costosi costituiscono l’unico modo per risolvere, o almeno alleviare, il problema del reperimento delle risorse per…
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Jacek Protasiewicz (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, il tema delle sfide a cui è confrontata l’Unione europea nel contesto contemporaneo della concorrenza globale emerge in quasi tutti i dibattiti che si svolgono in questo Parlamento.
Vorremmo che l’Europa si sviluppasse in modo dinamico e diventasse l’economia più competitiva del mondo nel giro di qualche anno. E lo vorrebbero anche i cittadini europei i quali credono che le decisioni prese in quest’Aula portino l’Unione verso quell’obiettivo. Non saremo tuttavia all’altezza di queste aspettative se non troviamo il coraggio di creare un mercato davvero comune che dia a tutte le imprese europee la possibilità di crescere, a prescindere dall’ubicazione della loro sede. Accettando pratiche protezionistiche, non riusciremo mai a creare le condizioni giuste per lo sviluppo. Queste pratiche sono anche una forma di discriminazione, e non solo in termini di divisione est-ovest, anche se è qui che sono più evidenti, ma tendono anche ad essere particolarmente dolorose per i cittadini dei nuovi Stati membri.
L’economia europea chiede a gran voce lo sviluppo e i cittadini degli Stati membri chiedono a gran voce posti di lavoro. Il progetto di direttiva di cui stiamo discutendo oggi, preparato dalla Commissione precedente, costituiva una risposta adeguata e razionale a queste richieste. Visto che i servizi rappresentano il 70 per cento del reddito prodotto all’interno dell’Unione europea ed è in questo settore che lavora la maggior parte degli europei, dovremmo fare tutto quanto in nostro potere per assicurare che il settore possa svilupparsi senza inutili ostacoli burocratici. Purtroppo, è il settore in cui c’è il maggior numero di ostacoli alla libertà di circolazione. E questo è contrario al buon senso e anche alle disposizioni dei Trattati.
Sin dall’inizio il dibattito sul progetto di direttiva è stato caratterizzato da intense emozioni. Sono stati presentati molti emendamenti, e più recentemente si è trovato un accordo su una versione di compromesso nell’ambito del lavoro intrapreso dalla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori. Si tratta davvero di un compromesso di portata molto estesa. Modifica in misura rilevante il significato del testo. Ulteriori modifiche al testo rischierebbero tuttavia di diventare un tentativo di sottrarsi alle sfide cui è confrontata l’Europa.
L’Unione non potrà competere con successo sul mercato globale se è paralizzata dalla paura della concorrenza interna.
Arlene McCarthy (PSE). – (EN) Signor Presidente, il mio predecessore, l’onorevole Philip Whitehead, sarebbe stato fiero di parlare a nome della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori. Sarebbe stato fiero del lavoro svolto dalla nostra relatrice, onorevole Gebhardt, e da tutti i deputati che si sono impegnati così tanto per migliorare ed emendare la proposta della Commissione. Gli sarebbe piaciuto essere qui per assistere al modo maturo e responsabile in cui questo Parlamento sta creando il consenso a nome dei nostri cittadini per l’apertura del mercato dei servizi. Se agiamo con correttezza, possiamo liberalizzare il mercato, dare un impulso all’occupazione e alla crescita in tutta l’Unione europea e aiutare l’Europa a competere a livello mondiale con il mercato dei servizi in piena espansione di India e Cina.
La proposta Bolkestein era lacunosa perché non riconosceva che, se si vuole che il pubblico sostenga l’apertura del mercato, occorre convincerlo dei vantaggi e garantirgli che non indebolirà i diritti dei lavoratori o dei consumatori. Se si vogliono incoraggiare i cittadini a sostenere il cambiamento e la riforma, occorre spiegare loro quali sono le conseguenze per loro e per le loro prospettive di vita. E’ il Parlamento che parla a nome dei cittadini e che si occupa dei problemi di tutti i nostri cittadini, delle nostre imprese, dei nostri consumatori, dei nostri lavoratori e dei nostri disoccupati.
E allora semplifichiamo le cose. Dobbiamo mettere fine alle ridicole pratiche discriminatorie che impediscono alle nostre imprese di consolidarsi sul mercato europeo. Perché un’impresa dovrebbe chiedere di iscriversi ad una camera di commercio locale, per sentirsi rispondere che c’è una lista d’attesa di cinque anni? Perché un’impresa dovrebbe aprire quattro uffici e depositare una cauzione di 500 000 euro? L’economia sommersa prospera in Europa nel settore dei servizi perché queste barriere complesse e costose incoraggiano le imprese a lavorare in nero e illegalmente. Facciamo in modo, con queste regole, che accettino la legalità. Sbarazziamoci del protezionismo, e proteggiamo invece i consumatori e i diritti dei lavoratori.
Credo che i consumatori possano riuscire a capire i benefici della scelta e della concorrenza se sono certi che, se qualcosa va male, possono ottenere un risarcimento rivolgendosi ad un tribunale locale e non devono mettersi ad inseguire un prestatore di servizi inadempiente a Lisbona, Parigi, Varsavia o Londra per ottenere il riconoscimento dei propri diritti. E’ quello che stiamo cercando di realizzare con questi compromessi.
Chi lavora nel settore dei servizi ha bisogno di avere la garanzia dei diritti e delle tutele occupazionali. Qui non si tratta di vecchia o nuova Europa. Non si tratta di sinistra o destra. I cittadini ci chiedono di fare la scelta giusta: liberarci di un protezionismo paralizzante nel mercato unico dei servizi e proteggere i diritti dei lavoratori e dei consumatori. Credo che, se ce la faremo, sarà una vittoria per la democrazia parlamentare e un impulso all’occupazione e alla crescita per le future generazioni di europei.
Infine, vorrei chiedere alla Commissione di fare in modo che ci siano questi punti unici di contatto, questi sportelli unici che sono così fondamentali per la fornitura, il controllo e la supervisione del tipo di servizi che vogliamo. La Commissione dovrebbe cercare di creare un marchio di fiducia o un programma di assicurazione qualità europeo perché i consumatori si fidino ad utilizzare questi servizi che rispettano i diritti dei consumatori e i diritti dei lavoratori.
Bronisław Geremek (ALDE). – (PL) Signor Presidente, ogni tanto una delle decine di decisioni prese dal Parlamento europeo appare vitale per il futuro dell’Unione europea.
E questo vale per la direttiva servizi. E’ stata concepita come uno strumento per attuare i principi delle quattro libertà fondamentali. Dovrebbe garantire l’assenza di discriminazioni in merito alla prestazione di servizi ovunque nell’Unione europea. L’origine nazionale sarà irrilevante, e i cittadini dei vecchi e nuovi Stati membri saranno trattati secondo gli stessi principi. L’attuazione della direttiva promuoverà la crescita economica e favorirà la diffusione del modello sociale europeo. L’attuazione della libertà economica rafforza la dimensione sociale dell’Europa invece di indebolirla.
Le soluzioni di compromesso costituiscono chiaramente una parte essenziale del lavoro del Parlamento. E lo sono anche in questo caso. Dovremmo impegnarci in vista del compromesso nonostante i nostri pareri divergenti. Tuttavia, ci sono limiti oltre i quali la direttiva servizi perderebbe senso.
Credo che sia razionale non consegnare passivamente al mercantilismo i settori in cui la logica di mercato non funziona. Credo anche che la dichiarazione secondo cui la direttiva non riguarda il diritto del lavoro sia giustificata. Non vedo tuttavia alcun motivo per prevedere deroghe al campo di applicazione della direttiva, quando non sono giustificate e non hanno una chiara base giuridica. Mi sembra che in tematiche di tale importanza strategica, una legislazione chiara sia fondamentale. Gli spettri di Frankenstein e dell’idraulico polacco dovrebbero scomparire dalla coscienza europea ed essere sostituiti da fiducia, libertà e solidarietà.
(Applausi)
Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL). – (EL) Signor Presidente, il gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica chiede il ritiro della proposta di direttiva Bolkestein e, in ogni caso, chiede l’abolizione del principio del paese d’origine che sopravvive con il nuovo nome di “principio della libera prestazione di servizi”. La nuova formulazione volutamente poco chiara spalanca la porta alle interpretazioni negative della Corte di giustizia delle Comunità europee di cui ci ha parlato il Commissario McCreevy.
Chiediamo anche che siano esplicitamente esclusi dal campo di applicazione della direttiva i servizi di interesse economico generale. Chiediamo norme europee uniformi e la prevenzione del dumping sociale e della concorrenza sleale che le imprese che godono di una legislazione sociale ed ambientale flessibile sfruttano. Il fragile compromesso concluso tra la destra europea e i socialisti, sotto la pressione delle reazioni e delle dimostrazioni dei sindacati, mitiga ma non annulla la filosofia neoliberista e la carica negativa della proposta.
La sinistra europea respinge la direttiva Bolkestein mascherata e chiede emendamenti che ne limitino gli effetti indesiderati.
Mirosław Mariusz Piotrowski (IND/DEM). – (PL) Signor Presidente, la paura generata nei paesi dell’Europa occidentale dal fenomeno dell’ “idraulico polacco” si è manifestata nei ripetuti tentativi di indebolire il progetto di direttiva sulla liberalizzazione del mercato dei servizi. I numerosi emendamenti di compromesso elaborati per la maggior parte dai gruppi politici principali indicano che alcuni dei vecchi Stati membri dell’Europa a quindici non vogliono rispettare il principio della libera circolazione dei beni nell’Unione europea sancito dal Trattato. Se prendiamo l’esempio del Regno Unito e dell’Irlanda, possiamo tuttavia constatare che l’apertura del mercato del lavoro alla Polonia e agli altri nuovi Stati membri risulta essere vantaggioso per le economie nazionali.
Si può pertanto concludere che una resistenza così forte all’adozione della direttiva nella sua forma iniziale nasce da paure irrazionali che rasentano la xenofobia.
Avril Doyle (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, il prossimo anno celebreremo il cinquantesimo anniversario del Trattato di Roma, con cui la Comunità economica ha chiesto l’abolizione degli ostacoli alla libera circolazione di persone, beni, servizi e capitali, come obiettivi principali verso la realizzazione di un mercato comune o interno.
Rispetto ai servizi, tuttavia, ci sono stati oltre 50 anni di protezionismo e pratiche restrittive da parte degli Stati membri: da ostacoli burocratici complicati e ritardi a sanzioni finanziarie fino ad oscuri requisiti in merito alle qualifiche. In Austria, i maestri di sci stranieri non possono fornire servizi per più di 14 giorni. In Belgio e in Francia, le riparazioni urgenti possono essere fatte solo previa notifica di otto giorni, una contraddizione in termini. Per fare lavorare piloti e tecnici interinali con una compagnia aerea in Italia, si richiede una cauzione di 400 000 euro e l’apertura di quattro uffici. Ed ognuna di queste barriere viene invariabilmente giustificata invocando la causa, speciosa ma emotiva, della necessità di evitare una “corsa verso il basso”. Gli Stati membri protezionistici si atteggiano a paladini dei lavoratori contro il dumping sociale. In pratica, incoraggiano un’economia sommersa sfrenata.
In realtà, i paesi che hanno accettato il mercato allargato dell’Unione hanno fatto continui progressi. Dal 1993, la libera circolazione di beni, capitali e persone ha prodotto enormi vantaggi economici e sociali. Quasi il 70 per cento della popolazione attiva in Europa lavora nel settore dei servizi, settore che genera il 55 per cento del PIL dell’Unione europea, ma, attualmente, i servizi rappresentano solo il 20 per cento del commercio tra gli Stati membri. Il mercato, ancora incompleto, ha prodotto quasi 1 000 miliardi di euro di ricchezza e 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro in Europa. La direttiva servizi potrebbe creare altri 600 000 posti di lavoro.
C’è un numero limitato di servizi – soprattutto nel settore della sanità – che dovrebbe beneficiare di misure specifiche settoriali. Accolgo con favore l’impegno del Commissario McCreevy di proporre una direttiva separata sulla mobilità dei pazienti e su tutto il tema della prestazione di cure sanitarie transfrontaliere. Appoggio tuttavia le restanti disposizioni di quella che è ormai una direttiva scarna. E’ particolarmente importante che le agenzie per il lavoro interinale non siano escluse dal campo di applicazione della direttiva, vista la misura in cui le agenzie di collocamento e selezione del personale sono utilizzate in un mercato del lavoro moderno e flessibile. E perché i lavoratori dei trasporti e gli educatori sono esclusi?
Appoggio con convinzione le disposizioni dell’articolo 16 ...
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Jan Andersson (PSE). – (SV) Signor Presidente, proprio ora, l’attenzione di tutti è rivolta al Parlamento europeo. Disponiamo di tutti i mezzi per definire l’agenda politica. Dobbiamo sfruttare questa opportunità e dare la nostra impronta a questa direttiva estremamente importante. Non è la direttiva Bolkestein, ma un compromesso in fieri, il che è molto diverso.
Citerò alcuni esempi tratti dal settore di cui si è occupata la commissione per l’occupazione e gli affari sociali. Il diritto del lavoro, i contratti collettivi e il diritto di indire scioperi non sono toccati da questa direttiva. In futuro, gli Stati membri potranno chiedere alle società di servizi di avere rappresentanti autorizzati a concludere contratti collettivi e responsabili delle ispezioni del luogo di lavoro, eccetera. Servizi di pubblica utilità, come la sanità e i servizi medici, l’istruzione e i servizi sociali non rientrano nel campo di applicazione della direttiva. E non sono interessate nemmeno le agenzie di lavoro interinale, in previsione di una direttiva separata dedicata specificatamente ad esse.
Per quanto attiene ai servizi di interesse economico generale, spetta agli Stati membri decidere se intendono o meno aprirli alla concorrenza. Se però tali servizi vengono liberalizzati in questo modo, altrettanto dovrebbe accadere per tutto il mercato interno. E’ un compromesso costruttivo che combina i meriti del mercato interno con la sicurezza del mercato del lavoro e, inoltre, protegge i servizi pubblici ai quali hanno attualmente accesso i cittadini dei nostri Stati membri e delle nostre regioni. Alcuni credono che il compromesso sia poco chiaro. Ma come stanno le cose ora? Che cosa accadrà se respingiamo la direttiva? Quanti casi languono in attesa di essere giudicati dalla Corte di giustizia delle Comunità europee invece di essere risolti mediante una direttiva con la quale si definiscono le regole fondamentali? Ritengo che questa direttiva determinerebbe un netto progresso. E’ più chiara delle normative ora vigenti e dovremmo pertanto votare a favore.
Luigi Cocilovo (ALDE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che siamo tutti assolutamente convinti dell’esigenza di completare il mercato interno dei servizi, eliminando ostacoli, incrostazioni e tutele protezionistiche. Si tratta di un problema reale e diffuso.
Tuttavia, le scelte iniziali proposte con la direttiva Bolkestein erano contraddittorie e, per molti versi, ambigue e sbagliate. L’errore fondamentale è stato quello di aver innescato percezioni opposte e negative. Da un lato, l’impressione che il rilancio di una competizione virtuosa si riducesse in sostanza a un lasciapassare per il dumping sociale e democratico. Dall’altro lato, in conseguenza delle più che legittime resistenze nei confronti di queste ambiguità, la sensazione per molti paesi, soprattutto i nuovi arrivati, che si volessero consolidare o difendere le barriere protezionistiche e gli ostacoli alla libera circolazione dei servizi.
Ritengo che oggi, sulla base dei testi di compromesso presentati, sia possibile correggere in modo sostanziale queste contraddizioni e questi difetti. Una critica fondata riguarda semmai alcune esclusioni e deroghe relative a determinati settori, che hanno veramente ripercussioni negative sulle prospettive di crescita competitiva dei sistemi produttivi, economici e sociali europei, ad esempio le attività professionali, i servizi bancari, finanziari e assicurativi, e le forniture energetiche.
Molti sostengono che la montagna rischia di partorire il topolino. In risposta a queste obiezioni, segnalo che è preferibile correre questo rischio rispetto al parto dello scorpione, visto che il veleno depositato nella coda di questo piccolo animaletto avrebbe soprattutto inquinato l’equilibrio del modello sociale europeo.
Vladimír Železný (IND/DEM). – (CS) Un’emittente televisiva commerciale nell’Unione oggi ha affermato che i lavoratori dell’Unione europea stanno protestando contro la direttiva servizi. Il servizio si è dimenticato di aggiungere che si tratta unicamente di lavoratori dei vecchi Stati membri, mentre i lavoratori dei nuovi Stati membri, cittadini di seconda classe nell’Unione europea, vogliono la direttiva. I cechi, come altri cittadini dei nuovi Stati membri, non possono lavorare liberamente in Germania o in altri paesi. La cosa davvero ridicola è il fatto che mangiamo alimenti sovvenzionati provenienti dall’Europa dell’ovest ed acquistiamo merci dell’Europa dell’ovest che attraversano liberamente le nostre frontiere senza tasse sulle importazioni. L’articolo fondamentale è l’articolo 16 che, nella formulazione della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, cautamente riconosce che i prestatori possono essere soggetti alla normativa del loro paese d’origine. Tale articolo è stato sacrificato da un compromesso tra il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei e il gruppo socialista al Parlamento europeo. Questo non è un compromesso, ma addirittura una castrazione della direttiva nel suo insieme. La tecnica dello scaricabarile non è certo il modo migliore per fare funzionare una legge che dovrebbe consentire di regolamentare l’attività dei prestatori di servizi, in quanto li colloca in una posizione giuridica incerta. Può solo comportare una dichiarazione non vincolante, si fa tuttavia ampio riferimento all’interesse pubblico come motivazione per limitare le attività dei prestatori di servizi. E questo crea confusione in tutto il testo, poiché il paragrafo 1 indica che si dovrebbe applicare direttamente la legge del paese di destinazione, mentre leggendo il paragrafo 3, si potrebbe essere indotti a dare un’altra interpretazione: l’applicazione della legge del paese d’origine.
Se esitiamo ad esporre la nostra economia persino alla concorrenza interna nel territorio dell’Unione europea, come possiamo aspettarci di competere con il mondo esterno? Se non ci avvaliamo dei nuovi Stati membri, in rapida crescita, per accelerare il ritmo dell’efficienza sul luogo di lavoro, ci priveremo di uno dei principali vantaggi dell’allargamento dell’Unione.
Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Stiamo per prendere una decisione di amplissima portata che avrà ripercussioni sul destino di una delle libertà fondamentali dell’Unione, che è parte integrante del diritto europeo da oltre cinquanta anni. Nello stesso momento in cui l’Europa si apre alle economie dei paesi terzi, gli Stati membri dell’Unione erigono barriere interne che ostacolano la mutua prestazione di servizi. E’ venuto il momento di abbattere questi muri artificiali oppure di apporre ad essi il nostro sigillo di approvazione, che sarebbe accolto dagli applausi dei sindacalisti. Il risultato illustrerà quanto sarà stata brava l’Unione ad affrontare l’allargamento. Il muro di Berlino è caduto, i nuovi Stati membri hanno aperto i loro mercati ai beni e ai servizi provenienti da tutta l’Europa, ma ci sono ancora Stati membri dell’Unione che non hanno debitamente attuato la legislazione europea in materia di libera circolazione dei servizi. Questi Stati stanno ipocritamente proteggendo i loro mercati contro la mutua concorrenza, in violazione del diritto vigente nell’Unione europea e delle decisioni dei tribunali. Siamo confrontati allo stupido spauracchio dell’idraulico polacco agitato da Chirac, che aleggia in Francia e in altri paesi. E’ venuto ora il momento di scoprire chi prende sul serio le idee della strategia di Lisbona e il mercato flessibile, e chi no.
Mi chiedo su che cosa baserà le sue argomentazioni l’opposizione. Non ci ha presentato alcuno studio, ma si è piuttosto servita della relatrice per creare false impressioni sui sindacalisti. Non è affatto vero che la direttiva trasformerà il diritto del lavoro, e non modificherà nemmeno le leggi relative ai programmi per i lavoratori né comprometterà la loro tutela. Al contrario, tutti gli studi dimostrano che creerà 600 000 nuovi posti di lavoro, 37 miliardi di euro per l’economia e metterà fine alla discriminazione. L’indebolimento della direttiva nella forma attuale e la rinuncia al principio del paese d’origine sono contrari agli interessi di tutti, compresi i consumatori, e rappresentano anche un colpo ideologico inferto al concetto di deregolamentazione e di armonizzazione continua. La nostra esperienza in materia di circolazione di beni ha dimostrato che tale opzione non è praticabile. Gli Stati membri non la accetterebbero mai, e soprattutto, con la creazione di ulteriore regolamentazione invece che semplificazione e flessibilità, non si farebbe che ritardare la realizzazione dell’obiettivo di un’Europa operante con successo nell’ambito di un’economia globale. La direttiva è pertanto un banco di prova che dimostrerà se preferiamo un protezionismo nazionale di breve respiro o una prosperità europea comune.
PRESIDENZA DELL’ON. COCILOVO Vicepresidente
Barbara Weiler (PSE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa direttiva non onora certo il principio della better regulation, anzi fa proprio il contrario. E’ a lei, signor Commissario, che dobbiamo imputare l’irritazione e addirittura l’indignazione di quasi tutti i gruppi della società europea e anche quello che abbiamo appena sentito dalla collega, onorevole Roithová – il fatto di contrapporre i deputati dell’ovest a quelli dell’est. Non stiamo dicendo che dobbiamo alzare il ponte levatoio. Il mercato interno non è un fine in sé. Per questo abbiamo bisogno delle tre grandi deroghe: direttiva sul distacco dei lavoratori, direttiva sul lavoro interinale, che deve essere mantenuta in deroga fino a quando il Consiglio terrà la direttiva europea nel congelatore, e in particolare la direttiva sulle qualifiche professionali, che abbiamo approvato qui in Aula.
Un mercato interno efficiente senza barriere e senza discriminazioni, con condizioni quadro eque, è vantaggioso per l’Europa – per i fornitori, i prestatori di servizi, i consumatori e i lavoratori. Ma non è certo quello che ci garantisce questa direttiva. Desidero ringraziare di tutto cuore la Confederazione europea dei sindacati che si è impegnata con noi per sostenere la protezione, senza cadere nella trappola della miopia nazionale. La soluzione non è la reiezione, ma la riformulazione.
Sophia in ’t Veld (ALDE). – (NL) Signor Presidente, innanzi tutto, desidero dire che qui non si tratta di uno scontro est-ovest, perché io vengo dall’ovest e sono a favore della direttiva servizi. Non dovremmo perdere di vista l’obiettivo della direttiva, che è quello di abbattere le barriere superflue per le piccole e medie imprese, consentendo a queste imprese di offrire i loro servizi in altri paesi. Con una direttiva indebolita come quella proposta dai socialisti e da alcuni membri del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, rischiamo di irrigidire ancora di più i mercati. Mentre dovremmo proteggere le conquiste sociali importanti, non dovremmo indulgere in atteggiamenti protezionistici, nazionalistici o xenofobi.
Nell’economia globale, è importante rafforzare il mercato europeo, piuttosto che frammentarlo ed indebolirlo. Il mercato dei servizi offre splendide opportunità a molti, e nel settore dei servizi possono essere creati posti di lavoro di qualità.
Il dibattito sa di ipocrisia, infatti mentre i vecchi Stati membri dell’occidente temono la concorrenza dell’est, dimenticano che le imprese occidentali sono presenti nell’ Europa dell’est da 15 anni, con ottimi risultati.
La direttiva deve essere adottata con un campo di applicazione più ampio possibile, il che significa che i servizi di interesse generale o i servizi di interesse economico generale – ed è forse venuto il momento di definire questi termini – attualmente offerti dovrebbero essere inclusi nel suo campo di applicazione immediatamente, così come la sanità, le agenzie di lavoro interinale e i giochi d’azzardo. Il principio del paese d’origine, anche se ne cambiamo il nome, dovrebbe essere lasciato stare e basta.
Voterò a favore di questa direttiva solo se determinerà una più libera circolazione dei servizi. Un compromesso inteso a irrigidire ancora di più i mercati non otterrà il mio voto.
Charlotte Cederschiöld (PPE-DE). – (SV) Signor Presidente, signor Commissario, questo è un grande passo per l’Unione europea e un piccolo passo per il libero commercio. Se sarà o meno un passo in avanti dipenderà dalla votazione di giovedì. Ci sono troppe deroghe, e il principio non deve essere indebolito eccessivamente. E’ importante per le piccole imprese, ed è particolarmente importante per i paesi piccoli. Senza valore aggiunto, il compromesso sarà inutile. La Commissione ha pertanto una particolare responsabilità nell’ambito del lavoro in atto.
Il protezionismo dell’Unione europea che si nasconde dietro alla politica sociale o alla protezione dei consumatori è irragionevole. Vorrei darvi due esempi. Chiunque voglia costruire 25 case private identiche in Germania deve presentare 25 progetti alle autorità per ottenere l’approvazione e pagare 25 volte, anche se le case sono tutte uguali. E’ ragionevole? No, è costoso per il consumatore ed è assurdo. Se un gruppo di turisti svedesi va in vacanza in Grecia accompagnato da un istruttore subacqueo, l’istruttore in questione deve parlare greco. Altrimenti non avrà il permesso di lavorare e parlare con un gruppo di svedesi in Grecia, benché nessuno nel gruppo parli una parola di greco. E’ davvero un’idiozia.
Abbiamo pertanto bisogno di regole migliori per il commercio transfrontaliero nel settore dei servizi. Possiamo migliorare questo compromesso giovedì riducendo il numero di deroghe e includendovi anche la sanità privata. Dovremmo poi portare avanti l’obiettivo dichiarato della Presidenza austriaca, ossia una direttiva servizi ambiziosa che possa contribuire ad accrescere la prosperità per noi tutti.
Maria Matsouka (PSE). – (EL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, il dibattito sui servizi nel mercato interno potrebbe essere reso proficuo, se si decidesse di concentrarlo sull’armonizzazione delle regole in materia occupazionale, con l’obiettivo di migliorarle al massimo e di assicurare la convergenza di strutture economiche e capacità tecnologiche.
Tuttavia, questa specifica proposta di direttiva, adducendo come pretesto deficit istituzionali e nuove disfunzioni, cerca di imporre una strategia che nulla ha a che vedere con gli interessi sociali, che è tesa a rafforzare ulteriormente il capitale e ad annullare le conquiste della classe lavoratrice.
I socialisti europei stanno intraprendendo una battaglia storica. Qualsiasi tentativo di trovare compromessi in vista di un testo legislativo migliore non andrà a segno dato che, se teniamo conto delle circostanze recenti, non c’è ragione di credere che possa essere realizzato un quadro normativo a favore dei lavoratori o dello sviluppo in grado di salvaguardare il modello sociale dell’Unione.
Il principio del paese d’origine è il principio che sarà alla fine applicato, poiché l’articolo 16, che costituisce l’essenza e l’arma fondamentale della direttiva, non lo emenda radicalmente e i servizi di interesse generale non sono sostanzialmente esclusi dal campo di applicazione della direttiva.
In un momento in cui si afferma che vogliamo avvicinarci ai cittadini, cercando di semplificare il diritto comunitario, siamo chiamati ad adottare un testo che contiene di gravissime ambiguità e contraddizioni, un testo che, nel tentativo di accontentare tutti, non chiarisce certamente questioni cruciali che dovranno inevitabilmente essere risolte dai tribunali.
C’è troppo poco tempo per un’ulteriore analisi tecnica, ma il punto è che il liberismo economico che permea tutto il testo non è una strada a senso unico.
Diana Wallis (ALDE). – (EN) Signor Presidente, molto è stato detto oggi, ma la mia speranza è che, qualsiasi sia la forma di compromesso che voteremo giovedì, questo compromesso possa rappresentare un passo avanti. Spero che rafforzi e porti avanti la libertà fondamentale, da sempre sancita dal Trattato, della libera prestazione di servizi, e che finalmente sia possibile concretizzare questa libertà più di quanto sia stato fatto finora. Cerchiamo tuttavia di trarre da tutto questo una lezione chiara per il futuro: una questione di tale importanza merita una preparazione approfondita e lunga, in particolare la preparazione dei cittadini europei – i cittadini che cerchiamo di rappresentare e che invece a quanto pare siamo riusciti a rendere ostili a questa proposta.
Confrontiamo la situazione a quella del 1992: gli anni della preparazione, il numero di atti legislativi, l’entusiasmo generale finale nei confronti dell’avvento del libero mercato dei beni. E mettiamolo a confronto con il metodo attuale: un’unica proposta di direttiva molto vasta letteralmente buttata sul tavolo alla fine dell’ultima legislatura. Non è così che si lavora. Spero davvero che impareremo la lezione per il futuro, che impareremo a comunicare quando si parla di Europa.
Małgorzata Handzlik (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, oggi stiamo discutendo di uno degli atti legislativi più importanti per il futuro dell’Europa che può senza dubbio introdurre una nuova dimensione per l’Unione, ma sarà pur sempre in linea con la visione originale dei padri fondatori. Le critiche espresse da alcuni oppositori di questa direttiva riguardano solo lontanamente il suo contenuto. In realtà, costituiscono un tentativo di fermare l’integrazione economica dell’Europa sulla base di quattro libertà fondamentali.
Non possiamo accettare l’ipocrisia e le richieste volte a limitare la libertà delle imprese di fornire servizi e a limitare la libertà dei consumatori di avere accesso a questi servizi, il tutto adducendo come pretesto la protezione della sovranità nazionale. E non possiamo nemmeno accettare la proposta volta a fare un altro passo indietro rispetto all’attuale situazione giuridica, e alla giurisprudenza della Corte di quest’anno, limitando il campo di applicazione della direttiva e continuando a consentire alle amministrazioni nazionali di imporre nuove barriere e di mantenere quelle esistenti in piena libertà.
Siamo anche preoccupati per il fatto che in certi Stati membri, il dibattito si è concentrato sull’idraulico polacco e sull’edile lettone o portoghese, mentre il problema più grave è costituito dalle barriere amministrative che sono davvero discriminatorie. Il mercato interno unico è ancora afflitto dalle divisioni tra la vecchia Europa e la nuova Europa. Molti Stati membri attuano pratiche discriminatorie rispetto ai prestatori di servizi provenienti da altri Stati membri. Questa tendenza si è addirittura accentuata dopo l’allargamento dell’Unione. Il risultato delle restrizioni discriminatorie che si ripercuotono sul flusso di servizi transfrontaliero è che le piccole e medie imprese perdono opportunità per svilupparsi e creare posti di lavoro.
L’Europa ha bisogno di una direttiva servizi solida con un ampio campo di applicazione, di un articolo 16 forte, così come lo devono essere anche gli articoli 24 e 25. Una direttiva di questo tipo non farebbe che eliminare le barriere amministrative e non avrebbe alcuna conseguenza sulla direttiva concernente il distacco dei lavoratori, contrariamente a quello che tutti sarebbero indotti a credere. L’Europa ha bisogno di una direttiva servizi che garantisca che le disposizioni contenute nella strategia di Lisbona non rimangano lettera morta. Se vogliamo realizzare questo obiettivo, è necessario un testo chiaro e privo di qualsiasi ambiguità.
Grazie al lavoro del Parlamento, parti del testo che erano poco chiare sono state migliorate, ma non dobbiamo creare nuove difficoltà al momento della votazione. Il senso e lo scopo originali della direttiva non devono essere sacrificati sull’altare di compromessi che sono spesso molto ampi. Il protezionismo non crea posti di lavoro. Il protezionismo è uno strumento per la difesa dei diritti dei lavoratori miope e negativo. E’ una manifestazione dell’incapacità politica delle burocrazie nazionali di fare fronte alle sfide del mondo economico e politico reale.
Proinsias De Rossa (PSE). – (EN) Signor Presidente, in primo luogo, desidero congratularmi con la relatrice, onorevole Gebhardt, con l’onorevole Van Lancker e con i loro relatori ombra degli altri gruppi per l’ottimo lavoro svolto nel tentativo di rafforzare la direttiva servizi.
E’ chiarissimo per la maggior parte dei presenti in Aula che una corsa al ribasso in qualsiasi settore non ci garantirà la fedeltà né la fiducia dei cittadini europei nel progetto europeo. Avevo sperato che il Commissario McCreevy oggi avrebbe dimostrato di aver capito il messaggio, ma purtroppo le sue osservazioni sui servizi di interesse economico generale non mi inducono a pensare che sia così.
A chi vuole votare simbolicamente contro la direttiva Bolkestein per ragioni interne, dico, va bene. Vi chiedo però di appoggiare in tal caso l’ampia maggioranza progressista in questo Parlamento che intende elaborare una direttiva “de-Bolkesteinezzata” sostenendo gli emendamenti di compromesso fondamentali che sono stati negoziati così scrupolosamente. Il Parlamento verrà meno alla sua responsabilità, se rifiuterà di adottare la direttiva emendata ora proposta, lasciando così il nostro mercato dei servizi, i nostri diritti lavorativi, i nostri diritti dei consumatori e i nostri diritti ambientali in questo settore in balia dell’incertezza di sentenze emesse caso per caso dalla Corte di giustizia delle Comunità europee che non è stata designata per legiferare – è nostro questo compito.
Infine, all’onorevole de Brún, che ora è uscita dall’Aula, vorrei dire che, se vuole evitare nel settore dei servizi una corsa al ribasso come quella vista per i traghetti irlandesi, allora avrebbe il dovere di votare a favore degli emendamenti che saranno presentati domani, come primo passo – non l’unico passo, ma un primo passo – per evitare quanto paventa.
Šarūnas Birutis (ALDE). – (LT) A mio avviso, la direttiva servizi è il più importante documento che il Parlamento europeo adotterà durante questa legislatura. Perché? Perché è un indicatore unico dei cambiamenti della mentalità europea. Vedremo se l’Europa è pronta per creare il mercato interno, pronta a liberalizzarlo e a legittimare una disposizione fondamentale dell’Unione europea. E’ un peccato che le dichiarazioni degli obiettivi di Lisbona non abbiano ancora trovato riscontro in azioni reali. La paura del cambiamento, della concorrenza, e la paura della pressione degli elettori influenzano ancora le azioni dei politici. Non c’è alcun bisogno di parlare di minacce di distruzione di un modello sociale; ai cittadini dobbiamo parlare della realtà e dei cambiamenti necessari se vogliamo che l’Europa sia competitiva. Prima o poi liberalizzeremo il mercato, ma un ritardo può essere fatale. E il welfare sociale nell’Unione europea è come acqua nei vasi comunicanti. Attualmente, il welfare sociale esiste solo nello Spazio economico europeo. In una certa qual misura i compromessi sono possibili e necessari. Credo che il principio del paese d’origine dovrebbe rimanere nella sua sostanza. Dobbiamo veramente avere fiducia gli uni negli altri.
Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Il Parlamento europeo è stato raramente sotto la luce dei riflettori come lo è oggi, nel momento in cui è sul punto di decidere le sorti di questa importante direttiva. La Commissione europea, il Consiglio, le piccole e medie imprese e i sindacati aspettano il nostro voto. E’ una conseguenza gratificante della democrazia e un riconoscimento per chi rappresenta i cittadini europei. Ma tutto questo richiede una buona dose di responsabilità. Stiamo per deliberare su una direttiva servizi che rappresenta una nuova prospettiva di vita ed un nuovo dinamismo per la strategia di Lisbona rivista.
La direttiva servizi comporterà vantaggi diretti per le piccole e medie imprese, in primo luogo semplificando e facilitando la prestazione di servizi in altri Stati membri. Una completa liberalizzazione dei servizi è particolarmente importante per i nuovi Stati membri. Sono pertanto favorevole agli articoli che prevedono che il distacco dei lavoratori sia reintegrato nella direttiva.
Desidero elogiare il lavoro del relatore ombra, onorevole Malcolm Harbour, che è riuscito, sulla base di un accordo tra i gruppi di destra e liberali, a mantenere il principio del paese d’origine, con la denominazione di “libera prestazione di servizi”, mentre gli Stati membri possono rifiutare un prestatore di servizi per ragioni di tutela sanitaria e di salvaguardia ambientale.
Ho tuttavia qualche difficoltà rispetto all’emendamento di compromesso che prevede, in particolare, la possibilità di esprimere una riserva per motivi legati alla protezione dei consumatori o alla politica sociale, poiché questo consente alle autorità del paese di destinazione di bloccare l’accesso ad un prestatore di servizi proveniente da un altro Stato membro in qualsiasi momento, negando così il principio del paese d’origine. Mi sembra che il dibattito pubblico su questa direttiva si sia concentrato troppo sulle critiche al principio del paese d’origine.
Molto poco si è scritto finora sui vantaggi concreti della direttiva, che semplifica la cooperazione amministrativa e stabilisce un unico punto di contatto o un modulo armonizzato disponibile in formato elettronico. In conclusione, desidero esprimere i miei ringraziamenti alla relatrice, onorevole Evelyne Gebhardt, per il difficile lavoro svolto nella stesura della relazione.
Ieke van den Burg (PSE). – (NL) Signor Presidente, poiché il compromesso che ci è stato presentato è nello spirito della migliore tradizione olandese che consiste nell’associare mercati liberalizzati con un ragionevole livello di protezione sociale, gode del pieno appoggio della mia delegazione. Il nostro ministro dell’Economia ha recentemente affermato che la sua preoccupazione principale era il numero eccessivo di deroghe nella direttiva. Non condivido la sua preoccupazione e vorrei spiegare perché alcune di quelle deroghe sono per me molto valide.
In primo luogo, per quanto riguarda l’esclusione della sanità e di altri settori caratterizzati da un numero troppo elevato di motivi imperativi di interesse generale, ritengo che questi settori potrebbero essere meglio disciplinati su base individuale e che sia anche necessario adottare una direttiva quadro orizzontale per i servizi di interesse generale, che definisca chiaramente i poteri delle autorità non centrali, al fine di imporre regole a questo tipo di settori per ragioni di interesse generale.
Un altro settore che desidero affrontare è quello del lavoro interinale. Come sapete, abbiamo raggiunto un fantastico compromesso proprio su questo tema qui al Parlamento quattro anni fa, un compromesso che ha ottenuto un ampio sostegno da parte nostra, ma che da allora è rimasto a lungo congelato al Consiglio. Anche per il settore del lavoro interinale, la direttiva che avevamo allora elaborato, e che aveva conseguito un equilibrio tra la protezione e l’apertura dei mercati, costituiva una base nettamente più idonea per imporre al settore una normativa europea in modo più accurato e attento, e desidero chiedere al Commissario McCreevy di rispettare il suo impegno e di elaborare una legislazione nei settori della sanità e del lavoro interinale diversa da quella contenuta in questa direttiva.
Luisa Fernanda Rudi Ubeda (PPE-DE). – (ES) Signor Presidente, signor Commissario, questa sera si è parlato molto dell’apertura del mercato dei servizi nell’Unione europea e anche della necessità di eliminare gli ostacoli alla realizzazione o l’attuazione di alcuni degli obiettivi della strategia di Lisbona. A tal fine, questa direttiva servizi non solo è uno strumento necessario ma essenziale.
Ma quali requisiti dovrebbe avere questa direttiva, questo testo, per svolgere il ruolo che abbiamo previsto? A mio avviso, dovrebbe definire criteri chiari che assicurino la certezza giuridica a tutti, sia ai consumatori che agli imprenditori e, in particolare, alle piccole e medie imprese, che costituiscono la maggioranza – circa l’80-90 per cento – del tessuto economico dell’Unione europea. E inoltre, questo testo – che dovrebbe garantire la certezza giuridica ed essere, ripeto, chiaro – deve essere applicato a tutti i paesi dell’Unione europea.
Devo dire che, a mio parere, il testo approvato in seno alla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori soddisfa questi requisiti. Devo tuttavia aggiungere che, in questa fase, nutro qualche dubbio sul fatto che i testi di compromesso che sono stati messi a punto siano in grado di soddisfare i requisiti di chiarezza e certezza giuridica.
Infine, signor Presidente, desidero esprimere una breve osservazione. Questa sera, alcuni hanno cercato di contrapporre tra di loro due modelli per l’Europa. Coloro che affermano di difendere il modello sociale europeo – e che si ergono a suoi unici difensori – vogliono contrapporre la loro posizione a quella di chi, tra di noi, sostiene che concorrenza e competitività sono necessarie.
Vorrei dire che la politica sociale migliore è quella che genera crescita economica e che crea posti di lavoro. Vorrei ricordare che l’unico possibile rischio per il modello sociale europeo è un’Unione europea senza crescita economica, prigioniera di vecchi pregiudizi e incapace di competere con altre economie, infatti, se non cresciamo, sarà impossibile mantenere la nostra politica sociale.
Dariusz Rosati (PSE). – (PL) Signor Presidente, l’Unione europea è fondata su quattro libertà fondamentali: le libertà di circolazione di beni, capitali, lavoratori e servizi. Questi pilastri della Comunità europea sono stati stabiliti nel lontano 1958 perché anche allora era già chiaro che erano la conditio sine qua non per una vera integrazione europea.
Sono trascorsi molti decenni, ma la libera circolazione dei servizi nell’Unione europea non c’è ancora. Il motivo principale è la debolezza della classe politica. Ai politici è mancata la capacità o la volontà di spiegare ai cittadini che la libera prestazione di servizi genera nuovi posti di lavoro e una più rapida crescita economica. Invece di chiarire il significato dell’allargamento dell’Unione europea e di mettere in rilievo l’opportunità offerta dalla concorrenza, i politici hanno scelto di allarmare gli elettori con gli spettri del dumping sociale, la cosiddetta direttiva Frankenstein e il famigerato idraulico polacco.
Questo è il contesto nel quale si situa il dibattito odierno sulla direttiva servizi qui al Parlamento. L’adozione della direttiva renderà la vita più facile ai consumatori e agli imprenditori, accelererà la crescita economica e creerà 600 000 nuovi posti di lavoro in Europa. Purtroppo, la direttiva subisce attacchi sempre più violenti da parte di chi ha convinzioni populistiche e protezionistiche. Abbiamo ripetutamente sentito dire che la liberalizzazione del mercato dei servizi porterà con sé dumping sociale e condizioni di lavoro più precarie, ma queste opinioni sono del tutto infondate.
Un compromesso è tuttavia ancora possibile. Desidero ricordare al Parlamento che tutte le questioni relative all’occupazione e al diritto del lavoro sono state escluse dal campo di applicazione della direttiva, cosa che dovrebbe acquietare i timori espressi dai sindacati. Anche i servizi di interesse pubblico sono stati esclusi. Credo che questo possa garantire un equilibrio tra la necessità di assicurare la competitività e la necessità di proteggere i diritti dei lavoratori. Rivolgo pertanto un appello al Parlamento europeo perché adotti la direttiva nella sua forma attuale. Consentirà di rafforzare la concorrenza e di aprire i mercati del lavoro. Renderà inoltre la vita più facile ai consumatori e alle imprese.
Alexander Stubb (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, ho due brutte notizie, due buone e una raccomandazione. La prima brutta notizia è che sono piuttosto intristito dall’atmosfera dell’attuale dibattito in Europa. E’ un’atmosfera fatta di protezionismo, nazionalismo, pseudorazzismo e xenofobia. In quanto filoeuropeo e federalista, ritengo che il protezionismo sia antieuropeo.
La seconda brutta notizia riguarda la Commissione. Sono un grande sostenitore della Commissione. La sostengo sempre. Commissario McCreevy, abbia fiducia in me: non mi faccia chiedere dal suo ufficio di indebolire la direttiva servizi. Il suo compito è quello di difendere la direttiva servizi, non di difendere il protezionismo. Il suo ufficio voleva trasformarla non nella libertà di fornire servizi, ma nella libertà di ostacolare i servizi. Che sia l’ultima volta!
La prima buona notizia è che credo che domani ci sarà un compromesso. Credo che faremo passi avanti. Abbiamo bisogno di questa direttiva. La seconda buona notizia è che potremmo ottenere una più ampia maggioranza al Parlamento europeo. Spero che la Presidenza austriaca possa ottenere un’ampia maggioranza al Consiglio.
La mia ultima osservazione è una raccomandazione: la mia modesta raccomandazione è quella di approvare il compromesso sull’articolo 16 raggiunto dai gruppi PSE e PPE-DE nella sua forma attuale, a condizione che nella direttiva ci siano tre cose: sanità, agenzie di lavoro interinale, distacco dei lavoratori. Sono punti essenziali.
Credo che il dibattito si sia sviluppato in modo poco equo. Lo vediamo come uno scontro tra vecchi e nuovi Stati membri. Ma non è così. Riguarda il protezionismo e i mercati liberisti. Ho paura che alcuni di noi stiano perdendo di vista questo aspetto.
Manuel Medina Ortega (PSE). – (ES) Signor Presidente, credo che l’onorevole Wallis abbia colto nel segno quando ha detto che il lavoro della Commissione su questo tema è stato molto insoddisfacente. Alla fine della legislatura, ci ha improvvisamente messi di fronte ad un atto legislativo equivalente all’intero pacchetto che Delors aveva preparato per la liberalizzazione delle merci tra il 1988 e il 1992.
Inoltre, questa proposta di direttiva della Commissione non affronta nemmeno la questione della liberalizzazione dei servizi, in quanto il suo tema centrale è la liberalizzazione del mercato del lavoro. Questo significa che l’articolo 16, relativo al principio del paese d’origine, non liberalizzerà i servizi; tale articolo è inteso a liberalizzare il mercato del lavoro, in quanto certe concessioni fatte dall’allora Commissario vanno in senso contrario rispetto alla protezione sociale, alla protezione dell’ambiente e alla protezione dei consumatori.
Questo Parlamento ha pertanto avuto grosse difficoltà: sono stati necessari due anni di lavoro. La relatrice principale, onorevole Gebhardt, si è impegnata moltissimo, così come i relatori ombra, compresa l’onorevole Van Lancker. Ritengo tuttavia che il Parlamento stia ora per presentare una vera direttiva sulla liberalizzazione dei servizi che non deve essere confusa con il tema del lavoro che sta suscitando così tante discussioni.
La direttiva servizi proposta, che immagino sarà approvata giovedì, a seguito dell’accordo tra i due gruppi politici principali, consentirà la liberalizzazione dei servizi, secondo le normali procedure. Dobbiamo ricordare che ci sono già settori in cui i servizi sono stati liberalizzati: i settori dei trasporti, delle comunicazioni, delle trasmissioni audiovisive e delle attività professionali. Dobbiamo procedere in questa direzione.
Se questa direttiva sarà approvata dal Consiglio – e, come ha detto l’onorevole Stubb, spero che la Commissione approvi le proposte del Parlamento – consentirà la liberalizzazione dei servizi.
Inoltre, uno degli emendamenti presentati invita la Commissione, d’accordo con le parti sociali, a presentare proposte concrete per la liberalizzazione dei servizi entro cinque anni. Se la Commissione approverà gli emendamenti del Parlamento, il Consiglio potrebbe accettarla e potremmo assistere all’inizio di una vera e propria liberalizzazione dei servizi.
Konstantinos Hatzidakis (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, avevo personalmente molte riserve sul testo iniziale presentato due anni fa dalla Commissione europea. Tuttavia, qualsiasi riserva di allora non ha più molta importanza, poiché questo testo è stato radicalmente modificato dalla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori del Parlamento europeo e immagino che sarà emendato ancora di più dalla plenaria di dopodomani.
La Commissione ha presentato inizialmente un testo con molte esagerazioni e molti elementi che mancavano completamente l’obiettivo e, in questo modo, non ha reso giustizia all’idea del completamento del mercato interno nell’Unione europea. In altri termini, non ha cercato di superare nel modo migliore gli ostacoli amministrativi e legislativi per facilitare gli investimenti nel settore. Un obiettivo di per sé corretto è stato screditato dalla politica, in particolare dalla politica nel settore delle comunicazioni, della Commissione europea. Questo ha provocato reazioni da parte di vari gruppi sociali, mentre l’OCSE sostiene che un’apertura razionale dei servizi negli Stati membri potrebbe creare 2 500 000 nuovi posti di lavoro e potrebbe conseguentemente aumentare il PIL europeo dell’1,8 per cento. La commissione per il mercato interno è intervenuta in misura sostanziale sia a livello di campo di applicazione della direttiva che a livello di diritti dei lavoratori e credo che gli emendamenti presentati dal gruppo socialista al Parlamento europeo e dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei migliorino ulteriormente il testo della direttiva, affrontino certi problemi relativi al paese d’origine e creino le premesse per un ampio consenso sociale e parlamentare.
L’obiettivo della maggioranza degli eurodeputati, di tutti gli Stati membri e dei sindacati europei non è quello di respingere qualsiasi forma di direttiva sui servizi, ma quello di avere una direttiva sui servizi migliore e credo che, tutto sommato, riusciremo a realizzarlo.
Bernadette Vergnaud (PSE). – (FR) Signor Presidente, Commissario Barroso, onorevoli colleghi, desidero innanzi tutto esprimere la mia gratitudine per il lavoro della nostra relatrice, onorevole Gebhardt, che in realtà ha riscritto completamente il testo.
Come dobbiamo spiegarle, Commissario Barroso, che i cittadini europei non vogliono più saperne di questa Europa del dumping sociale? Forse nella lingua del paese d’origine? Malgrado progressi importanti, come il mantenimento della direttiva sul distacco dei lavoratori e l’esclusione della sanità e dei servizi di interesse generale, deploro il fatto che i servizi di interesse economico generale e i servizi sociali non siano ancora stati esclusi. Mi rifiuto di accettare che questi compiti che rientrano nel servizio pubblico siano assoggettati alle regole del mercato.
Analogamente, sarebbe molto utile escludere il diritto del lavoro dall’articolo 2, per non generare un pericoloso contenzioso. Anche se, alla fine, il principio del paese d’origine non è più citato, il compromesso proposto trasferirà le competenze effettive del legislatore al giudice comunitario che determinerà l’orientamento della politica sociale europea. Sarebbe preferibile applicare il principio del paese di destinazione all’esercizio delle attività di servizio e il principio del paese d’origine unicamente al diritto di accesso.
In merito a chi ha asserito, ingiustamente, che votare contro il progetto di Costituzione europea sarebbe stato come firmare la condanna a morte della direttiva Bolkestein, l’attualità dimostra che, al contrario, questa direttiva è ancora viva e vegeta e che occorrono da parte nostra molta attenzione e una lotta costante.
Stefano Zappalà (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ancora una volta affrontiamo un tema importante per la vera realizzazione del mercato interno.
Sono stato relatore sulla direttiva relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, sulla quale sono stati presentati circa ottocento emendamenti, nonché sulla direttiva relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, sulla quale sono stati presentati circa seicento emendamenti. In entrambe le circostanze ho lavorato con i colleghi Harbour e Gebhardt, come pure con tanti altri. I risultati ottenuti sono stati condivisi al punto che lo scorso maggio il voto è stato favorevole all’unanimità sia in Parlamento che in Consiglio, con la sola astensione di due Stati membri. Desidero nuovamente ringraziare entrambi i colleghi.
I principi delle due direttive sono analoghi ai principi che devono animare la direttiva sui servizi e le finalità sono le stesse. Purtroppo, la proposta della Commissione Prodi non ha colto né i motivi né i contenuti per i quali questo Parlamento ha dovuto riscrivere le due direttive, così come oggi siamo stati costretti a riscrivere anche la direttiva in esame.
Noi tutti vogliamo l’apertura dei mercati anche al lavoro, oltre che alle merci e al denaro, ma riteniamo che ciò vada fatto ancora una volta armonizzando tra loro i sistemi nazionali e non stravolgendo tutto. La clausola di revisione a non oltre cinque anni consente passaggi graduali.
Noi vogliamo questa direttiva senza traumi e scontri ideologici, per cui auspichiamo un approccio cauto con soluzioni di buon senso politico. La commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori ha già espresso una posizione che io condivido e, per l’esperienza personale acquisita in questa materia, non apprezzo chi, anziché cercare un compromesso, vuole bocciare l’ipotesi negando in tal modo i Trattati. Apprezzo invece i compromessi raggiunti e spero che anche questa direttiva goda di una larga maggioranza. Infine, desidero ringraziare ancora una volta la collega Gebhardt per il lavoro svolto.
Joel Hasse Ferreira (PSE). – (PT) Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo è un dibattito cruciale per il futuro dell’Europa, che si ripercuote nelle sfere economica, sociale e politica. La soluzione di compromesso raggiunta tra i gruppi politici principali mi sembra equilibrata.
E’ fondamentale che siano eliminati l’applicazione del principio del paese d’origine, il lavoro interinale nel settore della sanità e di altri settori sociali, i servizi di interesse generale e le lotterie. E’ anche fondamentale che i criteri relativi ai servizi di interesse generale siano resi assolutamente chiari, eliminati completamente o definiti a livello di ogni singolo Stato membro. Desidero naturalmente sottolineare quanto sia importante non interferire con la direttiva sul distacco dei lavoratori, come del resto previsto dal presente compromesso.
Onorevoli colleghi, mentre è necessario portare avanti con determinazione la costruzione del mercato interno, è altrettanto importante garantire la concorrenza leale in tutti gli Stati membri, non fomentando l’ineguaglianza sociale, e certamente non creando distorsioni sui mercati del lavoro o smantellando le relazioni sindacali, ma riducendo la burocrazia e abbattendo le barriere tecniche ingiustificate.
Sebbene il processo relativo alla creazione del mercato interno nel settore dei servizi sia molto importante per lo sviluppo economico dell’Europa, devono comunque essere rispettate le regole che garantiscono la coesione sociale europea. Se questo non è stato possibile con la versione iniziale della direttiva, ora possiamo, in quanto deputati di questo Parlamento, adottare un testo in grado di dare un contributo equilibrato e lucido alla creazione di un vero e proprio mercato europeo dei servizi che allo stesso tempo possa garantire la coesione sociale.
A tale fine, sono fondamentali chiarezza e coraggio.
José Manuel García-Margallo y Marfil (PPE-DE). – (ES) Signor Presidente, desidero iniziare precisando che voterò a favore del compromesso, che preferisco di gran lunga il compromesso alla direttiva originale, e che mi concentrerò su un unico problema: il rimborso dei costi generati da un cittadino di uno Stato membro per servizi ricevuti in un altro Stato membro.
Se il Presidente mi permette di utilizzare il metodo dei casi studio, mi servirò dell’esempio della Comunità valenciana, anche se potrei prendere come riferimento qualsiasi altra regione, per esempio una regione italiana.
In questa regione accogliamo ogni giorno sempre più turisti, ogni giorno aumenta il numero di cittadini europei che acquistano qui una seconda casa; ogni giorno aumenta il numero di cittadini che vogliono essere curati nella nostra Comunità valenciana, esclusivamente per la qualità dei suoi servizi medici. Questa pressione costituisce una minaccia per i servizi sanitari. Per noi è difficile sostenere questa pressione finanziaria.
In numerose occasioni, la Corte di giustizia ha riconosciuto che, a norma degli articoli 49 e 50 del Trattato CE e dei relativi regolamenti attuativi, lo Stato membro che fornisce i servizi ha il diritto di essere rimborsato dallo Stato in cui è assicurato il cittadino che viene curato. Nella pratica però questo diritto non è rispettato e si riduce ad una mera dichiarazione retorica.
La Commissione ha ritenuto che questa direttiva fosse un valido strumento per concretizzare tale diritto e la sua posizione è sancita dall’articolo 23. Attualmente, non so quale sia la situazione dell’articolo 23 o degli emendamenti volti ad eliminarlo. Desidero semplicemente sottolineare che auspico che questo articolo sia mantenuto come redatto dalla Commissione. Chiedo al Commissario di non limitarsi a fare una dichiarazione formale promettendo ancora una volta che il problema sarà risolto. Vogliamo che questo articolo sia approvato nella sua forma attuale ed io voterò in tal senso.
Mia De Vits (PSE). – (NL) Signor Presidente, c’è chi pensa che abbiamo fornito informazioni ingannevoli sulla direttiva. Oggi, sono lieta che, con gli emendamenti, sia stato possibile apportare cambiamenti radicali alla direttiva Bolkestein. Mi chiedo tuttavia se il documento emendato garantisca la certezza giuridica. Come molti altri colleghi, temo che non sia così.
Commissario McCreevy, lei potrebbe convincerci se oggi ci dicesse che è meglio escludere dalla direttiva i servizi di interesse economico generale, ma ha dichiarato il contrario. Non ha pronunciato nemmeno una parola su una direttiva quadro sui servizi di interesse generale.
In conclusione, nel nostro verdetto finale, terremo conto del fatto che la direttiva che ci è stata presentata è tutto fuorché armonizzata – anzi è proprio il contrario. E’ stato deciso di optare per una regolamentazione sulla base delle differenze tra i 25 Stati membri, e non ritengo che sia questo il modo migliore per affrontare l’integrazione dei mercati.
József Szájer (PPE-DE). – (HU) Alcuni affermano che una direttiva indebolita è meglio di niente. Tuttavia non è vero, poiché c’è un limite oltre al quale non facilitiamo la libera prestazione di servizi, ma creiamo ulteriori ostacoli alla sua realizzazione. Purtroppo, alcuni emendamenti presentati la scorsa settimana vanno proprio in tale senso. Se votiamo a loro favore, distruggeremo l’essenza stessa di questa proposta.
Abbiamo molto da perdere, perché negli ultimi decenni, la Corte di giustizia ha ripetutamente protetto i diritti dei prestatori di servizi dai tentativi di restrizione compiuti dagli Stati membri. Se ora accettiamo una direttiva piena di nuovi ostacoli che sono in contrasto con lo spirito e la lettera dei Trattati dell’Unione europea, non possiamo sperare che l’agenda di Lisbona, tesa a creare nuovi posti di lavoro e una nuova crescita per l’Europa, possa avere successo, poiché introdurremmo restrizioni sul mercato per altri 30 anni.
I nuovi Stati membri hanno già aperto i loro mercati dei capitali e dei beni alcuni anni fa. E non è stata una decisione facile. Anche noi avremmo potuto dire che le nostre economie erano troppo deboli e non mature per la concorrenza. Per questo, molti di noi, eurodeputati dei nuovi Stati membri, siamo sconcertati nel vedere che ora, mentre dovremmo aprire insieme il mercato dei servizi, molti vecchi Stati membri con un’economia forte, esitano ancora.
Onorevoli colleghi, ora tocca a voi. Volete sostenere una delle quattro libertà fondamentali dell’Unione europea o no? Una direttiva servizi forte sarebbe vantaggiosa per le piccole e medie imprese, per i vecchi e i nuovi Stati membri, e per tutti i cittadini europei. Onorevoli colleghi, eliminiamo dal progetto tutte le forme di restrizione di un mercato dei servizi libero! Noi ungheresi possiamo appoggiare soltanto una direttiva che non si limiti a mantenere solo nominalmente il principio della libera prestazione dei servizi sancito dal Trattato di Roma.
Pier Antonio Panzeri (PSE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, la direttiva di cui stiamo discutendo sarà senza dubbio ricordata visto il suo percorso tortuoso e difficile.
Fin dalle sue origini, la direttiva ha ricevuto aperte e forti critiche. Non a caso, ancora oggi, una grande manifestazione del sindacato europeo ha indicato con forza la necessità, per il mondo del lavoro europeo, che l’Europa sia dotata di una direttiva sui servizi che, nel completare il mercato interno, non pregiudichi la coesione sociale. In Parlamento abbiamo lavorato lungo questa linea, con l’obiettivo di contribuire allo sviluppo e alla crescita europea in un settore importante come quello dei servizi, senza mai perdere di vista la dimensione sociale che l’Europa deve avere e l’esigenza di non rimandare ad un tempo indistinto il processo di armonizzazione.
Le modifiche apportate e il compromesso raggiunto rispondono in buona parte alle questioni poste e alle rivendicazioni avanzate, sia per quanto riguarda il diritto del lavoro sia per quanto concerne il cosiddetto principio del paese d’origine. Permangono tuttavia alcuni problemi da risolvere, fra i quali i servizi di interesse economico generale, che mi auguro trovino una soluzione nella votazione finale sulla base degli emendamenti presentati.
In definitiva penso che fino ad oggi sia stato fatto un buon lavoro, anche grazie alla collega Gebhardt. Noi non ci siamo sottratti al confronto sul merito, ma anzi abbiamo contribuito all’identificazione di alcune soluzioni possibili e intendiamo essere in campo anche dopo il voto in prima lettura.
Thomas Mann (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, dopo i contatti con gli addetti e i dirigenti di due dozzine di piccole e medie imprese, soltanto nell’Assia, come pure con i rappresentanti sindacali e padronali, onestamente disperavo che fosse possibile arrivare a una direttiva “servizi” accettabile. Dopo l’approccio unilaterale di Bolkestein, il compromesso cui si è ora addivenuti segna il giusto equilibrio tra l’abbattimento degli ostacoli e delle barriere nazionali nel mercato interno e la necessaria coesione sociale. I servizi d’interesse economico generale non dovrebbero essere liberalizzati né dovrebbero essere privatizzate le imprese pubbliche. Nemmeno sarà limitata la legislazione in materia di concorrenza e aiuti di Stato. I timori di un dumping sociale e salariale non sono più giustificati.
Il nuovo principio della libera circolazione dei servizi prevede che i paesi nei quali i servizi sono prestati possano insistere affinché siano rispettate le normative nazionali e sia effettuato un controllo in questo senso. Lo scopo è garantire il mantenimento della sicurezza pubblica e dell’ordine, nonché la protezione dell’ambiente e della salute pubblica. Nel contesto della procedura di cooperazione rafforzata, la commissione per l’occupazione e gli affari sociali ha fornito ulteriori impulsi, è ciò è apprezzabile. Riteniamo che sia importante non mettere a rischio la sicurezza del lavoro e che siano rispettati gli accordi vigenti in virtù di contratti collettivi.
La direttiva sul distacco dei lavoratori ha la precedenza, perciò è possibile proteggere il settore dell’edilizia e altri settori sensibili negli Stati membri, ed è altrettanto possibile mantenere retribuzioni minime. Al fine di impedire alle imprese di notificare soltanto una casella postale in un altro Stato membro dell’UE, è stata adottata una decisione favorevole ai consumatori: una filiale è riconosciuta soltanto se si può dimostrare che dispone di un’infrastruttura adeguata e di una presenza permanente.
Molti degli slogan dei manifestanti di oggi non erano aggiornati. La protesta pubblica è giustificata, ma è credibile se il suo contenuto corrisponde ai fatti. L’opinione pubblica, la Commissione e il Consiglio attendono la delibera di questo Parlamento e ovunque si percepisce quanto conti realmente il Parlamento europeo. Il compromesso tra i gruppi indica la strada giusta. Il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici europei) e dei Democratici cristiani pertanto si è attenuto con coerenza alla propria posizione di base, nel senso di conferire nuovo dinamismo al mercato interno – all’insegna di Lisbona – e di difendere gli standard sociali.
Lasse Lehtinen (PSE). – (FI) Signor Presidente è meglio accettare il compromesso proposto piuttosto che bocciarlo. In ogni caso questo è il punto di partenza per un mercato del lavoro unico e funzionante.
In qualità di legislatori dobbiamo aspirare all’accuratezza e alla precisione. Ogni paragrafo vago in una direttiva è una causa potenziale dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee. Alla lettura della proposta si ha la sensazione che quanto maggiore è il livello di istruzione e qualificazione, tanto più probabile è l’esclusione dal campo di applicazione della direttiva e la protezione da una concorrenza genuina.
L’Europa ha bisogno della crescita economica. La crescita si ottiene aumentando il lavoro o la produzione. Non riusciremo a contrastare il dumping sociale impedendo la mobilità delle persone, ma piuttosto creando un sistema transfrontaliero nel quale chiunque commissioni dei servizi abbia la responsabilità di rispettare i termini e le condizioni della prestazione. Come si può pensare di competere con la Cina o l’India se non siamo in grado di abbattere le troppe barriere alla concorrenza nella nostra Unione europea?
Boguslaw Sonik (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, l’Unione europea è alla ricerca permanente di stimoli per lo sviluppo, per contribuire a creare un’Unione capace di essere all’altezza delle sfide del terzo millennio. Secondo i presupposti, la direttiva in esame avrebbe dovuto rafforzare l’Unione europea a livello globale e metterla in condizione di competere con altre economie in tutto il mondo. A quanto pare si è trascurato che ormai siamo una Comunità di venticinque paesi e non più di quindici. I deputati di questo Parlamento sono sempre di più dell’opinione che sono i nuovi Stati membri a fare concorrenza all’Unione, non la Cina o gli Stati Uniti.
Si direbbe che l’Unione europea abbia paura di se stessa. I vecchi Stati membri che hanno fatto quadrato contro la direttiva hanno causato una recrudescenza del gergo combattivo. La divisione tra Unione vecchia e nuova si sta facendo ancora più pronunciata. Ancora una volta si fa la divisione tra Stati membri migliori e peggiori. I paesi ricchi sostengono una politica miope, basata sulla paura, non su indicazioni razionali. Paradossalmente i paesi ricchi, che fino ad oggi si presentavano come i più forti sostenitori dell’integrazione, sono quelli che resistono alla piena applicazione delle disposizioni dei Trattati. Stanno diffondendo l’allarme agitando lo spauracchio del dumping sociale da parte dei nuovi Stati membri e facendo riferimento a possibili minacce al modello sociale europeo.
Credo che i nuovi Stati membri ce la faranno. La crescita economica nella zona euro è praticamente nulla e l’economia si sviluppa lentamente. La resistenza all’apertura del mercato dei servizi comporta pienamente il rischio di rinunciare a uno slancio fondamentale che accelererebbe la crescita economica dell’Unione e creerebbe nuovi posti di lavoro. Fino ad oggi, i nuovi Stati membri sono stati descritti come lamentosi. Nell’Europa a due velocità che sta emergendo, però, devono comunque trovare il modo di rispondere rapidamente alle coalizioni tattiche contro di loro che emergono con sempre maggiore frequenza.
Il progetto originario di direttiva rappresentava una nuova opportunità per l’Unione europea a 25 Stati membri. La sua versione attuale, con lo stralcio degli articoli che vietano la discriminazione contro le aziende che prestano servizi all’estero e del principio del paese d’origine, sta perdendo gradualmente significato e trasparenza.
Joseph Muscat (PSE). – (EN) Signor Presidente, vengo da un nuovo Stato membro. Sono a favore del compromesso: una scelta diversa sarebbe socialmente e politicamente miope. Il modo in cui la maggioranza del Parlamento sembra aver trovato una convergenza per ripensare radicalmente la direttiva “servizi” dimostra l’importanza di questa Istituzione. Stiamo trasformando una proposta che avrebbe potuto produrre effetti disastrosi sulle nostre società, in special modo le più bisognose, in qualcosa di molto più ragionevole. Non siamo ancora pienamente soddisfatti: vogliamo che i servizi pubblici siano chiaramente esclusi e vogliamo garanzie più chiare in altri settori. Tuttavia dobbiamo ammettere che questo atto legislativo è diventato molto più realistico. Rinnoviamo il nostro consenso sul principio della libera circolazione dei servizi e la stiamo agevolando, ma concordiamo che i diritti sociali vengono al primo posto. Dopo la bocciatura della direttiva sui servizi portuali, per la seconda volta in un periodo di tempo relativamente breve, stiamo dando prova del nostro impegno nei confronti di un’Europa sociale. Credo che l’onorevole Whitehead sarebbe stato orgoglioso della relatrice Gebhardt e di tutti noi.
Astrid Lulling (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, al punto in cui siamo stasera so che non è politicamente corretto opporsi a un compromesso penosamente elaborato dai dirigenti di due gruppi politici. Ogni artefice di questo compromesso canta vittoria, il che mi mette a disagio perché non mi piace essere presa in giro.
I miei colleghi mi giurano che il principio del paese d’origine è implicito nel testo di compromesso. Il gruppo socialista si vanta di averlo stroncato sul nascere.
Per conto mio, come per altri, il principio del paese d’origine e la storia dell’integrazione europea sono intimamente legati. Rifiutare tale legame per dogmatismo è andare contro ciò che stiamo pazientemente costruendo, equivale ad affermare il principio del sospetto generalizzato.
Certo, questo principio non potrebbe ergersi su tutti gli altri, perché l’abbiamo inquadrato e controllato.
Abbiamo precisato che la legislazione del paese di destinazione si applica a tutti gli aspetti relativi alla sfera sociale. Continuare a parlare di attentato alle conquiste sociali è dunque estremamente fuorviante.
Ci viene detto che non bisogna confondere servizi commerciali e servizi non commerciali. Anche su questo punto si era fatta confusione e si è finito per edulcorare la direttiva, a tal punto che oramai prevede così tante deroghe che sarebbe meglio definire a cosa effettivamente si applica invece del contrario.
Alla fin fine, le norme del paese di destinazione relative al distacco dei lavoratori non sono mai state oggetto di contestazioni. Cosa si vuole di più? Ritornare all’acquis del Trattato di Roma?
Il compromesso sull’articolo 16 conferma appena tali principi acquisiti: è tutt’altro che un progresso! A queste condizioni, per me, piuttosto che smontare una direttiva, pezzo per pezzo, fino a quando non rimane più nulla, sarebbe sempre meglio attenersi alla versione della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori.
Signor Presidente, non sono disposta a ingoiare un rospo dopo l’altro per arrivare a una soluzione che, con il pretesto di preservare gli standard sociali, difende invece il protezionismo e voterò di conseguenza.
Vladimír Maňka (PSE). – (SK) Un’ora fa quest’Aula ha sentito che soltanto i sindacalisti dei vecchi Stati membri stanno manifestando a Strasburgo contro la direttiva. In realtà sono stati raggiunti anche dai colleghi dei nuovi Stati membri, e chi li ha ascoltati con attenzione si è reso conto che non erano affatto contrari alla direttiva.
Onorevoli colleghi, ricorderete perfettamente che di recente abbiamo respinto a larga maggioranza una proposta concordata dal Consiglio, quando ha approvato le prospettive finanziarie per il 2007-2013. Allora la nostra preferenza era andata agli interessi europei, al di sopra degli interessi particolari. Siamo stati capaci di unirci nell’interesse dell’intera Unione europea. Mi sono sentito orgoglioso della resistenza che abbiamo opposto ai tentativi di influenzarci e del fatto che siamo riusciti a trovare un accordo in seno al Parlamento europeo.
Un compromesso è importantissimo per un documento fondamentale come la direttiva “servizi”. Credo che la relatrice abbia svolto un ottimo lavoro. A mio modo di vedere abbiamo raggiunto una serie di compromessi accettabili. Pertanto credo che dovremmo votare a favore di questa situazione equilibrata a sostegno dell’Europa, che offre la migliore soluzione sia per i vecchi sia per i nuovi Stati membri.
Gunnar Hökmark (PPE-DE). – (SV) Signor Presidente, alla luce del dibattito in plenaria, a ragion veduta si deve ricordare perché abbiamo bisogno di una direttiva “servizi” e perché stiamo lavorando per ottenere un mercato dei servizi più aperto. Il motivo è che siamo tutti sostanzialmente d’accordo che un mercato dei servizi più forte creerà più occupazione, aumenterà le nuove imprese, la crescita e la competitività. Dal dibattito in quest’Aula, tuttavia, parrebbe che molti lo abbiano dimenticato. Il libero commercio dei servizi è un fatto positivo, non negativo. Purtroppo gli oppositori della direttiva sono riusciti a smembrarla, con il risultato che avremo meno competitività di quella che avremmo invece potuto ottenere. Ciò significa meno posti di lavoro e meno nuove aziende. Non è questo che gli Europei si aspettano.
Insieme con altri conservatori intendo sostenere il compromesso, non perché sia quello che auspichiamo, ma perché segna un passo nella giusta direzione. Tuttavia desidero sottolineare che a mio parere la situazione in cui ci troviamo non va descritta come un conflitto tra est e ovest e tra nuovi e vecchi Stati membri. Piuttosto si tratta di una divisione tra chi vuole che il mercato dei servizi produca maggiore integrazione e cooperazione europea, che le frontiere siano più aperte e che si crei nuova occupazione e chi la pensa diversamente.
Ci adopereremo perché l’assistenza sanitaria privata sia inclusa nella direttiva, perché la direttiva sul distacco dei lavoratori sia aperta a tutti in modo chiaro e univoco e perché si prevenga qualsivoglia discriminazione nei confronti del popolo di qualunque paese. Ci sforzeremo anche per consentire che le agenzie temporanee siano incluse nel campo di applicazione della direttiva. Rivolgo alla Commissione la seguente osservazione: questo è un primo passo, e la Commissione ha la responsabilità di garantire che si compiano ulteriori passi nella direzione indicata dal Trattato.
Amalia Sartori (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, anch’io intervengo per spiegare i motivi per i quali, unitamente alla mia delegazione, voterò a favore di questa direttiva. Siamo infatti convinti che essa rappresenti l’inizio di un cammino e un passo avanti nel rafforzamento dell’idea di realizzare il completamento del mercato interno.
Da questo punto di vista si tratta di un voto convinto. Tuttavia, vorrei fare una considerazione su quanto è avvenuto nell’ultimo anno e mezzo, e soprattutto nelle ultime settimane, in seno ai gruppi politici, nonché oggi pomeriggio e questa sera all’interno di quest’Aula. Ciò dimostra – e vorrei che fosse molto chiaro – che esiste effettivamente una differenza all’interno dei 25 Stati membri. Si tratta della differenza tra coloro i quali ritengono che si possano ottenere crescita e sviluppo scommettendo e rischiando sul nuovo, sull’innovazione, sulla flessibilità, sulla possibilità di lavorare in un mercato più libero e più aperto e, soprattutto, in un mercato di quasi 500 milioni di cittadini, e coloro i quali ritengono invece che le conquiste realizzate finora si possano meglio difendere richiudendosi al proprio interno.
E’ stato questo il vero scontro. Per tale motivo auspico che, con la conclusione di questo dibattito, finisca anche il ragionamento basato sulla divisione fra vecchi e nuovi paesi, perché questa divisione non c’è stata. C’è stata invece un’altra divisione, che ha portato a una direttiva che, a mio parere, rappresenta soltanto un primo passo. Ciononostante la voterò con convinzione, poiché ritengo che anche un piccolo passo avanti sia comunque importante.
Simon Busuttil (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, è alquanto ironico che si discuta della direttiva “servizi” il giorno di S. Valentino, perché per la direttiva “servizi”, ma certamente anche per il Commissario Bolkestein, si tratta sicuramente di un caso di amore non corrisposto.
Il mese scorso abbiamo bocciato a stragrande maggioranza la direttiva sui servizi portuali e questa volta avremmo potuto fare quasi lo stesso, se non fosse che la proposta della Commissione sarà trasformata dal Parlamento in un compromesso, forse non il migliore in assoluto, ma un compromesso comunque fattibile e che, fatto cruciale, trova un equilibrio tra l’obiettivo dell’apertura del mercato dei servizi e la nostra intenzione di affrontare i timori sociali che sono giustificati. Sottolineo “timori giustificati”, perché sappiamo tutti ormai che la proposta è stata bersaglio di allarmismi. Per me che appartengo a un nuovo Stato membro questo atteggiamento allarmistico è un déjà vu. Nel mio paese gli oppositori dell’adesione all’Unione europea erano soliti paventare scenari da incubo dicendo che i lavoratori stranieri ci avrebbero invaso e rubato i posti di lavoro. Le stesse Cassandre hanno provato lo stesso trucco nei vecchi Stati membri, ma ora sappiamo che questi scenari disfattisti non erano affatto veri: non si sono materializzati, né si realizzeranno con la direttiva “servizi”.
L’apertura del mercato dei servizi è una buona cosa e dovremmo affermarlo a chiare lettere. E’ una buona cosa per le imprese, particolarmente le PMI, e per i posti di lavoro. Abbiamo un compromesso ragionevole. Secondo me è il caso di approvarlo.
Ivo Strejček (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, è ormai molto tardi stasera per una discussione così seria e il Commissario deve essere stanco. Vorrei soltanto formulare qualche osservazione che potrebbe vivacizzare la discussione o magari affaticarla ancora di più, signor Commissario!
All’inizio del dibattito odierno ho pensato che potesse trattarsi semplicemente di uno scontro ideologico tra protezionismo e tentativo di liberalizzare il mercato dei servizi. Ammetto di essermi illuso. Purtroppo la faccenda è assai più seria: il confronto sulla direttiva stemperata sta cominciando ad assumere i toni di uno scontro tra nuovo e vecchio.
Siamo soliti ascoltare speculazioni senza fine sul perché i cittadini negli Stati membri non comprendono le nuove, coraggiose idee europee. Perché dovrebbero? Sono un deputato al Parlamento europeo che rappresenta la Repubblica ceca e difende gli interessi del popolo ceco. La Repubblica ceca ha liberalizzato totalmente l’accesso al suo mercato all’inizio degli anni Novanta. Molte imprese tradizionali ma inefficienti sono state costrette a chiudere. Di conseguenza è aumentato il tasso di disoccupazione e il prezzo politico è stato alto. Non è forse equo aspettarsi lo stesso dai vecchi Stati membri? Vi invito a recarvi in una qualsiasi cittadina ceca sita al confine tra la Repubblica ceca e l’Austria e a cercare di spiegare a un prestatore di servizi locale che non può fornire il suo servizio nello stesso modo in cui i suoi concorrenti austriaci – e sottolineo concorrenti – offrono servizi nella sua cittadina ceca. Scommetto che non ci riuscirete. Provate a parlare di nobili ideali europei e dite allo stesso tempo che un prestatore di servizi non può gestire liberamente la sua impresa dove vuole. L’idea di aprire il mercato interno è stata coraggiosa, ma la realtà di oggi è soltanto il proverbiale pianto sul latte versato.
Ringrazio gli interpreti cechi per il loro eccellente lavoro.
Simon Coveney (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, è difficile apportare un contributo reale alla discussione sulla direttiva “servizi” in un tempo di parola di due minuti. La direttiva cerca di raggiungere il massimo risultato in un’unica coraggiosa mossa. Ecco perché la discussione è stata tanto accesa e perché tutti i gruppi hanno avuto loro deputati che si sono dedicati quasi a tempo pieno alla direttiva nel corso degli ultimi mesi. Da questo punto di vista, desidero encomiare il lavoro dell’onorevole Harbour in particolare, che si è prodigato enormemente per presentare un testo di compromesso a nome del gruppo PPE-DE.
Comunque, nella veemenza della discussione sugli emendamenti specifici, particolarmente in relazione all’articolo 16 sulla libera prestazione dei servizi, non perdiamo di vista l’obiettivo generale di quanto stiamo cercando di ottenere. E’ la prima fase di un processo che mira a redigere una direttiva che promuova un mercato interno dei servizi più aperto e più funzionate. Se adottata nella forma giusta questa direttiva può facilitare la crescita, la creazione di posti di lavoro e aumentare l’attività economica nel settore dei servizi.
La realtà è che l’economia dell’UE ha bisogno di una spinta. La direttiva può dare un contributo in questo senso. Il 68 per cento dell’occupazione nell’UE e oltre il 60 per cento della creazione di ricchezza derivano dal settore dei servizi e pertanto i servizi sono il motore dell’economia europea stagnante. In breve, può darsi che questa nuova direttiva di compromesso non offra a tutti i gruppi politici tutto quello che desideravano, ma eliminerà molte barriere al commercio transfrontaliero e ai servizi e ridurrà la burocrazia con cui le imprese si scontrano, quando cercano di espandersi in altri paesi dell’UE. Tramite il compromesso si è ottenuto un equilibrio tra protezione del diritto del lavoro e dei contratti collettivi all’interno degli Stati membri e apertura di un mercato dei servizi più efficiente.
Spero che il Parlamento conferirà alla Commissione un mandato forte per portare avanti la direttiva con rinnovato slancio dopo la votazione di giovedì e attendo con ansia di prendere visione della versione ulteriormente migliorata della direttiva in un futuro non troppo lontano.
Riccardo Ventre (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, dire che l’adozione di questa direttiva rappresenta un momento politico di grande importanza è probabilmente un’ovvietà.
Tuttavia, se il Parlamento adotterà la direttiva a larga maggioranza, il segnale politico inviato sarà ancora più importante, in quanto verrebbe ribadito ancora una volta il ruolo di mediatori che svolgiamo nel processo legislativo tra la burocrazia europea e le individualità dei singoli Stati. In qualità di mediatori, abbiamo l’obbligo di contemperare le esigenze di liberalizzazione del mercato con i diritti delle fasce sociali più deboli.
Ritengo che il compromesso del partito popolare europeo e del partito socialista europeo sia valido in direzione della liberalizzazione di un settore che riguarda una grandissima parte della nostra economia, un settore che il Trattato definisce come una libertà fondamentale. Sicuramente avremmo potuto fare di più sulla strada della liberalizzazione, ma non si può avere tutto e subito.
La clausola di revisione di cinque anni permetterà di migliorare il testo e di continuare il processo di liberalizzazione. Per quanto riguarda l’aspetto economico, ci siamo posti obiettivi ambiziosi in termini di crescita e di occupazione.
Vorrei fare qualche considerazione su alcuni emendamenti presentati, soprattutto gli emendamenti 13, 72, 73 e 86 che, non solo escludono i servizi di interesse generale, ma lasciano alla discrezionalità del singolo Stato membro definire le nozioni e gli obblighi di servizio pubblico ai quali essi sono sottoposti.
L’emendamento 13, inoltre, esclude l’obbligo per gli Stati membri di liberalizzare tali servizi o di privatizzare gli enti pubblici e i monopoli esistenti, come ad esempio le lotterie. Anche gli emendamenti 17 e 80 ripropongono l’esclusione dei giochi d’azzardo. Credo che nel dibattito generale dovremmo soffermarci su questi emendamenti.
John Purvis (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, il Commissario sarà contento che stiamo avvicinandoci alla fine. Sono il terz’ultimo oratore.
Nell’aprile scorso, quando infuriava la campagna per il referendum in Francia, la commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, adottò il parere dell’onorevole Chatzimarkakis sulla direttiva “servizi”. Il parere sfidava l’ostilità allora prevalente nei confronti della direttiva, con le affermazioni assurdamente esagerate sugli idraulici polacchi e il dumping sociale che circolavano all’epoca.
Dalla prima Assemblea eletta a suffragio universale nel 1979, questo Parlamento è stato un campione del mercato autenticamente libero e aperto, come previsto nei Trattati originari. Da una sottocommissione interna della commissione per gli affari economici e monetari, di cui ho avuto l’onore di essere membro, nacque il gruppo Canguro e il programma per il mercato unico del 1992, ai sensi dell’Atto unico europeo del 1985.
Mi risulta difficile comprendere o giustificare perché i servizi siano stati esclusi da tale iniziativa. Ora abbiamo l’occasione di emulare il coraggio e la lungimiranza dei nostri predecessori e di garantire l’effettiva realizzazione di un vero mercato unico dei servizi. Ai sindacalisti, agli elettori francesi del fronte del “no”, agli idraulici francesi dico che davvero non vi è nulla da temere. Così come il mercato unico delle merci ha creato nuovi e migliori posti di lavoro, anche la direttiva “servizi” farà altrettanto, se votiamo una versione forte e liberale. Un simile testo può offrire le opportunità che tutti cercano, in particolare nelle PMI, come elemento essenziale di un’economia europea di successo, competitiva e prospera.
Il parere della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, che ha adottato una linea liberale, è stato approvato da conservatori, liberali e anche dalla maggioranza dei socialisti, con 34 voti favorevoli e 6 contrari. Spero ci si possa aspettare dalla plenaria del Parlamento che adotti una posizione altrettanto coraggiosa e lungimirante. Adam Smith aveva ragione: il mercato liberalizzato funziona; un mercato davvero libero e aperto nei servizi funzionerà e ridarà il lavoro a sempre più europei.
Cristina Gutiérrez-Cortines (PPE-DE). – (ES) Signor Presidente, desidero ringraziare sentitamente il Commissario McCreevy e i membri del mio gruppo, gli onorevoli Harbour, Thyssen e gli altri, che si sono battuti per difendere la direttiva e che hanno dovuto assistere allo stralcio di tutti gli aspetti in essa contenuti che noi ritenevamo migliori.
Devo dire che talvolta noi politici e governanti siamo in ritardo rispetto alla società, e lo sostengo perché ci sono due aspetti che mi interessano moltissimo nella direttiva e che, purtroppo, in larga parte non saranno mantenuti: da un lato il riconoscimento delle qualifiche e del diritto alla mobilità dei lavoratori specializzati e, dall’altro, il tema della sanità.
Credo che chi in Europa si reca per lavoro in un altro paese, molto probabilmente svolge mansioni manuali sottoqualificate, per quanto possegga un titolo di studio elevato, perché l’egoismo corporativo non permette altro. Non siamo riusciti ad abbattere questa barriera.
In secondo luogo, vorrei parlare di sanità. La direttiva prevedeva la possibilità e l’obbligo di assunzione degli oneri finanziari per le cure sanitarie dispensate in un altro paese. Il Mediterraneo è popolato di milioni di europei che si sono trasferiti al sud in cerca del caldo e di una vita nuova e, nonostante ciò, non viene loro riconosciuto il diritto di rifusione degli oneri relativi ai servizi sociali e soprattutto sanitari che ricevono.
Queste persone vivono in una situazione incerta e difficile, ma soprattutto sono stati abbandonati dai propri politici. Lo stesso vale per le cure mediche private.
Pertanto sono a favore di un’integrazione per le cure mediche private, perché esistono centinaia di cliniche che curano e assistono i tedeschi, gli inglesi e gli svedesi che vivono nel sud e sul Mediterraneo. Questi cittadini hanno diritto di parlare la propria lingua, di essere assistiti nella propria lingua e di ricevere i servizi nella propria lingua. E’ un problema che esiste: lo ha creato la società e noi non vogliamo prenderne atto.
Valdis Dombrovskis (PPE-DE). – (LV) Signor Presidente, Commissario McCreevy, onorevoli parlamentari, l’obiettivo della direttiva “servizi” è promuovere la crescita economica e l’occupazione nell’Unione europea. Attualmente un gran numero di ostacoli amministrativi impedisce al mercato interno dell’UE di funzionare in modo efficace. L’impatto più negativo degli ostacoli amministrativi e i costi ad essi associati condizionano la capacità del settore delle PMI di prestare servizi al di fuori dei propri paesi. Il settore dei servizi rappresenta circa il 70 per cento dell’economia UE e dunque l’abolizione degli ostacoli amministrativi in questo ambito determinerebbe una spinta significativa allo sviluppo. L’analisi della Commissione europea dimostra che, grazie alle misure adottate nel periodo dal 1992 al 2002 per migliorare il mercato interno del lavoro e per aprire le frontiere interne dell’UE, il PIL comunitario è cresciuto dell’1,8 per cento e sono stati creati 2 milioni e mezzo di nuovi posti di lavoro. Tale aumento è stato ottenuto prevalentemente assicurando la libera circolazione delle merci e liberalizzando le telecomunicazioni e i settori dell’energia. L’analisi della Commissione europea dimostra altresì che un mercato interno dei servizi europeo che funzionasse bene potrebbe produrre una crescita equa dell’economia e dell’occupazione. Pertanto è importante votare a favore di una direttiva “servizi” forte, che includa il principio del paese d’origine, quanto meno nella variante approvata dalla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori del Parlamento europeo, conservando gli articoli della direttiva che sanciscono i diritti dei fornitori di servizi in merito al distacco dei lavoratori in un paese nel quale sono prestati i servizi e limitando anche la lista delle eccezioni. L’esclusione di tali principi distorcerebbe in modo considerevole il significato della direttiva “servizi” e le opportunità di una crescita economica ulteriore dell’UE andrebbero perdute. Alcuni deputati del Parlamento europeo stanno seriamente cercando di falsare il significato della direttiva “servizi” e di attuare una politica protezionista nei confronti dei fornitori di servizi dei nuovi Stati membri, senza tenere conto delle perdite economiche che ciò comporterà per l’Unione europea nel suo insieme. Il voto del Parlamento europeo dimostrerà se la maggioranza dei deputati vede il futuro dell’economia UE come un mercato interno dinamico e aperto o come una giungla protezionista dei 25 Stati membri.
Charlie McCreevy, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, il dibattito è stato lungo e animato. In una discussione così stimolante non c’è bisogno di caffeina per rimanere svegli. Desidero ringraziare tutti quanti sono intervenuti per aver rappresentato varie prospettive.
Abbiamo sentito tutte le argomentazioni pro e contro la proposta. Nonostante le divergenze, mi pare chiaro che esista un’opinione diffusa a favore di una direttiva sui servizi, un desiderio comune di arrivare ad un’intesa di ampio respiro su come procedere da qui in avanti. Ne sono lieto. Ciò dimostra il ruolo vitale che il Parlamento europeo può svolgere per riconciliare i molti pareri diversi espressi in quest’Assemblea.
Sulla base della discussione odierna, sono fiducioso che il Parlamento possa aprire la via per costruire il consenso necessario per l’adozione di questa proposta. Abbiamo un debito di gratitudine nei confronti della relatrice, dei relatori ombra e dei capigruppo per il loro approccio costruttivo.
Ho affermato che la Commissione terrà pienamente conto degli emendamenti che saranno approvati con un ampio consenso dall’Aula. Credo che siamo vicini a un tale consenso, particolarmente in ordine al campo di applicazione della proposta e alla liberta prestazione dei servizi a norma dell’articolo 16.
Mi ha rincuorato sentire tanti oratori esprimere l’auspicio che sia adottata una direttiva “servizi” con un autentico valore aggiunto. Per questo motivo dovremmo limitare al minimo qualunque ulteriore esenzione per settore rispetto al campo di applicazione e prestare particolare attenzione alla formulazione dell’articolo 16. Non si possono fare passi indietro rispetto alle disposizioni del Trattato o alla giurisdizione della Corte di giustizia.
Per rispondere all’onorevole Watson che ha criticato il nostro sforzo volto a contribuire a gettare delle passerelle sull’articolo 16, è un peccato che non abbia verificato la fonte del progetto di testo su cui ha avuto da eccepire. Non proviene dal mio ufficio, ma comunque sono abituato ad essere accusato di tante cose – nel bene e nel male – per le quali non sono minimamente responsabile.
Per venire al merito del dibattito di oggi e al distacco dei lavoratori, mi trovo in forte sintonia con chi è preoccupato per gli oneri amministrativi che considera superflui gravanti sui lavoratori distaccati in un altro Stato membro. Il diritto comunitario e la giurisprudenza della Corte di giustizia vanno rispettati. Se un’ampia maggioranza voterà a favore della soppressione degli articoli 24 e 25, la Commissione presenterà rapidamente un orientamento su tale iniziativa centrale.
E’ importante che il messaggio lanciato con questa discussione e con il voto di giovedì trasmetta l’idea di un’Europa che avanza per proporre un quadro di riferimento per una direttiva “servizi” migliore, che fornisca gli incentivi e la fiducia necessaria perché le imprese, gli imprenditori e i consumatori traggano maggiori vantaggi dal nostro mercato interno investendo in nuove opportunità e sviluppando e acquistando nuovi servizi che creeranno più occupazione e crescita.
Presidente. La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà giovedì, alle 10.00.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Alessandro Battilocchio (NI). – La direttiva sui servizi, che verrà votata giovedì a Strasburgo, offre l’occasione di dimostrare ai 450 milioni di cittadini europei che l’Europa e, in particolare, il Parlamento europeo ascoltano le istanze e le preoccupazioni della popolazione e cercano di conciliarle con una strategia di crescita e di sviluppo che solo un’armonizzazione e una reale apertura delle attività economiche possono dare.
Il testo che spero uscirà da questa plenaria sarà un documento annacquato, con zone grigie da chiarire. Tuttavia, in un contesto variegato come quello europeo, con nuovi paesi in cerca di opportunità e vecchi paesi che tentano di proteggersi, con piccole e grandi imprese e 25 sistemi legislativi diversi, il compromesso è l’unica via per proseguire. Dobbiamo pertanto accogliere con favore l’impegno profuso da tutti i gruppi politici e dagli attori interessati per raggiungere un accordo. E’ un’occasione importante per l’Europa per riacquistare fiducia e per rilanciare la scommessa di una crescita economica che non danneggi il nostro modello sociale, una scommessa che negli ultimi mesi ha purtroppo perso credibilità. Abbiamo bisogno di crescere e di rilanciare la nostra economia e la direttiva sui servizi è un primo importante strumento, a condizione che il benessere e i diritti dei nostri lavoratori non vengano messi in discussione.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL). – (PT) La direttiva sulla creazione di un mercato interno dei servizi è stata proposta dalla Commissione, quando il suo Presidente era il socialdemocratico Romano Prodi ed ora è stata ripresa dalla Commissione in carica, guidata del Presidente Barroso.
La proposta svolge un ruolo centrale nell’offensiva del capitalismo nell’UE. E’ una proposta che va a vantaggio degli interessi delle grandi multinazionali, spianando loro il cammino per sfruttare i lavoratori e dominare ulteriori settori economici.
Si propone, di fatto, la liberalizzazione totale dei servizi, inclusi i servizi pubblici, una proposta che produrrà conseguenze deleterie sui lavoratori e sulla sovranità dei singoli Stati membri. In caso di approvazione, tale proposta agirebbe da leva, si trasformerebbe in una specie di cavallo di Troia per minare i salari, i contratti collettivi di lavoro e i diritti dei lavoratori. Contrasterà inoltre la capacità degli Stati membri di offrire una produzione efficace per i servizi pubblici e, in generale, per controllare come essi sono forniti.
E’ impossibile “riformare” questa proposta, come il gruppo del Partito popolare (Democratici cristiani) e Democratici europei e il gruppo socialista al Parlamento europeo stanno cercando di fare, nel tentativo di mantenere gli elementi negativi fondamentali della direttiva e, allo stesso tempo, di salvare la faccia.
Come i lavoratori hanno rivendicato e come noi andiamo chiedendo fin dall’inizio, questa direttiva deve essere respinta.
Filip Andrzej Kaczmarek (PPE-DE). – (PL) L’esistenza di barriere nel mercato europeo dei servizi spinge i prezzi verso l’alto, limita la crescita economica e l’occupazione. Prezzi alti, crescita economica inferiore e meno posti di lavoro: davvero gli europei vogliono questo? Non credo proprio.
Soprattutto gli europei vogliono più occupazione. Perché i politici dovrebbero essere d’intralcio? Alcuni sedicenti difensori dei lavoratori vogliono evirare la direttiva e privarla di ogni incisività. Si potrebbe sostenere che queste persone sono a favore della liberalizzazione dei servizi, o anche il contrario. Sono senz’altro d’accordo sul fatto che la direttiva produce un impatto su questioni sensibili. Non possiamo nascondere la testa sotto la sabbia, però. Mi chiedo se gli oppositori della direttiva abbiano preso in debita considerazione la competitività e il futuro dei prestatori di servizi e se davvero vogliano un mercato unico. Si è parlato tanto di uguaglianza, ma sembra un’uguaglianza alla Orwell, appannaggio esclusivo di coloro che sono “più uguali” degli altri. Si è anche discusso di proteggere le conquiste sociali, ma pare che si vogliano proteggere solo nei paesi ricchi, non in tutta Europa.
Le piccole e medie imprese sono quelle che più creano occupazione. I servizi rappresentano il maggiore contributo al PIL europeo. Occorre dare un’opportunità agli imprenditori. Occorre dare un’opportunità ai 20 milioni di disoccupati europei. Dobbiamo dare un’opportunità allo spirito imprenditoriale. Questa è un’occasione per fare bene. Non possiamo sprecarla. Ecco perché bisogna votare contro gli emendamenti che svigorirebbero la direttiva, ne ostacolerebbero l’attuazione e minerebbero il raggiungimento dei risultati auspicati. Scegliamo la libertà vera! Non possiamo consentire all’egoismo e al protezionismo nazionale di nuocere all’Europa.
Georgios Karatzaferis (IND/DEM). – (EL) La relazione Gebhardt sulla direttiva Bolkestein è approdata oggi in plenaria per essere discussa e votata.
In buona sostanza si tratta di una rielaborazione dell’oscuro club Bildeberg per imporre il rullo compressore della globalizzazione e le regole del nuovo ordine.
In qualità di deputato eletto al Parlamento europeo (e non eletto da qualche potere di partito controllato da chi fa parte di questo nuovo ordine) sono assolutamente contrario alle filosofie riadattate nella direttiva in questione, che a sangue freddo decapita decenni di diritti dei lavoratori.
In qualità di presidente del Movimento popolare ortodosso in Grecia, incoraggerò tutti i gruppi attaccati dalla direttiva a opporre la massima resistenza.
Non ho partecipato alla discussione semplicemente perché la presenza di tutti coloro che sono ideologicamente contrari legalizza le posizioni estreme della persona che ha ispirato la direttiva.
Ho votato contro la direttiva e spero che la mia dichiarazione sia iscritta a verbale.
David Martin (PSE). – (EN) Il 70 per cento del PIL europeo oggi si basa sul terziario. La lacuna maggiore per completare il mercato unico europeo è costituita dal settore dei servizi. Se riuscissimo a creare un mercato unico dinamico per i servizi, nell’UE si potrebbero creare circa 600 000 nuovi posti di lavoro.
Eliminare le barriere amministrative e tecniche alle società operanti al di fuori del proprio paese è dunque un obiettivo auspicabile e importante che apre il settore a un’equa concorrenza. Tuttavia, ridurre i diritti dei lavoratori, le retribuzioni e le misure per la sanità e la sicurezza non ha nulla a che vedere con la creazione di un settore dei servizi dinamico e per questo motivo voterò a favore degli emendamenti che escludono il diritto del lavoro e la contrattazione collettiva autonoma dal campo di applicazione della direttiva.
Ritengo inoltre che taluni servizi, come la sanità, i servizi sociali e gli aspetti relativi all’istruzione siano troppo sensibili per essere inclusi in questa particolare misura.
Kathy Sinnott (IND/DEM). – (EN) Commissario McCreevy, una volta mi sono persa per le strade di campagna del suo paese d’origine. Un signore che passava, cui avevo chiesto indicazioni, mi disse che non dovevo andare in quella direzione.
Le giro il consiglio, signor Commissario: se vuole facilitare senza problemi la libertà di circolazione dei servizi nei nostri 25 paesi, non dovrebbe partire da qui.
Intendo dire, che non dovrebbe partire da questa confusione vaga e incomprensibile sulla quale faranno chiarezza i nostri tribunali. Per “qui” intendo una ricetta per il caos, che crea una situazione in cui potrebbero esserci 25 sistemi diversi di regolamentazione e le imprese si trasferirebbero verso il paese che offre i migliori vantaggi normativi, causando una crisi la cui unica soluzione sarà l’armonizzazione federale completa, e chi la vuole?