Presidente. – L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulle prospettive per la Bosnia-Erzegovina.
Hans Winkler, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, indubbiamente si sono compiuti grandi progressi in Bosnia-Erzegovina, dopo l’accordo di pace di Dayton, in vista della creazione di una democrazia multietnica: è senz’altro un risultato positivo di cui è giusto rallegrarci. Come cittadino austriaco, e avendo quindi assistito a tali eventi, per così dire, da vicino di casa, posso dire che mi sembra davvero importante, dopo aver assistito con orrore dieci anni fa all’incredibile barbarie, alla guerra e alla sofferenza della popolazione, poter affermare oggi con soddisfazione che le probabilità di un conflitto armato in tale regione sono minime. La comunità internazionale, ma soprattutto l’Unione europea, può considerarlo un grande successo.
L’avvio di negoziati per un accordo di stabilizzazione e di associazione tra l’Unione europea e la Bosnia-Erzegovina attesta ciò che è stato realizzato con successo in questi dieci anni: un importante esempio è emerso alla fine del 2005, quando la Republika Srpska e la Federazione di Bosnia-Erzegovina hanno unito i loro ministeri della Difesa, trasferendo tutte le funzioni e il personale della difesa a un unico ministero per l’intero Stato, decisione che senza dubbio ha costituito una pietra miliare nell’evoluzione del paese. La missione europea dell’EUFOR, denominata “Althea”, opera in stretta collaborazione con queste nuove strutture comuni e continua a portare avanti la riforma della difesa.
Esistono ulteriori esempi di come questo Stato stia compiendo progressi in termini di integrità e di accettazione della propria responsabilità: posso citare l’introduzione dell’IVA in tutto il paese a decorrere dal 1° gennaio di quest’anno.
Un passo avanti fondamentale nel processo riformatore è stato l’accordo sulla riforma della polizia, che ora è in corso di attuazione; chiunque abbia osservato e seguito tali negoziati sa quanto siano stati difficili e quanta resistenza interna sia rimasta tra le diverse etnie presenti nel paese. Aver superato questi ostacoli costituisce senza dubbio un risultato notevole, il cui merito va riconosciuto alla Bosnia-Erzegovina.
La missione di polizia dell’UE (EUPM) in Bosnia-Erzegovina avrà un ruolo fondamentale da svolgere in questo processo di riforma. Di recente, il 1° gennaio di quest’anno per la precisione, il suo mandato è stato prolungato per altri due anni, in seguito alla scadenza del mandato originale. Compito di tale missione è fornire un sostegno ancor più proattivo alla polizia nel contribuire alla lotta contro la criminalità organizzata, un obiettivo importante per gli Stati membri dell’Unione europea, considerando che la criminalità organizzata nei paesi vicini ha ovviamente un impatto su di noi. EUPM, EUFOR e l’Alto rappresentante/Rappresentante speciale UE collaborano strettamente in questo campo, allo scopo di garantire alle autorità esecutive un sostegno coordinato, coerente ed efficace.
In questi ultimi mesi si è registrato altresì un impegno in vista dell’eventuale riforma della costituzione di Dayton. Seppure questa costituzione venga continuamente criticata perché troppo complicata, non va dimenticato che – come ho accennato all’inizio – ha reso possibile riportare la pace nel territorio, tanto che ora non sussiste più il rischio del riaccendersi delle ostilità.
Sebbene i negoziati avviati l’anno scorso e ripresi all’inizio di quest’anno siano ora stati rinviati sine die, poiché i leader delle parti in causa non sono in grado, per il momento, di trovare un accordo su un pacchetto completo, va detto che si sono comunque raggiunti progressi, che con buona probabilità porteranno frutti tangibili in futuro. In particolare, ricorderei all’Assemblea i progressi compiuti in materia di diritti umani e il rafforzamento della posizione del Presidente del Consiglio dei ministri dello Stato, che danno adito a un certo ottimismo.
Questo processo di riforma, che include la riforma della costituzione, è appunto un cambiamento graduale più che istantaneo, e dobbiamo tutti averne una visione realistica; in fondo in una democrazia molti risultati sono difficili da conseguire in un anno elettorale, soprattutto se l’obiettivo desiderato è una riforma di base. Nelle conclusioni di gennaio il Consiglio ha espresso il proprio apprezzamento per le discussioni sulla riforma costituzionale e i progressi realizzati sino ad allora. Il filo conduttore di tutti questi sforzi, e anche del ruolo svolto dalla comunità internazionale e dall’Unione europea, è la necessità che le istituzioni in Bosnia-Erzegovina si assumano una maggiore responsabilità – un concetto che si può riassumere con l’espressione “responsabilizzazione locale” o ownership.
Un’altra importante questione che ci occuperà nel 2006 è il futuro dell’Alto rappresentante e la presenza della comunità internazionale in Bosnia-Erzegovina. E’ indubbio che questo Stato continuerà a necessitare di un aiuto internazionale per il prossimo futuro, ma lo scopo deve essere sostituire la “spinta” della comunità internazionale, esercitata soprattutto mediante le prerogative omnicomprensive dell’Alto rappresentante, i cosiddetti “poteri di Bonn”, con un’azione di “traino” esercitata da Bruxelles. Nell’ambito della transizione dalla carica di Alto rappresentante nella forma attuale a Rappresentante speciale dell’UE, le prerogative e le capacità di intervento degli attori internazionali dovranno essere ridotte in linea con il concetto di ownership, che comporta il trasferimento di ulteriori poteri e responsabilità alle istituzioni dello Stato.
Tale prospettiva si pone in linea – e dovremmo esserne lieti – con gli obiettivi dichiarati del nuovo Alto rappresentante Schwarz-Schilling, succeduto a Lord Ashdown alla fine di gennaio, il quale ha dichiarato che, come Alto rappresentante, intende privilegiare soprattutto il ruolo di “agevolatore” e rendere il paese più europeo, facendo minor uso dei poteri conferitigli dal suo mandato, che dovrà esercitare sempre meno con il procedere del processo di riforma.
Accogliamo con favore la sua dichiarazione secondo cui intende fare ricorso ai suoi poteri di intervento solo in circostanze straordinarie.
Come per gli altri paesi balcanici, il processo di stabilizzazione e di associazione offre il quadro che preparerà la Bosnia-Erzegovina a inserirsi nelle strutture europee. L’avvio di questi negoziati, congiuntamente a quelli inerenti alle relazioni con l’Unione europea previste dai trattati, costituisce un importante passo nell’avvicinamento della Bosnia-Erzegovina all’Unione europea.
La prima tornata negoziale, tenutasi il 25 gennaio sotto la presidenza congiunta della Commissione e del negoziatore bosniaco Davidovic, è stata completata con successo; ulteriori progressi, che auspicabilmente saranno realizzati presto, dipenderanno chiaramente dall’avanzamento del processo di riforma.
Il Presidente dell’Austria ha già fatto riferimento oggi ai Balcani occidentali indicandoli tra le priorità della Presidenza austriaca, e in effetti si tratta di un tema prioritario, insieme al mantenimento per questi paesi della prospettiva di adesione all’Unione europea. Tale prospettiva infatti è la forza trainante delle riforme di cui questi paesi hanno bisogno e che noi vogliamo e dobbiamo promuovere. E’ essenziale che tali riforme ottengano progressi nelle aree più diverse, vale a dire nella lotta alla corruzione, nel rafforzamento dell’amministrazione pubblica, nella piena cooperazione con il Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia – particolarmente importante per tutti i paesi della regione coinvolti – nonché in molte altre aree in cui sono attuate le riforme necessarie affinché la Bosnia-Erzegovina e tutti gli altri Stati della regione possano diventare paesi moderni e democratici.
Quindi qual è ora la prognosi? In seguito al Vertice UE-Balcani occidentali tenutosi a Salonicco nel giugno 2003, l’Unione europea ha rinnovato il suo impegno a favore di una prospettiva europea per tutti gli Stati dei Balcani occidentali. Tale affermazione fondamentale, che vede il futuro per questi paesi all’interno dell’Unione europea, è stata rafforzata e confermata dal Consiglio europeo nel giugno 2005. I progressi compiuti in questa fase di preadesione dipenderanno ovviamente dal rispetto dei criteri di Copenaghen e delle condizioni incluse nel processo di stabilizzazione e di associazione.
La comunicazione sulle future relazioni tra l’UE e gli Stati dei Balcani occidentali, presentata dalla Commissione alla fine di gennaio di quest’anno e accolta con vivo favore dal Consiglio, delinea i passi di preadesione al di là dell’agenda di Salonicco, dei quali sono sicuro vi parlerà estesamente il Commissario Rehn.
Si prevede che gli obiettivi dell’Unione europea a tale riguardo saranno riaffermati in occasione dell’imminente riunione informale dei ministri degli Esteri dell’Unione e dei Balcani occidentali, che si terrà a Salisburgo il 10 e 11 marzo, quando dovrebbe essere raggiunto anche un accordo su come e con quali mezzi l’UE può approfondire il suo coinvolgimento nella regione. Tale riunione dovrebbe offrire una buona occasione per concordare misure pratiche volte a promuovere stabilità, sicurezza e prosperità nei Balcani occidentali attraverso l’incorporazione progressiva della regione nelle strutture europee, principalmente sulla base della comunicazione della Commissione alla quale ho fatto riferimento.
In conclusione, ribadisco che questa è un’importante priorità per la Presidenza austriaca. Questo “evento di alto livello” sul tema dei Balcani occidentali servirà, auspicabilmente, a motivare e incoraggiare ulteriormente questi paesi a procedere con le riforme e con l’integrazione nelle strutture europee.
Guardiamo con fiducia al futuro della Bosnia-Erzegovina, cui l’Unione europea può dare un contributo considerevole.
(Applausi)
Olli Rehn, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei dire che accolgo con viva soddisfazione l’attenzione dedicata dalla Presidenza austriaca ai Balcani occidentali. Attendo con ansia di lavorare insieme alla Presidenza, al Consiglio e al Parlamento per compiere i prossimi passi importanti che permetteranno di avvicinare i Balcani occidentali all’Unione europea.
Oggi la Bosnia-Erzegovina si trova davvero a un bivio. Lo scorso novembre il paese ha avviato i negoziati per un accordo di stabilizzazione e di associazione con l’Unione europea. Un nuovo Alto rappresentante/Rappresentante speciale UE, Christian Schwarz-Schilling, è succeduto a Lord Ashdown a Sarajevo. Schwarz-Schilling eserciterà meno i propri poteri esecutivi e lascerà più compiti nelle mani dei politici della Bosnia-Erzegovina. E’ una fase in cui sta aumentando la responsabilizzazione e il coinvolgimento diretto della Bosnia.
Prima di delineare i recenti sviluppi e gli obiettivi delle nostre politiche, mi scuso in anticipo se dovrò lasciare l’Aula prima del termine della discussione. Devo infatti partire alle 16 con il Presidente Barroso per una visita di tre giorni che toccherà sei città dei Balcani occidentali, per concludersi sabato a Sarajevo. Spero quindi che per le 16 avremo finito.
La Bosnia-Erzegovina sta compiendo il suo cammino nel processo di stabilizzazione e di associazione. Lo scorso novembre a Sarajevo abbiamo avviato ufficialmente i negoziati per un accordo di stabilizzazione e di associazione. La prima vera tornata negoziale si è svolta alla fine del gennaio 2006 con esiti molto positivi e i nostri partner bosniaci si erano preparati a fondo.
L’ipotesi di lavoro della Commissione è che i negoziati richiederanno circa un anno. Tuttavia, per rientrare nei tempi previsti, la Bosnia-Erzegovina dovrà essere in grado di soddisfare tutte le condizioni poste dall’Unione europea in termini di riforme. A tale riguardo, è essenziale che la Bosnia-Erzegovina collabori pienamente con il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. A scanso di equivoci, voglio chiarire che non esistono scorciatoie: la piena cooperazione è una condizione necessaria per concludere un accordo di stabilizzazione e di associazione e per compiere progressi nei negoziati. E’ altresì essenziale rendere operativo l’accordo sulla ristrutturazione delle forze di polizia, adottare e attuare tutta la legislazione necessaria in materia di radiotelevisione pubblica e, non ultimo, garantire una capacità legislativa e amministrativa sufficiente per l’attuazione dell’accordo. Il messaggio è quindi molto chiaro: la Bosnia-Erzegovina deve cogliere l’occasione che ha di fronte. Per questo, le riforme devono continuare con la massima determinazione.
E’ giusto dire che la comunità internazionale ha svolto un ruolo importante nel sostenere le riforme nel paese. Ma il merito va riconosciuto anche alle autorità locali, che sono state in grado di realizzare progressi significativi in quello che è un ambiente a dir poco piuttosto complesso. Noi speriamo che i progressi continueranno e che aumenterà ulteriormente la responsabilizzazione politica locale. Siamo pronti a sostenere pienamente questo processo. La comunità internazionale adatterà il proprio ruolo in funzione di un maggiore esercizio di poteri a livello locale. Più il paese è in grado di dimostrare maturità e responsabilità politica, meno la comunità internazionale avrà bisogno di intervenire. Ho di recente incontrato il nuovo Alto rappresentante/Rappresentante speciale UE Schwarz-Schilling, il quale condivide questo parere su un ruolo nuovo per la comunità internazionale e sull’uso dei poteri di Bonn.
La riforma della “costituzione di Dayton” è un’altra sfida importante per i leader politici bosniaci. Il paese ha bisogno di una costituzione che assicuri la piena compatibilità con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che consenta un processo decisionale efficace e una governance efficiente, e che renda la struttura di governo meno costosa per i cittadini e i contribuenti.
In altri termini, è necessario che il paese sviluppi uno Stato multietnico democratico, funzionale ed economico, al fine di servire meglio tutti i suoi cittadini e di sostenere le riforme che comporta e richiede l’integrazione nell’Unione europea. Accolgo quindi con favore i recenti sforzi dei principali partiti e dei leader politici per trovare soluzioni pratiche e attuabili a queste importanti sfide. Incoraggio i leader politici a continuare il dialogo, in modo da conseguire risultati più ambiziosi. Non ci aspettiamo una rivoluzione costituzionale, ma piuttosto un’evoluzione. L’evoluzione costituzionale deve essere un processo controllato dal consenso e guidato dai leader della Bosnia-Erzegovina. La comunità internazionale può agire da “facilitatore”; possiamo offrire incoraggiamento e appoggio; ma i politici bosniaci devono assumere il ruolo di guida.
L’evoluzione costituzionale non è in sé una condizione per concludere i negoziati su un accordo di stabilizzazione e di associazione. Dobbiamo tuttavia sottolineare che l’Unione europea considera davvero fondamentale questo processo. In altri termini, la Bosnia-Erzegovina deve assicurarsi che le disposizioni costituzionali garantiscano la piena ed effettiva attuazione dell’accordo di stabilizzazione e di associazione in modo da preparare la strada del paese verso l’Europa.
Attendo con ansia di discutere nuovamente con il Parlamento europeo, in una futura occasione, i progressi compiuti in Bosnia-Erzegovina.
(Applausi)
Doris Pack, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, più di dieci anni dopo Dayton, sono in particolare i politici bosniaci a doversi domandare se hanno fatto tutto il possibile per garantire un futuro positivo per le giovani generazioni del loro paese, perciò vi chiedo di esercitare il vostro mandato in maniera responsabile.
Detto questo, mi associo al Presidente in carica nel sottolineare che i progressi compiuti in Bosnia-Erzegovina sono considerevoli. Ora c’è un ministro degli Affari interni, un ministro della Difesa, esiste un regime IVA unificato ed è stata avviata – almeno sulla carta – la riforma della polizia. Contrariamente all’opinione diffusa nei nostri paesi, la Bosnia-Erzegovina non è un covo di criminalità. La percentuale di reati perseguiti nel paese è più alta che nell’Unione europea e il numero di reati comuni è inferiore rispetto a quello registrato nei nostri paesi. Non ce lo siamo inventato, ma è ciò che indicano i dati statistici, e il merito va alla Bosnia-Erzegovina.
Il nuovo Alto rappresentante Schwarz-Schilling è un profondo conoscitore della Bosnia-Erzegovina e sosterrà certamente in modo proattivo e con grande comprensione i politici locali, senza fare ricorso a metodi coercitivi, quali i “poteri di Bonn”. Il Presidente in carica ha parlato di accettazione della responsabilità, un aspetto che sarà sempre più in evidenza.
La Commissione però, signor Commissario, ha il dovere di fornirgli il suo appoggio, in particolare contribuendo alla creazione di nuovi posti di lavoro, avviando la politica agricola da tanto tempo attesa nella regione e prestando attenzione allo sviluppo delle aree rurali, poiché una zona di libero scambio non è di nessuna utilità nazionale se il paese non è in grado di avere una propria produzione. Tali azioni getteranno inoltre le premesse perché i rifugiati possano ritornare finalmente in queste regioni, ad esempio in Posavina, per ripopolarle e rendere nuovamente utilizzabile il suolo coltivabile.
Anche i politici bosniaci devono finalmente introdurre riforme istituzionali mirate a superare la divisione etnica del passato e a costruire uno Stato funzionante per il quale l’adesione all’Unione europea sarà una reale possibilità. La loro collaborazione con il Tribunale dell’Aia è imprescindibile; i progressi ci sono stati, ma non posso immaginare che possa realizzarsi una vera e completa riconciliazione senza che Karadžić compaia dinanzi a tale Tribunale.
I negoziati sull’accordo di stabilizzazione e di associazione procedono positivamente e ce ne rallegriamo. Una delegazione del Parlamento europeo si recherà nell’estate a Banja Luka per discutere dei progressi con i colleghi della Bosnia-Erzegovina. Auguriamo ogni successo alla Presidenza del Consiglio e al Commissario nel sostegno a questo paese.
Jelko Kacin, a nome del gruppo ALDE. – (SL) La Bosnia-Erzegovina ha finalmente avviato i negoziati per un accordo di stabilizzazione e di associazione, che stanno procedendo con successo. E’ un passo positivo e incoraggiante che merita tutto il nostro rispetto e tutta la nostra ammirazione.
E’ difficile trovare in qualsiasi parte del mondo un paese con una struttura statale complicata e impegnativa come quella della Bosnia-Erzegovina il che rende ancor più notevoli i risultati e i progressi ottenuti. Questo è per me motivo di sincero compiacimento e noi del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa appoggiamo gli sforzi dei politici e l’entusiasmo dei cittadini della Bosnia-Erzegovina, nonché la loro determinazione a compiere progressi ancor più rapidi.
Dieci anni dopo il massacro di Srebrenica e la cessazione delle ostilità con la firma dell’accordo di Dayton, è ora di modificare la costituzione del paese e di ripristinare le strutture amministrative statali, cantonali e locali che aiutino, invece di ostacolare, la Bosnia nell’adozione e nell’attuazione delle leggi e delle prassi che ci sono familiari nell’Unione europea. Dovrebbero puntare maggiormente sui diritti degli individui, dei cittadini della Bosnia-Erzegovina (domani cittadini dell’Unione europea) e meno sull’appartenenza a gruppi religiosi ed etnici.
A tale proposito, la Bosnia-Erzegovina avrà prevedibilmente un periodo di transizione impegnativo, durante il quale dobbiamo tutti aiutare questo paese – la Commissione, il Consiglio e, in particolare in questo momento, l’Alto rappresentante entrante, che dovrebbe usare in misura minore i propri poteri incoraggiando invece gli organismi statali della Bosnia ad assumersi maggiori responsabilità e giurisdizione.
La riduzione della presenza militare in Bosnia e il trasferimento del controllo della missione dalla NATO all’Unione europea è una dimostrazione chiara e convincente dei progressi compiuti in questa direzione. Tuttavia, senza una piena cooperazione con il Tribunale dell’Aia non possiamo andare avanti. Come la Serbia e Montenegro ha tempo fino alla fine del mese per trovare ed estradare Mladić, la Bosnia-Erzegovina, o per essere precisi la Republika Srbska, deve estradare Karadžić – questo è un requisito indispensabile per il perdono e la riconciliazione.
Dobbiamo essere consapevoli che il cammino di avvicinamento all’Unione europea esigerà soprattutto migliori relazioni multilaterali e rispetto tra tutti i paesi vicini. Le civiltà cristiana, ortodossa e islamica convivevano pacificamente in Bosnia-Erzegovina. Parlavano la stessa lingua e si capivano senza difficoltà. Ora si parlano tre lingue diverse nel paese, ma anche oggi possono capirsi ed esiste una migliore e più intensa comunicazione tra questi gruppi.
Con i recenti problemi suscitati dalle vignette, è più che giusto ricordare la storia dolorosa della Bosnia-Erzegovina. Forse ci riporterà con i piedi per terra e magari modificheremo più facilmente e con maggiore urgenza il regime in materia di visti.
Gisela Kallenbach, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, è davvero positivo che il Parlamento sia così determinato e coerente nel prestare attenzione ai problemi e alle preoccupazioni dei Balcani occidentali. E’ una dimostrazione di saggezza e affidabilità e, come abbiamo sentito nuovamente oggi, anche il Consiglio e la Commissione stanno mantenendo i loro impegni. Tuttavia la progressiva integrazione in Europa – come tutti spesso ripetiamo – dipenderà, soprattutto, dai progressi nei singoli paesi. Dieci anni dopo l’accordo di Dayton, è assolutamente necessario cambiare la situazione in Bosnia-Erzegovina e lo status del paese, perciò siamo lieti di sentire che l’Alto rappresentante Schwarz-Schilling, di recente nominato, ritiene che il suo compito più importante sia quello di rendere superflua la propria funzione.
La democrazia può mettere radici e svilupparsi a lungo termine – come ha sottolineato oggi il Presidente Winkler – soltanto se è sostenuta dalla partecipazione di coloro che vivono in un dato territorio. Questo si collega strettamente all’accettazione della propria responsabilità, non solo per il passato, ma anche per un futuro condiviso. L’appoggio esterno lungo il percorso da compiere per raggiungere tale obiettivo è un fattore positivo che potrebbe essere necessario per un certo tempo, e l’Unione europea deve esserne consapevole, anche a livello decisionale in ambito finanziario e strutturale. Non vogliamo, tuttavia, che i cambiamenti costituzionali e le riforme amministrative – per quanto urgentemente necessari – siano imposti mediante accordi bilaterali conclusi frettolosamente. Il rischio è di una seconda Dayton, o piuttosto di quello che sarebbe un accordo di Washington nel quadro del quale la popolazione locale non si assumerebbe alcuna responsabilità.
Mano a mano che la Bosnia-Erzegovina si avvicina all’Europa, la sua società civile, ancora troppo spesso circondata da atteggiamenti ostili, avrà bisogno di essere rafforzata. E’ necessario un dialogo paritetico fra i tre gruppi etnici, e occorre eliminare la discriminazione nell’accesso all’istruzione, al lavoro e alle abitazioni. La popolazione stessa della Bosnia-Erzegovina dovrà lavorare per realizzare questi obiettivi, ma avrà bisogno in questo del nostro appoggio, e la risoluzione di oggi è intesa a garantirglielo.
Erik Meijer, a nome del gruppo GUE/NGL. – (NL) Signor Presidente, la Bosnia-Erzegovina è una Jugoslavia in miniatura: uno Stato che è patria di popoli diversi, ognuno dei quali costituisce una minoranza. I bosniaci al centro e a nord-ovest, i serbi a nord e a est e i croati a sud-ovest hanno tutti bisogno di un modello di governo che ne tuteli le identità. Inoltre, i serbi e croati, che insieme formano la maggioranza della popolazione, hanno bisogno di frontiere aperte con la Serbia e la Croazia, i paesi vicini con i quali hanno legami storici.
La migliore soluzione per una pace sostenibile e la conciliazione fra le tre nazioni è probabilmente una struttura federale come quella presente in Belgio o in Svizzera. Per tale motivo il mio gruppo sostiene soluzioni che partano dal basso, in cui il mondo esterno non pretende di imporre i propri modelli, ma aiuta nella ricostruzione, nella conciliazione e nel trasferimento di conoscenze relative alla buona prassi amministrativa. I discorsi del Presidente Winkler e del Commissario Rehn mi fanno ben sperare che si sta prendendo in considerazione questa prospettiva.
Ci sembra, tuttavia, che la risoluzione proposta ponga eccessivamente l’accento su un tipo diverso di approccio, in linea con l’opinione purtroppo diffusa in Europa secondo cui, dopo la guerra del 1992-1995, la Bosnia-Erzegovina è rimasta un luogo caotico di violenza e intolleranza per il quale occorre trovare una soluzione esterna, con mezzi militari e interventi amministrativi, finché non emerga un leader forte.
Questa non è la soluzione. Noi temiamo che in un ipotetico Stato unitario assisteremmo a una lotta permanente per il potere incentrata sulla questione di quale gruppo etnico debba assumere il controllo e di chi debba invece avere un ruolo subordinato.
In passato, musulmani, croati cattolici e serbi ortodossi hanno dominato a turno sugli altri. Una leadership nazionale forte conduce a una politica etnica e alla discriminazione, entrambe indesiderabili. Per questo motivo il mio gruppo subordina il suo voto a favore della risoluzione di compromesso all’approvazione dei nostri due emendamenti in cui affermiamo il diritto all’autodeterminazione delle nazioni in oggetto e respingiamo il permanere di un’interferenza militare esterna.
Jan Tadeusz Masiel (NI). – (PL) Signor Presidente, un giorno la Bosnia-Erzegovina farà parte dell’Unione europea. E’ difficile immaginare quando questo potrà accadere, ma è ugualmente difficile immaginare un’Unione senza Bosnia-Erzegovina. Analogamente, un giorno dovrebbero unirsi a noi paesi come l’Ucraina, la Bielorussia, l’Armenia e la Georgia. Questi paesi si integreranno facilmente perché sono edificati su una base di cristianità come l’intera Unione, cosa che non si può dire della Turchia.
Per ora, offriamo senz’altro alla Bosnia-Erzegovina un accordo di stabilizzazione e di associazione, senza alcuna garanzia di adesione. Proporrei che, dopo la Bulgaria e la Romania, altri paesi possano essere ammessi solo con un consenso dei cittadini dell’Unione vicino al 100 per cento.
Hannes Swoboda, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, la ringrazio per avermi concesso di rinviare a questo momento il mio intervento; mi scuso con la Presidenza del Consiglio e con il Commissario, ma arrivo direttamente da una riunione della Conferenza dei presidenti con il Presidente dell’Austria.
La situazione nell’Europa sudorientale è precaria: sono stati avviati i negoziati con la Croazia; la Macedonia è un paese candidato, anche se i negoziati non sono ancora cominciati, mentre il Kosovo rimane un problema. In questo contesto, è davvero importante non chiudere gli occhi dinanzi ai problemi che rimangono in Bosnia-Erzegovina e non dimenticarci che esistono.
Se vogliamo risolvere questi problemi, lo possiamo fare solamente insieme, e “insieme” significa i gruppi etnici, la popolazione, le autorità politiche in Bosnia-Erzegovina e la comunità internazionale, rappresentata in particolare dall’Unione europea. Come è già stato detto molte volte, il quadro costituzionale – o piuttosto istituzionale – esistente non è adeguato, non solo per l’adesione della Bosnia-Erzegovina all’Unione europea, ma neppure per risolvere i problemi presenti nel paese stesso, poiché non si può certo dire che spendere circa il 50 per cento delle risorse del paese per mantenere le sue istituzioni contribuisca al suo sviluppo politico ed economico.
Tuttavia, limitarsi a cambiare il quadro istituzionale non serve a nulla, ovviamente. Dobbiamo anche insistere, in particolare, affinché la collaborazione con il Tribunale penale internazionale giunga al suo obiettivo finale, quello di assicurare alla giustizia i responsabili o i sospettati di crimini di guerra. Non si può pensare agli altri importanti problemi esistenti finché questo compito non sarà stato portato a termine.
Un problema urgente è, ovviamente, lo stato complessivo dello sviluppo economico del paese, con la mancanza di posti di lavoro e di investimenti: una delle conseguenze di tale situazione è che molti giovani istruiti se ne vanno all’estero, cosicché la futura élite, i futuri leader, indipendentemente dall’origine etnica, non sono presenti nel paese.
Tale situazione rende assolutamente necessario che questa cooperazione da parte di tutta la popolazione della Bosnia-Erzegovina, a prescindere dall’origine etnica e con la partecipazione della comunità internazionale, abbia come risultato una nuova costituzione e una riforma istituzionale, in modo da sostituire il criterio dell’etnicità con le qualità personali e la competenza professionale delle persone che saranno elette per assumere la responsabilità politica.
Anna Ibrisagic (PPE-DE). – (SV) Signor Presidente, per capire perché la situazione in Bosnia è oggi così complicata e perché abbiamo bisogno di una riforma costituzionale in tale paese, dobbiamo capire il contesto. Chiunque abbia vissuto la guerra in Bosnia o abbia seguito gli eventi nei Balcani durante gli anni ’90 sa che l’accordo di Dayton aveva un unico compito, quello di porre fine alla guerra. Era estremamente importante porre una fine immediata ai conflitti e impedire che il paese fosse costretto a sostenere un altro inverno di guerra. Inoltre, nessuno pensava che la soluzione offerta dall’accordo di Dayton fosse perfetta. Al contrario, molti ritenevano che non fosse affatto buona. L’accordo di Dayton dovrebbe probabilmente essere considerato più un risultato degli sforzi internazionali che non un compromesso voluto dai vari leader politici della Bosnia. Da allora, l’accordo di pace ha permesso, è vero, alla Bosnia di mantenere la sua integrità territoriale. Nel contempo, tuttavia, l’allegato 4 all’accordo affermava che il paese doveva consistere in due parti: una federazione tra bosniaci e croati, e una parte serba denominata Republika Srpska.
Dieci anni più tardi, constatiamo che le conseguenze dell’accordo di Dayton sono tali da rendere difficile per la Bosnia operare come un normale paese europeo. Quindi è inutile che continuiamo a parlare delle centinaia di ministri o dell’ingombrante apparato statale. A mio parere, il problema principale è che l’accordo di Dayton ha condotto a una situazione nella quale sono prioritari gli interessi etnici, e non quelli dei singoli cittadini. In questo modo, l’accordo di Dayton ha completato il lavoro cominciato dai partiti nazionalisti durante la prima elezione postcomunista, nel 1990. Questi partiti hanno ancora un potere politico più o meno assoluto e condividono un’ambizione più o meno pronunciata a dominare su un certo territorio popolato da un particolare gruppo etnico. Da ciò deriva la difficoltà di concordare un futuro economico o politico per tutti i cittadini, nonché la difficoltà di trovare un accordo su un presidente, sui sistemi di istruzione o sui dazi doganali. La dimensione etnica è diventata, e rimane, più importante della dimensione civica.
Io sono nata e cresciuta in Bosnia e ho vissuto la guerra in quel paese. Sono assolutamente convinta che la Bosnia debba ricevere l’aiuto pratico di cui ha bisogno dalla comunità internazionale, proprio come quando fu concluso l’accordo di Dayton. Questa eccellente risoluzione potrebbe essere il primo passo di un impegno forte dell’Unione europea per questo obiettivo.
Borut Pahor (PSE). – (SL) La Bosnia si trova attualmente a un punto molto delicato, che si potrebbe descrivere come una transizione da un periodo in cui la sua principale aspirazione era la pace a un periodo in cui la sua principale aspirazione è lo sviluppo. Poiché questo concetto si riflette chiaramente nella formulazione della risoluzione, come ci hanno illustrato con grande eloquenza i due oratori che hanno aperto la discussione, do il mio appoggio alla proposta di risoluzione.
Vorrei tuttavia sottolineare che a mio parere è d’importanza vitale per il futuro della Bosnia il rafforzamento della sua autorità centrale. Personalmente non credo che la Bosnia possa divenire in futuro uno Stato sviluppato e sicuro senza una semplificazione dei processi decisionali a livello nazionale.
Questi processi decisionali estremamente complessi sono stati e sono ancora in ampia misura mirati a mantenere la pace e a promuovere la cooperazione fra le tre comunità nazionali. Ma se la Bosnia vuole compiere reali progressi, la sua politica decisionale deve essere semplificata radicalmente, resa più trasparente e, ovviamente, più democratica, con maggiori poteri alle autorità centrali e una presenza ridotta dei rappresentanti della comunità internazionale.
Io credo che tutto questo sia necessario se vogliamo che la popolazione in Bosnia-Erzegovina possa sentirsi più sicura, più di quanto potreste sentirvi oggi nelle strade di questo paese.
(Applausi)
Sarah Ludford (ALDE). – (EN) Signor Presidente, apprezzo moltissimo il viaggio del Presidente Barroso e del Commissario Rehn quale dimostrazione visibile del nostro impegno per il futuro europeo dei Balcani occidentali. Speriamo che durante la loro visita Karadžić e Mladić possano essere rintracciati.
La riforma costituzionale della Bosnia è essenziale, non tanto come interessante esercizio intellettuale, quanto per permettere allo Stato di attuare in modo efficace i regolamenti e le politiche necessarie per il successo economico, ivi comprese opportunità di scambi commerciali con l’Unione europea.
Sono fortemente favorevole al recente Libro verde della Commissione. Speravo in particolare che si potesse entro breve introdurre misure di agevolazione in materia di visti, come dimostrazione pratica della libertà che l’Europa significa per i bosniaci, oltre al duro lavoro che richiede.
Spero che non mi giudicherete troppo di parte se dico che, malgrado il suo mandato non sia stato esente da controversie, Lord Ashdown ha dimostrato enorme dedizione alla causa del futuro europeo della Bosnia, aiutando questo paese nel cammino da Dayton a Bruxelles. La porta è aperta e vogliamo che la Bosnia entri.
Angelika Beer (Verts/ALE). – (DE) Signor Presidente, vorrei ribadire, a beneficio dell’Assemblea, le ragioni per le quali il mio gruppo ha preso l’iniziativa di questa discussione.
La Bosnia-Erzegovina si è finalmente impegnata nel compito di modificare la costituzione, perché tale riforma è necessaria per un avvicinamento all’Unione europea. Nel gennaio di quest’anno, si è creata una situazione molto seria quando, proprio nel momento in cui si è giunti a questa fase, un gruppo di esperti americani ha cercato di imporre tale riforma all’improvviso, senza un coinvolgimento europeo. Questo è accaduto nel momento in cui il mandato di Paddy Ashdown era già terminato e quello di Schwarz-Schilling non era ancora cominciato. Una cosa del genere non si deve ripetere. Sono ottimista e ritengo che Schwarz-Schilling, come Alto rappresentante, avrà a cuore gli interessi della popolazione della Bosnia-Erzegovina e prenderà sul serio la propria responsabilità di lavorare affinché il nostro obiettivo politico possa essere realizzato. Con questo intendo dire che, a dieci anni da Dayton, a dieci anni dall’intervento militare dell’Unione europea, si adopererà per porre fine alla divisione etnica e perché la Bosnia-Erzegovina sia in grado di affrontare il futuro unita.
Bernd Posselt (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, la Bosnia-Erzegovina è profondamente divisa lungo demarcazioni di carattere etnico e religioso, e una pacificazione a lungo termine dipende dalla volontà di non ignorare queste realtà – rispecchiate con forza, ad esempio, nelle elezioni – ma piuttosto di rispettarle e integrarle verso il ragionevole obiettivo di cui ha parlato il Presidente austriaco. Non possiamo che rallegrarci della fine della dittatura liberale di Lord Ashdown, che ha emarginato tra gli altri i leader religiosi, e aspettare con ansia l’adozione da parte di Schwarz-Schilling di un approccio più sensibile per ordinare gli affari del paese.
Vi sono due questioni principali che dobbiamo affrontare in Parlamento. La prima, cui è già stato fatto riferimento, è rappresentata dal processo di riforma della costituzione. Il paese è attualmente una federazione ineguale, che non può funzionare a lungo termine, comprendente la Federazione bosniaca/croata dominata dai bosniaci, i serbi e la loro Republika Srpska e i croati dell’Erzegovina, che stanno per conto proprio, ma quelli che sono davvero emarginati sono i croati bosniaci, che riescono a malapena a trovare uno spazio in questo stato di cose. Per tale motivo questa struttura non funzionerà, neppure con l’aggiunta eccessivamente burocratica dei cantoni. La necessità più urgente è una riforma della costituzione che crei una federazione simmetrica di tutti e tre i gruppi etnici, eliminando i cantoni e le sovrastrutture burocratiche che rendono impossibile una gestione efficiente del paese.
Il secondo aspetto significativo l’ho già menzionato: si tratta delle comunità religiose e del ruolo assolutamente fondamentale che svolgono nel paese. Molto è stato detto in questa sede sull’islam. Quando la Bosnia divenne austriaca, fu istituito in Austria un organo pubblico per i musulmani, tuttora esistente, che fa di questo paese l’unico Stato membro dell’UE in cui esiste un ente rappresentativo della comunità islamica riconosciuto come tale dagli stessi musulmani. Questa istituzione è strettamente legata alla Bosnia. Nella stessa Bosnia-Erzegovina esiste anche il Reis-ul-Ulema, che, insieme ad altre istituzioni, è importante come manifestazione di un islam europeo. Inoltre anche le comunità di fede cristiana in questo paese, rappresentate da personalità eminenti come monsignor Komarica, dovrebbero essere coinvolte attivamente nel processo di pace ed essere accettate come entità giuridiche.
Justas Vincas Paleckis (PSE). – (LT) Se i nodi etnici e politici più intricati in Europa si trovano nei Balcani, il più ingarbugliato di tutti è in Bosnia-Erzegovina. In nessun’altra parte d’Europa sono così numerose le tombe recenti, così tanti i parchi e gli stadi trasformati in cimiteri.
Perciò questa risoluzione, che sostengo vivamente, è così necessaria e importante. Un anno fa io stesso mi sono reso conto che la prospettiva dell’adesione all’Unione europea stava rendendo più calmo e migliore questo sfortunato paese. E’ un percorso che devono seguire ancor più risolutamente bosniaci, serbi e croati, per ritornare alla coesistenza pacifica sotto nuove condizioni e per consolidarla a livello istituzionale.
Il sostegno dell’Unione europea lungo questo percorso è stato e continuerà ad essere particolarmente significativo. Venti anni fa gli abitanti di questo paese potevano viaggiare liberamente sia a est che a ovest. Ora i cittadini della piccola Bosnia-Erzegovina sono costretti entro le barriere poste dai visti. Queste devono essere abbattute, sia da Sarajevo che da Bruxelles. In particolare, esorterei la Commissione a garantire ai giovani di questo paese la possibilità di studiare nelle università degli Stati membri dell’Unione europea, cosicché possano conoscere l’Europa, la sua esperienza di riconciliazione tra nazioni che in passato erano acerrime nemiche e il carattere composito della cultura europea.
Annemie Neyts-Uyttebroeck (ALDE). – (NL) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, onorevoli colleghi, innanzi tutto desidero contestare la definizione dell’onorevole Posselt secondo cui il mandato di Lord Ashdown sarebbe stato una dittatura liberale. Certamente la leadership di Lord Ashdown è stata energica, ma trovo eccepibile sia il sostantivo “dittatura” che l’aggettivo “liberale”.
Passando ora alla Bosnia-Erzegovina, si può dire che da 15 anni viene usata come cavia, cosa di cui i bosniaci, i croati e i serbi sono ben consapevoli. Prima è stata la cavia di uno Stato comunista che si stava disgregando. Poi è divenuta una cavia per un’Unione europea che all’epoca, più di dieci anni fa, non aveva una reale politica estera o di sicurezza. E’ stata anche una cavia per una NATO in cerca di una nuova missione e purtroppo anche per tutti coloro che si nutrono di violenza e di guerra. In questi ultimi anni, è stata un moderno protettorato.
Spero che l’Unione europea e i leader della Bosnia-Erzegovina sappiano approfittare della prospettiva di un accordo di stabilità e di associazione per trasformare questo paese in uno Stato adulto, in cammino verso l’adesione all’UE.
Jacek Protasiewicz (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, i dieci anni trascorsi dalla firma degli accordi di pace di Dayton hanno portato la pace alla Bosnia-Erzegovina, ma non hanno risolto gravi problemi politici e sociali. Una struttura istituzionale complessa significa che il processo decisionale politico non è trasparente, mentre la spesa per l’amministrazione a tutti i livelli costituisce un onere considerevole per le finanze pubbliche.
I fattori positivi, come la crescita economica relativamente buona e le riforme della polizia, della difesa e del regime fiscale, non dovrebbero far dimenticare che senza riforme costituzionali fondamentali è difficile essere ottimisti sul futuro della Bosnia-Erzegovina. L’Unione europea ha una particolare responsabilità a tale riguardo. Il negoziato per un accordo di stabilizzazione e di associazione, avviato a gennaio, è un passo efficace nella direzione giusta, poiché la prospettiva dell’integrazione con le strutture europee rafforzerà l’evoluzione verso l’essenziale riforma politica, istituzionale ed economica. Ne sono certo.
A questo punto vorrei precisare che sono fortemente favorevole a non subordinare i progressi nei negoziati dell’accordo di stabilizzazione a quelli compiuti nel processo di riforma costituzionale. I cittadini della Bosnia-Erzegovina contano su un futuro migliore con strette relazioni con l’Unione europea. Non possiamo permettere che tale prospettiva sia minacciata da conflitti interni politici o etnici.
Desidero ringraziare gli iniziatori del presente dibattito e gli autori di questa proposta, che non ha bisogno di alcun emendamento. Penso in particolare all’emendamento n. 2. Auguro inoltre alla Presidenza austriaca ogni successo nel risolvere i complessi problemi dei Balcani: è un risultato che gioverebbe a tutta l’Europa e non solo ai paesi interessati.
(Applausi)
Ignasi Guardans Cambó (ALDE). – (ES) Signor Presidente, in Spagna la guerra civile finì nel 1939. Sono trascorsi più di 60 anni e in certe città e in certe parti della Spagna si stanno ancora rimarginando le ferite di quella guerra civile, che peraltro non può essere paragonata, dal punto di vista etnico, alla guerra in Bosnia-Erzegovina e che aveva inoltre spiegazioni molto più semplici.
Dico questo affinché alcuni possano comprendere un po’ meglio le enormi difficoltà di una reale riconciliazione, quella che deve nascere tra la gente, tra le famiglie, nelle strade e nelle città, in particolare se si tratta di una pace puramente militare, o, almeno all’inizio, di una pace imposta.
Il processo della Bosnia è quindi esemplare. E’ assolutamente esemplare che in così poco tempo ci troviamo di fronte a un paese pacificato e con un progetto per il futuro, instabile, ma comunque un progetto. Tuttavia, è ovvio che Dayton non può essere la soluzione definitiva. Dobbiamo pertanto sostenere chiaramente la trasformazione costituzionale al fine di risolvere tutte le questioni lasciate in sospeso da Dayton, che potevano avere un senso all’epoca come soluzione temporanea, ma che, evidentemente, non contribuiscono a costruire un progetto politico comune.
E’ questo che dobbiamo appoggiare: la costruzione di un vero progetto politico comune tra tutti, che coinvolga i giovani – e a questo proposito mi ricollego a ciò che è stato detto poco fa – i giovani della Bosnia-Erzegovina e il loro rapporto con l’Europa, agevolando quindi il flusso di studenti tra la Bosnia-Erzegovina e l’Unione europea.
Alojz Peterle (PPE-DE). – (SL) Voglio dire innanzi tutto che apprezzo la chiara ambizione dimostrata dall’Austria riguardo ai Balcani occidentali, una regione che rimane di cruciale importanza per la nostra sicurezza collettiva e per la politica estera e di difesa all’interno dell’Europa stessa. Parimenti, accolgo con soddisfazione i progressi compiuti dalla Bosnia-Erzegovina verso una prospettiva europea. Seguendo i tragici eventi in Bosnia-Erzegovina nel corso degli anni, desideravamo intensamente vedere più Europa. Ora abbiamo più Europa in senso politico e militare. Dieci anni dopo Dayton, ora vogliamo vedere anche più Bosnia-Erzegovina.
L’Unione europea ha offerto alla Bosnia-Erzegovina la prospettiva credibile della piena adesione e di un reale progresso, ma questo dipende sempre più dalla volontà politica e dalla qualità dei processi decisionali all’interno della stessa Bosnia-Erzegovina. La tragica esperienza ha dimostrato che il progresso non può essere garantito se qualcuno degli elementi costitutivi della Bosnia-Erzegovina è escluso o privato di qualsiasi potere, ma può realizzarsi solo sulla base del rispetto per la dignità di tutte le identità e di tutte le entità.
I progressi saranno tanto più rapidi se gli standard europei di rispetto per la diversità e di disponibilità a trovare denominatori comuni saranno applicati appena possibile. Senza dubbio un’occasione è offerta dalla riforma costituzionale, dato che l’accordo di Dayton sembra ormai superato. Mi aspetto che le future Presidenze continueranno a prestare la massima attenzione ai paesi dei Balcani occidentali.
(Applausi)
Hans Winkler, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, vi sono molto grato per questa discussione e per tutto ciò che è stato detto. Non posso che essere d’accordo con tutti gli oratori intervenuti; i pareri da voi espressi dimostrano che il Consiglio e la Commissione sono sulla strada giusta e apprezziamo il vostro appoggio.
Concordo in particolare con la Baronessa Ludford. Quando oggi critichiamo le strutture create da Dayton, non dovremmo dimenticare che Dayton è stato il punto di partenza per la pace. Dobbiamo essere grati per questo e dobbiamo riconoscerlo – anche se, ovviamente, ora dobbiamo ammettere che quelle strutture non sono ideali.
Quasi tutti gli oratori intervenuti hanno fatto riferimento a uno degli attuali problemi della Bosnia-Erzegovina, vale a dire le sue sovrastrutture burocratiche. Tuttavia, pur non disconoscendo tale problema, non dobbiamo dimenticare cosa motivò la creazione di tali strutture: esse furono create in seguito alla diffidenza diffusa tra i gruppi etnici, che non si fidavano l’uno dell’altro e volevano – e dovevano – controllare l’operato degli altri. In risposta a ciò che ha detto l’onorevole deputato spagnolo sulla guerra civile nel suo paese, lo stesso è avvenuto in questo caso: non dobbiamo dimenticare che questi gruppi etnici si erano inflitti reciprocamente violenze terribili.
Nella misura in cui saremo capaci di ridurre questa diffidenza e di promuovere la comprensione reciproca alla quale ha fatto riferimento l’onorevole Peterle, riusciremo a cambiare le strutture, poiché non credo che sarebbe giusto tentare di imporre un cambiamento dall’alto in assenza di tale fiducia. Noi nell’Unione europea dobbiamo adoperarci per ridurre questa diffidenza e fare tutto ciò che è in nostro potere per contribuire a realizzare tale obiettivo. Dobbiamo agire in concreto per promuovere la diffusione dei valori europei in questo paese e naturalmente approvo quello che è stato detto riguardo ai giovani. Dobbiamo offrire loro il nostro sostegno, ad esempio agevolando i viaggi all’estero, e il pacchetto che l’Unione europea intende elaborare a loro favore comprenderà anche una facilitazione per l’ottenimento dei visti.
Vi ringrazio molto, ancora una volta, per i vostri interventi. Insieme con la Commissione, il Consiglio continuerà a lavorare per la realizzazione di tutti gli obiettivi che oggi ci siamo prefissati.
Olli Rehn, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, prendo atto dell’ampio consenso emerso in questa discussione sulla necessità di una maggiore responsabilizzazione locale dei politici bosniaci e di un nuovo ruolo per la comunità internazionale. Vi ringrazio altresì per questa eccellente discussione, che dimostra l’impegno del Parlamento europeo e della Presidenza a favore della nostra politica comune nei Balcani occidentali e della prospettiva europea.
Dovremmo essere tutti soddisfatti per l’avvio molto positivo dei negoziati sull’accordo di stabilizzazione e di associazione con la Bosnia-Erzegovina, anche se dobbiamo riconoscere che il paese deve affrontare ancora molte sfide, segnatamente a livello di attuazione.
Inoltre, siamo tutti d’accordo che Dayton ha posto fine alla guerra, ma che certamente non costituisce un quadro altrettanto appropriato per l’adeguato funzionamento di uno Stato e dobbiamo quindi considerarci partner dell’evoluzione costituzionale in Bosnia-Erzegovina.
Molti di voi hanno sottolineato la necessità di sviluppo economico e condivido pienamente questo parere. Per questo motivo abbiamo presentato molte proposte nella comunicazione di Salisburgo relativa allo sviluppo economico, al commercio e agli investimenti. Nell’ambito degli aiuti di preadesione stiamo già passando dalla ricostruzione allo sviluppo economico. Nella comunicazione proponiamo di sostituire gli attuali 31 accordi di libero scambio bilaterali con un accordo di libero scambio regionale, al fine di incoraggiare il commercio e gli investimenti, e quindi la produzione e la creazione di posti di lavoro nella regione.
Infine, sono pienamente d’accordo con quanti hanno sottolineato la necessità di lavorare in vista dell’adesione all’Unione europea nell’attuale o nella prossima generazione, motivo per cui la comunicazione di Salisburgo comprende proposte riguardanti l’agevolazione per l’ottenimento dei visti e programmi di borse di studio.
Per dimostrare l’impegno mio personale, della Commissione e del Presidente Barroso, questa settimana mi recherò a Zagabria e successivamente a Sarajevo.
(Applausi)
Presidente. – Comunico di aver ricevuto sei proposte di risoluzione(1) ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2, del Regolamento.