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Procedura : 2005/2188(INI)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo del documento : A6-0031/2006

Testi presentati :

A6-0031/2006

Discussioni :

PV 14/03/2006 - 6
CRE 14/03/2006 - 6

Votazioni :

PV 15/03/2006 - 4.8
CRE 15/03/2006 - 4.8
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2006)0088

Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 14 marzo 2006 - Strasburgo Edizione GU

6. Ristrutturazioni e occupazione (discussione)
Processo verbale
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione presentata dall’on. Jean Louis Cottigny, a nome della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, sulle ristrutturazioni e l’occupazione [2005/2188(INI)] (A6-0031/2006).

 
  
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  Jean Louis Cottigny (PSE), relatore. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto ringraziare i miei colleghi per la fiducia che mi hanno dimostrato assegnandomi questa relazione.

Per preparare la relazione, uno dei metodi che ho utilizzato è stato l’ascolto. Ho ricevuto tutte le parti sociali – lavoratori, imprenditori – ho incontrato il Consiglio economico e sociale e il Comitato delle regioni e ho tenuto una riunione con il Commissario Špidla e i partner della Commissione.

Abbiamo anche svolto un enorme lavoro di concertazione con i relatori ombra e vorrei ringraziare i colleghi Bachelot, McDonald, Schroedter e Beaupuy, per la loro disponibilità al compromesso e per la qualità del loro lavoro.

Quando si parla di ristrutturazioni, si ha sempre l’impressione di cadere dalle nuvole e di ritrovarsi di fronte a una novità. In realtà il fenomeno è vecchio come il mondo e assolutamente ineluttabile. La società cambia, progredisce, si modernizza. E’ normale che la sua attività economica segua lo stesso andamento evolutivo.

I progressi tecnologici dell’uomo da secoli sono generatori di ristrutturazioni. Farò un esempio che sono sicuro non urterà le suscettibilità di nessuno in questo Emiciclo: nella transizione dalla società della caccia e della raccolta a quella agreste, i nostri antenati hanno conosciuto ristrutturazioni importanti. Detto questo, è vero che questi fenomeni di ristrutturazione, con l’accelerazione del progresso e la dimensione ormai globale del mercato, hanno assunto un volto nuovo.

Ogni nostra nuova decisione può determinare altre ristrutturazioni. Ecco perché vorrei congratularmi, se mi è consentito, con la Commissione per aver preso atto, nella sua comunicazione, che essendo l’Unione talvolta, come nel caso del tessile, all’origine di fenomeni di ristrutturazione, essa ha l’obbligo di assumersi la propria parte di responsabilità accompagnandoli al meglio.

Come avrete avuto modo di constatare, in tutta la mia relazione ho tenuto a riaffermare il carattere di necessità delle ristrutturazioni, perché dal mio punto di vista esse sono la garanzia per mantenere la competitività economica delle nostre imprese e dunque per salvaguardare l’occupazione. Tuttavia, esaminando tale problematica non possiamo ignorare le ristrutturazioni basate su pretesti fallaci, dietro i quali si nasconde la semplice ricerca del profitto immediato. Tali comportamenti si possono legittimamente giudicare immorali, perché è inammissibile, oggi, in Europa, che un padre di famiglia si debba ritrovare il lunedì mattina davanti ai cancelli chiusi di una fabbrica che è stata svuotata in fretta e furia durante il fine settimana.

Il ruolo delle nostre Istituzioni, nonché delle parti sociali, è intervenire il più possibile a monte, per prevedere meglio le ristrutturazioni e attenuarne le conseguenze in termini di costi sociali. In effetti, le ristrutturazioni, a prescindere dal fatto che siano giustificate o meno, molto spesso lasciano i lavoratori in mezzo alla strada.

Le ristrutturazioni non costituiscono un fenomeno che tocca questo o quello Stato membro specifico. Non bisogna cedere al canto delle sirene che cercano di aizzarci gli uni contro gli altri, quando in questo Emiciclo si discute il tema dell’occupazione. Non esistono due blocchi: da un lato, i vecchi Stati membri e dall’altro i nuovi Stati membri. No, vi sono 450 milioni di europei che, da un giorno all’altro, da Tallinn a Lisbona, possono trovarsi improvvisamente di fronte a questa situazione.

Nella mia relazione, cerco di definire tre ambiti di azione. In primo luogo, un ambito che riguarda misure di sostegno alle imprese per così dire civiche, rafforzando gli strumenti d’analisi del fenomeno, cosicché possano attivarsi per affrontarlo in anticipo, accrescendo gli aiuti per le piccole e medie imprese, incoraggiando la formazione professionale permanente, che è un diritto per i lavoratori e una risorsa innegabile per le imprese, promuovendo una riforma degli aiuti di Stato per sostenere la crescita e innanzi tutto istituendo un Fondo di adeguamento alla globalizzazione.

In secondo luogo, un campo d’azione per sanzionare le imprese “pirata” – mi sia consentito il termine – che sono di gran lunga la minoranza, certo, ma anche quelle di cui si sente parlare di più. Questo tipo di azione passa per un miglior controllo dell’utilizzo dei Fondi europei, che contrasti il turismo delle sovvenzioni, ridiscuta talune richieste di ristrutturazione, le cui motivazioni sono dubbie, promuova l’ottemperanza all’acquis giuridico comunitario e la sua corretta applicazione.

In terzo luogo, un ambito d’azione per sostenere le principali vittime del fenomeno delle ristrutturazioni: i lavoratori. Ciò implica la creazione di nuclei di riconversione permanenti, per aiutare i lavoratori a trovare un nuovo impiego nel tempo più breve possibile dopo la perdita del posto di lavoro. Si tratta di rafforzare il ruolo delle parti sociali, che sono il nostro vero asso nella manica per gestire questi fenomeni. Ecco perché chiedo ancora una volta ai colleghi di prendere in considerazione l’ipotesi di una revisione della direttiva sui comitati aziendali europei. Si tratta inoltre di incoraggiare la partecipazione dei lavoratori al capitale della loro impresa e di introdurre uno sportello unico che consenta a tutti i cittadini dell’Unione parità di accesso alle misure di sostegno.

Per concludere, credo che sia possibile, con le parti sociali e a prescindere dalle affiliazioni politiche, contribuire a sostenere le misure di accompagnamento delle ristrutturazioni per vincere la battaglia dell’occupazione. Dobbiamo tenerlo a mente in un’epoca in cui, in un pugno di secondi, la semplice decisione di un consiglio di amministrazione, dall’altra parte del mondo, può cancellare completamente, qui da noi, il frutto di tanti decenni di lavoro. Questo dossier ci offre l’occasione di intervenire nella vita dei nostri cittadini, perché di questo si tratta al di là di tutti i tecnicismi: di uomini e donne che aspirano solo alla felicità. Nello spirito dei padri fondatori che hanno costruito l’Europa fondata sulla pace, tocca a noi, oggi, contribuire a costruire un’Europa fondata sulla pace sociale.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. TRAKATELLIS
Vicepresidente

 
  
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  Vladimir Špidla, Membro della Commissione. – (CS) Signor Presidente, onorevoli colleghi, le ristrutturazioni sono fondamentali in quanto consentiranno all’economia di svilupparsi, eliminando le attività meno produttive e rafforzando i settori chiave. Tuttavia, solitamente i nuovi posti di lavoro non coincidono con i posti di lavoro persi. La maggior parte sarà nei servizi e nelle professioni più qualificate. I lavori industriali e meno qualificati andranno scomparendo, il che comporterà costi sociali e pertanto è fondamentale prevenire le ristrutturazioni e garantire che esistano misure di accompagnamento, il che è responsabilità condivisa delle autorità pubbliche, delle imprese e delle parti sociali. La comunicazione sulle ristrutturazioni del 31 marzo 2005 è stata redatta precisamente in quest’ordine di idee. La Commissione è grata all’onorevole Cottigny e a tutti i deputati che hanno contribuito a redigere la relazione, che in linea di principio conferma il consenso generale emerso nella discussione sulle ristrutturazioni.

La Commissione si rallegra che il Parlamento approvi l’assegnazione di finanziamenti europei significativi ad azioni intese a prevenire le ristrutturazioni e garantire l’adozione di misure di accompagnamento. E’ opportuno ricorrere in più ampia misura ai Fondi strutturali per sostenere il cambiamento socioeconomico nelle regioni e per riqualificare i lavoratori più colpiti dalle ristrutturazioni in modo da aiutarli ad ottenere posti di lavoro nuovi e migliori. Inoltre la Commissione ha recentemente adottato una proposta volta a istituire un Fondo europeo per l’adeguamento alla globalizzazione, proposta che vi è già stata trasmessa. Lo scopo del Fondo in parola è garantire in futuro il livello necessario di solidarietà tra coloro che beneficiano della liberalizzazione del commercio e coloro che perderanno il posto di lavoro a causa della globalizzazione.

La Commissione prende atto di una serie di spunti interessanti nella relazione Cottigny, che esaminerà ulteriormente. Tra questi l’idea di uno sportello unico europeo per le ristrutturazioni, che ritengo particolarmente interessante. Quanto a un migliore controllo sull’utilizzazione dei fondi comunitari, la Commissione ha proposto per il periodo 2007-2013 che i fondi Comunitari rendano più severe le regole relative alle delocalizzazioni delle imprese ed estendano la responsabilità di garantire utili sul capitale investito. La Commissione propone altresì per le imprese che violano tali norme l’obbligo di restituire gli aiuti ricevuti e l’esclusione da ogni sovvenzione futura.

Se vogliamo perseguire un approccio positivo e costruttivo al cambiamento socioeconomico, è fondamentale il coinvolgimento delle autorità pubbliche a livello europeo, nazionale e regionale. Al contempo, le ristrutturazioni devono chiamare in causa principalmente quanti le realizzano e quanti ne subiranno le conseguenze, cioè le imprese e i lavoratori. Precisamente per tale motivo la comunicazione dell’anno scorso si concentrava anche sulle parti sociali europee, invitandole a portare avanti il comune compito di redigere e applicare procedure preventive e positive sulle ristrutturazioni. La Commissione ha anche invitato le parti a trovare i modi per rafforzare il ruolo dei consigli aziendali europei. Il programma di lavoro dei prossimi anni, che ha recentemente ricevuto il sostegno dei partner europei, offre le opportunità di proseguire il lavoro su entrambi i fronti. La Commissione esorta le parti sociali ad accelerare i risultati in questo settore.

Onorevoli parlamentari, le ristrutturazioni non devono diventare sinonimo di declino sociale e perdita di consistenza economica. Possono anche contribuire al progresso economico e sociale, se sono affrontate con un anticipo tale da consentire alle imprese di gestirle in modo rapido ed efficace, e alle autorità pubbliche di dare un contributo con adeguate misure di accompagnamento. Sono lieto di riscontrare questa visione nell’introduzione alla relazione del Parlamento europeo ed essa deve essere il nostro faro sulla strada della crescita, della coesione sociale e di standard di vita più elevati.

 
  
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  Roselyne Bachelot-Narquin, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, le ristrutturazioni mettono insieme due mondi: il modo dell’economia, in cui sono necessarie per far fronte ai cambiamenti dovuti alla globalizzazione e alle aspettative dei consumatori, e il mondo sociale, dove spesso sono fonte di sofferenze e angoscia per i lavoratori. Le ristrutturazioni stanno assumendo tutta un’altra dimensione con l’emergere di nuove potenze che determinano una nuova dimensione nella divisione del lavoro, che condannerà l’Europa a sviluppare il settore dei servizi rinunciando a rimanere una potenza agricola e industriale. Rifiutiamo di rassegnarci a questa prospettiva.

In tale contesto, il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei rifiuta la demonizzazione delle ristrutturazioni indispensabili, ma ritiene che il mercato europeo debba promuovere un quadro regolamentare per ammortizzare gli urti della globalizzazione. Il mercato interno non è la causa delle ristrutturazioni, ne è l’antidoto.

Nonostante ciò, questo modello europeo è anche un modello umanista e dobbiamo prendere in considerazione le sofferenze causate alle persone e ai territori colpiti da questo fenomeno. La questione si pone nei seguenti termini: come promuovere ristrutturazioni socialmente responsabili? La relazione Cottigny consente di esplorare molteplici piste, alle quali il nostro gruppo ha apportato il suo contributo.

Una prima pista consiste nella revisione della direttiva sui comitati aziendali europei e nel rafforzamento del ruolo delle parti sociali, previa un’approfondita concertazione: il relatore ha proposto un emendamento in tal senso che incontra il nostro favore. Altre piste riguardano: l’accesso al know-how e lo scambio di buone pratiche, che costituisce un ambito significativo per il metodo di coordinamento aperto; la formazione professionale, e a tal proposito ci congratuliamo che il fondo ammortizzatore proposto dal Presidente della Commissione Barroso sia inteso a sostenere la riconversione dei lavoratori colpiti e non a realizzare rischiose operazioni di salvataggio; l’ottimizzazione del sostegno alle politiche di solidarietà tramite i Fondi strutturali FSE/FESR a condizione però, signor Commissario, di non comprometterle a causa del ritardo nelle prospettive finanziarie. Infine, ricordo ovviamente la ricerca e l’innovazione.

Voglio concludere ringraziando il relatore Cottigny per la mentalità aperta che ci ha consentito di trovare numerosi compromessi e dovrebbe permettere al nostro gruppo, salvo imprevisti, di votare a favore della sua relazione.

 
  
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  Jan Andersson, a nome del gruppo PSE. – (SV) Signor Presidente, desidero innanzi tutto ringraziare il relatore per la trasparenza con cui ha lavorato sulla relazione, riuscendo così a unire la commissione. Il relatore ha davvero agito in modo eccellente.

Condivido altresì l’opinione del relatore secondo cui le ristrutturazioni non sono un fenomeno nuovo. Se penso alla mia città d’origine, mi accorgo che i grandi luoghi di lavoro che esistevano quando ero bambino non ci sono più, ne esistono di completamente nuovi. La società è cambiata in seguito a tale processo e i posti di lavoro, oggi, hanno una qualità migliore rispetto all’epoca della mia gioventù. Questa evoluzione è destinata a proseguire. Il fatto nuovo è che questo processo è assai più rapido nel mondo moderno globalizzato, motivo per cui le ristrutturazioni devono essere uno strumento.

Possono essere considerate come una minaccia o un’opportunità, ma ora che abbiamo scelto il cammino da seguire e che abbiamo affermato che non ci metteremo in competizione con la Cina e l’India, con le loro retribuzioni basse e le loro particolari condizioni di lavoro, ma manterremo livelli retributivi elevati e buone condizioni sociali, le ristrutturazioni devono essere uno strumento utilizzato nel processo di Lisbona. Il punto, tuttavia, è come gestire le ristrutturazioni.

Per prima cosa, deve esserci una pianificazione a lungo termine. Devono essere tangibili alcune tendenze. Inoltre dobbiamo agire con tempestività, perché, se procrastiniamo il nostro intervento, il ritardo potrebbe essere eccessivo. A quel punto gli stabilimenti dovranno chiudere e basta, non ci saranno alternative. La nostra azione che promuove il cambiamento deve essere tempestiva.

In secondo luogo, è necessaria la partecipazione. Le due parti in causa nell’industria, inclusi i lavoratori, devono essere coinvolte nell’intero processo di modo che, quando avviene il processo di ristrutturazione nel senso di un aggiornamento delle competenze e simili, la gente sia preparata.

Terzo, bisogna condividere le esperienze. Lo scorso fine settimana ho visitato l’Istituto di Dublino. E’ stata svolta un’analisi approfondita sui processi di ristrutturazione riusciti ed esiste una banca di informazioni sull’argomento. Ad esempio so che, dopo la chiusura dell’anno scorso, il 75 per cento dei lavoratori dell’ex Electrolux di Västervik hanno già un nuovo posto di lavoro. Vi è stata una cooperazione tra la società, entrambe le parti industriali e la comunità locale nell’ottica di creare nuova occupazione.

Ora che stiamo per istituire un nuovo Fondo per la globalizzazione, non dimentichiamo i vecchi strumenti: il Fondo sociale e l’aggiornamento delle competenze, unitamente alla responsabilità a livello nazionale e regionale. Sono un sostenitore del Fondo per la globalizzazione, se sarà utilizzato per rafforzare i singoli e per aumentare l’occupazione e non per preservare le vecchie strutture. Tuttavia, dobbiamo anche ricorrere ai vecchi strumenti, come il Fondo sociale, per promuovere l’aggiornamento delle competenze.

 
  
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  Jean Marie Beaupuy, a nome del gruppo ALDE. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, ritengo che la relazione in esame sia davvero esemplare da svariati punti di vista. Credo che il primo motivo sia che la relazione sottoposta alla nostra attenzione pone bene i termini della questione.

Alcuni di voi hanno ricordato, al pari dello stesso relatore, che il problema non è nuovo, ma esiste da millenni. Vorrei semplicemente sottolineare che i problemi di adattamento – perché le ristrutturazioni altro non sono che forme di adeguamento delle imprese – sono assolutamente vitali per poter rispondere ai bisogni dei consumatori, vale a dire di ognuno di noi.

Non voglio ripetere i diversi punti menzionati dal relatore nella sua presentazione. Vorrei dire, invece, perché lo trovo esemplare, che egli ha formulato delle proposte molto pragmatiche, che vorrei raggruppare in sei categorie. Lo hanno sottolineato in molti. Il primo punto è la necessità di intervenire il più possibile a monte. D’altronde vorrei ricordare ai colleghi, se fosse necessario, che della maggior parte delle ristrutturazioni non sentiamo parlare perché, appunto, sono decise a monte.

In secondo luogo occorre associare le parti, a livello dell’impresa, evidentemente, ma anche i partner regionali ed esterni.

Infine, e questo punto è stato già affrontato, il sostegno ai lavoratori. Insisto però su un aspetto ben preciso, il sostegno individuale ai lavoratori, perché non esistono soltanto risposte globali. Occorre davvero una risposta personalizzata. Ogni lavoratore deve trovare una risposta tramite l’informazione, l’aiuto nella ricerca di un nuovo posto di lavoro e via dicendo.

Quanto alle imprese, occorre distinguere, come è stato detto, tra imprese fraudolente – ve ne sono alcune – e le imprese assolutamente fondamentali che hanno bisogno di essere sostenute. Vorrei infine citare il sostegno alle regioni svantaggiate.

Ringrazio l’onorevole Cottigny per il modo in cui ha lavorato. Come ha detto l’onorevole Bachelot a nome del suo gruppo, vorrei affermare che, per quanto riguarda il mio gruppo, ci sono forti probabilità, anzi fortissime, che sosterremo la sua linea.

Concludendo, signor Commissario, mi auguro, com’è ovvio, che la Commissione ascolti le proposte del Parlamento, ma auspico altresì che, al di là delle nostre Istituzioni europee, i diversi attori, negli Stati membri, nelle regioni, nelle Camere di commercio, e i vari operatori professionali prendano atto della lettera e dello spirito della relazione, perché le ristrutturazioni non siano una condanna a morte, ma piuttosto, l’occasione di una ripresa per queste imprese e per questi lavoratori.

 
  
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  Elisabeth Schroedter, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, è vero che le imprese coinvolte in ristrutturazioni paragonano sempre le pressioni cui sono esposte ad una forza della natura scatenatasi improvvisamente contro di loro, ma non credo che le cose stiano in questi termini.

Le ristrutturazioni e la modernizzazione sono una responsabilità permanente delle imprese e addirittura un obbligo sociale nei confronti dei loro dipendenti. Le imprese sono responsabili dello sviluppo permanente delle competenze dei lavoratori e in proposito concordo con il relatore: la formazione di base, il perfezionamento e la formazione continua sono un diritto dei lavoratori. Ovviamene esiste la possibilità che lo sviluppo professionale e anche la formazione del personale siano finanziate da organismi pubblici, ma sarebbe un’assurdità se un’impresa sostenesse che ciò è compito dello Stato e che lo Stato deve assumersi questa responsabilità.

Ammetto che in alcune regioni le ristrutturazioni o le delocalizzazioni delle imprese si accompagnano ad una fortissima disoccupazione, ma vorrei ricordare che per queste situazioni esistono strumenti come i patti territoriali per l’occupazione da noi creati – Parlamento e Commissione di concerto. Gli studi dimostrano che il motivo per cui tali strumenti si sono rivelati davvero eccezionali è il coinvolgimento di tutti gli attori locali. Sono efficienti, sono stati finanziati con i Fondi strutturali europei e hanno avuto successo. Mi stupisce davvero che la Commissione sia diventata più riluttante a sostenere questi patti territoriali per l’occupazione e non vi faccia più molto ricorso, come invece avveniva in passato.

Ancora una parola sul Fondo di adeguamento alla globalizzazione. Anche il nostro gruppo sostiene questo Fondo, però la partecipazione deve essere ristretta alle imprese che si assumono effettivamente la responsabilità sociale per la riqualificazione e la formazione continua e non la scaricano su altri. Solo così si impedisce che il Fondo diventi un mero gesto simbolico. Pertanto il coinvolgimento di tutti gli attori, incluse le imprese, nei piani sociali deve essere una condizione preliminare per l’intervento dello Stato.

 
  
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  Ilda Figueiredo, a nome del gruppo GUE/NGL. (PT) La relazione riguarda uno dei problemi principali che l’UE deve affrontare attualmente, che ha serie ramificazioni in termini di disoccupazione, disuguaglianza economica e sociale e che ostacola lo sviluppo e addirittura porta all’abbandono di intere zone.

Riteniamo fondamentale che le ristrutturazioni aziendali si realizzino soltanto quando hanno lo scopo di salvaguardare i posti di lavoro e di aiutare le imprese a svilupparsi e mai soltanto per aumentare i profitti a scapito degli esuberi, o per motivi puramente finanziari o speculativi, come accade sempre più di frequente.

Perciò crediamo che occorra una regolamentazione severa per combattere queste ristrutturazioni, che portano ad investimenti che non creano occupazione e provocano migliaia di esuberi. E’ altresì necessario un controllo pubblico efficace sulle modalità di utilizzo e di concessione delle sovvenzioni comunitarie per le imprese. La nuova regolamentazione deve garantire che la concessione degli aiuti sia condizionata alla difesa dei posti di lavoro con diritti e allo sviluppo regionale nel medio termine. Altrimenti alle imprese deve essere precluso qualsiasi aiuto.

Di conseguenza, riteniamo che i lavoratori – tramite i loro rappresentanti, ovvero i consigli aziendali europei – dovrebbero avere il diritto di essere coinvolti in tutte le fasi del processo, il che significa che devono avere il diritto di voto e pertanto chiediamo una revisione della direttiva sui consigli aziendali europei.

 
  
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  Derek Roland Clark, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, prendo atto che questo pomeriggio discuteremo del settore calzaturiero europeo. Utilizzo questo settore come esempio di ristrutturazione, poiché vivo a Northampton, un tempo la capitale dell’industria calzaturiera britannica. Negli ultimi 40 anni le sette o otto grandi marche, i calzaturieri ad alta intensità di manodopera di Northampton, si sono ridotti ad uno solo, e tutte le imprese meccaniche della città se ne sono andate. Nel frattempo la città è raddoppiata, in termini di dimensioni, e anche il numero delle persone in cerca di lavoro è raddoppiato, ma il problema della disoccupazione non esiste. Il tasso di disoccupazione a Northampton è attualmente di poco al di sotto della media britannica, che è del 5,5 per cento, il più basso nell’UE ad eccezione di Svezia e Danimarca.

Come ci siamo riusciti? Come abbiamo ristrutturato? Non con i programmi dell’UE: tutto questo è iniziato prima che il Regno Unito entrasse nella Comunità europea. Non sono stati utilizzati nemmeno fondi europei. Lo abbiamo fatto con le nostre forze, rendendo la città attrattiva per il settore dei servizi. La Barclaycard, ad esempio, una delle maggiori società di carte di credito, ha la sua sede centrale nella nostra città da molto tempo.

So che non amate questo approccio del “fai-da-te”: non si presta all’interferenza dell’UE, alle sue regole e regolamenti e alla grandiosa restituzione del denaro, che lo stesso paese ha versato, tramite assemblee regionali non elette e agenzie di sviluppo. Ancora ieri l’onorevole Schulz ha lamentato che i deputati di questo Parlamento non hanno altrettanta voce in capitolo del Consiglio e della Commissione che è un’Istituzione non eletta.

Allora cancelliamo Lisbona II e lasciamo che i governi nazionali e gli enti locali degli Stati membri svolgano il lavoro per cui sono stati democraticamente eletti.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, è del tutto scontato che le imprese debbano adeguarsi alle nuove condizioni e alle nuove sfide imposte dall’economia globale, dalla maggiore competitività e dai cambiamenti sociali. Il nostro ruolo è adottare le azioni atte a fare sì che tali cambiamenti mirino ad accrescere la competitività minimizzando i costi sociali.

Nel considerare nuove soluzioni giuridiche a livello europeo, non dovremmo focalizzarci esclusivamente sulla necessità di migliorare i risultati finanziari e la redditività. La nostra principale preoccupazione deve sempre essere il bene dei cittadini. Sono loro che ci hanno eletto per rappresentare i loro interessi e per promuovere il benessere. Le risorse a nostra disposizione dovrebbero essere orientate principalmente alle regioni più deboli che per lo più si trovano negli Stati membri che per ultimi hanno aderito all’Unione.

Concludendo, e facendo riferimento alla discussione di ieri sulle delocalizzazioni nel contesto dello sviluppo regionale, mi permetto di segnalare che molti, gli stessi deputati di questo Parlamento, hanno dimenticato in fretta le speranze suscitate nei nuovi Stati membri nel corso delle campagne di preadesione. Esiste anche una tendenza a dimenticare gli impegni assunti nei confronti di questi paesi. Dobbiamo ricordare che sono questi i paesi in cui la situazione è particolarmente difficile e la disoccupazione più elevata.

 
  
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  Alessandro Battilocchio (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, parlo a nome del nuovo PSI. Anche oggi in quest’aula ci troviamo davanti a un bivio: l’Europa deve scegliere se procedere in favore di un’apertura dei mercati che segua ciecamente le leggi naturali della concorrenza o al contrario decidere di tutelare i suoi lavoratori dai rischi legati a una liberalizzazione eccessiva.

Ancora una volta, da riformista, credo che la giusta strada sia nel mezzo: impedire le ristrutturazioni è utopico. Quello che l’UE può e deve fare è prevenirle con incentivi per le piccole imprese, per renderle il più possibile competitive a livello internazionale, e con disincentivi contro il cosiddetto turismo delle sovvenzioni. Va inoltre impostata una strategia atta a favorire con tutti i mezzi il pieno e soddisfacente inserimento delle nostre risorse umane per combattere la disoccupazione ed evitare la fuga dei cervelli migliori al di fuori dei nostri confini.

Nei casi di ristrutturazione inevitabile, l’UE dovrà inoltre garantire tutto il sostegno necessario per limitare i licenziamenti e tutelare lealmente i lavoratori, con l’ausilio giustamente richiesto dal relatore, di fondi ad hoc.

 
  
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  Philip Bushill-Matthews (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, sono d’accordo con il Commissario, quando ha affermato, in apertura della discussione che le ristrutturazioni sono necessarie per ridurre le attività che non sono più sufficientemente produttive. Il punto è come gestire le ristrutturazioni e chi le dovrebbe gestire. Ancora una volta concordo con il Commissario che questo compito dovrebbe spettare alle imprese stesse, ai datori di lavoro e ai lavoratori direttamente coinvolti.

In origine la votazione sulla relazione era prevista nella sessione di febbraio, ma i principali gruppi politici, a ragione, hanno deciso di ritardarla di un mese per avere il tempo di migliorare il testo. I tempi supplementari sicuramente sono stati utili. Alcuni degli emendamenti ora presentati costituiscono un progresso. La collega Bachelot-Narquin è stata particolarmente attiva in questo senso e la ringrazio per il suo impegno. Tuttavia non dovremmo soltanto adottare gli emendamenti positivi, dovremmo anche stralciare completamente alcuni dei paragrafi originari. Diversamente la relazione riguarderà sostanzialmente la resistenza al cambiamento e il rafforzamento del potere dei sindacati per fronteggiarlo. Invece dovrebbe occuparsi dei modi per consentire il cambiamento e rafforzare il potere dei lavoratori per gestirlo.

Il relatore avrà compreso che la sua relazione ancora non mi piace. Non ha bisogno soltanto di essere migliorata, ha bisogno – se così posso esprimermi – di una ristrutturazione. Come egli sa, sono uno dei deputati che ha votato contro la relazione in commissione, in parte per aiutarci a presentare ulteriori emendamenti per questa sessione, ma ora devo aggiungere che i miei colleghi conservatori britannici, come alcune altre delegazioni nazionali, per quanto ne so, si riservano il diritto di votare contro domani in plenaria. Pur trattandosi di una relazione non legislativa, sarebbe un peccato bocciare una relazione su un tema tanto importante. Sarebbe comunque meglio non approvarla piuttosto che far erroneamente credere che questo Parlamento sia più preoccupato di cercare di preservare il passato invece che di aiutare i datori di lavoro e i lavoratori ad affrontare il futuro.

 
  
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  Françoise Castex (PSE).(FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, dopo la relazione Hutchinson, in esame ieri sera, la relazione Cottigny imposta la discussione sulle ristrutturazioni e le delocalizzazioni delle imprese.

Desidero ringraziare i due relatori per aver sollevato tali problematiche socioeconomiche che sono tra quelle che più generano ansia e insicurezza sociale nei nostri concittadini. E’ una fortuna che il Parlamento ne discuta perché, signor Commissario, è urgente che la Commissione adotti delle misure. Tali questioni pongono l’Unione europea di fronte alla sfida della competitività economica delle nostre imprese e della sicurezza del posto di lavoro per i lavoratori europei. Nell’immaginario dei lavoratori europei, le delocalizzazioni e le ristrutturazioni sono collegate e praticamente sinonimi, perché producono i medesimi effetti: la perdita del posto dopo anni di lavoro nello stesso settore di attività, talvolta nella stessa impresa, addirittura la messa in discussione del proprio valore professionale. Ciò non dovrebbe accadere, perché le ristrutturazioni, a volte, sono il segno del progresso, del progresso tecnico. Le ristrutturazioni non hanno le stesse cause economiche delle delocalizzazioni e spetta al legislatore apportare a ciascun problema la soluzione adeguata.

Vorrei mettere in rilievo il problema delle ristrutturazioni delle imprese indotte da sviluppi tecnologici. Di fatto, questo è il perno della relazione Cottigny. Tale questione pone all’Unione europea la sfida di adattarsi ai mutamenti sempre più rapidi della nostra era del progresso tecnico. Ci pone realmente di fronte alla sfida di anticipare questi sviluppi. Si dice che governare è prevedere. Allo stesso modo anche avviare imprese, essere all’avanguardia della produzione e della concorrenza economica significa prevedere. Non si tratta di adeguarsi al progresso, bensì di anticiparlo, inventarlo. In questo ambito la responsabilità è esclusivamente delle imprese: esse devono produrre e aiutare i propri lavoratori ad anticipare i cambiamenti, offrendo loro una formazione continua. Questo è il tema della relazione Cottigny e vi chiedo, signor Commissario e onorevoli colleghi, di sostenere queste proposte.

 
  
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  Gabriele Zimmer (GUE/NGL).(DE) Signor Presidente, ringrazio molto il collega Cottigny per la solerzia profusa nella relazione. Tuttavia, dubito che l’intento sotteso alla relazione, cioè attenuare le conseguenze sociali delle ristrutturazioni, possa realmente concretizzarsi.

Primo: l’Unione europea pone come obiettivo dell’attività economica, e dunque delle ristrutturazioni, il consolidamento della sua competitività sui mercati globali, il che equivale praticamente a un tentativo di individuare e trovare le aree più deboli al di fuori dell’UE verso le quali poter trasferire i perdenti.

Secondo: per poter realmente contrastare le conseguenze delle ristrutturazioni, i fondi a favore delle vittime della globalizzazione dovrebbero essere tanto cospicui da indebolire a loro volta la competitività. Invece di esportare i nostri problemi, come UE dovremmo accettare le ristrutturazioni, ma interrogarci sulle loro modalità. Abbiamo bisogno di un modo diverso di gestire l’economia, di un modo di produzione nella società, realmente fondato sulla sostenibilità sociale e globale. L’obiettivo non deve essere quello di battere la concorrenza a tutti i costi e non dobbiamo asservirci a questa logica. Questa è la vera sfida di fronte alla quale ci troviamo.

 
  
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  Georgios Karatzaferis (IND/DEM).(EL) Signor Presidente, le parole sono belle, ma occorre passare ai fatti. Bisognerebbe andare a ripetere queste stesse affermazioni che abbiamo udito in quest’Aula a Salonicco o in Macedonia o a Naoussa, che è una città morta: le delocalizzazioni hanno portato disoccupazione, povertà, ingiustizia sociale e morte. Questa è la verità.

L’IKEA ha aperto ad Atene e duemila cinquecento piccoli negozi ed esercizi artigianali hanno chiuso i battenti. Come possono ristrutturarsi? Come sapete, quando arrivano le grandi imprese, quelle piccole vanno a picco. E’ diventata una giungla, un oceano in cui i pesci grandi mangiano i pesci piccoli. Arriva un Carrefour di 20 000 metri quadrati e tutti i piccoli negozi nell’intera regione chiudono. Che dobbiamo fare? Cosa faremo? Come possiamo aiutare? Questa è la realtà. Si tratta di un grave problema. Abbiamo lasciato briglia sciolta al capitalismo, che invade la vita e seppellisce i sogni dei più deboli. Oggi non funziona nulla. In Macedonia, che una volta era la fucina dell’occupazione europea, oggi la disoccupazione si attesta intorno al 20 per cento. Che fare? Come salvare questo mondo dal bisogno e dalla povertà? Formiamo un nuovo esercito di nuovi poveri! Questo è il problema. E’ qui che si deve intervenire, è qui che si deve aiutare.

 
  
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  Guntars Krasts (UEN).(LV) Signor Presidente, la proposta della Commissione sulle ristrutturazioni e l’occupazione contiene la conclusione secondo cui le politiche tese a bloccare il cambiamento e congelare le strutture economiche possono soltanto procrastinare il problema e dunque esacerbare gli effetti negativi. Ciò nonostante, le varie misure relative alle ristrutturazioni indicate nella relazione del Parlamento, sfortunatamente vanno proprio in tale direzione e potrebbero rendere difficoltoso per le imprese adattarsi ai cambiamenti dei mercati.

L’analisi della situazione e le conclusioni formulate dalla relazione sono in conflitto con le misure proposte. Ad esempio, la relazione accenna alla crescita rallentata dell’economia dell’Unione europea, alla scarsa competitività delle imprese e alla mobilità dei lavoratori. A dispetto di ciò, più avanti nella relazione si suggerisce che le ristrutturazioni non dovrebbero essere utilizzate per aumentare la redditività delle imprese riducendo il numero dei lavoratori. La proposta della relazione di istituire un Fondo per l’adeguamento alla crescita è un ulteriore esempio di miopia. Il modo migliore per difendere l’occupazione è creare nuovi posti di lavoro. La relazione dovrebbe anche porre in rilievo tale aspetto. Pertanto, nell’ambito delle ristrutturazioni, la politica dovrebbe, innanzi tutto, essere orientata verso la realizzazione dei modelli socioeconomici che sono improntati al cambiamento permanente. Le misure adottate dovrebbero promuovere lo sviluppo di una capacità di autoregolamentazione negli Stati membri e nell’Unione europea nel suo insieme. Soltanto in questo modo sarà possibile trovare un equilibrio tra crescita ed elevato tasso di occupazione anche nel lungo periodo.

 
  
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  Jacek Protasiewicz (PPE-DE).(PL) Signor Presidente, si è parlato ampiamente in questo Parlamento del fatto che oggigiorno le economie sono sempre più globalizzate e competitive. Questa è la situazione e gli imprenditori pertanto devono applicare una gestione moderna. La caratteristica principale di quest’ultima è la capacità di reagire in modo flessibile al cambiamento delle condizioni di mercato, con particolare riguardo alle nuove sfide competitive. Date le circostanze, non è possibile gestire le imprese in modo efficace senza un’analisi permanente dei costi e senza la disponibilità ad intraprendere le ristrutturazioni necessarie. E’ importante tenere a mente che, quando si rifugge dalle ristrutturazioni opportune, le conseguenze sono sempre dolorose per gli imprenditori, tanto quanto per i lavoratori. Non dovremmo mai dimenticarlo, quando discutiamo della relazione Cottigny sulle ristrutturazioni e l’occupazione.

Sono certo che la qualità del documento sia nettamente migliorata grazie al lavoro della commissione per l’occupazione e gli affari sociali. Tuttavia, mi sento in dovere di affermare che il testo, dal mio punto di vista, rimane controverso, in quanto sposa una linea di aperta sfiducia nei confronti degli imprenditori che ristrutturano le proprie imprese o hanno in programma di farlo. In qualità di deputato che rappresenta uno dei paesi che recentemente hanno aderito all’Unione europea sono particolarmente preoccupato dalle proposte che mirano ad imporre sanzioni alle società che trasferiscono in toto o in parte le proprie attività in altre zone dell’Unione dove i costi di produzione sono inferiori. Gli imprenditori che adottano simili decisioni certamente non attuano “interventi immorali o predatori”, per citare alla lettera il documento in esame. Secondo il mio modo di vedere è vero proprio il contrario. Essi dimostrano solide capacità gestionali e si assumono la responsabilità per il futuro della società, pertanto agiscono per promuovere lo sviluppo dell’economia dell’Unione e per aumentarne la competitività. Vorrei rammentarvi che questo è uno degli obiettivi fondamentali della strategia di Lisbona, che tanto sta a cuore a noi tutti.

Neanche l’introduzione di elementi di pianificazione centralizzata nell’economia europea è il modo giusto di rispondere alle conseguenze delle ristrutturazioni. Si è già dimostrata una scelta fallimentare e non soltanto nei paesi postcomunisti. L’unica risposta adeguata è migliorare le qualifiche, promuovere la formazione lungo tutto l’arco della vita tra i lavoratori e incoraggiarne la mobilità. Vorrei lanciare un ulteriore appello in tal senso e invocare l’abrogazione immediata degli accordi transitori sull’accesso al mercato del lavoro.

 
  
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  Emine Bozkurt (PSE).(NL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero congratularmi con l’onorevole Cottigny per la sua relazione. Nei Paesi Bassi, la mia patria, le ristrutturazioni e la globalizzazione sono temi pesanti e le opinioni su come gestire questo fenomeno divergono. I socialdemocratici, tra cui mi annovero, ritengono che non sia necessario pompare fondi dai Paesi Bassi a Bruxelles e viceversa, e che non sia questa la risposta.

Sebbene, di conseguenza, nel mio paese non tutti si rallegrino per la proposta di istituire un Fondo europeo per la globalizzazione, vorrei invece esprimere il mio personale sostegno e aggiungere che secondo me dovremmo ricorrere il più possibile alle strutture esistenti nel contesto del FES. Perché, tutto considerato, sono favorevole? Ebbene, perché i cittadini hanno bisogno di sostegno per affrontare gli effetti avversi della globalizzazione. Se tale assistenza non viene dai governi – come, di fatto, succede nei Paesi Bassi nel caso di certe regioni, ad esempio settentrionali – allora siamo contenti di riceverla dall’Europa.

 
  
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  Vladimir Špidla, Membro della Commissione. – (CS) Onorevoli parlamentari, ho ascoltato la vostra discussione con interesse e ho avuto l’impressione che sia nata da un periodo di approfondita preparazione e che il consenso emerso sia molto forte. Desidero replicare ad alcune delle questioni che sono state sollevate direttamente o indirettamente. In merito all’informazione e alla consultazione dei lavoratori, questa è la seconda fase di consultazione con le parti sociali. Quanto alla salvaguardia dei diritti dei lavoratori ad essere informati e consultati in anticipo sulle misure di ristrutturazione, tale obbligo è prescritto da alcune direttive comunitarie che devono essere severamente rispettate.

Vorrei sottolineare quanto sia fondamentale il dialogo sociale nelle imprese, in quanto costituisce uno strumento per anticipare e gestire le ristrutturazioni, e la comunicazione, pertanto, presenta la seconda fase di consultazione con le parti sociali europee come qualcosa che tocca in eguale misura le ristrutturazioni delle società e i consigli aziendali europei. Spero che le parti sociali inizieranno a lavorare intensivamente per arrivare ad introdurre meccanismi atti ad attuare e controllare i principi di riferimento indicati un anno e mezzo fa in tema di ristrutturazioni e per utilizzare i consigli aziendali europei come mediatori per il cambiamento a livello d’impresa. La Commissione reputa che questo sia il loro compito precipuo. Non si può escludere del tutto la pista legislativa, ma nella fase attuale sarebbe più appropriato e vantaggioso lasciare il campo alle parti sociali.

Sulla questione dell’assistenza comunitaria alle delocalizzazioni, consentitemi di ricordare che il quadro vigente prevede la cancellazione dell’aiuto a titolo dei Fondi strutturali nei casi in cui una data impresa subisca un cambiamento significativo, ad esempio se viene delocalizzata entro cinque anni dalla data in cui è stata adottata la decisione e in cui le risorse sono state assegnate. Vorrei altresì affermare che, in riferimento al periodo di programmazione 2007-2013, la Commissione propone di aumentare la garanzia a sette anni, a condizione che l’aiuto ricevuto sia restituito in caso di violazione del regolamento e che qualunque azienda non ottemperi a tale requisito una volta non possa più beneficiare degli aiuti in futuro.

La Commissione ha adottato di recente una proposta di regolamento che istituisce un Fondo per l’adeguamento alla globalizzazione. Spetterà al Parlamento discuterne con il Consiglio e decidere se dare la propria approvazione. La Commissione è assolutamente disposta a dibattere delle modalità del Fondo in questione e ho preso nota di alcuni suggerimenti che mi paiono importanti in quest’ottica. Tra questi figura senza dubbio l’idea che le stesse imprese devono offrire il proprio contributo nel quadro delle ristrutturazioni e che la strategia di scaricare tutte le spese sulle casse pubbliche non è sostenibile. Vorrei anche sottolineare la natura diretta e a breve termine dell’assistenza a titolo di questo Fondo, diversamente dalle attività più strutturate dei Fondi strutturali, soprattutto il Fondo sociale europeo. Ciò significa che il Fondo è pienamente ed esplicitamente concepito come uno strumento complementare rispetto a quelli esistenti, che li completa in ambiti nei quali questi non sono efficaci. Come ho già affermato, il Fondo sociale, al pari degli altri Fondi strutturali, consente attività di lungo termine mirate all’adattamento di regioni, settori e processi lavorativi al cambiamento economico e sociale, diversamente dalle richieste a breve termine poste da situazioni eccezionali specifiche. Questa è una priorità fissata per l’obiettivo dei Fondi strutturali, cioè la competitività e l’occupazione nel periodo 2007-2013.

Onorevoli parlamentari, l’idea aggregante in questa discussione è stata indubitabilmente che le ristrutturazioni offrono delle opportunità, ma che i costi umani saranno troppo elevati se non saranno gestiti in modo corretto. Tali opportunità nascono dalla struttura fondamentale della nostra società e dalla struttura fondamentale dello sviluppo moderno in generale, in quanto costituisce una ricerca di soluzioni più efficaci e più avanzate tecnologicamente negli ambiti socioeconomici. Onorevoli parlamentari perseguire la qualità della vita nell’accezione quotidiana del termine come obiettivo dei nostri sforzi è un principio fondamentale del Trattato UE. Secondo me, la comunicazione o la relazione che il Parlamento presenta è un documento ispirato che rappresenta un passo in tale direzione.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì, alle 11.30.

 
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