Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0043/2006), presentata dagli onorevoli Lissy Gröner e Amalia Sartori a nome della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che costituisce un Istituto europeo per l’uguaglianza di genere [COM(2005) 0081-C6-0083/2005 2005/0017(COD)].
Vladimír Špidla , Membro della Commissione. (CS) Signor Presidente, onorevoli deputati, la creazione di un Istituto europeo per l’uguaglianza di genere risponde a un’esigenza fondamentale, quella di dotare la politica europea in materia di parità di un nuovo strumento che consenta di compiere ulteriori progressi. Sono certo che sarete d’accordo con me nell’affermare che l’uguaglianza di genere è un obiettivo tanto economico quanto politico, oltre a essere un elemento fondamentale della nostra società democratica; costituisce infatti un principio caratterizzante della vita economica, sociale e politica europea. La piena partecipazione delle donne, con opportunità assolutamente uguali e un’importante presenza nel mercato del lavoro, è diventata un elemento fondamentale dell’economia europea in un’Unione che deve affrontare il problema dell’invecchiamento della popolazione e del calo demografico. Le relazioni della Commissione per gli anni 2005 e 2006 sull’uguaglianza di genere mostrano tuttavia che in questo settore il progresso è stato lento. Ci sono ancora grossi ostacoli che si frappongono alla realizzazione di questo obiettivo sociale.
Onorevoli deputati, se non sfruttiamo il potenziale offerto dalle donne, non realizzeremo gli obiettivi di Lisbona, e inoltre non saremo in grado di competere a livello mondiale. L’uguaglianza di genere, al di là dei suoi aspetti politici di base, costituisce un fattore competitivo fondamentale nella spietata arena della concorrenza mondiale. Per eliminare tutte le forme residue di disuguaglianza tra uomini e donne, è ora assolutamente prioritario intensificare l’impegno a livello di Unione e di Stati membri, facendo particolare attenzione alla maggiore eterogeneità dell’Europa allargata. Per tutte queste ragioni, sin dal 1999 abbiamo ritenuto essenziale la creazione di uno strumento che operi a livello europeo. Il Consiglio europeo, nel giugno 2004, ha pertanto invitato la Commissione a presentare una proposta. La Commissione quindi ha proposto di creare un’istituzione che opererebbe quale ausilio tecnico per gli organismi europei e in particolare per la Commissione nello sviluppo di politiche e nell’assistenza degli Stati membri a livello di attuazione. Il compito prioritario sarà la raccolta, l’analisi e la diffusione di dati obiettivi, attendibili e comparabili in un contesto comunitario. L’Istituto svilupperà altresì risorse metodologiche adeguate, tese in particolare a integrare la prospettiva di genere nelle politiche comunitarie. L’Istituto potrà infine contribuire anche a una maggiore visibilità della politica comunitaria, che è ora particolarmente importante e che in linea di principio è anche un elemento fondante del processo politico democratico, in quanto è della massima importanza che la situazione sia chiaramente visibile a tutti. Se un tema non è visibile o è stato nascosto, è molto difficile mobilitare l’opinione pubblica e raggiungere un consenso maggioritario.
La nostra proposta è il risultato di numerose analisi e tiene conto dei risultati di due studi di fattibilità, nonché delle innumerevoli discussioni che si sono svolte. Uno degli studi è stato condotto dalla Commissione e un altro dal Parlamento europeo, che sostiene la creazione dell’Istituto dal 2002. La proposta tiene conto delle restrizioni di bilancio e non introduce nuove spese rispetto a quanto previsto dal bilancio europeo.
Onorevoli deputati, la Commissione vuole che questa istituzione diventi un centro di eccellenza. Attualmente non esiste nessun centro di questo tipo a livello europeo. Ci sono alcuni eccellenti istituti universitari o di altra natura, ma nessun centro di questo tipo. E’ pertanto necessario che ci sia una reazione da parte nostra, e la Commissione ha dunque deciso di venire incontro all’esigenza che è stata espressa con grande enfasi da tutti i soggetti.
Lissy Gröner (PSE), relatore. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, questo Parlamento da molto tempo chiede un Istituto per l’uguaglianza di genere. Non solo esprimiamo questa richiesta ogni anno in occasione della festa internazionale della donna, ma vogliamo anche assistere a un concreto miglioramento qualitativo della politica in materia di uguaglianza. Per questo appoggiamo la proposta della Commissione.
La commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, al fine di garantire un ampio sostegno, ha affidato il compito di elaborare la relazione ai due gruppi principali, nelle persone dell’onorevole Sartori e della sottoscritta. Abbiamo raggiunto dei compromessi e abbiamo presentato congiuntamente una serie di emendamenti che hanno l’obiettivo generale di snellire l’apparato amministrativo e di assicurare il primato della politica. Vogliamo evitare duplicati e sovrapposizioni con altre agenzie. Vogliamo garantire che tutte le competenze in materia di parità di cui dispongono gli istituti nazionali – gli esperti dell’uguaglianza di genere, le università, le organizzazioni non governative – possano confluire in un’unica rete. Abbiamo suggerito aggiunte alla proposta della Commissione con l’intento di coinvolgere la società civile, attribuendole un ruolo consultivo.
L’Istituto per l’uguaglianza di genere svolgerà un ruolo molto importante consentendo a noi, chiamati a prendere decisioni politiche, di utilizzare rapidamente i risultati della ricerca in materia di uguaglianza di genere, migliorando così il processo legislativo. L’intenzione è quella di fare dell’Istituto un centro di eccellenza indipendente, che naturalmente dovrà seguire gli orientamenti di massima dell’Unione europea e della nostra politica. Sarà una pietra miliare e gli effetti della sua attività andranno molto al di là delle frontiere dell’Unione europea. C’è tuttavia anche il rischio che si dica – come alcuni deputati di questo Parlamento stanno già facendo – che non vogliamo un Istituto specificamente dedicato all’uguaglianza di genere, ma che l’Istituto dovrebbe essere integrato nell’Agenzia per i diritti umani.
In questo modo correremmo però un grosso pericolo, quello di non garantire più la visibilità dei programmi dell’Unione europea all’opinione pubblica. Come per il programma per l’uguaglianza, abbiamo bisogno di uno strumento che abbia effetti anche all’esterno. Non credo che PROGRESS ci abbia dato la possibilità di garantire la visibilità, e dobbiamo avere la certezza che l’Istituto per l’uguaglianza di genere invece ci riesca. Quello di cui abbiamo bisogno è un istituto piccolo, di livello elevato, che operi in modo estremamente efficiente.
Il nostro “no” oggi sarebbe un grave passo indietro per la politica dell’Unione europea in materia di uguaglianza di genere, e anche un grave passo indietro nella tabella di marcia per la parità tra donne e uomini che è stata presentata in modo così convincente la settimana scorsa. Il Presidente della Commissione Barroso la scorsa settimana ha illustrato il calendario. Facciamo in modo, approvando oggi la relazione Sartori/Gröner, che il calendario sia rispettato e che non ci siano ritardi.
Amalia Sartori (PPE-DE), relatrice. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, aggiungo la mia voce a quella della collega Lissy Gröner per sostenere un voto a questa proposta della Commissione che risponde a un’esigenza sentita in tutti i paesi europei, non solo dalle donne.
In realtà, come è già stato spiegato sia dal Commissario sia dalla collega Gröner, della questione si parla da molto tempo: l’idea di creare un istituto del genere risale a più di dieci anni fa, sull’impulso dell’allora ministro svedese per le Pari opportunità. Il lavoro è continuato per cinque anni, il dibattito è stato approfondito, tanto che nel 2000 il Consiglio europeo di Nizza aveva riconosciuto la necessità di uno strumento per stimolare lo scambio di esperienze e condividere assieme le informazioni in materia di parità fra uomo e donna.
La Commissione europea ha elaborato uno studio di fattibilità, lo ha poi presentato e un anno fa, l’8 marzo, è stata presa questa decisione. Tale studio è già stato indicato come un lavoro congiunto e molto importante della nostra commissione parlamentare, la quale è intervenuta affinché l’istituto divenisse quello che tutti noi volevamo: uno strumento tecnico molto agile, con il compito di raccordare fra di loro tutti i dati forniti dagli istituti statistici e diffondere tali conoscenze per dare a tutti gli operatori e a tutti coloro che sono chiamati a legiferare e a operare la possibilità di poter fare scelte rispettose di un’ottica di genere.
Qualcuno si chiederà: ma un istituto di genere è proprio necessario? Credo proprio di sì e ce lo confermano i dati che sono sotto gli occhi di tutti. A titolo di esempio la direttiva europea sull’uguaglianza di remunerazione è stata adottata trenta anni fa, nel 1975, ma ancora oggi in Europa abbiamo una disuguaglianza media del 15 per cento, che in alcuni paesi sfiora il 30 per cento.
Contano anche i dati relativi all’occupazione: Lisbona sarà realizzata soltanto se sempre più donne avranno accesso al mercato del lavoro. Per non parlare poi dei problemi della denatalità e della violenza.
A mio parere esiste un bisogno di questo istituto, serve ancora un istituto di genere per le donne, rivolto alle donne. La struttura sarà molto accorpata, ci saranno nove membri nel consiglio di amministrazione, più un rappresentante della Commissione, e un rappresentante per ogni paese nel consiglio consultivo.
Concludo dicendo che le posizioni contrarie sono di due tipi: alcuni vogliono accorpare tutto nell’istituto per i diritti umani, la cui istituzione che è già prevista a Vienna. Se io volessi dare una mano al Commissario Frattini direi di sì, ma credo che le donne non abbiano bisogno di questo. Secondo altri costa troppo, ma allora dico che in Europa abbiamo quattro istituti che si occupano di lavoro e costano sessantasei milioni di euro all’anno; questo ne costerà invece solo otto.
Jutta D. Haug (PSE), relatore per parere della commissione per i bilanci. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, nell’Unione europea abbiamo effettivamente bisogno di un altro strumento efficace che ci consenta di compiere progressi più significativi sulla strada della parità tra uomini e donne; infatti se continueremo con la politica dei piccoli passi come abbiamo fatto finora, le nostre pronipoti si troveranno ancora a dover lottare per la parità. Il futuro Istituto per l’uguaglianza di genere può essere proprio quello strumento in più, ma poiché noi europarlamentari – e in particolare noi donne – non vogliamo solo lavorare con impegno, ma vogliamo che il nostro lavoro produca un effetto duraturo, il futuro Istituto per l’uguaglianza di genere ha anche bisogno di operare in condizioni quadro corrette, tra cui la disponibilità di sufficienti risorse finanziarie.
Due sono i commenti che la commissione per i bilanci e la sua relatrice permanente per le agenzie desiderano esprimere a questo riguardo. Primo, abbiamo già 23 agenzie, molte delle quali in fase di costituzione o di ristrutturazione, e tutte con elevate necessità finanziarie. Se l’accordo che raggiungeremo con il Consiglio sulle prossime prospettive finanziarie dovesse prevedere importi più bassi rispetto a quelli proposti dal Parlamento, ne farebbero le spese anche le agenzie decentrate.
In secondo luogo, la Commissione ha proposto – e il Parlamento non ha espresso obiezioni – che l’Istituto per l’uguaglianza di genere sia totalmente a carico della quinta componente di PROGRESS. Nel giugno dello scorso anno, il Parlamento, nella posizione sulle prospettive finanziarie, aveva previsto lo stanziamento di oltre 850 milioni di euro per PROGRESS, ma poi in dicembre il Consiglio ha tagliato quasi 300 milioni. Senza una dotazione finanziaria sufficiente, non riusciremo tuttavia a produrre effetti duraturi in materia di parità. Una politica reale e un lavoro reale richiedono denaro reale, se non vogliamo trovarci a costruire altri villaggi Potemkin, a frustrare i lavoratori e a illudere i cittadini.
Borut Pahor (PSE), relatore per parere della commissione per gli affari costituzionali. – (SL) Prima di sottoporvi alcune mie riflessioni, desidero esprimere il mio appoggio alla collega che è intervenuta poco prima di me in merito all’importanza dei finanziamenti per l’esito positivo dei lavori dell’Istituto.
Intervengo in qualità di relatore per parere della commissione per gli affari costituzionali, e desidero esprimere la mia soddisfazione per la proposta sulla creazione di un Istituto europeo per l’uguaglianza di genere. In realtà, in commissione per gli affari costituzionali, avevo proposto che si chiamasse agenzia piuttosto che istituto. Con questo emendamento ho cercato di sottolineare l’impegno politico dell’istituzione, piuttosto che la sua dimensione accademica, che invece sarebbe stata accentuata dalla parola istituto.
In ogni caso, proprio in occasione della festa internazionale della donna, con questa decisione il Parlamento europeo incoraggia un nuovo passo verso la realizzazione delle pari opportunità che è, a mio avviso, una delle ambizioni fondamentali di un’Europa moderna. Spero che l’Istituto non diventi semplicemente un ufficio statistico passivo che si occupa di misurare l’uguaglianza o la disuguaglianza, ma che svolga anche un attivo ruolo propositivo in termini di nuove strategie che assicurino un concreto progresso in materia di uguaglianza.
Non posso resistere alla tentazione di parlare a questo illustre Parlamento della candidatura della Slovenia quale sede dell’Istituto. L’eventuale scelta della Slovenia potrebbe essere una decisione incoraggiante; infatti, se da un lato abbiamo realizzato ottimi risultati nell’ambito della nostra transizione, i dati indicano tuttavia che gli uomini hanno avuto più successo delle donne. D’altro canto, le autorità si stanno impegnando moltissimo per cambiare le cose e, alla luce di tutto ciò, quella di ubicare la sede dell’Istituto in uno dei nuovi Stati membri sarebbe una decisione di buon auspicio, in quanto incoraggerebbe cambiamenti positivi.
Anna Záborská, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, esprimo la mia profonda riconoscenza alle onorevoli Gröner e Sartori per il loro ottimo lavoro di squadra in seno alla commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere.
Consentitemi una domanda iconoclastica: potremmo fare a meno di un centro di monitoraggio che si occupa esclusivamente di differenze di trattamento tra uomini e donne?
Da trent’anni, malgrado tutte le nostre direttive europee, la persistente disuguaglianza di trattamento tra uomini e donne in tutte le attività economiche è un insulto alla nostra democrazia. La questione demografica non è stata risolta. Nell’interesse dei padri, delle madri e dei figli, dobbiamo riconciliare urgentemente la vita familiare e la vita professionale. La strategia di Lisbona è lungi dall’essere un successo. Chi prende sul serio la creazione del capitale umano delle generazioni future? Chi prende sul serio la solidarietà tra le generazioni? Queste attività economiche, informali e non retribuite sono un lavoro pesante, per la maggior parte svolto dalle donne. E non si tiene nemmeno minimamente in considerazione il ruolo degli uomini nel processo dell’uguaglianza di genere.
Conseguentemente, ritengo valga la pena di promuovere metodi per monitorare e condannare le differenze inaccettabili subite dalle donne rispetto agli uomini. Qualsiasi iniziativa che condanni obiettivamente queste ingiustizie non può che essere la benvenuta, al di là di qualsiasi differenza di opinione politica.
Sarah Ludford, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, l’impegno a favore dell’uguaglianza di genere non si dovrebbe misurare sulla base del sostegno alla creazione di un Istituto per l’uguaglianza di genere. Le relatrici spiegano che sostengono tale organismo: “quale garanzia del fatto che l’obiettivo primario dell’uguaglianza di genere… non sia subordinato a nessuna altra politica in materia di non discriminazione a livello europeo”. L’obiettivo è sbagliato e spiega perché un istituto separato è in realtà una pessima idea. Non c’è gerarchia di oppressione. I suoi sostenitori ritengono più importante vantare la gloria di un organismo esclusivo che la realtà di una trasformazione generalizzata e diffusa della società.
L’Istituto per l’uguaglianza di genere dovrebbe in realtà costituire parte della nuova agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, proprio come lo sarà l’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo. Se le questioni di genere sono l’unico obiettivo di parità a rimanere fuori dall’Agenzia per i diritti fondamentali, si verrà a determinare un modello squilibrato nonché un indebolimento dell’agenzia stessa. E questo potrà anche far sì che l’uguaglianza di genere diventi una sorta di isolata zona depressa, anziché quel faro di progresso che i suoi sostenitori vorrebbero.
Dire che un istituto separato è necessario per mantenere prioritaria l’uguaglianza di genere nell’ordine del giorno dell’Unione europea equivale ad arroccarsi su un atteggiamento difensivo. Al contrario, le donne possono condurre la campagna per la parità dei diritti umani per tutti attraverso l’Agenzia per i diritti fondamentali. E’ questo il parere della commissione per le pari opportunità del Regno Unito e io lo sostengo.
Hiltrud Breyer, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, il gruppo Verts/ALE è assolutamente favorevole a un Istituto per l’uguaglianza di genere indipendente ed efficiente. Appoggiamo la relazione delle onorevoli Gröner e Sartori nel suo complesso.
Molti in quest’Aula chiedono perché abbiamo bisogno di un nuovo Istituto. Perché ne abbiamo bisogno? Ne abbiamo bisogno perché l’uguaglianza di genere è la caratteristica distintiva dell’Unione europea, perché l’Unione europea ha affermato che la parità è uno dei suoi valori, e perché sappiamo che le donne sono ancora discriminate. Contrariamente a quello che ha detto l’onorevole Ludford, qui non stiamo parlando solo di violazioni dei diritti umani. La discriminazione esiste nel mercato del lavoro, nello sport e in molti altri settori. Sappiamo che anche le donne possono essere artefici del futuro, non solo per il loro potenziale nel processo di Lisbona, ma anche, per esempio, a livello demografico, ambito nel quale alle donne spetta un ruolo assolutamente cruciale. Le madri, in particolare, hanno un ruolo centrale da svolgere per quanto concerne le violazioni dei diritti delle donne migranti. Ieri abbiamo sentito dal Commissario Frattini, che proprio in materia di prostituzione forzata, le statistiche sono ancora insufficienti. L’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere è proprio ciò di cui abbiamo bisogno.
L’Unione europea in passato è stata un faro per la politica in materia di parità. Un voto negativo sarebbe un disastro; comporterebbe una vera rottura nell’Unione europea e per questo Parlamento equivarrebbe ad ammettere che la sua politica per la parità non ha null’altro da offrire. Per tutti questi motivi, esorto i deputati di quest’Assemblea a votare numerosi a favore dell’Istituto per l’uguaglianza di genere, e fargli acquisire in tal modo la necessaria visibilità.
Tuttavia l’Istituto per l’uguaglianza di genere non sostituisce l’iniziativa legislativa. Vigileremo affinché la politica in materia di parità non si blocchi. Non dobbiamo consentire che l’Istituto per l’uguaglianza di genere diventi un mezzo per calmare le acque o distrarre l’attenzione dall’assenza di azione legislativa. Un Istituto per l’uguaglianza di genere non renderà certo meno necessaria la politica per l’uguaglianza legislativa, e noi faremo in modo che la Commissione tenga fede ai suoi impegni.
Chiedo pertanto ancora una volta un ampio sostegno a questa relazione.
Eva-Britt Svensson, a nome del gruppo GUE/NGL. – (SV) Desidero ringraziare i colleghi della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, in particolare le onorevoli Gröner e Sartori, per la dedizione con cui hanno svolto questo lavoro. Come tutti i colleghi del mio gruppo, anch’io lo sostengo incondizionatamente. Ci rendiamo conto che un istituto non può da solo condurre a una maggiore uguaglianza, ma riconosciamo che, se sarà progettato e concepito correttamente, potrà costituire uno strumento estremamente importante per la promozione dell’uguaglianza.
Desidero avanzare due proposte che rafforzerebbero ulteriormente il lavoro dell’Istituto. Primo, propongo che sia possibile valutare effettivamente le conseguenze per le donne o, a seconda dei casi, per gli uomini, delle decisioni prese a tutti i livelli; e, secondo, propongo che il consiglio di amministrazione sia composto da sei rappresentanti del Consiglio, sei della Commissione e altri tre membri in rappresentanza, rispettivamente, di un’organizzazione dei lavoratori, di un’organizzazione dei datori di lavoro e di un’organizzazione non governativa. Credo che anche questi ultimi tre membri dovrebbero avere diritto di voto e che l’organizzazione non governativa dovrebbe essere un’organizzazione femminile.
Urszula Krupa, a nome del gruppo IND/DEM. – (PL) Signor Presidente, nel tentativo di realizzare l’uguaglianza tra i generi, la Commissione europea intende destinare 50 milioni di euro alle attività del futuro Istituto europeo per l’uguaglianza di genere. Questo organismo deve avere il compito di garantire il principio del salario uguale per lavoro di uguale valore, eliminando gli stereotipi di genere e promuovendo l’uguaglianza tra i generi oltre i confini dell’Unione europea.
Desidero tuttavia ricordare all’Aula che quasi 70 dei 450 milioni di abitanti dell’Unione europea vivono in condizioni di povertà. Questa cifra è pari al 15 per cento della popolazione ed è un chiaro segnale di disuguaglianza. E’ anche una violazione dei diritti umani fondamentali e un affronto alla dignità umana.
Per favorire la pace sarebbe opportuno aiutare i poveri, eliminare la disoccupazione e affrontare i problemi che affliggono il servizio sanitario. Sarebbe molto più utile che incoraggiare sentimenti di rancore tra uomini e donne, che hanno sempre conseguenze negative per le donne. Qualsiasi disparità salariale potrebbe essere risolta con un unico atto giuridico, che non esigerebbe finanziamenti così elevati. Invece di cercare di compensare gli squilibri naturali – che si riscontrano in diversi settori dell’economia e della vita professionale – e di promuovere l’uguaglianza al di là dei confini dell’Unione, dovremmo concentrarci sull’uguaglianza all’interno dell’Unione. I suddetti fondi sarebbero più utili se fossero spesi per aiutare almeno i bambini poveri migliorando le loro condizioni di vita. La promozione della famiglia dovrebbe avere la priorità rispetto all’eliminazione degli stereotipi di genere, e potrebbe contribuire a invertire l’attuale tendenza che vede nella famiglia null’altro che una curiosità culturale fuori moda.
Wojciech Roszkowski, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, l’uguaglianza tra uomini e donne è un mantra ricorrente nell’Unione europea. Tuttavia il buon senso ci dice che il problema non è per nulla semplice. Si parla di uomini e donne con termini diversi, proprio perché sono diversi. Sono uguali in termini di dignità, ma sono diversi. E’ evidente nel mondo dello sport, che abbiamo citato in precedenza. Recentemente ho cercato di capire come la Commissione europea interpreti questa formula, soprattutto perché la formula è spesso accompagnata dal corollario in tutti i settori. Va bene, così sia. Ho cercato quindi di capire se questa uguaglianza derivi dalla legge naturale o dalla legge scritta, e che cosa si possa fare per consentire agli uomini di partorire. Il Commissario Špidla ha risposto che il principio dell’uguaglianza di genere si applica solo al lavoro e all’accesso ai beni e ai servizi. Ma contraddice la realtà. Dopo tutto, nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea l’articolo 23 del capo III si riferisce chiaramente a tutti i campi. Se la Commissione europea non è in grado di risolvere il problema nell’ambito del diritto europeo, dubito che ci riuscirà il futuro Istituto.
Lydia Schenardi (NI). – (FR) Signor Presidente, una cosa è sicura: le strutture e le reti di ogni tipo che si dedicano allo studio e alla difesa delle donne non mancano. Si può citare l’Istituto per l’uguaglianza di genere, varie ONG, comitati ad hoc, agenzie per i diritti fondamentali, forum consultivi sui diritti delle donne, la lobby europea delle donne, e la nostra commissione in seno al Parlamento.
Ma allora è davvero ragionevole creare un nuovo Istituto europeo per l’uguaglianza di genere? In questa nebulosa di strutture tra le quali lo scambio di informazioni non è sempre efficace, questo nuovo organismo che dovrebbe mettere in rete tutte queste informazioni disporrà delle risorse effettivamente necessarie alla sua esistenza? In altri termini, possiamo ora essere certi che, indipendentemente dalla sua futura attività, sarà totalmente indipendente sia dal punto di vista politico che da quello finanziario?
Sembra di no, visto che la Commissione non è disposta a concedere troppo margine di manovra a questo futuro istituto. Anzi, la sua riluttanza nell’acconsentire che il direttore dell’Istituto debba rispondere del proprio operato unicamente al consiglio di amministrazione, senza interferenze da parte della Commissione, è a tal riguardo estremamente rivelatrice.
Per tutte queste ragioni e per altre ancora, non posso votare a favore dell’iniziativa volta a creare quello che descriverei un ennesimo sistema labirintico.
Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Onorevoli colleghi, il finanziamento di un Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, un importante compito a lungo termine evidenziato dal Trattato di Amsterdam e positivamente influenzato dal processo che è seguito alla Quarta conferenza mondiale sulle donne tenutasi a Pechino, è diventato un tema di discussione politica tra i sostenitori e gli avversari dell’Istituto.
Io sono tra coloro che sostengono il punto di vista comune delle relatrici, onorevoli Gröner e Sartori, che sono riuscite a trovare una soluzione comune a nome dei due principali gruppi politici del Parlamento europeo. Ammiro e apprezzo il loro lavoro su questa relazione, e in particolare la loro paziente campagna di sensibilizzazione a favore della creazione dell’Istituto come organo di coordinamento, con il compito di fornire un supporto tecnico per l’attuazione della politica di parità dell’Unione, stimolando e agendo in collaborazione con le istituzioni esistenti, diffondendo le informazioni e migliorando la visibilità dei temi legati all’uguaglianza di genere.
Non sono favorevole all’emendamento che propone di integrare l’Istituto nell’Agenzia europea per i diritti umani di Vienna, in quanto tutta questa problematica si inserirebbe in un programma esistente, e questo non sarebbe conforme all’ambizione dell’Unione europea di rafforzare la sua politica in materia di parità. Come indicano anche le relazioni più recenti, le ineguaglianze tra uomini e donne persistono. La disuguaglianza è un problema che riguarda la società nel suo insieme e non solo le donne. La creazione dell’Istituto sarà una delle basi fondamentali della tabella di marcia recentemente adottata per attuare la politica delle pari opportunità. In termini finanziari, l’Istituto non rappresenterà un onere rilevante, in quanto le risorse saranno attinte dai fondi già esistenti. Il valore aggiunto dell’Istituto includerà anche attività dirette all’esterno dell’Unione europea, soprattutto verso i nuovi Stati membri, dove le pari opportunità sono e rimarranno un tema attuale.
In conclusione, sono convinta che la scelta di ubicare la sede dell’Istituto in uno dei nuovi Stati membri possa promuovere la causa di un’equa decentralizzazione istituzionale nell’Unione europea.
Teresa Riera Madurell (PSE). – (ES) Signor Presidente, innanzi tutto desidero congratularmi con le relatrici per la loro relazione, ed esprimere la mia soddisfazione rispetto agli sforzi della Commissione per dotare l’Unione europea di un organismo indipendente specificamente dedicato alle problematiche legate all’uguaglianza di genere.
Desidero sottolineare che è necessario che l’Istituto sia assolutamente indipendente e che non sia sottoposto a condizioni di alcun tipo. E’ un obiettivo fondamentale se vogliamo che l’Istituto riesca a realizzare le proprie finalità, che vanno ben al di là della semplice fornitura di assistenza tecnica alla Commissione.
Quanto al metodo di lavoro, credo che l’idea di creare una rete europea per l’uguaglianza di genere sia sicuramente molto innovativa e valida, soprattutto al fine di ovviare alle limitazioni legate al tempo e alla distanza nella condivisione e nello scambio di conoscenze, informazioni e politiche.
In merito alla struttura dell’Istituto, credo che sia stata finalmente trovata una soluzione accettabile al problema della composizione del consiglio d’amministrazione. Una soluzione che assicura una distribuzione equa ed efficace delle funzioni fra le tre Istituzioni, una soluzione adeguata alla realtà di un organismo che sarà purtroppo sottofinanziato e disporrà di poco personale. A tale proposito desidero sottolineare che, affinché l’Istituto sia in grado di realizzare i propri obiettivi, è fondamentale un finanziamento appropriato che dia credibilità all’impegno dell’Unione europea in materia di parità.
E’ un elemento che dobbiamo tutti tenere ben presente in questi giorni, nei negoziati sul finanziamento che sono in corso tra le varie Istituzioni.
Anneli Jäätteenmäki (ALDE). – (FI) Signor Presidente, sono favorevole alla creazione di un Istituto europeo per l’uguaglianza di genere separato, attivo e indipendente. Una decisa politica dell’Unione europea in materia di uguaglianza sarebbe una risorsa. Le donne sono sempre più presenti sul mercato del lavoro e gli uomini sempre meno. In futuro non potremo permetterci di trascurare o ignorare le risorse umane esistenti. L’Istituto per l’uguaglianza di genere potrebbe tuttavia esercitare un’influenza su questo stato di cose. Nel contesto della strategia di Lisbona, l’aspetto dell’uguaglianza all’inizio rivestiva una grande importanza, ma poi è caduto nell’oblio. Il tema dell’uguaglianza dovrebbe acquisire molta più visibilità; proprio per questo un Istituto attivo potrebbe contribuire a rendere l’Unione europea più forte e più competitiva che mai.
Irena Belohorská (NI). – (SK) Desidero ringraziare le relatrici per aver preparato questa relazione che dovrebbe essere coronata dalla creazione dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere. Il compito dell’Istituto sarà quello di raccogliere e analizzare dati sull’uguaglianza di genere negli Stati membri dell’Unione europea, e di organizzare conferenze e campagne. Mi sembra assolutamente sbagliato mettere in discussione la creazione dell’Istituto e, a questo proposito, non condivido i dubbi espressi sulla Repubblica slovacca come potenziale sede dell’Istituto.
Non elencherò tutte le Istituzioni che hanno sede nel territorio dei quindici vecchi Stati membri. Rispetto il fatto che, nel corso della fondazione dell’Unione europea, sia stato necessario creare e sviluppare ulteriormente questi centri nell’ambito di un’azione comune coordinata. Vi esorto pertanto a votare a favore della creazione di questo Istituto.
L’Istituto per l’uguaglianza di genere potrebbe fungere da ombudsman per le donne, e svolgere il ruolo di mediatore tra governi e organizzazioni non governative per eliminare le ingiustizie, come le discriminazioni nel mondo del lavoro. Dopo tutto, è noto che le retribuzioni più basse si trovano in genere nei cosiddetti “settori a dominanza femminile”, ossia istruzione e sanità, mentre le retribuzioni più elevate sono tipiche dei posti di lavoro a predominanza maschile, come le forze armate e la polizia. Ma la salute e l’istruzione delle generazioni future sono forse meno importanti?
María Esther Herranz García (PPE-DE). – (ES) Signor Presidente, desidero naturalmente congratularmi con le due relatrici e con tutti i componenti della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, per il gran lavoro svolto con questa relazione.
Credo che questo Istituto si rivelerà uno strumento utile, anche se la sua utilità dipenderà dalla volontà politica di realizzare l’uguaglianza tra uomini e donne effettivamente dimostrata dai governi.
Lo dico perché, come ha rilevato l’onorevole Sartori, da oltre cinquant’anni c’è una legislazione che garantisce che gli uomini e le donne percepiscano un salario uguale per lavoro di uguale valore. Tuttavia, siamo nel 2006 e molte donne guadagnano ancora meno degli uomini per lo stesso lavoro o hanno contratti che non corrispondono al lavoro che svolgono effettivamente.
Queste misure efficaci, che sono poi quello di cui hanno realmente bisogno le donne nella nostra società europea, prevedono pertanto l’applicazione delle leggi esistenti e non la creazione di nuove leggi. A tal fine, la volontà politica deve essere espressa col denaro, denaro che deve essere previsto nei bilanci, sia nei bilanci nazionali che nei bilanci dell’Unione europea.
Voglio una vera uguaglianza, ma non voglio certo propaganda politica. Quando dei governi che asseriscono di essere molto progressisti presentano piani – come per esempio il piano di riforma nazionale che è stato proposto dal governo del mio paese – spesso vi includono frasi come “saranno concesse facilitazioni per l’assunzione di giovani disoccupati di sesso maschile al di sotto dei 30 anni”, senza prevedere allo stesso tempo alcuna misura per le donne al di sotto dei 30 anni, tra le quali, nel mio paese, si registra un tasso di disoccupazione molto più elevato che tra gli uomini. Io questa la chiamo demagogia: dire una cosa e poi farne un’altra, ed è proprio quello che dobbiamo evitare nell’Unione europea.
Pertanto dico “sì” all’Istituto, a condizione che si ponga un obiettivo reale.
Marie-Line Reynaud (PSE). – (FR) Desidero congratularmi con le due correlatrici, onorevoli Gröner e Sartori, per l’ottimo lavoro che hanno svolto. La relazione apporta in effetti al testo iniziale della Commissione molte migliorie che anch’io avevo proposto nel mio progetto di parere in seno alla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni.
Ne citerò quattro. Innanzi tutto il ruolo proattivo attribuito all’Istituto, in particolare attraverso le sue missioni di analisi e di consulenza e la possibilità che gli è concessa di presentare raccomandazioni e orientamenti alle Istituzioni comunitarie. In secondo luogo l’importanza della cooperazione con l’Agenzia per i diritti fondamentali. Quindi, la necessità della partecipazione equilibrata di uomini e donne alla composizione del consiglio di amministrazione e, infine, il ruolo del Parlamento europeo, in particolare per quanto riguarda la nomina del direttore dell’Istituto e dei membri del consiglio di amministrazione e il controllo del loro lavoro.
Questo Istituto per l’uguaglianza di genere è indispensabile per una vera Europa dei cittadini e sono rimasta molto delusa dal fatto che il mio progetto di parere sia stato respinto in commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, con diciotto voti contro diciotto, perché una parte del gruppo del PPE-DE e una parte del gruppo ALDE volevano impedire a questo Istituto di vedere la luce. Detto questo, sono comunque soddisfatta nel vedere che le correlatrici hanno integrato la maggior parte degli elementi che mi stanno a cuore nella loro relazione.
Eugenijus Gentvilas (ALDE). – (LT) Sono molto soddisfatto della relazione e credo che sia molto importante per l’identità della nuova Europa moderna. Il problema della parità è particolarmente sentito negli Stati dell’Europa dell’est. E non è un caso che la Slovenia, la Slovacchia e la Lituania aspirino a ospitare la sede dell’Istituto. Le donne degli Stati dell’Europa dell’est sono ancora spesso considerate casalinghe e non sono integrate nei processi economici. Il Parlamento europeo ha la sua commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere. In molti Stati europei ci sono ministeri, dipartimenti e altre istituzioni che si occupano di uguaglianza di genere. Per questo credo che sia logico creare un istituto di questo tipo che abbracci tutta l’Unione europea. Appoggio pertanto l’impegno delle relatrici, onorevoli Gröner e Sartori, e la loro argomentazione secondo cui un istituto indipendente può operare in modo molto più efficiente di un organismo integrato in un’altra agenzia. Desidero sottolineare che l’Istituto è necessario per gli uomini così come per le donne, ed è una vergogna che la maggioranza degli oratori che sono intervenuti oggi sia costituita da donne.
Maciej Marian Giertych (NI). – (PL) Signor Presidente, il ridicolo slogan delle femministe sull’uguaglianza di genere danneggia le donne. Questo slogan attribuisce grande valore alle caratteristiche maschili e lascia intendere che le possiedano anche le donne. Ma non è cosi. Le donne possiedono caratteristiche femminili e anche queste devono essere apprezzate. I riferimenti alle mogli che non lavorano sono un insulto, in quanto queste donne lavorano moltissimo a casa. Il loro lavoro dovrebbe essere apprezzato e gli dovrebbe essere attribuito almeno lo stesso valore di quello svolto dagli uomini, se non addirittura un valore superiore. Uno degli aspetti più deplorevoli della società contemporanea è che le donne sono obbligate a lavorare fuori casa per motivi economici, perché è impossibile fare vivere una famiglia con un unico stipendio. Tutto questo avviene in un contesto caratterizzato da un elevato tasso di disoccupazione. Alle donne non si può chiedere di contribuire nella stessa misura degli uomini. Per esempio, non ci si può aspettare che facciano i turni o che passino molti giorni fuori casa, semplicemente perché non siamo uguali. Le donne hanno un valore inestimabile in ragione del loro ruolo di madri, per questo meritano un’attenzione e una protezione speciali. Non hanno bisogno di un istituto.
Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE). – (PL) Signor Presidente, un Istituto europeo per l’uguaglianza di genere è urgentemente necessario, perché persino nel cuore dell’Europa del XXI secolo assistiamo regolarmente a casi di discriminazione fondata sul sesso.
Le donne rappresentano il 52 per cento della popolazione europea e sono costantemente vittime di discriminazione in molte sfere della loro vita. Questo nuovo Istituto non deve solo limitarsi a raccogliere dati statistici, se vuole promuovere e realizzare efficacemente una politica in materia di uguaglianza di genere nell’Unione allargata. Deve invece concentrarsi sull’analisi dettagliata dei dati e fornire la consulenza e gli orientamenti necessari per integrare efficacemente il concetto di uguaglianza di genere nel sistema giuridico europeo. Si dovrebbe ricordare che l’uguaglianza di genere, che l’Istituto ha il compito di promuovere, è un diritto fondamentale e una politica comunitaria prioritaria. E’ sancita dal Trattato e deve essere attuata in tutti i settori dell’attività economica e sociale, in particolare per quanto riguarda l’accesso all’occupazione e all’imprenditoria.
Sarebbe opportuno che la sede dell’Istituto fosse ubicata in uno dei nuovi paesi dell’Europa unita, magari in Polonia. La Polonia è il più grande dei nuovi paesi, un paese in cui non solo la discriminazione è diffusa, ma la sua importanza è minimizzata dalle autorità.
Justas Vincas Paleckis (PSE). (LT) Émile Zola ha detto che la donna è l’asse attorno al quale ruota la civiltà. Questo Istituto dovrebbe diventare l’asse attorno al quale ruotano le politiche europee per la parità e la loro attuazione. Per tradurre in realtà l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, le uniche cose che servono sono la comprensione del problema, la volontà politica e qualche finanziamento. E’ molto più difficile che l’Istituto modifichi gli atteggiamenti nei confronti delle donne ed elimini la discriminazione di cui le donne sono vittime in molti paesi europei. L’Istituto non dovrebbe assumere esperti qualsiasi, ma persone di entrambi i sessi appassionate alle tematiche di cui si occupa. L’influenza del Parlamento europeo per quanto riguarda la costituzione della squadra che sarà operativa all’interno dell’Istituto e un costante controllo parlamentare sono necessari. L’Istituto dovrebbe valutare la situazione in ogni singolo settore, in ogni singolo paese e dovrebbe presentare proposte. Su questa base, le Istituzioni dell’Unione europea potrebbero adottare misure efficaci e chiedere ai governi nazionali di fare lo stesso. L’Istituto dovrebbe avviare la propria attività in uno dei nuovi Stati membri dell’Unione. Vilnius offre non solo quello che la Lituania può realizzare attraverso la concretizzazione dell’uguaglianza, ma anche l’opportunità di unire l’esperienza dei paesi scandinavi – che costituiscono un modello in questo settore – al potenziale dell’Europa centrale, e di tutta l’Europa.
Vladimír Špidla, Membro della Commissione. (CS) Onorevoli deputati, ho ascoltato con grande interesse la vostra discussione e spero che mi consentirete di trattare brevemente molti dei temi che sono stati citati. In primo luogo, desidero esprimere il mio apprezzamento per l’eccezionale qualità del lavoro delle relatrici, che non può che essere definito brillante, tenuto conto della complessità del tema. Onorevoli deputati, nel dibattito sono stati esposti molti pareri e molte argomentazioni, che a mio avviso esigono una risposta.
Il primo punto di vista espresso è quello secondo cui questa Istituzione dovrebbe rientrare nell’agenda dei diritti umani. Alcuni oratori che sono intervenuti nel dibattito hanno espresso il parere, che condivido pienamente, secondo cui la questione delle pari opportunità va ben al di là del semplice tema dei diritti umani, ma che i diritti umani rivestono comunque un’importanza fondamentale. Il tema delle pari opportunità è più ampio.
E’ stato poi chiesto se è giusto che l’Unione europea promuova la parità anche nelle sue relazioni internazionali. Io sono assolutamente convinto che sia necessario. L’Unione europea è coinvolta in numerosissimi rapporti internazionali, sia con gli Stati membri che nel contesto degli aiuti allo sviluppo oppure a livello multilaterale, e ognuno di essi offre l’opportunità di rafforzare concretamente la parità di genere.
Onorevoli deputati, sono convinto che l’uguaglianza di genere, se promossa e sostenuta su scala mondiale, possa essere una grande fonte di stabilità mondiale e possa risolvere molti dei nostri attuali conflitti. Ritengo anche che l’argomentazione avanzata durante il dibattito – secondo cui l’Istituto può assicurare una più grande visibilità e trasparenza politica alle tematiche della parità di diritti e delle pari opportunità – sia corretta e la sostengo pienamente. E’ anche opportuno non dimenticare, come si è frequentemente affermato nel dibattito, che resta ancora molto lavoro da fare. Stiamo tentando di definire le politiche attraverso la discussione, e questa è una delle espressioni di civiltà della vita nell’Europa di oggi. Potrei aggiungere che sono politiche che si basano su prove pratiche e pareri pratici. Anche da questo punto di vista, l’Istituto può migliorare la qualità.
E’ a mio avviso evidente che ci sono moltissime informazioni che non vengono utilizzate efficacemente nel processo decisionale. Chi di voi, per esempio, sa che in Spagna gli uomini dedicano ogni anno 52 milioni di ore a prendersi cura di altre persone, mentre per le donne si parla di 200 milioni di ore? E’ certamente un indicatore importante che dimostra quanta disuguaglianza ci sia nel modo in cui condividiamo alcuni dei doveri e delle responsabilità che abbiamo come esseri umani – uomini e donne. Eppure nessuna di queste informazioni viene considerata nel corso del processo decisionale. Sono convinto che l’Istituto schiuderà molteplici possibilità.
Onorevoli deputati, uno dei principi fondamentali della vita parlamentare europea è il multilinguismo e spesso scopriamo che un dato concetto può essere espresso più elegantemente e con più precisione in un’altra lingua europea. Spero pertanto che mi permetterete di citare l’espressione tedesca “Stillstand ist Rückschritt” Sono assolutamente convinto che rimanere fermi equivalga in realtà a retrocedere. Onorevoli deputati, consentitemi di esprimere il mio punto di vista sugli emendamenti contenuti nella relazione, o che saranno oggetto della vostra imminente votazione. L’atteggiamento della commissione in merito alla natura dell’Istituto ci consente di essere flessibili e di accettare la maggior parte degli emendamenti che rafforzano il ruolo e i metodi di lavoro dell’Istituto, compresa la creazione di una rete per l’Istituto. Questi emendamenti sono accettabili nella loro forma originale, parzialmente o previa riformulazione. La seconda categoria comprende gli emendamenti che migliorano la leggibilità del testo e che la Commissione può accettare nella loro forma originale o con alcune lievi modifiche. Il terzo gruppo è costituito dagli emendamenti che riguardano gli aspetti relativi alle tecniche di presentazione giuridica che, sebbene siano costruttivi, determinano un allontanamento dalle disposizioni originali degli strumenti esistenti e pertanto non possono essere approvati, per motivi di coerenza. Infine ci sono gli emendamenti che riguardano le questioni orizzontali, in altri termini tutte le agenzie e organizzazioni, relativamente alle procedure di selezione dei membri del consiglio di amministrazione, la proroga dei loro contratti e la valutazione delle organizzazioni. Questi emendamenti non possono essere accettati, perché è necessario mantenere un certo grado di coesione rispetto a tutte le agenzie.
Ho lasciato per ultima la questione della composizione del consiglio di amministrazione. Siamo lieti che la commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere si sia pronunciata a favore della limitazione del numero di membri del consiglio di amministrazione e che abbia seguito la risoluzione del Parlamento europeo del dicembre dello scorso anno sull’inquadramento delle future agenzie europee di regolazione. Ora possiamo farci guidare da questa proposta, anche se il numero di rappresentanti della Commissione è diverso da quello del Consiglio. L’equilibrio tra le due organizzazioni e tra i due livelli di interesse, ossia il livello nazionale e il livello comunitario, può essere ulteriormente garantito se, conformemente alla proposta e negli ambiti di competenza della Commissione, la voce del suo rappresentante ha lo stesso peso di tutti i rappresentanti del Consiglio insieme, nel limitatissimo numero di casi che prevedono l’approvazione di bilanci e programmi di lavoro. Accettiamo pertanto gli emendamenti nn. 66, 82 e 85 relativi alla composizione del consiglio di amministrazione e alle regole di voto. Nello stesso spirito accettiamo che il numero di membri possa essere ridotto a 25 rappresentanti degli Stati membri, come stabilito negli emendamenti nn. 67 e 83, e reputiamo sufficiente che gli organi coinvolti assistano alle riunioni del consiglio di amministrazione senza diritto di voto. Speriamo che il Consiglio possa adottare la vostra proposta relativa al consiglio di amministrazione che, insieme al sistema di rotazione, consentirà ai rappresentanti di tutti gli Stati membri di alternarsi per un periodo di tre mandati.
In conclusione, desidero sottolineare che abbiamo fatto ogni sforzo per adottare il maggior numero possibile di emendamenti. La Commissione può ora accettare gli emendamenti dal n. 2 al n. 10, 13, 15, 17, 18, 20, 24, 25, 26, 28, 29, 35, 36, dal n. 38 al n. 42, nn. 44, 45, 48, 53, 55, dal n. 59 al n. 69, 74 e dal n. 76 al n. 85. La Commissione non può approvare gli emendamenti nn. 1, 11, 12, 14, 16, 19, dal n. 21 al n. 23, 27, dal n. 30 al n. 34, 37, 43, 46, 47, dal n. 49 al n. 52, 54, dal n. 56 al n. 58, dal n. 70 al n. 73 e parte del n. 75. Dovremmo anche tenere conto delle discussioni in seno al Consiglio e dobbiamo fare tutto quanto in nostro potere per assicurare che entro la fine dell’anno sia raggiunto un compromesso accettabile. La Commissione conta sul sostegno del Parlamento europeo per creare questo Istituto europeo così necessario, ed è importante assicurare che tale Istituto inizi a lavorare nel 2007, perché ci possano essere progressi e per elevare il profilo della politica in materia di uguaglianza di genere. Naturalmente presenterò in seguito un parere scritto sui singoli emendamenti.
(Applausi)
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà oggi, alle 11.30.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)
Hélène Goudin (IND/DEM). – (SV) La Lista di giugno ritiene che le problematiche legate all’uguaglianza di genere siano importanti e che dovrebbe essere assolutamente ovvio che le donne e gli uomini siano trattati nello stesso modo in tutte le circostanze. Il nuovo Istituto europeo per l’uguaglianza di genere ha il compito di svolgere analisi in materia di uguaglianza nell’Unione europea confrontando i dati dei diversi Stati membri.
L’ovvia domanda che dobbiamo porci è la seguente: quale valore aggiunto apporterà questa autorità? Svolgerà un lavoro concreto e importante, oppure sarà soprattutto un mezzo con cui le Istituzioni dell’Unione europea potranno dimostrarsi capaci di agire? L’autorità contribuirà ad accrescere l’uguaglianza di genere, oppure sarà soprattutto una specie di alibi e un mezzo per fare vedere che l’Unione europea si occupa di parità?
Le argomentazioni presentate nella relazione non sono convincenti. I compiti dell’autorità potrebbero essere svolti nell’ambito delle strutture esistenti. L’Unione europea ha già la sua agenzia statistica centrale, Eurostat, che è in grado di produrre statistiche comparative sull’uguaglianza di genere nei paesi dell’Unione europea. Ci sono anche autorità nazionali che lavorano nel campo dell’uguaglianza di genere e che possono cooperare a livello internazionale.
La Commissione è composta da 18 uomini e 7 donne. Il 30 per cento circa dei deputati del Parlamento europeo è rappresentato da donne. Le Istituzioni dell’Unione europea dovrebbero essere le prime ad applicare la parità nelle loro strutture, dando in questo modo un esempio, prima di creare nuove autorità comunitarie centralizzate. La cooperazione può anche assumere forme più decentrate, senza che l’Unione europea si ingrandisca con la creazione di nuove autorità per ogni tema di rilievo.
Katalin Lévai (PSE). – (HU) Onorevoli colleghi, la creazione di un Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, in grado di favorire l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione basata sul genere in Europa, è della massima importanza.
Sono d’accordo con l’auspicio espresso dalle relatrici secondo cui le attività dell’Istituto non dovrebbero limitarsi semplicemente alla raccolta di dati, alla conservazione di documenti e alla ricerca. Le analisi dovrebbero essere integrate nelle politiche degli Stati membri in modo innovativo, affinché il principio delle pari opportunità diventi un importante principio guida politico per i legislatori. Allo stesso tempo, i risultati della ricerca dovrebbero essere resi accessibili al pubblico, al fine di consentire ai cittadini europei di adottare una posizione consapevole in merito alle tematiche correlate all’uguaglianza di genere. Questo richiede tuttavia che il rapporto dell’Istituto con la società civile e i centri responsabili della comunicazione sia rafforzato e istituzionalizzato. Desidero segnalare che la cooperazione con i media e l’utilizzo dei moderni mezzi di comunicazione costituisce un compito importante per l’Istituto!
Devono essere rese disponibili le risorse necessarie a garantire che i risultati della ricerca superino i confini della sfera professionale e siano disponibili e utilizzabili nella misura più ampia possibile. Il lavoro dell’Istituto sarà efficace solo se l’Istituto opererà realmente come rete europea sull’uguaglianza di genere, se sarà in grado di coordinare i centri, le organizzazioni e gli esperti nazionali coinvolti nell’attuazione delle pari opportunità, e se il suo messaggio raggiungerà i governi e i cittadini europei.
Mi congratulo con le relatrici e propongo che la relazione sia approvata.
Grazie per avermi concesso l’opportunità di intervenire!