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Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 14 marzo 2006 - Strasburgo Edizione GU

17. Tempo delle interrogazioni (interrogazioni al Consiglio)
Processo verbale
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  Presidente. L’ordine del giorno reca il Tempo delle interrogazioni (B6-0013/2006). Saranno prese in esame le interrogazioni rivolte al Consiglio.

Prima parte

Annuncio l’interrogazione n. 1 dell’onorevole Eoin Ryan (H-0110/06):

Oggetto: Membri dell’opposizione in Etiopia

Attualmente sono detenuti in Etiopia 131 membri di primo piano dell’opposizione, tra cui 10 membri eletti del parlamento etiope, oltre a docenti, magistrati e giornalisti.

Può il Consiglio far sapere quali misure ha adottato per richiamare l’attenzione del governo etiope su queste gravi ingiustizie alla luce del fatto che tali detenzioni costituiscono una violazione del diritto internazionale e considerando che l’Unione europea è il maggior donatore mondiale di aiuti internazionali all’Etiopia.

 
  
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  Hans Winkler, Presidente in carica del Consiglio. (DE) Signor Presidente, parlando a nome del Consiglio, vorrei rispondere in questi termini all’interrogazione dell’onorevole Ryan sui membri dell’opposizione in Etiopia.

Il Consiglio sta seguendo molto da vicino la sorte dei capi dell’opposizione, dei rappresentanti delle organizzazioni della società civile, degli editori e dei giornalisti arrestati. Il 6 novembre dello scorso anno, in seguito al loro arresto, l’Unione ha fatto una dichiarazione in cui esprime la propria inquietudine e chiede il rilascio di tutti i prigionieri politici. Inoltre l’Unione ha chiesto l’immediata liberazione di tutti gli arrestati a carico dei quali non siano state formulate accuse con un procedimento regolare rispondente a certi criteri minimi, e ha parimenti chiesto che a tutti gli arrestati sia riconosciuto il diritto di ricevere visite da parte dei propri parenti e della Croce Rossa Internazionale e/o di altri idonei rappresentanti della comunità internazionale. Una richiesta analoga è contenuta in una dichiarazione congiunta redatta il 6 novembre 2005 ad Addis Abeba dagli ambasciatori dell’Unione e degli Stati Uniti.

Dall’inizio del novembre 2005, quando sono stati effettuati gli arresti, i rappresentanti dell’Unione hanno regolarmente fatto presente il caso di questi detenuti negli incontri con il governo etiope e lo hanno anche portato direttamente all’attenzione del Primo Ministro Meles Zenawi, nell’ambito del dialogo politico, ai sensi dell’articolo 8 dell’accordo di Cotonou. I rappresentanti diplomatici dell’Unione a Addis Abeba hanno concordato di sollevare la questione del rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto in quanto elementi cardine del dialogo politico con l’Etiopia e di richiedere che tutte le persone detenute a seguito delle manifestazioni politiche svoltesi a giugno e a novembre vengano rimesse in libertà, nonché la garanzia che i loro parenti, i loro legali e le organizzazioni umanitarie possano far loro visita.

Colgo l’occasione per fare presente che io stesso ho discusso tali questioni con Lord Triesman e col Ministro Hilary Benn, perché noi sappiamo – come ho infatti accennato – che i vari progressi compiuti durante la Presidenza britannica hanno avuto grande importanza al riguardo, e ovviamente ritengo sia importante assicurare continuità in questo campo.

Inoltre, i rappresentanti diplomatici si sono accordati per insistere affinché i parenti dei detenuti vengano informati sul luogo di detenzione e affinché i detenuti ottengano l’accesso a consulenti legali e il diritto a un trattamento umano.

Dobbiamo altresì prestare particolare attenzione nel garantire che il processo contro i capi dell’opposizione e gli altri arrestati avvenga alla presenza di osservatori locali e internazionali. Auspichiamo che un osservatore segua il processo contro il capo dell’opposizione Hailu Shawel e altri detenuti e informi in merito i rappresentanti dell’Unione europea ad Addis Abeba.

L’Unione continuerà a sollevare tali questioni presso il governo etiope e a seguire molto da vicino la situazione dei detenuti.

 
  
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  Eoin Ryan (UEN). (EN) Sono alquanto deluso dalla risposta all’interrogazione. La nostra politica di aiuti allo sviluppo è incentrata sulla buona governance e sul rispetto dei diritti umani, ma tale principio non sembra affatto applicarsi in questo contesto. Se si considera che tra il 2002 e il 2005 abbiamo dato circa 900 milioni di euro all’Etiopia, non pare che abbiamo ottenuto alcun rispetto per i diritti umani in questo paese. Si discute molto, ma si fa molto poco.

Vorrei richiamare l’attenzione sul caso specifico di Berhanu Nega, il sindaco eletto di Addis Abeba. Che cosa gli è successo? Il Consiglio ha sollevato la questione?

 
  
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  Hans Winkler, Presidente in carica del Consiglio. (EN) Per quanto riguarda la domanda complementare, com’è noto all’onorevole Ryan e a tutti noi, l’Etiopia è uno dei paesi più poveri del mondo. Ci sono zone del paese, in particolare al sud, che patiscono una grave crisi; il cibo scarseggia e noi abbiamo l’obbligo di aiutare la popolazione.

Crediamo che gli aiuti e la cooperazione allo sviluppo per i poveri del paese non debbano essere impiegati come un mezzo per esercitare pressioni sul governo né debbano comportare una punizione per il popolo etiope. Perciò l’Unione non nega i fondi per la cooperazione allo sviluppo, ma ora li distribuisce in maniera diversa. Dobbiamo tenere conto di questo aspetto.

Pertanto stiamo riflettendo sul modo in cui occorre procedere. Stiamo riducendo la quota degli aiuti destinati direttamente al governo e cercando di trovare soluzioni e modalità per far giungere detti fondi direttamente alla popolazione, ove ciò sia necessario.

Il 13 e il 14 marzo, a Parigi, avrà luogo una conferenza in cui sarà discusso il futuro degli aiuti allo sviluppo per l’Etiopia e si escogiteranno nuovi metodi per aiutare direttamente i poveri di quella nazione, evitando che l’erogazione dei fondi passi attraverso il governo.

Per quanto riguarda il caso citato dall’onorevole Ryan, non ho notizie specifiche in merito; indagherò senz’altro sulla questione e vi farò sapere il risultato delle nostre ricerche.

 
  
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  Ana Maria Gomes (PSE). – (EN) Perché l’Etiopia è uno dei paesi più poveri del mondo, come lei ha detto? Il motivo è nella natura del regime politico, che diffida dalla società civile anche quando si tratta di distribuire aiuti alimentari, come ho avuto modo di vedere di persona quando ero a capo della missione di osservazione elettorale in Etiopia. Un altro motivo consiste nel fatto che in questo paese l’85 per cento della popolazione è costituito da contadini che non hanno terre di proprietà e quindi non sono incentivati a produrre.

Le riunioni dei donatori svoltesi ieri e oggi hanno tenuto conto delle conclusioni della missione comunitaria di osservazione delle elezioni, secondo cui non sono stati rispettati i principi che stanno alla base di elezioni veramente democratiche? Tali conclusioni mettono anche in evidenza i motivi di quest’insuccesso. Perché il Consiglio ha ignorato gli appelli di questo Parlamento, contenuti in tre risoluzioni, ad avviare un dialogo…

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Hans Winkler, Presidente in carica del Consiglio. – (EN) Mi dispiace, ma non ho compreso l’ultima parte della sua domanda.

Come ho detto, conosciamo assai bene le condizioni sociopolitiche del paese. Posso assicurarle che le teniamo in grande considerazione. Posso inoltre garantirle che il convegno attualmente in corso dispone di tutte le informazioni sulla situazione politica, sociale, economica e finanziaria in Etiopia.

 
  
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  David Martin (PSE). – (EN) Concordo col Consiglio sul fatto che non si può fare soffrire il povero popolo etiope a causa delle manchevolezze del suo governo.

Come appoggerà il Consiglio la società civile nel distribuire gli aiuti all’interno dell’Etiopia? E’ chiaro che non dobbiamo far giungere nessun finanziamento tramite il governo etiope, ma che dobbiamo continuare a incoraggiare le ONG a impegnarsi in questo paese. Tuttavia, per poterlo fare con successo, tali organizzazioni hanno bisogno di supporto logistico. Come intende il Consiglio aiutare le ONG in Etiopia?

 
  
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  Hans Winkler, Presidente in carica del Consiglio. – (EN) Ci sono svariati modi con cui il Consiglio può intervenire e interviene. Siamo molto interessati al processo di democratizzazione in Etiopia e intendiamo sostenerlo.

Vorrei citare brevemente alcuni degli strumenti che stiamo impiegando, uno dei quali è la questione delle procedure parlamentari. Le abbiamo esaminate e prese in considerazione. Abbiamo condotto diversi studi e vogliamo aiutare il parlamento a migliorare le sue procedure al fine di aumentare le opportunità per i partiti dell’opposizione e per portare tali procedure al livello degli standard internazionali. A questo proposito stiamo anche cercando di ideare programmi e progetti per formare i parlamentari.

Stiamo contribuendo col supporto logistico all’espansione e alla costruzione di un’infrastruttura parlamentare. Il parlamento, per quanto mi risulta, non dispone di infrastrutture per i partiti dell’opposizione, che non hanno mezzi tecnici di comunicazione. Perciò stiamo cercando, in collaborazione col Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, di ideare progetti che possano essere d’aiuto a questo proposito.

Inoltre stiamo aiutando i parlamentari – in particolare quelli dei partiti di opposizione – a recarsi presso altri parlamenti per acquisire esperienza: per esempio presso quelli dell’India, del Regno Unito e degli Stati Uniti. Come lei saprà, lo scenario del pluripartitismo in Etiopia è ancora molto giovane, molto arretrato, e stiamo tentando di fare conoscere a questi parlamentari alle prime armi parlamenti più tradizionali, in modo che possano trarne insegnamento.

Stiamo contribuendo alla riforma del National Election Board, un’iniziativa a mio modo di vedere molto interessante. I nostri ambasciatori in Etiopia ci stanno lavorando per garantire che il National Election Board sia conforme agli standard internazionali.

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 2 dell’onorevole Cecilia Malmström (H-0148/06):

Oggetto: Aiuti alla democrazia in Iran

Gli sviluppi politici in Iran sono molto inquietanti. L’elezione a presidente di Mahmoud Ahmandinejad ha contribuito a rafforzare il potere di mullah reazionari e antidemocratici. È ora molto importante che la comunità internazionale, ivi compresa l’UE, appoggi le forze democratiche che operano in Iran. Occorre esercitare una maggiore pressione su coloro che detengono il potere politico per quanto riguarda il mancato rispetto dei diritti umani, il finanziamento di organizzazioni terroristiche e lo sviluppo di armi nucleari. La scorsa settimana il ministro degli esteri statunitense ha dichiarato che l’amministrazione richiederà un’ulteriore dotazione di 75 milioni di dollari a favore della democrazia in Iran. Un’ingente parte di tale finanziamento sarà investita nella radio e nella televisione per la popolazione del paese. Si investe molto anche per raggiungere il popolo iraniano attraverso Internet. Gli Stati Uniti prevedono inoltre un congruo aumento degli aiuti a favore della stazione radiofonica FARDA, che trasmette notiziari critici del regime all’interno del paese.

Ciò premesso, quali misure intende adottare la presidenza del Consiglio a livello dell’UE per sostenere le stazioni radiofoniche e televisive indipendenti e le altre forze democratiche in Iran?

 
  
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  Hans Winkler, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signor Presidente, come risulta anche dalle conclusioni del 7 novembre 2005, il Consiglio è concorde sull’importanza di sostenere riforme politiche in Iran e promuovere i diritti umani e la democrazia. Ovviamente l’Unione auspica di vedere la trasformazione dell’Iran in una società in cui i diritti umani, civili e politici siano pienamente rispettati, in cui possano sbocciare i valori democratici e la libertà di opinione, e la parità di trattamento e di opportunità prevalga sulla discriminazione.

Al tempo stesso, tuttavia, siamo consapevoli che il conseguimento di quest’obiettivo richiederà pazienza e sforzi a lungo termine. Il Consiglio ha tentato in passato di promuovere riforme politiche, e lo farà anche in avvenire, in particolare sostenendo vari organismi e organizzazioni in Iran, compresa la società civile iraniana. A tale scopo l’Unione ha ripreso il dialogo politico globale e si sta impegnando a fondo anche per ripristinare un dialogo significativo e costruttivo in materia di diritti umani. Attualmente l’Unione sta cercando di sostenere nel migliore dei modi le riforme politiche e la democrazia in Iran, e le sue valutazioni comprendono il potenziamento del ruolo dei media e delle forze democratiche.

 
  
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  Cecilia Malmström (ALDE). – (SV) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, molte grazie per la risposta.

Purtroppo, in Iran, non sta avendo luogo nessun dialogo sui diritti umani. Non è successo niente. Attualmente in Iran si stanno verificando violazioni dei diritti umani su vasta scala. L’Iran ha un regime che viola la maggior parte dei diritti umani. Questo stato di cose tende a passare in secondo piano quando dibattiamo sul programma di armamento nucleare, che riveste naturalmente estrema importanza.

Ritengo che sia necessaria una strategia ben ponderata per affrontare la situazione dei diritti umani in Iran, e mi chiedo se possiamo attingere all’esperienza che abbiamo maturato nel periodo in cui abbiamo sostenuto l’opposizione bielorussa trasmettendole in bielorusso programmi dall’Europa. Mi chiedo se questa costituisca un’esperienza cui possiamo fare ricorso.

 
  
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  Hans Winkler, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Onorevole Malmström, siamo consapevoli di non potere fare tutto in una volta, anche se ci piacerebbe molto. Riteniamo, però, che il dialogo sia l’unica alternativa perseguibile, dal momento che la sua interruzione e, per così dire, “la punizione della società civile” non costituiscono di certo una scelta praticabile.

E’ indubbiamente deludente che, dal giugno 2004, il dialogo sui diritti umani non abbia più avuto luogo. Infatti è questa la ragione per cui il Consiglio “Affari generali”, già nel novembre scorso, ha invitato l’Iran a intraprendere passi per riprendere colloqui concreti nell’ambito del dialogo. Posso dirle, onorevole Malmström, che in queste ultime settimane l’Iran si è effettivamente mostrato interessato alla ripresa di questo dialogo, benché l’Unione abbia fissato determinate condizioni generali, perché un dialogo fine a se stesso è inutile.

Se riusciremo a imporre condizioni generali che permettano un dialogo significativo e che inoltre sostengano la società civile, saremo lieti di riprendere questi colloqui. Ci auguriamo di riuscire a riprendere questo dialogo anche prima della fine della Presidenza austriaca, nella speranza che sia significativo e proficuo.

 
  
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  Philip Bushill-Matthews (PPE-DE). (EN) La questione riguarda specificatamente il potenziamento delle forze democratiche in Iran. Una delle maggiori forze democratiche dell’Iran si chiama, in inglese, the People’s Mujahedin – i Mujahedin del popolo – e attualmente figura nell’elenco delle organizzazioni terroristiche redatto dall’Unione, presumibilmente per volere del governo iraniano.

Vorrei chiedere al Presidente in carica Winkler di considerare l’opportunità di interpellare il Consiglio sull’eventualità di eliminare quanto prima quest’anomalia.

 
  
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  Hans Winkler, Presidente in carica del Consiglio. – (EN) Posso assicurare all’onorevole Bushill-Matthews che non solo prenderò in considerazione l’idea di sottoporre il problema all’attenzione del Consiglio: lo sottoporrò io stesso all’attenzione del Consiglio.

 
  
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  David Martin (PSE). – (EN) Mi sono rallegrato nel sentire la risposta del Consiglio, perché la diplomazia del megafono non funzionerà nel caso dell’Iran.

Quando George Bush ha pronunciato il famoso discorso che menzionava l’Iran come parte dell’“asse del male”, l’Iran aderiva al Trattato di non proliferazione nucleare. Ora non vi aderisce più, in parte perché si sente messo al bando dal resto del mondo. Se si demonizzano le persone, queste poi si comporteranno di conseguenza.

Il Consiglio intende assicurarci che porterà avanti il dialogo con l’Iran, senza però immischiarsi nella politica interna né – come hanno suggerito alcuni dei miei colleghi – sostenere singoli partiti politici, ma coinvolgendo l’Iran in un dibattito più ampio? Se l’Unione sostenesse un determinato partito politico iraniano, ne decreterebbe la fine.

 
  
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  Hans Winkler, Presidente in carica del Consiglio. – (EN) Ringrazio l’onorevole Martin per l’incoraggiamento. Stiamo cercando di portare avanti un dialogo significativo, senza rispondere in modo tale da chiudere la porta alla possibilità di dialogare. Posso garantirle che andremo avanti così.

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 3 dell’onorevole Panagiotis Beglitis (H-0150/06):

Oggetto: Decisione del governo israeliano di costruire una linea tranviaria che collegherà l’insediamento illegale di Pisgat Ze’ev a Gerusalemme Est con il centro di Gerusalemme Ovest

Il governo israeliano ha recentemente deciso la costruzione di una linea tranviaria che collegherà l’insediamento illegale di Pisgat Ze’ev a Gerusalemme Est con il centro di Gerusalemme Ovest. La decisone, che si inserisce nella strategia dell’annessione de facto dei territori palestinesi ad Israele, viola palesemente i principi del diritto umanitario internazionale, in particolare la Quarta Convenzione di Ginevra, come anche le risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Nella realizzazione del progetto di costruzione sono già coinvolte due società private francesi, la Alstom e la Connex.

Quali misure intende prendere il Consiglio nei confronti delle autorità israeliane, che continuano a violare indisturbate il diritto internazionale?

Per quale motivo non sfrutta il quadro offerto dall’accordo di partenariato e cooperazione UE-Israele al fine di adottare misure intese a porre termine agli insediamenti illegali?

Quali misure conta di prendere nei confronti della Francia e del governo francese, per far sì che le società coinvolte nella realizzazione del progetto di costruzione rispettino il diritto internazionale?

 
  
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  Hans Winkler, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signor Presidente, in risposta all’interrogazione dell’onorevole Beglitis vorrei dire quanto segue.

La posizione inequivocabile dell’Unione nei confronti di tutte le attività intraprese da Israele in contrasto col diritto internazionale nei territori palestinesi, compresa Gerusalemme est, è sempre valida e viene ribadita regolarmente, con chiarezza e determinazione a tutti i livelli durante i costanti contatti politici fra l’Unione e Israele. Gli strumenti di cui si avvale l’Unione per perseguire questa linea politica sono l’accordo di associazione siglato con Israele, accordo che prevede tali contatti, e il piano d’azione UE-Israele, concordato all’inizio del 2005 nell’ambito della politica europea di vicinato. Questa posizione non è cambiata, com’è emerso una volta di più nelle ultime due occasioni in cui abbiamo potuto discutere del processo di pace e della situazione in Medio Oriente, ovvero durante l’ultimo Consiglio “Affari generali” e durante la riunione informale dei ministri degli Esteri, la cosiddetta riunione di Gymnich svoltasi a Salisburgo lo scorso fine settimana. L’Unione e tutti i suoi ministri degli Esteri continuano a seguire questa linea della correttezza e della chiarezza – anche nei confronti di Israele – quando si tratta di richiamare l’attenzione su quelle che sono, a nostro avviso, attività in contrasto col diritto internazionale.

 
  
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  Panagiotis Beglitis (PSE). – (EL) Signor Presidente, vorrei ringraziare il rappresentante della Presidenza austriaca ma, contemporaneamente, desidero esprimere il mio rammarico per il taglio burocratico della sua risposta, come rappresentante della Presidenza, alla mia interrogazione su un tema che costituisce una vera e propria violazione dei principi del diritto internazionale e della Carta su cui si fondano le Nazioni Unite.

A dire il vero, signor Ministro, non comprendo il doppio linguaggio che l’Unione utilizza nei confronti dei palestinesi e di Israele. Non vedo nessuna dichiarazione, né provvedimenti in merito ai continui insediamenti nei territori palestinesi occupati. Non vedo nessuna reazione da parte della Comunità europea nei confronti della dichiarazione del Primo Ministro israeliano Olmert, dichiarazione in cui ha affermato che definirà unilateralmente i confini di Israele entro il 2010.

 
  
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  Hans Winkler, Presidente in carica del Consiglio. – (EN) Sono dolente che l’onorevole Beglitis abbia trovato burocratica la mia risposta: non era questa la mia intenzione. Credo di essere stato molto chiaro quando ho affermato che il Consiglio, ogniqualvolta reputi che un comportamento è in contrasto col diritto internazionale, coglie ogni occasione per farlo chiaramente presente a tutti i livelli.

Solo per citare qualche esempio, abbiamo detto molto chiaramente che consideriamo il muro, ovvero la barriera di separazione eretta in territorio palestinese, non conforme al diritto internazionale. Abbiamo criticato inequivocabilmente la politica delle colonie di Israele in ripetute occasioni e perseveriamo nel farlo. Spero che l’onorevole Beglitis non lo consideri un comportamento burocratico; non ci stiamo comportando in maniera burocratica, ma squisitamente politica.

 
  
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  James Hugh Allister (NI). – (EN) Poiché l’Unione apprezza e promuove i progetti infrastrutturali transfrontalieri all’interno del proprio territorio, non sarebbe incoerente e sbagliato da parte sua opporsi a un simile progetto in Israele, visto che un miglioramento dei contatti può solo portare coesione e progresso socioeconomico a questi territori eterogenei?

 
  
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  Hans Winkler, Presidente in carica del Consiglio. – (EN) Sì, concordo sull’opportunità di incoraggiare e sostenere tutti i contatti tra le persone e tutte le misure infrastrutturali che li promuovono. Queste misure, però, devono essere in linea con le norme riconosciute del diritto internazionale. E’ proprio questa la politica dell’Unione europea. Noi incoraggiamo i contatti e i progetti che sono in linea col diritto internazionale mentre disapproviamo quelli che non lo sono.

 
  
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  Jonas Sjöstedt (GUE/NGL). – (SV) Signor Presidente, come evidenziato nell’interrogazione, imprese comunitarie stanno contribuendo alla realizzazione di progetti infrastrutturali nei territori occupati. Si tratta di progetti palesemente in contrasto col diritto internazionale e con la legislazione umanitaria internazionale. Tali progetti comprendono, per esempio, la linea tranviaria che collega gli insediamenti e la nuova ferrovia per Gerusalemme che attraversa la Cisgiordania occupata. L’azienda francese Connex partecipa a tali progetti di costruzione. Cosa pensa il Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione di aziende europee a queste attività in contrasto col diritto internazionale?

 
  
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  Hans Winkler, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Alla domanda che chiede se l’Unione europea può partecipare alle citate attività, posso rispondere che tale partecipazione, di per sé, non è incompatibile col mandato del Consiglio. Posso solo ripetere quanto ho già affermato e mi scuso per la ripetizione. L’Unione, ovviamente, promuove solo progetti che siano in armonia col diritto internazionale e conformi alle norme. Possono esserci divergenze di opinione in merito alla definizione di quanto è conforme o meno al diritto internazionale; tuttavia, in ogni caso, il Consiglio ovviamente sostiene solo progetti che siano in armonia col diritto internazionale.

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 4 dell’onorevole Reinhard Rack (H-0175/06):

Oggetto: "Tutela dei diritti fondamentali"

Come si potrebbe garantire che al rafforzamento del reciproco riconoscimento ed allo snellimento delle procedure transfrontaliere non faccia riscontro una minore tutela dei diritti fondamentali?

Quali norme vincolanti sono necessarie per chiarire l’applicazione di garanzie procedurali minime in sede transfrontaliera, con specifico riferimento alla tutela dei diritti fondamentali?

 
  
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  Karin Gastinger, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signor Presidente, l’interrogazione verte sulla tutela dei diritti fondamentali e sul principio, già discusso in precedenza, del riconoscimento reciproco. Vorrei rispondere che il Consiglio ha sempre sottolineato la priorità assoluta che accorda al rispetto dei diritti umani e che inoltre sta promuovendo attivamente la prevenzione e l’abolizione della tortura e di altre forme di trattamento crudeli, disumane e degradanti, con particolare riferimento all’articolo 6 del Trattato sull’Unione europea e agli orientamenti comunitari in materia.

Inoltre il Consiglio ha sottolineato, nelle conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Tampere, alle quali oggi si è già accennato in questa sede, che il principio del riconoscimento reciproco deve diventare la pietra angolare della cooperazione giudiziaria e che il riconoscimento reciproco e il necessario ravvicinamento delle legislazioni agevolerebbero la tutela giudiziaria dei diritti individuali.

A tale riguardo, nella comunicazione del 26 luglio 2000 al Consiglio e al Parlamento intitolata “Riconoscimento reciproco delle decisioni definitive in materia penale”, la Commissione ha dichiarato che è necessario garantire che il trattamento degli indagati ed i diritti della difesa non siano pregiudicati dall’applicazione di tale principio – ovvero il principio del riconoscimento reciproco – e che, anzi, le garanzie devono essere rafforzate.

Ciò è stato confermato anche nel Programma di misure per l’attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali approvato dal Consiglio e dalla Commissione. Il 28 aprile 2004 la Commissione ha approvato una proposta di decisione quadro del Consiglio su determinati diritti processuali in procedimenti penali nel territorio dell’Unione europea e il 3 maggio 2005 l’ha sottoposta al Consiglio. Ne abbiamo già parlato, più o meno approfonditamente, in occasione del precedente punto all’ordine del giorno.

Questa proposta, che è attualmente all’esame delle competenti formazioni del Consiglio e in merito alla quale tenteremo di compiere progressi significativi durante la nostra Presidenza, ha l’obiettivo di potenziare i diritti di tutti gli indagati e degli imputati garantendo loro un livello di tutela uniforme in tutta l’Unione. Il Consiglio fa inoltre presente che gli Stati membri della Comunità devono tenere fede ai loro obblighi in materia di diritto internazionale e, in particolare, nell’ambito della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, cui, dopo tutto, abbiamo tutti aderito. Ciò è ribadito dall’articolo 6 del Trattato sull’Unione europea.

Il fatto che il principio del riconoscimento reciproco sia stato realizzato nel quadro di un procedimento prettamente giudiziario implica anche che la tutela giuridica è garantita da autorità giudiziarie indipendenti, il che costituisce un enorme vantaggio. In proposito occorre considerare che, di norma, gli strumenti giuridici che si basano sul principio del riconoscimento reciproco prevedono una clausola generale sui diritti umani la quale ribadisce che resta fermo l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i principi giuridici generali sancito dall’articolo 6 del Trattato sull’Unione europea.

Infine, la proposta di regolamento del Consiglio che istituisce l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, proposta presentata dalla Commissione nel luglio 2005 e attualmente al vaglio degli organi competenti del Consiglio, rappresenta un ulteriore passo verso una politica comunitaria efficace in materia di diritti umani.

 
  
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  Reinhard Rack (PPE-DE). – (DE) Sono molto riconoscente alla Presidente in carica Gastinger per l’esauriente risposta. Vorrei porre una domanda complementare sulla Costituzione europea, la cui parte II prevede che l’esito dei lavori dell’allora Convenzione sui diritti fondamentali abbia lo scopo, per così dire, di integrare e in parte anche di consolidare, le disposizioni dell’articolo 6 del presente Trattato. Possiamo contare sulla sua applicazione, anche da parte del Consiglio, come già raccomandato da Commissione e Parlamento? Ciò potrebbe migliorare la situazione nel suo complesso?

 
  
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  Karin Gastinger, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Certamente. Questo è infatti uno dei motivi per cui ci rammarichiamo che il Trattato costituzionale non sia ancora in vigore, perché, a mio avviso, uno dei grandi vantaggi della Costituzione europea sarebbe proprio quello di includere la Carta dei diritti fondamentali. Se i nostri trattati avessero un’unica base giuridica non sarebbe più necessario discutere nei dettagli queste garanzie procedurali di minima che abbiamo dibattuto a fondo in precedenza.

Questo mi sembra un vantaggio enorme, e anche per questo è importante continuare in un modo o nell’altro la discussione. Infatti confido che a tempo debito perverremo a una soluzione.

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 5 dell’onorevole Diamanto Manolakou (H-0193/06):

Oggetto: Stato di emergenza nelle Filippine

Permane lo stato di emergenza nelle Filippine, nonostante le assicurazioni e le promesse sulla sua revoca, adducendo sospetti di un rovesciamento del governo del Presidente Gloria Arroyo. Si moltiplicano le azioni giudiziarie e gli arresti contro dirigenti del movimento democratico di massa mentre l’esercito fa trapelare documenti per giustificare l’esistenza di un piano per rovesciare il Presidente.

Condanna il Consiglio l’imposizione dello stato di emergenza che molti definiscono, sotto altro nome, come legge marziale e che sospende le libertà civili fondamentali? Intende richiedere la sua revoca immediata e il ripristino delle libertà democratiche?

 
  
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  Hans Winkler, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signor Presidente, lo stato di emergenza dichiarato il 24 febbraio di quest’anno dal Presidente delle Filippine è stato revocato – come lei sa – una settimana dopo, il venerdì 3 marzo. Il primo marzo sia la Presidenza dell’Unione, che in precedenza era pervenuta a un accordo con i responsabili locali della missione a Manila, sia la troika dell’UE, che dal 28 febbraio al 4 marzo è stata a Manila per la riunione intersessionale del Gruppo di sostegno nell’ambito del forum regionale dell’ASEAN sulle misure per costruire fiducia e sulla diplomazia preventiva, hanno espresso verbalmente la preoccupazione dell’Unione per i recenti sviluppi nel corso degli incontri avvenuti presso il ministero degli Esteri delle Filippine. Inoltre hanno invocato lo Stato di diritto, il diritto a un giusto processo e il rispetto dei diritti umani, nonché la sollecita revoca dello stato di emergenza, cosa che, come ho detto, è poi effettivamente avvenuta il 3 marzo.

 
  
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  Diamanto Manolakou (GUE/NGL). – (EL) Signor Presidente, signor Ministro, grazie per l’informazione. Tuttavia, devo dirle che, anche se abbiamo ottenuto la revoca dello stato di emergenza, cinque parlamentari appartenenti all’opposizione sono stati arrestati e attualmente si trovano in prigione. Pertanto vorrei chiederle cosa intende fare per ottenere il rilascio immediato dei parlamentari detenuti e dei sindacalisti che sono tuttora in prigione.

 
  
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  Hans Winkler, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Posso garantire all’onorevole Manolakou che, in questi come in tutti gli altri casi di flagrante violazione dei diritti umani, soprattutto in quelli che riguardano i rappresentanti democratici, l’Unione si impegna con costanza e continuità, dovunque sia possibile, per garantire il rispetto dei criteri e delle disposizioni in materia di diritti umani.

Com’è già stato giustamente affermato, tale impegno non sempre ha carattere pubblico, perché non sempre questo approccio produce l’effetto desiderato – talvolta la diplomazia silenziosa è preferibile –, ma è presente, e in modo costante. Molto spesso se ne occupano i rappresentanti locali dell’Unione – ivi compresa, in particolare, la troika – nel corso di dibattiti con gli alti funzionari dei paesi interessati. Inoltre posso assicurare ancora una volta all’onorevole Manolakou che continueremo naturalmente a impegnarci e a lavorare per i casi da lei citati.

 
  
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Seconda parte

  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 6 dell’onorevole Agnes Schierhuber (H-0179/06):

Oggetto: Accesso alla giustizia per i consumatori

Il miglioramento dell’accesso alla giustizia, soprattutto per i consumatori, è uno dei punti centrali del piano d’azione di Vienna e del Consiglio di Tampere. Nell’ambito della cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale sono state già adottate alcune misure per agevolare l’applicazione delle normative all’estero. E’ proprio nelle procedure transfrontaliere che esiste l’esigenza di una semplificazione e accelerazione procedurale per garantire ai cittadini UE l’accesso alla giustizia.

Può il Consiglio far sapere su quali agevolazioni procedurali in materia i cittadini UE potranno contare a breve termine, e quali progressi verranno realizzati soprattutto per quanto riguarda lo status dei consumatori?

 
  
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  Karin Gastinger, Presidente in carica del Consiglio.(DE) In risposta all’interrogazione dell’onorevole Schierhuber concernente il miglioramento dell’accesso alla giustizia per i consumatori europei, desidero far presente che nell’ambito della cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale il Consiglio è al momento impegnato nel dar seguito ai progetti indicati nel programma dell’Aia del 2004 e nel piano d’azione attuativo del 2005. Tra le varie attività figura l’introduzione di nuove procedure che permettano ai cittadini dell’Unione europea di ottenere la pronuncia di decisioni giudiziarie con maggiore rapidità e facilità nel caso di controversie transfrontaliere.

In termini più specifici, sono soprattutto due i regolamenti oggetto della nostra attenzione: il primo è il regolamento che istituisce un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento e il secondo è quello che istituisce un procedimento europeo per controversie di modesta entità. Poiché si tratta di regolamenti, il Parlamento è direttamente chiamato a pronunciarsi su entrambi gli iter in virtù della procedura di codecisione.

Entrambe le normative creano nuove opportunità procedurali che rafforzeranno altresì soprattutto la tutela dei consumatori a livello comunitario. Qualora un consumatore si trovi coinvolto in una controversia giuridica avente per oggetto operazioni finanziarie transfrontaliere, deve poter rivolgersi a istituzioni che sovrintendano la cooperazione giudiziaria tra le autorità giudiziarie dei singoli Stati membri.

Le due nuove procedure integreranno pertanto gli strumenti finora adottati nel campo della cooperazione giudiziaria – la procedura semplificata per l’assunzione delle prove o i livelli minimi per il patrocinio legale, solo per citarne alcuni – e amplieranno pertanto i mezzi di tutela giurisdizionale a disposizione nell’Unione europea.

Il regolamento che istituisce un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento permetterà in futuro ai cittadini europei di ottenere un’ingiunzione di pagamento presentando istanza dinanzi a una giurisdizione riguardo a notifiche di pagamento eventualmente non contestate dal debitore. Nel caso in cui, in seguito a tale azione, il debitore non sollevi alcuna obiezione, l’ingiunzione di pagamento assume carattere definitivo ed esecutivo. Questa impostazione renderà più agevole per il creditore rivendicare l’esecuzione del titolo in questione negli Stati membri.

In seguito al parere positivo espresso dal Parlamento nel dicembre 2005, è stato possibile pervenire a un accordo politico in merito al regolamento in oggetto già in data 21 febbraio 2006, in occasione dell’ultimo Consiglio “Giustizia e affari interni”. Previa disamina da parte dei giuristi linguisti, il testo dovrebbe essere adottato dal Consiglio nell’aprile 2006 in sede di prima lettura come punto “A”. Nondimeno, auspichiamo che il regolamento entri in vigore entro due anni.

L’introduzione di un procedimento europeo per controversie di modesta entità – il secondo tema cruciale in discussione – dovrebbe semplificare, nonché accelerare l’esecuzione di una sentenza inerente a piccoli crediti a carattere transfrontaliero. Nella procedura di risoluzione di contenziosi di tale genere, concepita in linea di principio per essere condotta per iscritto, le decisioni giudiziarie vengono pronunciate relativamente a contenziosi aventi per oggetto crediti fino a 2 000 euro. Per ottenere l’auspicato sveltimento dei tempi occorre fissare decorrenze per ogni singola fase del procedimento, che dovranno essere rispettate non solo dalle giurisdizioni adite, ma anche dalle parti in causa.

L’autorità giudiziaria ha inoltre facoltà di determinare i mezzi probatori e l’estensione dell’assunzione di prove, a seconda del singolo caso. Le prove possono essere acquisite anche tramite la moderna tecnologia delle comunicazioni, con il ricorso, ad esempio, a videoconferenze o soluzioni analoghe, a condizione che, ovviamente, tale strumento sia ammesso anche nei procedimenti degli Stati membri interessati. E’ nostra intenzione impegnarci attivamente durante la nostra Presidenza per portare avanti il lavoro sul regolamento che istituisce un procedimento europeo per controversie di modesta entità, e ci auguriamo davvero di ultimarlo.

 
  
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  Agnes Schierhuber (PPE-DE).(DE) Ringrazio di cuore la Presidente in carica del Consiglio per la risposta fornita. Ha menzionato il procedimento europeo relativo alla composizione delle controversie di modesta entità, nonché la tutela transfrontaliera per entrambe le parti. La mia domanda supplementare è pertanto la seguente: in quale modo in futuro i consumatori europei verranno informati in merito agli strumenti giuridici di cui possono avvalersi per un’adeguata tutela?

 
  
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  Karin Gastinger, Presidente in carica del Consiglio.(DE) Signor Presidente, in generale si può affermare che i cittadini europei hanno un sacco di possibilità di essere informati. In particolare, l’atlante giudiziario della Commissione europea, consultabile da chiunque su Internet, svolge un ruolo estremamente prezioso in quanto permette di accedere con estrema facilità alle autorità giudiziarie competenti e a questioni analoghe in tutta Europa. E’ un aspetto di enorme rilevanza.

Com’è ovvio, prestiamo la massima attenzione affinché i cittadini europei, soprattutto nell’adire la giustizia, possano disporre sempre delle informazioni più esaustive possibili ed è quindi importante che queste vengano trasmesse in tempi rapidi. A nostro avviso, è tuttavia necessario che tra le istituzioni maggiormente coinvolte si sviluppi una collaborazione molto costruttiva, caratterizzata da rapidità ed efficienza. E’ un aspetto di importanza cruciale. Ritengo che negli Stati membri occorra procedere a un ingente lavoro in merito all’acquisizione di informazioni da parte delle varie giurisdizioni, in modo che queste ultime possano trasmettere le informazioni necessarie ai cittadini. E’ un altro aspetto di importanza cruciale. In Europa un valido sistema giudiziario può funzionare solo se il pubblico sa a chi può rivolgersi.

 
  
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  Reinhard Rack (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, i consumatori utilizzano in misura crescente i nuovi canali offerti da Internet e in particolare il commercio elettronico. E’ stato esaminato questo ambito in relazione al potenziamento o alla tutela dei provvedimenti giuridici? Al più presto, quando potremo aspettarci risultati che migliorino l’attuale situazione?

 
  
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  Karin Gastinger, Presidente in carica del Consiglio.(DE) In linea di massima, l’onorevole deputato ha perfettamente ragione, quando afferma che il settore del commercio elettronico assumerà un peso decisivo nell’Europa di domani. Esistono ovviamente strumenti normativi che disciplinano già la tutela dei consumatori soprattutto nell’ambito del commercio su Internet, in quanto siamo consapevoli che non di rado se ne possa fare un uso illecito. So anche che singoli fornitori di commercio elettronico ricorrono già a sigilli di qualità e procedure analoghe, che sono una peculiare forma di accesso. Confido nel fatto che in futuro affronteremo la questione concernente questi strumenti, anche se non tratteremo l’argomento principalmente in sede di Consiglio “Giustizia e affari interni”, ma piuttosto nell’ambito delle competenze del Consiglio “Competitività”.

 
  
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  Richard Seeber (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, anch’io ritengo che nel mercato interno debba vigere un sistema giudiziario efficiente e, soprattutto un sistema che garantisca in modo efficace l’applicazione della legge. Tuttavia, quali sono gli accordi previsti in materia di costi? In fin dei conti, l’applicazione della legge è sempre anche una questione di costi. Verrà elaborato al riguardo un accordo europeo uniforme oppure rimarremo ancorati al sistema dei singoli accordi nazionali?

 
  
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  Karin Gastinger, Presidente in carica del Consiglio.(DE) L’onorevole deputato ha sollevato una questione estremamente delicata che, com’è ovvio, è uno dei punti focali oggetto di discussione soprattutto per quanto riguarda il regolamento che istituisce un procedimento europeo per controversie di modesta entità. A rigore, il procedimento in parola non prevede alcun obbligo al patrocinio da parte di un legale il che, logicamente, pone un problema fondamentale concernente i costi e in particolare il rimborso dei costi giudiziari, che nei vari Stati membri è disciplinato in modo diverso.

In linea generale, ci siamo impegnati per introdurre strumenti giuridici in particolare nel quadro dell’assistenza legale. Tali strumenti sono già stati messi in atto. Dovremo senza dubbio pensare di creare nuovi strumenti per l’altro ambito. Dagli incontri dei gruppi di lavoro del Consiglio è emerso che si tratta di un aspetto al vaglio dei miei esperti e in merito al quale saremo di certo in grado di trovare una soluzione anche in relazione al procedimento europeo per la composizione di controversie di modesta entità.

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 7 dell’onorevole Sarah Ludford (H-1113/05):

Oggetto: Decisione quadro sul razzismo e la xenofobia

Intende la Presidenza austriaca rinnovare gli sforzi per raggiungere un accordo in seno al Consiglio sulla decisione quadro per combattere il razzismo e la xenofobia proposta dalla Commissione nel 2001 e fortemente sostenuta dal Parlamento?

Dato il quadro allarmante che emerge dalle relazioni dell’Osservatorio della Comunità europea sul razzismo e la xenofobia, sito in Vienna, sull’estensione reati connessi al razzismo in Europa e sul fallimento nel fronteggiarli, come può essere giustificata dal Consiglio la scelta di non dare la priorità a tale legislazione, per raggiungere un approccio paneuropeo volto a proibire comportamenti criminali basati sull’odio razziale?

 
  
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  Karin Gastinger, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signor Presidente, questo ci conduce a un altro tema molto delicato. C’è stata, naturalmente, una proposta di decisione quadro della Commissione, presentata il 29 novembre 2001, sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia. Nonostante serrati dibattiti in sede di Consiglio, non si è potuto raggiungere un accordo su questa proposta nel febbraio 2003.

Conseguentemente, nel marzo 2003, la delegazione italiana ha proposto una versione alternativa della bozza di decisione quadro, ma anche questa versione non ha ottenuto il consenso delle delegazioni. Di conseguenza il 24 febbraio 2005 il Consiglio ha incaricato il suo gruppo di lavoro sul diritto penale sostanziale di proseguire le discussioni sulla proposta. Il gruppo ha pertanto ripreso il lavoro sulla proposta sulla base dello statu quo raggiunto nel 2003. Il dibattito su questa decisione quadro nel corso della riunione del Consiglio del 2 e 3 giugno 2005 ha acclarato che non c’è la possibilità di raggiungere un consenso tra gli Stati membri. Ovviamente è stata una pillola amara da ingoiare, soprattutto per quegli Stati membri che avevano sostenuto energicamente questa decisione quadro.

Alla luce dei trascorsi di questa decisione quadro che le ho appena illustrato, la Presidenza austriaca non ritiene che, al momento, una ripresa dei dibattiti sia promettente. Tuttavia, la Presidenza non vuole che questo importantissimo dossier – e, in particolare, il messaggio politico che vi è sotteso – subisca una totale battuta d’arresto; pertanto organizzeremo entro la fine della nostra Presidenza un seminario su questa tematica, anche d’intesa con la Commissione e l’Osservatorio della Comunità europea per il razzismo e la xenofobia. Ci aspettiamo che partecipino circa 100 persone a questo seminario, che si svolgerà a Vienna dal 20 al 22 giugno 2006 e dibatterà problematiche di spicco correlate con questa proposta.

Come lei – ne sono certa – può immaginare, e come infatti è emerso anche dai recenti dibattiti sulle vignette, ci troviamo di nuovo nel mezzo dell’area di tensione tra il nostro messaggio politico, che ci oppone senza ambiguità al razzismo e alla xenofobia, e la libertà d’espressione. Dobbiamo neutralizzare proprio quest’area di tensione se vogliamo effettivamente compiere progressi importanti. Inoltre sono proprio queste le tematiche che devono essere discusse nel seminario.

Dovrebbero partecipare a questo seminario due rappresentanti per ogni Stato membro, per ogni paese di prossima adesione e per ogni paese candidato. Intendiamo invitare anche le ONG, in particolare quelle che sono esperte in queste tematiche, nonché i rappresentanti del Consiglio d’Europa, quelli dell’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell’OCSE, quelli della rete comunitaria di esperti indipendenti di diritti fondamentali e quelli della commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza. Non occorre dire che verranno invitati a partecipare anche i rappresentanti del Parlamento, che riceverà un invito ufficiale a questo seminario a fine marzo, quando il programma sarà stato definito e potremo dunque presentarlo.

Vorrei inoltre fare presente – come già accennato relativamente all’interrogazione n. 4 sulla tutela dei diritti fondamentali – che il Consiglio europeo ha decretato nel dicembre 2003 l’istituzione di un’Agenzia europea per i diritti fondamentali, confermandola di fatto nel dicembre 2004. Il gruppo di lavoro ad hoc del Consiglio sui diritti fondamentali e sulla cittadinanza sta attualmente esaminando la proposta di regolamento presentata dalla Commissione nel giugno 2005. L’inizio dei lavori dell’Agenzia è previsto per il primo gennaio 2007. Sappiamo che i tempi sono molto ristretti, ma speriamo di poterli rispettare.

La Presidenza austriaca attribuisce la massima priorità a questa tematica e spera di riuscire a portare a termine i negoziati in modo che l’Agenzia possa iniziare a lavorare secondo il calendario previsto.

 
  
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  Sarah Ludford (ALDE). – (EN) Ci sono alcune questioni complesse – come la negazione dell’Olocausto e la tutela della libertà di parola –, ma è scandaloso che nel 2006 non ci sia ancora una risposta a livello comunitario al crescente e allarmante problema rappresentato dalla violenza razzista. Dev’essere possibile giungere a un accordo a livello comunitario sulla questione centrale, ovvero la prevenzione dell’odio e delle molestie razziali quotidiane di cui sono fatti oggetto molti dei nostri cittadini e residenti.

Attualmente alcuni paesi, come la Grecia, l’Italia e il Portogallo, omettono persino di registrare le aggressioni razziali. La prego di fare i nomi degli Stati membri ostruzionisti che stanno bloccando questo accordo sulla decisione quadro e di impegnarsi a fondo durante la sua Presidenza per mettere fuori legge i reati motivati dall’odio razziale. La fortuna l’assista!

 
  
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  Karin Gastinger, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Non potrei essere maggiormente d’accordo con quanto affermato dall’onorevole Ludford. Dal punto di vista della Presidenza, abbiamo ovviamente tutto l’interesse a inviare un segnale politico significativo anche a questo proposito. A nostro avviso, il seminario che stiamo organizzando concretizzerà nuovamente la questione e, grazie ai pareri degli esperti – che saranno particolarmente numerosi –, sortirà un risultato che ci permetterà di conseguire in futuro l’equilibrio necessario per la nostra comune aspirazione, ovvero opporsi con maggiore efficacia al razzismo e alla xenofobia, ma senza mettere in forse la libertà di espressione come conseguenza. In ogni caso intendiamo compiere progressi davvero ragguardevoli e speriamo di dimostrare in tal modo che, con nuovo slancio, la Presidenza finnica potrà portare a termine con successo la questione, o almeno continuare i negoziati sulla base del nostro lavoro.

 
  
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  Manolis Mavrommatis (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, signor Ministro, il razzismo e la xenofobia si sono insinuati persino nello sport e nel gioco del calcio. Sono certo che lei sa perfettamente che si sono verificati numerosi episodi contro atleti e calciatori di colore in occasione di molti eventi e molte partite – soprattutto di calcio – in Inghilterra, Spagna, Francia eccetera. La Presidenza austriaca intende raccomandare alla Germania l’adozione di misure contro il razzismo e la xenofobia durante la Coppa del mondo che si svolgerà l’estate prossima? Come affronterà questi problemi, considerato che l’Austria avrà ancora la Presidenza?

 
  
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  Karin Gastinger, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Partiamo dal presupposto che la Germania sia governata dallo Stato di diritto e che spetti alle sue autorità prendere misure adeguate per combattere il razzismo e la xenofobia, anche in occasione della Coppa del mondo. Sono assolutamente certa che la Germania adotterà i provvedimenti opportuni.

 
  
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  Gay Mitchell (PPE-DE). – (EN) Anche la mia interrogazione, la n. 8, riguarda la xenofobia. Qui i ministri continuano a fornire risposte molto lunghe. Non è possibile, per cortesia nei confronti degli onorevoli deputati, raggruppare le interrogazioni che riguardano lo stesso argomento?

Vengo qui ogni mese per presentare interrogazioni che, tuttavia, non ricevono mai risposta. Arriviamo a rispondere a ben poche di esse e le risposte possono protrarsi all’infinito. Già la prossima interrogazione a mio nome riguarda il problema della xenofobia e non capisco perché non sia stata presa in considerazione insieme all’interrogazione n. 7.

 
  
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  Bill Newton Dunn (ALDE). – (EN) Signor Presidente, una questione di procedura: il ministro austriaco della Giustizia ha tanta strada. Ci avevano detto di porre a lei le interrogazioni. Abbiamo dovuto aspettare fino a marzo; alcune di queste interrogazioni erano state presentate a dicembre, ma abbiamo atteso pazientemente tre mesi per rivolgergliele. In tre mesi, a tutt’oggi, è riuscita a rispondere a due interrogazioni in tutto!

Non è colpa sua, siamo lieti che sia arrivata – la ringrazio d’essere venuta, signora Ministro –, ma la pregherei di comunicare al Presidente Borrell che questo è un disastro. Così non funziona. Non è un bel sistema che il Ministro Gastinger arrivi e risponda a due interrogazioni dopo tre mesi.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. SYLVIA-YVONNE KAUFMANN
Vicepresidente

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 8 dell’onorevole Gay Mitchell (H-0138/06):

Oggetto: Xenofobia nell’UE

Dispone il Consiglio di un piano d’azione coerente per far fronte all’aumento del livello di xenofobia che sta interessando tutta l’UE, in particolare i cittadini degli Stati membri che vivono e lavorano quali minoranze in altri Stati membri dell’Unione?

 
  
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  Karin Gastinger, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signora Presidente, in effetti ho risposto in una volta sola alle interrogazioni nn. 7 e 8 degli onorevoli Sarah Ludford e Gay Mitchell, ma ovviamente accetto volentieri domande complementari.

 
  
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  Gay Mitchell (PPE-DE). – (EN) Considerato che la xenofobia e il razzismo si manifestano spesso negli eventi sportivi, il Presidente in carica Gastinger intende considerare, come parte del piano d’azione, l’impiego dello sport come mezzo per combattere la xenofobia? Come si suol dire, dalle ghiande nascono le querce.

Nel mio collegio elettorale il Crumlin United Football Club – una squadra giovanile in cui ha giocato Robbie Keane – organizza ogni anno un fine settimana dedicato allo sport durante il quale la gente non solo pratica lo sport, ma effettua anche scambi culturali. Il Presidente in carica Gastinger pensa di prendere in considerazione l’idea di organizzare un fine settimana nell’Unione in cui si svolgano scambi sportivi e culturali analoghi, cosicché si possa usare lo sport per combattere la xenofobia?

 
  
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  Karin Gastinger, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signora Presidente, onorevole Mitchell, penso che in linea di principio questa sia una buona idea, perché anch’io credo che dobbiamo lottare insieme per garantire che in Europa il razzismo e la xenofobia non abbiano alcuna possibilità di affermarsi. Inoltre, a mio avviso, lo sport può gettare dei ponti a questo riguardo perché, quando i giovani – soprattutto loro, che sono in definitiva il nostro futuro – e spesso anche gli adulti si allenano insieme, insieme possono successivamente continuare a intraprendere altre attività.

Tuttavia, in quest’ambito, non c’è soltanto lo sport che può svolgere un ruolo; noto che ci sono concrete possibilità anche nel campo della cultura. Anche se i due settori non sono direttamente collegati, dobbiamo tentare di gettare questi ponti in molte aree diverse. Molto spesso il razzismo e la xenofobia sono legati ai pregiudizi, che derivano tendenzialmente dalla poca familiarità con altre culture, perché le cose che non ci sono familiari si associano spesso alla paura. Poiché la paura, a sua volta, suscita sentimenti negativi, è ovviamente molto probabile che da ciò derivino il razzismo e la xenofobia. Pertanto, tutto quello che potrebbe indurci a conoscerci meglio l’un l’altro e a conoscere meglio altre culture è bene accetto perché costituisce un mezzo per sconfiggere la xenofobia.

La domanda è – dal momento che l’onorevole Mitchell si è rivolto specificatamente a me in quanto ministro della Giustizia – se il Consiglio abbia effettivamente la competenza di fare questo in base al Trattato sull’Unione europea. Credo, tuttavia, che questo costituisca un messaggio politico importante che tutti quanti noi abbiamo il dovere di trasmettere.

 
  
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  Presidente. I miei più sinceri ringraziamenti per queste osservazioni. Dobbiamo discuterle con la Presidenza del Consiglio e considerare come procedere la prossima volta per la soddisfazione di tutte le parti interessate.

 
  
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  Claude Moraes (PSE). – (EN) Una questione di procedura: non sono sicuro che il problema sia stato capito. La Presidenza austriaca ha deciso di cambiare il sistema per rispondere alle interrogazioni al Consiglio, cosa che ha comportato un’attesa di tre mesi per tanti che sono in lista, compreso il sottoscritto. L’onorevole Newton Dunn lo ha fatto presente.

Abbiamo aspettato per tre mesi. Il Ministro Gastinger è stata molto gentile e non è colpa sua se la Presidenza ha deciso di cambiare il sistema. E’ stata straordinariamente gentile a rispondere a un’interrogazione aggiuntiva, cosa che non avevo mai visto succedere prima.

Adesso, tuttavia, può cortesemente rivedere questa decisione e tornare al sistema precedente? Questo sistema non funziona, ecco tutto. Abbiamo posto interrogazioni importanti sulla radicalizzazione e su altri temi cui dopo tre mesi non è ancora stata data risposta. La prego di considerare l’idea di tornare al vecchio sistema.

 
  
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  Presidente. – Le interrogazioni che, per mancanza di tempo, non hanno ricevuto risposta, la riceveranno per iscritto (vedasi allegato).

Con questo si conclude il Tempo delle interrogazioni rivolte al Consiglio.

 
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