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Testi presentati :

B6-0161/2006

Discussioni :

PV 15/03/2006 - 3
CRE 15/03/2006 - 3

Votazioni :

PV 15/03/2006 - 4.12
CRE 15/03/2006 - 4.12
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :


Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 15 marzo 2006 - Strasburgo Edizione GU

3. Preparazione del Consiglio europeo / strategia di Lisbona (discussione)
Processo verbale
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione sulle dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla preparazione del Consiglio europeo e la strategia di Lisbona.

Poiché abbiamo modificato l’ordine del giorno a causa della cancellazione della seduta ufficiale, questa discussione durerà all’incirca fino alle dodici e la votazione avrà luogo subito dopo.

 
  
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  Hans Winkler, Presidente in carica del Consiglio. (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, a una settimana dal Consiglio europeo di primavera, la discussione di oggi è un’ottima occasione per esaminare insieme le priorità essenziali sulle quali si concentrerà il Vertice. Come sapete, l’attuazione della strategia di Lisbona sarà l’elemento centrale. E’ superfluo dire che la migliore garanzia di successo è una preparazione adeguata, e le formazioni del Consiglio responsabili delle varie tematiche hanno quindi esaminato le priorità del Consiglio europeo dal rispettivo punto di vista e presentato i relativi contributi. I progetti di conclusioni saranno esaminati secondo la procedura prevista.

Il primo giorno del Consiglio europeo, il 23 marzo, si svolgerà come al solito anche il Vertice sociale tripartito, che ha lo scopo di assicurare la cooperazione tra il Consiglio, la Commissione e le parti sociali, in particolare per quanto riguarda l’occupazione, la politica economica e la tutela sociale.

In questo contesto, accogliamo con particolare favore le iniziative delle Istituzioni europee a favore di una maggiore assunzione di responsabilità e partecipazione a livello comunitario, nonché i preziosi contributi offerti, per esempio, dalla seconda riunione interparlamentare tra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali. In questo ambito si chiede molto anche ai cittadini.

I governi degli Stati membri hanno il compito di spiegare meglio ai loro cittadini l’urgente necessità di attuare questo partenariato per la crescita e l’occupazione. A tal fine, è importante coinvolgere anche le autorità regionali e locali – nel quadro delle rispettive costituzioni nazionali – e la società civile nell’elaborazione e attuazione dei programmi nazionali di riforma.

In questo spirito costruttivo, vogliamo che la discussione di oggi preveda anche un dibattito aperto sulle possibili soluzioni per i problemi economici e sociali comuni all’intera Unione europea e sull’importante ruolo svolto da voi parlamentari, quali rappresentanti dei cittadini.

Come sapete, nel marzo 2005 il Consiglio europeo ha approvato una profonda revisione della strategia di Lisbona e ha anche razionalizzato la procedura. Il nuovo ciclo di governance si basa su partenariato e responsabilità. Al Vertice di Hampton Court, i capi di Stato e di governo hanno dato ulteriore impulso politico alla strategia di Lisbona rinnovata e si sono concentrati su come i valori europei possano rafforzare la modernizzazione dell’economia e della società in un mondo globalizzato.

Un altro aspetto importante è che il Consiglio europeo, alla riunione del dicembre scorso, ha raggiunto un accordo politico sulle prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013. Questo è di per sé un segnale importante del fatto che l’Unione europea è in grado di trovare soluzioni, anche se ovviamente sappiamo che è in corso un dialogo serrato e difficile con il Parlamento, che intendiamo condurre in modo costruttivo al fine di attuare tale accordo tra i governi in cooperazione con voi.

L’Europa deve far fronte a nuove sfide, tra cui le crescenti pressioni – sia economiche che tecnologiche – della concorrenza esterna, l’invecchiamento della popolazione, il drastico aumento dei prezzi dell’energia e la necessità di garantire la sicurezza energetica.

Dalla fine del 2005 si riscontrano segni di ripresa economica lenta, ma sicura. Secondo le previsioni, nel triennio 2005-2007 nell’Unione europea saranno creati sei milioni di nuovi posti di lavoro; la disoccupazione dovrebbe quindi diminuire di quasi un punto percentuale nel 2007. Tuttavia, l’ulteriore riduzione della disoccupazione, che attualmente colpisce quasi 19,5 milioni di persone, l’incremento della produttività e il rafforzamento del potenziale di crescita rimangono le principali sfide cui l’Unione europea deve rispondere.

Questa ripresa economica, sia pure lenta, è un’ottima opportunità per portare avanti con determinazione le riforme strutturali, in linea con i programmi nazionali di riforma, e per realizzare un maggiore consolidamento fiscale, in linea con il nuovo Patto di stabilità e di crescita. Calendari e obiettivi concreti sono uno strumento utile per accelerare l’attuazione delle riforme previste e conseguire migliori risultati in termini di crescita e occupazione.

Alla luce delle sue decisioni della primavera 2005, il Consiglio europeo ha adottato orientamenti strategici integrati. Gli Stati membri hanno quindi utilizzato tali orientamenti come base per elaborare programmi nazionali di riforma, in funzione delle specifiche esigenze nazionali. La Commissione ha presentato un “Programma comunitario di Lisbona”, in cui sono proposte misure da adottare a livello comunitario. Anche la relazione intermedia annuale della Commissione costituisce un importante contributo al processo della strategia di Lisbona rinnovata per la crescita e l’occupazione.

Tutti gli Stati membri hanno elaborato i programmi nazionali di riforma con rapidità e accuratezza. Tali programmi sono adattati alle esigenze e circostanze specifiche di ciascuno Stato membro e servono ad attuare le riforme. I programmi nazionali di riforma sono un primo passo decisivo per procedere con maggiore responsabilità individuale e migliore consapevolezza delle priorità della riforma. Nel complesso, i programmi nazionali costituiscono una buona base per il lavoro futuro nel quadro della riforma.

A parere della Commissione – e a questo punto vorrei ringraziare, in modo particolarmente caloroso, il Presidente della Commissione Barroso per il lavoro della sua Istituzione, di grande rilevanza per la preparazione del Vertice, e soprattutto per la rapidità e l’accuratezza con cui la Commissione ha operato – alcuni programmi dovrebbero tuttavia comprendere calendari e obiettivi più specifici e maggiori particolari sugli aspetti finanziari delle riforme proposte, nonché approfondire le questioni legate alla concorrenza e all’eliminazione degli ostacoli all’accesso al mercato.

Gli strumenti necessari sono disponibili. La massima priorità degli Stati membri per il 2006 sarà quindi la realizzazione puntuale e completa dei nostri obiettivi. A tal fine, è indispensabile che gli Stati membri intensifichino le misure già proposte.

La Commissione non ha proposto alcun aggiornamento degli orientamenti per la crescita e l’occupazione, il che significa che essi rimarranno pienamente applicabili. Dopo le grandi sfide dello scorso anno, l’attenzione dovrà ora concentrarsi su maggiori azioni e maggiore continuità.

In linea con la nuova governance della strategia, gli Stati membri hanno compiuto sforzi concreti per coinvolgere i parlamenti nazionali, i rappresentanti delle autorità locali e regionali, le parti sociali e altri rappresentanti della società civile nella definizione dei programmi nazionali.

I cittadini d’Europa devono ora essere coinvolti in modo più attivo nel processo, e dobbiamo convincerli che un’attuazione tempestiva e adeguata delle riforme contribuirà a garantire una prosperità maggiore e meglio distribuita.

A tal fine, abbiamo realmente bisogno dell’aiuto dell’Assemblea. Il Parlamento europeo può aiutarci a promuovere una maggiore assunzione di responsabilità e adesione alla strategia di Lisbona da parte di tutti gli interessati e a garantirne la futura partecipazione. Discussioni come quella di oggi offrono un’occasione particolarmente positiva per farlo.

In questo contesto, vorrei anche rilevare che la Presidenza austriaca attribuisce grandissima importanza al compromesso riguardante la direttiva sui servizi raggiunto in prima lettura in seno al Parlamento. Il risultato è ben equilibrato e costituisce una solida base per gli sforzi futuri. Il numero considerevole di emendamenti proposti dimostra che la questione è estremamente controversa. Alla luce di questo risultato e delle discussioni condotte finora in seno al Consiglio, la Presidenza ritiene che il Consiglio europeo debba ora invitare la Commissione a presentare la sua proposta modificata quanto prima possibile e si augura che le Istituzioni possano concludere rapidamente il processo legislativo.

E’ intenzione della Presidenza far sì che il Consiglio europeo definisca, nel quadro degli orientamenti integrati adottati l’anno scorso, le misure prioritarie specifiche da attuare entro la fine del 2007. Nell’ambito della strategia di Lisbona rinnovata, il Vertice di primavera sarà quindi dedicato alle questioni cui è data priorità nei programmi nazionali di riforma e nella relazione della Commissione europea, cioè la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione, la politica per le piccole e medie imprese, l’occupazione e l’energia. Naturalmente, dobbiamo anche continuare ad adottare azioni generali nel contesto di tutti e tre i rami della strategia di Lisbona: economico, sociale e ambientale. Per raggiungere una fase di realizzazione concreta e risultati visibili, dobbiamo mirare a una buona combinazione di impegni volontari verificabili da parte dei 25 Stati membri e di raccomandazioni della Commissione. Il livello che le nostre ambizioni dovrebbero raggiungere è tuttora oggetto di discussioni nell’ambito dei preparativi per il Consiglio.

Un pilastro della strategia di Lisbona è costituito dalla ricerca e dall’innovazione, quale forza trainante per la produzione e l’uso della conoscenza. Sono passati quattro anni da quando ci siamo posti l’obiettivo di conseguire in Europa una spesa per la ricerca del 3 per cento entro il 2010, con una quota significativa – due terzi – finanziata dal settore privato. Sarebbe bene che le risorse rese disponibili dall’Unione europea aumentassero di pari passo con i nostri sforzi nazionali. A tal fine, si dovrà anche rafforzare la cooperazione tra università, ricerca e imprese per contribuire a incrementare i finanziamenti per la ricerca.

Tuttavia, come tutti sappiamo, in questo ambito di estrema importanza per il nostro futuro non abbiamo ottenuto grandi risultati: la spesa per la ricerca nell’Unione ammonta attualmente a solo l’1,9 per cento circa.

Gli sforzi congiunti con la Commissione europea ci hanno permesso di dare slancio al processo e sensibilizzare gli Stati membri sull’importanza di adottare obiettivi specifici e impegni volontari per incrementare la spesa a favore della ricerca. Al riguardo, tutti gli Stati membri hanno già elevato il loro livello di ambizione e fissato obiettivi nazionali corrispondenti.

Inoltre, nella nostra società dell’informazione in rapida evoluzione, le moderne strategie di comunicazione svolgono un ruolo essenziale per promuovere l’innovazione. Per quanto riguarda l’istruzione superiore, intendiamo invitare gli Stati membri ad agevolare, entro il 2007, l’accesso a finanziamenti privati supplementari per le università e a eliminare gli ostacoli alla cooperazione tra istituzioni accademiche e imprese, in conformità con le convenzioni nazionali.

In secondo luogo, occorre fare di più per sbloccare le condizioni quadro per le imprese, il potenziale delle imprese e, in particolare, la situazione delle piccole e medie imprese. Il Consiglio europeo dovrà concentrare la sua attenzione anche su questo. Le piccole e medie imprese rappresentano una quota significativa dell’economia europea e possono essere giustificatamente descritte come la sua forza trainante. Nell’Unione europea esistono circa 23 milioni di piccole e medie imprese, nelle quali si contano quasi 75 milioni di posti di lavoro. Le misure volte a rafforzare e promuovere le piccole e medie imprese quale spina dorsale dell’economia europea possono quindi contribuire in modo significativo alla crescita e all’occupazione. Vogliamo anche semplificare le procedure burocratiche per le PMI e ridurre i tempi e i costi di costituzione di nuove imprese.

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Presidente. – Sottosegretario Winkler, le chiedo scusa, di solito il tempo di parola del Consiglio e della Commissione non è limitato, ma stamattina abbiamo problemi di orario, dovuti al protrarsi della discussione precedente. Le chiederei, se possibile, di limitare anche il suo tempo di parola per permettere ai deputati di intervenire. Gliene sarei grato.

 
  
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  Hans Winkler,, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signor Presidente, mi scuso se ho parlato troppo a lungo. Abbrevierò le mie osservazioni e concluderò. Vi è urgente necessità di azione su varie tematiche. Il mio intervento non sarebbe completo se non menzionassi il mercato del lavoro, in particolare la promozione dell’integrazione dei giovani nel mercato del lavoro. In seno al Consiglio europeo, intendiamo prestare particolare attenzione alla lotta contro la disoccupazione giovanile. Uno dei nostri obiettivi è ridurre il tasso di abbandono della scuola entro il 2010 e assicurare che un maggior numero di giovani completino l’istruzione secondaria. Anche la lotta contro la disoccupazione di lunga durata va posta al centro dei nostri sforzi.

Infine, la questione dell’energia svolgerà anch’essa un ruolo di particolare rilievo, non solo per l’importanza di questo settore per la creazione di posti di lavoro e per la crescita, ma anche, come ben sappiamo, alla luce dei recenti avvenimenti. Mi auguro che, in questo contesto e su tutte le altre questioni cui ho accennato, il Consiglio europeo sappia dare un impulso poderoso, che influenzi in modo decisivo le attività future di tutte le Istituzioni dell’Unione europea.

 
  
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  Presidente. – No, signor Presidente. Non esistono limitazioni per il tempo di parola della Presidenza del Consiglio e della Commissione, ma oggi dobbiamo spartirci una risorsa scarsa e non rinnovabile qual è il tempo.

 
  
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  José Manuel Barroso, Presidente della Commissione. – (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, il Consiglio europeo della prossima settimana si svolge in un momento importante. Si osservano ora i primi incoraggianti segni di rafforzamento della fiducia dei consumatori in Europa: gli investimenti riprendono e i tassi di crescita migliorano progressivamente. Sono buone notizie. Approfittiamo di questo contesto economico favorevole per compiere un nuovo balzo in avanti verso i nostri obiettivi di crescita e di occupazione. Cambiamo marcia.

L’anno scorso abbiamo proposto una profonda revisione del modo in cui condurre la politica economica in Europa. Abbiamo deciso di lavorare insieme nel quadro di un partenariato. Ci siamo ripartiti le responsabilità e abbiamo riorientato la nostra strategia e le nostre preoccupazioni sull’essenziale. L’Assemblea ha accordato enorme sostegno a questa nuova strategia e vorrei congratularmi con il Parlamento per il ruolo che svolge al riguardo.

Nella sua relazione al Consiglio di primavera, la Commissione propone diverse azioni prioritarie a favore della crescita e dell’occupazione. Non intendo entrare nei particolari di tutte le misure specifiche che proponiamo di adottare, ma evidenzierò alcuni temi che oggi mi sembrano particolarmente importanti.

Sono lieto che siano stati adottati i 25 programmi nazionali di riforma. Essi espongono il modo in cui ciascuno Stato membro intende attuare, nelle circostanze specifiche nazionali, gli orientamenti comuni per la crescita e l’occupazione. Va detto che i piani nazionali di riforma non hanno tutti lo stesso livello di ambizione, né hanno tutti la stessa qualità. Essi costituiscono nondimeno una buona base di lavoro.

Siamo chiari: questa è solo una prima tappa e tutti sanno che le relazioni non creano occupazione. Ora occorre avere volontà politica e determinazione nell’applicare precisamente queste intenzioni.

Questo è il motivo per cui, quest’anno, è giunto il momento di tradurre le parole in azione. Nei prossimi mesi, la Commissione lavorerà in stretta cooperazione con gli Stati membri al fine di agevolare l’attuazione dei programmi nazionali e assicurarne il seguito. Sono molto riconoscente al Parlamento per il ruolo che ha assunto in questo ambito. Le sedute parlamentari comuni tra il Parlamento europeo e i rappresentanti dei parlamenti nazionali dedicate alla strategia di Lisbona hanno contribuito in modo significativo a sensibilizzare i parlamentari nazionali sulla posta in gioco e li hanno incoraggiati a partecipare al processo.

Tuttavia, onorevoli deputati, è vero che resta ancora da migliorare il grado di convinta adesione da parte dei paesi membri a questa nuova strategia per la crescita e l’occupazione. Nel quadro del partenariato, gli Stati membri traggono insegnamento dall’esperienza degli altri. Ciascuno ha qualcosa da offrire e da imparare, ma non mi stancherò mai di sottolineare che non solo è necessaria l’azione a livello di Commissione, Consiglio e Parlamento europeo, ma occorre anche coinvolgere attivamente i parlamenti nazionali, le parti sociali, i partiti nazionali – non solo quelli europei – e l’opinione pubblica europea. E’ una condizione indispensabile per il successo della nostra strategia rinnovata per la crescita e l’occupazione.

Un’altra questione importante è la libera circolazione dei lavoratori. Ho notato che il Parlamento, nella risoluzione che ha proposto per concludere la discussione, invita, cito: “gli Stati membri a realizzare quanto prima la piena libertà di circolazione dei cittadini e dei lavoratori nell’Unione europea, parallelamente a una decisa azione volta a promuovere la qualità del lavoro in tutti i suoi aspetti”. Faccio interamente mia questa proposta del Parlamento europeo. I fatti vi danno peraltro ragione. Uno studio recente della Commissione dimostra chiaramente che il flusso di lavoratori degli Stati membri dell’Europa centrale e orientale verso i vecchi Stati membri ha sostanzialmente avuto effetti positivi. Questo è solo uno dei motivi per cui la Commissione accoglie con favore l’annuncio fatto di recente – dopo la pubblicazione della nostra comunicazione – innanzi tutto dalla Finlandia, dal Portogallo e dalla Spagna, e poi dai Paesi Bassi, della loro intenzione di aggiungersi all’Irlanda, al Regno Unito e alla Svezia nell’abolire le restrizioni alla libera circolazione dei lavoratori in Europa. Sono impaziente di vedere altri paesi unirsi a questi.

(Applausi)

In un’economia globalizzata, nessuno Stato membro può permettersi di agire da solo. Non è il momento per il nazionalismo economico. Non è con la retorica nazionalista che possiamo costruire l’Europa di domani.

(Applausi)

Difendere i propri campioni nazionali nel breve periodo in genere ne causa la retrocessione in seconda classe a lungo termine. Le imprese più efficienti, che hanno dovuto affrontare tutti i rigori della concorrenza, si lasceranno i campioni nazionali alle spalle quando si presenteranno sui mercati internazionali. Siamo chiari: non abbiamo bisogno di campioni nazionali, ma di campioni mondiali con sede in Europa, che traggano il massimo profitto dal nostro mercato interno.

(Applausi)

Non devono esistere equivoci. Qualora le imprese abusino della loro posizione dominante sul mercato, la Commissione eserciterà le sue prerogative. Essa è giuridicamente tenuta a proteggere i consumatori e a vigilare sull’applicazione delle regole di concorrenza e si fa pienamente carico di tali doveri.

(EN) La sfida della globalizzazione richiede un rafforzamento del mercato interno. La libera prestazione di servizi è un elemento essenziale del mercato interno e abbiamo già detto che il settore dei servizi, da un lato, e le piccole e medie imprese, dall’altro, sono oggi i principali motori dell’occupazione in Europa.

Vi ringrazio per il risultato della prima lettura del Parlamento della direttiva sui servizi. Avete presentato emendamenti in linea di massima basati su un ampio consenso, che ora può permetterci di compiere passi avanti. La Commissione risponderà in modo positivo al vostro consenso.

All’inizio del mese prossimo presenteremo una proposta modificata, in gran parte fondata sull’esito della prima lettura e sulle discussioni in seno al Consiglio. Sappiamo che la Presidenza austriaca intende preparare subito dopo la posizione comune del Consiglio. Mi auguro quindi che la nuova legislazione possa essere adottata con rapidità, in quanto dobbiamo compiere progressi in questo settore, se siamo seri sulla crescita e sull’occupazione.

(Applausi)

Le sfide energetiche del XXI secolo richiedono una risposta forte ed efficace. Dopo un lungo periodo di relativa stabilità, non possiamo più dare per scontate le forniture sicure di energia a prezzi sostenibili. La maggiore dipendenza dalle importazioni, i prezzi più elevati dell’energia e il cambiamento climatico sono sfide comuni a tutti gli Stati membri dell’Unione europea. Solo una risposta europea, basata su sostenibilità, competitività e sicurezza, può far fronte a sfide di tale portata.

Nel Libro verde della Commissione abbiamo evidenziato sei azioni prioritarie. Dobbiamo creare un mercato europeo dell’elettricità e del gas che sia davvero unico. Dobbiamo ottenere una migliore integrazione. Migliore integrazione significa solidarietà tra gli Stati membri nei periodi di crisi. Dobbiamo accelerare la transizione verso un’economia basata su basse emissioni di carbonio, utilizzando sia le fonti di energia nuove sia quelle già esistenti per garantire la sostenibilità. Dobbiamo cambiare non solo l’offerta di energia, ma anche la domanda. Esistono notevoli margini per un uso più efficiente dell’energia a vantaggio del clima, dei consumatori e della nostra sicurezza.

L’Europa è all’avanguardia nello sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio. Dobbiamo rimanerci. Abbiamo bisogno di più innovazione europea per le fonti rinnovabili e per tutto ciò che riguarda le tecnologie rispettose dell’ambiente. Infine, ma non per questo meno importante, dobbiamo promuovere una strategia più coerente e integrata nelle nostre relazioni con i paesi terzi e nelle sedi internazionali.

A volte sento affermare che una politica energetica europea non è praticabile perché tocca settori in cui gli Stati membri hanno interessi strategici nazionali. Non c’è bisogno di ricordare che la base stessa della Comunità europea di fatto era una politica comune europea per il carbone e l’acciaio, i due settori all’epoca considerati i più sensibili in termini di interessi strategici nazionali degli Stati membri. E’ proprio perché l’energia è un fattore strategico che è necessaria una strategia europea al posto di 25 strategie nazionali. Proprio per questo abbiamo bisogno di tale strategia.

(Applausi)

Nel Libro verde tutti sono invitati a contribuire a questa importante discussione. Sono molto incoraggiato dalle buone reazioni suscitate dal Libro verde e dal sostegno determinato della Presidenza austriaca, e mi auguro che anche il Parlamento europeo accordi un forte sostegno a questa nuova strategia dell’Unione europea.

Vorrei evidenziare anche la necessità di considerare la coesione sociale come parte integrante della strategia per la crescita e l’occupazione. La Commissione è estremamente consapevole della necessità di assicurare posti di lavoro di alta qualità ed evitare condizioni di lavoro precarie. Ritengo che la globalizzazione offra grandi opportunità, ma non possiamo né dobbiamo ignorare le pressioni sulle imprese e sui lavoratori derivanti dalla forte concorrenza internazionale. Questo è il motivo per cui la Commissione ha proposto un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, che agirà da ammortizzatore del potente motore della globalizzazione e integrerà gli sforzi degli Stati membri volti ad assistere e reinserire i lavoratori colpiti. L’importante è far sì che i lavoratori possano ottenere una riqualificazione e rientrare nel mercato del lavoro in modo sostenibile. Dobbiamo coinvolgere le parti sociali nelle nostre discussioni sull’occupazione e sui mercati del lavoro.

Il futuro economico dell’Europa dipende dalla presenza di persone con la migliore istruzione e formazione, con un’intera serie di competenze e l’adattabilità necessaria in un’economia basata sulla conoscenza. Questo è il motivo per cui dobbiamo potenziare in modo significativo gli investimenti nell’istruzione superiore. La Commissione propone un obiettivo del 2 per cento del PIL entro il 2010.

Al tempo stesso, dobbiamo aumentare la spesa europea per la ricerca e lo sviluppo al 3 per cento del PIL entro il 2010. Ciò significa fissare obiettivi nazionali più ambiziosi e adottare misure più ambiziose per conseguirli. Abbiamo ottime università e centri di ricerca che trarranno benefici reali da maggiori finanziamenti. Tuttavia, i nostri sistemi sono frammentati. Sussiste un divario tra istruzione superiore e ricerca, da un lato, e imprese ed economia, dall’altro. Sembra esserci uno scollamento tra questi due ambiti.

Troppi dei nostri migliori cervelli lasciano l’Europa. Per tale motivo la Commissione, nell’ottica dell’eccellenza, ha proposto di creare un istituto europeo per la tecnologia. Tale istituto integrerebbe altre misure e utilizzerebbe le risorse rese disponibili dai partecipanti in modo più efficace, a loro vantaggio e a vantaggio dell’economia dell’Unione europea nel suo insieme. E’ un progetto ambizioso. Chiederò ai capi di Stato e di governo di approvare questa idea e chiedo al Parlamento di sostenerla. I progetti Airbus e Galileo hanno dimostrato l’importanza dei grandi progetti europei vincenti. L’istituto europeo di tecnologia dovrebbe essere il prossimo; è il simbolo di una funzione europea, ma non è soltanto un simbolo: esso valorizza i nostri sforzi collettivi in termini di ricerca, istruzione e innovazione.

Sono consapevole della necessità di fare di più in questo ambito e sono convinto che questo possa essere ora un chiaro impegno per il triangolo della conoscenza. In breve, un maggiore impegno a favore dell’Europa garantirà maggiore prosperità e libertà ai nostri cittadini.

Vi ringrazio calorosamente per il vostro sostegno, espresso molto bene nella proposta di risoluzione. La settimana prossima il Consiglio europeo dovrà dimostrare un impegno analogo a favore della crescita e dell’occupazione. E’ giunto il momento di passare all’azione: non più parole, ma fatti.

(Applausi)

 
  
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  Hans-Gert Poettering, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signor Presidente della Commissione, signor Presidente in carica del Consiglio, onorevoli colleghi, Lisbona rappresenta la crescita, l’occupazione e quindi, in sostanza, la competitività dell’economia dell’Unione europea. Mi compiaccio dell’impegno personale del Presidente della Commissione e del fatto che egli stia concentrando gli sforzi della Commissione su queste tematiche.

Vorrei ringraziarlo per aver affermato che un ritorno al nazionalismo economico o – alcuni vogliono darne un’interpretazione positiva – al patriottismo economico significherebbe il crollo dell’economia europea, con il risultato che non saremmo affatto competitivi a livello internazionale nel mondo globalizzato.

(Applausi)

Sono quindi grato per l’atteggiamento combattivo e mi auguro che dirà la stessa cosa al Vertice dei capi di Stato e di governo. Sottosegretario Winkler, abbiamo un’altissima opinione di lei come persona e apprezziamo la sua presenza in Aula, ma quando il Presidente della Commissione è in Aula sarebbe appropriato che la Presidenza del Consiglio fosse rappresentata a un livello analogo, cioè da un ministro. Dobbiamo ricordarlo. Vorrei che fosse chiaro che personalmente nutro il massimo rispetto per lei, ma le Istituzioni devono essere rappresentate allo stesso livello in discussioni come questa. Lo dico a prescindere da qualsiasi affiliazione politica. Si tratta delle Istituzioni dell’Unione europea.

Il Parlamento europeo attribuisce alta priorità al processo di Lisbona, che è un processo continuo e non si limita al 2010. Questo è il motivo per cui abbiamo istituito il gruppo direttivo, presieduto dall’onorevole Daul. Sono lieto che i tre gruppi maggiori – sì, forse un giorno vi arriveranno anche gli altri, onorevole Wurtz – lo stiano ponendo al centro delle loro attività, così come sta ovviamente facendo il gruppo Verde/Alleanza libera europea, sebbene non sia presente, e forse anche alcuni altri...

(Proteste)

... è vero, i leader non sono presenti e voi dovreste rallegrarvi che io presti loro tanta attenzione. Il mercato unico, con la libera circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali, è la condizione essenziale perché l’Unione europea sia competitiva sui mercati globali.

Invito i capi di Stato e di governo e i governi a prendere ad esempio gli sforzi del Parlamento relativi alla direttiva sui servizi. Ai governi dico: chiunque voglia ora conseguire qualcosa di diverso distruggerà il compromesso raggiunto su tale direttiva. Invito quindi i governi a seguire l’esempio del Parlamento europeo.

Accolgo con favore – non è compito mio, ma me ne compiaccio in veste di presidente del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei – il fatto che sia ora presente in Aula anche un leader dei Verdi. Insieme forgeremo l’Europa, onorevole Cohn-Bendit.

Nell’Unione europea abbiamo bisogno di spirito imprenditoriale. Le imprese non sono un concetto astratto, partecipare significa dare espressione concreta alla libertà. Spirito imprenditoriale significa creazione di posti di lavoro. Abbiamo bisogno di una prospettiva positiva in questo contesto.

Presidente Barroso, accogliamo con favore la sua proposta di creare un istituto europeo per la tecnologia. Tale proposta non deve prevedere la creazione di una nuova grande autorità universitaria, ma una rete tra i diversi istituti tecnologici europei esistenti, in modo da ottenere un valore aggiunto e permettere all’Europa di essere veramente un leader globale nella ricerca e nell’innovazione. Ha menzionato Galileo e Airbus. Abbiamo bisogno di nuovi progetti e in tal senso sosteniamo le sue considerazioni.

Un’ultima osservazione, dato che non dispongo di 15 minuti come il Consiglio e la Commissione. A un certo punto, signor Presidente, dovremo pensare al modo in cui ottenere un migliore equilibrio. Ritengo che, in questo ambito, l’Assemblea debba lavorare in stretta cooperazione con i parlamenti nazionali, perché è nostro compito comune, a livello nazionale ed europeo, rendere l’Europa competitiva e assicurare che si sviluppi in modo adeguato sul piano economico e in generale.

(Applausi)

 
  
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  Christopher Beazley (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, un richiamo al Regolamento, a norma dell’articolo 166, paragrafo 1, e dell’articolo 121, paragrafo 2. Mi scuso se interrompo la discussione, ma prima che cominciasse l’onorevole Atkins ha fatto un richiamo al Regolamento, che lei ha dichiarato inadeguato perché non riguardava gli argomenti all’ordine del giorno. In realtà, il collega si riferiva a una questione estremamente importante, prevista dall’articolo 166. Quando il Regolamento del Parlamento è disatteso, è solo normale che un deputato richiami la sua attenzione sulla questione.

L’onorevole Atkins stava dicendo che è possibile che il governo britannico stia agendo in modo arbitrario e in violazione del diritto comunitario per quanto riguarda una violazione dell’anonimato. La commissione competente le ha inviato una lettera. Le chiedo se può fornire la sua risposta all’onorevole Atkins prima della votazione.

Vorrei ricordare ancora una volta che mi riferisco agli articoli 166, paragrafo 1, e 121, paragrafo 2, del Regolamento.

Mi scuso per l’interruzione.

 
  
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  Presidente. – Mi rammarico anch’io per questa interruzione.

Onorevoli deputati, d’ora in poi la Presidenza dovrà essere più severa nel valutare la fondatezza delle mozioni di procedura, perché vi fate continuamente ricorso per fini che esulano da quelli per i quali è stata prevista.

 
  
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  Martin Schulz, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, con il lancio del processo di Lisbona si è fatto il primo vero tentativo, e a mio parere un tentativo molto ben ponderato, di dare una risposta europea alle sfide della globalizzazione. Il punto di partenza adottato a Lisbona era che a lungo termine saremmo riusciti a sopravvivere alla concorrenza intercontinentale e a rimanere competitivi rispetto ai concorrenti negli altri continenti se fossimo diventati la società basata sulla conoscenza e l’economia nazionale più forte del mondo, ma a livello europeo.

Era il passo giusto da compiere, ma che cosa è successo d’allora? Coloro che hanno optato per tale passo non sanno decidere se vogliono compierlo a livello europeo o a livello nazionale. Sono combattuti tra il messaggio: “possiamo sopravvivere in questa concorrenza soltanto come un’Europa unita”, che è corretto, e il messaggio all’interno dei loro paesi: “in linea di principio, come governo siamo in realtà abbastanza forti per farlo da soli”, che come sappiamo è più popolare tra gli elettori. Il risultato è che non si è investito abbastanza nel processo di Lisbona né a livello europeo né a livello nazionale. Questa è la situazione dopo sei anni!

(Applausi)

Signor Presidente della Commissione, sono grato per ciò che ha affermato, ma mi rincresce che lei abbia taciuto un aspetto. Esiste un abisso tra ciò che lei ha ancora una volta descritto come un impegno necessario, anche a livello finanziario, e ciò che accade nella realtà. Lei e la sua Commissione avete definito che cosa è necessario in termini di finanziamenti per l’Unione nei prossimi sette anni e il Consiglio ha adottato una base finanziaria. Il problema è che tra la vostra richiesta e ciò che il Consiglio ha deciso sussiste un divario del 40,82 per cento!

Il Consiglio si è accordato sul 40,82 per cento in meno rispetto a quanto avevate chiesto per le prospettive finanziarie. Questi, signor Presidente, sono messaggi diversi, mattoni di forma diversa. Non si può costruire una bella casa con mattoni di forma diversa. Non si può costruire nemmeno una baracca. Non si può costruire nemmeno un capanno per gli sci ad Arlberg am Lech – anzi, Lech am Arlberg – in cui intonare canti marinareschi alla sera. Benvenuto nella valle, signor Presidente! La corsa in discesa è finita.

(Si ride)

La troika sulle prospettive finanziarie, che si svolgerà nei prossimi giorni, e il successivo Vertice richiameranno ancora una volta l’attenzione su questa discrepanza. La troika è governata da spilorci che rastrellano fino all’ultimo euro in modo che i fondi non possano essere dati all’Europa.

(Applausi)

Tre giorni dopo, i capi di Stato e di governo si riuniranno e proclameranno per l’ennesima volta l’importanza del Vertice di Lisbona e degli obiettivi di Lisbona. E’ proprio questo ciò che frena l’Europa: l’assenza di una strategia coerente e continuativa sul processo di Lisbona!

In seno al Parlamento europeo abbiamo cercato di ottenere una combinazione tra la flessibilità di cui l’Europa ha bisogno e la coesione sociale di cui non può fare a meno, perché questi due aspetti sono inscindibili. Se vogliamo avere i cittadini dalla nostra parte – sì, Sottosegretario Winkler, lei ha ragione su questo – se vogliamo avere i cittadini dalla nostra parte, dobbiamo descrivere la globalizzazione come un’opportunità, ma anche ridurre il rischio che essa possa essere usata per smantellare gli standard sociali. Con la direttiva sui servizi abbiamo cercato di dire sì alla flessibilità ove necessario e possibile, ma soltanto se si salvaguarda la coesione sociale. Mi attendo quindi che la decisione del Parlamento europeo costituisca la base su cui la Commissione e il Consiglio proseguiranno le consultazioni relative alla direttiva sui servizi. Posso solo lanciare un monito contro qualsiasi scostamento da tali indicazioni. Lei ha fatto una promessa, Sottosegretario Winkler, e oggi ha detto che la manterrà. Ci assicureremo che lo faccia, ne può essere certo!

E’ vero che si è consumato sufficiente inchiostro sul futuro del processo di Lisbona. Sono necessari investimenti nella ricerca e nelle qualifiche professionali, onde evitare la fuga dei nostri migliori cervelli verso altri continenti. Abbiamo bisogno di investire nell’apprendimento permanente, perché, se una buona qualifica costituisce una condizione essenziale per accedere al mercato del lavoro, l’apprendimento permanente è un diritto fondamentale che garantisce a tutti tale possibilità di accesso.

Ieri il Presidente della Repubblica federale di Germania ha descritto i desideri dei giovani in Europa usando l’esempio del programma ERASMUS. Tuttavia, ERASMUS figura tra i punti sui quali il Consiglio ha operato i maggiori tagli nelle prospettive finanziarie. Quindi, ripeto: nel processo di Lisbona non vi è alcuna coerenza.

(Applausi)

 
  
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  Graham Watson, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, più che in qualsiasi altro momento nella storia dell’Unione si è aperto un divario tra chi cerca di andare avanti e chi vuole tornare indietro, tra chi difende il mercato unico e l’agenda di Lisbona quali migliori strumenti per garantire l’efficienza, la competitività e la crescita a lungo termine e chi rifiuta il libero scambio a favore di un patriottismo economico simile – come ha affermato Giulio Tremonti – a quello diffusosi immediatamente prima della guerra del ’14-’18.

L’aspetto ironico è che questo cosiddetto patriottismo – un malcelato nazionalismo economico – non offrirà benefici né ai cittadini della Francia, della Spagna o della Polonia né al resto d’Europa, perché è la concorrenza leale a trainare il mercato globale, migliorare la qualità e far diminuire i prezzi, ed è la concorrenza leale a essere minacciata dal protezionismo. Se un’impresa individua una logica commerciale nella fusione con un’altra impresa, che interesse abbiamo a interporre ostacoli sul suo cammino? Il grande successo dell’euro, come il Presidente della Commissione ha evidenziato, è che le fusioni e le acquisizioni procedono spedite. L’industria europea si sta preparando alle sfide della concorrenza in un’economia globale.

Sono questioni che il Consiglio di primavera dovrà esaminare. Sono questioni che la Commissione dovrà esaminare, perché in questo clima la Commissione sarà messa alla prova quale custode e garante dei Trattati. Di fronte a un assalto senza precedenti contro il mercato interno, la Commissione deve restare fedele ai Trattati, fedele alle libertà fondamentali e, se necessario, pronunciarsi apertamente – come ha fatto lei, Presidente Barroso, e come hanno fatto anche i Commissari McCreevy e Kroes – e agire in difesa dell’Unione. Tuttavia, non spetta solo alla Commissione difendere il mercato unico; anche il Consiglio ha un ruolo da svolgere, come sottolineiamo nella proposta di risoluzione in esame. Ciò significa che il Consiglio di primavera deve accelerare la trasposizione e l’attuazione delle direttive dell’Unione al fine di realizzare un mercato unico con la libera circolazione delle merci, dei servizi e dei capitali. Vogliamo che il Consiglio europeo affronti seriamente la libera circolazione dei servizi, la libera circolazione dei lavoratori e la libera circolazione dei capitali. Quando discuteranno il futuro finanziamento dell’Unione, i capi di Stato e di governo dovranno trovare i fondi necessari per la formazione della nostra forza lavoro, per le reti transeuropee e per la ricerca e lo sviluppo attraverso l’istituto europeo per la tecnologia, che garantirà il dinamismo economico in futuro.

E’ ora che i capi di Stato e di governo formalizzino le riunioni del Consiglio che si svolgono in marzo e in ottobre. Non devono essere descritte esclusivamente come vertici sulla politica economica; la sicurezza energetica, la pace in Medio Oriente e la lotta internazionale contro la criminalità organizzata sono esigenze altrettanto urgenti e devono essere iscritte all’ordine del giorno della prossima settimana. Si devono anche svolgere discussioni pubbliche sulla politica di difesa dell’Unione, che è in rapido sviluppo, ma che attualmente è pianificata a porte chiuse. La Presidenza austriaca ha aperto al controllo pubblico una recente riunione del Consiglio “Ambiente”; perché non trasformare questa apertura in prassi universale del Consiglio?

Il mio gruppo accoglie con favore la proposta della Commissione di presentare un documento di riflessione, al fine di poter esaminare la politica di difesa in seno al Parlamento e coinvolgere i cittadini nella discussione sul futuro del nostro continente.

Signor Presidente in carica del Consiglio, un secolo fa il ministro degli Esteri del suo paese, che aveva studiato a Strasburgo, restaurò il vecchio regime ed egemonizzò la politica del continente per 30 anni. Se il Ministro Plassnik è in grado di emulare i risultati conseguiti da Metternich, l’Europa prospererà. In caso contrario, può sempre seguirne l’esempio e rifugiarsi in Gran Bretagna.

 
  
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  Rebecca Harms, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, Sottosegretario Winkler, Presidente Barroso, col passare del tempo il mio gruppo si è reso conto che la strategia di Lisbona non è più quella che era stata definita all’inizio di questo processo molto interessante. E’ emerso in modo molto chiaro anche dal discorso del Sottosegretario Winkler. Si tratta ora di una strategia unilaterale per la crescita e l’occupazione. L’idea che l’obiettivo di sostenibilità e di giustizia sociale, stabilito a Göteborg, debba anch’esso far parte di questa strategia è stata completamente ignorata. In seguito alle discussioni cui ho assistito nell’ambito della struttura di coordinamento di Lisbona e alla luce della proposta di risoluzione che abbiamo elaborato, sulla quale voteremo oggi, temo vi sia il rischio che il Parlamento non sia più disposto a seguire questa strategia ambiziosa per collegare effettivamente la sostenibilità e la crescita.

Perché dico questo? Non esiste alcuna disponibilità a discutere strumenti importanti, in grado di garantire il successo. Abbiamo cercato di discutere la politica fiscale nell’ambito della struttura di coordinamento. Se non si è disposti a prendere in considerazione la tassazione uniforme delle imprese all’interno dell’Unione, come risolveremo la concorrenza negativa tra luoghi di insediamento? Se non si è disposti a parlare di tasse ecologiche, come potrà uno Stato promuovere la sostenibilità in modo controllato? Alcuni eurodeputati non sono nemmeno disposti a usare il termine “tassa”: temono di spaventare i cittadini. Fanno promesse, ma non si premurano di introdurre strumenti che ci permettano di mantenere realmente queste promesse ambiziose.

Prendiamo ad esempio un tema importante e di grande attualità: la politica energetica. Commissario Verheugen, Presidente Barroso, se non siete disposti a incorporare la politica dei trasporti nelle vostre strategie di politica energetica, se non siete disposti a porre al centro delle vostre strategie la conservazione delle risorse e l’efficienza energetica e se continuate a insistere sul prolungamento della vita utile delle centrali nucleari, siete destinati a fallire. Non ridurrete la dipendenza dalle materie prime, né sarete in grado di garantire prezzi equi sul mercato dell’energia. E’ sufficiente osservare i paesi in cui si produce una quota elevata di energia nucleare. In Francia e in Germania l’elettricità costa poco? No, è cara.

Riguardo al mercato, Presidente Barroso, avrei una richiesta: riponga fiducia nelle proposte avanzate dal Commissario Kroes la scorsa settimana. Al momento, non si può applicare il mercato all’energia. E’ necessaria una separazione tra la produzione e la distribuzione di energia, tra la generazione e la rete. Come ha giustamente affermato il Commissario Kroes, avremo una possibilità contro i giganti dell’energia a livello politico soltanto se faremo valere il mercato contro di loro.

(Applausi)

 
  
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  Francis Wurtz, a nome del gruppo GUE/NGL. – (FR) Signor Presidente, Presidente Barroso, Sottosegretario Winkler, la Commissione in genere è abile nel trovare patronimici suggestivi per i suoi programmi: ERASMUS, SOCRATES, e così via. Ebbene, essa avrebbe potuto chiamare la sua strategia di Lisbona “Giano”, dal nome della famosa divinità romana solitamente raffigurata con due facce: l’una rivolta al futuro, l’altra al passato. Proprio come l’agenda di Lisbona!

Una delle facce della strategia di Lisbona per il decennio 2000-2010 è attraente. Ricorda, cito il testo delle conclusioni del Consiglio europeo di primavera 2005, la necessità di “investire nel capitale umano”, che “è l’attivo più importante per l’Europa”. Annuncia l’aumento dell’occupazione, addirittura la piena occupazione, e posti di lavoro di migliore qualità. Sottolinea l’importanza della ricerca, dell’istruzione e dell’innovazione e di un solido tessuto industriale in tutto il territorio dell’Unione. Propone persino l’obiettivo di arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010.

Questa faccia del Giano europeo è rivolta verso il futuro. Sembra annunciare un’era di progresso sociale, economico ed ecologico tale che, a prima vista, è difficile comprendere perché la Commissione osservi che “molto resta ancora da fare per convincere i cittadini che le riforme contribuiranno a una maggiore prosperità generalizzata e per riuscire a coinvolgerli nel processo”.

Perché diamine? A causa dell’altra faccia della strategia di Lisbona, rivolta verso le implacabili ossessioni liberali dei leader dell’Unione. Cito dall’ultima comunicazione della Commissione: necessità di migliorare la capacità dell’Europa di attrarre attività economiche, riforme in materia di pensioni, sanità e mercato del lavoro, risanamento del bilancio, innalzamento dell’età pensionistica, aumento della produttività del lavoro, garanzia di una concorrenza efficace nei servizi, promozione della concorrenza sui mercati dell’elettricità e del gas, eccetera.

La Commissione si attende persino che i sindacati svolgano un ruolo nella diffusione di questa strategia liberale e si attende che il Parlamento partecipi a tale sforzo di comunicazione.

I funzionari pubblici tedeschi si mobilitano contro il prolungamento dell’orario di lavoro e la diminuzione delle retribuzioni, i lavoratori italiani esigono una profonda revisione della legge n. 30, che genera precarietà in modo sconsiderato, i giovani francesi si sollevano contro un progetto di contratto di lavoro di due anni che permette ai padroni di licenziarli a piacere, le lavoratrici britanniche si oppongono al progetto di elevare l’età di pensionamento da 60 a 65 anni e i lavoratori dei nuovi Stati membri dell’Europa centrale contestano il fatto che i loro paesi siano considerati una zona a basso costo e rivendicano il loro diritto al progresso sociale. Di fronte a tutte queste persone e a tutti coloro che si oppongono alla strategia di contenimento della spesa pubblica e sociale condotta sotto l’egida del Patto di stabilità, vi dico: non contate su di noi per spiegare loro che si sbagliano, perché, contrariamente alle apparenze, la strategia di Lisbona ha a cuore il loro benessere.

La verità è che i due volti della strategia di Lisbona sono incompatibili. Bisogna neutralizzare il secondo, per far vivere il primo. E’ questa la scelta da compiere.

 
  
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  Jens-Peter Bonde, a nome del gruppo IND/DEM.(DA) Signor Presidente, in seguito al rifiuto francese e olandese della Costituzione, il Vertice dell’Unione ha deciso di prevedere una pausa di riflessione sul futuro dell’Europa. Sembra ora che non sia stata una pausa di riflessione, ma abbia invece comportato una modifica riguardo a chi debba ratificare la Costituzione e quando. Dopo i due “no”, la Costituzione è stata approvata in Lussemburgo, Cipro, Malta, Lettonia e, più di recente, in Belgio. Il processo di ratifica è in corso in Estonia e la Finlandia ratificherà la Costituzione prima di assumere la Presidenza il 1° luglio. Una delegazione della commissione per gli affari costituzionali ha visitato Helsinki l’altro ieri. Solo un piccolo partito, che rappresenta i veri finlandesi, rispetterà il “no” francese e olandese. La Costituzione prevede che le ratifiche proseguano finché l’80 per cento dei paesi non avrà approvato il testo, dopo di che si dovrebbe svolgere un Vertice straordinario. Le disposizioni della Costituzione non possono tuttavia servire come base per modificare il Trattato di Nizza, che prevede la regola dell’unanimità. In seguito al “no” francese e olandese, la Costituzione è quindi formalmente morta. Nei Paesi Bassi il governo ha dichiarato che non ratificherà il documento respinto e i leader politici francesi affermano la stessa cosa. E’ quindi illegale proseguire le ratifiche senza una nuova decisione, a meno che la Francia e i Paesi Bassi non facciano il doppio gioco e dicano una cosa nel loro paese e un’altra a Bruxelles.

Vorrei chiedere alla Presidenza se la Francia e i Paesi Bassi hanno formalmente accettato che le ratifiche proseguano senza modifiche del documento respinto. Non sarebbe meglio usare il periodo di pausa per elaborare nuove idee e preparare un documento che i cittadini possano approvare in referendum da svolgere lo stesso giorno in tutti i paesi, un documento i cui titoli principali siano trasparenza, democrazia e vicinanza ai cittadini?

 
  
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  Brian Crowley, a nome del gruppo UEN. – (EN) Signor Presidente, ringrazio il Presidente in carica del Consiglio, il Sottosegretario Winkler, e il Presidente Barroso per le loro dichiarazioni di oggi.

Avendo esaminato e discusso la questione per vari anni, uno degli aspetti che mi colpisce è: che cosa vogliamo veramente dalla strategia di Lisbona? Gli elementi e gli obiettivi fondamentali sono tanto validi oggi quanto lo erano quando si è deciso di fare dell’Europa l’economia più dinamica e innovativa del mondo entro il 2010. Purtroppo, oggi sentiamo dire di tutto su ciò che la strategia di Lisbona dovrebbe realizzare. Forse siamo troppo ambiziosi o troppo eclettici per quanto riguarda i settori che vogliamo includervi.

Una delle questioni più importanti – sollevata da tutti gli oratori oggi in Aula – riguarda gli investimenti nel capitale umano: la questione della formazione e dell’istruzione e il modo in cui tali investimenti favoriscono la ricerca e l’innovazione e lo sviluppo futuri. Esaminiamo realmente ciò che accade al momento nell’Unione europea. Esaminiamo la situazione demografica, con l’invecchiamento della popolazione, il tasso di natalità in calo nella maggioranza degli Stati membri e l’assenza di strategie volte a rispondere a questi fenomeni. Sono necessarie strategie che prendano in considerazione il lato positivo dell’invecchiamento della popolazione, l’esperienza delle persone più anziane, ma anche strategie realistiche, che tengano conto del fatto che alcune persone non hanno opportunità di accedere al nuovo mercato del lavoro. Dobbiamo far sì che tali persone ottengano le competenze e la formazione di cui hanno bisogno per lavorare nella cosiddetta economia digitale.

Nonostante tutte le parole melliflue che si possono declamare in questa sede, in verità chi si trova nella condizione migliore per mettere a frutto tali strategie, chi ha le migliori possibilità di offrire tali competenze ai giovani lavoratori, agli studenti o agli anziani che vogliono ottenere una riqualificazione non è l’Unione europea, ma ciascuno Stato membro. Questo è il motivo per cui abbiamo chiesto piani nazionali con obiettivi chiari che garantiscano il rendimento del capitale investito.

Quando parliamo di strategia europea per l’occupazione, di coesione sociale e di partenariato sociale, è essenziale avere i cittadini dalla nostra parte, ma è anche essenziale che i cittadini si sveglino e comprendano ciò che succede con la delocalizzazione dell’industria – che abbiamo discusso ieri – e la mancanza di investimenti in attività di ricerca e sviluppo. Prendiamo le 20 più grandi imprese di biotecnologia al mondo: 19 sono americane e una è svizzera; nessuna ha sede nell’Unione europea.

Se vogliamo realisticamente essere l’economia più dinamica, dobbiamo prendere decisioni difficili per realizzare questa ambizione.

(Applausi)

 
  
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  Leopold Józef Rutowicz (NI).(PL) Signor Presidente, la relazione del gruppo di alto livello presieduto da Wim Kok fornisce una descrizione realistica dello stato dell’economia dell’Unione, di fronte alla minaccia di marginalizzazione rispetto ai mercati asiatici e americani. Il mercato globale favorisce le entità economiche efficienti, competitive e che offrono prodotti e servizi di buona qualità a prezzi contenuti. La partecipazione diretta degli Stati membri e dei parlamenti nazionali all’attuazione dei programmi si può contare tra i successi delle attività intese ad attuare la strategia di Lisbona. L’azione relativa al programma per la sicurezza energetica può anche creare condizioni migliori e stabili per lo sviluppo economico. Il fatto che un gran numero di persone prenda parte all’attuazione della strategia può anche essere motivo di ottimismo. Il problema riguarda l’efficacia delle azioni e la resistenza che esse incontrano. Tali azioni comprendono la creazione di un mercato interno, un mercato del lavoro, condizioni giuste per la ristrutturazione e la creazione di imprese, per la crescita e l’innovazione nonché, al tempo stesso, l’eliminazione della disoccupazione e l’aumento delle retribuzioni. Abbiamo bisogno di consenso tra gruppi politici, sindacati e datori di lavoro. Esistono ostacoli particolarmente significativi nel processo di ristrutturazione e organizzazione del mercato agricolo e di contenimento dei costi della produzione agricola. A causa della mancanza di efficienza in alcuni settori produttivi, numerose imprese rischiano la liquidazione e si registra un aumento della disoccupazione e dei terreni inutilizzati. Per questo motivo, è essenziale adottare un’azione rapida e creare un sistema di produzione agricola con un mercato garantito, come quello dei biocombustibili e della biomassa. E’ necessario un programma pluriennale per adattare l’agricoltura alle nuove condizioni di mercato. Il processo di eliminazione del protezionismo, che non crea valore aggiunto ma lo riduce e incrementa i costi sociali, incontra ostacoli enormi. Infine, vorrei citare un’affermazione ottimistica del Presidente tedesco: “Dobbiamo trasformare le sfide in opportunità di successo”. Ritengo si possa fare.

 
  
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  Othmar Karas (PPE-DE). (DE) Signor Presidente, signor Presidente della Commissione, signor Presidente in carica del Consiglio, onorevoli colleghi, esprimo i migliori auguri a tutte le Istituzioni per le azioni che dovranno adottare nelle prossime settimane o al Vertice e che costituiranno punti di partenza per il futuro dell’Europa. Il motto per tutte le sedute delle prossime settimane, come ha affermato il Presidente Barroso, dovrà essere: “fatti, non parole”.

Chiediamo azioni che non lascino dubbi sul nostro rifiuto del particolarismo, del protezionismo e della mentalità “pensa prima a te stesso e poi agli altri”. Chiediamo azioni europee coraggiose, concrete e verificabili da parte degli Stati membri a favore della crescita e dell’occupazione e della politica energetica. Chiediamo agli Stati membri di allinearsi infine alla direttiva sui servizi e alle prospettive finanziarie e di porre fine alla loro inattività.

Che cosa vogliamo? Innanzi tutto, vogliamo azioni decisive, che permettano all’Unione europea di continuare a evolversi verso un’unione politica con più coraggio, credibilità e fermezza. L’unione politica è il nostro obiettivo primario.

In secondo luogo, dobbiamo creare un mercato interno funzionante e adottare azioni affinché esso diventi infine un mercato nazionale. Quando potremo parlare in termini di mercato nazionale per tutti? Quando daremo piena attuazione, nel minor tempo possibile, alle quattro libertà per tutti i cittadini di un’Unione senza frontiere interne. Libertà e responsabilità anziché catene, protezionismo, nazionalismo e norme transitorie di compartimentazione: sono questi i nostri obiettivi; essi garantiranno un valore aggiunto comune per i cittadini d’Europa.

(Applausi)

In terzo luogo, chi nazionalizza anziché europeizzare getta sabbia negli occhi dei cittadini. Dove sono le iniziative e i progetti per attuare il piano D e coinvolgere i cittadini nel progetto europeo? In quarto luogo, chiedo la codecisione del Parlamento europeo su tutte le questioni legate al mercato interno, sulle questioni della crescita e dell’occupazione e sulle prospettive finanziarie. E’ evidente che la regola dell’unanimità in seno al Consiglio blocca i progressi, ostacola o impedisce le soluzioni europee e rafforza il particolarismo. Non è ciò che vogliamo.

In quinto luogo, sono necessari progetti europei specifici, non solo piani d’azione nazionali: la creazione di un quadro europeo per la ricerca, la creazione di un’infrastruttura europea, di un mercato europeo dell’energia, di uno spazio aereo europeo, di un’offensiva europea di consolidamento e innovazione, l’ampliamento del programma europeo per l’istruzione. Per tutto questo vogliamo progetti e azioni, non solo dichiarazioni. In sesto luogo, non abbiamo una politica economica comune ed è quindi necessario un coordinamento molto più stretto delle politiche economiche. L’Unione europea è un’opportunità. Il particolarismo e il protezionismo sono i nostri rischi casalinghi.

(Applausi)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. McMILLAN-SCOTT
Vicepresidente

 
  
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  Robert Goebbels (PSE).(FR) Signor Presidente, Sottosegretario Winkler, Presidente Barroso, una strategia senza risorse è come Napoleone senza un esercito: impotente e in definitiva inutile. Questa è la minaccia che incombe sulla strategia di Lisbona. Prospettive finanziarie magre, bilanci nazionali non equilibrati e un bilancio comunitario che rappresenta meno di un terzo del disavanzo di bilancio americano: l’Unione è dunque ridotta a fare semplici gesti?

Il progetto di risoluzione che ho preparato assieme all’eccellente collega Lehne fornisce alcune tracce interessanti, anche se il Parlamento a volte si rifiuta di guardare in faccia la realtà. La maggioranza degli eurodeputati ha così ignorato il fatto che buona parte dell’eccedenza di crescita degli Stati Uniti in quest’ultimo anno è derivata dall’integrazione di più di dieci milioni di immigrati legali. E’ necessaria una politica d’immigrazione europea più generosa. Tale politica sarebbe condotta a spese dei paesi in via di sviluppo? Secondo le Nazioni Unite, i trasferimenti monetari degli immigrati alle loro famiglie rappresentano più del doppio degli aiuti internazionali allo sviluppo. Lo sviluppo economico spettacolare dell’India, della Cina, di Taiwan e di Hong Kong deve molto alle imprese create da ex emigrati, rientrati nel loro paese.

L’Europa della ricerca è ancora da costruire. Sono soprattutto le medie imprese a non effettuare investimenti sufficienti. Una causa di questo fenomeno è la burocrazia eccessiva, che ostacola l’accesso ai fondi europei. Un’altra è la mancanza di cooperazione tra imprese e università. Queste ultime dovrebbero potersi procurare più risorse investendo nei giovani talenti e valorizzando le loro attività di ricerca mediante il conferimento di diplomi e lauree associati.

Per quanto riguarda l’energia, l’Europa deve allearsi con gli altri grandi consumatori – gli Stati Uniti, il Giappone, la Cina e l’India – per controbilanciare i cartelli e gli oligopoli che dominano i settori del petrolio e del gas. Di fronte a un mercato dominato da un numero esiguo di imprese produttrici, è inutile cercare scampo nella sola liberalizzazione del mercato europeo, soprattutto se tale liberalizzazione porta alla creazione di alcuni cosiddetti campioni europei, che finirebbero per ripartirsi il mercato. La liberalizzazione del mercato americano dell’energia è stata tutt’altro che un successo.

L’evoluzione demografica con cui l’Europa deve misurarsi non rappresenta solo una sfida per il finanziamento della sicurezza sociale. L’allungamento della speranza di vita di dieci o vent’anni per popolazioni generalmente forti e sane è anche una grande opportunità. E’ necessario elaborare strategie che permettano l’invecchiamento attivo, la possibilità di scegliere il momento del pensionamento e l’integrazione degli anziani nella vita sociale. L’Europa deve farla finita con i discorsi pessimistici sul futuro e cogliere invece tutte le nuove opportunità per costruire la società dinamica e inclusiva cui aspira la strategia di Lisbona.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. ONYSZKIEWICZ
Vicepresidente

 
  
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  Alexander Lambsdorff (ALDE).(DE) Signor Presidente, un anno dopo la revisione intermedia dell’agenda di Lisbona è giunto il momento di chiedersi ancora una volta a quale stadio sia giunta l’Europa. Purtroppo, la risposta è sconcertante; in seguito alla crisi politica generata dal “no” alla Costituzione, siamo ora minacciati dalla paralisi economica. Lisbona rischia di diventare un fenomeno da baraccone, come la famosa donna priva della parte inferiore del corpo, perché, nonostante vi sia consenso sul fatto che l’attuazione della strategia sia responsabilità degli Stati membri, sono proprio questi ultimi a commettere atti protezionistici sleali nel nome del patriottismo economico, il che è fonte di notevole preoccupazione.

Chi immagina che si possa ottenere “più Lisbona” o rafforzare la nostra competitività con meno mercato interno o ha perso il contatto con la realtà o è disonesto. Il successo economico dell’Europa negli ultimi 50 anni si è basato sulle quattro libertà del mercato interno, tre delle quali sono ora estremamente a rischio. E’ cominciato due anni fa, quando, tra gli altri, la Germania e l’Austria hanno imposto restrizioni alla mobilità della forza lavoro degli Stati membri dell’Europa orientale. Ora risulta che nei paesi che non hanno interferito con la mobilità della forza lavoro, come il Regno Unito, si possono riscontrare gli effetti positivi di tale decisione.

Esaminiamo la libera circolazione dei capitali. L’Italia vieta l’acquisizione di partecipazioni nelle banche italiane; la Polonia si oppone alla fusione tra UniCredit e HBV; la Francia e la Spagna ostacolano l’acquisizione del controllo dei fornitori nazionali di energia. E’ una situazione alquanto ironica, considerato che è proprio nel settore dell’energia che è necessaria un’impostazione europea, o crediamo forse di poter avere una politica energetica comune senza un mercato interno dell’energia? Le parole inequivocabili della Commissione in proposito vanno accolte con grande favore e dobbiamo augurarci che il Consiglio segua le sue raccomandazioni.

Anche la terza libertà – la libera prestazione di servizi – è a rischio. L’indebolimento della direttiva sui servizi a opera della Germania, del Belgio e della Francia significa soltanto che la divisione del lavoro in questo settore è ancora lontana. Se fosse applicata alla circolazione delle merci, essa farebbe sì che, per esempio, la Renault sarebbe autorizzata a esportare le sue automobili in Germania soltanto se, una volta giunte in territorio tedesco, esse costassero esattamente quanto le Volkswagen. E che dire della Skoda? I lavoratori a Mladá Boleslav guadagnano meno dei loro colleghi che assemblano Audi o Citroën. Anche questo è dumping sociale? La logica conseguenza degli argomenti dei sindacati relativi alla direttiva sui servizi è che essi dovrebbero chiedere dazi doganali punitivi sui prodotti industriali provenienti dagli Stati membri in cui le retribuzioni sono più basse, ed è solo questione di tempo perché lo facciano. Posso aggiungere che, se si esamina la questione in modo coerente, la richiesta rivolta ai nuovi Stati membri di aumentare l’imposizione fiscale sulle imprese ha lo stesso identico significato.

Lisbona non è un fine di per sé, così come non lo è il mercato interno. Al centro del continente europeo è necessaria una nuova crescita, una maggiore crescita, per dare ai milioni di disoccupati una nuova speranza per il futuro. E’ un obbligo politico, sociale e, in ultima analisi, morale. Mettere a repentaglio il mercato interno significa recare danno ai disoccupati d’Europa, verso i quali abbiamo degli obblighi, ed è proprio per loro, per i membri più deboli della nostra società, che dobbiamo garantire il successo di Lisbona. Lo stesso vale per gli anziani. La risoluzione del Parlamento sottolinea l’importanza dell’evoluzione demografica e gli anziani, sia quelli di oggi sia quelli di domani, meritano la nostra attenzione. Abbiamo bisogno della crescita per stabilizzare i nostri sistemi di sicurezza sociale; la ridistribuzione da sola non basterà. Aggiungo che, a mio parere, dovremmo condurre questa discussione a Bruxelles, non a Strasburgo.

 
  
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  Pierre Jonckheer (Verts/ALE).(FR) Signor Presidente, Sottosegretario Winkler, Presidente Barroso, Commissario Verheugen, sono ecologista ma non intendo parlare di energia. Ho colleghi, che conoscete, molto competenti in materia.

Vorrei parlare del ruolo della Commissione nella strategia di Lisbona. In numerose occasioni avete giustamente insistito sul fatto che, per la riuscita di questa strategia, è necessario ottenere un ampio sostegno popolare e coinvolgere in modo adeguato tutti i soggetti interessati, compresi i parlamenti nazionali. A tal fine, ritengo che la Commissione dovrebbe trasmettere due chiari messaggi.

Il primo consiste nel dire che la strategia di Lisbona non è sinonimo di concorrenza selvaggia tra gli Stati membri. Sosteniamo anzi un modello di cooperazione e di solidarietà tra gli Stati membri.

Il secondo messaggio consiste nel dire che, in un’Unione europea a 25 Stati membri, non possono esistere cittadini o lavoratori di prima e di seconda classe.

Faccio ora tre esempi concreti, sui quali da parte vostra mi attendo un messaggio più incisivo. Innanzi tutto, la libera circolazione dei lavoratori. Avete accennato all’argomento e avete pubblicato una relazione – il che è molto apprezzabile – e siete soddisfatti che alcuni paesi abbiano aderito alla linea adottata dalla Commissione. Mi aspetto che il Presidente della Commissione e il Collegio dei Commissari, nell’interesse dell’Unione europea, dicano gentilmente agli Stati che non vogliono aderire a tale linea o sono restii a farlo che hanno preso la direzione sbagliata.

Il secondo esempio riguarda la direttiva sui servizi. Il Parlamento ha respinto il principio del paese d’origine. Qual è il problema con questo principio? E’ che non siamo disposti a organizzare il mercato unico sulla base di una concorrenza tra norme nazionali, senza un’armonizzazione adeguata. Per rassicurare i lavoratori, dovreste affermare chiaramente che i portoghesi, i tedeschi e gli slovacchi che lavorano in un cantiere in Polonia devono percepire la stessa retribuzione, e viceversa. In altre parole, la direttiva sul distacco dei lavoratori deve essere rafforzata e spetta a voi farlo.

Il terzo esempio riguarda l’evoluzione dell’imposizione fiscale in Europa. La Commissione ha compiuto progressi in materia di armonizzazione della base imponibile nel quadro della tassazione delle imprese. Nel 2007-2008 dovrete presentare una relazione sul bilancio e sulle risorse future dell’Unione europea. Dovrete avere la volontà politica e il coraggio di dire che non è accettabile – ne hanno parlato anche altri colleghi – che il bilancio sia ridotto al punto di tagliare di un terzo la dotazione prevista per gli studenti o i giovani lavoratori.

In altre parole, Presidente Barroso, mi attendo che, nell’attuare la strategia di Lisbona, non vi limitiate a nascondervi dietro agli Stati membri, anche se essi devono svolgere un ruolo importante, ma andiate oltre il vostro ruolo di intermediario imparziale e, poiché avete il monopolio dell’iniziativa legislativa, troviate realmente la forza di difendere gli interessi europei, minacciati dalla tendenza dei paesi a rinchiudersi sempre più al loro interno.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL).(PT) E’ ora di ascoltare le proteste e le lotte contro le misure neoliberiste contenute nella strategia di Lisbona, riveduta di recente, le cui conseguenze sono il contrario di ciò che è stato promesso nel 2000 al Vertice di Lisbona.

Con l’intensificazione della liberalizzazione dei mercati, la privatizzazione dei servizi pubblici e la promozione della flessibilità del mercato del lavoro, o “flessicurezza”, come la definisce la Commissione, ciò che abbiamo ottenuto è meno crescita economica, più disoccupazione, più lavoro precario, più povertà e maggiori disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza, nel nome della competitività e della libera concorrenza.

E’ ora evidente che i due pilastri fondamentali delle politiche neoliberiste sono il Patto di stabilità e di crescita e la cosiddetta strategia di Lisbona, cui si aggiungono i tagli drastici dei fondi comunitari, che trasformano la coesione economica e sociale in un semplice miraggio.

Di conseguenza, come proponiamo nella risoluzione che abbiamo presentato, è fondamentale che la strategia di Lisbona sia sostituita con una strategia europea della solidarietà e dello sviluppo sostenibile, che promuova gli investimenti nella ricerca e nell’innovazione ai fini di uno sviluppo equilibrato e duraturo, nella qualità del lavoro in tutti i suoi aspetti, nel miglioramento delle competenze, in infrastrutture di base che sostengano l’industria, nei servizi pubblici, nella protezione ambientale e nelle ecotecnologie, soprattutto nei settori dell’energia e dei trasporti, nel miglioramento degli standard lavorativi, sociali, ambientali e di sicurezza, in modo da conseguire un’armonizzazione ai massimi livelli, e nell’economia sociale.

E’ altresì necessaria una nuova agenda per la politica sociale, al fine di sviluppare una società...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  John Whittaker (IND/DEM).(EN) Signor Presidente, il Presidente Barroso vuole che l’Unione europea s’impegni con la società civile; il Sottosegretario Winkler vuole motivare i cittadini dell’Unione. Tuttavia, nulla ha maggiori possibilità di far sbadigliare o sospirare o far dire agli osservatori dell’Unione europea: “oh no, di nuovo!” che parlare dell’agenda di Lisbona. Perché non riusciamo ad accettare che la strategia di Lisbona è affondata, così come è affondato il Patto di stabilità, il che è oltremodo increscioso dato che è su questo che si fonda l’euro? Se la strategia di Lisbona non è affondata, perché continuiamo a doverla rilanciare?

Tutti vogliamo crescita economica e posti di lavoro; tutti vogliamo che le economie d’Europa prosperino. Tuttavia, è ora di riconoscere che non abbiamo la formula giusta. Anziché essere la forza trainante delle riforme necessarie, è proprio l’Unione, con la sua regolamentazione infinita e la sua interferenza, a ostacolare il progresso delle economie d’Europa. I recenti, modesti miglioramenti osservati in alcune economie dell’Unione europea sono stati conseguiti nonostante l’Unione europea, essendo più che altro un risultato dell’evoluzione globale.

Le economie dell’Unione non hanno bisogno della strategia di Lisbona: devono essere lasciate libere di far funzionare i mercati e permettere agli imprenditori di creare posti di lavoro. Non riusciamo a capire che, continuando a parlare della strategia di Lisbona, l’Unione europea dà risalto alla propria impotenza? Raccomando quindi un periodo di silenzio: smettiamo di parlare di un’agenda della quale, anno dopo anno, si riconosce universalmente il fallimento.

 
  
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  Guntars Krasts (UEN).(LV) Signor Presidente, in seguito alla revisione del processo di Lisbona l’anno scorso è emersa la speranza che la strategia avesse acquisito nuovo vigore, ma i fatti degli ultimi sei mesi dimostrano che l’azione reale volta a conseguire gli obiettivi della strategia è ancora insufficiente.

Nel valutare i programmi degli Stati membri per l’attuazione della strategia di Lisbona, la Commissione europea parla di raddoppiare gli sforzi per conseguirne gli obiettivi. Ritengo che al momento un grande passo avanti sarebbe riuscire a ridurre di almeno la metà gli sforzi profusi per eludere i compiti di Lisbona. L’esempio eclatante più recente è la direttiva sui servizi, che avrebbe dovuto dare uno slancio vitale alla liberalizzazione del mercato interno, rafforzare la competitività e costituire una pietra angolare della strategia di Lisbona. Il testo di compromesso del Parlamento europeo contribuirà ben poco a vivacizzare il mercato comune, almeno fintantoché la strategia di Lisbona rimarrà operativa. Analogamente, in altri ambiti si constata sempre più spesso che qualsiasi cambiamento o riforma incontra una crescente opposizione sociale e politica. Si spendono energie enormi per preservare la situazione esistente e limitare i cambiamenti e le riforme, ma di fatto le riforme del mercato interno dell’Unione europea e la sua maggiore integrazione sono le misure primarie che potrebbero creare un ambiente favorevole all’attuazione della strategia di Lisbona.

Finora si è fatto poco per offrire un sostegno finanziario coordinato per i compiti di Lisbona. Nell’ambito del vivace processo di discussione del quadro finanziario, i rappresentanti dei governi degli Stati membri non avevano in mente considerazioni strategiche e il quadro finanziario presenta solo un legame molto debole con i compiti di Lisbona. Si è fatto altrettanto poco per coordinare l’uso dei Fondi strutturali con le priorità di Lisbona. Si dovrebbero utilizzare i Fondi strutturali e si dovrebbe garantire un coordinamento più stretto della strategia di Lisbona sia a livello di Unione sia a livello di Stati membri, armonizzando i piani di sviluppo nazionali con i programmi di attuazione della strategia di Lisbona.

Alla base di qualsiasi strategia vi è la capacità di subordinare gli interessi a breve termine alle esigenze a lungo termine. Per questo motivo, l’attuazione della strategia di Lisbona dipenderà anche da come e quando gli Stati membri e l’Unione europea nel suo insieme riusciranno a persuadere i cittadini dell’Unione che senza tale strategia non si potranno conseguire gli obiettivi di crescita e di occupazione a lungo termine.

 
  
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  Philip Claeys (NI).(NL) Signor Presidente, la strategia di Lisbona è intesa a trasformare l’Europa nell’economia più forte del mondo e ritengo che in seno all’Assemblea vi sia ampio consenso su questo obiettivo, anche se nutro dubbi sul modo in cui lo si sta realizzando. Non posso fare a meno di concludere che l’Europa oggigiorno si preoccupa ancora troppo di sovvenzioni e trascura gli investimenti e l’innovazione.

Responsabili di questo processo sono non solo i diversi Stati membri, ma anche la Commissione. La Commissione ha proposto di raddoppiare la spesa per la ricerca e lo sviluppo e portarla a 10 miliardi di euro l’anno a partire dal 2007, ma il Consiglio ha respinto la proposta in ragione del fatto che ciò avrebbe comportato una notevole riduzione delle sovvenzioni agricole, delle sovvenzioni regionali e anche dei Fondi strutturali.

Quando parlo di Fondi strutturali europei, penso automaticamente al pozzo senza fondo della Vallonia, per esempio, che ogni anno assorbe milioni di euro senza che ciò produca il benché minimo cambiamento strutturale, perché un Parti Socialiste onnipervasivo e corrotto lo impedisce. Ciò è confermato anche da vari responsabili politici e stimati economisti valloni.

Ora si presenta la signora Danuta Hübner, Commissario europeo per la politica regionale, e afferma che la Vallonia riesce a utilizzare i Fondi strutturali in modo efficace e che i progetti valloni sono tipici dei cosiddetti cambiamenti strutturali formidabili in atto nella regione. Bene, considerato che provengono da una persona in parte responsabile di dar seguito alla strategia di Lisbona, tali affermazioni pongono un punto interrogativo sull’intera questione.

 
  
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  Klaus-Heiner Lehne (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, innanzi tutto vorrei cogliere l’occasione per ringraziare calorosamente il mio correlatore, l’onorevole Goebbels, per l’ottima cooperazione in seno al gruppo direttivo, nel quale siamo riusciti a elaborare, per la seduta plenaria e per la Conferenza dei presidenti, un progetto che è il proseguimento logico di ciò che abbiamo proposto l’anno scorso, quando abbiamo esaminato la revisione intermedia.

Come allora, l’Assemblea approva la strategia della Commissione. In particolare, ribadiamo che la nostra capacità di realizzare gli altri obiettivi primari della strategia di Lisbona nel modo in cui vogliamo dipende dalla crescita e dall’occupazione.

Il Parlamento ha anche contribuito alla definizione delle priorità, tre delle quali sono menzionate nella nostra risoluzione, cioè l’invecchiamento della popolazione, la politica energetica e l’innovazione.

Sono insoddisfatto di un solo aspetto, già menzionato da numerosi oratori. Il nostro problema principale non è l’impostazione strategica; l’impostazione strategica è corretta. Il nostro problema è che cosa succede alla fine. In termini molto pratici e molto chiari, l’aspetto che considero più negativo è ciò che sempre accade quando il Consiglio europeo si occupa della questione: definisce una strategia buona e sostanzialmente valida, la presenta a una conferenza stampa e infine se ne scrive. Il giorno successivo, o alcuni giorni dopo, arrivano i ministri delle Finanze e disdicono ciò che il Consiglio europeo aveva deciso. E’ un problema strategico fondamentale e non ho idea del modo in cui possiamo risolverlo; esso contribuisce in misura considerevole a diffondere tra i cittadini europei l’impressione che la politica europea sia disonesta e ad accrescere la loro esasperazione nei confronti dell’Europa. A questo Vertice si deve affermare in modo molto chiaro che non si possono applicare doppie misure; la politica attuata deve rispecchiare gli orientamenti strategici.

L’ultima questione che voglio affrontare è il modo in cui valutare l’impatto della legislazione, un aspetto menzionato anche nella risoluzione. Vorremmo segnalare che ci attendiamo che la valutazione d’impatto comprenda un fattore indipendente, in modo da assicurare che il risultato sia neutro. Questo fa parte dell’iniziativa “Legiferare meglio” e la richiesta è rivolta alla Commissione.

 
  
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  Harlem Désir (PSE).(FR) Signor Presidente, il 2005 è stato il primo anno di attuazione della strategia di Lisbona rivista. La strategia è meglio conosciuta, è stata discussa negli Stati membri e i programmi nazionali di riforma sono stati adottati. E’ un progresso, ma è praticamente l’unico.

Del resto, il Sottosegretario Winkler poco fa ha avuto l’audacia di affermare che la strategia di Lisbona è stata rilanciata. In realtà, è piuttosto arenata. Come ha affermato l’onorevole Schulz, essa è frenata da prospettive finanziarie esigue e da una crescita anemica nella zona dell’euro, nonché da una palese mancanza di investimenti nella ricerca e nell’innovazione, nelle università, nella formazione permanente, sia a livello europeo sia a livello di Stati membri. Allo stesso modo, fatichiamo a completare le reti transeuropee, mentre le energie rinnovabili e le biotecnologie sono ancora i parenti poveri nei nostri sforzi d’investimento e di ricerca.

Cambiamo marcia, ha detto, Presidente Barroso. Inserire la prima sarebbe già un inizio, mi vien voglia di risponderle. Perché la strategia di Lisbona abbia successo, sono necessarie risorse, prospettive finanziarie coerenti con priorità definite, investimenti da parte di ciascuno Stato membro e un quadro macroeconomico che sostenga realmente la crescita.

Tuttavia, come lei ha affermato, signor Presidente, è anche necessaria un’adesione da parte dei cittadini. Per avere successo, la strategia per la crescita definita dall’Unione europea deve essere sostenuta. Commetteremmo un duplice errore se rinunciassimo alla dimensione sociale di questa strategia e ci lasciassimo trascinare sulla via della liberalizzazione a oltranza, del lavoro precario e dell’indebolimento dei diritti sociali e dei servizi pubblici. Se lo facessimo, mineremmo le basi della competitività futura dell’Unione, volteremmo le spalle all’Europa dell’eccellenza e allontaneremmo i cittadini dall’Unione europea e dalle sue politiche.

La dimensione sociale non è nemica della competitività. Come abbiamo spesso ricordato nell’ambito di questo dibattito, i paesi nordici sono riusciti ad attuare riforme fruttuose perché le hanno negoziate e le hanno strutturate in modo che, oltre a introdurre una nuova flessibilità economica e importanti contropartite per i lavoratori in termini di prestazioni sociali, di formazione lungo tutto l’arco della vita e di tutela dei diritti, prevedessero anche uno sforzo collettivo d’investimento nella ricerca e nell’innovazione. Tutto ciò comporta tuttavia il mantenimento di un livello elevato di ridistribuzione sociale e di prelievo fiscale. Del pari, la Germania ha tirato fuori tutti i suoi assi nel campo delle esportazioni e, come altri paesi dell’Unione europea, ha dimostrato che, anche con costi salariali elevati e un sistema di protezione sociale tra i più efficienti d’Europa e i più vasti del mondo, può rimanere competitiva a livello internazionale.

Smettiamo dunque di invocare la concorrenza mondiale per ridurre il modello sociale europeo. Invochiamola per investire di più nei punti di forza dell’Europa, nel capitale umano, nella ricerca e nell’innovazione.

Il rilancio della crescita oggi si ottiene essenzialmente attraverso il rafforzamento della domanda interna, la fiducia dei consumatori, l’aumento del potere d’acquisto e una distribuzione più equa del reddito e del valore aggiunto tra azionisti e lavoratori salariati.

Per concludere, Sottosegretario Winkler e Presidente Barroso, vorrei dire che giudicheremo il Consiglio europeo in base a due criteri: da un lato, le lezioni che trarrà dal voto del Parlamento sulla direttiva sui servizi – si deve assolutamente evitare un ritorno alla direttiva Bolkestein – e, dall’altro, la libera circolazione dei lavoratori dei nuovi Stati membri nell’Unione europea. E’ ora di riconoscere loro questa libertà fondamentale.

(Applausi)

 
  
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  Paolo Costa (ALDE). – Signor Presidente, signor Presidente della Commissione, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, ritengo positivo che l’Unione europea usi il suo peso per far sì che il tutto valga più della somma delle parti potenziando ricerca e sviluppo, per liberare il potenziale delle imprese, per favorire l’allargamento e il miglior utilizzo della qualità della forza lavoro, per interventi tesi ad assicurare l’energia, ma tutto questo è subordinato a una premessa: il valore aggiunto europeo si esprime pienamente solo se può essere il frutto del lavoro di una società e di un’economia europea veramente unificata, se i risultati sono raggiunti attraverso il core business dell’Unione europea.

La costituzione del mercato unico, di una Comunità unificata socialmente e politicamente proprio nella valorizzazione della ricchezza delle sue identità culturali, questo è un fattore da sottolineare con forza: non vi è mercato unico, non vi è società europea capace di esprimere tutto il suo potenziale senza integrazione fisica dell’Europa, senza infrastrutture e servizi di trasporto che garantiscano mobilità e accessibilità da ogni punto “a” ad ogni punto “b” dell’Unione stessa.

Non si guardi a questo obiettivo come a un obiettivo quasi desueto davanti alle nuove cose che dobbiamo affrontare, è una premessa essenziale: non vi è ricerca sviluppata senza possibilità di contatti faccia a faccia; non vi è potenziale di imprese effettivo se i mercati non sono integrati. Questa è una precondizione fondamentale che un anno fa avevamo solennemente promesso di conseguire con la risoluzione 884-2004 approvata in quest’Aula, assumendo l’impegno di operare per realizzare al più presto, entro il 2020, la rete transeuropea di trasporto.

Purtroppo, di questo obiettivo non si trova più traccia nella comunicazione della Commissione, contrariamente alla proposta iniziale, a quanto era avvenuto l’anno scorso, quando avevano solennemente immaginato e spinto in questa direzione, incitando anche gli Stati membri a muoversi in questo modo. Se a questo si aggiungono le proposte del Consiglio di tagliare in modo drastico il bilancio in questo settore, le quali rendono quasi irrealizzabile o comunque allontanano enormemente nel tempo l’obiettivo, ci troviamo in una situazione di allarme rosso.

In qualche modo mi pare che il Parlamento, con il suo intervento, stia cercando di mettere una pezza nella sua risoluzione e stia invitando tutte le parti implicate ad assicurare che il completamento della rete transeuropea di trasporto diventi una realtà.

Il mio accorato appello in questa sede è che occorre evitare un gravissimo errore politico: precisamente un errore tutto politico per cui, dopo la decisione 884, si sono scatenate in Europa energie intellettuali, politiche, finanziarie e aspettative enormi attorno all’idea di veder proseguire il progetto della rete TEN. Non c’è luogo d’Europa nel quale non si discuta delle TEN. Le TEN costituiscono oggi, di fatto, uno dei capitoli non previsti e quindi non adeguatamente sostenuti di quel piano D che dovrebbe colmare il gap di interesse tra l’Unione europea e i suoi cittadini.

Se non manteniamo le promesse, se non rispondiamo a queste aspettative, inneschiamo effetti enormemente più pesanti e gravi di quelli, invece, che cerchiamo di raggiungere nel tentativo di mettere assieme il progetto europeo. Spero che questa idea non passi e diventi possibile evitare gli effetti disastrosi che un’eventuale interruzione del progetto avrebbe avere sulle aspettative di molti cittadini europei.

 
  
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  Bernat Joan i Marí (Verts/ALE).(EN) Signor Presidente, se vogliamo che l’Europa diventi l’economia basata sulla conoscenza più competitiva del mondo, dobbiamo aumentare gli investimenti nell’istruzione e nelle attività di ricerca e sviluppo. Purtroppo, l’Europa risente ora di una massiccia emigrazione dei nostri ricercatori verso gli Stati Uniti. Nell’Europa di oggi, per un ricercatore il miglior modo di affermarsi è inserirsi in una grande università americana. Dobbiamo competere con gli Stati Uniti migliorando le nostre politiche in modo da incoraggiare i nostri scienziati a rimanere nell’Unione europea.

Dobbiamo lanciare uno spazio europeo della ricerca, al fine di analizzare e trovare soluzioni atte a migliorare il settore della ricerca e farne uno strumento utile per le esigenze e le finalità dei nostri ricercatori. Ritengo si debba collegare la strategia di Lisbona al processo di Bologna, in modo da stabilire un buon collegamento tra il nostro sistema universitario e i nostri obiettivi economici e di politica sociale.

Se non miglioriamo gli attuali strumenti per l’istruzione e la ricerca e sviluppo a livello di Stati membri e a livello di organismi sovrastatali, la cosiddetta strategia di Lisbona si rivelerà un grande fallimento.

 
  
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  Helmuth Markov (GUE/NGL).(DE) Signor Presidente, va da sé che gli obiettivi della strategia di Lisbona – 20 milioni di nuovi posti di lavoro, una crescita media annua del PIL del 3 per cento e un aumento analogo della spesa per la ricerca e lo sviluppo – sono adeguati, ma devo dire all’onorevole Lehne che il problema non è l’obiettivo, bensì la strategia con cui s’intende raggiungerlo.

Esaminiamo le realtà odierne: la nostra crescita economica è mediamente pari all’1,5 per cento e abbiamo creato solo un quarto circa dei nuovi posti di lavoro sperati, oltre tutto molto mal pagati. Questo è il problema fondamentale. Questo è il corso che seguiamo da sei anni, un corso che si riflette anche negli orientamenti di recente adozione che ora dovranno essere attuati nell’ambito dei piani nazionali.

Proseguiamo l’esame: in tutti gli Stati membri dell’Unione europea gli aumenti di produttività sono alle stelle. E gli aumenti salariali? Non ci sono, le retribuzioni rimangono allo stesso livello! Come intendete dunque stimolare la domanda interna? Si agisce sempre come se le prestazioni sociali esercitassero un effetto negativo sull’economia nazionale, ma non è così: hanno effetti positivi! In definitiva, le retribuzioni elevate producono crescita economica, ma la politica deve essere interamente ripensata.

Ciò di cui davvero non abbiamo bisogno è una continua liberalizzazione e privatizzazione. La concorrenza è necessaria, ma dobbiamo competere per standard sociali e ambientali più elevati. Dobbiamo comprendere che i beni che produciamo devono essere fabbricati in conformità del diritto internazionale del lavoro. Questo è ciò di cui abbiamo bisogno! Avremo così una possibilità di portare avanti la strategia di Lisbona fino all’obiettivo che ci preme raggiungere, e non intendiamo farlo riducendo continuamente le prestazioni sociali per dare sempre più libertà alle imprese. Questo è il modo sbagliato di affrontare la situazione.

(Deboli applausi)

 
  
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  Johannes Blokland (IND/DEM).(NL) Signor Presidente, ogni anno in marzo svolgiamo discussioni in preparazione del Vertice di primavera e dal 2001 discutiamo il motivo per cui il processo di Lisbona non realizza gli obiettivi che ci siamo prefissi. A tale questione, la relazione Kok del 2004 ha fornito una risposta inequivocabile: gli Stati membri devono assumersi le loro responsabilità e affrontare il compito di riformare le loro economie e il loro sistema previdenziale, creando margini per una crescita sostenibile e nuovi posti di lavoro. Ora che la crescita economica è di nuovo possibile, le riforme necessarie rischiano di essere rinviate, ma la crescita da sola non basta per conservare intatto il nostro modello sociale.

Può il Commissario indicare che cosa intende fare la Commissione per scongiurare questo pericolo e attuare le conclusioni della relazione Kok? Mi auguro che si parli anche del periodo di riflessione, perché ve ne è estremo bisogno. Sembra che l’élite europea non sia in grado di discutere il futuro dell’Unione senza il bagaglio in eccesso di una Costituzione respinta. Nove mesi di riflessione dovrebbero essere sufficienti per un primo follow-up.

 
  
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  Wojciech Roszkowski (UEN). – (PL) Signor Presidente, è un vero peccato che i discorsi retorici sull’attuazione della strategia di Lisbona non abbiano prodotto altro che parole.

La strategia di Lisbona riguarda in particolare la competitività dell’Unione. Come tutti sappiamo, il rafforzamento della competitività richiede principalmente un aumento della produttività, che a sua volta minaccia i posti di lavoro. Questa minaccia non si materializzerà se l’aumento di reddito generato da una maggiore produttività è sufficiente e non si limita ai singoli paesi, ma si applica anche a economie integrate come quelle dell’Unione.

Tuttavia, una maggiore produttività non solo richiede la realizzazione di progressi tecnologici, ma anche il trasferimento della produzione dai luoghi in cui è più costosa a quelli in cui lo è meno. L’aumento di reddito derivante da queste attività sarà vantaggioso per tutti nell’Unione, mentre rinunciando al processo si rischia la stagnazione e l’indebolimento della competitività, perché il mondo non sta fermo. La scelta è quindi tra la stagnazione certa e un rischio che potrebbe dare buoni risultati.

Non dobbiamo avere paura della strategia di Lisbona. E’ un’opportunità per tutti noi.

 
  
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  Alessandro Battilocchio (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, parlo a nome del nuovo PSI. A nostro avviso le azioni per raggiungere gli obiettivi di Lisbona – crescita, occupazione e competitività – sono state poche e poco chiare.

Occorre più sostegno per le piccole e medie imprese, fulcro del nostro tessuto industriale e quindi un miglior accesso al credito, ai finanziamenti europei e ai programmi di ricerca e tecnologia, nonché una maggiore difesa dell’industria europea di qualità contro gli attacchi sleali della concorrenza internazionale; mi riferisco ad esempio al settore tessile e a quello alimentare.

Occorre un piano energetico che renda l’Unione europea indipendente dall’attuale instabilità a livello geopolitico e va dedicata la massima attenzione alle nuove fonti di energia, onde assicurare uno sviluppo sostenibile e durevole anche a livello ambientale.

Occorre investire concretamente nell’istruzione, nella formazione e nella ricerca e nell’innovazione per garantire la competitività ai nostri processi produttivi. Occorre infine salvaguardare la nostra principale risorsa: i lavoratori e il capitale umano.

Bisogna evitare che l’occupazione ed il benessere dei nostri cittadini passino in secondo piano rispetto alle leggi del mercato e del commercio internazionale. Non possiamo dimenticare che l’industria deve essere al servizio dei lavoratori e non il contrario.

 
  
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  Marianne Thyssen (PPE-DE).(NL) Signor Presidente, signori presidenti, onorevoli colleghi, non è mia abitudine fare complimenti, ma in questa discussione sarebbe davvero imperdonabile non esprimere alcun apprezzamento per i correlatori, onorevoli Lehne e Goebbels. Essi meritano le nostre congratulazioni per la proposta di risoluzione che hanno preparato, che è più che soddisfacente e che sosteniamo al 100 per cento.

E’ superfluo dire che, in veste di coordinatrice del mio gruppo in seno al gruppo direttivo di Lisbona, vorrei esprimere la mia riconoscenza anche ai colleghi del gruppo che hanno fornito i necessari contributi. La discussione di questa risoluzione in Parlamento è stata molto più costruttiva rispetto all’anno scorso, e mi auguro che ciò sia di buon auspicio per l’attesa attuazione della strategia rinnovata per la crescita e l’occupazione.

La revisione intermedia sembra dare i suoi frutti, gli Stati membri sembrano cooperare. Ai paesi più coraggiosi auguro perseveranza, agli altri il coraggio e la convinzione di cominciare o di accelerare il passo. Naturalmente, abbiamo anche noi una responsabilità, in quanto Istituzione europea, e in questo contesto accolgo con favore l’intenzione sia della Commissione sia della Presidenza del Consiglio di affrontare rapidamente la direttiva sui servizi e di rispettare il difficile equilibrio che abbiamo raggiunto dopo un lungo e duro lavoro in seno all’Assemblea.

Abbiamo familiarità con la natura e la portata della sfida cui l’Europa deve rispondere. In Europa ci piace vivere bene, e vogliamo continuare a farlo, ma, per realizzare il nostro sogno, per conservare il nostro livello di prosperità e mantenere intatto il nostro modello sociale, dobbiamo diventare un soggetto globale competitivo.

Non posso trovare espressione migliore di quella usata ieri dal Presidente tedesco: quanto più cari siamo, tanto migliori dobbiamo essere. Dobbiamo trasformare la nostra inquietudine in creatività e avere fiducia nel fatto che solo cambiando possiamo conservare il potenziale per realizzare le nostre ambizioni. Sappiamo che cosa occorre fare. Agiamo di conseguenza su tutti i fronti, perché non esistono alternative.

 
  
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  Poul Nyrup Rasmussen (PSE).(EN) Signor Presidente, il presidente del mio gruppo, il gruppo PSE, ha parlato della necessità di un’azione immediata. E’ ora di agire. Mi concentrerò su questo. Sappiamo tutti che la crescita economica è leggermente migliorata, ma una crescita media annua del 2,2 per cento anziché del 2,1 per certo non crea posti di lavoro sufficienti per ridurre seriamente la disoccupazione, che colpisce 19,5 milioni di persone. In sostanza, concordo quindi con il Presidente Barroso e il Presidente del Consiglio europeo: abbiamo bisogno di più crescita.

Ho due brevi quesiti. Innanzi tutto, gli investimenti. Signor Presidente della Commissione, prevede che all’imminente Vertice del Consiglio europeo i governi saranno in grado di riunirsi – forse il Trattato non ci dà la facoltà e i poteri per costringerli a farlo – e concludere una specie di accordo intergovernativo per decidere di investire, nei prossimi due o tre anni, negli obiettivi da lei indicati nei suoi documenti e raccomandazioni? Se lo prevedesse, me ne rallegrerei, perché in tal caso avremmo compiuto un passo verso un’azione d’investimento coordinata.

In secondo luogo, sono lieto che il Consiglio “Occupazione” abbia adottato una decisione sulla “flessicurezza”, sulla base delle proposte della Commissione. Signor Presidente in carica del Consiglio, prevede che le conclusioni garantiranno non solo la flessibilità, ma anche la sicurezza moderna? In Francia il governo si concentra solo sulla flessibilità, e ho visto le reazioni dei giovani. Questo è il motivo per cui è assolutamente necessario garantire entrambe. Apprezzerei una risposta e se potesse fornirla oggi stesso sarebbe molto opportuno e saggio.

E’ ora di mantenere le promesse e mi auguro che uniremo tutti le nostre forze. Farò tutto il possibile nel Partito socialista europeo e so che il mio collega, il presidente del mio gruppo, farà tutto il possibile per mantenere le promesse, perché è ora di farlo e perché è ciò che i cittadini si attendono da noi.

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM).(SV) Signor Presidente, vorrei proporre alcune riflessioni generali sull’intera agenda di Lisbona. A mio parere, essa si basa su un’incomprensione riguardante il modo in cui le economie – e di fatto le civiltà umane – si sviluppano nel corso della storia.

Vi è stato un periodo nella storia – a partire dalla fine del XVIII secolo fino a tutto il XIX secolo – in cui l’Europa è diventata la regione basata sulla conoscenza più dinamica del mondo. Cominciò con cambiamenti introdotti nel Regno Unito, tra cui la legislazione in materia economica e l’abolizione del sistema delle corporazioni. I progressi furono enormi e rapidi e si diffusero con incredibile rapidità in vaste aree del mondo. Anche altri paesi cominciarono a usare le macchine a vapore e il filatoio multiplo. E’ così che procede lo sviluppo.

L’idea che possano esistere oggi persone straordinariamente sagge, che sappiano esattamente quali misure i paesi europei devono adottare per aiutare l’Europa a diventare una regione dinamica basata sulla conoscenza, è del tutto erronea. Sono i paesi stessi a dover cercare la propria via verso la giusta soluzione, tenendo l’occhio vigile sugli altri e copiando le soluzioni costruttive. E’ così che procede lo sviluppo. Continuando a seguire la direzione attuale finiremo per fare le riflessioni sbagliate. Nell’Unione europea dobbiamo occuparci delle questioni appropriate.

 
  
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  Françoise Grossetête (PPE-DE).(FR) Signor Presidente, il prossimo Consiglio europeo di primavera dovrà rispondere alle sfide della nostra epoca, tra cui quelle ambientali e quelle della politica energetica. Dovrà tenere conto delle aspettative dei giovani e assicurare il riconoscimento degli anziani, che sono sempre più numerosi. Tutto ciò comporta un adeguamento delle infrastrutture. La nostra società è in piena evoluzione e questo è ciò che preoccupa i cittadini. Dobbiamo quindi aiutarli, anticipando le difficoltà dei prossimi decenni.

Lo Stato previdenziale degli anni ’80 non è più la risposta. Dobbiamo conciliare flessibilità e sicurezza, trovare nuove soluzioni per dare priorità all’occupazione e ridare fiducia ai nostri concittadini: fiducia nella loro politica e in un’Europa che si organizza. Una fiducia che dia spontaneamente impulso alla crescita e aumenti la natalità, la quale è un valido indicatore dello stato della nostra società. Una fiducia che induca a considerare l’immigrazione come una grande opportunità e che, anziché imbrigliare l’iniziativa privata, la liberi, incoraggi e sostenga. Una fiducia ritrovata che permetta di offrire una migliore formazione ai nostri ricercatori e di trattenerli in Europa, nell’interesse di una società della conoscenza di maggior successo – anche se, considerato ciò che accade con ERASMUS, vi è davvero motivo di preoccuparsi. Infine, questa Europa non avrebbe tabù e oserebbe quindi parlare di energia nucleare e di indipendenza energetica. Potrei fornire molti altri esempi di ciò che potrebbe fare.

Tuttavia, senza un bilancio adeguato, a che cosa servono i discorsi? Oggi ci viene detto, Presidente Barroso, che si dovrà scegliere tra le reti transeuropee e Galileo. E’ possibile? No, non è possibile. Abbiamo bisogno tanto di Galileo quanto di completare il mercato interno con vie di comunicazione migliori. Permettetemi di esprimere qui il mio sostegno al collegamento ferroviario Lione-Torino.

Non voglio che stamattina sia l’ennesima occasione per parlare della strategia di Lisbona. Parole, parole, parole... E’ ora di passare all’azione. Invito i capi di governo ad avere coraggio. La strategia di Lisbona è l’unico antidoto alle varie forme di protezionismo nazionale.

 
  
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  Jan Andersson (PSE).(SV) Signor Presidente, userò il breve minuto a mia disposizione per concentrarmi su un emendamento del gruppo socialista al Parlamento europeo nel quale accogliamo con favore la proposta dei capi di governo di sei paesi di istituire un patto europeo per la parità tra donne e uomini.

Proponiamo misure in tre ambiti. Vogliamo innanzi tutto ridurre gli squilibri tra i sessi sul mercato del lavoro; in secondo luogo, rendere più agevole conciliare una professione remunerativa con le responsabilità familiari; in terzo luogo, introdurre una prospettiva di parità, da adottare in tutte le politiche relative ai vari settori.

Scopo di questo patto per la parità non è creare un nuovo processo, ma rafforzare i processi già esistenti, come quello di Lisbona, per far sì che gli obiettivi di crescita sostenibile, piena occupazione e giustizia sociale diventino realizzabili. Gli obiettivi relativi all’assistenza all’infanzia e alla possibilità di conciliare una professione remunerativa con le responsabilità familiari rivestono particolare importanza.

 
  
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  Timothy Kirkhope (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, l’imminente riunione del Consiglio offrirà ai governi degli Stati membri l’occasione di affermare la necessità imprescindibile che la riforma proceda più rapidamente di quanto abbia fatto finora.

Ritengo che il Consiglio, nelle sue conclusioni, debba esprimersi in modo chiaro ed energico su due questioni. Alla luce della comunicazione della Commissione “E’ ora di cambiare marcia”, adottata in gennaio, questo non è sicuramente il momento di rimanere senza benzina. Sono lieto che il Presidente Barroso sembri funzionare con un carburante ad alto numero di ottani e mi auguro che ciò duri a lungo, ma la marea crescente di retorica protezionistica e di azioni protezionistiche da parte dei governi degli Stati membri è inaccettabile. E’ straordinario che l’Unione europea abbia ancora governi legati a una mentalità protezionistica antiquata e alla promozione del patriottismo economico e industriale.

Accolgo con favore le dichiarazioni della Commissione che criticano tale deriva. Accolgo con favore le recenti osservazioni del ministro dell’Economia tedesco, il quale ha affermato che non abbiamo bisogno di patriottismo industriale e che gli investitori esteri devono essere accolti a braccia aperte, non a malapena tollerati. Se i piani nazionali di riforma presentati dai governi sono anche solo vagamente simili a quelli previsti dal governo del Regno Unito, poveri noi!

Il dibattito sul protezionismo è al centro del dibattito sullo sviluppo economico futuro. Non vi è spazio per le politiche che abbiamo visto ultimamente. Il tempo delle sottigliezze diplomatiche è finito. Dobbiamo permettere alle piccole e medie imprese di far sentire la loro voce.

Per quanto riguarda la direttiva sui servizi, il testo di compromesso adottato dal Parlamento deve essere migliorato dai governi. Abbiamo compiuto progressi, che però non sono sufficienti. Il Consiglio deve riordinare le idee sul ciclo di Doha e lavorare di più a favore di accordi commerciali internazionali.

Temo che al momento non vi sia ancora consenso di opinioni. Esorto il Consiglio europeo a dimostrare lo stesso vigore e la stessa determinazione del Presidente Barroso. Esorto il Consiglio a evitare, al prossimo Vertice, di svicolare come al solito e a fornire una leadership reale. Potremo così giudicarlo in base alla sua determinazione e pronunciare quindi il nostro verdetto.

 
  
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  Maria Berger (PSE).(DE) Signor Presidente, se persino l’onorevole Poettering, nel suo discorso iniziale di oggi, si è sentito obbligato a criticare la rappresentanza della Presidenza austriaca – in sostanza, l’assenza del Cancelliere Schüssel – è possibile che tale assenza abbia a che fare con il fatto che il messaggio che la Presidenza austriaca avrebbe dovuto comunicare è estremamente modesto e inadeguato. E’ un compito ingrato, che si è ben felici di lasciare a qualcun altro.

Il messaggio è modesto e inadeguato in termini di obiettivi, in particolare per quanto riguarda l’auspicata riduzione della disoccupazione, tenuto conto del numero elevato di disoccupati e del risultato che ci eravamo inizialmente proposti di conseguire con il processo di Lisbona. Tale messaggio non è solo modesto e inadeguato, ma è anche falso per quanto riguarda gli strumenti da utilizzare: questi obiettivi, per quanto modesti, non si conseguiranno con le sole riforme strutturali.

L’Unione europea e gli Stati membri devono reperire più fondi. Senza fondi, niente musica: anche questo abbiamo imparato da Mozart.

 
  
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  Jacek Emil Saryusz-Wolski (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, un’economia europea competitiva come quella descritta nell’agenda di Lisbona non si può costruire su forniture insicure di gas e petrolio. Non si può costruire su una sicurezza e un accesso alle forniture energetiche differenziati e iniqui. Ciò è contrario alla logica del mercato unico e ai principi della concorrenza. E’ quindi positivo che la sicurezza dell’approvvigionamento energetico sia una priorità per la Presidenza e per la Commissione.

E’ più che ora che l’Unione adotti misure concrete in questo campo. La sicurezza dell’approvvigionamento energetico è fondamentale per l’attività economica e per la competitività dell’economia dell’Unione nel suo insieme. L’energia, come abbiamo visto di recente, a volte è anche usata come arma per esercitare pressioni politiche. Di conseguenza, deve essere considerata anche nel contesto della politica estera e di sicurezza dell’Unione.

I recenti problemi connessi con le forniture di energia evidenziano la nostra debolezza, vulnerabilità e dipendenza da terzi. E’ quindi essenziale che l’Unione sviluppi una vera e propria politica di sicurezza energetica. Se prendiamo sul serio il mercato interno e l’agenda di Lisbona, dobbiamo garantire ai nostri operatori economici e ai nostri cittadini la sicurezza e la parità di accesso alle forniture di energia. I provvedimenti adottati dalla Presidenza e, in particolare, il Libro verde della Commissione vanno nella giusta direzione, pur essendo troppo modesti.

La solidarietà è uno dei principi fondamentali dell’integrazione europea; essa crea l’obbligo di assistere tutti gli Stati in difficoltà. Dobbiamo estendere questo principio di solidarietà ai problemi legati alla penuria di forniture energetiche causata dall’azione politica. Per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti energetici esterni abbiamo bisogno di cooperazione e solidarietà, non di concorrenza tra gli Stati membri.

La sicurezza energetica presenta anche un aspetto finanziario: i tagli maggiori nelle prospettive finanziarie, decisi dal Consiglio, riguardano il settore delle reti transeuropee dell’energia. Dobbiamo correggere questa situazione nell’ambito del trilogo sul bilancio, altrimenti le nostre priorità rimarranno solo sulla carta.

La sicurezza energetica costituisce anche una pietra angolare della politica di vicinato. Una stretta cooperazione nel campo della sicurezza energetica è indispensabile ed è la misura più efficace per creare fiducia, sia all’interno dell’Unione europea sia tra l’Unione e i suoi vicini.

 
  
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  Gary Titley (PSE).(EN) Signor Presidente, sono tre le priorità per il Vertice di primavera: azione, azione, azione. Azione sul fatto che oltre un terzo della nostra popolazione in età lavorativa è economicamente inattiva, il che è una vergogna. Non si può abbracciare la globalizzazione e abbandonare al tempo stesso un gran numero di nostri cittadini. Abbiamo bisogno di mercati del lavoro attivi.

Dobbiamo intraprendere un’azione per dare applicazione alle norme di legge: troppi Stati membri non applicano la legislazione che essi stessi hanno adottato – una situazione francamente inaccettabile.

Infine, 13 anni dopo la creazione del mercato unico, è ora di accettare il fatto che esiste un mercato unico europeo, il quale esige campioni europei, non campioni nazionali.

Facciamo dunque meno discorsi su questo Vertice e orientiamoci invece su più piani d’azione concreti da parte degli Stati membri. Vogliamo fatti, non parole!

 
  
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  Ria Oomen-Ruijten (PPE-DE).(NL) Signor Presidente, la discussione riguarda il Vertice di primavera e abbiamo un’ottima risoluzione con splendide raccomandazioni. Dopo tutto, ai cittadini europei si continua a promettere più crescita e più posti di lavoro, ma non gettiamoci fumo negli occhi, perché la carta può attendere. La settimana prossima, quando ritorneranno nelle loro capitali dopo il Vertice, i capi di governo dovranno portare con sé anche un senso di appartenenza al processo di Lisbona, perché in definitiva saranno gli Stati membri, insieme con le parti sociali, i politici nazionali e regionali, a determinare un aumento dell’occupazione.

Il messaggio agli Stati membri è semplice e chiaro. Il mercato interno deve diventare una realtà, comunque vadano le cose. Occorre fare di più nel settore della ricerca e sviluppo; l’innovazione deve essere sostenuta e l’istruzione e la formazione devono essere organizzate su basi più efficienti e di migliore qualità. Tuttavia, la strategia di Lisbona ha anche una dimensione sociale. Non diventeremo competitivi se riduciamo i nostri principi e valori fondati sulla solidarietà con i più deboli, la responsabilità dei cittadini, la giustizia sociale o le retribuzioni a un livello tale da poter competere con i nostri concorrenti asiatici. Questa non è la risposta europea che ispirerà fiducia ai cittadini.

Le riforme sono tuttavia necessarie. Dobbiamo affrontare l’evoluzione demografica, ovvero l’invecchiamento della popolazione e la diminuzione della natalità. Dobbiamo avere il coraggio di esaminare le modalità di finanziamento dei sistemi di sicurezza sociale, perché la realtà demografica si avvicina a una velocità sempre maggiore. Non ha senso rimuginare su un clima favorevole alle imprese o sulla formazione permanente, se non riusciamo a mantenere la parola data. Dobbiamo metterci al lavoro.

Abbiamo organizzato i programmi strutturali europei in modo da assicurare che tre quarti dei fondi, o 55 miliardi, contribuiscano agli obiettivi di Lisbona, e se mancano i fondi per tali programmi o se gli Stati membri non sono disposti a sborsarli, devo concludere che non otterremo la crescita e l’occupazione in conformità dell’agenda di Lisbona.

Per quanto riguarda l’invecchiamento della popolazione e la diminuzione del numero di giovani, dovremo adeguare la politica in materia di sicurezza sociale e di occupazione in modo che i giovani attivi e gli anziani idonei al lavoro possano offrire il loro contributo alla società e alla prosperità e felicità dei nostri cittadini nel prossimo futuro.

 
  
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  Libor Rouček (PSE).(CS) Onorevoli colleghi, oggi vorrei parlare di due questioni che considero molto importanti per la realizzazione degli obiettivi di Lisbona, cioè la crescita e l’occupazione. La prima questione è il completamento del mercato unico interno. Sembra che, purtroppo, il concetto delle quattro libertà su cui si fonda l’Unione europea spesso esista solo sulla carta. Abbiamo compiuto un passo molto importante il mese scorso, con la prima lettura della direttiva sui servizi. Sono fermamente convinto che sia stato un passo nella giusta direzione, ma vorrei fare un’osservazione sulla libera circolazione delle persone. La relazione della Commissione europea, già menzionata in Aula, sottolinea che la mobilità della forza lavoro, non solo tra nuovi e vecchi Stati membri, ma anche all’interno della “vecchia” Unione, è ancora insufficiente. Tuttavia, è proprio da questa mobilità che dipende la crescita economica. La seconda questione è l’approvazione delle prospettive finanziarie.

Onorevoli colleghi, se non avremo le prospettive finanziarie entro la metà dell’anno, l’Europa dovrà affrontare una crisi: una crisi economica, una crisi politica e anche, temo, una crisi di fiducia. Vorrei quindi invitare tutte e tre le Istituzioni a lavorare sodo su questa questione, in modo che le prospettive finanziarie arrivino, per così dire, “sane e salve” entro la fine di giugno, in altre parole entro la fine della Presidenza austriaca.

 
  
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  John Bowis (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto ringraziare il Presidente Abbas per avermi offerto questa opportunità inattesa di contribuire alla discussione. Ringrazio Lisbona per averci dato l’agenda e il figlio di Lisbona al primo banco della Commissione per la sua leadership di tale agenda. Nulla è più importante per l’Europa di assicurare il successo dell’agenda di Lisbona. Questo è il modo in cui dare ai nostri cittadini una nuova speranza che l’Europa contribuirà al loro futuro e che possiamo cooperare per dare insieme nuova speranza anche ad altre regioni del mondo.

Vorrei mettere in risalto due aspetti dell’agenda evidenziati nella risoluzione. Il primo è la salute dei cittadini d’Europa, perché ritengo che questa sia una precondizione di Lisbona. Senza persone in buona salute non si può avere un’economia sana. E’ importante esaminare innanzi tutto alcune minacce per la salute cui dobbiamo far fronte, tra cui una possibile pandemia di influenza, e le opportunità per la salute, come quelle che emergono ora dalla mobilità dei pazienti, e considerarle parte dell’agenda.

Come hanno affermato i miei colleghi, dobbiamo affrontare l’invecchiamento della popolazione in modo tale da assicurare che questo fenomeno sia un’opportunità e non solo un onere. Dobbiamo garantire anche un ambiente sano, quale precondizione per la nostra economia. Anche questa non è una minaccia. Le opportunità per le imprese di innovare e rispondere all’esigenza di norme più elevate che vogliamo per il nostro ambiente le porranno in una buona posizione rispetto al resto del mondo. Abbiamo la possibilità di guidare il mondo in materia di sostenibilità, innovazione, etichette ecologiche e così via, e ritengo sia una sfida cui la Commissione dovrà rispondere assieme al Parlamento.

Infine, permettetemi di riconoscere i meriti della Presidenza austriaca e di renderle omaggio per il lavoro che svolge in entrambi questi ambiti, per quanto riguarda sia la salute dei cittadini sia la salute dell’ambiente, perché tale lavoro condurrà all’economia sana che Lisbona può dare a tutti noi nel prossimo futuro.

 
  
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  Edit Herczog (PSE).(HU) Signor Presidente, il 15 marzo l’Ungheria commemora la lotta per la libertà e la rivoluzione del 1848. Guardando indietro, possiamo dire che i risultati duraturi della rivoluzione sono il cambiamento del sistema economico, la libertà individuale e la duratura competitività del paese.

Oggi la concorrenza non è più tra Stati nazionali, ma tra continenti, a livello globale. Di conseguenza, anche la competitività duratura deve essere creata a tale livello. L’Unione europea ha bisogno di un cambiamento reale nella sua filosofia economica. Dobbiamo infine passare dalla concorrenza anacronistica e improduttiva tra Stati membri a un mercato interno europeo che garantisca il massimo livello di libertà e di dignità umana ai suoi cittadini.

La strategia di Lisbona non è solo un programma di cinque-dieci anni, ma è il fondamento stesso della nostra competitività e sopravvivenza nei prossimi 100-150 anni. Nel 1848 i rappresentanti politici compresero il messaggio dell’epoca e guidarono il cambiamento. Chiedo al Consiglio, alla Commissione, al Parlamento e ai Primi Ministri che si preparano per il Vertice di primavera di comprendere e infine mettere in pratica il messaggio del XXI secolo. Questo è ciò che noi, cittadini europei, ci attendiamo da loro.

 
  
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  Vito Bonsignore (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel marzo del 2000 i leader europei hanno deciso che cosa avrebbe dovuto diventare l’Europa nel 2010. Avevano compreso che gli interventi di singolo Stato membro sarebbero stati ancora più efficaci se sostenuti dall’azione collettiva degli altri membri.

Oggi il crescente divario in termini di crescita in Europa rispetto all’America e all’Asia, nonché l’invecchiamento delle popolazioni, impongono di applicare con urgenza ed efficacia la strategia di Lisbona al fine di recuperare il tempo perduto. Si potranno inoltre conseguire risultati migliori adottando iniziative complementari e cambiamenti strutturali concertati all’interno dell’Unione europea.

Occorre intervenire tempestivamente nei settori a suo tempo individuati, allo scopo di rendere l’Europa più attraente per i ricercatori e gli scienziati, di completare il mercato interno per consentire la libera circolazione dei beni e dei capitali e di creare un vero mercato unico dei servizi; per creare un contesto più favorevole alle imprese occorre applicare tempestivamente le raccomandazioni della task force europea per l’occupazione.

I singoli Stati membri hanno fatto progressi in alcuni di questi settori, ma nessuno di loro ha ottenuto risultati positivi e duraturi. Per conseguire i suoi obiettivi l’Europa deve dar prova di un impegno nettamente superiore, anche esercitando pressioni sui singoli Stati membri. Gli Stati devono rinunciare alle vecchie pratiche nazionali, dedicare più risorse alla costruzione dell’Europa. Ai cittadini dobbiamo far comprendere che i sacrifici di oggi saranno ricompensati dai vantaggi di domani.

Il Parlamento europeo è un elemento centrale nella strategia di crescita, nell’impegno per costruire la nuova Europa. Deve quindi intervenire sempre più come stimolo per tutti i soggetti interessati nell’operazione di rilancio dell’Europa.

 
  
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  Reino Paasilinna (PSE).(FI) Signor Presidente, ci siamo evidentemente cacciati in un angolo dell’Unione. La maggioranza degli Stati membri sta rallentando l’attuazione della strategia di Lisbona per motivi totalmente egoistici e anche miopi. Ogni settimana, per esempio, rimaniamo estremamente indietro rispetto agli Stati Uniti d’America e al Giappone in termini di investimenti in tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni. Al tempo stesso, la Cina e l’India esercitano una concorrenza sempre più selvaggia contro di noi. Siamo completamente bloccati, non ci muoviamo in alcuna direzione.

I paesi nordici, tuttavia, hanno mantenuto altissimi livelli di competitività, lo Stato sociale e un ampio ventaglio di conoscenze. Ciò accade ora. Chiedo al signor Barroso, Presidente della Commissione europea, se possa avere il tipo di temperamento meridionale adatto a trasmettere questo esempio a coloro che hanno ancora paura delle soluzioni coraggiose che abbiamo adottato molto tempo fa. Esse non hanno creato scompiglio nei nostri paesi e nemmeno l’inverno rigido ci ha fatto cambiare direzione. In altre parole, è possibile; del resto, perché non dovrebbe esserlo?

 
  
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  Gunnar Hökmark (PPE-DE).(SV) Signor Presidente, quando discutiamo il processo di Lisbona, possiamo vedere come i diversi paesi riescano a portarlo avanti, in maggiore o minore misura. I paesi che hanno introdotto riforme e cambiamenti affrontano molto meglio la globalizzazione e riescono a essere molto più competitivi. Quelli che non hanno introdotto riforme se la cavano meno bene.

L’aspetto degno di nota, tuttavia, è quanto poco si sia effettivamente realizzato a livello comune europeo, nonché il grado limitato in cui abbiamo concesso alle nuove imprese, servizi e mercati più spazio per espandersi e ai prodotti più possibilità di sviluppo. Il compito primario e generale della Commissione è combattere il nuovo protezionismo che si sta sviluppando tra i governi e i responsabili politici europei. Questo nuovo protezionismo è diretto contro i nuovi Stati membri e il mondo esterno, in cui si trovano i grandi mercati del futuro. Tuttavia, è diretto anche contro i vecchi Stati membri ed emerge sempre più spesso nelle relazioni tra loro.

Per gestire con successo il processo di Lisbona, il compito principale è combattere tale protezionismo, che viola il Trattato e tutto ciò che l’integrazione europea rappresenta. L’Europa ha un potenziale formidabile e là dove abbiamo introdotto riforme abbiamo avuto successo. Prendete ad esempio il mercato delle telecomunicazioni, nel quale abbiamo più successo di tutti.

La Commissione deve comprendere l’importanza di salvaguardare il libero scambio, che è all’origine della prosperità dell’Europa. Deve essere positiva sulla globalizzazione, ma deve soprattutto essere certa di attuare misure che favoriscano la creazione di nuove imprese e nuovi posti di lavoro. Ciò che conta sono i risultati, non gli obiettivi. Solo così saremo in grado di dare all’Europa un nuovo futuro.

 
  
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  Edite Estrela (PSE).(PT) Signor Presidente, Presidente Barroso, vorrei fare solo un paio di osservazioni. Per conseguire gli obiettivi di crescita e di creazione di posti di lavoro è necessario rafforzare la prospettiva di genere nella strategia di Lisbona, soprattutto negli indirizzi di massima per le politiche economiche e negli orientamenti per l’occupazione. Dobbiamo aumentare il tasso di occupazione femminile, elaborare una strategia di invecchiamento attivo e costruire una società caratterizzata dalla formazione lungo tutto l’arco della vita.

La seconda osservazione riguarda le prospettive finanziarie. Sussiste la necessità urgente di un accordo interistituzionale. Non vi è tempo da perdere. Il Consiglio, la Commissione e il Parlamento devono negoziare rapidamente una soluzione. I cittadini europei non accetteranno ulteriori rinvii. E’ giunto il momento di “lisbonizzare” l’Unione europea e approvare un bilancio che promuova la crescita e la creazione di nuovi e migliori posti di lavoro per tutti, comprese le donne. Senza le donne, la strategia di Lisbona non avrà successo.

 
  
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  Hans Winkler, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, prometto che sarò breve. Sono state dette molte cose importanti e interessanti su questo argomento e posso assicurare all’onorevole Poettering e all’onorevole Berger che il Cancelliere federale, anche se è assente, segue con grande attenzione le raccomandazioni dell’Assemblea. E’ superfluo dire che il vostro parere svolgerà un ruolo importante nei preparativi. Vorrei dire all’onorevole Berger che la mia presenza in Aula oggi non deve essere considerata come un segno di mancanza di ambizione; al contrario, la Presidenza austriaca ha l’ambizione di conseguire insieme con la Commissione grandi risultati nell’interesse dei cittadini d’Europa.

Posso anche dire all’onorevole Schulz che siamo senz’altro consapevoli della necessità di disporre delle risorse finanziarie necessarie. Qui non si tratta solo di risorse europee, ma anche di risorse nazionali, e ciò che conta è la loro qualità ed efficienza, perché non dobbiamo considerare sempre e unicamente la quantità di risorse, ma anche assicurare che si utilizzino le risorse giuste nel posto giusto.

(EN) Onorevole Watson, sono senz’altro d’accordo con lei sul fatto che vi sono numerosi argomenti che il Consiglio europeo dovrebbe affrontare, ma con il tempo limitato a disposizione non si può affrontare tutto.

Quanto al suo riferimento a Metternich, le assicuro che Metternich per noi non è un modello di comportamento. La sua visione dell’Europa non è la nostra visione dell’Europa. Non vogliamo un direttorio di cinque grandi paesi che dominino su tutti gli altri. Va ricordato che egli era a capo di uno Stato di polizia, e noi non vogliamo nemmeno questo.

(DE) All’onorevole Harms vorrei dire che la sostenibilità ovviamente svolge un ruolo molto importante nell’Unione europea, e ricordo all’Assemblea che la strategia di sostenibilità dovrà essere rivista entro la metà del 2006. Posso assicurarvi che la sostenibilità svolgerà sempre, com’è ovvio, un ruolo importante in tutto ciò che il Consiglio e la Commissione tenteranno di realizzare.

Vorrei rivolgere un’osservazione anche all’onorevole Bonde. Rifiuto con fermezza l’idea secondo cui gli Stati che, nell’esercizio dei loro diritti sovrani, desiderano proseguire il processo di ratifica del Trattato costituzionale agirebbero illegalmente.

(Applausi a destra)

Vi rimando alla decisione del Consiglio europeo di giugno che, nel disporre il periodo di riflessione, ha anche dichiarato espressamente che la validità del processo di ratifica in corso non è messa in discussione.

Ritengo che il Consiglio stia procedendo a pieno ritmo, al fine di conseguire gli obiettivi che ci siamo prefissi.

(EN) E’ ben possibile, onorevole Kirkhope, che il Consiglio non funzioni ad alto numero di ottani, diversamente dal Presidente della Commissione. Forse funzioniamo meglio con i biocarburanti, in linea con lo spirito della nostra epoca.

(DE) Diversi oratori hanno menzionato, in questo contesto, l’iniziativa “Legiferare meglio” della Commissione, e per questo vorrei ringraziare soprattutto il Commissario Verheugen, che oggi è qui con noi, e incoraggiarlo a portarla avanti, perché è il genere di iniziativa che i cittadini comprendono e che li ravvicina all’Unione europea.

L’onorevole Rasmussen e altri deputati hanno accennato alla questione della “flessicurezza”. Posso confermare e sottolineare che si tratta di flessibilità attraverso la sicurezza, quale paradigma generale per le riforme in materia di diritto del lavoro e politica sociale. E’ superfluo dire che l’intenzione è conseguire un rapporto equilibrato tra flessibilità e sicurezza sui mercati del lavoro europei.

(EN) Onorevole Titley, concordo con lei sulla necessità di agire, perché ciò convincerà i nostri cittadini. Noi, insieme con la Commissione, intendiamo adottare opportune misure a favore di tale azione.

 
  
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  Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, sebbene “crescita” e “occupazione” siano le parole chiave della strategia di Lisbona, mi sembra necessario precisare ancora una volta questi concetti.

Quando, nell’Europa del XXI secolo, usiamo il termine “crescita”, non possiamo parlare di alcun tipo di crescita che non sia sostenibile, difendibile dal punto di vista sociale e responsabile sotto il profilo ambientale. Qualsiasi altra cosa significherebbe che non abbiamo tratto alcuna lezione dai decenni passati, e chiedo che se ne prenda atto una volta per tutte. Quando la Commissione parla di crescita, ne parla in termini di crescita sostenibile, il che comporta innovazione ecologica, efficienza energetica, concorrenza per una qualità migliore e non per standard sociali ridotti, standard ambientali ridotti o retribuzioni ridotte. Mi auguro di aver chiarito il concetto una volta per tutte.

Quando parliamo di posti di lavoro, non parliamo di posti di lavoro qualsiasi, perché siamo giunti a riconoscere che la grande questione sociale della nostra epoca è se, in mezzo alle tempeste della globalizzazione, riusciremo a rendere disponibili sufficienti posti di lavoro qualificati e ben retribuiti. Questa è la grande questione che dobbiamo affrontare. Non ci preme creare posti di lavoro qualsiasi; ciò che conta è che siano posti di lavoro in grado di durare nel tempo e resistere anche quando la concorrenza sarà più dura.

Nella situazione attuale, la conseguenza di tutto ciò è che si devono fare richieste precise agli Stati membri e dire loro con fermezza che è chiaramente giunto il momento di cambiare. E’ ora di entrare, con tutta la determinazione che riusciremo a trovare, nella società basata sulla conoscenza. In Europa non possiamo permetterci di avere società le cui politiche in materia di istruzione escludono anziché promuovere, o discriminano anziché integrare. E’ necessaria una politica in materia di istruzione che faccia il più ampio uso possibile delle riserve di istruzione del continente.

Non possiamo permetterci politiche sociali che, da un lato, consentono alle giovani donne di ottenere una buona istruzione e, dall’altro, non offrono loro l’opportunità di utilizzarla per mancanza di compatibilità tra vita familiare e vita professionale; né possiamo permetterci politiche sociali che escludono i lavoratori più anziani dal processo di produzione, perché si ritiene che essi non siano più necessari. Oggi tutto questo non costituisce più una proposta valida e la nostra strategia lo afferma in modo abbondantemente chiaro.

Affermiamo anche che il mercato unico europeo, una politica all’altezza della concorrenza internazionale, è positivo per la crescita e l’occupazione. Per questo motivo la Commissione non crede nel patriottismo economico, qualsiasi forma esso assuma. Ribadiamo che chi vuole un grande mercato interno europeo deve anche accettare il fatto che stanno nascendo imprese che operano su tale mercato senza tenere conto delle frontiere.

(Applausi)

Perché esista un mercato europeo, devono esistere anche imprese europee. La Commissione osserva con preoccupazione la rinazionalizzazione del pensiero economico in alcune regioni dell’Unione europea e mette in guardia contro di essa, perché – come hanno affermato oggi quasi tutti gli oratori – la soluzione corretta è affrontare insieme i problemi dell’Europa.

Tuttavia, ho qualcosa da dire anche alle imprese europee. Da anni seguiamo una politica volta a migliorare le condizioni per le imprese europee, ma ciò che ora ci attendiamo da loro, in un momento in cui le più grandi di esse prosperano più che mai, è che siano consapevoli della loro responsabilità nei confronti dell’Europa quale sede di attività. Le imprese non solo hanno l’obbligo di realizzare profitti a breve termine; esse hanno anche una responsabilità nei confronti del luogo in cui li realizzano.

(Applausi)

Se un’impresa in cui è in corso una ristrutturazione ricorre al licenziamento di personale, la responsabilità primaria di tali licenziamenti non è dei politici; si tratta invece di un fallimento da parte dell’impresa, perché un’impresa è in grado di sapere con buon anticipo quando sarà necessario un cambiamento strutturale e quando dovrà essere introdotto, e noi chiediamo alle imprese europee di fare di più per garantire che le ristrutturazioni abbiano un esito positivo. Licenziare personale è sempre la soluzione peggiore ed è una soluzione alla quale non dovrebbero ricorrere.

(Applausi)

In ogni caso, vi è anche altro da dire alle imprese europee, cioè che è possibile crescere utilizzando i profitti aziendali elevati per creare nuovi prodotti, sviluppare nuove tecnologie e nuove capacità, anziché limitarsi ad acquistare altre imprese.

Vorrei segnalare – nel modo più amichevole possibile – che tutta la nostra esperienza in materia di acquisizione di imprese negli ultimi vent’anni non ha rivelato, nella grande maggioranza dei casi, alcun effetto positivo sull’impresa o sull’economia nel suo insieme. Preferirei che le imprese europee utilizzassero gli enormi profitti realizzati di recente per investire nella ricerca e in capacità di produzione in Europa, anziché per finanziare campagne di acquisizione di altre imprese.

Anche i deputati al Parlamento hanno un compito da svolgere. Si critica, a ragione, il fatto che il grande pubblico non sia stato coinvolto nello sviluppo della strategia per la crescita e l’occupazione. Questo è un compito dei responsabili politici e dei parlamenti nazionali.

Onorevoli deputati, vi chiedo di parlare con i vostri omologhi in seno ai parlamenti nazionali dei paesi da cui provenite per far sì che la questione sia inserita nell’agenda politica nazionale. Dopo tutto, non spetta alla Commissione indurre i politici dell’opposizione negli Stati membri a fare il loro lavoro e assicurare che la questione sia iscritta all’ordine del giorno; spetta ai parlamentari farlo. Vi esorto quindi a esercitare la vostra influenza, perché solo se riusciamo ad avviare un ampio dibattito politico negli Stati membri e nelle loro assemblee legislative potremo compiere un’opera di sensibilizzazione sulla necessità di uno sforzo congiunto, non solo da parte dei responsabili politici, ma anche da parte dei cittadini, al fine di salvaguardare la nostra competitività.

(Vivi applausi)

 
  
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  Martin Schulz (PSE).(DE) Signor Presidente, vorrei esprimere i miei calorosi ringraziamenti al Commissario Verheugen per l’eccellente discorso che ha appena pronunciato. Con le cuffie, sono riuscito ad ascoltarlo, anche se devo dire, signor Presidente, che se non le avessi usate difficilmente sarei riuscito a sentirlo, nonostante gli altoparlanti presenti in Aula.

(Applausi)

Non ha senso che lei, nel suo modo tipicamente amichevole, parlando al microfono nella sua lingua, inviti i deputati a rimanere seduti; il problema è che non la comprenderanno se ciò che dice non è tradotto dagli interpreti. Se voleva che rimanessero seduti, avrebbe dovuto usare il martelletto.

Vorrei solo rivolgere una richiesta all’Assemblea, e lo faccio in veste di deputato. Considero inaccettabile che non si riesca a usare la cortesia davvero minima di prestare ascolto a chi si rivolge a noi in Aula.

(Applausi)

 
  
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  Presidente. – Mi auguro che tutti i presenti tengano conto di ciò che è stato affermato. Accetto le critiche e quindi richiamerò all’ordine i deputati in una lingua più diffusa dell’Unione o utilizzerò il martelletto.

Comunico di aver ricevuto due proposte di risoluzione(1) ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2, del Regolamento.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì, alle 12.00.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. TRAKATELLIS
Vicepresidente

 
  
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  Sarah Ludford (ALDE).(EN) Signor Presidente, vorrei sollevare una piccola questione di ordine tecnico. Alcuni di noi non ricevono e-mail dalle 11 di stamattina, eccetto tramite webmail. Non so quante persone siano interessate al problema, perché esiste più di un server. In ogni caso, un server è inattivo ed è stato inattivo anche ieri mattina. Credo che il problema riguardi soprattutto Strasburgo, il che naturalmente è un’altra gioia che si prova a venire in questa sede.

(Applausi)

Può gentilmente accertarsi che l’amministrazione dia priorità alla soluzione di questo problema particolarmente fastidioso?

(Applausi)

 
  
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  Presidente. – Lo terremo presente, onorevole Ludford.

 
  
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  Carl Schlyter (Verts/ALE).(SV) Signor Presidente, intendevo riferirmi precisamente all’articolo 140 del Regolamento del Parlamento europeo. Secondo tale articolo, abbiamo la facoltà di consultare direttamente i documenti, attraverso il sistema informatico interno del Parlamento. Vorrei che riesaminasse l’accordo con l’impresa privata cui è affidata la prestazione di questo servizio. E’ nel nostro interesse democratico ed economico farlo.

 
  
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  Presidente. – Molte grazie. Esamineremo la questione.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)

 
  
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  Richard Corbett (PSE).(EN) Il Consiglio europeo di primavera, dedicato all’economia dell’Europa, si svolge proprio nel momento in cui il protezionismo imperversa in diversi paesi europei, in particolare in Francia.

Il Presidente Chirac spesso cerca di descrivere la Francia come un paladino dell’integrazione europea e attribuisce ad altri paesi la responsabilità di qualsiasi mancanza di entusiasmo. Tuttavia, i risultati della Francia per quanto riguarda l’applicazione del diritto dell’Unione sono tra i peggiori, il suo atteggiamento nei confronti delle fusioni transfrontaliere è ostruzionistico; inoltre, essa è intenzionalmente venuta meno ai suoi obblighi nel quadro del Patto di stabilità e di crescita e ha continuamente rallentato il processo di riforma della PAC.

Il Consiglio europeo dovrebbe offrire agli altri Stati membri l’opportunità di esercitare pressioni sulla Francia affinché metta ordine in casa propria.

 
  
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  Dominique Vlasto (PPE-DE).(FR) Le tematiche legate alla competitività e alla crescita sono sempre state al centro della strategia di Lisbona.

Oggi – e tengo a dire che è uno sviluppo eccellente – la risoluzione sulla quale siamo chiamati a votare introduce la dimensione sociale. Quest’ultima non deve essere considerata come un freno che rallenta la realizzazione degli obiettivi della strategia di Lisbona, perché permette, per esempio, a tutti i cittadini dell’Unione europea di accedere a un’istruzione di alto livello e alla formazione lungo tutto l’arco della vita. Ricordo l’importanza di un programma europeo di scambi per gli apprendisti.

Vorrei anche dare risalto al ruolo svolto dalle piccole e medie imprese nella realizzazione degli obiettivi di Lisbona. Esse sono una delle principali fonti di occupazione futura. Dobbiamo quindi disporre di risorse per eliminare gli ostacoli che impediscono a tali imprese, soprattutto alle più piccole, di esercitare le loro attività, nonché dotarle delle risorse necessarie per l’innovazione. Di conseguenza, è importante prevedere una dotazione ambiziosa per il programma quadro per la competitività e l’innovazione.

Come avrete compreso, deploro l’assenza di un bilancio all’altezza delle ambizioni della strategia di Lisbona e mi auguro che riusciremo a migliorare le prospettive finanziarie al fine di correggere questa situazione.

 
  

(1) Cfr. Processo verbale.

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