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Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 15 marzo 2006 - Strasburgo Edizione GU

8. Risultati del Consiglio informale dei ministri degli Affari esteri del 10 e 11 marzo 2006 (discussione)
Processo verbale
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sui risultati del Consiglio informale dei ministri degli Affari esteri del 10 e 11 marzo 2006.

 
  
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  Olli Rehn, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, nei Balcani occidentali l’Unione europea può veramente fare la differenza. Se ne è parlato durante la riunione dei ministri degli Esteri “Gymnich” di Salisburgo.

I Balcani occidentali si trovano a un bivio e l’Unione intende guidare quella regione lungo la strada della pace e delle riforme. Negli ultimi anni abbiamo assistito a molti cambiamenti in positivo, ma non dobbiamo cullarci in un fallace senso di sicurezza.

Quest’anno, le questioni ancora in sospeso concernenti lo status di Kosovo e Montenegro devono essere risolte con pazienza e determinazione. Inoltre, dobbiamo far uscire i Balcani occidentali da un’epoca di guerra e creare quindi le condizioni perché sia possibile compiere progressi in materie che interessano veramente i cittadini di quei paesi, come lo sviluppo economico e sociale e l’inserimento in un contesto europeo.

Qual è il modo migliore per incoraggiare gli Stati di quell’area a rispettare un ambizioso programma di riforme? La cosa più importante è che noi, da parte nostra, rispettiamo l’impegno che abbiamo assunto affinché i paesi dei Balcani occidentali possano compiere progressi e avvicinarsi all’Unione europea avendo come fine ultimo l’adesione, previo adempimento dei severi criteri di adesione. Dobbiamo altresì adoperarci per rendere questa prospettiva concreta e tangibile, come ha fatto la Commissione nella sua recente comunicazione. Vorrei ora citare alcuni esempi delle nostre proposte e dei nostri obiettivi concreti.

Primo: dobbiamo eliminare gli ostacoli al commercio, alla produzione e agli investimenti. La Commissione, insieme con i paesi aderenti al Patto di stabilità e i paesi interessati, è impegnata nell’elaborazione di un accordo regionale di libero scambio che dovrebbe sostituire l’attuale pletora di 31 accordi bilaterali di questo tipo. Tale obiettivo può essere raggiunto per mezzo di un contemporaneo allargamento e ammodernamento dell’Accordo centroeuropeo di libero scambio, di cui si parlerà al Vertice CEFTA del prossimo aprile a Bucarest.

Secondo: dobbiamo “europeizzare” la prossima generazione e – perché no? – anche quella attuale. A tal fine abbiamo proposto di migliorare la mobilità dei ricercatori e degli studenti aumentando il numero delle borse di studio loro destinate.

Terzo: dobbiamo facilitare i contatti interpersonali. Presenteremo provvedimenti volti a facilitare la concessione dei visti, e confido che gli Stati membri li approveranno sollecitamente in seno al Consiglio, di modo che potremo avviare negoziati sulle facilitazioni per i visti e sugli accordi di riammissione. Permettetemi di sottolineare che quanto più i paesi dei Balcani occidentali saranno in grado di garantire i controlli alle frontiere e la regolarità dei documenti, tanto più facile sarà convincere gli Stati membri dell’Unione europea a facilitare la concessione dei visti.

Mi fa piacere che lo scorso fine settimana a Salisburgo i ministri degli Esteri dell’Unione abbiano approvato queste misure concrete. Al riguardo, desidero esprimere un particolare apprezzamento nei confronti del Ministro Plassnik, nonostante non sia qui presente oggi, per il suo personale impegno volto a promuovere progressi nei Balcani occidentali.

Devo infine fare un breve commento sulla morte di Slobodan Milošević. Quando abbiamo appreso la notizia della sua scomparsa, alla fine del Vertice “Gymnich”, non ho potuto fare a meno di ripensare alla mia visita a Srebrenica nello scorso luglio, in occasione del decimo anniversario del più terribile massacro compiuto nell’Europa postbellica. Deploro che Milošević sia morto prima che sia stato possibile rendere giustizia alle centinaia di migliaia di vittime dei crimini di cui era accusato.

Nelle sue memorie, il Cancelliere Kohl scrive parole di grande saggezza laddove sostiene che ogni generazione deve adoperarsi per creare una necessaria consapevolezza della storia, affinché non si ripetano gli errori del passato e “le voci delle vittime siano ascoltate”.

Il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia sta raccogliendo prove che aiuteranno i serbi della generazione attuale e di quelle future a comprendere che molti crimini sono stati compiuti nel nome della Serbia, ma che la responsabilità di quei crimini ricade su ben determinate persone.

Proprio a seguito della morte di Milošević diventa ancora più importante che il Tribunale dell’Aia porti a compimento il proprio lavoro e sottoponga a processo gli imputati rimasti. In questo modo si aiuterà la Serbia a chiudere il tragico capitolo della sua storia dominato dalla figura di Milošević e a fare i conti con l’eredità del proprio passato.

Oggi la Serbia si trova veramente a un bivio e personalmente mi auguro che i leader e i cittadini serbi abbiano la volontà e la saggezza di optare per il futuro europeo, invece che per il passato nazionalista. Oggi la Serbia ha veramente il proprio futuro nelle sue mani. Possiamo aiutare i serbi a prendere la decisione giusta lasciando loro aperta la prospettiva europea.

 
  
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  Bernd Posselt (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, quella in corso era stata annunciata come una discussione con il Consiglio. Lei ha appena detto che in Aula non sono ancora presenti i rappresentanti del Consiglio; io credo che dovremmo attendere il loro arrivo, dato che è nostra intenzione ascoltare e poi discutere una relazione sul Vertice di Salisburgo. E’ inutile discutere senza aver prima ascoltato la relazione; sarebbe un rituale privo di senso.

 
  
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  Presidente. – Condivido l’osservazione dell’onorevole Posselt, ma mi è stato riferito che il Ministro arriverà tra breve.

 
  
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  José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra, a nome del gruppo PPE-DE. – (ES) Signor Presidente, mi associo alla protesta dell’onorevole Posselt. Ritengo infatti che il Parlamento non debba anticipare la discussione dei punti più importanti semplicemente a causa del mancato adempimento di disposizioni formali; inoltre, se era stata programmata una discussione con la Commissione e il Consiglio, quest’ultimo dev’essere presente.

Signor Presidente, voglio dire che, come se la situazione in Medio Oriente e in Palestina non fosse già abbastanza complicata dopo la vittoria di Hamas, ad aggravare ulteriormente le cose ci si è messo l’assalto alla prigione di Gerico da parte dei soldati israeliani – un fatto che, credo, dobbiamo condannare e che ha scatenato un’ondata di violenze indiscriminate di cui hanno fatto le spese cittadini e interessi dell’Unione europea. Dobbiamo condannare questi eventi con la massima fermezza.

Signor Presidente, poiché so che se n’è parlato al Vertice informale dei ministri degli Affari esteri, vorrei chiedere alla Commissione quale approccio la Commissione e il Consiglio – che sfortunatamente è ancora assente – intendano adottare sul punto degli aiuti comunitari alla Palestina, nonché se insisterà – com’è logico fare – sulla necessità di pretendere che Hamas rinunci alla violenza e riconosca lo Stato d’Israele e gli accordi precedenti.

In secondo luogo, signor Presidente, riguardo alla questione iraniana, che è stata rinviata al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, vorrei sapere dalla Commissione se preferisce un approccio graduale, cioè attendere una dichiarazione da parte del Consiglio di sicurezza, o se si augura che saranno applicate sanzioni.

Sul tema dell’allargamento, signor Presidente, e in considerazione dei commenti del ministro francese degli Affari interni Sarkozy, il quale ha affermato che l’allargamento comporta un certo grado di stanchezza, nonché della sua richiesta che il Consiglio di giugno discuta e valuti i limiti della capacità di assorbimento dell’Unione europea – e la relazione dell’onorevole Brok è il prossimo punto all’ordine del giorno –, vorrei sapere se la Commissione condivide la richiesta rivolta dal Ministro Sarkozy al Consiglio e se ritiene che la Presidenza austriaca dell’Unione europea debba dare una risposta definitiva alla questione dei limiti geografici del nostro progetto politico.

 
  
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  Presidente. – Alcuni dei punti da lei sollevati saranno affrontati dal Commissario Ferrero-Waldner, che però non è qui presente in questo momento, mentre molti altri riceveranno risposta durante la discussione sull’Assemblea parlamentare euromediterranea, che avrà luogo a tempo debito.

 
  
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  Olli Rehn, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, considerato che in questa discussione il tempo di parola a disposizione della Commissione è limitato e che sarebbe impossibile relazionare su una così vasta gamma di argomenti, che vanno dagli affari esteri alle questioni globali nel loro insieme, è stato deciso che il Commissario Ferrero-Waldner affronterà i temi dell’Iran, della Palestina e della crisi causata dalla pubblicazione delle vignette stasera, quando interverrà qui in Aula, mentre per parte mia ho concentrato il mio intervento sulle politiche riguardanti i Balcani occidentali.

Abbiamo deciso di suddividere il contributo della Commissione in questo modo. Pertanto, dopo la discussione io risponderò alle domande sui Balcani occidentali e il Commissario Ferrero-Waldner risponderà stasera a quelle sulle altre questioni.

 
  
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  Doris Pack (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, il Commissario Rehn ha spiegato come stanno le cose. Quindi, direi che adesso potremmo discutere della relazione Brok, che riguarda l’allargamento, per passare poi ad altri argomenti in attesa che arrivi il Ministro Plassnik. La invito vivamente a procedere in questo modo, perché in caso contrario saremmo scorretti nei confronti del Commissario e la discussione non seguirebbe il giusto ordine.

 
  
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  Presidente. – Mi rendo conto della situazione inusuale nella quale ci troviamo; purtroppo, però, l’ordine del giorno ci impone di discutere della relazione Brok dopo le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione.

 
  
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  Elmar Brok (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, vorrei fare anch’io una proposta. Potremmo fare una pausa, se l’assente Presidenza del Consiglio ci invita a bere un caffè nel frattempo.

(Si ride)

 
  
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  José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra (PPE-DE).(ES) Signor Presidente, sono perfettamente consapevole delle pressioni che influenzano la fissazione dell’ordine dei lavori del Parlamento, però lei ha detto che abbiamo un ordine del giorno preciso, nel quale non possiamo inserire un punto che prevede la discussione del Consiglio informale dei ministri degli Affari esteri quando si scopre che il Commissario competente per la maggior parte degli argomenti riguardanti quel Consiglio ha deciso che tale discussione deve avvenire in un momento successivo.

Credo che le proposte degli onorevoli Posselt e Pack siano assolutamente giustificate. Se il Commissario competente a parlare dei punti principali del Consiglio informale dei ministri degli Affari esteri non è presente in Aula, rinviamo questo tema a più tardi e, in attesa dell’arrivo del Commissario, discutiamo intanto della relazione Brok. E’ inaccettabile che l’ordine di discussione degli argomenti sia stabilito senza aver sentito il parere dei deputati.

 
  
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  Presidente. – Comprendo le preoccupazioni che lei ci ha espresso, però devo dire che non mi risulta che il Regolamento contenga alcuna disposizione che possa trarci da questo impaccio.

 
  
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  Hannes Swoboda (PSE).(DE) Signor Presidente, il problema è, ovviamente, che alcuni deputati che dovrebbero intervenire sulla relazione Brok non sono presenti in Aula in questo momento e arriveranno solo tra un po’. Possiamo senz’altro riorganizzare in parte l’ordine dei lavori. L’onorevole Napoletano era pronta a parlare, e io stesso intervengo adesso perché mi occupo soprattutto del tema dei Balcani. Potremmo semplicemente combinare le due cose, però alcuni deputati sarebbero certo contrariati se non potessero intervenire sulla relazione Brok perché non erano in Aula nel momento in cui se ne è discusso. Questo è il problema!

 
  
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  Bernd Posselt (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, posso soltanto chiederle cortesemente se sa quando il rappresentante del Consiglio dovrebbe arrivare qui in Parlamento? Se quanto ho sentito dire corrisponde a verità, cioè che sarà qui tra un quarto d’ora, possiamo semplicemente aspettare un altro quarto d’ora, dato che in quest’Aula di ritardi di quindici minuti ne abbiamo visti parecchi. Propongo pertanto, se il Consiglio sarà qui tra un quarto d’ora, di sospendere la seduta fino ad allora; se invece sarà qui tra un’ora, dovremo trovare un’altra soluzione. Al riguardo, noi non disponiamo di informazioni di alcun tipo, ma forse lei sa qualcosa.

 
  
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  Presidente. – Propongo di sospendere la seduta per qualche minuto in attesa dell’arrivo del rappresentante del Consiglio.

(La seduta, sospesa alle 15.20, riprende alle 15.35)

Visto che il rappresentante del Consiglio è arrivato, possiamo riprendere i lavori.

 
  
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  Ursula Plassnik, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signor Presidente, domando scusa per il ritardo. Siamo rimasti bloccati a causa di due incidenti stradali, uno andando all’aeroporto di Vienna e uno venendo da Entzheim a qui.

Vi ringrazio per l’opportunità che ci avete offerto di informarvi sulla riunione informale dei ministri degli Esteri, nel cosiddetto “formato Gymnich”, che si è svolta lo scorso fine settimana a Salisburgo. In tale occasione abbiamo discusso principalmente di due grandi tematiche, la prima delle quali ha riguardato le sfide che dobbiamo affrontare in questo momento in politica estera, più in particolare i recenti eventi in Medio Oriente e le imminenti elezioni in Bielorussia e Ucraina. Il secondo giorno è stato dedicato alla situazione nei Balcani, all’agenda di Salonicco, alla sua attuazione e al suo futuro.

Se mi permettete, vorrei parlare dapprima del Medio Oriente e poi dei Balcani.

Per quanto riguarda, dunque, il Medio Oriente, va detto che quella regione si trova in una fase di transizione, dopo le elezioni del Consiglio legislativo palestinese e alla vigilia delle elezioni in Israele. In questa fase, è nostro dovere inviare un messaggio molto chiaro e forte al futuro governo palestinese, perché dobbiamo dire con chiarezza quali sono i principi fondamentali che costuiscono la base per un’ulteriore collaborazione da parte nostra. Tali principi di fondo sono perfettamente evidenti e consistono di tre elementi: al governo palestinese chiediamo di rinunciare alla violenza, di essere disponibile a negoziati – il che comporta il riconoscimento degli accordi esistenti – e di riconoscere il diritto all’esistenza dello Stato di Israele.

E’ su questa base chiara e forte che si sviluppa la nostra politica, ed è su questa stessa base che abbiamo lanciato un appello ai nostri partner in Medio Oriente. Hamas in particolare dovrà prendere atto del bivio di fronte al quale si trova e dovrà quindi decidere quale strada imboccare in futuro. Deve dire con chiarezza quale strada intende percorrere; abbiamo definito le nostre condizioni fin nei dettagli, e non è cambiato nulla a questo riguardo. Continueremo ad appoggiare il popolo palestinese e nella riunione Gymnich abbiamo discusso anche delle possibili forme da dare in futuro al nostro sostegno finanziario. E’ del tutto evidente che qualsiasi aiuto di questo tipo deve andare a vantaggio del popolo palestinese e non deve essere usato a fini di terrorismo o di violenza.

Stiamo perciò seguendo con grandissima attenzione gli sviluppi, gli sforzi che vengono compiuti per costituire il nuovo governo palestinese e per definire il suo programma futuro. Ieri il Presidente Mahmud Abbas e la sua delegazione si sono recati in visita a Vienna, e abbiamo così avuto modo di discutere con lui di questi temi. Il Presidente palestinese e il suo governo provvisorio hanno il nostro sostegno in questo difficile momento. Sarò lieta se più tardi avrò la possibilità di riprendere più in dettaglio questi punti.

Passando, ora, al tema dei Balcani, devo dire che esso era ed è un argomento importante per la Presidenza austriaca. Ritengo pertanto che la riunione Gymnich e il fatto che essa se ne sia occupata rappresentino un segnale di incoraggiamento – un doppio incoraggiamento, invero – ai cittadini degli Stati dei Balcani occidentali. La strada che essi devono ancora percorrere verso l’Europa e verso il soddisfacimento dei criteri europei, per quanto difficile, vale la pena di essere percorsa, e in tale viaggio avranno tutto il nostro sostegno e i nostri migliori auguri.

Tuttavia si tratta di un segnale di incoraggiamento rivolto anche ai nostri cittadini, per confermarli nella convinzione che è senz’altro possibile trovare soluzioni a problemi difficili – anche a quelli più difficili in assoluto. Penso quindi che sia un messaggio di speranza e di fiducia il fatto che, nella dichiarazione di Salisburgo, siamo riusciti a mettere in evidenza e a rendere visibili le prospettive di adesione all’Unione europea degli Stati balcanici.

Soprattutto in un momento in cui si parla di “fatica da allargamento”, era importante lanciare un segnale di tal genere, al fine di dare ai nostri partner un’idea chiara di quanto possono aspettarsi dalle decisioni oltremodo difficili che dovremo prendere nel 2006. Scorrendo l’elenco degli invitati alla riunione di Salisburgo si può comprendere ciò che il percorso che inizieremo quest’anno comporterà in termini di impegno da parte nostra: tra gli ospiti c’erano infatti l’Inviato speciale delle Nazioni Unite per il Kosovo Martti Ahtisaari e il suo vice Albert Rohan, con i quali abbiamo discusso del futuro di quella regione, e avevamo invitato anche l’Alto rappresentante per la Bosnia-Erzegovina Christian Schwarz-Schilling; alla riunione erano presenti inoltre il responsabile della missione delle Nazioni Unite in Kosovo Søren Jensen-Petersen con la sua delegazione, nonché il Presidente del Kosovo, e successore di Ibrahim Rugova, Fatmir Sejdiu. Ho notato con piacere che in questa parte della riunione di Salisburgo abbiamo potuto registrare una première grazie alla presenza dell’onorevole Brok, presidente della commissione per gli affari esteri del Parlamento, il quale ha partecipato alle nostre discussioni.

I Balcani si trovano al centro dell’Europa e senza di essi l’unificazione europea sarebbe incompleta. Sappiamo che la strada che abbiamo davanti sarà difficile, ma siamo determinati a percorrerla fino in fondo. Abbiamo deciso di adottare un approccio graduale, affrontando una questione alla volta e trovando soluzioni caso per caso.

Per ognuno di quei paesi, nessuno escluso, l’obiettivo essenziale è lavorare per il raggiungimento degli standard europei. Ieri il Primo Ministro bosniaco mi ha fatto visita a Vienna e mi ha detto che è fondamentale non tanto stabilire una data o un momento particolare nel corso di questo processo, quanto lavorare insieme agli standard europei. Javier Solana, che segue gli sviluppi da lungo tempo, descrive ciò che è stato realizzato dopo il Consiglio di Salonicco del 2003 come un successo, che possiamo vedere riflesso nell’agenda e più specificamente nell’ordine del giorno di Salisburgo, dato che le questioni affrontate durante tale riunione riguardavano la semplificazione e il miglioramento delle disposizioni commerciali, la lotta contro la criminalità organizzata, i giovani e le facilitazioni per i viaggi. Ci siamo occupati della questione dei visti poiché dobbiamo rispondere alle aspettative che i cittadini di quei paesi nutrono nei nostri confronti. Nel contempo, però, dobbiamo indicare loro con chiarezza quali possibilità abbiamo a disposizione e unirci a loro nella ricerca, passo dopo passo, di soluzioni ai problemi tuttora esistenti in questo come in altri settori.

E’ fuori di ogni dubbio che l’Europa sta facendo la differenza nei Balcani occidentali; abbiamo però sottolineato anche la responsabilità che i paesi della regione hanno nei confronti di se stessi, dato che in alcuni di essi, quelli già stabilizzati, si deve ora passare alla fase dell’europeizzazione dinamica. Proseguendo nel nostro cammino, dobbiamo dire loro apertamente che devono avere la volontà di compiere i passi necessari e devono dimostrare di possedere la qualità riassunta così bene nel termine inglese di “ownership”.

Abbiamo ribadito la necessità della cooperazione regionale, soprattutto in vista della realizzazione di un’area regionale di libero scambio regolamentata da un unico accordo, il quale, sull’esempio dell’Accordo centroeuropeo di libero scambio, dovrebbe sostituire gli attuali 31 accordi individuali. Personalmente sono molto grata al Commissario Rehn e alla Commissione nel suo insieme per l’impegno che hanno profuso a tale fine. Il Consiglio e la Commissione stanno lavorando su questo punto nella massima armonia e in stretta collaborazione. Desidero ringraziare la Commissione per la sua comunicazione della fine di gennaio e per la disponibilità a continuare a lavorare con noi per raggiungere gli obiettivi fissati nella dichiarazione di Salisburgo.

Ma anche i ministri dei governi nazionali devono continuare a lavorare, nell’ambito delle rispettive competenze, perché avranno tra l’altro il compito di mettersi in rete con i loro omologhi dei paesi balcanici per affrontare i problemi concreti. In particolare, i ministri degli Interni sono seriamente impegnati a questo scopo e hanno una grande responsabilità, dato che da loro e dalla loro cooperazione dipendono i progressi tangibili che si potranno ottenere su questioni importanti.

Abbiamo discusso anche della capacità di assorbimento dell’Unione europea, di cui abbiamo analizzato le implicazioni. Come sapete, si tratta di un tema su cui ho richiamato l’attenzione l’autunno scorso, credo opportunamente, dato che la nostra intenzione non è quella di creare un nuovo ostacolo bensì, in buona sostanza, di acquisire maggiore consapevolezza di qualcosa che dovrebbe essere del tutto ovvio, cioè che non dobbiamo soltanto pretendere che i paesi candidati all’adesione compiano il loro dovere, bensì anche noi come Unione europea dobbiamo dare il nostro contributo.

Nella riunione congiunta di Salisburgo, mentre eravamo tutti raccolti intorno a un tavolo, abbiamo vissuto insieme un’esperienza che è stata allo stesso tempo, oltre che inquietante, anche motivo di speranzosa fiducia. E’ successo quando i nostri lavori sono stati interrotti dalla notizia della morte di Slobodan Milošević. E il fatto che, in un momento simile, siamo stati in grado di lavorare per il nostro comune futuro europeo è stato un evento di grande significato simbolico per l’Europa.

(Applausi)

 
  
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  Hannes Swoboda, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, vorrei proporvi soltanto due brevi osservazioni sul tema del Medio Oriente. Primo: facciamo bene a pretendere da Hamas che prenda atto della realtà e rinunci alla violenza; questo però non autorizza Israele a continuare la sua politica di violenza unilaterale, di cui abbiamo appena visto un esempio. Secondo: l’Europa e gli Stati Uniti devono essere coerenti nelle loro politiche nucleari, soprattutto alla luce della diversità di trattamento tra India e Iran, mentre all’Agenzia internazionale per l’energia atomica di Vienna va attribuito un ruolo più rilevante nell’ambito di un sistema multilaterale di arricchimento dell’uranio e di smaltimento delle scorie nucleari. Se ci atterremo a questi principi, potremo fare progressi.

Venendo, ora, ai Balcani, mi sorprende che le nostre azioni siano guidate dal principio secondo cui per progresso si intende tutto ciò che non è un regresso. Devo dire che il mio gruppo e io siamo molto imbarazzati dal colpevole comportamento di alcuni Stati membri che stanno contrapponendo il compito di mettere l’Europa in grado di accogliere nuovi paesi membri alle prospettive di adesione dei paesi balcanici. L’Europa, però, non diventerà più forte se i paesi balcanici saranno derubati delle loro prospettive di adesione o se le vedranno rinviate a un lontano futuro. Il principio guida deve continuare a essere quello dell’adesione all’Unione europea, a favore del quale il Parlamento europeo – compreso il mio gruppo – si è ripetutamente espresso all’unanimità. Per quanto sia perfettamente comprensibile che si chieda all’Unione europea di migliorare la sua capacità di accogliere nuovi membri – penso, in proposito, alla Costituzione e alle basi finanziarie –, tale richiesta non può tuttavia essere usata contro i paesi dell’Europa sudorientale, né come uno strumento per scoraggiare i loro sforzi in vista dell’adesione. La preparazione all’adesione deve andare di pari passo sia da parte nostra che da parte dei Balcani. Entrambe le parti devono avere una preparazione coerente e accurata, nel cui ambito è necessario compiere passi concreti per preparare i paesi dei Balcani all’adesione all’Unione europea, tra l’altro semplificando e facilitando le procedure per la concessione dei visti. In aggiunta a quanto ha detto sui ministri degli Interni, mi auguro che essi faranno qualcosa di concreto per offrire soprattutto ai giovani di quella regione la possibilità di conoscere finalmente l’Europa. Nonostante la morte di Slobodan Milošević, che è stata prematura sotto molti punti di vista, è tuttora nell’interesse delle vittime nonché del futuro comune dell’Europa che tutti coloro che si sono macchiati di crimini siano portati all’Aia e sottoposti a processo, e su questo dobbiamo sicuramente insistere.

I paesi dei Balcani, che nella storia del nostro continente troppo spesso sono stati un giocattolo nelle mani delle grandi potenze europee, devono essere progressivamente integrati nell’Unione europea, e in nessun caso accetteremo che siano riportati a uno stadio precedente delle loro relazioni con l’Unione. Domani, quando voteremo per approvare la relazione Brok, dovremo mettere bene in chiaro che il voto riguarda soltanto ciò che si dice nel testo, lasciando da parte le interpretazioni che purtroppo ne sono state date in queste ultime ore, con il risultato di falsificare il contenuto effettivo della relazione. Noi sosteniamo le prospettive dei paesi balcanici di diventare membri dell’Unione europea.

(Applausi)

 
  
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  Annemie Neyts-Uyttebroeck, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, avevo sperato che la Conferenza sui Balcani avrebbe lanciato un messaggio forte e positivo, e credo che questo fosse l’auspicio anche del Presidente in carica del Consiglio e della Commissione. Poiché nessuno di voi due, però, può permettersi di dar voce alla propria delusione, mi incaricherò io di farlo a nome vostro.

Noi tutti riconosciamo che l’intera regione dei Balcani è tuttora mutevole e potenzialmente instabile, e proprio per tale motivo è assolutamente necessario fare chiarezza. Nella dichiarazione congiunta alla stampa, decisamente più debole rispetto alle dichiarazioni precedenti, si afferma che il futuro dei Balcani occidentali è nell’Unione europea. Notiamo, in tale dichiarazione, l’assenza di qualsiasi riferimento all’adesione. Vi si dice, inoltre, che nel 2006 è prevista una discussione sulla strategia di adesione e che è necessario tener conto della capacità di assorbimento dell’Unione europea. Tutto ciò è deludente. Riprenderò questi punti durante la successiva discussione sulla relazione Brok.

Vorrei fare un’osservazione sul Medio Oriente. Condivido pienamente la reazione del presidente del mio gruppo alla deplorevole e inaccettabile azione compiuta ieri a Gerico da Israele, per non parlare dello strano comportamento – per usare un eufemismo – delle truppe statunitensi e britanniche. E’ ovvio che fatti del genere complicano la posizione dell’Unione europea. Il mio gruppo, pur condividendo il parere che Hamas debba rinunciare alla violenza e accettare i trattati e gli accordi internazionali esistenti, rileva con tristezza che il comportamento di Israele rende viepiù difficile sostenere questa linea. Nondimeno continueremo a farlo, però dobbiamo anche dire molto chiaramente che azioni come quelle di ieri sono in assoluto contrasto con la ricerca di una soluzione pacifica.

 
  
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  Angelika Beer, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, Ministro Plassnik, abbiamo sospeso la nostra seduta in attesa del suo arrivo perché ci sono alcune cose che ci preoccupano molto e di cui desideriamo discutere con lei.

All’inizio della sua Presidenza, l’Austria aveva in programma di organizzare un Salonicco II; però, nella dichiarazione di Salisburgo, non se ne fa menzione, né si è più parlato della possibilità di adesione all’Unione europea da parte dei paesi dei Balcani occidentali. La dichiarazione è un compromesso che, per quanto inconsistente, è stato accolto negativamente nei Balcani e non ha lanciato alcun segnale d’incoraggiamento, lasciando – nella migliore delle ipotesi – spazio a errori d’interpretazione. Questa è, in ogni caso, la mia valutazione delle affermazioni dell’onorevole Brok, che ha partecipato anch’egli alla riunione di Salisburgo e che, da lunedì, va parlando con i media tedeschi della fine delle prospettive di adesione all’Unione europea dei paesi dei Balcani occidentali e sostenendo quella che lui definisce la terza via, ovvero un partenariato privilegiato.

Se l’Europa vuole essere almeno un po’ credibile, deve mantenere aperta la prospettiva dell’adesione per i Balcani non soltanto a parole ma anche nei fatti, e qui sono d’accordo con il Commissario Rehn.

Onorevole Brok, vorrei concludere ricordandole che una terza via è esattamente ciò che il capo di Stato libico, il colonnello Gheddafi, cercava di ottenere parecchio tempo fa, negli anni ’80. Per fortuna, il tentativo di Gheddafi è miseramente fallito, e ora lo stesso succederà al suo.

 
  
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  Elmar Brok (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei dire solo poche parole sulle questioni che non hanno nulla a che fare con i paesi candidati all’adesione, di cui parlerò tra un po’ nell’ambito della mia relazione. Vorrei intervenire brevemente sul Medio Oriente.

Ci troviamo ad affrontare difficoltà sempre crescenti, a causa non solo degli avvenimenti dei giorni scorsi ma anche di ciò che è successo nelle scorse settimane e negli ultimi mesi. Da un canto, c’è la situazione di fronte alla quale entrambe le parti della Terra Santa ci stanno ponendo; dall’altro, c’è la questione della possibilità di dissuadere l’Iran dall’attuare un programma militare nucleare. E se, come è di fatto possibile, si chiuderà il cerchio – con l’Iran, la Siria, un accordo multilaterale in Libano con gli hezbollah e contatti con Hamas – sorgerà il grave pericolo di un’alleanza che sarebbe altamente problematica e alla quale dovremmo reagire, non solo per garantire la pace e contrastare il terrorismo, ma anche per assicurare le nostre forniture energetiche.

Signora Presidente in carica del Consiglio, ringrazio di aver potuto presenziare ad alcune delle discussioni. Durante i negoziati ci occuperemo della dura realtà politica, ma dovremo anche rendere possibile un dialogo effettivo tra le culture, per evitare che i fondamentalisti impediscano ai moderati – che sono presenti in tutte le regioni – di costituire la maggioranza.

Forse, signora Presidente in carica del Consiglio, potrei affrontare un altro aspetto molto importante sotto alcuni punti di vista, ovvero la missione dell’Unione europea in Congo. Vorrei sapere se al riguardo esista già un mandato che stabilisca i compiti della missione, la sua durata e la zona geografica d’intervento, e se le autorità congolesi hanno richiesto ufficialmente un progetto del genere con la partecipazione dell’Unione europea. Se si devono prendere decisioni a tale proposito sia in questa sede che altrove, è della massima importanza sapere ciò che la Presidenza del Consiglio e l’Alto rappresentante stanno facendo per organizzare un simile mandato.

 
  
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  Cecilia Malmström (ALDE).(SV) Signor Presidente, signor Commissario, signora Presidente in carica del Consiglio, trovo eccellente che lei attribuisca un così alto profilo alla questione dei Balcani. E’ evidente che siamo tutti interessati alla stabilizzazione e alla democratizzazione di quella regione, e in tale contesto l’Unione europea ha senz’altro l’opportunità di svolgere un ruolo di rilievo. Auguro a entrambi buona fortuna nel compito di portare le ambizioni dei vostri colleghi degli altri Stati membri allo stesso alto livello delle vostre. A tal fine, potete contare sul sostegno del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa.

Le varie iniziative volte a indurre i paesi a collaborare tra loro e con noi sono eccellenti. Ed è positivo anche che, alla fine, si sia deciso di prendere a riferimento l’Accordo centroeuropeo di libero scambio, già esistente e operativo, invece di creare qualcosa di nuovo, come si era prospettato in precedenza. Credo che si tratti senz’altro di una saggia decisione. Non dobbiamo tuttavia dimenticare che abbiamo a che fare con paesi diversi che hanno tradizioni diverse, storie diverse e livelli di sviluppo diversi. E’ quindi importante che continuiamo a lanciare il messaggio che saremo lieti di accogliere la domanda di adesione all’Unione europea di tutti quei paesi, se vorranno presentarla, e che li valuteremo ciascuno sulla base dei rispettivi meriti. In certi ambienti c’è il timore che sia nostra intenzione fare di ogni erba un fascio e trattare quei paesi nuovamente come se fossero una cosa sola. Penso che tale timore sia esagerato, però occorre essere molto chiari su quanto è stato deciso, ovvero che ogni paese dovrà essere valutato per i propri meriti.

Quanto alla morte di Slobodan Milošević, va detto che egli è stato un odioso dittatore, responsabile della morte di centinaia di migliaia di persone e di gran parte della tragedia che è avvenuta. Deploro che non sia stato possibile portare a termine il processo contro di lui. Abbiamo assistito alla fine di un uomo, io credo, decisamente patetico. Dobbiamo continuare a insistere con forza sull’assoluta necessità che Radovan Karadzić e Ratko Mladić siano estradati quanto prima possibile: su questo punto non è ammesso alcun compromesso.

 
  
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  Margie Sudre (PPE-DE).(FR) Signor Presidente, signora Ministro, signor Commissario, onorevoli colleghi, sabato i ministri degli Esteri dell’Unione hanno ridefinito le prospettive europee dei Balcani occidentali e stabilito che lo scopo ultimo del processo di stabilizzazione e associazione in atto con quei paesi è niente di meno che l’adesione all’Unione europea. Si sono dunque spinti più in là della dichiarazione di Salonicco del 2003, in cui si parlava della grande sfida rappresentata dall’integrazione dei cinque paesi balcanici e della loro futura adesione all’UE. I rappresentanti dell’UMP al Parlamento europeo condividono tale idea e tale prospettiva e sono convinti che, senza i Balcani, l’unificazione europea sarebbe incompleta. Condividono altresì l’opinione che la strada da percorrere sarà lunga e irta di ostacoli; nondimeno chiedono, in primo luogo, che si definiscano chiaramente quelle che sono le questioni reali, in riferimento tanto ai Balcani quanto a qualsiasi altro possibile allargamento futuro. E quali sono le questioni reali? Primo: l’Unione europea ha la capacità di accogliere quei paesi? Vorrei sottolineare che questo è uno dei criteri di Copenaghen, un criterio troppo spesso dimenticato e che si riferisce alla capacità di assorbimento non solo in termini finanziari e istituzionali ma anche in termini politici. I nostri Stati membri e i loro cittadini sono pronti a ricevere altri Stati membri nell’Unione e, se sì, come e quando?

Inoltre, un altro membro dell’Unione, la Francia, ha modificato la sua Costituzione rendendo obbligatoria la consultazione referendaria su ogni allargamento futuro, dopo l’adesione di Romania, Bulgaria e Croazia. I nostri partner possono plaudire a tale decisione oppure deplorarla, ma essa è un innegabile dato di fatto istituzionale.

Infine, per anni i rappresentanti dell’UMP al Parlamento europeo hanno sollecitato un approfondito dibattito all’interno dell’Unione sul tema dei confini dell’Europa. E’ ora che esso abbia finalmente luogo! Dobbiamo prendere atto della realtà e decidere in modo maturo sul futuro dell’Unione europea dal punto di vista dei suoi contenuti politici e dei suoi confini geografici. E’ nostro dovere farlo, ed è un dovere che abbiamo nei confronti dei paesi che stanno bussando alla nostra porta. Dobbiamo assumerci le nostre responsabilità.

 
  
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  Silvana Koch-Mehrin (ALDE).(DE) Signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, desidero confermare ciò che l’onorevole Neyts-Uyttebroeck ha detto riguardo alla posizione del mio gruppo sulle azioni politiche compiute da Israele negli ultimi giorni, e nel contempo rispondere a quanto lei ha affermato sull’importanza di questa fase di transizione. In una fase del genere, l’Unione europea dovrebbe inviare un messaggio chiaro per ribadire i principi su cui si fonda la cooperazione, ovvero la rinuncia alla violenza, l’accettazione degli accordi esistenti e il riconoscimento del diritto di Israele a esistere. Si tratta di principi estremamente importanti, dai quali l’Unione non si deve distanziare in alcun modo. Per tale motivo ritengo che l’Unione compia un grave errore continuando a fornire sostegno finanziario al governo provvisorio.

Se l’Unione deve senz’altro inviare aiuti umanitari alle zone palestinesi e aiutare le persone che vi vivono, non deve invece sostenere le autorità di quei territori, posto che Hamas non ha mai riconosciuto il diritto di Israele a esistere né ha rinunciato alla violenza. Il messaggio che stiamo lanciando è un messaggio letale, visto che Hamas ha ribadito la propria opinione secondo cui la decisione dell’UE di continuare a fornire sostegno finanziario implica l’accettazione della linea politica di Hamas stesso, che continua a rifiutarsi di negoziare con Israele con la motivazione che non ne riconosce la legittimità.

Lo scopo ultimo degli aiuti comunitari è quello di promuovere il processo di pace; tuttavia è errato fornire sostegno finanziario a coloro che cercano di affossarlo. L’Unione deve continuare sulla strada che ha percorso sinora e non cessare gli aiuti finanziari, che rappresentano la sua più importante contropartita negoziale. Per tale motivo vi invito a riconsiderare questo punto.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. SARYUSZ-WOLSKI
Vicepresidente

 
  
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  Bernd Posselt (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, desidero anzitutto complimentarmi con lei per il risultato storico ottenuto a Lussemburgo, dove ha aperto la strada per l’adesione della Croazia, l’unico paese dell’Europa centrale – oltre alla Svizzera – che non fa parte dell’Unione europea. Mi congratulo con lei anche per il grande coraggio con cui ha avviato la discussione sulle frontiere dell’Europa, una discussione ormai non più rinviabile.

In secondo luogo, vorrei esprimerle la mia gratitudine per aver affermato a Salisburgo che agli altri paesi dell’Europa sudorientale deve essere offerta la prospettiva dell’adesione. Credo sinceramente che dobbiamo insistere su questa posizione, ché non deve esserci alcun dubbio sul fatto che gli Stati dell’Europa sudorientale sono, appunto, europei e hanno il diritto di diventare membri a pieno titolo dell’Unione europea non appena avranno soddisfatto i criteri – e sarà soddisfatto anche il criterio per l’allargamento che si applica per noi.

In terzo luogo – e qui non posso essere d’accordo con l’onorevole Koch-Mehrin – voglio dire che ciò che dovremmo fare per la Palestina non è semplicemente dare aiuti umanitari, bensì anche aiutarla a realizzare il pluralismo – pur riconoscendo che si tratta di un’ardua impresa. Per quanto corrotto e dubbio fosse lo Stato guidato da Fatah, ancor più discutibile sarebbe uno Stato guidato da Hamas. Dobbiamo promuovere il processo di pace e il pluralismo con ogni strumento a nostra disposizione per prevenire il formarsi di una zona d’influenza iraniana dal Golfo al Mediterraneo.

In quarto luogo, l’Iran, che è secondo solo alla Cina come più antica grande potenza mondiale, non è un blocco monolitico; per tale motivo, per affrontare la questione iraniana dobbiamo ricorrere a una combinazione di severità e di intensa attività diplomatica. Anche in questo caso, per quanto inaccettabile sia quel paese sotto la guida del suo attuale presidente, non dobbiamo perdere la fiducia nel dialogo. L’Iran è più che il suo presidente, è uno degli Stati più antichi del mondo, e noi europei dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per rafforzare gli ambienti pluralisti al suo interno ed evitare che degeneri in un paese monolitico e aggressivo.

 
  
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  Ursula Plassnik, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signor Presidente, per quanto riguarda i Balcani, credo veramente che i tempi siano maturi, e mi sento ancor più confermata nella mia decisione di fare di quella regione una priorità della Presidenza austriaca del Consiglio. I tempi erano maturi per una discussione sull’allargamento, e quella che abbiamo avuto a Salisburgo è andata bene. Credo che si possa parlare di un progresso, dato che la cosa peggiore da fare è restare in silenzio e non affrontare le tematiche che devono essere esaminate, non informarne l’opinione pubblica o non spiegarle qual è la posta in gioco, cosa si sta facendo e perché. Sono quindi lieta che abbiamo avuto questa discussione, prestando attenzione anche alle frustrazioni dei paesi dei Balcani occidentali.

Respingo l’idea che la dichiarazione di Salisburgo sia stata un compromesso superficiale o addirittura un passo indietro, e vi invito a studiarne meglio il testo. Vorrei ricordarvi che, nel paragrafo 3, parliamo esplicitamente di adesione all’Unione europea come obiettivo di lungo termine, come l’obiettivo ultimo in conformità della dichiarazione di Salonicco. Quindi, ciò che conta, e che è stato al centro delle nostre discussioni, è la necessità di rendere più credibile e più tangibile la prospettiva dell’adesione, specialmente per i cittadini dei Balcani occidentali. Ciò spiega perché abbiamo discusso di determinati argomenti e perché ne abbiamo discusso in uno spirito altamente costruttivo.

Passando ora al Congo, posso dire che stiamo operando per definire con chiarezza le condizioni concernenti i tempi, le competenze e i contenuti. Lo stiamo facendo a livello di Consiglio, insieme con l’Alto rappresentante Solana, e d’intesa con le autorità congolesi. E’ sicuramente nell’interesse di tutti noi chiarire tale questione.

Quanto all’Iran, ci troviamo in una fase di dispute diplomatiche in seno alle Nazioni Unite. Come osservato da un oratore, ciò che conta veramente è potenziare l’autorità dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, nonché dare spedita applicazione alle molte risoluzioni adottate in materia.

Vorrei concludere con un breve cenno agli avvenimenti di Gerico e Gaza. Quanto è successo ieri è motivo di grave preoccupazione per la Presidenza. Abbiamo sottolineato la necessità di compiere azioni atte a ripristinare la pace e l’ordine, abbiamo detto che tanto l’uso della forza da parte di Israele a Gerico quanto la risposta degli estremisti palestinesi sono tali da destabilizzare ulteriormente una situazione mediorientale già tesa di per sé.

Abbiamo insistito sia presso le autorità israeliane che presso quelle palestinesi perché assumano un comportamento più controllato. Ora entrambe le parti devono valutare con molta attenzione le conseguenze delle rispettive azioni. Abbiamo denunciato con fermezza il sequestro di persone e – come vi ha già detto il Ministro Winkler – abbiamo immediatamente sollecitato l’Autorità palestinese affinché faccia quanto è necessario, sia ora che in futuro, per garantire la sicurezza e la protezione dei cittadini e degli edifici europei. Pur ribadendo la nostra disponibilità a fornire aiuti – intendo dire aiuti di tipo umanitario –, va rilevato però che essi potranno essere impiegati efficacemente solo in un contesto di pace ed è compito di tutte le parti in causa dare il proprio contributo alla creazione di un ambiente pacifico.

 
  
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  Olli Rehn, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, come vi avevo annunciato prima dell’interruzione, il Commissario Ferrero-Waldner vi illustrerà stasera le posizioni della Commissione sul Medio Oriente, sulla Palestina e sull’Iran.

Vorrei fare un commento sul prossimo punto all’ordine del giorno: le questioni connesse con l’allargamento e la capacità di assorbimento. Colgo quest’occasione per complimentarmi con il Ministro Plassnik per il suo personale impegno a favore della politica per i Balcani occidentali. Tale impegno è stato molto importante e la Presidenza austriaca ha compiuto nuovi passi avanti verso l’integrazione di quella regione nelle politiche dell’Unione europea, integrazione che è irrinunciabile ai fini della sicurezza e della stabilità dell’intera Europa e dell’intera Unione.

Tutti gli intervenuti nella discussione hanno riconosciuto che la strada che i Balcani occidentali hanno davanti a sé presenta grandi sfide, e che sarà necessario attuare molte riforme prima che essi siano in grado di soddisfare i criteri stabiliti.

E’ altrettanto chiaro che nel Parlamento esiste un consenso sul ruolo essenziale che l’Unione europea svolge ed è tenuta a svolgere nei Balcani occidentali fornendo una prospettiva di adesione che sia credibile – per quanto a medio o a lungo termine, ma pur sempre credibile, posto che una simile prospettiva è la forza che alimenta le riforme e costituisce la base del nostro lavoro a favore della sicurezza e della stabilità.

Soprattutto in relazione al processo sullo status del Kosovo dobbiamo dare tutti prova di grandissimo senso di responsabilità per quanto riguarda i Balcani occidentali e la loro stabilità. Non dobbiamo compromettere la prospettiva comunitaria, che rappresenta il fondamento della sicurezza e della stabilità della regione. Quindi, per evitare di minare la nostra stessa credibilità, non possiamo riprenderci con la mano sinistra ciò che abbiamo dato con la destra. Gli obiettivi chiave per i quali dobbiamo impegnarci sono la sicurezza, la stabilità e il progresso nei Balcani occidentali.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

 
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