Presidente. Dichiaro di essere stato informato che, con decorrenza dal 15 marzo 2006, il gruppo Indipendenza/Democrazia annovera i seguenti 22 membri:
Gerard Batten, Bastiaan Belder, Johannes Blokland, Godfrey Bloom, Jens-Peter Bonde, Graham Booth, Derek Roland Clark, Paul Marie Coûteaux, Nigel Farage, Hélène Goudin, Georgios Karatzaferis, Roger Knapman, Patrick Louis, Nils Lundgren, Michael Henry Nattrass, Kathy Sinnott, Jeffrey Titford, Philippe de Villiers, John Whittaker, Thomas Wise, Lars Wohlin e Vladimír Železný.
I seguenti deputati passano quindi tra i Non iscritti:
Umberto Bossi, Matteo Salvini, Mario Borghezio, Francesco Enrico Speroni, Dariusz Maciej Grabowski, Urszula Krupa, Bogdan Pęk, Mirosław Mariusz Piotrowski, Bogusław Rogalski, Witold Tomczak e Andrzej Tomasz Zapałowski.
Mario Borghezio (IND/DEM). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, chiedo soltanto che sia messo agli atti che i deputati Bossi, Borghezio, Speroni e Salvini eccepiscono l’assoluta irregolarità della procedura seguita nei fatti oggetto della comunicazione data ora dal Presidente. Non siamo stati avvisati di nessuna riunione. Questa decisione del gruppo IND/DEM è assolutamente illegittima e irregolare e pertanto la comunicazione data questa mattina dal Presidente va considerata a sua volta fondata su una decisione irregolare e illegittima.
Presidente. – La ringrazio. Abbiamo preso nota delle sue osservazioni.
Roselyne Bachelot-Narquin (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, interrompo per richiedere una modifica del processo verbale. Ieri ho dimenticato di firmare l’elenco dei presenti. Tuttavia, come risulta dal verbale del turno di votazioni, ero presente e anzi ho partecipato al dibattito sulla relazione Cottigny. Le sarò grata se può provvedere, signor Presidente.
Presidente. – La ringrazio. Abbiamo preso nota delle sue osservazioni.
Manuel Medina Ortega (PSE). – (ES) Signor Presidente, intervengo in riferimento all’articolo 172, concernente il processo verbale della precedente seduta.
Martedì ho presentato un’interrogazione al Consiglio su un problema molto urgente per la mia regione, le isole Canarie: la crisi umanitaria in cui sono coinvolti gli immigranti che arrivano a centinaia nella mia regione. L’interrogazione non ha ottenuto risposta – il Consiglio ha risposto a pochissime interrogazioni –, ma speravo di ricevere almeno una risposta scritta.
Oggi – giovedì – ho ricevuto i resoconti delle sedute; ho potuto constatare che non contengono la risposta e non ho maniera di leggerla, poiché i servizi del Parlamento non la consegnano.
Vorrei quindi protestare per il ritardo nel funzionamento dei servizi, poiché credo che per i problemi urgenti – che sono appunto l’obiettivo di queste interrogazioni – trascorra troppo tempo tra il momento in cui non viene trattata un’interrogazione e quello in cui si riceve la risposta scritta, tenendo conto del fatto che questa esiste già.
Esprimo quindi la mia protesta e mi auguro di ricevere la risposta scritta quanto prima.
Presidente. – La ringrazio. Abbiamo preso nota delle sue osservazioni.
Francesco Enrico Speroni (IND/DEM). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, in relazione alla comunicazione sull’esclusione mia e di altri colleghi dal gruppo IND/DEM, lei ha risposto che ne prendeva atto e sarà trascritta nel verbale. Ritengo tuttavia insoddisfacente questa risposta. Tramite il nostro capo delegazione Borghezio, abbiamo segnalato talune irregolarità nella procedura di esclusione dal gruppo, per cui invito la presidenza a verificarne la regolarità. Se la presidenza accerterà che tutto è regolare, mi considero non iscritto, però vorrei che la presidenza verificasse se le procedure siano state corrette.
Presidente. – La ringrazio molto. Considereremo la questione con procedura separata.
La discussione è chiusa.
3. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
4. Dichiarazioni scritte (articolo 116): vedasi processo verbale
5. Programma d’azione comunitaria (2007-2013), aspetti sanitari (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0030/2006), presentata dall’onorevole Trakatellis a nome della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma d’azione comunitaria in materia di salute e tutela dei consumatori (2007-2013) – Aspetti sanitari [COM(2005)0115 – C6-0097/2005 – 2005/0042A(COD)].
Markos Kyprianou, Membro della Commissione. – (EL) Signor Presidente, desidero anzitutto ringraziare il relatore, onorevole Trakatellis, per l’ottimo lavoro svolto con la stesura di questa relazione; desidero anche ringraziare i membri delle due commissioni parlamentari, che hanno studiato ed esaminato questo programma in maniera encomiabile. Mi rallegro vivamente sia per il gran numero di oratori sia per le numerose proposte presentate in merito al programma stesso. Desidero inoltre dichiarare fin d’ora che, in circostanze diverse, non potrei certamente dissentire dalle proposte avanzate.
Per quanto riguarda la suddivisione in due programmi i nostri approcci possono anche essere differenti, ma le raccomandazioni costituiscono un’aggiunta alle azioni previste dal programma, ne allargano la portata e ne aumentano l’efficacia, consentendogli di coprire un maggior numero di settori. Inoltre – cosa non meno importante – si reperiscono le risorse richieste dalla Commissione a sostegno del programma, mentre il bilancio è stato a sua volta ulteriormente incrementato.
Purtroppo, tuttavia, le circostanze attuali – alludo soprattutto a quelle economiche – ci obbligano a essere scrupolosi e “realistici”, per usare un termine a me non molto gradito. Il problema più importante in gioco ora è la conclusione del dibattito sulle prospettive finanziarie; a questo proposito il Parlamento svolge un ruolo di grande importanza. In questa fase, desidero insistere sull’azione di sostegno e sulle posizioni positive del Parlamento e della Commissione in merito al rafforzamento finanziario del programma.
Sta di fatto che, qualora venga mantenuto il compromesso raggiunto a dicembre in seno al Consiglio europeo, al programma verranno apportati tagli drastici. Il Presidente Barroso ha già inviato al Presidente Borrell una lettera in questo senso, nella quale rileva che, se verranno confermati i termini dell’accordo di dicembre, il settore della sanità e della tutela dei consumatori non solo non disporrà di risorse sufficienti, ma nel 2007 dovrà contare su risorse addirittura più esigue che nel 2006. In altre parole, per l’Europa dei 25 e poi 27 Stati membri ci sarà meno denaro che per l’Europa dei 15. Aderisco all’opinione espressa dal Presidente Barroso nella sua lettera, e giudico quest’approccio ingiustificabile, soprattutto nel momento in cui cerchiamo di avvicinare l’Europa ai cittadini. Per tale motivo chiediamo al Presidente Borrell di compiere uno sforzo ulteriore per cooperare in questo campo.
La proposta avanzata dalla Commissione in merito al programma trova riscontro anche nel relativo bilancio. Se però la forte riduzione cui accennavo poc’anzi verrà alfine applicata, diverrà necessario abbandonare numerose azioni e numerosi settori indicati nella proposta: non avrebbe senso, infatti, destinare una pioggia di piccoli importi a una gran quantità di settori diversi, con la conseguenza sostanziale di non riuscire a sostenerne efficacemente nessuno.
Per tale motivo occorre riesaminare l’intero programma, fissare alcune priorità e sfoltire considerevolmente il numero delle azioni, delle iniziative e dei settori interessati, per riuscire a sostenere in maniera efficace almeno i pochi settori che avremo selezionato.
Voglio naturalmente sperare che, nei dibattiti che seguiranno, si riesca a porre rimedio alla situazione, comprendendo di aver forse commesso un errore; auspico quindi che, considerato l’importantissimo significato politico della questione della salute e di quella della tutela dei consumatori, si riesca ad aggiungere almeno qualche modesto stanziamento al programma.
Per quanto riguarda la suddivisione del programma, comprendo bene le posizioni che sono state espresse; so che entrambe le commissioni parlamentari avrebbero preferito programmi separati, comprendo le argomentazioni sostenute e non ignoro le preoccupazioni esistenti. In sostanza, continuiamo però a credere che la conservazione di un programma comune presenti alcuni vantaggi; si potranno sfruttare meglio le risorse disponibili. In ogni caso, fino a quando non verrà risolta la questione delle prospettive finanziarie la Commissione non sarà in grado di decidere in maniera definitiva se e in che misura essa intenda accettare la suddivisione del programma. Di conseguenza, nella situazione attuale la Commissione respingerà gli emendamenti che propugnano la suddivisione in due programmi distinti; quando conosceremo l’esito finale del dibattito sulle prospettive finanziarie riesamineremo però la questione. Il Parlamento ha chiaramente espresso la sua posizione e ne prendiamo nota.
Considerato lo scarso tempo disponibile non mi addentrerò in ulteriori dettagli; ho avuto il piacere di discutere il programma con la commissione parlamentare competente. Dato che il tempo è poco e gli emendamenti sono moltissimi, mi limito a ricordare che la posizione della Commissione europea su ciascun emendamento sarà diffusa per iscritto; sarei grato se fosse possibile includerla nel verbale di questo dibattito(1). Vorrei comunque ribadire che gli emendamenti da noi respinti non vengono rifiutati a causa di un sostanziale disaccordo di principio. Vi ricordo naturalmente che ne accettiamo molti; nel caso di quelli respinti, la reiezione dipende da un lato dalla necessità di definire alcune priorità nel quadro della situazione finanziaria, e dall’altro da motivi di sussidiarietà. In altre parole non vogliamo interferire nelle competenze degli Stati membri, e desideriamo evitare sovrapposizioni e ripetizioni di iniziative già previste nell’ambito di altre politiche e azioni comunitarie.
Concludo ringraziando ancora una volta tutti voi; seguirò con vivo interesse gli interventi degli onorevoli deputati.
Antonios Trakatellis (PPE-DE), relatore. – (EL) Signor Presidente, il problema dell’influenza aviaria ha offerto all’Unione e agli Stati membri l’opportunità di agire in maniera coordinata ed efficace, rafforzando nei cittadini la fiducia e il senso di sicurezza; sono certo che sarete tutti d’accordo su questo punto. D’altra parte, esso ha ulteriormente dimostrato quanto sia preziosa l’azione comunitaria nel campo della salute pubblica.
Mi sembra perciò che questo dibattito giunga al momento opportuno per fornire sostegno alla relazione in esame. Penso tra l’altro all’incremento dei finanziamenti, che costituisce la base indispensabile per realizzare gli obiettivi; questi ultimi, come le linee d’azione fondamentali, servono a salvaguardare la continuazione e insieme lo sviluppo del programma precedente. E’ un traguardo che possiamo raggiungere combinando obiettivi e azioni, come ad esempio la protezione dei cittadini dalle minacce per la salute di origine fisica, chimica o biologica, dalle malattie infettive e così via. Abbiamo bisogno di un sistema di difesa comune e di una risposta coordinata a livello europeo nel caso di possibili pandemie, come dimostra l’attuale problema dell’influenza aviaria.
La promozione di politiche che favoriscano uno stile di vita più sano: le determinanti della salute. Abbiamo il dovere, nei confronti dei nostri figli e delle generazioni future, di adoperarci per l’adozione di standard in materia di stile di vita che tengano seriamente conto delle determinanti della salute: adeguate abitudini alimentari, lotta contro il fumo, condizioni sociali e ambientali che non producano stress eccessivi.
La prevenzione delle malattie non può non basarsi in primo luogo sulla volontà di affrontare le determinanti della salute che hanno effetti dimostrabili sulla salute fisica e mentale.
Contribuire a ridurre l’incidenza, la morbilità e mortalità delle grandi malattie e lesioni: ecco un’altra linea d’azione che richiede un’azione coordinata e comune.
Migliorare l’efficienza e l’efficacia dei regimi sanitari: dobbiamo esaminare insieme i sistemi sanitari degli Stati membri per garantirne la compatibilità, dal momento che in tal modo essi potranno funzionare meglio a vantaggio dei cittadini europei.
Migliorare l’informazione e le conoscenze, da un lato per sviluppare la sanità, dall’altro per integrare nelle politiche comunitarie gli obiettivi della politica attuata nel settore della salute; questo patrimonio di informazioni e conoscenze dev’essere a disposizione di tutti, sia degli operatori sanitari che dei semplici cittadini.
La miglior prassi medica non solo costituisce il metodo più efficace per combattere le malattie, ma previene anche un ulteriore peggioramento della situazione sanitaria. Ovviamente, il criterio per valutare i trattamenti terapeutici non può essere il costo finanziario bensì l’efficacia, che nel lungo periodo si dimostra anche più economica.
Si sottolinea inoltre l’importanza di azioni concernenti l’effetto dell’ambiente sulla salute e la raccolta di dati sui bassi tassi di natalità, sulla subfertilità e sulla sterilità: si tratta di fenomeni che assumono la gravità di un flagello per le comunità di un’Europa che invecchia, già minacciate dal problema demografico. Per favorire gli scambi di opinioni e la promozione di azioni sanitarie è necessario raccogliere dati ed elaborare strategie in materia di mobilità dei pazienti, sviluppare ulteriormente la sanità elettronica e in particolare la carta europea di assicurazione sanitaria, istituire meccanismi di supporto per promuovere i trapianti di organi, e infine stimolare la cooperazione tra la Commissione e gli Stati membri, oltre che con organizzazioni internazionali come l’Organizzazione mondiale della sanità e il Centro europeo di prevenzione e controllo delle malattie. Si chiede anche agli Stati membri di svolgere un ruolo importante, dal momento che da essi proviene gran parte dei dati.
Il coordinamento è a mio avviso un fattore essenziale e strumentale al successo del programma; il metodo aperto di coordinamento può sicuramente contribuire a risolvere i problemi connessi alla sussidiarietà, potenziando le strategie in materia di sanità e assistenza sanitaria, come per esempio la mobilità dei pazienti.
Onorevoli colleghi, potrei continuare all’infinito a elencare i problemi della prevenzione e delle cure sanitarie. Sono certo però che vi sia ormai un terreno di intesa collettivo sull’esigenza di un intervento coordinato, che intrecci un’azione comune a livello europeo con la possibilità e capacità degli Stati membri di migliorare la propria efficienza. Il secondo programma, che si propone di istituire, sarà lo strumento per realizzare quest’aspirazione davvero ambiziosa. Esso è più completo e, anche alla luce dell’esperienza che abbiamo già acquisito, sono convinto che produrrà risultati migliori.
In tale prospettiva ritengo indispensabile l’emendamento n. 64, che raccomanda di stanziare un importo più alto, dal momento che il programma è ora più corposo e diverso da quello presentato dalla Commissione; in mancanza di finanziamenti, infatti, anche i programmi migliori non produrranno risultati. Di conseguenza, in qualità di relatore, vi esorto con tutte le mie forze a votare a favore dell’emendamento n. 64; in tal modo, a mio avviso, invierete un messaggio di forte determinazione al Consiglio e un messaggio di speranza ai cittadini europei, i quali sapranno così che anche a noi sta a cuore la salute dei cittadini d’Europa.
Anders Samuelsen (ALDE), relatore per parere della commissione per i bilanci. – (DA) Signor Presidente, desidero in primo luogo ringraziare l’onorevole Trakatellis per lo splendido lavoro che ha svolto sulla questione di cui discutiamo oggi. Questo è certamente un settore in cui è possibile godere del sostegno popolare. Si parla molto dell’approccio alquanto difensivo che caratterizzerebbe oggi la cooperazione europea, soprattutto dopo l’esito dei referendum sul Trattato costituzionale svoltisi in Francia e nei Paesi Bassi. Da tutti i sondaggi emerge però che ben difficilmente vi sarà opposizione popolare alla cooperazione transfrontaliera nel settore di cui ci occupiamo. Da parte mia, quindi, è ovviamente altrettanto importante sottolineare che approviamo il lavoro svolto finora; siamo favorevoli alla proposta di scindere il programma in due parti, e desideriamo inoltre garantire ai programmi il finanziamento più cospicuo che sia ragionevolmente possibile ottenere.
Vorrei mettere in particolare risalto il fatto che la relazione contiene una proposta della commissione per i bilanci, la quale intende consentire alla Commissione di erogare il finanziamento di base in un arco di due anni attraverso una convenzione quadro di partenariato. L’obiettivo è destinare quante meno risorse possibili alla burocrazia, riservandone invece la maggior parte a uno sforzo più intenso in quei settori su cui abbiamo raggiunto un accordo. Detto questo, ringrazio l’onorevole Trakatellis per il suo notevole lavoro. Spero che riusciremo a spiegare agli europei che in questo campo l’UE può veramente produrre un positivo salto di qualità.
John Bowis, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, porgo le più vive congratulazioni al collega per la relazione, e accolgo con soddisfazione le osservazioni introduttive formulate dal relatore stesso e dal Commissario in tema di bilancio; si tratta, a mio parere, di una questione che il Parlamento deve considerare molto attentamente. In questo momento disponiamo di un bilancio assurdo, ossia 0,15 centesimi per ogni cittadino dell’Unione europea – a tanto ammonta, in totale, la spesa sanitaria annua nell’Unione europea –, eppure nel campo della salute è presente un numero vastissimo di minacce, di sfide e di opportunità.
Questa settimana ho incontrato alcuni pazienti iatrogeni. Il Commissario e il mio onorevole amico relatore comprenderanno senz’altro il significato di questa parola, che è di origine greca, ma a beneficio degli altri colleghi preciso che si tratta di pazienti che soffrono di gravi disabilità o seri problemi di salute a causa di incidenti avvenuti in ospedale. E’ questo uno dei punti concernenti la sicurezza dei pazienti che figurano nella nostra agenda; ve lo ha giustamente inserito la Presidenza britannica.
La sfida che dobbiamo affrontare ora è quella dell’invecchiamento della popolazione: la gente vive più a lungo e si mantiene perlopiù in buone condizioni di salute, ma le persone che giungono alla tarda età diventano più deboli e fragili, e su di esse incombe la minaccia di tutte le malattie neurodegenerative che la vecchiaia comporta. Attualmente, spendiamo per i farmaci che curano il morbo di Parkinson una somma maggiore di quella che eroghiamo per i farmaci antitumorali.
E’ necessario elevare gli standard: ma per elevare gli standard nell’ambito dell’Unione europea dobbiamo descrivere, e non prescrivere, standard validi. E’ questa la via da seguire e non è molto costosa: lo abbiamo già fatto per lo screening dei tumori a partire dalla Presidenza irlandese e poi con la Presidenza austriaca. Chiediamo di fare altrettanto per il diabete – in particolare per il diabete di tipo 2 –, mentre la Commissione stessa propone un’iniziativa analoga per la salute mentale, che è uno dei problemi maggiori del nostro tempo. Questi problemi riguarderanno probabilmente – in qualche fase della nostra vita – almeno un terzo di tutti noi, e i progressi che riusciremo a fare in questo campo si dimostreranno quindi provvidenziali.
Il bilancio è però motivo di preoccupazione. In questo momento, uno dei rischi più gravi è la pandemia di influenza. Tra le esigenze più pressanti figura l’avvio dell’effettivo funzionamento del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie; ma tra i problemi, come abbiamo appreso direttamente dai suoi dirigenti, c’è il fatto che il Centro stesso dispone di risorse e finanziamenti insufficienti, e quindi non sarà in grado di svolgere adeguatamente la propria funzione qualora la pandemia si manifesti nei prossimi mesi, o anche nei prossimi anni. Questo dev’essere per noi un compito prioritario, ma non deve costituire una priorità tale da cancellare il resto del nostro lavoro in campo sanitario. Dobbiamo dedicare tempo ed energia – e anche una certa quantità di risorse – a cogliere le opportunità che vengono offerte dai tribunali europei per la mobilità dei pazienti. Dobbiamo concentrarci sulle categorie di malattie che suscitano preoccupazione tra il pubblico: patologie cardiache o respiratorie, reumatiche o cerebrali.
Dobbiamo infine esaminare la scienza medica in tutte le sue articolazioni, compresi i settori di più recente sviluppo, come la medicina complementare, che possono svolgere un’importante funzione. Di recente ho tratto grande giovamento da una serie di sedute di agopuntura che hanno alleviato i dolori della mia sciatica; posso quindi garantire di persona per l’efficacia di almeno un tipo di cure complementari. Raccomando perciò all’approvazione del Parlamento anche questa parte della relazione.
Linda McAvan, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, desidero in primo luogo unirmi ai colleghi che si sono congratulati con l’onorevole Trakatellis per il suo lavoro, e per l’approccio aperto e disponibile con cui ha elaborato la sua relazione.
Come tutti sappiamo, l’Unione europea dispone di poteri limitati e limitate risorse – le risorse sono forse addirittura più limitate di quanto vorremmo auspicare – per operare nel campo della sanità. E’ quindi importante concentrare il nostro lavoro in quei settori in cui l’Unione europea può offrire un valore aggiunto, e compiere un reale salto di qualità. Per tale motivo il gruppo PSE ha cercato di definire obiettivi precisi per il programma sanitario.
Ci serve un programma sanitario che si inserisca in una strategia sanitaria dell’Unione europea. In questo momento disponiamo di numerose iniziative ad hoc, proposte spesso dalla Presidenza e vincolate a questa o quella condizione. Non basta: ci occorre una strategia, e dobbiamo precisare l’estensione di questa strategia. A mio parere essa deve includere le minacce sanitarie transfrontaliere: ne abbiamo sentito parlare, e non ignoriamo certo l’incombere della pandemia di influenza. In secondo luogo, la strategia deve riguardare i problemi connessi alla mobilità dei pazienti; dal momento che un numero sempre maggiore di persone si mette in viaggio, dobbiamo definire correttamente la questione della tessera sanitaria. Mi vengono segnalati numerosissimi casi di persone che hanno ancora problemi con la loro tessera sanitaria. Inoltre, i cittadini che si mettono in viaggio desiderano poter usufruire di assistenza medica all’estero tramite l’E112. Non deve più essere la Corte di giustizia a stabilire le regole nel campo dell’assistenza sanitaria: tocca ai legislatori stabilire le norme in materia. In terzo luogo c’è il settore della cooperazione, dello scambio di buone prassi nell’affrontare le determinanti della salute. Come ha rilevato l’onorevole Trakatellis, si tratta di un punto molto importante. A questo proposito è particolarmente intensa l’attività dei gruppi di pressione che ci chiedono di includere nelle azioni del programma questa o quella malattia o patologia. Il gruppo PSE non è favorevole a includere nella relazione un elenco di patologie, perché riteniamo preferibile concentrarci sulle determinanti della salute; non intendiamo creare una gerarchia di malattie e patologie, che in molti casi costituiscono per chi ne soffre una terribile afflizione.
Non sarà facile concentrare in maniera così netta il programma sanitario sulla salute; basti pensare al numero degli emendamenti presentati per la seduta plenaria – quasi 200 – e alle molte e contrastanti richieste che sono state avanzate. Tuttavia, se non riusciremo a dare un chiaro indirizzo al programma e a dimostrare che l’Unione europea può offrire un valore aggiunto anziché limitarsi a emettere dichiarazioni in occasione di vertici e conferenze, sarà ben difficile convincere il Consiglio e l’opinione pubblica della necessità di incrementare il bilancio.
Ora, quindi, tocca alla Commissione; mi auguro che essa presenti una strategia sanitaria, e spero anche che riusciremo a precisare gli obiettivi di un futuro programma sanitario. Voteremo a favore dell’emendamento n. 64; teniamo molto a segnalare l’importanza che annettiamo all’assistenza sanitaria. Come sappiamo, l’opinione pubblica considera l’Europa con un certo scetticismo, ma se i cittadini ci vedono agire su temi che stanno loro a cuore, potrebbero assumere un atteggiamento più benevolo verso l’Europa stessa.
Spero vivamente che riusciremo a sostenere un bilancio adeguato, ma anche a sorvegliare gli indirizzi del programma.
Holger Krahmer, a nome del gruppo ALDE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, la politica sanitaria rientra essenzialmente nelle competenze degli Stati membri. Ciò dipende da un valido motivo: i sistemi sanitari sono finanziati dai contributi e dalle imposte, e i vari regimi sono indirizzati a soddisfare bisogni specifici. Inoltre, per i servizi sanitari e l’assistenza medica vige il principio di sussidiarietà.
In base all’articolo 152 del Trattato UE, gli Stati membri hanno il dovere di garantire un elevato livello di protezione della salute. L’Unione europea può inoltre adottare misure a sostegno delle politiche degli Stati membri. Talvolta ho l’impressione che la Commissione, e anche alcuni colleghi, desiderino soprattutto fare concorrenza alle politiche sanitarie nazionali. Anche nel campo delle politiche sanitarie si registra lo stesso problema che si verifica in parecchi altri ambiti: l’Europa risente dell’incapacità di realizzare i compiti più importanti su cui dovrebbe concentrarsi, e di conseguenza invade numerosi settori politici – di cui, nel dubbio, sarebbe più opportuno che si occupassero gli Stati membri – interferendo costantemente nelle competenze di questi ultimi.
Ciò naturalmente non significa che l’Unione europea debba disinteressarsi del tutto della politica sanitaria. Essa deve dedicarsi piuttosto a quei temi in cui si può ottenere un reale valore aggiunto europeo, e qui mi riallaccio direttamente all’intervento della collega che mi ha preceduto: l’Europa dovrebbe intervenire anzitutto nelle questioni transfrontaliere, che uno Stato membro da solo non potrebbe affrontare. Occorre attribuire la massima priorità al miglioramento dello scambio di informazioni e al rafforzamento della collaborazione nel coordinamento della lotta contro le epidemie e le malattie infettive. I rischi sanitari derivanti dall’influenza aviaria dimostrano quanto sia urgente coordinare le misure a livello transfrontaliero.
Lo stesso vale per l’HIV e l’AIDS, che rappresentano un grave problema soprattutto nei nuovi Stati membri; un problema, tuttavia, che si tende sempre più a dimenticare e a trascurare, nonostante i crescenti tassi di contagio.
L’Unione europea deve fissare priorità più nette nella lotta contro le malattie. Il mio gruppo ha presentato in proposito alcuni emendamenti, che vi esorto ancora una volta ad approvare. Dobbiamo porre al centro della nostra azione le malattie più diffuse come il diabete, il cancro e le malattie cardiovascolari, e concentrare su di esse le misure e gli scarsi mezzi dell’Unione.
Non dobbiamo prefiggerci il compito di redigere una shopping list. In sede di commissione parlamentare abbiamo discusso a lungo sulle malattie e sulle misure preventive da considerare prioritarie nel quadro del programma d’azione; cerchiamo di mantenere la coerenza nelle istanze che avanziamo in questa sede. La risoluzione sul programma di lavoro, approvata dal Parlamento nel dicembre 2005, invoca esplicitamente misure di lotta contro il diabete, il cancro e le malattie cardiovascolari. I termini della proposta relativa al programma d’azione della Commissione erano troppo ampi e generici; è tempo di fissare priorità politiche e di concentrarci sulle malattie più diffuse.
Vorrei infine spendere alcune parole sul bilancio e sul finanziamento delle ONG. Il mio gruppo sostiene la proposta del relatore, mirante ad aumentare il bilancio del programma d’azione a 1,2 miliardi di euro. Se prendiamo sul serio le priorità fissate con questo programma, abbiamo naturalmente bisogno anche dei corrispondenti mezzi finanziari. Le associazioni di pazienti e le organizzazioni non governative svolgono un ruolo sempre più importante, che giustifica il sostegno loro offerto dall’Unione europea; per il finanziamento delle ONG dobbiamo tuttavia attenerci a criteri rigorosi, rispettando una completa trasparenza. Non è ammissibile che alcune organizzazioni – come avviene nel settore ambientale – vengano trattate con tanta generosità da poter aprire uffici a Bruxelles, come se fossero succursali della Commissione europea.
Hiltrud Breyer, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, il gruppo Verts/ALE sostiene con forza un programma sanitario autonomo e adeguatamente finanziato.
Tra gli argomenti che stanno a cuore ai cittadini europei la salute occupa senz’altro il primo posto, e oggi noi dobbiamo dimostrare chiaramente che la politica sanitaria è una priorità anche per il Parlamento europeo e l’Unione europea. Naturalmente i servizi e i sistemi vengono definiti a livello nazionale, ma in Europa dobbiamo avviare un dibattito comune e transnazionale sugli obiettivi della politica sanitaria. Se ogni anno si stanzia un miliardo di euro per sovvenzioni al tabacco, non possiamo pensare che la politica sanitaria meriti un importo minore.
Quanto al finanziamento delle ONG, noi del gruppo verde siamo fermamente convinti che debbano essere finanziate solo le ONG indipendenti dall’industria. Purtroppo numerose ONG sono al soldo dell’industria farmaceutica, cui fanno da portavoce, e hanno l’unica funzione di pubblicizzare medicinali costosissimi. Non è certo questo il nostro obiettivo; noi vogliamo sostenere le ONG indipendenti. Ed è una contraddizione, onorevole Krahmer, affermare che esse non dovrebbero ricevere contributi statali; da chi dovrebbero riceverli, allora? Dovrebbero farsi finanziare, e quindi imbrigliare, dall’industria farmaceutica? Non lo vogliamo di certo! Naturalmente queste ONG hanno anche bisogno di finanziamenti per riuscire a gestire le proprie pubbliche relazioni.
Il sostegno alla medicina complementare e alternativa rappresenta per noi un elemento centrale. Sono lieta che a questo proposito si siano già registrate esperienze positive. Nell’Unione europea milioni di persone hanno già tratto molti benefici dalla medicina complementare e alternativa, e non bisogna dimenticare neppure la medicina ambientale. E’ quindi discriminatorio che l’Unione europea non riconosca questo tipo di medicina, la cui esistenza, peraltro, non è nemmeno più oscura.
Se la Commissione interpreta seriamente le affermazioni fatte a Lisbona, secondo cui l’Unione europea sarebbe una società dell’innovazione, allora dobbiamo sfruttare le conoscenze e la carica innovativa della medicina alternativa e complementare, svilupparle e metterle a disposizione dei cittadini dell’Unione. Questo è un nodo essenziale, e mi sembra che la Commissione abbia puntato troppo esplicitamente sugli interessi delle grandi case farmaceutiche, limitati alla produzione di farmaci di maggior successo commerciale; il protrarsi di questa situazione è inammissibile. Il nostro compito non è quello di praticare una ricerca industriale e farmaceutica mascherata, bensì quello di stimolare concretamente l’innovazione; in tale quadro deve trovare posto anche la medicina complementare e alternativa.
Vengo all’ultimo punto: chiediamo ancora una volta espressamente che sia vietata qualsiasi discriminazione e qualsiasi selezione genetica. Invitiamo perciò ancora una volta l’onorevole Trakatellis ad accettare come aggiunta il nostro emendamento, il quale afferma chiaramente che in questo campo si deve procedere solo in ambito neonatale, e solo laddove siano disponibili terapie.
Adamos Adamou, a nome del gruppo GUE/NGL. – (EL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, devo congratularmi con l’onorevole Trakatellis per il lavoro eccellente che ha compiuto su un tema così arduo; concordo con lui su molti aspetti, tra cui in particolar modo l’incremento del quadro finanziario del programma.
Non posso però, onorevole Trakatellis, aderire al suo desiderio di non menzionare alcune malattie, che sono le principali cause di morte; certamente non si tratta di una shopping list, come ha detto l’onorevole Krahmer.
Cancro: un decesso su quattro è causato dal cancro. Un cittadino europeo su tre sarà colpito da qualche forma di cancro nel corso della propria vita.
Malattie cardiache: prima causa di morte.
Malattie reumatiche: più di 150 patologie e sindromi. Un europeo su cinque è sottoposto a terapie permanenti a causa di reumatismi o artrite. I reumatismi sono la seconda causa più frequente di visite mediche. In gran parte dei paesi, il 20 per cento delle cure primarie riguarda persone che soffrono di reumatismi. Vi sono poi altre malattie, come il diabete e le malattie mentali.
Dato che le malattie da me ricordate colpiscono una così vasta percentuale della popolazione europea, e sono così direttamente connesse alla qualità della vita dei cittadini europei, sono convinto che esse dovrebbero essere esplicitamente nominate nel programma in esame. Di conseguenza, a nome del mio gruppo ho presentato il relativo emendamento – l’emendamento n. 156 – che vi invito a sostenere.
E’ assodato che nella nostra società i cittadini più ricchi possono accedere in maniera diretta e agevole non solo alle informazioni in campo sanitario, ma anche agli stessi servizi sanitari; essi sono adeguatamente informati dei pericoli e delle minacce concernenti la salute, e hanno la possibilità di consultare i medici regolarmente e tempestivamente.
All’opposto, coloro che si trovano in difficoltà finanziarie non fruiscono di un accesso agevole e diretto alle informazioni, e quasi certamente dovranno sottoporsi a lunghe attese prima di ottenere cure mediche. Di conseguenza dobbiamo compiere uno sforzo enorme per inserire i bisogni di questi gruppi e delle organizzazioni che li rappresentano nei nostri sistemi sanitari. Dobbiamo far tesoro delle loro esperienze, per riuscire a creare sistemi sanitari che tengano specificamente conto delle necessità dei cittadini europei più svantaggiati e discriminati. Per questo motivo è stato presentato il relativo emendamento – l’emendamento n. 157 – che anche in questo caso vi invito a sostenere. Concludo congratulandomi ancora una volta con l’onorevole Trakatellis per il suo ottimo lavoro.
Johannes Blokland, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) Signor Presidente, desidero anzitutto ringraziare l’onorevole Trakatellis per il lavoro che ha svolto su questo dossier. L’impegno da lui profuso per migliorare la salute pubblica in Europa è davvero lodevole. Approvo la sostanza della relazione, ma vorrei comunque fare tre osservazioni.
In primo luogo, per quanto riguarda il bilancio, l’emendamento n. 64 lo incrementa notevolmente, anche se in maniera puramente indicativa. A mio avviso, tale emendamento è fuori posto in questa relazione, dal momento che il livello del bilancio non viene deciso oggi; esso dipende dall’esito dei negoziati sulle prospettive finanziarie.
In secondo luogo vorrei esprimermi a favore dell’emendamento n. 148, presentato dal gruppo PPE-DE. Lo screening genetico può costituire una preziosa integrazione delle attuali tecniche diagnostiche, ma solo a condizione che venga usato in maniera eticamente responsabile. Per esempio, dobbiamo impedire alle compagnie di assicurazioni di escludere determinate persone dalle loro polizze sulla base del profilo genetico.
Vorrei infine richiamare l’attenzione del Commissario sull’estrema rigidità burocratica con cui attualmente viene suddiviso e distribuito il bilancio relativo alla ricerca. Mi è stato fatto notare che una singola domanda può venire a costare addirittura qualche migliaio di euro. Inoltre, ai candidati non vengono comunicati i criteri in base ai quali saranno esaminati, né quelli secondo cui le loro domande saranno accolte o respinte. Inoltre, la Commissione è molto severa con i candidati che non rispettano le scadenze, ma non vi sono conseguenze quando è la Commissione stessa a rinviare una decisione; è superfluo rilevare che tutto questo provoca una profonda frustrazione.
Suggerisco di introdurre una procedura preliminare in cui le candidature vengano esaminate sulla base di un limitato numero di criteri; una domanda completa verrebbe poi richiesta solo per i progetti aventi concrete possibilità di successo. In tal modo verrà ridotto il carico di lavoro della Commissione, alleviando altresì considerevolmente gli oneri gravanti sui candidati. Sarei lieto di udire un’osservazione del Commissario su questo punto.
Liam Aylward, a nome del gruppo UEN. – (EN) Signor Presidente, in ogni paese la salute pubblica è un tema di cruciale interesse per i cittadini, ed è chiaramente materia che riguarda ogni Stato membro. Tuttavia, tra i grandi vantaggi dell’appartenenza all’Unione europea figura la possibilità di avere accesso alla cooperazione e alla base di conoscenze degli altri Stati membri. Tale fattore è importante in qualsiasi campo; in questo caso, se gli obiettivi della sanità pubblica – per una questione di scala o di effetti – si possono realizzare meglio tramite la cooperazione degli Stati membri, allora questa tendenza va sicuramente incoraggiata.
Il governo irlandese continua a proporsi di garantire ai cittadini un’assistenza sanitaria di alta qualità, che sia adeguata, rapida e sicura e venga fornita in un quadro di generale correttezza; in altre parole un’assistenza sanitaria soddisfacente per i pazienti, i contribuenti e gli operatori del settore. Lo scopo è quello di garantire formazione e attrezzature, nonché la presenza di personale specializzato; si tratta inoltre di promuovere una vita più sana in un ambiente più sano.
In quest’epoca, in Irlanda e in tutta l’Unione europea si profilano sfide cruciali in campo sanitario: malattie cardiovascolari, disturbi neuropsichiatrici, cancro, malattie dell’apparato digerente e di quello respiratorio, disturbi degli organi sensoriali, obesità e diabete, per menzionarne solo alcuni. Nessun paese può affrontare tutto questo da solo. L’Unione europea, grazie all’esperienza dei propri Stati membri e degli esperti, oltre che in virtù di questa proposta – che è stata notevolmente migliorata dalla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare – raccoglie ora la sfida di porgere assistenza agli Stati membri nel settore della sanità pubblica. Desidero inoltre congratularmi con l’onorevole Trakatellis per il contributo da lui apportato a questa relazione.
Altri punti vitali sono la comunicazione, l’istruzione, l’accesso ai metodi moderni, l’utilizzo di valide competenze mediche, e infine la possibilità di colmare i divari che, nel campo della salute pubblica, ancora si registrano a livello di Stato membro.
Più specificamente, apprezzo gli emendamenti che prevedono l’inclusione della medicina alternativa nel programma. Una miglior conoscenza della medicina complementare e alternativa può contribuire validamente a mettere i cittadini in grado di compiere scelte responsabili ed informate per quel che riguarda la loro salute.
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, molte delle malattie di cui soffrono oggi i cittadini europei dipendono in maniera più o meno diretta dal nostro modello di vita: basti pensare, per esempio, alla crescente diffusione delle malattie legate all’alimentazione o di quelle causate dalla sedentarietà. Di qui l’importanza di un approccio che incoraggi strategie tese a migliorare lo stile di vita. Il successo di tali iniziative è però dubbio, dal momento che verranno investiti circa 1,4 miliardi di euro in un sistema di informazioni sulle questioni sanitarie, che in realtà serve solamente allo scambio di notizie e relazioni sulla sanità; anche in Europa, infatti, la maggior parte delle malattie più diffuse non è certo provocata dalla scarsità di informazioni a disposizione.
In realtà, la salute comincia dallo stile di vita. Anche i bambini sanno che chi fa molto moto e si nutre sobriamente, ma in maniera naturale, conserva più a lungo una salute migliore. I cittadini sanno ormai da molto tempo che cosa fa male alla salute, senza bisogno di apposite avvertenze sui pacchetti di sigarette, sulle bottiglie di vino e di birra, sulle scatole di dolci o di altri prodotti; iniziative che costituiscono tutte un tentativo di dominare e interferire nella vita di ogni singolo cittadino – un cittadino che invece vuole poter decidere da solo.
Il successo di tali presunte misure dissuasive è dubbio, e credo che i cittadini non le desiderino neppure. Come forse saprete, in un’inchiesta il 66 per cento degli intervistati si è dichiarato favorevole ad incoraggiare un comportamento consapevole dal punto di vista della salute, magari per mezzo di riduzioni dei contributi assicurativi per chi si sottoponga regolarmente a controlli medici. Dobbiamo muoverci più decisamente in questa promettente direzione. Inoltre, un altro aspetto è chiarissimo: la prevenzione delle malattie contribuirebbe ad alleggerire notevolmente, anche dal punto di vista delle finanze, il nostro sistema sanitario.
Ria Oomen Ruijten (PPE-DE). – (NL) Signor Presidente, per i cittadini europei la salute è sempre il bene più prezioso. Se l’Europa può offrire un contributo in questo senso, è pienamente legittimata ad agire; si tratta anzi del nostro dovere, poiché il Trattato ci impegna a garantire un elevato livello di protezione della salute pubblica.
Desidero congratularmi con il relatore per il programma. Egli ha accolto con spirito aperto le giustificate aspirazioni dei colleghi e la Commissione ha elaborato un programma valido, che il Parlamento ha comunque perfezionato in qualche punto. Per iniziare proprio da uno di tali miglioramenti, viene ora espressamente stabilito che gli Stati membri devono cooperare per agevolare l’acquisto e la fornitura di assistenza sanitaria.
Provengo da una regione di confine con tre policlinici universitari: Maastricht, Liegi e Aquisgrana. Chi si avventuri sulla vetta del Vaalser Berg – un’altura di poco più di 300 metri, che per noi nel Limburgo è già una montagna – può quasi scorgere insieme gli edifici di questi tre ospedali accademici di alto livello. Sarebbe certamente ragionevole, in termini di rapporto tra costi e benefici, se queste regioni unissero le proprie forze per evitare di bloccare queste tre preziose istituzioni in una situazione di stallo, tra l’altro costosissima per tutti noi.
Sono quindi lieta che nel programma esteso siano state incluse queste opzioni transfrontaliere. Questa era la mia prima osservazione; la seconda riguarda le tensioni che affliggono ovunque i sistemi sanitari, in parte a causa dei fattori demografici e in parte perché abbiamo bisogno di un numero sempre maggiore di strutture, spesso anche più costose. Ogni Stato membro sta adattando il proprio sistema di assistenza. Perché dobbiamo sempre affannarci a inventare di nuovo la ruota dappertutto? Perché non possiamo imparare dalle esperienze reciproche? Anche questo è un settore da esaminare con particolare attenzione.
Per quanto riguarda i finanziamenti, bisogna pensare ai costi prima che ai benefici. Nel caso dell’influenza aviaria, l’interrogativo non è se, ma quando colpirà. Riprendendo un’osservazione dell’onorevole Bowis, quando sento i dirigenti del Centro di Stoccolma per le malattie contagiose affermare che esso “non può funzionare nel momento in cui avvenga un disastro del genere”, mi convinco che dobbiamo concludere nuovi accordi reciproci; e mi auguro che la Commissione intenda fare proprio questo.
Giudico inoltre importante estendere questo programma alle cure e alla fornitura di prodotti delle medicine complementari e alternative; sono inoltre necessari sforzi più intensi per malattie come il cancro, il diabete e il morbo di Parkinson.
Evangelia Tzampazi (PSE). – (EL) Signor Presidente, mi consenta di congratularmi con l’onorevole Trakatellis per la sua disponibilità a cooperare.
Il programma d’azione comunitaria in materia di salute è un testo importante, teso a garantire una prevenzione efficace, servizi sanitari più efficienti e una migliore qualità della vita per tutti: è questo il nostro principale obiettivo politico.
La priorità fondamentale del programma è la lotta contro le disuguaglianze in fatto di salute, condotta tramite il rafforzamento delle reti già operanti nel settore della sanità pubblica.
Per quanto riguarda i disabili, dobbiamo ricordare che la disabilità non è una malattia o una incapacità; è uno stato di salute differente, di cui occorre tener conto nell’elaborazione e nell’applicazione di tutti i programmi e le politiche della Comunità. E’ importantissimo sviluppare strategie e scambiare buone prassi allo scopo di promuovere la salute delle persone con disabilità e fornire informazioni attendibili in forme accessibili ai disabili, che sono uno dei gruppi cui il programma è specificamente rivolto. Dobbiamo anche tutelare la parità di accesso ai corrispondenti sistemi medici e farmaceutici.
Un’altra priorità essenziale è la tutela del valore aggiunto delle azioni comunitarie rispetto alle azioni sanitarie nazionali, per rafforzare la cooperazione nazionale nei settori innovativi, come la telematica medica. Queste azioni indicheranno ai disabili nuove modalità per migliorare la qualità della propria vita ed ottenere rapido e adeguato accesso ai servizi sanitari; al contempo, esse contribuiranno anche a razionalizzare la spesa in campo sanitario.
Georgs Andrejevs (ALDE). – (LV) Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero in primo luogo congratularmi con il collega, onorevole Trakatellis, per la sua valida relazione. Nel nuovo programma d’azione comunitaria in materia di salute e tutela dei consumatori, presentato dalla Commissione per il 2007-2013, la Commissione stessa sottolinea l’importante ruolo che l’Unione europea può svolgere per ridurre il numero delle malattie nell’ambito, ci tengo a precisarlo, delle malattie gravi. Le malattie cardiovascolari, come tutti sappiamo, sono senza dubbio una delle principali cause di morte in Europa. Ogni anno due milioni di persone residenti nell’Unione europea muoiono a causa di tali malattie. Le decisioni prese dal Consiglio durante la Presidenza irlandese hanno costituito – e sono ancora – un buon punto di partenza per la nostra azione di prevenzione delle malattie cardiovascolari. Al pari di molti colleghi ritengo perciò che questo documento legislativo dovrebbe menzionare senz’altro anche le malattie cardiovascolari: dobbiamo dire pane al pane. Invito perciò i colleghi a sostenere gli emendamenti nn. 142 e 143, che definiscono con precisione quelle che in Europa si possono considerare le malattie principali, quelle contro le quali dobbiamo agire uniti con un’opera di prevenzione, screening e cura. La ringrazio, signor Presidente.
Caroline Lucas (Verts/ALE). – (EN) Signor Presidente, apprezzo vivamente la relazione dell’onorevole Trakatellis; lo ringrazio, e mi congratulo con lui per l’eccellente lavoro svolto. Desidero inoltre unirmi a quanti hanno deplorato la riduzione dei finanziamenti erogati in questo settore. Il mio gruppo sosterrà quindi l’emendamento n. 64, e in realtà – come forse ricorderete – in origine avevamo proposto finanziamenti ancora più elevati.
Vorrei soffermarmi ancora una volta su un aspetto cruciale che è già stato menzionato, e sul quale il mio gruppo ha presentato un emendamento; alludo al contributo della medicina alternativa e complementare. Più di 100 milioni di cittadini dell’Unione europea ricorrono già alla medicina complementare, la cui popolarità va rapidamente crescendo. E’ importante che i cittadini siano meglio informati sulla medicina complementare e alternativa: in tal modo essi potranno compiere scelte più responsabili e perciò meglio informate in merito alla propria salute. Stimo quindi essenziale far uscire dal ghetto questo settore della medicina per integrarlo nella scienza ufficiale, riconoscendo così i concreti benefici che esso può recare.
La maggior consapevolezza, da parte dell’opinione pubblica, dei pericoli derivanti dai prodotti chimici presenti nella catena alimentare, l’accresciuta resistenza agli antibiotici, determinata da un uso eccessivo di questi medicinali, e infine le preoccupazioni suscitate dagli effetti collaterali di alcuni farmaci convenzionali sono tutti elementi che contribuiscono a un sistematico ripensamento del nostro stile di vita, inducendoci a individuare il modo di riappropriarci della nostra salute. Le medicine complementari, con il loro approccio olistico e centrato sulla persona, attraggono l’interesse di un pubblico sempre più vasto; è importante riconoscere questo fenomeno. Tuttavia si registra ancora un vistosissimo squilibrio tra la domanda di tali farmaci da parte dei cittadini e l’irrisoria entità dei finanziamenti destinati alla ricerca in questo campo; è indispensabile colmare tale divario.
Sostengo con forza quegli emendamenti che sottolineano la gravità dell’inquinamento ambientale, in relazione ai rischi per la salute e alle vive preoccupazioni che esso suscita nei cittadini europei. E’ un problema da affrontare urgentemente, nel quadro di una struttura sanitaria preventiva.
Come ha già affermato l’onorevole Breyer, il nostro gruppo stima che la partecipazione della società civile sia un elemento di vitale importanza per l’elaborazione e l’applicazione di una politica sanitaria europea. Plaudo alla proposta di incrementare i finanziamenti per consentire un coinvolgimento più vasto e profondo della società civile, e approvo i criteri delineati nell’emendamento n. 53, il quale sancisce chiaramente la necessità dell’indipendenza dagli interessi industriali, commerciali e aziendali.
L’emendamento n. 141, presentato dai liberali, intorbida però le acque e cancella precisamente quella certezza giuridica garantita dall’emendamento n. 53. Per tale motivo esorto caldamente i colleghi a respingerlo.
Bairbre de Brún (GUE/NGL). – (EN) (L’oratore ha parlato in irlandese)
Signor Presidente, le inquietudini attualmente diffuse in merito a possibili mutazioni dell’influenza aviaria dimostrano che l’opinione pubblica comprende bene la necessità di elaborare una strategia comune relativa alle malattie trasmissibili. Allo stesso tempo, dobbiamo però ammettere che le malattie non trasmissibili rappresentano la parte di gran lunga più ampia dell’insieme delle malattie e, naturalmente, noi dobbiamo indirizzare le nostre risorse là dove esse si possono impiegare con la massima efficacia.
Chiedo all’Assemblea di sostenere l’emendamento mirante a coinvolgere i gruppi svantaggiati nell’elaborazione delle future politiche sanitarie. Non possiamo sperare di combattere le disuguaglianze in campo sanitario senza l’attiva partecipazione di coloro che sono divenuti esperti in materia, a causa delle proprie esperienze di vita.
Sostengo altresì l’inclusione della medicina alternativa e complementare nell’azione sostenuta dal programma; inoltre sono estremamente favorevole a inserire la salute in un programma separato dalla protezione dei consumatori.
Il programma d’azione comunitaria in materia di salute può fungere da potenziale sostegno per l’integrazione della salute in tutte le politiche comunitarie. L’Unione europea gode di una posizione impareggiabile, che le consente di completare il lavoro intrapreso negli Stati membri, di studiare l’impatto delle altre politiche sulla sanità, di promuovere l’accesso alle informazioni, di migliorare le valutazioni per l’individuazione precoce e la comunicazione dei rischi, e infine di formulare raccomandazioni sulle migliori prassi.
(L’oratore ha parlato in irlandese)
Urszula Krupa (IND/DEM). – (PL) Signor Presidente, in qualità di medico vorrei richiamare l’attenzione in particolare sul fatto che la scienza moderna sta cercando di individuare le basi psicologiche di gran parte delle malattie definite psicosomatiche, dall’obesità ai problemi circolatori e all’ipertensione, e inoltre malattie autoimmuni e tumori. Una società basata sulla conoscenza, ed in particolare i legislatori dell’Unione europea, dovrebbero esserne informati.
Anche le politiche comunitarie possono svolgere un importante ruolo nella prevenzione delle malattie e nella tutela della salute pubblica, non solo per quel che riguarda le cosiddette malattie della civiltà, ma anche nei confronti delle malattie mentali. Occorre tuttavia mutare stile di vita, e abbandonare il modello liberale privo di principi etici per aderire a uno stile di vita ispirato a valori etici e morali, dal momento che l’ordine e l’integrazione mentali contribuiscono a evitare quel sottosviluppo personale che è cagionato dalle malattie mentali e da tutte le forme di dipendenza – dipendenza dalla nicotina, dall’alcol, dalle droghe e altre forme di dipendenza autodistruttiva.
Si impiegano cospicue risorse finanziarie al solo scopo di porre rimedio agli effetti di tale dipendenza, ma si tratta di uno spreco, dal momento che mancano restrizioni giuridiche. La tutela dei consumatori pone un problema simile; essa infatti si riduce spesso a un altisonante esercizio retorico, in quanto il mercato è dominato da potenti gruppi monopolistici che badano ai propri interessi e riversano somme enormi nella pubblicità. Occorre contrastare quest’alluvione di informazione manipolata: cerchiamo quindi almeno di tradurre in realtà le parole d’ordine dell’Unione europea sulla tutela dei diritti fondamentali.
Irena Belohorská (NI). – (SK) Onorevoli colleghi, anch’io desidero ringraziare l’onorevole Trakatellis per la sua eccellente relazione. Approvo senza riserve la sua idea di dividere il programma in due parti, la prima dedicata a promuovere la salute e l’altra a promuovere la tutela dei consumatori nel 2007-2013. Anch’io ho contribuito con parecchi emendamenti alla relazione, e sono lieta che alcuni di essi siano stati adottati; alludo in particolare all’emendamento riguardante i nuovi Stati membri, che per me è il più importante.
Tra i sistemi di assistenza sanitaria degli Stati membri dell’Unione europea vi sono vistose differenze. Da questo punto di vista i nuovi Stati membri sembrano trovarsi in una posizione di svantaggio, dal momento che devono affrontare gravi problemi sanitari e dispongono solo di scarsi fondi per migliorare la situazione. L’insufficiente finanziamento dell’assistenza sanitaria ostacola gravemente lo sviluppo di questi Stati e la crescita dell’intera Unione europea; è necessario diffondere la conoscenza della possibilità di finanziare i programmi di assistenza sanitaria grazie ai Fondi strutturali dell’UE. Per i nuovi Stati membri, quest’informazione sarebbe un raggio di speranza, in quanto offrirebbe l’opportunità di elevare la qualità dei servizi.
Malauguratamente, in base al principio di sussidiarietà il settore dell’assistenza sanitaria non rientra nella sfera d’azione dell’Unione europea, ed è quindi soggetto alla legislazione nazionale. Apprezzo il tentativo di inserire nella relazione la tutela della sicurezza dei pazienti. Le difficoltà con cui devono confrontarsi i cittadini dell’UE per accedere ai servizi sanitari all’estero ostacolano la libertà di circolazione. E’ necessario definire con maggior chiarezza le ambigue normative in materia di rimborso di prestazioni mediche; attualmente, infatti, agli occhi dei cittadini europei le disposizioni e le sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee sono oscure e difficili da comprendere. L’istituzione di una banca dati comprendente informazioni sui fornitori di servizi sanitari negli altri Stati membri sarebbe vantaggiosa per i pazienti; una tale misura migliorerebbe nettamente la situazione dei pazienti stessi, e servirebbe a eliminare le lunghe liste d’attesa che contraddistinguono alcuni servizi.
Anche i media sono in grado di contribuire al miglioramento delle condizioni di salute della popolazione; sarebbe una buona idea sostituire i vari reality show con programmi che presentino in maniera gradevole i problemi connessi alla nutrizione. Tali problemi infatti, se trascurati, possono a lungo andare contribuire all’insorgere di obesità, malattie cardiovascolari e cancro. Attualmente, incoraggiare i media ad occuparsi di temi sanitari è importante anche dal punto di vista della sicurezza statale, a causa della minaccia di eventuali attentati bioterroristici; in caso di epidemia l’opinione pubblica sarebbe meglio informata sulle essenziali strategie da adottare per contenere il diffondersi del morbo. E’ necessario dedicarsi con maggior impegno all’assistenza sanitaria e destinarvi un bilancio più cospicuo, dal momento che – come tutti sappiamo – sarà impossibile realizzare gli obiettivi della strategia di Lisbona se la popolazione europea non godrà di buona salute.
Thomas Ulmer (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, invio anzitutto un caloroso ringraziamento all’onorevole Trakatellis per la preziosa collaborazione che ci ha offerto e l’ottima relazione che ha presentato.
I tre essenziali obiettivi comuni della politica dell’Unione europea nei settori della salute e della tutela dei consumatori sono formulati in maniera chiara e lucida. Protezione dei cittadini dai rischi e dai pericoli su cui la singola persona non può influire, e che i singoli Stati membri non possono combattere efficacemente o superare del tutto; il problema viene messo a fuoco con grande precisione. Potenziamento della capacità decisionale dei cittadini in merito alla propria salute; a tal proposito è degna di elogio anche un’iniziativa della Commissione mirante a ridurre le restrizioni concernenti la politica d’informazione delle case farmaceutiche. In terzo luogo, integrazione della politica sanitaria nelle altre politiche della Comunità.
Con questa relazione, nel settore della salute si introducono tre nuovi aspetti cruciali, correlati alle nuove sfide del nostro tempo: anzitutto la reazione alle minacce come le epidemie, di cui abbiamo attualmente sotto gli occhi un vistoso esempio nell’influenza aviaria; in secondo luogo la prevenzione di malattie e comportamenti, come per esempio il fumo, l’obesità, le dipendenze e la sedentarietà; in terzo luogo la necessaria collaborazione delle autorità sanitarie nazionali, che è sicuramente ancora suscettibile di miglioramenti a molteplici livelli. Non scorgo in ciò alcun attacco alla sussidiarietà, ma piuttosto una miglior collaborazione, un effetto di sinergia e un rafforzamento della sussidiarietà stessa.
La suddivisione in due parti, tutela dei consumatori e tutela della salute, è a mio avviso opportuna ed importante, in quanto si tratta di due settori politici che si reggono su basi giuridiche differenti e quindi, anche nell’ambito della Comunità, riguardano differenti competenze dell’Unione. Personalmente, mi sembra sbalorditivo l’insieme delle iniziative che ci ripromettiamo di mettere in moto nel corso di sette anni, disponendo di 1,5 miliardi di euro; mi auguro che la maggioranza di esse riesca veramente ad andare in porto. Mi limito a far presente che solo nella Repubblica federale tedesca le assicurazioni sociali obbligatorie ammontano ogni anno a 180 miliardi di euro.
Sostengo l’emendamento n. 64, che chiede di incrementare la dotazione finanziaria: per riuscire a svolgere un lavoro adeguato mi sembra il minimo. In confronto agli importi che la Comunità eroga in sette anni per sovvenzionare la coltivazione del tabacco, questo stanziamento resta comunque irrisorio: equivale ad appena un quinto delle sovvenzioni concesse al tabacco.
In un programma quadro non possiamo certo esaudire tutti i desideri delle Istituzioni e dei cittadini europei. Abbiamo cercato di compiere un lavoro il più possibile corretto ed equilibrato; con un lavoro collettivo di pubbliche relazioni, abbiamo qui una grande occasione per riportare l’Europa al centro degli interessi dei cittadini.
PRESIDENZA DELL’ON. ONESTA Vicepresidente
Dorette Corbey (PSE). – (NL) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, desidero in primo luogo congratularmi vivamente con l’onorevole Trakatellis; nel quadro del nostro dibattito la sua competenza in materia di sanità è un elemento davvero prezioso. La salute è un importante tema politico, ma è anzitutto un problema nazionale. E’ giusto che l’Europa dedichi la propria attenzione alla salute, ma si deve agire a livello europeo solo quando ciò possa produrre un evidente valore aggiunto; in ogni caso, signor Commissario, mi attendo molto dalla sua politica.
In primo luogo mi auguro che lei voglia attivamente spronare i suoi colleghi della Commissione ad adottare politiche attente alla salute. Consideriamo per esempio la questione dei sussidi agricoli dal punto di vista della salute; è davvero opportuno continuare a sovvenzionare la produzione di grassi, zucchero e tabacco? A mio avviso dovremmo piuttosto optare per gli ortaggi e la frutta. In alternativa, signor Commissario, la invito a dirimere la disputa fra le Direzioni generali Industria e Ambiente sui temi della qualità dell’aria e delle sostanze chimiche, perorando con forza la causa della salute. In tal modo, senza alcun costo, lei renderà un enorme favore ai cittadini europei.
In secondo luogo la esorto a impegnarsi nella battaglia contro la disuguaglianza. Per i cittadini europei la possibilità di accesso a cure mediche adeguate è estremamente squilibrata, e a questo proposito riprendo le osservazioni dell’onorevole Belohorská: per i malati di cancro le possibilità di sopravvivenza sono nettamente superiori in alcuni paesi rispetto ad altri. I metodi di cura sono diversi e l’accesso alla salute è disuguale; inoltre, in ciascun paese sono differenti le conoscenze dei pazienti in merito alle proprie malattie, e non in tutti i paesi la prevenzione riceve l’attenzione che merita.
Invito il Commissario a mettere in comune le conoscenze. Stati membri, ospedali, associazioni di pazienti e fornitori di trattamenti terapeutici possono tutti imparare dalle reciproche esperienze; occorre unire prevenzione e cura. Soprattutto la invito a non compilare una statistica della situazione sanitaria generale, bensì a raccogliere informazioni estremamente pratiche sulle malattie più importanti, come tumori, malattie reumatiche, diabete, disturbi polmonari e ovviamente malattie cardiache e vascolari, per valutare poi dove sia possibile apportare dei miglioramenti. Potrà così allestire reti e centri di conoscenza in grado di fornire preziose informazioni sia ai pazienti che ai fornitori di trattamenti terapeutici; in tal modo l’Unione europea potrà offrire un utile contributo.
Infine, invito tutti a firmare la dichiarazione n. 1, che concerne il diabete ed è stata presentata da numerosi colleghi. Abbiamo già raccolto 260 firme e ne servono altre 80; vi chiediamo quindi di aggiungere la vostra.
Frédérique Ries (ALDE) . – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, come costantemente ci confermano le successive indagini di Eurobarometro, salute e protezione dei consumatori sono due settori per i quali i cittadini ci chiedono più Europa; per questo desidero ringraziare i nostri due relatori, l’onorevole Trakatellis e, per questo pomeriggio, l’onorevole Thyssen, che ci hanno saggiamente proposto la separazione dei due programmi.
Dopo quest’osservazione preliminare, vorrei unirmi a tutti coloro che, come l’onorevole Trakatellis, come lei stesso, signor Commissario, e come parecchi altri colleghi, si sono espressi a favore di un ambizioso programma “salute”, anche se, come ben sappiamo, non otterremo il miliardo e mezzo di euro che abbiamo chiesto e indubbiamente non oltrepasseremo la soglia estremamente simbolica della percentuale del bilancio europeo. In ultima analisi saremo dunque costretti ad apportare dei tagli e a fare dolorosi sacrifici; per tale motivo mi sembra importante concentrare la nostra azione su quelle malattie che costituiscono le principali cause di morte in Europa, il cui numero varia da cinque a sette. Dobbiamo dunque tener conto degli ammonimenti dell’OMS e sostenere l’emendamento n. 142, proposto dal gruppo ALDE, senza timore di menzionare esplicitamente determinate malattie; occorre inoltre un maggiore impegno in materia di prevenzione, per esempio, delle malattie cardiovascolari e di certi tipi di cancro, perché ambizione non vuol dire dispersione.
I cittadini chiedono all’Europa efficacia e trasparenza: non dobbiamo voltar loro le spalle polverizzando i finanziamenti. I cittadini ci chiedono – soprattutto oggi – di agire tempestivamente e di rassicurarli; per tale motivo è inaccettabile che il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, che ha sede a Stoccolma, rimanga sprovvisto di un bilancio decoroso. Ricordiamo che esso fu varato nel 2005, dopo la rapidissima propagazione della SARS due anni fa. E’ dunque nel nostro più totale interesse che il CEPCM possa svolgere la propria funzione, tanto più ora che l’influenza aviaria ha raggiunto il nostro continente.
Concludo, signor Commissario, con una domanda che pongo a lei ma anche al Consiglio: come intendete finanziare il piano d’azione sulla salute e l’ambiente e conciliarlo con questo nuovo programma sulla salute pubblica? Sappiamo bene che l’Europa deve dotarsi dei mezzi per combattere le varie forme di inquinamento ambientale, che colpiscono le persone più vulnerabili, le donne incinte, i bambini. Proteggere i più giovani tra noi significa anche conservare tutte le opportunità all’Europa di domani.
Carl Schlyter (Verts/ALE). – (SV) Signor Presidente, desidero ringraziare sia l’onorevole Trakatellis che il Commissario Kyprianou, i quali hanno svolto entrambi un ottimo lavoro. Ci troviamo però in una situazione assurda in cui spendiamo cinque volte più denaro per le sovvenzioni al tabacco che per promuovere la salute pubblica; in altre parole, spendiamo cinque volte più denaro per rovinare la salute alla gente di quanto ne spendiamo per curarla.
Apprezzo il fatto che questa relazione si concentri sul lavoro di prevenzione. Le risorse sono talmente limitate che bastano appena per la cooperazione, la condivisione di buone prassi e la diffusione di informazioni; tuttavia è a livello nazionale che si reperisce la gran parte del denaro e si svolge la gran parte del lavoro. Tra le modifiche introdotte dal Parlamento europeo, giudico in maniera particolarmente positiva l’emendamento n. 53, di cui desidero sottolineare l’importanza. Data la scarsità delle risorse disponibili, non è il caso di concederle a organizzazioni che svolgono – apertamente o implicitamente – opera di pressione per conto dell’industria farmaceutica; è opportuno anzi effettuare uno scrupoloso monitoraggio per escludere tale eventualità.
Non abbiamo ancora menzionato gli emendamenti nn. 92 e 144, che vertono sull’uguaglianza di genere; è a mio avviso un aspetto importante, su cui dobbiamo soffermarci. Una parte troppo cospicua del denaro disponibile viene destinata agli uomini e all’assistenza sanitaria per gli uomini, e troppo poco invece va all’assistenza sanitaria per le donne. E’ però nel rapporto tra salute pubblica e commercio che l’Unione europea può offrire il contributo più importante; gli articoli del Trattato riguardanti la salute pubblica non vengono praticamente applicati alla politica commerciale. Che posto trova la dimensione della salute nella politica in materia di alcol? Lo stesso vale per i prodotti chimici e i pesticidi; è in questi settori che occorre compiere gli sforzi più rilevanti.
Signor Commissario, lei può dare un primo contributo a questa prospettiva di più ampio respiro negando la sua approvazione agli otto nuovi pesticidi appena comparsi, che sono biopersistenti, hanno effetti negativi sul sistema endocrino e sono cancerogeni di classe 2: un lungo elenco di ottime ragioni per vietare le sostanze chimiche. Lei può cogliere ora l’occasione per agire in tal senso.
Kathy Sinnott (IND/DEM). – (EN) Signor Presidente, mi congratulo con l’onorevole Trakatellis per la relazione. E’ importante ribadire che la salute è un tema di competenza nazionale; è tuttavia opportuno che l’Unione europea incoraggi stili di vita che promuovano la salute e richieda almeno standard minimi per i servizi sanitari nei vari paesi. Ciò vale in particolar modo per un paese come la mia Irlanda, che attualmente può vantare la più forte economia europea ma il cui servizio sanitario è ancora inadeguato, tanto che i cittadini si trovano in una situazione di rischio, non riuscendo a fruire dei servizi sanitari di cui hanno bisogno.
Il diabete costituisce l’evidente esempio di una malattia che, nel mio prospero collegio elettorale, viene affrontata con finanziamenti insufficienti. Per assistere 250 persone abbiamo a nostra disposizione appena la metà di un posto di infermiere specializzato nella cura del diabete, mentre per una gestione efficiente della malattia sarebbe necessario un infermiere ogni 50 persone. Ho esaminato questa relazione alla luce di altre esperienze vissute nel sistema sanitario irlandese. Per quanto riguarda tessuti, sangue e organi umani presenterò un emendamento orale che inserisce il concetto di tracciabilità; gli scandali che sono scoppiati in Irlanda a causa dell’epatite C dimostrano chiaramente i pericoli che derivano dall’incapacità di rintracciare le fonti di contaminazione. Un altro scandalo irlandese è quello connesso al prelievo degli organi: si usava abitualmente espiantare gli organi dalle salme dei bambini senza chiedere il consenso dei genitori, e anzi addirittura senza informarli. Ne emerge la necessità etica della tracciabilità, a garanzia della provenienza legittima dei prodotti umani.
Per concludere, l’Europa ha un ruolo da svolgere nella promozione della salute. Non credo però che i fondi dell’Unione europea si debbano usare a favore di industrie sanitarie che operano a fini di lucro; queste ultime, infatti, dispongono già di fondi in abbondanza per sponsorizzarsi.
Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Plaudo calorosamente al lavoro che l’onorevole Trakatellis, relatore e membro del gruppo PPE-DE, ha dedicato alla stesura di questa relazione, in cui il Parlamento ha espresso la sua opinione. Cittadini e operatori sanitari accolgono a loro volta con favore il nuovo piano d’azione che forma l’oggetto di questo dibattito. Elemento ancora più importante, in base alla relazione esponenti politici e dirigenti dei sistemi sanitari collaboreranno per indicare la strada da seguire per risolvere quei problemi che superano le frontiere degli Stati membri. Questa relazione spiana la strada a una strategia moderna, soprattutto per quel che riguarda il coordinamento delle attività; sfortunatamente, però, – dopo che il Consiglio ha radicalmente modificato il bilancio dell’Unione europea – a ciò non si accompagna un finanziamento adeguato da parte delle risorse europee. L’Unione ha ancora molto da fare, in particolare per quanto riguarda quei compiti che gli Stati membri non sono in grado di svolgere da soli. Non si tratta solo di combattere gravi malattie infettive di carattere transfrontaliero, come l’AIDS e l’influenza, ma anche di combattere la diffusione della tossicodipendenza e di malattie legate allo stile di vita. Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie è stato istituito appunto a tale scopo, insieme ai centri nazionali di riferimento. I tagli al bilancio non sono certo una buona notizia, e dimostrano piuttosto le carenze della scala di priorità dell’élite politica europea e di alcuni deputati al Parlamento europeo.
Vorrei ora soffermarmi su un altro problema; la medicina moderna garantisce all’uomo una vita più lunga e di qualità migliore, ma a costi sempre più alti: dal 60 al 90 per cento dei fondi pubblici. Quanto maggiore sarà la proporzione dei finanziamenti comunitari destinati ai servizi sanitari, tanto minore sarà la responsabilità dei singoli cittadini nei confronti della propria salute; inoltre, quanto più estesa è l’opera di regolamentazione da parte dello Stato, tanto più la legge riduce la responsabilità personale dei singoli. Ce ne offrono la prova quei paesi in cui il sistema sanitario è stato gestito in maniera centralizzata e soggetto a una totale regolamentazione: le decisioni sulla salute dei pazienti, sulla prevenzione e il trattamento terapeutico – oltre che sul costo di tale trattamento – venivano prese senza coinvolgere il paziente. Certo, sono state realizzate riforme specifiche, ma esse hanno ridotto l’efficienza del sistema e aumentato il costo dei servizi; vorrei quindi rilevare che i programmi miranti ad informare meglio gli utenti dei servizi sanitari, e a contribuire alla compatibilità del sistema, non devono assolutamente subire tagli. Queste risorse ripagano più volte il loro costo.
Nutro qualche preoccupazione anche in merito all’efficacia di alcuni regolamenti – apparentemente essenziali per la tutela della salute e dell’ambiente – che abbiamo incautamente adottato. Temo che in alcuni casi si cerchi essenzialmente di soddisfare alcuni gruppi di pressione dell’industria, mentre non si destinano risorse sufficienti a favore della salute dei cittadini. Chiedo perciò alla Commissione di dedicare una percentuale maggiore del bilancio ad analisi fondate su prove empiriche. In tal modo, potremo decidere sui regolamenti in maniera più responsabile e farci un quadro preciso del concreto impatto sulla salute pubblica, dei costi economici e dell’impatto sull’economia europea. Anche per questo motivo sostengo l’emendamento n. 64.
Anne Ferreira (PSE). – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, anzitutto, come hanno già fatto altri deputati anch’io desidero esprimere il mio apprezzamento per la decisione di non unificare le due parti “salute” e “consumatori” del programma d’azione comunitaria in materia di salute e tutela dei consumatori.
A parte la diversa natura delle competenze dell’Unione europea in questi due settori, la politica sanitaria non si può considerare alla stregua di un normale bene di consumo.
Sono favorevole all’istituzione di uno spazio di “e-sanità”, ma ciò non deve costituire uno strumento dissimulato per collaudare una politica dell’informazione.
Ringrazio l’onorevole Trakatellis per aver proposto di incrementare considerevolmente la dotazione di bilancio di questo programma; tale incremento è indispensabile per condurre a buon fine i nostri obiettivi e le nostre azioni. In considerazione delle sfide che ci attendono sarebbe stato preferibile un finanziamento più cospicuo, ma saremmo già abbastanza soddisfatti se il Consiglio accettasse di aumentare le dotazioni destinate alla sanità nel quadro delle prospettive finanziarie 2007-2013.
Vorrei sottolineare due priorità. In primo luogo, occorre migliorare la cooperazione e il coordinamento nel settore della sanità, per riuscire a fronteggiare più rapidamente le minacce sanitarie transfrontaliere. Se avessimo agito in questo senso, avremmo potuto evitare che il virus chikungunya si diffondesse a tal punto. Queste considerazioni devono spronare l’Unione europea, gli Stati membri e le case farmaceutiche a instaurare un sistema di monitoraggio e ricerca su questo tipo di malattie, che sono certamente rare rispetto alla scala della popolazione mondiale, ma localmente possono avere conseguenze catastrofiche.
Seconda priorità: per realizzare l’obiettivo di un livello di salute migliore per tutti gli europei, occorre considerare l’impatto che le condizioni di vita ambientali e sociali esercitano sulla salute. Per contrastare più efficacemente alcune patologie, occorre combatterne le cause. Com’è noto a tutti, le popolazioni che si trovano in situazioni di esclusione sociale e di precarietà sono più esposte delle altre a determinate malattie. Noi dobbiamo aiutare i più deboli.
Se gli Stati membri compiranno rapidi progressi in questi due settori, i nostri cittadini percepiranno in maniera più chiara l’azione protettrice dell’Unione europea.
Marios Matsakis (ALDE). – (EN) Signor Presidente, mi congratulo con l’onorevole Trakatellis per la sua relazione che – come ci attendevamo – è di ottima qualità. Un importante aspetto del problema sanitario nell’Unione europea è la protezione delle malattie tramite la prevenzione. I tre principali fattori prevenibili che condizionano negativamente la salute umana – il tabacco, l’eccessivo consumo di alcol e la cattiva alimentazione – causano ogni anno la morte prematura di milioni di cittadini europei. In particolare, si stima che il tabacco figuri tra le concause di morte di un fumatore su tre; il fumo, da solo, uccide assai più persone di quante ne uccidono – insieme – la tossicodipendenza, gli incidenti stradali e l’infezione da HIV. Quindi, se il tabacco è un assassino così spietato, dobbiamo chiederci se facciamo abbastanza per aiutare i cittadini a liberarsi da quest’abitudine autodistruttiva; a questa domanda, a mio avviso, dobbiamo purtroppo rispondere di no.
In primo luogo, continuiamo a sovvenzionare la coltivazione del tabacco nell’Unione europea; come molti colleghi hanno già osservato, si tratta di una scelta tutt’altro che saggia. In secondo luogo, noi permettiamo alla strapotente lobby delle multinazionali del tabacco di esercitare liberamente pressioni su importanti centri decisionali per influenzarli; di certo, queste aziende possono liberamente effettuare pressioni sui deputati al Parlamento europeo. In terzo luogo, siamo in grave ritardo nella realizzazione di un’efficace strategia informativa; per esempio, facciamo stampare sui pacchetti di sigarette avvertenze terrificanti di cui nessuno si cura più, mentre le aziende produttrici di tabacco pagano i divi del cinema per fumare sullo schermo.
Nelle scuole non abbiamo alcun programma d’insegnamento organizzato per combattere il fumo. Dobbiamo costruire costosi reparti ospedalieri per curare i pazienti colpiti da gravi malattie provocate dal fumo, ma tolleriamo che, nei medesimi reparti, molti medici diano il peggiore esempio possibile fumando in pubblico. Molti Stati membri finanziano costosi reparti destinati alle malattie correlate al fumo, ma non finanziano affatto la partecipazione dei fumatori a programmi antifumo che impediscano l’insorgere delle medesime malattie. E, infine, molti Stati membri lasciano ancora i non fumatori in balia dei fumatori, nei luoghi di lavoro come in quelli di svago.
Ora però abbiamo al nostro fianco un Commissario per la salute fortemente impegnato nella lotta contro il fumo; forse è finalmente giunto il momento di iniziare una guerra senza quartiere contro quei giganti della morte che sono i produttori di tabacco, con concrete speranze di vittoria.
Avril Doyle (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, mi consenta anzitutto di manifestare una totale adesione a ogni parola dell’intervento del collega che mi ha preceduto; non voglio ripetere le sue argomentazioni, ma gli invio un caldo elogio. Ringrazio l’onorevole Trakatellis per l’ottima relazione e ringrazio pure il Commissario, il quale stamani, con grande onestà, ci ha dichiarato che il programma d’azione comunitaria in materia di salute necessita già di una revisione, se vogliamo renderlo efficace in modo che sia possibile definire priorità settoriali, e questo a causa di un “errore di contabilità”, per riprendere l’espressione usata dal Commissario. Posso solo osservare che tutto ciò è davvero fonte d’imbarazzo.
Il Trattato della Comunità europea afferma che “Nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività della Comunità è garantito un elevato livello di protezione della salute umana”. Questa relazione segna un primo importante passo verso l’obiettivo di tradurre in realtà il diritto dei nostri cittadini alla protezione della salute, sancito anche dalla Carta dei diritti fondamentali.
Benché la salute rientri fra le competenze degli Stati membri, la Comunità europea può offrire un valore aggiunto e integrare le attività degli Stati membri tramite un’azione – del resto urgentemente necessaria – che preveda il coordinamento e la raccolta dei modelli di migliori prassi; in tal modo potremo imparare dalle reciproche esperienze e creare centri di eccellenza. L’integrazione della sanità in tutte le politiche dell’Unione europea, l’elaborazione di sistematiche valutazioni d’impatto sanitario di tutta la legislazione dell’Unione europea, e infine la promozione di stili di vita sani permetteranno all’Unione di gettare le basi necessarie per una riflessione comune estesa a tutti gli Stati membri.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, nel 2000 – per la prima volta nella storia – il numero delle persone soprappeso ha uguagliato nel mondo quello delle persone sottopeso; le persone soprappeso sono più di un miliardo, tra cui 300 milioni di obesi, e tutto questo ha notevolissime conseguenze dal punto di vista della morbilità. E’ quindi assolutamente indispensabile incoraggiare un approccio preventivo, e accolgo con soddisfazione le varie iniziative prese recentemente in questo campo dalla Commissione.
I più ampi fattori comportamentali, sociali e ambientali che determinano la salute si possono affrontare nella maniera più vantaggiosa a livello comunitario, per mezzo di un approccio che sia olistico e non frammentato. Qualsiasi programma d’azione comunitaria in materia di salute deve comprendere anche le medicine complementari e alternative, se queste dispongono di una valida base scientifica.
La Comunità europea si situa nella posizione più propizia per combattere i problemi sanitari transnazionali: per esempio la minaccia di epidemie di malattie infettive, oppure gli episodi legati alla catena alimentare. L’inquietudine suscitata dall’ESB, dalla SARS e di recente dall’influenza aviaria ha dimostrato a nostre spese la necessità di un’azione preventiva, attiva e coordinata in campo sanitario.
La proliferazione di agenzie dell’Unione europea nel settore sanitario – il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare e altre – costituisce uno sviluppo positivo e necessario della lotta contro queste minacce sanitarie. Tuttavia, questi organismi non possono più operare in assenza di una politica chiaramente definita a livello comunitario, e senza il sicuro sostegno delle indispensabili risorse finanziarie. Se il denaro non viene garantito in sede di bilancio e non si riesce ad adottare un approccio preventivo, le conseguenze potranno rivelarsi assai più gravi, sia in senso finanziario che da un punto di vista più generale. E’ inaccettabile – e francamente irresponsabile – che l’Unione europea a 25 metta a disposizione meno denaro dell’Unione europea a 15.
Può dirci il Commissario a che punto è la direttiva sui servizi sanitari, e quando ci verrà presentata una bozza di proposta?
Karin Jöns (PSE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, anch’io ringrazio di cuore l’onorevole Trakatellis per l’eccellente relazione. In questo campo rendere giustizia nella misura del possibile agli interessi legittimi, conservando al contempo il necessario rigore, è davvero difficile. Mi rammarico, per esempio, che nel nuovo programma d’azione in materia di salute il cancro non sia più indicato esplicitamente come priorità.
Tuttavia, onorevole collega, nella sua relazione lei giustamente rileva la necessità di stanziare risorse adeguate per tutti gli obiettivi che ci siamo prefissi. Siamo tuttavia ancora molto lontani da tale condizione, a parte il fatto che oggi ci apprestiamo a respingere, in quanto del tutto inaccettabile, la proposta della Commissione per un programma d’azione comunitaria in materia di salute e tutela dei consumatori.
Anche per quanto riguarda la politica sanitaria, dall’Europa i cittadini si attendono più protezione, non meno protezione. Tra le priorità della politica europea da voi indicate, la politica sanitaria occupa il quarto posto; già da questa circostanza emerge l’urgente necessità di prevedere nuovamente un programma d’azione specifico per la salute.
Non riesco assolutamente a comprendere come la Commissione abbia potuto proporre un approccio al bilancio così meschino, o come il Consiglio possa pensare di tagliarlo ulteriormente. Oggi pertanto cerchiamo di rimediare a due errori capitali: vogliamo due programmi separati e vogliamo più denaro. Nel dire questo mi rivolgo soprattutto al Consiglio. Se l’ulteriore taglio che vorrebbe imporre dovesse tradursi in realtà, avremo a disposizione, per un’Unione composta in un prossimo futuro da 27 Stati membri, appena un terzo della precedente dotazione finanziaria. Inoltre, questa situazione ci impedirebbe sia di soddisfare adeguatamente le esigenze della prevenzione primaria e secondaria per alcune malattie, sia di tutelarci in qualche modo dai pericoli delle malattie connesse alla globalizzazione.
Frederika Brepoels (PPE-DE). – (NL) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, anch’io naturalmente vorrei innanzi tutto congratularmi con l’onorevole Trakatellis non solo per la splendida relazione, ma soprattutto per aver sempre trovato il tempo di ascoltare tutti i colleghi, ansiosi che nella relazione trovassero spazio e voce le loro preoccupazioni. La relazione è un documento molto importante, in quanto definisce per i prossimi sei anni i programmi d’azione comunitaria in materia di salute pubblica – programmi che i singoli Stati membri non potrebbero completare da soli. Possiamo senz’altro dire che il relatore è brillantemente riuscito a combinare tra loro tutti gli aspetti pertinenti e specifici di un settore vasto e delicato come quello della salute pubblica.
Sono particolarmente lieta che per la prima volta sia possibile inserire nelle azioni la medicina complementare e alternativa; in tal modo i cittadini potranno compiere scelte più informate e responsabili in merito alla propria salute. Non ignoro certo che le medicine alternative sono spesso accolte con scherno e derisione, ma i numerosi pazienti che ne hanno tratto beneficio sono ovviamente di ben altro parere. In ogni caso, la Commissione cita un dato in base al quale almeno il 30 per cento della popolazione e alcune centinaia di migliaia di medici e terapisti richiedono l’uso di tali metodi alternativi.
Una miglior conoscenza della medicina complementare costituirà un grande progresso per la salute pubblica; approvo senza riserve che sia stato affrontato su scala europea il problema della penuria di organi. Sia la messa a punto di piattaforme comuni tra donatori e riceventi, sia lo sviluppo di attività tese a migliorare la sicurezza e la qualità degli organi, possono contribuire a migliorare la situazione in questo campo in tutta l’Unione europea.
In qualità di membro della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, desidero far notare soprattutto che sulla salute incidono fattori ambientali; assai spesso, per esempio, i cittadini ignorano gli effetti dell’esposizione a determinate sostanze tossiche. Informazioni chiare, suffragate dalla ricerca scientifica, sarebbero molto utili per scongiurare tali sofferenze ed evitare equivoci.
Il programma d’azione prevede misure specifiche in tema di prevenzione, individuazione, presa di coscienza e informazione sulle malattie gravi. Come membro del gruppo “Parlamentari europei contro il cancro”, recentemente istituito in seno al Parlamento, non posso non plaudire a questi concreti passi avanti. C’è un punto però che, al pari di altri colleghi, stento ad accettare.
Fino a quando non verrà raggiunto un accordo sulle prospettive finanziarie per il prossimo periodo, il dibattito su questo programma d’azione è destinato a rimanere puramente accademico. Ma nonostante questo le esigenze sono notevoli e le ambizioni ancor più vaste; nei prossimi mesi il Parlamento dovrà quindi battersi per rendere disponibili i fondi necessari.
(Applausi)
Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE). – (PL) Signor Presidente, benché i servizi sanitari rientrino nelle competenze degli Stati membri, l’Unione europea deve sfruttare al meglio le opportunità di cui dispone per integrare, nell’interesse dell’intera Comunità, le azioni intraprese a livello nazionale. Per tale motivo è intollerabile che per i prossimi anni il bilancio dell’Unione tagli le spese in settori che incidono sulla qualità della vita dei cittadini, tra cui, in particolare, l’assistenza sanitaria.
L’Unione europea può e deve contribuire a proteggere la salute e la sicurezza dei propri cittadini, soprattutto da quando il recente allargamento ha inasprito lo squilibrio tra gli Stati membri in materia di sanità. Le profonde disparità che si registrano in fatto di speranza di vita, salute e accesso all’assistenza sanitaria sono strettamente connesse al livello di sviluppo dei singoli Stati membri.
Nuovi programmi di assistenza sanitaria, che si propongano lo scopo generale di migliorare la salute dei cittadini e di assicurare la prevenzione nel senso più ampio del termine, dovranno cancellare tali squilibri. Tutti gli esponenti politici dell’Unione europea devono prefiggersi l’obiettivo di raggiungere elevati livelli di assistenza sanitaria. In particolare, si deve agire per ridurre le disuguaglianze che si registrano tra i vari Stati membri, per quel che riguarda la possibilità di accedere all’assistenza sanitaria nonché la qualità dell’assistenza stessa; a tale scopo occorrerà introdurre standard comparabili e aumentare la trasparenza dei sistemi sanitari nazionali. Il nuovo programma potrebbe risultare particolarmente utile nel caso di minacce transfrontaliere alla salute pubblica, in quanto renderebbe possibile realizzare strategie e azioni comuni per proteggere la salute e la sicurezza ed eliminare qualsiasi minaccia, promuovendo inoltre gli interessi economici dei cittadini connessi alla sanità e riducendo il costo dell’assistenza sanitaria stessa per i cittadini. Un migliore scambio di informazioni sui servizi medici disponibili, unito all’opportunità di ottenere il rimborso delle spese sostenute su tutto il territorio dell’Unione europea, stimolerà pure la mobilità dei pazienti e dei professionisti della sanità, come fa correttamente notare l’onorevole Trakatellis, autore di quest’importantissima relazione.
Christofer Fjellner (PPE-DE). – (SV) Signor Presidente, ho fatto numerose osservazioni sul programma della Commissione in materia di salute, sollevando un certo scompiglio; penso tuttavia che esso sia veramente degno di elogio, e desidero quindi ringraziare non solo il Commissario Kyprianou, ma anche l’onorevole Trakatellis.
Ho sempre ritenuto del tutto evidente che la salute è un problema essenzialmente di competenza degli Stati membri; constato con soddisfazione che la maggioranza dei colleghi condivide tale opinione. Quel che facciamo a livello di Unione europea deve fornire un chiaro valore aggiunto ai pazienti. Mi sono interessato a tre aspetti di questo tema; per essi mi sono battuto, e su di essi voglio soffermarmi ora. In primo luogo, ricordo il punto di partenza di questa relazione, secondo cui l’elemento più importante è – e deve sempre essere – l’impegno di ogni persona rispetto alla propria salute. In fatto di assistenza sanitaria e di lavoro in campo sanitario, noi esponenti politici dobbiamo sempre considerare i cittadini, anche quando sono malati, come persone adulte dotate di diritti e doveri, tra cui il diritto di controllare la propria vita e la propria assistenza sanitaria. Non dobbiamo dimenticare che un attivo coinvolgimento nella propria salute è sempre la miglior medicina; è deprecabile quindi che i socialdemocratici desiderino eliminare proprio le espressioni tese a incoraggiare tale attivo coinvolgimento nella propria salute.
Noi, deputati al Parlamento europeo, dobbiamo inoltre agevolare la circolazione all’interno dei paesi e tra un paese e l’altro, affinché ognuno possa cercare l’assistenza e le cure che più lo convincono. Attualmente, nell’Unione europea coloro che godono della minor libertà di circolazione sono proprio coloro che più ne hanno bisogno, ossia i pazienti. Per loro i confini europei sono altrettanti muri di Berlino, che impediscono di ottenere le cure necessarie; per loro la libera circolazione può diventare questione di vita o di morte. Non dobbiamo credere che gli aspetti più importanti di una società giusta si possano regolamentare e organizzare per mezzo dell’economia pianificata, ossia di un modello economico che si è chiaramente dimostrato il più distruttivo per la creatività e per una saggia gestione. Dobbiamo promuovere la libertà di scelta e di circolazione.
Occorre inoltre compiere sforzi affinché l’accesso alle informazioni fornite dai servizi sanitari sia migliore per tutti: per noi, in quanto organo decisionale, per coloro che sono chiamati ad applicare le decisioni e soprattutto per gli utenti dei servizi stessi. Dobbiamo essere in grado di confrontare i risultati e non solo i costi, come avviene oggi. Questa svolta si rende necessaria non solo per consentirci di imparare dalle esperienze reciproche, ma anche per permettere ai pazienti di fruire della libertà di circolazione e di scelta garantita loro dalla Corte di giustizia delle Comunità europee. E’ una svolta che andrebbe a vantaggio dei pazienti europei.
All’incirca fino all’epoca della Seconda guerra mondiale, le persone che venivano a contatto con i servizi sanitari erano vittime: di frequente stavano meglio prima di chiamare il dottore che dopo averlo chiamato. Grazie allo sviluppo dei metodi terapeutici e all’uso dei medicinali, siamo poi diventati pazienti dei nostri sistemi sanitari. Sono tuttavia convinto che, in un futuro non troppo lontano, diventeremo consumatori di assistenza sanitaria, e dobbiamo contribuire appunto a questo mutamento di prospettiva: ieri vittime, oggi pazienti, domani consumatori di assistenza sanitaria. Sarebbe questa un’evoluzione meravigliosa che, a mio avviso, ci renderebbe non solo più sani, ma anche più liberi.
David Casa (PPE-DE). – (MT) Anch’io desidero unirmi ai colleghi nel ringraziare l’onorevole Trakatellis per l’ottimo lavoro che ci ha presentato oggi. Per ogni governo l’istituzione di un sistema sanitario rappresenta una priorità, dal momento che il settore sanitario è importante per tutti, senza eccezioni; è un settore che non conosce frontiere e che è centrale per ogni paese. La Carta dei diritti fondamentali sancisce questi principi e sottolinea con forza che l’Unione europea deve considerare il sistema sanitario con la necessaria attenzione e conferirgli la dovuta priorità. L’Unione europea ha il dovere di intervenire per migliorare il sistema sanitario pubblico, contribuire alla prevenzione di malattie contagiose e cercare di eliminare qualsiasi rischio si profili all’orizzonte sanitario della Comunità. E’ importantissimo perciò esaminare il programma d’azione comunitaria in materia di salute con spirito obiettivo e analitico, concentrandoci esclusivamente su questo settore specifico. Non possiamo accettare di avere un unico programma per due settori differenti, ancorché reciprocamente connessi; in tal caso, temo, alcuni elementi essenziali rischierebbero di andare perduti, e si farebbe più male che bene. Le mie considerazioni valgono anche per il programma sulla tutela dei consumatori, che è di per sé un tema complesso, cui occorre dedicare un’attenzione specifica. Noi vogliamo un programma che, da un lato, avvicini tra loro i sistemi sanitari dei vari paesi, e dall’altro aiuti ogni paese a realizzare i propri distinti obiettivi. Non si può inoltre trascurare la particolare importanza da annettere al caso delle persone che soffrono di malattie croniche o disabilità; dobbiamo evitare che esse vengano emarginate ma, ancor più, dobbiamo garantire loro un’elevata qualità della vita. Chi è afflitto da tali difficoltà deve avere la possibilità di fruire di un’assistenza che ne agevoli l’esistenza, oltre che di programmi di ricerca che migliorino le condizioni di vita. Dobbiamo inoltre tener presente l’importante ruolo svolto da coloro che assistono le persone con disabilità, ed è quindi necessario approntare dei programmi che consentano a chi fornisce tale assistenza di acquisire la formazione necessaria per svolgere il proprio compito con maggiore efficienza. Abbiamo un programma che costituirà un importante strumento e permetterà ai pazienti di fruire di trattamenti terapeutici e di medicinali della più alta qualità; abbiamo un programma che educherà gli europei, aiutandoli a compiere scelte migliori nell’interesse della propria salute. Questo programma contribuirà a ridurre gli squilibri che, in fatto di assistenza sanitaria, si registrano tra i vari paesi dell’Unione europea, per garantire a ognuno di essi un livello di servizi più elevato. Certo, dovremo affrontare una sfida: una sfida che si risolverà quando avremo una prevenzione efficace, un servizio sanitario più efficiente e una migliore qualità della vita.
Péter Olajos (PPE-DE). – (HU) Signor Presidente, per prima cosa desidero ringraziare l’onorevole Trakatellis per il suo eccellente ed esauriente lavoro.
La salute è il nostro bene più importante, e perciò è positivo che anche l’Unione europea se ne occupi. Concordo con l’opinione espressa dall’onorevole Fjellner, e in qualità di deputato proveniente da un nuovo Stato membro sono lieto di constatare che i settori della tutela della salute e della tutela dei consumatori sono stati separati; nel nostro paese, infatti, tali ambiti devono affrontare problemi completamente differenti.
Non basta vivere a lungo; è altrettanto importante conservare la salute il più a lungo possibile. Giudico quindi particolarmente positivo che questo programma si concentri sullo sforzo di prolungare il più possibile la speranza di vita sana dei cittadini, in quanto una lunga vita sana è un elemento cruciale per il benessere dei cittadini europei.
Alla luce delle sfide demografiche che oggi dobbiamo affrontare, tutto ciò riveste grande significato anche per la sostenibilità dei sistemi di assistenza sociale. Questo è un compito particolarmente importante per l’Ungheria, dove la speranza di vita sana è inferiore di dieci anni rispetto ai vecchi Stati membri dell’Unione. Il nuovo programma deve perciò comprendere uno sforzo specifico, mirante a ridurre le differenze nel livello di salute tra i cittadini dell’Unione europea.
Il nostro compito più importante è garantire la prevenzione, che d’altra parte costituisce una priorità di questo programma. Per tale motivo l’emendamento da me proposto suggerisce di concentrare il programma sulla salute dei bambini e dei giovani, poiché uno stile di vita sano, adottato nel primo periodo della vita, è un elemento decisivo per la prevenzione dei problemi che potrebbero insorgere in seguito.
Infine, vorrei richiamare l’attenzione sul fatto che ogni centesimo speso per migliorare la salute dei cittadini frutterà un utile assai maggiore. Per il denaro dei contribuenti europei sarebbe difficile trovare un investimento più redditizio della salute; spero perciò che si renderanno disponibili le risorse finanziarie indispensabili per realizzare adeguatamente il programma in esame.
A nome di tutti, vorrei ringraziare ancora una volta l’onorevole Trakatellis per il suo meticoloso lavoro; mi auguro che riusciremo ad attuare tutte le misure contenute nel programma.
Richard Seeber (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, anch’io vorrei esordire con un ringraziamento all’onorevole Trakatellis, che ha svolto un lavoro davvero ottimo. Desidero inoltre ringraziare il Commissario, in quanto anche la Commissione ha operato bene, soprattutto per quanto riguarda l’influenza aviaria, che è strettamente connessa a questi temi.
La salute è certo il settore che interessa maggiormente tutti noi e – com’è ovvio – i nostri cittadini. Si osserva naturalmente che negli ultimi anni la speranza di vita è straordinariamente cresciuta; dai dati emerge che dal 1840 in poi la speranza di vita è costantemente aumentata di 2,5 anni ogni decennio. Questo naturalmente comporta anche nuove sfide per i nostri sistemi sociali e sanitari. Ciò significa che riusciamo a raggiungere un’età più avanzata, ma dobbiamo anche preoccuparci – soprattutto in una prospettiva politica e medica – che questa maggiore speranza di vita si traduca in un periodo più lungo di buona salute, in modo che i cittadini non solo vivano più a lungo, ma rimangano anche più sani.
Ci attendono nuove sfide, che in parte abbiamo già menzionato: penso ad esempio all’influenza aviaria, che potrebbe mutarsi in una pandemia e porre l’Europa di fronte a problemi del tutto nuovi. In questo campo dobbiamo quindi prepararci per poter effettuare gli interventi giusti al momento giusto. Ricordo anche che è necessario mantenere all’ordine del giorno i problemi connessi all’AIDS, al cancro, al diabete e alle malattie cardiovascolari, patologie che rappresentano ancora un grave pericolo per i nostri cittadini.
Occorre ribadire con chiarezza che in campo sanitario le competenze essenziali rimangono ovviamente agli Stati membri. In una prospettiva europea, dobbiamo chiederci dove possiamo concretamente apportare questo celebrato valore aggiunto europeo; dove cioè l’Europa può contribuire a garantire ai cittadini una vita più lunga e più sana. Un campo adeguato può essere certamente l’elemento transnazionale: le malattie non si fermano ai confini.
Un altro elemento è senz’altro rappresentato dalla conoscenza. A questo proposito vorrei citare un dato: le conoscenze nel campo della medicina hanno conosciuto un fortissimo sviluppo, che naturalmente comporta dei costi. Se applicassimo al giorno d’oggi lo stato delle conoscenze dell’epoca di Bismarck, si spenderebbe solo l’1 per cento del nostro bilancio sanitario; il rimanente 99 per cento riguarda conoscenze acquisite successivamente. Ciò naturalmente significa anche che la salute costa denaro; sostengo quindi con forza il relatore, che chiede 1,5 miliardi di euro all’Unione europea; non possiamo architettare programmi sanitari molto ambiziosi e poi negare i finanziamenti necessari.
Un ulteriore aspetto è il settore complessivo della prevenzione; come ho già fatto notare, la vita media si allunga. Di conseguenza, stili di vita sani e prevenzione si svilupperanno insieme. Cosa ancor più importante, in questo campo occorre un vasto lavoro di ricerca, per dare nel lungo periodo basi solide al nostro bilancio sanitario.
Nel complesso ci siamo avviati sulla strada giusta, ma non dobbiamo chiudere gli occhi di fronte alle sfide che ci attendono.
Markos Kyprianou, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare gli onorevoli deputati per questo interessantissimo dibattito. Mi limiterò a qualche breve osservazione.
Comincio con la questione delle agenzie: anch’io ritengo che il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (CEPCM) e lo European Influenza Surveillance Scheme (EISS) rappresentino due politiche di grande importanza, ma il loro sviluppo non deve avvenire a spese di altre politiche sanitarie. Se non incrementiamo i finanziamenti ci troveremo di fronte a una scelta impossibile: finanziare completamente le due agenzie e rinunciare a tutto il resto, oppure dividere il denaro, e neanche questa, a mio avviso, sarebbe un’opzione valida. Il problema dunque riveste enorme importanza.
Per quanto riguarda i finanziamenti, desidero ringraziare gli onorevoli deputati per il loro sostegno. Considerato il modo in cui l’Unione opera nel settore sanitario, ricorrendo perlopiù a iniziative non legislative, occorre più denaro. Quando si legifera, è molto più facile inviare le proposte adottate e attendersi che gli Stati membri le applichino; se però si vogliono prendere altre iniziative – coordinamento, raccomandazioni, scambio di buone prassi – allora servono più risorse. Sono d’accordo sull’opportunità di non interferire nelle competenze degli Stati membri. Ci concentreremo su quei settori in cui possiamo ottenere un valore aggiunto europeo, agendo a livello europeo; in effetti, è quello che sta facendo il programma.
I servizi sanitari rientrano nelle competenze degli Stati membri: su questo non si discute. Se però vogliamo che l’Unione sia guidata dalla solidarietà, a mio parere non possiamo accettare le disuguaglianze che si registrano oggi, in campo sanitario, nell’Unione europea, dove da uno Stato all’altro la speranza di vita varia di più di dieci anni.
La mobilità dei pazienti è un tema importante, con cui dobbiamo confrontarci e sul quale presenteremo alcune proposte. Il nostro obiettivo, però, dev’essere quello di offrire ai pazienti un trattamento di alto livello nel luogo dove abitano, dove hanno la loro famiglia e di cui parlano la lingua. E’ un traguardo che si può cogliere tramite programmi di centri di riferimento, scambio di buone prassi, coordinamento tra gli Stati membri, coordinamento dei sistemi di assistenza sanitaria e collaborazione per portare il servizio al livello migliore. Ripeto che ciò non costituirebbe un’interferenza nelle questioni delle competenze e della sussidiarietà.
Non ci occupiamo solo di quei settori della medicina che riscuotono grande successo commerciale; al contrario, vi ricordo che il programma riguarda anche le malattie rare, nonché i farmaci non registrati. Anche questo è un settore che ci sforziamo di promuovere.
Per quanto riguarda il tabacco, sono pienamente d’accordo, e sarei anzi felice se potessimo tenere un dibattito specifico sul problema del tabacco. Quel che si è detto sulle sovvenzioni è giustissimo, ma vorrei aggiungere che le sovvenzioni saranno gradualmente eliminate: una decisione in questo senso è già stata presa. Tuttavia, il fondo per il tabacco che abbiamo finanziato con campagne a livello europeo riceve denaro tramite tali sovvenzioni. Quando le sovvenzioni saranno state eliminate, non vi sarà più denaro per campagne dedicate al tabacco su scala europea; ancora una volta, quindi, ci troviamo in una situazione impossibile e spero che riusciremo a trovare una soluzione nel prossimo futuro.
In merito all’alcol, vi ricordo che entro la fine di quest’anno, o forse dopo l’estate, presenteremo la proposta di strategia comunitaria per la strategia europea sull’alcol. Ho preso nota anche delle osservazioni che sono state espresse sui pesticidi.
Quanto al finanziamento, mi rivolgo all’onorevole Doyle: ho parlato di “errore di contabilità” – o almeno mi auguro che si tratti di questo – perché non riesco a credere che si sia deciso intenzionalmente di tagliare i finanziamenti alla sanità e alla protezione dei consumatori. Spero che, nel quadro dell’accordo globale, qualcuno abbia notato l’impatto che il compromesso avrebbe su questi due settori specifici, in modo che sia possibile correggerlo. Se la cosa è stata intenzionale, me ne rammarico profondamente, e non ho molto altro da aggiungere.
Prendo nota delle osservazioni che sono state fatte sul tema della medicina complementare; a nostro avviso essa rientra piuttosto nel campo della sussidiarietà. La proposta della Commissione non entra nel merito di specifici settori della medicina.
Passando all’ambiente e alla salute – mi rivolgo ora all’onorevole Ries – disponiamo già di alcune misure nell’ambito del corrente programma; esse rimarranno in vigore nel quadro di un nuovo programma, soprattutto per quanto riguarda le determinanti della salute di natura ambientale.
In merito alle varie malattie, vi posso assicurare che la nostra priorità fra tutte le malattie è costituita dal cancro. Abbiamo incluso una nuova misura che riguarda l’attenuazione dell’onere economico che grava sui cittadini europei in quanto pazienti; tuttavia, nella convinzione che un programma settennale esigesse maggiore flessibilità, non abbiamo inserito un elenco di malattie specifiche. Questo elenco potrebbe però emergere dalle diverse decisioni da prendere nel corso del programma; un elenco che comprendesse alcune malattie finirebbe per escluderne altre, e in materia desideravamo un approccio più flessibile.
Ricordo agli onorevoli deputati che presenterò una proposta più dettagliata sulla strategia sanitaria, che si baserà sul programma il quale a sua volta terrà conto dei finanziamenti disponibili. Otterremo in tal modo un’ampia e articolata strategia, elaborata insieme ai cittadini e alle parti interessate.
Concludo ringraziando ancora una volta l’onorevole Trakatellis per l’ottimo lavoro che ha compiuto, e insieme a lui ringrazio i membri della commissione parlamentare. Vi ringrazio nuovamente per il sostegno che ci avete offerto in questo fondamentale settore politico.
(Applausi)
Presidente. – La discussione è chiusa.
Noi tutti ringraziamo ancora una volta l’onorevole Trakatellis per il suo eccellente lavoro.
La votazione si svolgerà oggi, durante il turno di votazioni.
La Commissione può accettare in parte gli emendamenti nn. 16, 31, 32, 56, 57 e 90.
La Commissione può accettare gli emendamenti nn. 10, 14, 23, 26, 27, 28, 29, 39, 46, 50, 63, 67, 71, 73, 79, 81, 91, 110, 115, 116, 118 e 137 con alcune modifiche.
La Commissione non può accogliere gli emendamenti nn. 5, 33, 47, 54, 58, 64, 68, 82, 83, 89, 95, 96, 98, 104, 105, 112, 128, 130, 141, 142, 143, 145, 147, 148, 150, 151, 152, 153, 154, 155, 156 e 157.
La Commissione respinge gli emendamenti nn. 1, 2, 3, 15, 18, 19, 37, 38, 40, 41, 42, 43, 45, 48, 49, 52, 53, 62, 74, 75, 76, 77, 87, 92, 93, 94, 97, 107, 109, 114, 117, 121, 125, 127, 129, 131, 133, 134, 136, 138, 140 e 144, principalmente per ragioni dovute alle votazioni per parti separate o alle risorse.
(Gli emendamenti sottolineati sono emendamenti nuovi presentati dai gruppi politici l’8 marzo 2005.)
Posizione della Commissione sugli emendamenti del Parlamento: cfr. Processo verbale.
6. Programma d’azione comunitaria (2007-2013), aspetti dei consumatori (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0032/2006), presentata dall’onorevole Thyssen a nome della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma d’azione comunitaria in materia di salute e tutela dei consumatori (2007-2013) – aspetti dei consumatori [COM(2005) 0115 – C6-0225/2005 – 2005/0042B(COD)].
Prima di dare la parola al Commissario, desidero comunicarvi che abbiamo a disposizione per la discussione solo una ventina di minuti, prima del turno di votazioni. Comprenderete che, in tali circostanze, non potremo portare a termine la discussione. Ho preferito dirvelo subito. Sarò costretto a sospendere la discussione.
Markos Kyprianou, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, desidero innanzi tutto ringraziare la relatrice, onorevole Thyssen, i deputati al Parlamento europeo e i membri della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori per l’ottima e stretta collaborazione instaurata, nonché per il sostegno che hanno dato al programma sui consumatori.
Mi scuso in anticipo se ripeterò alcuni punti che ho già illustrato in relazione agli aspetti sanitari del programma. Tuttavia, considerato che abbiamo due discussioni distinte, è importante ribadire alcune osservazioni anche per quanto attiene agli aspetti dei consumatori.
Anche il problema del bilancio è simile: se il bilancio viene ridotto, diventa necessario ridurre le politiche; inoltre, anche qui avremo a disposizione meno fondi per l’Europa a 27, ovvero 25 più 2, di quanti ne avevamo nell’Europa a 15.
Nell’era della tutela dei consumatori, in un momento in cui dobbiamo prendere iniziative forti, soprattutto nei nuovi Stati membri e nei paesi di prossima adesione, la riduzione dei fondi sarà fonte di gravi problemi e penalizzerà, naturalmente, l’assistenza che potremo offrire alle organizzazioni dei consumatori, specialmente per il finanziamento di progetti e la formazione del personale.
Sempre a questo proposito, vorrei richiamare ancora una volta la vostra attenzione sulla lettera che il Presidente Barroso ha inviato al Presidente Borrell e nella quale sollevava tali preoccupazioni, spiegando che il compromesso, se confermato, comporterà un taglio dei fondi rispetto al 2006 e renderà necessari maggiori sforzi. Anche qui, come già in campo sanitario, se i fondi disponibili saranno tagliati o ridotti in misura consistente, non sarà possibile distribuirli in piccola parte tra un gran numero di iniziative; saremo invece costretti a riconsiderare i nostri interventi e a stabilire priorità, decidendo dove intendiamo concentrare la nostra azione e individuando in quali ambiti possiamo ottenere i benefici maggiori. Spero che sarà ancora possibile modificare questo stato di cose, che alla fine saranno disponibili i fondi necessari e che potremo quindi finanziare il programma così come era stato proposto.
Sulla suddivisione dei programmi, devo ribadire che comprendo pienamente la posizione della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori su questo punto. Capisco perché essa preferirebbe avere due programmi separati. Come ho detto prima, crediamo che potremmo creare valore aggiunto optando per un programma congiunto ma nettamente distinto tra gli aspetti sanitari e gli aspetti dei consumatori, il quale ci permetterebbe di beneficiare delle aree comuni e di realizzare migliori economie di scala.
Tuttavia, visto che i negoziati sulle prospettive finanziarie sono tuttora in corso, è possibile, anzi certo, che la posizione della Commissione sulla suddivisione del programma ne esca in parte modificata. Al momento attuale, quindi, non possiamo prendere una decisione definitiva sulla suddivisione del programma e siamo costretti a respingere gli emendamenti che la riguardano. La Commissione riconsidererà la questione al termine della discussione sulle prospettive finanziarie. Ribadisco che il Parlamento ha espresso molto chiaramente i propri desiderata e da parte mia ho preso buona nota della posizione molto forte – pressoché unanime – del Parlamento a questo riguardo.
Non commenterò gli emendamenti separatamente. Al Parlamento sarà consegnato un elenco completo della posizione della Commissione su ciascun emendamento e vi sarò grato se esso potrà essere inserito nel processo verbale di questa seduta(1).
Gli emendamenti che non possiamo accogliere riguardano perlopiù la suddivisione del programma, e li respingiamo o per il motivo che vi ho illustrato prima o perché essi esorbitano dall’ambito della politica comune per i consumatori. Non è che siamo in disaccordo sulla sostanza di queste proposte; piuttosto riteniamo che esse eccedano un po’ i limiti della politica comune per i consumatori. Inoltre, stante la situazione attuale, non saremmo in grado di finanziare alcune di esse.
Condividiamo la vostra posizione sulle altre questioni, in particolar modo sulla necessità di integrare la tutela degli interessi dei consumatori nelle altre politiche. Conto sul sostegno del Parlamento per garantire che gli interessi dei consumatori riceveranno adeguata attenzione in molte altre iniziative fondamentali attuate nel quadro della politica per i consumatori.
Vi ho così illustrato in sintesi la posizione della Commissione su questa materia. Mi auguro di assistere a una discussione molto interessante.
Marianne Thyssen (PPE-DE), relatore. – (NL) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, in qualità di relatrice della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori vi posso confermare esplicitamente ciò che, di fatto, era apparso ovvio già durante la discussione precedente. La nostra commissione è contraria a un programma integrato sulla sanità pubblica e la tutela dei consumatori e, con il sostegno della Conferenza dei presidenti, chiede un programma pluriennale separato per la tutela dei consumatori. Siccome non mi pare che il Commissario sia molto convinto, gli illustrerò nuovamente in sintesi le nostre motivazioni.
Le competenze comunitarie in queste due aree sono troppo diverse tra loro, e questo vale anche per gli obiettivi sociali delle associazioni della società civile interessate; la distribuzione interna delle competenze, anche negli Stati membri, è spesso in antitesi con un approccio integrato. Un paziente non può essere equiparato a un consumatore, e da parte nostra vorremmo quanto meno avere certezza sulla quota di bilancio disponibile per le questioni connesse con la tutela dei consumatori, nonché evitare che si verifichi una situazione tale per cui, in caso di una crisi di sanità pubblica, la tutela dei consumatori finirebbe per pagare le conseguenze, dal punto di vista dei fondi di bilancio, di un’urgenza sanitaria che normalmente verrebbe risolta per mezzo di uno strumento di flessibilità.
A dire il vero, data la mancanza di prospettive finanziarie, provo un leggero imbarazzo nel parlare oggi di questa relazione, perché non sappiamo nulla delle disponibilità di bilancio. Nel contempo sono profondamente consapevole del fatto che la portata del bilancio e il potenziamento dei contenuti del programma sono due facce della stessa medaglia. E’ tuttavia difficile limitare le nostre ambizioni nel campo della tutela dei consumatori: per anni, tutte le Istituzioni europee hanno usato la politica comune dei consumatori per dimostrare il forte impegno dell’Europa a favore della gente comune. In periodi di allargamento, quando è più che mai necessario dare al mercato interno una dimensione in termini di tutela dei consumatori, quando occorre far sì che l’Unione europea conservi il suo volto umano, bene, in momenti simili non possiamo restringere le nostre ambizioni nel campo della protezione dei consumatori senza che ciò abbia ripercussioni.
La presenza oggi in questa sede di tutte e tre le Istituzioni – e presumo che la Presidenza austriaca sia rappresentata in modo adeguato – è l’unico motivo per cui ritengo utile spezzare in questo momento una lancia a favore del mantenimento del bilancio così come indicato nella proposta della Commissione. Credo che dovremmo veramente attenerci a quelle indicazioni.
Insieme con l’onorevole Trakatellis della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, abbiamo accuratamente suddiviso il bilancio secondo uno schema di ripartizione usato dalla Commissione. Pertanto, alla protezione dei consumatori possiamo destinare un importo pari a 233 milioni di euro distribuiti in sette anni. D’intesa con il nostro negoziatore per le prospettive finanziarie, l’onorevole Böge, non abbiamo aggiunto nulla alla dotazione per la nostra commissione, ma non fraintendeteci: ciò non vuol dire in alcun modo che, in una fase successiva, ci accontenteremo di un importo inferiore. Le tre autorità di bilancio sono chiamate a interpretare questo messaggio alla lettera. Non ci accontentiamo di un importo inferiore, considerati l’importanza della materia in oggetto, l’ampliamento della sfera di competenza per effetto dell’allargamento e il ruolo fondamentale della fiducia dei consumatori ai fini del funzionamento del mercato interno.
Desidero ringraziare i colleghi della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori perché ci sostengono pienamente in tale richiesta, e anche perché siamo riusciti a concentrarci su due soli punti principali alla proposta della Commissione, che il Commissario ha peraltro illustrato in maniera eccellente.
1. Vogliamo, in primo luogo, che la procedura di programmazione sia più aperta e coinvolga gli Stati membri che difettano di una lunga tradizione nel campo della tutela dei consumatori, di un movimento dei consumatori, nonché della capacità di dar vita ad associazioni dei consumatori e di farle partecipare alla definizione della politica in questo settore.
2. In secondo luogo, un’attenzione particolare va riservata al fenomeno dell’invecchiamento della popolazione e ad altri gruppi vulnerabili di consumatori. Le persone esperte di legislazione in materia di tutela dei consumatori sanno che la legge non ci permette di dare risposte adeguate alle esigenze dei gruppi più vulnerabili, posto che essa, per definizione, si rivolge all’universalità dei soggetti. Però, nell’ambito di un programma per i consumatori, possiamo sicuramente focalizzare la nostra azione su determinati obiettivi, dando così soddisfazione ai consumatori vulnerabili – e questo è esattamente ciò che dobbiamo fare se vogliamo che la nostra sia una società sensibile e dal volto umano.
Questa è la prima relazione della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori in oltre dieci anni sulla quale il suo ex presidente, l’onorevole Whitehead, non ha preso la parola. Sentiamo molto la sua mancanza; pensando agli anni di cordiale e amichevole collaborazione avuti con lui, ho deciso di dedicargli questa relazione. Onorevoli colleghi, vi chiedo di sostenere tutte le nostre richieste, e anche alla Commissione e al Consiglio chiedo di appoggiare la nostra proposta. Vi ringrazio per la collaborazione, vi ringrazio per il rispetto che dimostrate nei confronti dell’onorevole Whitehead, perché glielo dobbiamo. Ho altresì un debito di riconoscenza con i membri del segretariato della nostra commissione, che hanno seguito l’iter della relazione con grande professionalità.
Signor Presidente, vorrei aggiungere alcune parole conclusive. E’ poco probabile che tutti i colleghi riusciranno a intervenire nella discussione prima della pausa per il pranzo; sarà quindi necessario trovare un accordo sulla votazione, dato che si applica la procedura di codecisione. Se non tutti hanno la possibilità di parlare prima di pranzo, propongo di rinviare la votazione alla tornata di Bruxelles della settimana prossima, poiché ritengo che non possiamo né consentire che siano le circostanze a determinare l’esito del voto, né votare su un argomento di questo tipo alla presenza di un numero esiguo di deputati. Questo è il mio suggerimento in qualità di relatrice.
Presidente. – Onorevole Thyssen, la sua richiesta di rinvio della votazione sarà sottoposta all’Assemblea tra un attimo, all’inizio del turno di votazioni, dal Vicepresidente che mi sostituirà.
Reinhard Rack (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, vorrei parlare anch’io della questione giustamente sollevata dall’onorevole Thyssen. Ieri abbiamo lamentato – peraltro a ragione – il fatto che gli oratori intervenivano e i Commissari prendevano la parola mentre i deputati stavano ancora entrando in Aula ed era praticamente impossibile sentire chi stava parlando. Ora ci ritroviamo nella stessa situazione.
Se il Parlamento non è capace di organizzare le discussioni in modo tale da rispettare i tempi previsti, oppure di prevedere un certo margine di tempo tra la votazione e la fine della discussione, allora dovremmo pensare seriamente a predisporre i nostri lavori in modo diverso. Su un punto, ad ogni modo, condivido appieno il suggerimento dell’onorevole Thyssen: la votazione va rinviata a un momento in cui i colleghi possono essere effettivamente presenti in Aula.
Presidente. – Onorevole Rack, comprendo le sue argomentazioni, però devo ricordare che è stato su richiesta della stessa relatrice, la quale, se non ho capito male, non può essere qui oggi pomeriggio, che abbiamo deciso di iniziare stamattina la discussione su questa relazione.
Do ora la parola ai relatori per parere.
Brigitte Douay (PSE), relatore per parere della commissione per i bilanci. – (FR) Signor Presidente, come nel campo della sanità, di cui abbiamo appena discusso, i 460 milioni di cittadini europei vogliono da noi una tutela sempre migliore anche nel loro ruolo di consumatori. Nel contesto delle crisi sanitarie passate e presenti, o nel contesto della globalizzazione, che non garantisce più la tracciabilità di tutti i prodotti, la politica europea di tutela dei consumatori assume quindi tutto il suo significato. Il mercato interno non può, infatti, funzionare a dovere senza la fiducia dei consumatori. Dimostrando agli europei che è sinceramente preoccupata della loro salute e sicurezza e che si sta realmente dotando degli strumenti necessari per passare all’azione, l’Unione europea può dare loro maggiore chiarezza in termini politici.
Vorrei ringraziare l’onorevole Thyssen per la qualità della sua relazione. La commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori ha proposto un bilancio di 233 milioni di euro distribuiti in sette anni e destinati specificamente all’azione di “protezione dei consumatori”. Tale dotazione, che è aumentata rispetto al programma corrente, è fondamentale per poter raggiungere gli obiettivi fissati, che sono molto ambiziosi in considerazione dei nuovi obblighi conseguenti all’allargamento. Ci auguriamo che queste azioni non subiranno tagli drastici in caso di prospettive finanziarie di minima, perché i cittadini europei hanno bisogno di un bilancio in grado di rendere praticabili le politiche che essi si attendono in risposta ai loro timori. Ciò non sarebbe possibile se l’Unione europea fosse costretta a una dieta da fame!
Deploro, tuttavia, che gli emendamenti sull’informazione e sulla lotta contro le contraffazioni approvati dalla commissione per i bilanci non siano stati accolti dalla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori. Dal punto di vista economico, però, le contraffazioni sono una vera e propria maledizione tanto per la salute quanto per la tutela dei consumatori. Esse colpiscono i grandi marchi, le piccole e medie imprese nonché tutti i settori dell’attività economica e umana: medicine adulterate, elettrodomestici difettosi, pezzi di ricambio scadenti, giocattoli pericolosi, cosmetici tossici sono solo alcuni esempi.
Ritengo importante che tra i compiti di una politica per la tutela dei consumatori vi sia quello di informare meglio i potenziali clienti dei falsari sui rischi che corrono. Per tale motivo, anche se la lotta contro le contraffazioni è compresa in altre azioni del programma, ancora una volta devo insistere su questo aspetto della tutela dei consumatori.
Aloyzas Sakalas (PSE), relatore per parere della commissione giuridica. – (LT) Mi congratulo con l’onorevole Thyssen per l’eccellente analisi del documento della Commissione europea. Dobbiamo altresì plaudire al fatto che i capigruppo del Parlamento europeo abbiano deciso di scindere il documento sulla tutela dei diritti dei consumatori dal documento sulla tutela della salute. Se così non fosse stato, la tutela dei consumatori avrebbe continuato a restare nell’ombra, oscurate dalla tutela della salute. Va però detto che la scissione del documento di per sé non significa una reale scissione di questi due problemi. Se non si distinguono i compiti di controllo su questi due sistemi, entrambi saranno poi governati da un’unica agenzia. La commissione giuridica è del parere che, per migliorare la tutela dei diritti dei consumatori, sia fondamentale integrare la tutela dei consumatori nel diritto civile. Per intanto, la Direzione generale della salute e tutela dei consumatori deve collaborare strettamente con la Direzione generale della giustizia e quella del mercato interno, dato che la tutela dei consumatori rientra in parte anche nelle responsabilità di queste direzioni generali. E’ del tutto evidente che, con l’ampliamento del mercato interno, diventa praticamente impossibile per i singoli paesi attuare la tutela dei diritti dei consumatori senza una stretta collaborazione con altri membri dell’Unione europea. Pertanto, anche l’Agenzia europea per la protezione dei consumatori deve cooperare attivamente con le agenzie nazionali, soprattutto con gli enti pubblici, visto che essi dispongono di tutti i dati sulle violazioni dei diritti dei consumatori. Dobbiamo riconoscere che i consumatori più vulnerabili sono i bambini e gli anziani, in quanto incapaci di tutelare efficacemente i propri diritti. Le agenzie devono riservare un’attenzione particolare a queste categorie di persone. La commissione giuridica ha presentato emendamenti che mirano al raggiungimento degli obiettivi testé indicati. Invito tutti ad approvare la relazione dell’onorevole Thyssen insieme con gli emendamenti proposti dalla commissione giuridica.
Presidente. – Onorevoli colleghi, ho un piccolo problema, che ora vi esporrò molto brevemente. Abbiamo appena ascoltato gli interventi dei relatori per parere delle commissioni competenti. Dovrei sospendere la discussione a questo punto, prima che inizino gli interventi a nome dei gruppi politici. Tuttavia, l’oratore che parlerà a nome del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, l’onorevole Stubb, non può essere qui oggi pomeriggio e ha chiesto se può intervenire adesso. Il suo tempo di parola è di tre minuti. Per una questione di equità, devo chiedere agli altri oratori che parleranno a nome dei gruppi, cioè l’onorevole Patrie per il gruppo socialista al Parlamento europeo, l’onorevole Malmström per il gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, l’onorevole Svensson per il gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica, l’onorevole Batten per il gruppo Indipendenza/Democrazia, l’onorevole Kristovskis per il gruppo “Unione per l’Europa delle nazioni” e l’onorevole Mölzer per il gruppo Non iscritti, se sono d’accordo di permettere all’onorevole Stubb di parlare stamattina. In caso di obiezione anche di uno solo dei colleghi che ho citato, non posso autorizzare l’onorevole Stubb a prendere la parola; se, invece, non ci sono obiezioni, egli potrà parlare per tre minuti.
Qualcuno dei sei deputati che ho testé citato è contrario a che l’onorevole Stubb parli adesso?
Nessuno è contrario. Vi ringrazio tutti. L’onorevole Stubb sarà dunque l’ultimo oratore di stamattina nel corso di questa discussione, che riprenderà alle 15.00.
Alexander Stubb, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN)
(Forti rumori di sottofondo nell’Aula)
Signor Presidente, secondo un vecchio detto swahili, non bisogna mai mettersi tra un fiume e un ippopotamo. Ho l’impressione di trovarmi proprio in una situazione del genere!
Ringrazio l’onorevole Thyssen per l’ottima relazione. A nome mio e del mio gruppo, esprimo il nostro pieno e incondizionato appoggio. Vorrei ora affrontare tre punti.
Primo: non credo che abbiamo bisogno di un programma per i consumatori separato per i nuovi Stati membri. Siamo un’unica, grande famiglia. Manteniamo fede a questa impostazione.
Secondo: dobbiamo migliorare la cooperazione, ma per farlo non c’è bisogno di una nuova agenzia. Chiedo quindi alla Commissione di non istituire un’altra agenzia.
Terzo: cerchiamo di mobilitare i consumatori e di ricordare che i fondi che destiniamo alla politica dei consumatori non sono poi una gran somma: 40 milioni di euro l’anno, ovvero lo 0,03 per cento del bilancio complessivo.
Concludo congratulandomi nuovamente con l’onorevole Thyssen per l’eccellente lavoro.
(Applausi dai banchi del gruppo PPE-DE)
Presidente. – La ringrazio per aver permesso all’ippopotamo di ritornare al fiume!
La discussione sulla relazione dell’onorevole Thyssen è sospesa e riprenderà oggi pomeriggio alle 15.00.
La Commissione può accogliere gli emendamenti nn. 13, 26, 28, 34, 35, 42, 43, 44, 47, 48 e 54.
Può accogliere in parte gli emendamenti nn. 10, 41 e 50.
La Commissione respinge gli emendamenti nn. 14, 17, 36, 37, 38, 39, 49, 56, 57, 58 e 59.
La Commissione respinge per motivi di votazione per parti separate gli emendamenti nn. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 9, 11, 15, 18, 19, 20, 27, 29, 30, 31, 32, 40, 45, 46, 51, 52, 53 e 55.
La Commissione respinge/può accogliere la parte relativa ai consumatori degli emendamenti nn. 8, 12 e 16.
La Commissione non può accogliere gli emendamenti nn. 21, 22, 23, 24, 25 e 33 per difetto di formulazione.
(Gli emendamenti sottolineati sono emendamenti nuovi presentati dai gruppi l’8 marzo 2005.)
Posizione della Commissione sugli emendamenti del Parlamento: cfr. Allegato.
7. Comunicazione delle posizioni comuni del Consiglio: vedasi processo verbale
PRESIDENZA DELL’ON. INGO FRIEDRICH Vicepresidente
8. Dichiarazione della Presidenza
Presidente. – Onorevoli colleghi, prima di passare alle votazioni vorrei comunicarvi un’importante dichiarazione della Conferenza dei presidenti riguardante l’arresto di esponenti dell’opposizione in vista delle prossime elezioni presidenziali in Bielorussia. Il 16 marzo la Conferenza dei presidenti ha rilevato che in quel paese venivano arrestati in numero sempre crescente politici dell’opposizione, giornalisti e attivisti delle organizzazioni non governative. La Conferenza dei presidenti deplora tali misure, che pongono una pesante ipoteca sulla natura democratica delle elezioni e sono contrarie a ogni principio democratico.
Seguono 17 nomi. Con il vostro permesso, vorrei leggerveli perché l’unica cosa che possiamo fare è aspettare e sperare che il fatto di pronunciarli ad alta voce in quest’Aula, nel Parlamento europeo, abbia qualche effetto.
Si tratta delle seguenti persone:
Siarhiej Malčyk
Viktar Sazonau
Vadzim Sarančukou
Andrej Pisalnik
Mikoła Lemianouski
Alaksiej Trubkin
Siaržuk Hudzilin
Jauhien Vaukauviec
Aleś Čyrejka
Vital Brouka
Vasil Leučanka
Tatsiana Klimovič
Dzimitry Šymanski
Ryhor Bakijevič
Anatol Labiedźka
Siarhiej Niarouny
Vincuk Viačorka.
Quattro altre persone, tra cui Pavieł Lachnovič, sono state arrestate a Pinsk e altre sei a Svietłahorsk.
La Conferenza dei presidenti chiede l’immediato rilascio di queste persone.
(L’Assemblea, in piedi, applaude lungamente)
Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Onorevoli colleghi, i cittadini della Bielorussia hanno iniziato una protesta silenziosa contro il regime dittatoriale che si è insediato nel loro paese accendendo candele nelle loro case il giorno 16 di ogni mese. In vista delle imminenti elezioni presidenziali di domenica prossima, a nome dei colleghi Petr Šťastný e Milan Gaľa vorrei chiedervi di accendere una candela nella vostra casa o nel vostro ufficio alle ore 16 in punto, come segno di solidarietà con la nazione bielorussa e di sostegno alla democratizzazione della società bielorussa. La candela è simbolo di speranza di una nuova vita e di un nuovo inizio, di libertà e democrazia. Sarebbe una splendida dimostrazione della solidarietà europea nei confronti della Bielorussia.
9. Turno di votazioni
Presidente. – L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.
(Per i risultati e ulteriori dettagli sulle votazioni: cfr. Processo verbale)
Marianne Thyssen (PPE-DE), relatore. – (NL) Signor Presidente, mi scuso se le rubo del tempo per parlare di questo punto, però l’elenco delle relazioni da votare prevede anche quella da me preparata, a nome della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, sul programma pluriennale nel settore della politica dei consumatori. Non siamo riusciti a concludere la discussione su questa relazione. Dato che non sono potuti intervenire neppure i relatori ombra della maggior parte dei gruppi, e in segno di rispetto nei confronti dei colleghi, le chiedo di disporre affinché il Parlamento non voti sulla mia relazione adesso, considerato che non avrebbe senso votare senza aver prima concluso la discussione, bensì prosegua la discussione oggi pomeriggio e voti durante la sessione di Bruxelles della settimana prossima. Trattandosi di una relazione sottoposta alla procedura di codecisione, non possiamo correre il rischio di votarla alla presenza di pochissimi deputati; dobbiamo invece assicurare che alla votazione possano partecipare quanti più colleghi possibile.
Evelyne Gebhardt (PSE). – (DE) Signor Presidente, il Commissario Kyprianou ci ha detto poco fa che non può accettare le proposte della commissione sulla differenziazione tra tutela della salute e tutela dei consumatori e che non può condividere neppure le proposte che faremo riguardo all’ambito di competenza. Sarebbe pertanto opportuno se potessimo manifestare il parere del Parlamento europeo su tali questioni con una maggioranza chiara, ampia e qualificata.
Le propongo quindi di non votare oggi pomeriggio bensì di rinviare la votazione alla sessione di marzo II.
(Applausi)
(Il Parlamento approva il rinvio della votazione sulla relazione Thyssen)
Mirosław Mariusz Piotrowski (IND/DEM). – (PL) Signor Presidente, intervengo in conformità degli articoli 29 e 30 del Regolamento del Parlamento europeo sulla dichiarazione fatta oggi dal Presidente del Parlamento, alle ore 10, in relazione alla ricostituzione del gruppo Indipendenza/Democrazia. In qualità di presidente dell’ufficio di tale gruppo, voglio dire quanto segue. Il gruppo Indipendenza/Democrazia del Parlamento europeo consta di 33 membri di dieci Stati. Questa composizione è stata confermata durante la riunione del gruppo del 14 marzo scorso, dopo la quale il gruppo non si è più riunito. Di conseguenza, non è stata avviata alcuna procedura legale per ricostituire il gruppo. Tutte le informazioni sulla ricostituzione del gruppo sono da considerarsi destituite di ogni fondamento e prive di qualsiasi efficacia giuridica. Il nuovo elenco dei membri del gruppo Indipendenza/Democrazia che è stato sottoposto al Presidente comprende i nomi di sette deputati polacchi, ma purtroppo non ci è stata data l’opportunità – a mio avviso, deliberatamente – di sottoscrivere tale elenco. Altri non l’avrebbero firmato se avessero saputo che esso non comprendeva deputati polacchi. Il fatto che sia stata compiuta un’azione così poco trasparente e contraria a qualsiasi principio democratico può avere un’unica motivazione: i soldi dei membri non invitati. Per questa ragione, come presidente dell’ufficio del gruppo Indipendenza/Democrazia chiedo che i fondi del gruppo siano congelati fino a quando la situazione sarà stata chiarita e definita per iscritto.
(Applausi a destra)
Presidente. – Ho preso nota della sua richiesta; devo rilevare però che le dispute interne ai gruppi non sono oggetto di discussione in plenaria.
(Applausi)
9.1. Programma d’azione comunitaria (2007-2013), aspetti sanitari (votazione)
Prima della votazione sull’emendamento n. 126
Kathy Sinnott (IND/DEM). – (EN) Signor Presidente, presento un emendamento orale che ho illustrato alla relatrice e agli altri relatori ombra e che mira ad aggiungere la parola “tracciabilità” negli emendamenti nn. 120 e 138.
Il nuovo testo dell’emendamento n. 120 sarebbe il seguente: “Promovendo la disponibilità, la tracciabilità e l’accessibilità, in tutta la Comunità, di organi e sostanze di origine umana di elevata qualità e sicuri, destinati a trattamenti medici”.
Il nuovo testo dell’emendamento n. 138 sarebbe il seguente: “Attività che contribuiscono a migliorare la sicurezza, la qualità e la tracciabilità di organi e sostanze di origine umana, ivi compresi il sangue, i suoi componenti e i suoi precursori”.
L’emendamento è motivato da considerazioni mediche ma anche da considerazioni di legittimità.
(Il Parlamento approva l’emendamento orale)
Gerard Batten (IND/DEM). – (EN) Signor Presidente, presento una mozione di procedura ai sensi all’articolo 151, paragrafo 3, del Regolamento. Quando lei ha chiesto se ci fossero obiezioni, mi sono alzato in piedi, ma lei ovviamente non era in grado di vedermi. L’articolo 151, paragrafo 3, del Regolamento così recita:
“Il Presidente decide in ordine alla ricevibilità degli emendamenti.
La decisione del Presidente sulla ricevibilità degli emendamenti non è presa sulla sola base delle disposizioni dei paragrafi 1 e 2 bensì sulla base delle disposizioni del Regolamento in generale”.
Per quanto riguarda il Regolamento in generale, c’è un altro articolo che stabilisce che le nostre procedure devono sempre essere trasparenti. Qui abbiamo 140 emendamenti diversi che l’onorevole Sinnott vorrebbe modificare – addirittura durante la loro discussione – per mezzo di un emendamento orale. E’ del tutto assurdo pensare di poter votare “sì” o “no” su 140 emendamenti diversi. Le chiedo quindi di interpretare il Regolamento nel senso di dichiarare gli emendamenti irricevibili e di sottoporli a votazione uno per uno.
Presidente. – Abbiamo preso nota di quanto lei ha detto, però il Parlamento segue da anni questa procedura.
9.2. Specialità tradizionali garantite di prodotti agricoli e alimentari (votazione)
– Prima della votazione
Francis Wurtz (GUE/NGL). – (FR) Signor Presidente, mi rendo conto che non è del tutto conforme alle regole, però le chiedo se non sarebbe possibile votare separatamente sull’emendamento n. 3 della prima relazione dell’onorevole Graefe zu Baringdorf. Inoltre, a proposito della seconda relazione dell’onorevole Graefe zu Baringdorf vorrei proporre subito di votare separatamente sull’emendamento n. 18. Questi due emendamenti fanno parte del pacchetto presentato dalla Commissione.
(Il Parlamento approva l’emendamento orale)
9.3. Protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e alimentari (votazione)
9.4. Documento strategico per l’allargamento (2005) votazione)
– Prima della votazione sul paragrafo 21
Zbigniew Zaleski (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, questo breve emendamento richiede una rapida spiegazione.
(EN) Signor Presidente, nel paragrafo 21 si legge “ritiene che una Turchia democratica e laica possa svolgere un ruolo costruttivo...”. Io propongo di cancellare il termine “laica” perché è ambiguo. Se parlassimo di Stato, governo o parlamento sarebbe corretto, ma parlando di “una Turchia laica” si intende l’intera nazione. Non abbiamo alcun diritto di chiedere che il popolo turco sia privato del rispetto per la sua religione.
Pensiamo alla nostra reazione se il parlamento azerbaigiano ci dicesse che sarebbe disposto a fornirci petrolio soltanto se fossimo tutti credenti o non credenti. Ritengo che sia scherzare col fuoco chiedere ad un popolo tale...
(Il Presidente interrompe l’oratore)
(Il Parlamento respinge l’emendamento orale)
Prima della votazione sull’emendamento n. 4
Jan Marinus Wiersma (PSE). – (EN) Signor Presidente, se il nostro emendamento deve contenere l’espressione “le consultazioni che hanno avuto luogo sotto la Presidenza lussemburghese”, vorrei inserire le parole “tenuto conto” in maniera che l’emendamento reciti: “tenuto conto delle consultazioni che hanno avuto luogo sotto la Presidenza lussemburghese”.
(Il Parlamento approva l’emendamento orale)
Prima della votazione sull’emendamento n. 15
Elmar Brok (PPE-DE), relatore. – (DE) Signor Presidente, l’approvazione del paragrafo 43 rende inutile l’emendamento n. 15. Il paragrafo 43 riguarda la denominazione Macedonia o ex Repubblica jugoslava di Macedonia e non occorre un altro paragrafo 43 bis sullo stesso argomento in quanto è già trattato.
(L’emendamento n. 15 decade)
9.5. Sessantaduesima sessione della Commissione dei diritti dell’uomo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (CDHNU, Ginevra) (votazione)
Prima della votazione sul paragrafo 5
Ana Maria Gomes (PSE). – (PT) Signor Presidente, abbiamo proposto che, alla fine della prima frase del paragrafo 5, sia inserito quanto segue: “and hopes that this participation is improved and strengthened in the future”, ossia
(EN) “e spera che tale partecipazione sia migliorata e rafforzata in futuro”.
Prima della votazione sul paragrafo 18
Ana Maria Gomes (PSE). – (PT) Signor Presidente, nel paragrafo 18, abbiamo proposto che, al centro della frase, sia inserito il riferimento al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
(Il Parlamento approva i due emendamenti orali)
9.6. Preparativi per la riunione COP-MOP sulla biodiversità e la biosicurezza (Curitiba, Brasile) (votazione)
Presidente. Con ciò si conclude il turno di votazioni.
10. Ordine del giorno e termini di presentazione: vedasi processo verbale
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) La Commissione ha proposto un programma d’azione comunitaria in materia di salute e tutela dei consumatori che abbina due precedenti programmi esistenti in tali ambiti partendo dalla premessa che ciò creerebbe sinergie tra i due. Così facendo, si trascura tuttavia il fatto che i due programmi si sovrappongono in termini di obiettivi, strategie e strumenti.
Il 30 giugno 2005, la Conferenza dei presidenti ha poi deciso di suddividere nuovamente il programma, per cui la presente relazione si riferisce unicamente al programma riguardante la salute che, ad ogni modo, aveva un campo di applicazione limitato e stanziamenti ridotti.
Superfluo dire che non vi è nulla di più importante della salute, e tutelarla è nell’interesse di tutti, senza eccezione alcuna. In questo contesto, la relazione sottoposta oggi al Parlamento amplia le competenze e propone di aumentare sia i fondi complessivi che i fondi specificamente destinati alle misure da attuare.
Siamo consapevoli del fatto che comunque resteremo ben lontani dai livelli che sarebbero necessari per soddisfare la domanda e l’interesse destato dal programma. Abbiamo però votato a favore della relazione in quanto migliora notevolmente la proposta formulata dalla Commissione.
Hélène Goudin, Nils Lundgren e Lars Wohlin (IND/DEM), per iscritto. (SV) La relazione raccomanda che l’Unione europea istituisca un programma comunitario in materia di salute per il periodo 2007-2013. Il Parlamento europeo sostiene che il bilancio per tale programma dovrebbe ammontare a 1 200 milioni di euro (laddove la Commissione indica 969 milioni di euro). La Lista di giugno è fermamente persuasa del fatto che i temi legati alla salute siano essenzialmente di competenza dei singoli Stati membri.
Diversi obiettivi che secondo il relatore dovrebbero essere inclusi nel programma, per esempio la lotta alle malattie causate da tabacco, alcol e regime alimentare scorretto, potrebbero essere perseguiti indipendentemente dagli Stati membri. In altre parole, non si tiene sufficientemente conto del principio di sussidiarietà.
Come è ovvio, occorre la cooperazione internazionale per quanto concerne, ad esempio, epidemie virali e complessi problemi medici. La cooperazione internazionale dovrebbe tuttavia concretizzarsi principalmente attraverso accordi multilaterali e nell’ambito del lavoro già intrapreso dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
Siamo contrari allo stanziamento di altre risorse a tal fine e, sulla base del ragionamento che precede, abbiamo scelto di votare contro la presente relazione.
Françoise Grossetête (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore del presente testo.
Sono particolarmente preoccupata dalla crescente resistenza dei batteri agli antibiotici, fenomeno che costituisce una minaccia reale. E’ dunque auspicabile potenziare la ricerca in questo campo e fornire informazioni ai pazienti spiegando loro i pericoli derivanti da un uso improprio di tali medicinali.
Uno dei grandi vantaggi dell’Unione europea è proprio lo scambio di dati, soprattutto nel campo delle malattie rare. Su questo punto, mi aspetto che vengano profusi maggiori sforzi per incoraggiare sinergie.
Tale programma di azione è altresì un’opportunità per affrontare il tema della mobilità dei pazienti. In Europa si creano situazioni paradossali. Ho incontrato, ad esempio, una paziente che abita a Strasburgo, la quale, per curare il tipo particolare di tumore dal quale è affetta, deve andare a Marsiglia, mentre lo stesso tipo di terapia è disponibile a cinque chilometri da casa sua. Purtroppo, però, l’istituto si trova a Kehl, in Germania.
E’ inoltre essenziale che i fondi corrispondano agli sviluppi.
Vi è infine un punto che non posso appoggiare, vale a dire la medicina complementare o alternativa. Tali pratiche non sono medicina, ma sicuramente rappresentano un’alternativa alla medicina. L’Unione europea deve concentrarsi sull’essenziale e non è corretto che contribuisca al finanziamento di questo tipo di pratiche.
David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Appoggio il piano di azione della Comunità sulla salute pubblica. Ritengo infatti che la salute sia un bene di importanza primaria e che la sua protezione riguardi tutti, senza eccezione alcuna.
Gli obiettivi del programma tutelano i cittadini dalle minacce che gravano sulla loro salute, promuovono politiche che conducono a uno stile di vita più sano e contribuiscono allo sviluppo di sistemi sanitari più efficaci ed efficienti.
Sostengo in particolare la sfida, che riguarda tutti, di contribuire a garantire una prevenzione più efficace, servizi sanitari più adeguati e una migliore qualità della vita. Colmare i divari esistenti tra i servizi sanitari degli Stati membri, creando nel contempo sinergie tra i servizi sanitari nazionali, dovrebbe essere riconosciuto come un aspetto importante del programma.
Evangelia Tzampazi (PSE), per iscritto. – (EL) Ho votato a favore del considerando 3 ter (nuovo) sulla definizione della durata di una vita sana, anche se ritengo che la versione inglese del testo sia scorretta perché utilizza la frase “disabily-free life expectancy indicator”, a differenza della traduzione greca che non pone tale problema.
Vorrei infatti sottolineare che la disabilità non comporta incapacità; implica invece un diverso stato di salute che dovrebbe essere tenuto presente quando si elaborano e applicano tutti i programmi e le politiche comunitari.
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. (PT) Lo scopo di questa proposta della Commissione è sostituire il regolamento (CEE) n. 2082/92 relativo alle attestazioni di specificità dei prodotti agricoli e alimentari con un nuovo testo che introduca una serie di semplificazioni e precisazioni conformemente alle norme dell’OMC.
Comprendo la necessità di emendare la legislazione comunitaria esistente in questo campo e concordo con la spinta impressa dalla proposta della Commissione, per cui voterò a favore della relazione Graefe zu Baringdorf.
In tale ambito, vorrei in particolare sottolineare gli emendamenti nn. 6 (in virtù del quale uno Stato membro può richiedere qualunque altra informazione, a condizione che la richiesta sia debitamente giustificata) e 13 (che stabilisce un termine per la richiesta di accreditamento da parte degli organismi di ispezione privati già in essere), in merito ai quali voterò a favore.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La specificità dei prodotti agricoli e alimentari beneficia della protezione comunitaria dal 1993. Ciò ha garantito che ai prodotti tradizionali con caratteristiche specifiche per quanto concerne produzione e preparazione fosse attribuito il giusto valore.
La relazione sottoposta alla nostra attenzione introduce moltissime semplificazioni e precisazioni in merito alle procedure e alle responsabilità delle varie autorità coinvolte nell’esame delle domande presentate.
Tale strumento è importante non solo perché consente di attribuire ai prodotti il valore che meritano, ma anche perché tutela i consumatori da pratiche sleali, assicurando in tal modo che il commercio si svolga in condizioni di equità.
Lo strumento contribuirà a creare valore aggiunto nelle zone rurali dell’Unione europea e, nel farlo, creerà nuove zone di interesse per il turismo, il che comporterà, a cascata, effetti socioeconomici molto positivi sia per le attività legate al turismo che per la crescita e la coesione territoriale dell’Unione.
Da ultimo vorrei sottolineare che è fondamentale attribuire ai nostri prodotti tradizionali il loro giusto valore, salvandoli, se necessario, e proteggendoli, perché è nostro compito trasmettere intatto alle future generazioni il patrimonio che abbiamo riavuto.
Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. (SV) Ritengo che le denominazioni di origine per i prodotti agricoli e alimentari siano spesso utili in quanto, contrastando il predominio dei marchi commerciali dei colossi dell’OMC sul mercato globale, stimolano e sviluppano la produzione e il commercio locali. Sono tuttavia contrario ad una decisione dell’Unione europea che imponga l’etichettatura obbligatoria di tali prodotti. E’ un’operazione che, anche in futuro, dovrebbe essere volontaria.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione sulla proposta di regolamento del Consiglio concernente la protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine per i prodotti agricoli e alimentari in quanto stava diventando urgentemente necessario adeguare il nostro sistema di protezione dei produttori di specialità regionali ai vincoli dell’Organizzazione mondiale del commercio, come hanno dimostrato i negoziati di Hong Kong (Cina) dello scorso dicembre. Dobbiamo essere pronti a combattere in tale ambito poiché alcuni paesi, e segnatamente Stati Uniti e Australia, che sono all’origine del problema, non si arrenderanno facilmente. Dobbiamo consentire ai cittadini di paesi terzi un maggior accesso al sistema europeo e concedere loro gli stessi diritti garantiti ai cittadini dell’Unione europea in termini di formulazione di domande od obiezioni. Tutto considerato, l’Unione europea deve difendere le indicazioni geografiche con tutti gli strumenti a sua disposizione di fronte all’Organizzazione mondiale del commercio perché sono un fattore decisivo per creare valore aggiunto. Infine, nell’applicazione e alla luce delle quasi 300 domande ancora in sospeso, ora i servizi della Commissione europea devono agire più celermente nel riconoscimento di tali meccanismi di salvaguardia.
Mario Borghezio (NI), per iscritto. Abbiamo dato il nostro voto positivo alla relazione sulla proposta di regolamento del Consiglio perché con essa l’UE stabilisce un regime di tutela nei confronti dei produttori delle “specialità regionali” nel quadro delle produzioni agricolo-alimentare. E’ infatti estremamente importante per i nostri produttori padani che sia adeguatamente normato il campo di applicazione di tale regime di tutela tanto nella protezione delle denominazioni d’origine controllate tanto in quella delle indicazioni geografiche dei prodotti agricoli.
In questo quadro intendiamo però sottolineare la necessità che un particolare intervento di tutela venga posto in essere a favore dell’importantissimo settore della floricoltura europea che in Padania, e particolarmente nella provincia di Imperia, ha la sua zona di eccellenza.
Vi è infatti da segnalare il grave fatto che le misure di liberalizzazione doganale hanno finito per privilegiare la produzione floricola di paesi extraeuropei – come Israele, Kenia, Colombia, Ecuador, Zimbabwe e Sudafrica – che hanno visto aumentare in maniera esponenziale la loro quota di mercato a danno della produzione europea.
Occorre pertanto rinegoziare la politica degli accordi internazionali sulle importazioni e specificamente che
- non si concedano agevolazioni tariffarie alle produzioni di paesi terzi che non rispettino gli standard europei in materia di lavoro (compreso il lavoro minorile), ambiente, fisco....
(Testo abbreviato conformemente all’articolo 163 del Regolamento)
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Le indicazioni geografiche protette e le denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari offrono un contributo notevole al miglioramento degli standard di vita delle comunità delle zone rurali dell’Unione europea, Portogallo compreso.
Diffondendo l’idea che i regolamenti esistenti siano incompatibili con gli accordi commerciali internazionali, non da ultimi i famosi accordi TRIPS concernenti i servizi di proprietà intellettuale relativi al commercio, Stati Uniti e Australia stanno esercitando una pressione intollerabile. Lo stesso tribunale arbitrale dell’OMC ha stabilito che, in linea generale, sono invece compatibili con gli obblighi dell’OMC.
Detto questo, l’Unione europea è stata costretta a migliorare l’accesso dei paesi terzi al suo mercato. La Commissione, a sua volta, sta tentando di introdurre adeguamenti, che, nella maggior parte dei casi, il Parlamento ha deciso di migliorare, per contribuire alla tutela degli agricoltori e del mondo rurale.
In termini generali, noi accettiamo tali miglioramenti, e ciò spiega perché abbiamo votato a favore. Riteniamo infatti fondamentale che denominazioni di origine, indicazioni di geografiche protette e specialità tradizionali garantite siano difese.
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. (PT) Lo scopo di questa proposta della Commissione è sostituire il regolamento (CEE) n. 2082/92 relativo alle attestazioni di specificità dei prodotti agricoli e alimentari con un nuovo testo che contenga norme più chiare e semplici nel rispetto della decisione adottata dall’organo per la composizione delle controversie dell’OMC in risposta ai reclami depositati da Stati Uniti e Australia. Il termine per l’applicazione di tale decisione è il 3 aprile 2006.
Poiché comprendo la necessità di emendare la legislazione comunitaria in materia, concordo sulla spinta impressa dalla proposta della Commissione e, pertanto, voterò a favore della relazione Graefe zu Baringdorf.
Christa Klaß (PPE-DE), per iscritto. (DE) In un mondo di globalizzazione, standardizzazione e accesso universale al cibo, la consapevolezza della nostra origine, della nostra tradizione e, in ultima analisi, anche della nostra cultura costituisce una base corretta e solida sulla quale poter costruire e ulteriormente svilupparci. La tradizione europea e l’origine europea sono un’unità nella diversità, e tale diversità contraddistingue l’Europa, le sue regioni e, soprattutto, il suo popolo, che si è adeguato a condizioni regionali notevolmente diverse, dando vita a stili di vita e prodotti tradizionali. A etichette tradizionali e geografiche noi associamo idee e aspettative alquanto differenti.
Oggi i nostri prodotti sono commercializzati in tutto il mondo. Ciò rende tuttavia necessario regolamentare tali prodotti che si presentano al mondo piuttosto come “ambasciatori” di una città o una regione. Dobbiamo garantire che qualsiasi cosa stia dietro a un nome riconosciuto valido continui ad essere valido, e dobbiamo garantire che continui a esistere un collegamento tra la denominazione di un prodotto e la sua origine in una specifica regione. Tutto questo va regolamentato nella maniera più semplice possibile, ma con estrema efficacia. La presente relazione risponde a tale obiettivo sotto tutti gli aspetti.
Jean-Claude Martinez (NI), per iscritto. – (FR) Ispirato alle AOC (appelations d’origine contrôlée) francesi, lo strumento giuridico europeo per la protezione dei nostri prodotti agricoli con etichette come l’identificazione geografica protetta è al centro del conflitto agricolo tra Europa e paesi anglosassoni. Per gli Stati Uniti, l’agricoltura deve essere industriale con logo e marchi, vino compreso. Per l’Europa, l’agricoltura è in primo luogo un’azienda a conduzione familiare di qualità con terreni i cui prodotti vengono protetti per quanto concerne la loro origine geografica. Un esempio eloquente è rappresentato dal vino, prodotto della fermentazione e segno di civiltà, mentre in Australia è una merce industriale.
In sede di OMC, il conflitto tra Stati Uniti ed Europa, emisfero meridionale ed Europa, mondo anglosassone ed Europa, è un vero e proprio scontro di civiltà tra falce e McDonald’s. A Hong Kong, tuttavia, la Commissione non ha neanche sfiorato la questione del registro multilaterale di etichette di origine per proteggere i vini dei nostri piccoli agricoltori in concorrenza con i grandi commercianti vinicoli.
A Ginevra, alla fine di aprile, continuare a ridurre la protezione tariffaria agricola e permettere che 1,2 milioni di tonnellate di carne dell’emisfero meridionale e quei liquidi australiani colorati industrialmente, barricati, fruttati, addolciti e chiamati vini si riversino sui nostri mercati significherà distruggere la nostra identità agricola della quale le indicazioni geografiche protette sono uno strumento.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. (PT) La protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari consente ai produttori interessati di salvaguardare la produzione, la trasformazione e la preparazione di un prodotto di una specifica origine attraverso la sua registrazione.
Nel contesto dell’esigenza di emendare i regolamenti e alla luce della decisione arbitrale dell’OMC, la presente relazione migliora tali strumenti, che hanno offerto un contributo significativo a un accesso al mercato a prezzi superiori e sono serviti a creare posti di lavoro nelle zone rurali dell’Unione europea, senza contare che si sono registrati effetti socioeconomici molto positivi per le attività legate al turismo.
L’Europa ha tradizioni antiche che destano notevole interesse nei turisti. Porto e Roquefort sono prodotti europei che hanno stabilito uno standard nel mondo. E’ tuttavia importante, come è ovvio, definire chiaramente quali informazioni vadano fornite al consumatore, non solo per tutelare tali prodotti, ma anche per garantirgli il diritto di formulare obiezioni.
Vorrei infine sottolineare l’importanza di un chiarimento della ripartizione dei poteri tra Stati membri e Commissione, sempre rammentando la necessità che le attività dell’Unione rispettino in ogni caso il principio di sussidiarietà, al fine di garantire che si tragga il massimo beneficio dalle misure previste.
Hélène Goudin, Nils Lundgren e Lars Wohlin (IND/DEM), per iscritto. (SV) Indicazioni geografiche e denominazioni di origine sono fonti di arricchimento per l’Europa. Condividere tradizioni culinarie migliora la vita. Nel contempo, però, occorre tener presenti gli svantaggi di tali denominazioni. Noi non vogliamo che le denominazioni di origine siano utilizzate a fini protezionistici. Per un paio di secoli, nelle loro terre natie, gli emigranti europei hanno prodotto cibi e bevande sulla base delle tradizioni che avevano portato con loro dai propri paesi di origine. L’Unione europea ha bisogno, all’interno dell’Organizzazione mondiale del commercio, di mostrare comprensione per tali tradizioni e per il fatto che nomi generici e designazioni di origine possono talvolta risultare in conflitto gli uni con le altre.
Le due relazioni stilate in materia dal Parlamento europeo sono soltanto ulteriori proposte nell’ambito della procedura di consultazione e non riteniamo che aggiungano molto all’argomento, sebbene sia meglio formulare una qualche proposta che non formularne affatto. Crediamo invece che il tema debba essere affrontato dal Consiglio dei ministri. Respingiamo inoltre fermamente l’idea che a un’autorità dell’Unione europea possa essere assegnato il compito di monitorare indicazioni geografiche e denominazioni di origine. Siamo persuasi che, per questo ambito specifico, si debba fare affidamento sulle autorità degli Stati membri.
Abbiamo dunque deciso di votare contro ambedue le relazioni.
Roger Knapman (IND/DEM), per iscritto. (EN) Voteremo contro la presente relazione in quanto vogliamo mantenere la nostra sovranità sulla registrazione dei prodotti agricoli. Il processo di presentazione delle domande è eccessivamente burocratico. Non possiamo accettare che un’agenzia comunitaria abbia la responsabilità della procedura di registrazione in quanto riteniamo che tale responsabilità debba spettare agli Stati membri. Analogamente, siamo contrari a un’etichetta comunitaria. Noi vogliamo proteggere la nostra clotted cream, proprio come i greci vogliono difendere la loro feta, ma dobbiamo essere imparziali. Non capiamo perché, sempre che l’etichettatura sia chiara, come nel caso della feta dello Yorkshire, che è ovviamente diversa dalla feta greca, non si possa permettere che ambedue i prodotti coesistano nei negozi di alimentari britannici. Non riteniamo che l’armonizzazione sia un’idea valida.
Bernd Posselt, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, parlerò per due minuti a nome del mio gruppo, il quale mi ha chiesto di fornire una spiegazione ufficiale del voto sulla relazione Brok.
Alcuni articoli apparsi sulla stampa hanno dato l’impressione in molte parti d’Europa che il Parlamento europeo abbia fatto marcia indietro per quanto concerne la sua richiesta che alla Croazia venga concessa l’adesione a tutti gli effetti, argomento sul quale ha votato diverse volte. Come tutti sapete, il nostro gruppo ha sostenuto con vigore l’avvio dei negoziati di adesione con la Croazia affinché giungano a una conclusione positiva prima delle elezioni europee del 2009. A nome del mio gruppo, vorrei dire che confermiamo incondizionatamente la nostra volontà di conseguire tale obiettivo e che emerge con sufficiente chiarezza dalla relazione Brok come la Croazia sia un candidato all’adesione che soddisfa i relativi criteri straordinariamente bene.
Vi sono alcuni punti criticabili, è vero, ma mi dispiacerebbe che la Croazia fosse in qualche modo candidata alla nuova struttura di cooperazione multilaterale proposta dalla relazione Brok. Nel caso della Croazia tale proposta non è applicabile. La Croazia è un paese dell’Europa centrale che di fatto avrebbe dovuto essere accolto nell’Unione europea nel 2004 e che soddisfa ampiamente i criteri previsti al riguardo. Le nostre critiche si rivolgono unicamente ad aspetti di secondaria importanza discutibili soltanto nel contesto di un paese che è relativamente vicino all’adesione. Nel caso della Turchia, invece, non è garantita neanche l’abolizione della tortura.
Vorrei pertanto ribadire nuovamente con estrema chiarezza, a nome del mio gruppo, che la Croazia è un paese candidato all’adesione. Va dunque giudicata per i risultati conseguiti e distinta in tutto e per tutto dai negoziati di adesione con la Turchia offrendole chiare prospettive di adesione entro la fine del decennio.
(Applausi a destra)
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, è noto che nella storia molti imperi sono crollati perché sono cresciuti troppo rapidamente e, in tale crescita, non sono stati in grado di controllare culture e movimenti conflittuali al loro interno. A mio parere, pertanto, una discussione sulla capacità dell’Unione europea di accogliere nuovi membri si impone già da tempo. Non dobbiamo dimenticare che la stessa denominazione “Unione europea” implica un limite evidente dettato dal termine “europea”. Dobbiamo inoltre avere chiaramente presente il fatto che l’Europa poggia su un fondamento di valori cristiani, il che rappresenta di per sé un motivo per il quale io concordo pienamente con l’onorevole Posselt in merito alla Croazia.
D’altro canto, va comunque detto che gli eventi del recente passato mostrano, in particolare, che credere nella tolleranza infinita, fenomeno oggi così diffuso, induce in errore. La tolleranza dovrebbe essere bidirezionale, ma sinora, nella nostra società sempre più multiculturale, quella tolleranza ha assunto la forma di un’immigrazione musulmana che si aspetta un adeguamento da parte dei paesi ospiti cristiani e sempre più spesso lo chiede facendo ricorso alla violenza. Nei negoziati di adesione, la Turchia ha ripetutamente mostrato il suo vero volto senza mezze misure. Basti pensare, per esempio, all’accordo di Cipro, accompagnato da minacce di punizione per presunti oltraggi allo Stato, o all’attuale controversia sulle vignette. E’ tempo che la verità finalmente si affacci nella mente anche degli ultimi romantici sostenitori dell’allargamento: l’Unione europea deve fissare limiti chiari.
(Applausi a destra)
Charles Tannock (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, come la maggior parte dei miei colleghi della delegazione dei conservatori britannici, ho votato a favore dell’eccellente relazione dell’onorevole Brok e mi complimento con lui. Nondimeno, il mio partito è contro il Trattato costituzionale per l’Unione europea e, pertanto, abbiamo votato per la soppressione del paragrafo 6, poiché è chiaro che l’attuale ondata di allargamenti da 15 a 25 Stati membri ha funzionato perfettamente con la formula di Nizza senza una Costituzione europea.
I conservatori britannici ritengono che le precedenti cinque ondate di allargamenti siano state un successo, come lo sarà l’adesione di Romania e Bulgaria, che con tutta probabilità, secondo le attuali previsioni, avverrà il 1° gennaio 2007. Un ulteriore allargamento potrà essere organizzato con nuove conferenze intergovernative. Noi conservatori crediamo in un’Unione europea più ampia e flessibile di Stati nazione cooperanti, da cui il nostro pieno sostegno all’eccellente relazione dell’onorevole Brok.
Eija-Riitta Korhola (PPE-DE). – (FI) Signor Presidente, vorrei segnalare separatamente che ho votato a favore dell’emendamento n. 13 alla risoluzione dell’onorevole Brok nel quale si chiede che l’organizzazione razzista e antisemita Grey Wolves sia dichiarata illegale. L’organizzazione è responsabile di ripetuti attacchi terroristici ai danni di istituzioni ebraiche e cristiane in Turchia. La formulazione è ovviamente forte, ma purtroppo rispecchia la realtà. Questo gruppo terrorizza la gente proprio come facevano le bande di Hitler prima che conquistasse il potere; il fenomeno non raggiunge la stessa ampiezza, ma l’arroganza e alcuni dei metodi sono i medesimi. A mio giudizio, il problema merita l’attenzione di quest’Aula. Le comunità ebraiche e le chiese cristiane sono diventate bersagli del terrorismo fisico e spirituale ad opera del gruppo Grey Wolves, e il problema richiede un coinvolgimento internazionale.
(Applausi)
Jan Andersson, Anna Hedh, Ewa Hedkvist Petersen, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. (SV) Noi socialdemocratici svedesi vogliamo vedere un’Unione europea aperta in cui la solidarietà sia la norma e che accolga favorevolmente l’adesione di nuovi paesi sulla base dei criteri di Copenaghen. Ci rammarichiamo pertanto per il fatto che la relazione si concentri eccessivamente sulla capacità di assorbimento dell’Unione europea perché può dare l’impressione che il Parlamento europeo metta in discussione la capacità dell’Unione europea di includere più Stati membri. La capacità di assorbimento dell’Unione europea dipende in ultima analisi dalla sua disponibilità a includere più Stati membri. Vediamo anche con preoccupazione la crescente propensione a escludere l’adesione di paesi sulla base, per esempio, della loro situazione economica.
Georgios Dimitrakopoulos (PPE-DE), per iscritto. – (EL) Noi parlamentari di Nea Dimokratia vorremmo precisare che la seconda parte del paragrafo 43 della relazione non esprime i nostri punti di vista su tale argomento specifico.
Hélène Goudin, Nils Lundgren e Lars Wohlin (IND/DEM), per iscritto. (SV) Questa relazione d’iniziativa discute l’importante tema del continuo allargamento dell’Unione europea.
In linea di principio, la Lista di giugno è favorevole al continuo allargamento dell’Unione europea, a condizione che i paesi candidati condividano i valori essenziali che costituiscono il fondamento dell’Unione europea per ciò che essa rappresenta, tra cui, soprattutto, diritti dell’uomo, democrazia e principio dello Stato di diritto. Per quanto concerne le normative che non chiamano in causa tali valori, gli Stati nazione sono sovrani.
Il relatore propone inoltre un incremento molto considerevole del bilancio, corrispondente a circa 25 miliardi di corone svedesi, aumento che noi contestiamo.
Per questo, abbiamo votato contro la relazione.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Sebbene l’Unione europea sia ancora digerendo i dieci paesi che hanno aderito nel 2004, con Bulgaria e Romania sulla buona strada, sono stati messi in moto gli ingranaggi per l’adesione della Turchia e dei paesi balcanici. Un appetito insaziabile dopo il coinvolgimento proattivo nella distruzione della Repubblica federale di Jugoslavia.
Dalle nebbie della “correttezza politica” emergono sempre i veri obiettivi di questa corsa, ossia la creazione di una zona di libero scambio e la condizione di risorse naturali in cambio di incentivi pratici; in altre parole, predominio economico e sfruttamento di questi popoli e dei loro paesi da parte dei grandi gruppi finanziari ed economici delle principali potenze dell’Unione europea, Germania in testa. Non è un caso, visto che la Germania, insieme agli Stati Uniti, è la forza dominante nella regione ed è coinvolta nella sua occupazione militare.
Che dire di questa interferenza con uno Stato sovrano da parte della maggioranza in Parlamento? “attira l’attenzione… sulle difficoltà…, ad esempio l’eccessivo intervento dello Stato nell’economia, le complesse disposizioni… che caratterizzano l’amministrazione pubblica e che ostacolano lo sviluppo del settore privato e gli investimenti esteri diretti”.
Si noti anche il sostegno alla divisione della Serbia, eludendo il diritto internazionale, negli inviti a “un Kosovo la cui integrità territoriale venga garantita dall’ONU e dall’Unione europea…”.
(Testo abbreviato conformemente all’articolo 163 del Regolamento)
Richard Howitt (PSE), per iscritto. (EN) Il partito laburista al Parlamento europeo appoggia un atteggiamento positivo nei confronti del futuro allargamento dell’Unione, soprattutto onorando gli impegni assunti con i paesi candidati e potenziali candidati. In tal senso, è inappropriato proporre altre “possibilità” nel paragrafo 10 della risoluzione, in quanto i rapporti con i paesi limitrofi sono chiaramente coperti dal processo di adesione e dalla politica europea di vicinato.
Cecilia Malmström (ALDE), per iscritto. (SV) Il 1° maggio 2004, l’Unione europea è stata allargata a dieci nuovi Stati membri dell’Europa centrale e orientale. Con l’aiuto della politica del bastone e della carota attuata dall’Unione, paesi che prima erano dietro la cortina di ferro sono stati trasformati in democrazie con economie di mercato. Un evento epocale! Ora dobbiamo assolvere i nostri impegni per quanto concerne il futuro allargamento dell’Unione europea includendo Stati come Romania, Bulgaria e Croazia, ma dobbiamo anche essere aperti a nuove domande di adesione. I paesi che soddisfano i requisiti devono poter divenire Stati membri.
Oggi votiamo un documento strategico sul futuro dell’allargamento contenente la proposta che l’Unione europea definisca i suoi confini geografici, proposta che respingerò con il mio voto. I confini non possono essere chiusi. Una definizione dei confini dell’Europa verrebbe interpretata da popoli come per esempio quello ucraino, attualmente in sospeso tra democrazia e dittatura, come una chiusura da parte nostra, il che rappresenterebbe un passo indietro di portata storica.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La relazione, le decisioni di Consiglio e Commissione e la discussione in seno al Parlamento europeo coincidono con il 7° anniversario dell’esecrabile guerra USA-ΝΑΤΟ-UE contro la Jugoslavia e l’uccisione organizzata di Milošević. I piani degli imperialisti europei e americani, carnefici dei Balcani, che puntavano all’annessione e alla creazione di protettorati subordinati all’Unione europea e all’imperialismo, oltre che a consentire al capitale euro-unificante di saccheggiare le loro risorse produttive, sono stati oltraggiosamente svelati. La situazione dei popoli balcanici, già drammatica, non potrà che peggiorare con l’adesione all’Unione europea. La concorrenza e i numerosi cambiamenti a livello di confini stanno creando nuove tensioni.
Il partito Kommounistiko Komma Elladas, ribadendo la sua posizione contro l’Unione europea e il suo allargamento, contribuirà a galvanizzare la lotta dei popoli contro l’imperialismo europeo e americano che ha imposto l’occupazione della regione.
Quanto all’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, ribadisce che il problema è legato agli interventi imperialisti e agli spostamenti di confine, abbinati peraltro a una recrudescenza delle problematiche relative alle minoranze, in merito alle quali Nea Dimokratia, Panellinio Socialistiko Kinima e Synaspismos in passato hanno taciuto o acconsentito, concentrandosi sulla denominazione del paese confinante. Qualsiasi esaltazione demagogica e compromesso politico da parte degli altri partiti è un tentativo di disorientare il popolo ed esimersi dalle gravi responsabilità politiche derivanti dalla loro accettazione dell’imperialismo.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. (PT) La relazione Brok sull’allargamento fotografa in maniera esemplare i candidati della prossima fase dell’allargamento dell’Unione europea. Tuttavia, aspetto ancora più importante, rappresenta anche un monito, in quanto sottolinea le difficoltà che ne deriveranno.
In proposito, ritengo che due idee vadano espresse con chiarezza.
La prima è l’“impasse costituzionale”. Vista l’esigenza di chiarire, o anche riorganizzare, la struttura istituzionale prima di qualsiasi ulteriore allargamento, parrebbe emergere anche il problema che a cittadini e leader politici non dovrebbe essere offerta una sola soluzione istituzionale/costituzionale per l’allargamento.
Il fattore legato alla “capacità di assorbimento” sta diventando sempre più uno dei criteri fondamentali. La prospettiva di adesione e la politica di vicinato hanno contribuito alla democratizzazione e allo sviluppo dei paesi potenziali candidati, ma non sono di per sé sufficienti. L’Unione europea deve anche essere pronta ad accogliere nuovi partner, e ciò deve rientrare in uno sforzo teso a garantire le stesse condizioni a quanti aderiscono, in contrapposizione all’approccio egoistico dei paesi già membri. Questo sarebbe un atteggiamento responsabile per rispondere all’esigenza che i cittadini europei sottoscrivano il processo di allargamento.
Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) Oggi il Parlamento ha espresso il suo parere sulla strategia per gestire i futuri allargamenti dell’Unione europea.
Allargamenti che devono “ricongiungerci” ai nostri fratelli in Europa – bulgari, rumeni, croati, macedoni e altri, arbitrariamente separati da noi dopo Yalta. Essi sono destinati a unirsi a noi, come l’Unione europea è destinata ad integrarli. Non contesto dunque la sostanza, ma la forma e i tempi, e questo è il motivo per il quale ho votato a favore dei paragrafi 5 e 6.
E’ tempo che l’Unione europea avvii un opportuno dibattito sui propri confini, discussione accuratamente evitata in tutto il lavoro della Convenzione, un buco nero nella Costituzione che ha ampiamente alimentato scetticismo e ansia. Evitare le cose spiacevoli è un atteggiamento indegno di noi e dei nostri elettori, e chiedere un dibattito non ci rende refusenik contrari all’allargamento.
Un’Europa senza confini è inutile per quanti vogliono una potenza europea.
I nostri confini possono ovviamente essere geografici, storici e morali, ma sono indispensabili per preservare un modello, una visione e valori comuni.
Geoffrey Van Orden (PPE-DE), per iscritto. (EN) Sono un forte sostenitore dell’allargamento dell’Unione europea. Pertanto, sebbene la relazione contenga molti elementi che condivido, non posso appoggiare il parere negativo espresso sulla Turchia e, soprattutto, l’affermazione imprecisa contenuta al paragrafo 31 secondo cui la Turchia starebbe in qualche modo intralciando il lavoro all’interno della NATO. Inoltre, come altri conservatori britannici, sono profondamente contrario a una Costituzione europea e non posso accettare il linguaggio del paragrafo 6.
Sessantaduesima sessione della Commissione dei diritti dell’uomo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (CDHNU, Ginevra) (B6-0150/2006)
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Ieri è stata adottata una risoluzione per istituire il Consiglio per i diritti umani, che dovrebbe subentrare alla Commissione dei diritti dell’uomo.
Tale processo è stato caratterizzato dai tentativi degli Stati Uniti di creare uno strumento che potessero manipolare in modo da poter giustificare la loro politica di interferenza e aggressione nei confronti di popoli e Stati sovrani, un processo in cui, aumentando continuamente le loro richieste, hanno cercato di imporre il massimo numero di condizioni possibile. Gli Stati Uniti avrebbero voluto che fosse anche peggio e solo per questo motivo abbiamo votato contro.
Tra le molte altre modifiche e i tanti ulteriori aspetti che potrebbero essere approfonditi, vorrei sottolineare che nel nuovo Consiglio siede un numero ridotto di paesi; si è infatti passati da 53 a 47 (gli Stati Uniti ne volevano 30). I suoi membri sono eletti dall’Assemblea generale dell’ONU a maggioranza assoluta (Stati Uniti e Unione europea volevano un sistema di voto nel cui ambito essi e i loro alleati avessero potere di veto), sebbene fossero state richieste restrizioni.
Questo è un processo che per alcuni rappresenta unicamente un primo passo nel quadro di un più ampio tentativo, da parte degli Stati Uniti e dei lori alleati, di dominare e manipolare l’ONU.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. (PT) Nel contesto del voto sulla risoluzione comune in merito alla sessantaduesima sessione della Commissione dei diritti dell’uomo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (CDHNU, Ginevra), vorrei citare quella che, a mio parere, potrebbe rappresentare una soluzione praticabile, sebbene non ideale, per quanto concerne uno dei punti più importanti sollevati nel corso della discussione.
Una delle maggiori lacune dell’ONU in materia di diritti dell’uomo è sempre stata l’illegittimità di alcuni membri della sua Commissione dei diritti dell’uomo, soprattutto quando l’hanno presieduta. L’elenco è stato ben documentato e non credo occorra ripercorrerlo in questa sede. L’esito, ossia il metodo di elezione dei membri del futuro Consiglio per i diritti umani, non garantisce che ciò non accada nuovamente, ma quantomeno rappresenta un tentativo di legittimarne effettivamente i membri, aspetto che va riconosciuto.
Ritengo inoltre che questa sia un’opportunità per rafforzare l’idea che gli Stati membri dell’Unione europea e i loro alleati debbano cercare di dare l’esempio in materia di diritti dell’uomo nei rispettivi paesi o nelle loro relazioni internazionali.
Preparativi per la riunione COP-MOP sulla biodiversità e la biosicurezza (Curitiba, Brasile) (B6-0170/2006)
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Abbiamo votato a favore della presente risoluzione sebbene riteniamo che alcuni suoi punti siano poco chiari e, per certi versi, incoerenti. Siamo del parere che la biodiversità vada tutelata e che debba esistere il più ampio accordo possibile sulla salvaguardia della biodiversità. La Convenzione sulla biodiversità traduce concretamente tale impegno. Di conseguenza, l’Unione europea e i suoi Stati membri devono assumere una posizione adeguata in occasione della Conferenza delle parti a Curitiba, Brasile, alla fine del mese.
Sappiamo tuttavia che è altrettanto, se non più importante l’esigenza di contrastare la perdita di biodiversità integrando le finalità della Convenzione nella politica di sviluppo e, segnatamente, nelle politiche comunitarie quali la politica agricola e silvicola volte ad arrestare la diffusione degli OGM e sostenere le aziende a conduzione familiare e la silvicoltura tradizionale, in quanto questo è il modo migliore per proteggere la biodiversità.
La biodiversità marina deve essere salvata dalle pratiche distruttive. La pesca costiera tradizionale, migliore salvaguardia della biodiversità, deve essere sostenuta.
Da ultimo, anche le precedenti risoluzioni sull’argomento devono essere prese in considerazione, soprattutto per quanto concerne la lotta all’abbattimento illegale degli alberi e al loro commercio.
Robert Goebbels (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato contro la risoluzione sulla Conferenza di Curitiba sulla biodiversità in quanto il Parlamento sta commettendo un grave errore confondendo biodiversità e ingegneria genetica.
La diversità delle cose viventi nel suo complesso è frutto di cambiamenti della struttura genetica di tutti gli organismi viventi. Coloro che, in Europa, proseguono la battaglia reazionaria contro l’agricoltura transgenica si rifiutano di capire che non arreca alcun danno alla salute umana nel resto del mondo. Nel 2004, nove milioni di piccoli agricoltori hanno coltivato circa 90 milioni di ettari di OGM nel mondo, mentre, nell’Unione europea dei 25, 11 milioni di piccoli agricoltori ne hanno coltivati 97 milioni di ettari, di cui alcune decine di migliaia unicamente destinati a colture transgeniche.
L’Europa sta perdendo un’altra battaglia.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Concordiamo sulla maggior parte dei risultati, che confermano il degrado ambientale, la distruzione degli ecosistemi delle foreste e la continua perdita di biodiversità, come anche concordiamo su molte proposte, salvo quelle cui viene fatto riferimento nel quadro dell’ordinamento giuridico esistente, in quanto in molti Stati, come negli Stati membri dell’Unione europea, queste cose accadono legalmente. L’uso degli organismi geneticamente modificati (OGM) nella produzione agricola e alimentare che minacciano l’ambiente e la biodiversità è stato liberalizzato dai regolamenti comunitari, le foreste sono commercializzate conformemente ai regolamenti comunitari, con il risultato che vengono distrutte anche più rapidamente, e si potrebbero citare tanti altri esempi.
Siamo invece in totale disaccordo con quanto suggerito nella proposta di risoluzione che “invita la Commissione europea e gli Stati membri a dare un esempio convincente prendendo e agevolando misure concrete per la protezione della biodiversità a livello interno e internazionale” perché è come chiedere ai lupi di prendersi cura delle pecore. Così facendo, si esortano i responsabili della distruzione ad assumere la guida in base alla loro politica.
Noi esortiamo invece i movimenti di base e le loro organizzazioni (sindacati, organizzazioni ecologiste, agenti, eccetera) affinché combattano per imporre misure e politiche che evitino ulteriori degradi dell’ambiente, distruzioni di foreste o perdita di biodiversità.
Marie Anne Isler Béguin (Verts/ALE). – (FR) Signor Presidente, la salvaguardia della biodiversità è un argomento affascinante. Il mio gruppo, il gruppo Verts/ALE, è pienamente soddisfatto per il fatto che la risoluzione sia stata approvata da una larghissima maggioranza del Parlamento europeo, come è anche pienamente soddisfatto per il fatto che il Parlamento stia inviando all’ottava Conferenza sulla biodiversità, tre anni dopo Kuala Lumpur, una delegazione che difenderà la salvaguardia della biodiversità. In tale contesto, onorevoli colleghi, vorrei rammentarvi alcuni principi di base, troppo spesso dimenticati in quest’Aula.
La sicurezza alimentare dipende da tre fattori: acqua, suolo e diversità fitogenetica, e soltanto 12 varietà vegetali, tra cui grano, riso, mais e patate, soddisfano praticamente l’80 per cento del fabbisogno energetico della popolazione mondiale. E’ dunque naturale che l’industria sia fortemente tentata dal desiderio di acquisire il monopolio sulle sementi facendo uso delle tecnologie derivanti dalla biotecnologia.
Di conseguenza, ci rivolgiamo al Consiglio dell’Unione europea, che sarà presente, affinché appoggi la moratoria attualmente in essere sulle sperimentazioni e la commercializzazione delle varietà geneticamente modificate al fine di limitarne l’uso. In parole povere, onorevoli colleghi, Terminator non deve riemergere sotto le spoglie di qualche innovazione biotecnologica.
Inoltre, per limitare la natura invasiva per i nostri ecosistemi delle varietà di origine biotecnologica, la biodiversità deve essere protetta da protocolli che obblighino i ricercatori a svolgere gli esperimenti in aree confinate.
In conclusione, occorre ricordare che la lotta all’erosione della biodiversità presuppone una qualche forma di intervento nel campo della conservazione. Ovviamente, ciò non significa custodire la biodiversità in provette da laboratorio, ma piuttosto consentire alle popolazioni indigene, che peraltro sosteniamo, di continuare a far uso delle loro competenze tradizionali e della loro supremazia sulle risorse genetiche.
E’ necessario inoltre prendere coscienza del fatto che, anche in questo caso, è sempre questione di denaro. Vi chiederò pertanto di sostenere il Fondo mondiale per l’ambiente. Sappiamo perfettamente che, nel caso di Natura 2000, qualora l’Unione europea non dovesse stanziare fondi per la rete, la biodiversità non sarà protetta. Analogamente, se non dovessimo erogare denaro per il Fondo mondiale per l’ambiente, la conservazione della natura sarà, ancora una volta, soltanto un tessuto di belle parole dette in plenaria.
12. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
(La seduta, sospesa alle 13.10, riprende alle 15.00)
PRESIDENZA DELL’ON. MAURO Vicepresidente
13. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
14. Composizione delle commissioni e delle delegazioni: vedasi processo verbale
15. Programma d’azione comunitaria (2007-2013), aspetti dei consumatori (seguito della discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca il proseguimento della discussione sulla relazione presentata dall’on. Marianne Thyssen, sul programma d’azione comunitario in materia di salute e tutela dei consumatori (2007-2013) – Aspetti dei consumatori.
Béatrice Patrie, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, permettetemi, prima di tutto, di ringraziare l’onorevole Thyssen per la sua relazione e per il suo spirito di collaborazione.
Benché sia stata adottata all’unanimità dalla commissione parlamentare competente, il gruppo socialista al Parlamento europeo ha chiesto un dibattito su questa relazione. In effetti, anche se tutti i gruppi dichiarano in buona fede di dare priorità politica alla protezione dei consumatori, constato che permangono divergenze di opinione sugli orientamenti pratici da adottare. Inoltre, mentre la fattibilità di questo programma è sospesa a causa dei negoziati sulle prospettive finanziarie, desidero menzionare alcuni punti fondamentali del gruppo socialista.
Ricordo, in primo luogo, il nostro sostegno alla separazione dei due programmi d’azione, in materia di sanità pubblica e di tutela dei consumatori. Inoltre, per quanto riguarda gli obiettivi orizzontali del programma, il gruppo socialista ritiene che i mezzi di impugnazione, sia individuali, sia collettivi, offerti da alcuni Stati membri rappresentino un concreto passo avanti per i consumatori. Questo è il senso del nostro emendamento n. 55.
Inoltre, in merito agli specifici provvedimenti del programma, vorrei sottolineare l’importanza dei seguenti punti: la messa a punto di strumenti di valutazione scientifica relativi agli effetti dell’esposizione dei consumatori alle sostanze chimiche rilasciate dai prodotti; la compilazione di un inventario, che si potrebbe definire un vademecum, della legislazione, delle regole e delle pratiche vigenti negli Stati membri in materia di tutela dei consumatori oltre a una valutazione dell’attuazione della legislazione comunitaria a livello nazionale; scambi tra le associazioni dei consumatori nazionali e locali al fine di aiutare i le autorità pubbliche a legiferare a livello europeo in materia di protezione degli utenti nel campo dei servizi di interesse economico generale, ed è questo il senso del nostro emendamento n. 58.
In terzo luogo, in merito ai provvedimenti legislativi che accompagneranno questo programma, vorrei rivolgermi in particolare al Commissario Kyprianou a proposito dei provvedimenti politici e legislativi che ha promesso di presentarci in autunno per includerli in questo programma. I termini del dibattito sono noti. Come conviene intervenire a livello europeo? E’ meglio privilegiare la legge europea o l’autoregolamentazione da parte degli attori economici? Come collegare il nascente diritto europeo in materia di protezione dei consumatori alle legislazioni nazionali preesistenti, che spesso offrono una maggiore tutela ai cittadini in alcuni Stati membri?
Da parte mia, con l’intensificarsi della mobilità dei nostri concittadini, ritengo che il ruolo delle amministrazioni pubbliche europee sia quello di garantire la migliore protezione possibile ai consumatori. Io non sono affatto contraria alle iniziative in materia di autoregolamentazione, ma queste ultime devono riguardare gli operatori economici stessi e avere come obiettivo quello di migliorare le norme minime fissate dai legislatori.
Infine, sarà necessario essere estremamente attenti a proposito dei due dossier sulla discussione odierna. Il primo riguarda le discussioni inerenti il quadro di riferimento comune in materia di diritto europeo sui contratti e il secondo riguarda l’estensione delle procedure di standardizzazione al settore dei servizi, compresi i servizi oggetto di preferenze collettive, come l’edilizia popolare.
Queste sono le osservazioni che desideravo fare a nome del gruppo socialista al Parlamento europeo.
Cecilia Malmström, a nome del gruppo ALDE. – (SV) Signor Presidente, a causa dei molti impegni di stamani, questa discussione ha subito un discreto ritardo, ed è un peccato che la relatrice e molti di coloro che si sono occupati di questa tematica non possano essere presenti in Aula. Tuttavia, così stanno le cose. D’improvviso il mio gruppo mi ha concesso un ampio tempo di parola e ho rifiutato di utilizzare gli ultimi cinque minuti, sebbene mi avessero offerto la possibilità di cantare una canzone. Ma questo non lo farò.
Il mercato interno ha creato milioni di posti di lavoro, oltre ad aumentare la prosperità. Ha abbattuto i confini e aperto le porte. Possiamo fare tutto ciò che vogliamo: viaggiare, studiare, lavorare e mettere su casa. I consumatori hanno avuto accesso a una schiera di nuovi prodotti. Pertanto dobbiamo proseguire su questa strada e creare anche un mercato interno per i consumatori. Ciò significa regole comuni e un livello elevato di tutela dei consumatori in tutta l’UE. Con l’intensificarsi degli scambi transfrontalieri, aumentano anche gli scambi a livello individuale, perciò la gente ha bisogno di sapere che tipo di beni sta acquistando, cosa fare se trova qualche difetto, come reclamare e qual è il tipo di normativa esistente. Come fa a sapere se un determinato prodotto fa effettivamente quello che dichiara di fare? Di cosa può avvalersi in termini di assistenza, garanzia e risoluzione delle controversie?
Se vogliamo riconquistare la fiducia della gente, devono esistere garanzie in materia, perché si tratta di problemi quotidiani che riguardano situazioni con cui i consumatori devono fare i conti ogni giorno. Si tratta di tematiche che dobbiamo affrontare a livello di Unione europea. Perciò è straordinario che la Commissione abbia presentato questa proposta di programma pluriennale a lungo termine in materia di tutela dei consumatori.
Il gruppo dell’Alleanza dei democratici e dei liberali per l’Europa, tuttavia, non concorda con la Commissione in merito all’esigenza di accorpare la tutela dei consumatori con la sanità pubblica. Siamo d’accordo con la relatrice quando sostiene che debbano essere tenute distinte. Anche se esistono ovviamente dei punti di contatto, si tratta di due ambiti politici distinti che richiedono approcci diversi e che vanno tenuti separati. Non desideriamo neanche la creazione di alcuna authority o agenzia speciale in questo campo.
Tra gli altri importanti elementi che vediamo con piacere inclusi nella proposta vi è l’opinione secondo cui la politica per i consumatori deve essere integrata in ogni politica, che è importante collaborare con le diverse organizzazioni di consumatori degli Stati membri e che è possibile offrire ulteriore assistenza e prestare maggiore attenzione a quegli Stati che non sono ancora riusciti a fare molti progressi nel campo della tutela dei consumatori. Sono lieta che siamo riusciti a trovare un accordo su questa materia e che vi sia un ampio consenso al riguardo tra i gruppi. Auguro all’onorevole Thyssen – spero che legga i processi verbali – di avere la lungimiranza e la disponibilità a collaborare che ha sinora mostrato. Siamo ambiziosi nelle questioni riguardanti i consumatori, in materia di cooperazione, di valutazione o di informazione. Per questo, occorre naturalmente che vi sia un bilancio adeguato.
Spero che, anche per il futuro, si registri una costruttiva cooperazione nel campo dei programmi per i consumatori che la Commissione dovrà presentare quest’autunno. Forse avremmo dovuto veramente procedere nell’ordine inverso e affrontare prima i principali orientamenti politici, e in un secondo momento questo programma, ma quel che è fatto è fatto. Noi appoggiamo la proposta presentata e sosterremo la relazione a larga maggioranza – se non, come effettivamente penso, all’unanimità – quando sarà votata nel corso della prossima tornata.
Gerard Batten, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, l’Unione europea intende finanziare le organizzazioni dei consumatori, governative e non governative, per un ammontare pari a 1,2 miliardi di euro, per allinearle alla legislazione vigente e a quella futura. Come spesso accade con molti dei documenti che provengono da questo Parlamento, non ci si può opporre all’argomento in quanto tale. Chi si opporrebbe a misure migliori e più efficaci a tutela dei consumatori, laddove siano necessarie?
Nel Regno Unito esiste già da diversi anni una legislazione di alto livello a tutela dei consumatori. Non vi è dubbio che i paesi europei debbano imparare gli uni dagli altri e dai paesi non europei applicando le migliori prassi internazionali a livello nazionale, scegliendo quelle più adatte alle loro particolari esigenze.
Ma, come è prevedibile, questa relazione parla di uniformità, integrazione e armonizzazione. L’obiettivo di questa relazione non è adottare leggi – il che in sé è positivo – ma, come tutto quello che proviene da questo Parlamento, ha il fine e rientra nel processo di estensione dei poteri e dell’autorità dell’Unione europea. Integrerà l’acquis comunitario, il complesso di norme che, una volta assegnato all’Unione europea, non viene mai restituito agli Stati nazionali.
Vi sono anche preoccupanti sfumature contenute nei suggerimenti di adottare modelli di consumo legati ai diversi settori della popolazione. Questo tipo di raccolta di dati sulle scelte di consumo dei consumatori potrebbe compromettere la privacy del cittadino. Nel Regno Unito alcuni dettaglianti privati lo stanno già facendo, sfruttando dispositivi come le carte di fidelizzazione. Tuttavia, il consumatore può scegliere se parteciparvi, scegliendo dove e come acquistare.
Lo Stato non deve intraprendere un tale tipo di raccolta di informazioni sui cittadini; sicuramente non nella forma rappresentata dall’Unione europea.
Zdzisław Zbigniew Podkański, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, il programma d’azione comunitaria in materia di salute e tutela dei consumatori per il periodo 2007–2013 definisce le modalità con cui l’UE intende migliorare la salute e promuovere la fiducia dei consumatori applicando le disposizioni del Trattato.
La strategia comune nel campo della tutela dei consumatori nell’Unione europea è costituita da una serie di azioni comprendenti una migliore comprensione dei consumatori e dei mercati, migliori normative per la tutela dei consumatori, miglioramento dei mezzi di attuazione della legislazione, controllo e soluzione dei reclami, e una migliore informazione ed educazione dei consumatori.
Il problema tuttavia è altrove. In Europa la sicurezza alimentare sta peggiorando. Gli alimenti geneticamente modificati presenti sul mercato UE si stanno moltiplicando. Tali alimenti sono indesiderati e potenzialmente dannosi per la salute umana e per l’ambiente. La società si sente minacciata dagli OGM. Questa opinione è stata espressa da numerose proteste, da un crescente movimento d’opinione che si oppone agli OGM e dalle normative degli enti locali. Un’altra minaccia per la salute e per i consumatori, oltre alla diffusione degli alimenti geneticamente modificati, è rappresentata dalla crescente concentrazione della produzione agricola che esercita un’enorme pressione sulle aziende agricole a conduzione familiare che producono alimenti sani spingendole fuori mercato. Le sostanze chimiche impiegate in agricoltura e l’inquinamento del suolo, dell’acqua, dell’aria e di molti prodotti alimentari non sono salutari per l’uomo. E’ venuto il momento di elevare a valore sommo la salute e il benessere dell’uomo, affinché l’umanità ne possa beneficiare.
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, contrariamente all’opinione predominante tra gli operatori economici, la protezione dei consumatori non ha niente a che vedere con il protezionismo. Tutt’altro: l’economia non può prosperare senza la fiducia dei consumatori, inoltre i clienti sono anche in grado di dare giudizi più maturi di quanto generalmente ritengano le multinazionali e l’UE.
La posizione della Commissione in questo ambito è stranamente contraddittoria. Da un lato, per esempio, con il Libro Verde che promuove le diete sane e l’attività fisica, essa promuove una politica coordinata, dall’altro, con la direttiva sui servizi, indebolisce la tutela dei consumatori. Fra l’altro, per esempio, rende all’improvviso legale la fastidiosa pubblicità telefonica che finora era vietata, a patto che non sia svolta da call center locali. E ancora, si preoccupa del livello di indebitamento dei suoi cittadini e intende scoraggiare persino gli scoperti di conto di entità trascurabile con grandi costi burocratici. Ma tali scoperti sono conseguenza della nostra società dei consumi e dello stile di vita a credito, una pratica che viene del resto seguita anche nella politica di bilancio di molti Stati membri dell’UE.
Come dimostra ancora una volta il recente scandalo della carne avariata in Germania, non ci sono abbastanza ispettori per tutte le pecore nere dell’industria alimentare. Anche nel comparto elettrodomestici e giocattoli il numero di prodotti pericolosi è quasi raddoppiato. In tal caso, pubblicare il nome delle aziende coinvolte risulterebbe più efficace di qualsiasi sanzione: forse in tal modo avremmo una vera e propria tutela dei consumatori.
Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Onorevoli colleghi, prima di tutto desidero ringraziare l’onorevole Thyssen per il lavoro svolto su questa relazione, che non è stato particolarmente facile. Condivido pienamente la spiegazione della relatrice del motivo per cui è impossibile integrare il programma d’azione in materia di tutela dei consumatori nel programma per la tutela della salute pubblica. Separando questi programmi, le due politiche, entrambi importantissime per i nostri cittadini, acquisteranno rilievo. Nonostante l’Unione europea originaria, ma anche i nuovi Stati membri, stiano dedicando maggiore attenzione ai problemi dei consumatori, non possiamo essere soddisfatti dell’attuale situazione.
Sostenere la tutela dei consumatori significa soprattutto finanziare le organizzazioni dei consumatori, in particolare nei nuovi Stati membri, inoltre gli attuali standard sono inadeguati, per non dire preoccupanti. Per esempio, in Slovacchia, le sovvenzioni equivalgono a meno di un decimo dagli aiuti dello stesso tipo stanziati negli Stati confinanti. Si tende a ritardare i pagamenti previsti, inoltre le sovvenzioni, già basse, spesso vengono ridimensionate, mettendo a repentaglio la sopravvivenza e la creatività di queste organizzazioni. Sono convinta che un programma d’azione comune produrrebbe soltanto un peggioramento di queste ripercussioni negative.
I consumatori rappresentano il pilastro di un’economia di mercato. E’ sempre più complicato essere un consumatore, specialmente dopo l’allargamento dell’UE. Noi, i 450 milioni di cittadini europei, siamo direttamente interessati da tematiche che vanno dalla sicurezza dei prodotti che acquistiamo e dalla fiducia nei rivenditori agli acquisti on-line e alla pubblicità. Dal momento che molte di queste tematiche travalicano i confini nazionali, sono necessarie intense campagne preventive di sensibilizzazione che ci diano la fiducia in noi stessi necessaria per evitare di diventare pedine delle grandi multinazionali. La Commissione certamente troverà questi motivi abbastanza persuasivi per approvare un programma di azione distinto e dotato di adeguati finanziamenti per le politiche a tutela dei consumatori.
Il programma d’azione comunitaria in materia di tutela dei consumatori per il periodo 2007–2013 rappresenta un quadro importante al fine di raggiungere un equilibrio nel mercato interno, di soddisfare le esigenze e le richieste dei consumatori e di creare un rapporto equilibrato e corretto tra consumatori e aziende. Le organizzazioni indipendenti europee che stanno educando i consumatori europei di domani chiedono sostanziali mutamenti e sicurezza finanziaria. Si aspettano che l’Unione europea fornisca un progetto chiaro e una serie di regole, e che elimini gli ostacoli burocratici e amministrativi.
Tuttavia, occorre prestare particolare attenzione agli aiuti ai nuovi Stati membri e ai paesi candidati all’adesione. La data prevista per la discussione di questa relazione è simbolica, perché il 15 marzo è la Giornata mondiale dei diritti dei consumatori. Approvando questa relazione faremo capire che il Parlamento europeo ritiene prioritario creare in Europa una società degna e giusta per i consumatori.
Evelyne Gebhardt (PSE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, come molti o quasi tutti i deputati che hanno parlato prima di me, vorrei ancora una volta sottolineare che non ha senso accorpare la protezione dei consumatori e la sanità pubblica in un programma d’azione comune. Abbiamo bisogno di due diversi programmi d’azione, perché essi abbracciano e affrontano questioni molto diverse tra loro.
Per quanto riguarda la tutela dei consumatori, vorrei dire che è molto importante – e pertanto vorrei anche invitarvi a prestare particolare attenzione, nella risoluzione del Parlamento, che spero sia approvata così com’è – che sosteniamo in particolare le organizzazioni che tutelano i consumatori. Abbiamo scoperto che c’è ancora del terreno da recuperare, soprattutto nei nuovi Stati membri, e desideriamo fare in modo che ai consumatori di quei paesi e ai nostri, siano garantiti i più alti standard comuni nella tutela dei consumatori, perché anche noi abbiamo ancora del terreno da recuperare, e non è vero che siamo sempre i migliori. Per noi si tratta di una questione di grande importanza.
Pertanto dobbiamo fare in modo che le organizzazioni a difesa dei consumatori abbiano buone possibilità di agire in modo efficace nell’interesse dei cittadini. La difesa dei consumatori è quello che vogliono anche i cittadini, come ci hanno spesso ripetuto. Vogliamo un’Europa che metta al centro i cittadini, le persone, un’Europa che rispetti i loro diritti ad essere tutelati. In questo ambito, il mio gruppo punta in particolare ad armonizzare le legislazioni in difesa dei consumatori nel campo dei servizi di interesse economico generale.
Dove, se non nei settori dell’acqua, delle poste, del gas o dell’elettricità e in altri settori, è importante adottare un minimo di armonizzazione che garantisca un ampio spettro di diritti relativi all’accesso, alla sicurezza, all’affidabilità, al prezzo, alla qualità e alle possibilità di scelta e prevedere forme di tutela che siano il più elevate possibile? Queste sono questioni che interessano i nostri cittadini, rappresentano ciò di cui hanno bisogno, ciò che vogliono.
Adam Jerzy Bielan (UEN). (PL) Signor Presidente, la cooperazione internazionale nel campo della tutela dei consumatori persegue l’obiettivo di proteggere dai rischi i cittadini e moltiplicare le loro opportunità di operare scelte. Essa produce una migliore qualità della vita per i cittadini dell’UE, aumentando la sicurezza e la fiducia nei prodotti presenti sul mercato interno. Per questo occorre sostenere e sviluppare le reti comunitarie che forniscono ai consumatori preziose informazioni e sostegno sotto forma di assistenza legale, mediazione e altre forme di risoluzione delle controversie. Il sistema Solvit assume grande rilievo in questa ottica, perché si tratta di un meccanismo al servizio dei consumatori che già esiste. E’ anche importante creare un clima di fiducia nei confronti dei prodotti, adottando provvedimenti che intensifichino la lotta alla contraffazione, che deve essere considerata alla stregua di un normale furto di un marchio commerciale o di fabbrica. Occorre dedicare particolare attenzione a una migliore informazione dei consumatori in merito ai rischi per la salute e per la sicurezza che l’utilizzo di prodotti contraffatti, quali medicinali o cosmetici, potrebbe comportare.
La politica di tutela dei consumatori deve inoltre essere attuata tramite le organizzazioni dei consumatori. Tali organizzazioni sono attive nella maggior parte degli Stati membri, ma il loro bilancio e il loro spazio di manovra sono spesso limitati, soprattutto nei nuovi Stati membri. E’ fuori di dubbio che organizzazioni di questo tipo hanno bisogno di ulteriori finanziamenti. La tutela dei consumatori può essere costosa, ma è un costo che dobbiamo sostenere.
Edit Herczog (PSE). – (HU) Signor Presidente, concordo con tutte le argomentazioni addotte dalla relatrice e dalla Conferenza dei presidenti a sostegno della separazione della tutela della salute da quella dei consumatori, e sono una sostenitrice di tale separazione.
Vorrei proporre un’ulteriore argomentazione. La tutela dei consumatori si trova di fronte a sfide molto specifiche sia nei nuovi che nei vecchi Stati membri, sfide completamente indipendenti dalle tematiche sanitarie. Tali sfide dovrebbero essere trattate con la massima indipendenza.
All’inizio la tutela dei consumatori riguardava i beni, in particolare gli alimentari e gli articoli casalinghi. Tuttavia, nel corso dell’ultimo decennio la situazione è radicalmente mutata. Da un lato, assieme all’integrazione dei mercati, anche la tutela dei consumatori deve includere, oltre ai beni, anche i servizi. D’altro canto, la tutela dei consumatori deve adattarsi alla ristrutturazione dei mercati determinata dal rapido sviluppo e dall’espansione delle tecnologie informatiche.
Oggigiorno, ad esempio, un consumatore francese seduto in una casa belga può chiedere un prestito di consumo a una banca olandese con un SMS, quindi, con pochi clic del mouse, acquistare da un negozio lituano su Internet un prodotto elettronico svedese che sarà consegnato da un fornitore britannico. Questi casi oggi sono comunissimi e rispecchiano soltanto il normale funzionamento del nostro mercato interno.
Eppure, nell’attuale quadro giuridico, non solo è difficile indovinare quale normativa di tutela dei consumatori di quale paese si debba applicare in un dato momento, ma persino la competenza delle varie autorità è difficile da stabilire, specialmente per il consumatore. Per questo motivo, con l’integrazione del mercato dei servizi e l’irreversibile espansione degli acquisti online, la futura Agenzia europea per la tutela dei consumatori, oltre al tradizionale compito di tutela dei consumatori, avrà anche altre mansioni di importanza cruciale negli ambiti della ricerca, dell’analisi e della pianificazione.
Così come l’industria, anche il nostro sistema giuridico e le nostre istituzioni necessitano di innovazione. Le strutture che garantiscono la tutela del consumatore europeo nel XXI secolo devono avere la flessibilità necessaria per adeguarsi all’immensa varietà di situazioni reali. Per far fronte a questo compito, abbiamo bisogno di risorse indipendenti, specialisti eccellenti e versatili, e sono convinta che sia nell’interesse di tutti i 450 milioni di consumatori europei che l’Agenzia per la tutela dei consumatori divenga un polo di eccellenza indipendente. Chiedo il sostegno del Commissario in vista di questi obiettivi.
Presidente. – Mi permetto, chiedendo scusa, di dare un suggerimento ai colleghi dei nuovi paesi, che sono soliti leggere il loro intervento in Aula. La lettura dell’intervento a una velocità eccessiva compromette la traduzione e rende impossibile la comprensione dell’intervento stesso. Suggerisco pertanto di dire una frase in meno purché la lettura avvenga a una velocità sostenibile dagli interpreti oppure di consegnare prima agli interpreti il vostro intervento di modo che tengano il vostro ritmo di lettura. Questo per favorire la comprensione dei nostri lavori parlamentari.
Bogusław Sonik (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, desidero protestare contro l’accusa che “i colleghi dei nuovi paesi” leggono a una velocità eccessiva. Se un deputato legge a una velocità eccessiva, legge a una velocità eccessiva, a prescindere che provenga da un nuovo o da un vecchio Stato membro.
Markos Kyprianou, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, formulerò solo alcune osservazioni sulle tematiche sollevate dai deputati. Vorrei ringraziarli per l’interessantissimo dibattito che è scaturito; ora abbiamo il vantaggio di suddividerle in due parti, ma penso comunque che gli argomenti sollevati oggi in questa sede siano molto interessanti.
So che tendo a ripetermi, ma molti dei temi trattati andranno incontro a problemi finanziari; perciò temi quali il sostegno o un maggior sostegno alle organizzazioni dei consumatori, oppure iniziative ancora più attive/intense nei nuovi Stati membri saranno influenzate dall’esito finale delle discussioni sul bilancio. Tuttavia, in particolare per quanto riguarda la tematica dei nuovi Stati membri, concordo che vi sia un’esigenza di priorità, cioè non tanto di una strategia distinta – e questo è già stato descritto nella discussione mattutina – quanto piuttosto di dare priorità e risalto e concentrarsi sui nuovi Stati membri, almeno quelli in cui la tradizione della difesa dei consumatori è meno evidente che in altri Stati membri. Queste esigenze saranno affrontate in modo più dettagliato, come avrete modo di vedere nel prossimo futuro, nella strategia per i consumatori che è in corso di definizione, e potrete constatare che l’attenzione sarà puntata sui nuovi Stati membri, particolarmente nel campo dell’istruzione, in quello della formazione delle organizzazioni dei consumatori e in ambiti in cui potremmo rafforzare la mentalità di difesa dei consumatori.
Per quanto riguarda il tema dei gruppi più vulnerabili, concordo sul fatto che alcuni gruppi di consumatori necessitano di una maggiore tutela. Ripeto, non sono sicuro se l’inclusione o uno specifica disposizione del programma sia il miglior modo per raggiungere questo obiettivo; tuttavia, in determinate azioni, in determinate iniziative e legislazioni, dovremmo tenere conto delle particolari esigenze dei gruppi più vulnerabili, per esempio i bambini. Vi rimando alla legislazione relativamente recente che abbiamo adottato congiuntamente sulle pratiche commerciali sleali, che tiene conto dei gruppi di consumatori più vulnerabili.
Vi sono stati dei malintesi in merito all’agenzia. Vedo che l’onorevole Stubb non è presente questo pomeriggio, ma la proposta di agenzia non va nel senso di un’agenzia che formulerà politiche o intraprenderà iniziative nell’ambito della difesa dei consumatori; si tratterà di un’agenzia esecutiva, un ente amministrativo che si occuperà di contabilità e di tutti gli aspetti pratici che non riguardano le strategie. In realtà opererà dal punto di vista della gestione pratica della contabilità, perciò libererà le risorse di cui disponiamo in Commissione per promuovere e proporre politiche reali. Abbiamo già un’agenzia esecutiva per il programma sanitario, ed ha funzionato molto bene perché sfrutta meglio le risorse; ora proponiamo qualcosa di simile per la difesa dei consumatori. Pertanto, non si tratta di un’agenzia o di un’istituzione distinta nel senso descritto oggi dall’oratore del gruppo in questione.
Ho fatto qualche osservazione riguardo alla separazione stamattina. Capisco la posizione del Parlamento, ma prima di adottare una decisione definitiva, attenderemo di conoscere l’esito della discussione sulle prospettive finanziarie, pertanto in questa fase non ci troviamo d’accordo, perché riteniamo ancora che vi siano vantaggi in un programma comune che salvaguardi al contempo le specifiche esigenze e finanzi misure nei due ambiti. Tuttavia, ritorneremo su questo punto quando avremo davanti un quadro ben definito del bilancio.
Infine, ho preso nota della questione relativa ai servizi. Stiamo già finanziando programmi per i consumatori anche nel campo dei servizi. Un aspetto nel campo della difesa dei consumatori in generale è che dovremmo sempre tenere presente i vantaggi della tutela dei consumatori, non solo per i consumatori, non solo per la difesa dei cittadini, ma considerando anche i benefici che un’accresciuta fiducia dei consumatori porterà al mercato interno, la crescita economica che promuoverà e, naturalmente, la competitività dell’economia europea.
Desidero ringraziare ancora una volta la relatrice e i membri della commissione parlamentare per il loro convinto sostegno a questo programma; sarò lieto di collaborare con loro nel settore della difesa dei consumatori in futuro.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà il 23 marzo 2006.
16. Discussioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto (articolo 115 del Regolamento del Parlamento)
16.1. Diritti umani in Moldavia e particolarmente in Transnistria (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione su sei proposte di risoluzione sui diritti umani in Moldavia e particolarmente in Transnistria(1).
Marios Matsakis (ALDE), autore. – (EN) Signor Presidente, nonostante le proteste internazionali la Transnistria continua a esistere, governata da un regime autoritario antidemocratico e profondamente corrotto, dopo aver proclamato illegittimamente la propria indipendenza dalla Repubblica di Moldavia 12 anni or sono in seguito a un conflitto armato in cui ha goduto del sostegno militare russo. La situazione dà adito a gravi preoccupazioni, non solo in ragione della violazione dei diritti umani dei cittadini della regione, ma anche perché rimane un motivo d’instabilità e discordia tra la Moldavia e l’Ucraina. La tensione ai confini potrebbe facilmente acuirsi in una crisi dalle conseguenze imprevedibili.
E’ di fondamentale importanza che tutte le parti direttamente coinvolte nel conflitto transnistriano – ovvero la Moldavia, la regione transnistriana stessa, l’Ucraina e la Russia – diano prova di buona volontà, buonsenso e desiderio di pace e di riforme. Esse dovrebbero trattenersi dal compiere qualsiasi azione passibile di peggiorare la situazione già compromessa, impegnandosi da subito e di buon grado in leali trattative che sfocino con rapidità in una soluzione pacifica del problema.
Bogusław Sonik (PPE-DE), autore. – (PL) Signor Presidente, la situazione politica in Moldavia è un esempio di come le dichiarazioni politiche siano lontane tanto dalle loro possibilità concrete di attuazione, quanto dall’effettiva volontà politica di attuarle.
Nel 1999 la Russia si assunse l’impegno di ritirare le truppe stazionate sul territorio moldavo della Transnistria entro la fine del 2002. Finora tuttavia la Russia non ha ancora completato il ritiro, dimostrando così di non riconoscere la sovranità e l’integrità costituzionale del territorio moldavo. La Transnistria è una delle zone più industrializzate del paese; l’esistenza stessa di questa entità politica autoproclamata impedisce una normalizzazione della situazione economica nazionale, rendendo impossibile al paese qualsiasi preparativo per l’avvio di negoziati con l’Unione europea in merito a un’eventuale adesione o anche solo a un accordo di associazione.
La Russia tenta con qualsiasi mezzo a disposizione di mantenere il proprio controllo da superpotenza sull’Europa centro-orientale, che considera la sua naturale sfera d’influenza. Il regime transnistriano appoggiato dall’ex Armata rossa è un esempio lampante di disinteresse verso il popolo, i cittadini e i loro diritti. Soldati corrotti sono coinvolti in traffici clandestini di armi su larga scala, oltre che in numerose altre iniziative criminose. Le promesse del governo di Mosca sul ritiro delle truppe si sono rivelate l’ennesimo sotterfugio politico e dimostrano una totale mancanza di rispetto verso gli altri interlocutori politici, ivi compresi gli Stati membri dell’Unione europea. Una messinscena finalizzata solo a imbonire l’opinione pubblica.
Mi domando quindi come intendiamo formulare una politica europea di difesa se non siamo in grado nemmeno di obbligare i nostri partner a ottemperare a obblighi palesi che interessano zone così vicine a noi. Dove altro possiamo dimostrare il potere di persuasione dei 25 Stati membri dell’UE, se non in problemi di scottante attualità come questo, che è molto importante per la nostra sicurezza?
Se le nostre dichiarazioni sulla politica di difesa vogliono avere una valenza concreta, dobbiamo dimostrarci all’altezza di situazioni come questa, facendo valere la nostra volontà di garantire che tutti i nostri interlocutori, anche i più potenti, rispettino gli impegni presi.
Erik Meijer (GUE/NGL), autore. – (NL) Signor Presidente, anche se tutti i raggruppamenti politici moldavi sono ansiosi di entrare a fare parte dell’Unione europea, la Moldavia non rientra nell’elenco dei paesi candidati e probabilmente non acquisirà questo status neanche nel prossimo futuro. Oggi abbiamo votato sulla strategia per l’allargamento proposta nella relazione Brok. In base a tale politica di limitazione delle adesioni, l’unica possibilità di adesione per la Moldavia risiede in una soluzione trasversale, simile alla riunificazione tedesca del 1990.
In pratica ciò significa che la Moldavia dovrebbe rinunciare al momento opportuno alla propria autonomia per ricongiungersi con la Romania, da cui si è separata nel 1940. Una soluzione di questo genere era stata ventilata subito dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, ma allora la Romania non sembrava sufficientemente interessante da motivare il perseguimento di questo piano entro tempi brevi.
La prospettiva potrebbe cambiare se l’adesione della Romania all’UE si dimostrasse un successo clamoroso e la Moldavia si rendesse conto a quel punto di essere svantaggiata nel restare un semplice paese limitrofo. Una simile riunificazione non è mai stata auspicata dalla minoranza di lingua slava, concentrata principalmente nella parte orientale del paese e molto più propensa a mantenere i vecchi legami con l’Ucraina e la Russia. Questa regione orientale, la lingua di terra lunga e sottile della Transnistria che si estende lungo il confine con l’Ucraina, potrebbe non giungere mai a un’effettiva separazione fino a quando l’Ucraina non aderirà all’Unione europea. Nel frattempo – un tempo che potrebbe essere abbastanza lungo – dovremmo ricercare soluzioni pacifiche, la cooperazione e il cambiamento democratico in Transnistria, una regione ancora governata con il pugno di ferro.
Il mio gruppo ha sottolineato questo aspetto nella propria proposta di risoluzione. Con rammarico osserviamo che la risoluzione comune è orientata verso un indebolimento del governo transnistriano piuttosto che verso una sua riforma. Per quanto concerne gli altri aspetti, possiamo avallare il documento di compromesso perché non incita alla violenza contro la Transnistria e nel contempo non tenta di isolare la Moldavia come punizione per la posizione forte che il partito comunista ha conquistato nel paese grazie al favore degli elettori.
Elisabeth Schroedter (Verts/ALE), autore. – (DE) Signor Presidente, noto dai precedenti interventi che chi si occupa dell’Europa orientale è consapevole del progressivo acuirsi della crisi in Bielorussia.
Colgo l’occasione data dalla presenza del Commissario Ferrero-Waldner per ribadire che il suo comportamento nei confronti del Parlamento in questo caso è stato assai infelice e ha calpestato gravemente i diritti più fondamentali degli eurodeputati. Siamo a conoscenza dello scambio epistolare con l’onorevole Klich, ma questo non è il modo di agire! Mi occupo da dodici anni dei rapporti politici con la Bielorussia e posso dire che nessuno all’interno della Commissione aveva mai osato tanto. Comunque questa era solo un’osservazione a latere, motivata dalla sua presenza qui.
A differenza della Bielorussia, la Repubblica di Moldavia, pur essendo guidata da un governo comunista, è interessata a un avvicinamento all’UE e ritengo che stia svolgendo un ruolo attivo nel quadro della nostra politica di vicinato. Il problema risiede piuttosto nella sponda orientale del fiume Dniestr, dove sono ancora stanziate truppe russe al di fuori del territorio russo a 15 anni dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica.
Il problema è dato dalla loro presenza e dalla conseguente violazione dell’integrità della Repubblica di Moldavia. Questo conflitto non ha un’origine etnica. A mio avviso, esso può essere risolto soltanto tramite un dialogo intenso tra l’Unione europea e la Russia, in cui sia imposto come ultimatum il ritiro completo delle truppe. Ciò rientra anche nell’interesse dell’Europa, perché solo un ritiro garantisce un controllo completo sul confine. Il regime protetto da queste truppe in Transnistria potrebbe anche diventare una parte integrante e democratica della Moldavia.
La miseria in cui versa il paese ha alimentato vieppiù la tratta delle donne e anche questo aspetto deve essere preso in considerazione nella politica di vicinato con la Moldavia.
Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE), autore. – (PL) Signor Presidente, la politica repressiva e l’arretratezza ideologica del regime dittatoriale autoproclamato della Transnistria è motivo di grave preoccupazione in Europa.
Mentre la Moldavia ha già compiuto passi importanti verso la democrazia e il rispetto delle libertà civili, in Transnistria vengono tuttora violati i diritti umani fondamentali: arresti brutali, condizioni di detenzione disumane, divieto di espressione o di assemblea sono all’ordine nel giorno in questa regione e risultano inaccettabili nell’Europa moderna. E’ risaputo che la Transnistria ignora le decisioni della comunità internazionale. Sono passati diciotto mesi dalla sentenza della Corte internazionale per i diritti umani relativa a Ilascu e altri membri dell’opposizione, ma nessuno di essi è stato ancora rilasciato.
Una svolta importante per la composizione del conflitto moldavo sarebbe garantita dal ritiro delle truppe russe dalla Repubblica autoproclamata di Transnistria, in sintonia con le risoluzioni emanate dal Vertice OSCE di Istanbul nel 1999. Ad oggi, Mosca non ha rispettato gli impegni presi e continua a fornire appoggio economico e politico alla dittatura locale e al suo regime repressivo.
Pur salutando con favore gli sforzi compiuti dalla Moldavia nel campo delle riforme istituzionali e dei diritti delle minoranze nazionali, compresa la minoranza rumena, quale gesto concreto verso un dialogo democratico con l’Unione europea, ci giungono ancora notizie di una corruzione dilagante e della tratta di donne e bambini. Le autorità moldave devono proseguire gli sforzi volti a creare un sistema giudiziario stabile e indipendente all’interno di un paese aperto al pluralismo politico. Da parte sua, l’Unione europea deve adottare misure decisive verso la risoluzione della questione transnistriana e migliorare il dialogo con la Moldavia, quale mezzo per contribuire a risolvere questo conflitto annoso e stabilizzare questa regione dell’Europa.
Laima Liucija Andrikienė, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, desidero innanzi tutto ringraziare i colleghi che hanno dato il via a questa importantissima discussione e alla risoluzione sulla situazione in Moldavia e in particolare nella regione transnistriana.
Il conflitto in Transnistria, congelato ormai dal 1992, è assurto di recente a nodo cruciale dei rapporti UE-Russia. In seguito a discussioni prolungate e a un approfondito lavoro preparatorio, lo scorso dicembre l’UE ha finalmente dato vita a una nuova missione di assistenza alla gestione delle frontiere in Moldavia e Ucraina (EUBAM), con cui essa affianca i due paesi nella lotta contro il contrabbando e il mercato nero nella regione.
Guarda caso, questa manovra ben calibrata della scorsa settimana ha spinto la Russia a mettere in allerta le proprie truppe stanziate in Transnistria – in totale 1100 soldati con sedicenti funzioni di mantenimento della pace. Il regime illegittimo della Transnistria, che non è riconosciuto da nessuna democrazia al mondo, ha abbandonato i negoziati 5+2.
Dobbiamo manifestare la nostra preoccupazione per la situazione dei diritti umani in Transnistria, dove i cittadini non possono indire elezioni democratiche e dove i mezzi d’informazione indipendenti, i promotori dei diritti umani, le ONG e gli oppositori al regime autoproclamato sono vessati, intimiditi e oppressi. Inoltre dovremmo esprimere il nostro sostegno alle autorità moldave e ucraine che si stanno adoperando per stabilizzare la regione e sradicare la corruzione, il contrabbando e altri flagelli simili.
Mi appello alla Commissione e al Consiglio affinché sostengano le autorità moldave nel processo di riforma democratica e utilizzino tutti gli strumenti diplomatici disponibili per risolvere il conflitto in Transnistria.
Józef Pinior, a nome del gruppo PSE. – (PL) Signora Commissario, la cosiddetta Repubblica moldava di Transnistria, che occupa un quinto del territorio dello Stato indipendente della Moldavia e controlla la maggior parte del distretto industriale del paese, è stata riconosciuta come Stato nonostante l’opposizione internazionale. La invito a tenere presente in particolare le violazioni dei diritti umani, la censura dei mass media e il regime populista e autoritario della Transnistria che batte la bandiera dell’ex Repubblica sovietica di Moldavia.
Le organizzazioni non governative incontrano molti ostacoli allo svolgimento della loro attività in Transnistria. La nuova iniziativa politica del Presidente Igor Smirnov e l’associazione giovanile internazionale Proryv sono basate sul modello del Nashi, il movimento giovanile russo che sostiene Putin. Proryv è un’organizzazione estremamente populista finalizzata a impedire qualsiasi cambiamento democratico in Transnistria, ideologicamente improntata agli ideali sovietici/slavofili del nazionalismo filorusso. Proryv è affiliata alla sezione transnistriana del partito russo di Vladimir Zhirinovsky e collabora strettamente con il movimento russo eurasiatico.
L’Unione europea deve interessarsi più da vicino della regione transnistriana dal punto di vista dei diritti umani e dello sviluppo democratico di quest’angolo d’Europa.
Ryszard Czarnecki (NI). – (PL) Signor Presidente, oggi ci siamo dilungati sulla Bielorussia e vorrei intervenire a difesa di questo paese.
Non è vero che la Bielorussia è il paese europeo meno democratico. In cima alla lista nera si trova infatti la cosiddetta Repubblica moldava di Transnistria, riconosciuta in tutto il mondo soltanto dalla Russia. Si tratta di un paese che non lascia spazio ai diritti umani e civili, come dimostrano la detenzione dei prigionieri politici e gli attacchi alle organizzazioni non governative, stigmatizzate come parassite dalla stampa. La situazione non è brillante neppure nella Repubblica di Moldavia, ma apprezziamo gli sforzi compiuti dal paese verso la piena democrazia e, un giorno, l’Unione europea.
Il conflitto tra la Transnistria e la Moldavia si è sviluppato all’ombra degli interessi russi. La Russia sembra fomentare le tensioni e questo è un aspetto che non possiamo trascurare. Il Presidente moldavo comunista Voronin auspica una demilitarizzazione, democratizzazione e decriminalizzazione della Transnistria. L’organo di stampa ufficiale del Presidente transnistriano Smirnov auspica invece una devoronizzazione della Moldavia e chiede aiuti per la democratizzazione del paese, che ai loro occhi sarebbe attuata liberando la Moldavia dai comunisti e dal loro leader. Questa farsa potrebbe apparire ridicola, ma il riso muore in gola di fronte alle violazioni dei diritti umani e alle detenzioni. A questo punto la farsa lascia solo l’amaro in bocca.
Bernd Posselt (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, l’attuale Moldavia non diventerà parte dell’Unione europea l’anno prossimo o quello successivo soltanto perché ai tempi del patto tra Hitler e Stalin questo territorio fu separato con violenza dalla Romania. E’ importante non dimenticare questo precedente storico, perché la Moldavia rimane un paese profondamente europeo e noi dobbiamo adoperarci per conseguire tre obiettivi. In primo luogo, dobbiamo ottenere con metodi pacifici lo smantellamento della struttura criminale e militare operativa in Transnistria. Fortunatamente Hitler è stato sconfitto e costretto a restituire il suo bottino. Il bottino di Stalin è stato invece restituito solo nel 1991 e tuttora esistono forze a Mosca che tengono in vita questa struttura pericolosa.
In secondo luogo, dobbiamo perseguire la democratizzazione della Moldavia entro uno Stato di diritto che rispetti i diritti delle minoranze. Infine è nostro dovere lottare contro la criminalità transfrontaliera. In relazione a quest’ultimo aspetto sono profondamente grato al collega Albert Deß, rappresentante di una regione di confine dell’Alto Palatinato, per la veemenza con cui ci incita a lottare contro il narcotraffico, la tratta di esseri umani e il contrabbando di armi che si dipartono proprio dall’organizzazione criminosa operativa in Transnistria. Una lotta da intraprendere insieme come Unione europea, nell’interesse di questo meraviglioso paese ai margini orientali dell’Europa centrale che dobbiamo integrare, altrimenti rimarrà come una ferita aperta tra un nostro futuro Stato membro – la Romania – e l’Ucraina, con cui abbiamo intensificato la collaborazione dai tempi della rivoluzione arancione. Il processo di democratizzazione in questa regione, legata a noi da una comunità di destini, potrà avere esito positivo soltanto quando questa tirannide militare cederà finalmente il passo a una democrazia basata sullo Stato di diritto.
Questo è il nostro compito come Parlamento europeo e pertanto ringrazio il collega Sonik e gli altri che hanno promosso la discussione odierna. Il Parlamento europeo è chiamato a inviare un segnale inequivocabile.
Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, vorrei affrontare prima alcune delle questioni politiche sollevate, per poi passare brevemente alla Bielorussia. Risponderò anche molto volentieri all’onorevole Schroedter prima di affrontare il tema del dibattito odierno, ovvero i diritti umani.
Per quanto concerne l’aspetto politico, la Moldavia è un paese che aderisce alla nuova politica europea di vicinato, attraverso cui stiamo tentando di avvicinare questo paese all’Unione europea e – vorrei sottolineare all’onorevole Posselt – di portarlo lentamente sulla via della democrazia, anche se il processo sarà ancora lungo. La strada è ormai solcata e per raggiungere i nostri scopi è essenziale porre un freno al traffico clandestino di merci, persone, armi, forse anche droga, tenendo sotto controllo le attività criminose.
Ringrazio tutti coloro che hanno menzionato la missione frontaliera. L’Unione europea ha infatti appena introdotto una missione di assistenza alle frontiere in Transnistria, tra la Moldavia e l’Ucraina. Dobbiamo ringraziare il Presidente ucraino Yushchenko che ha dato corpo a questa iniziativa non appena è salito al potere, accogliendola insieme al Presidente Voronin. Con i miei omologhi, i ministri degli Esteri ucraino e moldavo, siamo riusciti a realizzare questo obiettivo. La missione funziona abbastanza bene ed è guidata tra l’altro da un responsabile ungherese. Il suo fine ultimo rimane, a mio avviso, la lotta contro i traffici clandestini; una lotta tutt’altro che facile da portare avanti, ma prima o poi la missione andrà a segno.
Tutti i deputati hanno menzionato il conflitto in Transnistria e le modalità per risolverlo. L’OSCE ha fatto il possibile e l’Unione europea è sempre più coinvolta. Per inciso, i progressi conseguiti sono stati resi possibili dalla Russia che ha accettato di ricercare una soluzione con i negoziati “cinque più due” cui l’Unione europea e gli Stati Uniti sono stati invitati in veste di osservatori.
E’ vero che le truppe russe non si sono ancora ritirate, contrariamente a quanto previsto dall’OSCE a Istanbul. Tuttavia, una volta che se ne andranno, chi prenderà il loro posto? Il dialogo politico deve proseguire in via prioritaria anche se purtroppo, come qualcuno ha evidenziato, la Transnistria ha abbandonato il tavolo delle trattative. Rimane dunque ancora molto da fare.
Adesso vorrei passare alla Bielorussia e, con il vostro permesso, continuerò in tedesco.
(DE) Onorevole Schroedter, temo di essere stata completamente malintesa. Il giornalista presente alla nostra conferenza stampa a Bruxelles mi ha chiesto, in qualità di Commissario, se la Commissione europea intendesse inviare in Bielorussia una propria missione di osservatori per le elezioni. Io ho risposto di no, poiché il compito di osservazione era già stato assunto dalla OSCE/ODHIR, come lei ben sa. Successivamente ho aggiunto che i parlamentari non facevano parte di una missione ufficiale dell’UE, visto che tale missione non era stata organizzata. Le mie parole sono state completamente travisate. La prego pertanto di accettare questa mia ennesima precisazione. Sono lieta che lei abbia sollevato la questione, perché in questo modo ho avuto la possibilità di chiarire l’equivoco.
Ieri, oltre a scrivere una lettera all’onorevole Klich, ho anche parlato con lui e ci siamo chiariti. Oggi ho già rilasciato una dichiarazione sulla Bielorussia, di cui seguo ovviamente da vicino l’andamento della campagna elettorale. Nella dichiarazione ho espresso il mio profondo rammarico per il fatto che ai deputati sia stato negato il visto e dunque l’accesso al paese. Rimane inteso che la loro presenza sarebbe stata come sempre oltremodo gradita, com’è ovvio e come dovreste già sapere, poiché io stessa sono sempre favorevole alla presenza di missioni di osservatori UE e le propugno ogniqualvolta sia possibile.
(EN) Ritorno adesso al dibattito odierno sulle risoluzioni in merito alle violazioni dei diritti umani perpetrate in Moldavia.
La proposta di risoluzione pone l’accento sull’incapacità delle autorità giudiziarie di assicurare processi giusti. Vorrei sottolineare che nel 2005 la Moldavia ha varato tre leggi che hanno rafforzato in misura considerevole l’autonomia della magistratura. Per quanto concerne Pasat, l’ex ministro della Difesa, la Commissione ha sollevato più volte le problematiche associate al caso. Sono in contatto diretto con il ministro degli Esteri moldavo Stratan e ho appena scritto una lettera al Presidente Voronin in cui ho richiesto un’azione trasparente senza procrastinazioni nella procedura d’appello del signor Pasat.
La democrazia, lo Stato di diritto e i diritti umani saranno temi prioritari della prossima riunione del Consiglio di cooperazione con la Moldavia.
La discussione odierna è incentrata in particolare sulla situazione dei diritti umani in Transnistria. Come sapete, la Transnistria si è autoproclamata repubblica indipendente e abbiamo soltanto informazioni incomplete su quanto sta avvenendo nel paese. E’ comunque certo che vi siano problemi molto gravi. Per esempio, nell’estate del 2004 le autorità transnistriane hanno imposto la chiusura di sei scuole in cui veniva insegnata la lingua moldava e utilizzato l’alfabeto latino. Abbiamo preso atto con soddisfazione che i negoziati tra le autorità moldave e quelle transnistriane relativi a queste scuole sono ripresi a febbraio dopo un’interruzione di sette mesi. La Commissione non mancherà di seguire l’andamento dei negoziati con la massima attenzione.
Desidero parlare brevemente anche del caso Ilascu che rimane un esempio molto grave di violazione dei diritti umani. Visto che la Moldavia non è in grado di intervenire in Transnistria, abbiamo sollevato la questione con la Russia in ogni occasione utile. L’ultima volta è stato due settimane or sono a Vienna, dove ho incontrato il ministro Lavrov in occasione di una troika dei ministri degli Esteri. Le ultime notizie, secondo cui Andrei Ivantoc, uno dei due prigionieri, ha cominciato uno sciopero della fame evidenziano l’urgenza di un immediato rilascio di entrambi i prigionieri. Dobbiamo fare pressioni affinché ciò accada.
La Commissione collabora con tutti i paesi partner, incluse Russia, Ucraina e Moldavia, al fine di ottenere il ritiro delle truppe russe, la demilitarizzazione della Transnistria, la democratizzazione della Moldavia – anche per quanto riguarda la regione transnistriana – e l’instaurazione di un efficace controllo legittimo della Moldavia sulla Transnistria.
Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione su sei proposte di risoluzione sul Kazakistan(1).
Ona Juknevičienė (ALDE), autore. (LT) Il 13 febbraio Altynbek Sarsenbayev, noto politico kazako e massimo esponente dell’opposizione, è stato brutalmente assassinato ad Almaty, insieme al suo autista e alla sua guardia del corpo. Poco tempo addietro, un altro rappresentante di spicco dell’opposizione, Zamanbek Nurkadilov, era stato freddato con tre colpi di pistola dopo che aveva accusato il governo di corruzione e dell’omicidio del giornalista indipendente Sharipzhanov. Secondo la versione ufficiale delle indagini, Nurkadilov si è suicidato. Considerato uno dei paesi più progrediti della regione, il Kazakistan sta cercando di entrare a far parte del consesso degli Stati democratici e aspira ad assumere la presidenza dell’OSCE nel 2009, ossia a porsi a capo di un’organizzazione votata a garantire la democrazia e la stabilità all’interno della Comunità e oltre. Un’organizzazione che lo scorso dicembre ha denunciato le elezioni presidenziali in Kazakistan perché non conformi agli standard internazionali. Riconosciamo che l’economia kazaka è in rapida crescita e il Kazakistan rimane un partner commerciale molto importante per la Comunità, ma colleghi, noi non siamo una mera unione economica, siamo anche un’unione di valori. Nella politica estera non possiamo limitarci a perseguire i nostri miopi interessi economici; in nessun caso possiamo permettere la violazione dei diritti umani. Il Presidente Nazarbayev ammette apertamente che in passato nel paese non regnava la democrazia e che non possiamo pretendere di giungere a un Kazakistan democratico nell’arco di una notte. Egli tenta di rassicurarci circa la possibilità di ottenere una democrazia controllata in Kazakistan, ma in realtà vuole giustificare il suo regime autoritario d’impronta sovietica. Signor Presidente, sappiamo tutti che la democrazia o esiste, o non esiste. Una democrazia controllata o parziale è una contraddizione di termini.
Albert Jan Maat (PPE-DE), autore. – (NL) Signor Presidente, (... l’oratore parla senza microfono) non avremmo tenuto questa discussione oggi pomeriggio. Non perché non ci interessiamo al Kazakistan o crediamo che tutto vada bene in quel paese. Anzi, siamo preoccupati, ma durante lo scorso mandato, questo Emiciclo ha approvato una risoluzione rigorosa sul Kazakistan, una risoluzione presa sul serio sia dal Parlamento che dal governo kazako. Ad essa è seguita un’apertura verso un sistema pluripartitico e una maggiore libertà per la stampa.
Le nostre preoccupazioni si rinnovano oggi, ma la differenza rispetto alla precedente risoluzione sul Kazakistan è data dal fatto che il governo e il suo Presidente stanno almeno tentando di introdurre una maggiore trasparenza. Infatti gli osservatori esteri hanno oggi la possibilità di seguire le inchieste relative a omicidi o altri avvenimenti rilevanti.
Di certo qualcosa è in fermento in Kazakistan, ma ciò non significa che siamo già in grado di valutare esattamente la situazione e quindi crediamo che la presente risoluzione sia prematura. Anche perché, pur non pensando che tutto vada meravigliosamente, per la prima volta abbiamo riscontrato una volontà di trasparenza e chiarezza nelle procedure relative a situazioni sensibili, in cui sono state denunciate delle morti presunte o accertate avvenute in circostanze poco chiare o per mano di ignoti. Pensiamo che questi aspetti debbano essere valorizzati al fine di consolidare il rapporto tra l’Unione europea e il Kazakistan.
Il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei propone di avvalersi piuttosto della cooperazione tra delegazioni parlamentari. La delegazione parlamentare kazaka verrà in visita a Bruxelles a maggio. In tale occasione potremo discutere di tutti questi aspetti con i nostri omologhi. Il gruppo PPE-DE vorrebbe vedere dei progressi nei paesi dell’Asia centrale. Per quanto concerne il Kazakistan, dobbiamo discutere senz’altro la questione del partenariato per appurare se possiamo migliorare la cooperazione nei settori in cui essa funziona al meglio.
In sintesi, siamo preoccupati per il Kazakistan. Non siamo certo abbagliati dallo standard democratico del paese, ma possiamo constatare che c’è effettivamente maggiore trasparenza, che qualcosa si sta muovendo, seppure in un clima d’incertezza. In ogni caso vorrei ringraziare la signora Commissario per le ottime informazioni che ci sono pervenute dal suo rappresentante di Almaty sull’argomento e che abbiamo molto apprezzato.
Per quanto concerne la votazione, pur avendo contribuito alla risoluzione per non rimanere esclusi dal gioco, abbiamo richiesto cinque votazioni separate che determineranno con il loro risultato la nostra disponibilità o meno a sostenere la risoluzione. In pratica, nonostante le preoccupazioni, vorremmo prima discutere con i nostri omologhi kazaki in un clima amichevole per valutare la possibilità di compiere progressi in senso democratico.
Bernd Posselt (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, mi permetta un brevissimo intervento. All’ora di pranzo l’onorevole Pleštinská ci ha riferito che oggi in Slovacchia e in numerosi altri paesi verranno poste candele alle finestre come gesto di solidarietà nei confronti dell’opposizione e del movimento di liberazione in Bielorussia. Onde evitare di far scattare l’allarme antincendio, abbiamo portato solo un piccolo lumino simbolico in quest’Aula, che arde sul banco dell’onorevole Pleštinská. Una piccola luce che intende simboleggiare il nostro forte legame con il movimento bielorusso per la libertà.
(Applausi)
Presidente. – Nel ribadire la solidarietà all’iniziativa, devo ricordare che il Regolamento vieta rigorosamente di introdurre in Aula oggetti incandescenti o infuocati, per cui chiedo cortesemente alla collega di spegnerlo, grazie.
Józef Pinior (PSE), autore. – (PL) Signor Presidente, l’opposizione politica kazaka sta protestando contro l’assassinio di Altynbek Sarsenbayev, l’ex ministro e ambasciatore che, dopo essersi schierato con l’opposizione nel 2003, ha iniziato a criticare il regime politico del Presidente Nursultan Nazarbayev. Il 26 febbraio scorso, circa 1 500 persone hanno preso parte a una manifestazione ad Almaty. Il corpo del 43enne Sarsenbayev è stato rinvenuto, crivellato di colpi di arma da fuoco alla schiena e alla testa, accanto a quelli del suo autista e della sua guardia del corpo. I membri del Servizio di sicurezza nazionale sospettati dell’omicidio sono stati arrestati e il capo di questo organismo, Nartay Dutbayev, ha rassegnato le dimissioni.
Vorrei anche sottolineare che l’organizzazione Reporters sans frontières ha accusato le autorità kazake di oscurare i siti Internet e di limitare la libertà d’espressione degli altri mezzi di comunicazione. Il 15 dicembre scorso, le forze di sicurezza hanno perquisito gli uffici del settimanale Law Economy Politics Culture che aveva pubblicato una lettera firmata dal responsabile della commissione elettorale, in cui si denunciavano alcuni brogli elettorali verificatisi durante le elezioni presidenziali del 4 dicembre. Inoltre il 20 dicembre è stato chiuso il settimanale Juma-Times in seguito ad una condanna del tribunale di Almaty per diffamazione ai danni del Presidente Nazarbayev.
Erik Meijer (GUE/NGL), autore. – (NL) Signor Presidente, il crollo dell’Unione sovietica si è rivelato tutt’altro che una garanzia per la democrazia. Alcuni politici dal retaggio comunista hanno abbandonato l’ideologia e adesso conducono con una disinvoltura ancora più sfacciata le loro manovre per rimanere avvinghiati al potere o per aiutare i loro discendenti a ereditare queste funzioni pubbliche. Tra questi giochi di destrezza si annovera la tendenza a prorogare il mandato dei presidenti in carica a dieci anni o addirittura a vita tramite un referendum in cui non viene neppure offerta l’alternativa di presentare uno o due candidati dell’opposizione.
Un’altra prassi consiste nel fare piazza pulita degli oppositori più pericolosi tramite detenzioni basate su false accuse, falsi incidenti d’auto o semplici sparizioni. In Ucraina, Georgia e Kirghizistan, rivolte appoggiate da un vasto consenso popolare hanno ribaltato questo genere di regimi, ma resta ancora da vedere se riusciranno a trovare una soluzione migliore nel lungo periodo. Per quanto concerne invece Bielorussia, Uzbekistan, Turkmenistan e il vasto Stato del Kazakistan, i politici al potere sono riusciti a piegare l’opposizione. Alcuni di loro hanno fatto leva sul ruolo che detengono nella catena dell’approvvigionamento energetico per comprarsi importanti amicizie internazionali.
Per tanto tempo il Kazakistan è stato solo un paese arido e scarsamente popolato da un gruppo di lingua turca; la colonizzazione russa si concentrava essenzialmente nelle zone più idonee agli insediamenti industriali e estrattivi, oppure attorno a una base spaziale sperimentale. Nel frattempo è stata costruita una nuova capitale, lontana dall’esteso agglomerato di Almaty, e l’influenza della popolazione russa è stata ridotta drasticamente.
Il Kazakistan rimane un paese vasto e scarsamente popolato, con due gruppi etnici maggiori e un pugno di minoranze mandate in esilio qui dall’impero russo e per le quali si prospetta oggi un futuro alquanto incerto. La risoluzione insiste giustamente sul fatto che, nelle nostre relazioni con il Kazakistan, occorre prestare la debita attenzione non soltanto ai legami economici, ma anche e soprattutto a questioni come quella dei prigionieri politici, dello spazio concesso all’opposizione, del processo decisionale democratico e dei diritti umani.
Carl Schlyter (Verts/ALE), autore. – (SV) Signor Presidente, la situazione in Kazakistan non è poi così nera. Rispetto ad altri paesi della regione, in Kazakistan si sono registrati anche segnali positivi, come ad esempio la moratoria sulla pena di morte e l’arresto degli agenti di polizia accusati di tortura. Ultimamente assistiamo però a uno sviluppo paradossale: alla crescita e al rafforzamento dell’opposizione, infatti, corrisponde un concomitante inasprimento delle misure repressive. I due omicidi menzionati hanno ulteriormente esacerbato questa situazione.
L’OSCE ha affermato che le elezioni non si sono svolte in modo corretto. In realtà non era affatto necessario ricorrere a brogli, poiché i sondaggi d’opinione davano comunque vincente il neoeletto Presidente Nazarbayev. Questi sviluppi non sono tanto sorprendenti, se si considerano le restrizioni agli organi di stampa kazaki e il clima di paura predominante. I governatori non hanno voluto comunicare i risultati elettorali meno lusinghieri e non hanno esitato ad arricchirli con qualche voto extra per timore di vedersi ridotti i loro vantaggi finanziari o di altro tipo. Un clima politico di questo tipo è intollerabile in una democrazia e ci esorta alla massima vigilanza.
In realtà, il Parlamento europeo è piuttosto modesto nelle sue richieste: domanda solo che il Kazakistan rispetti la propria Costituzione e che gli arresti, ad esempio, siano effettuati sulla base di sentenze giudiziali. Al terzo paragrafo chiediamo che l’inchiesta sugli omicidi sia seguita da osservatori internazionali. L’FBI è stata invitata a partecipare alle indagini sugli omicidi e dovremmo assicurarci che le informazioni su questi crimini possano essere esaminate anche da altri organismi internazionali al fine di ottenere un quadro complessivo e chiaro dell’inchiesta.
Janusz Wojciechowski (UEN), autore. – (PL) Signor Presidente, il Kazakistan è un paese importante che vanta una storia illustre, ed è anche uno dei più grandi paesi d’Europa – sì, d’Europa, poiché circa 150 000 km2 del suo territorio rientrano nei confini geografici del nostro continente. E’ un paese in cui ancora oggi vivono migliaia di compatrioti polacchi che vi sono stati esiliati ai tempi del regime stalinista. Dal punto di vista storico e politico, però, il Kazakistan appartiene chiaramente all’Asia centrale e al novero degli Stati post-comunisti e post-sovietici. Non dobbiamo dimenticare questi precedenti storici, perché essi spiegano il diverso significato della parola “democrazia” qui rispetto alla valenza che essa ha nei paesi europei, forti di una tradizione democratica secolare.
Ho fatto parte della delegazione di osservatori del Parlamento europeo durante le elezioni presidenziali in Kazakistan. Il paese non è certo un modello esemplare di democrazia, ma a onor del vero bisogna ammettere che le autorità si stanno impegnando seriamente per democratizzare la vita pubblica, soprattutto al fine di rendere il paese più moderno e vicino ai valori occidentali. Dovremmo plaudere a questi sforzi e offrire un cauto sostegno a questo processo.
La proposta di risoluzione in esame merita di essere sostenuta nella misura in cui richiede un’inchiesta sulle cause del decesso di Sarsenbayev, il leader dell’opposizione, ma contiene alcuni elementi che esprimono una diffidenza ingiustificata. I politici sono vittime di agguati o tentativi di omicidio in molti paesi, senza che ciò debba essere per forza dovuto a complotti politici. Per questo motivo chiedo maggiore moderazione nel tenore della risoluzione e caldeggio l’approvazione di gran parte degli emendamenti proposti.
Charles Tannock, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, alla pari degli altri miei colleghi, anch’io sono profondamente turbato dal brutale assassinio dell’esponente dell’opposizione Altynbek Sarsenbayev, perpetrato lo scorso 13 febbraio. Sono lieto che il Presidente Nazarbayev abbia coinvolto l’FBI nella ricerca dei colpevoli e abbia espresso la volontà di punire gli assassini nella sua dichiarazione del 21 febbraio. Il recente arresto di cinque sospetti mi sembra peraltro un segnale incoraggiante. Certo, sussistono ancora perplessità sulla democrazia e i diritti umani in Kazakistan. L’UE è giustamente preoccupata della potenziale instabilità in questa repubblica dell’Asia centrale, che riveste un ruolo chiave ed è desiderosa di avvicinarsi maggiormente all’UE piuttosto che alla Cina o alla Russia.
In veste di relatore per la politica europea di prossimità ho consigliato di includere anche il Kazakistan in questo programma politico, com’è già accaduto per le tre repubbliche caucasiche, la cui inclusione era stata caldeggiata inizialmente dal Parlamento europeo e successivamente avallata dal Consiglio. Il Kazakistan si estende in direzione occidentale e, pertanto, dal punto di vista geografico la sua inclusione nella politica europea di prossimità è giustificata. Esso si fonda inoltre su una forte tradizione laica, acquisita in epoca sovietica, oltre a contare su una forte minoranza cristiana europea che vive in armonia con la popolazione kazaka locale di confessione islamica.
I suoi immensi giacimenti di petrolio e gas rivestono un’importanza strategica per l’UE e il Kazakistan è più che disposto a vendere queste materie prime all’UE senza dipendere interamente dagli oleodotti russi per il trasporto di queste risorse naturali. Inoltre la politica di diversificazione avviata in Kazakistan prevede anche progetti per la liquefazione del gas naturale e la sua esportazione tramite un oleodotto transcaspico.
Benché meno apprezzata, in questo contesto è opportuno ricordare la grande ricchezza di uranio disponibile nelle miniere kazake di prossimo sfruttamento, che in futuro si rivelerà essenziale al fabbisogno europeo di energia nucleare. L’UE deve fornire tutto l’aiuto necessario a questo paese vasto, sottopopolato e geopoliticamente strategico. Il gruppo PPE-DE voterà la proposta comune di risoluzione soltanto se epurata di taluni preconcetti come indicato nei nostri emendamenti.
John Attard-Montalto, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, mi consenta di parlare nella mia lingua madre.
(MT) Mi turba sentire discorsi come quello dell’oratore che mi ha preceduto. Sono preoccupato dall’eventualità che gli interessi dell’Occidente e degli Stati Uniti in Kazakistan – motivati essenzialmente dalla ricchezza di minerali del paese e dall’aiuto che potrebbe prestare nella lotta contro il terrorismo – inducano il governo locale a pensare di poter agire con impunità. Dovremmo guardarci bene da questo pericolo. Qualche tempo fa il Kazakistan ha chiesto di aderire al Consiglio d’Europa e, in tale occasione, ho preso parte a una missione nel paese. E’ vero che, dal punto di vista geografico, una parte del Kazakistan si trova in Europa, ma tutti sanno che il paese è ancora molto lontano dall’acquisire le credenziali democratiche. E’ altrettanto chiaro che negli ultimi tempi il clima politico del paese si è deteriorato. Sappiamo che nell’arco di tre mesi sono stati uccisi due politici dell’opposizione e che, in un modo o nell’altro, i diritti umani non vengono rispettati. La ricchezza del Kazakistan e il suo coinvolgimento nella lotta contro il terrorismo non devono indurci a credere che non sia necessario esercitare un controllo sulla sua condotta.
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, il Presidente Nazarbayev si è attenuto finora al vecchio adagio “tienti stretti i tuoi amici e ancora più stretti i tuoi nemici”, tentando di legare questi ultimi al suo regime. Sebbene Nursultan Nazarbayev sia recentemente venuto nella mia Carinzia per una settimana di cure termali con il chiaro intento di recuperare le forze, la sua strategia non sembra ottenere più il risultato auspicato e, come sapete, le voci del dissenso si fanno sempre più forti.
Non può essere casuale che, come abbiamo appreso, due politici dell’opposizione siano deceduti in circostanze misteriose proprio dopo avere denunciato le manovre poco pulite dell’entourage presidenziale. A mio avviso è davvero importante che l’inchiesta su questi omicidi sia condotta in maniera trasparente e con il coinvolgimento di soggetti imparziali.
Per quanto l’economia del Kazakistan sia sviluppata – non da ultimo in virtù delle sue ricchezze minerarie – siamo tutti d’accordo sul fatto che il paese sia piuttosto arretrato dal punto di vista della democrazia. Le elezioni presidenziali dello scorso dicembre sarebbero state inficiate da brogli elettorali; oltretutto la figlia del Presidente eletto in condizioni così poco trasparenti dirige la maggiore emittente televisiva, mentre suo marito è a capo dell’autorità fiscale. Non tutti i partiti hanno potuto iscriversi ed è risaputo che gli attivisti sono perseguitati. A questo punto non c’è da stupirsi nemmeno delle vessazioni imposte a chi ha partecipato al lutto per queste vittime.
Alla luce di questo deficit democratico non è possibile prospettare una presidenza kazaka dell’OSCE nel 2009. Credo che l’UE debba opporsi con forza a questa candidatura. Sarebbe forse opportuno seguire l’esempio degli USA e vincolare maggiormente gli aiuti finanziari ed economici a progressi nel settore della democrazia e dei diritti umani e civili.
Karin Scheele (PSE). – (DE) Signor Presidente, penso che oggi, a un mese dal brutale assassino del leader politico Sarsenbajev, sia il momento giusto per tenere questo dibattito urgente sulla situazione in Kazakistan. Nell’arco di tre mesi sono state uccise due figure di rilievo dell’opposizione e il clima politico è andato deteriorandosi gravemente.
Chiediamo alle autorità kazake di autorizzare un’inchiesta completa, indipendente e trasparente sulle circostanze che hanno portato a questi decessi, in presenza di osservatori internazionali.
Questi omicidi a sfondo politico rappresentano soltanto la punta dell’iceberg. E’ stata anche menzionata la censura di Internet, mentre nel complesso è aumentata la pressione sui politici dell’opposizione e sui giornalisti. Condanniamo la detenzione di alcuni partecipanti alla manifestazione pacifica che si è tenuta in memoria di Altynbek Sarsenbayev e incoraggiamo il governo kazako a ottemperare ai propri obblighi ai sensi dell’accordo di partenariato e cooperazione, in particolare per quanto attiene al rispetto della democrazia e dei diritti umani.
Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, sul Kazakistan c’è molto da dire. Il Kazakistan è e deve restare un interlocutore privilegiato per la promozione della stabilità e della cooperazione regionale in Asia centrale. In effetti è il paese più importante dell’intera area, oltre a possedere abbondanti riserve energetiche per le quali è oggi corteggiato da diversi paesi.
Prendiamo in esame il discorso tenuto alla nazione dal Presidente Nazarbayev lo scorso 1° marzo. Il Presidente si è dilungato sui progressi economici, mentre non è stato altrettanto prolisso sul programma per le riforme democratiche, nonostante le promesse fatte in tal senso e quelle rivolte alla comunità internazionale. La nozione di “democrazia gestita” è stata ribadita e vieppiù sottolineata.
Desidero approfondire in breve l’aspetto positivo e quello negativo della situazione, poiché è importante avere una visione d’insieme. Considero positiva la ratifica da parte del Kazakistan della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, nonché della Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali siglata nel gennaio di quest’anno. Si tratta di un passo nella direzione giusta. Speriamo che adesso il Kazakistan proceda a ratificare anche i protocolli supplementari relativi al diritto di petizione individuale. Anche la moratoria sulla pena di morte è un segnale favorevole.
Passando agli aspetti negativi da condannare, quanto è avvenuto al massimo esponente dell’opposizione Sarsenbayev è fonte di gravissima preoccupazione. Il suo assassinio è sintomo di una perniciosa tendenza criminosa della politica kazaka. In assenza di meccanismi costituzionali forti in grado di garantire il passaggio pacifico delle funzioni esecutive in Kazakistan, questi sviluppi sono un ovvio motivo di turbamento. Abbiamo pertanto chiesto alle autorità di garantire la massima trasparenza all’inchiesta e sono lieta che l’FBI possa essere presente, ma a mio avviso sarebbe necessaria anche una presenza europea. Stiamo seguendo molto da vicino anche l’inchiesta sull’attentato a Oksana Nikitina, la figlia di un altro esponente di spicco dell’opposizione. Sono rimasta profondamente sconcertata dalla notizia che alcuni membri dell’opposizione sono stati maltrattati in occasione dei due cortei in memoria di Sarsenbayev, tenutisi ad Almaty dopo il suo funerale. Alcuni oratori vi hanno già alluso.
Vorrei anche menzionare i temi fondamentali della libertà dei mezzi di stampa e delle restrizioni imposte alla società civile. Ci allarmano le notizie di svariati casi di vessazioni a danno dei giornalisti e di interventi contro i cinque giornali e il sito web dell’opposizione. La nuova legge sulla sicurezza nazionale, varata lo scorso luglio, consente anche di limitare arbitrariamente le libertà della società civile e le attività delle ONG.
Abbiamo accolto con soddisfazione i miglioramenti riscontrati dall’OSCE/ODIHR nella gestione dell’elezione presidenziale dello scorso dicembre. Chi tra voi era presente avrà potuto osservarli direttamente. Nondimeno, constatiamo con rammarico che l’elezione non ha ottemperato ad alcuni criteri dell’OSCE e che non sono stati presi provvedimenti per adeguare il quadro legislativo alle raccomandazioni dell’OSCE/ODIHR. Continueremo senz’altro a vigilare sulle inchieste relative alle irregolarità denunciate.
Resta un altro tema centrale: la libertà politica. Per garantire la propria stabilità interna, il Kazakistan deve poter contare su un’opposizione politica e le autorità devono legalizzare da subito i partiti dell’opposizione al fine di avviare un dialogo concreto con loro, per esempio tramite la commissione pubblica per la democratizzazione, che sarà istituita a breve e sarà guidata dal Presidente Nazarbayev. Nello specifico, credo che le autorità kazake rivedranno la loro posizione, offrendo anche ai partiti d’opposizione Alga e True Ak Zhol la possibilità di iscriversi.
Condivido con entusiasmo l’idea di costituire una delegazione parlamentare e di rafforzare la cooperazione tra il Parlamento europeo e le delegazioni provenienti dal Kazakistan. Si tratterebbe di un’opportunità in più, che permetterebbe di lanciare un messaggio chiaro attraverso un canale molto importante. Mi pare prematuro bocciare la candidatura del Kazakistan alla presidenza dell’OSCE nel 2009. Potrebbe essere uno stimolo capace di portare il Kazakistan verso una maggiore maturità democratica.
Siamo allarmati dalle notizie di svariati casi di vessazioni a danno dei giornalisti e di interventi contro i cinque giornali e il sito web dell’opposizione. La nuova legge sulla sicurezza nazionale, varata lo scorso luglio, consente anche di limitare arbitrariamente le libertà della società civile e le attività delle ONG. Credo in definitiva che questo paese meriti un forte impegno da parte europea ma che necessiti nel contempo di un segnale molto chiaro.
16.3. Impunità in Africa, in particolare il caso di Hissène Habré (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione su sei proposte di risoluzione sull’impunità in Africa, in particolare il caso di Hissène Habré(1).
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), autore. – (ES) Signor Presidente, in questo momento in Africa si stanno aprendo molte opportunità per chiudere con un passato molto spesso tinto di sangue.
Nondimeno, per far progredire la pace è necessario combattere in modo chiaro l’impunità e tale lotta, a sua volta, implica far affiorare la verità, per quanto dolorosa possa essere, e accertarsi che giustizia sia fatta. I processi a Pinochet o a Milošević, sebbene imperfetti e tristemente incompiuti, rappresentano chiari indizi circa la direzione che è necessario prendere anche in Africa. Nomi come Charles Taylor, Mengistu Haile Mariam o Hissène Habré, tanto per citarne alcuni, devono essere inseriti nella lista di ex dittatori tenuti a rispondere delle proprie azioni di fronte alla giustizia nazionale e internazionale.
Esistono già alcuni meccanismi per chiamare le persone a rispondere delle proprie azioni come, ad esempio, i tribunali ad hoc per coloro che hanno commesso crimini e atrocità in Ruanda e in Sierra Leone. Purtroppo, però, la mancanza di mezzi e, in taluni casi, di volontà politica e di capacità, fanno sì che spesso questi tribunali risultino inefficienti ed insufficienti.
La lotta contro l’impunità costituisce uno dei cardini della politica dell’Unione nel campo dei diritti umani. Per tale ragione dobbiamo ricordare che, in assenza di un Tribunale penale internazionale che funga da strumento per applicare la legge e stabilisca la responsabilità individuale, gli atti di genocidio e le flagranti violazioni dei diritti umani continueranno a restare impuniti.
Per questa ragione esortiamo gli Stati membri dell’Unione africana che non l’abbiano ancora fatto a ratificare lo Statuto di Roma e ad adottare quanto prima un piano di azione nazionale per la sua effettiva attuazione.
Sarebbe pretenzioso, e non è questa la mia intenzione, che l’Europa impartisse lezioni all’Africa, quando anche noi europei abbiamo numerosi casi aperti o mai risolti di impunità o di giustizia carente in fatto di ex dittatori, ma credo fermamente che questa sia una questione che devono affrontare su scala universale Africa ed Europa assieme.
Senza verità, senza giustizia, senza compensazione alle vittime, la pace non può essere che un sogno; la lotta all’impunità, tuttavia, può aiutarci un giorno a trasformare questo sogno in realtà.
Jürgen Schröder (PPE-DE), autore. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, il caso dell’ex dittatore del Ciad, Hissène Habré, non dovrebbe essere analizzato isolatamente, bensì considerato nel contesto africano, perché l’impunità di ex despoti è ancora diffusa, in Africa. E’ sufficiente citare i casi di Charles Taylor in Liberia, o di Mengistu Haile Mariam in Etiopia. I dittatori africani hanno governato con estrema violenza, opprimendo la loro gente e mantenendo le proprie posizioni di potere con la tortura, l’omicidio e la tirannia. Un altro elemento che tutti loro hanno in comune è che hanno trovato rifugio in altri paesi africani senza che fossero puniti e senza che nessuno chiedesse loro di rispondere delle loro azioni.
E’ proprio questo, però, che non possiamo più accettare, perché le vittime e le loro famiglie lottano da molto tempo per ottenere un processo in cui quei despoti si assumano le proprie responsabilità. Accolgo quindi con estremo favore l’enorme progresso compiuto nel caso di Hissène Habré. Nel settembre del 2005 un giudice belga ha emesso un mandato d’arresto internazionale a seguito del quale, a novembre, il Senegal ha posto Hissène Habré agli arresti domiciliari.
Quello Stato, tuttavia, ha ribadito che Hissène Habré deve essere condotto di fronte a un tribunale africano e che la decisione spetta all’Unione africana. A gennaio, in occasione del suo ultimo incontro, l’Unione africana ha creato un comitato che a luglio presenterà una relazione su come dovrebbe essere questo tribunale.
Signor Presidente, signora Commissario, ritengo siano molte le vie possibili per portare Hissène Habré davanti alla giustizia. La più realistica è la sua estradizione in Belgio, in quanto verrebbe rapidamente giudicato da un tribunale equo in Europa. Anche il Tribunale penale internazionale potrebbe occuparsi del caso. Un tribunale africano ad hoc, invece, richiederebbe una fortissima volontà politica e probabilmente è di difficile realizzazione senza un enorme dispendio di denaro, tempo e sforzi amministrativi.
Spetta ora all’Unione africana fare tutto il possibile affinché il caso di Hissène Habré si concluda finalmente di fronte a un tribunale. Qualora invece l’estradizione in Belgio venga rifiutata, l’Unione africana dovrà predisporre un piano preciso su come un tribunale africano possa procedere il più rapidamente possibile.
Sarei davvero lieto se questo caso creasse un precedente e Hissène Habré fosse tradotto in giustizia. Le sue numerose vittime lo pretendono.
Ana Maria Gomes (PSE), autore. – (PT) Signor Presidente, in Europa siamo costernati che le vittime sopravvissute al genocidio orchestrato da Slobodan Milošević non abbiano potuto vederlo giudicato all’Aia.
In Africa, le vittime di governi responsabili di violazioni dei diritti umani e di criminali di guerra hanno diritto alla giustizia e la reclamano. Ecco i nomi dei responsabili: Hissène Habré, Charles Taylor, Mengistu Haile Mariam e Robert Mugabe.
Alcuni giorni or sono, in seno alla commissione per i diritti umani, abbiamo sentito un’avvocatessa del Ciad sottolineare questo fatto relativamente al dittatore Hissène Habré, il quale ha vissuto per anni in esilio in Senegal. Questa giurista ha appoggiato la sua estrazione in Belgio, dove un tribunale ha chiesto che venisse tradotto in giustizia su richiesta delle sue vittime. Ha anche spiegato che l’estradizione è necessaria perché, nel quadro dell’Unione africana, non ci sono ancora, purtroppo, i meccanismi né, soprattutto, la volontà politica, di giudicare questo criminale responsabile dell’assassinio politico di più di 40 mila connazionali e della tortura e dell’imprigionamento di un numero ancora maggiore di persone. Inoltre ha spiegato che le autorità senegalesi hanno rimesso la questione nelle mani dell’Unione africana non per favorire la giustizia e tutelare la dignità dell’Africa, bensì per impedire che giustizia fosse fatta e offendere ulteriormente le vittime che esigono che Hissène Habré venga giudicato.
Signor Presidente, signora Commissario, recentemente sono stata in Senegal, dove ho parlato con attivisti dei diritti umani, parlamentari senegalesi e giornalisti. Tutti, purtroppo, mi hanno confermato la medesima sensazione: l’Unione europea ha delle responsabilità in Africa ed è per questo che oggi abbiamo approvato questa risoluzione. Mi auguro, pertanto, che le autorità politiche portoghesi eserciteranno la propria influenza e cercheranno di porre fine all’impunità di tutti questi criminali in Africa.
Erik Meijer (GUE/NGL), autore. – (NL) Signor Presidente, gli Stati africani non devono la propria origine alle popolazioni africane stesse, bensì alla colonizzazione europea. I loro confini sono stati tracciati da stranieri, separando gruppi etnici che volevano stare assieme e unendone altri che avevano ben poco in comune in termini di storia, cultura, lingua e religione. E’ impossibile che questa gente guardi all’autorità come a qualcosa che le appartiene.
Nella pratica, questo comporta un grave ostacolo per la democrazia. In tali situazioni, vi è un ampio margine di azione per coloro che, con mezzi violenti, favoriscono un gruppo etnico a spese di un altro. E’ solo con mezzi terribili che possono tenere uniti i loro instabili paesi. In simili circostanze solo gli approfittatori che fanno uso della violenza riescono a rimanere ai vertici dello Stato per lunghi periodi. Situazioni come queste si possono riscontrare in tutta l’Africa, ma soprattutto dove popolazioni araboislamiche e non islamiche sono state riunite in un unico paese. A tutti sono note le tragedie, le perenni guerre civili e le drammatiche migrazioni di rifugiati che hanno colpito il Sudan.
Solo ieri abbiamo adottato una risoluzione sul Ciad, paese che confina con il Sudan. Hissène Habré un tempo era a capo di questo paese desertico, ed era universalmente accettato dal mondo esterno, tanto da rimanere al potere in parte di esso fino al 1990, quando fu obbligato a fuggire in Senegal. Nonostante la sua partenza, tuttavia, non vi è spazio nel paese per un’opposizione politica, la gente soffre la fame ed è tenuta nel terrore da bande armate, mentre i paesi vicini cercano di ottenere il controllo di parte del suo territorio. Charles Taylor è fuggito dalla Liberia alla volta della Nigeria, Mengistu Haile Mariam ha lasciato l’Etiopia e ora vive in Zimbabwe; sarebbe opportuno che persone come queste venissero giudicate da un tribunale. Ciò potrebbe anche costituire un deterrente per futuri politici africani ed evitare che diventino violenti dittatori.
La situazione in Ruanda non può essere del tutto paragonata alle altre. Alcuni considerano l’attuale predominio della minoranza tutsi come una forma di lecita punizione per il tentativo della maggioranza hutu di sopraffare e massacrare i loro oppressori di sempre. Il protrarsi dell’attuale situazione, di cui dobbiamo considerare la possibilità che rimanga immutata nel prossimo futuro, continua ad alimentare uno storico sentimento di odio reciproco. Ecco perché non dobbiamo generalizzare e prestare invece la dovuta attenzione alle atrocità che sono state commesse in quelle regioni.
Marios Matsakis (ALDE), autore. – (EN) Signor Presidente, la lotta all’impunità dovrebbe costituire una delle pietre miliari della politica dell’Unione nel campo dei diritti umani. Questo è anche troppo vero nel caso dell’Africa dove, in alcune regioni, si sono verificati numerosi e terribili abusi dei diritti umani, talvolta su vasta scala. Purtroppo, però, chi ha perpetrato tali crimini raramente è tradotto in giustizia, mentre alle vittime viene spesso negata qualunque forma di effettiva riparazione.
E’ assolutamente necessario che persone ignobili come Charles Taylor, il colonnello Mengistu e l’ex Presidente in esilio del Ciad, Hissène Habré, affrontino il giudizio di un tribunale riconosciuto a livello internazionale per rendere conto delle atrocità e dei crimini contro l’umanità di cui sono accusati.
E’ davvero una vergogna e ragione di biasimo per i governi di paesi come Zimbabwe, Nigeria e Senegal continuare ad ostacolare il corso della giustizia fornendo un rifugio sicuro a persone accusate di crimini simili. A mio avviso, se questo governi ignorano quanto indicato nella risoluzione, l’Unione europea e la comunità internazionale dovrebbero considerare l’ipotesi di passare ad azioni più drastiche, anche se pacifiche, per indurli a porre rimedio alla situazione.
Karin Scheele, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, la discussione odierna verte sull’impunità in Africa ed è già stata sottolineata l’importanza dell’istituzione del Tribunale penale internazionale, ma essa verte anche, in particolare, sul caso dell’ex dittatore del Ciad. Hissène Habré è stato a capo di quello Stato dal 1982 al 1990 e il suo sistema monopartitico è stato caratterizzato da gravi abusi dei diritti umani e da campagne di violenza su larga scala ai danni del suo stesso popolo. Per molto tempo Stati Uniti e Francia hanno spalleggiato Habré perché consideravano il suo regime un avamposto contro Gheddafi. Durante la presidenza di Ronald Reagan, Habré ha ricevuto cospicui aiuti militari e paramilitari per mezzo della CIA.
Anche questo dev’essere detto. Non si tratta semplicemente di non poter impartire lezioni ad altri continenti, dobbiamo avere ben chiaro in mente che, per lunghi anni, potenze occidentali di primo piano hanno prestato il proprio appoggio a qualunque dittatore sanguinario fosse al potere. La questione adesso è come porre fine all’impunità di Habré. Plaudo alla ricerca di una soluzione africana, ma qualora questa dovesse venire meno, Habré deve essere consegnato alle autorità belghe per porre termine all’impunità di un despota sanguinario.
Urszula Krupa, a nome del gruppo NI. – (PL) Signor Presidente, la discussione odierna sulle violazioni dei diritti umani tratta dell’impunità di vari ex capi di Stato africani accusati di dittatura e di metodi barbari di governo.
La questione sollevata nella risoluzione del Parlamento tratta specificatamente dell’ex Presidente della repubblica del Ciad, Hissène Habré, il quale è responsabile di 40 000 omicidi politici e 200 000 casi di tortura. Il documento, ad ogni modo, indica anche altri dittatori di Libia ed Etiopia e gli esempi riportati includono i conflitti in Sierra Leone, Ruanda e Repubblica democratica del Congo, dove, nel corso dei conflitti degli ultimi sei anni, tre milioni di persone hanno perso la vita.
Un’analisi della situazione politica in Africa induce a interrogarsi sulle cause dei conflitti tra le élite di governo africane e la massa dei loro compatrioti, soggetti a trattamenti così disumani. Bisognerebbe ricordare che la composizione e il ruolo delle élite africane sono stati determinati in gran parte dalle potenze coloniali e altrettanto vale per i cambiamenti in seno alle élite stesse. Come nella maggior parte delle società colonizzate, anche in Africa esse si sono formate sotto l’influenza dei modelli europei e l’interferenza comunista, influsso che ha avuto un ruolo decisivo nel modellare il carattere amministrativo e intellettuale delle élite salite al potere. Le potenze coloniali, concentrandosi sullo sfruttamento della forza lavoro e sull’esportazione delle materie prime, hanno deliberatamente ristretto l’attività politica e lo sviluppo economico di quei paesi. Al contempo, le élite cui era dato accesso a un’istruzione presso università europee e americane hanno adottato uno stile di governo in cui ampie risorse di bilancio erano destinate non solo all’esercito, ad aumentare il numero dei funzionari, a coprire le spese per viaggi all’estero e per l’attività delle delegazioni, ma anche agli stipendi dei dipendenti pubblici, a stili di vita ostentatamente elevati e ad abitazioni e automobili di lusso, in altre parole a modelli di vita ben lontani dalle condizioni in cui versava la maggioranza degli africani vittime della fame. La dipendenza economica era aggravata dal fatto che le industrie chiave erano gestite da capitale straniero con metodi irrispettosi dell’ambiente. Il perdurante drenaggio economico dell’Africa è frutto di uno scambio economico iniquo e invece di creare opportunità di sviluppo, la politica adottata è stata quella di indebitare sistematicamente i paesi poveri.
Sosteniamo questa risoluzione che chiede di tradurre in giustizia i criminali, ma sottolineiamo che è assai più urgente migliorare la situazione generale della popolazione africana, in modo da garantire uno sviluppo sostenibile, sviluppo che le condizioni descritte in precedenza rendono difficile da realizzare.
Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, siamo compiaciuti di questa discussione sull’impunità. La Commissione è impegnata nella lotta a questo problema con tutti i mezzi di cui dispone, siano essi di natura politica oppure finanziaria.
A livello internazionale, come sapete, abbiamo costantemente espresso un forte sostegno nei confronti del Tribunale penale internazionale, sia nella nostra posizione comune che con il nostro piano d’azione. A ciò si aggiunga che l’Unione europea, attraverso i propri Stati membri, è il maggiore contribuente del Tribunale e del suo bilancio. La credibilità di tale Istituzione e le sue possibilità di operare con efficacia dipendono in larga misura dal grado in cui la comunità internazionale ne accetta l’operato. Ecco perché ci stiamo tanto adoperando acciocché il Tribunale assuma un ruolo davvero universale incoraggiando quanti più paesi possibile a ratificare lo Statuto di Roma. Sono particolarmente lieta che l’Unione europea e 77 paesi ACP abbiano accettato di includere nella versione rivista dell’accordo di Cotonou l’impegno a procedere in direzione della ratifica e dell’attuazione dello Statuto: si tratta di un ottimo passo avanti.
Nel luglio 2004, il procuratore del Tribunale penale internazionale ha aperto un’indagine sui crimini che dal 2002 sarebbero stati commessi nella Repubblica democratica del Congo e in Uganda. Tali denunce, seguite da mandati d’arresto in Uganda, sono chiari indici del contributo che questo tribunale può e intende offrire alla lotta all’impunità in seno al continente africano. Oltre a ciò, nel marzo 2005, dopo molte insistenze da parte dell’Unione europea e di altri attori, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha adottato una risoluzione con la quale la situazione in Darfur passava di competenza del Tribunale penale internazionale.
Purtroppo non è stato possibile chiudere il caso di Hissène Habré in Senegal, ma plaudo alla decisione che l’Unione africana ha preso nel gennaio 2006 di istituire un comitato di eminenti giuristi africani per valutare ulteriormente la questione. Sembra che tale comitato abbia un mandato piuttosto forte ed è degno di particolare menzione il fatto che esso aderisca ai principi di totale rifiuto dell’impunità.
Auspico che si raggiunga presto una soluzione che soddisfi criteri di giustizia. Oltre al caso di Hissène Habré, è necessario trovare, come alcuni di voi hanno detto, una via pragmatica per tradurre in giustizia Charles Taylor, attualmente in esilio in Nigeria.
In termini di finanziamenti, stiamo offendo il nostro contributo ai tribunali penali internazionali della Sierra Leone e del Ruanda. E’ inoltre in atto un ampio progetto per la Repubblica democratica del Congo, che cercherà di sostenere il nostro operato in seno al Tribunale penale internazionale.
Concludendo, conformememte al diritto internazionale, gli Stati hanno il dovere di estradare, o di cercar di estradare, coloro che sono accusati di crimini internazionali, quali crimini contro l’umanità, crimini di guerra e genocidi. E’ pertanto di competenza anzitutto dei capi di Stato interessati assicurarsi che ciò avvenga nei casi di Hissène Habré, Charles Taylor e Mengistu Haile Mariam. L’importanza del ruolo del Tribunale penale internazionale entra in gioco quando un paese rifiuta di compiere il proprio dovere in questo senso. Ecco perché è così importante che l’Unione europea continui a sostenere la ratifica dello Statuto di Roma da parte di tutti e la sua successiva attuazione.
Presidente. La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà immediatamente.
Dichiarazione scritta (articolo 142 del Regolamento)
Filip Andrzej Kaczmarek (PPE-DE). – (PL) L’impunità e il più grande nemico della giustizia. Crimini innominabili che non vengono vendicati, criminali che vivono all’insegna dell’impunità e spesso persino nel lusso, tutto ciò porta a una banalizzazione della morte e della sofferenza umana. Le popolazioni africane hanno molto sofferto sotto chi li ha governati. E’ nostro dovere aiutarle, e non solo in termini economici, ma anche a livello di valori, fra i quali rientra il senso della giustizia. La modernizzazione ha fatto sì che i malvagi possano causare gravi danni, ma la modernizzazione dovrebbe anche comportare una giustizia più veloce ed efficace nei confronti di coloro che hanno sfacciatamente abusato del proprio potere. L’immunità e i privilegi sono stati intesi per proteggere i singoli dagli abusi delle autorità, non per proteggere coloro che commettono abusi di potere.
Alte autorità morali possono concedere il perdono, ma non vi è vero perdono senza pentimento. Purtroppo, i criminali che non hanno il senso della responsabilità individuale e non riconoscono il diritto degli altri a condannare le loro azioni, di rado sono sufficientemente maturi da provare qualcosa come il pentimento. Dobbiamo pertanto sostenere qualunque azione li obblighi a rispondere alle seguenti domande: perché gli omicidi, le violenze, le torture? Non si tratta di vendetta, ma di ripristinare l’equilibrio tra il bene e il male. Senza un equilibrio fondamentale come questo il futuro dell’umanità sarà costantemente minacciato, e non solo in Africa.
Presidente. – L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.
(Per i risultati e altri dettagli: vedasi processo verbale)
17.1. Diritti umani in Moldavia e particolarmente in Transnistria (votazione)
17.2. Kazakistan (votazione)
Prima della votazione sul considerando H
Albert Jan Maat (PPE-DE), autore. – (EN) Signor Presidente, propongo un emendamento orale. Vorrei modificare la seguente formulazione “considerando che il 12 novembre 2005 un altro leader dell’opposizione, Nurkadilov Zamanbek, era stato ucciso” in “era stato trovato morto”. Nelle versioni neerlandese e inglese risulta più chiaro e perciò lo propongo.
(Il Parlamento approva l’emendamento orale)
17.3. Impunità in Africa, in particolare il caso di Hissène Habré (votazione)
Presidente. – Con ciò si conclude il turno di votazioni.
18. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
19. Decisioni concernenti taluni documenti: vedasi processo verbale
20. Dichiarazioni scritte che figurano nel registro (articolo 116 del Regolamento): vedasi processo verbale
21. Trasmissione dei testi approvati nel corso della presente seduta: vedasi processo verbale
22. Seguito dato alle posizioni e risoluzioni del Parlamento: vedasi processo verbale
23. Calendario delle prossime sedute: vedasi processo verbale
24. Interruzione della sessione
Presidente. – Dichiaro interrotta la sessione del Parlamento europeo.
(La seduta termina alle 16.50)
ALLEGATO (Risposte scritte)
INTERROGAZIONI AL CONSIGLIO (La Presidenza in carica del Consiglio dell’Unione europea è la sola responsabile di queste risposte)
Interrogazione n. 9 dell'on. Brian Crowley (H-1117/05)
Oggetto: Terrorismo internazionale
Può il Consiglio europeo comunicare quali nuove iniziative legislative sta portando avanti per fronteggiare in Europa la costante minaccia del terrorismo internazionale?
Molte delle proposte legislative attualmente oggetto di dibattito nell’ambito dei competenti organi del Consiglio riguardano in parte la lotta contro il terrorismo. Tra le diverse iniziative figurano, ad esempio, la nuova struttura per il sistema d’informazione di Schengen, il progetto di decisione quadro sulla protezione dei dati, la direttiva in materia di conservazione dei dati, il mandato di cattura europeo, lo scambio d’informazioni tra le autorità di polizia, l’applicazione del principio della disponibilità dell’informazione, e così via.
Il piano d’azione del Consiglio e della Commissione sull’attuazione del programma dell’Aia inteso a rafforzare la libertà, la sicurezza e la giustizia nell'Unione europea, adottato nella riunione del 2-3 giugno 2005, e il piano d’azione UE sulla lotta al terrorismo del giugno 2004, oggetto di aggiornamento due volte all’anno, riportano una panoramica esaustiva delle priorità legislative del Consiglio per gli anni a venire. L’ultimo aggiornamento del piano d’azione è stato adottato nel mese di febbraio 2006 dal comitato dei rappresentanti permanenti.
Interrogazione n. 10 dell'on. Claude Moraes (H-1135/05)
Oggetto: Radicalizzazione
Quali azioni intraprenderà il Consiglio in merito alla comunicazione della Commissione dal titolo "Reclutamento dei terroristi: combattere i fattori che contribuiscono alla radicalizzazione violenta"? Prevede il Consiglio una qualsiasi attività in merito a questa comunicazione?
Durante la riunione svoltasi nei giorni 1 e 2 dicembre 2005, il Consiglio ha approvato la strategia comunitaria contro la radicalizzazione e il reclutamento nelle fila del terrorismo. E’ intenzione del Consiglio impegnarsi attivamente al fine di dare seguito alle proposte e ai piani indicati nella strategia. Ad esempio, il progetto di un piano d’azione inteso a contrastare il terrorismo, che al momento è oggetto di dibattito in seno agli organi competenti del Consiglio, contiene numerose proposte. Anche la Presidenza austriaca ha attribuito la massima priorità alla lotta alla radicalizzazione e al reclutamento di terroristi.
Interrogazione n. 11 dell'on. Bill Newton Dunn (H-1145/05)
Oggetto: Task force antiterrorismo dell'Europol
Secondo l'ultima relazione di valutazione redatta dalla task force antiterrorismo dell'Europol, solo sei degli Stati membri stanno contribuendo in modo 'considerevole' a sostenere l'attività di questa unità operativa, e solo a un numero 'molto basso' di funzionari appartenenti ai servizi segreti nazionali è stato assegnato un incarico di "esperto" nella task force.
E' forse questo un segno dell'urgenza con cui i governi nazionali stanno affrontando la minaccia rappresentata dal terrorismo? Come sta operando il Consiglio, e soprattutto il suo Joint Situation Centre (SitCen), per migliorare questa situazione?
La relazione cui l’onorevole deputato si riferisce esprime una valutazione complessivamente positiva in merito all’operato della task force antiterrorismo dell’Europol. L’osservazione secondo cui solo un numero ristretto di Stati membri ha assegnato esperti nazionali a tale unità nonché le considerazioni formulate riguardo al flusso di informazioni non permettono di pervenire alla conclusione che gli Stati membri non sono attivamente impegnati nella lotta al terrorismo, né forniscono alcuna indicazione sul modo in cui viene impiegata la task force. In realtà la relazione di valutazione dà un giudizio inequivocabilmente positivo dell’attività della seconda task force.
Per quanto attiene al SitCen, ossia il Joint Situation Centre, occorre osservare che a fine ottobre 2005 il Consiglio e l’Europol hanno raggiunto un accordo che autorizza lo scambio di informazioni classificate tra l’Europol e il SitCen, che collabora attivamente con l’Europol stessa anche in numerosi altri ambiti.
Interrogazione n. 12 dell'on. Ivo Belet (H-0082/06)
Oggetto: Smercio di droghe olandesi alla frontiera belga
Il 20 dicembre il consiglio comunale di Maastricht (NL) ha deciso di trasferire i "coffee shops", rivendite di droghe legalizzate nei Paesi Bassi, verso la frontiera belga al fine di disintasare il centro urbano.
Tutto ciò malgrado il fatto che i Paesi Bassi hanno sottoscritto la dichiarazione comune concernente l'articolo 71, paragrafo 2 acclusa all'Atto finale dell'accordo di attuazione del trattato di Schengen, col quale s'impegnano ad assumere le necessarie misure penali ed amministrative al fine di contrastare l'esportazione illegale di sostanze stupefacenti verso il territorio delle altre parti.
Le autorità belghe hanno già sottoposto tale problema al Consiglio? Ritiene il Consiglio che la decisione del consiglio comunale di Maastricht possa essere considerata conforme con la predetta dichiarazione? Quali iniziative intende il Consiglio assumere a tale riguardo?
Il governo belga non ha ancora sollevato la questione con il Consiglio. L’interrogazione dell’onorevole parlamentare non ha potuto essere oggetto di dibattito in seno al Consiglio e quest’ultimo non ha al momento alcun parere da esprimere al riguardo.
Interrogazione n. 13 dell'on. Liam Aylward (H-0119/06)
Oggetto: Strategia antidroga dell'UE 2005-2012
Il numero dei tossicodipendenti in Europa è di quasi 2 milioni e l'uso di stupefacenti è a livelli storicamente alti.
Può il Consiglio rendere una dichiarazione sui progressi pratici che si stanno facendo verso la piena esecuzione della nuova strategia antidroga dell'UE 2005-2012?
Il Consiglio desidera informare l’onorevole deputato che, per dare esecuzione alla strategia dell’Unione europea in materia di droga 2005-2012, nel giugno 2005 ha adottato il piano d’azione dell’UE in materia di lotta contro la droga per il periodo 2005-2008 in cui si definiscono misure pratiche per l’attuazione della strategia in parola.
Il piano riporta una precisa indicazione di organi competenti e calendari per la realizzazione degli interventi proposti in merito a tutte le principali aree della politica antidroga, tra cui la riduzione della domanda e dell’offerta di droga, il coordinamento, la cooperazione internazionale, nonché l’informazione, la ricerca e la valutazione. Il gruppo orizzontale “Droga” del Consiglio è l’organo di coordinamento delle misure che devono essere attuate da parte di Stati membri, Commissione, Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (OEDT), nonché Europol.
La Commissione presenterà al Consiglio e al Parlamento europeo una relazione annuale sui progressi compiuti in merito all’attuazione del piano d’azione, nonché proposte per far fronte alle lacune individuate e ad eventuali nuove sfide. La Commissione pubblicherà la prima relazione sui progressi compiuti in materia a fine 2006.
Il gruppo orizzontale “Droga” ha iniziato le proprie consultazioni sull’attuazione delle varie misure sotto le Presidenze britannica e austriaca. Si è svolta una serie di dibattiti incentrati su temi specifici, alcuni dei quali hanno riguardato anche l’attuazione del piano d’azione. Le conclusioni emerse da queste discussioni, che hanno trattato questioni quali la cocaina, la partecipazione della società civile, i giovani e la droga e un uso più adeguato dei risultati della ricerca, verranno riportate nella relazione di valutazione.
Interrogazione n. 14 dell'on. Manuel Medina Ortega (H-0097/06)
Oggetto: Azioni a favore dell'accoglienza e dell'integrazione degli immigranti
Considerando l'importanza che oggi riveste la popolazione immigrante nell'Unione europea, quali politiche concrete intende perseguire il Consiglio per agevolarne l'accoglienza e l'integrazione nella nostra società e nel nostro tessuto economico, soprattutto al fine di evitare la loro discriminazione e la creazione di società "duali"?
L’integrazione dei cittadini di paesi terzi legalmente residenti nell’Unione europea è una delle massime priorità della politica di ammissione del Consiglio. L’UE ha svolto un ruolo importante sul versante dell’integrazione e intende sviluppare la propria attività in questo settore.
Benché l’adozione e l’attuazione delle politiche nazionali in materia d’integrazione rientrino e continueranno a rientrare nella sfera di competenze degli Stati membri, l’Unione può fornire il proprio sostegno a questi ultimi, soprattutto promuovendo lo scambio di esperienze e buone prassi.
Nel novembre 2004 il Consiglio e i rappresentanti dei governi degli Stati membri hanno adottato una serie di conclusioni con cui hanno stabilito un insieme di principi comuni in materia di integrazione degli immigranti nell’Unione europea. In dette conclusioni figurano 11 principi su cui gli Stati membri si devono basare per l’elaborazione delle rispettive politiche di integrazione.
Inoltre, nel novembre 2004 il Consiglio europeo ha approvato il programma dell’Aia sul rafforzamento della libertà, della sicurezza e della giustizia nell’Unione europea che invita gli Stati membri, il Consiglio e la Commissione a promuovere lo scambio strutturale di esperienze e informazioni sull’integrazione, supportato dalla creazione di un sito web ampiamente accessibile.
Al fine di conseguire questo obiettivo, nella riunione dell’1 e 2 dicembre 2005 il Consiglio e i rappresentanti dei governi degli Stati membri hanno adottato una serie di conclusioni sul tema dell’integrazione. Tali conclusioni, che si basano sulla comunicazione della Commissione “Un’agenda comune per l'integrazione – Quadro per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’Unione europea”, sottolineano la necessità di intensificare la cooperazione in questo settore, segnatamente attraverso la rete di cellule nazionali di contatto in materia di integrazione. Questa rete, creata nel 2003 e sostenuta dalla Commissione, ha assunto un ruolo importante nello scambio delle informazioni e di buone prassi e ha apportato un contributo estremamente valido alla stesura del manuale sull’integrazione destinato a politici e operatori locali, che l’Esecutivo ha pubblicato nel 2004. Tra la primavera e l’estate 2006 è prevista la pubblicazione di un secondo manuale su temi non affrontati in quello precedente.
Infine, la questione dell’integrazione è oggetto anche del programma politico in materia di migrazione legale pubblicato dalla Commissione nel dicembre 2005 e figura tra le aree in cui l’Esecutivo intende intervenire in futuro con nuove misure.
Interrogazione n. 15 dell'on. Marie Panayotopoulos-Cassiotou (H-0099/06)
Oggetto: Misure nel settore della giustizia e delle politiche interne in materia di mobilità dei lavoratori
Quali azioni volte a porre in atto la legislazione comunitaria esistente o ad adottare nuove iniziative promuove il Consiglio nel settore della giustizia e delle politiche interne, per agevolare la mobilità dei cittadini dell'UE che si spostano per motivi di formazione o di lavoro e dei membri delle loro famiglie?
Ritiene il Consiglio che i cittadini europei, in quanto categoria, debbano avere la precedenza quando si tratta di agevolare gli spostamenti per motivi di formazione o di lavoro?
La libertà di circolazione dei cittadini dell’Unione europea, dei lavoratori e dei rispettivi familiari è disciplinata sostanzialmente nel Titolo III “Libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali” del Trattato che istituisce la Comunità europea. Ai sensi dell’articolo 39 del Trattato la “libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità è assicurata” (paragrafo 1) e “implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro” (paragrafo 2). In linea con quanto previsto dall’articolo 40 del Trattato, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato direttive e regolamenti deliberando in conformità della procedura di codecisione al fine di riconoscere ai lavoratori degli Stati membri la libertà di circolazione. In particolare, con la direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio si è voluto modificare e abrogare le direttive precedenti onde salvaguardare il diritto dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.
Per quanto attiene alla preferenza accordata ai cittadini comunitari, l’articolo 11 della direttiva 2003/109/CE relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo contiene disposizioni sulla parità di trattamento dei cittadini di paesi terzi soggiornati di lungo periodo rispetto ai cittadini nazionali per quanto riguarda aspetti quali l’esercizio di un’attività lavorativa e l’accesso all’istruzione e alla formazione professionale. Sulla base dello stesso principio, gli Stati membri possono fissare limitazioni all’accesso al lavoro subordinato o autonomo nei casi in cui la legislazione nazionale o la normativa comunitaria in vigore riservino dette attività ai cittadini dello Stato in questione, dell’UE o del SEE.
Questo significa che ai sensi dell’articolo 14 della direttiva in oggetto, che si riferisce al diritto che i cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo acquisiscono di soggiornare nel territorio di qualsiasi Stato membro diverso da quello che gli ha conferito lo status di soggiornante di lungo periodo, gli Stati membri possono dare la preferenza ai cittadini dell’Unione europea per ragioni di politica del mercato del lavoro, nel caso in cui i cittadini dei paesi terzi desiderino esercitare un’attività economica in qualità di lavoratore autonomo o dipendente.
Interrogazione n. 16 dell'on. Laima Liucija Andrikienė (H-0153/06)
Oggetto: Influenza della direttiva relativa ai servizi sulla vastità del fenomeno immigratorio nell'Unione europea e politica comunitaria in materia di immigrazione
L'adozione della direttiva sui servizi è una delle priorità della Presidenza austriaca dell'Unione europea. In seguito al voto il 16 febbraio scorso al Parlamento europeo, si spera che il processo di adozione di tale direttiva trovi il suo compimento alla fine della Presidenza austriaca.
Prevede la Presidenza in carica che si registrerà un significativo aumento delle immigrazioni nell'ambito dell'Unione europea in seguito all'entrata in vigore di tale direttiva? Quali potrebbero essere le conseguenze dell'applicazione di questa direttiva per l'immigrazione e la mobilità dei lavoratori in seno all'Unione europea, a breve termine e in un futuro più lontano? Non comporterà l'applicazione di tale direttiva una nuova riforma della politica dell'Unione europea in materia di immigrazione?
L’onorevole parlamentare è senza dubbio a conoscenza che la proposta cui si riferisce introduce un quadro giuridico che elimina gli ostacoli alla libertà di stabilimento per i fornitori di servizi e alla libera circolazione di servizi tra gli Stati membri. Si tratta pertanto di uno strumento finalizzato al completamento del mercato interno e non dovrebbe essere utilizzato per agevolare l’immigrazione di cittadini di paesi terzi nell’UE.
Interrogazione n. 17 dell'on. Bernd Posselt (H-0114/06)
Oggetto: Cooperazione di polizia con gli stati limitrofi all'UE
Quali proposte intende avanzare la Presidenza del Consiglio per migliorare la cooperazione di polizia con l’Ucraina, la Moldavia e gli Stati dell’Europa sud-orientale? Qual è la situazione attuale per quanto riguarda la lotta transfrontaliera alla criminalità portata avanti dall’UE con tali Stati limitrofi?
Il 1° dicembre 2005 l’Unione europea ha istituito la missione di assistenza alla gestione delle frontiere in Moldavia e Ucraina (EUBAM Moldavia/Ucraina). Un accordo siglato da Commissione europea, Moldavia e Ucraina ne definisce il mandato mentre l’attuale finanziamento è a titolo del meccanismo di reazione rapida dell’Esecutivo. Il capo della missione funge anche da alto consulente politico del Rappresentante speciale UE per la Moldavia. Il personale dell’EUBAM è costituito da funzionari di polizia e autorità doganali degli Stati membri dell’UE. La missione è stata creata dietro richiesta presentata congiuntamente all’Unione europea dai presidenti di Ucraina e Moldavia.
La missione è pienamente operativa e informa con regolarità la Commissione, gli organi competenti del Consiglio, gli Stati membri e i paesi partner. Attraverso questa missione, l’UE contribuisce alla lotta alla criminalità transfrontaliera e alla corruzione sul confine tra Ucraina e Moldavia. La Presidenza e il Consiglio seguono da vicino le attività dell’EUBAM e sono estremamente soddisfatti dell’operato di tale unità.
Inoltre, la lotta alla criminalità transfrontaliera è una componente dei piani di azione definiti con Ucraina e Moldavia nell’ambito della politica europea di vicinato.
Con decisione del 25 ottobre 2004 il Consiglio ha aggiunto l’Ucraina e la Moldavia nell’elenco dei paesi terzi con cui Europol è autorizzato ad avviare negoziati, elenco in cui figurano, tra l’altro, Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Repubblica federale di Jugoslavia ed ex Repubblica Jugoslava di Macedonia secondo quanto stabilito dalla decisione del Consiglio del 13 giugno 2002.
Occorre altresì osservare che la cooperazione tra autorità competenti in materia di applicazione della legge su entrambi i versanti del confine nelle regioni situate lungo le frontiere esterne dell’UE rientra nell’attività di gestione dei confini nel quadro dell’acquis di Schengen, che Polonia, Slovacchia e Ungheria – e in futuro anche Romania – si preparano ad attuare.
Interrogazione n. 18 dell'on. Chris Davies (H-0116/06)
Oggetto: Poteri investigativi per Europol
Dal momento che il Consiglio sta valutando come attrezzare Europol in quanto organismo in grado di svolgere indagini su reati transfrontalieri, potrebbe comunicare quale ruolo esso prevede per il Parlamento europeo in tale contesto?
Il ruolo del Parlamento europeo è definito all’articolo 34 della convenzione Europol. Non appena il terzo protocollo che modifica la convenzione Europol(1) entrerà in vigore, l’iter per informare il Parlamento europeo in merito alle attività svolte dall’Europol risulterà ulteriormente migliorato. Fino ad allora, la Presidenza, coadiuvata dal direttore dell’Europol, intende informare con regolarità il Parlamento europeo in merito alle attività dell’Europol, nonché avviare un dialogo aperto con tale Istituzione su qualsiasi questione possa emergere.
Riguardo allo sviluppo dell’Europol, sotto la Presidenza austriaca è iniziato un dibattito di estrema rilevanza che è destinato a proseguire durante varie Presidenze successive. Occorre rafforzare il ruolo dell’Europol quale elemento chiave nella cooperazione di polizia nell’UE. Oltre alla discussione incentrata sulla natura del futuro ruolo dell’organismo in oggetto, l’Austria desidererebbe altresì procedere a uno scambio di opinioni concernenti la modernizzazione della base giuridica dell’Europol.
I ministri della Giustizia e degli Affari interni dei 25 Stati membri dell’UE si sono già confrontati in merito al futuro dell’Europol nel corso della riunione svoltasi a Vienna dal 12 al 14 gennaio 2006; in tale occasione essi hanno assunto il preciso impegno di rafforzare l’Europol e la Presidenza austriaca ha convenuto di elaborare una “relazione sulle opzioni” che delinei una serie di soluzioni percorribili intese allo sviluppo del futuro ruolo dell’Europol. Nella prospettiva di potenziare la sicurezza interna dell’UE, gli Stati membri hanno chiesto di intensificare le capacità operative dell’Europol. E’ altrettanto essenziale assegnare a tale organo un preciso mandato e definirne con esattezza le competenze.
Per quanto attiene al futuro sviluppo di Europol, per ampliarne i poteri trascendendo l’attuale quadro giuridico occorrerebbe modificare la convenzione Europol. Nell'ambito del dibattito sui futuri compiti di Europol si dovrà altresì affrontare la questione del ruolo del Parlamento europeo. Non appena saranno presentate proposte formali in materia, conformemente a quanto previsto dall’articolo 39 del Trattato sull’Unione europea, si procederà alla consultazione del Parlamento europeo, il cui parere verrà tenuto in debito conto.
Interrogazione n. 19 dell'on. Dimitrios Papadimoulis (H-0118/06)
Oggetto: Consiglio "Giustizia e Affari Interni" del dicembre 2005
Nel comunicato stampa pubblicato al termine del Consiglio dei Ministri "Giustizia e Affari interni", il 1-2.12.2005, si riferisce che nel quadro della "lotta al terrorismo" sono stati adottati diversi documenti tra cui: 1) una nuova strategia UE contro il terrorismo (14469/4/05), 2) un rapporto sull'applicazione del piano d'azione (14734/1/05), 3) una strategia di lotta contro il radicalismo e l'arruolamento di terroristi (14781/1/05), 4) una valutazione dei dispositivi nazionali, 5) raccomandazioni per una politica di lotta al terrorismo, 6) un rapporto sulla lotta al finanziamento del terrorismo, 7) un'intesa dell'UE sulle situazioni di emergenza e di crisi. Se il suddetto comunicato fornisce il numero e specifica il contenuto dei primi tre documenti, per i restanti quattro non dà invece alcuna informazione.
Può il Consiglio fornire dettagli sul contenuto degli altri quattro documenti e indicare il motivo per cui non sono disponibili per il pubblico? Visto che il comunicato fa riferimento a "diversi documenti", può il Consiglio precisare se, oltre ai suddetti sette documenti, ne ha adottato degli altri nella sopra citata sessione?
In replica a entrambe le interrogazioni, il Consiglio desidera innanzi tutto far presente che tutti i documenti da esso esaminati e/o approvati in occasione della riunione dei giorni 1 e 2 dicembre 2005 figurano nell’ordine del giorno provvisorio(1) oppure nell’elenco dei punti “A”(2) elaborati e pubblicati il 30 novembre 2005 in vista del Consiglio in parola.
Come emerge dal comunicato stampa(3) cui si riferisce l’onorevole parlamentare, il Consiglio ha in effetti adottato o approvato altri documenti(4) in sede di riunione dell’1-2 dicembre 2005 oltre ai sette documenti evocati nell’interrogazione. Tuttavia, qualora l’interrogazione si riferisca esclusivamente ai documenti sulla lotta al terrorismo, il Consiglio non ha adottato né approvato alcun testo in materia che non sia uno dei sette che figurano nel comunicato stampa, sei dei quali sono stati resi accessibili al pubblico poco tempo prima o immediatamente dopo l'incontro del Consiglio.
Il Consiglio desidera inoltre richiamare l’attenzione dell’onorevole parlamentare sul fatto che il servizio stampa del Consiglio stesso informa il pubblico se un documento è già accessibile o può essere reso tale, solo dopo che il testo è stato adottato o approvato dal Consiglio, riportando inoltre tra parentesi nei propri comunicati stampa il numero del documento pertinente.
Gli onorevoli parlamentari troveranno pertanto i riferimenti ai documenti sulla lotta al terrorismo alle pagine 7, 8, 25 e 26 del summenzionato comunicato stampa.
Il settimo documento, classificato come “RESTREINT UE”(5) (riservato UE) contiene una serie di raccomandazioni dettagliate nel quadro della lotta al terrorismo. Confido nel fatto che l’onorevole parlamentare comprenderà che, considerata l’importanza operativa di tali raccomandazioni, il Consiglio non è al momento nella posizione di fornire informazioni più approfondite in merito al contenuto del documento in questione.
Interrogazione n. 20 dell'on. Maria Berger (H-0147/06)
Oggetto: Controllo delle procedure di rilascio dei visti
Il Consiglio ovvero la commissione permanente di valutazione e applicazione di Schengen, malgrado le indicazioni fornite dall'interrogante nel 2004, ha finora rifiutato di controllare in modo efficace le procedure di rilascio dei visti negli Stati membri. Quanto avvenuto tra l'altro in alcuni consolati austriaci non dovrebbe, invece, indurre ad un cambiamento di questo atteggiamento passivo da parte del Consiglio?
In fase di valutazione dell’applicazione dell’acquis di Schengen per quanto attiene la questione dei visti, occorre verificare se i metodi utilizzati dagli Stati membri, le risorse umane impiegate, la struttura dei servizi dei consolati e le misure adottate per formare il relativo personale sono adeguati per garantire un’applicazione soddisfacente delle istruzioni consolari comuni. Non rientra nella sfera di competenze del Consiglio né condurre inchieste su sospette irregolarità né procedere a indagini nel caso di sospette procedure fraudolente di rilascio dei visti, elemento, questo, che è di responsabilità degli Stati membri.
Interrogazione n. 21 dell'on. Sajjad Karim (H-0161/06)
Oggetto: Regno Unito: l'erosione dei diritti umani nella lotta al terrorismo
La legittima lotta al terrorismo nel Regno Unito ha generato un sistema di leggi e di pratiche – tra cui l’internamento, gli ordini di sorveglianza e i procedimenti di deportazione - che conducono a gravi violazioni dei diritti umani. La legislazione ha intaccato i poteri e l'indipendenza della magistratura, compromettendo il suo ruolo nell’applicazione delle leggi anti-terrorismo. Il tentativo di ottenere garanzie diplomatiche da paesi terzi per permettere la deportazione di persone in paesi dove rischiano la tortura, e l’inadempienza degli obblighi riguardanti gli abusi commessi da paesi terzi attraverso l’evasione dalle responsabilità in ordine ai cosiddetti “voli di restituzione” rappresentano una minaccia per il divieto assoluto della tortura. Il Regno Unito cerca inoltre di sottrarsi agli obblighi nazionali e internazionali in relazione alle attività del proprio personale in Irak, in Afghanistan e a Guantánamo.
I vigenti sistemi nazionali di “controlli ed equilibri” sono insufficienti per impedire gli abusi di potere da parte dello Stato. Se rimane impassibile di fronte agli abusi perpetrati dagli Stati membri, l’UE rischia di perdere la propria credibilità.
In quale misura il Consiglio sta monitorando le pratiche nazionali in questo ambito? Ritiene esso che il ricorso all'articolo 7 del TUE non sia altro che una minaccia teorica? In che modo intende il Consiglio avvalersi del proprio potere politico per promuovere con urgenza un dibattito concreto sulle questioni dei diritti umani in gioco e sugli strumenti dell’UE che possono essere sviluppati nel quadro dell’Unione europea?
Gli accordi bilaterali nonché i contatti tra Stati membri e paesi terzi concernenti la deportazione dei rispettivi cittadini e la legislazione nazionale cui fa riferimento l’onorevole parlamentare non rientrano nella sfera di competenze del Consiglio.
Agli Stati membri dell’Unione europea viene chiesto di rispettare gli obblighi che ad essi incombono in conformità del diritto internazionale, tra cui la Convenzione contro la tortura (CAT) e la Convenzione relativa allo status di rifugiati.
A ciò si aggiunga che tutti gli Stati membri sono firmatari della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, il cui articolo 3 stabilisce che nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti. La Corte europea dei diritti dell’uomo offre una serie di efficaci meccanismi di tutela contro la deportazione in violazione del divieto in parola e all’articolo 39 del proprio regolamento propone alcune “misure cautelari” che permettono di rinviare eventuali deportazioni in attesa di una decisione finale. Inoltre, la Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti offre la protezione di detenuti politici tramite un sistema non giudiziario di natura preventiva, che prevede la visita regolare o, laddove necessario, ad hoc da parte del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT).
Il rispetto dei diritti umani è al centro della strategia dell’UE per la lotta contro il terrorismo e costituisce un principio cui si continuerà ad attribuire la massima importanza anche nell’ambito del futuro sviluppo della strategia in questione.
Interrogazione n. 22 dell'on. Christa Prets (H-0162/06)
Oggetto: Provvedimenti della Presidenza austriaca dell'UE contro la tratta delle donne
Potrebbe il Consiglio comunicare quali provvedimenti concreti intende adottare durante la Presidenza austriaca dell'UE nell'ambito della lotta contro la tratta delle donne finalizzata allo sfruttamento sessuale?
Quali azioni e misure intende intraprendere in relazione alla tratta delle donne e alla prostituzione coatta in occasione dei campionati mondiali di calcio in Germania e dei campionati europei di calcio in Austria nel 2008?
La lotta contro la tratta di esseri umani è una delle priorità della Presidenza austriaca.
Nella riunione dell’1 e 2 dicembre 2005, il Consiglio ha adottato un piano d’azione volto a prevenire e contrastare la tratta di esseri umani e la Presidenza austriaca osserverà con molta attenzione le misure necessarie per attuarlo.
Nella riunione del 27 e 28 aprile 2006, il Consiglio “Giustizia e Affari interni” discuterà in modo approfondito quali misure la Germania potrà adottare per prevenire un aumento della tratta di donne e della prostituzione durante i campionati del mondo di calcio.
Interrogazione n. 23 dell'on. Richard Seeber (H-0167/06)
Oggetto: Programma dell'Aia 2005-2010
Il programma dell'Aia (2005-2010) si prefigge lo scopo di potenziare la cooperazione a livello dell'UE nel settore della giustizia e degli affari interni. Può il Consiglio precisare gli obiettivi formulati in materia?
Il programma dell’Aia, adottato dal Consiglio il 4 novembre 2004, è volto a rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri nel settore della giustizia e degli affari interni nel periodo 2005-2010, allo scopo di fare dell’Europa uno “spazio di libertà, sicurezza e giustizia”. In questo contesto, il 2 e 3 giugno 2005 il Consiglio e la Commissione hanno adottato un piano d’azione per attuare il programma dell’Aia attraverso misure specifiche in tre campi d’azione, ossia rafforzamento della libertà, in particolare per quanto riguarda l’asilo, l’immigrazione e le frontiere, rafforzamento della sicurezza, soprattutto grazie alla cooperazione di polizia e doganale, e infine rafforzamento della giustizia, nel campo del diritto penale e in quello del diritto civile e commerciale.
L’Europa è innanzi tutto uno spazio di libertà.
In base al programma dell’Aia, l’Europa è anche uno spazio di sicurezza.
Infine, il piano d’azione sull’attuazione del programma dell’Aia rafforzerà la giustizia in termini di diritto sia penale che civile.
Nel settore del diritto penale, l’UE sta cercando di mantenere un effettivo equilibrio tra la lotta contro la criminalità e la tutela dei diritti fondamentali. Nel primo campo di azione, il Consiglio sta estendendo l’applicazione del principio del reciproco riconoscimento e sta promuovendo l’armonizzazione della legislazione: a questo proposito, l’adozione del mandato di arresto europeo rappresenta un primo passo importante, seguito dal mandato europeo di raccolta delle prove che riveste altrettanta importanza. L’Austria, insieme a Finlandia e Svezia, ha proposto un’iniziativa per la definizione di una decisione quadro relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle sentenze in materia penale che prevedono una condanna a pena detentiva, ai fini della loro applicazione nell’UE; tale argomento è attualmente in fase di discussione a livello di gruppi di lavoro. L’iniziativa in questione, che è una delle priorità della Presidenza austriaca, disciplina l’affidamento delle persone condannate al loro paese di origine per scontare la pena inflitta nel paese di condanna.
In termini di diritti fondamentali, il programma di lavoro della Presidenza prevede tra le sue massime priorità l’istituzione di un’Agenzia europea per i diritti fondamentali, che sostituirà l’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia.
Nel campo del diritto civile, il Consiglio è determinato a far sì che vengano adottate misure per il reciproco riconoscimento e l’applicazione delle sentenze in tutto il territorio dell’UE, e che pertanto sia possibile creare un effettivo spazio di giustizia in materia civile e commerciale. A questo proposito, l’adozione della proposta Roma II sulle disposizioni relative alle obbligazioni extracontrattuali dovrebbe costituire un considerevole passo avanti. Il Consiglio sta compiendo ogni possibile sforzo per promuovere la cooperazione tra le singole parti interessate e migliorare la rete giudiziaria civile. Un terzo obiettivo è quello di garantire la coerenza del diritto civile in tutti i settori all’interno dell’Europa e nelle azioni esterne della Comunità. Questo obiettivo serve ad esempio a concludere accordi bilaterali o multilaterali come un nuovo accordo di Lugano.
Interrogazione n. 24 dell'on. Paul Rübig (H-0168/06)
Oggetto: Cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale
La cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale può essere molto utile al singolo cittadino UE se e quando, nell'ambito delle sue relazioni transfrontaliere, deve affrontare una vertenza giudiziaria. Diversi atti dell'Unione europea, che sono già stati adottati e trovano applicazione nella pratica, consentono in molti casi di adire un'autorità giudiziaria competente nelle vicinanze, agevolano il riconoscimento e l'esecuzione di sentenze già pronunciate e concedono assistenza legale a livello transfrontaliero in tutte le fasi del procedimento.
Può il Consiglio far sapere quali misure adotta o intende adottare per segnalare all'opinione pubblica le conquiste realizzate finora per agevolare le azioni giudiziarie transfrontaliere finalizzate a far valere i propri diritti? Con quali modalità si potrebbe integrare ed estendere una campagna informativa in materia?
Per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale, negli ultimi anni sono stati conseguiti alcuni risultati importanti, come ad esempio l’estensione e il rafforzamento della protezione transfrontaliera dei consumatori. Tuttavia, anche in settori delicati, relativi al benessere dei bambini, ad esempio, esistono già disposizioni sul reciproco riconoscimento e l’applicazione dei diritti di custodia e di visita. E’ indubbio che il processo di comunitarizzazione in settori sempre più numerosi del diritto ha reso disponibile per i singoli cittadini dell’UE un maggior numero di strumenti giuridici. Il regolamento del Consiglio proposto di recente sul settore del diritto relativo alle obbligazioni alimentari costituisce la prossima fase di tale processo e a febbraio sono già iniziate le riunioni dei gruppi di lavoro competenti in materia organizzate dalla Presidenza austriaca.
Il compito di sensibilizzarei cittadini dell’UE in merito alle conquiste realizzate finora non spetta a una sola Presidenza. Molte informazioni sono già disponibili al pubblico e la loro gamma viene continuamente estesa. A questo proposito, uno strumento particolarmente prezioso è l’atlante giudiziario della Commissione europea disponibile su Internet, che offre informazioni complete e aiuto in tutti i settori del diritto. E’ opportuno tenere sempre presente tuttavia che non tutti i cittadini dell’UE possono avere necessità di ricorrere regolarmente al sistema giudiziario o a procedimenti penali. Esiste un’ampia categoria di persone che si è trovata finora nella fortunata condizione di non dover avviare un’azione giudiziaria per far valere i propri diritti legittimi. L’Austria sostiene pertanto tutti gli sforzi compiuti al fine di fornire la massima quantità possibile di informazioni ai cittadini dell’UE, affinché i privati sappiano, qualora accada il peggio, ciò che è possibile fare effettivamente e a quali uffici devono rivolgersi. Informazioni adeguate e complete possono tuttavia essere fornite solo e sempre attraverso l’impegno congiunto di tutte le istituzioni interessate, e pertanto l’Austria, in modo specifico a livello ufficiale, manterrà, come ha fatto in precedenza, intensi contatti con il Parlamento europeo e la Commissione.
Il Consiglio è del parere che la cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale rivesta la massima importanza per i cittadini europei e che pertanto questioni come il diritto in materia di famiglia, imprese e occupazione e una buona cooperazione in questi settori tra le autorità giudiziarie degli Stati membri assumano estrema rilevanza nella loro vita.
Il Consiglio ha introdotto tre tipi di iniziative per informare l’opinione pubblica europea riguardo a ciò che è stato intrapreso in questo ambito e nel 2005 è stato pertanto realizzato e pubblicato un documento contenente i più importanti atti giuridici adottati dal Consiglio in tale settore e una spiegazione del loro contenuto. Questa pubblicazione è rivolta in primo luogo ai membri delle professioni legali.
La seconda iniziativa ha comportato la produzione di un filmato di dieci minuti, disponibile su CD-ROM e volto a spiegare in termini semplici ciò che l’Unione europea fa in questo settore. Il filmato è stato realizzato nel 2005 ed è destinato alle persone che non necessariamente hanno un legame diretto con le professioni legali.
La terza misura consiste nella partecipazione da parte dei funzionari responsabili del Consiglio a conferenze, seminari e altre iniziative nel corso delle quali l’attività svolta dall’UE nel campo della cooperazione giudiziaria in materia civile può essere comunicata e spiegata a giudici, avvocati, notai, altri membri delle professioni legali e al pubblico in generale.
Per quanto riguarda le azioni future, il Consiglio intende aggiornare il documento e il filmato in questione nel 2007 e continuare a partecipare a conferenze e seminari al riguardo. Attualmente il Consiglio sta valutando altre misure al fine di rendere disponibili informazioni ancora più complete e globali sulla cooperazione giudiziaria in materia civile in Europa.
Interrogazione n. 25 dell'on. Othmar Karas (H-0176/06)
Oggetto: Regolamento in materia di notificazione
Sebbene la questione relativa alla notificazione e comunicazione degli atti giudiziari ed extragiudiziari possa sembrare di primo acchito alquanto ostica e tecnica, un corretto funzionamento del sistema di notificazione è di fondamentale importanza ai fini dell'efficienza e dell'accettazione della "giurisdizione europea". Rapidi progressi in materia vanno accolti con favore. Come valuta il Consiglio la possibilità, già nel corso della Presidenza austriaca, di concludere in prima lettura il progetto, essenziale per ragioni pratiche, che prevede di migliorare il regolamento in questione?
Il Consiglio è del parere che sarebbe opportuno fare tutto il possibile per consentire il raggiungimento di un accordo con il Parlamento in prima lettura. Per questo motivo, attualmente sono in corso discussioni con i rappresentanti del Parlamento europeo per poter trovare soluzioni accettabili per il Parlamento, il Consiglio e la Commissione.
Interrogazione n. 26 dell'on. Hubert Pirker (H-0178/06)
Oggetto: Rete giudiziaria europea
Può il Consiglio far sapere quali sono i punti di forza della Rete giudiziaria europea rispetto agli altri organismi europei (in particolare EUROJUST), ai fini del miglioramento e dell’accelerazione della cooperazione giudiziaria in materia di diritto penale tra gli Stati membri? A quali ambiti dovrebbe, secondo il Consiglio, essere data priorità nel processo di espansione della Rete giudiziaria europea? Quali progressi sono stati compiuti a livello europeo nella materia, così importante, della lotta al terrorismo, che rientra nel settore di competenza della giustizia?
Entrambe le istituzioni, ossia la Rete giudiziaria europea e l’Eurojust, hanno propri punti di forza e funzioni per quanto riguarda il miglioramento e l’intensificazione della cooperazione giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri.
La Rete giudiziaria europea opera a vari livelli negli Stati membri conformemente alla legislazione dello Stato membro in questione. I suoi punti di contatto sono in collegamento con i rappresentanti delle autorità giudiziarie del paese interessato e di altri e collaborano con loro su base quotidiana. Gli strumenti di tecnologia dell’informazione messi a punto dalla Rete giudiziaria europea, che contribuiscono a favorire la comunicazione tra i punti di contatto e a diffondere le informazioni sui vari sistemi giuridici e sugli strumenti giuridici che i singoli Stati membri possono offrire, fanno di tale Rete, in combinazione con l’Eurojust, un alleato indispensabile nella lotta contro la criminalità organizzata transfrontaliera.
La Rete giudiziaria europea si è spesso rivelata più adatta quale istituzione ad affrontare casi bilaterali, anche se tali casi spesso possono anche essere così complessi da dover essere gestiti dall’Eurojust. Lo stretto legame esistente tra le due istituzioni ha reso necessario definire orientamenti da seguire nella pratica nei loro rapporti reciproci.
Vari Stati membri hanno inoltre organizzato iniziative concrete di cooperazione tra i punti di contatto e i membri nazionali dell’Eurojust, ad esempio designando punti di contatto quali membri nazionali supplenti dell’Eurojust. Entrambe le istituzioni hanno il compito di lottare contro le forme gravi di criminalità organizzata e il terrorismo, e gli accordi di reciproca cooperazione hanno fatto sì che le scarse risorse disponibili venissero usate nel modo più efficace possibile.
L’UE considera la lotta contro il terrorismo una delle sue priorità, anche se il compito di affrontare il terrorismo spetta in primo luogo agli Stati membri e alle loro autorità. Attraverso quello che definisce il suo impegno strategico, guidato dal principio di “lottare contro il terrorismo su scala mondiale nel rispetto dei diritti umani e di rendere l’Europa più sicura, in modo che i suoi cittadini possano vivere in un clima di libertà, sicurezza e giustizia”, l’UE può contribuire alla lotta contro il terrorismo in quattro settori, come di seguito specificato.
Prevenzione: occorre impedire le affiliazioni al terrorismo prendendo in esame i fattori e le cause profonde che possono condurre alla radicalizzazione e al reclutamento a fini terroristici, in Europa e a livello internazionale.
Protezione: al contempo occorre proteggere i cittadini e le infrastrutture e ridurre la vulnerabilità di fronte agli attentati rafforzando la sicurezza delle frontiere, dei trasporti e delle infrastrutture critiche.
Repressione: è necessario indagare sui terroristi e perseguirli tanto all’interno quanto all’esterno delle frontiere europee, ostacolare la pianificazione, gli spostamenti e le comunicazioni dei terroristi, smantellare le reti di sostegno, tagliare i finanziamenti e impedire l’accesso al materiale necessario per gli attentati e assicurare i terroristi alla giustizia.
Risposta: occorre prepararsi a gestire e a ridurre al minimo le conseguenze degli attentati terroristici, migliorando le capacità di gestire gli effetti dell’attentato, il coordinamento della risposta e le esigenze delle vittime.
Adottando strumenti giuridici generali in materia di cooperazione giudiziaria, come l’accordo del 2000 sull’assistenza reciproca in materia penale e il mandato di arresto europeo, l’UE può sostenere gli Stati membri nella lotta contro il terrorismo garantendo un’efficace cooperazione tra le autorità giudiziarie. Anche il Consiglio, adottando specifici strumenti giuridici, come la decisione del Consiglio del 20 settembre 2005 concernente lo scambio di informazioni e la cooperazione in materia di reati terroristici, può far sì che l’Eurojust, e l’Europol, abbiano accesso a informazioni specifiche sulle indagini in corso, in modo che, conformemente al proprio mandato, possano aiutare le autorità nazionali a svolgere le loro funzioni.
Interrogazione n. 27 dell'on. Pedro Guerreiro (H-0107/06)
Oggetto: Relazione sulla politica israeliana a Gerusalemme Est
Il Consiglio ha deciso di non rendere pubblica la relazione sulla politica israeliana a Gerusalemme Est presentata dai diplomatici di Stati membri dell'Unione europea di stanza nei Territori Occupati. In base a ciò che è stato pubblicato, la relazione analizza dettagliatamente quella che i diplomatici dei vari paesi dell'Unione europea descrivono come la politica deliberata di Israele volta a completare l'annessione di Gerusalemme Est, e rileva che le misure adottate sono attuate in violazione degli obblighi sanciti dal diritto internazionale: Israele, infatti, applica una strategia intesa a circondare interamente la città di colonie e ad isolare la parte palestinese di Gerusalemme dagli altri territori palestinesi, compromettendo così la realizzabilità di un futuro Stato palestinese.
Intende il Consiglio riesaminare la sua posizione e pubblicare detta relazione nonché le raccomandazioni in essa contenute?
Le questioni cui l’onorevole parlamentare fa riferimento sono state discusse dal Segretario di Stato Hans Winkler nel discorso pronunciato nel corso della seduta plenaria del Parlamento europeo del 1o febbraio 2006, e dal ministro degli Affari esteri britannico Jack Straw nella conferenza stampa che ha fatto seguito alla riunione del Consiglio “Affari generali e Relazioni esterne” del 12 dicembre 2005.
Il Consiglio ha chiesto agli organi competenti del Consiglio di effettuare un’approfondita analisi della situazione a Gerusalemme Est sulla base delle relazioni delle missioni dell’UE a Gerusalemme e Ramallah. Il Consiglio ha deciso che tale analisi non sarebbe stata pubblicata dall’UE, che avrebbe invece continuato a esprimere forti rimostranze al governo israeliano. Il Segretario di Stato Winkler ha informato il Parlamento europeo che, nel frattempo, vi sono state due iniziative diplomatiche: una ad opera della troika dell’Unione europea, che il 19 dicembre 2005 si è rivolta al ministro degli Esteri israeliano, e l’altra indirizzata dalla Presidenza ai principali partiti politici israeliani il 23 di quello stesso mese.
Il Consiglio continua a essere pienamente consapevole di ogni aspetto della questione di Gerusalemme Est.
Interrogazione n. 28 dell'on. Georgios Toussas (H-0108/06)
Oggetto: Azioni provocatorie degli USA nei confronti di Cuba
Nel quadro delle molteplici azioni provocatorie intraprese dagli USA nei confronti del popolo e del governo di Cuba, l'Ufficio degli interessi americani all'Avana ha proiettato provocatori messaggi luminosi che prendevano di mira la rivoluzione cubana. Azioni di questo tipo costituiscono una palese violazione dei principi fondamentali del diritto internazionale e sono senza precedenti nella storia diplomatica delle relazioni fra Stati.
Condanna il Consiglio tale atto degli USA, che è chiaramente ostile nei confronti di Cuba e che viola sia il diritto internazionale che i diritti sovrani degli Stati?
Il Consiglio non ha discusso tale questione, che riguarda le relazioni bilaterali tra paesi terzi.
Interrogazione n. 29 dell'on. Seán Ó Neachtain (H-0109/06)
Oggetto: Programma Erasmus
Nel 2005, sono stati messi a disposizione 17 milioni di Euro per sostenere 260 progetti nel quadro del Programma Erasmus.
Può il Consiglio indicare quali misure intende adottare per estendere l'attuazione del Programma Erasmus in futuro?
Il Consiglio desidera rammentare all’onorevole parlamentare che in generale l’attuazione dei programmi comunitari come il programma ERASMUS è di esclusiva competenza della Commissione e per suo tramite della rete degli organi amministrativi nazionali interessati. Il Consiglio non è pertanto in grado di sapere immediatamente quanti progetti saranno alla fine selezionati e quali importi saranno ad essi assegnati.
Per quanto riguarda la questione specifica della possibile futura estensione del programma sollevata dall’onorevole parlamentare, il Consiglio desidera sottolineare che le discussioni del Parlamento europeo e del Consiglio riguardo al quadro finanziario per il futuro programma integrato di apprendimento permanente, che comprenderà ERASMUS e tutti gli altri programmi inerenti all’istruzione, non si sono ancora concluse. L’ambito e il quadro del programma ERASMUS e i fondi che verranno assegnati ai singoli programmi entro i limiti del massimale finanziario per il periodo 2007-2013 dipenderanno dall’esito finale delle attuali discussioni tra Parlamento e Consiglio relative al massimale finanziario, tenendo anche conto delle conclusioni raggiunte dal Consiglio europeo nel dicembre 2005.
Interrogazione n. 30 dell'on. Robert Evans (H-0125/06)
Oggetto: Allargamento
Quali sono secondo il Consiglio le più importanti lezioni che sono state tratte dall'allargamento dell'UE nel 2004? Come se ne farà tesoro nell'approccio ai futuri allargamenti?
Il Consiglio non ha effettuato alcuna valutazione complessiva dell’esito e degli effetti dell’ultimo allargamento dell’Unione europea, tuttavia dai risultati iniziali risulta evidente che l’allargamento del 2004 è stato molto positivo e che i timori iniziali di paralisi istituzionale, ad esempio, erano esagerati.
Come l’onorevole parlamentare senza dubbio saprà, nella consultazione sul futuro allargamento e sul documento sulla strategia di allargamento 2005 della Commissione, il 12 dicembre 2005 il Consiglio ha concluso che il testo in questione è una base valida per le ulteriori consultazioni sull’argomento che saranno necessarie nel 2006 e ha riconosciuto che nel dibattito occorre prestare particolare attenzione ai seguenti aspetti:
consolidare e incentivare il sostegno al processo di allargamento in tutta l’UE; a questo proposito, occorre tenere conto in particolare delle attività di pubblicità e delle opinioni dei cittadini e la capacità da parte dell’Unione di assorbire nuovi membri deve restare un aspetto importante nelle discussioni in materia;
applicare il principio di condizionalità in modo equo e rigoroso in tutte le fasi del processo;
ribadire il vivo incoraggiamento ai paesi candidati e ai paesi dei Balcani occidentali a proseguire sulla strada della riforma e della stabilità riconfermando la loro prospettiva europea; l’effettiva attuazione degli accordi conclusi con l’UE fa parte di questo processo.
Attualmente la Presidenza austriaca sta valutando qual è la forma più adeguata che tale dibattito potrebbe assumere, considerando in particolare che gli obiettivi principali sono una maggiore chiarezza e una migliore comunicazione, e in ogni caso terrà conto dell’esperienza dell’allargamento dell’UE del 2004.
Interrogazione n. 31 dell'on. Aloyzas Sakalas (H-0144/06)
Oggetto: Accordo fra la Germania e la Russia sulla posa di un gasdotto sotto il Mar Baltico
Ai primi del mese di settembre 2005, la Germania, Stato membro dell'Unione europea, ha firmato un accordo bilaterale con la Russia sulla posa di un gasdotto sotto il Mar Baltico. La posa di un siffatto gasdotto, contiguo a quattro Stati membri dell'UE rivieraschi del Mar Baltico (la Polonia, la Lituania, la Lettonia e l'Estonia), lede gli interessi energetici e di tutela ambientale di tali Stati.
Ritiene il Consiglio che sia consentito ad uno Stato membro dell'UE (la Germania) di stipulare unilateralmente un accordo con un paese che non è membro dell'UE (la Russia) sulla posa di un gasdotto sotto il Mar Baltico anche qualora l'attuazione di un siffatto accordo colpisca e pregiudichi direttamente interessi rilevanti per altri Stati membri dell'UE?
Il gasdotto dell’Europa settentrionale è il progetto di un’impresa privata cui partecipano imprese russe e degli Stati membri dell’UE e non un progetto comune tra la Russia e un singolo Stato membro.
Il gasdotto dell’Europa settentrionale fa parte delle reti transeuropee dell’energia (decisione del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2003, confermata dalla decisione dei ministri dell’Energia del 28 giugno 2005).
Per una questione di principio, il Consiglio non si esprime in merito ad accordi tra imprese private. Al contempo è opportuno sottolineare che il Consiglio, tenuto conto degli ultimi sviluppi nel settore dell’energia, discuterà le questioni relative all’energia nel corso del Vertice di primavera del Consiglio europeo che si svolgerà nel mese di marzo 2006.
Interrogazione n. 32 dell'on. Jacky Henin (H-0152/06)
Oggetto: Proposta di regolamento del Consiglio relativa all'indicazione del paese di origine di taluni prodotti importati da paesi terzi (COM(2005)0661 def. - ACC 2005/0254)
La proposta di regolamento del Consiglio relativa all'indicazione del paese di origine del prodotto è il primo passo verso un'informazione sincera dei consumatori e una forma di tutela della competenza europea.
Questa normativa contribuirà a difendere i posti di lavoro nell'Unione, limitando i casi di concorrenza sleale: non sarà infatti più permesso ad un'impresa di un paese X dell'Unione di fabbricare un prodotto in un paese terzo e di apporvi impunemente un'etichetta recante "made in X" al fine di promuoverne la vendita in modo fraudolento.
I professionisti della coltelleria europea chiedono che nell'allegato di questa proposta di regolamento siano inclusi i prodotti di coltelleria, che vantano un alto grado di specificità artigianale.
E' in gioco l'avvenire della coltelleria europea e di migliaia di posti di lavoro qualificati.
Intende il Consiglio accogliere questa richiesta, aggiungendo all'allegato del regolamento i prodotti elencati nel capitolo 82 della " nomenclatura combinata europea" ed in particolare i codici: 82.08, 82.11, 82.12, 82.13, 82.14, 82.15?
Il 16 dicembre 2005 la Commissione ha presentato la proposta di regolamento del Consiglio relativo all’indicazione del paese di origine di taluni prodotti importati da paesi terzi. Tale regolamento si applicherebbe a taluni prodotti commerciali, che sono elencati nell’allegato della normativa stessa.
Poiché gli organi del Consiglio competenti in materia legislativa hanno iniziato solo ora a esaminare la proposta, non è possibile prevedere se e quando il regolamento proposto sarà adottato o a quali prodotti sarà applicato.
Il Consiglio prende atto delle proposte contenute nell’interrogazione e le terrà in considerazione nelle sue discussioni.
Interrogazione n. 33 dell'on. Athanasios Pafilis (H-0160/06)
Oggetto: Recrudescenza del fascismo in Lettonia
Il Parlamento lettone (Sejm) ha recentemente votato a maggioranza l'espulsione dell'on. Nikolai Kabanov dalla commissione parlamentare degli affari esteri, quale misura ritorsiva nei confronti del deputato accusato di aver partecipato alla produzione di un documentario dal titolo "Il nazismo nel Baltico" in cui si parla dell'attività svolta dalle "Legioni delle SS", e di aver tenuto un discorso in russo nell'aula assembleare.
In considerazione di questo inaccettabile atto politico che, fra le altre cose, propugna la giustificazione storica dei membri delle SS in Lettonia, qual è la posizione del Consiglio in ordine alla deriva filonazista della Lettonia, alle richieste di revoca del divieto del Partito comunista, e della legge elettorale antidemocratica che impedisce agli esponenti dell'ex Partito comunista e di altre organizzazioni di partecipare alle elezioni politiche e amministrative, nonché all'acquisizione del diritto di voto per i russofoni, che rappresentano una parte non irrilevante della popolazione lettone e che dal 1991 sono stati privati dei loro diritti politici?
Non rientra tra le competenze del Consiglio intervenire nelle votazioni del parlamento di uno degli Stati membri dell’UE.
Il Consiglio tuttavia respinge con fermezza le asserzioni riguardo a quelle che vengono definite le tendenze filonaziste delle autorità della Lettonia, in quanto non hanno alcun fondamento nei fatti. Il Presidente, il Primo Ministro e il ministro degli Affari esteri della Lettonia hanno condannato in molte occasioni il totalitarismo in tutte le sue forme. Il 14 febbraio 2006 il ministro degli Affari esteri della Lettonia Artis Pabriks ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Condanniamo categoricamente l’olocausto e il genocidio nonché le attività di coloro che continuano ad essere seguaci di tali ideologie. L’aumento dei reati di razzismo e xenofobia in vari paesi europei è la prova del fatto che le ideologie totalitariste non sono scomparse. La società in generale e le istituzioni incaricate del mantenimento della legge e dell’ordine in Lettonia devono continuare ad adoperarsi per sradicare l’estremismo”.
Il 10 settembre 1991 il parlamento lettone votò a favore del divieto del partito comunista lettone che, all’epoca, costituiva un sottogruppo del partito comunista dell’Unione Sovietica e che, finché era esistita l’Unione Sovietica, aveva operato come parte di fatto del governo.
Contro le violazioni dei diritti stabiliti dall’articolo 11 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (libertà di assemblea) o del primo protocollo della medesima (diritto a libere elezioni), è possibile fare ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Per quanto riguarda la questione generale della promozione del principio di non discriminazione nell’UE, il Consiglio ha adottato un pacchetto di misure per lottare contro la discriminazione, in particolare due direttive(1), cui è stato aggiunto un piano d’azione comunitario di lotta contro la discriminazione della durata di sei anni.
Ulteriore assistenza è fornita anche dall’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia, con sede a Vienna. Nel dicembre 2003 i capi di Stato e di governo europei hanno deciso che il mandato dell’Osservatorio avrebbe dovuto essere esteso allo scopo di trasformarlo in un’Agenzia per i diritti fondamentali in aggiunta al meccanismo esistente per la protezione dei diritti fondamentali. L’Agenzia fornirà assistenza e consulenza alle Istituzioni dell’UE e agli Stati membri, costituendo in questo modo un ulteriore passo verso la realizzazione nell’UE di una politica in materia di diritti umani più efficace e più coerente.
Direttiva che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica (2000/43/CE) e direttiva quadro in materia di occupazione (2000/78/CE).
Interrogazione n. 34 dell'on. John Bowis (H-0164/06)
Oggetto: Diabete
Può il Consiglio comunicare il risultato della conferenza della Presidenza sul diabete?
Il diabete di tipo 2 è una grave malattia cronica che sta diventando sempre più diffusa e che colpisce in misura crescente i giovani. Per questo motivo, la prevenzione del diabete di tipo 2 e delle sue concomitanti complicazioni costituisce un’importante preoccupazione nel campo della sanità pubblica.
Per accelerare il trasferimento di conoscenza e valutare le possibili iniziative da adottare a livello di UE, la Presidenza austriaca ha richiamato l’attenzione su questa problematica e, con il sostegno della Commissione europea, ha organizzato una conferenza che ha riunito 200 esperti di tutti gli Stati membri e dei paesi candidati, al fine di valutare quali iniziative fossero necessarie nonché di presentare proposte per future strategie. Gli esperti rappresentavano varie parti interessate, ossia sistema sanitario, autorità nazionali, associazioni per il diabete e di pazienti nonché la Commissione europea, il Parlamento europeo e l’OMS.
Nell’ambito di quattro gruppi di lavoro paralleli è stata rivolta particolare attenzione ai quattro aspetti seguenti:
prevenzione delle malattie cardiovascolari connesse al diabete;
gestione della malattia finalizzata alla riduzione delle complicazioni correlate al diabete;
prevenzione primaria del diabete di tipo 2;
aspetti sociali e legati al genere del diabete di tipo 2.
Gli esperti hanno concluso che il Consiglio dovrebbe presentare una raccomandazione sulla prevenzione, la diagnosi precoce e la gestione del diabete, che dovrebbe contenere proposte di norme europee in materia di dati sul diabete e dovrebbe occuparsi esplicitamente di aspetti quali i gruppi sociali svantaggiati, le donne in età fertile e il pericolo di discriminazione.
E’ stato inoltre sottolineato che misure adeguate per affrontare il diabete richiedono l’attuazione di programmi nazionali coordinati in materia di diabete in tutti gli Stati membri che comprendano, tra l’altro, la prevenzione e la diagnosi precoce. Particolare attenzione va attribuita alla sensibilizzazione sugli stili di vita sani che si sono rivelati efficaci e che potrebbero, se applicati su ampia scala, avere un effetto sulla salute delle generazioni future. La rapida attuazione di programmi nazionali in materia di diabete dovrebbe essere una priorità.
I risultati della conferenza saranno documentati in una relazione e presentati in forma sintetica ai ministri della Sanità nella riunione informale del 25 e 26 aprile 2006.
Interrogazione n. 35 dell'on. Manolis Mavrommatis (H-0170/06)
Oggetto: Recepimento delle direttive sul mercato interno
La relazione semestrale della Direzione generale "Mercato interno" della Commissione riguardante il recepimento del diritto comunitario negli ordinamenti nazionali degli Stati interni ha mostrato che molte legislazioni nazionali non si sono adeguate alle direttive comunitarie. A titolo esemplificativo giova ricordare che l'Austria è il paese che ottempera più in fretta, visto che al 1° dicembre 2005, restava da armonizzare soltanto l'1,5% delle direttive, a fronte del 4,4% nel caso del Lussemburgo. Come intende agire il Consiglio per risolvere il problema del mancato recepimento e della mancata applicazione delle regole del mercato interno?
Il Consiglio ha ripetutamente dichiarato che considera di estrema importanza il tempestivo e corretto recepimento delle direttive sul mercato interno nella legislazione nazionale degli Stati membri, in quanto è indispensabile per il funzionamento del mercato interno. Nelle riunioni svoltesi nel 2001 a Stoccolma e l’anno successivo a Barcellona, il Consiglio europeo ha fissato obiettivi quantitativi per la riduzione del deficit di recepimento, stabilendo un massimo dell’1,5 per cento, ed è evidente che ciò ha indotto gli Stati membri a raddoppiare i loro sforzi al riguardo. Dalle ultime informazioni della Commissione, contenute nel quadro di valutazione del mercato interno n. 14 bis del febbraio 2006, risulta con chiarezza che tutti i 25 Stati membri hanno compiuto considerevoli progressi nella riduzione di tale deficit e alcuni di essi sono riusciti a portarlo a un livello dell’1,6 per cento, che, com’è ovvio, non corrisponde all’obiettivo dell’1,5 per cento, ma è il risultato migliore finora conseguito. Nonostante tali progressi, il livello di recepimento varia da uno Stato membro all’altro, e pertanto ne consegue che occorre compiere ulteriori sforzi per creare le condizioni per il pieno funzionamento del mercato interno. Il Consiglio e il Consiglio europeo seguiranno quindi con molta attenzione gli ulteriori sviluppi della situazione per quanto riguarda il recepimento delle direttive sul mercato interno, avvalendosi della documentazione regolarmente presentata nel quadro di valutazione del mercato interno e di altre pertinenti comunicazioni della Commissione. E’ possibile che debbano ribadire ulteriormente a tutti gli Stati membri l’esigenza di recepire il diritto comunitario e di darvi piena applicazione, in modo che i cittadini e le imprese possano usufruire dei benefici del mercato interno.
Interrogazione n. 36 dell'on. Frank Vanhecke (H-0171/06)
Oggetto: Situazione dei diritti umani in Algeria e Giordania
Il 4 febbraio 2006 le autorità giordane hanno arrestato i signori al-Mu'mani e Hashim al-Khalidi, editori del quotidiano Mehwar che ha pubblicato le vignette sul profeta Maometto apparse per la prima volta sul quotidiano danese Jyllands-Posten. Il 12 febbraio 2006 i due editori sono stati rilasciati su cauzione, ma dovranno comparire a breve dinanzi al tribunale.
In Algeria le autorità avrebbero chiuso due quotidiani, Panorama e Essafir, ed arrestato due editori, i signori Kamel Bousaad e Berkana Bouderbala, per aver pubblicato le vignette in questione.
Quali iniziative intende assumere il Consiglio per far sì che l'Algeria e la Giordania rispettino gli obblighi loro derivanti dall'accordo di associazione con l'UE in materia di diritti umani e democrazia? Quali sanzioni prevede il Consiglio di applicare in caso di mancato rispetto di tali obblighi?
Lo scorso anno l’Unione europea e la Giordania hanno raggiunto un accordo su un ampio piano d’azione nell’ambito della politica europea di vicinato. Tra gli obiettivi di tale piano d’azione figura il sostegno a favore del processo di riforma avviato dalla Giordania. Una delle quattro priorità della strategia di riforma è rafforzare i mezzi d’informazione e renderli più professionali favorendo al tempo stesso lo sviluppo di un settore dei media indipendente. Nonostante le difficili condizioni geografiche e politiche del paese, la Giordania, il suo governo, e il Re Abdullah in persona, si sono assunti il compito di portare avanti la riforma politica e di consolidare la democrazia, la responsabilità, la trasparenza e la giustizia e di diventare un modello di paese arabo e islamico moderno e basato sulla conoscenza. Va detto tuttavia che la stessa Giordania è ben consapevole del fatto che questo processo sarà lungo e non sempre facile.
Quale priorità del piano d’azione nell’ambito della politica europea di vicinato è necessario intervenire con specifico riferimento alla stampa, al fine di promuovere lo sviluppo della libertà dei mezzi d’informazione e di espressione di opinioni. Nella riunione del giugno dello scorso anno del sottocomitato UE-Giordania per i diritti umani, la democrazia e il buon governo, l’UE e la Giordania hanno discusso l’attuale situazione della legislazione giordana, del quadro giuridico e dei programmi di formazione per i giornalisti. Tali discussioni avranno un seguito. L’UE si considera in dovere di sostenere la Giordania in questo processo.
Algeria
La prima riunione del Consiglio di associazione UE/Algeria si terrà il 21 marzo 2006 e rappresenterà una ripresa dei contatti bilaterali a livello ministeriale tra l’UE e l’Algeria, in quanto l’ultima riunione della troika ministeriale si è svolta ad Algeri nel novembre del 2003.
L’onorevole parlamentare può stare certo che l’UE, nel corso del dialogo politico su democrazia e diritti umani, manifesterà le sue preoccupazioni riguardo alla libertà di stampa in Algeria e in particolare al modo in cui molti giornalisti sono stati intimiditi, sanzionati e incarcerati attraverso un uso sistematico e inappropriato della legge sulla diffamazione.
Interrogazione n. 37 dell'on. Rodi Kratsa-Tsagaropoulou (H-0181/06)
Oggetto: Diritto di sciopero e garanzia della coesione economica, territoriale e sociale negli Stati membri
In Grecia negli ultimi giorni lo sciopero continuo dei marittimi ha dato adito a condizioni e problemi estremamente sfavorevoli per la coesione territoriale, economica e sociale del paese (impossibilità di approvvigionare e rifornire di carburanti le regioni insulari, impossibilità di trasportare i malati, ecc.). Il diritto di sciopero costituisce, certamente, un diritto sancito e indiscutibile di lavoratori, codificato nella Carta dei diritti fondamentali dell'UE (articolo 28). Parallelamente, sia la Carta sia il progetto di Costituzione europea stabiliscono espressamente (articolo 36 e articolo II-96 rispettivamente) che l'Unione riconosce e rispetta l'accesso ai servizi di interesse economico generale, quale previsto dalle legislazioni e prassi nazionali, al fine di promuovere la coesione sociale e territoriale dell'UE e la sua competitività.
Condivide il Consiglio l'opinione che tale tipo di azioni di sciopero estreme eludono il diritto del cittadino europeo di accesso ai servizi di base e sollevano problemi inerenti al regolare funzionamento del mercato interno unico? Dispone il Consiglio di studi comparativi e dati sul modo in cui tali situazioni vengono affrontate nei vari Stati membri? Concorda che è necessario promuovere, come già avviene in alcuni Stati membri, la prestazione di servizi minimi obbligatori?
Anche se l’onorevole parlamentare ha ragione di dire che l’articolo 28 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE accorda ai lavoratori il diritto di ricorrere ad azioni collettive per la difesa dei loro interessi, tra cui lo sciopero, lo stesso articolo stabilisce che i lavoratori hanno tale diritto conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali dei singoli Stati membri. Tenuto conto tuttavia che il Trattato CE ha eliminato il diritto di sciopero dal campo di applicazione dell’articolo 137, le questioni connesse agli scioperi sono materia di esclusiva competenza nazionale.
Il Consiglio prende atto delle difficoltà dovute agli ultimi scioperi dei marittimi in Grecia. Il Consiglio non dispone di studi comparativi sul modo in cui simili situazioni vengono gestite in altri Stati membri, e può darsi che di tali informazioni sia in possesso la Commissione.
Interrogazione n. 38 dell'on. Ryszard Czarnecki (H-0187/06)
Oggetto: Eliminazione degli ostacoli ad un mercato del lavoro a livello UE
La Presidenza austriaca ha effettuato una valutazione dell'aumento del numero di lavoratori provenienti dai "nuovi" Stati membri in seguito all'eliminazione degli ostacoli ad un mercato del lavoro a livello UE, soprattutto in paesi come l'Austria e la Germania che stanno chiaramente ritardando questo processo?
In base al trattato di adesione del 2003, la decisione di continuare o meno ad applicare le disposizioni transitorie relative alla libera circolazione dei lavoratori è di esclusiva competenza degli Stati membri interessati. Gli Stati membri che intendono continuare ad applicare le disposizioni transitorie per altri tre anni dal 30 aprile 2006 devono notificarlo alla Commissione entro tale data.
La Presidenza austriaca è del parere che gli Stati membri devono adottare le proprie decisioni senza pregiudizi e sulla base della relazione presentata dalla Commissione l’8 febbraio 2006 sull’applicazione delle disposizioni transitorie stabilite nel trattato di adesione del 2003 e delle varie situazioni in essi esistenti, tenendo anche conto di tutti i fattori pertinenti relativi alla migrazione dei lavoratori. Il principale di tali fattori è la condizione dell’economia e del mercato del lavoro negli Stati membri interessati, in quanto è quello che determinerà la possibilità di garantire, almeno entro un periodo ragionevole e prevedibile, che i lavoratori migranti siano in grado di mantenersi con il loro reddito da lavoro. Inoltre, si può prevedere che la situazione geografica svolgerà un ruolo fondamentale nel processo decisionale, in quanto il livello di migrazione potrebbe essere determinato in larga misura dalla distanza tra il paese di origine e il luogo di lavoro.
A seguito della presentazione e della discussione della relazione della Commissione nel corso della riunione del Consiglio “Occupazione, politica sociale, sanità e protezione dei consumatori” del 10 marzo 2006, gli Stati membri stanno attualmente esaminando tutti i fattori rilevanti per la loro decisione di continuare o meno ad applicare le disposizioni transitorie, in particolare la situazione del proprio mercato del lavoro. E’ ovvio che gli Stati membri giungeranno a tale decisione solo dopo aver effettuato un esame approfondito e sulla base di una valutazione obiettiva.
Interrogazione n. 39 dell'on. Antonio Masip Hidalgo (H-0188/06)
Oggetto: Regolamento comunitario in materia di pensioni alimentari tra familiari.
Considerando l'importanza fondamentale che possono rivestire le pensioni alimentari per persone bisognose, e considerando le difficoltà e i ritardi implicati dall' adozione di un testo all'unanimità.
Quale posizione ritiene la Presidenza che debba adottare il Consiglio sulla richiesta della Commissione che il futuro regolamento comunitario in materia di competenza, normativa applicabile, riconoscimento ed esecuzione di decisioni, nonché cooperazione tra autorità in materia di pensioni alimentari tra familiari, sia approvato con procedura di codecisione e non sia più sottoposto al voto all'unanimità? In definitiva, quale crede la Presidenza debba essere il ruolo del Parlamento europeo in questo settore, puramente consultivo (se continua ad esser richiesta l'unanimità in seno al Consiglio) o legislativo (codecisione?)
Il Consiglio desidera rammentare all’onorevole parlamentare la dichiarazione della Commissione, contenuta nella proposta di regolamento relativo alle obbligazioni alimentari, secondo cui tale materia è connessa al diritto di famiglia e pertanto si applica la procedura di audizione stabilita dal Trattato.
Il Consiglio ha già anche iniziato a discutere sull’opportunità o meno di porre in essere ciò che la Commissione ha proposto nella sua comunicazione al Consiglio e di applicare l’articolo 251 del Trattato alle misure adottate ai sensi dell’articolo 65 del Trattato che istituisce la Comunità europea in materia di obbligazioni alimentari.
Il Consiglio, a seguito delle discussioni iniziali svoltesi in seno ai suoi organi competenti, ha deciso di consultare il Parlamento europeo in merito al regolamento sulle obbligazioni alimentari, senza tuttavia con ciò pregiudicare le successive fasi dell’iter della proposta presentata dalla Commissione nella sua comunicazione di applicare la procedura di cui all’articolo 251 alle questioni relative alle obbligazioni alimentari.
Interrogazione n. 40 dell'on. Anna Hedh (H-0189/06)
Oggetto: Elevati consumi di alcol tra i giovani in Europa
In Europa il consumo di bevande alcoliche tende, e non possiamo che rallegrarcene, a diminuire, ma tra i giovani la tendenza è diametralmente opposta. Da un rapporto tuttora non pubblicato commissionato dall'Esecutivo si evince che sono soprattutto le ragazze quelle che bevono di più ed in età sempre più giovane.Le cause sono molteplici. L'ambiente sociale è più rude a causa della disoccupazione e delle crescenti aspettative ed a ciò si aggiunge che i giovani sono più indipendenti e dispongono di maggiori risorse finanziarie. L'industria degli alcolici ovviamente non fa che seguire siffatte tendenze concentrando sui giovani l'offerta di bevande alcoliche ed i messaggi pubblicitari.
In Europa un decesso su quattro nella fascia di età 15-29 anni è riconducibile a incidenti stradali, intossicazioni, suicidi e assassini correlati con il consumo di alcol, in base a dati forniti dall'OMS che caldeggia un aumento delle imposte sulle bevande alcoliche per frenare siffatti sviluppi. Come intende l'attuale Presidenza adoperarsi per contrastare siffatti tragici sviluppi nei consumi di alcol fra i giovani in Europa?
Il Consiglio è grato all’onorevole parlamentare per aver sollevato questa importante questione.
L’alcol è una delle questioni sanitarie incluse nel programma di lavoro del Consiglio per il 2006 presentato dall’attuale Presidenza austriaca e dalla futura Presidenza finlandese.
Nella primavera del 2006 la Commissione presenterà una comunicazione sulla strategia dell’Unione europea contro l’abuso di alcol e la illustrerà al Consiglio nella riunione dell’1 e 2 giugno 2006.
Dopo la presentazione di questa comunicazione, il Consiglio intende promuovere uno scambio di opinioni a livello ministeriale prestando particolare attenzione al problema dell’aumento del consumo di alcol tra i giovani.
Il gruppo sulla sanità pubblica valuterà inoltre quali azioni dovranno essere intraprese a seguito della comunicazione in oggetto.
Interrogazione n. 41 dell'on. Gisela Kallenbach (H-0190/06)
Oggetto: Rientro dei profughi Rom in Kosovo
È noto che circa 560 Rom kosovari vivono da sei anni come deportati interni nei campi profughi della regione di Mitrovica. Questi campi sono altamente contaminati, in particolare da metalli pesanti che danneggiano gravemente la salute. In febbraio il Centro europeo per i diritti dei Rom, con sede a Budapest, ha sporto denuncia contro l'UNMIK presso la Corte europea per i diritti umani. L'UNMIK sta lavorando intensamente ad una soluzione ed ora propone, come soluzione intermedia, la sistemazione nell'ex campo KFOR di Osterode. In realtà, la soluzione sarebbe il reinsediamento di queste persone nella loro patria, Roma Mahalla. La ricostruzione delle case costa molto e finora solo la Germania ha messo a disposizione 500.000 euro.
Può il Consiglio far sapere quali misure adottano gli Stati membri dell'UE per contribuire finanziariamente al reinsediamento sostenibile delle famiglie Rom kosovare nella parte meridionale della regione di Mitrovica?
I contributi finanziari che gli Stati membri dell’UE si sono impegnati a erogare a favore di Roma Mahalla sono, oltre ai 500 000 euro della Germania menzionati nell’interrogazione, 800 000 euro della Svezia e 250 000 euro promessi dall’Irlanda, mentre la Grecia dovrebbe fornire un importo di 10 000 euro, ma non si è ancora mossa in tal senso.
Oltre a questi impegni da parte degli Stati membri, l’Agenzia europea per la ricostruzione ha messo a disposizione 1,12 milioni di euro attraverso gli uffici dell’agenzia danese per gli aiuti ai profughi. La Norvegia si è impegnata a fornire 600 000 euro e le istituzioni provvisorie di autogoverno 200 000 euro, mentre l’UNMIK si è impegnata a erogare 250 000 euro.
Questi importi saranno utilizzati per misure di ricostruzione, occupazione e istruzione e per l’assistenza complessiva per le operazioni di rimpatrio.
Interrogazione n. 42 dell'on. Avril Doyle (H-0192/06)
Oggetto: Libera circolazione dei lavoratori dei nuovi Stati membri
Considerato il diritto fondamentale dei lavoratori, dei loro familiari e di tutti i cittadini dell'UE di viaggiare e risiedere liberamente nel territorio degli Stati membri e visto che la relazione della Commissione, pubblicata l'8 febbraio 2006, auspica l'abrogazione delle "misure transitorie" e delle restrizioni alla libera circolazione dei lavoratori dei dieci nuovi Stati membri, in vigore dal 1° maggio 2004 in 12 dei 15 "vecchi" Stati membri dell'UE, può il Consiglio far sapere quali misure intende adottare per incoraggiare l'abrogazione delle "misure transitorie", in vista dell'imminente decisione (aprile 2006) degli Stati membri sul mantenimento delle restrizioni per i lavoratori migranti?
Quali conclusioni trae il Consiglio in merito ai vantaggi, o agli svantaggi, del regime vigente negli Stati membri in materia di permessi di lavoro, soprattutto in relazione al suo impatto sull'economia sommersa? Quali misure si stanno adottando per semplificare e armonizzare la procedura per la richiesta del permesso di lavoro negli Stati membri che prevedono di estendere per altri due anni l'applicazione delle loro misure transitorie?
Come l’onorevole parlamentare saprà, il trattato di adesione con i dieci nuovi Stati membri prevede un periodo di transizione di sette anni per la libera circolazione dei lavoratori. Durante tale periodo gli Stati membri dell’UE a 15 hanno il diritto di applicare le misure nazionali che disciplinano l’accesso al proprio mercato del lavoro ai cittadini dei nuovi Stati membri ad eccezione di Cipro e Malta. Una disposizione specifica del trattato consente inoltre a Germania e Austria di adottare misure per evitare gravi perturbazioni in taluni settori sensibili che possono derivare dall’occupazione temporanea dei lavoratori nel quadro della prestazione transfrontaliera dei servizi. Tre nuovi Stati membri possono applicare restrizioni reciproche nei confronti dei cittadini dei vecchi Stati membri che applicano anch’essi restrizioni.
Il primo periodo di transizione di due anni dalla data di adesione scade il 30 aprile. Il Consiglio deve ora esaminare il funzionamento delle disposizioni transitorie alla luce di una relazione della Commissione, adottata l’8 febbraio 2006, in cui la Commissione raccomanda agli Stati membri di valutare con attenzione se è necessario continuare ad applicare le disposizioni transitorie.
La Presidenza intende procedere a uno scambio di opinioni sulla relazione della Commissione in seno al Consiglio entro la fine di aprile. Attualmente gli Stati membri stanno esaminando la situazione del proprio mercato del lavoro alla luce della relazione della Commissione e della loro esperienza. Alcuni Stati membri hanno già dichiarato che intendono porre fine alle restrizioni nei confronti dei lavoratori, tuttavia non tutti gli Stati membri hanno completato l’esame relativo al proprio paese o informato la Commissione se intendono continuare ad applicare le misure nazionali.
Occorre tenere presente che spetta a ogni singolo Stato membro decidere se continuare o meno ad applicare le misure nazionali e quale carattere tali misure potranno assumere.
INTERROGAZIONI ALLA COMMISSIONE
Interrogazione n. 52 dell'on. Nils Lundgren (H-0200/06)
Oggetto: Riconferma del sig. Brüner a direttore generale dell'OLAF
Durante i cinque anni in carica il sig. Brüner è stato severamente criticato in numerose occasioni. Eppure il 14 febbraio, nonostante la COCOBU e il Consiglio avessero proposto candidati più idonei, la Commissione ha deciso di riconfermarlo. La decisione indica chiaramente che le promesse della Commissione in materia di riforme, di miglioramento del controllo finanziario e di lotta contro le frodi non sono una priorità.
La Commissione non concorda sul fatto che la riconferma del sig. Brüner, che deve molto alla volontà della Commissione e all'opera di lobbying che gli ha permesso di essere rieletto, influenzerà la credibilità e l'indipendenza dell'OLAF, ostacolando le indagini sulle frodi?
Date le circostanze, come può la Commissione parlare di un "forte mandato"?
La Commissione desidera rammentare all’onorevole parlamentare che ha seguito la procedura stabilita dal regolamento (CE) n. 1073/1999 per la nomina del direttore generale dell’OLAF (Ufficio per la lotta antifrode) in modo trasparente e partecipativo. La Commissione ha deciso di riconfermare il signor Brüner in pieno accordo con il Parlamento e il Consiglio, che hanno avuto ampie opportunità di partecipare alla selezione. Tutte e tre le Istituzioni erano debitamente rappresentate quando è stato raggiunto l’accordo al riguardo nel corso del trilogo del 7 febbraio e lo stesso giorno hanno espresso il loro sostegno a favore del signor Brüner.
La Commissione non condivide l’opinione dell’onorevole parlamentare secondo cui il Consiglio e il Parlamento avevano trovato altri candidati più idonei. Il signor Brüner è stato selezionato come candidato idoneo da tutte e tre le Istituzioni. Nell’audizione dell’ottobre 2005, la COCOBU(1) ha confermato la sua idoneità all’incarico e lo ha scelto tra due soli nominativi. Il Consiglio lo ha scelto in una rosa di tre nominativi. E’ opportuno rammentare che l’elenco iniziale comprendeva 180 nominativi e che la COCOBU è rimasta favorevolmente colpita dalla qualità e dalla competenza delle cinque persone che costituivano la ristretta rosa dei candidati.
La procedura seguita per giungere a questa decisione consente alla Commissione di affermare che il nuovo direttore generale dispone del forte mandato definitivo necessario. La procedura, la sua accuratezza e trasparenza, un ampio confronto dei candidati, la partecipazione del Comitato di vigilanza dell’OLAF e di Consiglio, Parlamento e Commissione e il consenso delle tre Istituzioni su un unico nominativo sono una solida garanzia di un sostegno fermo e comune, che consentirà al nuovo direttore generale di guidare l’OLAF in maniera indipendente.
Il signor Brüner è stato nominato in quanto, in ultima analisi, è stato considerato il candidato migliore da tutte e tre le Istituzioni. L’esperienza e la professionalità del signor Brüner sono state ritenute due fattori fondamentali nel processo decisionale che ne ha determinato la nomina.
La Commissione non concorda con l’onorevole parlamentare neppure quando dice che la decisione indica chiaramente che le promesse della Commissione in materia di riforme, di miglioramento del controllo finanziario e di lotta contro le frodi non sono una priorità. Nel corso degli ultimi anni la Commissione ha dimostrato che prende molto sul serio la questione, e a questo proposito possiamo citare un nuovo statuto dei funzionari, un nuovo regolamento finanziario, un nuovo sistema di audit interno, un nuovo sistema di contabilità e radicali modifiche dell’organizzazione. Il parere della Corte dei conti europea sulla gestione finanziaria dell’Esecutivo è gradualmente migliorato. L’audizione tenuta dal Parlamento nel luglio 2005 sul rafforzamento dell’OLAF consente alla Commissione di concludere che la lotta contro le frodi a livello europeo richiede un miglioramento costante e non un cambiamento radicale.
La Commissione non riesce a capire in quale modo questa nomina possa avere effetti negativi sulla credibilità e l’indipendenza dell’OLAF. L’audizione della scorsa estate e la Corte dei conti europea hanno posto in evidenza che l’indipendenza dell’OLAF non è mai stata messa in discussione dalla Commissione. Il Comitato di vigilanza di recente nomina ha inoltre già dimostrato il suo impegno a svolgere la funzione di “alleato fondamentale dell’OLAF”, in particolare assicurando l’indipendenza di tale Ufficio. La nomina dovrebbe essere vista come un’espressione della fiducia e della credibilità attribuite al nuovo direttore generale.
Commissione per il controllo dei bilanci del Parlamento europeo.
Interrogazione n. 55 dell'on. Alessandro Battilocchio (H-0159/06)
Oggetto: Adozioni in Romania
In riferimento ai casi di adozione internazionale rimasti insoluti in seguito all'entrata in vigore della nuova legge in Romania, e a due precedenti interrogazioni dell'interrogante, le cui risposte sono state evasive ed incomplete, può la Commissione rispondere ai seguenti quesiti:
Vi sono notizie sui progressi realizzati dal gruppo di lavoro di esperti che, secondo le indicazioni più volte fornite dal governo rumeno, sarebbe già dovuto entrare in funzione per decidere, caso per caso, sull'opportunità di procedere alle adozioni internazionali la cui richiesta è stata inoltrata prima del 1° gennaio 2005?
Vi sono informazioni sui progressi che il governo rumeno ha fatto registrare in questo senso, in seguito alle promesse già tante volte espresse dai rappresentanti delle autorità e alle richieste formalmente avanzate dal Parlamento europeo nelle sue risoluzioni sull'adesione della Romania, promesse e richieste di trovare una soluzione a questi casi pendenti?
Ritiene la Commissione che la Romania sia realmente in grado di garantire una famiglia, una casa, istruzione e sanità agli 84.000 bambini rumeni attualmente sotto protezione sociale?
Le autorità rumene sono sulla buona strada per trovare una soluzione alle domande di adozione ancora in sospeso presentate prima del 1o gennaio 2005, data di entrata in vigore della nuova legge.
Le autorità rumene hanno attivato un gruppo di lavoro che concluderà la sua attività il 31 marzo 2006. La Commissione è impegnata a seguire la questione e riferirà in merito nella sua relazione di verifica del maggio prossimo.
In quest’ottica, le autorità rumene stanno dando seguito alle ripetute richieste formulate dal Parlamento europeo, da ultimo al punto 23 della sua risoluzione del 15 dicembre 2005.
Gli 82.000 bambini attualmente sotto protezione sociale (presso istituti, in affidamento o collocati presso famiglie allargate) beneficiano di un meccanismo per la protezione dell’infanzia conforme alla Carta dei diritti del fanciullo delle Nazioni Unite (UNCRC). Ciò vale anche per l’accesso all’assistenza sanitaria e all’istruzione.
Interrogazione n. 56 dell'on. John Bowis (H-0165/06)
Oggetto: Uso di letti a sbarre in Romania
Sa la Commissione che in Romania sono impiegati letti a sbarre per i bambini con disturbi mentali? Intende discutere della questione con il governo rumeno al fine di far cessare rapidamente questa pratica?
La Commissione è impegnata a seguire gli sviluppi nel settore della protezione dei bambini in Romania.
Nel corso dei suoi quindici anni di verifiche, la Commissione non ha mai avuto alcun sospetto che in Romania si facesse uso di letti a sbarre.
La Commissione seguirà tuttavia la questione nel quadro dei suoi contatti regolari con varie organizzazioni non governative.
Interrogazione n. 57 dell'on. Leopold Józef Rutowicz (H-0197/06)
Oggetto: Applicazione della normativa anticorruzione in Romania
L'anno scorso la Commissione ha dichiarato che la Romania rispondeva ai criteri politici per l'adesione all'UE. La bocciatura della normativa anticorruzione effettuata dal Senato rumeno il 9 febbraio, oltre alle denunce dei media internazionali secondo le quali il governo rumeno sostiene alcuni gruppi di interesse che beneficiano finanziariamente di questa realtà, sollevano però l'interrogativo se la Romania sia pronta per questo passo decisivo e finale nel processo di adesione. La Commissione sta attualmente elaborando una relazione di monitoraggio sui progressi compiuti dal paese in materia di rispetto dei requisiti di adesione. La lotta contro la corruzione dovrebbe essere una delle principali priorità in quanto costituisce una minaccia alla corretta applicazione delle politiche dell'Unione europea.
Quali misure specifiche intende adottare la Commissione al fine di garantire che la Romania raddoppi i propri sforzi per applicare efficacemente la normativa anticorruzione?
La Commissione accoglie con estremo favore il voto decisivo del Senato rumeno del 3 marzo con il quale è stata annullata la decisione cui l’onorevole parlamentare fa riferimento. Tale risultato ha fatto seguito allo svolgimento di intense discussioni interne ai massimi livelli politici in Romania e attualmente il programma anticorruzione del governo gode di ampio consenso politico.
Grazie a questo voto, la direzione nazionale anticorruzione è stata dotata della solida base giuridica necessaria per continuare a svolgere le sue indagini sui casi di corruzione ad alto livello, fra cui quelli che riguardano membri del parlamento. In questo momento cruciale dei preparativi della Romania per l’adesione all’UE si tratta di una dimostrazione della volontà politica di garantire che nessuno sia al di sopra della legge.
La Commissione può confermare che i progressi compiuti nella lotta contro la corruzione saranno uno degli aspetti più importanti trattati nella relazione della Commissione che verrà pubblicata il 16 maggio 2006.
La Commissione coglie ogni possibile occasione per sollevare tali questioni nel dialogo instaurato con le autorità rumene. La nostra valutazione sarà basata su alcuni indicatori quali l’esistenza di una strategia anticorruzione, lo stato della legislazione sulla strategia anticorruzione, lo stato della legislazione sulle questioni legate alla lotta contro la corruzione, la prova che vengono effettuate indagini penali in grado di perseguire efficacemente questo tipo di reato.
Interrogazione n. 58 dell'on. Bart Staes (H-0103/06)
Oggetto: Negoziati sullo status del Kosovo e sviluppo economico della regione in vista di un futuro ampliamento
I negoziati guidati dall'inviato delle Nazioni Unite Ahtisaari sul futuro status del Kosovo e l'imminente indipendenza s'inquadrano verosimilmente, per le Nazioni Unite, nell'ambito di una strategia di disimpegno nella quale l'UE sarà invitata ad assumersi maggiori responsabilità nella regione, anche tenuto conto del desiderio della stragrande maggioranza della popolazione kosovara di aderire a termine all'UE.
Può la Commissione far sapere in che misura l'UE intende mettere a punto una strategia per lo sviluppo economico della regione che superi le attuali iniziative nel quadro del quarto pilastro dell'UNMIK?
La Commissione non può prevedere con esattezza l’esito dei negoziati sullo status del Kosovo guidati dall’inviato speciale delle Nazioni Unite (ONU) Martti Ahtisaari finché non si giungerà a un accordo, tuttavia si aspetta che la definizione del futuro status del Kosovo possa consolidare la pace, la stabilità e i progressi finora compiuti e contribuire allo sviluppo economico sostenibile e al conseguimento dell’obiettivo comune dei paesi dei Balcani occidentali di diventare membri della famiglia dell’Unione europea.
Attualmente, oltre alle iniziative intraprese nel quadro del quarto pilastro dell’UNMIK (missione delle Nazioni Unite in Kosovo) finanziato dall’UE, la Comunità contribuisce allo sviluppo economico del Kosovo in vari modi, fra cui, tra l’altro, un considerevole sostegno finanziario fornito principalmente attraverso il programma CARDS (ad esempio, nel 2005 è stato erogato un importo di 80 milioni di euro), misure di agevolazione degli scambi commerciali, sostegno alla partecipazione del Kosovo alle iniziative regionali come il Trattato che istituisce la Comunità dell’energia nonché consulenza e orientamento in settori di particolare importanza economica. A questo proposito, la Commissione ha presentato una comunicazione su un futuro europeo per il Kosovo(1) e ha nominato un funzionario di collegamento con l’inviato delle Nazioni Unite, tra l’altro per contribuire a una corretta gestione delle questioni economiche legate allo status. La Commissione è inoltre attivamente impegnata a definire la presenza internazionale in Kosovo nel settore dell’economia dopo che sarà stato stabilito lo status del paese.
Per quanto riguarda la futura strategia per stimolare lo sviluppo economico del Kosovo, la Commissione intende continuare a promuovere riforme compatibili con l’UE e lo sviluppo socioeconomico con tutti gli strumenti disponibili, fra cui la futura assistenza finanziaria di preadesione. Il partenariato europeo adottato dal Consiglio il 30 gennaio 2006(2) costituirà uno strumento fondamentale per guidare gli sforzi compiuti dal Kosovo.
Il partenariato europeo prevede una serie di precise raccomandazioni in campo economico rivolte alle autorità kosovare, in particolare la necessità di portare avanti la formulazione di una strategia di sviluppo a medio termine. L’assistenza finanziaria comunitaria aiuterà le autorità kosovare a elaborare e ad attuare tale strategia e a trarre vantaggio da qualsiasi altra iniziativa di sviluppo economico regionale, come quelle delineate nella recente comunicazione della Commissione sui Balcani occidentali(3).
Decisione 2006/56/CE del Consiglio del 30 gennaio 2006 relativa ai principi, alle priorità e alle condizioni contenuti nel partenariato europeo con la Serbia e Montenegro incluso il Kosovo quale definito dalla risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 10 giugno 1999 (GU L 35 del 7.2.2006, pag. 32).
COM(2006) 27 del 27 gennaio 2006: “I Balcani occidentali sulla strada verso l’UE: consolidare la stabilità e rafforzare la prosperità”.
Interrogazione n. 59 dell'on. Panagiotis Beglitis (H-0130/06)
Oggetto: Sviluppi in Kosovo
Tanto la dichiarazione del Gruppo di contatto per il Kosovo (Londra 31.1.2006) quanto la recente relazione del Segretario generale dell'ONU (25.1.2006) riflettono la particolare importanza che la comunità internazionale attribuisce alla piena e effettiva applicazione delle condizioni poste in virtù della risoluzione del Consiglio di sicurezza 1244/1999 ai fini dei negoziati per il conseguimento di uno status finale. Nella relazione del signor Annan vengono in particolare sottolineati i gravi ritardi e i problemi riscontrati nella realizzazione di tutte quante le condizioni riguardanti le minoranze, in particolare quella serba, a causa della persistente insicurezza, dell'incertezza quanto allo status finale e della posizione che sarà in seguito assunta dalle autorità del Kosovo.
Quali passi intende compiere la Commissione presso le autorità kosovare per facilitare l'applicazione delle condizioni in questione, tenuto conto del fatto che il commissario competente fa parte del Gruppo di contatto? Nel caso in cui ritardi e problemi dovessero persistere, ha essa considerato l'eventualità di un rinvio dei negoziati, dal momento che la comunità internazionale accetta oggi il parallelismo tra i due processi contrariamente a quanto previsto in materia dalla risoluzione 1244/1999? L'attuale impasse influirà sull'andamento della partnership europea proposta dalla Commissione stessa per il Kosovo il 12.12.2005?
Come l’onorevole parlamentare osserva a giusto titolo, il rispetto dell’effettiva applicazione delle condizioni stabilite è un aspetto che riveste un’importanza fondamentale.
Nella sua recente visita a Pristina, il Presidente della Commissione ha espresso preoccupazione riguardo alla lentezza dei progressi compiuti in merito alla realizzazione delle condizioni stabilite per il Kosovo e ha chiesto di accelerare i tempi. Il Commissario responsabile per l’allargamento ha chiarito che i valori democratici sono un elemento essenziale dell’integrazione europea e che la realizzazione delle condizioni stabilite è fondamentale per compiere passi avanti nel processo di definizione dello status del Kosovo e nel cammino verso l’adesione all’UE.
La responsabilità ultima della decisione relativa alla velocità del processo politico volto a determinare il futuro status del Kosovo spetta all’inviato speciale delle Nazioni Unite, Martti Ahtisaari, nominato dal Segretario generale dell’ONU.
La Commissione ha fatto sì che le raccomandazioni previste dal partenariato europeo(1) siano coerenti con l’attuazione delle condizioni stabilite per il Kosovo e che si rafforzino a vicenda. Il partenariato europeo dovrebbe essere uno strumento fondamentale per guidare gli sforzi compiuti dal Kosovo per rispettare i diritti dell’uomo e delle minoranze durante il processo di definizione dello status del paese e per conseguire a tempo debito il ravvicinamento alla legislazione comunitaria.
Decisione 2006/56/CE del Consiglio del 30 gennaio 2006 relativa ai principi, alle priorità e alle condizioni contenuti nel partenariato europeo con la Serbia e Montenegro incluso il Kosovo quale definito dalla risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 10 giugno 1999 (GU L 35 del 7.2.2006, pag. 32).
Interrogazione n. 60 dell'on. Gisela Kallenbach (H-0191/06)
Oggetto: Rientro dei profughi Rom in Kosovo
È noto che circa 560 Rom kosovari vivono da sei anni come deportati interni nei campi profughi della regione di Mitrovica. Questi campi sono altamente contaminati, in particolare da metalli pesanti che danneggiano gravemente la salute. In febbraio il Centro europeo per i diritti dei Rom, con sede a Budapest, ha sporto denuncia contro l'UNMIK presso la Corte europea per i diritti umani. L'UNMIK sta lavorando intensamente ad una soluzione ed ora propone, come soluzione intermedia, la sistemazione nell'ex campo KFOR di Osterode. In realtà, la soluzione sarebbe il reinsediamento di queste persone nella loro patria, Roma Mahalla. La ricostruzione delle case costa molto e finora solo la Germania ha messo a disposizione 500.000 euro.
Può la Commissione far sapere quali misure adottano gli Stati membri dell'UE per contribuire finanziariamente al reinsediamento sostenibile delle famiglie Rom kosovare nella parte meridionale della regione di Mitrovica?
La Commissione è consapevole che la situazione delle comunità rom, ashkali ed egiziana in Kosovo è molto difficile. Nella relazione della Commissione del 2005 sui progressi compiuti dal Kosovo era contenuta una valutazione della situazione delle minoranze, fra cui quella dei rom.
Nel dicembre 2005, nell’ambito di una più ampia iniziativa a sostegno delle comunità non maggioritarie in Kosovo, è stato avviato un progetto finanziato dall’UE per favorire il ritorno dei rom a Roma Mahalla nella regione di Mitrovica.
Il progetto durerà 12 mesi e l’agenzia svedese per lo sviluppo Sida ha stanziato ulteriori fondi. In totale, dovrebbero poter far ritorno circa 57 famiglie.
Il contributo comunitario è di 1,2 milioni di euro. Fra le componenti comunitarie del progetto sono inclusi programmi di ricostruzione di 35 case con le necessarie opere infrastrutturali, opportunità di occupazione e attività di creazione di reddito e progetti comunitari.
I capi rom locali tuttavia non hanno sempre agito nell’interesse della propria comunità, ad esempio ritardando lo spostamento nei centri non contaminati nella parte settentrionale prima di essere rimpatriati nella parte meridionale della regione di Mitrovica. La Commissione comprende la preoccupazione nutrita riguardo alle cosiddette soluzioni temporanee che diventano semipermanenti, come nella parte settentrionale della regione di Mitrovica, ma in questo caso è a rischio la salute della comunità degli sfollati all’interno del paese.
Interrogazione n. 61 dell'on. Chris Davies (H-0105/06)
Oggetto: Scambi diretti con la parte settentrionale di Cipro
Può la Commissione far sapere in che modo intende superare la posizione ostruzionistica assunta dal Presidente cipriota nei confronti delle proposte della Commissione mirate a fornire sostegno finanziario ai turco-ciprioti e a instaurare rapporti commerciali diretti con la loro comunità?
La Commissione ha accolto con favore l’adozione da parte del Consiglio “Affari generali e Relazioni esterne”, nella riunione del 27 febbraio 2006, del regolamento che consente di concedere un sostegno finanziario.
In tale occasione, il Commissario responsabile per l’allargamento ha dichiarato quanto segue: “La Commissione accoglie con favore la decisione odierna del Consiglio “Affari generali e Relazioni esterne” (GAERC) di adottare il regolamento che istituisce uno strumento di sostegno finanziario per promuovere lo sviluppo economico della comunità turcocipriota.
L’adozione di tale regolamento consente all’UE di fornire l’assistenza urgentemente necessaria in campi quali l’energia e l’ambiente. Adesso possono essere realizzati molti progetti concreti che consentono di avvicinare la comunità turcocipriota all’Unione europea. Il regolamento in questione consentirà alla Commissione di preparare la comunità turcocipriota per la futura applicazione della normativa comunitaria quando si sarà trovata una soluzione globale al problema di Cipro.
L’adozione del pacchetto di aiuti dovrebbe essere vista come un primo passo dell’UE verso l’obiettivo di porre fine all’isolamento della comunità turcocipriota e di favorire la riunificazione di Cipro, come stabilito nelle conclusioni del Consiglio “Affari generali e Relazioni esterne” del 26 aprile 2004. La Commissione invita il Consiglio a procedere all’adozione della proposta presentata nel 2004 sugli scambi commerciali tra l’Unione europea e la comunità turcocipriota.
Conformemente alla sua consolidata posizione, la Commissione ribadisce il suo pieno impegno a sostenere la ripresa dei negoziati condotti dalle Nazioni Unite al fine di trovare il più presto possibile una soluzione globale alla questione di Cipro”.
Interrogazione n. 62 dell'on. Bernd Posselt (H-0115/06)
Oggetto: Minoranze in Serbia
Potrebbe la Commissione far sapere quale importanza riveste la questione delle minoranze nella Vojvodina e nella valle del Presevo nell'ambito dei negoziati dell'UE con la Serbia-Montenegro?
Il rispetto dei diritti umani e delle minoranze è un elemento essenziale dell’accordo di stabilizzazione e associazione (ASA) attualmente in fase di negoziato. Questo significa che, quando l’ASA entrerà in vigore, la sua applicazione potrà essere sospesa in caso di violazioni dei diritti umani e delle minoranze. Nel corso dei negoziati relativi all’ASA verrà pertanto prestata particolare attenzione alla situazione dei diritti umani e delle minoranze.
In questo contesto, la Commissione segue da vicino la situazione nella Vojvodina e nella valle del Presevo nonché in altre parti etnicamente diverse di Serbia e Montenegro, fra cui il Sangiaccato.
La Commissione coglie ogni possibile occasione per sottolineare l’importanza dei diritti delle minoranze. Nel novembre 2005, in contemporanea con il primo ciclo ufficiale dei negoziati relativi all’ASA, si è svolta una riunione del dialogo permanente rafforzato, nel corso della quale è stata esaminata la situazione dei diritti delle minoranze in Serbia e Montenegro. In tale occasione, sono state sollevate questioni di particolare rilevanza per la valle del Presevo e la Vojvodina, quali istruzione, forze di polizia e sistema giudiziario.
Interrogazione n. 63 dell'on. Justas Vincas Paleckis (H-0146/06)
Oggetto: Negoziati dell'Unione con Serbia e Montenegro
In un referendum previsto per questa primavera, i cittadini del Montenegro saranno chiamati a decidere se desiderano o no vivere in uno stato indipendente. In caso di risposta negativa, sarà mantenuta la situazione attuale; sembra però che la Commissione stia egualmente considerando l'altra ipotesi.
La Commissione ritiene che l'esito del referendum, nel caso in cui gli elettori votino a favore dell'indipendenza del Montenegro, possa influenzare i negoziati relativi agli accordi di stabilizzazione e associazione tra Unione e Serbia e Montenegro? La Commissione si troverebbe a condurre negoziati immediati in merito ai detti accordi con due stati distinti? Nell'attesa che i due paesi regolino le modalità della separazione, i negoziati ne saranno ostacolati in termini di durata?
Per quanto riguarda il prossimo referendum in Montenegro, la Commissione attribuisce la massima importanza al pieno rispetto delle norme democratiche riconosciute a livello internazionale in linea con l’accordo sulle modalità di svolgimento del referendum concluso tra governo e opposizione in Montenegro. Si tratta di una condizione indispensabile per la legittimità dell’esito del processo referendario. Come la Commissione ha già detto il 23 febbraio alla commissione per gli affari esteri del Parlamento, qualora a seguito del referendum in Montenegro questa Repubblica si ritirasse dall’Unione statale di Serbia e Montenegro, la Commissione cercherà di ottenere nuove direttive di negoziato per un accordo di stabilizzazione e associazione (ASA) con il Montenegro, che sarebbe subordinato al riconoscimento internazionale di un Montenegro indipendente da parte degli Stati membri dell’Unione europea e all’instaurazione di relazioni diplomatiche.
In caso di indipendenza del Montenegro, la Commissione, previa approvazione del Consiglio e a condizione che vengano soddisfatti tutti i criteri relativi alla conduzione e alla conclusione dei negoziati, intende basarsi sui risultati degli attuali negoziati relativi all’ASA che si svolgono secondo un duplice approccio e pertanto far sì che non vadano persi i progressi tecnici finora compiuti nei negoziati in corso.
Interrogazione n. 64 dell'on. Josu Ortuondo Larrea (H-0117/06)
Oggetto: Possibile caso di corruzione al Tribunale di Pazardzhik
Ibermanagement Bulgaria EOOD (IB), impresa a capitale spagnolo, nel novembre 2004 ha acquistato macchinari e attrezzature dalla DGF Dragor EOOD, completamente libera da oneri e vincoli nei confronti del cittadino tedesco Wilfrid Birk. Nel maggio 2005 il Sig. Birk, a quanto pare falsificando date e firme, ha addotto che le macchine erano la garanzia di un debito precedente di 600.000 euro che la DGF Dragor aveva contratto con l'impresa off-shore LODICORT. I macchinari legalmente acquistati da IB sono stati perciò sequestrati e l'impresa denuncia l'accaduto come un caso di corruzione. Le indagini svolte dal dipartimento regionale della polizia di Pazardzhik hanno stabilito, fra l'altro, la falsità dei documenti attestanti il debito contratto in precedenza. La sentenza n. 605/31.10.2005 del Tribunale distrettuale di Pazardzhik, ha ordinato la cancellazione del sequestro, come pure altre sentenze di vari giudici. Ciò nonostante, il giudice esecutivo Veselin Ljungov del Tribunale di Pazardzhik ha fatto eseguire il sequestro senza notificarlo previamente a IB, nominando come custode dei macchinari un amico personale del sig. Birk e permettendo che i suoi soci utilizzassero i macchinari e l'attrezzatura di IB a proprio vantaggio, il che può costituire un caso di corruzione.
Può la Commissione esporre tale caso nel corso delle riunioni che sta effettuando con il governo della Bulgaria, al fine di fare chiarezza sui fatti e di ottenere giustizia, nel rispetto con i principi e diritti del portato comunitario?
La Commissione desidera innanzi tutto sottolineare che non può intervenire in singoli casi giudiziari.
La Commissione tuttavia segue da vicino i problemi relativi al funzionamento complessivo del sistema giudiziario in Bulgaria. Tali questioni sono state esposte con chiarezza anche nella relazione globale di verifica dell’ottobre 2005.
La Commissione ha insistito in particolare sul fatto che devono essere intensificati gli sforzi per lottare con efficacia contro la corruzione, fra cui le indagini sulla corruzione ad alto livello e il perseguimento penale di tale reato.
Nella settimana del 20 febbraio la Commissione, nel quadro del suo ruolo di verifica, ha inoltre effettuato un esame tra pari della giustizia e degli affari interni in Bulgaria. I risultati di tale esame influiranno sulla valutazione del sistema giudiziario bulgaro che la Commissione effettuerà nella prossima relazione che verrà presentata nel maggio 2006.
Dal 2005 è in corso in Bulgaria un progetto di gemellaggio in collaborazione con l’Austria, il cui scopo è riformare il codice di procedura civile e che include anche attività legate all’esecuzione delle sentenze.
Interrogazione n. 65 dell'on. Dimitrios Papadimoulis (H-0129/06)
Oggetto: Processo intentato contro cinque giornalisti turchi per violazione dell'articolo 301 del codice penale turco
Si è aperto il 7 febbraio 2006 ad Istanbul il processo contro cinque noti giornalisti turchi accusati, sulla base dell'articolo 301 del Codice penale turco, di avere interferito nei lavori della giustizia osando criticare la decisione di un tribunale che aveva vietato lo svolgimento di un convegno sugli armeni.
L'articolo 301 del Codice penale turco offre chiaramente un certo margine per palesi violazioni della libertà di espressione dei cittadini, i quali vengono portati davanti alla giustizia con l'accusa di oltraggio pubblico alla nazione turca, alla repubblica turca, al parlamento, al governo, alla giustizia o all'esercito.
In una sua comunicazione del 1° dicembre 2005 Amnesty International riporta casi molteplici di cittadini turchi accusati di aver violato le disposizioni dell'articolo 301 del Codice penale turco.
Quali misure intende prendere la Commissione per far cessare tali perseguimenti? Intende la Commissione proporre modifiche al Codice penale turco, intese a fare sì che cessi il perseguimento arbitrario di quanti osano intraprendere una critica pubblica?
La Commissione è a conoscenza del caso dei cinque giornalisti turchi cui l’onorevole parlamentare fa riferimento.
La libertà di espressione è una delle libertà fondamentali su cui l’Unione europea è fondata e fa parte dei criteri politici di Copenaghen. La Commissione segue da vicino la situazione relativa al rispetto della libertà di espressione in Turchia.
L’attuazione delle importanti riforme legislative degli ultimi anni continua a essere poco uniforme. Da varie sentenze, fra cui quelle emesse nei casi del romanziere Orhan Pamuk e del giornalista Hrant Dink, emerge che il sistema giudiziario agisce sempre più conformemente alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Di recente sono state tuttavia adottate alcune decisioni, in particolare in relazione all’espressione di opinioni su argomenti tradizionalmente delicati, che hanno comportato procedimenti e condanne penali.
Qualora continuassero a verificarsi casi di questo genere, la Commissione si aspetta che le autorità turche intervengano per colmare le lacune del codice penale che danno luogo a interpretazioni restrittive. La soluzione più semplice sarebbe quella di modificare il codice penale.
La Commissione continuerà a seguire da vicino gli sviluppi in questo settore e a manifestare le proprie preoccupazioni riguardo alla libertà di espressione in ogni occasione, in particolare nel corso delle riunioni del dialogo politico tra la troika dell’UE e la Turchia e nell’ambito della regolare attività di verifica della conformità della Turchia ai criteri politici di Copenaghen condotta dalla Commissione.
Interrogazione n. 66 dell'on. Georgios Karatzaferis (H-0135/06)
Oggetto: Provocazione da parte della Direzione allargamento della Commissione
Stando ad alcuni articoli apparsi sulla stampa greca la Direzione Allargamento della Commissione ha impartito talune direttive a funzionari delle Direzioni generali Occupazione, Agricoltura e Politica regionale affinché utilizzino il termine "Macedonia" invece del termine FYROM (riconosciuto dalla stessa Unione Europea) quando non si trovano davanti cittadini greci. Per di più il redattore di tale documento delirante arriva a indicare che "è molto importante per i macedoni essere definiti col loro nome invece che con FYROM o ex-Repubblica Iugoslava di Macedonia che costituisce un'offesa"(!) e propone loro di utilizzare il "termine Macedonia quando non siano presenti cittadini greci" (!).
Può la Commissione dire se in effetti un tale documento provocatorio esiste, per quale motivo circola ancora e perchè non è stato ritirato dalla Commissione appena individuato?
La politica della Commissione è quella di far riferimento al paese come ex Repubblica jugoslava di Macedonia, che è la denominazione provvisoria concordata al momento dell’ammissione del paese alle Nazioni Unite, a seguito della sua indipendenza.
La Commissione utilizza costantemente la denominazione completa di ex Repubblica jugoslava di Macedonia in tutti i documenti ufficiali e nelle proposte di progetti legislativi presentati al Consiglio.
La Commissione sostiene tutti gli sforzi compiuti per trovare una soluzione reciprocamente accettabile nel quadro delle risoluzioni 817/93 e 845/93 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ai fini della cooperazione regionale e di buone relazioni di vicinato.
Interrogazione n. 67 dell'on. Laima Liucija Andrikienė (H-0156/06)
Oggetto: Attuazione della risoluzione del Parlamento europeo sull'apertura dei negoziati con la Turchia
Il 28 settembre 2005 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sull'apertura dei negoziati con la Turchia, nella quale i deputati evidenziano i problemi principali che costituiscono seri ostacoli ai negoziati con la Turchia. Si tratta, in particolare, dell'embargo contro le navi che battono bandiera cipriota, del problema del riconoscimento di Cipro, che il protocollo e la dichiarazione firmati il 29 luglio dalla Turchia non hanno contribuito a risolvere, del riconoscimento del genocidio armeno, tuttora negato dalla Turchia, che per l'UE costituisce una condizione preliminare per l'adesione, del problema dell'armonizzazione del codice penale turco e di altre leggi con la convenzione europea sulla salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, delle questioni che interessano le misure di aiuto finanziario e delle disposizioni relative all'agevolazione degli scambi commerciali che riguardano Cipro del Nord.
Come valuta la Commissione il processo di negoziato con la Turchia? Quali sono i progressi compiuti verso la soluzione dei problemi menzionati nella suddetta risoluzione? Constata la Commissione dei progressi, seppur minimi, in materia di rispetto delle libertà e dei diritti umani, in particolare nei confronti delle donne, in questo paese che aspira a diventare membro dell'UE?
La prima fase dei negoziati di adesione con la Turchia, ossia il processo di esame analitico, sta procedendo in modo regolare. La Commissione ha tenuto a tale scopo riunioni con la Turchia in cui sono stati esaminati circa dieci capitoli, e le prime relazioni sono state inviate al Consiglio.
La Commissione segue tutte le questioni definite nel quadro negoziale approvato nella seduta di apertura della conferenza di adesione con la Turchia svoltasi il 3 ottobre 2005, fra cui la verifica dei progressi registrati dalla Turchia in termini di conformità ai criteri di Copenaghen.
La maggior parte delle questioni indicate nella risoluzione del Parlamento sull’apertura dei negoziati di adesione con la Turchia adottata il 28 settembre 2005 è menzionata nel documento relativo al quadro negoziale e/o nel partenariato di adesione adottato con decisione del Consiglio del 23 gennaio 2006.
Per quanto riguarda i criteri politici, la valutazione della Commissione, come indicato nella relazione sui progressi registrati pubblicata nel novembre 2005, è che “la Turchia, dove è in corso una transizione politica, continua a soddisfare in misura sufficiente i criteri politici di Copenaghen. Il ritmo dei cambiamenti, tuttavia, è rallentato nel corso del 2005 e l’attuazione delle riforme rimane poco uniforme”. In alcuni settori sono necessarie ulteriori riforme significative.
In modo più specifico, per quanto riguarda le questioni riguardanti il riconoscimento di Cipro e altri problemi correlati quali l’accesso a porti ciprioti, il protocollo di Ankara e così via, la Commissione invita l’onorevole parlamentare a far riferimento alle risposte fornite a recenti interrogazioni parlamentari (H-0001/06, H-0004/06, H-0046/06 e P-0208/06).
In merito ai diritti delle donne, la relazione sui progressi registrati menziona alcuni sviluppi positivi, ma sottolinea che il paese deve impegnarsi maggiormente nell’affrontare un certo numero di problemi.
Interrogazione n. 68 dell'on. Feleknas Uca (H-0163/06)
Oggetto: Ergastolo per la sociologa turca Pinar Selek
Al processo della sociologa turca Pinar Selek e degli altri quattro imputati è stato richiesto l'ergastolo. Gli imputati sono accusati di essere implicati nell'attentato dinamitardo che si svolse nel 1998 ad Istanbul. Diverse perizie scientifiche indipendenti accertarono che la causa dell'esplosione era lo scoppio di una bombola di gas nel bazar egiziano, eppure Pinar Selek ha scontato una pena di due anni e mezzo prima di essere rilasciata nel dicembre 2000.
Nel dicembre 2005, nonostante le opinioni contrarie, il pubblico ministero si è basato sulla perizia della polizia per richiedere, dopo sette anni, una nuova condanna all'ergastolo per Pinar Selek e per gli altri imputati. La ripresa del processo è prevista per il 17 maggio 2006.
Può la Commissione far sapere quali misure intende adottare per impedire che persone innocenti siano condannate al carcere a vita e per indurre l'apparato politico e giudiziario turco al mantenimento delle strutture di uno Stato di diritto?
La Commissione rammenta che garantire il rispetto dello Stato di diritto e l’indipendenza, l’efficienza e l’efficacia del sistema giudiziario costituisce uno degli elementi fondamentali dei criteri politici di Copenaghen.
Il quadro negoziale che delinea i principi che disciplinano i negoziati di adesione con la Turchia, adottato dagli Stati membri nell’ottobre 2005, stabilisce che il corso dei negoziati dipenderà dai progressi compiuti dalla Turchia nell’osservanza dei criteri di Copenaghen, e fra l’altro per quanto riguarda lo Stato di diritto.
Il partenariato per l’adesione riveduto, approvato dal Consiglio nel dicembre 2005, comprende alcune priorità specifiche a breve termine che la Turchia dovrebbe soddisfare per garantire il rispetto dello Stato di diritto e il corretto funzionamento del sistema giudiziario, in linea con le migliori prassi internazionali, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.
La Commissione segue da vicino gli sviluppi alla luce dei criteri politici di Copenaghen, in particolare nel quadro del processo di regolare verifica politica e delle istituzioni pertinenti secondo quanto previsto dall’accordo di associazione. La Commissione svolge inoltre regolari visite di consulenza sul funzionamento del sistema giudiziario in Turchia con la partecipazione di esperti degli Stati membri dell’UE. Anche se la concreta attuazione delle importanti riforme legislative degli ultimi anni continua a essere poco uniforme, da varie sentenze emerge che il sistema giudiziario agisce sempre più conformemente alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Una parte considerevole dell’assistenza finanziaria di preadesione fornita dall’UE alla Turchia è destinata al finanziamento di progetti a sostegno degli sforzi compiuti dal paese per riformare il sistema giudiziario e volti a garantire la formazione di organi incaricati di far rispettare la legge, di giudici e di pubblici ministeri in materia di migliori prassi e norme europee e internazionali e di applicazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Interrogazione n. 69 dell'on. Elizabeth Lynne (H-0106/06)
Oggetto: Legiferare meglio
Come sta funzionando in pratica l'accordo interistituzionale "Legiferare meglio, " che comprende valutazioni degli impatti per ogni normativa proposta a livello del Consiglio, della Commissione e del Parlamento?
Il gruppo tecnico di alto livello, costituito da rappresentanti del Consiglio, della Commissione e del Parlamento, è stato incaricato di verificare l’attuazione dell’accordo interistituzionale del 2003 sul miglioramento della legislazione(1). Tale gruppo si riunisce regolarmente per controllare i progressi compiuti nell’attuazione dell’accordo in questione. L’ultima riunione si è svolta il 16 dicembre 2005.
Anche se risulta con estrema chiarezza che sono stati registrati alcuni passi avanti nell’applicazione dei termini dell’accordo, la Commissione ritiene che si potrebbe fare un uso più adeguato di quest’ultimo quale strumento per accrescere la collaborazione interistituzionale e promuovere il miglioramento della legislazione.
La Commissione è del parere che avrebbero potuto essere conseguiti maggiori progressi nei settori di seguito specificati.
“Migliore coordinamento nell’iter legislativo”: lo strumento tecnico per la programmazione interistituzionale definito dal Programming Board del Parlamento ha ricevuto il sostegno della Commissione, tuttavia il Consiglio non ha ancora avuto la possibilità di formulare osservazioni in materia e pertanto non sono ancora stati conseguiti effettivi passi avanti verso il miglioramento della legislazione.
“Miglioramento della qualità della legislazione”: l’elaborazione di un “approccio comune alla valutazione d’impatto”, con la definizione di regole per l’effettuazione delle valutazioni d’impatto lungo tutto il corso dell’iter legislativo, costituisce un importante passo avanti. La negoziazione del testo è stata tuttavia un processo lungo e difficile, e la Commissione ritiene che l’esito avrebbe potuto essere più ambizioso ed equilibrato in termini di livello di impegno relativo delle Istituzioni. Per quanto riguarda la coerenza del testo, la Commissione è del parere che sarebbe opportuno dedicare più tempo e destinare ulteriori risorse alle disposizioni stabilite per garantire che la formulazione degli emendamenti presentati per le proposte esaminate nell’ambito della procedura di codecisione non sia contraddittoria rispetto al testo esistente e alle norme relative alla redazione dei testi legislativi.
“Miglioramento del recepimento e dell’applicazione”: l’impegno assunto dal Consiglio nell’accordo interistituzionale di incoraggiare gli Stati membri a redigere prospetti di recepimento al fine di favorire l’applicazione e ridurre possibili problemi di interpretazione non si è ancora tradotto in alcun miglioramento concreto. Inoltre, non è ancora stato portato a termine il compito di compilare un elenco dei coordinatori nazionali competenti per il recepimento.
“Semplificazione e riduzione del volume della legislazione”: il Consiglio e il Parlamento si sono impegnati, entro i sei mesi successivi all’entrata in vigore dell’accordo interistituzionale, a modificare i propri metodi di lavoro istituendo, ad esempio, strutture ad hoc incaricate specificamente della semplificazione legislativa. E’ chiaro che si potranno constatare miglioramenti concreti del contesto normativo solo quando il Consiglio e il Parlamento adotteranno le proposte di semplificazione della Commissione, di cui un numero considerevole è ancora in fase di esame da parte delle due Istituzioni interessate. La necessità di compiere rapidi passi avanti nella modifica dei metodi di lavoro è ancor più evidente a seguito dell’avvio da parte della Commissione di una nuova fase del suo programma di semplificazione, nell’ambito della quale nei prossimi tre anni verranno presentati più di 200 settori di semplificazione.
I deludenti progressi finora registrati nell’attuazione dell’accordo interistituzionale sul miglioramento della legislazione illustra la necessità di un’intensificazione degli sforzi da parte di tutte e tre le Istituzioni e di un maggiore equilibrio in termini di rispettivi livelli di impegno e ambizione.
Interrogazione n. 70 dell'on. Marian Harkin (H-0112/06)
Oggetto: Prodotti difettosi e non sicuri nel mercato comune
Può la Commissione indicare se, in caso di rilevazione da parte di un’autorità di uno Stato membro, ad esempio il direttore del Servizio per la tutela dei consumatori, di un prodotto difettoso o non sicuro fabbricato in un altro Stato membro, l’UE sia in grado di assicurare che il produttore ritirerà il prodotto in questione?
La direttiva riveduta relativa alla sicurezza generale dei prodotti, entrata in vigore il 15 gennaio 2004, dispone che i produttori sono tenuti a immettere sul mercato soltanto prodotti sicuri.
Per ogni prodotto ritenuto pericoloso, la direttiva attribuisce agli Stati membri il potere di imporre ai fabbricanti di ritirare tale prodotto dal mercato o presso i consumatori.
Qualora il fabbricante non sia presente nel suo territorio, uno Stato membro può applicare le misure ad altri operatori appropriati quali importatori e distributori.
Nel caso di un prodotto che presenti un rischio grave, gli Stati membri hanno l’obbligo di informare la Commissione delle misure adottate attraverso un sistema di allarme rapido denominato RAPEX(1).
La Commissione trasmette quindi le informazioni a tutti gli altri Stati membri, in modo che questi a loro volta possano adottare i provvedimenti necessari per garantire la sicurezza dei consumatori nel loro territorio.
Se gli Stati membri non intervengono in modo adeguato, la Commissione si avvarrà innanzi tutto delle pertinenti disposizioni della direttiva relative alla cooperazione amministrativa per esortare gli Stati membri a intervenire.
Qualora ciò non fosse sufficiente, la Commissione può adottare una decisione specifica per far sì che gli Stati membri applichino le misure necessarie per garantire la sicurezza dei consumatori in tutta l’Unione europea.
E’ opportuno sottolineare che la direttiva relativa alla sicurezza generale dei prodotti si occupa soltanto del problema della sicurezza. Le questioni riguardanti i prodotti difettosi che non presentano un rischio per la sicurezza di solito vengono affrontate attraverso le normali disposizioni di garanzia.
Sistema di allarme rapido per i prodotti non alimentari.
Interrogazione n. 71 dell'on. Liam Aylward (H-0120/06)
Oggetto: Nuove politiche dell'UE in materia di energia
Siamo stati tutti testimoni dei preoccupanti eventi occorsi all'inizio dell'anno e che hanno visto l'interruzione da parte della Russia delle forniture di gas che arrivano all'Unione europea.
Può la Commissione fare una dichiarazione che indichi quali progressi stia compiendo in termini di riduzione della dipendenza dell'UE dalle forniture di gas di provenienza russa e che informi sulle nuove proposte in materia di energie alternative alle quali essa sta attualmente lavorando?
Attualmente circa il 25 per cento del gas naturale consumato nell’UE a 25 è importato dalla Russia, mentre il resto è prodotto a livello nazionale o importato da altre fonti, soprattutto Norvegia e Algeria.
Se le cose non cambiano(1), si prevede che il consumo di gas naturale nell’UE aumenterà in misura considerevole. Tenuto conto che la produzione nazionale dovrebbe diminuire, le importazioni nette e la dipendenza dalle importazioni sono destinate ad aumentare. Si prevede che le importazioni nette aumenteranno dai circa 250 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) attuali a oltre 500 Mtep nel 2030, mentre la dipendenza dalle importazioni dovrebbe passare dal 50 per cento attuale a circa l’80 per cento nel 2030.
In questo contesto, si potrebbe prevedere un aumento in termini di volume delle importazioni dalla Russia, tuttavia le potenzialità di altre fonti di gas naturale e il crescente sviluppo del gas naturale liquefatto (GNL) e dei gasdotti limiteranno l’importanza relativa della Russia nelle importazioni di gas dell’Europa.
Un’ampia serie di iniziative, interne ed esterne, dell’UE e degli Stati membri potrebbe influire sulla dipendenza dell’UE dalle importazioni di gas dalla Russia, altre potrebbero rafforzare il quadro delle relazioni tra UE e Russia nel campo dell’energia. La Commissione ha illustrato tali iniziative, tra l’altro, nel recente Libro verde su una strategia europea per un’energia sostenibile, competitiva e sicura per l’Europa.
“European Energy and Transport – Scenarios on key drivers”, Commissione, settembre 2004.
Interrogazione n. 72 dell'on. Brian Crowley (H-0121/06)
Oggetto: Libro bianco della Commissione europea sulla comunicazione
Può la Commissione delineare con chiarezza gli obiettivi che intende concretamente raggiungere mediante l'applicazione del nuovo Libro bianco della Commissione europea sulla comunicazione?
Lo scopo generale del Libro bianco su una politica europea di comunicazione è cercare il modo di ridurre le distanze, in termini di comunicazione, tra l’Unione europea e i suoi cittadini. Nella primavera del 2005 la Commissione, nella persona del Presidente, ha deciso di proporre un nuovo approccio, passando da una comunicazione imperniata sulle Istituzioni a una comunicazione incentrata sui cittadini, e improntata a un dialogo autentico tra cittadini e responsabili della politica.
Quale primo passo, nel luglio 2005 la Commissione ha pubblicato il proprio piano d’azione, che elenca una serie di iniziative che attualmente tale Istituzione sta mettendo in atto per fare ordine al proprio interno per quanto riguarda la comunicazione pubblica. Quale secondo passo, nell’ottobre 2005 la Commissione ha adottato il “piano D per la democrazia, il dialogo e il dibattito”, che costituisce il contributo della Commissione al periodo di riflessione sul futuro dell’Europa.
Quale terzo passo, ma non l’ultimo, nel febbraio 2006 la Commissione ha pubblicato il Libro bianco su una politica europea di comunicazione, che apre un periodo di consultazione con tutte le parti interessate, ossia le Istituzioni dell’UE, le amministrazioni degli Stati membri a livello nazionale, regionale e locale, i partiti politici europei e la società civile. Lo scopo è mobilitare le parti interessate, e in particolare gli Stati membri, in modo che intraprendano iniziative concertate per dimostrare ai cittadini in quale modo le politiche europee influiscono sulla loro vita quotidiana e per avviare una discussione pubblica a livello nazionale, regionale e locale sulle questioni europee.
E’ la prima volta che la Commissione avvia una consultazione della durata di sei mesi su una politica di comunicazione. Ad essere oggetto di discussione nel processo di consultazione saranno cinque settori di intervento, in partenariato con le parti interessate, in cui potrebbero essere conseguiti obiettivi tangibili:
definizione di principi comuni che potrebbero essere delineati in una carta europea o in un codice di condotta sulla comunicazione;
coinvolgimento dei cittadini attraverso il miglioramento dell’educazione civica e del collegamento dei cittadini tra loro e con le istituzioni pubbliche;
collaborazione con i media e sfruttamento del potenziale delle nuove tecnologie per dare all’Europa un volto umano e aiutare i cittadini a comprendere la dimensione europea dei problemi nazionali e locali;
miglioramento della comprensione dell’opinione pubblica europea da parte dei responsabili politici;
intensificazione della collaborazione tra tutte le principali parti interessate a livello nazionale e europeo.
Alla fine del periodo di consultazione la Commissione elaborerà una sintesi dei risultati e, in seguito, definirà piani d’azione per un intervento concreto di tutte le parti interessate.
La Commissione attende con ansia di ascoltare le opinioni degli Stati membri e delle parti interessate e accoglie con favore la loro attiva partecipazione al processo di consultazione in corso.
Interrogazione n. 73 dell'on. Seán Ó Neachtain (H-0122/06)
Oggetto: Fondo internazionale per l'Irlanda (IFI)
L'Unione europea è stata uno dei massimi contribuenti al Fondo internazionale per l'Irlanda.
Può la Commissione riferire a quanto ammonti esattamente l'importo erogato all'IFI e dichiarare se la Commissione intende continuare a contribuire a tale fondo nei prossimi anni?
Dal 1989 l’Unione europea ha stanziato 289 milioni e versato 259 milioni di euro a favore del Fondo internazionale per l’Irlanda.
Nella riunione del 15 e 16 dicembre 2005, il Consiglio europeo ha preso atto dell’importante lavoro svolto dal Fondo internazionale per l’Irlanda nel promuovere la pace e la riconciliazione. Ha chiesto alla Commissione di fare quanto necessario per assicurare la prosecuzione del sostegno dell’UE al Fondo, che entra nella cruciale fase finale dei lavori, fino al 2010.
La Commissione sta avviando le iniziative necessarie per proseguire il suo sostegno all’IFI.
Interrogazione n. 74 dell'on. Eoin Ryan (H-0123/06)
Oggetto: Ruolo delle ONG nell'esecuzione degli obiettivi di sviluppo del Millennio
Può la Commissione definire con chiarezza quale ruolo svolgono le ONG europee sia nell'esecuzione degli obiettivi di sviluppo del Millennio, sia nello spendere le risorse destinate agli aiuti allo sviluppo?
La maggior parte dell’assistenza allo sviluppo finanziata dall’UE ed erogata attraverso le organizzazioni non governative (ONG) europee a sostegno degli Obiettivi di sviluppo del Millennio è destinata a interventi a livello locale nei paesi in via di sviluppo. Le ONG europee svolgono inoltre un ruolo fondamentale nella promozione di una maggiore sensibilizzazione e nell’educazione allo sviluppo in Europa, in quanto costituiscono condizioni essenziali per mobilitare il sostegno a favore del conseguimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio, fra cui un rinnovato impegno da parte dell’Unione europea e degli Stati membri ad aumentare i livelli degli aiuti allo sviluppo delle regioni d’oltremare con l’obiettivo di giungere a un livello dello 0,7 per cento entro il 2015. Le ONG europee svolgono anche un’importante funzione di sostegno, ad esempio incoraggiando una più ampia partecipazione della società civile alla definizione delle strategie di cooperazione nei paesi partner, e sollecitando con ciò l’appropriazione del processo di sviluppo.
Le ONG europee ricevono sostegno finanziario per realizzare le loro “iniziative autonome” e per agire quali partner di attuazione nel quadro delle priorità tematiche e geografiche definite nei programmi di cooperazione comunitari. Conformemente alla comunicazione sulla partecipazione degli attori non statali alla politica di sviluppo della CE(1), l’obiettivo principale è favorire e promuovere il dialogo tra esponenti governativi e non governativi dei paesi terzi, il rafforzamento della capacità della società civile di dare un effettivo contributo al processo di sviluppo e la creazione di condizioni di maggiore uguaglianza, la partecipazione dei poveri ai benefici economici, ambientali e sociali della crescita equa e il consolidamento della democrazia.
Interrogazione n. 75 dell'on. Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk (H-0124/06)
Oggetto: Restrizioni sulle quote di produzione lattiera in Polonia
Nel 2005 è stato acquistato in Polonia un totale di 8, 4 t. di latte, con un incremento di quasi il 10% rispetto al 2004, che avvicina la produzione ai limiti stabiliti per tale Paese. Le latterie già percepiscono dagli agricoltori degli anticipi a titolo di penale, pari a 20 groszy al litro, equivalenti al 20 per cento del suo valore, un'iniziativa che ha causato inquietudini e proteste fra gli agricoltori.
In relazione alla quota detta "di ristrutturazione" attribuita alla Polonia nella misura di 416 mila tonnellate, sarebbe possibile assegnarla agli agricoltori nel 2006, in modo da evitar loro di incorrere in penali per la produzione lattiera?
La Commissione prende atto con soddisfazione che i produttori di latte e l’industria lattiero-casearia della Polonia si sono rapidamente adattati alla nuova situazione creata dalle opportunità commerciali offerte da un mercato europeo esteso. Incoraggiata da prezzi del latte sostanzialmente più elevati di quelli precedenti all’adesione, la produzione di latte in Polonia ha registrato un netto aumento.
Ne consegue che, riguardo all’anno contingentale 2005/2006, alcuni produttori potrebbero dover pagare il prelievo supplementare comunitario che viene applicato a tutti i produttori comunitari che contribuiscono al superamento della quota nazionale nel rispettivo paese.
Le autorità polacche sono responsabili dell’attuazione in Polonia delle disposizioni comunitarie relative alle quote. In questo contesto, hanno il diritto di assicurare che il prelievo supplementare venga effettivamente pagato dai produttori interessati, se necessario attraverso un pagamento anticipato.
Conformemente all’atto di adesione, dal 1o aprile 2006 alla Polonia può essere concessa una quota supplementare di ristrutturazione. L’assegnazione di tale quantitativo dipende tuttavia da informazioni attendibili da cui risulti che è avvenuto un passaggio sufficiente dal consumo interno all’azienda agricola di prodotti lattiero-caseari alla vendita commerciale di tali prodotti. La Polonia ha trasmesso alla Commissione una relazione sull’argomento.
Attualmente la Commissione sta esaminando la relazione e si prevede che si giungerà a una conclusione definitiva entro il mese di marzo 2006.
Interrogazione n. 76 dell'on. Willy Meyer Pleite (H-0127/06)
Oggetto: Veto degli Stati Uniti al contratto con il Venezuela del consorzio europeo CASA-EADS
Il governo degli Stati Uniti d'America ha opposto il proprio veto alla vendita di 12 aerei dell'impresa aeronautica spagnola CASA, facente parte del consorzio europeo EADS, al governo del Venezuela, in quanto tali aerei comprenderebbero apparecchi di tecnologia statunitense.
Qual è il parere della Commissione sul veto opposto dagli Stati Uniti a un contratto con un consorzio europeo?
La Commissione sa che gli Stati Uniti applicano norme rigorose sulle esportazioni che vietano o subordinano a limitazioni o previa autorizzazione le esportazioni di attrezzature da paesi stranieri verso taluni paesi, se tali attrezzature includono componenti che rientrano nel campo di applicazione delle norme statunitensi sui prodotti a duplice uso o militari. Queste restrizioni alle esportazioni e le loro ripercussioni negative sugli scambi commerciali sono state menzionate nelle relazioni annuali della Commissione sugli ostacoli frapposti dagli Stati Uniti agli scambi, di cui l’ultima è stata pubblicata il 1o marzo 2006(1).
La Commissione esprime regolarmente alle autorità statunitensi le sue preoccupazioni riguardo all’applicazione di questo tipo di controlli soprattutto sui beni civili che contengono tecnologia o componenti statunitensi controllati, e continuerà a cercare di trovare con gli Stati Uniti il modo di limitare tali restrizioni, che costituiscono ostacoli agli scambi commerciali. Per quanto riguarda tuttavia le esportazioni di articoli militari dagli Stati membri, esse non rientrano nella politica commerciale comune dell’Unione europea e per questo motivo la Commissione dispone di mezzi più limitati per influenzare le azioni degli Stati Uniti. Sarebbe tuttavia accolta con favore l’instaurazione di un dialogo tra gli Stati Uniti e i paesi europei al fine di riesaminare l’applicazione dei controlli all’esportazione in questo settore.
http://trade-info.cec.eu.int/doclib/docs/2006/march/tradoc_127632.pdf, cfr. sezioni 3.1 e 5.9.
Interrogazione n. 78 dell'on. Claude Moraes (H-0131/06)
Oggetto: Ricorso contro una verifica contabile dell'Unione europea
Potrebbe la Commissione illustrare il processo di ricorso contro una verifica contabile dell'Unione europea? Un mio elettore è quasi stato ridotto al fallimento a causa di richieste da parte della Commissione europea, nonostante il suo caso fosse pendente di fronte al Mediatore. Di quale protezione possono beneficiare le piccole imprese quando cercano di ricorrere contro i risultati di una verifica contabile, e di quali garanzie dispongono?
Le verifiche contabili consentono alla Commissione di accertarsi della corretta attuazione delle azioni finanziate con fondi comunitari e delle disposizioni della convenzione di sovvenzione o del contratto conclusi dal beneficiario o dal contraente e dalla Commissione. I risultati delle verifiche possono eventualmente comportare la sospensione dei pagamenti, la riduzione della sovvenzione o decisioni di recupero da parte della Commissione.
Gli ordinatori competenti hanno il dovere di adottare le misure adeguate, in particolare in caso di esecuzione difettosa dell’azione autorizzata (articoli 119 e 103 del regolamento finanziario). Al beneficiario viene data l’opportunità di presentare le sue osservazioni prima di decidere di ridurre una sovvenzione o di richiedere il rimborso.
Il risultato della verifica in quanto tale non può essere contestato, tuttavia qualsiasi controversia tra il contraente o il beneficiario della sovvenzione e la Commissione derivante dall’interpretazione o dall’applicazione di un contratto o di una convenzione di sovvenzione che non possa essere risolta in via amichevole può essere sottoposta al tribunale competente secondo quanto definito nel contratto o nella convenzione di sovvenzione.
I beneficiari delle sovvenzioni o i contraenti possono anche presentare una denuncia al Mediatore europeo al quale compete esaminare le denunce per cattiva amministrazione nelle attività delle Istituzioni e degli organi comunitari. Le denunce presentate al Mediatore non interrompono i termini per i ricorsi nei procedimenti giurisdizionali o amministrativi.
Interrogazione n. 79 dell'on. Jens-Peter Bonde (H-0133/06)
Oggetto: Gas fluorurati
A seguito dell'accordo raggiunto il 31 gennaio in sede di conciliazione sulla direttiva in materia di gas fluorurati, può dire la Commissione se intende rinunciare ad inviare una lettera di notifica formale di apertura della procedura di infrazione contro la Danimarca per quanto riguarda il divieto dei gas in oggetto?
L’onorevole parlamentare saprà che la procedura di infrazione in questione è ancora in sospeso. In questo contesto, la Commissione può confermare che sta attualmente esaminando l’esito della procedura di conciliazione riguardante la normativa relativa ai gas fluorurati in procinto di essere adottata.
Interrogazione n. 80 dell'on. Ioannis Varvitsiotis (H-0136/06)
Oggetto: Creazione di nuove agenzie dell'Unione Europea
Nell'ambito delle discussioni per la creazione di nuove agenzie comunitarie, può la Commissione far sapere:
Stante che il costo di funzionamento annuale delle 24 agenzie decentrate ha raggiunto nel 2005 i 557 milioni di euro e nel 2006 si prevede che sarà di circa 600 milioni di euro, (come valuta il contributo offerto dalle stesse al funzionamento dell'Unione Europea) e se tali elevati importi sono giustificati;
Quante risorse umane sono occupate da ognuna di esse e se oggi sono tutte quante indispensabili, come pure quante nuove agenzie si prevede che verranno create nell'immediato futuro e quale sarà il costo della loro creazione e funzionamento?
Attualmente esistono 21 agenzie di regolazione con base giuridica nel primo pilastro del Trattato sull’Unione europea, tre con base giuridica nel secondo pilastro e altre tre nel terzo pilastro. Quando viene creata un’agenzia di regolazione, il legislatore europeo si assume la responsabilità di adottare il regolamento istitutivo della nuova agenzia, su proposta della Commissione e in codecisione se la base giuridica del regolamento lo richiede. Il legislatore sta esaminando tre nuove agenzie, ossia l’Agenzia europea delle sostanze chimiche, l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere e l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali(1); quest’ultima è intesa a sostituire l’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia.
Per quanto riguarda le risorse finanziarie e umane assegnate alle agenzie di regolazione, spetta all’Autorità di bilancio decidere gli importi finali da destinare a questi organi, con l’approvazione del Consiglio. La Commissione conferma gli importi della sovvenzione a carico del bilancio dell’UE menzionati dall’onorevole parlamentare. Il livello di risorse umane impiegate nelle agenzie di regolazione dipende dal bilancio annuale dell’agenzia, che può essere costituito da contributi finanziari di terzi ed eventualmente da sovvenzioni a carico del bilancio dell’Unione europea(2). I dettagli dei bilanci di ciascuna agenzia, fra cui i contributi finanziari di terzi, notificati all’Autorità di bilancio, figurano nei commenti al bilancio relativi alla linea di bilancio pertinente, e le tabelle dell’organico sono riportate nel volume 1 del bilancio. Nel 2005 il numero totale di persone impiegate nelle agenzie è stato pari a 2710. Per ulteriori informazioni, la Commissione invita l’onorevole parlamentare a fare riferimento direttamente alle stesse agenzie di regolazione. Tenuto conto che si tratta di organi indipendenti, le agenzie di regolazione dispongono di completa autonomia in materia di gestione delle risorse umane entro i limiti concessi dalle norme statutarie e dalla tabella dell’organico adottata dall’Autorità di bilancio.
Le agenzie di regolazione svolgono un importante ruolo di sostegno alle funzioni esecutive, e sono incaricate dei seguenti compiti:
adottare decisioni specifiche, che producono effetti giuridici vincolanti nei confronti di terzi;
fornire assistenza diretta alla Commissione e, all’occorrenza, agli Stati membri nell’interesse della Comunità, attraverso pareri tecnici e scientifici, e/o relazioni redatte in seguito a ispezioni;
creare una rete di autorità nazionali competenti e organizzare la cooperazione tra di loro nell’interesse della Comunità per raccogliere, scambiare e confrontare informazioni e buone pratiche.
Le agenzie europee di regolazione sono inoltre incaricate di raccogliere, analizzare e trasmettere informazioni obiettive, attendibili e facilmente accessibili in merito al proprio settore di attività.
Tenuto conto dell’importanza e della varietà dei compiti svolti dalle agenzie di regolazione, gli importi globali relativi al bilancio e alle risorse umane menzionati in precedenza non sembrano irragionevoli e rispondono agli obiettivi fissati dai regolamenti istitutivi.
L’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (UAMI), l’Ufficio comunitario delle varietà vegetali (CPVO) e il Centro di traduzione degli organismi dell’Unione europea (CdT) non ricevono alcuna sovvenzione diretta a carico del bilancio dell’Unione europea, mentre l’Agenzia europea per i medicinali (EMEA) e alcune altre ricevono contributi finanziari da terzi e una sovvenzione a carico del bilancio dell’Unione europea.
Interrogazione n. 81 dell'on. Gay Mitchell (H-0139/06)
Oggetto: Tensioni interculturali
Visti i recenti avvenimenti, quali provvedimenti intende adottare la Commissione per placare le tensioni interculturali che sono emerse?
La Commissione presume che l’interrogazione dell’onorevole parlamentare faccia riferimento agli eventi legati alla pubblicazione delle vignette sul profeta Maometto. Il 15 febbraio 2006, nel corso della discussione sull’argomento svoltasi in seno al Parlamento europeo, la Commissione ha già dichiarato che la pubblicazione delle vignette satiriche sui giornali danesi e di altri paesi europei, nonché le successive reazioni hanno messo a nudo questioni delicate ed essenziali. Le caricature hanno offeso molti musulmani in tutto il mondo. La Commissione rispetta queste sensibilità e la loro espressione per mezzo di proteste pacifiche.
La Commissione condivide la posizione del Primo Ministro Fogh Rasmussen, il quale ha affermato che il governo danese rispetta l’islam quale una delle maggiori religioni mondiali e non ha alcuna intenzione di offendere i musulmani né di sostenere attività in tal senso.
La Commissione non è preoccupata per la risposta pacifica della maggioranza dei musulmani alle vignette satiriche, ma per le reazioni violente di una minoranza; tali reazioni sono state sconfessate da moltissimi musulmani.
La Commissione condanna recisamente la violenza rivolta contro il nostro ufficio di Gaza e contro le missioni degli Stati membri, soprattutto della Danimarca. Queste missioni hanno l’obiettivo di recare benefici effettivi alla vita dei cittadini dei paesi ospiti. La Commissione ha espresso la sua solidarietà agli Stati membri interessati.
Anche il boicottaggio commerciale è un modo sbagliato di affrontare la questione, che rischia di ledere gli interessi economici di tutte le parti e di danneggiare la positiva evoluzione dei legami commerciali tra l’Unione europea e i paesi interessati. Il commercio e le più ampie interconnessioni che ne derivano sono un mezzo per promuovere la comprensione reciproca. Il boicottaggio delle merci danesi equivale a tutti gli effetti a un boicottaggio delle merci europee.
La Commissione continuerà a collaborare con la Presidenza austriaca e con tutte le parti per risolvere il problema in modo pacifico ed efficace. A questo proposito, la Commissione promuove l’idea di avvalersi degli strumenti e delle politiche attuali per il dialogo interculturale, come ad esempio il processo di Barcellona, il progetto d’incontro Asia-Europa (ASEM), il partenariato euromediterraneo, nelle relazioni con i paesi terzi per rafforzare la tolleranza e il rispetto reciproci. E’ opportuno sottolineare inoltre che il 27 febbraio 2006 il Consiglio “Affari generali e Relazioni esterne” ha adottato conclusioni sulle reazioni del mondo musulmano alle pubblicazioni nei mezzi d’informazione europei e di altri paesi.
La libertà di parola è parte dei valori e delle tradizioni dell’Europa e non è negoziabile. Né i governi, né altre autorità pubbliche possono imporre né autorizzare le opinioni espresse dai singoli. Per contro, le opinioni espresse dai singoli ricadono sotto la loro unica ed esclusiva responsabilità, non sono imputabili a un paese, a un popolo o a una religione. La libertà di parola è il fondamento che permette di pubblicare un parere, ma anche di criticarlo. La libertà di parola ha limiti che sono sanciti e garantiti dal diritto e dagli ordinamenti giuridici degli Stati membri dell’Unione europea.
Neppure la libertà religiosa è negoziabile. L’Europa deve rispettare la libertà religiosa al pari della libertà di parola. La libertà religiosa è un diritto fondamentale dei singoli e delle comunità; comporta il rispetto integrale di tutte le credenze e le pratiche religiose. I musulmani hanno la possibilità e il diritto di praticare la propria fede al pari dei fedeli di altre religioni e di altre credenze.
L’Unione europea e i suoi Stati membri da lungo tempo promuovono il dialogo tra comunità religiose diverse sia all’interno dell’Unione europea che nei vicini paesi musulmani e in altre parti del mondo. E’ attraverso un dialogo fermo ma pacifico, all’insegna della tutela della libertà di espressione, che potremo approfondire la comprensione reciproca e costruire il mutuo rispetto. La Commissione sostiene il dialogo fra culture e religioni e continuerà a farlo. Tale dialogo deve basarsi sulla tolleranza e non sul pregiudizio, nonché sulla libertà di espressione e religione e sui valori che ne discendono. La violenza è nemica del dialogo.
La Commissione si avvale già degli strumenti esistenti per la cooperazione e il dialogo interculturale, come la Fondazione euromediterranea Anna Lindh per il dialogo tra le culture, la Fondazione Asia-Europa (ASEF), e così via, al fine di promuovere una migliore conoscenza e comprensione delle varie culture e, a tale scopo, di individuare una serie di attività concrete e visibili nell’Unione europea e nei paesi partner. La Commissione è disposta a individuare anche le possibilità di rafforzare la cooperazione nella promozione della comprensione reciproca con le organizzazioni regionali.
La Commissione ha già sostenuto varie iniziative per promuovere il dialogo interculturale e attualmente si sta adoperando per attribuire loro la massima priorità e svolgere un’azione coerente a lungo termine. La Commissione promuoverà lo scambio delle migliori prassi e rifletterà questa priorità nei nuovi programmi comunitari, in particolare nei campi dell’apprendimento permanente, della cultura, della gioventù e della cittadinanza.
La Commissione ha inoltre proposto di dichiarare il 2008 anno del dialogo interculturale. La preparazione di tale evento e l’evento stesso dovrebbero offrire importanti opportunità per sensibilizzare tutte le persone che vivono nell’Unione europea sul fatto che il dialogo interculturale è possibile e indispensabile quale strumento per gestire un contesto sempre più multiculturale.
I paesi candidati saranno strettamente associati a queste iniziative, in particolare con la loro partecipazione ad alcuni pertinenti programmi comunitari. La Commissione coordinerà anche azioni complementari da definire negli adeguati quadri di cooperazione e di dialogo con i paesi dei Balcani occidentali e i paesi partner della politica europea di vicinato.
Infine, la Commissione non ha mai proposto di imporre un codice di condotta alla stampa, in quanto spetta agli stessi organi di informazione autoregolamentarsi o meno e formulare un codice di condotta volontario se ritengono che sia necessario, adeguato e utile. La Commissione ha proposto di favorire il dialogo tra i rappresentanti dei mezzi d’informazione e tra questi e i capi religiosi se entrambe le parti lo ritenessero opportuno.
Interrogazione n. 82 dell'on. Alain Hutchinson (H-0140/06)
Oggetto: Debito dei paesi del sud
Il debito dei paesi del sud costituisce oggi una sfida essenziale per lo sviluppo, che è all'ordine del giorno della Commissione e dell'Unione europea. La Commissione ha proposto di recente una strategia globale integrata e a lungo termine per l'Africa, così come un nuovo partenariato al fine di aiutare tale continente a raggiungere gli obiettivi di sviluppo del Millennio. Essa, tuttavia, non sembra sentirsi chiamata in causa direttamente dalla questione dell'annullamento del debito di questi paesi.
In tale contesto, intende la Commissione adottare una posizione in merito alla questione del debito dei paesi africani e, in caso affermativo, quale? Se ha il fine di aiutarli a raggiungere gli obiettivi di sviluppo del Millennio, non dovrebbe forse aumentare in modo significativo i suoi sforzi a favore dell'annullamento del debito di tali paesi, ben sapendo che la decisione del G8 del luglio 2005 riguarda solamente un numero limitato di essi e non garantisce l'addizionalità delle risorse per i paesi beneficiari?
La Commissione accoglie con favore la decisione adottata la scorsa estate dal G8 di compiere un ulteriore passo avanti nella cancellazione del debito multilaterale per i paesi che dimostrano di essere impegnati a lottare contro la povertà.
Per aiutare i paesi del sud a conseguire gli Obiettivi di sviluppo del Millennio, la Commissione è convinta che sia necessario aumentare in misura considerevole gli aiuti allo sviluppo, e pertanto ha accolto con estremo favore l’impegno assunto dal Consiglio europeo nella riunione di giugno 2005 di aumentare gli aiuti pubblici allo sviluppo di circa 20 miliardi di euro, di cui la metà sarà destinata all’Africa. E’ ovvio che ora spetta agli Stati membri attuare tale impegno. La Commissione ora deve anche garantire che aumentino la quantità e l’efficacia degli aiuti comunitari.
La problematica dell’annullamento del debito non è nuova e costituisce già una parte sostanziale di alcune iniziative politiche in corso, come di seguito specificato.
A seguito dell’accordo di Cotonou, il Fondo europeo di sviluppo (FES) funziona essenzialmente sulla base di donazioni e pertanto non aumenta più l’onere del debito dei paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP). La Commissione è quindi un “piccolo” creditore rispetto ai creditori multilaterali.
La Commissione partecipa all’iniziativa a favore dei paesi poveri fortemente indebitati (HIPC) come creditore a titolo del FES per un importo di 680 milioni di euro. Nel periodo dal 2000 al 2005 sono stati erogati 344,5 milioni di euro, cui vanno aggiunti i 900 milioni di euro versati al Fondo fiduciario gestito dalla Banca mondiale per finanziare la cancellazione del debito da parte di altre organizzazioni multilaterali, e in particolare la Banca africana di sviluppo; nel periodo dal 2000 al 2005 sono stati effettivamente spesi 697 milioni di dollari.
La Commissione è anche andata al di là dei termini dell’iniziativa annullando il debito relativo a tutti i prestiti speciali concessi ai paesi meno avanzati.
La Commissione ha anche partecipato alla liquidazione degli arretrati multilaterali, avvenuta caso per caso, dei paesi che escono da un conflitto per consentire loro di accedere all’iniziativa a favore dei paesi poveri fortemente indebitati. Nel caso della Repubblica democratica del Congo, la Commissione ha fornito un sostegno al bilancio di 106 milioni di euro per liquidare gli arretrati a titolo del FES e un importo di 40 milioni di dollari per contribuire alla liquidazione degli arretrati della Banca africana di sviluppo.
In questo contesto, deve anche essere preso in considerazione l’impegno assunto da alcuni Stati membri di cancellare tutti i loro crediti bilaterali nei confronti dei paesi poveri fortemente indebitati.
Questi vari elementi illustrano quindi il posto attribuito all’annullamento del debito nella strategia per l’Africa.
Interrogazione n. 83 dell'on. Diamanto Manolakou (H-0141/06)
Oggetto: Combustione del coke da petrolio da parte della Biokeral
Quale sottoprodotto di lavorazione, il coke da petrolio (pet-coke) è un rifiuto pericoloso e inquinante, la cui combustione da parte della ditta ceramica Biokeral sta provocando una reazione di massa tra i cittadini e le istituzioni della Prefettura di Larissa. L'utilizzo, non si sa da quando, del coke da petrolio da parte della suddetta ditta, che fino al 2004 era giudicato illegale dalle competenti autorità, è stato in seguito legalizzato per cui oggi esiste, almeno in Tessaglia e per motivi attinenti alla concorrenza, il rischio di una diffusione generalizzata di siffatto processo di combustione nell'industria ceramica.
Tenuto conto della pericolosità di questo rifiuto ad alta concentrazione di zolfo, metalli pesanti, idrocarburi aromatici, che sono agenti cancerogeni, e altre sostanze pericolose per la salute umana nonché del fatto che in passato le competenti autorità greche hanno negato più volte la concessione del nullaosta, può la Commissione far conoscere le misure che intende adottare per far cessare l'utilizzo del coke da petrolio in violazione della normativa ambientale, nazionale e comunitaria.
L’uso di coke da petrolio come combustibile non è vietato nell’Unione europea, tuttavia tutti gli impianti devono rispettare le disposizioni della legislazione comunitaria pertinente.
La legislazione applicabile varia a seconda che il coke da petrolio sia considerato o meno un “rifiuto” in base alla definizione riportata nella direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti(1). Spetta in primo luogo alle autorità competenti designate degli Stati membri decidere in materia, tenendo conto delle sentenze della Corte di giustizia europea(2).
L’incenerimento dei rifiuti rientra nel campo di applicazione della direttiva 2000/76/CE sull’incenerimento dei rifiuti(3). Gli impianti che trattano solo alcuni tipi di rifiuti sono esclusi dall’ambito di questa direttiva, tuttavia il coke da petrolio non è elencato tra le esclusioni.
Qualora il coke da petrolio non sia considerato un rifiuto, si applica la direttiva 2001/80/CE concernente la limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione(4), a condizione che la potenza termica dell’impianto sia pari o superiore a 50 MW.
A prescindere dal fatto che il coke da petrolio sia considerato o meno un rifiuto, si applica la direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento(5), a condizione che si superi il pertinente limite di capacità di 10 tonnellate al giorno.
I requisiti della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti devono essere soddisfatti da tutti gli impianti di incenerimento esistenti dal 28 dicembre 2005. Il termine per la conformità degli impianti esistenti è il 30 ottobre 2007 nel caso della direttiva 96/61/CE, mentre per la direttiva 2001/80/CE il termine è il 1o gennaio 2008.
Cfr. ad esempio la causa C-235/02 (“Il coke da petrolio prodotto volontariamente, o risultante dalla produzione simultanea di altre sostanze combustibili petrolifere, in una raffineria di petrolio ed utilizzato con certezza come combustibile per il fabbisogno di energia della raffineria e di altre industrie, non costituisce un rifiuto ai sensi della direttiva 75/442/CEE...”).
Interrogazione n. 84 dell'on. Bogusław Sonik (H-0145/06)
Oggetto: Compatibilità dei progetti cofinanziati dalla Banca europea per gli investimenti (BEI) con la politica di protezione ambientale dell'Unione europea
Le perizie, effettuate su richiesta di un’organizzazione ambientalista polacca, in merito alle opere idrotecniche finanziate dalla BEI, hanno rivelato gravi irregolarità e violazioni della normativa comunitaria.
Nel 2001, la BEI aveva concesso al governo polacco un prestito per la ricostruzione delle infrastrutture danneggiate dall’alluvione e per il rafforzamento delle protezioni contro le inondazioni nella regione della Malapolska. Nel corso dei lavori di ricostruzione, tuttavia, la fauna fluviale e forestale ha subito dei danni ingenti e irreversibili. I lavori idrotecnici, eseguiti utilizzando tecniche obsolete, hanno stravolto in modo irreversibile l’equilibrio dell'ecosistema fluviale e forestale, causando, tra l’altro, una drastica riduzione del numero di esemplari di 16 specie di uccelli incluse nella direttiva sugli uccelli selvatici del 1979 nell'ambito della rete Natura 2000. L’eliminazione dei bacini e delle isole, effettuata per regolare il corso del fiume, ha determinato la scomparsa di habitat in diversi corsi d’acqua.
Può la Commissione far sapere sulla base di quali criteri la BEI concede prestiti nell’ambito dell’UE? Per quale motivo i progetti approvati dalla BEI non vengono realizzati in conformità con la politica di protezione ambientale dell’UE? Quali misure di controllo intende la Commissione adottare a tale proposito?
I progetti finanziati dalla Banca europea per gli investimenti (BEI) realizzati nell’Unione europea devono essere conformi alla legislazione ambientale comunitaria. A questo proposito, la BEI effettua una valutazione ambientale dei progetti che finanzia e si assume la responsabilità di controllare i progetti durante la fase di attuazione.
La BEI consulta la Commissione sui progetti prima dell’approvazione da parte del Consiglio di amministrazione della BEI, in base all’articolo 21 del suo statuto, allo scopo di ottenere un parere sulla conformità di tali progetti alla legislazione e alle politiche comunitarie, fra cui quelle in materia di ambiente.
Per quanto riguarda il progetto specifico in Polonia, la BEI ha confermato che il progetto era in linea con la direttiva relativa alla valutazione d’impatto ambientale(1) modificata; una delle condizioni cui era subordinato il finanziamento era che le autorità polacche rispettassero i requisiti delle direttive “uccelli” e “habitat” e la designazione dei siti della rete Natura 2000 che presentano un interesse dal punto di vista della conservazione.
Se l’onorevole parlamentare dispone di precise informazioni da cui risulti che è stata violata la legislazione comunitaria, deve inviarle alla Commissione per un ulteriore esame.
Direttiva 85/337/CEE concernente la valutazione d’impatto ambientale.
Interrogazione n. 85 dell'on. Cecilia Malmström (H-0149/06)
Oggetto: Aiuti alla democrazia in Iran
Gli sviluppi politici in Iran sono molto inquietanti. L'elezione a presidente di Mahmoud Ahmandinejad ha contribuito a rafforzare il potere di mullah reazionari e antidemocratici. È ora molto importante che la comunità internazionale, ivi compresa l'UE, appoggi le forze democratiche che operano in Iran. Occorre esercitare una maggiore pressione su coloro che detengono il potere politico per quanto riguarda il mancato rispetto dei diritti umani, il finanziamento di organizzazioni terroristiche e lo sviluppo di armi nucleari. La scorsa settimana il ministro degli esteri statunitense ha dichiarato che l'amministrazione richiederà un'ulteriore dotazione di 75 milioni di dollari a favore della democrazia in Iran. Un'ingente parte di tale finanziamento sarà investita nella radio e nella televisione per la popolazione del paese. Si investe molto anche per raggiungere il popolo iraniano attraverso Internet. Gli Stati Uniti prevedono inoltre un congruo aumento degli aiuti a favore della stazione radiofonica FARDA, che trasmette notiziari critici del regime all'interno del paese.
Ciò premesso, quali misure intende adottare la Commissione a livello dell'UE per sostenere le stazioni radiofoniche e televisive indipendenti e le altre forze democratiche in Iran?
L’UE sostiene da molto tempo i diritti umani e la democrazia in Iran.
Ad esempio, il dialogo sui diritti umani tra UE e Iran instaurato nel 2002 è uno dei mezzi pratici attraverso i quali l’UE può contribuire a migliorare la situazione nel paese. Tale dialogo costituisce una sede strutturata in cui è possibile discutere formalmente di singoli casi nonché di un’ampia serie di questioni legate ai diritti umani. Finora la maggior parte dei nostri interlocutori ha dimostrato una chiara comprensione dei vantaggi del dialogo rispetto all’isolamento.
Si tratta anche di uno dei pochi modi per raggiungere e sostenere i difensori dei diritti umani e i riformisti in Iran, che altrimenti sarebbero più isolati che mai. Nel dicembre 2005(1) l’UE ha rilasciato una dichiarazione pubblica sulla situazione del dialogo sui diritti umani tra Unione europea e Iran. Nonostante le difficoltà, l’UE continua a compiere ogni possibile sforzo per garantire lo svolgimento di una sessione del dialogo nel prossimo futuro.
Il dialogo UE-Iran non è alternativo ad altri strumenti di intervento, ma ad essi complementare. Ad esempio, attraverso le missioni diplomatiche a Teheran, l’UE discute regolarmente con le autorità iraniane riguardo a singoli casi, come quelli di Abdolfattah Soltani, rilasciato su cauzione il 6 marzo, e di Akbar Ganji, tuttora detenuto.
Inoltre, tenuto conto del deterioramento della situazione dei diritti umani nel corso degli ultimi due anni, quindi prima dell’elezione di Mahmoud Ahmadinejad, l’UE nel suo insieme ha mantenuto una linea pubblica molto ferma, a seguito della quale nel dicembre 2004, e di nuovo nel dicembre 2005, tutti gli Stati membri dell’UE hanno deciso di copromuovere l’adozione di una risoluzione dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite (ONU) sulla situazione dei diritti umani nella Repubblica islamica dell’Iran.
Per quanto riguarda la promozione di attività, dal 2002, nell’ambito dell’Iniziativa europea per la democrazia e i diritti dell’uomo (EIDHR), l’UE ha destinato 3,4 milioni di euro alla promozione dei diritti umani e dello Stato di diritto in Iran. In questo contesto, nel 2004 sono stati introdotti tre progetti, avviati nel 2004-2005, per un importo totale di 2,9 milioni di euro (a titolo di riferimento, i partner dell’UE hanno stanziato per questi settori circa 2 milioni di euro di assistenza bilaterale totale). Due di questi progetti, ossia quelli relativi alla riforma dei sistemi carcerario e giudiziario e al rafforzamento del ruolo delle donne e alla protezione dei bambini, sono attuati da agenzie dell’ONU e dovrebbero costituire un utile complemento agli scambi in materia di diritti umani promossi nell’ambito dell’EIDHR che si svolgono dal 2002 nel quadro del dialogo sui diritti umani tra UE e Iran. Il sostegno comunitario allo sviluppo della società civile sarà ulteriormente esteso nel 2006 attraverso un nuovo progetto da 1,1 milioni di euro in collaborazione con il programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP), allo scopo di promuovere i diritti umani e un maggiore accesso alla giustizia.
La Commissione concorda con l’onorevole parlamentare che la libertà di espressione in Iran merita di essere sostenuta in modo particolare. In effetti, l’EIDHR fornisce fondi per progetti di organizzazioni non governative (ONG) relativi alla libertà di associazione e alla libertà di espressione in Iran attraverso inviti aperti a presentare proposte (campagna 3 – “promozione del processo democratico”). L’EIDHR non è tuttavia uno strumento adeguato per sostenere progetti europei su vasta scala nel campo dei mezzi di informazione volti a raggiungere il pubblico iraniano.
Infine, va sottolineato che l’UE svolge tali attività in una prospettiva a lungo termine, in modo aperto e trasparente, senza alcun particolare programma politico. In effetti, secondo il nostro parere di principio e la nostra valutazione pratica gli sforzi compiuti per usare la “società civile” quale canale per “indebolire” o “cambiare” il regime iraniano non farebbero altro che ritorcersi contro le stesse persone che intendiamo sostenere.
Interrogazione n. 86 dell'on. Manolis Mavrommatis (H-0151/06)
Oggetto: Cooperazione antisismica europea a salvaguardia del patrimonio monumentale
L'elevata sismicità che caratterizza l'area del Mediterraneo fa sì che a ogni terremoto sono in pericolo monumenti antichi e bizantini, quali il Partenone in Grecia e Santa Sophia in Turchia. Questo stesso problema affligge altri paesi del Mediterraneo, ad esempio l'Italia, la Spagna, Cipro e Malta, con un ricco patrimonio di monumenti e siti storici. E' noto che ormai da diversi decenni esistono e si applicano programmi comunitari di ricerca sui rischi e le calamità naturali, specie i rischi sismici.
Ciò premesso, può la Commissione dire se intende esaminare la possibilità di istituire, nel quadro del programma di cooperazione euro-mediterranea, un organismo cui conferire il compito di salvaguardare il patrimonio monumentale dell'UE dagli effetti catastrofici dei sismi?
La Commissione desidera richiamare l’attenzione dell’onorevole parlamentare sul fatto che in materia si applica il principio di sussidiarietà, tuttavia ritiene che vari strumenti esistenti, entro i limiti di sua competenza, affrontino già le preoccupazioni sollevate dall’onorevole parlamentare.
In effetti, la necessità di rafforzare ancor più la cooperazione nel campo della prevenzione delle catastrofi naturali è stata sottolineata nel corso del Vertice di Barcellona del novembre 2005. Anche se il suo scopo specifico non è quello di proteggere i monumenti dalle conseguenze dei terremoti, il programma ponte per il periodo 2005-2007 per la creazione di un sistema euromediterraneo di mitigazione, prevenzione e gestione delle catastrofi naturali e di origine antropica contribuisce allo sviluppo di un sistema di protezione civile regionale. Il sistema in questione è volto a garantire un’effettiva prevenzione nonché una preparazione e una risposta adeguate alle catastrofi naturali e di origine antropica, fra cui la prevenzione, la mitigazione dei rischi e la pianificazione degli interventi prima del verificarsi delle catastrofi. I rischi legati a terremoti, tsunami e incendi forestali rientrano nella componente tematica di questo programma regionale. Attualmente è in fase di elaborazione, in consultazione con tutti i partner euromediterranei, un programma a lungo termine per il periodo 2008-2013.
A questo proposito è importante inoltre menzionare le attività del meccanismo comunitario di protezione civile. Creato con decisione del Consiglio del 2001, il meccanismo è volto a rispondere alle catastrofi naturali e di origine antropica a prescindere dal luogo in cui si verificano e ha lo scopo di garantire un’adeguata protezione delle persone, dell’ambiente e dei beni, compreso il patrimonio culturale.
Il Mediterraneo è la culla di molte civiltà e il suo patrimonio culturale fa parte del nostro retaggio comune: siamo tutti responsabili della sua conservazione e del suo sviluppo. Tenuto conto che questi beni culturali unici sono una risorsa minacciata la cui tutela è una responsabilità condivisa, nel contesto del partenariato euromediterraneo esiste un altro programma regionale denominato Euromed Heritage che aiuta tutti i partner euromediterranei a trasformare il loro capitale culturale in un bene economico e sociale e a consolidare gli interessi comuni. Uno degli obiettivi di questo programma è salvaguardare l’identità storica e culturale dell’architettura mediterranea tradizionale attraverso l’istituzione e l’uso di una metodologia di lavoro multidisciplinare per il recupero e la manutenzione sostenibile di edifici e monumenti.
La Commissione non prevede pertanto per il momento di istituire un’agenzia euromediterranea incaricata di proteggere i monumenti dalle conseguenze dei terremoti.
Interrogazione n. 87 dell'on. Javier Moreno Sánchez (H-0154/06)
Oggetto: La cittadinanza dell'Unione all'esterno del suo territorio
È imperativo garantire ad ogni cittadino dell'Unione il diritto individuale di circolare e risiedere liberamente nel territorio comunitario, il diritto di votare e di candidarsi alle elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali nello Stato membro di residenza, il diritto di godere della tutela diplomatica e consolare da parte di qualunque Stato membro nei paesi terzi in cui non è rappresentato lo Stato membro di cittadinanza del cittadino UE, nonché il diritto di rivolgersi al Mediatore europeo e di presentare petizioni al PE. Considerando che la cittadinanza della UE garantisce i medesimi diritti a tutti i suoi cittadini, indipendentemente dal loro luogo di origine o dal fatto che il loro luogo di residenza si trovi nel territorio comunitario o in un paese terzo,
può la Commissione indicare se dispone di una qualche analisi delle condizioni di esercizio dei diritti di cittadinanza dell'Unione da parte dei cittadini europei residenti all'esterno del territorio della UE? In caso contrario, ha essa previsto di effettuare una qualche analisi di tale materia? Ha previsto inoltre la Commissione l'adozione di misure volte, da un lato, ad informare i cittadini dell'Unione residenti al di fuori delle sue frontiere in merito ai loro diritti in quanto cittadini europei e, dall'altro, a garantire loro il pieno esercizio di tali diritti?
Nella quarta relazione sulla cittadinanza europea del 26 ottobre 2004(1), la Commissione ha sottolineato l’importanza dell’informazione e della comunicazione concernente i diritti conferiti dalla cittadinanza dell’Unione. A tale scopo, la Commissione compie ogni possibile sforzo per migliorare la conoscenza generale dei diritti da parte dei cittadini dell’UE e per consentire l’accesso a informazioni attendibili in materia(2). Informazioni di questo tipo sono pubblicate, tra l’altro, sul sito web della Commissione e pertanto sono accessibili a tutti, comprese le persone che vivono al di fuori dell’Unione.
Anche se alcuni dei diritti conferiti dalla cittadinanza dell’UE possono essere esercitati da persone residenti al di fuori dell’Unione europea, la maggior parte di tali diritti è riconosciuta esclusivamente o principalmente ai cittadini dell’UE che risiedono in uno Stato membro diverso da quello di cui hanno la nazionalità.
In base all’articolo 18 del Trattato, ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Gli strumenti comunitari di legislazione secondaria relativi alla libertà di circolazione e di soggiorno sono basati sulle disposizioni che disciplinano l’esercizio del diritto dei cittadino di entrare e soggiornare in uno Stato membro diverso da quello di origine. La Commissione pubblica relazioni periodiche sull’applicazione dei vari strumenti in vigore. In risposta alla necessità di codificare e rafforzare la legislazione comunitaria in materia di libertà di circolazione e di soggiorno, la nuova direttiva 2004/38/CE(3) relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, adottata il 29 aprile 2004, ha riunito sotto forma di un unico strumento i complessi testi legislativi e l’abbondante giurisprudenza in vigore, allo scopo di chiarire questo diritto fondamentale e renderlo più trasparente per i cittadini dell’Unione europea. La direttiva favorisce l’esercizio del diritto di soggiorno semplificando le condizioni da soddisfare e le formalità da espletare e crea un diritto di soggiorno permanente che si acquisisce dopo aver soggiornato cinque anni nello Stato membro ospitante. Gli Stati membri devono far entrare in vigore le disposizioni nazionali necessarie per conformarsi a questa direttiva entro il termine del 30 aprile 2006.
I diritti politici legati alla cittadinanza dell’UE accordati dall’articolo 19 del Trattato CE non sono estesi ai cittadini residenti in paesi terzi, ma a quelli residenti in uno Stato membro dell’UE, alle stesse condizioni dei cittadini dello Stato membro in questione. La direttiva 94/80/CE stabilisce le modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali per i cittadini dell’Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non hanno la cittadinanza, mentre la direttiva 93/109/CE stabilisce le modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini dell’Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadini. La Commissione ha pubblicato varie relazioni sull’applicazione di queste direttive(4).
Il diritto di rivolgersi al Mediatore e di petizione dinanzi al Parlamento previsto dall’articolo 21 del Trattato CE è conferito ai cittadini dell’UE e a tutte le persone fisiche o giuridiche che risiedono o hanno sede legale in uno Stato membro. Questi strumenti sono intesi quali risorse di cui i cittadini possono disporre in casi di cattiva amministrazione nelle attività delle Istituzioni o degli organi comunitari, e qualora siano stati violati i diritti dei cittadini in ambiti che rientrano nella sfera di attività della Comunità.
Nella quarta relazione sulla cittadinanza dell’Unione menzionata in precedenza vengono forniti dati precisi sul numero di petizioni presentate al Parlamento e al Mediatore nel periodo di riferimento dal maggio 2001 all’aprile 2004. Inoltre, il Mediatore elabora una relazione annuale sulle sue attività, che contiene informazioni quali statistiche relative all’origine geografica delle denunce presentate.
Il diritto alla tutela da parte delle autorità diplomatiche o consolari stabilito dall’articolo 20 del Trattato CE è l’unico diritto legato alla cittadinanza dell’Unione creato specificamente per i cittadini degli Stati membri che si trovano al di fuori dell’Unione europea.
L’articolo 20 del Trattato CE prevede che la tutela può essere accordata da qualsiasi Stato membro che dispone di una rappresentanza (ambasciata o consolato) in un paese al di fuori dell’UE.
In base all’articolo 20 del Trattato CE, ogni Stato membro deve offrire tale tutela ai cittadini di altri Stati membri “alle stesse condizioni” dei cittadini di detto Stato membro.
La decisione 95/553/CE riguardante la tutela dei cittadini dell’Unione europea da parte delle rappresentanze diplomatiche e consolari nei paesi al di fuori dell’UE è stata recepita nella legislazione di tutti gli Stati membri e pertanto ogni cittadino dell’UE può beneficarne. I cittadini in difficoltà possono rivolgersi a qualsiasi Stato membro rappresentato in un paese terzo, se lo Stato membro del cittadino interessato non dispone di un’ambasciata o di un consolato in tale paese terzo. Come sottolineato nel preambolo della decisione menzionata in precedenza, la tutela da parte delle autorità diplomatiche e consolari prevista dall’articolo 20 del Trattato CE rafforzerà la percezione della cittadinanza comune dell’UE, dell’identità dell’Unione europea e della solidarietà europea.
Il concetto e la definizione di “stato di difficoltà” non sono definiti in modo tassativo in un preciso elenco; al contrario, la decisione 95/553/CE prevede una serie di esempi di situazioni nelle quali il cittadino può essere ritenuto bisognoso di assistenza (arresto, detenzione, decesso di un congiunto, e così via). Tra i casi previsti da tale decisione, la tutela offerta dalle ambasciate e/o dai consolati comprende l’assistenza in casi specifici, come quelli dei cittadini che hanno perso il passaporto o sono stati vittime di violenza, o l’aiuto e il rimpatrio dei cittadini in difficoltà.
La tutela riveste anche un’importanza particolare nelle situazioni di emergenza, come quelle provocate da catastrofi naturali, o da altre catastrofi che hanno un effetto collettivo.
In merito agli argomenti menzionati in precedenza, la Commissione contribuirà alle discussioni in corso di svolgimento in seno al Consiglio sotto la Presidenza austriaca e basate sugli auspici espressi nel programma dell’Aia.
Inoltre, la Commissione, che attualmente sta elaborando le relazioni sui diritti legati alla cittadinanza dell’UE, fra cui il diritto alla tutela da parte delle autorità diplomatiche e consolari, previste dall’articolo 22 del Trattato CE, pubblicherà una comunicazione in materia.
L’articolo 22 del Trattato CE stabilisce che, sulla base di queste relazioni, possono essere presentate proposte volte a estendere il contenuto dei diritti legati alla cittadinanza dell’UE, fra cui il diritto alla tutela da parte delle autorità diplomatiche e consolari. La prossima relazione riguarderà il periodo fino al 2007, che è l’anno in cui la decisione 95/553/CE dovrà essere riesaminata alla luce dell’esperienza acquisita nei cinque anni successivi alla sua entrata in vigore.
Per quanto riguarda l’informazione ai cittadini, come richiesto dall’onorevole parlamentare, le Istituzioni dell’Unione europea hanno preparato un opuscolo informativo sulla tutela consolare europea rivolto al pubblico in generale e pubblicato nelle lingue ufficiali dell’UE, che è in corso di diffusione e di distribuzione. L’opuscolo spiega che esiste una serie di situazioni in cui lo Stato membro non potrà essere obbligato a fornire assistenza ai cittadini dell’UE “nell’ambito della tutela da parte delle autorità diplomatiche e consolari”, come ad esempio nel caso di pagamento degli onorari degli avvocati, di assistenza legale, di pagamento dei costi di trasporto e così via.
Ne consegue che la Commissione non ritiene opportuno dedicare un’analisi specifica alla questione dell’esercizio dei diritti legati alla cittadinanza dell’UE da parte dei cittadini residenti al di fuori dell’Unione, tenendo conto delle relazioni periodiche sulla cittadinanza dell’Unione e dei diritti specifici ad essa legati.
Cfr. allegato della quarta relazione sulla cittadinanza dell’Unione relativo a informazione, istruzione e assistenza concernenti i diritti dei cittadini (SEC(2004) 1280 del 26.10.2004).
Le relazioni più recenti sono: relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio concernente l’applicazione della direttiva 94/80/CE sulle modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali, COM(2002) 260 def.; comunicazione della Commissione sull’applicazione della direttiva 93/109/CE in occasione delle elezioni del Parlamento europeo del giugno 1999 - Diritto di voto attivo e passivo alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini dell’Unione residenti in uno Stato membro di cui non sono cittadini, COM (2000) 843 def.
Interrogazione n. 88 dell'on. Jonas Sjöstedt (H-0155/06)
Oggetto: Cambiamento di approccio della Commissione sull'autorizzazione di pesticidi
La Commissione dovrebbe tra breve autorizzare otto pesticidi controversi, tra cui in particolare quattro fungicidi con effetti ormonali negativi rilevati su animali da laboratorio. Nei giovani topi essi hanno ad esempio provocato danni irreparabili.
Lo scorso anno la Commissione aveva comunicato ai produttori che i loro fungicidi sarebbero stati vietati. La Commissione è stata in seguito sottoposta a forti pressioni affinché cambiasse parere. Così è stato e la Commissione ha ora fatto sapere che verrà consentito un uso limitato di tali prodotti, che saranno pertanto immessi sul mercato.
Contro questa evenienza si sono levati, tra l'altro, gli Stati membri nordici. Lena Sommerstad, ministro svedese dell'ambiente, ha ad esempio dichiarato che la situazione è estremamente preoccupante e comporta un abbassamento del tiro da parte della Commissione per quanto riguarda i criteri per l'autorizzazione dei pesticidi da utilizzare nell'Unione europea.
Ciò premesso, può la Commissione fornire dettagli esaurienti circa i contatti avuti con le varie imprese, dalla prima lettera inviata ai produttori lo scorso anno per informarli che i pesticidi sarebbero stati vietati? Condivide la Commissione il giudizio del ministro svedese dell'ambiente secondo cui per quanto riguarda l'autorizzazione dei pesticidi nell'UE è stato abbassato il tiro?
Dalla valutazione delle otto sostanze è emerso che esse hanno proprietà pericolose, tuttavia la Commissione deve tener conto delle condizioni d’uso. Ne consegue che, come previsto dall’articolo 5 della direttiva 91/414/CEE relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari, una sostanza intrinsecamente pericolosa potrebbe essere utilizzata in modo limitato se i rischi possono essere gestiti con adeguate misure di mitigazione.
La Commissione pertanto ha imposto una serie di restrizioni.
Le piante per le quali l’uso è autorizzato sono soltanto quelle valutate e concordate a livello di Unione europea.
L’inclusione di una sostanza attiva nell’elenco positivo della direttiva ha di norma una validità di 10 anni. In questo caso è stata limitata a 7 anni per garantire una tempestiva revisione quando si sarà acquisita maggiore esperienza riguardo al loro possibile effetto sulla salute umana e sull’ambiente. I titolari dell’autorizzazione devono presentare ogni anno una relazione sugli eventuali effetti sulla salute degli operatori.
Per quanto riguarda le condizioni d’uso, in tutta l’Unione sono obbligatorie le stesse rigorose misure di mitigazione dei rischi.
Le sostanze che si sospetta possano alterare il sistema endocrino saranno riesaminate non appena l’OCSE(1) adotterà i protocolli richiesti per effettuare gli studi necessari. Le imprese dovranno fornire tali studi entro i termini stabiliti.
Per garantire la trasparenza, la Commissione ha scritto a tutti i notificanti interessati che stava valutando la possibilità di non includere la loro sostanza. Non ha scritto che il divieto era già stato deciso. La Commissione ha invitato i notificanti a formulare osservazioni e ha confermato che non avrebbe esaminato ulteriori studi né accettato modifiche rispetto agli usi valutati.
Si sono svolte riunioni tra la Commissione e i notificanti per chiarire l’approccio adottato e discutere le osservazioni di questi ultimi.
E’ vero che i notificanti si sono opposti alle restrizioni proposte, in particolare al fatto che l’estensione delle specie vegetali su cui le sostanze potevano essere utilizzate dovesse essere valutata a livello di Unione europea. La Commissione ha tuttavia mantenuto tali restrizioni.
Il 3 marzo 2006 la Commissione ha presentato le sue proposte al Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, il quale non ha espresso parere favorevole sulle proposte, che saranno trasmesse al Consiglio conformemente alla procedura di comitatologia.
Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.
Interrogazione n. 89 dell'on. Avril Doyle (H-0158/06)
Oggetto: Valutazione della direttiva sui prodotti del tabacco
La Commissione è senza dubbio a conoscenza della causa avviata lo scorso anno nei Paesi Bassi da alcuni fabbricanti di prodotti del tabacco che attaccano l'obbligo, previsto dalla direttiva sui prodotti del tabacco, di fornire l'elenco di tutti gli ingredienti utilizzati nella fabbricazione di detti prodotti (cfr. relazione della Commissione, del 27 luglio 2005, di valutazione della direttiva 2001/37/CE, pagg. 6-7). Sette fabbricanti del settore del tabacco sostengono che, adempiendo a tale obbligo, verrebbero violati i loro segreti commerciali.
Cosa intende fare la Commissione per contrastare questa argomentazione, che si appella al segreto commerciale ed è utilizzata - non solo nei Paesi Bassi - per procrastinare e creare ostacoli alla corretta attuazione delle disposizioni in materia di pubblicità delle informazioni (articolo 6 della direttiva 2001/37/CE sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco)?
Dal momento che altre industrie - incluse quelle dei settori cosmetici e farmaceutici - sono soggette a norme rigorose per quanto concerne gli ingredienti contenuti nei loro prodotti, la Commissione concorda sul fatto che l'industria del tabacco deve essere allineata e indotta a divulgare gli ingredienti contenuti nei prodotti del tabacco nonché nel fumo rilasciato dalla combustione di tali prodotti?
La Commissione conviene inoltre che la piena divulgazione degli ingredienti deve costituire un requisito sine qua non per la commercializzazione dei prodotti del tabacco nell'Unione europea?
La Commissione desidera chiarire che i segreti commerciali non possono essere utilizzati quale argomento per non comunicare tutti gli ingredienti dei prodotti del tabacco alle autorità competenti degli Stati membri, come previsto dall’articolo 6 della direttiva relativa ai prodotti del tabacco. La causa avviata nei Paesi Bassi lo conferma.
La questione dei segreti commerciali si pone solo nella seconda fase, quella dell’informazione al pubblico, nel qual caso la direttiva in questione prevede già che gli Stati membri tengano debito conto dei segreti commerciali.
La Commissione ha istituito un gruppo di lavoro per definire formati armonizzati di comunicazione dei dati relativi agli ingredienti, di cui uno per la presentazione di tali dati alle autorità e un altro per l’informazione dei consumatori.
La Commissione sostiene gli Stati membri negli sforzi compiuti per ottenere la piena comunicazione degli ingredienti alle autorità di regolamentazione.
Infine, la Commissione desidera informare l’onorevole parlamentare che la direttiva relativa ai prodotti del tabacco non stabilisce un legame tra l’obbligo di presentare i dati riguardanti gli ingredienti e l’immissione sul mercato dei prodotti del tabacco.
Interrogazione n. 91 dell'on. Anna Hedh (H-0174/06)
Oggetto: Partecipazione delle donne alla risoluzione pacifica dei conflitti
Nel novembre 2000, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione (2000/2025(INI)(1)) sulla partecipazione delle donne alla risoluzione pacifica dei conflitti nella quale si invitavano la Commissione e gli Stati membri ad intensificare il coinvolgimento delle donne in misure di prevenzione dei conflitti e mantenimento della pace ivi compreso l'efficiente sostegno alle vittime di violenze contro le donne nell'ambito di conflitti armati. Di recente, la commissione per i diritti della donna ha iniziato i lavori contestuali al seguito dato alla succitata risoluzione del 2000. Ciò premesso, potrebbe la Commissione far conoscere i provvedimenti adottati dall'approvazione della risoluzione del novembre 2000, ivi comprese le eventuali misure prospettate in materia?
Le donne rivestono un ruolo importante nel processo di consolidamento della pace e nella prevenzione dei conflitti, tuttavia spesso tendono a operare a livello locale e a svolgere lavori non riconosciuti, mentre gli uomini tendono a costituire le delegazioni ufficiali che rappresentano le parti in conflitto o ad agire quali mediatori.
In questo contesto siamo impegnati ad attuare la risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dell’ottobre 2000 sulle donne, la pace e la sicurezza. Questo impegno è ribadito nella nuova comunicazione della Commissione intitolata “Una tabella di marcia per la parità tra donne e uomini”.
Importanti raccomandazioni in materia sono contenute anche nel documento di lavoro del settembre 2005 del Consiglio sulle misure pratiche di attuazione della risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unte nella programmazione e realizzazione delle missioni previste dalla politica europea di sicurezza e di difesa.
Attraverso l’Iniziativa europea per la democrazia e i diritti dell’uomo, la Commissione sostiene la formazione nel settore della gestione delle crisi. Tale formazione è destinata agli esperti degli Stati membri da inviare in loco e di essa costituisce parte integrante la promozione della parità tra donne e uomini nella gestione delle crisi e nella risoluzione dei conflitti.
Il sostegno fornito in questo settore alle organizzazioni non governative, fra cui le organizzazioni delle donne, svolge un ruolo fondamentale. Un esempio di progetto in corso in questo campo è la formazione delle donne in materia di risoluzione pacifica dei conflitti in Ruanda (350 000 euro). E’ stato fornito sostegno anche per rafforzare la partecipazione attiva delle donne ai processi di pace e al consolidamento della pace a lungo termine in altre parti del mondo, fra cui la Georgia e la Colombia.
Attraverso l’Iniziativa europea per la democrazia e i diritti dell’uomo, ci aspettiamo che alcune organizzazioni della società civile presentino entro breve proposte di progetti da finanziare nell’ambito del tema dei diritti dei gruppi vulnerabili nei conflitti armati. Viene prestata particolare attenzione alla violenza fondata sul genere.
Interrogazione n. 93 dell'on. Georgios Toussas (H-0180/06)
Oggetto: Serrata contro i marittimi in Grecia
Il 21 febbraio 2006, il governo ellenico ha decretato la serrata contro i marittimi disoccupati in lotta per le loro rivendicazioni; questa vergognosa decisione viola in modo palese la Costituzione ellenica, specie l'articolo 22, paragrafo 2 che vieta il lavoro coatto, il Piano d'azione nazionale per l'occupazione (ESDA), la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici e le Convenzioni internazionali del lavoro n. 29 e 105 che sono state ratificate e creano vincoli per il paese.
Questo inaccettabile provvedimento, di cui in passato si sono avvalsi i governi di Nuova Democrazia (ND) e del Partito Socialista (PASOK) contro i marittimi e i lavoratori di altri settori, lede direttamente i diritti e le libertà politiche fondamentali, lo stesso diritto di sciopero che la classe lavoratrice ha conquistato con dure lotte e spargimento di sangue. E' quindi imperativo procedere all'immediata revoca della decisione con cui è stata decretata la serrata contro i marittimi e di questa misura reazionaria e repressiva.
Ciò premesso, può la Commissione dire se condanna questi assurdi tentativi del governo ellenico di limitare e contestare i diritti e le libertà sociali fondamentali dei lavoratori greci nel loro insieme?
L’articolo 28 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea prevede che i lavoratori, o le rispettive organizzazioni, hanno, conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali, il diritto di ricorrere, in caso di conflitti di interessi, ad azioni collettive per la difesa dei loro interessi, compreso lo sciopero(1).
Il diritto di sciopero è sancito anche da varie convenzioni internazionali e costituzioni degli Stati membri dell’UE.
Va tuttavia sottolineato che il diritto di adottare, per mezzo di direttive, requisiti minimi nell’ambito delle disposizioni di politica sociale del Trattato CE è escluso per quanto riguarda il diritto di sciopero ai sensi dell’articolo 137, paragrafo 5, del Trattato CE.
Questa Carta tuttavia non è giuridicamente vincolante.
Interrogazione n. 94 dell'on. Rodi Kratsa-Tsagaropoulou (H-0182/06)
Oggetto: Diritto di sciopero e garanzia della coesione economica, territoriale e sociale negli Stati membri
In Grecia negli ultimi giorni lo sciopero continuo dei marittimi ha dato adito a condizioni e problemi estremamente sfavorevoli per la coesione territoriale, economica e sociale del paese (impossibilità di approvvigionare e rifornire di carburanti le regioni insulari, impossibilità di trasportare i malati, ecc.). Il diritto di sciopero costituisce, certamente, un diritto sancito e indiscutibile dei lavoratori, codificato nella Carta dei diritti fondamentali dell'UE (articolo 28). Parallelamente, sia la Carta sia il progetto di Costituzione europea stabiliscono espressamente (articolo 36 e articolo II-96 rispettivamente) che l'Unione riconosce e rispetta l'accesso ai servizi di interesse economico generale, quale previsto dalle legislazioni e prassi nazionali, al fine di promuovere la coesione sociale e territoriale dell'UE e la sua competitività.
Condivide la Commissione l'opinione che simili azioni di sciopero estreme eludono il diritto del cittadino europeo di accesso ai servizi di base e pongono problemi inerenti al regolare funzionamento del mercato interno unico? Dispone la Commissione di studi comparativi e dati sul modo in cui tali situazioni vengono affrontate nei vari Stati membri? Concorda che è necessario promuovere, come già avviene in alcuni Stati membri, la prestazione di servizi minimi obbligatori? E' stata sollevata tale questione nel quadro del dialogo sociale europeo?
L’articolo 28 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea prevede che i lavoratori, o le rispettive organizzazioni, hanno, conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali, il diritto di ricorrere, in caso di conflitti di interessi, ad azioni collettive per la difesa dei loro interessi, compreso lo sciopero(1).
Il diritto di sciopero è sancito anche da varie convenzioni internazionali e costituzioni degli Stati membri dell’UE.
A livello di Unione europea, l’articolo 137, paragrafo 5, del Trattato CE prevede che le disposizioni dell’articolo 137 del Trattato CE (capitolo sulla politica sociale) non si applicano al diritto di sciopero, e pertanto non esiste alcuna normativa comunitaria che disciplini in modo specifico questo diritto. Nel caso in esame, la Commissione prende atto che le questioni sollevate dall’onorevole parlamentare si riferiscono a difficoltà legate alla coesione territoriale, economica e sociale della Grecia dovute a uno sciopero (impossibilità di approvvigionare e rifornire di carburanti le regioni insulari, impossibilità di trasportare i malati, ecc.). Sulla base delle informazioni fornite dall’onorevole parlamentare, la situazione sembra essere di carattere interno e non transfrontaliero. Spetta alle autorità greche competenti, fra cui i tribunali, valutare la legittimità dello sciopero conformemente alle leggi nazionali e tenendo debito conto degli obblighi internazionali del paese.
E’ opportuno sottolineare che questa Carta non è giuridicamente vincolante.
Interrogazione n. 95 dell'on. Antonio López-Istúriz White (H-0183/06)
Oggetto: Cooperazione in materia di trasporti e misure specifiche per le regioni insulari
Durante una recente riunione a Marrakech i ministri dei Trasporti dell'UE e dei paesi vicini del Mediterraneo hanno stabilito di rafforzare la loro cooperazione in materia di trasporti, ampliandola anche ai mezzi marittimi ed aerei.
Può la Commissione spiegare quali benefici otterranno i territori dell'UE più vicini ai paesi del bacino mediterraneo?
Può spiegare se, nell'ambito di questo rafforzamento della cooperazione, è stata prevista qualche misura specifica per le regioni insulari europee situate in tale area, come nel caso delle Isole Baleari?
Infine, prevede la Commissione che l'aumento della cooperazione nel campo dei mezzi di trasporto marittimi ed aerei avrà un impatto positivo per il turismo?
Nel corso della Conferenza ministeriale di Marrakech del 15 dicembre 2005 i ministri dei Trasporti dell’Unione europea e dei paesi dell’area del mediterranea hanno affermato il loro impegno a conseguire il principale obiettivo del processo di Barcellona nel campo dei trasporti, ossia l’istituzione di un sistema di trasporto integrato, efficiente e sicuro nella regione del Mediterraneo. I ministri hanno anche accolto con favore il fatto che la politica europea di vicinato (ENP) contribuirà a intensificare la cooperazione verso una maggiore integrazione tra l’Unione europea e i paesi dell’area mediterranea attraverso l’attuazione di piani d’azione nell’ambito di tale politica, fra l’altro nel settore dei trasporti. Lo sviluppo di questo sistema di trasporto promuoverà gli scambi commerciali tra regioni e la cooperazione transfrontaliera, con effetti positivi per la crescita economica e la creazione di posti di lavoro nell’UE, soprattutto in quei paesi che sono più vicini al bacino del Mediterraneo.
Il sostegno finanziario dell’UE, fornito attraverso l’assistenza tecnica ai paesi dell’area mediterranea, ma anche la realizzazione delle interconnessioni infrastrutturali mancanti (a livello nord-sud e sud-sud) aprono nuovi mercati per il settore dei trasporti dei territori mediterranei dell’UE.
Quelli marittimo e aereo sono i principali modi di trasporto nella regione del Mediterraneo. L’attuazione di norme internazionali in materia di sicurezza marittima e aerea e il ravvicinamento alle pertinenti legislazioni comunitarie sono misure essenziali per lo sviluppo di un sistema di trasporto sicuro. L’attuazione di tali misure riveste pertanto la massima importanza per il settore del turismo della regione del Mediterraneo nel complesso, e regioni insulari come le Isole Baleari trarranno vantaggio dal miglioramento del sistema di trasporto regionale al quale appartengono. Il settore del turismo beneficerà inoltre degli accordi di apertura del settore del trasporto aereo che la Commissione può negoziare con i vari paesi dell’area mediterranea, come ha fatto con il Marocco, il cui accordo è stato siglato a Marrakech a margine della riunione ministeriale euromediterranea.
Interrogazione n. 96 dell'on. Athanasios Pafilis (H-0184/06)
Oggetto: Chiusura degli stabilimenti della Biomichania Fosforikon Lipasmaton A.E.
Dando sfogo giustamente alla loro indignazione attraverso continue mobilitazioni di massa, i lavoratori della "Biomichania Fosforikon Lipasmaton A.E." di Salonicco, che è una società greca produttrice di fertilizzanti, hanno inteso protestare contro la chiusura della loro fabbrica e l'imminente chiusura, a Kavala, di un altro stabilimento di proprietà di una stessa banca, che comportano la perdita di centinaia di posti di lavoro. A fianco di questi lavoratori sono scesi gli altri lavoratori di Salonicco, anch'essi alle prese con i problemi derivanti dalla continua riduzione dei posti di lavoro e dai licenziamenti di massa, ma anche gli agricoltori che, penalizzati dalla PAC, assistono al restringimento della popolazione rurale.
Qual è la posizione della Commissione in ordine all'ondata di licenziamenti di massa indotta dai cambiamenti strutturali previsti dalla strategia di Lisbona, nonché dall'aumento della disoccupazione favorito dalla riforma della PAC?
La Commissione è consapevole delle conseguenze negative che la chiusura di uno stabilimento può avere sui lavoratori interessati, sulle loro famiglie e sulla regione. Non spetta tuttavia alla Commissione pronunciarsi o influire sulle decisioni adottate all’interno di imprese, salvo che si verifichi una violazione del diritto comunitario.
A questo proposito, va rammentato che la legislazione comunitaria comprende numerose direttive volte a garantire che le ristrutturazioni siano giustificate e gestite in modo adeguato, in particolare nel caso di chiusura di imprese, soprattutto attraverso l’informazione e la consultazione dei lavoratori.
Il 31 marzo 2005(1) la Commissione ha adottato una comunicazione intitolata “Ristrutturazioni e occupazione”, nella quale viene formulato un orientamento globale e coerente dell’Unione europea di fronte alle situazioni di ristrutturazione.
Esistono varie politiche comunitarie volte ad anticipare e accompagnare i cambiamenti economici, a sostenere l’occupazione e a incoraggiare lo sviluppo regionale. Oltre alla politica agricola con i suoi due pilastri, la politica industriale della Commissione, la strategia per l’occupazione nonché l’intervento dei Fondi strutturali rivestono particolare importanza nella situazione cui l’onorevole parlamentare fa riferimento. Ad esempio, sono stati mobilitati vari strumenti comunitari ed è stato adottato un approccio coordinato per accompagnare la profonda ristrutturazione legata alla riforma dell’Organizzazione comune dei mercati (OCM) dello zucchero, in particolare attraverso la creazione di un gruppo di contatto tra le parti sociali e i vari servizi della Commissione.
Di recente, a seguito di un invito rivolto dal Consiglio europeo nella riunione del 15 e 16 dicembre 2005, il 1o marzo 2006 la Commissione ha adottato una proposta relativa alla creazione di un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per aiutare i lavoratori licenziati nelle regioni e nei settori interessati dai grandi cambiamenti strutturali del commercio mondiale.
Interrogazione n. 97 dell'on. Ryszard Czarnecki (H-0185/06)
Oggetto: Lotta contro la corruzione nei nuovi Stati membri
Quali progressi sono stati conseguiti nella lotta contro la corruzione nei nuovi Stati membri UE dal momento in cui hanno aderito all'Unione nel maggio 2004?
I paesi che si preparano ad aderire all’Unione europea devono rispettare determinati criteri che sono stati stabiliti dal Consiglio europeo di Copenaghen nel 1993. Tali criteri comprendono la necessità di recepire nel diritto nazionale l’acquis comunitario, e pertanto gli strumenti comunitari esistenti relativi alla corruzione. Gli Stati membri dovevano rispettare i requisiti previsti in questo settore per aderire all’UE. A seguito dell’allargamento dell’Unione europea del 1o maggio 2004, i nuovi Stati membri sono stati assoggettati alle stesse procedure di verifica e di valutazione applicate agli Stati membri esistenti.
Tenuto conto che si tratta di Stati membri dell’UE, al momento non esiste pertanto alcun meccanismo particolare per verificare in modo specifico i “progressi conseguiti nella lotta contro la corruzione” nei nuovi Stati membri, che vengono trattati alo stesso modo degli altri Stati membri.
Gli strumenti giuridici nel settore della cooperazione di polizia e giudiziaria in relazione alla prevenzione della corruzione e alla lotta contro tale fenomeno derivano dal titolo VI del Trattato sull’Unione europea. Tali strumenti possono includere disposizioni in base alle quali gli Stati membri sono tenuti a informare la Commissione e il Consiglio delle misure adottate per il loro recepimento.
Attualmente, nel contesto generale dell’elaborazione di statistiche comparabili in materia di criminalità, si sta tuttavia lavorando alla definizione di una metodologia per i prossimi anni per registrare e condividere dati statistici comparabili sulla criminalità e la giustizia penale, e l’altro sulla corruzione. Inoltre, per la prima volta in un sondaggio dell’Eurobarometro condotto verso la fine del 2005 sono state previste domande sulla corruzione. Il sondaggio ha riguardato tutti i venticinque Stati membri. E’ stata la prima occasione in cui un sondaggio dell’Eurobarometro è stato utilizzato per accertare le percezioni e le esperienze dei cittadini europei in materia di corruzione e si prevede che i risultati saranno pubblicati nelle prossime settimane. Entrambe queste iniziative consentiranno a tempo debito alla Commissione e agli Stati membri di acquisire un quadro più chiaro del fenomeno della corruzione in tutti gli Stati membri.
Interrogazione n. 99 dell'on. Miroslav Mikolášik (H-0198/06)
Oggetto: La politica estera dell'UE in relazione a Palestina e Israele
Il movimento radicale Hamas ha vinto le elezioni in Palestina tenutesi il 25 gennaio 2006. L'Unione europea si trova ora in una situazione molto complicata perché Hamas figura nella lista delle organizzazioni terroristiche dell'UE. Allo stesso tempo, comunque, è impossibile ignorare il fatto che Hamas è risultato vincitore in un'elezione democratica, che l'UE ha aiutato ad organizzare e che essa stessa ha monitorato. Come membro della Delegazione presso l'assemblea parlamentare euro-mediterranea, vorrei sapere, dunque, qual è la posizione della Commissione riguardo alla nuova situazione in Medio Oriente dopo le elezioni legislative palestinesi e al movimento Hamas? Quali ulteriori passi può intraprendere l'UE per favorire politiche di pace fra Palestina ed Israele? Quali passi specifici intende intraprendere l'UE per aiutare la creazione di due stati sovrani: Palestina e Israele?
La Commissione ha riconosciuto il diritto del popolo palestinese di esprimere la sua volontà democratica e ha sostenuto l’organizzazione e lo svolgimento di elezioni democratiche e trasparenti conformemente alle norme internazionali.
A seguito della vittoria di Hamas, il 31 gennaio 2006 il Quartetto e il Consiglio “Affari generali e Relazioni esterne” hanno stabilito i principi per l’impegno politico con la futura Autorità palestinese, precisando che il nuovo governo deve perseguire la pace con mezzi pacifici, collaborare con Israele e accettare i precedenti accordi e obblighi, fra cui la tabella di marcia. La Commissione accorda pieno sostegno a questi principi.
Dovremo pertanto vedere in quale modo o se la vittoria elettorale di Hamas si tradurrà nella creazione di una piattaforma per il prossimo governo palestinese che consenta di continuare a mantenere l’impegno con l’Autorità palestinese sulla base di questi principi.
Nel periodo intermedio l’amministrazione palestinese provvisoria si troverà di fronte a una grave crisi fiscale. La Commissione è intervenuta fornendo oltre 120 milioni di euro per aiutare il governo di transizione a stabilizzare le finanze dell’Autorità palestinese e a soddisfare le esigenze della popolazione. Questo impegno è stato approvato dal Consiglio e sostenuto dal Quartetto.
Dopo il periodo del governo di transizione, la Commissione è disposta a continuare a fornire aiuti umanitari e di emergenza per alleviare le sofferenze dei palestinesi. Il resto del programma della Commissione dovrà essere riveduto rispetto all’evolversi della situazione politica e dipenderà dalla composizione e dal programma del nuovo governo palestinese e dal suo impegno a conseguire la pace con mezzi pacifici.
La Commissione porterà avanti le sue iniziative a favore della società civile e il dialogo trilaterale tra UE, Israele e Palestina nell’ambito degli sforzi compiuti per favorire la comprensione reciproca e promuovere una soluzione pacifica del conflitto.
Interrogazione n. 100 dell'on. Jelko Kacin (H-0199/06)
Oggetto: Difficoltà da parte degli operatori di gioco nel pubblicizzare le proprie attività in alcuni Stati membri
Nei mesi di luglio e di settembre del 2005 il sottoscritto ha presentato alcune interrogazioni alla Commissione concernenti le evidenti difficoltà da parte degli operatori di gioco sloveni di pubblicizzare le proprie attività in Austria. Una società slovena ha presentato di recente un reclamo ufficiale al Commissario McCreevy in relazione alla limitazione ingiustificata della libera prestazione di servizi nel settore del turismo, unitamente ad una richiesta di avvio, per tale violazione, di una procedura ufficiale contro l'Austria.
L’interrogante desidera ricordare alla Commissione che, ad esempio, diversamente da quanto avviene per le proprie società nazionali, l'Austria non consente alla società Hit Nova Gorica, operante nel settore dei giochi d’azzardo, di pubblicizzare le proprie attività sul suo territorio. L’Austria sta pertanto violando i principi fondamentali del libero scambio, e in particolare l’articolo 49 del trattato che istituisce la Comunità europea relativo alla libera prestazione dei servizi.
A quali conclusioni è giunta la Commissione alla luce di questo esempio pratico e sulla base dei documenti e del resoconto dettagliato presentato da questa società slovena? Ha preso in esame la legge austriaca (modificata nel 2003), per stabilirne la conformità con la legislazione europea? Può far sapere qual è la sua posizione sulla possibilità di avviare una procedura d’infrazione contro l’Austria?
La Commissione può confermare che il 20 febbraio 2006 ha ricevuto il reclamo cui si fa riferimento e che lo esaminerà, verificando in particolare la compatibilità della legge austriaca con l’articolo 49 del Trattato CE. Come per tutti i reclami, la Commissione valuterà con attenzione non solo gli elementi restrittivi della legge, ma anche se le restrizioni pertinenti (1) sono giustificate da motivi imperativi di interesse pubblico e (2) non sono sproporzionate, ossia se non sono eccessive e non possono essere sostituite da misure meno restrittive. La Commissione deciderà quindi sulla base di questo esame se avviare o meno una procedura d’infrazione.
La Commissione può assicurare all’onorevole parlamentare che terrà informata la parte ricorrente sugli sviluppi della questione.
Interrogazione n. 101 dell'on. Antolín Sánchez Presedo (H-0201/06)
Oggetto: Convergenza economica della Romania
Lo scorso 23 febbraio Joaquín Almunia, Commissario per i problemi economici e monetari, ha incontrato a Bucarest il Primo ministro Calin Popescu-Tariceanu e il ministro delle Finanze Sebastián Vladescu, per discutere gli sviluppi macroeconomici in Romania durante il 2005 e le priorità della politica fiscale per il 2006. In questa occasione il Commissario ha richiamato l'attenzione sugli effetti negativi a medio termine che una riduzione delle imposte potrebbe avere sulla riscossione delle entrate necessarie per la riforma delle infrastrutture e del sistema d'istruzione e per il cofinanziamento di progetti europei. Il Commissario ha altresì stabilito come obiettivi prioritari il controllo dell'inflazione e l'equilibrio della bilancia commerciale.
Secondo la Commissione, in che modo la Romania potrà far fronte a queste sfide per giungere alla necessaria convergenza economica e garantire che la sua prossima adesione sarà un successo per tutti i rumeni e per l'Unione nel suo complesso?
Secondo la valutazione della Commissione, per quanto riguarda i criteri economici di Copenaghen per l’adesione, la Romania continua a soddisfare il criterio di essere un’economia di mercato funzionante.
La stabilità macroeconomica della Romania è stata mantenuta, anche se nel 2005 le diverse politiche adottate si sono rivelate meno oculate del previsto e hanno destato preoccupazioni circa la sostenibilità dei risultati più recenti in termini di stabilizzazione. Sarebbe opportuno che la Romania ripristinasse una politica fiscale prudente, adottando in particolare misure supplementari volte a consolidare stabilmente le entrate e attuando una cauta politica salariale nel settore pubblico. In questo modo si contribuirebbe a mantenere la stabilità macroeconomica, in particolare tenendo sotto controllo l’aggravamento degli squilibri esterni e favorendo un’ulteriore riduzione dell’inflazione. La Commissione si compiace che il bilancio del 2006 rifletta sempre più questi obiettivi. La Commissione prende atto inoltre che di recente la politica monetaria è stata resa più rigorosa e che pertanto potrà contribuire all’ulteriore riduzione dell’inflazione.
Vengono accolti con favore gli sforzi attualmente compiuti per ampliare la base di prelievo e migliorare la riscossione di ulteriori entrate e con ciò contribuire a conseguire l’obiettivo della Romania di aumentare in misura considerevole il rapporto tra entrate e prodotto interno lordo (PIL), che resta basso rispetto ad altri paesi della regione.
Attualmente in Romania si registra la tendenza a un aumento della spesa pubblica, che nei prossimi anni potrà subire un ulteriore incremento, non solo a seguito del cofinanziamento di progetti dell’UE, ma anche per l’esigenza di investimenti pubblici in settori quali infrastrutture, istruzione, sanità e rafforzamento della capacità amministrativa. La Commissione intende incoraggiare la definizione di priorità più chiare per la spesa pubblica, allo scopo di aumentare la qualità delle finanze pubbliche destinando la spesa a settori legati all’adesione e che rafforzino le possibilità di crescita dell’economia. Tale strategia dovrebbe anche attribuire particolare importanza alla sostenibilità delle finanze pubbliche, soprattutto affrontando i problemi del mercato del lavoro e avviando riforme più generali del sistema pensionistico e di quello sanitario.
Interrogazione n. 102 dell'on. Neena Gill (H-0202/06)
Oggetto: Truffe ai danni di cittadini di paesi in via di sviluppo
Può la Commissione informare i deputati delle misure che intende adottare per evitare che cittadini di paesi terzi vengano raggirati da truffatori stranieri che utilizzano indirizzi e-mail o postali dell'Unione europea per acquisire legittimità agli occhi degli abitanti dei paesi in via di sviluppo?
In qualità di presidente della delegazione del PE per le relazioni con i paesi dell'Asia del Sud e l'Associazione per la cooperazione regionale dell'Asia del Sud (SAARC) sono stato contattato da persone che vivono in questa regione del mondo, da ultimo le Maldive, e che erano state convinte a versare i loro risparmi personali sul conto di un'impresa che doveva trovarsi nell'UE per poter incassare - a quanto era stato loro promesso - un premio vinto alla lotteria. Le persone che vivono nei paesi in via di sviluppo sono particolarmente vulnerabili a queste pratiche disoneste e vengono facilmente raggirate da truffatori che i cittadini occidentali individuano con maggiore facilità cercando di neutralizzarli.
È la Commissione consapevole di questo problema e quali misure intende adottare per assicurare che la reputazione dell'UE non venga intaccata da queste attività criminali?
L’invio di comunicazioni a scopo di truffa (o scamming) è un tipo di frode di portata mondiale che non interessa soltanto i cittadini dei paesi in via di sviluppo. Questa forma di frode non riguarda specifici paesi destinatari. In molti casi, come ad esempio quello delle truffe attuate tramite lettere provenienti dalla Nigeria, il centro di diffusone della frode si trova in paesi terzi. Questi tipi di frode sono particolarmente difficili da contrastare per i bassi costi e il poco tempo richiesti ai criminali per inviare messaggi di posta elettronica su scala molto vasta. Di norma la migliore risposta contro questi raggiri è la sensibilizzazione dei consumatori.
Anche se spetta innanzi tutto alle autorità degli Stati membri e dei paesi terzi lottare contro questo tipo di frode, è ampiamente riconosciuto che il coinvolgimento della Commissione nella prevenzione delle frodi in alcuni casi ha fornito valore aggiunto. Da un punto di vista generale la Commissione promuove il miglioramento dello scambio di informazioni, la sensibilizzazione in materia e il rafforzamento della cooperazione transfrontaliera. In casi particolari (frodi che implicano mezzi di pagamento diversi dai contanti), la Commissione ha istituito un quadro nell’ambito del quale gli esperti di prevenzione delle frodi hanno la possibilità di incontrarsi e di creare sinergie, per esempio con lo scambio delle migliori prassi e di materiale informativo.
Ne consegue che è stata intensificata la collaborazione nella prevenzione delle frodi, in particolare a livello transfrontaliero. La Commissione e gli Stati membri dell’UE sostengono la collaborazione internazionale tra le autorità incaricate di far rispettare la normativa in materia di comunicazioni commerciali indesiderate, frodi e criminalità informatica. Nel corso del Vertice mondiale sulla società dell’informazione (WSIS) svoltosi in Tunisia nel novembre 2005, l’UE ha sostenuto il programma d’azione adottato sottolineando, tra l’altro, l’importanza di garantire l’applicazione della normativa, anche per quanto riguarda gli atti commessi in una giurisdizione, ma che hanno effetti in un’altra, come nel caso in esame.