3. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
4. Situazione politica in Bielorussia dopo le elezioni (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla situazione politica in Bielorussia dopo le elezioni.
Hans Winkler, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signora Presidente, onorevoli deputati, oggi ho voluto essere presente a questa importante discussione perché il Parlamento, in particolare, ha l’obbligo di lanciare un forte segnale sulla profonda preoccupazione che l’UE nutre per la situazione e gli sviluppi in Bielorussia.
Ovviamente, il Consiglio guarda con attenzione alla Bielorussia non solo dalla scorsa domenica, quando si sono tenute le elezioni, ma da molto tempo. Da tempo il Consiglio osserva con apprensione la situazione nel paese in relazione ai diritti umani e alla loro repressione, all’opposizione e alla società civile. Questo, infatti, è il motivo per cui il Consiglio, nel periodo precedente le elezioni, ha adottato molte misure e, in particolare, ha reagito con una dichiarazione inequivocabile all’annuncio da parte del governo e del Presidente della Bielorussia dell’intenzione di colpire duramente eventuali manifestanti, definiti addirittura col termine di “terroristi”. Si è persino parlato di pena capitale, e il Consiglio si è pronunciato con molta chiarezza al riguardo.
Lo svolgimento delle elezioni ha purtroppo confermato ciò che temevamo, visti gli eventi passati, cioè la repressione nei confronti dell’opposizione e il mancato rispetto della libertà di espressione, dimostrando che non si è trattato di libere elezioni: questo fatto è stato ribadito, in particolare, dalla missione di monitoraggio elettorale OSCE/ODIHR, secondo la quale le elezioni non sono state libere né regolari, e non hanno neppure rispettato le norme dell’OSCE. La Presidenza ha immediatamente assunto una posizione sugli avvenimenti in Bielorussia e ha rilasciato una dichiarazione al riguardo già lunedì 20 marzo, durante il Consiglio “Affari generali”. Il Consiglio ha discusso la questione e ha espresso un parere molto chiaro seguendo gli orientamenti della dichiarazione OSCE/ODIHR rilasciata quel pomeriggio.
Chiaramente la cosa importante, ora, è la conseguenza che avranno questi avvenimenti – la reazione dell’Unione europea. Il Consiglio ha creduto fosse vitale, per prima cosa, reagire con rapidità e lanciare un segnale. Ancora una volta sono felice per la celerità con cui anche il Parlamento ha saputo mettersi al lavoro su questa situazione per trasmettere un segnale politico. Nei prossimi giorni e settimane, il Consiglio valuterà con attenzione quali misure specifiche si possano e si debbano adottare per esprimere il nostro malcontento al riguardo, oltre che per influenzare i futuri sviluppi nel paese.
A mio avviso, la situazione è molto complessa e le misure da adottare devono essere valutate con attenzione, perché non vogliamo che nessuno dei nostri provvedimenti abbia ripercussioni sulla popolazione o sulla società civile. Al contrario, ora dobbiamo cercare di rafforzare una società libera, o una società civile libera. Occorre cercare metodi per cooperare, per sostenere i coraggiosi che si radunano, che si battono strenuamente, e bisogna valutare le mosse future. Per tale motivo, lunedì il Consiglio ha deciso di riunirsi con la Commissione per decidere esattamente che tipo di misure adottare.
E’ molto importante che i provvedimenti attuali e futuri dell’Unione europea siano appoggiati dai partner dell’UE. Nel complesso, 40 paesi hanno appoggiato la dichiarazione rilasciata dalla Presidenza ieri pomeriggio: questo è un forte segnale. La dichiarazione ha ricevuto il sostegno dei paesi candidati, dei paesi che partecipano al processo di stabilizzazione e associazione – Albania, Bosnia-Erzegovina, Serbia e Montenegro –, dei paesi dell’EFTA quali l’Islanda, il Liechtenstein e la Norvegia, e anche dell’Ucraina e della Moldova. E’ essenziale raggiungere un ampio consenso per poter lanciare un chiaro segnale al riguardo.
Dovremo altresì avviare un dialogo con la Russia, ovviamente, e questo è un altro aspetto cruciale di quanto è successo. Occorre mettere in chiaro che anche la Russia deve abbracciare i valori comuni dell’Unione europea, che i quattro settori di cui sempre parliamo nel partenariato con la Russia prevedono che, anch’essa, si attenga alle regole democratiche. Naturalmente lo faremo presente nei nostri contatti con la Russia.
Per concludere, vi assicuro che il Consiglio prende molto seriamente la situazione, che siamo preoccupati per la Bielorussia, l’ultimo paese in Europa ove manca il rispetto per i diritti umani e in cui non esiste libertà di riunione o di espressione. Continueremo a impegnarci attivamente per migliorare la situazione. Come ha commentato il ministro degli Esteri austriaco dopo le elezioni: “Non sarà sempre inverno a Minsk”.
Ole Krarup (GUE/NGL). – (DA) Signora Presidente, mi perdoni questa violazione delle regole basilari. Mi permetto semplicemente di protestare per lo svolgimento di questo dibattito che, nella migliore delle ipotesi, si può definire un’assoluta perdita di tempo. Decidere all’improvviso, con preavviso di poche ore o pochi minuti, di discutere di un argomento così importante è chiaramente una violazione del Regolamento. E’ un tema importante, ma qui non vediamo altro che un autocompiacimento insolito in un contesto democratico, che si riflette nelle reazioni alle elezioni e all’oppressione in Bielorussia. Non è una questione da discutere con breve preavviso: così facendo si contravviene al Regolamento, e insisto affinché si ponga fine al dibattito e si passi all’ordine del giorno vero e proprio.
Presidente. Molte grazie, onorevole Krarup. La richiesta di emendare l’ordine del giorno è stata presentata ieri: presumo sia stata discussa all’interno dei gruppi. Ho annunciato il cambiamento all’ordine del giorno questa mattina spiegando chi aveva presentato richiesta, quali erano i gruppi coinvolti e il numero di firme ricevute. Non è stata sollevata alcuna protesta dall’Assemblea. Sono sicura che l’onorevole deputato affronterà la questione all’interno del suo gruppo.
László Kovács, Membro della Commissione. (EN) Signora Presidente, le recenti elezioni in Bielorussia e gli avvenimenti di domenica nella capitale, Minsk, hanno chiaramente confermato che il Presidente Lukashenko è determinato a mantenere il potere con qualsiasi mezzo. Non c’è da meravigliarsi, trattandosi di un regime repressivo che non mostra alcuna tolleranza per i concorrenti politici. La cosa negativa è che il Presidente e il regime godono ancora di un certo appoggio presso una buona fetta della popolazione. Tuttavia, le manifestazioni pacifiche hanno dimostrato un consolidamento delle forze pluralistiche nel paese, e questo è uno sviluppo positivo.
In base alle conclusioni della relazione iniziale dell’OSCE e dell’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani, le elezioni del 19 marzo sicuramente non soddisfano i criteri dell’OSCE in materia di elezioni democratiche vista l’inosservanza dei diritti fondamentali riguardanti la libertà di riunione, di associazione e di espressione, l’uso arbitrario del potere statale, il fenomeno diffuso dell’incarcerazione e i problemi registrati nel conteggio anticipato dei voti e nei processi di tabulazione.
Alla luce di questi gravi problemi, la Commissione ritiene che le elezioni presidenziali in Bielorussia siano sostanzialmente state viziate da irregolarità, ponendo seri dubbi sul fatto che i risultati delle elezioni riflettano veramente la volontà del popolo bielorusso. La Commissione, inoltre, deplora il divieto di ingresso agli osservatori dell’OSCE e dell’UE che già erano stati annunciati e registrati, tra i quali anche alcuni deputati al Parlamento europeo. Deprechiamo la facilità con cui vengono istruite cause penali contro gli esponenti dell’opposizione, e gli arresti di attivisti all’opposizione e di manifestanti pacifici. Esortiamo le autorità bielorusse a concederne il rilascio immediato.
La Commissione sta ora valutando la possibilità di imporre sanzioni. E’ importante che le misure sanzionatorie siano mirate esattamente ai responsabili della frode elettorale: dobbiamo evitare di colpire la popolazione, facendolo capire con chiarezza. La Commissione parteciperà pienamente all’elaborazione di tali misure.
Per quanto riguarda il futuro, dobbiamo continuare a fare il possibile per sostenere la democratizzazione e la società civile. Al momento stiamo ultimando una proposta per la nostra strategia di assistenza dal 2007 in poi. In conformità alle conclusioni del Consiglio, continueremo ad appoggiare il processo di democratizzazione con i diversi strumenti a nostra disposizione, e a soddisfare le esigenze della popolazione puntando allo sviluppo sociale ed economico nella società bielorussa; lo possiamo fare grazie ai futuri strumenti della politica europea di vicinato. Questo tipo di assistenza ci permetterà di stabilire contatti con i funzionari di medio livello per ridurre l’autoisolamento della Bielorussia, collaborare con le ONG e fornire assistenza a diretto vantaggio della popolazione, ad esempio in campo sanitario e ambientale o nella zona colpita dal disastro di Chernobyl.
I programmi televisivi e radiofonici attualmente trasmessi in Bielorussia con il sostegno della Comunità europea sono un importante contributo alla democratizzazione e alla visibilità dell’UE nel paese. E’ importante far capire alla popolazione locale il considerevole sforzo finanziario dell’Unione europea e i potenziali vantaggi della politica europea di vicinato. Con la nostra assistenza saremo lieti di promuovere i contatti interpersonali e cercheremo la massima flessibilità nei limiti delle norme finanziarie.
Bogdan Klich, a nome del gruppo PPE-DE. – (PL) Signora Presidente, il dibattito odierno è importante. La decisione di includere questo punto all’ordine del giorno si riflette in maniera molto positiva sul Parlamento europeo. Il discorso oggi tenuto dal Commissario influisce positivamente anche sulla Commissione europea. Sembra che, per la prima volta dopo tanto tempo, Parlamento e Commissione parlino la stessa lingua, e questo è un ottimo segno.
I bielorussi aspettano da noi un gesto di solidarietà politica, invocato da Aleksander Milinkevich durante una visita al Parlamento europeo alcuni mesi fa. Egli ha incontrato l’Alto rappresentante Solana e il Commissario Ferrero-Waldner, ed è stato riconosciuto come partner democratico dai leader politici dell’Unione europea. Solidarietà politica non vuol dire solo rilasciare dichiarazioni politiche, ma anche rivedere le politiche della nostra Unione. Questo processo di revisione di ampio respiro deve tendere a isolare le autorità al potere senza isolare la società bielorussa, a sostenere la società bielorussa senza sostenere le autorità.
Da tempo questa Assemblea chiede che l’Unione adotti misure intelligenti, che introducano sanzioni solo contro i funzionari del regime, i responsabili della violazione dei diritti civili e delle libertà democratiche. Chiediamo che l’elenco delle persone cui è fatto divieto di entrare nell’UE sia considerevolmente allargato. Come delegazione del Parlamento europeo in Bielorussia, abbiamo presentato richiesta ufficiale all’Alto rappresentante Solana e al Commissario Ferrero-Waldner. E’ altresì molto importante aprire le porte dell’Unione europea ai cittadini bielorussi che non trovano spazio nel loro paese, ed è fondamentale coinvolgere i giovani di quel paese attualmente esclusi dalle università per avere preso parte alle manifestazioni per la pace in un programma speciale di borse di studio negli Stati membri dell’UE. E’ un dovere che abbiamo nei confronti dei nostri partner bielorussi.
Jan Marinus Wiersma, a nome del gruppo PSE. – (NL) Signora Presidente, analizzando gli avvenimenti della scorsa domenica, credo sia molto chiaro che l’unica reazione adeguata sia un’aspra condanna delle elezioni tenutesi quel giorno in Bielorussia.
Si è trattato di elezioni non libere e irregolari, con una situazione addirittura peggiore di quella registrata alle elezioni presidenziali di quattro anni fa. Penso sia altresì giusto e opportuno che l’Unione europea lo dica con molta chiarezza, e faccia sapere alla nostra opinione pubblica che non intendiamo accettare che una dittatura continui a dominare il paese con elezioni di questo tipo.
Questo, ovviamente, pone un’inevitabile domanda: cosa dovremmo fare ora? Condivido il parere dell’onorevole Klich, secondo cui dobbiamo trovare il modo di estendere le cosiddette sanzioni intelligenti.
A nostro avviso, non ha senso prevedere sanzioni dirette alla popolazione del paese. La cosa più importante che possiamo fare per i cittadini bielorussi è contribuire a un’azione di sensibilizzazione e di promozione del pluralismo a livello nazionale.
Credo che Consiglio e Commissione debbano spiegare chiaramente come strutturare il regime dopo le elezioni, e che dovremmo descriverlo utilizzando le dure parole usate dagli Stati Uniti. Così, almeno, non ci saranno dubbi su cosa ne pensiamo.
Penso inoltre che dovremmo valutare l’ipotesi di ampliare il ruolo dell’Alto rappresentante. Perché, in effetti, non nominare un rappresentante speciale dell’UE per la Bielorussia?
Come ha detto un momento fa il Presidente in carica del Consiglio Winkler, un punto fondamentale è ovviamente il rapporto con la Russia. Va bene avere 40 firme in calce a una dichiarazione dell’UE – anzi, benissimo – ma manca una firma. Quella firma si trova in fondo a un telegramma che Putin ha inviato a Lukashenko già domenica, credo, per congratularsi ancora una volta per il fantastico risultato raggiunto, in cui egli esprime la speranza di potere, insieme, collaborare per l’ulteriore sviluppo democratico di entrambi i paesi.
Questa è la situazione cui ci troviamo di fronte. Spero che questi temi saranno affrontati al Vertice del G8, ma forse anche, e soprattutto, nel quadro delle consultazioni periodiche tra Russia e Unione europea. Per l’Unione europea è di vitale importanza unire le forze con i paesi vicini quali l’Ucraina, ma anche con gli Stati Uniti, allo scopo di sviluppare ancor più una politica finalizzata a portare il cambiamento nel paese in questione.
Ritengo altresì che, in questo momento, una politica più visibile da parte nostra darebbe buoni risultati. Queste elezioni hanno attirato così tanto l’attenzione dei media in tutti i nostri paesi che dovremmo sfruttare l’interesse che si è creato.
Per concludere, tra due settimane terremo un dibattito più approfondito sulla questione a Strasburgo, dove potremo discutere più nel dettaglio le possibili azioni dell’Unione europea. Vorrei quindi chiedere al Consiglio una cosa, e cioè di presentare un programma valido e proposte efficaci a sostegno dell’opposizione e della società civile nel paese. Penso sia veramente importante valutare altri modi per dare all’opposizione l’appoggio che merita e di cui ha bisogno, ed è probabilmente questa l’unica maniera per garantire il cambiamento nel paese. Condivido il pensiero del Presidente Winkler: l’inverno non può durare per sempre a Minsk.
Jeanine Hennis-Plasschaert, a nome del gruppo ALDE. – (NL) Signora Presidente, il Consiglio e la Commissione hanno giustamente manifestato l’intenzione di avviare consultazioni sulle sanzioni e sulle misure da adottare. In tutta onestà, sono stupita che non sia stato preparato prima un piano d’attacco. Dopo tutto, la situazione in cui si trova la Bielorussia non è una sorpresa per nessuno.
Sono già stati suggeriti molti esempi di sanzioni e misure possibili, e approvo in maniera incondizionata programmi quali l’estensione del divieto di rilascio del visto ai rappresentanti di governo, una politica flessibile che preveda visti a basso costo per i comuni cittadini bielorussi, il congelamento dei capitali stranieri, una migliore armonizzazione dei programmi finanziari europei per rispondere alla situazione specifica della Bielorussia e via di seguito.
Una cosa che, a mio avviso, è rimasta in sordina è il ruolo della Russia in tutta questa faccenda, a cui l’onorevole Wiersma ha ora brevemente accennato. La cosa ancora più importante è il ruolo che l’UE può e, in effetti, deve svolgere al riguardo. Vorrei solo ricordarvi che Putin si è congratulato con Lukashenko per la vittoria senza minimamente batter ciglio. Così facendo, ha semplicemente mostrato il proprio disprezzo per le conclusioni provvisorie dell’OSCE, e proprio lui continua a favorire l’economia bielorussa con la fornitura di materie prime a basso prezzo.
Non è forse ora che Consiglio e Commissione diano il via a un dialogo costruttivo con Putin? Il Presidente in carica del Consiglio ha appena detto di dare per scontato che alcuni temi saranno affrontati nei colloqui con la Russia. Può essere un nobile tentativo, ma non sufficiente. Sicuramente è inaccettabile che Putin continui, impassibile, con la sua politica e si congratuli con Lukashenko mentre i diritti umani vengono ancora violati in maniera così manifesta.
O forse, assumendo una posizione del tutto inequivocabile, rischiamo di creare conflitti con altre priorità, ad esempio garantire l’approvvigionamento energetico dell’Europa? Per me sarebbe molto importante che i nostri interessi non compromettessero gli ideali su cui si basa l’Unione europea.
Elisabeth Schroedter, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signora Presidente, per quanto mi riguarda la cosa più importante è che risulta chiaro che tutte le Istituzioni europee concordano nel definire queste elezioni una farsa. Non esiste alcuna prova credibile a sostegno delle dichiarazioni rilasciate da Lukashenko sulla vittoria alle elezioni. Si è mantenuto al potere con l’inganno, questa è la verità.
La gente si fa sempre meno imbrogliare da questa truffa, perché altrimenti decine di migliaia di persone non si sarebbero radunate in Piazza Ottobre la sera delle elezioni di domenica, nonostante le minacce del Presidente Lukashenko e dei servizi segreti. Queste persone di Piazza Ottobre sono per noi la grande speranza della Bielorussia, e quindi vorrei rivolgere loro un saluto molto speciale da questa Assemblea essendo i nostri futuri partner.
Per tale motivo, la priorità assoluta è riconoscere queste persone come partner, sostenere le loro attività democratiche e garantire che, in caso di arresto, sarà imposto un divieto di rilascio del visto per coloro che li arrestano. Dopo tutto, queste persone non fanno altro che esercitare il diritto democratico alla libertà di espressione e manifestare il desiderio di vivere in una democrazia.
Vorrei inoltre ribadire la questione della Russia. E’ fondamentale che il modo in cui procedere con la Bielorussia sia inserito come punto di particolare importanza all’ordine del giorno del prossimo Vertice G8. Chiunque continui a sostenere ciecamente la Bielorussia e il Presidente Lukashenko non può essere un vero partner per l’Unione europea. La Bielorussia rappresenta un ostacolo per i buoni rapporti tra Russia e UE, e quindi il problema deve essere discusso. Esigo che la Presidenza ci riferisca in merito all’andamento dei negoziati. Questo è l’unico modo per fare un passo avanti e sostenere chi ancora resiste in Piazza Ottobre.
Michał Tomasz Kamiński, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signora Presidente, è estremamente ottimistico il fatto che oggi, in Aula, i rappresentanti di diversi gruppi politici si stiano esprimendo all’unisono. E’ un buon esempio di solidarietà europea e dimostra che tutti i presenti, o perlomeno la stragrande maggioranza, attribuiscono la stessa importanza ai principi basilari dei diritti umani e civili, ora duramente calpestati in Bielorussia.
Anch’io mi unisco a chi, oggi, ha fortemente sottolineato il fatto che il Presidente Lukashenko e tutti gli avvenimenti che accadono nel paese non sarebbero possibili se lo stesso dittatore non pensasse di avere l’appoggio di protettori influenti e amici potenti al Cremlino. Bisogna rendersi conto che la soluzione dei problemi in Bielorussia non si può trovare unicamente nel paese, ma sta anche nel convincere le autorità russe che noi, come cittadini dell’Unione europea, consideriamo del tutto inaccettabile la situazione esistente oltre il confine orientale dell’Unione europea.
Onorevoli colleghi, vorrei citare un punto che sinora non è stato sollevato nel dibattito perché, ovviamente, abbiamo discusso dei crimini legati alle elezioni tenutesi alcuni giorni fa in Bielorussia. Occorre tuttavia ricordare che c’è una certa continuità nel problema delle violazioni dei diritti umani nel paese, che non riguarda solo il processo elettorale. Esorto l’Unione europea a impegnarsi di più, non solo nel campo dei diritti umani intesi come diritti elettorali, ma anche nella promozione della libertà d’informazione e dei media in Bielorussia, visto che il regime del Presidente Lukashenko rimane al potere anche perché inganna i cittadini.
Charles Tannock (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, la Bielorussia è inaspettatamente diventata un’entità statale nel 1991. Ha avuto una storia terribile, risentendo in maniera molto grave delle ricadute radioattive di Chernobyl. In effetti, sono stato uno degli autori di un emendamento, durante la scorsa legislatura, volto ad aumentare i fondi per aiutare i bambini che ancora soffrono delle conseguenze della radioattività.
La Bielorussia deve ora sopportare un dittatore paranoico e autoisolazionista come Lukashenko. Ho descritto il paese come la “Cuba d’Europa”. Lukashenko non ha tempo per elezioni libere ed eque, si limita a organizzare una farsa. Crede nel motto staliniano secondo cui non è importante com’è condotto lo scrutinio, ma chi lo controlla. La cosa strana è che Lukashenko avrebbe potuto addirittura avere abbastanza voti dalla popolazione – dal 55 al 60 per cento – per vincere in un’elezione libera, ma per un uomo come lui non era abbastanza: voleva un margine di maggioranza molto più ampio come dittatore temendo che, se fosse aumentata la sua impopolarità, la prossima volta non avrebbe avuto un margine di sicurezza con cui retrocedere al 55 o al 60 per cento.
Purtroppo la Russia, guidata da Putin, fornisce gas alla Bielorussia al prezzo di 50 dollari per mille metri cubi, e l’economia bielorussa è abbastanza prospera da permettere a Lukashenko di comprare i voti dei pensionati, dei militari, della polizia e di tutto l’apparato statale. Fortunatamente i giovani sono più cinici, e rendo onore al coraggio di tutti coloro che si sono riversati in strada in segno di protesta, affrontando la brutalità e la violenza della milizia e del KGB controllati da Lukashenko.
In definitiva, Lukashenko deve essere considerato un paria in Occidente, e dobbiamo inasprire il divieto di viaggiare per tutti i membri del regime nonché congelare i loro beni finanziari. Dobbiamo sostenere la società civile e le ONG, mentre nell’Unione europea necessitiamo di un programma di visite molto speciale, con una consistente dotazione, per portare nella nostra Assemblea gli studenti, i giornalisti e i membri della società civile – animatori e promotori di iniziative e formatori di opinione –, affinché possano vedere come funziona veramente la democrazia.
(Applausi)
Joseph Muscat (PSE). – (MT) Grazie, signora Presidente. I coraggiosi di Piazza Ottobre stanno scrivendo la storia del loro paese. Lo stanno facendo perché stanno demolendo il muro di paura e di apatia che regnava in Bielorussia. E’ un grande smacco per chi non crede nella democrazia. Stanno rischiando tutto: il lavoro, gli studi, la famiglia, la vita. Nonostante le minacce, dalla scorsa domenica i coraggiosi giovani di Piazza Ottobre sono riusciti a organizzare tutti i giorni una veglia di coraggio che durerà, almeno, fino a sabato prossimo. Insistiamo affinché non sia usata alcuna violenza contro queste persone: per noi sarebbe inaccettabile. Alcuni di questi giovani sono stati espulsi dall’università perché stanno manifestando. Ora dobbiamo mettere in pratica la solidarietà di cui abbiamo a lungo parlato. Se le cose non miglioreranno, dovremo dare a questi giovani un posto per studiare nelle università europee, qui tra noi. Le parole che tante volte abbiamo pronunciato devono tramutarsi in realtà. E’ stato dato il segnale: chi ha orecchie per intendere intenda. Nessuno si sta illudendo. D’ora in poi, comunque, si tratterà di vedere chi è in grado di resistere più a lungo. Non possiamo trovare scuse. Non possiamo nasconderci dietro ostacoli burocratici o diplomatici nell’aiutare queste forze democratiche. L’iniziativa delle trasmissioni radiofoniche nel paese è un buon passo nella giusta direzione ma, sinceramente, non so come sia andata a finire. A parte questo, non dobbiamo sottrarci alle nostre responsabilità semplicemente perché abbiamo preso l’iniziativa. Quello che sta accadendo in Bielorussia ci riguarda perché sta accadendo a casa nostra. Grazie.
Janusz Onyszkiewicz (ALDE). – (PL) Anch’io vorrei parlare della necessità di agire concretamente. Abbiamo già accennato all’eventualità di allungare l’elenco delle persone cui è fatto divieto di entrare nel territorio dell’Unione europea, ma vorrei aggiungere che l’elenco deve essere ampliato in maniera drastica, non solo di sette o otto nomi. Deve essere una lista contenente centinaia di persone ed essere resa pubblica anche in Bielorussia, un elenco che devono firmare non solo gli Stati membri dell’Unione europea, ma anche i paesi che aspirano a farne parte. Lo scopo è assicurare che chi ora perseguita i manifestanti non possa recarsi in vacanza in Turchia, Romania o Bulgaria. C’è inoltre la possibilità di congelare i conti di queste persone in modo che, come minimo, non possano acquistare nulla da noi. Mi scuso per avere banalizzato un po’ la questione, ma volevo andare sullo specifico. C’è poi una terza questione che è spesso discussa al Parlamento europeo ed è apparsa anche nelle risoluzioni parlamentari, cioè cambiare il modo di agire dell’Assemblea nelle misure adottate a sostegno della società civile in Bielorussia e in altri paesi, e nell’appoggio dato a iniziative intraprese nel nome della democrazia.
E’ piuttosto imbarazzante che, in questo caso, siano state usate così poche risorse. Non sto parlando delle risorse stanziate allo scopo, che in realtà sono state molte, ma di quelle realmente utilizzate: sono state limitate a causa delle varie lungaggini procedurali. Per questo vorrei lanciare un ulteriore appello per la creazione di una specie di fondo simile alla Fondazione Westminster, una delle fondazioni tedesche, o a quelli dei Paesi Bassi, cosicché si possa significativamente migliorare il processo di trasferimento dei fondi.
L’ultima cosa che vorrei dire è che varrebbe la pena di dimostrare ai bielorussi che, mentre Lukashenko ha isolato il paese, mentre ha proibito gite scolastiche e persino i viaggi per motivi di cure mediche imponendo a chi si reca all’estero il pagamento di un dazio, l’Unione europea potrebbe decidere di rilasciare un visto gratuito a chi ha i requisiti per ottenere il visto di entrata. A mio avviso, sarebbe un ottimo approccio e un gesto encomiabile.
Konrad Szymański (UEN). – (PL) Sono anni che conosciamo le azioni di questo dittatore al di là dei nostri confini orientali. Il nostro problema, però, è stato rispondere alla domanda su cosa dovessimo fare al riguardo.
Il periodo di impotenza politica è finito quando il Parlamento europeo ha preso l’iniziativa, soprattutto durante il presente mandato. Sono convinto che, in tal senso, l’Assemblea abbia reso un servizio storico. Oggi, però, dobbiamo combattere l’impotenza mostrata dall’Europa e dal mondo libero nell’adozione di misure concrete. Entro breve, dobbiamo ampliare considerevolmente l’elenco delle persone non gradite sul suolo dell’Unione europea. A medio termine, dobbiamo trovare metodi efficaci per sostenere le forze civili, e in primo luogo i media. Interrompere il blocco delle informazioni è di vitale importanza per ripristinare la fiducia in un percorso di sviluppo alternativo in Bielorussia. Dobbiamo potenziare le nostre azioni in tal senso. I primi passi sono già stati fatti, ma devono essere considerati solo come i primi passi. La cosa più importante è che, a lungo termine, anche i bielorussi pensino che tutto questo li porterà da qualche parte.
Dobbiamo aprir loro la strada all’Occidente offrendo concrete prospettive europee. Senza questo, i bielorussi non crederanno mai di potere liberarsi dal dominio di uno o dell’altro dittatore. Senza questa prospettiva, il regime di Lukashenko passerà, ma al suo posto ci sarà qualcun altro che imporrà la politica della Russia, che intende ripristinare la propria sfera d’influenza nella regione. Non c’è una terza via per questa parte dell’Europa. Io, come polacco, lo so fin troppo bene.
Árpád Duka-Zólyomi (PPE-DE). – (SK) I risultati delle elezioni presidenziali in Bielorussia erano previsti. L’esito riflette l’uso della violenza, dell’inganno e degli arresti di massa, in altre parole, le gravi violazioni alle norme basilari su cui si fondano elezioni libere e democratiche. Come evolverà adesso la situazione, dopo le elezioni? Sembra si sia chiuso un capitolo nella lotta per la democrazia in Bielorussia, ma non dobbiamo rimanere inerti. La gente sta protestando nelle strade di Minsk ormai da cinque giorni.
Cosa possiamo fare nel Parlamento europeo e nell’Unione europea in simili circostanze? Innanzi tutto, non dobbiamo accettare il risultato elettorale: ciò significa che dobbiamo respingere, ignorare e isolare il Presidente bielorusso dal resto del mondo.
In secondo luogo, l’Unione europea e il Parlamento europeo devono, d’ora in poi, sostenere apertamente solo le forze democratiche all’opposizione e le associazioni dei cittadini, o la società civile, come è già stato suggerito in questa sede. L’appoggio non si deve esprimere solo a livello morale, ma deve essere specifico e includere assistenza finanziaria. Un’altra misura efficace può essere l’integrazione dei partiti bielorussi all’opposizione nelle strutture di partito europee. In Slovacchia l’SMK [Partito della coalizione ungherese] ha dato il buon esempio firmando, lo scorso anno, un accordo con il Fronte nazionale bielorusso e il Partito civico unito, e trattando al contempo il tema nel PPE-DE. Grazie a questo i due partiti godranno dello status di osservatori del PPE-DE al congresso che si terrà a Roma la prossima settimana.
In terzo luogo l’Unione europea e, in particolare, la Commissione devono elaborare una nuova strategia che risulti chiara, più efficace e più coerente. Non dobbiamo permettere che il sostegno finanziario dell’UE sia canalizzato attraverso l’amministrazione di Lukashenko, dove non abbiamo alcun controllo sulle modalità di utilizzo. La Repubblica slovacca è a favore di procedure più rigide e severe.
Onorevoli colleghi, l’Unione europea deve continuare a occuparsi di Lukashenko e non continuare come se nulla fosse: come principale partner commerciale della Bielorussia l’UE ha, in realtà, largamente contribuito alla difesa di questo regime.
Rolandas Pavilionis (UEN). – (LT) Gli ultimi avvenimenti in Bielorussia hanno dimostrato due cose: in primo luogo, che è necessario rivedere radicalmente e mettere in pratica la strategia dell’Unione europea sulla Bielorussia il più rapidamente possibile, e che il positivo emergere di una società civile che sta prendendo forma non deve tranquillizzare né i leader dell’Unione europea né i parlamenti e i governi dei suoi Stati membri. L’ondata di repressione non cesserà, ma aumenterà: il primo obiettivo, quindi, è proteggere dalla repressione le forze che si oppongono al regime e i loro leader. Questa strategia concreta e vincolante deve essere incoraggiata dai parlamenti e dai governi di tutti gli Stati membri dell’Unione europea, non solo di quelli che confinano con la Bielorussia. In secondo luogo, avendo isolato la leadership del regime, dobbiamo usare tutti i mezzi possibili per rafforzare l’aiuto dato dall’informazione al popolo bielorusso, sviluppare i contatti esistenti e stabilirne di nuovi a tutti i livelli della società civile: la comunità imprenditoriale, gli accademici, le persone coinvolte nelle arti e nella cultura e i giornalisti. Credo che un esempio valido e concreto sia già stato fornito dalla Lituania dando rifugio a quella che, per tradizione, era l’unica università libera in Bielorussia, successivamente mandata in esilio. Offrire ai giovani bielorussi simili opportunità di studio in istituti di istruzione superiore e nelle università dell’Unione europea è, senza dubbio, la priorità di una strategia comune dell’UE come questa.
Ryszard Czarnecki (NI). – (PL) Signora Presidente, ero membro di quella delegazione del Parlamento europeo che non si è mai recata in Bielorussia. Ho raccolto la sfida. Sono stato fermato alla frontiera e ho assistito alla scena ridicola: l’assurdità del treno che per un’ora ha aspettato al confine tra Polonia e Bielorussia, le persone che stavano a guardare inorridite e che poi hanno attraversato il confine, terrorizzate. Guardando i pubblici ufficiali controllare i passaporti, mi sono ricordato dell’era comunista. Era come se stessi guardando un film di quei tempi. Ho visto piccoli contrabbandieri.
Il confine sul fiume Bug è un ridicolo muro di Berlino, e abbiamo ragione ad affermare che le autorità devono essere isolate. Per riuscire a creare contatti, però, lancio un appello affinché non si isoli la società bielorussa, i giovani, gli studenti, i giornalisti, gli accademici e chi lavora per le ONG, che già sono vittima di discriminazioni nel paese. Dobbiamo costruire ponti che permettano ai giovani bielorussi di sentirsi europei, e di capire che anch’essi possono e devono sostenere valori come la democrazia e la libertà.
Hans Winkler, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signora Presidente, sono veramente molto riconoscente all’Assemblea per l’appoggio forte, unanime e massiccio dato ai nostri sforzi e a quelli della Commissione.
Siamo tutti dello stesso parere, e ora dobbiamo trovare la giusta maniera per attribuire al regime la responsabilità della situazione, dello svolgimento delle elezioni, e per sostenere chi vuole portare il cambiamento. Siamo tutti d’accordo su questo. E’ ovviamente nostra intenzione seguire molte raccomandazioni presentate in questa sede.
Non potendo addentrarmi nei dettagli dei vari punti sollevati, vorrei commentare gli aspetti che trovo particolarmente interessanti in questo contesto. L’onorevole Klich ha ricordato all’Assemblea che Alexander Milinkevich ha fatto visita al Parlamento; faccio notare che egli si è recato in visita anche al Consiglio – in ogni caso, 14 ministri degli Esteri erano presenti a quella discussione, tenutasi durante un incontro del Consiglio e, anche in quell’occasione, abbiamo espresso a gran voce tutta la nostra ammirazione per il coraggio dell’opposizione e la forza di tutto il nostro appoggio.
Molti oratori hanno fatto riferimento a misure restrittive, o sanzioni. E’ proprio ciò di cui ora abbiamo bisogno. Esistono già limitazioni sui visti, e queste restrizioni ora devono essere estese. L’onorevole Schroedter ha detto che occorre imporre un divieto di rilascio dei visti per tutti i responsabili, ed è proprio ciò che occorre. Questo è anche il motivo per cui – anche se, naturalmente, in passato sono già stati valutati piani d’azione – solo ora siamo in grado di adottare misure specifiche: perché ora sappiamo esattamente chi sono i responsabili della situazione in Bielorussia e quali nomi devono comparire sull’elenco delle restrizioni per i visti, benché sia ancora necessaria un’analisi approfondita.
Come molti oratori hanno affermato, dobbiamo al contempo trovare il modo di offrire assistenza a chi desidera andare all’estero, visitare i nostri paesi, ampliare i propri orizzonti e vedere come funziona la democrazia. Sono altresì molto riconoscente al Commissario Kovács per avere assunto una posizione specifica sulle misure previste dalla Commissione, perché sarà anche importante che la Commissione, con il nostro pieno sostegno, sviluppi programmi credibili e coerenti.
Sono state citate sanzioni intelligenti. In effetti è proprio ciò di cui abbiamo bisogno anche se, onestamente, devo dire che trovare esattamente il tipo di misure che non danneggino le persone sbagliate è più facile a dirsi che a farsi.
E’ stato inoltre posto l’accento sugli osservatori dell’UE, a cui è stato negato l’accesso. E’ un episodio a dir poco spiacevole. Sottolineo che la dichiarazione della Presidenza di ieri sulla situazione in Bielorussia deplorava espressamente il divieto di ingresso imposto agli osservatori dell’UE, compresi i deputati al Parlamento europeo: è la dimostrazione della grandissima paura di lasciare entrare nel paese liberi parlamentari.
E’ assolutamente nostro dovere sostenere i giovani, la società civile, chi sta ancora resistendo nonostante le temperature sottozero, e ci uniremo alla Commissione per cercare il modo di farlo.
L’onorevole Kamiński ha parlato di mezzi d’informazione liberi, che svolgono un ruolo basilare: in effetti questo è importante. Per esperienza tutti noi conosciamo – e, come austriaco, sono in una posizione particolarmente favorevole per giudicare – l’importanza del ruolo che, un tempo, la radio e la televisione indipendente hanno svolto nella vicina Ungheria e in Cecoslovacchia. Anche oggi dobbiamo fare in modo che chiunque sia interessato abbia la possibilità di ricevere notizie non sottoposte a censura e a controlli, e faremo il possibile al riguardo.
László Kovács, Membro della Commissione. (EN) Signora Presidente, l’Unione europea è sicuramente una comunità di valori comuni, una comunità di paesi democratici. Di conseguenza, dobbiamo dichiarare apertamente che non intendiamo accettare il regime repressivo del Presidente Lukashenko, la violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, la violazione dei diritti di campagna elettorale per i candidati ufficiali all’opposizione e l’arresto di esponenti dell’opposizione e di manifestanti pacifici.
Le dichiarazioni politiche sono importanti, ma sicuramente non sufficienti. Occorre quindi introdurre e mantenere sanzioni che riflettano chiaramente la nostra posizione. Dobbiamo evitare sanzioni economiche generalizzate che danneggino la popolazione. Le nostre sanzioni devono essere mirate specificamente ai responsabili delle elezioni corrotte e della sopravvivenza del regime repressivo in Bielorussia. Esse possono prevedere, ad esempio, l’estensione del divieto di rilascio dei visti o il congelamento dei beni negli Stati membri.
Insieme alle sanzioni e al maggiore appoggio a favore della società civile e delle forze democratiche nel paese, dobbiamo incoraggiare e agevolare i contatti interpersonali rinunciando, ad esempio, ai diritti sul rilascio dei visti in casi specifici.
Dobbiamo inoltre sostenere le ONG. Siamo a conoscenza del problema per cui, in base alle nostre regole, si può concedere appoggio solo a ONG ufficialmente registrate, ma la Commissione ha trovato una soluzione. Ora possiamo finanziare ONG registrate al di fuori della Bielorussia che, però, operano per il bene del paese e del suo popolo.
Il dibattito odierno è stato molto incoraggiante: rivela che i deputati al Parlamento europeo, la Presidenza – cioè gli Stati membri – e la Commissione seguono la stessa linea di condotta. Così facendo, e operando in stretta collaborazione, riusciremo a promuovere i cambiamenti democratici in Bielorussia.
Presidente. La discussione è chiusa.
Dichiarazioni scritte (Articolo 142 del Regolamento)
Alessandro Battilocchio (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo a nome del Nuovo Psi tutto il mio sostegno alle proteste contro i brogli elettorali nelle elezioni bielorusse che hanno visto la contestata rielezione del Presidente Lukashenko.
Confermo la piena solidarietà ai manifestanti di Minsk: migliaia di giovani sono in piazza pacificamente da giorni e, tra mille difficoltà, portano avanti una battaglia democratica per costruire un domani diverso e migliore per la loro terra. Le aspirazioni della nuova Bielorussia sono distanti dalle mire dell’ultimo tiranno d’Europa, Alexander Lukashenko, che ha barato alle elezioni, minaccia l’opposizione nelle piazze ed usa la galera come ai tempi di Stalin.
Siamo al fianco dei dissidenti bielorussi, isolati, infreddoliti, picchiati ed umiliati, in lotta per reclamare anche in questo angolo di URSS un futuro di libertà e giustizia. L’orologio della storia deve riprendere a funzionare anche a Minsk.
Marcin Libicki (UEN). – (PL) E’ lodevole che Consiglio, Commissione e Parlamento europeo si esprimano all’unisono sulla questione della Bielorussia, e che per la prima volta lo facciano in maniera così risoluta.
La situazione in Bielorussia è abbastanza grave da indurre il Consiglio e la Commissione, insieme ai deputati al Parlamento europeo, a condannare l’approvazione e il sostegno russo al regime antidemocratico di Aleksander Lukashenko. Non possiamo essere indulgenti a tutti i costi sulla posizione assunta dalla Russia.
Dobbiamo essere onesti e ammettere che le Istituzioni dell’Unione europea hanno aspettato troppo a lungo e reagito con eccessiva lentezza agli avvenimenti in Bielorussia. Le misure adottate sono state lente e inefficaci, non solo perché non volevamo irritare il Presidente Putin o per il ristretto margine di manovra e le risorse limitate, ma anche per quanto citato dall’onorevole Onyszkiewicz, cioè le lungaggini procedurali e l’inadeguata canalizzazione dei fondi spesi. E’ compito della Commissione spendere i fondi stanziati in aiuto alla Bielorussia in maniera adeguata, e la Commissione deve svolgere questa funzione con maggiore efficienza ed efficacia.
In qualità di deputati al Parlamento europeo, chiederemo periodicamente alla Commissione di tenerci informati sullo svolgimento del proprio lavoro e su eventuali miglioramenti della procedura di trasferimento e di attribuzione degli aiuti.
Inoltre, insisteremo affinché Consiglio e Commissione adottino, in futuro, una posizione più ferma nel condannare l’appoggio dato dalla Russia all’ultimo tiranno antidemocratico in Europa.
5. Sfide demografiche e solidarietà tra le generazioni (discussione)
Presidente. L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0041/2006), presentata dall’onorevole Bushill-Matthews a nome della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, sulle sfide demografiche e la solidarietà tra generazioni (2005/2147(INI)).
Philip Bushill-Matthews (PPE-DE), relatore. – (EN) Signora Presidente, sono favorevole alla priorità che il Commissario Špidla ha attribuito a questo tema, priorità riconosciuta e sostenuta da tutti i gruppi politici rappresentati in Parlamento. La presentazione di oltre 200 emendamenti in sede di commissione per quella che è stata ed è una relazione d’iniziativa viene considerata, com’è auspicabile, una conseguenza della sua priorità e non è interamente dovuta in primo luogo all’inadeguatezza del relatore.
Vorrei innanzi tutto ringraziare i colleghi della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, soprattutto i relatori ombra per il loro importante contributo. Desidero ringraziare la commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare e in particolare la commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere – con la quale abbiamo intensificato la cooperazione, sia in via ufficiale che in pratica – per i preziosi pareri espressi e per le molte idee con cui hanno contribuito anche loro alla stesura della relazione.
Tuttavia, una conseguenza diretta di tutto ciò è la lunghezza eccessiva della relazione, forse dovuta al nostro entusiasmo collettivo. Spero, con l’aiuto dei colleghi che voteranno oggi, che riusciremo a ridurla un po’.
In ogni caso, il senso della relazione deve restare chiaro: le sfide di una popolazione che sta invecchiando, con un maggior numero di abitanti che vivono molto più a lungo, con più persone anziane inattive che hanno bisogno dell’aiuto altrui, e persone anziane attive che devono provvedere a se stesse, costituiscono problemi che riguardano non solo gli anziani, ma l’intera società. Le sfide di un tasso di natalità in calo, con meno soggetti in età lavorativa, che non sono matematicamente in grado di mantenere i pensionati che li superano per numero; i tanti genitori che vogliono avere più figli e che sono alle prese con le difficoltà che comporta coniugare il lavoro con la vita familiare, ma che non riescono matematicamente ad arrivare alla fine del mese. Questi non sono solo problemi per i giovani, ma lo sono anche per l’intera società. Si tratta di sfide per i governi; sfide per le imprese. Non ci sono soluzioni adatte a tutti, ma, come dicono nella serie X-Files, la verità è là fuori!
Ci sono molte idee differenti in merito e diverse esperienze cui attingere, non solo nell’Unione. La relazione contiene molte opinioni e molti suggerimenti. Ora abbiamo bisogno di menti più aperte, ma dobbiamo innanzi tutto darci da fare per mettere in pratica queste idee.
Spero che il Commissario Špidla possa riconoscere nella relazione non soltanto le sue priorità, ma anche il suo personale senso di urgenza, e che tutti concordino sul fatto che il vero lavoro comincia adesso.
Vladimir Špidla, Membro della Commissione. – (CS) Signora Presidente, onorevoli deputati, vorrei ringraziare l’onorevole Bushill-Matthews, la commissione per l’occupazione e gli affari sociali e la commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere per la loro relazione davvero stimolante. Mi rallegro del sostegno espresso dal Parlamento per il nostro Libro verde. La relazione del Parlamento è arrivata al momento giusto per imprimere una spinta al lavoro della Commissione in merito alla nuova comunicazione sui dati demografici, dal momento che la ultimeremo nelle prossime settimane. Tale tempestività ci permette quindi di fare un uso molto concreto della vostra relazione, comprendente alcuni punti importantissimi che meritano un posto nella nuova comunicazione, le cui conclusioni sono basate sulle risposte che abbiamo ricevuto sul nostro Libro verde e da studi di impatto finanziati tramite l’azione pilota organizzata dal Parlamento europeo. La relazione afferma inoltre l’opportunità di portare avanti la cooperazione a livello europeo sulle questioni demografiche.
Onorevoli deputati, negli ultimi tempi l’Europa ha conseguito alcuni successi straordinari. Vorrei affermarlo senza possibilità di equivoco, in modo che possiamo imprimercelo in mente. L’invecchiamento demografico della nostra società, relativamente a due angoli e due punti della piramide demografica, è una conseguenza di questi successi. L’aspettativa media di vita è aumentata in virtù degli enormi progressi registrati dalla medicina che hanno, per esempio, sconfitto in larga misura le malattie cardiovascolari, fornendo così un contributo significativo all’aspettativa media di vita delle persone di mezza età. Grazie agli importanti progressi della medicina nel campo dell’assistenza pediatrica e perinatale, le cifre relative alla mortalità infantile e neonatale sono scese a livelli mai visti prima d’ora e che probabilmente erano imprevedibili fino a qualche decennio fa. Si tratta di un successo incontestabile. Oggi beneficiamo, per così dire, di una vita due volte più lunga rispetto ai nostri antenati, e mi ha fatto piacere scoprire, in occasione di dibattiti con le compagnie di assicurazione, che ora queste ultime si servono di tabelle di mortalità che arrivano non fino a 80, ma fino a 120 anni.
Questo successo ha ovviamente le sue conseguenze, poiché l’invecchiamento demografico modifica l’intera nostra società in tutti i settori. È importante rendersi conto che occorre una risposta olistica, una risposta che sia completa e globale. L’invecchiamento demografico va oltre le questioni dei sistemi previdenziali, della salute, dell’istruzione, dell’urbanistica e così via. Dubito infatti che si possa trovare un settore dell’attività umana che non sia interessato dall’invecchiamento demografico, compreso quello delle forze armate. Pertanto dobbiamo sforzarci di assicurare che l’invecchiamento attivo diventi una realtà. Dobbiamo sviluppare i nostri servizi di assistenza per i bambini e per gli anziani, dobbiamo sviluppare nuovi prodotti e nuovi servizi per rispondere meglio alle esigenze delle persone che invecchiano e ovviamente alle esigenze di una società che invecchierà nel suo complesso, dal momento che il suo profilo d’età cambia. Infine dobbiamo investire di più nello sviluppo e nel mantenimento del nostro capitale umano in modo da conseguire livelli elevati di occupazione e permettere agli anziani di rimanere attivi più a lungo in seno alla forza lavoro. Nelle risposte alle consultazioni sul Libro verde, soprattutto nelle risposte degli Stati membri, è stato dato grande risalto all’esigenza di una migliore armonizzazione della nostra vita privata, familiare e professionale.
Di fatto, in alcuni Stati membri, gli immigrati stanno già invertendo la tendenza al declino demografico. Per avere un effetto davvero benefico, l’immigrazione deve andare di pari passo con un impegno maggiore per l’integrazione e per il superamento delle differenze. Malgrado tutto ciò, onorevoli deputati, resta chiaro che gli immigrati su cui contiamo – in quanto prerogativa stabile delle nostre società nel futuro – non costituiscono la risposta ai problemi dell’invecchiamento demografico. Sono una delle componenti, ma non devono mai essere considerati la soluzione.
Vorrei citare alcuni temi da includere nel nostro programma di lavoro per gli anni a venire. Vorremmo rinnovare il nostro impegno per armonizzare la famiglia con la vita professionale, perché è chiaro che i cittadini europei vogliono avere più figli di quanti non ne abbiano attualmente. E per soddisfare i loro desideri e le loro aspirazioni naturali, dobbiamo osservare con profonda attenzione, a mio avviso, la nostra società nel suo complesso, le nostre abitudini, il nostro modo di fare le cose e le consuetudini a noi comuni. Vorremmo istituire un forum europeo sulla popolazione e sui dati demografici che ci permetta di capire meglio i vari aspetti che comporta l’inclusione di una componente demografica nelle singole politiche, un forum sostenuto sia da esperti riconosciuti nel settore che da organizzazioni di volontariato. Nel 2007 la Commissione presenterà una relazione sulle misure adottate dagli Stati membri per incorporare nelle rispettive legislazioni nazionali le disposizioni della direttiva 2000/78/CE relative alla discriminazione basata sull’età. Ogni due anni, in coincidenza con le sedute plenarie del forum, la Commissione pubblicherà un documento sulla popolazione e sui dati demografici in Europa, in cui saranno descritte le tendenze demografiche del continente nel contesto degli sviluppi mondiali.
Onorevoli deputati, il valore aggiunto dell’Europa consiste in massima parte nell’organizzare lo scambio di informazioni, nel mettere a confronto tesi collaudate e nella presentazione e diffusione dei dati ottenuti, cosa che stiamo già realizzando in molti settori, soprattutto in quelli relativi alla strategia di Lisbona. Onorevoli deputati, gli sviluppi demografici stanno cambiando la nostra società. L’hanno cambiata nel corso della storia e continueranno a farlo in avvenire. La nostra società sta diventando tecnicamente più vecchia in termini demografici, ma possiamo anche affermare con certezza che sta divenendo più saggia, perché la saggezza è legata all’esperienza ed è, in tutte le società, una caratteristica di coloro che hanno avuto la fortuna di vivere abbastanza a lungo da avere l’opportunità di attingere alla propria esperienza. Credo che troveremo nei nostri dibattiti le soluzioni per rispondere alle sfide conseguenti all’enorme successo che la nostra società ha avuto nel prolungare la vita e nel migliorarne la qualità, e lo faremo in modo che le generazioni future seguano la strada da noi tracciata, una strada che comporterà una consapevolezza più profonda della qualità della vita, della dimensione umana e dei valori sociali che noi tutti abbiamo a cuore.
Thomas Ulmer (PPE-DE), relatore per parere della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare. – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto ringraziare sinceramente l’onorevole Bushill-Matthews per l’eccellente relazione. Vorrei dire al Commissario Špidla che, personalmente, vivrei con piacere fino a 120 anni. Devo arrivare a 116 prima di chiudere in pareggio il mio piano pensionistico.
Sono sorpreso che il Libro verde sui cambiamenti demografici non tenga in maggior conto gli aspetti relativi alla sanità. I problemi per una società che invecchia non si limitano soltanto agli aspetti economici. Come si può già notare, sono divenute d’attualità nuove sindromi: le forme di demenza – si tratti dell’Alzheimer o della demenza subcorticale –, le affezioni vascolari, dalle cardiopatie coronariche all’insufficienza renale; le malattie metaboliche – soprattutto il diabete –, le artrosi della colonna vertebrale e delle grandi articolazioni e l’osteoporosi, per citarne solo alcune. Per questo sono tanto più importanti la prevenzione e la garanzia che ci siano buone condizioni di vita per tutti prima delle cure mediche e, se queste sono necessarie, la certezza che siano le migliori possibili per tutti gli europei. Si tratta di conservare tanto la qualità della vita quanto la mobilità.
Ci serve un nuovo orientamento sociale per affrontare queste sfide. Attualmente il periodo trascorso in pensione costituisce un terzo della durata della vita. Abbiamo bisogno di un’occupazione adeguata, di doveri sociali e compiti soddisfacenti per gli anziani, di una vita senza barriere, nuove forme residenziali e, se occorre, di un’eccellente assistenza medica e sanitaria.
Tuttavia, trovo criticabile il fatto che nel Libro verde si presuma implicitamente, in modo acritico, che il calo della popolazione avrebbe soltanto conseguenze negative per il modello sociale esistente. Auspico pertanto che siano presi in considerazione gli aspetti seguenti: in che misura le conseguenze negative del calo della popolazione possono essere controbilanciate dall’innovazione, da un aumento del tasso di occupazione e della modernizzazione del sistema di protezione sociale, e il calo della popolazione può avere anche aspetti positivi, per esempio sotto il profilo dell’ambiente, del traffico, dell’utilizzo delle superfici? E’ possibile, infine, definire una sorta di “ottimo paretiano” circa il numero ottimale di abitanti dell’Europa?
Edite Estrela (PSE), relatore per parere della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere. – (PT) Vorrei congratularmi con l’onorevole Bushill-Matthews per l’eccellente relazione e per la collaborazione che abbiamo stabilito nel procedimento di stesura delle nostre rispettive relazioni.
Nel 2003 la crescita naturale della popolazione europea è stata dello 0,04 per cento. Tra il 2005 e il 2030 si prevede un calo di circa 20 milioni di persone. Si presume che, fino al 2025, la popolazione della Comunità europea aumenterà lievemente per via dell’immigrazione, ma poi ricomincerà a diminuire. L’immigrazione è solo una soluzione parziale. Gli europei non hanno il numero di figli che desiderano. I sondaggi rivelano che vorrebbero averne in media 2,3, ma ne hanno solo uno e mezzo, un numero troppo esiguo per reintegrare la popolazione.
Tra le cause della bassa natalità annoveriamo: l’accesso ritardato o precario all’occupazione; difficoltà a trovare casa; l’età inoltrata in cui i genitori hanno il primo figlio; la mancanza di incentivi fiscali e di sussidi alla famiglia; l’insufficienza di permessi parentali; strutture inesistenti per la custodia dei bambini e delle altre persone a carico; divario salariale tra uomini e donne; difficoltà nel conciliare la vita familiare con quella professionale.
Secondo Philip Longman, esperto di demografia, in Europa sono i conservatori cristiani e musulmani ad avere più figli, cosa che comporterà un mutamento nella composizione della società. Cosa si può fare per ristabilire la situazione? Philip Longman dà alcuni suggerimenti: la Svezia è riuscita ad aumentare i suoi tassi di natalità migliorando le prestazioni sociali e istituendo centri di custodia diurna e asili nido. In Italia sarebbe utile agevolare la concessione di prestiti per l’acquisto della prima casa, perché attualmente è molto difficile ottenerne. Una cosa è certa: nella maggior parte degli Stati membri esiste una forte correlazione tra tassi elevati di occupazione femminile e tassi elevati di natalità, e viceversa.
PRESIDENZA DELL’ON. SARYUSZ-WOLSKI Vicepresidente
Struan Stevenson, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, secondo quanto afferma il Commissario Špidla, i cambiamenti demografici non costituiscono solo un tema di attualità, ma anche una delle più grandi sfide che l’Europa affronta oggi. Ecco perché la relazione dell’onorevole Philip Bushill-Matthews è tempestiva e assai pertinente.
Il problema di noi politici, al giorno d’oggi, è che pensiamo solo in termini di periodi quinquennali. Non si ritiene che sia politicamente vantaggioso occuparsi di questioni che avranno un impatto drammatico sulle nostre vite fra dieci o vent’anni. Certo, negli ultimi mesi ho presieduto un gruppo di lavoro del PPE-DE che trattava aspetti specifici dei cambiamenti demografici. Siamo giunti ad alcune conclusioni piuttosto proficue sul tema.
In primo luogo, nel campo della demografia e della famiglia, l’Unione non deve rassegnarsi a un calo della propria popolazione. Il fatto di migliorare la situazione generale dei bambini e dei giovani e aumentare la compatibilità del lavoro e della vita familiare per uomini e donne, insieme all’attuazione di incentivi fiscali, potrebbe avere un impatto significativo sui tassi di natalità.
In secondo luogo, è chiaro che in Europa è necessario che ci sia una maggiore scelta e flessibilità nel mercato del lavoro. A questo riguardo, dobbiamo aumentare la partecipazione alla forza lavoro delle donne, dei giovani e degli anziani, offrendo nuove opportunità grazie, per esempio, alla flessibilità dell’orario di lavoro, alla promozione di posti a tempo parziale e del lavoro autonomo. I sistemi scolastici vanno riformati per aumentare l’efficacia e abbreviare i tempi dell’istruzione superiore, permettendo così un ingresso anticipato nella vita lavorativa.
In terzo luogo, i lavoratori qualificati provenienti da paesi terzi vanno sì attirati, ma il nostro gruppo di lavoro ritiene che non si debba considerare l’immigrazione come l’unica soluzione per risolvere i problemi del futuro demografico e del mercato del lavoro in Europa. Gli immigrati devono avere doti e professionalità di cui l’Europa scarseggia e devono essere pronti a integrarsi nelle nostre società e ad accettare i valori comuni europei.
Per potere far fronte alla sfida dei cambiamenti demografici e sostenere una società in continuo mutamento, dobbiamo assicurare la ferma applicazione dell’agenda di Lisbona. Lo status quo non è una scelta. Per svilupparsi e prosperare, l’Europa ha bisogno – per usare uno dei neologismi del Presidente Barroso – di “flexicurity” – ovvero del bilanciamento tra flessibilità e sicurezza – e di innovazione. La sicurezza e la flessibilità del mercato del lavoro ci permetteranno di rispondere alle sfide della globalizzazione. Per riuscirci dobbiamo riformare i nostri sistemi pensionistici e concentrarci sulla crescita e sull’occupazione, introducendo misure innovative a sostegno del tasso di natalità e avvalendoci dell’immigrazione in modo assennato.
Solo tramite l’innovazione e reinventando noi stessi possiamo essere sicuri che la sfida costituita dai cambiamenti demografici diverrà l’opportunità per la crescita di domani.
Joel Hasse Ferreira, a nome del gruppo PSE. – (PT) L’importanza del tema in esame è innegabile. Buona parte dell’Europa sta invecchiando. Salvo rare eccezioni, i tassi di natalità sono bassi. La sostenibilità di vari meccanismi di protezione sociale, di solidarietà e sicurezza sociale è in pericolo. Evidentemente l’immigrazione dai paesi extraeuropei ha permesso di equilibrare i tassi di attività in alcuni Stati membri, ma occorre considerarne le conseguenze sociali sia sul piano dell’integrazione sociale che del sostegno alle famiglie.
Il dibattito sulle sfide demografiche ha acquisito nuova urgenza a seguito della recente attuazione, da parte dei paesi scandinavi, del modello sociale europeo. Combinare i vantaggi che comporta l’incremento di produttività e di competitività con una forte partecipazione femminile al mercato del lavoro è molto importante. Al tempo stesso, i tassi di natalità sono aumentati e ora c’è maggior comprensione per quanto riguarda i permessi di paternità e un maggior sostegno alla maternità.
Di conseguenza, dal punto di vista europeo, in ogni Stato membro è dunque necessario concentrare tutti gli sforzi per conciliare la vita professionale con quella familiare, concordando orari di lavoro più flessibili e creando infrastrutture di sostegno all’infanzia più adeguate e capillari. Oltre a ciò, occorre approfondire la conoscenza reciproca dei diversi sistemi di sicurezza sociale, nonché offrire alla gente l’opportunità di passare liberamente da un sistema nazionale all’altro, sia esso pubblico, privato o di qualsiasi altro genere, per esempio mutualistico. Ciò è molto importante per i lavoratori che versano i contributi della sicurezza sociale in un determinato Stato membro; avranno vita più facile una volta tornati nel loro paese di origine e quando si trasferiranno per lavoro in un altro Stato membro.
Occorre inoltre un impulso per rinnovare i sistemi di protezione sociale. Anche l’invecchiamento attivo va incoraggiato. Tutti questi temi sono stati dibattuti nelle relazioni degli onorevoli Bushill-Matthews e Estrela, nonché di tutti i membri delle commissioni che lavorano con tanta dedizione in questo campo. Concluderei affermando che le sfide demografiche presenti oggi in Europa sono importanti, ma le risposte a queste sfide ci sono. Perciò mostriamoci all’altezza della sfida di garantire una maggiore solidarietà intergenerazionale.
Marian Harkin, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, vorrei congratularmi col relatore per il documento oltremodo esaustiva su questo tema di grande importanza per tutta l’Europa dei Venticinque, ovvero la sfida posta dai cambiamenti demografici e l’importanza della solidarietà intergenerazionale. In sostanza, ciò che la relazione propone è il miglioramento per tutti della qualità della vita, in tutte le sue fasi, e un riconoscimento del fatto che le decisioni politiche e le leggi emanate devono contribuire a quest’obiettivo centrale. Farò solo due brevi osservazioni, considerato il poco tempo a disposizione.
Sono lieta di vedere che questa relazione include una raccomandazione che esorta gli Stati membri a migliorare la prestazione di servizi di interesse generale nelle zone rurali, promuovendo così un giusto equilibrio fra vita rurale e vita urbana, soprattutto per le persone anziane.
Inoltre chiedo che venga sostenuto l’emendamento n. 20, finalizzato al riconoscimento del potenziale delle case protette. Porto a modelli il progetto del villaggio di San Brendan nella contea di Mayo, nell’Irlanda occidentale, e il programma di edilizia protetta Habitat della SLE a Lille, in Francia.
In una relazione presentata dal comitato europeo di collegamento per l’edilizia sociale a suggello dell’Anno dell’Anziano indetto dalle Nazioni Unite, una delle raccomandazioni principali è quella secondo cui i governi e gli erogatori di servizi devono agevolare la permanenza delle persone, quando invecchiano, nella propria comunità. Secondo la relazione, le due iniziative che ho appena menzionato rappresentano buoni esempi di progetti costruiti per soddisfare le esigenze locali. Aiutano a far restare gli anziani nelle comunità in cui hanno passato la maggior parte della loro vita, con l’appoggio della famiglia, degli amici e dei servizi, e in ambienti familiari. Questa è indubbiamente solidarietà intergenerazionale.
Tutti quanti noi presenti in quest’Aula – se siamo abbastanza fortunati da vivere abbastanza a lungo – invecchieremo. Per alcuni di noi, questo momento è più vicino che per altri. Personalmente, comunque, preferirei vivere autonomamente nella mia comunità con il livello di assistenza sociale e medica che mi occorre. I due progetti cui ho fatto riferimento sono modelli europei di migliori pratiche in quest’ambito e potrebbero essere applicati in tutta l’Europa dei Venticinque.
Sepp Kusstatscher, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, i cambiamenti demografici costituiscono, insieme a quelli climatici, la sfida verosimilmente più impegnativa del nostro tempo. Ci sono moltissime ragioni per cui il nostro tasso di natalità si abbassa, con il conseguente declino delle prospettive future per la nostra società.
Sceglierei solo un singolo aspetto di questo tema estremamente complesso: l’accantonamento pensionistico per le madri. Il lavoro svolto dalle madri, specialmente da quelle con parecchi figli, è troppo misconosciuto. Uno dei problemi principali è costituito dal fatto che la maggior parte delle madri, dal momento in cui non possono o non vogliono esercitare una professione perché impegnate nella cura e nell’educazione dei figli, incontrano svantaggi evidenti dapprima nella loro carriera e successivamente nell’età avanzata.
Nella nostra società del benessere, all’assistenza e all’educazione dei figli dovrebbe essere riconosciuta almeno la stessa importanza data alle attività nel settore produttivo e in quello dei servizi, e pertanto tali periodi dovrebbero essere pienamente conteggiati ai fini dei diritti pensionistici. Un reddito di base incondizionato per tutti rappresenterebbe la soluzione più semplice e di più vasta portata.
Ilda Figueiredo, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) I cambiamenti demografici che si registrano nell’Unione sono, nel complesso, più benefici che dannosi per la società. Grazie al miglioramento delle condizioni di vita e dell’assistenza sanitaria l’aspettativa di vita è aumentata, il che, ovviamente, crea nuove sfide che devono essere affrontate.
Tra queste sfide – che non sono state debitamente affrontate dalla Commissione nel Libro verde – figurano l’importanza della salute sessuale e riproduttiva, il gender mainstreaming in tutte le analisi e in tutte le politiche, il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, una maggiore coesione e inclusione sociale.
Pertanto, nelle proposte presentate dal nostro gruppo, si è posto l’accento sulla necessità dell’occupazione stabile, della sicurezza sul luogo di lavoro e della diminuzione dell’orario lavorativo per garantire che i lavoratori di qualsiasi età possano in egual misura ottenere l’accesso a un’occupazione adeguatamente retribuita. Ciò permetterà ai lavoratori di disporre di più tempo da dedicare alla famiglia, per occuparsi dei figli e perseguire la propria formazione permanente.
Le priorità principali nella gestione dei cambiamenti demografici sono dunque i diritti connessi all’occupazione, una distribuzione più equa dei redditi, una forte sicurezza sociale pubblica basata sulla solidarietà intergenerazionale e servizi pubblici di alto livello, particolarmente in settori come la sanità, l’istruzione, la casa e la protezione sociale. In altre parole, ciò che stiamo proponendo è l’inversione della tendenza attuale che dà priorità alla concorrenza e al liberismo, al lavoro sempre più precario e scarsamente retribuito, alla disoccupazione, alla privatizzazione dei servizi pubblici e alla violazione dei diritti dei lavoratori. Perciò sottolineiamo la necessità di una svolta radicale in queste politiche.
Kathy Sinnott, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, nel 1981, in Irlanda, ho assistito a una lezione del dottor Herbert Ratner, un professore docente di sanità pubblica ed etica medica, che in quell’occasione aveva illustrato la demografia dell’Europa continentale occidentale e preconizzato esattamente il quadro che stiamo vedendo ora: un tasso di natalità in caduta libera entro l’anno 2000 e il calo definitivo della popolazione entro il 2020, cosa ormai inevitabile.
Nel corso di quella lezione il dottor Ratner aveva messo in guardia i suoi ascoltatori irlandesi affinché continuassero a optare per la vita e, tra i molti benefici che ciò comporta, evitassero il suicidio demografico dei nostri vicini europei. Abbiamo optato per la vita due anni dopo, in un referendum per tutelare la vita dell’essere umano dal concepimento fino alla morte naturale. Il tasso di natalità dell’Irlanda è ora in calo, ma abbiamo differito il trend di 20 anni e, benché oggi siamo sotto il livello di sostituzione, abbiamo ancora il miglior tasso di natalità, la forza lavoro più giovane e l’economia più forte dell’Unione. Come afferma il Libro verde della Commissione sulla demografia, non c’è crescita economica senza crescita di popolazione.
Posso rammentare molte buone ragioni che l’Unione ha per abbracciare la cultura della vita, la dignità della persona umana e Dio. Tuttavia, se non altro per la crescita economica e per un futuro praticabile per l’Europa, dobbiamo riconsiderare il nostro atteggiamento nei confronti della sacralità della vita, della posizione della famiglia e del sostegno alle madri e agli altri che si prendono cura delle persone.
Amalia Sartori (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio anch’io il relatore per questo ottimo lavoro svolto. Per quanto mi riguarda, le questioni che voglio mettere in evidenza sono le due grandi sfide di fronte alle quali noi ci troviamo: la prima, quella di un mondo che invecchia e al quale vogliamo garantire una vecchiaia la migliore possibile e dignitosa, e nel contempo la mancanza di nascite; vogliamo che nel nostro continente si riprenda una giusta corrispondenza con le aspettative delle donne e dei nostri paesi.
Per affrontare la prima sfida è necessario seguire due politiche: una è abolire qualsiasi disincentivo a prolungare la vita lavorativa, da un lato, e quindi consentire tutte le politiche volte a permettere alle persone anziane di rimanere il più a lungo possibile coinvolte direttamente nel mondo del lavoro e l’altra politica è offrire agli anziani la possibilità di rimanere il più lungo possibile all’interno della loro comunità. Tutte le politiche sociali vanno rivolte a questo obiettivo: rimanere nell’ambito familiare, nell’ambito della propria casa e, solo come estrema ratio, l’istituzionalizzazione.
Per quanto riguarda la politica della natalità, credo che come sempre nella vita aiutino i fatti concreti. Va osservato come in questi ultimi anni, un esempio interessante è la Francia, proprio i paesi che hanno fatto di una nuova fiscalità una politica intelligente, hanno poi ottenuto buoni risultati. Quindi nuova fiscalità, grandi possibilità di lavoro per le donne, la possibilità di entrare nel mondo del lavoro e sicuramente una nuova e diversa qualità di servizi.
Karin Jöns (PSE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, non c’è dubbio che i cambiamenti demografici rappresentino oggigiorno una delle più importanti sfide per tutti gli Stati membri dell’Unione.
Tuttavia i cambiamenti demografici vanno anche visti come un’occasione per propiziare una nuova solidarietà intergenerazionale che garantisca ai giovani una buona istruzione, crei lavoro per tutti e consenta una vecchiaia decorosa. Un passo importantissimo in questo senso sarebbe costituito dall’introduzione trasversale dell’impatto sui cambiamenti demografici tra i fattori di cui tenere conto in tutti i campi della politica, sia a livello nazionale che europeo. Questo discorso deve valere anche per il lavoro della Commissione.
Inoltre questo è un altro dei campi nei quali dobbiamo imparare di più l’uno dall’altro e intensificare lo scambio delle esperienze non solo tra i governi, ma anche tra le parti sociali, che contribuiscono in maniera decisiva a ciò che contraddistingue il modello sociale europeo, ovvero la solidarietà sociale. Perciò apprezzo l’invito rivolto agli Stati membri ad avviare nuovi partenariati con le parti sociali e anche l’invito a consultarle senza indugio sul tema della conciliabilità tra vita familiare e professionale.
Gabriele Zimmer (GUE/NGL). – (DE) Signor Presidente, non ci può essere un dibattito serio sui cambiamenti demografici se si considerano le persone come fattori economici anziché come individui; eppure, a mio avviso, sia il Libro verde della Commissione che la presente relazione dell’onorevole Bushill-Matthews commettono proprio questo errore.
Ritengo inoltre che il dibattito debba considerare i cambiamenti demografici come un tema di portata globale. E’ evidente che né gli Obiettivi di sviluppo del Millennio né la lotta contro la povertà nel mondo svolgono un ruolo, seppur minimo, nel nostro dibattito sui cambiamenti demografici. Dopo tutto, il problema principale non è il calo della popolazione europea, bensì, in primo luogo, la sproporzionalità di tale calo fra regione e regione; in secondo luogo, la convivenza nella società è a rischio; in terzo luogo, non mettiamo in relazione i cambiamenti demografici in Europa col boom della popolazione mondiale.
Stiamo osservando il fenomeno dell’invecchiamento della società europea quasi esclusivamente dal punto di vista della diminuzione della forza lavoro e, contemporaneamente, stiamo trascurando del tutto lo sviluppo della produttività, che al tempo stesso sfruttiamo come espediente per ridurre le prestazioni sociali, di malattia, sanitarie e pensionistiche e per prendere in considerazione un consistente prolungamento della la vita lavorativa. Mi riferisco qui solo allo studio approntato e pubblicato dalla Commissione, che ipotizza come limite i 71 anni.
Chiedo di cambiare le priorità. Abbiamo bisogno di una società vicina all’infanzia, che voglia davvero accogliere i bambini. Ci occorre un genere diverso di dibattito, perché non possiamo considerare i figli soltanto come un investimento per tutelare la manodopera e le pensioni. Inoltre non possiamo continuare a cercare soltanto una migliore armonizzazione della vita professionale con quella familiare e dell’orario di lavoro col tempo libero. Dobbiamo preoccuparci di qualcosa di più: dei bambini, perché sono loro a essere importanti in questo contesto. I bambini devono rivestire un ruolo centrale e vanno considerati come individui.
Ovviamente la società deve anche affrontare le sfide dell’invecchiamento, per esempio tramite l’espansione dei servizi sociali o, naturalmente, tramite lo sviluppo urbano: per esempio, gli alloggi per gli anziani e i trasporti pensati per i bambini e gli anziani. La questione ha molte più sfaccettature di quanto non pensiamo.
Ria Oomen-Ruijten (PPE-DE). – (NL) Signor Presidente, non c’è bisogno di essere un economista o un politologo per capire che la tendenza a volere speculare sulle cose e la scomparsa del verde nella nostra società comportano parecchie conseguenze.
I politici in quanto tali sanno – ma la maggior parte del pubblico no – che la globalizzazione e i cambiamenti demografici sono la causa di un gran numero di problemi. La relazione dell’onorevole Bushill-Matthews cerca di offrire speranze, e di questo lo ringrazio calorosamente. Non dovremmo, però, limitarci a guardare a ciò che dice la Commissione. Se è vero che dobbiamo assicurare l’incremento del tasso di natalità, non spetta a noi politici, ma ai genitori, assicurare che i bambini nascano.
Quello che i politici devono fare è creare una società a misura d’infanzia, una società in cui i bambini non costituiscano un peso, bensì un beneficio in più. Ciò significa anche che dobbiamo assicurare che la gente si prenda adeguatamente cura dei bambini, il che comporta implicazioni per la flessibilità nel mercato del lavoro, per la flessibilità durante tutta la vita e per la flessibilità nell’orario di lavoro. E’ qui che noi politici entriamo nuovamente in azione.
Se vogliamo creare una società sana ed equa in cui possano svolgere un ruolo tanto i giovani quanto gli anziani – ed è questo di cui abbiamo bisogno –, dobbiamo anche garantire che la legislazione sia a favore dell’infanzia non solo a livello europeo, ma indubbiamente anche a livello nazionale.
Marianne Mikko (PSE). – (ET) Onorevoli colleghi, signor relatore. L’onorevole Bushill-Matthews ha preparato una relazione di cui si avvertiva grande necessità. Se continuiamo a occuparci esclusivamente di politica quotidiana, l’Europa verrà colpita da una catastrofe sociodemografica paragonabile allo tsunami asiatico.
La sostenibilità dello stile di vita europeo è in pericolo. La generazione più giovane lavora con orari pesanti per un tozzo di pane, con conseguente stanchezza fisica e mentale. Quello che viene presentato come una loro libera scelta è in realtà una costrizione loro imposta dalla società del “chi vince prende tutto”. La schiavitù salariale o la disoccupazione, salire i gradini della carriera o vedersi sbattere la porta in faccia: queste sono le scelte con cui si confrontano i nostri giovani altamente qualificati.
Quando, malgrado la legge, una persona lavora 12 ore e più al giorno, non possono essere di aiuto né l’orario lavorativo flessibile né un orario di apertura più lungo nei settori del commercio e dei servizi. Non c’è semplicemente tempo per la vita privata o per avere figli.
Tutto questo, sotto l’aspetto macroeconomico, nasce dall’esigenza di finanziare i pensionamenti anticipati e l’assistenza sanitaria della generazione più anziana, esigenza che sta diventando sempre più dispendiosa. La relazione dev’essere solo un punto di partenza. Per mantenere un elevato livello di vita in Europa occorre che i politici facciano molto di più e lo facciano rapidamente.
Grazie per l’attenzione.
Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, il relatore, onorevole Bushill-Matthews, che è noto per la sua attenzione ai dettagli e la sua grande sensibilità e che ha pazientemente preparato la relazione, ha messo perfettamente in evidenza le possibili soluzioni al problema demografico, cominciando dai mezzi per affrontare risolutamente la bassa crescita economica e gli alti tassi di disoccupazione.
Si impone un approccio diversificato secondo le circostanze, che deve – com’è stato giustamente sottolineato – rispettare la libertà di scelta e agevolare l’esercizio di un diritto umano fondamentale delle famiglie europee, quello di avere tanti figli quanti ne desiderano, senza gli ostacoli che sorgono dalla difficoltà di coniugare la vita professionale con quella familiare. Identificare questi ostacoli e quelli esistenti sia all’interno che fuori dal posto di lavoro – come il regime fiscale, l’alloggio e il costo dell’istruzione, della sanità e delle assicurazioni – è compito degli Stati membri, poiché solo gli Stati membri regolano sia la politica dello sviluppo che quella della famiglia.
Beninteso, nel corso della storia l’immigrazione ha spesso risolto il problema del rinnovamento della popolazione e oggi colma il divario sorto dalla nostra scelta di non avere figli o di averne solo uno in età avanzata. Che cos’è che ci ha condotti a queste scelte di vita in tempi di pace e di abbondanza? Cercare le cause dei cambiamenti demografici non spetta alla Commissione europea né ai governi. Non rientra nelle competenze dell’Unione, bensì in quelle di ciascun cittadino europeo che voglia andare oltre le proprie capacità umane, sia nel pianificare l’inizio dell’esistenza che nell’imporne la fine.
Certamente l’istruzione, la formazione e la ricerca di lavoro in un ambiente di sviluppo sostenibile sono requisiti indispensabili per uno standard di vita elevato. Tuttavia, se vogliamo scongiurare i problemi demografici, se vogliamo che nuovi europei possano nascere e invecchiare in condizioni decorose, in futuro i genitori dovranno esigere spontaneamente che le loro relazioni personali siano affidabili e, in generale, avere una visione della vita per il presente e l’avvenire.
Aloyzas Sakalas (PSE). – (LT) Come deputato eletto in Lituania al Parlamento europeo, ritengo il problema demografico particolarmente rilevante, soprattutto perché il numero degli abitanti in Lituania sta diminuendo costantemente, non tanto in seguito all’emigrazione, ma piuttosto per la rapida diminuzione del tasso di natalità, cosa che ha già portato alla chiusura di molte scuole. I passi intrapresi dal governo lituano per risolvere questo problema sono chiaramente insufficienti; ben venga, dunque, la pubblicazione di documenti a livello europeo. Tuttavia, la contrazione del tasso di natalità non costituisce un problema solo per la Lituania, ma anche per tutta l’Europa, e se le nostre famiglie hanno, secondo le statistiche, meno di 1,5 figli ciascuna, nei paesi asiatici, compresa la Turchia – paese candidato all’Unione – i bambini nascono come funghi dopo la pioggia. Le conseguenze che può comportare questo fenomeno in un futuro non troppo lontano costituiscono un argomento degno di essere meditato. Possiamo e dobbiamo superare questa crisi demografica tramite azioni e programmi concreti che rendano conveniente per ogni famiglia avere almeno tre figli. E’ proprio questo lo spirito del documento presentato. Una volta approvato, devono seguire soluzioni di ordine pratico.
Roselyne Bachelot-Narquin (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio l’onorevole Philip Bushill-Matthews per l’eccellente relazione.
Per fare fronte all’impatto del grave regresso demografico, si usa ricorrere a tre provvedimenti: una politica attentamente ponderata e regolamentata in materia di immigrazione, la mobilizzazione della forza lavoro e politiche incentrate sulla famiglia e sull’aumento del tasso di natalità.
Quest’ultimo tipo di approccio è in genere demandato agli Stati membri. Tuttavia l’Unione farebbe malissimo a privarsi di questi mezzi. La loro efficacia è ben nota, e l’esempio francese ne è testimone: incentivi fiscali per le famiglie, congedi parentali, aiuti finanziari e, soprattutto, l’assistenza ai figli – assistenza di tipo parascolastico, una gamma di prestazioni per la custodia dei più piccoli e dei bambini disabili. Per di più, è importante ricordare che non sarà possibile recuperare le donne al mercato del lavoro in misura massiccia se non si prendono adeguati provvedimenti per la custodia dei loro figli.
L’Europa non manca di mezzi, a patto che abbia la volontà politica e le risorse finanziarie. E’ dunque essenziale che i regolamenti in materia di politiche di coesione territoriale mettano in evidenza, in modo più netto, la necessità di finanziare le strutture di custodia dei bambini. Mentre imperversa il dibattito sul carattere del modello sociale europeo, i bambini e le famiglie, avendo riguardo per le loro diversità, devono costituire un elemento fondamentale di tale modello.
Vladimír Špidla, Membro della Commissione. – (CS) Onorevoli deputati, vorrei ringraziarvi per questo dibattito che ha dimostrato come la questione demografica sia una delle più importanti con cui l’Europa oggi deve confrontarsi, e per molti versi ha fatto luce sull’argomento. Credo che abbiamo avuto una netta conferma dell’idea di fondo secondo cui abbiamo a che fare con mutamenti fondamentali che richiedono una strategia olistica o trasversale, com’è stato affermato. Contemporaneamente sono stati presi in considerazione vari aspetti del problema in senso ampio. Per esempio, è stato affermato che il Libro verde non dedica la stessa attenzione a due ordini di problemi, ovvero quelli relativi al settore sanitario e quelli in un contesto internazionale. Forse avrete notato dalla mia relazione che il contesto internazionale va trattato nelle relazioni periodiche, perché da questo punto di vista c’è già una risposta preliminare specifica. La questione della sanità è una tra le più cruciali e credo che il dibattito ci abbia stimolato a sviluppare ulteriormente in futuro le nostre idee su questo settore.
Questo problema solleva non solo questioni di carattere tecnico e organizzativo, ma anche tutta una serie di questioni etiche, perché una popolazione che invecchia creerà un numero sempre maggiore di situazioni in cui la gente vive in condizioni limite per il combinarsi del destino e del loro stato di salute. Ciò significa che sarà estremamente difficile trovare una soluzione eticamente adeguata, giacché richiede una lunga e profonda riflessione.
Penso inoltre fosse chiaro che un tema su cui è stata concentrata l’attenzione, a mio avviso legittimamente, sia quello dell’infanzia, del tasso di natalità bassissimo e del modo in cui possiamo intervenire o almeno influire su questo fenomeno. Dal dibattito è anche emerso chiaramente che si trattava di una questione europea di carattere generale perché, nonostante l’Irlanda, per esempio, abbia attualmente il più alto numero di parti vitali per donna in età fertile, questo paese ha anche registrato negli ultimi vent’anni un calo più brusco di qualunque altro, e il livello attuale non basta a mantenere la stabilità demografica. Ovviamente ci sono altri Stati che si trovano in una posizione nettamente peggiore, Stati in cui la situazione potrebbe diventare estremamente difficile nel giro di qualche generazione.
E’ altresì evidente che dobbiamo considerare seriamente che non tutte le società vanno incontro alle esigenze della gente. Un antico detto latino recita “Inter arma silent Musae”: in altre parole, quando la società si trova sottoposta a qualunque tipo di tensione o è in una situazione estrema, la creatività ne soffre. Avere figli, secondo me, implica un’esigenza e un desiderio profondi. Educare i figli e occuparsi di loro è anche, a modo suo, un’attività che richiede livelli elevatissimi di creatività, ed è chiaro che i cittadini europei, se vogliono scegliere di avere bambini, hanno bisogno di maggiore sicurezza in un mondo che sta subendo enormi cambiamenti.
Il dibattito ha anche toccato questioni relative all’uguaglianza di genere, a mio avviso giustificatamente. Permettetemi di citare un unico dato tratto da uno studio spagnolo: “In Spagna gli uomini dedicano 52 milioni di ore all’anno all’assistenza di persone non autosufficienti, ovvero dei bambini e dei familiari anziani. Le donne dedicano 200 milioni di ore all’anno a questo tipo di assistenza”. Pertanto quest’onere, che è molto comune, non è distribuito equamente, perché ricade sulle donne in misura quattro volte maggiore. Penso che dobbiamo considerare attentamente anche queste tematiche. Onorevoli deputati, vorrei ringraziarvi per il dibattito e per la relazione assai concisa, che dimostra come le nostre tesi tendano a convergere in misura rilevante nel contesto del pensiero sociale e politico relativo all’Europa. A mio avviso, questo fa sperare in una posizione coordinata capace di superare i mutamenti, spesso problematici, susseguenti alle elezioni, perché cinque anni costituiscono un periodo assai breve per molte tematiche.
Presidente. La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani alle 11.00.
Dichiarazioni scritte (Articolo 142 del Regolamento)
Zita Gurmai (PSE). – (EN) Le sfide demografiche e la solidarietà intergenerazionale rappresentano una questione complessa che ha un vasto impatto sulle nostre società europee. Queste sono due sfide di ampia portata che gli Stati membri hanno il dovere di affrontare con un approccio a lungo termine e orientato al futuro.
La soluzione dev’essere una strategia di vasto respiro, globale, coerente ed equa che incentivi la comprensione e la solidarietà duratura fra il crescente numero di generazioni che vivono fianco a fianco.
Le soluzioni politiche per le sfide demografiche come l’invecchiamento, il genere, il mercato del lavoro, le pensioni e l’immigrazione devono dare origine a una visione nuova e coerente di una società europea.
Benché ci siano differenze considerevoli nelle condizioni finanziarie locali degli Stati membri, le sfide e gli obiettivi sono analoghi – ovvero affrontare la sfida sempre più impegnativa posta dall’invecchiamento della società europea, tenendo conto degli obiettivi di Lisbona che consistono nel rendere l’Europa l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, con una maggiore coesione sociale, una capacità di crescita economica sostenibile e posti di lavoro migliori e più numerosi.
Per fronteggiare le sfide demografiche occorre una soluzione a lungo termine che vada anche oltre le scadenze di Lisbona. Per conseguire questi obiettivi occorrono strategie complesse a livello politico e socioeconomico.
Nils Lundgren (IND/DEM). – (SV) Gli Stati membri affrontano sfide demografiche importanti. Tuttavia i problemi e le condizioni di base differiscono da uno Stato membro all’altro. Urgono, sia per questo motivo che per ragioni democratiche, soluzioni peculiari per le singole nazioni. Per il Parlamento europeo non ha senso proporre raccomandazioni politiche dettagliate, aspettandosi che soddisfino tutti gli Stati membri.
La presente relazione contiene un lungo elenco di esortazioni in merito al tipo di misure che gli Stati membri devono adottare in settori importanti come le assicurazioni sociali, le tasse, gli orari di lavoro e l’immigrazione. Le vie da seguire per i singoli Stati membri nell’ambito di importanti specifici settori della politica devono essere determinate da processi democratici nazionali e non imposte dall’alto.
Il progresso politico e sociale ha luogo grazie a paesi che sperimentano e tentano soluzioni diverse che si possano mettere a confronto. I paesi apprendono quindi l’uno dall’altro. E’ tramite questi processi che la cultura europea si è sviluppata e, in pratica, ha conquistato il mondo. Le soluzioni e i modi di pensare dell’Europa hanno avuto successo proprio perché sono sorti dalla concorrenza istituzionale tra paesi diversi anziché venire determinati da un potere centrale.
La relazione oggetto del nostro dibattito costituisce un ulteriore esempio del modo in cui, lentamente ma inesorabilmente, il Parlamento europeo cerca di esercitare un influsso sempre maggiore sulle questioni di politica nazionale. Deploro questo processo e disapprovo il fatto che l’opposizione a questo processo antidemocratico sia quasi inesistente nel Parlamento europeo.
David Martin (PSE). – (EN) E’ chiaro che, se l’Europa vuole far fronte alle proprie sfide demografiche, in futuro dovrà occuparsi con maggiore efficacia di quanto non faccia oggi della questione dell’equilibrio tra lavoro e vita familiare. Se vogliamo attrarre i genitori di figli piccoli, gli anziani o altri gruppi che trovano impossibile svolgere un lavoro standard a tempo pieno, dobbiamo rendere più flessibile l’orario di lavoro e disporre di norme migliori e più accessibili in materia di assistenza all’infanzia, politiche fiscali che favoriscano maggiormente le famiglie, nonché una maggiore parità sul posto di lavoro. Tuttavia è chiaro che, se attiriamo nella forza lavoro un numero di persone superiore a quello degli attuali residenti europei, dovremo ancora far fronte alla carenza di manodopera qualificata. Perciò dobbiamo anche disporre di una politica equilibrata in materia d’immigrazione.
6. Promozione delle colture per scopi non alimentari (discussione)
Presidente. L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0040/2006) presentata dall’onorevole Parish a nome della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, sulla promozione delle colture per scopi non alimentari (2004/2259(INI)).
Neil Parish (PPE-DE), relatore. – (EN) Signor Presidente, sono lieto di poter presentare la mia relazione sui biocombustibili. E’ una relazione d’iniziativa della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale. E’ magnifico che lei sia presente in Aula, signora Commissario, e vorrei ringraziare lei e il suo staff per l’aiuto fornitomi durante la stesura della relazione.
L’aspetto entusiasmante dei biocombustibili, della biomassa e del biogas è che li attende un grande futuro. Quando si sente il Presidente degli Stati Uniti affermare, nel discorso sullo stato dell’Unione, che l’economia americana non può più essere un’economia minerale basata sul petrolio, non si può fare a meno di constatare che la situazione sta cambiando, e qui in Europa abbiamo grandi possibilità. Storicamente, gli agricoltori hanno sempre fornito carburante per i trasporti all’epoca dei cavalli, quindi qual è il problema a fornirlo ora?
Con i nuovi pagamenti per l’agricoltura, le nuove riforme della PAC, il disaccoppiamento degli aiuti e il pagamento unico per superficie, che spezzano il legame tra produzione e sovvenzione, dobbiamo trovare anche nuovi mercati per i nostri prodotti ed è qui che entrano in gioco, come ho affermato, i cereali e la colza per il biodiesel e il grano per il bioetanolo. Possiamo anche essere certi di poter produrre più biomassa. In molti paesi d’Europa si può realmente constatare che esistono foreste utilizzate in modo efficace. Là dove non vi sono foreste, si può coltivare il salice e il miscanto in modo da poter produrre energia.
Alcuni possono essere grandi progetti destinati alle centrali elettriche, altri piccoli progetti per impianti di riscaldamento locali e per le scuole e gli ospedali. Si può garantire una grande flessibilità. Per quanto riguarda non solo i combustibili ma l’energia nel suo insieme, i biocarburanti e la bioenergia possono anche non essere la risposta globale, ma sono una delle risposte. Allorché, per esempio, la Russia può interrompere le nostre forniture di gas potenzialmente in qualsiasi momento, ritengo si debbano trovare alternative. L’aspetto cui va sempre dato risalto in questo contesto è che questi tipi di combustibili e di biomassa sono molto rispettosi dell’ambiente. Questo è l’aspetto importante: non sono positivi solo per gli agricoltori, ma anche per l’ambiente.
Abbiamo l’attuale generazione di combustibili e biomassa, ma sono in arrivo anche nuove generazioni e la plastica biodegradabile farà anch’essa il suo ingresso. Penso che tutte queste possibilità abbiano un grande futuro. Sappiamo che esiste un nuovo processo per la produzione di carta dalla paglia e anche in questo caso si utilizzano prodotti chimici molto più rispettosi dell’ambiente. Da una tonnellata di paglia si può ottenere mezza tonnellata di pasta per carta e un quarto di tonnellata di bioetanolo. Tutto ciò dimostra, come ho affermato, che stiamo compiendo progressi con tutti questi progetti.
Per quanto riguarda la politica agricola comune, disponiamo di terreni ritirati dalla produzione attualmente incolti. In alcuni casi, la messa a riposo dei terreni è molto efficace per migliorare l’ambiente, ma ritengo che si debba considerare in modo molto positivo l’uso di altri terreni a riposo per la produzione di combustibili.
Sul tema dei biocarburanti, la Volkswagen in Germania è stata molto bendisposta verso le miscele di combustibili e la creazione di motori in grado di funzionare con biocarburanti, ma dobbiamo esercitare pressioni sull’industria automobilistica affinché sia più sensibile alla questione. Ritengo altresì necessario disporre di un mix molto più vario di carburanti, al fine di ottenere una qualità idonea ai motori elettrici.
Un altro aspetto riguardante i terreni destinati alla produzione di biocarburanti e biomassa è che tali terreni rimarrebbero così in produzione, in modo che in futuro, se dovessimo averne necessità per le colture alimentari, essi sarebbero produttivi e potremmo riconvertirli alle colture alimentari. Questo è un vantaggio enorme.
Infine, vorrei ringraziare tutti i membri della commissione per l’agricoltura e il Parlamento per il loro sostegno. Ho visitato molti paesi per verificare la situazione. Ci attende un periodo entusiasmante. Signora Commissario, ritengo sia ora che il Parlamento e la Commissione, insieme con gli Stati membri, uniscano realmente gli sforzi per introdurre incentivi fiscali e creare le condizioni per poter condurre un’ottima politica in materia di biocarburanti e biomassa per l’Europa.
(Applausi)
Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, nel corso degli ultimi sei mesi, l’energia è davvero diventata un argomento di grande attualità. I capi di Stato lo hanno confermato a Hampton Court e questa è un’opportunità che dobbiamo assolutamente cogliere ed è proprio ciò che la Commissione sta facendo.
E’ molto incoraggiante constatare che il Parlamento europeo ha adottato lo stesso approccio positivo e si sta muovendo esattamente nella stessa direzione. In veste di Commissario per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, considero le colture per scopi non alimentari una questione di particolare interesse. Rappresentano un nuovo sbocco molto interessante per il nostro settore agricolo e una fonte di reddito promettente, non solo per gli agricoltori ma per l’intera economia rurale. Accolgo quindi con grande favore la relazione in esame. La sua presentazione è assolutamente tempestiva e offre un prezioso contributo alla discussione sull’uso delle colture agricole per scopi non alimentari. Vorrei ringraziare, in particolare, il relatore, onorevole Parish, e i membri della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, per tutto il lavoro svolto.
La Commissione ha pubblicato di recente due comunicazioni, al fine di incoraggiare l’uso della biomassa: il piano d’azione sulla biomassa e la strategia europea per i biocarburanti. I programmi quadro di ricerca della Commissione hanno sostenuto per molti anni il lavoro pionieristico relativo alle risorse biologiche rinnovabili, tra cui la plastica e i prodotti agrochimici e farmaceutici. Il settimo programma quadro di ricerca porrà un accento particolare sullo sviluppo di applicazioni non alimentari sostenibili. Oltre a offrire nuove opportunità agli agricoltori, lo sviluppo di applicazioni non alimentari per le materie prime agricole è totalmente in linea con la strategia di Lisbona. L’impostazione è innovativa e rappresenta un alto livello di valore aggiunto europeo.
Per quanto riguarda l’uso della biomassa per l’energia, secondo l’Eurostat e il Centro comune di ricerca esiste il potenziale per produrre la biomassa necessaria a soddisfare i nostri obiettivi per il 2010. La riforma della PAC offre agli agricoltori incentivi per rispondere alla domanda crescente. Oltre al nostro sostegno specifico alle colture energetiche di 45 euro per ettaro, gli agricoltori possono destinare i terreni ritirati dalla produzione a colture per scopi non alimentari. L’anno scorso sono stati utilizzati circa 900 000 ettari di terreno messo a riposo per coltivare biomassa a fini energetici. In seguito alla riforma dello zucchero, la barbabietola da zucchero è ora ammessa a beneficiare di regimi di sostegno per la bioenergia.
Sul versante della lavorazione, tuttavia, sono ancora necessari grandi progressi e investimenti. Nel nuovo periodo di programmazione per lo sviluppo rurale abbiamo l’opportunità di sostenere gli investimenti e altre misure a favore della biomassa destinata all’energia e ad altri scopi non alimentari. Anche la politica di coesione può svolgere un ruolo importante.
Per quanto riguarda l’ambiente, concordo sul fatto che dobbiamo rimanere vigili e scongiurare gli effetti indesiderati provocati dallo sviluppo del settore non alimentare. La situazione deve essere tenuta sotto attento controllo.
L’uso della biomassa è in aumento in tutte le regioni del mondo, in particolare per i biocarburanti. Ciò può presentare chiari vantaggi economici, sociali e ambientali, ma dobbiamo anche assicurare che si mantenga il giusto equilibrio tra la produzione per scopi alimentari e non alimentari. Non intendiamo sviluppare il settore non alimentare in modo da esercitare un effetto negativo sulla nostra industria agroalimentare o sui prezzi al consumo dei prodotti alimentari, né nell’Unione europea né nei paesi in via di sviluppo. Anche questo è un aspetto da tenere sotto attento controllo.
Sono impaziente di ascoltare la discussione del Parlamento europeo sulle possibilità di utilizzare in modo più attivo le energie rinnovabili.
Agnes Schierhuber, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto esprimere i miei sinceri ringraziamenti all’onorevole Parish per la relazione d’iniziativa, preparata con grande impegno, e anche perché ha avuto cura di visitare vari Stati membri e verificare di persona il tipo di possibilità che già esistono nel settore delle materie prime rinnovabili.
Come ha affermato il Commissario, negli ultimi sei mesi l’energia è diventata la più importante questione di attualità. Un mix ecologico ed economico di tutte le fonti di energia è indispensabile per l’Europa. Le materie prime rinnovabili e l’energia rinnovabile potrebbero anche costituire i pilastri di tale mix. Assieme a vento, acqua, celle fotovoltaiche e biogas, questo settore specifico dell’energia rinnovabile risponde al fabbisogno di base nel settore dell’edilizia e dei materiali isolanti e fornisce materie prime per l’industria farmaceutica.
La produzione di colture per scopi alimentari e per la generazione di energia è stata una pratica comune per secoli. L’uso massiccio di combustibili fossili ha sostituito l’energia per i nostri animali da tiro, che era ottenuta dalle piante. La produzione di materie prime rinnovabili per scopi energetici riveste importanza fondamentale per l’agricoltura e la silvicoltura europee e per le zone rurali. Ha aperto nuove possibilità di reddito e ha anche contribuito in modo significativo non solo al mantenimento dell’occupazione esistente, ma anche alla creazione di nuovi posti di lavoro nelle zone rurali.
L’Unione farebbe bene a considerare le fonti di energia rinnovabili come un fattore importante per il fabbisogno energetico, al fine di ridurre la sua dipendenza dai produttori internazionali di energia, in particolare da regioni politicamente instabili. Ancora grazie e sincere congratulazioni al relatore.
Stéphane Le Foll, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, come tutti gli oratori che mi hanno preceduto, vorrei innanzi tutto congratularmi con l’onorevole Parish per il lavoro svolto e dire che condivido pienamente gli obiettivi fissati nella relazione.
In primo luogo, essa prende in considerazione, in modo globale, la questione ambientale: bioenergia, biomassa e materie biodegradabili. In secondo luogo, diversifica le nostre fonti di energia, dal momento che sappiamo di dover anticipare l’esaurimento dei combustibili fossili tra 40-50 anni e di dover lottare con tutte le nostre forze contro l’effetto serra. In terzo luogo, e soprattutto, perché riguarda l’agricoltura, l’offerta di nuovi sbocchi per la nostra agricoltura europea.
Ciò detto, vorrei aggiungere che ciò si può fare solo a due condizioni, signora Commissario. Innanzi tutto, i biocarburanti non rappresentano da soli l’insieme della politica agricola e, nel quadro di tale politica, è necessario conservare due pilastri: quello legato alla produzione e quello legato alla coesione territoriale e sociale. In secondo luogo, la nuova politica a favore delle bioenergie, in particolare, non può avere senso se non s’inserisce pienamente in una logica e in una volontà politica di fare del modello agricolo un modello di sviluppo sostenibile. Ritengo quindi che dovremo impegnarci a svolgere una riflessione sui nuovi modelli che permettono di diversificare la produzione agricola e di garantire al tempo stesso un buon equilibrio ecologico per tutti i nostri territori.
Willem Schuth, a nome del gruppo ALDE. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevole relatore, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto esprimere le mie sincere congratulazioni all’onorevole Parish per questa relazione equilibrata, che il mio gruppo sostiene espressamente. Lo sviluppo di colture per scopi non alimentari offre agli agricoltori dell’Unione l’opportunità di aprire nuovi mercati e quindi il sostegno e la ricerca in questo campo sono essenziali. L’uso di materie prime rinnovabili e la produzione di energia rinnovabile rappresentano un potenziale enorme per le zone rurali europee. Provengo dal Land rurale tedesco della Bassa Sassonia. Per noi in Bassa Sassonia, in particolare, la bioenergia è fondamentale come fonte alternativa di reddito per gli agricoltori e i silvicoltori. In alcuni campi, soprattutto quello del biogas, per il quale disponiamo di circa 430 impianti, occupiamo già un posto di primo piano in Europa.
A questo punto, vorrei dire che accolgo con favore anche le ultime iniziative della Commissione in questo campo: il piano d’azione sulla biomassa e la comunicazione sui biocarburanti. Il Parlamento rinnoverà i suoi sforzi riguardanti la strategia dell’Unione per i biocarburanti nel quadro di una relazione d’iniziativa. Anche la commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale elaborerà un parere al riguardo. In veste di relatore per tale parere, sarò lieto di poter fare riferimento all’ottimo lavoro realizzato dall’onorevole Parish.
Friedrich-Wilhelm Graefe zu Baringdorf, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, è significativo che, quando parliamo di crisi di approvvigionamento, tutti pensino al Presidente Putin che chiude i nostri rubinetti del gas. Nessuno parla del fatto che l’Europa, come regione, è tra i maggiori importatori al mondo di prodotti alimentari e che, se manterremo questo tenore di vita, riusciremo a malapena a sopravvivere.
Quando discutiamo le fonti di reddito alternative, è anche interessante sapere che la coltivazione di zucchero destinato al consumo, cioè come prodotto alimentare, genera poco o nessun reddito. Perché la coltivazione di zucchero per il bioetanolo dovrebbe dunque generare reddito? E’ un’incongruenza. Vorrei ora esaminare la questione dell’ecologia: qual è la situazione relativa all’uso dell’ingegneria genetica nella coltivazione di materie prime rinnovabili? Forse in questo caso non esiste il problema della contaminazione, cioè il problema della coesistenza? Certo che esiste! La coltivazione di materie prime rinnovabili comprende anche metodi non ecologici: non è necessariamente rispettosa dell’ambiente.
Riguardo ai gas a effetto serra, va detto che essi sono tenuti sotto controllo anche dalla produzione alimentare. Sarebbe quindi utile essere un po’ più moderati e un po’ meno entusiasti del relatore e concentrarsi un po’ di più sulle materie prime rinnovabili derivanti da residui e rifiuti. E’ anche interessante sapere che l’erba frutta di più se è destinata alla produzione di biogas anziché di latte.
Se vogliamo sfruttare il recupero, è quindi importante utilizzare paglia, legno e siepi, ma vincolare i terreni di cui abbiamo bisogno per il fabbisogno alimentare alla produzione di materie prime rinnovabili è un grosso problema, che dobbiamo esaminare con più attenzione e meno entusiasmo.
Bairbre de Brún, a nome del gruppo GUE/NGL. – (L’oratore ha parlato in irlandese)
(EN) Vorrei accogliere con favore la richiesta contenuta nella relazione di esenzioni fiscali volte a promuovere la produzione di biocarburanti. Tale politica ci permetterebbe di avvicinarci all’obiettivo dell’Unione europea del 5,75 per cento per il consumo di biocarburanti.
Lo sviluppo attivo di energie rinnovabili contribuirà a far fronte alla crisi dei combustibili fossili. Può altresì determinare miglioramenti ambientali, anche se concordo con il relatore e con il Commissario qui presente stamattina che è necessario tenerne sotto controllo l’impatto ambientale. Esso può offrire, e offrirà, anche vantaggi economici, tramite lo sviluppo di nuove tecnologie, la creazione di posti di lavoro e la riconversione nel settore agricolo, in particolare là dove gli zuccherifici sono destinati a chiudere.
(L’oratore ha parlato in irlandese)
Jeffrey Titford, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, sono un sostenitore dello sviluppo di biocarburanti quale una delle numerose risposte che i governi nazionali devono dare alla crisi energetica incombente. Poiché l’Unione europea è stata totalmente incapace di proteggere il mio paese dalla fissazione dei prezzi da parte delle imprese energetiche europee, la necessità diventa sempre maggiore.
Tuttavia, non credo nelle azioni paneuropee in questi ambiti, in particolare per quanto riguarda la fissazione di obiettivi obbligatori. L’ossessione dell’Unione per la formulazione di politiche uguali per tutti incoraggia l’adozione di soluzioni improvvisate da parte dei governi nazionali. Stiamo andando in questa direzione nel Regno Unito con la tecnologia delle turbine eoliche. La nostra campagna sta per essere trasformata in un mostruoso Meccano per rispettare gli obiettivi in materia di energie rinnovabili sognati dalla Commissione europea.
L’altro problema è la propensione dell’Unione a introdurre regimi legislativi che vanno ben oltre la capacità dei governi nazionali di creare le infrastrutture necessarie a sostenerli. Anche in questo caso il mio paese ne ha risentito, non ultimo a causa della crescente montagna di frigoriferi in attesa di essere smaltiti.
I gruppi d’interesse favorevoli allo sviluppo del biodiesel dovrebbero esercitare pressioni sui governi nazionali, non a Bruxelles. Il nostro governo si trova in una posizione di gran lunga migliore per presentare proposte volte a incoraggiare uno sviluppo ragionevole dei biocarburanti nel Regno Unito rispetto all’Unione europea, che verosimilmente introdurrà un regime che non sarà adatto a tutti. Ogni nazione ha esigenze differenti ed è ora che l’Unione europea ne prenda atto.
Bruno Gollnisch (NI). – (FR) Signor Presidente, l’ottima relazione dell’onorevole Parish sulla promozione delle colture per scopi non alimentari espone bene il problema: in un momento in cui il prezzo del petrolio continua ad aumentare e le riserve di gas e di petrolio diminuiscono a causa del crescente fabbisogno dei paesi in via di sviluppo, è utile prevedere fonti energetiche alternative.
I biocarburanti, dei quali sosteniamo lo sviluppo da lungo tempo, rispondono, sia pure in parte, alle esigenze dell’economia agricola: il miglioramento dell’ambiente tramite la riduzione dei gas a effetto serra, così dicono, la produzione di energie rinnovabili per favorire l’indipendenza energetica, la creazione di posti di lavoro nelle zone rurali, l’equilibrio dei territori contro la desertificazione rurale e la preparazione dei terreni ritirati dalla produzione per le colture destinate a scopi non alimentari.
Rimangono nondimeno alcune questioni in sospeso. Come conseguire l’obiettivo ambizioso del 5,75 per cento del mercato per i biocarburanti entro il 2010, allorché la Francia oggi raggiunge appena l’1 per cento? D’altro canto, se il prezzo al barile continua ad aumentare, i biocarburanti diventeranno competitivi e il problema delle esenzioni fiscali non avrà più ragion d’essere; in caso contrario, gli Stati membri accetteranno una diminuzione delle entrate ammontante a diverse centinaia di milioni di euro? Infine, con l’abolizione delle restituzioni all’esportazione nel 2013, decisa dall’OMC, e la riduzione delle sovvenzioni interne, i coltivatori di cereali saranno più propensi a dedicarsi alla produzione per scopi non alimentari, che non è la loro attività principale.
Markus Pieper (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, senza dubbio la biomassa fa parte del futuro approvvigionamento energetico europeo. Nel sostenerla, tuttavia, non dobbiamo ripetere gli errori del passato e con questo intendo, primariamente, che dobbiamo dare al mercato maggiori possibilità di successo.
Per questo motivo, chiedo di non introdurre immediatamente un mercato interno dell’Unione per la biomassa o sovvenzioni a lungo termine. Non dobbiamo riprendere la via delle sovvenzioni agricole, solo per renderci conto alcuni anni dopo che, nonostante le buone intenzioni, la nostra politica è incompatibile con i criteri dell’OMC. Dobbiamo invece riconoscere che l’aumento dei prezzi del petrolio rende interessante la coltivazione di biomassa anche senza sovvenzioni pubbliche.
Soltanto là dove manca una massa critica per l’integrazione del mercato è necessario introdurre un sostegno politico. I programmi di sostegno devono quindi essere limitati nel tempo e decrescenti e dobbiamo permettere il progresso. Penso all’ingegneria genetica, in particolare per quanto riguarda le colture energetiche, per le quali può offrire vantaggi economici decisivi nella concorrenza globale.
Esistono quindi buone prospettive di libero mercato per le materie prime rinnovabili in Europa. I responsabili politici devono prevedere un quadro che permetta a questa tenera piantina di diventare una forte fonte di energia.
María Isabel Salinas García (PSE). – (ES) Signor Presidente, signora Commissario, innanzi tutto vorrei anch’io congratularmi con il relatore, onorevole Parish, per il lavoro svolto in seno alla commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale.
La risoluzione che il Parlamento europeo adotterà oggi plaude alle iniziative della Commissione a favore della promozione delle colture per scopi non alimentari e, considerata la loro importanza cruciale, la invita ad attuarle quanto prima possibile.
Iniziative come il piano d’azione sulla biomassa o la nuova legislazione sui biocarburanti sono attese con particolare interesse nelle zone rurali depresse o che si trovano in particolare difficoltà. Per esempio, nel mio paese, la Spagna, le colture per scopi non alimentari di fatto sono considerate una soluzione socioeconomica concreta per le zone colpite dalla riduzione o dalla scomparsa delle colture indigene, come nel caso delle recenti OCM del cotone o della barbabietola da zucchero.
Tuttavia, affinché tali colture costituiscano un’alternativa reale, dobbiamo adottare una politica in materia di prezzi e incentivi fiscali che ne garantiscano la redditività.
Il Commissario sa bene che non si tratta solo di offrire sbocchi agli agricoltori in difficoltà. Con questa nuova iniziativa, il nostro ambiente migliorerà grazie all’apporto di combustibili puliti. Vi sarà commercio, ma al tempo stesso combatteremo lo spopolamento. In altre parole, tutti ne trarremo vantaggio.
Per questo motivo, vorrei cogliere l’occasione per chiedere alla Commissione se intende ascoltare il Parlamento e, come richiesto nella nostra risoluzione, elaborare una raccomandazione volta a incoraggiare gli Stati membri a introdurre incentivi fiscali e riduzioni di diritti e imposte.
Come ben sappiamo, un’azione di questo tipo non sarebbe legislativa, ma contribuirebbe in modo significativo a promuovere l’uso di energie rinnovabili e incoraggiare la coltivazione di materie prime che lo rendano possibile.
A mio parere, non dobbiamo lasciarci sfuggire questa opportunità. Si sta aprendo un dibattito sul tema estremamente importante dell’energia in un momento in cui è in piena discussione in seno al Parlamento.
James Hugh Allister (NI). – (EN) Signor Presidente, lo slancio che sta acquistando l’energia verde, associato alle pressioni sull’agricoltura tradizionale, insieme offrono la produzione agricola per scopi non alimentari quale alternativa per coloro che intendono provvedere alla necessaria diversificazione.
Le esperienze a livello di Unione europea con l’uso della biomassa per la produzione di energia, sia con materie prime rinnovabili sia con rifiuti organici dell’agricoltura, andrebbero messe in comune in modo da poter riprodurre le iniziative più efficaci in tutta Europa.
Il mio governo ha di recente annunciato la sua intenzione di sviluppare l’Irlanda del Nord come centro di eccellenza per le energie alternative. L’Unione dovrebbe sostenere finanziariamente questo sforzo. Incentivi fiscali, maggiori aiuti per quanto riguarda l’utilizzo dei terreni per le colture energetiche e un uso mirato dei Fondi strutturali sono tutti elementi in grado di apportare un contributo decisivo.
Analogamente, le politiche devono favorire, non ostacolare il progresso. Nella mia circoscrizione, un impianto di digestione anaerobica è stato recentemente costretto a chiudere a causa di rigide e inutili restrizioni dovute alla pianificazione. Sussiste la chiara necessità di un’impostazione comune da parte dei vari dipartimenti.
Duarte Freitas (PPE-DE). – (PT) Vorrei anch’io congratularmi con l’onorevole Parish per la sua relazione, che accolgo con favore. Questa iniziativa di estrema importanza evidenzia un problema la cui soluzione richiede un grande sforzo da parte di tutti noi.
In primo luogo, ritengo che le colture per scopi non alimentari possano offrire un contributo importante al settore europeo dell’energia, che è attualmente oggetto di analisi. E’ sempre più importante garantire la sicurezza energetica dell’Unione europea e una maggiore autonomia rispetto al mondo esterno. Ritengo che, in questo contesto, l’uso di biocarburanti possa apportare un valido contributo. In secondo luogo, sono convinto che la promozione di colture per scopi non alimentari sarà molto vantaggiosa dal punto di vista agricolo, soprattutto per quanto riguarda le colture energetiche, che potrebbero offrire una nuova speranza per il futuro dell’agricoltura europea e della PAC, così tanto incompresa.
Considerate le prospettive sconfortanti per la produzione alimentare europea, che deve far fronte alla concorrenza di paesi con minori preoccupazioni sociali e ambientali e in cui è quindi possibile una produzione a basso costo, la ricerca di alternative per mantenere viva l’agricoltura europea è più che mai urgente.
Csaba Sándor Tabajdi (PSE). – (HU) Signor Presidente, a nome dei nuovi Stati membri, tra cui l’Ungheria, vorrei ringraziare l’onorevole Parish, che ha tenuto conto del fatto che i nuovi Stati membri non possono ricevere assistenza finanziaria dall’Unione europea per le colture energetiche. Di conseguenza, l’invito rivolto alla Commissione nella relazione ad adoperarsi per eliminare gli ostacoli allo sviluppo delle colture energetiche nei nuovi Stati membri e agevolare l’assistenza dell’Unione europea riveste particolare importanza.
Un altro elemento molto positivo è che, secondo la relazione, l’assistenza deve essere concessa al di fuori del regime di pagamento unico per superficie, a prescindere dal meccanismo di phasing in relativo ai pagamenti diretti. La relazione del Parlamento europeo sostiene inequivocabilmente gli interessi dei nuovi Stati membri e quindi chiedo al Commissario Fischer Boel e alla Commissione di prendere in considerazione queste proposte, perché l’assistenza a fini energetici riveste estrema importanza nei nuovi Stati membri, anche per garantire l’occupazione.
Jan Tadeusz Masiel (NI). – (PL) Signor Presidente, l’idea di promuovere le colture per scopi non alimentari è eccellente e provvidenziale. E’ provvidenziale perché, in seguito all’adesione all’Unione europea, gli agricoltori polacchi hanno imparato in prima persona che cosa significa limitare la produzione di latte o eliminare la produzione di zucchero, e anche che i livelli di sovvenzione non sono uguali in tutta l’Unione.
La produzione di biomassa e biocombustibili, in particolare, non solo migliorerà lo stato dell’ambiente e creerà occupazione nelle zone rurali, ma salvaguarderà anche la dignità umana aumentando il reddito di intere famiglie. Anziché preoccuparsi del crollo dei prezzi dei suini, gli agricoltori potranno festeggiare l’aumento dei prezzi dei combustibili. Finora, gli agricoltori ci hanno protetti dalla minaccia della fame. Ora possono salvarci da una crisi energetica e dare nuovo respiro alla politica agricola comune.
Elisabeth Jeggle (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto esprimere i miei sinceri ringraziamenti al relatore, onorevole Parish, che ha svolto un ottimo lavoro nel preparare questa relazione d’iniziativa.
Alla luce dei recenti avvenimenti, il mix energetico e la quota di energie rinnovabili sulla domanda totale di energia sono i temi di maggiore attualità. Dobbiamo cogliere questa opportunità nell’interesse di un’ampia diffusione delle colture per scopi non alimentari. In seguito alle riforme agricole, gli agricoltori possono produrre colture energetiche sui terreni ritirati dalla produzione, ma assieme alla produzione per scopi alimentari, che rimane una priorità.
A questo primo passo si dovrà però dare seguito, il che significa che dobbiamo potenziare la ricerca e lo sviluppo ed estenderli alle biotecnologie economiche moderne. Gli aspetti importanti sono gli aiuti per l’integrazione del mercato e la concentrazione sulla competitività. Ciò significa che è importante porre la promozione della bioenergia ottenuta da colture non alimentari, che è sensata dal punto di vista ecologico, su una base economica sostenibile a lungo termine. Abbiamo ancora bisogno di nuovi posti di lavoro nelle zone rurali.
Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziarla ancora una volta per il valido contributo del Parlamento europeo a questo dibattito di grande importanza. Sono molto colpita dal fortissimo sostegno espresso oggi qui in seno al Parlamento.
Ci attende molto lavoro. Il 2006 sarà un anno particolarmente impegnativo, con diverse questioni fondamentali da affrontare: in primo luogo, gli obiettivi per i biocarburanti nel contesto della revisione della direttiva sui biocarburanti; in secondo luogo, la possibilità di aumentare la miscela di biocombustibili nei carburanti tradizionali: è già in corso il lavoro di revisione della direttiva relativa alla qualità dei carburanti; in terzo luogo, il regime per le colture energetiche, che sarà anch’esso oggetto di revisione quest’anno. Le diverse azioni sono tutte descritte nel piano d’azione per la biomassa e nella strategia per i biocarburanti, che devono essere avviati quest’anno. Vi è molto da fare e siamo molto impegnati. Per questo motivo, abbiamo istituito una nuova unità all’interno del mio servizio, con competenze specifiche in materia di biomassa e biocarburanti.
Continueremo inoltre a cercare soluzioni atte a incoraggiare l’enorme potenziale economico, sociale e ambientale delle applicazioni non alimentari, in particolare quelle evidenziate nella relazione.
Sono fermamente convinta che l’intera economia abbia tutto da guadagnare dal contributo che le risorse biologiche rinnovabili possono apportare per garantire un futuro sostenibile per l’Europa.
(Applausi)
Presidente. La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani alle 11.00.
Dichiarazione scritta (Articolo 142 del Regolamento)
Gábor Harangozó (PSE). – (EN) La promozione delle colture per scopi non alimentari è un’opportunità unica che può arrecare notevoli benefici agli agricoltori europei e alle economie rurali in termini sociali, economici e ambientali. Di fatto, la relazione illustra chiaramente il potenziale che gli sviluppi e investimenti nel settore delle colture non alimentari offrono agli agricoltori. E’ probabile che lo sviluppo delle colture non alimentari abbia un impatto positivo sugli agricoltori che subiscono le conseguenze della riforma OCM dello zucchero. Dovremmo pertanto sostenere lo sviluppo di questo settore in quanto introduce produzioni alternative per gli agricoltori europei, sottoposti alle pressioni della concorrenza. Inoltre, è chiaro che il sostegno delle colture per scopi non alimentari è in linea con gli obiettivi posti dalle strategie di Lisbona e di Göteborg per lo sviluppo e l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili, in quanto la produzione di materie prime per l’energia fornisce un ampio potenziale per soddisfare il fabbisogno energetico dell’Unione.
PRESIDENZA DELL’ON. ONESTA Vicepresidente
7. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
8. Approvvigionamento delle associazioni caritative riconosciute per l’attuazione del programma europeo di aiuto alimentare ai più bisognosi (dichiarazione scritta): vedasi processo verbale
9. Composizione dei gruppi politici: vedasi processo verbale
10. Composizione del Parlamento: vedasi processo verbale
11. Turno di votazioni
Presidente. – L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.
(Per i risultati dettagliati delle votazioni: cfr. Processo verbale)
11.1. Ruote per le autovetture e i loro rimorchi (progetto CEE/NU) (votazione)
11.2. Omologazione dei sistemi d’illuminazione anteriore direzionali (AFS) per gli autoveicoli (votazione)
11.3. Protocollo all’accordo euromediterraneo con lo Stato di Israele dopo l’allargamento (votazione)
11.4. Accordo CE/Danimarca relativo alla competenza giurisdizionale, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (votazione)
11.5. Accordo CE/Danimarca relativo alla notificazione e alla comunicazione degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile e commerciale (votazione)
– Prima della votazione
Hélène Goudin (IND/DEM). – (SV) Signor Presidente, gradirei che il Presidente parlasse un po’ più lentamente, in quanto l’interpretazione non si sente subito.
Presidente. – In effetti leggo più rapidamente i titoli delle relazioni quando sono lunghi e complicati. Mi auguro che gli interpreti, i quali hanno sotto gli occhi lo stesso testo che leggo io, riescano a seguire.
11.6. Programma d’azione comunitaria (2007-2013), aspetti dei consumatori (votazione)
Gerard Batten (IND/DEM). – (EN) Signor Presidente, lei avrà forse un appuntamento da qualche altra parte più tardi, non so, ma noi siamo qui nell’esercizio delle nostre funzioni e per votare. Lei sta procedendo a un ritmo così frenetico che non facciamo in tempo ad alzare le mani per votare. Potrebbe cortesemente andare più piano?
(Reazioni diverse)
Presidente. – In merito ai miei orari, la rassicuro. Non andrò via dal Parlamento prima di domani mattina e quindi ho un sacco di tempo. Non sono sicuro che possa dirsi lo stesso per tutti i colleghi.
(Applausi)
Prima della votazione sull’emendamento n. 59
Ingeborg Gräßle (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, vorrei chiedere di aggiungere una precisazione. Dopo
(EN) “Le spese amministrative”
(DE) vorrei inserire la seguente frase:
(EN) “di qualsiasi agenzia esecutiva istituita o ampliata per amministrare tale programma”.
Presidente. – Vi sono osservazioni su questo emendamento orale?
(Il Parlamento approva l’emendamento orale)
11.7. Professioni legali e interesse generale relativo al funzionamento dei sistemi giuridici (votazione)
11.8. Diritto contrattuale europeo e revisione dell’acquis: prospettive per il futuro (votazione)
11.9. Sicurezza degli approvvigionamenti energetici nell’Unione europea (votazione)
– Prima della votazione sul considerando C
Robert Goebbels (PSE). – (FR) Signor Presidente, vorrei presentare un emendamento orale volto a modificare il considerando C. Si tratta di sostituire dei termini, che leggerò in inglese perché è l’unica versione del testo di cui sono in possesso:
(EN) “environmental protection” con “environmental sustainability”...
(FR) Credo che questi siano i termini in uso. Il testo dovrebbe dunque diventare così:
(EN) “considerando che i tre principali obiettivi della politica energetica dell’UE sono la sicurezza dell’approvvigionamento, la competitività e la sostenibilità dell’ambiente”.
Presidente. – Vi sono osservazioni su questo emendamento orale?
(L’emendamento orale non è accolto)
11.10. Criteri dell’Unione europea per l’imposizione della pace, in particolare nella Repubblica democratica del Congo (votazione)
– Prima della votazione
Gerard Batten (IND/DEM). – (EN) Signor Presidente, sollevo una mozione di procedura ai sensi dell’articolo 151 del Regolamento, sulla ricevibilità degli emendamenti. Vorrei che lei decidesse di dichiarare irricevibili questi emendamenti perché alle 10.45 di stamani, quando abbiamo controllato l’ultima volta, non compariva alcuna lista di voto sul tabellone elettronico. Non disponiamo pertanto di una lista di voto e quindi voteremo su punti che non possiamo vedere. Le chiederei pertanto con rispetto di passare al prossimo punto all’ordine del giorno e di rinviare la questione al momento in cui disporremo di una lista di voto adeguata.
Presidente. – Onorevoli colleghi, i servizi di seduta affermano che le liste di voto erano disponibili fin da ieri sera. Detto questo, forse non erano proprio dove lei le ha cercate sul sito web del Parlamento, perché sono state spostate a seguito della riorganizzazione del sito. Tuttavia, sulla base di quanto mi dicono i servizi di seduta, non vedo per quale motivo dare seguito alla sua richiesta, visto che le liste di voto erano effettivamente disponibili ieri sera sul sito web.
11.11. Revisione dell’accordo di Cotonou e fissazione dell’importo del decimo FES (votazione)
11.12. L’impatto in materia di sviluppo degli accordi di partenariato economico (votazione)
– Prima della votazione sul considerando J
Miguel Ángel Martínez Martínez (PSE). – (ES) Signor Presidente, questo è un emendamento secondario, inteso a rendere il testo più preciso sostituendo la parola “da sempre” con “spesso”.
Luisa Morgantini (GUE/NGL), relatrice. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, preferirei di gran lunga mantenere il testo originale perché ovviamente la parola spesso cambia il concetto. Ringrazio Martinez per l’emendamento e l’accetto.
Presidente. – Vi sono osservazioni su questo emendamento orale?
(L’emendamento orale non è accolto)
11.13. Partiti politici europei (votazione)
– Prima della votazione
Jo Leinen (PSE), relatore. – (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, l’Assemblea ha impresso forte slancio allo sviluppo dei partiti politici europei. Adesso ci sono 10 famiglie di partiti politici a dimostrazione della varietà della nostra cultura politica. La relazione inaugura una nuova fase che semplifica il lavoro di questi partiti.
I partiti europei sono parte necessaria della democrazia europea e ci auguriamo soprattutto che nominino la rosa dei candidati alla carica di Presidente della Commissione prima delle prossime elezioni europee in modo che i cittadini possano scegliere tra personalità e programmi e possano partecipare alla scelta del tipo di Europa che vogliono.
(Applausi)
Vorrei ringraziare i presidenti e i segretari generali dei partiti per le importanti indicazioni fornitemi. Questa linea di bilancio è una delle poche per cui è direttamente responsabile il Parlamento, desidero pertanto ringraziare l’Ufficio di presidenza e l’amministrazione del Parlamento per la davvero ottima gestione della delicata linea di bilancio relativa ai partiti europei. Invito l’Assemblea ad approvare la relazione.
(Applausi a sinistra)
– Dopo la votazione sull’intera proposta di risoluzione
Christopher Heaton-Harris (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, potrebbe dirci se qualche deputato al Parlamento ha fatto una dichiarazione sui propri interessi finanziari prima di votare la precedente relazione?
Presidente. – A quanto mi consta, nessun deputato ha fatto alcuna dichiarazione.
Vi ricordo il Regolamento: abbiamo un apposito registro in cui dichiarare una volta per tutte qualsiasi interesse finanziario, il che evita di dover dichiarare eventuali interessi finanziari a ogni dibattito. Compilate dunque il registro in modo adeguato, se non volete che sorgano discussioni.
11.14. Sfide demografiche e solidarietà tra le generazioni (votazione)
– Prima della votazione sul paragrafo 28, punto 6
Marian Harkin (ALDE). – (EN) Signor Presidente, questo emendamento orale intende sostituire le parole “migliorare la compatibilità degli gli orari scolastici con gli orari lavorativi” con “migliorare la compatibilità degli orari lavorativi con gli orari scolastici”.
Philip Bushill-Matthews (PPE-DE), relatore. – (EN) Signor Presidente, in qualità di relatore vorrei dire non avevo pensato che questa modifica cambiasse il testo. Dopo averla esaminata penso tuttavia che migliori il testo e dunque personalmente mi pronuncio a favore.
Presidente. – Vi sono obiezioni a questo emendamento orale?
(L’emendamento orale è accolto)
11.15. Promozione delle colture per scopi non alimentari (votazione)
Presidente. – Con questo si conclude il turno di votazioni.
Hannu Takkula (ALDE), per iscritto. (FI) Signor Presidente, la relazione dell’onorevole Brok è prettamente tecnica, ma è comunque molto importante. Ho votato a favore della relazione e credo che approvando questo accordo il Parlamento europeo dimostri il desiderio di rafforzare le relazioni con lo Stato indipendente di Israele, l’unico paese democratico in Medio Oriente.
E’ di capitale importanza che il Parlamento europeo sostenga i paesi in cui vigono i valori europei come la democrazia, i diritti umani e i principi dello Stato di diritto. Di conseguenza Israele ha bisogno del nostro unanime sostegno.
Mi auguro che l’esito della votazione invierà il segnale che il Parlamento europeo rispetta i valori europei fondamentali e che non possiamo permettere cooperazione né negoziati con l’organizzazione terroristica di Hamas, che ha preso il potere nei territori autonomi palestinesi. Prima di poter anche solo parlare di negoziati, Hamas deve senza ambiguità 1) riconoscere il diritto di Israele a essere uno Stato ebraico, 2) porre fine a tutti gli atti terroristici, 3) deporre le armi, 4) rifiutare di sostenere altri gruppi violenti e 5) rispettare gli accordi internazionali vigenti tra Israele e l’Autorità palestinese (Accordi di Oslo, roadmap, e via dicendo).
Mi auguro che l’Unione europea si atterrà ai suoi valori fondamentali. E’ fondamentale sostenere uno Stato di Israele indipendente e democratico e il suo diritto a esistere.
Andreas Schwab (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, l’Aula sta iniziando a svuotarsi, quindi sarò breve. Poiché la settimana scorsa non sono riuscito a prendere la parola a Strasburgo durante le votazioni, vorrei ribadire l’importanza di separare il programma per la protezione dei consumatori da quello per la salute, in quanto, anche se la Commissione non ha espresso in merito un parere particolarmente positivo, in definitiva i due programmi hanno basi giuridiche diverse e quindi la protezione dei consumatori deve essere affrontata in modo diverso.
In secondo luogo, vorrei utilizzare questa dichiarazione di voto per far presente che in linea di massima non è un modo efficace di procedere quello di cercare di creare altre agenzie UE e quindi di ripartire più ampiamente le competenze delle varie autorità diminuendo così la trasparenza. Per tale motivo accolgo con favore la relazione Thyssen elaborata dalla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, che tiene pienamente conto di questa preoccupazione. Reputo positiva la soluzione di approvare oggi la relazione e l’emendamento orale sul finanziamento.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Abbiamo votato a favore di questa relazione poiché dà autonomia al programma per la protezione dei consumatori, in contrasto con il tentativo della commissione di creare un programma unico comprendente anche la salute.
Oltre a questo cambiamento decisivo, che sosteniamo, la relazione introduce significativi miglioramenti in relazione alle aree di intervento, agli importi complessivi di risorse considerate e all’aumento della spesa per il funzionamento delle organizzazioni europee dei consumatori che rappresentano gli interessi dei consumatori.
Anche se in alcuni settori avremmo voluto andare oltre, adesso ci auguriamo che Commissione e Consiglio tengano conto della posizione del Parlamento.
David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Reputo positivo il programma d’azione comunitario inteso a creare un programma comune per la salute e la tutela dei consumatori. Il programma d’azione si prefigge l’obiettivo di pronunciare un parere sulla protezione dei consumatori da sottoporre alla commissione competente, vale a dire la commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori.
Tale obiettivo verrà conseguito mediante l’armonizzazione della protezione dei consumatori nel mercato unico, permettendo ai cittadini di spostarsi liberamente in seno all’UE e di acquistare merci con fiducia proprio come nei loro paesi di origine.
Migliorando la conoscenza dei consumatori e dei mercati, questo programma d’azione protegge i cittadini da rischi e minacce che sfuggono al controllo individuale. Sono inoltre particolarmente favorevole a questo programma d’azione in quanto metterà le questioni inerenti alla salute e ai consumatori al centro delle politiche comunitarie.
Bernadette Vergnaud (PSE), per iscritto. – (FR) Vorrei congratularmi con l’onorevole Thyssen per l’eccellente lavoro svolto. La ringrazio anche per aver voluto recepire gli emendamenti da me presentati sulle relazioni tra consumatori e imprese artigianali.
Ogni giorno gli artigiani svolgono un ruolo essenziale fornendo informazioni e consigli ai consumatori con cui sono a diretto contatto.
Sono altresì soddisfatta per il fatto che i due programmi, salute e protezione dei consumatori, siano rimasti separati. Queste politiche sono entrambe parimenti importanti per i cittadini e ciascun programma non potrà che risultarne rafforzato.
Sono però ancora estremamente preoccupata per le proposte del Consiglio relative al bilancio comunitario per il periodo 2007-2013, che nel giro di pochi anni potrebbero sfociare in una drastica riduzione dell’attuale politica di protezione dei consumatori a livello europeo. E’ impensabile che questo bilancio venga ridotto a 5 milioni di euro all’anno nel 2009, pari a una quota annua di un centesimo di euro per ciascun consumatore europeo. Questo importo è del tutto insufficiente a finanziare una politica dei consumatori degna di questo nome, che peraltro è fondamentale nella vita quotidiana dei cittadini.
Nonostante questo, voto a favore della relazione.
– Sicurezza degli approvvigionamenti energetici nell’Unione europea (RC-B6-0189/2006)
Bernd Posselt (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, mi riferisco anche alla relazione Parish quando affermo che l’Europa in futuro deve garantirsi tre cose: primo, un ambiente salubre, soprattutto in termini di aria, acqua e territorio, secondo, alimenti sani e in quantità sufficienti e, terzo, l’energia.
Le aree rurali sono in grado di offrirci tutte e tre le cose in misura sufficiente e a prescindere da fonti esterne che possono solo creare dipendenza. In proposito è stato deplorevole quando alcuni mesi fa Tony Blair ha insultato gli agricoltori, soprattutto quelli europei, definendoli arretrati. Ogni centesimo che investiamo nell’agricoltura e nelle regioni rurali è un investimento per il futuro dell’Europa. Questi sono i tre settori vitali che hanno grandi potenzialità innovative e prospettive per il futuro.
Le nostre aree rurali e le strutture rurali decentrate rappresentano in crescente misura l’elemento strategico per garantire il futuro dell’Europa, sviluppo, questo, che è rivoluzionario e che non è ancora tenuto in debita considerazione.
Eija-Riitta Korhola (PPE-DE). – (FI) Signor Presidente, vorrei proporre un calcolo che giustifica il mio voto a favore dell’energia nucleare. Se le emissioni di anidride carbonica dell’UE verranno ridotte approssimativamente di 100 milioni di tonnellate nella prima fase di scambio delle quote di emissione, il prezzo di mercato delle emissioni consentite sarà di 2,5 miliardi all’anno in base ai prezzi attuali. Secondo una stima prudente, il prezzo dell’elettricità nel mercato europeo all’ingrosso dell’elettricità potrebbe aumentare in media di 10 euro per megawatt all’ora a seguito dello scambio di quote di emissioni.
Poiché il consumo annuo di elettricità nell’UE si attesta approssimativamente sui 3 000 terawatt all’ora, il costo dello scambio delle quote di emissione nel mercato dell’elettricità all’ingrosso si aggirerà sui 30 miliardi di euro all’anno. Tassare l’elettricità sarebbe un’opzione che contrasta il principio del mercato. Non sto ventilando questa opzione, ma sto proponendo un esperimento ben ponderato. Se lo scambio di quote di emissione fosse sostituito con una tassa sull’elettricità e gli utili venissero utilizzati per investimenti effettivi finalizzati alla riduzione delle emissioni, questi circa 30 miliardi all’anno potrebbero essere utilizzati per investimenti di sostegno intesi a incrementare in modo sostanziale la capacità, il che eliminerebbe la necessità di combustibili fossili.
L’energia nucleare è un esempio di forma di energia che non produce emissioni, che non riceve sostegni dal mercato dell’elettricità e che in realtà non ne ha neppure bisogno, a differenza di molte altre forme di energia. Se tuttavia si pensa che un investimento di 3 miliardi permetterebbe una riduzione pari a circa 10 milioni di tonnellate di anidride carbonica grazie all’uso dell’energia nucleare, di fatto i 30 miliardi determineranno quella riduzione annuale delle emissioni grazie alla costruzione di centrali nucleari, con la differenza che si potrebbe continuare a vendere l’elettricità prodotta.
(Applausi)
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della risoluzione comune presentata da quattro gruppi politici sulla sicurezza dell’approvvigionamento energetico nell’Unione europea. La questione energetica diventerà decisiva nell’epoca postpetrolifera per garantire uno sviluppo economico rispettoso dell’ambiente e il progresso sociale. E’ positivo che l’energia nucleare non sia più un argomento tabù e mi rallegro per l’importanza accordata alle fonti energetiche sostenibili, nonché all’urgente necessità di accelerare i programmi di ricerca e sviluppo nel settore. Mi dispiace che non sia stata accolta l’idea di introdurre uno strumento comunitario mirato al controllo dei prezzi del petrolio. La presente proposta di risoluzione non si prefigge l’obiettivo di contrastare l’aumento dei prezzi petroliferi, tendenza che è inevitabile, ma di renderne meno drastici gli effetti, con una ripartizione su base annuale. Infine è di capitale importanza che il Consiglio europeo elabori una politica chiara in questo settore, che però, va detto, non rientra nella sfera delle competenze europee. In tal modo si eviterà di alimentare le false speranze nei cittadini, i quali, se non saranno soddisfatti, diventeranno ancora più contrari all’ideale europeo.
Giles Chichester (PPE-DE), per iscritto. (EN) Il gruppo del PPE-DE ha deciso di astenersi sui paragrafi 10, 22, 27 e 29 non perché sia contrario al contenuto, ma perché questi paragrafi sono stati chiaramente attribuiti al gruppo Verts/ALE.
Questo gruppo abusa regolarmente della procedura negoziale delle proposte comuni. Fino all’ultimo momento ottiene abilmente l’inserimento di vari paragrafi derivanti dalla sua risoluzione e la cancellazione di parti di testo non gradite, poi però alla fine rifiuta di firmare la risoluzione comune per motivi fittizi, come la presenza nel testo di una parola ritenuta inaccettabile dai Verdi.
Il compromesso prevede che entrambe le parti facciano e ottengano concessioni e alla fine accettino un testo anche se non riflette esattamente le richieste iniziali.
Il gruppo del PPE-DE ritiene che il gruppo Verts/ALE debba stare al gioco se vuole svolgere il proprio ruolo in modo equo e democratico.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Come afferma la relazione, la dipendenza dell’UE a 25 dalle importazioni di energia è estremamente elevata – con una quota del 48 per cento nel 2002 – e potrebbe raggiungere il 71 per cento entro il 2030, se non verranno adottate misure supplementari.
Alcuni dati delineano un quadro estremamente chiaro:
– nell’UE le importazioni soddisfano il 76,6 per cento della domanda di petrolio, il 53 per cento della domanda di gas, il 35,4 per cento della domanda di carbone e quasi il 100 per cento della domanda di uranio e di prodotti dell’uranio;
– nella produzione lorda di energia dell’UE a 25 intervengono per il 31 per cento il nucleare, per il 25 per cento i combustibili solidi (prevalentemente carbone), per il 18 per cento il gas, per il 14 per cento le fonti di energia rinnovabile e per il 5 per cento il petrolio;
– l’uso finale di energia nell’UE a 25 è stato del 28 per cento nel settore industriale, del 31 per cento nel settore dei trasporti e del 41 per cento nel settore dell’edilizia.
Emerge pertanto con chiarezza la necessità di adottare misure per rafforzare la cooperazione, la ricerca e le politiche pubbliche e di effettuare investimenti adeguati al fine di ridurre la dipendenza degli Stati membri e di accrescere l’efficienza energetica. La risoluzione contiene numerose proposte su cui nutriamo riserve, come l’importanza attribuita alla liberalizzazione del settore, alla concorrenza e al mercato interno dell’energia. Tale via non farà che rafforzare i gruppi economici e finanziari e non produrrà alcun miglioramento per i paesi economicamente più deboli né per i loro abitanti.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Siamo in parte d’accordo con le affermazioni della presente risoluzione, sulla preoccupazione per la dipendenza energetica dei nostri paesi e per le eventuali conseguenze sociali ed economiche, sulla necessità di promuovere fonti di energia rinnovabile locali più rispettose dell’ambiente e di investire nell’efficienza energetica o nella ricerca di nuovi modi per risparmiare energia. Tuttavia, la relazione non presta sufficiente attenzione al preannunciato esaurimento delle riserve mondiali di idrocarburi.
Non siamo invece d’accordo sul ruolo che la Commissione si è autoassegnata nel settore energetico. Tale ruolo non è previsto dai Trattati e in proposito persino la Costituzione europea si limitava alla constatazione della situazione esistente, ma il Parlamento intende andare oltre.
La liberalizzazione del mercato del gas e dell’elettricità determinerà solo un aumento dei prezzi dell’energia per i consumatori, interruzioni nella fornitura e una generale tendenza alla fusione di imprese. Persino il mio paese, la cui produzione di elettricità deriva quasi al 90 per cento dal nucleare o da fonti di energia rinnovabile e che tradizionalmente ha sempre avuto una produzione eccedentaria, oggi deve affrontare questi problemi, grazie a Bruxelles!
La mera logica di mercato non è compatibile con il conseguimento di obiettivi strategici nazionali né con la salvaguardia degli interessi vitali di un paese. Gli Stati membri devono rimanere gli unici padroni della propria politica energetica.
Claude Moraes (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della risoluzione perché, in quanto europarlamentare londinese, ritengo che dalle indagini sul settore energetico rese note di recente emerga che alcune imprese europee si sono rese colpevoli di aver fissato i prezzi. Esigo una risposta decisa al riguardo dalla Commissione europea. Sono inoltre preoccupato per il fatto che questa risoluzione non affronta i problemi cruciali legati alla penuria di combustibile nella mia circoscrizione elettorale.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. (PT) Il Libro verde della Commissione su una politica energetica sostenibile, competitiva e sicura per l’Europa traccia un’accurata analisi dei problemi in materia di approvvigionamento energetico recentemente emersi.
Quella che si potrebbe definire “questione energetica” è la prevista conseguenza del progresso economico associato alla limitata capacità di produzione e trasformazione delle fonti energetiche tradizionali. L’aspetto più grave è che gli elementi dell’equazione sono molto difficili da cambiare. La crescita economica di giganti come Brasile, Russia, India e Cina è un dato di fatto prevedibile e, per fortuna, incontrovertibile. Inoltre, se anche ci fosse un aumento delle capacità di produzione e di trasformazione, ammesso che si riescano a migliorare le capacità delle raffinerie in tempo utile, occorre tener presente che il carattere finito di queste risorse è altrettanto irreversibile. Vorrei altresì precisare che nutro forti dubbi sull’immediata efficacia della riduzione dei consumi, a meno che tale processo si possa estendere alla produzione di merci e attrezzature, ai trasporti e all’edilizia.
Reputo inoltre che questo dibattito possa essere realistico solo se comprenderà l’energia nucleare e quella rinnovabile.
In conclusione, sostengo il Libro verde e la risoluzione soprattutto perché introduce nel dibattito la questione della sicurezza.
– Criteri per l’imposizione della pace nella Repubblica democratica del Congo (B6-0190/2006)
Bernd Posselt (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, chiunque abbia sorvolato l’Africa alla luce del giorno sa che la Repubblica democratica del Congo rappresenta il cuore geostrategico di questo continente. Pertanto dobbiamo fare tutto il possibile per garantire la democrazia e la stabilità nel paese.
Tuttavia, l’odierna discussione critica dovrebbe essere considerata come un ultimo avvertimento circa l’esigenza di creare finalmente le strutture necessarie, anche per permettere all’Europa di tutelare i propri interessi in un continente vicino e di così grande rilevanza strategica. Giustamente interveniamo nella politica di altri continenti assumendo la responsabilità per il mantenimento della pace e della libertà, ma non riusciamo a fornire gli strumenti necessari. E’ giunto il momento di istituire un esercito europeo, un esercito professionale oltre a quello di leva e agli altri. Gli eserciti nazionali devono continuare ad occuparsi della sicurezza interna, ma per quanto riguarda gli interventi in altri continenti sostanzialmente ci mancano gli strumenti per farlo. Rischiamo di assumere un impegno troppo gravoso e per questo dico sì a questo dispiegamento di truppe. Dobbiamo tuttavia considerare questa occasione come un serio incentivo a garantire che la nostra politica estera e di sicurezza comune sia finalmente dotata degli strumenti necessari per il mantenimento della pace.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) L’attuale situazione nella Repubblica democratica del Congo è molto preoccupante. Il paese ha vissuto per lungo tempo in uno stato di grande instabilità che ha portato carestia e violenze contro i civili e dato origine ad una situazione molto difficile in tutta la regione dei Grandi laghi. Un segnale di speranza è tuttavia rappresentato dalle ormai prossime elezioni.
Noi della Lista di giugno siamo fortemente contrari a che la missione nella Repubblica democratica del Congo continui ad essere utilizzata per consolidare la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea.
La situazione nella Repubblica democratica del Congo deve essere risolta, ma non attraverso il dispiegamento di un esercito comune europeo. Spetta ai singoli Stati, su richiesta delle Nazioni Unite, decidere se inviare o meno le proprie truppe.
Pertanto abbiamo votato contro la risoluzione.
Pedro Guerriero (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) L’Africa è un frutto molto appetitoso. Le grandi potenze capitaliste tentano di estendere il proprio dominio e di sfruttare le immense risorse di questo continente; prova ne è la presenza sempre più massiccia e l’aumento delle operazioni e basi militari di paesi come Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna o Germania.
L’intervento militare nella Repubblica democratica del Congo è intriso di questa logica e apre la strada ad altre operazioni militari in futuro. Non dimentichiamo che questo è il secondo intervento nel paese sotto l’egida dell’Unione europea, dopo quello del 2003 denominato “Artemis”, con truppe francesi.
Invece di contribuire alla fine dello sfruttamento illegale delle risorse naturali, ivi incluso quello perpetrato da imprese europee, e dell’ingerenza esterna nel paese, invece di rispondere alle richieste di aiuti umanitari delle Nazioni Unite e di incentivare e sostenere finanziariamente il processo di disarmo e lo sviluppo economico e sociale garantendo che lo sfruttamento delle risorse naturali sia interamente appannaggio della popolazione locale, le grandi potenze europee come Francia e Germania, supportate dal governo portoghese, hanno inviato altre truppe in un paese in cui già stazionano oltre 15 000 militari per la Missione di osservazione delle Nazioni Unite in Congo (MONUC). Da ciò deriva il nostro voto contrario.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La decisione dell’Unione europea di inviare forze militari dell’esercito comunitario nella Repubblica democratica del Congo rientra nella lotta tra le potenze imperialiste per il controllo dei mercati e delle risorse produttive del Congo e dell’Africa in generale, che ha pagato questa politica con milioni di vite.
L’UE sta utilizzando il mantenimento della pace e il controllo sul processo elettorale come pretesto per nascondere i suoi reali obiettivi e creare un precedente in caso di futuri interventi.
Inoltre, questa missione rappresenta la prima applicazione di quella riforma reazionaria delle Nazioni Unite che mira ad integrare nel circuito di questa organizzazione anche entità a carattere regionale (NATO, esercito europeo) al fine di “legalizzare” interventi di tipo imperialistico.
Non a caso la risoluzione fa riferimento ad una ricostruzione della Repubblica democratica del Congo secondo gli standard previsti per l’Iraq dalla dichiarazione dell’ONU pronunciata in occasione del 60esimo anniversario.
La seconda missione dell’esercito europeo dopo la Bosnia dimostra inoltre il proprio carattere aggressivo e interventista.
I popoli del Congo e dell’Africa non hanno bisogno di “tutori internazionali”, che sono comunque responsabili delle guerre e della situazione disperata in cui essi si trovano.
Geoffrey Van Orden (PPE-DE), per iscritto. – (EN) I conservatori britannici sono contrari al coinvolgimento dell’UE in attività militari, che costituiscono un aspetto dell’integrazione politica dell’Unione stessa, non migliorano le nostre capacità militari e mettono a repentaglio le alleanze militari già esistenti. In Congo sta per consumarsi una tragedia, ma il dispiegamento di truppe proposto non servirà ad evitarla. L’Unione europea non è nata per affrontare situazioni del genere dal punto di vista militare né ha gli strumenti adatti per farlo. Ed è giusto che sia così. L’Unione europea non è nemmeno stata in grado di adempiere agli obblighi, peraltro non troppo gravosi, che le sono stati affidati per il mantenimento della sicurezza in Sudan, dove ha insistito per intervenire malgrado lo avesse già fatto anche la NATO. Ci sono state due missioni civili in Congo e non è chiaro quale dovrebbe essere a questo punto il mandato di un’eventuale missione militare dell’UE. Il governo congolese non ne ha fatto richiesta. L’operazione è pertanto meramente esteriore ed è finalizzata a pubblicizzare l’immagine dell’UE, più che a risolvere i problemi del Congo. L’UE dovrebbe soddisfare le richieste delle Nazioni Unite utilizzando gli strumenti politici, umanitari, di osservazione elettorale e assistenza allo sviluppo a sua disposizione. A seconda del contesto, questioni come quella in oggetto sono di competenza delle singole nazioni, della NATO o dell’ONU. I conservatori britannici sono sostengono le Nazioni Unite nello svolgimento delle loro difficili missioni, ma non le avventure militari dell’UE. Pertanto noi abbiamo votato contro la risoluzione.
Carlo Fatuzzo (PPE-DE). – Signor Presidente, signori colleghi, sono ben felice di spiegare per quale motivo ho votato a favore della relazione di Jo Leinen sulla regolamentazione dei partiti politici europei e sul loro finanziamento. Quando grido in Italia “all’attacco pensionati!” mi seguono tutti i pensionati, anche i giovani insieme ai pensionati, perché credono nel Partito pensionati del quale sono leader.
Sono sicuro che se gridassi nelle 25 lingue dell’Unione europea “all’attacco pensionati!” mi seguirebbero anche i pensionati degli altri 24 Stati dell’Unione europea, perché il Partito politico europeo va al cuore della gente. Sono sicuro e sono certo che creeremo l’Europa quando avremo creato i partiti europei così come il Partito pensionato sta creando il Partito pensionati europeo. All’attacco pensionati!
Frank Vanhecke (NI). – (NL) Signor Presidente, l’idea di base della relazione dell’onorevole Leinen è la necessità di avere dei partiti politici europei maturi in quanto costituirebbero un reale beneficio per la democrazia in Europa.
Ritengo che non sarebbe un’esagerazione affermare che in realtà è vero esattamente il contrario. La progressiva e smisurata complicazione del processo decisionale in un’Europa che, si badi bene, dovrebbe essere costituita da Stati membri molto diversi e pienamente sovrani è il modo più sicuro per ridurre il livello di democrazia e rendere il processo decisionale ancora meno trasparente mediante l’introduzione di una burocrazia virtualmente impossibile da monitorare, come del resto dimostrano numerosi esempi attualmente sotto i nostro occhi. Basti pensare alla reazione totalitaria del Parlamento nei confronti del rifiuto della Costituzione europea espresso da Francia e Paesi Bassi mediante referendum democratici.
Il vero scopo dei partiti politici europei è quindi quello di spillare molti più soldi ai contribuenti da destinare ai partiti politici, ma, s’intende, solo a quelli politicamente corretti. Pertanto, quando l’Europa parla di democrazia faremmo meglio ad essere cauti.
Richard Corbett (PSE). – (EN) Signor Presidente, desidero esprimere il mio disaccordo con il precedente oratore affermando che anche a livello europeo è necessario avere partiti tra i quali i cittadini possano scegliere; al tempo stesso, tuttavia, vorrei sottolineare che non sono d’accordo nemmeno con una delle proposte contenute nella relazione dell’onorevole Leinen, vale a dire quella relativa alle liste europee per le elezioni al Parlamento europeo. Una simile proposta comporterebbe, tanto per cominciare, una modifica dei Trattati, proprio ora che siamo ancora in una fase di riflessione sulle modifiche da apportare al Trattato.
Ritengo inoltre che le liste europee siano superflue. C’è il rischio che i deputati eletti su queste liste non siano vicini ai cittadini quanto lo sono quelli eletti nelle singole regioni, come la maggior parte di noi. Un modo efficace per ampliare le possibilità di scelta da parte dei cittadini nell’ambito delle elezioni europee è quello suggerito pochi minuti fa dal nostro relatore, vale a dire la nomina da parte di ciascun partito politico europeo del proprio candidato alla Presidenza della Commissione. In questo modo si creerebbe quella connessione tra il voto per il Parlamento e la successiva composizione dell’Esecutivo cui gli elettori sono abituati con le elezioni politiche nei singoli paesi europei.
Jan Andersson, Anna Hedh, Ewa Hedkvist Petersen, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. – (SV) E’ importante che abbiamo partiti politici a livello europeo. Essi svolgono un ruolo importante per la diffusione dell’informazione e delle conoscenze sulla politica europea, oltre che per la promozione dei valori democratici e la creazione di una consapevolezza europea. Riteniamo tuttavia che non spetti all’UE decidere in merito ai membri, alle liste e alle nomine, ma ai singoli partiti che dovranno dotarsi di regole proprie su questioni come quelle citate.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il nostro voto contrario è coerente con la posizione da noi assunta nei confronti dei partiti politici europei. La frattura tra i cittadini e le Istituzioni europee non potrà certo essere eliminata creando nuovi partiti o aumentando i finanziamenti a quelli già esistenti. Ciascun partito nazionale deve mantenere la facoltà di organizzarsi autonomamente, anche per quanto riguarda le sue relazioni con l’Unione e il Parlamento europeo.
Ciò che occorre per incentivare i cittadini a partecipare più attivamente alla politica, anche a livello comunitario, è un profondo cambiamento delle politiche neoliberali, la fine del Patto di stabilità, il ritiro della cosiddetta direttiva Bolkestein e la sostituzione della strategia di Lisbona con una nuova strategia basata sulla solidarietà, lo sviluppo sostenibile e la coesione sociale. Ciò che occorre è un maggior numero di posti di lavoro qualificati e con diritti, migliori servizi pubblici, più investimenti atti a creare occupazione e una maggiore inclusione sociale unita ad una più equa distribuzione della ricchezza.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. (FR) I partiti politici europei sono organizzazioni a scopo puramente di lucro. Il punto centrale della relazione è la richiesta di maggiori finanziamenti e di una maggiore libertà di utilizzo di tali risorse, di uno status più favorevole e di un regime di esenzione fiscale. Ma a che scopo? Al momento solo per il gusto di esistere e di incontrarsi.
L’obiettivo è infatti quello di affidare ai citati partiti il compito di diffondere la buona novella europeista. D’altronde la loro creazione dipende dalla concessione, da parte di questa Istituzione, di un intollerabile certificato di “buon pensiero” europeo sulla base dei programmi che sono obbligati a depositare presso le relative autorità. Sappiamo anche che voi vorreste che almeno alcuni seggi di questo Parlamento fossero riservati ai deputati eletti dalle liste costituitesi a livello europeo, le quali non potranno che essere presentate da partiti europei. Il massimo per voi sarebbe che questi ultimi potessero partecipare in quanto tali agli scrutini nazionali e locali, consentendo così un’inaccettabile ingerenza a tutti i livelli decisionali all’interno degli Stati membri.
La democrazia consiste nel permettere ai popoli di governare sé stessi o di eleggere dei rappresentanti che tutelino i loro interessi presso gli organi decisionali, i parlamenti o i governi. Imporre entità artificiali rappresentative solo di se stesse e asservite all’ideologia di Bruxelles è tutto fuorché democrazia.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Siamo contrari al sistema di finanziamento ai partiti europei attualmente allo studio. I partiti devono essere creati interamente da quelli esistenti negli Stati membri. Se questi ultimi non trovano giustificazione per l’aumento degli stanziamenti destinati ai loro omologhi europei, bisognerebbe interrogarsi sull’effettiva necessità dei partiti politici europei. Siamo contrari all’istituzione di partiti a livello comunitario il cui finanziamento sia in gran parte a carico dei contribuenti.
Pertanto voteremo contro la relazione.
Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. – (NL) Oggi circa l’85 per cento dei deputati a questo Parlamento hanno approvato un aumento dei finanziamenti a favore dei rispettivi partiti e norme meno severe per l’utilizzo di tali fondi. Inoltre, l’attuale bilancio di 8,4 milioni di euro spesi lo scorso anno per finanziare i partiti sarà incrementato e quelli tra loro che non utilizzeranno l’intera somma nell’arco di un anno avranno la facoltà di accantonare gli importi residui.
Molto spesso i politici sviluppano una logica tutta loro piuttosto distante da quella dei rispettivi elettori. Ciò si è verificato con la fallita proposta di una Costituzione per l’Europa e si verifica ancor più chiaramente nel caso dei finanziamenti citati. Inizialmente i finanziamenti approvati dal Parlamento sono stati illegalmente utilizzati per la cooperazione a livello europeo tra partiti politici. Il 18 giugno 2003 votai contro la legalizzazione di un simile abuso e oggi voterò contro questa ulteriore espansione. Se i partiti nazionali vogliono unirsi in partiti europei possono farlo, ma non vedo il motivo per cui non dovrebbero finanziarsi autonomamente. L’attuale richiesta di maggiori finanziamenti e di regole più flessibili per la gestione degli stessi dà l’impressione che ai politici stiano più a cuore gli interessi dei rispettivi gruppi che quelli degli elettori.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Il partito comunista greco si oppone alla decisione dell’Unione europea di creare partiti politici europei da sottoporre al proprio controllo e utilizzare per difendere o promuovere una strada a senso unico in Europa.
La relazione promuove l’attribuzione a tali partiti di un ruolo più importante e una maggiore flessibilità del sistema di finanziamento, in modo che possano essere utilizzati nell’ambito di quel meccanismo di lavaggio del cervello che è stato studiato per minare le fondamenta dell’opposizione in vista della Costituzione europea e della relativa politica.
Nell’ambito della cosiddetta “politica di comunicazione europea”, in altre parole dell’attacco ideologico da parte del capitale, e approfittando del “periodo di riflessione”, l’Unione europea sfrutta iniziative, autorità regionali, organizzazioni non governative, mass media, giornalisti e partiti politici a favore di una strada a senso unico per l’Europa, a scopo di propaganda e per far rinascere la Costituzione europea e risollevare l’immagine negativa dell’UE agli occhi dei lavoratori europei.
Particolare importanza è attribuita ai giovani grazie al rafforzamento dei partiti politici al fine di creare organizzazioni giovanili europee.
Al tempo stesso la relazione fa salvi il controllo assoluto e la mancanza di indipendenza dei citati partiti, al punto da definirne regole e procedure interne.
Voteremo contro la relazione e rifiuteremo qualsiasi dichiarazione di fedeltà all’alleanza imperialista del capitale, l’UE, e invitiamo all’opposizione, all’insubordinazione e alla disobbedienza.
Carlo Fatuzzo (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, prima di prendere l’aeroplano ieri per venire a Bruxelles oggi, come sempre ho gridato “all’attacco pensionati!”. Mi sono voltato e ho visto che mi seguivano anziani e giovani perché nel Partito pensionati si lavora tutti insieme, sia gli anziani sia i giovani.
Nella relazione dell’onorevole Philip Bushill-Matthews, che ringrazio per il consueto impegno, si parla giustamente di solidarietà fra le generazioni. Signor Presidente, mi hanno chiesto tutti, giovani e pensionati e me lo chiedo anch’io: sono forse gli anziani che debbono dare ai giovani o non sono invece i giovani che debbono dare agli anziani? Sicuramente sono gli anziani che, dopo avere dato tutta la loro vita alla società e a tutti, anche da anziani dovrebbero dare la loro pensione ai giovani. Credo che questo vorrebbero i governi dei 25 Stati dell’Unione europea, ma siamo proprio sicuri che sia il meglio? Non è forse meglio dare finalmente agli anziani il riconoscimento che spetta loro da parte dei giovani? Evviva i pensionati!
Frank Vanhecke (NI). – (NL) Signor Presidente, mi sono astenuto dal voto sulla relazione Bushill-Matthews oggi in discussione in quanto sono contrario ad alcune delle raccomandazioni in essa contenute.
Penso in particolare al considerando 70 sulla politica dell’immigrazione, anche se devo ammettere, per inciso, che persino questo considerando contiene una frase decisamente significativa per questo Parlamento.
Devo ammettere che la relazione è in realtà relativamente imparziale e, se non altro, ha il merito di riportare all’ordine del giorno il problema demografico in Europa. Tuttavia, secondo me la relazione non dice che molti genitori ancora oggi rimangono volontariamente a casa scegliendo la famiglia, e che probabilmente molti di più opterebbero per questa soluzione se il governo la rendesse economicamente percorribile.
A questo proposito il mio gruppo da tempo si batte per l’istituzione di veri e propri salari per i genitori, con diritto alla sicurezza sociale e alla maturazione dei diritti pensionistici per il genitore che rimane a casa per badare ai figli minori. Sono convinto che una simile misura costituirebbe un grosso passo avanti per rispondere all’enorme sfida demografica che attualmente dobbiamo affrontare.
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, i mass media al giorno d’oggi esaltano i single come misura di tutte le cose. Le famiglie con molti figli sono viste addirittura come antisociali. Eppure, quanto più alta è la percentuale di famiglie senza figli oggi, tanto più alta sarà quella dei giovani che non vorranno figli domani. Ritengo che i genitori di domani debbano crescere con i bambini per imparare ad apprezzarli. Per questo dobbiamo intraprendere azioni per recuperare il concetto di famiglia.
Se vogliamo evitare che le uniche famiglie di tipo tradizionale presenti nelle città siano quelle di immigrati, dobbiamo a mio parere estendere la promozione dell’idea di famiglia anche alla popolazione europea autoctona.
Un altro punto di partenza importante è, naturalmente, la conciliazione di famiglia e carriera. Non a caso i paesi che sono riusciti ad ottenerla presentano alti tassi di natalità.
Jan Andersson, Anna Hedh, Ewa Hedkvist Petersen, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. – (SV) Abbiamo votato a favore della relazione sulle sfide demografiche e la solidarietà tra generazioni. Tuttavia, abbiamo votato contro l’affermazione secondo cui l’aumento della pressione fiscale per finanziare la sicurezza sociale sarebbe una soluzione meno sostenibile nel lungo termine. Riteniamo inoltre che l’aumento dell’età pensionabile debba riferirsi all’età pensionabile effettiva piuttosto che a quella legale. A causa della formulazione non sufficientemente chiara su questo punto non abbiamo potuto dare il nostro appoggio. Allo stesso modo non siamo d’accordo sull’appello rivolto dal Parlamento europeo agli Stati membri e alle società private affinché spezzino il rapporto direttamente proporzionale tra età e livello di retribuzione.
Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner e Gunnar Hökmark (PPE-DE), per iscritto. – (SV) I conservatori svedesi hanno scelto di astenersi dall’odierna votazione sulle sfide demografiche e la solidarietà tra generazioni.
Malgrado le molte proposte importanti avanzate dalla relazione non possiamo accordarle il nostro sostegno in quanto riguarda questioni di competenza dei singoli Stati Membri.
Gérard Deprez (ALDE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione Bushill-Matthews sulle sfide demografiche e la solidarietà tra generazioni.
I fatti sono sotto gli occhi di tutti e sono inconfutabili: l’Europa invecchia. Nel mio paese l’equazione è semplice: viviamo in un sistema di ripartizione del pagamento delle pensioni legali in base al quale ogni generazione attiva paga le pensioni della generazione che l’ha preceduta e ciò significa, in sostanza, che un numero inferiore di lavoratori dovrà finanziare le pensioni e le spese sanitarie di un numero maggiore di pensionati che vivranno sempre più a lungo.
Se non facciamo qualcosa, le nuove generazioni dovranno sopportare costi molto maggiori a scapito del proprio standard di vita, oppure, nel caso in cui si rifiutassero di farlo, i pensionati di domani si troveranno progressivamente ridotti ad un livello di sussistenza e al razionamento delle spese sanitarie.
E’ evidente che nessuna di queste possibilità è accettabile, né sarebbe in ogni caso accettata. Dobbiamo trovare altre soluzioni con la massima urgenza. Questa sfida riguarda tutti gli Stati dell’Unione europea. Una democrazia ha il dovere di guardare avanti e di trovare una soluzione alle sfide che sa essere inevitabili. Lo dobbiamo alle future generazioni di europei.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Accolgo favorevolmente la relazione in quanto fornisce una risposta alle tendenze che sono alla base dei cambiamenti demografici.
Secondo la Commissione, per affrontare il cambiamento demografico in atto, l’Europa dovrebbe concentrarsi su tre obiettivi prioritari: ritrovare la strada della crescita demografica, garantire un equilibrio tra le generazioni e inventare di “nuove transizioni tra le età”.
In una società come la nostra è più importante che mai affrontare le sfide demografiche e sfruttare al meglio le conoscenze dei cittadini più anziani.
Jean-Claude Martinez (NI), per iscritto. – (FR) Dalla Cina all’Europa, passando per la Russia, per non parlare dell’Africa, sta emergendo un profondo problema demografico. Il mondo sta invecchiando, e il peggio è che in alcuni Stati europei, come la Germania o la Russia, la popolazione sta diminuendo o si appresta a farlo.
Le conseguenze demografiche sono ben note: aumento della spesa sanitaria e previdenziale, la necessità di milioni di addetti all’assistenza alla persona e una carenza di personale che richiama flussi migratori, lo spostamento verso un atteggiamento psicologico di prudenza e immobilismo e verso quelle politiche no future di stampo maltusiano di cui il “patto di austerità finanziaria” è espressione fin dal Trattato di Maastricht.
In altre parole, chi pagherà le imposte per finanziare tutto ciò? Gli dei dello stadio, o gli anziani all’ultimo stadio?
Certamente le politiche per la famiglia cercheranno di far nascere nuovi contribuenti e contributi. Ma in attesa delle nuove nascite, e, quindi, di nuovi lavoratori, nel vuoto dei prossimi 20 anni che si apre davanti a noi, le leggi belga, olandese o svizzera sull’eutanasia, mascherate dal diritto a decidere della propria morte, mostrano il “Viaggio al termine della notte” intrapreso dalla politica, soprattutto europea.
José Albino Silva Peneda (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’Europa si sta confrontando con un problema demografico senza precedenti.
Nel 2030 l’Europa avrà 18 milioni di giovani in meno rispetto ad oggi e nel 2050 avrà 60 milioni di abitanti in meno. Tra il 2005 e il 2030 ci sarà un aumento del 52,3 per cento degli ultrasessantacinquenni (+40 milioni), mentre si registrerà un calo del 6,8 per cento nella fascia di età tra i 15 e i 64 anni (-21 milioni). Il rapporto tra popolazione inattiva (minori, anziani e altre persone dipendenti) e popolazione in età lavorativa passerà dal 49 per cento nel 2005 al 66 per cento nel 2030.
Questa evoluzione dipende da due fattori: da un lato la maggiore longevità delle persone, dall’altro il calo delle nascite. A partire dal 1960 l’aspettativa di vita media per un sessantenne è aumentata di cinque anni per le donne e di quasi quattro anni per gli uomini, il che significa che il numero di ottantenni aumenterà del 180 per cento entro il 2050. D’altra parte il tasso di natalità è in calo e nel 2003 è stato di 1,48 figli per donna, mentre per mantenere invariato il livello della popolazione sarebbero necessari almeno 2,1 figli per donna.
Consapevole delle conseguenze dei citati fattori sulla prosperità, il livello di vita e le relazioni tra generazioni, ho votato a favore della relazione.
Eija-Riitta Korhola (PPE-DE). – (FI) Signor Presidente, sono fortemente favorevole al massimo sviluppo della bioenergia, tuttavia, quando parliamo della promozione delle colture per scopi non alimentari in relazione all’autosufficienza energetica, dobbiamo tener presente che i biocarburanti non sono efficienti in termini di costi. Inoltre l’UE non riuscirà neppure a produrre sufficienti biocarburanti per soddisfare gli obiettivi previsti nella direttiva sui biocarburanti.
Mi sembra importante chiamare le cose con il proprio nome al fine di evitare che, a nostra insaputa, la Direzione generale “Agricoltura” inizi a gestire la politica energetica dell’UE. Tale politica pertanto riguarderà le sovvenzioni per l’agricoltura, non l’efficienza dell’anidride carbonica né l’autosufficienza energetica, finché i costi dei biocarburanti liquidi saranno sensibilmente maggiori a quelli dei carburanti tradizionali che dovrebbero sostituire, o se l’energia fossile necessaria per produrli è maggiore di quella che se ne ricava. Così stanno attualmente le cose, soprattutto nel settore energetico nordico.
Di conseguenza un aumento dell’uso dei biocarburanti determinerebbe un aumento dei costi energetici dell’UE e del prezzo degli alimenti, il che avrebbe un inevitabile impatto sulla competitività dell’Unione europea. I biocarburanti liquidi richiedono l’effettuazione di un’onesta analisi del ciclo di vita, che dovrebbe essere svolta da un’agenzia imparziale e indipendente.
(Applausi)
Liam Aylward (UEN), per iscritto. (EN) Signor Presidente, sostengo la relazione Parish.
Onorevoli colleghi, vi invito a ricordare che utilizzando lo zucchero come materia prima, il Brasile è la prima superpotenza mondiale dell’etanolo, con un’interessante partecipazione diretta al settore, non tutto brasiliano.
Sono profondamente deluso e rattristato per la decisione di chiudere l’ultimo zuccherificio irlandese. Verranno tagliati centinaia di posti di lavoro. E’ un colpo duro per quanti da generazioni lavorano fedelmente nel settore. La decisione della Commissione di riformare il settore dello zucchero e di tagliare il sostegno erogato ai produttori non ha mai favorito l’industria saccarifera Irlandese. Adesso dobbiamo fare in modo che quanti da anni lavorano con dedizione in tale settore ricevano un’equa compensazione.
Adesso occorre riservare attenzione a tutta la gamma di colture alternative utilizzabili inter alia per la produzione di bioetanolo assicurando il nostro sostegno sia a livello comunitario che nazionale, in particolare per il settore della barbabietola da zucchero.
I biocarburanti offrono nuove eccellenti opportunità e possono sfruttare le competenze maturate dai coltivatori, in particolare da quelli irlandesi. I biocarburanti contribuiranno all’autosufficienza energetica dell’UE, in quest’epoca di prezzi petroliferi in aumento e vista anche la recente controversia sugli approvvigionamenti di gas russo.
Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner e Gunnar Hökmark (PPE-DE), per iscritto. (SV) Abbiamo votato a favore della relazione sulla promozione delle colture per usi non alimentari perché pensiamo che sia una buona idea far piantare agli agricoltori colture diverse da quelle tradizionali, quando queste ultime non sono più redditizie. Lo sviluppo tecnologico è importante, quando si parla di forme alternative di energia, e siamo inoltre consapevoli delle opportunità fornite dalla ristrutturazione della politica agricola.
A nostro avviso tuttavia bisognerebbe evitare che il passaggio alle colture energetiche rallenti lo smantellamento della politica agricola comune. E’ importante che questi nuovi prodotti si diffondano e prosperino in un mercato libero e senza sovvenzioni. Sempre che vengano erogati, occorrerebbe prevedere aiuti temporanei finalizzati a sovvenzionare non la produzione, ma le misure infrastrutturali necessarie ad avviare e far funzionare le attività.
Gérard Deprez (ALDE), per iscritto. – (FR) In occasione dell’approvazione di questa relazione, che ho sostenuto, vorrei parlare dei recenti sviluppi nel settore delle bioenergie in Belgio. Oltre ai progetti di nicchia per l’uso dei biocarburanti in agricoltura, finalmente stanno vedendo la luce nel mio paese progetti industriali di grandi proporzioni, con mia grande soddisfazione. Nella settore della produzione sono attualmente in corso sei grandi progetti, i due più importanti dei quali sono situati a Ghent (settore del biodiesel) e a Wanze (settore del bioetanolo).
Inoltre, il programma di esenzione fiscale per i biocarburanti adottato in Belgio e approvato dalla Commissione europea, fissa la percentuale di biodiesel addizionabile al diesel tradizionale al 3,37 per cento nel 2006 e al 4,29 per cento per il 2007. La percentuale di bioetanolo addizionabile è stata fissata al 7 per cento. Di questo passo forse potremmo addirittura raggiungere l’obiettivo fissato nella direttiva 2003/30, ovvero una quota “verde” del 5,75 per cento del consumo complessivo di carburante entro il 2010.
A tal fine la relazione Parish chiede che gli obiettivi siano vincolanti. L’utilizzo di prodotti agricoli a scopi energetici, che è una reale opportunità per il futuro dei nostri agricoltori e nel contempo una prassi rispettosa dell’ambiente, richiede davvero la definizione di obiettivi rigorosi, soprattutto se sono ragionevoli.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Il relatore afferma, e siamo d’accordo con lui, che “la produzione di materie prime rinnovabili e l’utilizzo di rifiuti organici possono contribuire a migliorare l’ambiente, la produzione sostenibile di energia, l’occupazione e l’equilibrio regionale, svolgendo al contempo un ruolo nel rendere più varia e autosufficiente l’agricoltura multifunzionale”.
Tuttavia, riteniamo che occorrerebbe prestare attenzione alle attuali capacità in materia di energie alternative e alle relazioni intercorrenti tra energia, ambiente e agricoltura nel quadro dello sviluppo sostenibile, il che in definitiva andrà a beneficio dei cittadini, della loro qualità di vita nonché dei settori economici interessati.
Riteniamo peraltro che occorra trovare un equilibrio adeguato tra colture alimentari ed energetiche in modo da evitare di mettere a rischio l’autonomia e la sicurezza alimentare.
La produzione di colture a scopi non alimentari non è protetta dalla PAC, dato che gli aiuti sono inferiori a 80 euro annui per ettaro, e il relatore chiede che siano create le condizioni per porre fine agli aiuti pubblici. Questa misura renderebbe tale produzione dipendente dal settore energetico e dalle regole dell’Organizzazione mondiale del Commercio (OMC). Per tale motivo mi sono astenuta.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. (EN) In linea di massima reputo positiva la relazione del collega Neil Parish sulla promozione delle colture a scopi non alimentari. Anche se tali tecniche non risolveranno i nostri problemi energetici, potranno apportare un piccolo, ma significativo contributo. Pioppi e salici a crescita rapida potranno essere utilizzati, come ho visto alcuni anni fa in Austria, per produrre calore ed elettricità in piccole quantità nelle regioni ultraperiferiche e isolate. Semi oleiferi di colza e grano possono servire nella produzione di biocarburanti da aggiungere sia al diesel che alla benzina limitando le emissioni di anidride carbonica. Consentitemi però un ammonimento: i progetti devono essere parte della soluzione, non del problema. Se hanno senso a livello economico, ambientale ed energetico, sono favorevole, se invece mantengono in vita la spesa agricola a spese del buon senso, allora sono contrario.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) La relazione è l’unica parte di competenza del Parlamento europeo e non prevede alcuna procedura legislativa. Il testo mira ad estendere l’attuale politica agricola comune nell’ambito del settore delle colture energetiche. Vi è molto di più da dire nella discussione sulle colture energetiche.
Abbiamo deciso di votare contro la relazione.
David Martin (PSE), per iscritto. (EN) La relazione sulla promozione delle colture per usi non alimentari è estremamente opportuna, data la rapida diminuzione delle riserve di combustibili fossili. La coltivazione di biomassa, ad esempio, può contribuire in modo efficace a diminuire l’effetto serra, causato principalmente dall’anidride carbonica, limitando tali emissioni.
Sono favorevole alla promozione dell’energia rinnovabile mediante la produzione di colture. Svariate tecnologie attuali, come l’energia ricavata dalla biomassa, sono redditizie e competitive in termini economici e a loro volta apriranno nuovi mercati per gli agricoltori dell’Unione europea stimolando così la crescita economica, sociale e ambientale.
13. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
14. Decisioni concernenti taluni documenti: vedasi processo verbale
15. Trasmissione dei testi approvati nel corso della presente seduta: vedasi processo verbale
16. Calendario delle prossime sedute: vedasi processo verbale
17. Interruzione della sessione
Presidente. – Dichiaro interrotta la sessione del Parlamento europeo.