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Procedura : 2005/2247(INI)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo del documento : A6-0051/2006

Testi presentati :

A6-0051/2006

Discussioni :

PV 03/04/2006 - 14
CRE 03/04/2006 - 14

Votazioni :

PV 04/04/2006 - 8.8
CRE 04/04/2006 - 8.8
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2006)0123

Resoconto integrale delle discussioni
Lunedì 3 aprile 2006 - Strasburgo Edizione GU

14. Conferenza ministeriale dell’OMC a Hong Kong (discussione)
Processo verbale
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0051/2006), presentata dall’onorevole Papastamkos a nome della commissione per il commercio internazionale, sulla valutazione del round di Doha a seguito della Conferenza ministeriale dell’OMC a Hong Kong [2005/2247(INI)].

 
  
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  Georgios Papastamkos (PPE-DE), relatore. (EL) Signor Presidente, ci dispiace che il Commissario Mandelson, che è competente in materia, non sia presente. Discernere tra gli obblighi è un esercizio oggettivo e ad ogni modo l’onere di tale esercizio ricade su chi sceglie. Ovviamente, però, siamo molto lieti per la presenza della Vicepresidente della Commissione Wallström.

La conclusione positiva dei negoziati in atto nel quadro dell’Organizzazione mondiale per il commercio rappresenta una grande sfida per la comunità mondiale, visto che ci si aspetta di rafforzare sostanzialmente l’economia globale, la crescita e l’occupazione. Si punta inoltre a rendere più equo, più equilibrato e più efficace il sistema di scambi internazionali a vantaggio di tutti i partner commerciali.

Onorevoli colleghi, il settore agricolo sinora è stato l’epicentro dei negoziati. L’Unione continua a rimanere nell’occhio del ciclone, anche se, come sappiamo, lo scorso ottobre ha presentato un’offerta molto importante riguardo all’accesso al mercato. Basta infatti ricordare che l’Unione europea sul piano mondiale è il primo importatore di prodotti agricoli dai paesi in via di sviluppo.

Il quadro generale di limitazioni ai dazi doganali deve però essere valutato sullo sfondo dei seguenti elementi: in primo luogo l’importante offerta avanzata dall’Unione, tesa a eliminare il suo sistema di rimborsi all’esportazione, in secondo luogo la drastica riduzione già operata agli aiuti interni e in terzo luogo la posizione comparativamente svantaggiosa degli agricoltori e dei produttori europei dovuta all’obbligo di ottemperare a norme più severe.

Ritengo che, se in questo stadio l’UE dovesse avanzare ulteriori concessioni, ne risulterebbe senz’altro compromessa la nuova PAC, mentre i benefici sarebbero scarsi se non addirittura nulli per i paesi per cui è stato concepito il programma di sviluppo.

Lo sviluppo non deve essere confuso con la promozione unilaterale degli interessi dei grandi esportatori agricoli. Al contempo devono essere compiuti progressi sostanziali in altri importanti settori, che sono i settori di interesse offensivo per eccellenza per l’Unione europea, per i paesi terzi industrializzati e per i paesi in via di sviluppo.

Per quanto attiene al ΝΑΜΑ, l’accordo definitivo dovrebbe garantire nuove e reali possibilità di accesso al mercato attraverso tagli sostanziali alle tariffe sia nei paesi industrializzati che nei paesi emergenti.

Nei servizi occorre liberalizzare ulteriormente e in maniera significativa, sempre naturalmente nel pieno rispetto delle politiche nazionali e del diritto degli Stati membri di disciplinare i propri servizi pubblici.

Le economie emergenti devono assumersi la loro parte di responsabilità e rendere il proprio contributo. Sono proprio questi paesi infatti a mantenere i livelli più elevati di protezione e a detenere la chiave dello sviluppo dei paesi più poveri attraverso la promozione del commercio sud-sud.

La differenziazione tra paesi in via di sviluppo non solo è necessaria, ma è imprescindibile se si vuole preservare il beneficio per i paesi in via di sviluppo più deboli. La deroga piena a tutti i paesi in via di sviluppo dalla necessità di assumersi impegni diventerebbe però un disincentivo per le riforme e per affrontare i fattori endogeni che soggiacciono al loro ritardo di sviluppo.

D’altro canto, ritengo che l’esternalizzazione e la partecipazione più attiva dei paesi in via di sviluppi ai negoziati multilaterali, in proporzione al loro livello di sviluppo, contribuirà a integrarli più efficacemente nell’economia mondiale. Naturalmente come necessario presupposto deve essere prestata un’adeguata assistenza mirata per aiutarli a ottemperare ai loro nuovi obblighi e per attuare efficacemente le norme dell’OMC. E’ particolarmente importante quindi che il programma “Aid for Trade” sia ambizioso ed efficace.

Il fallimento dei negoziati multilaterali e, per estensione, il ritorno agli accordi regionali bilaterali potrebbe dar vita a un processo ineguale di liberalizzazione, a uno sviluppo frammentario e a contenziosi commerciali al di fuori di ogni controllo. L’Unione europea mantiene giustamente il proprio impegno verso l’approccio multilaterale alla politica commerciale e verso il sostegno all’OMC, come espressione organizzata della governance degli scambi mondiali.

(Applausi)

 
  
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  Margot Wallström, Vicepresidente della Commissione.(EN) Signor Presidente, ringrazio il relatore, onorevole Papastamkos, e vi porgo le scuse del Commissario Mandelson, che avrebbe voluto essere presente di persona, ma è tornato da Rio proprio oggi, dove ha effettuato una visita di due giorni per cercare di trovare un’intesa con le controparti statunitensi e brasiliane e con il Direttore generale dell’OMC, Pascal Lamy.

Il Commissario Mandelson mi ha chiesto di trasmettervi le sue impressioni sul ciclo negoziale alla luce degli eventi del fine settimana. Purtroppo i colloqui di Rio non hanno portato alcuna novità di rilievo. Tuttavia hanno segnato un importante passo in avanti, in quanto è stato possibile comprendere più a fondo le posizioni di ognuno. Dobbiamo capire le pressioni e le aspirazioni dei nostri partner. Non puntiamo a costringerli a dirigersi verso le nostre posizioni. Intendiamo invece comprendere la posizione di ognuno e individuare un punto d’incontro rispetto alle nostre posizioni in modo che tutti abbiano da guadagnare. Persistono ancora delle differenze, ma adesso tra i protagonisti dei colloqui la comprensione è maggiore. Ora, infatti, è il momento di muoversi in simultanea.

Per quanto concerne la tempistica e i termini per raggiungere gli accordi sull’accesso al mercato dei prodotti agricoli e non agricoli entro la fine di aprile, la possibilità è ancora aperta. Tuttavia non sono ancora stati pienamente definiti i contorni di un potenziale accordo. Il Direttore generale Lamy ha dato un sunto della situazione dopo l’incontro di Rio, chiedendo al Brasile di prepararsi ad aprire le proprie industrie alla concorrenza estera e chiedendo all’Unione europea e agli Stati Uniti di perfezionare la propria offerta sull’accesso ai mercati dei prodotti agricoli. Si evince quindi che l’Unione europea si trova in una posizione migliore rispetto a prima e all’indomani della Conferenza di Hong Kong.

Gli onorevoli deputati ora capiranno che non si prevede un avanzamento sulla proposta agricola dell’Unione europea e che il successo o il fallimento del round non può dipendere da questo unico fattore, bensì da un equilibrio più ampio. Non è facile individuare una formula atta a conciliare gli interessi contrastanti dei membri dell’OMC. Tuttavia i nostri obiettivi e le nostre ambizioni rimangono immutati: vogliamo creare autentiche opportunità economiche per i prodotti agricoli e industriali nonché per i servizi nei paesi in via di sviluppo e nei paesi emergenti e vogliamo contribuire alla loro crescita; vogliamo ristrutturare gli scambi nel comparto agricolo e rafforzare le norme multilaterali.

Possiamo realizzare i nostri obiettivi solo mediante un ciclo ambizioso e di ampio respiro. Contribuiamo al round proponendo riduzioni effettive delle tariffe agricole come pure delle sovvenzioni che perturbano il commercio, sempre che, come contropartita, siano operati tagli reali nelle tariffe industriali e un’ulteriore ed effettiva liberalizzazione dei servizi da parte dei paesi che possono recare un contributo. Dobbiamo inoltre preservare il principio della singola impresa al di fuori del comparto dei prodotti agricoli e industriali.

In proposito desidero ringraziare l’onorevole Papastamkos per l’eccellente relazione. Grazie per il sostegno a favore di un ciclo ambizioso e autentico. Conveniamo con la filosofia adottata dal relatore, il quale ha sottolineato la necessità di compiere dei progressi su tutti i fronti di questo programma ampissimo, assegnando una chiara enfasi agli obiettivi della riduzione della povertà e dello sviluppo sostenibile. Apprezzo molto il supporto dell’Assemblea per la realizzazione di questi obiettivi. Tuttavia, parlando di sviluppi autentici del ciclo, non dobbiamo cadere nella trappola della semplificazione e della generalizzazione, che alimenta il falso mito per cui la liberalizzazione agricola diventerà automaticamente la formula magica per lo sviluppo.

Come emerge da un interessante studio di Carnegie Endowment, la maggior parte dei vantaggi derivanti dalla liberalizzazione del comparto agricolo si limita ai paesi industrializzati e a un gruppo di esportatori agricoli altamente competitivi, in particolare Brasile, Argentina e Sudafrica. Devono poi essere tenuti in conto anche altri fattori come l’impatto dell’erosione delle preferenze nei paesi in via di sviluppo più poveri. Per tutte queste ragioni, i vantaggi principali per i paesi in via di sviluppo contemplati nell’agenda per lo sviluppo di Doha (DDA) non risiedono nell’agricoltura, bensì nel commercio di prodotti industriali, soprattutto per i settori ad elevata intensità di manodopera come le calzature e il tessile.

Un altro falso mito che la relazione giustamente sfata è che all’interno del gruppo dei paesi in via di sviluppo tutti i paesi siano uguali. Non lo sono. Se vogliamo che questo round realizzi concretamente il proprio potenziale, allora anche questo fattore va tenuto in conto. I contributi al ciclo devono essere commisurati alla capacità effettiva. I paesi in via di sviluppo non hanno interessi e capacità identici in relazione agli scambi, come d’altro canto ci suggerisce anche il buon senso. In linea generale per noi è pacifico che i paesi in via di sviluppo debbano contribuire in misura minore in termini di accesso al mercato rispetto ai paesi industrializzati. Tuttavia, i paesi in via di sviluppo più avanzati dovrebbero impegnarsi in maniera più significativa attraverso un nuovo e reale accesso al mercato nei comparti non agricoli e nei servizi, pur a un livello minore rispetto ai paesi sviluppati. La proporzione dovrebbe essere di due terzi rispetto ai paesi industrializzati. Ed è infatti proprio questa l’essenza del principio della “non totale reciprocità”.

Per quanto attiene agli altri paesi in via di sviluppo, conveniamo sul fatto che debbano assumersi meno impegni in linea con il loro livello di sviluppo, mentre i paesi meno sviluppati non dovrebbero affatto prendersi impegni di alcun genere.

Dobbiamo continuare ad adoperarci per dar forma a una giustizia negli scambi. Uno dei risultati principali della Conferenza ministeriale di Hong Kong dello scorso dicembre è stato il fatto che gli altri paesi in via di sviluppo hanno acconsentito a seguire le procedure dell’Unione europea per la concessione di un accesso privo di dazi e di contingentamenti per i prodotti provenienti dai paesi meno sviluppati. Tuttavia, come giustamente sottolinea la relazione, è deprecabile che la decisione continui a consentire ai paesi ricchi di escludere il 3 per cento delle linee tariffarie.

Visto l’approssimarsi della fase finale di questo round, ora ci troviamo a dover affrontare tutte le aree negoziali simultaneamente. Pertanto si intensificano i contatti informali con i principali partner – come l’incontro dello scorso fine settimana a Rio – per poter tratteggiare i potenziali pacchetti definitivi. Al contempo dobbiamo continuare a intrattenere contatti con tutti i membri dell’OMC, in particolare con i paesi meno sviluppati e con la fascia intermedia dei paesi in via di sviluppo al fine di costruire un consenso multilaterale. Il Direttore Lamy in questo senso riveste un ruolo di cruciale importanza.

L’accordo finale deve essere in linea con gli interessi di tutti i membri dell’OMC, soprattutto dei paesi meno sviluppati e di tutti gli altri membri deboli e vulnerabili. Benché l’impresa si stia facendo sempre più impegnativa, continueremo ad adoperarci per rispettare le scadenze concordate a Hong Kong, come il termine per l’accordo sul comparto agricolo e sulle tariffe industriali che scade a fine aprile. Nel frattempo ci assicureremo che tutte le altre tematiche del round per cui sarà necessario più tempo, come i servizi, le norme e le indicazioni geografiche, rimangano parte del concetto di impresa unica.

Continueremo a tenere informato il Parlamento e ad ascoltarne i pareri in merito agli sviluppi principali di questo ciclo negoziale.

 
  
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  Maria Martens (PPE-DE), relatore per parere della commissione per lo sviluppo.(NL) Signor Presidente, signora Commissario, prima di tutto porgo le congratulazioni all’onorevole Papastamkos per l’eccellente relazione. In veste di relatrice per parere della commissione per lo sviluppo, sono lieta che la componente dello sviluppo abbia avuto la posizione prominente che le spetta.

E’ ormai assodato che gli scambi possono apportare un utile contributo nei settori dello sviluppo, della riduzione della povertà e della realizzazione degli Obiettivi del Millennio. La materia rimane però controversa, poiché, mentre gli interessi dei vari paesi non sempre vanno nello stesso senso, legalità e ordine pubblico restano fattori importanti nel commercio mondiale. Tutti infatti hanno da guadagnare da norme eque negli scambi. Per tale ragione il quadro commerciale multilaterale rimane di vitale importanza, soprattutto per i paesi in via di sviluppo, motivo per cui dobbiamo compiere uno sforzo davvero deciso per portare positivamente a termine il ciclo di Doha entro quest’anno.

Prima nutrivo qualche speranza, ma ora le mie preoccupazioni aumentano. Sono già passati quattro mesi e i progressi compiuti sono scarsissimi, e pare proprio che nemmeno Rio abbia portato a risultati soddisfacenti. Rimane molto da fare in numerosi settori, tra cui, come ha già precisato la signora Commissario, la definizione di un trattamento speciale e differenziato a favore dei paesi meno sviluppati in particolare, volto ad aumentare la capacità in materia commerciale e negoziale in relazione alle sovvenzioni che perturbano gli scambi, come il sostegno interno, eccetera. Questi temi devono essere ulteriormente negoziati e nessuno di essi deve dipendere solamente dall’esito nel comparto agricolo o dal NAMA, ossia l’accesso al mercato dei prodotti non agricoli.

Il Direttore Lamy ci ha recentemente avvertiti che, se non verranno realizzati i tre obiettivi principali entro il termine concordato dell’11 aprile, il round sarà praticamente destinato al fallimento. Egli ha indicato in proposito il sostegno interno, l’accesso al mercato per i prodotti agricoli e le tariffe industriali. L’Europa, gli Stati Uniti e i paesi più industrializzati dovrebbero quindi assumersi le loro responsabilità in questo ambito.

Spero ancora che si possa addivenire a un risultato positivo entro fine anno. L’impegno dell’Europa è solido, ma senza sforzi da parte di tutti i principali protagonisti non si può approdare ad alcun risultato a livello multilaterale che possa segnare una differenza sostanziale per i paesi in via di sviluppo. Esorto quindi tutti a continuare ad adoperarsi per una positiva conclusione del ciclo, specialmente per il bene dei paesi poveri.

 
  
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  Margarita Starkevičiūtė (ALDE), relatore per parere della commissione per i problemi economici e monetari. – (LT) In qualità di relatrice per parere della commissione per i problemi economici e monetari, desidero precisare che la relazione in esame è più equilibrata rispetto ad altri documenti analoghi discussi in passato. Purtroppo, però, il documento e spesso anche gli stessi colloqui non dedicano sufficiente attenzione alla soluzione dei problemi commerciali che l’Unione riscontra nel settore dei servizi, comparto che rappresenta il 70 per cento del PIL comunitario. Per evidenziare l’importanza del settore e la valenza che riveste per i servizi commerciali internazionali, mi limiterò ad affrontare due aspetti. I settori finanziari sono in prima linea. Nei paesi in via di sviluppo l’impossibilità di usufruire di diversi prodotti finanziari progressivi, soprattutto per le PMI, laddove la maggior parte della popolazione di questi paesi è occupata, ostacola la modernizzazione delle economie e la transizione della manodopera dal settore agricolo ad altri comparti più produttivi. D’altro canto, le Istituzioni comunitarie non riescono a sfruttare il potenziale dell’enorme industria dei servizi finanziari. Siamo molto competitivi in questo ambito, e stiamo incontrando problemi nei rapporti commerciali con i paesi in via di sviluppo sul versante dei prodotti agricoli. In verità dobbiamo attivarci per cambiare la struttura degli scambi in modo che sia più semplice operare e in modo che anche sul piano internazionale trovi spazio un’economia più moderna. Dobbiamo incoraggiare gli scambi nei servizi finanziari in modo che i paesi in via di sviluppo possano ammodernare le loro economie e che a sua volta la struttura degli scambi internazionali diventi più efficace. Naturalmente a tal fine occorre discutere dell’introduzione di norme in materia di commercio, della gestione delle imprese e servizi finanziari.

 
  
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  Albert Deß (PPE-DE), relatore per parere della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale.(DE) Signor Presidente, signora Commissario, innanzi tutto desidero porgere i miei più vivi ringraziamenti all’onorevole Papastamkos per la relazione e per le opinioni chiare ed esplicite che ha espresso sull’esito che ci auguriamo possa emergere dall’OMC.

Anche la commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale auspica che il ciclo di Doha si possa concludere positivamente, ma non a tutti i costi. Non è accettabile che tutti i vantaggi vadano a una cerchia ristretta, mentre gli altri vengono lasciati indietro. In realtà occorrono condizioni commerciali improntate all’equità. Ho apprezzato l’insistenza della relazione sulla necessità di una riforma approfondita dell’OMC. Non è sufficiente che l’OMC si prefigga come obiettivo principale di favorire gli scambi. Devono rientrare tra i suoi obiettivi anche le norme sull’ambiente, sulla tutela dei consumatori, sul benessere animale nonché norme sociali minime. Non è ammissibile che dai negoziati dell’OMC escano vincitori coloro che saccheggiano la natura e sfruttano la gente.

Non è giusto che gli agricoltori europei del settore agroalimentare debbano ottemperare a un’infinità di norme, che però non si applicano alle importazioni. Helmut Kohl, l’ex Cancelliere tedesco, una volta disse che avrebbe voluto che alle importazioni di prodotti alimentari si applicassero le norme in vigore per l’industria automobilistica: è vero che in Germania possono essere importate automobili giapponesi, statunitensi e coreane, ma tali vetture possono però circolare solo se ottemperano alle severe norme tecniche che vigono nel paese. Se i prodotti alimentari fossero in linea con le rigorose norme che si applicano agli agricoltori europei, allora non avremmo nulla da temere dalla concorrenza mondiale.

Siamo assolutamente disposti ad affrontare la concorrenza, ma una volta che non saranno solo in pochi bensì in tanti a condividere la crescente prosperità.

 
  
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  Paul Rübig, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, prima di tutto desidero ringraziare vivamente il relatore, onorevole Papastamkos, per la competenza con cui ha guidato la delegazione a Hong Kong. Possiamo ritenerci fortunati che a Hong Kong sia stato definito il quadro politico che ora in effetti determinerà la forma che i negoziati assumeranno a Ginevra. Dopo tutto la politica è approdata a un risultato, ma ora tocca agli esperti a Ginevra definire la sostanza e possiamo solo sperare che ci riescano quanto prima possibile. Sappiamo che non sarà facile, ma il tempo stringe, ed è anche questo un elemento che di solito concorre ad individuare soluzioni in questo settore.

Per le piccole e medie imprese, ovviamente, la preoccupazione primaria verte sull’apertura del mercato, che deve essere ambiziosa e soprattutto basata sulla reciprocità. Ritengo che in questo settore la cosiddetta “scatola dello sviluppo”, ossia il programma per le PMI concepito per riunire le piccole imprese a conduzione familiare nel mondo sviluppato e nei paesi meno sviluppati, offrirebbe a entrambe le parti un valido strumento per gettare le basi del successo futuro.

A tal fine occorre anche la dimensione parlamentare dei vari paesi membri dell’OMC. Come sappiamo, ogni parlamento è rappresentativo sia del governo che dell’opposizione, ed è proprio l’opposizione che può consentire di compiere notevoli progressi sulle varie tematiche in esame, in quanto, nei paesi meno sviluppati, l’opposizione e ovviamente i mezzi di comunicazione rivestono una particolare importanza quando si tratta di progredire nei negoziati.

Infine – e mi pare che questo aspetto non sia insignificante – occorre tenere conto della relazione transatlantica. E’ in quest’ambito che i colloqui sono necessari, specialmente sull’agricoltura, e non posso fare altro che convenire con l’onorevole Deß. A tale proposito occorre un quadro che possa offrire a tutti una possibilità di successo. Abbiamo bisogno del mercato mondiale adesso e probabilmente anche in futuro.

 
  
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  Javier Moreno Sánchez, a nome del gruppo PSE.(ES) Signor Presidente, signora Vicepresidente della Commissione, onorevoli colleghi, prima di tutto mi congratulo con l’onorevole Papastamkos per la relazione e lo ringrazio per la disponibilità e per la cooperazione di cui ha dato prova nell’intento di mantenere la coerenza e l’approccio generale che l’Assemblea ha assunto sin dall’avvio del ciclo di Doha.

Domani il nostro gruppo proporrà alcune modifiche di second’ordine e poi darà il proprio sostegno a questo lavoro.

I risultati di Hong Kong sono stati modesti – ne avevamo discusso già a gennaio – ma è stato tracciato un percorso segnato da determinate scadenze, la prima delle quali è il 30 aprile.

Onorevoli colleghi, desidero dedicare il mio intervento alla via che ci porterà a Ginevra. E’ incoraggiante che i negoziati siano stati ribilanciati e che le discussioni non vertano più solo ed esclusivamente sull’agricoltura. Si stanno compiendo progressi sul versante del NAMA, dei servizi e delle agevolazioni agli scambi nonché sulle tematiche dello sviluppo.

Vogliamo ancora che questo ciclo si concluda entro la fine dell’anno con un accordo ambizioso e calibrato in tutti i comparti negoziali. Sosteniamo appieno la strategia della Commissione e difendiamo sempre il principio di impresa unica.

La riuscita dipende essenzialmente dalla volontà politica e dalla flessibilità dei principali protagonisti. E’ però arrivato il momento di andare avanti. Contiamo sulle capacità negoziali dei nostri Commissari competenti affinché persuadano gli Stati Uniti a presentare nuove proposte in relazione agli aiuti interni agli agricoltori e ai paesi emergenti, in particolare il Brasile e l’India, ad ammorbidire la loro posizione e a presentare proposte atte a favorire una genuina apertura dei loro mercati di prodotti industriali.

In relazione al NAMA, tenendo presente che è stata scelta la formula svizzera, deve essere definito un numero appropriato di coefficienti e deve essere applicato il principio della non totale reciprocità in modo da assicurare che i paesi in via di sviluppo possano proteggere i loro comparti industriali fragili e che l’industria europea possa rafforzare la propria posizione competitiva nell’accesso ai mercati industriali.

Nel campo dei servizi dobbiamo proseguire nella direzione che abbiamo imboccato negli ultimi negoziati multilaterali, le istanze presentate il 28 febbraio devono essere accompagnate da offerte rivedute e serie entro il 31 luglio, sempre tenendo presente che deve essere mantenuto un equilibrio tra la liberalizzazione dei mercati e il diritto pieno dei paesi membri di disciplinare l’attività in questo settore, in particolare per i servizi pubblici fondamentali.

Signora Commissario, a Hong Kong noi parlamentari abbiamo avuto modo di godere di uno splendido panorama della baia, ma ci è voluto il binocolo per seguire i lavori della Conferenza. A Ginevra il lago è splendido, ma spero che non accadrà la stessa cosa.

Sappiamo di poter contare sul supporto e sui servizi logistici della Commissione affinché la delegazione del Parlamento europeo possa avere un posto appropriato e sia pienamente coinvolta e informata nel corso di tutto il processo negoziale.

 
  
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  Sajjad Karim, a nome del gruppo ALDE.(EN) Signor Presidente, innanzi tutto ringrazio ufficialmente l’onorevole Papastamkos per l’approccio che ha assunto nei confronti di questo lavoro, che ci ha consentito di raccogliere l’adesione dell’intera Assemblea permettendoci quindi di produrre una relazione eccellente che credo segni un progresso in questa materia per il Parlamento, per la Commissione e per l’intera Unione europea.

L’OMC ha compiuto passi concreti per intensificare la trasparenza e la partecipazione democratica nei propri processi decisionali, eppure permangono le disfunzioni di base che ho cercato di affrontare attraverso molti dei miei contributi alla relazione.

Ad Hong Kong erano previste circa 450 riunioni, però gli osservatori eletti sono stati invitati solo ad alcune. Solamente in due di queste riunioni erano rappresentati tutti i membri dell’OMC, mentre la maggioranza si svolgeva in “camerini” esclusivi e segreti. Questo può anche essere un modo efficiente di condurre i negoziati, ma lascia poco spazio allo scrutinio pubblico dell’istituzione più vitale nell’ambito del sistema degli scambi internazionali. La cultura di segretezza nei processi decisionali costituisce infatti un grande ostacolo nella lotta che stiamo portando avanti per dipanare l’alone di riserbo, in fondo è la stessa lotta che stiamo conducendo anche nei confronti del Consiglio europeo. I principali rappresentanti presenti alla Conferenza si sono congratulati per il processo dall’alto verso il basso e per la trasparenza, eppure non vi sono verbali o resoconti di queste riunioni. L’opinione pubblica non saprà mai chi ha detto cosa né quali siano stati i paesi invitati o presenti alla Conferenza. Oltretutto le preoccupazioni non fanno altro che accrescersi con l’organizzazione di mini-ministeriali e di super stanze segrete in cui la maggioranza dei paesi in via di sviluppo o non è invitata oppure non è in grado di farne parte.

L’aumento nel numero dei membri e il processo decisionale basato sul consenso, pur apparendo iniziative verosimilmente più democratiche, non sono sufficienti a compensare l’ascendente dei paesi industrializzati rispetto alle controparti del mondo in via di sviluppo. Benché oltre i tre quarti dei membri siano paesi in via di sviluppo, l’OMC contrappone ancora i pesi massimi ai pesi mosca.

La negazione dell’accesso ha provocato l’affossamento dei colloqui di Seattle e di Cancún, occasioni in cui i ministri esercitarono il loro diritto democratico di dire di “no”. Però non si è imparata la lezione. I colloqui del 2005 erano ancora strutturati in modo che le discussioni avvenissero in contemporanea e in luoghi diversi. Questo stato di cose va a vantaggio delle grandi delegazioni dell’Unione europea e degli Stati Uniti, ma crea smarrimento tra alcuni ministri dei paesi in via di sviluppo che, privi del dono dell’ubiquità, spesso ne sanno meno delle onnipresenti ONG o dei soliti ricchi privilegiati che rappresentano le grandi imprese.

Le ONG si sono ritagliate un ruolo più ampio nei negoziati dell’OMC in quanto rappresentanti della società civile, ma lo sono davvero? Da dove proviene la loro investitura democratica e come possono effettivamente trarre vantaggio da campagne ristrette e monotematiche? Ma soprattutto come può prevalere la democrazia quando le ONG non elette hanno un accesso privilegiato alla cerchia dei protagonisti rispetto ai rappresentanti democraticamente eletti?

La Commissione ha altresì compiuto sforzi autentici per comunicare con gli osservatori a Hong Kong, ma questo atteggiamento non può sostituirsi al contributo diretto di parlamentari eletti per poter rimediare a questo deficit democratico.

 
  
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  Frithjof Schmidt, a nome del gruppo Verts/ALE.(DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, in sintesi il ciclo di Doha ha evidenziato la necessità che gli scambi sostengano e promuovano lo sviluppo. Racchiudere questo elemento in una norma giuridica ha segnato una svolta nella storia delle relazioni commerciali internazionali ed è stata la cosa migliore da fare. La continuazione dei colloqui deve quindi essere vista nell’ottica dello sviluppo.

Desta però preoccupazione la relazione pubblicata di recente dalla Fondazione Carnegie in cui si evidenzia che il contenuto sullo sviluppo del ciclo attualmente in corso è praticamente nullo. Dobbiamo prendere molto seriamente questa analisi e il verdetto che ne emerge, mentre spetta alla Commissione avvalersi del cosiddetto “trattamento preferenziale speciale” per individuare e supportare soluzioni flessibili per i paesi in via di sviluppo in sede di negoziato.

Ora ciò che più conta è di non pregiudicare l’esito di Hong Kong nei negoziati in corso. Per tale ragione il mio gruppo respinge la proposta avanzata dall’onorevole Papastamkos nella sua relazione, volta a tenere al minimo il numero dei coefficienti nell’ambito della formula svizzera. Tale approccio è sostanzialmente contrario allo spirito del compromesso di Hong Kong e negherebbe ai paesi in via di sviluppo un margine più ampio per realizzare uno sviluppo autonomo, mentre ciò che serve è proprio la flessibilità. Chiedo pertanto al Consiglio e alla Commissione di respingere proposte di questo tipo e di adottare una strategia negoziale tesa a favorire lo sviluppo.

 
  
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  Helmuth Markov, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, anch’io desidero ringraziare l’onorevole Papastamkos per la relazione. I numerosissimi emendamenti presentati in commissione testimoniano il fatto che possono esserci opinioni estremamente diverse sul valore insito nella riconciliazione di interessi divergenti e ovviamente nella fissazione di una serie di priorità.

Passando all’agricoltura, è chiaro che la politica agricola comune necessita di una riforma, benché debba mantenere il proprio carattere multifunzionale; gli agricoltori dell’Unione europea devono infatti continuare a usufruire di un sostegno, e parallelamente le sovvenzioni per lo sviluppo regionale sostenibile a livello ambientale e sociale devono veramente andare a beneficio delle aree rurali invece di tramutarsi in trattamento preferenziale per le grandi imprese dell’agroalimentare e per le banche. Potrei aggiungere che non reputo particolarmente generosa la proposta comunitaria di abolire le sovvenzioni all’esportazione entro il 2013 nel quadro della riforma della PAC; e lo stesso si potrebbe dire per le caute riduzioni del sostegno interno.

Quanto al NAMA, la versione attuale della formula svizzera per l’accesso al mercato per i prodotti non agricoli mi pare del tutto inadeguata, poiché “parità” non significa necessariamente “equità”. Tutti gli Stati, e soprattutto i paesi in via di sviluppo, devono avere il diritto di procedere all’industrializzazione secondo ritmi propri, ossia deve anche essere consentito loro di proteggere i comparti vulnerabili. Inoltre lancio un forte monito sulle conseguenze economiche negative che potrebbero prodursi a fronte dell’improvvisa interruzione degli introiti doganali, in quanto i dazi doganali sono spesso una fonte vitale di reddito per il bilancio statale di questi paesi.

In merito ai servizi, potrei dire lo stesso e i risvolti potrebbero essere ancora più marcati. Nell’ultima settimana lo stesso Direttore dell’OMC, Pascal Lamy, ha ribadito che le norme del GATS conferiscono a tutti i paesi la facoltà di scegliere liberamente in merito alla possibilità di aprire i propri mercati dei servizi e, in caso decidessero in questo senso, possono agire come, quando e nella misura in cui lo ritengono opportuno. Nemmeno l’allegato C della dichiarazione ministeriale può, o dovrebbe, interferire con i temi chiave del settore dei servizi di interesse pubblico generale come l’istruzione, la cultura, la salute, le infrastrutture e l’energia.

Volendo parlare di preferenze, sarebbe il caso che la relazione affrontasse il problema dell’erosione delle preferenze e i prezzi in caduta libera delle materie prime, ed è proprio in questo ambito che il Parlamento, in vista della scadenza dell’accordo ACP/UE, dovrebbe insistere ancor più affinché sia attribuita un’enfasi maggiore agli obiettivi di sviluppo nel corso dei negoziati sugli accordi di partenariato economico.

Passando alla democrazia, in nome della dimensione democratica mi pare assolutamente necessario ampliare la consultazione, non solo all’interno dell’Unione interparlamentare, ma anche in questa sede, nelle assemblee nazionali e regionali e direttamente con l’opinione pubblica.

Per quanto attiene ai TRIPS, accolgo con favore l’emendamento volto a migliorare l’accesso ai farmaci per i paesi in via di sviluppo, ma non credo sia sufficiente. Se vogliamo garantire un accesso universale alle medicine, allora è necessario apportare ulteriori modifiche in relazione alle licenze obbligatorie.

 
  
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  Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk, a nome del gruppo UEN.(PL) Signor Presidente, stiamo discutendo la relazione dell’onorevole Papastamkos sulla valutazione del Round di Doha a seguito della Conferenza ministeriale dell’OMC svoltasi a Hong Kong nel 2005. Già i preparativi della Conferenza e l’azione assunta dalla Commissione e dal Consiglio in quel periodo destarono una grande inquietudine in seno al Parlamento europeo, soprattutto in relazione al futuro dell’agricoltura nell’Unione europea. Vorrei infatti richiamare l’attenzione dell’Assemblea su due fatti che risalgono proprio a quel periodo.

In primo luogo, il 18 ottobre, in occasione del Vertice dei ministri degli Esteri dell’Unione europea, il Commissario Mandelson asserì che l’Unione europea doveva fare concessioni agli altri paesi nel corso dei negoziati dell’OMC, in quanto nel complesso l’Unione avrebbe tratto maggiore vantaggio esportando merci e servizi industriali rispetto alle perdite che avrebbe registrato riducendo la protezione per l’agricoltura. Questa affermazione già implicava la volontà di sacrificare gli interessi dell’agricoltura comunitaria a favore di non ben definiti vantaggi in altri settori.

In secondo luogo, nel dicembre del 2005, prima che il Parlamento adottasse le pertinenti relazioni, la Commissione e il Consiglio hanno annunciato in tutta fretta una riforma del mercato dello zucchero, che probabilmente non aiuterà i paesi più poveri ad esportare zucchero nell’Unione europea, ma infliggerà un duro colpo ai coltivatori europei di barbabietola da zucchero, soprattutto nei nuovi paesi membri.

Questi due episodi dimostrano che ben prima che si svolgesse la Conferenza di Hong Kong la Commissione e il Consiglio volevano dimostrare al mondo la loro disponibilità a fare concessioni nel corso dei negoziati, specialmente nei settori agricoli. Come volevasi dimostrare, però, gli altri membri dell’OMC non hanno palesato minimamente alcun lungimirante desiderio di offrire concessioni a loro volta; anzi, hanno addirittura biasimato l’Unione europea per la mancanza di progressi nei negoziati.

Pare dunque opportuno che nel corso dei negoziati del 2006 le Istituzioni comunitarie si attengano ai principi che mi accingo a enunciare in relazione al comparto agricolo. Le concessioni fatte nel corso dei negoziati dell’OMC non devono compromettere né l’autosufficienza alimentare dell’Unione né il suo modello agricolo e neppure il suo carattere multifunzionale. L’offerta di concessioni agricole deve essere condizionata e deve essere ritirata nel caso in cui non siano avanzate offerte soddisfacenti dagli altri partner dell’OMC nel corso dei negoziati successivi. In terzo luogo, a fronte della considerevole riduzione dei dazi sui prodotti agricoli, solo i prodotti non soggetti a pratiche di dumping economico, ambientale e sociale devono avere libero accesso al mercato comunitario, mentre i prodotti agricoli coltivati in condizioni in cui vengono violati i diritti umani e i trattati internazionali sulla protezione ambientale e degli animali devono essere soggetti a sovrapprezzi o a speciali clausole di protezione.

Rammentando che i costi in cui incorrono gli agricoltori europei per garantire standard appropriati di benessere animale sono stati stimati a circa 10 miliardi di euro, dobbiamo richiedere che i prodotti di origine animale provenienti da paesi terzi ottemperino a standard analoghi.

 
  
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  Kathy Sinnott, a nome del gruppo IND/DEM.(EN) Signor Presidente, quando tutto ormai era perduto e Jack vendette l’ultima vacca di quanto gli rimaneva della fiorente fattoria di famiglia, perlomeno rimase con un pugno di fagioli. Alla Conferenza ministeriale di Hong Kong il Commissario Mandelson ha fatto significative concessioni a scapito dell’agricoltura europea in cambio, presumo, della speranza di ottenere concessioni sul fronte del mercato dei prodotti non agricoli di altre grandi potenze economiche, le quali però non hanno concesso molto.

Nel baratto tra l’agricoltura e i servizi i coltivatori irlandesi di barbabietola da zucchero hanno perso la loro coltura, ed ora abbiamo perduto anche l’ultimo zuccherificio che rimaneva a Mallow, nel mio collegio elettorale, che per l’appunto ha chiuso due settimane fa.

I coltivatori irlandesi temono che prossimamente sarà la volta della carne di manzo e dei prodotti caseari ad essere sacrificati per ottenere concessioni commerciali nel comparto dei servizi. Signora Commissario, quando il Commissario Mandelson baratterà anche l’ultima delle nostre vacche, che cosa vi aspettate che otterremo? Finora non posso dire che abbiamo ottenuto molto.

 
  
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  James Hugh Allister (NI).(EN) Signor Presidente, benché il ciclo negoziale in corso sugli scambi multilaterali si protragga ormai dal 2001, l’ambizione di concluderli entro quest’anno pare sempre più irrealizzabile, specialmente a giudicare dall’effetto incrementale di Hong Kong. La Conferenza di Hong Kong non è riuscita a segnare progressi sostanziali sulla liberalizzazione degli scambi internazionali nel comparto dei servizi e in merito all’accesso ai mercati dei prodotti non agricoli. L’Unione europea non ha ottenuto nulla di significativo in cambio dell’impegno che si è assunta di abolire le sovvenzioni all’esportazione entro il 2013.

Questa concessione, che si aggiunge ai dolori della riforma della PAC, comporta dei sacrifici per le comunità rurali europee. Ad esempio, in Irlanda del Nord il comparto della produzione di latte dipende fortemente dai rimborsi alle esportazioni previsti per il latte in polvere. Una simile concessione dovrebbe quindi essere ritirata dal tavolo negoziale nel giro di poco tempo, se non vi è una risposta reciproca sul versante dell’accesso ai mercati dei prodotti non agricoli e dei servizi.

La mia seconda preoccupazione riguarda la mancanza di un vero e proprio controllo democratico su quanto viene negoziato dalla Commissione a nostro nome. Come previsto dalle condizioni di adesione all’Unione europea, ciascun paese devolve il controllo della politica commerciale a Bruxelles in modo che nessuno Stato membro possa negoziare accordi commerciali autonomi con nessun paese del mondo. Gli interessi nazionali vengono quindi asserviti totalmente al presunto interesse generale dell’Unione europea. Ciò comporta un’enorme devoluzione delle prerogative nazionali, un’azione che nella sua follia si complica per la mancanza di un reale controllo sugli atti che la Commissione compie a nome nostro. Pur discutendone in questa sede, realisticamente non possiamo cambiare nulla. Non esiste un meccanismo efficace per cui il Commissario Mandelson è tenuto a rendere conto delle proprie azioni. Questo deficit democratico rientra infatti tra i difetti dell’architettura dell’attuale Unione europea.

 
  
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  Alexander Stubb (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, prima di cominciare il mio intervento, devo proprio dire che trovo assolutamente sbalorditivo che poc’anzi un’irlandese abbia affermato che l’Irlanda non ha ottenuto proprio niente dall’Unione europea e che poi un rappresentante dell’Irlanda del Nord asserisca che la politica commerciale non ha nulla di democratico. Sono sbigottito. L’Irlanda rappresenta senza ombra di dubbio il più grande successo dell’Unione europea. E’ vero che il commercio figura tra le competenze esclusive dell’Unione europea, ma a livello pratico gli Stati membri si riuniscono intorno a un tavolo, decidono a maggioranza qualificata e conferiscono il mandato negoziale alla Commissione. Naturalmente, se fossimo in una federazione, si sarebbe proceduto in maniera diversa, ma non mi pare che sinora esista nulla del genere. In ogni caso mi dispiace, ma non ho potuto esimermi dal commentare.

Ho poi diverse osservazioni da formulare. In primo luogo, esprimo apprezzamento per la relazione; devo farlo perché l’onorevole Papastamkos è seduto proprio davanti a me e, se non lo faccio, si gira e mi tira un pugno in faccia! A parte le battute, il testo solleva questioni di fondamentale importanza. Penso inoltre che la globalizzazione sia la cosa migliore che ci sia capitata negli ultimi 150 anni. Ha infatti innalzato il benessere mondiale, migliorando le condizioni di vita di centinaia di milioni di persone. La nostra sfida più grande, nel contesto dell’OMC, consiste ora nel forgiare un ruolo di spicco per l’Unione europea e raccogliere un consenso unanime.

In secondo luogo, se Doha naufragasse, riusciremmo probabilmente a sopravvivere nel breve termine; dopo tutto siamo una potenza commerciale mondiale: circa il 20 per cento degli scambi trae origine in Europa, mentre circa il 20 per cento dagli Stati Uniti. Possiamo stringere accordi commerciarli bilaterali con altre regioni del mondo, ma in prospettiva non credo che una situazione simile sia sostenibile. Nel lungo termine il protezionismo si comporta come un’ostrica e per molti versi è un tentativo di nascondersi dinanzi alla realtà.

In terzo luogo, e mi rivolgo alla signora Commissario Wallström affinché trasmetta questo messaggio anche al Commissario Mandelson, convengo con quanti hanno affermato che abbiamo già fatto molte concessioni, soprattutto nel comparto agricolo. Ritengo che la Commissione stia svolgendo un lavoro eccellente, ma in realtà saremo probabilmente costretti a fare ancora alcune concessioni alla fin fine.

Per concludere, credo che dobbiamo portare a termine i negoziati entro il 2006, altrimenti non riusciremo a raccogliere l’adesione degli Stati Uniti.

 
  
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  Erika Mann (PSE).(DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, desidero esprimere una serie di osservazioni. Prima di tutto ringrazio ovviamente l’onorevole Papastamkos ed estendo la mia gratitudine anche all’onorevole Moreno Sánchez, membro del mio gruppo e relatore ombra. Entrambi, insieme agli altri deputati che hanno assolto alla funzione di coordinatore ombra, hanno svolto un lavoro eccellente nel raggiungere – in una certa misura congiuntamente – un buon compromesso e nel realizzare una relazione solida.

Vorrei soffermarmi in particolare su due punti che si riallacciano agli aspetti che lei ha toccato, signora Commissario. Ci troviamo in una situazione particolarmente difficile. Londra e Rio non sono stati dei successi e presto ci sarà l’appuntamento di Ginevra. Siete pronti e siete in grado di dire qualcosa sulle prospettive di questi negoziati? Ci sarà veramente un incontro a Ginevra? Con che modalità si svolgerà?

Passando al secondo punto, che abbiamo già portato più volte all’attenzione del Commissario, gradiremmo sapere se la Commissione stavolta sarà disposta a riconoscere il ruolo dei parlamenti nella dichiarazione finale. La società civile ha già ricevuto un riconoscimento, mentre il ruolo dei parlamenti passa ancora sotto silenzio. Solo in presenza di un riferimento, in futuro sarà possibile dare garanzie migliori del coinvolgimento dei parlamenti e della loro capacità di esercitare una funzione di monitoraggio.

 
  
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  Jorgo Chatzimarkakis (ALDE).(DE) Signor Presidente, signora Commissario, prima di tutto anch’io desidero congratularmi con l’onorevole Papastamkos per aver elaborato una relazione davvero straordinaria. So che vi ha dedicato molta energia e che si è occupato di tutto in prima persona, quindi gli porgo le mie più vive congratulazioni per questo documento.

Desidero poi richiamare l’attenzione dell’Assemblea su due aspetti. Il primo attiene alle indicazioni geografiche d’origine. E’ deprecabile che né la Commissione né noi europei in generale siamo riusciti a risolvere la questione delle indicazioni geografiche d’origine; non sono in gioco solo i luoghi e le denominazioni, ma anche la conoscenza insita nei prodotti che provengono da tali luoghi. In moltissimi casi l’Europa diventa l’originale che molti poi imitano e quindi dovremmo farci pagare per questo.

Il secondo punto di cui vorrei discutere è stato affrontato anche dagli onorevoli Mann, Karim e da altri, e fortunatamente ha avuto un certo peso nella relazione. Non è ammissibile che 130 parlamentari di 80 paesi debbano passare tre giorni a negoziare per poi non essere menzionati nemmeno una volta nella dichiarazione finale, che reca invece ben 6 riferimenti alle organizzazioni non governative. Questo è un invito a mettere un punto di domanda sulla legittimità democratica di tale assemblea. A chi dovrebbe fare riferimento se non ai rappresentanti democratici? A parte questo, auguro all’onorevole Papastamkos tutto il successo possibile nel portare avanti questa idea.

 
  
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  Margrete Auken (Verts/ALE).(DA) Signor Presidente, ringrazio il relatore per l’eccellente documento che racchiude principi importanti. In primo luogo, infatti, esso decreta che non esistono alternative al sistema commerciale multilaterale. Gli accordi bilaterali vanno sempre a vantaggio della parte più forte. Dobbiamo quindi concentrarci sui paesi in via di sviluppo che beneficiano di più dai sistemi multilaterali diretti, in quanto possono così affrancarsi dalla dipendenza dalle potenze coloniali. In secondo luogo la relazione sottolinea che l’Unione europea deve affermare la propria leadership. Di conseguenza, noi come Unione europea dobbiamo necessariamente accettare di pagare il prezzo degli accordi. Dobbiamo distaccarci dal principio del do ut des e non concentrarci su quanto l’UE può ottenere dagli accordi nel breve termine. Gli accordi tesi a contrastare la povertà a livello mondiale sono quelli da cui trarremo anche noi il massimo beneficio.

Poi c’è la questione dell’agricoltura. La decisione di eliminare gradatamente le sovvenzioni all’esportazione va benissimo, ma dobbiamo anche guardare agli altri dispositivi di aiuto finanziario, come i sussidi alle aree rurali. Secondo il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite, l’UNDP, questi strumenti sono molto problematici per i poveri del mondo. Infine, tengo a dire quanto trovi gratificante che la relazione alluda all’OIL e alle norme ambientali, benché in termini decisamente troppo ampi.

 
  
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  Vittorio Agnoletto (GUE/NGL). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il ciclo negoziale di Doha è stato ridotto ad un classico negoziato per aumentare le liberalizzazioni in favore dei grandi gruppi economici e, in quanto tale, rappresenta un fallimento. Nonostante sia stato definito il round dello sviluppo, proprio i paesi in via di sviluppo risulteranno i principali perdenti, come, peraltro, è emerso da un rapporto commissionato dalla stessa Banca mondiale ad un gruppo indipendente.

Inoltre il permanere, fino al 2013, dei sussidi europei all’esportazione dei prodotti agricoli e dei sussidi statunitensi al cotone, provocheranno un ulteriore disastro sociale nei paesi in via di sviluppo. La richiesta delle nazioni ricche di una cancellazione o di un forte abbassamento delle tariffe dei PVS accentuerà ulteriormente il trend negativo per quelle regioni. Inoltre la possibilità di mantenere le tariffe sull’importazione del 3% dei prodotti attualmente protetti consentirà, ad esempio agli USA, di blindare le protezioni tariffarie di ben 420 prodotti, ed è molto facile immaginare che tra i prodotti salvaguardati in extremis verranno inclusi proprio quelli di principale interesse per i paesi più poveri.

Per non parlare della revisione degli accordi TRIPS che, al di là delle declamazioni, renderà ancora più difficile l’accesso ai farmaci per tutto il Sud del mondo. Credo, infine, che il rapporto non sottolinei né questi aspetti, né evidenzi che il WTO rappresenta, di fatto, una promessa mancata di un necessario multilateralismo finalizzato a costruire una migliore distribuzione delle ricchezze.

 
  
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  Bastiaan Belder (IND/DEM).(NL) Signor Presidente, condivido la preoccupazione dell’onorevole Papastamkos per il fatto che il ciclo di Doha sinora sia stato dominato dal tema dell’agricoltura. Per tale ragione, infatti, l’Unione europea è uscita praticamente a mani vuote dai negoziati sulle designazioni e sui servizi. Visto che le priorità dell’UE devono progredire in questi settori, apprezzo l’emendamento in cui il relatore chiede alla Commissione di redigere un piano d’azione alternativo nel caso in cui i negoziati falliscano. Adottando un approccio simile, infatti, si dà prova di maggiore realismo che insistendo semplicemente sulla conclusione del ciclo entro il 2006.

Un secondo elemento della relazione, per altri aspetti appropriata, su cui desidero richiamare l’attenzione riguarda il ruolo della Cina. L’Europa non deve concentrarsi solo sulla protezione della proprietà industriale e sul sostegno statale illegittimo, ma anche sull’accesso al mercato cinese. Sono quindi molto lieto di apprendere che è stata intensificata la cooperazione tra l’UE e gli Stati Uniti, la quale ha portato alla presentazione congiunta di una denuncia per le importazioni di componenti per automobili in Cina. E’ l’ennesima dimostrazione che la Commissione deve continuare a insistere affinché la Cina rispetti appieno le norme dell’OMC.

 
  
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  Jean-Claude Martinez (NI).(FR) Signor Presidente, signora Commissario, in quest’Aula siamo tutti a favore del libero scambio, nessuno vuole ricreare l’Albania di Enver Hoxha. Siamo dunque tutti a favore delle regole multilaterali, ma di quali regole stiamo parlando e al servizio di chi?

Si dice che il libero scambio favorisca l’occupazione e la crescita. Ma le norme applicate finora al commercio hanno forse fatto la ricchezza delle nazioni? In risposta posso dire che in Messico sono stati sottoscritti 94 accordi di libero scambio e non si può certo affermare che abbiano portato prosperità; in Ecuador gli indigeni andini sono contro l’accordo di libero scambio, mentre in Francia tre milioni di studenti sono scesi in piazza per protestare contro la mancanza di occupazione; nella mia regione i viticoltori sono in miseria, qualcuno si è anche suicidato, eppure vige il libero scambio.

Osservando la realtà dei fatti, si nota che le norme vigenti del libero scambio non portano la prosperità economica, e sorgono quindi due possibilità. La prima è che il libero scambio sia diventato la veste laica della cristianità, motivo per cui i viticoltori, gli agricoltori e gli operai d’Europa devono farsi crocifiggere per espiare i peccati del mondo. In tal caso continuiamo pure in questo modo e in cambio delle nostre concessioni il Brasile e l’India non apriranno i loro mercati, mentre il mondo anglosassone non riconoscerà i nostri diritti di proprietà intellettuale sulle denominazioni agricole. In questo modo, signora Commissario, ci stiamo ostinando a percorrere la via della povertà che, dopo dieci cicli negoziali del GATT e dell’OMC, non ha portato nulla all’Africa.

In alternativa possiamo finalmente smetterla di commettere errori e imboccare quindi la strada della moderna tecnica di dedurre i dazi doganali invece di persistere con l’arcaico meccanismo delle riduzioni o dell’abolizione. Faremo un salto tecnologico inventando i dazi doganali deducibili, in quanto sotto forma di crediti d’imposta offerti ai paesi esportatori e spendibili nei paesi importatori si creano dei dazi doganali che garantiscono la neutralità economica e quindi riusciremo così a ovviare ai drammi provocati dalla globalizzazione.

Signora Commissario, la prego di rammentare al Commissario Mandelson che il suo ruolo non gli impone di seguire le orme di David Ricardo, bensì di ravvivare la capacità creativa di John Maynard Keynes.

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE).(FR) Signor Presidente, innanzi tutto rendo omaggio al notevole lavoro di sintesi e di compromesso compiuto dall’onorevole Georgios Papastamkos, ex ministro dell’Economia greco, e, rivolgendomi alla signora Commissario Wallström, le chiedo di trasmettere al Commissario Mandelson la mia gratitudine per tutto il lavoro che ha svolto.

Il più grande merito di Hong Kong è stato quello di non essere stato un fallimento e la tappa attuale è determinante per l’equilibrio del pianeta. Ho due proposte in proposito e vorrei inoltre sottoporvi uno spunto di riflessione. Per prima cosa, per quanto attiene all’eliminazione delle sovvenzioni all’esportazione entro il 2013, vorrei fosse ripresa in esame la proposta di istituire una valutazione indipendente sulle forme di aiuti visibili e invisibili per mettere fine all’ipocrisia che impera in materia. D’altro canto, deve essere posto l’accento sul lavoro di pianificazione in modo da misurare a livello qualitativo e quantitativo gli effetti economici e sociali che si produrranno in Europa, ad esempio in merito all’occupazione, a seguito di questi negoziati. Alcuni dei nostri settori economici importanti sono molto esposti, come l’agroalimentare, e il minimo che si possa fare è di fornire loro dei ragguagli.

Infine, bisogna affrontare il nesso tra il commercio internazionale, la ricchezza e la povertà. In effetti è essenziale che l’economia, soprattutto nei paesi occidentali, i quali creano la loro ricchezza secondo le logiche di mercato, contribuisca a mettere in atto meccanismi reali per sradicare la povertà nel mondo. Se noi, fautori della democrazia, non assolveremo questo dovere, ci troveremo a pagarla cara sul piano politico, soprattutto in ragione dell’accrescersi del fanatismo. Al Parlamento europeo vi sono però alcuni deputati i quali ritengono che il commercio internazionale crei povertà anziché ricchezza. Il gruppo PPE-DE crede nell’esatto contrario. In passato il mondo affrontava i grandi sconvolgimenti mediante le guerre, mentre oggi le guerre militari hanno lasciato il posto alle guerre economiche, ma con una duplice differenza: invece dei morti ci sono i disoccupati e non si sa chi sia il nemico. In questa vicenda, e dinanzi alla recrudescenza degli egoismi nazionali, che in definitiva non sono altro che la somma degli egoismi dei singoli, la posta in gioco dell’Unione europea è notevole. Infatti, nel corso dei dibattiti sulla Costituzione europea, avevamo spiegato che occorreva un’Europa più politica per poter esistere in un mondo che diventa ogni giorno più complesso. Se i nostri concittadini dubitano circa l’utilità dell’Unione europea nel braccio di ferro mondiale, allora il nostro grande progetto europeo è destinato a subire un altro duro colpo.

 
  
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  Harlem Désir (PSE).(FR) Signor Presidente, signora Commissario, innanzi tutto anch’io porgo le congratulazioni al relatore. A seguito del suo intervento, signora Commissario, come a seguito di quello che Pascal Lamy ha tenuto a nome dell’OMC presso la commissione per il commercio internazionale alcuni giorni fa, rileviamo che dopo Hong Kong, dopo Londra e dopo Rio, il ciclo di Doha continua a stagnare e rischia addirittura di naufragare.

Certo avanza, ma meno velocemente rispetto al conto alla rovescia del mandato negoziale conferito dall’Amministrazione statunitense e, contrariamente ai cicli precedenti, questa volta non abbiamo la possibilità di prolungare di due o tre anni le discussioni, perché altrimenti rischieremmo di compromettere l’insieme dell’architettura multilaterale. Ritengo che, se teniamo a questo quadro multilaterale, oggi occorra invitare ciascuno dei protagonisti a compiere un ultimo sforzo. Dopo le simulazioni informatiche di Londra, dopo le premesse e gli inizi promettenti di Rio, ora è arrivato il momento di passare all’azione.

In particolare i paesi industrializzati, l’Europa e gli Stati Uniti devono assumere decisioni e impegni e compiere i gesti necessari, tenendo a mente che questo round si impernia sullo sviluppo. Ovviamente i paesi del G20, i paesi emergenti, devono fare anch’essi una serie di concessioni sul piano delle tariffe industriali, pur sapendo che la reciprocità non sarà totale. Non possiamo pretendere che questi paesi mettano a repentaglio una serie di settori economici vulnerabili e settori industriali o del terziario che non sono ancora pronti per essere esposti alla concorrenza internazionale.

Credo dunque che questo ciclo meriti, nonostante tutto, di essere portato a termine e in questo senso la mia posizione si distacca in qualche modo da quella dell’onorevole Agnoletto che ne ha appena messo in luce le carenze. Ovviamente ve ne sono, ma l’energia dell’Unione europea deve essere convogliata verso il rispetto degli impegni che sono già stati presi a favore dello sviluppo. E’ stata decisa tra l’altro anche la soppressione delle sovvenzioni all’esportazione la cui messa in atto deve cominciare prima del 2013 e soprattutto deve essere accompagnata da un meccanismo di impegni e di controlli volto a garantire che gli altri paesi industrializzati, non solo l’Unione europea, si dirigano verso l’eliminazione di ogni tipo di sostegno alle esportazioni.

L’accesso al mercato dei paesi ricchi per i prodotti agricoli dei paesi in via di sviluppo sarà poi accresciuto e occorre ridurre l’elenco dei prodotti sensibili. I paesi meno sviluppati devono avere accesso al mercato senza dazi e contingentamenti, ma occorre eliminare una parte del 3 per cento delle linee tariffarie, altrimenti determinati paesi quali il Giappone e l’Australia potrebbero sfuggire a questo sforzo, bisogna modificare gli accordi TRIPS sull’accesso ai farmaci e occorre definire un pacchetto sullo sviluppo dotato di aiuti al commercio che non devono sostituirsi agli aiuti già previsti nel quadro degli aiuti pubblici allo sviluppo per finanziare gli Obiettivi del Millennio.

 
  
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  Alessandro Battilocchio (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, parlo a nome del nuovo PSI. Da dieci anni l’OMC controlla il complesso intrigo degli scambi commerciali internazionali. Tali scambi crescono esponenzialmente in numero e in qualità. Diventa quindi indispensabile la messa a punto di un quadro normativo forte e omogeneo, che tuteli la trasparenza e abbatta le disuguaglianze. Il regime multilaterale è l’unica forma di negoziato che garantisca, plausibilmente, un approccio bilanciato tra tutti i membri.

Mi auguro quindi che l’Europa sappia difendere questa posizione in seno ai nuovi negoziati e lavorare attivamente per concludere gli accordi entro il 2006, in quanto un nuovo fallimento indebolirebbe l’intero sistema con gravi conseguenze, soprattutto per i paesi in via di sviluppo. È soprattutto a questi ultimi che bisogna guardare e la rinuncia alle sovvenzioni all’esportazione da parte dei paesi industrializzati rappresenta un grande passo in questo senso. Naturalmente affinché tale iniziativa abbia dei risultati positivi, è importante che sia opportunamente appoggiata e riproposta dagli altri membri dell’OMC.

In nome dello sviluppo dei paesi più arretrati, è importante inoltre vegliare affinché l’apertura al mercato di altri settori, quali i servizi, non comprometta in modo irreparabile la struttura economica e sociale di tali paesi e in particolare che l’erogazione dei servizi pubblici non sia soggetta alle regole della concorrenza e alla pressione commerciale da parte delle compagnie del nord.

In ultimo, tuttavia, esorto la Commissione a garantire la tutela della nostra produzione, soprattutto in quei settori in cui il peso della contraffazione e dell’importazione illecita, sta diventando insopportabile per migliaia di industrie. La Commissione deve pretendere con forza l’applicazione rigorosa delle norme in vigore contro tali fenomeni.

 
  
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  Margrietus van den Berg (PSE).(NL) Signor Presidente, l’Africa rappresenta meno del 2 per cento degli scambi mondiali, eppure il ciclo sullo sviluppo rimane incagliato a causa di concessioni giudicate inadeguate. Gli Stati Uniti sono in ritardo in relazione alla legge sulla riforma del comparto agricolo; l’Unione europea manca di sollecitudine in merito all’inasprimento delle restrizioni per i prodotti automobilistici sensibili e per i cosiddetti servizi “blu”, mentre il G20 non ha compiuto progressi sulla riduzione delle tariffe industriali. L’Africa e i paesi meno sviluppati rischiano di fare le spese di questa situazione. Essi meritano il diritto permanente di proteggere la loro agricoltura, in quanto il sostentamento di 7 persone su 10 in questi paesi dipende dal comparto agricolo, e meritano il libero accesso ai mercati in espansione dell’UE, degli USA e del G20.

Due settimane fa il Direttore generale dell’OMC, Pascal Lamy, ha affermato apertamente che, se non si registreranno progressi a Ginevra alla fine del mese, il ciclo sarà destinato a naufragare. Per l’Europa questo fallimento comporterebbe un costo in termini di crescita economica e di occupazione, mentre l’Africa perderebbe sul terreno dello sviluppo economico e non riuscirebbe neppure a conseguire gli Obiettivi del Millennio nei settori dell’istruzione elementare e dell’assistenza sanitaria di base. Invito quindi a conciliare gli interessi di Europa e Africa; sollecito il Commissario Mandelson a procedere per quanto possibile ad abolire e a ridurre le sovvenzioni all’agricoltura e a sostenere l’Europa del XXI secolo senza ingabbiare l’Africa e i cittadini europei nelle scelte del passato!

 
  
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  Saïd El Khadraoui (PSE).(NL) Signor Presidente, prima di tutto porgo le congratulazioni al relatore per l’eccellente lavoro svolto. Malgrado restino ancora da fare moltissimi progressi nei negoziati, i colloqui se non altro proseguono, il che è già un bene di per sé. Desidero toccare tre argomenti che, a mio parere, continueranno a rivestire un’importanza capitale nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.

Prima di tutto bisogna coinvolgere i paesi più poveri. Ma proprio i paesi più poveri, che dovrebbero trarre i maggiori benefici da questo ciclo, incontrano difficoltà a inserire esperti che li rappresentino nelle delegazioni impegnate nei negoziati.

In secondo luogo sono questi paesi in via di sviluppo in particolare che devono trarre beneficio dagli scambi internazionali. Dopo tutto non è per nulla che parliamo di Doha come il ciclo dello “sviluppo”. Mi rivolgo quindi alla Commissione e agli Stati membri affinché traducano questo bel principio, riecheggiato in tanti discorsi, in azioni concrete durante e dopo i negoziati.

Infine, per quanto concerne la liberalizzazione dei servizi, il modo in cui i negoziati vengono condotti sta cambiando e vi scorgo uno sviluppo pericoloso. A mio giudizio, se si abbandona l’approccio dal basso verso l’alto, viene meno anche l’idea stessa che soggiace al ciclo sullo sviluppo e, a ben vedere, su questo punto la relazione avrebbe potuto essere più incisiva.

 
  
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  Margot Wallström, Vicepresidente della Commissione.(EN) Signor Presidente, mi limiterò a esporre tre brevi osservazioni. In primo luogo vi ringrazio per il dibattito, che ho trovato molto costruttivo e calibrato nonché molto interessante. Vi ringrazio per aver risparmiato l’ambasciatore che in effetti non porta pena! Mi impegno a trasmettere immediatamente quanto è stato detto stasera al Commissario Mandelson, il quale credo apprezzerà il fatto che non mi sono addentrata eccessivamente nei dettagli di questo round di Doha.

Desidero esprimere alcune considerazioni sul processo generale. Come avrete compreso, la Commissione è stata sistematicamente aggiornata e ne ha sempre discusso. Come si sono domandati anche diversi deputati, cosa accadrà se Doha fallisse e che considerazioni dovremmo trarre a quel punto sull’intero processo? E’ vero che il processo non è semplice, ma non è nemmeno in fase di stallo, e stiamo lavorando per portare a conclusione il ciclo entro la fine dell’anno impegnandoci verso il principio della singola impresa.

Come è stato detto, abbiamo proposto tagli reali alle tariffe agricole, ma come contropartita devono essere operate riduzioni effettive nelle tariffe industriali e deve partire la liberalizzazione dei servizi. Mancano ancora alcune settimane prima della fine di aprile e continueremo a discutere con i nostri partner, procedendo per gradi, in modo da definire gli accordi entro il limite che ci siamo dati a Hong Kong.

Desidero inoltre esporre alcune considerazioni sulla partecipazione dei deputati al Parlamento europeo alla prossima riunione dell’OMC, in quanto credo sia importante per l’intera Assemblea. Per quanto mi è dato di comprendere, la riunione di aprile dell’OMC assumerà la forma di un grande consiglio generale incaricato di negoziare le procedure; non ha una connotazione ministeriale in sé e, visto che l’assetto è diverso, la Commissione non intende inviare una delegazione ufficiale dell’Unione europea come quella che di solito partecipa a incontri del calibro di Hong Kong. Se la commissione per il commercio internazionale dovesse inviare una delegazione a Ginevra in occasione della riunione, il Commissario sarebbe pronto a incontrarla e a informala come al solito. La delegazione della Commissione a Ginevra fornirà inoltre il sostegno che offriamo sempre ai deputati sul posto quando sono in missione ufficiale all’estero. Questo è quanto posso dire per oggi in merito alla partecipazione dei deputati al Parlamento europeo.

Vi rinnovo i miei ringraziamenti per il dibattito e mi premurerò di trasmettere immediatamente le vostre opinioni al Commissario Mandelson e all’Esecutivo.

 
  
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  Erika Mann (PSE).(EN) Signor Presidente, ho una breve domanda sull’argomento di cui la signora Commissario ha appena parlato, ossia sul fatto che la riunione di aprile sarà una sorta di consiglio generale.

Stando alle informazioni in mio possesso, il consiglio generale, se dovesse andare bene, potrebbe trasformarsi in un incontro ministeriale. In tal caso la prassi vuole che sia predisposta anche una nostra partecipazione. Può valutare insieme agli altri Commissari e al Commissario Mandelson come procederete in questo caso?

 
  
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  Margot Wallström, Vicepresidente della Commissione.(EN) Signor Presidente, solo il Commissario Mandelson può darvi informazioni più aggiornate. Nel caso in cui la decisione o il formato dovessero subire modifiche, dovremmo altresì modificare l’assetto anche in relazione alla partecipazione dei deputati. Accogliamo con favore la partecipazione dei deputati al Parlamento europeo, che si è sempre rivelata utile e ancora una volta sarà sicuramente portatrice di apertura e di un sostegno positivo.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si terrà domani, alle 12.00.

 
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