6. Linee direttrici per le politiche degli Stati membri in materia di occupazione – Indirizzi di massima per le politiche economiche per il 2006 (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta:
– la relazione (A6-0086/2006), presentata dall’onorevole Magda Kósáné Kovács a nome della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, sulla proposta di decisione del Consiglio relativa a orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione [COM(2006)0032 – C6-0047/2006 – 2006/0010(CNS)], e
– la relazione (A6-0077/2006), presentata dall’onorevole José Manuel García-Margallo y Marfil a nome della commissione per i problemi economici e monetari, sulla situazione dell’economia europea: relazione preparatoria sugli indirizzi di massima per le politiche economiche per il 2006 [2006/2047(INI)].
Günther Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, gli orientamenti economici integrati costituiscono il nucleo stesso della nuova politica per la crescita e l’occupazione con la quale cerchiamo di portare avanti l’agenda di Lisbona; sono integrati perché riflettono la presa di coscienza del fatto che non riusciremo a realizzare la missione di dare all’Europa più crescita e più posti di lavoro se non stabiliamo un legame diretto tra obiettivi macroeconomici, microeconomici e occupazionali.
Gli indirizzi economici costituiscono l’ambito nel quale gli Stati membri e le Istituzioni comunitarie fanno confluire i loro rispettivi piani per l’attuazione della strategia per la crescita e l’occupazione. La Commissione li ha presentati per la prima volta lo scorso anno, e sono grato al Parlamento per aver loro dedicato così tanta attenzione. Essi costituiranno infatti una guida – non solo nell’anno in corso ma anche successivamente – in merito a quello che stiamo pensando di fare e ai principi in base ai quali agiremo.
La realtà è che la strategia per la crescita e l’occupazione, che stiamo cercando di attuare da circa un anno, è un processo completamente nuovo. E’ ancora difficile esprimere un giudizio definitivo sugli elementi di questo nuovo processo, ma una cosa può essere detta oggi, anche se con molta cautela, ed è che gli Stati membri nei loro programmi nazionali di riforma si sono fatti sostanzialmente guidare dalle priorità definite negli orientamenti economici integrati, così come ha fatto la Commissione con la sua proposta di programma d’azione comunitario.
E’ importante segnalare che la strategia per la crescita e l’occupazione si basa su un ciclo triennale. E questo significa che non c’è l’intenzione di emendare gli orientamenti da un anno all’altro. Possono essere tuttavia adattati per tenere conto delle realtà che si sono modificate e delle lezioni che ci vengono dall’esperienza, e questo sarà naturalmente necessario, ma ora non vediamo alcuna ragione per modificare questi orientamenti per il 2006; essi costituiscono ancora una base solida per i dialoghi che la Commissione ha avviato con gli Stati membri, il cui obiettivo è quello di attivare concretamente i programmi nazionali di riforma.
(Applausi)
Per quanto riguarda i singoli pilastri della strategia, i miei colleghi, Commissari Almunia e Špidla, sicuramente potranno aggiungere qualcosa sui suoi aspetti macroeconomici e occupazionali. Io vorrei discutere brevemente della dimensione microeconomica e sottolineare i significativi progressi compiuti a questo riguardo in alcuni settori, in particolare per quanto concerne il tema fondamentale per il futuro economico dell’Europa, ossia la transizione verso la società basata sulla conoscenza e la sua trasformazione in economia basata sull’innovazione, la ricerca e lo sviluppo. Per questo motivo, abbiamo insistito così tanto sull’imposizione di obiettivi quantitativi per la ricerca e lo sviluppo.
Sapete sicuramente che si tratta di un settore in cui i programmi nazionali di riforma hanno prodotto esiti piuttosto deludenti: il risultato si è attestato al massimo al 2,2 per cento per il 2010, invece dell’auspicato 3 per cento. Nelle poche settimane di quest’anno durante le quali abbiamo potuto affrontare questo tema, siamo comunque riusciti a fare in modo che gli Stati membri si impegnino in misura più significativa. Se manterranno il loro impegno, potremo raggiungere il 2,6 per cento entro il 2010, il che rappresenta un miglioramento, ma – e devo essere molto chiaro al riguardo – non è sufficiente, e pertanto la Commissione continuerà a esercitare pressione su di loro.
Anche il Consiglio europeo, che si è tenuto due settimane fa e di cui discuterete domani, ne ha parlato e ha elaborato conclusioni su aspetti importanti dell’attuazione della strategia; vi rimando in particolare alle risoluzioni del Consiglio sulla promozione delle piccole e medie imprese, sul miglioramento del processo legislativo e sulla politica energetica.
Nell’ambito degli orientamenti, la discussione verte regolarmente sull’opportunità che la Commissione, nelle sue valutazioni future dei programmi nazionali di riforma, debba o meno trasmettere raccomandazioni specifiche ai paesi in questione. Nella prima tornata non l’abbiamo fatto per un motivo che reputiamo importante, ossia il fatto che non sapevamo come sarebbero stati i programmi nazionali di riforma. Vorrei però segnalare che la Commissione si riserva naturalmente la facoltà di includere raccomandazioni specifiche per paese nelle sue future relazioni intermedie, e di questa facoltà ci serviremo come e quando necessario.
Attualmente, tuttavia, mi sembra che la cosa più importante sia lavorare tutti insieme affinché il grande pubblico si renda conto che ora abbiamo una strategia comune per la crescita e la creazione di posti di lavoro, che abbiamo priorità comuni e che stiamo lavorando insieme per realizzarle.
(Applausi)
Joaquín Almunia, Membro della Commissione. – (ES) Signor Presidente, sono d’accordo con la valutazione appena espressa dal Vicepresidente Verheugen sul modo in cui stiamo portando avanti la strategia di Lisbona riveduta che abbiamo attuato lo scorso anno.
Leggendo la relazione dell’onorevole García-Margallo sull’economia europea e gli indirizzi di massima per le politiche economiche, constato un notevole grado di consenso, consenso che abbiamo anche osservato in seno alla Commissione, con gli stessi obiettivi e lo stesso processo verso la loro realizzazione, in occasione dell’ultimo Consiglio europeo. Credo che questo consenso di base tra le tre Istituzioni europee sia fondamentale per la credibilità del processo e per l’accettazione degli obiettivi di questa strategia da parte di tutti i soggetti economici e sociali, non solo da parte delle Istituzioni europee e nazionali, e che sia una delle condizioni – che ritengo essenziale – per incrementare crescita e occupazione nell’Unione europea.
Per quanto riguarda le problematiche macroeconomiche, vorrei discutere di tre punti. In primo luogo, è chiaro che, come abbiamo detto in varie occasioni, e credo che a questo riguardo ci sia convergenza rispetto al punto di vista del Parlamento, era importante ottenere una maggiore sincronizzazione tra gli obiettivi della strategia di Lisbona, per assicurare più crescita e più occupazione, e l’applicazione del Patto di stabilità e crescita. Lo scorso anno ci siamo riusciti. Ora c’è più coordinamento e più intercorrelazione e mi sembra che si stiano raggiungendo risultati positivi nella pratica. L’economia europea sta compiendo maggiori progressi verso il consolidamento fiscale rispetto a un anno fa, e sappiamo che questa è una delle condizioni necessarie per una crescita più solida, in grado di generare occupazione. La fiducia dei soggetti economici migliora, i risultati d’attività sembrano indicare che nel 2006 si conseguiranno risultati migliori rispetto al 2005 e anche le prospettive che si delineano per il futuro sono positive.
In secondo luogo, sono assolutamente d’accordo con quanto afferma la relazione dell’onorevole García-Margallo in merito all’importanza di prestare maggiore attenzione alla sostenibilità delle finanze pubbliche e, in particolare, in merito alle modalità di affrontare le conseguenze dell’invecchiamento della popolazione. Alcune settimane fa, la Commissione e il comitato di politica economica, in cui sono rappresentati tutti gli Stati membri, hanno pubblicato una relazione sulle conseguenze economiche e di bilancio dell’invecchiamento della popolazione. Le conseguenze sono significative, ma la relazione osserva anche che, agendo puntualmente e realizzando le riforme, come quelle contenute in molti programmi nazionali in attuazione della strategia di Lisbona e quelle che i vari Stati membri promuovono mediante loro iniziative interne, in particolare le iniziative del Commissario Špidla in campo demografico, i risultati diventano visibili, e ci sono paesi europei che oggi si trovano in una situazione migliore rispetto a cinque anni fa per quanto riguarda le azioni nei confronti dell’invecchiamento della popolazione. In ottobre, la Commissione pubblicherà una relazione in materia, che spero sarà anche discussa e verificata al Parlamento.
Un’ultima osservazione: mi fa molto piacere che, oltre a un’analisi generale dell’economia europea, del ruolo della strategia di Lisbona e dei vari strumenti contenuti negli indirizzi di massima per le politiche economiche per l’economia dei 25, la relazione dell’onorevole García-Margallo riporti un riferimento particolare alle sfide e alle necessità della zona euro, in cui i dodici paesi che condividono la moneta unica, l’euro, hanno bisogno di meccanismi di coordinamento e di un’attenzione particolare per ottenere i migliori risultati possibili dall’Unione economica e monetaria. Desideriamo ringraziare l’onorevole García-Margallo per aver segnalato questo aspetto nella sua relazione.
Vladimír Špidla, Membro della Commissione. – (CS) Signor Presidente, onorevoli deputati, a nome della Commissione desidero ringraziare la relatrice, onorevole Kósáné Kovács, per l’eccellente relazione che ha presentato a nome della commissione per l’occupazione e gli affari sociali. La relazione è doppiamente costruttiva: arricchisce le conoscenze di base e dovrebbe accelerare l’adozione da parte del Consiglio, rispetto a quanto avvenuto negli anni precedenti.
In occasione del Consiglio europeo di primavera si è affermato che l’Unione sarebbe stata in grado di creare due milioni di posti di lavoro all’anno. Sappiamo tuttavia che non sarà possibile creare posti di lavoro e ridurre la disoccupazione a meno che non approfittiamo dell’attuale crescita economica per portare avanti le riforme necessarie. Il Consiglio europeo ha confermato che gli orientamenti integrati rimangono validi e allo stesso tempo ha individuato le priorità sulle quali dovrebbe essere posta una maggiore enfasi. Mi fa piacere che la commissione parlamentare raccomandi un approccio simile e che non abbia accettato modifiche eccessive ai principi di base della politica per l’occupazione. Siamo inclini ad accettare le modifiche laddove giustificate, ma allo stesso modo e per la stessa ragione vogliamo attenerci alla formulazione originale del testo.
Lo scorso anno la strategia di Lisbona è stata ridefinita per quanto riguarda l’insieme integrato di principi fondamentali alla base della politica per l’occupazione e degli indirizzi di politica economica. La strategia ha una durata di tre anni, proprio per creare un quadro politico chiaro e stabile per gli organismi incaricati della sua attuazione. Uno studio condotto dalla Commissione sui primi programmi nazionali di riforma ha messo in evidenza alcune lacune in termini di attuazione da parte degli Stati membri, che tuttavia non compromettono la validità dei principi fondamentali. Sarebbe pertanto sbagliato dare a questo punto l’impressione che vogliamo modificare la direzione o il contenuto delle politiche. Il testo proposto dalla Commissione ha deliberatamente lasciato aperta la possibilità di integrare con priorità politiche specifiche gli elementi per i quali sia giustificato farlo. Si allinea pertanto al desiderio del Parlamento di includere tra questi punti alcuni elementi di natura economica e sociale che richiedono particolare attenzione, soprattutto nei casi in cui coincidono con le conclusioni dell’ultimo Consiglio europeo di primavera.
Il Consiglio europeo ha posto l’enfasi sulla necessità di incrementare l’occupazione tra i giovani, le donne, gli anziani e le persone con problemi di salute, gli immigrati legali e le minoranze. Nel caso dei giovani, è stato confermato l’obiettivo di ridurre del 10 per cento il numero degli studenti che non terminano gli studi e di offrire a tutti i giovani un posto di lavoro, esperienze lavorative e corsi di specializzazione entro i sei mesi successivi alla conclusione degli studi entro il 2007 ed entro i quattro mesi successivi alla conclusione degli studi entro il 2010, come stabilito dagli attuali principi fondamentali. Nel caso dei lavoratori anziani, l’accento è stato posto sulla necessità di introdurre una strategia integrata basata su posti di lavoro di qualità e formazione specialistica. Per quanto concerne poi le pari opportunità tra uomini e donne, il Consiglio europeo di primavera ha adottato il Patto europeo per la parità tra i generi, e il Consiglio ha anche approvato la proposta della Commissione di avviare un dibattito approfondito che dovrebbe portare all’adozione di principi comuni nel settore della flessibilità e della sicurezza (“flessicurezza”) entro la fine del 2007. L’obiettivo di questa discussione con gli Stati membri e le parti sociali è quello di ridurre la segmentazione del mercato del lavoro e di realizzare il giusto equilibrio tra flessibilità e sicurezza.
Inoltre vorrei esprimere tutta la mia soddisfazione per il fatto che la proposta della Commissione di costituire un fondo europeo per l’adeguamento alla globalizzazione sia stata favorevolmente accolta al Vertice di primavera, a testimonianza della volontà di fare un uso più efficace dei fondi comunitari per sostenere la strategia europea per l’occupazione, conformemente agli auspici del Parlamento europeo.
PRESIDENZA DELL’ON. ONYSZKIEWICZ Vicepresidente
Magda Kósáné Kovács (PSE), relatore. – (HU) Ai cittadini europei non piacciono le parole cifrate utilizzate dagli esperti. Purtroppo, anche il “processo di Lisbona” sta cominciando a diventare una frase cifrata, sebbene rappresenti il nostro futuro comune. Se gli Stati membri dell’Unione sono competitivi, avremo più posti di lavoro migliori. Se più persone trovano lavoro, si ridurrà la povertà. Sarebbero così disponibili più risorse per la riforma dei sistemi sociali che ci consentirebbero di preservare il nostro ambiente per i nostri nipoti. Desidero sottolineare con forza che, se il lavoro non è accompagnato e sostenuto dalla sicurezza sociale, non può produrre risultati economici significativi. E se questo è vero, e lo è, possiamo accogliere favorevolmente la decisione del Consiglio e della Commissione secondo cui gli Stati membri dovrebbero valutare l’attuazione delle direttive sull’occupazione e lo sviluppo economico in direttive integrate, esaminando i due aspetti in relazione l’uno con l’altro. Possiamo osservare che il quadro si è arricchito, soprattutto per il fatto che la commissione per l’occupazione e gli affari sociali ha ora valutato i piani d’azione di 25 Stati membri. La commissione per l’occupazione e gli affari sociali ha accettato che, sulla base degli accordi interistituzionali, il Parlamento non modificherà gli orientamenti ogni anno – e credo che questo vada anche nell’interesse degli Stati membri – e che li modificherà unicamente nel caso in cui si verifichino problemi sul mercato del lavoro dell’Unione europea. Allo stesso tempo, nelle specifiche degli obiettivi politici – contenute nel preambolo – abbiamo ritenuto importante includere nel documento del Parlamento le lezioni tratte dalla prima relazione elaborata dopo l’adesione dei dieci nuovi Stati membri all’Unione europea. La Commissione ha espresso un accordo quasi unanime su una partecipazione più attiva del Parlamento alla verifica dell’applicazione degli orientamenti. A tale riguardo, contatteremo il funzionario competente della Commissione. Nella mia relazione, ho voluto integrare la presentazione della Commissione su tre questioni di principio che rivestono molta importanza; i miei colleghi, i membri della commissione, hanno dato un contribuito significativo al fine di garantire che tali questioni fossero presentate in modo chiaro e comprensibile. In primo luogo, abbiamo attirato con grande forza l’attenzione sul miglioramento delle opportunità sul mercato del lavoro per i gruppi sociali in vario modo sfavoriti. E, come ricordato dai Commissari, questa è anche una premessa per un’ulteriore crescita economica. Una grande riserva di cui si dispone per aumentare le risorse del mercato del lavoro consiste, in primo luogo, nell’accrescere l’attività delle donne, in secondo luogo nel mantenere i lavoratori anziani o non più giovanissimi nel mercato del lavoro o incoraggiarne il rientro e, terzo, nell’aiutare i giovani a trovare lavoro e a entrare nel mercato del lavoro. Riteniamo tuttavia che l’eliminazione degli svantaggi che oggi tengono molte persone lontane dal mercato del lavoro sia almeno altrettanto importante. Attiriamo inoltre l’attenzione sull’anomalia che fa sì che i lavoratori provenienti dai paesi terzi godano talvolta, sul mercato del lavoro, di una posizione più favorevole di quella dei cittadini dei nuovi Stati membri. Avremo la possibilità di discutere di questo aspetto nell’ambito del dibattito sulla relazione Őry, ma vorrei comunque già segnalare che, alla luce di quanto abbiamo recentemente saputo, desideriamo dare il benvenuto ai Paesi Bassi nel “club dei 6” (come settimo paese, dal 2007). Terza e ultima osservazione, riteniamo che, senza prospettive finanziarie a lungo termine, non sia nemmeno possibile dotare gli Stati membri delle risorse sufficienti per svolgere i compiti definiti come obiettivi fondamentali negli orientamenti integrati.
Le parole cortesi sono qui d’uso, ma questa non è né cortesia né forza dell’abitudine: desidero rivolgere un sincero ringraziamento ai miei colleghi – a prescindere dalla loro affiliazione politica – e ai rappresentanti dei vari gruppi politici per il loro aiuto e il loro contributo, in particolare all’onorevole Ana Mato Adrover, correlatrice per questa relazione. Nutriamo la speranza che la frase “unità attraverso la diversità” non sia solo uno slogan, ma anche un’opportunità.
José Manuel García-Margallo y Marfil (PPE-DE), relatore. – (ES) Signor Presidente, signori Commissari, negli scorsi anni la discussione degli indirizzi di massima per le politiche economiche ci ha provocato non poche preoccupazioni.
Per evitare che le preoccupazioni siano così gravi anche quest’anno, mi limiterò a tre domande: perché il Parlamento ha deciso di elaborare una relazione anche se la Commissione ha deciso di ratificare le relazioni precedenti? Come possiamo fare in modo che le nostre relazioni siano ascoltate? E terzo, che cosa vogliamo che senta la Commissione?
In primo luogo, perché una relazione? Perché le relazioni precedenti contenevano enormi quantità di raccomandazioni di cui la Commissione non ha tenuto conto. Secondo, perché, da quando abbiamo discusso la relazione precedente, sono intervenuti nuovi fattori: il relativo fallimento della Costituzione europea, le nuove prospettive finanziarie, qualche aumento dei tassi di interesse, tre candidati che chiedono di aderire alla zona euro e il round di Doha, che porta avanti i negoziati commerciali di Hong Kong.
Secondo, perché ci sono certi fattori che abbiamo già inserito in altre relazioni ma che sono diventati più importanti con il tempo. Il Commissario Almunia ha fatto riferimento all’invecchiamento della popolazione, ma dovremmo discutere anche delle conseguenze dell’immigrazione, dell’impatto delle importazioni cinesi, una volta terminate le restrizioni quantitative, degli squilibri mondiali, fondamentalmente rispetto agli Stati Uniti, e infine della crisi energetica.
Che cosa possiamo fare perché la nostra voce sia ascoltata? La relazione è stata redatta in uno spirito di consenso, il che ha obbligato molti di noi a cedere su certe nostre posizioni, e di questo desidero ringraziare in particolare tutti i rappresentanti degli altri gruppi parlamentari.
Se vogliamo essere ascoltati, la prima cosa da ricordare è che in passato non lo siamo stati. Questa relazione inizia con una sorta di cahier de doléances, un elenco di raccomandazioni che abbiamo fatto e che la Commissione non ha tenuto in considerazione.
Abbiamo chiesto il recepimento di direttive, che non sono state recepite, la riduzione dei disavanzi – il Commissario Almunia ha segnalato che 12 dei 25 Stati membri hanno attualmente un disavanzo eccessivo – una comunicazione sulla globalizzazione per spiegare chiaramente ai cittadini le opportunità e le sfide che essa comporta – se questa comunicazione ci fosse stata, ci avrebbe risparmiato qualche preoccupazione – nonché l’applicazione delle Carte per le piccole e medie imprese, ma nemmeno questo è stato fatto.
Secondo, la relazione affronta quelle che potremmo definire questioni istituzionali, di natura costituzionale o non costituzionale. Durante questo periodo di riflessione attiva – che non è né di riflessione né attiva – stiamo affrontando le tematiche trascurate dalla Convenzione e che non avevano trovato risposta: quali sono gli obiettivi e le competenze dell’Unione? Quali sono le responsabilità della Banca centrale europea, pur nel rispetto della sua indipendenza in qualsiasi momento? Che cosa dovremmo fare per rafforzare il Patto di stabilità e crescita? Quali sono le basi giuridiche per la modifica dell’imposizione fiscale nell’Unione e negli Stati membri?
C’è una raccomandazione esplicita di cui vorrei chiedere alla Commissione di tenere particolare conto: il Parlamento non approverà nessuna direttiva mediante la procedura Lamfalussy se il problema del diritto di avocazione o call-back non sarà risolto entro il 2008, in definitiva poi la rappresentanza internazionale della zona euro.
Il Vicepresidente della Commissione ha parlato del coordinamento degli indirizzi di massima per le politiche economiche e degli orientamenti a favore dell’occupazione in un unico documento: è vero, ma tali orientamenti sono ancora oggetto di procedure di informazione e consultazione diverse, motivo per cui sono difficili da capire. Inoltre, è necessario integrare altri documenti per evitare che il quadro sia frammentario.
Per quanto riguarda l’imposizione fiscale in senso istituzionale, esortiamo la Commissione a rispondere a quanto detto dall’Alta Corte di giustizia: una definizione uniforme della residenza fiscale, come estensione della cittadinanza, il principio di non discriminazione e una convenzione sulla doppia imposizione fiscale. Per quanto riguarda il coordinamento, mi hanno fatto piacere le gentili parole del Commissario Almunia: è vero che dobbiamo assicurare un maggiore coordinamento, elaborare una diagnosi precisa e definire una cura corretta, un’analisi di quanto è avvenuto, e definire il ruolo dell’Eurogruppo.
Nell’ambito della politica macroeconomica, non entriamo nella problematica dei tassi di interesse, non esprimiamo il nostro parere. Diciamo che dobbiamo fare tutto il possibile per garantire che i prezzi non aumentino e che gli interessi rimangano bassi. Parliamo del debito pubblico, con i termini utilizzati dal Commissario: meno interessi, meno rimborsi significa spendere di più per l’invecchiamento, più Lisbona.
Per quanto concerne il clima imprenditoriale, chiediamo una riflessione seria. Gli Stati Uniti sono davanti a noi. 144 tra le prime imprese del mondo sono imprese dell’Unione europea, mentre nel caso degli Stati Uniti, la cifra è di 206. Le piccole e medie imprese raddoppiano il numero dei dipendenti nei primi due anni, cosa che non accade in Europa. Chiediamo che sia applicata la discriminazione positiva a favore delle piccole e medie imprese, soprattutto per quanto riguarda il finanziamento del capitale di rischio.
Per quanto concerne l’imposizione fiscale, in parole povere, chiediamo che alle imprese sia applicata l’imposizione fiscale del paese della sede, in applicazione del principio del luogo di origine utilizzato per l’IVA.
Non ho nulla da dire per quanto concerne il capitale umano. La collega ha affrontato molto bene questo punto.
Per gli investimenti: reti transeuropee. Ci vorrebbero 20 anni per finirle.
Energia, ricerca + sviluppo + innovazione, più mercato, più concorrenza, più competitività.
(Applausi)
Ana Mato Adrover, a nome del gruppo PPE-DE. – (ES) Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero iniziare sottolineando l’ottimo lavoro e la splendida cooperazione della relatrice, onorevole Kósáné Kovács, e congratularmi con lei per l’impegno messo in atto e per la relazione che ha presentato.
Come ben sappiamo, poco meno di un anno fa sono stati approvati gli orientamenti a favore dell’occupazione, e in quell’occasione ho avuto l’onore di essere relatrice. Detti indirizzi definivano l’approccio generale all’occupazione e le priorità per i successivi tre anni, e il loro obiettivo era quello di dare un contributo efficace alla crescita dell’occupazione, alla produttività dell’economia e, naturalmente al rafforzamento dell’inclusione sociale e della coesione.
Questi orientamenti, discussi congiuntamente con gli indirizzi di massima per le politiche economiche, che quest’anno sono stati brillantemente presentati dall’onorevole García-Margallo y Marfil, sono stati ripresi e tradotti in obiettivi concreti nei programmi nazionali di riforma, approvati poco meno di sei mesi fa dagli Stati membri. Per buon senso – sono stati approvati meno di un anno fa e coprono tre anni – e in ragione del loro stesso contenuto, ci siamo limitati ad aggiornarli.
Che cosa ha riguardato questo aggiornamento? Tre ampie aree.
In primo luogo, abbiamo ripreso i temi prioritari evidenziati in occasione dei grandi Vertici europei tenutisi quest’anno: primo, gli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione e la diffusione delle tecnologie dell’informazione, un aspetto ancora molto lontano dalla piena realizzazione degli obiettivi di Lisbona; secondo, vere pari opportunità, elemento sempre sostenuto dal nostro gruppo e che include l’integrazione delle donne, la loro permanenza e possibilità di avanzamento nel mercato del lavoro e, naturalmente, parità salariale; e, terzo, sosteniamo con convinzione un’occupazione stabile, e lo dico perché la maggior parte dei posti di lavoro che si creano sono precari. Nel mio paese, per esempio, il 52 per cento del totale dei posti di lavoro creati negli ultimi due anni è interinale, e questo è inaccettabile.
Secondo, abbiamo ribadito certi temi fondamentali che non sono stati adeguatamente trattati dalla Commissione. Nella lotta contro gli infortuni sul lavoro, abbiamo sostenuto un ampio consenso a livello europeo, che riteniamo essenziale, perché in Spagna, per esempio, 990 lavoratori hanno perso la vita nel 2005, e anche aiuti per facilitare la ricerca di un posto di lavoro per le vittime della violenza domestica.
Infine, poiché stiamo procedendo a un aggiornamento, vogliamo che il Parlamento possa controllare gli orientamenti e il loro rispetto da parte degli Stati membri.
(Applausi)
Udo Bullmann, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, Commissario Verheugen, Commissario Almunia, Commissario Špidla, onorevoli colleghi, siamo tutti d’accordo che il mercato unico europeo ci offre una grande opportunità: l’opportunità per noi, con i nostri 450 milioni di abitanti o giù di lì, di trovare la nostra strada nella globalizzazione, una strada che deve essere caratterizzata dalla prosperità economica e da finanze solide e che produca allo stesso tempo risultati concreti per i comuni cittadini.
La domanda che ci dobbiamo porre – e questo dibattito è fondamentale a tal fine – è la seguente: ci siamo davvero dotati di tutti gli strumenti di cui avremo bisogno durante questo viaggio e stiamo davvero utilizzando nel modo corretto gli strumenti di cui disponiamo per dare al mercato interno la cornice più adeguata e influenzare i processi di sviluppo economico a lungo termine?
Vorrei esprimere due osservazioni che travalicano il contesto del dibattito odierno e queste relazioni. Non riusciremo a realizzare questo obiettivo se non faremo in modo – e presto – di dare all’Unione europea una base finanziaria indipendente e responsabile, e non ci riusciremo nemmeno se non parleremo dei temi tabù, come per esempio la necessità di una politica fiscale comune in questa nostra Unione europea.
La ragione per cui lo dico è che, nella situazione economica in cui ci troviamo, nessun tabù, di nessun tipo, può più essere giustificato. Chiunque porti un soffio d’aria nuova nella discussione ha il mio sostegno. Infatti, se consideriamo la situazione economica, ci rendiamo conto che non possiamo permetterci di continuare ad accettare i dibattiti ritualistici e di lasciare fuori dall’Aula e dai nostri dibattiti questa aria nuova. Nel 2005, il nostro sviluppo economico è stato inferiore ai livelli del 2004; la nostra disoccupazione è tuttora elevata a un livello preoccupante che si aggira attorno al 9 per cento, mentre la disoccupazione di lungo periodo in particolare ha ripreso a crescere. Mi fa molto piacere sentire il Commissario Almunia dire – e le sue parole trovano il mio pieno appoggio – che ci sono segnali che indicano che l’economia si sta sviluppando nella giusta direzione, ma devo dirgli che non c’è alcuna garanzia che l’Unione europea sia in grado di stimolare la propria ripresa.
Per questo dobbiamo parlare dei punti che devono essere iscritti all’ordine del giorno. Quando introdurremo finalmente nell’Unione europea una politica comune di investimenti? E’ la cosa più urgente da fare. Quando cominceremo ad investire, come Comunità, in ricerca e sviluppo? Negli ultimi dieci anni siamo riusciti ad accrescere tali investimenti dall’1,8 all’1,9 per cento. Quando inizieremo a fare investimenti migliori e a più lungo termine nell’istruzione, con una strategia coordinata negli Stati membri? Quando inizieremo ad utilizzare il grande potenziale dell’efficienza energetica? E’ qui la chiave per la prossima rivoluzione tecnologica, e allora mettiamoci al lavoro!
In questo settore, dove investono gli Stati membri? Dove è la guida della discussione a livello europeo in materia? Se guardiamo al settore dei trasporti, talvolta abbiamo l’impressione che dovremmo forse riscrivere il Libro bianco di Delors, viste le numerose lacune in termini di recepimento in questo settore, e se le affrontassimo e investissimo di più, potremmo fare qualche progresso.
Le strutture per l’infanzia costituiscono uno dei temi centrali. Se investiamo di più per le strutture per l’infanzia, i tassi di natalità aumenteranno e aumenterà il numero degli attivi – in particolare donne – nel mercato del lavoro; è dimostrato chiaramente dalle statistiche. Sosteniamo tutti coloro che vogliono fare progressi in questo settore.
Vi esorto, una volta per tutte, a dare una corretta base istituzionale alla cooperazione con il Parlamento; se lo farete, vedrete che non sarà più necessario – e ringrazio l’onorevole García-Margallo per averlo segnalato – passare il nostro tempo a redigere solo relazioni di iniziativa, ma le discussioni in Aula avranno una base diversa e stabile.
Margarita Starkevičiūtė, a nome del gruppo ALDE. – (LT) Un po’ di tempo fa, gli scienziati hanno affermato che non ci sono medicine miracolose che possono aiutarci a creare posti di lavoro, a risolvere tutti i problemi di occupazione e a incoraggiare la competitività, ma che esistono invece molteplici fattori e che dobbiamo semplicemente trovare la giusta combinazione tra di essi. Il problema è che questa combinazione di fattori varia da paese a paese e deve tenere conto delle specificità dell’economia nazionale. Sulla scorta dell’esperienza sfortunata del Fondo monetario internazionale relativamente al tentativo di creare un unico modello universale, non sappiamo se dobbiamo cercare di creare un modello di strategia economica su scala europea. Credo che occorra sottolineare tre punti fondamentali. Primo, dovremmo condividere la posizione dell’onorevole García-Margallo secondo cui dobbiamo consolidare tutti i documenti di politica economica; ce ne sono troppi e sono ripetitivi. Secondo, dobbiamo individuare un meccanismo di interazione tra le strategie economiche a livello nazionale ed europeo. E terzo, tutto questo può essere realizzato definendo priorità chiare e concrete che si integrino a vicenda.
Elisabeth Schroedter, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, signori Commissari, onorevoli colleghi, il Commissario ha detto che il posto giusto per gli orientamenti per le politiche a favore dell’occupazione è al centro della strategia di Lisbona, e su questo ha ragione. Gli orientamenti per le politiche a favore dell’occupazione non servono solo come base formale per i programmi nazionali per l’occupazione, ma fanno sentire la loro influenza anche sulla forma e sullo sviluppo dei mercati del lavoro nazionali, e quindi non è irrilevante che il Consiglio porti a casa senza troppe difficoltà il quarto pilastro della politica europea per l’occupazione, le pari opportunità per le donne nel mercato del lavoro. Le donne sono colpite più duramente dalla disoccupazione degli uomini; sono ancora loro a occupare la maggior parte dei posti a tempo parziale. Guadagnano ancora il 15 per cento in meno degli uomini per lavori comparabili e hanno meno opportunità di carriera. Per loro è tuttora più difficile rientrare nel mercato del lavoro, soprattutto laddove non ci sono strutture per l’infanzia aperte tutto il giorno, ad ampia diffusione territoriale e gratuite.
L’integrazione della dimensione di genere deve essere ancora sostenuta da misure proattive per promuovere gli interessi delle donne, e sono pertanto veramente grata all’onorevole Kósáné Kovács per averci dato la possibilità di trovare un accordo su un compromesso, almeno nei considerando, al fine di integrare negli orientamenti indicatori misurabili per la promozione delle pari opportunità.
Desidero anche attirare la vostra attenzione su un secondo emendamento. Vogliamo che sia cancellato l’orientamento 22. Crediamo che i salari debbano essere stabiliti dalle parti sociali e debbano essere tenuti fuori dalle risoluzioni politiche. Non posso fare a meno di notare, con mia grande preoccupazione, che in Aula sembra esserci un accordo tacito tra i due gruppi principali per fare in modo che in futuro le decisioni politiche governative, sotto forma di programmi nazionali per l’occupazione, garantiscano l’allineamento dell’andamento salariale all’aumento della produttività nel ciclo economico. Credevo che l’economia pianificata, che conoscevamo bene nell’ex Germania dell’est, fosse stata bandita dall’Europa una volta per tutte, fino a quando mi sono resa conto che gli orientamenti prevedono il sostegno da parte del Fondo sociale europeo. Sarebbe incoerente che fosse il Fondo sociale europeo a stabilire i salari: questo è un compito che viene svolto benissimo dalle parti sociali e dovrebbe rimanere di loro competenza.
Ilda Figueiredo, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) Per la maggior parte, gli orientamenti integrati per la crescita dell’occupazione contengono i principali ostacoli a una vera politica per l’occupazione che privilegi la creazione di posti di lavoro di elevata qualità tutelati da diritti, la coesione sociale e territoriale e il benessere dei cittadini.
Questo avviene innanzi tutto perché si privilegiano la garanzia della stabilità economica, l’ampliamento e il consolidamento del mercato interno, l’apertura dei mercati e la promozione della concorrenza, come pure la creazione di un ambiente più favorevole all’impresa. Tutto questo è musica per le orecchie dei grandi gruppi economici e finanziari e per i signori del commercio internazionale, che, godendo dei frutti dello sfruttamento della manodopera a basso costo dei paesi terzi, preferiscono l’elevatissima redditività derivante dalla delocalizzazione della produzione al mantenimento e allo sviluppo di posti di lavoro tutelati da diritti negli Stati membri dell’Unione.
Oltre tutto, gli orientamenti per l’occupazione sono troppo vaghi, in quanto trascurano aree fondamentali, come la necessità di accrescere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e di assicurare posti di lavoro di elevata qualità tutelati da diritti. Tale intervento potrebbe aiutarci a combattere quella discriminazione a livello salariale e di progressione di carriera di cui continuano a essere vittime le donne, e non porterebbe alla creazione di posti di lavoro precario, miseramente pagati, come quelli di oggi.
E’ anche fondamentale dare un impulso alle economie regionali, promuovere le microimprese e le piccole e medie imprese e creare posti di lavoro in regioni in cui il livello di disoccupazione è elevato.
Anche le famiglie devono essere aiutate, sia per quanto riguarda la riorganizzazione e la riduzione dell’orario di lavoro, senza perdita di diritti, sia per quanto riguarda gli investimenti nei servizi pubblici per sostenere la famiglia, in quanto si contribuirebbe così a creare posti di lavoro meglio rispondenti alle esigenze locali e regionali. Sono pertanto urgenti investimenti pubblici più elevati nei settori della sanità, degli alloggi e della garanzia di accesso a istruzione e formazione di alto livello e gratuite. In tale ottica abbiamo avanzato una proposta volta ad allegare questi orientamenti alle proposte presentate, poiché riteniamo sia fondamentale integrarli negli orientamenti per l’occupazione.
Eoin Ryan, a nome del gruppo UEN. – (EN) Signor Presidente, gli indirizzi di massima per le politiche economiche sono fondamentali al fine di fornire un quadro coerente in grado di guidare gli Stati membri verso la realizzazione degli obiettivi di Lisbona. La sfida per l’Irlanda e per l’Europa sarà quella di applicare gli indirizzi convenuti attraverso programmi nazionali di riforma. E’ di fondamentale importanza che l’Europa acquisisca stabilità economica.
Respingo tuttavia con determinazione tutte le sezioni di questa relazione che chiedono di appoggiare la base imponibile comune consolidata proposta dalla Commissione per le società. La definizione di una base comune è intrinsecamente legata a un’aliquota armonizzata. Gli Stati membri devono essere realistici e riconoscere che l’introduzione di una base imponibile comune non è che la prima di una lunga serie di azioni dirette all’armonizzazione fiscale.
Non è giusto che l’Irlanda o qualsiasi altro Stato membro intervengano nella definizione dell’aliquota fiscale di un altro Stato membro. L’unità dell’Europa non è compromessa dalla diversità delle politiche fiscali; è vero invece che la competitività dell’Unione europea è indebolita da politiche fiscali sbagliate. La concorrenza può avere effettivamente un effetto di armonizzazione. Credo che la concorrenza fiscale armonizzi le opportunità all’interno dell’Unione europea e consenta ai paesi piccoli alla periferia dell’Unione di essere concorrenziali.
Infine, accolgo in modo generalmente favorevole il ruolo degli aiuti di Stato in vista del sostegno agli obiettivi di Lisbona. Tuttavia, desidero sottolineare che le regole in materia di aiuti di Stato non dovrebbero essere utilizzate per impedire all’Irlanda o a qualsiasi altro Stato membro di competere con paesi non membri dell’Unione europea per assicurarsi investimenti diretti esteri rilevanti. L’Europa ha bisogno di flessibilità per progredire e fare fronte alle sfide della globalizzazione. L’Europa deve riformare le proprie economie e tutti i paesi dovrebbero farlo.
Derek Roland Clark, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, la relazione sulle politiche a favore dell’occupazione è sovraccarica di frasi chiave il cui tono è chiaro sin dall’inizio: legislazione, procedure comunitarie di controllo e di esecuzione. Poi abbiamo la particolare importanza dei lavoratori giovani e anziani; e ancora l’Unione europea senza barriere – eliminiamole, dice – con priorità chiare e misurabili; revisione degli orientamenti ogni tre anni, ma il Parlamento deve essere più attivo negli intervalli; verifica dei programmi nazionali di riforma degli Stati membri. Bene, facciamo tutto questo. I francesi hanno optato per una settimana lavorativa di 35 ore, non di 48 ore. Ma quando lo scorso anno ha preso corpo la direttiva sull’orario di lavoro, molti lavoratori francesi hanno protestato per l’interferenza dell’Unione europea.
I lavoratori portuali hanno protestato all’inizio dell’anno per altre interferenze dell’Unione europea. Le città francesi sono ora sotto assedio a causa di nuove politiche in materia di occupazione giovanile. Chi dirà a Chirac o a de Villepin che si sbagliano, che non rispettano gli orientamenti? Voi no, naturalmente. I francesi si governeranno da soli, come dovremmo fare tutti, in quanto democrazie adulte. Ma la cosa più disastrosa di tutte è l’orientamento 19: revisione costante degli incentivi e dei disincentivi derivanti dai sistemi fiscali e di indennità. Un collega stamattina ha già parlato di una politica fiscale comune. E’ questo l’inizio dell’armonizzazione delle politiche fiscali nell’Unione europea – che si era detto non ci sarebbe mai stata? Onorevoli colleghi, i vostri regimi fiscali sono in pericolo. Siete stati avvisati!
Jana Bobošíková (NI). – (CS) Le relazioni oggetto del dibattito odierno forniscono un chiaro quadro del triste stato dell’economia dell’Unione europea e individuano correttamente le sue cause: inadeguatezza del quadro regolamentare, mancanza di riforme strutturali e sociali e mancanza di flessibilità nell’economia. Abbiamo anche un dinamismo insufficiente a livello di imprese, mercati del lavoro deboli, una crescita lenta della produttività, assenza di investimenti, assenza di innovazione e sistemi di istruzione e formazione di scarsa qualità. Qui chiediamo di incoraggiare lo spirito imprenditoriale, di ridurre i costi del lavoro e di migliorare gli standard dell’insegnamento della matematica e delle scienze naturali. La descrizione è molto succinta, ma molto ipocrita. Il Parlamento potrebbe adottare iniziative concrete per la produttività, la flessibilità e per incoraggiare l’imprenditorialità e liberalizzare nella sostanza – e non solo nella forma – il mercato dei servizi, invece di cedere con codardia ai manifestanti che dimostrano poco lontano da qui. Temo che le relazioni di oggi non porteranno ad alcun risultato fino a quando i governi avranno lo stesso atteggiamento populistico e ipocrita di questo Parlamento, non affronteranno verità difficili e non adotteranno misure scomode ma necessarie per la sopravvivenza.
José Albino Silva Peneda (PPE-DE). – (PT) Signor Presidente, in un momento in cui il fenomeno della globalizzazione interviene su molti degli aspetti dei sistemi economici e sociali di tutti i nostri paesi, dobbiamo essere consapevoli del fatto che ogni ostacolo alla libera circolazione di persone, beni, capitali e servizi costituisce un grave ostacolo alla competitività, alla crescita e alla creazione di posti di lavoro. Il concetto secondo cui gli interessi di un dato paese possono essere tutelati limitando la libertà di circolazione all’interno dell’Unione europea è una vana illusione. Questo tipo di atteggiamento può funzionare come panacea a breve termine, ma non potrà mai risolvere le sfide cui è confrontata l’Unione.
Affinché l’Europa possa conquistarsi una posizione più solida in un mondo sempre più globalizzato, deve come prima cosa portare avanti la liberalizzazione dei mercati. Come ben sappiamo, la situazione demografica nel continente europeo e il fenomeno della globalizzazione ci obbligano ad attuare una serie di riforme dei modelli sociale ed economico di molti Stati membri dell’Unione europea. Maggiore è la crescita economica in Europa, più semplice sarà realizzare queste riforme, ma perché tale crescita ci sia, il mercato interno deve funzionare nella sua integrità. Mentre l’Europa cresce a tassi dell’1, 2 o anche 3 per cento, è molto difficile attuare queste riforme, così vitali per la pace e la stabilità sociale nell’Unione europea.
Desidero pertanto sottolineare il fatto che il completamento del mercato interno comporta naturalmente una componente economica, ma c’è un altro elemento cruciale, ossia la politica sociale. E questo è un altro motivo per il quale appoggio l’impegno che la Commissione ha finora messo in atto in tale settore.
Vorrei esprimere un’ultima osservazione sulla libera circolazione dei lavoratori. Erigendo barriere di un certo tipo alla libera circolazione dei lavoratori, alcuni Stati membri si trovano in realtà nella situazione assurda in cui favoriscono l’accesso ai posti di lavoro dei lavoratori di paesi terzi, privilegiandoli rispetto a quelli dei nuovi Stati membri.
Jan Andersson (PSE). – (SV) Signor Presidente, desidero ringraziare la relatrice, onorevole Kovács, per il lavoro molto costruttivo. Noi del Parlamento naturalmente ci siamo espressi a favore di orientamenti a lungo termine che coprano un periodo di tre anni e siano integrati. Una volta introdotti adeguati orientamenti integrati e a lungo termine, sarà fondamentale esaminare i programmi nazionali di riforma. E’ importante che lo faccia la Commissione, ma è anche importante che il Parlamento sia coinvolto nell’esame dei programmi nazionali di riforma e nel seguito che viene loro dato.
Il Commissario Almunia ha detto che le prospettive economiche sono migliorate. E’ vero, ma la situazione dell’occupazione in Europa è tutto tranne che incoraggiante. E’ sicuramente possibile migliorarla, ma consentitemi di affrontare tre aspetti estremamente preoccupanti.
Primo, il problema della disoccupazione giovanile. E’ causa di grande preoccupazione perché, se i giovani finiscono di studiare e si trovano immediatamente disoccupati – e oltre tutto, per lunghi periodi – è difficilissimo farli poi rientrare nel mercato del lavoro. Non credo nel modello francese e non credo nemmeno, come hanno detto molti altri partiti, che l’occupazione possa essere incrementata rendendo meno sicuro un gruppo piuttosto che un altro. L’occupazione può essere stimolata attraverso politiche industriali e del mercato del lavoro proattive.
Per quanto riguarda i lavoratori anziani, ci troviamo di fronte ad un dilemma: nell’Unione europea i lavoratori lasciano il mercato del lavoro troppo presto. I lavoratori anziani devono avere la possibilità di sviluppare maggiormente le loro competenze, ma dobbiamo anche migliorare la salute e la sicurezza nel luogo di lavoro.
Passo infine all’uguaglianza di genere, che deve essere applicata ovunque. Accolgo con favore il Patto per la parità di genere che è, o diverrà, parte integrante del processo di Lisbona. E’ importante in particolare che le strutture per l’infanzia e altri settori siano sviluppati affinché sia gli uomini sia le donne possano lavorare e avere allo stesso tempo una vita familiare soddisfacente. Vorrei che includeste questi aspetti.
Wolf Klinz (ALDE). – (DE) Signor Presidente, il problema principale dell’Unione europea è l’elevata disoccupazione. Se vogliamo che i nostri 20 milioni di disoccupati ricomincino a guadagnarsi da vivere, è necessario modificare la politica, in pratica e non solo in teoria. Gli orientamenti costituiscono lo strumento principale per coordinare le politiche economiche degli Stati membri con l’efficacia necessaria, ma finora, in pratica, i progressi sono stati purtroppo insoddisfacenti.
Il gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa chiede pertanto un nuovo impegno; vogliamo dagli Stati membri politiche di bilancio più solide, vere riforme strutturali del mercato del lavoro, della sanità e del sistema pensionistico, e più investimenti per istruzione e ricerca. A livello europeo, chiediamo la creazione di una base imponibile comune per le società, miglioramenti dei regimi IVA, adozione della 14a direttiva sul diritto societario, che favorirà l’internazionalizzazione delle imprese, ulteriori riduzioni delle sovvenzioni, introduzione di un brevetto comunitario e apertura coerente dei mercati. Solo dopo aver fatto ordine a casa nostra, potremo pensare all’introduzione di imposte comunitarie, che è quello che vuole l’onorevole Bullmann. Solo se ci sarà un vero cambiamento della politica, l’Europa sarà in grado di affrontare in modo efficiente le grandi sfide.
Jiří Maštálka (GUE/NGL). – (CS) Onorevoli colleghi, vorrei iniziare rivolgendo i miei più sinceri ringraziamenti all’onorevole Kovács per la sua relazione. La relatrice ha affrontato alcuni temi fondamentali in materia di occupazione che nella fase attuale – in cui siamo ossessionati dalla crescita economica – sono spesso trascurati. Tra questi vi sono i temi delle pari opportunità per uomini e donne, l’accesso all’occupazione per i giovani e gli anziani, salute e sicurezza nel luogo di lavoro in tutta l’Unione. Alla luce dell’esperienza della Repubblica ceca e delle conversazioni con i colleghi, e considerando anche la situazione attuale in Francia, so che il problema del primo impiego per i laureati, per esempio, è spesso uno dei più impegnativi.
Malgrado il fatto che la Commissione europea si sia impegnata in vista di una soluzione, le raccomandazioni e gli strumenti della Commissione europea finora non hanno avuto molti effetti, in parte a causa dell’attuazione disomogenea negli Stati membri, come ha affermato anche la relatrice. Proprio questo aspetto dovrebbe essere al centro della nostra attenzione, unitamente alla discriminazione basata sull’età nel mercato del lavoro. Quello delle pari opportunità per uomini e donne sul mercato del lavoro è incontestabilmente un tema importante. Sappiamo dalle statistiche che, anche se le donne costituiscono un segmento sempre più grande della società, questa tendenza non si riflette nella loro quota di occupazione. Ma la cosa che colpisce di più è la proporzione di donne che rivestono incarichi dirigenziali. Dobbiamo esortare gli Stati membri ad applicare scrupolosamente le leggi antidiscriminatorie, per invertire tale tendenza.
Guntars Krasts (UEN). – (LV) Grazie, signor Presidente. Innanzi tutto, desidero ringraziare la relatrice per aver attirato l’attenzione, nella relazione, sulle restrizioni che impediscono la libera circolazione dei lavoratori nel mercato interno dell’Unione europea.
Purtroppo, l’ultimo allargamento dell’Unione europea è stato percepito nel mercato interno come una minaccia, e non come nuova opportunità. Il famoso idraulico polacco, che nella vita reale sarebbe il benvenuto, ma è difficile da trovare, illustra chiaramente i timori che dominano dopo l’allargamento nel mercato interno dell’Unione. Osserviamo un atteggiamento negativo nei confronti di tutte e quattro le libertà del mercato, e non solo la libera circolazione dei lavoratori.
E’ pertanto un peccato che la relazione non fornisca alcuna valutazione del progetto di direttiva sui servizi nella versione annacquata da questo Parlamento, e che, nella variante presentata dalla Commissione, si supponeva che potesse diventare nei prossimi anni il principale impulso per il mercato del lavoro nell’Unione europea.
Analogamente, la relazione non ha esaminato le ripercussioni negative sull’occupazione delle restrizioni alla libera circolazione dei capitali, per esempio le restrizioni adottate dal nostro Parlamento nel corso della tornata del mese scorso a Strasburgo. Faccio riferimento alla relazione intitolata “Ristrutturazioni e occupazione” e in particolare alla relazione intitolata “Trasferimento di imprese nel contesto dello sviluppo regionale”. Il leitmotiv principale delle due relazioni è l’introduzione di restrizioni che impediscono alle imprese di delocalizzare liberamente nel mercato interno dell’Unione europea.
Si sprecano attualmente molte opportunità per stimolare il mercato del lavoro dell’Unione europea. Lo sviluppo e il consolidamento del mercato interno dell’Unione europea sono gli strumenti più efficaci per preparare il mercato del lavoro degli Stati membri alla crescente competitività mondiale. Dovremmo pertanto considerare l’approccio fondamentale delle politiche occupazionali degli Stati membri in stretta relazione con l’obiettivo di sviluppare il potenziale del mercato interno dell’Unione europea.
Johannes Blokland (IND/DEM). – (NL) Nel 2003 l’onorevole García-Margallo y Marfil ha redatto la sua precedente relazione sugli indirizzi economici e ora, tre anni dopo, a giudicare dal ruolo che l’ambiente riveste nella politica economica, sembra che la cooperazione mediante il metodo di coordinamento aperto non sia riuscita a produrre gli effetti necessari.
Al Vertice di Stoccolma si era deciso che si sarebbe dovuto cercare di integrare la politica ambientale e quella sociale negli indirizzi per le politiche economiche, con l’obiettivo di creare un’economia di mercato sostenibile e sociale nell’Unione europea. Poiché, a mio avviso, agli aspetti ambientali della politica economica non è certo riservato il trattamento che meriterebbero, chiedo l’inclusione negli indirizzi per le politiche economiche di obiettivi ambientali chiari e specifici, oltre ai riferimenti all’importanza dell’ambiente. Ci dovrebbero essere anche degli obiettivi in termini di consumo energetico e di riduzione delle emissioni di CO2. La crescita economica dovrà andare di pari passo con un uso responsabile delle risorse naturali, e per questo sostengo gli emendamenti dell’onorevole Lipietz.
Hans-Peter Martin (NI). – (DE) Signor Presidente, il compito di coloro che, come me, in questo Parlamento sono deputati-autori, deve essere senza dubbio quello di utilizzare le critiche in modo positivo e costruttivo per svegliare i grandi, che, dopo essere stati così risvegliati, devono rispondere alle nostre critiche in modo pratico. Vedo che il prossimo iscritto a parlare è l’onorevole Karas; guarda, Othmar, questa è una palla facile per te. Ecco l’effetto di quello che sta avvenendo: nell’Unione europea l’atteggiamento generale è quello di strofinarsi gli occhi e dire, “sì, abbiamo davvero un problema”, ma io vi chiedo di pensare già alla mossa successiva. Lo studio Prognos è una solenne dimostrazione del fatto che non raggiungeremo sicuramente la piena occupazione nei prossimi due decenni. Al contrario, andremo verso quello che uno dei giornalisti del New York Times definisce “the disposable American”, tradotto nella nostra realtà, l’“europeo usa e getta”. E’ a questo problema che dobbiamo trovare soluzioni. Abbiamo un problema enorme determinato dalla perdita dei servizi che avevano creato quei posti di lavoro che erano andati a sostituire posti di lavoro industriali che ora non ci sono più. E’ a questo livello che dobbiamo fare passi avanti, è a questo livello che abbiamo bisogno di strategie valide a lungo termine e non solo per il presente. Proprio così: un tema centrale, un punto di partenza potenziale è la ridistribuzione di tutti quei milioni e miliardi ancora nascosti nel bilancio dell’Unione europea e che sono sprecati per cose inutili. Penso per esempio al fatto che il settore agricolo più sovvenzionato in Francia è la produzione di riso. Vista l’attuale assenza di prospettive finanziarie definitive, abbiamo anche la possibilità di realizzare altri miglioramenti e fare ora quello che altrimenti farete solo tra cinque o dieci anni, quando, ancora una volta, sarà troppo tardi.
Othmar Karas (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, Commissario Almunia, Commissario Špidla, onorevoli colleghi, perché abbiamo bisogno di indirizzi per le politiche economiche? Ne abbiamo bisogno perché non abbiamo una politica economica comune e la ragione per la quale non abbiamo una politica economica comune è che gli strumenti di una politica economica proattiva sono nelle mani degli Stati membri – la politica della ricerca, la politica fiscale, la politica dell’istruzione, per citare solo tre settori.
Dalla nostra ultima relazione, le condizioni sono diventate più critiche da molti punti di vista. E’ sempre più chiaro ai nostri occhi che il potenziale di crescita dell’Unione europea non è sfruttato completamente, che non siamo sufficientemente preparati al cambiamento demografico e che non abbiamo ancora sfruttato appieno le opportunità che la globalizzazione offre al nostro continente. La crisi energetica e l’alto tasso di disoccupazione dimostrano che i nostri problemi non hanno solo un’origine interna, ma sono anche determinati da cause strutturali e globali, e proprio queste cause devono essere affrontate in modo proattivo.
Chiediamo la codecisione per il Parlamento europeo in tutte le questioni relative al mercato unico, poiché proprio a questo livello abbiamo bisogno di più Europa di quella che c’è oggi nella realtà per quanto riguarda la cooperazione con gli Stati membri. Questa relazione costituisce pertanto la nostra richiesta di recepimento di tutte le direttive sul mercato interno, la cui attuazione incoerente provoca distorsioni della concorrenza e ha un prezzo in termini di crescita e posti di lavoro.
Chiediamo misure di consolidamento del bilancio da parte degli Stati con disavanzi eccessivi, perché l’incapacità di risanare i nostri sistemi di sicurezza sociale e pensionistici ci impedirà di partecipare alla concorrenza mondiale. Chiedo anche che sia rapidamente applicata nella sua integrità la Carta europea per le piccole e medie imprese.
Pervenche Berès (PSE). – (FR) Signor Presidente, signori Commissari, onorevoli colleghi, questa seduta è ovviamente importante poiché il dibattito sugli orientamenti fornisce gli strumenti per attuare la strategia di Lisbona. Costituisce anche un’opportunità di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri.
In questo Parlamento, abbiamo appoggiato l’integrazione degli orientamenti per le politiche a favore dell’occupazione negli indirizzi di massima per le politiche economiche. Credo che, dal punto di vista della coerenza intellettuale, questo sia l’iter corretto, a condizione che non si perda nulla in termini di sostanza, e in particolare a condizione che anche i poteri del Parlamento europeo siano armonizzati. Appoggio le proposte del relatore in tal senso.
Visto il contesto degli indirizzi di massima per le politiche economiche, ci troviamo di fronte a un paradosso: mentre la Banca centrale ha appena aumentato, in tempi molto ravvicinati tra loro, i tassi di interesse di un punto percentuale, mentre l’aumento del prezzo del petrolio compromette seriamente le condizioni per la ripresa economica in seno all’Unione europea, mentre le condizioni per la ripresa della domanda interna sono ampiamente sottovalutate da vari rappresentanti a livello dell’Unione europea, questi indirizzi di massima non cambiano.
Ci sembra che, da questo punto di vista, dobbiamo agire in modo più coordinato, almeno su un punto: mi riferisco alla strategia in materia di investimenti. Il mio gruppo ha presentato un emendamento in tal senso che, spero, sarà approvato dalla plenaria. Pone l’enfasi sulla necessità, se davvero vogliamo attuare la strategia di Lisbona, di elaborare, a livello di Unione europea, i programmi di investimento di cui abbiamo bisogno per sostenere le politiche che devono consentirci di affrontare le sfide che ci attendono in materia di conoscenze, formazione e occupazione.
Per concludere, vorrei insistere sul tema dell’imposizione fiscale, che è alla base di tutto il nostro apparato economico. Spero che la Commissione nel suo insieme, ma anche il Consiglio, facciano eco a tutto questo e sostengano l’impegno del Commissario Kovács in materia.
Danutė Budreikaitė (ALDE). – (LT) I cambiamenti dell’economia mondiale, i processi di globalizzazione e i loro effetti sulla competitività dei blocchi economici e delle imprese delle economie nazionali sono le nuove sfide per l’Unione europea, che sta perdendo sempre più competitività e non è pronta a raccogliere le sfide della globalizzazione. L’Unione europea sta perdendo la guerra della concorrenza con gli Stati Uniti, la Cina e l’India. L’Unione europea dovrebbe prepararsi per le sfide della globalizzazione riformandosi dal suo interno. Non abbiamo approvato la Costituzione, le prospettive finanziarie sono in un vicolo cieco e sono stanziati meno fondi per le reti transeuropee. Senza una politica energetica comune, l’approvvigionamento di risorse energetiche, che costituisce la base delle competitività di un’economia, è minacciato, così come è minacciata la sicurezza. Con l’ammissione dei nuovi candidati, la Slovenia e la Lituania, l’allargamento della zona euro costituirebbe una delle azioni e delle decisioni che potrebbero stimolare la crescita economica. Desidero citare due importanti fattori per la crescita della competitività europea: gli investimenti in formazione e innovazioni e la rapida elaborazione di una politica energetica comune. Sono fattori interdipendenti: le innovazioni permettono ai leader di emergere, e nel settore energetico, fondamentale per la competitività, le innovazioni permettono la creazione di nuove fonti energetiche e l’uso razionale ed economico di quelle esistenti. Mentre i negoziati sulle prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013 sono ancora in corso, dovremmo ripensare alle priorità di finanziamento e accrescere i finanziamenti per la scienza, la ricerca e le reti transeuropee. In materia di competitività dell’economia dell’Unione europea, desidero ricordare uno dei progetti di maggiore successo dell’Unione: l’introduzione della moneta unica, l’euro, in dodici Stati membri. La prospettiva dell’allargamento della zona euro mette in evidenza anche alcuni difetti: i requisiti del Patto di stabilità e crescita non sono rispettati, il debito pubblico è rilevante e, anche se in tempi diversi, quasi nessuno dei membri della zona euro è riuscito a rispettare l’indice di stabilità dei prezzi. L’esperienza di cinque anni dimostra che è necessario migliorare gli stessi criteri di Maastricht. Tuttavia, e questo è l’aspetto fondamentale, la zona euro era ed è ancora un progetto politico, che ha dimostrato la sua utilità e deve proseguire con una nuova fase dell’allargamento.
Konrad Szymański (UEN). – (PL) Signor Presidente, se ci fosse chiesto di individuare una parola chiave nell’ambito della politica europea a favore dell’occupazione, tale parola sarebbe “flessibilità”.
Una normativa in materia di occupazione flessibile per quanto riguarda sia il luogo che l’orario di lavoro incoraggia le donne a essere attive sul mercato del lavoro. Per la vita professionale delle donne, la maternità rappresenta una sfida enorme. La flessibilità permette anche ai lavoratori più giovani e più anziani di entrare nel mercato del lavoro e di trovare un impiego, cosa che attualmente è molto problematica. Non tutti in Europa sono a favore di tale flessibilità, come emerge chiaramente da quanto sta accadendo nelle strade di Parigi. Quindi l’unica azione che possiamo adottare a livello europeo è l’alleggerimento dell’armonizzazione in questo settore, in modo da realizzare la flessibilità almeno in alcuni paesi e zone dell’Unione europea.
Se ci fosse chiesto di individuare una parola chiave in materia di politica economica, tale parola sarebbe “concorrenza” accompagnata da “concorrenza fiscale”. Contrariamente a quanto viene affermato nella relazione, la concorrenza non è nociva al finanziamento delle necessità pubbliche. E’ vero il contrario, in quanto i bilanci nazionali dei paesi che di recente hanno riformato radicalmente il loro regime fiscale, in particolare riducendo le imposte sulle società, hanno registrato maggiori entrate. La concorrenza fiscale in paesi come l’Irlanda o la Slovacchia contribuisce anche ad accrescere la competitività dell’Europa nel suo insieme, migliorando così la nostra competitività a livello mondiale.
Di conseguenza, la concorrenza fiscale non minaccia affatto l’Europa, anzi rappresenta un’eccezionale opportunità. Temo tuttavia che essa sia, probabilmente, una delle poche opportunità concrete di cui possiamo beneficiare, se non l’unica.
Georgios Karatzaferis (IND/DEM). – (EL) Signor Presidente, in Europa abbiamo bisogno di 40 milioni di posti di lavoro. Solo in Grecia, ce ne serve un milione. Li possiamo promettere? No, non possiamo. L’Europa non può garantire questi posti di lavoro. Il 10 per cento della popolazione attiva vivrà al di sotto della soglia di povertà; vivrà di sussidi di disoccupazione. Non abbiamo fonti energetiche nostre. Il gas viene dalla Russia, il petrolio dal Medio Oriente, e i prezzi di queste fonti energetiche continueranno a salire in ragione di un eccesso di domanda da parte di Cina e India. Abbiamo una valuta molto forte che rende proibitive le esportazioni; guardate le esportazioni degli Stati Uniti, risultanti dal dollaro debole. Con i rigorosissimi indicatori di Maastricht, gli indicatori prosperano e la gente soffre. E’ questa la realtà.
I prodotti cinesi continuano a invadere il mercato e lo faranno sempre di più. Non si trova più nemmeno una bambola prodotta in uno stabilimento europeo: anche le bambole sono cinesi. Gli stabilimenti europei si trasferiscono nei paesi terzi e i salari se ne vanno con loro. Gli agricoltori soffrono. In Grecia il cotone e il tabacco sono stati messi al sicuro in magazzini. Dobbiamo cambiare l’ordine delle cose, altrimenti i cittadini europei non potranno sopravvivere.
Sergej Kozlík (NI). – (SK) Nel mio intervento vorrei riprendere varie idee contenute nella risoluzione sulla relazione concernente il settore energetico, e desidero farlo nel contesto dei grandi obiettivi dell’economia politica per il 2006.
Queste idee toccano il cuore del problema senza indulgere in inutili lamenti sul rallentamento economico in Europa. I miracoli non esistono, e sono pertanto d’accordo sulla necessità di condurre un’analisi approfondita delle politiche di riforma strutturale dell’ultimo decennio per chiarire le cause all’origine di tassi di crescita costantemente bassi e produttività insoddisfacente. E’ importante anche la richiesta della cosiddetta “strategia di crescita intelligente”, che dovrebbe unificare le diverse strategie per la politica economica dell’Unione europea in un approccio coerente.
L’obiettivo è il rafforzamento del potenziale dell’Unione europea riguardo a una nuova generazione di prodotti e metodi di produzione utilizzando le tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Appoggio anche l’invito rivolto agli Stati membri di promuovere gli investimenti privati. Sarà importante inoltre indirizzare la spesa pubblica e privata verso gli investimenti che generalmente accrescono il rendimento economico e la produttività. Tuttavia, sarà necessario perseguire e applicare questo approccio anche nel contesto dei finanziamenti dell’Unione europea, in quanto vale il detto secondo cui le aree che hanno più bisogno di attenzione sono spesso quelle più vicine a casa.
Ján Hudacký (PPE-DE). – (SK) Innanzi tutto, desidero ringraziare il relatore, onorevole García-Margallo, della sua relazione molto equilibrata e pertinente. Come la relazione ribadisce più volte, uno dei gravi problemi cui è confrontata attualmente l’Unione europea è il fatto che la maggior parte degli Stati membri sottovaluta la necessità di una riforma strutturale di largo respiro. Paradossalmente, alcuni Stati membri hanno cercato di affrontare il problema della perdita di competitività, conseguenza naturale del rifiuto di tale riforma, adottando nuove misure per proteggere i loro mercati, il che non fa che peggiorare il problema. Dobbiamo ammettere ancora una volta che il mercato interno non è pienamente funzionale e non consente la libera circolazione dei lavoratori o la libera prestazione di servizi. Le conseguenze di questa strategia sono fortemente negative. Le imprese hanno delocalizzato le loro attività in regioni caratterizzate da una manodopera a più basso costo o, in alternativa, le hanno esternalizzate, causando altre perdite di posti di lavoro.
A livello macroeconomico, evidenti risultati di tale politica sono una crescita lenta e, vista la struttura invariata delle finanze pubbliche, un disavanzo pubblico sempre più grave e diffuso, spesso oltre i limiti imposti dal Patto di stabilità e crescita. Se consideriamo gli scarsi volumi di investimento per la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione, e se ci aggiungiamo la pesante dipendenza energetica della maggior parte degli Stati membri, difficilmente possiamo prevedere un aumento significativo della competitività dell’economia europea rispetto ai principali global player come gli Stati Uniti e la Cina. Dobbiamo reagire con rapidità a queste sfide, realizzando un mercato interno pienamente funzionale, che operi senza discriminazioni e libero da normative superflue.
L’armonizzazione della legislazione europea deve potenziare e non ostacolare il contesto competitivo. Gli sforzi volti ad armonizzare l’imposta sulle società costituiscono un triste esempio di tali ostacoli. Per accrescere la competitività interna degli Stati membri, e quindi di tutta l’Unione europea, il principio di sussidiarietà deve diventare una componente significativa di tutte le iniziative della Commissione. A tale riguardo, accolgo favorevolmente anche il programma d’azione sulla riforma degli aiuti di Stato che introduce le condizioni per la crescita degli investimenti per la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione a favore delle piccole e medie imprese. Allo stesso modo, dovremmo elogiare il Libro verde su una strategia europea per un’energia sostenibile, competitiva e sicura.
Zita Gurmai (PSE). – (EN) Signor Presidente, la strategia europea per l’occupazione, adeguatamente e pragmaticamente portata avanti dagli Stati membri, è in grado di realizzare gli obiettivi per l’occupazione definiti nell’ambito della strategia di Lisbona. Dovrebbe anche riflettere un’ampia politica antidiscriminatoria, la promozione dell’uguaglianza di genere, fornendo uno strumento per risolvere il problema delle disparità tra i generi sul mercato del lavoro.
La strategia europea per l’occupazione non deve essere considerata solo come uno strumento per attirare più persone verso il mercato del lavoro, ma dovrebbe offrire anche un’opportunità favorevole e aperta di entrare nel mercato del lavoro a coloro che hanno un accesso particolarmente limitato all’occupazione, come le donne anziane, i genitori soli e le minoranze etniche. Si deve riconoscere che la sfida costituita dall’invecchiamento della società europea può essere affrontata solo con una maggiore partecipazione di questi specifici gruppi al mercato del lavoro, come ha detto il Commissario Špidla.
Ogni sorta di ostacolo deve essere eliminato. Stiamo lottando per avere più posti di lavoro migliori, dato che abbiamo dichiarato il 2006 l’Anno europeo della mobilità dei lavoratori. Per i lavoratori europei, la mobilità offre nuove competenze, nuove esperienze, flessibilità e capacità di adattarsi a diverse condizioni di lavoro e ad esigenze di mercato in continuo cambiamento. La mobilità è un valore che va a vantaggio di tutta l’economia europea. E’ un’assoluta necessità che deve essere riconosciuta da quegli Stati membri che ancora erigono barriere nei confronti dei lavoratori dei nuovi Stati membri dell’Unione europea.
Infine, credo che la strategia europea per l’occupazione abbia il potenziale per diventare la strategia che ci può consentire di avvicinarci all’obiettivo della piena occupazione, rendendo il lavoro un’opzione reale per tutti, aumentando la qualità e la produttività del lavoro e anticipando e gestendo il cambiamento, mettendo in luce una società più coesa di pari opportunità per chiunque lotti per promuovere la diversità e la non discriminazione.
La mia collega ungherese, onorevole Kósáné Kovács, ha elaborato un’eccellente relazione, estremamente preziosa, e propongo che le sue raccomandazioni siano adottate.
Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk (UEN). – (PL) Signor Presidente, nel mio intervento in questo dibattito desidero segnalare che alcune raccomandazioni agli Stati membri contenute nelle relazioni non favoriranno la crescita economica e l’occupazione nell’Unione europea. Ne commenterò solo alcune.
In primo luogo, la volontà di contrastare la concorrenza fiscale e la proposta di soluzioni di armonizzazione per quanto riguarda l’imposta sul reddito dovuta dalle persone giuridiche, in una situazione in cui la riduzione delle aliquote dell’imposta sul reddito ha un effetto ovvio sull’accelerazione della crescita economica. Secondo, la volontà di contrastare la delocalizzazione, che è un processo economico oggettivo mirato a ridurre i costi di produzione e migliorare così la competitività delle imprese nell’economia mondiale. Terzo, l’introduzione di ulteriori normative in materia di processi economici e sociali, mentre quello che è davvero necessario è una riduzione drastica di tali misure. Infine, nonostante le esperienze positive di paesi come il Regno Unito e l’Irlanda, a seguito dell’apertura dei loro mercati del lavoro, osserviamo che i mercati del lavoro dei paesi più grandi dell’Unione europea rimangono chiusi ai lavoratori dei nuovi Stati membri.
Questa è in realtà una delle ragioni per cui l’Unione europea si sviluppa molto più lentamente degli Stati Uniti e per cui i vecchi Stati membri dell’Unione registrano tassi di sviluppo più bassi di quelli nuovi.
Leopold Józef Rutowicz (NI). – (PL) Signor Presidente, desidero ringraziare i relatori per il loro ottimo lavoro. Si osserva tuttavia che la relazione non si concentra adeguatamente sul settore più difficile dell’economia, quello che assorbe la maggior parte delle risorse dell’Unione, esige protezione ed è insufficientemente sfruttato in termini economici. Parlo del settore agricolo in senso lato.
I pagamenti più sostanziosi vanno a vantaggio dei giganti del mercato, mentre le piccole aziende agricole smettono di lavorare e la superficie di terra non coltivata aumenta, così come aumenta il numero di coloro che hanno perso il lavoro e qualsiasi speranza per il futuro. L’enorme potenziale del settore rimane inutilizzato, sebbene politiche valide potrebbero consentirgli di dare un contributo positivo allo sviluppo dell’economia nel suo insieme.
Il programma di attività teso a sviluppare le colture industriali non è abbastanza ambizioso, e il programma di ricerca e di attuazione non fornisce il sostegno sufficiente per un progresso rapido. Siamo in ritardo rispetto a paesi con economie efficienti a questo riguardo. Il tema merita un ampio dibattito ed esige che sia avviata un’azione rapida ed efficace nel corso del 2006.
Gunnar Hökmark (PPE-DE). – (SV) Signor Presidente, vorrei dapprima riflettere su due aspetti. Il primo è che attualmente lo sviluppo economico più elevato si registra nelle economie europee più aperte alla globalizzazione. Il secondo è che la maggiore crescita in termini di creazione di nuovi posti di lavoro si osserva nei paesi con i mercati del lavoro più flessibili. Proprio alla luce di ciò, desidero ringraziare il relatore, onorevole García-Margallo y Marfil, per il lavoro che ha svolto, perché proprio i cambiamenti e l’orientamento politico proposti nella sua relazione rappresentano la strategia che può creare nuovi posti di lavoro e maggiore prosperità.
Ora la cosa fondamentale è capire se tutto questo determinerà cambiamenti e se ci saranno modifiche delle politiche a livello europeo e nazionale. Un politico svedese una volta disse che “se si lascia che le cose vadano avanti come è sempre stato, le cose andranno avanti immutate”. Ora abbiamo più di 20 milioni di disoccupati; si tratta di un problema economico, ma anche, e in grandissima misura, di un problema sociale. Ai fini della protezione sociale, nulla è più importante della creazione di nuovi posti di lavoro. In questo settore, la Commissione deve svolgere una serie di compiti.
Primo, deve attuare le direttive che favoriscono una maggiore concorrenza. Secondo, deve intraprendere azioni tese a favorire una maggiore imprenditorialità, e questo riporta l’attenzione su tutta la politica della concorrenza. Nuova imprenditorialità non significa solo crescita delle piccole imprese; significa anche la capacità di costituire in Europa nuove imprese transfrontaliere che possano essere dei “campioni mondiali”. La Commissione deve assumersi la responsabilità di tutto questo, ma anche gli Stati membri hanno una responsabilità per quanto riguarda l’attuazione delle riforme che daranno vita a questa nuova attività di impresa. Infine, dobbiamo garantire la presenza in Europa di mercati del lavoro più flessibili. Se non lo faremo, escluderemo milioni di persone dal mercato del lavoro e dalla protezione sociale. Chi è a favore della protezione sociale e dello sviluppo economico, è a favore anche di mercati del lavoro più flessibili. E lo dico volentieri proprio rivolgendomi ai socialdemocratici, perché sono le riforme a garantire la sicurezza.
Dariusz Rosati (PSE). – (PL) Signor Presidente, il dibattito odierno riguarda il futuro dell’Unione europea. Le economie europee si sviluppano lentamente, abbiamo un elevato tasso di disoccupazione e le nostre finanze pubbliche sono in crisi. La situazione è invariata da molti anni e potrebbe determinare per l’Europa la perdita del suo ruolo di primo piano nel mondo. E’ necessaria una radicale riforma strutturale associata a un cambiamento della politica economica.
Gli indirizzi di massima per le politiche economiche presentati dalla Commissione individuano correttamente le azioni fondamentali che sono necessarie, per esempio la creazione di mercati del lavoro più flessibili e di un ambiente più favorevole alle imprese, oltre al sostegno per l’istruzione, la formazione e la ricerca. La Commissione lo sostiene da anni, ma senza grandi risultati. Desidero ricordare all’Aula che le ragioni della debolezza delle economie europee sono note, così come lo è la natura delle azioni necessarie a stimolare la crescita economica e a creare nuovi posti di lavoro. Purtroppo, i politici degli Stati membri sono riluttanti ad adottare le misure necessarie per paura di perdere popolarità o per miopi calcoli politici o talvolta per pura ignoranza. L’Europa soffre in realtà di una crisi di leadership politica.
Il dibattito odierno dovrebbe essere rivolto principalmente verso i governi degli Stati membri e gli ambienti politici che li sostengono. Dovrebbe lanciare segnali di allarme che facciano capire che, se non saranno attuate le riforme essenziali, l’Europa probabilmente sarà vittima della stagnazione e perderà terreno. Anche il progresso economico e sociale che ha raggiunto sarà minacciato. Il compito dei politici è quello di risolvere problemi specifici e non quello di essere asserviti ai sondaggi di popolarità e ai capricci degli elettori. Confidiamo che i politici negli Stati membri intraprendano le riforme necessarie e convincano i loro cittadini della loro reale necessità.
Esorto la Commissione a intraprendere un’azione forte e decisiva a tal fine.
Andreas Schwab (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, sono naturalmente lieto di poter prendere la parola più o meno secondo i tempi che erano stati originariamente stabiliti per il mio intervento. Signori Commissari, onorevoli colleghi, vorrei iniziare ringraziando sinceramente il relatore per l’impegno con cui ha affrontato questo tema. La relazione esprime ancora una volta il fatto che l’Unione europea offre ai cittadini europei, di fronte alla globalizzazione, la possibilità di raggiungere un equo compromesso tra le condizioni economiche da una parte e le condizioni sociali dall’altra. Il problema è tuttavia che i cittadini europei ne sono totalmente all’oscuro. I 20 milioni di disoccupati e le centinaia di milioni di persone che temono per il loro posto di lavoro imputano questo stato di cose più all’Unione europea che alla globalizzazione. Gli altri, i cui posti di lavoro sono garantiti dall’Unione europea e dal lavoro della Commissione e di questo Parlamento, non sanno nulla e imputano la situazione ai governi nazionali.
Vorrei dire che condivido ampiamente quanto affermato dall’onorevole Rosati: sarebbe effettivamente auspicabile, quando si parla di questi temi così importanti, che il Consiglio, che è l’unico competente ad intervenire per molti di questi aspetti nel contesto della strategia di Lisbona, si applicasse con maggiore serietà a questa problematica e che i dibattiti del Parlamento non fossero solo nelle mani dei suoi membri e dei membri della Commissione. Mentre è vero che la Commissione ha un importante compito da svolgere quando si tratta di verificare che le misure già adottate a livello del Consiglio siano effettivamente attuate dagli Stati membri, dobbiamo essere tuttavia onesti, in quanto – come vedremo probabilmente in seguito, quando esamineremo la relazione Őry – quello che conta alla fine dei conti è che gli Stati membri tengano fede alle decisioni che loro stessi avevano preso.
Per tale motivo, è molto positivo che la Commissione abbia indicato – lo ha detto il Commissario Špidla ai media tedeschi – che una maggiore flessibilità per i mercati del lavoro è l’unico modo per dare ai cittadini europei più lavoro e, trattandosi di uno strumento destinato a creare posti di lavoro, non deve essere motivo di ansia. E’ questo quello che vogliamo.
Vi esorto pertanto a dire esplicitamente e con maggiore enfasi agli Stati membri che le decisioni prese dal Consiglio devono, almeno, essere attuate.
Alejandro Cercas (PSE). – (ES) Signor Presidente, signori Commissari, onorevoli colleghi, vorrei iniziare dicendo che sono più ottimista di alcuni oratori intervenuti prima di me; ritengo infatti che le relazioni che esaminiamo oggi e questo dibattito possano essere utili e costituire un’ulteriore opportunità per promuovere la strategia europea per l’occupazione e il processo di Lisbona.
Alla fine dei conti, questa è la nostra unica speranza: l’unica speranza che l’Europa lavori in modo coordinato nella direzione assunta lo scorso anno, al fine di arricchire il progetto economico e sociale con nuovi orientamenti che si situino in questo contesto di integrazione.
Il Commissario Verheugen ha detto che tale strategia deve essere visibile. E’ uno dei nostri deficit, e abbiamo anche un deficit di credibilità, come ha dichiarato il Commissario Almunia. Abbiamo bisogno di questi posti di lavoro, come ha detto il Commissario Špidla.
Nel brevissimo tempo di parola di cui dispongo vorrei dunque chiedervi di leggere queste due relazioni del Parlamento. Sono relazioni orizzontali, nelle quali si identifica la stragrande maggioranza dei deputati del Parlamento, e che, credo, esprimono una grande lungimiranza e un grande impegno verso l’unità.
Leggete quello che dicono le relazioni e fate vedere di quale leadership l’Europa ha bisogno oggi. I membri della Commissione devono agire concretamente al fine di obbligare i governi ad applicare questa strategia europea per l’occupazione.
Vi prego di essere coerenti e di guardare anche i nostri emendamenti; per esempio, l’emendamento n. 2. E’ necessario che la legislazione europea già in vigore sia applicata, perché rende più coerente il lavoro tra gli Stati membri.
Leggete anche il nostro emendamento n. 5. Nell’Anno europeo della mobilità, adottate misure volte a eliminare gli ostacoli alla mobilità dei lavoratori europei.
Manuel António dos Santos (PSE). – (PT) Signor Presidente, signori Commissari, onorevoli colleghi, le raccomandazioni elaborate dall’onorevole García-Margallo, con cui mi congratulo, arrivano nel momento più opportuno per modificare la situazione economica dell’Unione europea. Tutto quello che resta da fare è tenere conto di queste raccomandazioni.
Visto come stanno le cose, dovremmo parlare di approfondimento, piuttosto che di revisione, della strategia di Lisbona, dato che ora assistiamo – ed è avvenuto sin dall’inizio – a un incremento della crescita economica e dei posti di lavoro, due elementi che contribuiscono a sostenere i modelli sociali a lungo termine e a promuovere una sufficiente coesione sociale a breve termine.
Nonostante i recenti progressi, i temi fondamentali rimangono immutati. La disoccupazione ha raggiunto livelli intollerabili e la crescita economica generale non è sufficiente a invertire questa tendenza. Conseguentemente, sono necessari una maggiore integrazione e un migliore coordinamento delle politiche economiche, e deve essere sviluppato il lavoro delle istituzioni che costituiscono il governo economico dell’Unione che si sta formando.
Il Consiglio ha deciso di appoggiare la Commissione nell’elaborazione di una politica energetica comune. Anche se è stata una decisione valida, è comunque insufficiente rispetto alle necessità. La dipendenza energetica dell’Unione è insostenibile. Le importazioni di petrolio rappresentano attualmente il 2,3 per cento del PIL dell’Unione, due volte e mezzo il bilancio stanziato per tutte le politiche europee. Di qui al 2030, tale dipendenza rischia di rivelarsi travolgente, soprattutto nel settore petrolifero (94 per cento di dipendenza esterna). I semplici accordi tra gli Stati membri promossi dal Consiglio sono pertanto insufficienti.
La crescita della concorrenza è una premessa necessaria per l’istituzione di una politica energetica comune. Una normativa comune esigerà soprattutto investimenti elevati se vogliamo che le reti esistenti siano migliorate e che sia rilanciato un reale progresso nel settore dell’energia alternativa e del risparmio energetico. Tutto questo è fondamentale per accrescere la competitività e lo sviluppo sostenibile.
Günther Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, il dibattito ha messo in evidenza quanta strada abbiamo fatto insieme, ma ha anche rivelato che c’è una sempre maggiore comprensione per la nuova strategia per la crescita e l’occupazione, nonché una sempre maggiore pressione affinché le priorità che abbiamo definito siano prese sul serio e attuate concretamente. La Commissione ha ascoltato con molta cura e presteremo estrema attenzione a quello che ci hanno detto i gruppi e gli oratori; nei dibattiti futuri, cercheremo di tenere conto degli auspici e delle proposte del Parlamento.
Vorrei concludere ribadendo, in modo molto esplicito, la ragione per la quale la crescita e l’occupazione sono le priorità per i prossimi anni: senza una maggiore crescita e la creazione di nuovi posti di lavoro, non riusciremo a realizzare i nostri obiettivi politici ampi e importanti. Non saremo in grado di mantenere norme ambientali elevate, non saremo in grado di mantenere norme sociali elevate né saremo in grado di mantenere un elevato livello di vita se non avremo solide basi economiche che possano sostenerne l’onere. Per questo diciamo che la crescita e l’occupazione costituiscono la nostra missione numero uno.
Gli orientamenti, di cui si è discusso oggi, sono tra gli strumenti essenziali che ci possono permettere, forse, di fare di necessità virtù. La nostra incapacità di elaborare e attuare una politica economica comune è naturalmente un difetto, ma può diventare un pregio se riusciremo a trovare un accordo su un nuovo tipo di cooperazione come quella sviluppata con il partenariato per la crescita e l’occupazione.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà oggi alle 12.00.
Dichiarazione scritta (Articolo 142 del Regolamento)
Gábor Harangozó (PSE). – (EN) In questi ultimi anni, l’Unione europea ha affrontato gravi problemi economici: la crescita dell’Unione è inferiore al suo potenziale se confrontata con gli Stati Uniti o i paesi emergenti, come Cina o India. L’economia europea soffre di un calo dei tassi di crescita demografica, di occupazione e di produttività. L’Europa deve prevedere strategie a lungo termine e risorse sufficienti da investire nel suo futuro. Le strategie sono state elaborate per affrontare questi problemi, ma la situazione sta peggiorando. Questa situazione ha varie cause: la mancanza di un’infrastruttura adeguata, investimenti pubblici e privati insufficienti, ritardi nello sviluppo di tecnologie innovative, formazione professionale e istruzione inadeguate.
L’Europa ha bisogno di un progetto chiaro per un’economia più competitiva. Per essere in linea con gli obiettivi di occupazione e crescita della strategia di Lisbona, sono necessari cambiamenti strutturali: sostegno a ricerca e sviluppo, incentivi agli investimenti privati e pubblici, sviluppo di azioni innovative per settori come le biotecnologie, le energie sostenibili e le TIC. Oltre ai cambiamenti strutturali e allo sviluppo di settori innovativi, la protezione dell’ambiente e la qualità dei prodotti devono rimanere, nell’ambito dell’economia globale, una vera specificità europea. Infine, è assolutamente fondamentale promuovere l’istruzione e la formazione professionale al fine di soddisfare le esigenze e raccogliere le sfide dello sviluppo economico.