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Procedura : 2005/2247(INI)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo dei documenti :

Testi presentati :

A6-0051/2006

Discussioni :

PV 03/04/2006 - 14
CRE 03/04/2006 - 14

Votazioni :

PV 04/04/2006 - 8.8
CRE 04/04/2006 - 8.8
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2006)0123

Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 4 aprile 2006 - Strasburgo Edizione GU

9. Dichiarazioni di voto
Processo verbale
  

– Relazione Laperrouze (A6-0071/2006)

 
  
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  Jan Andersson, Ewa Hedkvist Petersen, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. – (SV) Abbiamo votato a favore degli emendamenti relativi ai coordinatori europei perché riteniamo che una funzione di coordinamento volontario e temporaneo potrebbe essere utile, soprattutto per i progetti transfrontalieri.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La Lista di giugno ritiene che gli Stati membri dovrebbero cooperare sulle questioni transfrontaliere, quando la cooperazione apporta un valore aggiunto. Le reti transeuropee nel settore dell’energia costituiscono un caso di specie e pertanto avevamo votato a favore della relazione nella sua totalità quando era stata discussa in Parlamento. Diversi emendamenti approvati oggi sono, però, inutilmente burocratici, e il costo supplementare e gli oneri amministrativi che essi comporterebbero sono sproporzionati rispetto ai benefici potenziali. Pertanto abbiamo votato contro tali emendamenti.

 
  
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  Sérgio Marques (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Desidero congratularmi con l’onorevole Laperrouze per la sua raccomandazione ferma e tempestiva per la seconda lettura sulla posizione comune del Consiglio che adotta una decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa gli orientamenti per le reti europee nel settore dell’energia.

Approvo il parere della relatrice in merito alla necessità di reinserire nella proposta in esame le disposizioni relative alla dichiarazione di un interesse europeo e alla nomina di un coordinatore europeo per tali questioni.

Le misure in oggetto sono fondamentali ai fini del corretto completamento del mercato interno per il gas e l’elettricità che dovrebbe garantire la sicurezza delle forniture.

Anche a tale riguardo desidero porre in rilievo le posizioni espresse in materia nei recenti Consigli europei.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Si tratta di un’opportunità unica per dimostrare ai cittadini che siamo pronti a sviluppare una vera politica energetica europea. Pertanto dobbiamo avere la garanzia di disporre di tutti gli strumenti necessari e dei mezzi per raggiungere tale obiettivo.

Le reti transeuropee dell’energia promuoveranno le interconnessioni, l’interoperabilità e lo sviluppo di reti energetiche nell’Europa allargata, che a loro volta stimoleranno l’efficacia del mercato interno.

La costruzione di un futuro mercato interno del gas e dell’elettricità è forse l’obiettivo più rilevante della proposta di decisione in esame.

Inoltre, l’obiettivo è quello di adattare gli orientamenti alla nuova forma dell’Unione europea a 25 Stati membri, consentire il finanziamento dei progetti di interesse comune, permettere la realizzazione del mercato interno del gas e dell’elettricità e, soprattutto, garantire la sicurezza dell’approvvigionamento tramite le interconnessioni tra Stati membri e paesi confinanti (Europa sudorientale, paesi mediterranei, Ucraina e Bielorussia). Un simile approccio in tema di reti transeuropee dell’energia rispecchia l’impostazione seguita per le reti transeuropee nel settore dei trasporti terrestri.

Per tale motivo ho votato a favore della relazione Laperrouze.

 
  
  

– Relazione Kósáné Kovács (A6-0086/2006)

 
  
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  Andreas Mölzer (NI). (DE) Signor Presidente, la lotta contro il lavoro nero è sicuramente importante per contrastare le tendenze negative sul mercato del lavoro, tuttavia la libertà di circolazione dei lavoratori, contrariamente alle speranze, non risolverà questo problema. I datori di lavoro che vogliono risparmiare sui contributi sociali continueranno a farlo anche in futuro. Un altro aspetto discutibile è che sempre più imprese spingono il proprio personale verso rapporti di lavoro para-autonomo, per cercare, con altri mezzi, di aggirare le norme in materia di salari e garanzie minime di sicurezza sociale. Dobbiamo arginare questa tendenza.

Insistiamo sempre sul fatto che è essenziale migliorare la situazione sul versante dell’occupazione, ma al contempo l’Unione europea incoraggia la mobilità e la flessibilità dei lavoratori, anche se gli studi hanno dimostrato che in realtà le nuove forme di lavoro, come il tempo parziale, servono semplicemente a distribuire il volume stagnante del lavoro tra un maggior numero di persone. Non ci opponiamo in modo sufficientemente energico a questi sviluppi, e per tale motivo ho votato contro la relazione.

 
  
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  Alexander Lambsdorff (ALDE). (DE) Signor Presidente, i deputati del Partito liberal-democratico FDP hanno partecipato alla votazione sulla relazione A6-0086/2006 concernente gli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione, al fine di promuovere gli interessi del nostro gruppo in modo solidale con i nostri colleghi, anche se riteniamo che la politica dell’occupazione non sia una competenza dell’UE. Pertanto il tema in questione dovrebbe essere trattato dagli Stati membri e non da noi qui a Strasburgo o a Bruxelles. Se l’Unione europea vuole avere successo deve concentrarsi sui suoi compiti fondamentali. Ciò è quanto afferma il principio della sussidiarietà, che in futuro dovrà essere preso sul serio e rispettato.

 
  
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  Lena Ek (ALDE), per iscritto. – (SV) In linea di principio sono contraria a questo tipo di relazione in cui, su questioni di pura routine in un dato ambito politico, il Parlamento ripete posizioni già note e riafferma la sua buona volontà generale. Ciò non contribuisce a creare maggiore fiducia nel Parlamento e legittima la posizione di coloro che auspicano un intervento addirittura maggiore dell’UE in determinate politiche, leggi la politica dell’occupazione, che dovrebbero essere dominio dei singoli Stati membri ed esposte alla concorrenza.

Tuttavia, ho deciso di votare a favore per un motivo importante: la libertà di circolazione dei lavoratori. Le decisioni che hanno consentito l’introduzione di regimi transitori che discriminano i lavoratori dei nuovi Stati membri costituiscono una flagrante deviazione dal principio della libera circolazione dei lavoratori e un modo assolutamente infelice di comportarsi nei confronti dei nuovi Stati membri dell’Unione, che con tanto entusiasmo hanno aderito all’UE.

L’esperienza dei paesi che hanno limitato i regimi transitori o non li hanno introdotti affatto ha dimostrato palesemente che tali disposizioni non sono necessarie e che la supposta “invasione” paventata da alcuni leader politici non si è realizzata in alcun modo. Al contrario, è necessario attrarre un maggior numero di persone desiderose di lavorare, invece di porre ostacoli sulla strada di coloro che nutrono tale desiderio.

La necessità di sottolineare con chiarezza tali elementi e di esprimere con altrettanta chiarezza che il Parlamento rifiuta qualunque forma di proroga di tali ostacoli è per me un motivo più che valido per sostenere la relazione.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Sebbene la relazione Kovács sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione, su cui votiamo oggi, sottolinei questioni relative all’eguaglianza tra uomo e donna e alla lotta contro la discriminazione, essa non cita quello che riteniamo il punto cruciale: la tutela dei diritti dei lavoratori.

Di conseguenza, tenendo conto dei programmi di riforma nazionali presentati dagli Stati membri e dalle misure avanzate per la realizzazione di tali orientamenti, abbiamo presentato emendamenti alla relazione, allo scopo di rendere tali orientamenti più operativi e più semplici da programmare nel tempo, garantendo così un’efficace attuazione dei diritti delle donne, l’accesso all’istruzione e alla formazione pubblica di elevata qualità, la creazione di posti di lavoro stabili con diritti e più investimenti pubblici nella sanità e nell’edilizia.

Sfortunatamente la maggioranza del Parlamento ha respinto le nostre proposte. Pertanto non abbiamo potuto votare a favore della relazione, anche se sosteniamo alcuni degli emendamenti presentati dalla commissione per l’occupazione e gli affari sociali. Per tale motivo ci siamo astenuti dalla votazione sulla relazione e abbiamo votato contro la risoluzione legislativa sugli orientamenti per l’occupazione, che sembrano spianare il cammino a orientamenti economici apertamente liberisti.

 
  
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  Carl Lang (NI), per iscritto. – (FR) Le relazioni del Parlamento europeo sulle politiche dell’occupazione e degli affari sociali sono la ripetizione di una tiritera europeista estenuante che, oltre a generare un’eccessiva produzione di carte, non ottiene alcun risultato.

Al di là dell’insuccesso che costatiamo ogni giorno in merito al processo di Lisbona, non sarà certo qualche colpo di stucco passato alla bell’e meglio sugli orientamenti contenuti in una decisione del Consiglio decisamente “indecisa” a salvare l’occupazione e l’economia francese.

Con questa pietanza si vogliono far contenti tutti: si mantiene il liberismo della Commissione e al contempo si afferma che le Istituzioni europee devono darsi più poteri di controllo sulle nazioni autogovernate.

Per rendere il piatto più appetitoso, lo si presenta farcito di buone intenzioni, quando si tratta di proteggere i più deboli all’interno di questo modello mostruoso, mescolando poi allegramente il tutto con l’immigrazione, pur di non dover subire discussioni sull’argomento.

Eppure è proprio su questi punti che possiamo trovare la risposta ai nostri problemi. Per resuscitare la nostra economia e l’occupazione, come la fenice dalle ceneri, occorre fermare l’immigrazione mirata ad aumentare la popolazione, favorire politiche che promuovono la natalità, applicare la preferenza e la protezione comunitaria in Europa e la protezione nazionale in Francia.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Gli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione sfidano l’UE – a giusto titolo, secondo il mio parere – a rispondere ad alcune delle questioni fondamentali dell’occupazione. Le preoccupazioni si concentrano giustamente sul problema degli esclusi dai mercati del lavoro, come i giovani e gli anziani e altri cittadini analogamente emarginati, sia nei propri paesi sia in altri Stati membri.

Tuttavia ritengo che si sia trovato un equilibrio tra pressare la Comunità e le istituzioni nazionali e invocare soluzioni adeguate ed efficaci. Il dibattito sulle politiche dell’occupazione ha una dimensione europea che non può essere trascurata. Ciò, infatti, è una mia costante preoccupazione in quanto deputato europeo, perché credo che occorra realizzare sinergie riformiste in Europa, e il Parlamento è una delle Istituzioni più adatte per raggiungere tale obiettivo.

 
  
  

– Relazione Lipietz (A6-0065/2006)

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La supremazia della concorrenza è uno dei pilastri del mercato interno ed è alla base del processo di liberalizzazione in settori cruciali come l’energia, i trasporti e le comunicazioni. Questo processo è stato intensificato a partire dal 2000 con l’approvazione della strategia di Lisbona.

E’ evidente che quanto è stato attuato finora non solo non è riuscito a ottenere le promesse riduzioni dei prezzi, a migliorare l’accesso ai servizi e la loro qualità e a porre fine ai monopoli; al contrario, è invece servito ad aggravare la disoccupazione provocata dalle ristrutturazioni e dalle fusioni operate in questi settori e la perdita della sovranità dello Stato in settori strategici.

La relazione, sebbene affermi di cercare di contrastare le posizioni dominanti e i monopoli, accetta gli orientamenti della relazione della Commissione per il 2004, che si incentra sull’energia e le telecomunicazioni, e ribadisce nuovamente la richiesta di liberalizzare completamente il settore del gas e dell’elettricità, obiettivo questo che costituisce una priorità per il Consiglio di primavera del marzo 2006.

Inoltre, nel settore delle telecomunicazioni, che è già stato piuttosto liberalizzato, si pone l’accento sulla concorrenza nel settore a banda larga e sull’internazionalizzazione della produzione, il che agevolerà ulteriormente la rilocalizzazione della produzione o di parti della catena produttiva.

Abbiamo pertanto votato contro.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) La motivazione della relazione dell’onorevole Lipietz è molto più istruttiva del testo stesso, che si accontenta di lodare il notevole lavoro della Commissione nel dare la caccia al minimo ostacolo alla libera concorrenza.

La motivazione deplora, in effetti, l’assenza di analisi sulle reali conseguenze delle decisioni della Commissione o sull’applicazione dogmatica delle disposizioni sugli aiuti di Stato. Si afferma che il mercato, peraltro perfettamente virtuoso, potrebbe non essere sufficiente da solo a garantire alcuni obiettivi politici e persino economici. Si ventila la constatazione che la liberalizzazione di alcuni mercati ha determinato la sostituzione dei vecchi, cari monopoli pubblici con concentrazioni private, eliminando così i vantaggi senza creare alcun valore aggiunto per i consumatori. Infine si sottolinea la totale assenza di autocritica della Commissione, quando le sue scriteriate decisioni producono catastrofi economiche, come nel caso Rhodia, per esempio.

Tuttavia, l’impressione generale che se ne ricava è che la politica di Bruxelles in materia di concorrenza è espressione della dottrina ultraliberale della Commissione contro il “patriottismo economico”, paradossalmente applicata da una burocrazia pedante che interferisce a ogni piè sospinto nelle strategie imprenditoriali e nelle politiche nazionali. Nell’ambito di una concorrenza mondiale selvaggia, questo non può che generare disoccupazione.

 
  
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  Diamanto Manolakou (GUE/NGL), per iscritto. (EL) La politica di concorrenza europea ha regole e obiettivi che distruggeranno le piccole e medie imprese e che privilegeranno i monopoli europei, finanziandoli e privatizzandoli, invece che gli interessi dei consumatori, come ipocritamente si afferma.

Inoltre la parola “competitività” è sinonimo di maggiore sfruttamento dei lavoratori, nonché dell’annientamento dei loro diritti, della riduzione delle retribuzioni salariali e del contemporaneo aumento dei requisiti richiesti.

La legislazione sulla concorrenza è al servizio della strategia antipopolare di Lisbona e il suo obiettivo è controllare, impedire e ridurre i sussidi e gli aiuti di Stato che dovrebbero rispondere alle esigenze popolari, il cui riconoscimento è stato ottenuto dai lavoratori grazie alle loro lotte.

E’ una menzogna che la concorrenza aiuta a ridurre i prezzi per i consumatori. Finora l’esperienza ha dimostrato il contrario: i mercati sono stati spartiti, i profitti delle imprese sono aumentati e i prezzi per i lavoratori sono aumentati.

Non è in nome della concorrenza, poi, che i giovani vengono indotti ad accettare condizioni di lavoro da sfruttamento, che verranno estese a tutti i lavoratori? I giovani francesi hanno ragione di protestare, e noi li sosteniamo. Quei giovani rappresentano una speranza di cambiamento radicale contro le politiche di sfruttamento dell’UE e dei governi, motivo per cui li sosteniamo.

 
  
  

– Relazione Hammerstein Mintz (A6-0056/2006)

 
  
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  Alexander Stubb (PPE-DE).(FI) Signor Presidente, vorrei dire qualcosa sulla relazione dell’onorevole Hammerstein Mintz e sulla mia scelta di voto. Sono senz’altro favorevole all’apertura, ma anche a un certo grado di realismo. E’ del tutto ovvio che le riunioni del Consiglio dovrebbero essere aperte, ma nei punti 14 e 15 il Parlamento ha votato a favore dell’apertura delle riunioni del COREPER, il comitato dei rappresentanti permanenti, vale a dire degli ambasciatori dell’UE, nonché di quelle del comitato di conciliazione. Certo, possiamo insistere su questo punto, ma si presume che anche il Consiglio abbia il diritto di richiedere che siano aperte tutte le riunioni dei nostri gruppi, le riunioni preparatorie e quelle della Conferenza dei presidenti. Sono dunque favorevole all’apertura, ma ritengo irrealistico impuntarsi sull’apertura del COREPER.

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione del collega David Hammerstein Mintz sull’apertura al pubblico delle deliberazioni del Consiglio in qualità di legislatore. In un periodo come questo in cui è diventato necessario procedere verso un’Europa politica, in effetti risulta sempre più difficile capire perché il Consiglio europeo continui a riunirsi a porte chiuse quando legifera. Questa posizione, oltre a essere in contrasto con l’articolo 1, paragrafo 2 del Trattato sull’Unione europea (Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992), che sancisce il principio dell’apertura del processo decisionale europeo, non garantisce la trasparenza che i cittadini si aspettano nel funzionamento delle Istituzioni europee. Con simili comportamenti non riusciremo mai a sanare la frattura delineatasi tra le strutture europee e i cittadini. In attesa della ratifica del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, il Consiglio europeo deve riformare con urgenza il proprio regolamento interno per anticipare questo cambiamento volto ad accrescere la trasparenza delle sue deliberazioni, quando agisce in qualità di legislatore, pur conservando la riservatezza per gli scambi di opinioni tra capi di Stato e di governo.

 
  
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  Robert Goebbels (PSE), per iscritto. – (FR) Mi sono astenuto dalla votazione sull’apertura al pubblico delle riunioni del Consiglio perché ritengo che si tratti di un falso problema. Imponendo al Consiglio di lavorare sotto l’occhio delle telecamere, si finirà per avere scambi formali e trattative dietro le quinte. Tutti i negoziati richiedono un certo grado di riservatezza.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Siamo del parere che le riunioni del Consiglio e del COREPER debbano essere pubbliche quando questi organismi agiscono in veste di legislatori. Si tratta di un principio democratico importante affinché gli elettori possano contare sul principio di responsabilizzazione dei rappresentanti eletti.

Purtroppo il progetto di relazione contiene alcuni punti a sostegno dell’approvazione del progetto di Trattato costituzionale che è stato respinto in Francia e nei Paesi Bassi. Abbiamo cercato di far togliere dalla relazione le parti in questione chiedendo votazioni separate su questi specifici punti.

A prescindere dall’esito di tali votazioni, desideriamo tuttavia votare a favore della relazione nel suo complesso, giacché le riforme sull’apertura dei lavori del Consiglio e del COREPER sono una questione prioritaria, e intendiamo esercitare pressioni sul Consiglio affinché modifichi il proprio regolamento interno. Tuttavia, ci opponiamo con decisione al modo in cui, nell’ambito di questa importante questione sull’apertura, la maggioranza parlamentare si è intromessa nella discussione sul futuro del Trattato costituzionale.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) La presente relazione fa seguito all’indagine del Mediatore del Parlamento europeo sull’apertura del Consiglio. Il Mediatore del Parlamento europeo ha constatato che le riunioni del Consiglio non sono aperte al pubblico quando quest’ultimo agisce in qualità di legislatore e ha considerato il rifiuto di rendere pubbliche tali riunioni come un esempio di cattiva amministrazione.

Questa opportuna relazione dà seguito alla richiesta della Presidenza britannica di aumentare la trasparenza. Inoltre, dai sondaggi condotti presso l’opinione pubblica e dalle dichiarazioni delle ONG, della società civile e del mondo accademico è emerso il desiderio dei cittadini di una maggiore responsabilizzazione dei governi nazionali per quanto concerne le questioni europee.

Convengo sul fatto che è inaccettabile che un importante organo legislativo dell’UE, come il Consiglio, continui a riunirsi a porte chiuse quando delibera in qualità di legislatore, in particolare in un momento in cui l’UE si pone quale promotrice della democratizzazione e della responsabilizzazione. Sono pertanto favorevole alla trasmissione radiotelevisiva e alla diffusione su Internet delle riunioni pubbliche del Consiglio, nonché alla pubblicazione delle trascrizioni ufficiali delle riunioni legislative.

Le modifiche richieste al Consiglio dovrebbero essere considerate come un adeguamento da lungo atteso alla realtà e alla parità istituzionale europee nell’ambito dell’attività legislativa dell’Unione europea.

 
  
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  Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Mi congratulo vivamente con il collega del mio gruppo, l’onorevole Hammerstein Mintz, per questa decisiva relazione che va al cuore di molti dei problemi cui l’UE si trova attualmente confrontata. Nel mio paese, la Scozia, così come in molti altri, la maggiore confusione sull’UE nasce dalla mancanza di trasparenza e dal senso della sua inaffidabilità, il che, a mio avviso, deriva dal fatto che le riunioni del Consiglio dei ministri si svolgono a porte chiuse, spesso a notte fonda.

Ci sembra che un’Istituzione che parla tanto di trasparenza la metta poi davvero poco in pratica al di fuori di quest’Aula. L’apertura al pubblico delle riunioni del Consiglio potrebbe informare i cittadini europei di quello che si fa a nome loro. La relazione è solo l’inizio del processo e dobbiamo continuare ad esercitare pressioni su tale questione cruciale.

 
  
  

– Relazione Cashman (A6-0052/2006)

 
  
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  Sérgio Marques (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Vorrei congratularmi con l’onorevole Cashman per questa importante relazione recante raccomandazioni alla Commissione sull’accesso ai testi delle Istituzioni, che sostengo. Reputo particolarmente positivo il riferimento alla necessità che la Commissione presenti una proposta legislativa sul “diritto di accedere ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione nonché sui principi generali e le limitazioni a tutela di interessi pubblici o privati applicabili al diritto di accesso”. Tale proposta va elaborata nell’ambito di un dibattito interistituzionale e sulla base di raccomandazioni particolareggiate.

Condividiamo inoltre il parere secondo cui le nuove norme in materia di accesso ai documenti dovrebbero applicarsi a partire dalla data dell’entrata in vigore del regolamento modificato, senza avere quindi effetti retroattivi.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) A seguito della ratifica del Trattato di Amsterdam e dell’entrata in vigore dell’articolo 255 del Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE), la trasparenza è diventata un principio fondamentale dell’Unione europea, il cui obiettivo principale è rafforzare la natura democratica delle Istituzioni europee.

La relazione chiede alla Commissione di presentare una proposta legislativa sul diritto di accedere ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione. Tramite questa proposta la relazione cerca di rispettare il principio di sussidiarietà, i diritti fondamentali dei cittadini, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, in particolare quella relativa all’articolo 8, nonché gli articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali.

Sostengo senza riserve questa relazione, in quanto ritengo che l’UE non solo sia tenuta a essere il più aperta e trasparente possibile nei confronti dei cittadini, ma che debba anche proporsi come esempio da seguire ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e dei paesi in via di adesione o candidati.

 
  
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  Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Mi congratulo con l’onorevole Cashman per la relazione e sono stato lieto di sostenerla oggi. I problemi incontrati da molti deputati per accedere ai documenti hanno interessato tutta l’Assemblea, ed è il minimo che si inizi ad affrontarli in questa sede. Mi auguro solo che gli obiettivi della relazione siano corroborati da azioni adeguate.

 
  
  

– Relazione Papastamkos (A6-0051/2006)

 
  
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  Andreas Mölzer (NI).(DE) Signor Presidente, in seno all’Organizzazione mondiale del commercio, l’Unione è sotto pressione in vari settori. Da una parte, dovremo accettare alcuni cambiamenti al fine di combattere la povertà nei paesi meno sviluppati, mentre dall’altra non possiamo essere troppo generosi nelle concessioni unilaterali che facciamo. Con le loro richieste di riduzione delle tariffe, i paesi ACP rischiano di danneggiarsi. Poiché certo non può essere questo l’obiettivo che si prefiggono i negoziati, ho votato contro la relazione.

Nel contempo dobbiamo impedire che entri in vigore la minacciata revoca dell’embargo sulle importazioni di organismi geneticamente modificati. L’Unione europea ha l’opportunità di ottenere questo risultato se agirà come comunità forte sulla scena internazionale. Infine, abbiamo bisogno di risolvere senza indugio anche il problema dell’imposizione da parte della Cina di dazi doganali sulla componentistica e i pezzi di ricambio dei veicoli a motore, altrimenti gli ultimi produttori di automobili finiranno per lasciare l’Europa e trasferirsi in Cina.

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore dell’eccellente relazione del collega e amico Papastamkos sulla valutazione del Round di Doha a seguito della Conferenza ministeriale dell’OMC a Hong Kong del dicembre 2005. Ritengo infatti che le economie, soprattutto quelle occidentali, debbano sostenere il programma di sviluppo di Doha, che prevede un commercio aperto ed equo finalizzato a ridurre la povertà nel mondo aiutando sia i paesi in via di sviluppo che quelli sviluppati a compiere progressi. Se non promuoveremo il progresso, la pagheremo molto cara sul piano politico, soprattutto con la crescita dell’estremismo. Mi rallegro che questi negoziati riconoscano il multilateralismo e la capacità del commercio internazionale di creare ricchezze e quindi progresso sociale. Tutti potremo constatare che un’Unione politica unita e forte avrà un ruolo di primo piano sulla scena mondiale nel contrastare il prevalere degli egoismi nazionali su istituzioni internazionali indebolite.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) L’OMC sta cercando di trovare soluzioni a problemi che non sarebbero mai esistiti se l’OMC non fosse stata istituita e non avesse cercato di imporre il libero scambio mondiale a tutti i costi e senza badare al prezzo pagato dalla gente: dumping di ogni tipo, problemi di contraffazione, accesso al mercato bloccato per la maggior parte dei paesi ad eccezione di quelli dell’Unione europea, sovvenzioni trasparenti (in Europa) o mascherate (nel resto del mondo, soprattutto negli Stati Uniti) che distorcono la concorrenza e così via. Il mercato mondiale è una giungla in cui i più deboli e poveri sono le vittime designate e la sola regione che rispetta davvero le regole del gioco, l’Europa, è una vittima collaterale. Per sostenere lo sviluppo dei paesi meno sviluppati non bisogna integrarli nel sistema dell’OMC, ma proteggerli da tale sistema.

Al pari di alcuni Premi Nobel per l’economia, riteniamo che il libero scambio possa essere favorevole per tutte le parti solo tra paesi con un analogo livello di sviluppo, e reputiamo che il commercio con gli altri paesi debba invece essere regolamentato, il che, tra parentesi, non esclude misure commerciali a favore dei paesi in via di sviluppo né implica che in ogni “zona” così costituita occorra una politica commerciale comune centralizzata in mano a una burocrazia sovranazionale. In una parola, il libero scambio non è un fine in sé.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Questa relazione d’iniziativa mette in luce i doppi requisiti dell’UE in materia di politica commerciale internazionale. Si parla molto in toni entusiastici della necessità che le economie in via di sviluppo aprano i loro mercati alle imprese europee. Nel contempo il relatore afferma che l’agricoltura dell’UE ha un “carattere multifunzionale” che occorre rispettare.

Riteniamo che a lungo termine il libero commercio produrrà un mondo migliore. Tuttavia, occorre tenere conto dei differenti livelli di sviluppo dei vari paesi. Perché, anche all’inizio del processo di sviluppo, il commercio abbia l’effetto di ridurre la povertà, l’UE deve modificare la propria politica commerciale abolendo i sussidi all’agricoltura e permettendo ai paesi poveri di competere a buone condizioni.

Poiché la relazione contiene per lo più formulazioni negative, abbiamo votato contro nella votazione odierna.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Con questa risoluzione la maggioranza del Parlamento ha cercato di aprire la via alla liberalizzazione del commercio internazionale – nel settore agricolo, in quello dei prodotti non agricoli e dei servizi – nell’attuale ciclo di negoziati dell’OMC che dovrebbe auspicabilmente concludersi entro la fine del 2006.

L’ampliamento della liberalizzazione commerciale, aggirando le contraddizioni e indebolendo le posizioni cui si sono finora appellati i cosiddetti paesi in via di sviluppo, avrà conseguenze estremamente gravi per i lavoratori e per la gente in generale.

Si prenda l’esempio dei servizi. Dal 28 febbraio sia l’UE che gli USA hanno presentato richieste per la liberalizzazione dei seguenti settori: trasporti (aerei e marittimi), audiovisivi e cultura, tecnologie dell’informazione, edilizia, insegnamento, energia, ambiente, telecomunicazioni, distribuzione, architettura e ingegneria, servizi postali, finanziari e giuridici.

Questo significa che in tali settori si è cercato di rimuovere qualsiasi restrizione agli investimenti esteri, allo stabilimento all’estero e alla prestazione transfrontaliera di servizi, ai requisiti di nazionalità e alle limitazioni alla concorrenza.

In altre parole si è cercato di rimuovere i meccanismi fondamentali che permettono ai paesi meno (o più) economicamente sviluppati di mantenere il proprio livello di sviluppo e di soddisfare le esigenze dei cittadini. Questo rallegrerà la disumana brama di sfruttamento dei grandi gruppi economici e finanziari dell’UE e degli USA.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) La relazione sull’esito della riunione dell’OMC a Hong Kong giunge in un momento opportuno in quanto i negoziati sono sospesi a un filo. Oggi abbiamo votato per inviare un forte segnale politico alle parti negoziali, compresa l’UE, affinché rispettino l’impegno di concludere con successo questo ciclo orientandolo a favore dei paesi più poveri, come concordato a Doha.

In qualità di portavoce laburista per il commercio internazionale, in sede di commissione ho presentato vari emendamenti a questa relazione. Allora come adesso continuo a chiedere l’esclusione dei servizi pubblici fondamentali (compresa l’acqua) dagli ingranaggi della liberalizzazione. Nel paragrafo sul NAMA ho chiesto flessibilità riguardo al numero e alla portata dei coefficienti utilizzati per la formulazione delle riduzioni tariffarie, in modo da lasciare ai paesi in via di sviluppo sufficiente margine politico per scegliere il livello di liberalizzazione auspicato. Oggi ho votato a favore di un emendamento simile.

In agricoltura, pur essendo d’accordo con la valutazione della Commissione, che è favorevole a portare avanti i negoziati parallelamente a quelli di altri settori, non posso votare a favore della richiesta avanzata da alcuni colleghi di rendere l’attuale offerta dell’UE condizionata e addirittura revocabile. Credo che l’offerta attuale vada quantomeno mantenuta.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La relazione Papastamkos sulla conferenza ministeriale dell’OMC ci induce a formulare due osservazioni. Primo, non dovrebbe essere difficile capire che il commercio internazionale ha un potenziale unico nel promuovere lo sviluppo e la prosperità. Da una parte, più aumenteranno le transazioni commerciali, più aumenterà il livello di dipendenza e cooperazione tra Stati membri. Dall’altra parte, più intenso sarà il commercio internazionale, maggiore sarà la prosperità economica dei vari paesi, il che contribuirà a migliorare il tenore di vita della gente e a rendere il mondo più sicuro.

Secondo, l’inevitabile conclusione è che chi auspica un mondo con più scambi commerciali e con un commercio più equo, in cui le regole vengono rispettate, rimarrà quasi sicuramente deluso dal Vertice. Con il trascorrere del 2006, siamo sempre più lontani dall’obiettivo di riuscire a concludere con successo entro la fine dell’anno il ciclo iniziato nel 2001. Tuttavia, per conseguire questo obiettivo abbiamo bisogno di raggiungere un accordo sui vantaggi del libero commercio e sulle regole cui deve conformarsi un commercio equo.

 
  
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  Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La relazione è stata talmente modificata che mi è impossibile sostenerla, anche se condivido alcuni punti. Gli obiettivi della campagna “Fare della la povertà un ricordo del passato” e della marcia di Edimburgo della scorsa estate sono stati totalmente disattesi, al punto da farne un’opportunità tristemente mancata. Oggi avremmo potuto inviare un messaggio più forte e chiaro ai nostri governi e alla Commissione europea; invece, abbiamo di fatto sostenuto uno status quo che non vogliamo continuare a vedere.

 
  
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  Marc Tarabella (PSE), per iscritto. (FR) Desidero spiegare perché alla fine ho votato contro la relazione nella votazione finale.

La mia decisione è dovuta al fatto che è stato respinto l’emendamento n. 22, che bocciava la richiesta della Commissione di liberalizzare i servizi nell’UE e altrove senza accompagnare tale cambiamento con una legislazione sociale e ambientale adeguata.

Sono pienamente d’accordo sul fatto che nessun paese debba essere obbligato a liberalizzare un qualsiasi settore dei servizi e che settori come la sanità, l’approvvigionamento idrico, l’istruzione e soprattutto i servizi audiovisivi debbano essere esclusi dalla liberalizzazione.

Questa parte dell’emendamento è stata respinta per un pelo: 291 voti a favore, 299 contrari e 20 astensioni. Per questo motivo non ho voluto votare a favore nella votazione finale.

 
  
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  Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. (EL) Il partito comunista greco ha votato contro la relazione sulla valutazione del Round di Doha perché tale testo agita e riprende il quadro reazionario e antipopolare della Conferenza ministeriale dell’OMC di Hong Kong e le esorbitanti richieste del capitale eurounificante, in una forma definita e promossa in perfetta collaborazione con gli Stati Uniti. L’obiettivo dell’UE e degli USA nei negoziati in corso è di accrescere ancora di più lo sfruttamento dei popoli e delle risorse che producono benessere nei paesi capitalisti sviluppati e soprattutto nei paesi in via di sviluppo e meno sviluppati.

L’Unione europea e gli Stati Uniti, insieme con le potenze imperialistiche, stanno procedendo all’apertura selettiva dei mercati e all’abolizione dei sussidi per i prodotti agricoli, a danno delle imprese agricole di piccole e medie dimensioni, affinché il capitale monopolistico possa diffondersi sui mercati dei paesi in via di sviluppo e meno sviluppati in vista di un totale controllo dei prodotti industriali, della prestazione dei servizi e di uno sfruttamento eccessivo dell’acqua, dell’energia e così via, con l’obiettivo di massimizzarne i profitti.

 
  
  

– Relazione García-Margallo y Marfil (A6-0077/2006)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore dell’eccellente relazione del collega, onorevole José Manuel García-Margallo y Marfil, sulla situazione dell’economia europea nell’ambito della relazione preparatoria sugli indirizzi per le politiche economiche per il 2006, che sottolinea le condizioni necessarie per una crescita economica sostenibile.

Questa relazione è fondamentale per capire esattamente perché l’Europa è una delle regioni del mondo, e più precisamente del mondo sviluppato, in cui la crescita è più bassa. L’eccesso di burocrazia, che rende meno flessibile la nostra economia, il fatto che non abbiamo abbastanza leader a livello mondiale e che le nostre piccole e medie imprese crescano meno rapidamente delle loro omologhe negli Stati Uniti d’America, livelli di occupazione bassi e orari di lavoro mediamente abbastanza ridotti, nonché, infine, investimenti insufficienti per la formazione professionale, la ricerca e lo sviluppo spiegano in gran parte la situazione attuale.

Vista la concorrenza economica e sociale mondiale alla quale è confrontata l’Europa, è assolutamente necessario che gli Stati membri, attraverso i loro programmi nazionali di riforma, creino il più presto possibile, con l’Unione europea, le condizioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi di Lisbona, che mirano a fare dell’Europa l’economia più efficiente al mondo.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Ecco l’ennesima relazione sulla situazione economica, l’ennesima riaffermazione di falsità e soluzioni che non fanno altro che offrire sempre le stesse cose. La situazione economica e sociale rimane precaria, con disparità sempre maggiori, livelli di povertà e disoccupazione inaccettabili e una crescita economica lenta e instabile.

Assistiamo al prevalere della dimensione finanziaria sull’economia reale, si riafferma la necessità di ispirare fiducia attraverso la rigorosa attuazione della politica monetaria da parte della Banca centrale europea e il Patto di stabilità e crescita, e la necessità di ridurre le imposte per le società. Queste posizioni sono espressioni di liberalismo nella sua forma più pura e le respingiamo completamente.

Che cosa è accaduto in nome della globalizzazione? I diritti dei lavoratori e la sicurezza sociale sono stati indeboliti, è stata imposta una maggiore flessibilità ai mercati del lavoro (il concetto magico di “flessicurezza”, di cui il CPE – contratto di primo impiego – in Francia è il primo esempio), è stato giustificato l’aumento dell’età pensionabile effettiva e ufficiale, è stata promossa la liberalizzazione del settore energetico ed è stata chiesta la liberalizzazione dei servizi, contribuendo in questo modo alla deregolamentazione del lavoro e al dumping sociale e ambientale.

Sono ottime notizie per i gruppi economici e finanziari. Come al solito, sono i lavoratori e i gruppi meno privilegiati della società a subire le conseguenze dei problemi.

Queste le ragioni del nostro voto contrario.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Proprio come ogni anno, la relazione del Parlamento europeo sugli indirizzi di massima per le politiche economiche riporta, nelle osservazioni, un catalogo di truismi e, nelle proposte, un elenco di raccomandazioni che i deputati di destra e di sinistra di questo Parlamento adotteranno con entusiasmo, ma che i partiti ai quali appartengono ben si guardano dall’applicare quando sono al potere nel loro paese.

Oltre a questa ipocrisia, vorrei sottolineare tre punti che mi sembrano sorprendenti: manca qualsiasi riferimento agli aumenti immotivati dei tassi di interesse da parte della Banca centrale europea, che contribuiscono alla stagnazione della zona euro; la relazione considera l’Unione europea una zona assolutamente omogenea, costituita da paesi che affrontano problemi del tutto identici, mentre dopo l’ultimo allargamento le situazioni sono diventate estremamente eterogenee; la richiesta di una legislazione comunitaria “compatibile con quella dei nostri concorrenti” può costituire un appello inaccettabile al minimo comune denominatore sociale ed ambientale.

Anche se non fossimo già convinti del fatto che le principali responsabili delle nostre difficoltà economiche sono le politiche di Bruxelles, questi tre punti sarebbero stati sufficienti a giustificare il nostro voto negativo.

 
  
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  Marie-Noëlle Lienemann (PSE), per iscritto. – (FR) Non ho potuto approvare gli indirizzi di massima per le politiche economiche che da anni non fanno che avallare le tendenze liberali dell’Unione europea e sono all’origine della crescita debole, della disoccupazione, della precarizzazione dei lavoratori, dell’indebolimento delle nostre tutele sociali.

La relazione non sostiene alcuno degli indirizzi che consentirebbero una politica alternativa: mantenimento del potere d’acquisto, rivalutazione delle retribuzioni per rilanciare i consumi e la crescita, sostegno a investimenti pubblici ambiziosi per la modernizzazione e l’occupazione, armonizzazione verso l’alto della fiscalità e degli standard sociali per combattere il dumping, creazione di un vero e proprio governo economico in grado di esercitare influenza e autorità nei confronti della Banca centrale europea.

 
  
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  Diamanto Manolakou (GUE/NGL) , per iscritto. – (EL) Gli indirizzi di massima dell’Unione europea per le politiche economiche per il 2006 includono tutte le misure contrarie alle esigenze della base che determineranno l’aumento dei prezzi e della disuguaglianza, della povertà, dell’incertezza e dell’infelicità per la classe lavoratrice e le classi meno abbienti, da un lato, e più ricchezza per il capitale eurounificante, dall’altro.

Tutto questo è stato garantito dai programmi nazionali di riforma, affinché il cappio della barbarie capitalistica predicato nella strategia di Lisbona possa soffocare i cittadini con rapidità e precisione.

Gli alibi sono numerosi: l’invecchiamento della popolazione per aumentare l’età pensionabile, la sicurezza energetica per privatizzare il settore energetico e trasformare l’energia da bene sociale a bene commerciale, riduzione dei disavanzi come previsto dal Patto di stabilità grazie al “contenimento” della spesa pubblica destinata a rispondere alle necessità della base e la correlazione salario/produttività per garantirsi riduzioni di salari e pensioni.

Allo stesso tempo, si prevedono sgravi fiscali e procedure semplificate per la costituzione di società, forme di lavoro flessibile, formazione durante tutto l’arco della vita per le esigenze del mercato e aiuti di Stato e ricerca al servizio delle imprese, non delle necessità della società.

E’ un nuovo attacco dell’Unione europea contro la classe lavoratrice e i giovani, un attacco che solo un ampio movimento di massa può respingere. Solo un forte movimento di massa può aprire nuove strade, mettendo a frutto l’enorme ricchezza prodotta e che deve essere raccolta dai suoi creatori, i lavoratori, e non dai loro sfruttatori.

 
  
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  Claude Moraes (PSE), per iscritto. – (EN) Ho appoggiato questa relazione per quanto riguarda le sue intenzioni di ridurre i costi della sanità e dei farmaci per molti dei paesi più poveri. Mentre condivido l’intenzione dell’emendamento n. 3 di ridurre detti costi, reputo l’emendamento inadeguato, perché prevede un limite generale per la protezione di tutti i brevetti relativi a prodotti appartenenti a questo settore che potrebbe provocare distorsioni del mercato a livello mondiale e potenzialmente ostacolare lo sviluppo futuro.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Accolgo con favore la forza delle idee e delle raccomandazioni contenute negli indirizzi di massima per le politiche economiche per il 2006. Nella fase attuale, il dibattito dovrebbe concentrarsi su decisioni praticabili volte a rendere l’ambiente economico più favorevole alla crescita, all’occupazione, alla concorrenza, all’innovazione e alla creazione di ricchezza. Non dovremmo sprecare le nostre energie per questioni marginali o, cosa altrettanto grave, per cose che dovrebbero essere ovvie.

Gli Stati membri dell’Unione e i loro leader politici hanno il dovere di favorire la creazione di un contesto politico che favorisca la riforma economica. Abbiamo urgentemente bisogno di discorsi caratterizzati da verità, coraggio e risultati. Dobbiamo essere coraggiosi ed esigere che le nostre società investano nel futuro e in se stesse. Dobbiamo essere in grado di creare le condizioni necessarie perché tali investimenti ci siano. Il futuro non deve essere necessariamente fonte di paura; nondimeno, la maggior parte dei governi appaiono timorosi. Ho appoggiato la relazione proprio perché respinge questo atteggiamento e si configura come un appello ad agire con obiettivi e proposte realizzabili, la maggior parte dei quali mi trova d’accordo.

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM), per iscritto. – (EN) Ho votato contro la relazione García-Margallo y Marfil perché sostiene la proposta della Commissione concernente una base imponibile comune consolidata dell’Unione europea per le imprese, come riportato al paragrafo 16. Questa proposta traccia chiaramente la strada verso l’armonizzazione fiscale, una minaccia grave ma generalmente sottaciuta per la prosperità irlandese. Allo stesso modo sono contraria al regime di imposizione fiscale nello Stato membro d’origine per le PMI.

Questa armonizzazione fiscale è diametralmente opposta agli auspici del popolo irlandese. Con un regime fiscale comune per le imprese, perderemo uno dei fattori più importanti per il mantenimento della nostra indipendenza economica e del nostro attuale stato di prosperità. E’, a parer mio, solo la prima di una lunga serie di azioni volte a imporre una politica fiscale comune europea all’Irlanda. Devo avvertire il governo irlandese, ricordandogli di prestare particolare attenzione a questo spazio, in cui la nostra libertà è minacciata, e di difenderlo con forza. E’ il ritornello che gira negli ambienti del governo irlandese: no, non c’è alcun piano di armonizzazione fiscale, e se ci fosse, il governo irlandese lo respingerebbe.

Bene, eccolo, che fa capolino all’orizzonte; è venuto il momento di dimostrare il vostro coraggio.

 
  
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  Peter Skinner (PSE), per iscritto. – (EN) Mentre appoggiamo l’intenzione alla base dell’emendamento n. 3, che è quella di ridurre i costi della sanità e dei farmaci per molti dei paesi più poveri, riteniamo che questo emendamento sia inadeguato perché prevede un limite generale per la protezione dei brevetti relativi a prodotti appartenenti a questo settore che potrebbe provocare distorsioni del mercato a livello mondiale e potenzialmente ostacolare lo sviluppo futuro. Le sedi migliori per affrontare questi problemi sono le Nazioni Unite e l’Organizzazione mondiale della sanità.

Gli eurodeputati del partito laburista mantengono la loro posizione sul tema dell’imposizione fiscale per le imprese e si oppongono al ricalcolo della base imponibile per le imprese. Mentre auspichiamo un maggiore coordinamento tra le autorità fiscali quando si tratta di aiutare le PMI che operano a livello transfrontaliero, riteniamo che tale tema debba rimanere di competenza degli Stati membri dell’Unione europea.

 
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