Presidente. – Proseguiamo la discussione sui risultati del Consiglio europeo e la strategia di Lisbona.
Wolfgang Schüssel, Presidente in carica del Consiglio. (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, sono molto lieto, in qualità di Presidente in carica del Consiglio, di poter nuovamente salutare il Presidente Borrell, gli onorevoli deputati e i Commissari. Questa è la seconda volta che compaio alla vostra presenza, e forse ricorderete la promessa che ho pronunciato all’inizio del semestre della Presidenza austriaca: la promessa di non darvi una Presidenza caratterizzata dai nostri temi, aspirazioni e desideri, ma di offrirvi una Presidenza che lavora in gruppo, in stretta collaborazione con voi che costituite il Parlamento europeo eletto democraticamente, con la Commissione e, naturalmente, anche con gli Stati membri. Riguadagnare la fiducia dei cittadini è un compito imponente, che possiamo portare a termine soltanto insieme, ed è insieme che possiamo affrontare le grandi questioni che solo l’Europa può risolvere. A questo scopo, dobbiamo fare uso di tutte le Istituzioni. Non ha senso che un’Istituzione punti il dito contro l’altra o la critichi. Siamo tutti nella stessa barca e dobbiamo tenere ben saldi i remi e vogare insieme, se vogliamo prendere velocità ed essere in grado di raggiungere la destinazione.
Credo che anche voi vi accorgiate che fin dall’inizio abbiamo tentato di adottare questo approccio collaborativo in seno a una Presidenza che lavora in gruppo. Senza grosse ostentazioni, nelle settimane e nei mesi scorsi siamo stati capaci, insieme all’Assemblea e alla Commissione, di trovare non poche soluzioni.
Innanzi tutto vorrei offrirvi una breve relazione in merito al Consiglio europeo. Un anno fa, nel corso del semestre di Presidenza lussemburghese, ci siamo prefissi il compito di dare nuovo impulso alla strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione. Non basta pronunciare parole retoriche e farraginose; ci occorrono invece risultati e azioni simili a quelle di cui ha parlato Robert Schuman quando ha detto che l’Europa non sarebbe stata costruita in un giorno, ma dall’azione, e probabilmente dalle azioni al plurale. Inoltre, per la prima volta, abbiamo introdotto cambiamenti istituzionali, coinvolgendo le parti sociali europee nelle deliberazioni del Consiglio europeo, cui hanno partecipato il Presidente della Confederazione europea dei sindacati, Cándido Méndez Rodríguez, e il Presidente di UNICE, l’Unione delle confederazioni europee dell’industria e dei datori di lavoro, Ernest-Antoine Seillière, che ha preso parte alle discussioni, nonché il Presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, presente per la prima volta. Naturalmente il Presidente dell’Assemblea, Borrell, ha parlato a nome del Parlamento, dando così un contributo molto importante alla discussione sull’economia e sulla creazione di posti di lavoro.
La nostra Presidenza si è posta obiettivi molto precisi, molti dei quali, come i media vi hanno mostrato, erano estremamente controversi. Non ci siamo lasciati abbattere e abbiamo accluso alle conclusioni alcune formulazioni molto precise, soprattutto in materia di lavoro e crescita. Per noi ciò che più conta è migliorare le condizioni di occupazione a favore dei disoccupati europei, che ammontano a circa 18 milioni di persone. In concreto, vogliamo ottenere una crescita dell’un per cento dell’occupazione mediante i programmi di riforma nazionale e il miglioramento delle condizioni d’insieme, il che porterebbe alla creazione di circa 2 milioni di posti di lavoro l’anno, o un incremento netto di ulteriori 10 milioni entro il 2010.
In secondo luogo, è nostra deliberata intenzione concentrarci sulla formazione dei giovani, in modo che l’85 per cento dei giovani sotto i 22 anni ricevano un’istruzione superiore. Lo scopo è la riduzione del 10 per cento del numero di studenti che abbandonano la scuola e, nello specifico, che non più tardi dell’anno prossimo a tutti i giovani, entro un arco di sei mesi, venga offerto un lavoro o un tirocinio o la possibilità di proseguire la propria formazione, con una successiva riduzione di questo periodo a quattro mesi.
Abbiamo concordato un patto per le pari opportunità tra uomini e donne sul posto di lavoro, il tema della conciliazione tra flessibilità e sicurezza viene discusso in modo molto approfondito a ogni livello e il Fondo di adeguamento alla globalizzazione proposto dalla Commissione ci offre gli strumenti adeguati per dare, attraverso la riqualificazione o la formazione supplementare, una nuova occasione sul mercato del lavoro a quei lavoratori cui il cambiamento strutturale abbia arrecato problemi.
La grande questione successiva, naturalmente, è come raggiungere tali obiettivi, e abbiamo preso la decisione di dare la priorità alle PMI che qualche volta, in passato, sono state trattate non proprio coi guanti. Abbiamo riflettuto in modo concreto su come possiamo semplificare la vita alle PMI il cui numero è di circa 23 milioni riducendo le procedure ufficiali e abolendo le norme amministrative. La Commissione, nelle persone del Commissario Verheugen e del Presidente Barroso, ha proposto un programma molto intenso di “miglioramento della regolamentazione”, seguendo un modello di tipo olandese e dando un impulso alquanto decisivo alla riduzione del 25 per cento degli oneri amministrativi. Vogliamo facilitare l’avvio di un’impresa da parte di giovani imprenditori. L’intento è che i giovani possano mettere in piedi un’attività nell’arco di una settimana, con un unico punto di contatto che assicuri alle piccole imprese di non dover trattare con mille diversi enti amministrativi, ma di poter iniziare a operare il più rapidamente possibile.
Sono molto grato alla Commissione per aver innalzato la soglia de minimis, che so non essere stata una questione del tutto semplice in seno all’Istituzione stessa. Raddoppiare il valore della soglia è un’iniziativa di vitale importanza che ci permette di semplificare molto le cose per le PMI e che ci consente anche di incoraggiarle e sostenerle in modo più agevole. Vi chiederei inoltre di non dimenticare che, per il tramite della Banca europea per gli investimenti, abbiamo messo a disposizione ulteriori 30 miliardi di euro grazie a prestiti agevolati, garanzie e fideiussioni, con cui le piccole imprese in particolare possono compiere davvero passi da gigante nella creazione di posti di lavoro.
Il terzo tema che vorrei affrontare è quello della conoscenza e della ricerca. Siamo perfettamente consapevoli che una conseguenza dei livelli retributivi in Europa è che possiamo avere la meglio sui concorrenti solo se facciamo di più per la formazione, per la ricerca e per la conoscenza. Naturalmente abbiamo fissato l’obiettivo del 3 per cento già nel 2000, ma purtroppo non l’abbiamo raggiunto. La novità di queste conclusioni è che, nell’allegato alle conclusioni che ne costituisce parte integrante, abbiamo ottenuto da ciascun paese l’impegno a raggiungere effettivamente l’obiettivo del 3 per cento ogni anno fino al 2010. Il mio commento al precedente dibattito è che, se ci riusciamo il che senza dubbio richiederà notevoli sforzi vorrà dire che verranno investiti nella ricerca 100 miliardi di euro in più l’anno, tratti dai bilanci nazionali e dall’industria privata. Si tratterebbe del contributo alla crescita più consistente che si possa immaginare in questo campo.
E’ confermato inoltre che la Banca europea per gli investimenti ci aiuterà con 10 miliardi di euro di ulteriore capitale di rischio e, se si aggiungono i contributi privati, si arriva a un totale di 30 miliardi di euro.
Mi pare particolarmente significativo che il Consiglio europeo abbia adottato l’idea del Presidente Barroso di fondare un Istituto europeo per la tecnologia, benché in un primo momento fosse decisamente controversa, per la comprensibile ragione che alcuni temono la creazione di immani burocrazie parallele, mentre altri temono che i centri d’eccellenza esistenti possano perdere terreno. Concordo appieno con l’idea di fondo che la Commissione propone al riguardo, che consiste nel creare un collegamento tra istituzioni per l’istruzione superiore e l’industria, tra ricerca e sviluppo, da un lato, e gli utenti finali, dall’altro. Non si tratterebbe di una sorta di superautorità, ma di una rete perfettamente sviluppata che miri innanzi tutto a un’effettiva cooperazione con le istituzioni degli Stati membri. Mi congratulo con il Presidente Barroso e con la Commissione, la cui proposta è stata adottata e accolta; restiamo in attesa di proposte legislative concrete entro il prossimo giugno.
A proposito del bilancio, è importante anche l’impegno preso a favore di un incremento sostanziale dei finanziamenti a disposizione dei programmi studenteschi e dei programmi di scambio per gli apprendisti. Avete già sentito degli ulteriori 800 milioni di euro ora presenti nel compromesso di bilancio. Si tratta di un’iniziativa molto interessante e importante per offrire nuove prospettive ai giovani.
Di recente ho trovato interessante la lettura di numerosi studi che danno una valutazione critica dei motivi per cui non abbiamo ancora raggiunto gli ambiziosi obiettivi della nostra strategia (Lisbona, posti di lavoro, occupazione), e una delle ragioni esposte dalla relazione Sapir nonché dal Centro europeo di studi politici è che vi è una troppo scarsa “ownership nazionale” terribile termine inglese! il che significa, in altre parole, che nessuno negli Stati membri si sente effettivamente responsabile.
E’ su questo punto che do il buon esempio: nel corso dell’ultimo Consiglio dei ministri in Austria ho deciso che avremmo avuto un coordinatore a livello ministeriale, e così, con effetto immediato, il nostro ministro dell’Economia e del Lavoro sarà il coordinatore politico dell’intero processo, e inviterò ciascuno Stato membro a fare altrettanto, in modo da disporre di coordinatori politici che possano magari in seno al Consiglio “Competitività” controllare i risultati ottenuti rispetto agli obiettivi che ci siamo posti. Sarebbe un passo d’importanza cruciale per dare credibilità a ciò che abbiamo intrapreso insieme.
Un elemento completamente nuovo era senza dubbio la politica energetica, in merito alla quale la prima mossa è venuta dal Cancelliere tedesco, Angela Merkel, anche se intendo ringraziare anche Tony Blair per aver di fatto messo in moto l’intera operazione a Hampton Court. Naturalmente il 1° gennaio di quest’anno è stato davvero un brusco risveglio e un campanello d’allarme, perché è stato il 1° gennaio, quando ero seduto accanto ad Angela Merkel al concerto di Capodanno, che i russi hanno tagliato la fornitura energetica, del 30 per cento la prima sera, e del 50 la seconda. Con l’aiuto della Commissione, del Commissario Piebalgs e di molti altri, siamo riusciti a far rientrare la crisi nell’arco di quattro giorni, ma naturalmente i problemi rimangono.
Quasi tutti i produttori si trovano in zone di crisi dal punto di vista politico; quasi tutti i conflitti mondiali hanno a che fare con l’energia. I prezzi delle materie prime sono soggetti a forti oscillazioni; la diversificazione è minima. In alcuni periodi e aree, l’Europa è altamente esposta al rischio di black out. Il cambiamento climatico, con tutti i fenomeni collegati, è un problema che dobbiamo affrontare; va trovata una risposta alla questione della crescente domanda di energia nel mondo, e senza dubbio non dobbiamo perdere di vista gli enormi rischi per la sicurezza.
La situazione complessiva esige con decisione un nuovo sforzo comune da parte dell’Europa, e la Commissione ha fatto un ottimo lavoro preparando il terreno con il Libro verde, che il Consiglio ha accolto, definendo i tre obiettivi della sicurezza dell’approvvigionamento, della competitività della nostra industria e del miglioramento della qualità dell’ambiente. In concreto, abbiamo concordato una riduzione del 20 per cento dell’uso di energia, il che non mi pare scontato, ed è pertanto ancor più significativo. Di fatto significa che l’Unione europea si pone l’obiettivo a lungo termine di scindere la crescita economica dal consumo di energia. La reputo una delle decisioni più importanti prese da questo Consiglio, che richiederà ingenti sforzi se vogliamo che entri in vigore.
Vogliamo incrementare la quota di energia rinnovabile dall’attuale 7 al 15 per cento; anche questo tema è stato oggetto di grande disputa ed è tutt’altro che un processo automatico. Vi è molto da fare sia a livello nazionale che insieme. L’utilizzo di biocarburanti, che attualmente è al due per cento, va aumentato fino all’otto per cento, il che richiederà inevitabilmente tecnologia e ricerca; implicherà lo studio di biocarburanti di seconda generazione, l’attuazione di CARS 21 e la cooperazione con l’industria automobilistica. Questo reca con sé una grandissima occasione di crescita, che intendiamo sfruttare.
Per quanto riguarda il commercio transfrontaliero di energia elettrica, intendiamo raggiungere una condivisione del 10 per cento tra reti, il che ridurrebbe sostanzialmente il rischio di black-out per i nostri consumatori. Non va dimenticato che le condutture, le reti, le centrali elettriche e la sicurezza delle reti rappresentano un’opportunità economica. In quest’ambito vengono investiti tra gli 800 e i 1 000 miliardi di euro, che provengono principalmente da fonti private. Facendone buon uso mediante una politica economica comunitaria, questo si dimostrerà un potente generatore di posti di lavoro e ci renderà altresì più sicuri.
A tale proposito e anche questa è una discussione che abbiamo condotto con franchezza, senza sollevare il disaccordo pubblico non vi dev’essere protezionismo in un mercato relativamente piccolo come l’Europa. Essendo stato per sei anni ministro dell’Economia, e quindi anche dell’energia, so bene di che cosa stiamo parlando. Forse vi è stato un tempo in cui noi tutti, di nostra iniziativa, potevamo crearci un campione nazionale o pensare di poter ignorare i regolamenti europei, ma quei giorni sono finiti.
(Applausi)
Occorre aprire i mercati, e si è concordata la liberalizzazione dei mercati dell’elettricità e del gas entro la metà del 2007. Gli strumenti ci sono; la Commissione ne è in possesso, perciò lasciamo che vada avanti e che li utilizzi senza aggiungere nulla, poiché una delle ragioni per cui è custode dei Trattati è garantire la sicurezza dell’approvvigionamento ai nostri consumatori.
Va detto, però, che l’approvvigionamento differenziato non ha per nulla perso d’importanza, e la decisione su quale fonte di energia utilizzare va ancora presa a livello nazionale; si tratta di un elemento che voglio mettere bene in chiaro. Ciascun paese deve decidere da sé se vuole o meno le centrali nucleari; la posizione dell’Austria è piuttosto chiara al riguardo e so che altri paesi hanno opinioni diverse e va rispettata. Di questo garantisco io, come pure il Parlamento europeo.
E’ di fondamentale importanza che consideriamo questi elementi non solo sotto l’aspetto economico, ma anche nel contesto della politica estera, ed è per questo che si è concordato che la Commissione, lavorando d’intesa con l’Alto rappresentante Javier Solana, produca un documento strategico in merito alla portata della politica energetica in politica estera. Con il senno di poi, tali discussioni e decisioni verranno considerate una svolta per quanto riguarda un’autentica politica energetica europea comune. Le revisioni, da condurre in ciascun semestre di Presidenza a venire, assicureranno che la questione non passi in secondo piano.
Mi pare tuttavia molto significativo anche il fatto di essere riuscito a far accettare a tutti la decisione in merito alla direttiva sui servizi che l’Assemblea ha preso democraticamente e con un’ampia maggioranza. Non è stato facile raggiungere il consenso al riguardo, e infatti ho dovuto trascorrere molto tempo a discutere con tutti i capi di governo per preparare il terreno.
(Applausi)
Ringrazio altresì la Commissione per aver prodotto già oggi una proposta che, per quanto mi è dato di vedere finora, è in linea con tale consenso. Vi invito di cuore a collaborare a stretto contatto a una procedura fast-track in seconda lettura per giungere quanto prima a una risoluzione comune.
Vorrei inoltre ringraziare le parti sociali a livello europeo per aver fatto la loro parte in questo processo. I datori di lavoro non l’hanno trovato facile, ma hanno dato un contributo costruttivo. In seguito a questa svolta, perché è così che considero la direttiva sui servizi, chiederei però che ci si impegni in modo analogo per un’altra questione importante, ossia la direttiva sull’orario di lavoro.
Tutti sappiamo quanto sia importante compiere progressi al riguardo, e quanto sarà positivo se ci riusciremo. Dovremo però essere sensibili nel tenere conto delle peculiarità nazionali. Lo reputo un esempio classico di ambito in cui il principio di sussidiarietà può entrare in gioco. E’ preferibile trovare un compromesso ragionevole che non avere alcuna soluzione. Sarei molto contento se riuscissimo, nel corso del semestre di Presidenza austriaca, a ottenere insieme progressi effettivi a tutti e tre i livelli: servizi, la direttiva sull’orario di lavoro e il bilancio.
Veniamo dunque al bilancio. So bene che è stato un parto difficile. Senza dubbio alcuni di voi si permetteranno qualche sorriso divertito sapendo che, contrariamente a quanto si può presumere, è costato duro lavoro a tre Presidenze: lussemburghese, britannica e ora austriaca. Il bilancio interessa un periodo di sette anni e intende offrire non solo certezza giuridica ai programmi, ma anche, e soprattutto, consentire ai nuovi Stati membri di attuare ciò che sperano. Apprezzo davvero il fatto che si sia pensato, come ciascuno in Aula ha sottolineato, in termini collettivi e non agli interessi individuali.
Credetemi, io stesso ho dovuto oltrepassare diverse linee di sicurezza interne per giungere a questo consenso comune. Come saprete, questo ha richiesto anche moltissimo impegno da parte del team di negoziatori della Presidenza austriaca il ministro delle Finanze, il ministro degli Esteri e naturalmente il sottoscritto nel trattare con i Presidenti Barroso e Borrell, che ringraziamo di cuore.
Saprete inoltre che ci siamo dovuti attenere scrupolosamente al compromesso di dicembre; eravamo in grado di offrire fino a 3,5 miliardi, benché il Parlamento ne volesse 4, ed è prova del lavoro di gruppo della Presidenza che la Commissione ci abbia infine aiutati, procurando il mezzo miliardo mancante per le spese amministrative, in modo che il Parlamento ottenesse il minimo di 4 miliardi per i programmi che voleva.
Se nell’analisi s’include anche la Banca europea per gli investimenti, si ottengono risultati interessanti. Vi sarà un miliardo per rafforzare gli aspetti esterni dell’Unione, e un altro miliardo rinvigorirà davvero la politica estera e di sicurezza comune. A questo si possono aggiungere 5 miliardi per la strategia di Lisbona, di cui metà dal bilancio europeo e metà dalla Banca europea per gli investimenti, in contanti. Il resto è dato da prestiti, che portano le cifre a 10 miliardi per la ricerca, 20 per le reti transeuropee, 30 per le PMI; in tutto 60 miliardi di euro.
Vi sono stati alcuni cambiamenti davvero notevoli, e credo che sinceramente questo sia un compromesso che possiamo raccomandare di accettare. Ora dovrò rivolgermi anche al COREPER e agli altri Stati membri, ma penso proprio che si sia già ottenuto qualcosa di effettivamente credibile agli occhi del mondo esterno.
In conclusione vi è la politica estera, in cui, a parte la gestione di crisi quali l’influenza aviaria, la disputa sulle vignette, la crisi del gas e le grandi questioni di politica estera, abbiamo messo in chiaro numerosi temi; ma oggi non è questa la questione principale. Vi è solo una questione che voglio menzionare, perché ho visto che Alexander Milinkevich è presente, e l’argomento era tra quelli trattati in seno al Consiglio europeo.
La situazione in Bielorussia è senza dubbio drammatica; ora posso dirvi che è così che la vedo personalmente. Ieri ho avuto l’onore e il piacere di una lunga conversazione personale con Alexander Milinkevich. E’ un uomo calmo e ragionevole, che merita pieno sostegno politico ed economico da parte nostra ovunque occorra, soprattutto attraverso i vari gruppi dei partiti politici, perché in Bielorussia l’opposizione è formata da una piattaforma composta dai gruppi più diversi. Le forze statali sono state brutali nei confronti dei manifestanti, centinaia dei quali si trovano ancora in prigione; migliaia di studenti hanno perso il posto all’università; i lavoratori hanno perso il loro impiego e le famiglie il loro reddito. Numerosi Stati membri hanno formato una coalizione, che comprende i paesi di Visegrad (Polonia, Slovacchia, Repubblica ceca e Ungheria), e anche l’Austria contribuisce offrendo borse di studio a studenti bielorussi, il che mi induce a chiedere il sostegno della Commissione, in modo che possiamo dare un aiuto concreto alla Bielorussia. Soprattutto, all’unisono dobbiamo levare le nostre voci e richiedere l’immediato rilascio dei prigionieri, in particolare del candidato alla presidenza Alexander Kosulin.
(Applausi)
Nel contempo, dobbiamo anche sottolineare che l’Unione europea non ha alcun interesse a isolare la Bielorussia, né certamente i suoi cittadini. Dobbiamo inoltre sostenere la società civile in Bielorussia affinché istituisca la democrazia che desidera. Il regime locale sarà oggetto delle misure restrittive che abbiamo adottato in seno al Consiglio europeo fintanto che manterrà l’approccio autoritario e reprimerà la società civile.
Dinanzi a noi abbiamo ancora tre mesi di Presidenza, e so che per noi vi è in serbo ancora molto lavoro, ma confido che, come abbiamo fatto in precedenza, risolveremo i problemi importanti attraverso buoni contatti e cooperazione positiva. Sono molto fiducioso che, come già in passato, darete il vostro contributo, che potrà essere critico o esigente, sotto forma di pensieri o idee particolari. Vi posso promettere la mia assoluta cooperazione, e tenterò inoltre di compiere quanti più progressi possibile in seno al Consiglio, senza tante ostentazioni e proclamazioni, ma in modo da raggiungere risultati concreti. Ecco il mio programma, del quale credo di poter indicare alcuni risultati ancor prima della metà del semestre di Presidenza.
(Applausi)
José Manuel Barroso, Presidente della Commissione. (FR) Signor Presidente, Presidente Schüssel, onorevoli deputati, contrariamente allo scetticismo dominante e a un certo cinismo che oggi prende piede, penso si possa dire che l’Europa, benché stia attraversando un periodo difficile, va avanti, e il Consiglio europeo del 23 e 24 marzo ha dimostrato che anche un’Europa allargata può andare avanti. Lo slancio impresso lo scorso autunno ha posto l’Europa e le nostre Istituzioni di nuovo al centro del dibattito.
Il messaggio che emerge dal Consiglio europeo è chiaro. L’Europa deve affrontare i problemi principali legati alla crescita economica e all’occupazione. La settimana prima del Consiglio europeo di primavera, in quest’Aula, vi ho presentato le questioni di cui discutere nel corso della riunione. Tale incontro era cruciale perché rappresentava la prima occasione in cui la rinnovata strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione doveva essere attuata. Oggi posso dirvi che gli obiettivi fissati dalla Commissione sono stati raggiunti. Penso non solo all’ottima accoglienza riservata al Libro verde sull’energia, ma anche alle altre proposte pratiche, tra cui quella che riguarda l’Istituto europeo per la tecnologia. Dicendo questo, non parlo solo a nome della Commissione, ma anche in rappresentanza dell’interesse generale europeo: penso che possiamo rallegrarci senza riserve del risultato ottenuto da questo Consiglio europeo di primavera.
Sotto la guida dell’ottimo lavoro e della perseveranza della Presidenza austriaca, i capi di Stato e di governo hanno accolto il principio di partenariato per la nuova strategia di Lisbona. Si sono dichiarati disponibili a procedere con maggiore celerità e hanno altresì preso importanti decisioni, che preparano il terreno per l’effettiva attuazione dei nostri obblighi nell’ambito della nuova strategia di Lisbona.
Ora abbiamo meccanismi di sorveglianza. Abbiamo 25 programmi di riforma nazionale. D’ora in avanti, il Parlamento europeo, i parlamenti nazionali, le forze politiche, le parti sociali e l’opinione pubblica in generale potranno imboccare una strada in cui le misure assumono la forma di risultati: potranno passare dallo stadio della retorica a quello delle misure pratiche che si traducono in risultati. La parola d’ordine in inglese era “delivery”: la presentazione concreta di risultati.
Il principale esempio assunto dal Consiglio europeo riguarda il passaggio a un’autentica politica energetica per l’Europa. Chi racconterà la storia dell’integrazione europea tra 20 o 25 anni potrà dire senza alcuna esagerazione che la politica energetica per l’Europa è stata varata nel marzo 2006, nel corso del semestre della Presidenza austriaca. Siamo solo agli inizi, e non sarà facile. Vi saranno resistenze, ma la loro stessa presenza significa che vi è cambiamento. Se non vi fosse alcun cambiamento, non vi sarebbe alcuna resistenza. A questo proposito, vi posso assicurare, a nome della Commissione, che essa eserciterà tutti i suoi poteri in materia d’integrazione, perché e intendiamo dichiararlo con fermezza non vi è motivo per cui l’Europa debba avere 25 mercati energetici. Non vi è alcun motivo per cui adesso l’Europa debba avere 25 politiche energetiche nazionali. Occorre una strategia comune per l’Europa in materia di energia. Non vi è spazio per nostalgie nazionalistiche. Gli Stati membri hanno riaffermato il proprio desiderio di collaborare per cercare soluzioni comuni, riconoscendo il ruolo centrale della Commissione nell’istituzione di mercati aperti e concorrenziali a livello comunitario.
Per quanto riguarda l’agenda di Lisbona, non abbiamo tempo da perdere e dobbiamo ottenere risultati subito. E’ in questo spirito che, subito dopo il Consiglio europeo, il Commissario Verheugen e io abbiamo incontrato i coordinatori nazionali che controllano l’attuazione dell’agenda di Lisbona. Li abbiamo informati del desiderio della Commissione di adempiere appieno al proprio ruolo non solo fornendo sostegno e assistenza, ma anche monitorando l’attuazione dei programmi nazionali di riforma. Vorrei congratularmi con il Presidente Schüssel, che ha annunciato poc’anzi la volontà di aumentare il livello di rappresentanza responsabile di monitorare il processo di Lisbona nel suo paese, l’Austria. Vorremmo inoltre approfittarne per lanciare a tutti gli Stati membri un appello affinché facciano altrettanto. Una buona preparazione tecnica è ovviamente importante, e siamo molto soddisfatti del livello raggiunto per questo esercizio nei vari Stati membri. Detto questo, riteniamo inoltre che per il successo del programma sia importante elevarne la posizione all’interno della gerarchia politica, come il Presidente Schüssel ha annunciato poc’anzi per quanto riguarda l’Austria.
Inoltre la Commissione continuerà a contribuire a dare impulso all’attività a livello europeo. Concordiamo altresì sulla necessità di promuovere scambi di esperienze pratiche. Crediamo sia arrivato il momento di tenere alcuni incontri nei vari Stati membri, cosa che intendiamo mettere in pratica a partire dal prossimo autunno. Questo stretto contatto con gli Stati membri è fondamentale quando si tratta di portare avanti il programma, ma non è sufficiente. In quest’Aula, vorrei accordare il mio sostegno al messaggio forte del Parlamento in merito alla necessità di un coinvolgimento maggiore e ancor più ampio di tutti gli attori interessati in questa fase cruciale del processo di attuazione.
Abbiamo compiuto sforzi per chiarire i livelli di responsabilità e di competenza di diversi attori istituzionali, economici e sociali a livello europeo, nazionale e regionale. Ora dobbiamo promuovere un’appropriazione reale della strategia di Lisbona da parte di tutti questi attori. Mi rivolgo a voi affinché concentriate tutte le energie sulle riforme fondamentali per preparare l’Europa a essere all’altezza delle sfide della globalizzazione, nonché a quella dell’invecchiamento della popolazione. Possiamo vincere la battaglia della globalizzazione.
A tale scopo, ciascuno di noi deve inoltre prendere parte agli sforzi di comunicazione e al dibattito pubblico. Accolgo con favore il partenariato esistente tra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali. Ancora a gennaio, avete discusso della strategia di Lisbona in questo contesto. Non posso fare altro che incoraggiarvi a proseguire il dialogo e offrirvi il sostegno della Commissione. La presente Assemblea e i parlamenti nazionali sono gli attori fondamentali di questo dibattito perché, tutti insieme, rappresentano i cittadini europei. Non potremo riuscire nelle riforme necessarie senza un ampio sostegno da parte dei cittadini, che saranno i beneficiari ultimi dei nostri sforzi.
(EN) E’ stato un Consiglio europeo che ha elaborato una visione, ma dotato anche di senso pratico. A ciascuno ha lasciato un elenco di compiti da svolgere per i mesi a venire. E soprattutto ha assegnato alla Commissione un chiaro mandato finalizzato all’azione per i prossimi mesi, e vorrei ringraziare in particolare il Cancelliere Schüssel per il suo lavoro e il suo spirito di gruppo, per la sua comprensione, per come ha sostenuto il ruolo della Commissione e la necessità di dare coerenza e continuità nel tempo al lavoro che coinvolgerà diverse Presidenze del Consiglio dell’Unione europea. L’orientamento al partenariato tra Consiglio, Commissione e Parlamento è essenziale. Senza questo spirito e questa cooperazione non saremo in grado di compiere progressi effettivi.
Un ambito in cui il ruolo del Parlamento è già stato decisivo per trovare un compromesso era ed è precisamente quello della direttiva sui servizi. E’ occorso un po’ di tempo per convincere i capi di Stato e di governo, ma alla fine il Consiglio europeo ha accordato il suo sostegno alla linea concordata con il Parlamento, che godeva anche del nostro supporto.
Forse ricorderete che fin dall’inizio io e la Commissione abbiamo affermato che, se vi fosse stato un consenso effettivo e chiaro da parte del Parlamento, saremmo stati disponibili a collaborare con voi alla risoluzione del problema della direttiva sui servizi. Ieri vi abbiamo presentato la nostra proposta modificata, che, come vedete, rispecchia appieno il compromesso sostenuto da un’ampia maggioranza in quest’Aula a febbraio. Il testo rivisto mantiene un equilibrio tra l’urgente necessità di liberare l’intero potenziale del mercato interno dei servizi e la conservazione del modello sociale europeo.
Parallelamente, abbiamo presentato la comunicazione, che offre indicazioni chiare sull’applicazione delle norme comunitarie in merito al distacco di lavoratori. Per quanto riguarda la libertà di circolazione dei lavoratori, vorrei inoltre spendere qualche parola di lode per l’annuncio fatto da diversi Stati membri in seguito alla relazione della Commissione per quanto riguarda l’anticipazione della fine del periodo transitorio per la libera circolazione dei lavoratori. Dopo l’Irlanda, il Regno Unito e la Svezia, ora anche la Finlandia, la Spagna e il Portogallo, e da pochissimo i Paesi Bassi, hanno espresso la volontà di anticipare tale libertà di circolazione dei lavoratori, ed è questo il modo in cui possiamo avere davvero un’Europa allargata che funziona.
Daremo inoltre seguito a questa versione modificata della direttiva sui servizi con una comunicazione sui servizi sociali di interesse generale. Stiamo lavorando intensamente anche ai servizi sanitari. Sulla base del testo presentato, mi aspetto che Consiglio e Parlamento concludano rapidamente la procedura legislativa.
Vorrei inoltre citare tre settori in cui credo che il Consiglio europeo abbia preso decisioni che avranno conseguenze concrete e durature. Innanzi tutto, le aziende: tutti sappiamo che per creare nuova occupazione dobbiamo rivolgerci alle aziende e alle PMI, perché creano la maggior parte dei nuovi posti di lavoro. La decisione di ridurre la burocrazia per le nuove imprese è un segno che l’Europa si sta aprendo al mondo degli affari. Per quanto riguarda le PMI, mi ha fatto piacere che l’approccio della Commissione alle norme sugli aiuti di Stato e sulla riduzione degli oneri amministrativi abbia ricevuto sostegno. Porteremo avanti rapidamente questo lavoro.
In secondo luogo, la conoscenza: la proposta di un Istituto europeo per la tecnologia ha sollevato qualche discussione. Bene. Lo considero un segno dell’effettiva importanza dell’IET. Un fiore all’occhiello dell’eccellenza europea nel campo dell’istruzione, della ricerca e dell’innovazione è un’idea veramente nuova che per funzionare necessita di immaginazione e slancio. Con il benestare del Consiglio europeo, ci impegneremo per elaborare progetti e per dimostrare che l’Istituto europeo per la tecnologia sarà un effettivo catalizzatore di conoscenza e crescita in Europa.
Come ho detto nell’introduzione, il Consiglio europeo ha prestato particolare attenzione all’energia. Ha avviato l’Unione verso un’autentica politica energetica per l’Europa. Ha appoggiato il triplice obiettivo del Libro verde: energia sostenibile, competitiva e sicura. Inoltre ha sancito le misure concrete da prendere, tra cui alcune delle 20 proposte specifiche enunciate nel Libro verde della Commissione: un vero mercato interno dell’energia, una politica esterna coerente, effettivo sostegno all’efficienza energetica e alle risorse rinnovabili. L’audace programma per l’energia della Commissione ora è molto fitto. Di conseguenza, credo fermamente che verranno predisposte misure specifiche. Era importante che non si trattasse di un episodio isolato. Adesso va molto di moda parlare di energia, e ora gli Stati membri accettano ciò che, detto francamente, due anni fa sarebbe stato impossibile accettare: la necessità di una strategia comune.
Perciò, per il Consiglio europeo di giugno, come ha detto il Cancelliere Schüssel, la Commissione e l’Alto rappresentante presenteranno alcune idee sulla dimensione esterna della politica energetica. Abbiamo deciso di sottoporre la questione a costante revisione, monitorandola ogni anno in seno al Consiglio di primavera. Era importante per motivi di coerenza.
Dopo tutte le questioni interne che ho citato, il Consiglio europeo è riuscito anche a inviare un forte messaggio d’impegno circa la situazione bielorussa. La Commissione sta lavorando alacremente con il Consiglio al fine di promuovere il rafforzamento della società civile in Bielorussia e di sostenere i mezzi di comunicazione indipendenti in modo che l’accesso ai media dei cittadini bielorussi sia libero da censure e dal controllo di un governo che non rispetta i principi fondamentali di uno Stato democratico.
Ora ci muoviamo nella giusta direzione. Trasformiamo le parole in azioni. Sappiamo ciò che dobbiamo fare; abbiamo concordato di farlo, e ora procediamo a realizzarlo. Stiamo operando in collaborazione con il Parlamento europeo, il Consiglio e gli Stati membri, nonché le imprese, i sindacati, i consumatori e i cittadini di tutta Europa. Credo che questo sia l’unico modo di produrre più crescita e nuovi posti di lavoro. Credo sia il modo giusto per uscire da una situazione molto negativa per l’Europa.
Come ho detto poc’anzi, ora in Europa vi è un certo scetticismo, talora cinismo. Il modo giusto di cambiare le cose è ottenere risultati concreti, risolvere il problema della direttiva sui servizi, come abbiamo fatto e stiamo facendo, definire le prospettive finanziarie, come spero si farà. Ora non intendo esprimere commenti al riguardo, perché l’ho fatto con le mie osservazioni introduttive. Dunque, se riusciremo a ottenere dei risultati, creeremo l’atmosfera migliore per trovare una soluzione ai problemi istituzionali che vanno affrontati e per dare nuovo slancio all’Europa. E’ il nostro compito. Dobbiamo fare di più per portarlo a termine.
(Applausi)
Hans-Gert Poettering, a nome del gruppo PPE-DE. (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Presidente della Commissione, onorevoli colleghi, il Presidente del Consiglio, il Cancelliere Schüssel, ha parlato della responsabilità che le Istituzioni europee hanno in comune, e il Presidente della Commissione ha appena parlato di azioni. Rivolgendomi in particolare al Presidente dell’Assemblea, posso dire che la mia impressione è che noi termine con cui intendo voi tre e l’intero Parlamento europeo oggi ci troviamo in una situazione in cui si fa sentire il senso di comunione e di responsabilità condivisa rispetto al futuro dell’Unione europea. E’ mia profonda convinzione che questa sia una buona occasione di ripristinare mediante azioni visibili la mentalità che rende quest’Unione europea appetibile a coloro che vi vivono, e di farlo riferendosi anche ad altre questioni che non sono in discussione quest’oggi, quali il Trattato costituzionale, per il quale dobbiamo trovare una soluzione. Questa è nostra responsabilità comune.
Sono molto lieto di osservare che il Presidente in carica del Consiglio lavora con impegno, insieme al Parlamento e alla Commissione, al comune destino dell’Europa, e lo fa senza ostentazione ma con professionalità ed efficienza, sostenuto dalla sua fiducia nell’Europa. I cittadini, spesso a torto, considerano Bruxelles il simbolo della burocrazia. Riusciremo nei nostri intenti e in questo caso mi rivolgo in particolare alla Commissione se condurremo il processo di Lisbona a una conclusione valida, spiegando chiaramente che vogliamo meno burocrazia; ciò che desideriamo è un mercato interno più libero, perché più è forte il mercato interno, più riusciremo ad aprire il mercato nell’Unione europea obiettivo, questo, per il quale la direttiva sui servizi è uno strumento importante con minor regolamentazione, minori sovvenzioni e maggior concorrenza, in modo da diventare ancor più competitivi sui mercati mondiali. Ne consegue che dobbiamo aspirare a una minor quantità di leggi e a una maggiore libertà per le imprese, in particolare per le PMI, perché, quanta meno burocrazia vi è, tanto più bassi sono i costi che le PMI devono affrontare e tanto maggiore è la capacità di creazione di posti di lavoro. E’ questo ciò che più conta, perché non stiamo parlando di economia in astratto, ma di cittadini dell’Unione europea, ed è per questo motivo che sono lieto che il Presidente in carica del Consiglio abbia poc’anzi parlato dei giovani, perché di fatto la cosa peggiore è che i giovani non abbiano alcuna prospettiva, condizione che dobbiamo evitare con ogni mezzo a nostra disposizione.
Per quanto riguarda la politica in materia di energia, abbiamo sentito che il governo polacco, che non dà prova di grande impegno nei confronti dell’Europa, si aspetta la solidarietà europea in materia di politica energetica. Dico che la Polonia ha ragione, perché l’Unione europea si fonda sulla solidarietà. Abbiamo bisogno di una politica europea in materia di energia, ma vorrei dire al governo polacco che, se chiede solidarietà in quest’ambito, dovrebbe dimostrare altrettanta solidarietà quando si tratterà del futuro degli elementi, dei contenuti e dei principi del Trattato costituzionale. La solidarietà non è una via a senso unico, ma è una strada lungo la quale continuiamo a incontrarci. Abbiamo bisogno della solidarietà reciproca per il futuro dell’Europa.
Essendo il tempo a mia disposizione quasi finito, vorrei esprimere un’osservazione conclusiva: forse dobbiamo riflettere un po’ su come l’Assemblea e i capigruppo possono esprimersi in modo adeguato; non occorre che il tempo di parola sia lungo quanto quello del Presidente in carica del Consiglio e del Presidente della Commissione, ma che sia distribuito in modo opportuno.
Signor Presidente, l’Assemblea ha appena dato il benvenuto ad Alexander Milinkevich. E’ stato il mio gruppo a invitarlo espressamente in Aula quest’oggi. Nel discutere di energia e di economia, non dobbiamo mai dimenticare quali sono le nostre fondamenta, ossia i valori, i diritti umani e la dignità umana, che sono il motivo per cui prendiamo posizione a favore della democrazia in Bielorussia. E’ questo modo di agire che rende credibile la nostra difesa dei diritti umani in Europa e in tutto il mondo.
(Applausi)
Martin Schulz, a nome del gruppo PSE. (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Presidente della Commissione, nel valutare il Consiglio europeo, occorre dire alcune cose in suo favore, poiché l’ultima volta in cui si è riunito ha dato prova di avere la volontà di infondere nuova linfa al progetto europeo, elemento del quale prendiamo atto con soddisfazione. Prima dell’ultima riunione del Consiglio, l’onorevole Poul Nyrup Rasmussen, presidente del PSE, ha presentato a nome del gruppo un piano d’azione per la crescita e l’occupazione che avevamo elaborato insieme ai ministri socialisti dell’Economia e delle Finanze. Al centro di tale piano d’azione vi è l’utilizzo di investimenti statali e della spesa pubblica quali mezzi per stimolare le spese private, esattamente lo stesso procedimento che lei ha citato quando ha detto che le risorse messe a disposizione dalla Banca europea per gli investimenti sarebbero state usate a tale scopo. Si tratta di un orientamento socialista valido, e nell’adottarlo può contare sul nostro sostegno.
Per quanto riguarda la politica energetica, argomento su cui vorrei ritornare, dal momento che è al centro della sua relazione sul Consiglio europeo, si dà effettivamente il caso che occorra una strategia europea comune in quest’ambito, e il primo elemento di cui prendere nota quando prenderemo in considerazione tale strategia è che gli Stati membri decidano da sé la propria politica energetica. Vorrei ribadire questo concetto. Lei ha nuovamente spiegato che, nel momento in cui la Russia ha chiuso il rubinetto del gas, lei si trovava al concerto di Capodanno, seduto accanto al Cancelliere federale tedesco. Non so se esista una relazione di causa ed effetto tra i due eventi, ma è una questione su cui possiamo sorvolare. Forse potrebbe farmi il favore di dirle, non al prossimo concerto di Capodanno, ma la prossima volta che la vede: “Angela, fa’ come me e lascia perdere la politica energetica”. Per quanto riguarda l’energia nucleare, è la cosa giusta da fare, e se la farà otterrà ampio sostegno, non solo dai cittadini del suo paese, ma anche in Germania.
La questione fondamentale riguarda il modo in cui applichiamo la solidarietà alla gestione della politica energetica. Il Consiglio deve prendere una decisione al riguardo, e non può fare come l’asino di Buridano, che, trovandosi tra due mucchi di fieno, alla fine è morto di fame perché non sapeva da quale mangiare. E’ questo che mi ricorda il Consiglio in quasi tutti i settori, perché il problema è sempre lo stesso. Udiamo il Consiglio pronunciare belle parole su ciò che deve fare l’Europa, e quando i suoi membri i capi di Stato e di governo come lei vanno a casa, si dimenticano gli impegni presi per l’Europa e rispondono solo ai cittadini dei loro paesi. E’ proprio questa, in breve, la crisi europea; è questo ciò che le Istituzioni devono superare insieme. Il Parlamento europeo sta facendo la sua parte. Abbiamo messo insieme una direttiva sui servizi ragionevole, la cui adozione da parte della Commissione è stata annunciata ieri, e a mio avviso uno dei momenti culminanti dell’ultima riunione del Consiglio è stata la dichiarazione unanime da parte del Consiglio che ne avrebbero fatto uno dei capisaldi della propria posizione comune. E’ un buon segno. Dimostra che l’Europa, sotto la guida dell’Assemblea, fa progressi. Peccato che non si possa lasciare tutto solo nelle mani di Consiglio e Commissione, perché continueremo a starvi alle calcagna.
Un ultimo commento, Presidente Schüssel, devo ammettere che tutto appare positivo nella fase intermedia; la Presidenza austriaca sta lavorando bene. Oggi, ancora una volta, con numerose osservazioni, e lei sa bene a cosa mi riferisco, ha accennato ad alcuni aspetti di ciò che si deve fare nelle prossime settimane. Tutto sommato, lei è molto abile: ha assicurato a Silvio Berlusconi la sua disponibilità ad aiutarlo a salvare l’Europa dal comunismo, per poi incontrarsi con Romano Prodi un paio d’ore più tardi. Lei sa come conciliare interessi diversi in modo da trarne profitto. Se tutti potremo approfittare di quest’abilità per il bene dell’Unione europea, saremo di certo al suo fianco.
(Applausi)
Graham Watson, a nome del gruppo ALDE. (EN) Signor Presidente, i cinici in seno al gruppo ALDE dicono che il Consiglio del mese scorso sarebbe potuto andare peggio. Ci congratuliamo con gli austriaci per aver evitato lo scontro. Le conclusioni della Presidenza sono state, come spesso accade, promesse di riforma economica in proporzione inversa agli atti di riforma economica. Tuttavia gli ottimisti che si trovano nelle nostre file notano che il tono di queste conclusioni della Presidenza è diverso. Come disse Mark Twain della musica di Wagner: “Non è brutta come sembra”. Anche i Primi Ministri socialisti hanno ammesso che i giochi sono aperti, che il mercato deve espandersi per darci crescita e prosperità. Tutti i membri del Consiglio hanno accolto con favore l’idea che la politica ambientale può dare un contributo importante all’occupazione e alla crescita.
Stiamo facendo passi avanti che, uniti alla prospettiva di un accordo interistituzionale sulle prospettive finanziarie e sulla crescita economica che ora si profila, infondono nuova speranza per l’Unione. Mi compiaccio in particolare della decisione che la Commissione ha preso questa settimana di adire le vie legali contro coloro che ignorano le norme della liberalizzazione, perché è di simili azioni che abbiamo bisogno da parte della Commissione per andare avanti.
L’Unione europea ha notevoli capacità di recupero. Può capitare che non si facciano progressi in un settore, ma compaiono da qualche altra parte: una politica energetica per l’Europa, un bel passo avanti; oppure altri paesi che vogliono aderire all’area dell’euro. L’impulso per lo sforzo comune forse viene dalle sfide provenienti dall’esterno, piuttosto che dalle motivazioni interne. Mi auguro però che la Presidenza austriaca e quella finlandese che le succederà possano portare avanti questo nuovo spirito, aiutandoci a ricostruire una base costituzionale su cui fondare l’Unione per il futuro.
Il mio gruppo ritiene che sia ora di ridimensionare l’importanza attribuita dal Consiglio di primavera alla riforma economica. Occorrono tre Consigli l’anno. Occorre discutere di altre questioni, importanti come quella della Bielorussia. Si sarebbe potuto parlare, come hanno proposto alcuni Stati membri, del problema della Baia di Guantánamo, dove sono tuttora detenuti cittadini comunitari. La riluttanza a turbare gli americani ha fatto sì che ciò non avvenisse. Facciamo sì che da simili Consigli venga un po’ più di spirito europeo.
Incominciamo a ricostruire l’Unione con la partecipazione attiva degli Stati membri. Troppo spesso in anni recenti abbiamo visto a Roma, Parigi, Londra e persino a Berlino tentativi di scucire il metodo comunitario, di strappare l’Europa in due lungo le cuciture capitali nazionali che rischiano di promuovere l’anarchia globale in nome della tutela della sovranità nazionale.
Mi ha sorpreso molto vedervi, Presidente Schüssel e onorevole Poettering, insieme a tutto il bel mondo del PPE di Roma, sostenere la campagna per la rielezione di un Primo Ministro che ha minato i valori dell’Europa ad ogni occasione…
(Applausi)
ostacolando i progressi nella cooperazione giudiziaria, e persino nei procedimenti giudiziari; oltrepassando i limiti della decenza, della libertà e dell’indipendenza dei media, o persino dei sistemi elettorali; utilizzando la Presidenza dell’Unione europea per abbracciare Vladimir Putin, ignorando le azioni russe in Cecenia. Il Partito popolare europeo si dice a favore dell’Europa, ma un partito favorevole all’Europa non agisce in questo modo.
(Mormorii)
Se domenica gli italiani voteranno in modo saggio, a Roma vi sarà un governo favorevole all’Europa che forse potrà collaborare con il nuovo governo di Berlino per ripristinare l’equilibrio di cui abbiamo bisogno in seno all’Unione e iniziare a ridare stabilità all’Europa.
(Applausi)
Pierre Jonckheer, a nome del gruppo Verts/ALE. (FR) Signor Presidente, Presidente Barroso, Presidente Schüssel, Vicepresidente Winkler, Vicepresidente Barrot, non vorrei suscitare un nuovo intervento da parte dell’onorevole Schulz dicendogli che il mio gruppo potrebbe senz’altro concordare con le osservazioni sulla situazione italiana pronunciate poc’anzi dall’onorevole Watson.
Detto questo, il Presidente Barroso ha giustamente affermato che i cittadini attendono risultati e che la legittimità dell’Unione europea deriva dall’obbligo di dare questi risultati. Innanzi tutto, però, occorrono strumenti e risorse. A questo proposito, vorrei rivolgermi al Presidente Schüssel e al Consiglio perché di fatto stiamo discutendo delle conclusioni del Consiglio e presentare loro tre proposte.
La mia prima proposta riguarda il bilancio comunitario, di cui si è discusso poco fa. Credo vada solo ribadito che tale bilancio è insufficiente e incoerente in relazione agli obiettivi di Lisbona. Le proposte attualmente in discussione sono 110 miliardi di euro al di sotto della cifra proposta dal Parlamento e 200 miliardi di euro al di sotto della cifra proposta dalla Commissione. Il mio primo suggerimento è che dobbiamo dunque accelerare i lavori in merito alle risorse proprie dell’Unione europea, come lei stesso ha sottolineato.
Il secondo suggerimento riguarda il ruolo della Banca europea per gli investimenti. Reputo interessante ciò che si è deciso, Presidente Schüssel. 30 miliardi di euro vanno benissimo, ma in realtà ne servirebbero dieci volte tanto, secondo le stime degli economisti. Da questo punto di vista, penso che il Consiglio non debba isolarsi e accettare di aprire un dibattito sugli obblighi del governo europeo. Dobbiamo mobilitare il risparmio del vasto pubblico in Europa per finanziare sia le reti di trasporto sostenibile che l’ecoefficienza. Per cominciare, si potrebbe fare nell’ambito dell’area dell’euro: le conclusioni del Consiglio si riferiscono a questo. La reputo una questione importante.
In conclusione, il mio terzo suggerimento: credo che il dibattito in seno al Consiglio in merito all’elaborazione di regimi fiscali nei paesi europei debba davvero essere portato avanti. Come ben sapete, nei prossimi 20 anni affronteremo il problema di finanziare i sistemi di sicurezza sociale in quasi tutti i paesi europei. Se continuiamo a non prendere misure decisive che permettano l’esazione fiscale su base mobile, anche a livello europeo il che, aggiungerei, ci riporta alla questione delle risorse proprie la situazione attuale permarrà, con maggiori disuguaglianze nella distribuzione dei redditi nonché l’incremento del numero di poveri che le reti di sicurezza sociale non riusciranno più a sostenere.
Ecco i miei tre suggerimenti, Presidente Schüssel. Mi auguro che il Consiglio, sotto la sua Presidenza e sotto le successive, prenda in esame tali proposte.
PRESIDENZA DELL’ON. McMILLAN-SCOTT Vicepresidente
Ilda Figueiredo, a nome del gruppo GUE/NGL. (PT) Esaminando le conclusioni del Consiglio di primavera e confrontandole con ciò che accade realmente nelle nostre economie e società, l’unica conclusione cui si può giungere è che lo scarto tra le politiche e i cittadini si sta ampliando.
Dove sono le misure concrete volte ad affrontare l’esigenza di raddoppiare la crescita economica e i posti di lavoro provvisti di diritti, al fine di raggiungere i livelli del 2000? Dove sono le risposte alla disoccupazione, che riguarda il 18,5 per cento dei giovani in età lavorativa sotto i 25 anni e circa il 10 per cento delle donne in età lavorativa? Dove sono le risposte alla crescita del lavoro precario e mal pagato, in un momento in cui il 32 per cento delle donne che lavorano hanno un impiego solo a tempo parziale e più del 43 per cento dei giovani lavoratori hanno solo un contratto temporaneo senza alcuna prospettiva futura?
La verità è che le uniche risposte avanzate sono state le poche e vaghe promesse circa i posti di lavoro, senza alcun riferimento alla qualità di tale lavoro o alle misure pratiche per ottenerlo, e questo è il sintomo più vistoso delle crescenti tensioni in numerosi paesi comunitari.
E’ particolarmente sconvolgente che non vi siano state risposte alla povertà, che colpisce più del 15 per cento della popolazione, e che la povertà non sia stata ritenuta una grave violazione dei diritti umani. Commissione, Consiglio e Stati membri dovrebbero pertanto considerare l’inclusione sociale quale compito estremamente urgente, ma si dà il caso che non sia così in questo momento. Vorrei quindi lanciare una sfida. Occorre un’inversione di marcia, che ponga l’accento sulle politiche di coesione economica e sociale.
Brian Crowley, a nome del gruppo UEN. (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare il Presidente in carica del Consiglio e il Presidente Barroso per gli interventi pronunciati oggi in Aula.
Innanzi tutto, però, vorrei dire che deploro nel modo più assoluto il modo in cui stamani, nel corso del dibattito, l’Assemblea è stata usata ai fini delle elezioni politiche nazionali. Se in seno al Parlamento non riusciamo a dar prova di sufficiente maturità per affrontare le questioni reali del Vertice e del Consiglio europeo, anziché tornare a battibecchi di politica di partito tra diversi individui, allora il comportamento dell’Assemblea è davvero deplorevole. In effetti, dalla riunione del Consiglio europeo sono emersi molti elementi positivi che dobbiamo promuovere con molta decisione, in particolare gli impegni presi per: l’aumento delle opportunità di lavoro e dell’incremento della somma di denaro da destinare a ricerca e sviluppo; l’assistenza allo sviluppo dell’apprendimento e dell’istruzione permanente e dei programmi di formazione; l’utilizzo delle risorse a disposizione della Banca europea per gli investimenti per avviare le PMI e dar loro l’opportunità di creare i posti di lavoro, la ricchezza e la crescita economica necessari all’interno dell’Unione europea. Le nuove politiche generali che stiamo cercando di mettere a punto prevedono un regime comune per l’energia, che naturalmente riconosca agli Stati membri il diritto di rispondere alle proprie questioni energetiche, ma che individui anche gli ambiti in cui i singoli Stati membri possono cooperare reciprocamente per garantire risorse minime per la sicurezza, i collegamenti, il controllo sull’uso adeguato dei finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo in materia di energia rinnovabile e in particolare di biocarburanti.
Nel tentativo di tutelare l’ambiente, riducendo nel contempo la dipendenza da carburanti importati, potremmo utilizzare nuove colture energetiche per alimentare tutti i trasporti pubblici nell’Unione europea, se volessimo. Potremmo usare l’energia solare per riscaldare le case, se volessimo. Potremmo sfruttare la biomassa per riscaldare le fabbriche, le scuole e gli ospedali, se volessimo. Questo però ci impone di fare investimenti affinché si possa garantire che la tecnologia sia a disposizione di tutti e, attraverso le imposte, accordare la preferenza alle energie meno dannose per l’ambiente, come abbiamo fatto con l’introduzione della benzina senza piombo molti anni fa.
Guardando il lato positivo, ieri abbiamo visto in quali ambiti il Parlamento può dare risposte. Per quanto riguarda la direttiva sui servizi e le prospettive finanziarie, il Parlamento è disposto ad agire come un organismo politico per assicurare di poter ottenere risultati a nome dei cittadini europei, in collaborazione con le altre Istituzioni.
Tuttavia, e questo è il lato negativo, quando parliamo di PMI e di incoraggiare una maggiore crescita nella ricerca e nello sviluppo e proponiamo la splendida idea di un Istituto europeo per la tecnologia e la conoscenza, l’unico elemento che manca in tutto questo è un quadro giuridico comunitario adeguato per la tutela dei diritti di proprietà intellettuale, perché le società e le imprese non investiranno in ricerca e sviluppo senza garanzia di protezione per le loro idee. In seno all’Unione europea abbiamo fallito miseramente nella costruzione di un adeguato quadro giuridico che permetta l’utilizzo di tale denaro insieme ai finanziamenti pubblici disponibili. Abbiamo mantenuto gli impegni presi, ora dobbiamo fare in modo di poter mantenere le promesse future per le future generazioni d’Europa.
Georgios Karatzaferis, a nome del gruppo IND/DEM. (EL) Signor Presidente, abbiamo udito alcune osservazioni del Presidente della Commissione. Commenterò l’espressione che ha usato quando ha detto che dobbiamo superare le nostalgie nazionalistiche; senza dubbio ha utilizzato la parola “nazionalistiche” per far apparire spaventose le nostalgie nazionali.
Non abbiamo tuttavia insegnato la nostalgia nazionale ai popoli d’Europa quando il comunismo e l’internazionalizzazione regnavano sovrani? In opposizione alla internazionalizzazione del comunismo, abbiamo coltivato le nostalgie nazionali nei cittadini. Abbiamo chiamato la Società delle nazioni “Società delle nazioni”, non “Società degli Stati”; abbiamo chiamato l’ONU “Organizzazione delle Nazioni Unite”, non “Organizzazione degli Stati Uniti”, proprio perché coltivassero le nostalgie nazionali.
Ora diciamo loro di eliminare queste nostalgie, proprio perché dobbiamo favorire la globalizzazione, che costituisce l’altra faccia dell’internazionalizzazione. E’ questa la verità, e quando si parla di una politica energetica comune, significa che si costringono gli Stati a rinunciare ad avere una propria politica energetica nazionale. Il fatto di non avere una propria politica energetica nazionale impedisce agli Stati di avere relazioni migliori con gli Stati del Golfo, che hanno il petrolio, o con la Russia, che ha l’energia. Di conseguenza, si fanno prigionieri tutti i popoli, tutti gli Stati e, naturalmente, i cittadini lo capiscono ed è per questo che reagiscono.
Leopold Józef Rutowicz (NI). (PL) Signor Presidente, il miglioramento dell’economia europea e del tenore di vita dei cittadini dipende dal fatto che tutti gli attori economici diano buona prova di sé sul mercato globale. A tale scopo è necessario che tutte le Istituzioni europee, che sono piuttosto lente, lavorino in modo efficiente. Occorre inoltre che le risorse disponibili vengano concentrate sulle riforme interne. Le disposizioni giuridiche e le procedure operative interne vanno regolate secondo le necessità attuali. Di conseguenza, chiedo che i cambiamenti proposti dal Presidente vengano adottati mediante procedura d’urgenza.
Vorrei sottolineare che le prospettive finanziarie potrebbero essere migliori e che si registrano notevoli cali in vari settori dell’economia. Tali questioni vanno affrontate alla prima occasione. I problemi relativi a numerosi settori dell’economia, tra cui l’agricoltura, vanno semplicemente affrontati con urgenza, come pure, tra gli altri, quello dell’energia. In questo modo, in futuro l’economia europea potrebbe svilupparsi in modo soddisfacente.
Othmar Karas (PPE-DE). (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Presidente della Commissione, onorevoli colleghi, è una sensazione che abbiamo tutti: sono momenti positivi per l’Unione europea! La direttiva sui servizi e le prospettive finanziarie sono in dirittura d’arrivo, il bilancio della Presidenza per la prima metà del semestre è positivo, e vi sono molti vincitori, tra cui le PMI, i giovani, i progetti della rete transeuropea e molti altri.
Ricordiamoci che il Vertice dell’anno scorso è stato un insuccesso, le discussioni sono state dominate da accuse e contraccuse e tutti dicevano che l’Unione europea era in crisi. Sei mesi fa il Vertice è stato rifiutato; l’Unione europea sembrava paralizzata, i risultati erano scarsi, e un’ampia maggioranza dell’Assemblea ha respinto gli esiti del Vertice di dicembre. Che cosa accade, dunque, oggi? Il Parlamento ha dimostrato la propria capacità di agire da motore trainante; nessuna delle tre Istituzioni ha gettato la spugna, e il Consiglio è ancora una volta in grado di negoziare e di portare a termine i propri compiti. Insieme, abbiamo riportato l’Unione europea sulla retta via; lo sentiamo tutti. Non possiamo, e di certo io non voglio farlo, scindere questo successo dalla Presidenza del Consiglio e dal suo Presidente, Wolfgang Schüssel. La sua esperienza, la sua professionalità, il suo modo di lavorare, la sua abitudine di intraprendere azioni anziché fare discorsi ci hanno avvicinati tutti e hanno reso possibile il risultato di oggi. Gliene siamo grati, e in quanto austriaci possiamo esserne orgogliosi.
Le prospettive finanziarie hanno portato alla ridistribuzione di un totale di 7,9 miliardi di euro; insieme a ciò che è emerso dal Vertice, la direttiva sui servizi ci offre il programma più forte per la crescita e la creazione di posti di lavoro degli ultimi anni a questa parte. Vi è ancora molto lavoro da svolgere, in modo da tradurre in azioni gli obiettivi che ci siamo prefissi.
Hannes Swoboda (PSE). (DE) Signor Presidente, vorrei attenermi ai fatti. Un fatto è che senza dubbio vi sono stati progressi sul fronte della politica energetica, in ogni caso per quanto riguarda l’ultimo Consiglio, ma ciò di cui dobbiamo occuparci ora, signor Presidente in carica del Consiglio, è l’attuazione. Vorrei che ci si preoccupasse molto di più dell’attuazione e dell’infrastruttura. Si è già parlato di Poul Rasmussen e delle sua iniziativa.
Lunedì abbiamo adottato le direttive sulle reti energetiche transeuropee; ora dobbiamo procurarci il denaro per realizzarle. Poiché il bilancio europeo dispone di risorse troppo scarse a questo scopo, dobbiamo trovare bilanci nazionali che diano il proprio contributo. Ha detto che siamo tutti nella stessa barca, e che tutti dobbiamo remare; non vedo tutti pronti ai remi in questo momento, ma mi auguro che così accadrà.
Per quanto riguarda gli elementi di politica estera e a questo proposito mi rivolgo alla Commissione avanziamo questa richiesta fin da quando la Commissione è stata nominata ed è entrata in carica. Tale risposta si fa aspettare, ma sta arrivando, e spero che riceveremo qualche dichiarazione in questo primo semestre dell’anno.
Il Presidente in carica del Consiglio ha giustamente detto che la politica in materia di energia nucleare è di competenza degli Stati nazionali. Pur concordando naturalmente con l’orientamento austriaco, le questioni della sicurezza e della proliferazione nonché il ritorno dell’energia atomica avranno un ruolo fondamentale da svolgere, ed è a questo proposito che vorrei vedere maggiori sforzi.
Scienza e ricerca: l’elenco accluso alle conclusioni del Consiglio è un triste spettacolo. Due paesi, Svezia e Finlandia, sono nettamente in testa, ed è grazie a loro che raggiungiamo il 3 per cento. Neanche in Austria, purtroppo, raggiungiamo il 3 per cento. Anche in quest’ambito dobbiamo remare tutti, in particolare chi tra noi ha le entrate più alte e maggior peso economico deve remare con più intensità, in modo da farci raggiungere il 3 per cento cui miriamo.
Il mio ultimo commento riguarda la direttiva sui servizi. Ringrazio per il sostegno che mi è stato accordato. Tale testo sarà un elemento essenziale dell’Europa sociale, a patto che riusciamo a farla approvare da quest’Assemblea e che lei riesca a farla approvare in seno al Consiglio. E’ assolutamente fondamentale. Lei ha fatto riferimento ai datori di lavoro, ma non a quelli del settore cooperativo, che di per sé ha un’importanza vitale, né, soprattutto, alle organizzazioni rappresentative dei lavoratori, che hanno contribuito molto alla creazione dell’Europa sociale.
Alexander Lambsdorff (ALDE). (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, è vero, il Vertice di primavera non è stato un insuccesso, ma è ricaduto in errori già commessi in passato che a mio avviso meritano qualche critica.
La promessa di 10 milioni di nuovi posti di lavoro in fin dei conti ricorda molto il primo Vertice di Lisbona. Il rilievo dato ai giovani è anch’esso piuttosto retorico e, a giudicare dal modello francese, i giovani non sembrano essersene accorti un granché. Reputo il Fondo di adeguamento alla globalizzazione un compenso per coloro che respingono la riforma; promuovere il cambiamento strutturale è il motivo dell’esistenza delle politiche strutturali e di coesione.
Anche l’onorevole Schulz ha ragione ad affermare che gli Stati membri non fanno la propria parte. Nel corso di un Vertice sull’energia svoltosi ieri a Berlino, si è discusso di tutto fuorché dell’apertura dei mercati dell’energia elettrica e del gas. Non ci si deve aspettare molto dagli Stati membri su questo fronte, ed è quindi tanto più incoraggiante che la Commissione alla fine si getti nella mischia avviando procedimenti contro gli Stati membri, soprattutto contro la Francia, per via del protezionismo sui mercati energetici.
La risposta necessaria, dunque, non è agire come in passato e fare promesse, ma permettere una maggiore concorrenza, e il fatto che alla fine la Commissione intervenga a questo scopo è motivo di speranza. Vorrei aggiungere che a mio avviso questa discussione dovrebbe svolgersi a Bruxelles e non a Strasburgo.
Claude Turmes (Verts/ALE). (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, all’Europa occorre una nuova politica in materia di energia e di trasporti. Al Presidente Schüssel direi che è ancora da vedere se optare per un incremento del 20 per cento dell’efficienza energetica e per il 15 per cento di energia rinnovabile equivalga a una svolta. Dal canto mio, sono convinto che ciò che più conta al riguardo è la necessità di una nuova cultura in materia di energia e di trasporti. Che cosa intendo con questo?
Se è davvero l’efficienza che vogliamo, dobbiamo allearci ad artigiani e banche per poter infine fare progressi nell’ambito degli edifici. Occorre un’alleanza tra le principali città per poterle rendere di nuovo luoghi accoglienti e gradevoli in cui vivere; dobbiamo diminuire il traffico e muoverci pur consumando una minore quantità di petrolio. Il motivo per cui questa iniziativa, a mio avviso, non rende sufficiente giustizia a queste considerazioni è che la Commissione si affida troppo alle grandi imprese anziché a un’alleanza con le PMI e con il grande pubblico.
Ho tre domande specifiche da porre al Cancelliere Schüssel. La prima riguarda la ricerca in materia di energia. Come intende spiegare ai cittadini austriaci e alle PMI austriache che nel quinto programma per la ricerca spenderemo o intendiamo spendere per l’energia nucleare una cifra cinque volte superiore a quella destinata alle fonti di energia rinnovabile? Come propone di portare avanti un dibattito sulla questione nucleare in Austria e in Europa quando il Presidente Barroso ha eliminato dal Libro verde qualunque riferimento al “rischio” relativo all’energia atomica? Al Presidente Barroso devo dire che in un dibattito libero dalle ideologie si discute anche dei rischi associati al nucleare.
Presidente Schüssel, la responsabilità dell’oggettività del nostro dibattito è nelle sue mani, e non può semplicemente farsi scudo dell’indipendenza nazionale.
Helmuth Markov (GUE/NGL). (DE) Signor Presidente, se alla strategia di Lisbona applichiamo un duplice approccio, considerandola prima quale parte del bilancio e poi attraverso i progetti nazionali, mi viene effettivamente da chiedermi se il compromesso per cui attualmente ci battiamo nell’ambito del bilancio europeo basterà davvero a rendere disponibili le risorse necessarie. A mio avviso tale compromesso non sarà sufficiente, non più di quanto lo saranno i bilanci nazionali, se avete cura di dar loro un’occhiata. I finanziamenti necessari per ricerca e sviluppo, per formazione e istruzione, non vengono semplicemente reperiti come dovrebbero.
Nel corso del Vertice, lei ha detto che occorre fare di più per il settore delle PMI, e ha fatto bene, ma se vogliamo fare qualcosa per tale settore, se vogliamo creare posti di lavoro, si deve fare qualcosa per provocare un aumento degli investimenti pubblici, ed è un triste dato di fatto che tali investimenti non stanno crescendo, non negli Stati membri. Si deve fare qualcosa per accrescere la domanda interna, il che non si può fare tagliando le entrate, tentando di allungare la vita lavorativa delle persone, sostituendo i regimi di sicurezza sociale, fondati sul principio della solidarietà, con piani assicurativi privati. Questo è proprio il modo sbagliato di affrontare il problema.
Dobbiamo invece sostituire la strategia di Lisbona con una strategia europea di solidarietà e sostenibilità. Si dia un’occhiata ai risultati. La soglia di rischio povertà non è mutata; era al 16 per cento nel 2000, e oggi si trova allo stesso livello. Nello stesso periodo, la disoccupazione a lungo termine è salita dal 3,9 al 4,1 per cento. Il numero di cittadini che lavorano è passato dal 63 al 64 per cento, il che rappresenta un leggero miglioramento. Siamo ben lungi da ciò che ci eravamo prefissi, e il motivo è che la strategia è sbagliata. Nella sua forma attuale, la strategia di Lisbona non ci condurrà da nessuna parte.
Johannes Blokland (IND/DEM). (NL) Signor Presidente, oggi esaminiamo gli esiti del Consiglio europeo di primavera, altra riunione dei capi di governo che non ha prodotto assolutamente alcun frutto. I Paesi Bassi hanno già suggerito che due Consigli europei l’anno sono più che sufficienti per i processi decisionali; vorrei esprimermi a favore dell’abolizione di questi Vertici interlocutori, perché le promesse appaiono impossibili da mantenere non appena si torna a casa. A dimostrazione della mia tesi, mi basta menzionare la Francia. Le società francesi per l’energia stanno portando a termine acquisizioni estere, ma le frontiere restano chiuse alle acquisizioni estere in Francia, e ora che si profila la direttiva sui servizi, la strada è sbarrata anche per i lavoratori stranieri. In questo modo, per ogni passo avanti se ne fanno due indietro.
In questo contesto, le proteste scoppiate in Francia dimostrano quanto sia difficile riformare il sistema sociale. Il processo di Lisbona si sta incagliando nella protesta dell’elettorato. Tuttavia dovremo far capire anche alla Francia protezionista che il sistema sociale è insostenibile senza riforme. L’Unione europea potrebbe non sopportare più l’effetto frenante della Francia. Se un Consiglio europeo di capi di governo dovesse arrivare a una decisione in questo senso e renderla esecutiva, tale riunione sarebbe allora del tutto giustificata.
Jana Bobošíková (NI). – (CS) Signor Presidente, ho letto per intero le conclusioni della sessione di marzo del Consiglio europeo, e devo dire che sono molto delusa. Tali conclusioni sono completamente superficiali e soprattutto ipocrite.
Il Consiglio europeo riconosce nelle conclusioni l’importanza straordinaria della creazione di un ambiente imprenditoriale più favorevole e loda le PMI in quanto colonna portante dell’economia europea, dicendo che occorre sostenerle, e promuovere l’imprenditorialità in generale, ma purtroppo si tratta solo di una dichiarazione a parole. Il Consiglio europeo ha perso un’occasione unica per passare dalle parole alle azioni concrete. Mi aspettavo che i politici trovassero il coraggio di sostenere le proposte originali della Commissione in merito ai servizi nel mercato interno, soprattutto il principio del paese d’origine, e che in questo modo il Consiglio avrebbe chiaramente dimostrato il proprio serio impegno a favore dello sviluppo dell’ambiente imprenditoriale. Tuttavia così non è stato. Il Consiglio ha optato per le proposte fiacche e demagogiche del Parlamento ed ha finito per non fare assolutamente nulla per le PMI, a parte pronunciare parole d’incoraggiamento. Non riesco proprio a vedere questo approccio come la via verso la realizzazione della strategia di Lisbona e di una maggiore competitività.
João de Deus Pinheiro (PPE-DE). (PT) Dal mio punto di vista, le sfide che l’Europa ha di fronte oggi sono state identificate correttamente dal Consiglio europeo: la globalizzazione, la questione demografica, i settori chiave dell’economia europea quali l’energia e i servizi, ricerca e sviluppo, innovazione, istruzione, occupazione e crescita.
Qual è però la sensazione che resta? Se da un lato si sono compiuti notevoli progressi nel campo dell’energia progressi che sei mesi fa sarebbero parsi impensabili vi sono stati altri ambiti in cui purtroppo non abbiamo ottenuto altrettanti risultati. Per quale motivo? Perché la strategia di Lisbona ha commesso il peccato capitale di non assegnare alla Commissione la responsabilità dell’attuazione e di rappresentare il punto focale per la strategia stessa.
Ora la Commissione ha compiuto uno sforzo ed è per questo che si sono fatti progressi. Ne occorrono però molti altri. Gli Stati membri devono assegnare alla Commissione tale responsabilità e le risorse per favorire questo processo così necessario. A questo proposito devo dire che accogliamo con grande favore il sostegno accordato all’Istituto europeo per la tecnologia. Dopo tutto, non ha senso avere 25 politiche europee di ricerca che non s’indirizzano verso l’obiettivo fondamentale dell’economia fondata sulla conoscenza e che continuano a non disporre delle risorse e della massa critica per poter competere con altre economie più evolute.
Di conseguenza, se oggi vogliamo inviare il chiaro segnale che la strategia di Lisbona è viva e se vogliamo che venga attuata in tempi brevi, dobbiamo assegnare alla Commissione le risorse che le permettano di avviare l’Istituto europeo per la tecnologia, il che, a mio parere, rappresenterebbe un passo di capitale importanza.
Bernard Poignant (PSE). (FR) Signor Presidente, i cittadini francesi ricorderanno due elementi del Consiglio europeo. In primo luogo, che quando un francese parla in inglese, il Presidente abbandona l’Aula. In secondo luogo, che quando un giornalista gli chiede se una legge promulgata vada applicata, la risposta è “sì” a Bruxelles, ma “no” a Parigi.
“Farete meglio ad abituarvici, non importa quanto lavoriate”: ecco qual è il messaggio che è rimasto ai cittadini francesi. Il paese pullula di problemi; nell’arco di dieci mesi è stato oggetto di tre rivolte: la prima, tramite il voto alle urne ha espresso una forma di ostilità nei confronti del capitalismo; la seconda, mediante le sommosse scoppiate nelle nostre banlieue, ha espresso una forma di ribellione alla discriminazione; la terza, con scioperi e manifestazioni, ha espresso una forma di rivolta contro tutte le precarietà dell’occupazione. Da questo deduco e vi chiedo scusa se mi dilungo ancora un po’ sul mio paese che, per il prossimo Consiglio più che per l’attuale, e indipendentemente dai risultati di quest’ultimo, vi è un’aspirazione che va soddisfatta, quella alla fiducia reciproca.
I nostri concittadini hanno pensato che vi fosse ben più di un atteggiamento “ciascuno per sé” in quel periodo. La Francia deve assumersi la sua parte di responsabilità al riguardo, perché un simile atteggiamento non le è nuovo, ma non è l’unica. Pertanto occorre fiducia, e fiducia reciproca come si addice alle sue origini latine. La Commissione e il Consiglio devono seguire questa via. Un altro aspetto riguarda la protezione, perché, in un certo senso, i nostri concittadini temono che l’Europa non li protegga abbastanza. Buona fortuna!
Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL). (EL) Signor Presidente in carica del Consiglio, signor Presidente della Commissione, festeggiate e vi scambiate pacche sulle spalle. Siete molto soddisfatti degli esiti del Vertice di primavera. Pensate che i cittadini europei siano della stessa opinione?
Io non credo, perché la riforma della strategia di Lisbona che promuovete sacrifica la coesione e l’ambiente a una versione neoliberale della competitività. Questo è precisamente ciò che il famoso concetto di conciliazione di flessibilità e sicurezza descrive.
Dopo cinque anni di fallimenti, ponete obiettivi ambiziosi, con scadenze vincolanti per occupazione, ricerca, energia e crescita; nel contempo, il bilancio è caratterizzato da un’estrema eurotirchieria e dalla mancanza di ambizioni.
Con quali risorse e con quali politiche intendete raggiungere gli obiettivi, se settori cruciali come i Fondi strutturali, le reti transeuropee, la politica per i consumatori e quella sanitaria, la ricerca e l’istruzione subiscono drastici tagli alle risorse?
Pensate di riuscire a raggiungere gli obiettivi che vi siete prefissi? Il mio gruppo crede che non vi riuscirete, ed è per questo che non concorda con la vostra politica.
Nils Lundgren (IND/DEM). (SV) Signor Presidente, la classe dirigente europea ha la deplorevole abitudine di utilizzare gli atti terroristici, i disastri naturali, le crisi politiche e gli choc economici per i propri scopi politici. L’ira legittima dei cittadini, la loro angoscia e il loro impegno politico vengono sfruttati per portare avanti la lotta a favore di un super Stato europeo. Per questo motivo siamo spesso stati costretti, in quest’Aula, ad ascoltare innumerevoli discorsi ispirati dagli attentati terroristici di Madrid e Londra, dal disastro dello tsunami nell’Oceano Indiano o dal rischio di conflitti in Medio Oriente. Gli oratori, tra cui lo stesso Presidente, spesso hanno spudoratamente sfruttato tali eventi tragici e funesti per promuovere un programma occulto: la lotta a favore di un superstato europeo.
Ora l’approvvigionamento energetico europeo sta andando verso una crisi, e si ripete la stessa storia. I 25 uomini e donne del Consiglio europeo non hanno la minima idea di come saranno la tecnologia energetica e la politica tra dieci anni. Pertanto non dovrebbero stabilire percentuali per i biocarburanti e per l’energia rinnovabile. I singoli paesi devono sperimentare e cercare soluzioni da soli in un libero mercato dell’energia. Il compito dell’Unione europea è preservare tale mercato e coordinare gli investimenti nelle infrastrutture.
Philip Claeys (NI). (NL) Signor Presidente, il Presidente della Commissione, José Barroso, ha individuato nell’invecchiamento della popolazione e nella globalizzazione due delle sfide fondamentali. E’ importante assegnare la massima priorità politica alla questione dell’invecchiamento della popolazione, che in Europa, di fatto, è non tanto una sfida, quanto un problema che mette a rischio la nostra stessa vita, non solo per mantenere intatti i regimi di sicurezza sociale, e quindi le nostre economie, ma anche, molto semplicemente, per assicurare che i popoli europei continuino a esistere.
Inoltre, talvolta si propongono soluzioni che, di fatto, non fanno altro che peggiorare le cose. Si pensi solo alla richiesta di nuova immigrazione su larga scala. La Commissione ha pubblicato il Libro verde nel tentativo di esplorare questa via. Se questo può servire gli interessi a breve termine di qualche società o industria, di certo non si può contare sul sostegno del pubblico al riguardo. I problemi sono già incalcolabili allo stato attuale. Se l’Unione europea vuole allontanarsi ancor di più dai cittadini, deve proseguire su questa strada. Un’autentica soluzione è incoraggiare le famiglie giovani ad avere più figli e creare un clima favorevole a questo scopo. Se così non avverrà, gli obiettivi di Lisbona non saranno che parole vuote.
Alejo Vidal-Quadras Roca (PPE-DE). – (ES) Signor Presidente, date le grandi speranze delle settimane che hanno preceduto il Consiglio europeo di primavera, per quanto concerne la possibilità di creare una politica energetica comune, le conclusioni del Consiglio al riguardo sono promettenti da un lato, ma deludenti dall’altro.
Sono promettenti nel senso che, per la prima volta, il testo di un Consiglio comprende un paragrafo dedicato esclusivamente al lancio della politica energetica comune, poiché pone l’accento su questioni sulle quali il Parlamento europeo insiste da molto tempo, quali la corretta applicazione delle direttive esistenti, l’obbligo degli Stati membri di adempiere i loro impegni nell’ambito delle interconnessioni, la mancanza d’investimenti nelle infrastrutture, nella ricerca e nello sviluppo, e l’esigenza di completare il mercato interno dell’energia: una serie di proposte che ci auguriamo che gli Stati membri portino a compimento quanto prima.
Guardiamo però in faccia la realtà. Ancora una volta, il Consiglio ha dimostrato scarsa immaginazione e ambizione nell’ambito fondamentale dell’energia. Ad eccezione di un paio di questioni, come la necessità di parlare all’unisono sulla scena mondiale e la possibile creazione di un meccanismo di solidarietà per affrontare le situazioni di crisi, le altre misure sono già previste da diverse direttive in vigore e da accordi stipulati nel corso di Vertici precedenti.
Occorre inoltre una discussione sincera tra i capi di Stato e di governo in merito agli ostacoli politici con cui alcuni governi impediscono il corretto funzionamento del mercato interno dell’energia. Non si possono firmare conclusioni in cui si invoca la creazione di un mercato unico quando, nel contempo, si proclamano campioni nazionali e si pratica un protezionismo che danneggia gravemente il processo di integrazione.
In conclusione, signor Presidente, vorrei dire al Consiglio che siamo lieti della proposta di far osservare gli obblighi esistenti, ma delusi per la mancanza del coraggio di istituire un’autentica politica energetica comune, che l’Assemblea e la Commissione europea invocano e di cui l’Unione ha urgente bisogno, perché da essa dipende il suo futuro.
Enrique Barón Crespo (PSE). – (ES) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Presidente della Commissione, onorevoli colleghi, ho tre messaggi da trasmettervi. Innanzi tutto vorrei ringraziare il Consiglio e in particolare il Cancelliere Schüssel per aver sostenuto il governo spagnolo all’inizio del lungo processo di superamento del terrorismo in seguito alla tregua annunciata dal gruppo terroristico dell’ETA. Molte grazie.
In secondo luogo, accolgo con favore il fatto che il Consiglio europeo abbia accolto l’iniziativa ispano-svedese di un patto per le pari opportunità tra uomini e donne, che è uno dei più importanti fronti di progresso in Europa.
In terzo luogo, vorrei parlare della politica energetica. Finalmente iniziamo a discuterne, ma anziché attaccare il protezionismo, dobbiamo creare una politica energetica, e dobbiamo innanzi tutto creare condizioni eque o, per dirla in inglese, un “level playing field”. Attualmente vi sono due mercati liberalizzati in Europa, che sono il Regno Unito e la Spagna. Ciò che dobbiamo fare è abbattere le barriere e creare una politica europea.
Oltre a predicare agli altri, la Commissione deve compiere il proprio dovere. Sarebbe interessante, ad esempio, sapere ciò che pensa la Commissione, da un punto di vista europeo, del gasdotto del Baltico e della solidarietà europea. Avendo inoltre accettato le opinioni del Parlamento in merito alla direttiva sulla liberalizzazione dei servizi, la Commissione dovrebbe offrirci una direttiva sui servizi di interesse economico generale. Non parliamo infatti di un mercato, ma di servizi pubblici e di società che li prestano, e la Commissione è tenuta a fare il proprio dovere.
Sergej Kozlík (NI). – (SK) Vorrei sollevare due questioni: l’Europa ha e continuerà ad avere un pressante bisogno di energia. Tuttavia, a causa delle pressioni da parte dell’Unione europea e per via di un governo nazionale debole, la Slovacchia dovrà chiudere due unità della centrale nucleare di Jaslovské Bohunice entro il 2008. Grazie ai loro dispositivi di sicurezza, tali unità potrebbero tranquillamente restare attive almeno fino al 2015.
La Slovacchia riceverà dai Fondi comunitari solo una minima parte del denaro necessario alla chiusura di tali unità. Quest’anno è previsto che due nuovi stabilimenti automobilistici di importanza europea avviino la produzione in Slovacchia. Di conseguenza, il sistema dei trasporti a fatica potrà soddisfare le esigenze legate alla consegna delle forniture e alla spedizione dei prodotti finiti. In base alle prospettive finanziarie a lungo termine, tuttavia, l’Unione europea riduce le risorse disponibili per le reti transeuropee di 20 miliardi di euro. Questo non contribuirà ad alimentare la fiducia dei cittadini slovacchi nella politica comunitaria.
Timothy Kirkhope (PPE-DE). (EN) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei accogliere con favore la forte presa di posizione del Consiglio in merito alla situazione in Bielorussia e le sanzioni che sono state concordate.
Per quanto riguarda l’agenda di Lisbona, sono favorevole a molte delle conclusioni della Presidenza, ma purtroppo l’Europa deve ancora trovare una risposta al suo malessere economico di fondo. Per i governi è facile firmare dichiarazioni d’intenti, ma è più arduo mettere in pratica ciò che predicano.
Per quanto concerne la direttiva sui servizi, ammetto di non essere soddisfatto del compromesso del Consiglio. Ho sempre spronato il governo britannico e il Consiglio a proseguire nella direzione della liberalizzazione, ma le mie parole non sono state ascoltate. Il Primo Ministro Blair è abile con le parole; dice di star aprendo la strada e che il resto d’Europa sta seguendo il suo esempio, ma credo che s’illuda, e non è la prima volta. Una direttiva sui servizi che liberalizzasse davvero il mercato sarebbe il segno più profondo di riforma dell’Europa, cosa di cui vi è un disperato bisogno ora e non in qualche imprecisata data futura.
L’aspetto più deludente del Consiglio, tuttavia, è stato che i leader in sostanza non si sono espressi con decisione sul crescente protezionismo. Ci aspettavamo di sentire qualcosa, almeno un memorandum, da Silvio Berlusconi, che ultimamente sembra essersi espresso su qualunque altro argomento, e da Tony Blair. Ma che è successo? La riunione del Consiglio avrebbe potuto mettere in chiaro la propria determinazione nella lotta alla minaccia che il protezionismo rappresenta per la prosperità dell’Europa e per il funzionamento del mercato unico. Era il momento ideale per decollare e non il Consiglio non l’ha fatto.
Ancora una volta si lascia al Presidente Barroso il compito di tirare le somme. Mi congratulo con lui per la sua indefessa determinazione al riguardo. La scorsa settimana, a Firenze, ha detto che i governi nazionali stavano cedendo a tentazioni populiste. Sono d’accordo. E’ tempo di valutare quali azioni intraprendere contro coloro che attentano alle regole fondamentali del mercato unico.
Mi congratulo inoltre con il Presidente Barroso per il suo intervento di ieri volto a porre un freno ai giganti dell’energia in Europa, che utilizzano la loro forza nel settore per ostacolare la concorrenza e alterare il mercato. Tale azione legale contro chi tenta di limitare un mercato europeo dell’energia aperto verrà accolta con favore da tutti coloro che credono nei liberi mercati e nel completamento del mercato unico.
Presidente. Vorrei dare il benvenuto in tribuna alla delegazione di Babbi Natale. E’ un po’ fuori stagione mi auguro vi comportiate bene! Almeno indossate i colori adatti per questa mattinata: bianco e rosso, proprio come me!
Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE). – (PL) Signor Presidente, abbiamo raggiunto lo stadio intermedio della strategia di Lisbona, e finora abbiamo ottenuto risultati decisamente scarsi. La priorità dell’Unione dev’essere l’innovazione nel senso più ampio, insieme agli investimenti nella conoscenza. In questo modo si otterrà la crescita economica e l’aumento dell’occupazione. Pertanto è sorprendente che un altro Consiglio operi tagli alle spese per la ricerca e per i programmi d’istruzione. In alcuni casi le percentuali dei tagli sono di fatto numeri a due cifre. Come si può giustificare una tale decisione? Come può l’Unione essere competitiva se la sua crescita economica è appena del 2 per cento e la disoccupazione media ha raggiunto il 9 per cento?
Al bilancio comunitario è stata imposta una dieta ferrea, ma, se diventa gradualmente sempre più snello, non riuscirà a rispondere alle esigenze di un’Unione in espansione. Un’Europa emaciata, inoltre, non sarà nella posizione di competere con gli Stati Uniti, la Cina e l’India, le cui economie sono robuste.
Il compromesso raggiunto ieri nei negoziati sulle prospettive finanziarie è certamente positivo e accende un barlume di speranza che la strategia di Lisbona non resterà solo sulla carta, ma diventerà un obiettivo prioritario. Paradossalmente, però, tale strategia continua ad apparire alla fine dell’elenco delle spese, e a quel punto, in genere, i fondi sono esauriti.
Jacek Emil Saryusz-Wolski (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, accolgo con estremo favore la forte presa di posizione adottata con la dichiarazione del Consiglio europeo in merito alla Bielorussia, nonché la posizione che il Cancelliere Schüssel ha esposto all’Assemblea. La distinzione operata dal Consiglio tra le autorità bielorusse e la società bielorussa è particolarmente significativa. Tale importante distinzione è stata proposta dal Parlamento europeo come base della strategia comunitaria nei confronti della Bielorussia. Tuttavia non è sufficiente limitarsi a condannare le elezioni fraudolente e l’uso della forza, e chiedere che i prigionieri vengano rilasciati. Occorrono molte più sanzioni mirate. L’elenco di persone cui è fatto divieto di entrare nell’Unione europea va allungato e occorre congelare i conti bancari.
L’Unione europea e la Commissione in particolare non fanno abbastanza per la Bielorussia e reagiscono troppo lentamente. L’Unione dovrebbe offrire un sostegno molto più forte e più specifico alla società civile in Bielorussia. Il paese va trattato alla stessa stregua dell’Ucraina a suo tempo. Innanzi tutto, dobbiamo chiedere che le elezioni, viziate da brogli, vengano ripetute. In secondo luogo, va istituito un cospicuo fondo di solidarietà a sostegno della Bielorussia, gestito da organizzazioni non governative. In terzo luogo, dobbiamo richiedere più dello sforzo simbolico fatto finora per assicurare che televisione e radio indipendenti si possano effettivamente ricevere in Bielorussia. Agli stessi bielorussi va dato il compito di provvedere alla trasmissione delle informazioni. Quarto punto, il campo di applicazione di alcuni programmi comunitari, come il programma di scambio studentesco ERASMUS, va ampliato in modo da includere la Bielorussia e la sua società civile. Quinto e ultimo commento: l’Unione e gli Stati membri devono organizzare una rappresentanza diplomatica più forte a Minsk.
Markus Ferber (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Presidente della Commissione, onorevoli colleghi, ho solo due brevi osservazioni da fare. Innanzi tutto, sono molto lieto che ieri sera siamo riusciti a raggiungere un accordo sul quadro finanziario, in modo che ora abbiamo tempo sufficiente per far sì che le cose decollino davvero nel 2007, con l’attuazione di tutti programmi. Confidiamo davvero che lei, signor Presidente della Commissione, molto presto approverà e passerà in esame ciò che gli Stati membri produrranno grazie alla politica strutturale, in modo da non perdere tempo.
Poiché si sta parlando del Consiglio europeo, vorrei fare un altro commento; non credo che la competitività possa essere imposta dall’alto; deve venire dal basso. Naturalmente vorrei vedere concretizzato ed attuato a livello locale tutto ciò che lei, Presidente in carica del Consiglio, ha giustamente esposto stamani. Quando vedo che oggi in Germania occorrono ancora tra le sette e le otto settimane per avviare un’impresa, perché si viene mandati da Erode a Pilato, mi pare alquanto evidente che è nella pratica che le cose devono cambiare. Spero che le iniziative da lei intraprese contribuiscano a un risultato in tal senso, e posso dire all’onorevole Schulz che i cittadini di Aquisgrana, che è tanto vicina alla frontiera, sanno benissimo che la legislazione tedesca è poco competitiva anche in Renania settentrionale e Vestfalia.
Wolfgang Schüssel, Presidente in carica del Consiglio. (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, pur essendo grato per le parole d’incoraggiamento ricevute a metà del mandato della Presidenza austriaca, non ci adagiamo sugli allori, che in ogni caso non ci sono, ma intendiamo continuare a lavorare con impegno al vostro fianco.
Vorrei esprimere alcune brevi osservazioni, innanzi tutto sugli obiettivi. Che cosa vorremmo vedere? Dobbiamo effettivamente porci degli obiettivi? A questo proposito la critica inevitabile che viene mossa è: “che ne è della loro attuazione?” O invece non dobbiamo porci alcun obiettivo? Propendo per l’idea che, sì, dobbiamo essere abbastanza audaci da porci obiettivi definiti, obiettivi passibili di revisione, nonostante il rischio che un paese o l’altro, o magari l’intera Unione europea, non riescano a ottenere al 100 per cento ciò che ci siamo prefissi. Tuttavia i dieci milioni di posti di lavoro 2 milioni l’anno rappresentano un obiettivo realistico.
Nel 2005 siamo riusciti a creare 2 milioni di posti di lavoro in più nell’Unione europea, e ora possiamo essere fieri della vera e propria occasione che abbiamo adesso che la congiuntura economica è relativamente favorevole e che molti paesi europei sono in fase di ripresa, il che è un fatto da non sminuire. Sì, certamente occorreranno impegno a livello nazionale e finanziamenti alle infrastrutture. In Austria, ad esempio, stiamo facendo un ottimo lavoro, e altri paesi faranno altrettanto, ma gli obiettivi sono necessari.
A quanti hanno detto che il Consiglio europeo andrebbe completamente abolito, devo dire che mi pare davvero un’idea sbagliata. Ciò che dobbiamo fare è investire più tempo ed energie, il che può significare persino riunirsi più spesso magari riducendo gli effetti pirotecnici e il clamore mediatico ma il lavoro, serio e intenso, è ciò che serve se vogliamo ottenere qualcosa.
Per quanto riguarda il secondo argomento, numerosi oratori si sono detti in parte insoddisfatti delle prospettive finanziarie, confrontandole solo con la proposta originale della Commissione Prodi. Siete tutti esperti; sapete benissimo che tale proposta non era realistica. Non si può dire che ora abbiamo 200 miliardi meno di quanto proposto allora; se si fa il confronto con quanto abbiamo avuto negli ultimi sette anni, vi è stato un aumento di più di 100 miliardi.
In particolare, vi sono stati cospicui aumenti nei programmi che l’Assemblea reputa importanti. Se si prende ad esempio solo il caso di ricerca e sviluppo, per i prossimi sette anni nel bilancio è previsto un aumento superiore al 75 per cento. La cifra assegnata alle reti transeuropee è raddoppiata; quella a disposizione per l’apprendimento permanente è stata incrementata del 50 per cento, e così ora tra i 30 000 e i 40 000 giovani in più, praticamente in tutta Europa, hanno l’opportunità d’imparare. Per quanto riguarda la politica di prossimità, è stato messo a disposizione il 40 per cento in più; il bilancio della politica estera è stato incrementato del 250 per cento.
Abbiamo due possibilità: inviare all’esterno il messaggio che tutto questo è nettamente troppo poco messaggio che sarà creduto, perché voi deputati al Parlamento europeo godete di moltissima credibilità presso i vostri distretti elettorali oppure dire che questo è un grande progresso, che ci avvicina agli obiettivi che ci siamo prefissi; allora prenderanno in seria considerazione la cosa e diranno che effettivamente si tratta di un importante passo avanti. Ripeto: ciascuno di voi lo sa, e siete tutti consapevoli della posizione in cui mi trovo, diviso tra coloro che devono pagare e quelli che ricevono. Tutte le risorse vanno attinte dai bilanci nazionali, come sapete. L’unica soluzione è una nuova definizione di ciò che s’intende per “risorse proprie”; è l’unico modo per affrontare la situazione.
Far partire queste prospettive finanziarie è stato in primo luogo un grande risultato, per il quale vorrei ringraziare il Presidente Barroso, il Presidente dell’Assemblea, tutti i gruppi che ne fanno parte e i negoziatori. Non è stato facile, ma ora abbiamo l’occasione di metterci subito al lavoro. Chiedo davvero il sostegno generale, perché i cittadini, ovunque si trovino, vogliono sentirsi dire che otteniamo dei risultati e che non stiamo sempre a litigare in seno a gruppi e Istituzioni. A nessuno là fuori interessa se da qualche parte si potevano trovare 500 milioni di euro in più o se il Consiglio ha offerto 500 milioni di troppo.
Ciò che interessa è se ora possiamo metterci al lavoro per i prossimi sette anni, nell’interesse dei cittadini e dell’Europa. Sono pronto e disponibile in tal senso e mi auguro di cuore che insieme lavoreremo altrettanto bene alla questione costituzionale, in modo che a giugno, pur non avendo probabilmente una soluzione, potremo delineare un percorso attraverso il quale ottenere la base giuridica migliore di cui tutti abbiamo bisogno.
(Applausi)
José Manuel Barroso, Presidente della Commissione. (PT) Signor Presidente, onorevoli deputati, penso che le questioni fondamentali siano già state affrontate, ma vorrei offrirvi una sinossi della mia analisi del dibattito, in cui si nota un generale sostegno alle conclusioni del Consiglio europeo. Una valutazione seria rivelerebbe senz’altro che nel complesso tali risultati sono stati accolti positivamente.
E’ ovvio che non tutti gli onorevoli deputati siano del tutto soddisfatti, poiché naturalmente vi sono divergenze d’opinione. Non si può tuttavia negare che abbiamo visto risultati nel settore dell’energia, nelle PMI, nella ricerca, negli obiettivi occupazionali e complessivamente nel nuovo sistema di governance della strategia di Lisbona. Si è inoltre ottenuto il consenso in seno al Consiglio europeo sulla direttiva sui servizi.
Per quanto concerne l’energia, vorrei sottolineare che il nostro lavoro non si è certo concluso con il Consiglio europeo e che gli esiti della riunione della Commissione di ieri vi dimostreranno che la Commissione è decisa a far valere tutti i principi del diritto comunitario. ad esempio, il rispetto del mercato interno e delle regole della concorrenza. E’ una premessa indispensabile se vogliamo mantenere la credibilità, sia all’interno che all’esterno dell’Unione.
Quanto alle PMI, un passo particolarmente importante è stato l’impulso dato dalla Presidenza austriaca e dalla Commissione alla riduzione della burocrazia che ostacola tante iniziative da parte di imprese che potrebbero creare nuovi posti di lavoro.
Per quanto riguarda la ricerca, per la prima volta tutti gli Stati membri sono stati in grado di accettare obiettivi concreti in materia di ricerca e innovazione, il che è estremamente importante. Altrettanto significativo è stato l’ampio sostegno accordato all’idea di un Istituto europeo per la tecnologia e al fatto che la Commissione abbia ricevuto un mandato per presentare una proposta. Anche il fatto che si siano fissati gli obiettivi per l’occupazione è molto positivo.
Vorrei sottolineare un nuovo aspetto emerso in seno al Consiglio europeo, al quale il Cancelliere Schüssel non ha accennato, ma che reputo degno di essere menzionato. In certa misura lavoriamo già in gruppo in seno alle Presidenze. Il Cancelliere Schüssel, in qualità di Presidente in carica del Consiglio, ha sfruttato ogni occasione di presentare il dibattito alla Commissione e alle prossime Presidenze: quella finlandese, quella tedesca, quella portoghese e quella slovena.
Credo sia importante per assicurare la continuità e la sostenibilità degli sforzi della Commissione. La Commissione è inoltre in grado di garantire tale continuità e coerenza nel tempo perché, per quanto valide possano essere le Presidenze, si avvicendano ogni sei mesi. Vi dev’essere un impegno costante, che si può garantire solo se la Commissione prende in larga misura l’iniziativa e se il Parlamento accorda il proprio sostegno costante.
Tali questioni erano positive. Altrettanto gradita è stata la conferma dell’accordo di principio in merito alla direttiva sui servizi e la notizia che abbiamo ricevuto la notte scorsa, o meglio stamattina presto, sulle prospettive finanziarie. Sono fermamente convinto che, se otterremo risultati concreti, se riusciremo a risolvere i problemi con regolarità, potremo far avanzare questa Europa dei progetti, riguadagnare la fiducia dei cittadini e trovare un clima più favorevole per affrontare alcune questioni istituzionali che vanno risolte. Pertanto penso che possiamo guardare con più ottimismo al Consiglio europeo di giugno, che senza dubbio non potrà risolvere la questione costituzionale, ma che certamente potrà indicare la strada da seguire per definire il futuro dell’Europa. A tale scopo la Commissione lavora alacremente con il Consiglio, e ci auguriamo di poter offrire un valido contributo.
Con questo spirito di gruppo, questo spirito di collaborazione, l’Europa può e deve andare avanti.
(Applausi)
Martin Schulz (PSE). – (DE) Signor Presidente, vorrei sollevare una questione di procedura. Pare che l’onorevole Farage non sia presente in Aula. Gli esponenti britannici del gruppo IND/DEM avranno preso posto in tribuna?
(Si ride)
Presidente. Mi è stato comunicato che i Babbi Natale sono danesi.
La discussione è chiusa.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)
Margie Sudre (PPE-DE). (FR) Ci aspettiamo moltissimo, talvolta troppo, dai Consigli europei. Quello che si è svolto di recente alla fine di marzo era dedicato principalmente agli aspetti economici dell’integrazione europea.
L’Europa ha di fronte un problema fondamentale, la misura e l’urgenza del quale sono state dimostrate dalla crisi tra Russia e Ucraina di gennaio: l’assenza di una politica energetica comune. Diversi Stati hanno lavorato in modo particolare a questo problema cruciale per l’indipendenza dei nostri paesi, tra cui la Francia, che ha proposto un memorandum che è stato oggetto di ampio consenso.
Il Consiglio europeo ha varato una strategia ambiziosa che promuove un approvvigionamento di energia sicuro, competitivo e sostenibile per l’Europa. Si tratta di un importante passo avanti, al quale ora dobbiamo dare espressione concreta.
Il Consiglio europeo di primavera ha inoltre deciso di raddoppiare lo sforzo finanziario per ricerca e innovazione per il periodo 2007-2013. E’ fondamentale per le nostre economie e quindi per il ruolo dell’Europa nel mondo di fronte ai paesi in via di sviluppo.
Nel contempo, il Consiglio europeo ha ufficializzato la creazione di un Fondo di adeguamento alla globalizzazione, fortemente richiesto dai nostri concittadini.
Senza dubbio l’Europa attraversa un periodo difficile, che però non deve occultare i segnali positivi dati dall’attuazione di strumenti per il progresso economico e per la solidarietà.
Dominique Vlasto (PPE-DE). (FR) Rendere l’Unione europea l’economia basata sulla conoscenza più competitiva entro il 2010 implica a mio avviso due priorità: forti investimenti in ricerca e sviluppo e l’eliminazione dei vincoli che gravano sulle imprese, in particolare su quelle più piccole.
Nonostante il miglioramento dell’accordo ottenuto dal Parlamento europeo, il bilancio europeo non consentirà di fare questi grandi investimenti. L’appello del Consiglio europeo affinché la Banca europea per gli investimenti intensifichi gli sforzi a favore di ricerca e sviluppo è, in questo contesto, una soluzione innovativa e pragmatica, se in questo modo si possono effettivamente procurare 30 miliardi di euro.
Tale misura può non essere sufficiente per superare il deficit cronico della spesa europea per ricerca e sviluppo, e occorre tuttora un grande sforzo, se si vuole raggiungere l’obiettivo di devolvere il 3 per cento del PIL a ricerca e sviluppo.
E’ fondamentale coinvolgere il settore privato in questo sforzo, poiché possiamo vedere con chiarezza che i bilanci pubblici non sono sufficienti. Pertanto dobbiamo compiere progressi in ambito fiscale al fine di incoraggiare le imprese a investire più prontamente in ricerca e sviluppo.
Questa politica determinata è ciò che ci aspettiamo dalla strategia di Lisbona rinnovata, che deve offrire un quadro normativo europeo stimolante, efficace e soprattutto semplificato per le imprese europee.
(La seduta, sospesa alle 11.30 in attesa del turno di votazioni, riprende alle 11.35)