Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) In base alle norme attualmente in vigore, i documenti di soggiorno rilasciati da Svizzera e Liechtenstein non possono essere riconosciuti ai fini del transito o del soggiorno di breve durata nell’area Schengen.
Ciò significa che i cittadini di paesi terzi che necessitano del visto per entrare nel territorio di Schengen devono chiederne il rilascio anche qualora siano in possesso di tali documenti di soggiorno.
Data la mobilità stagionale dei lavoratori immigrati e delle loro famiglie – nel 2003 erano circa mezzo milione di persone provenienti dalla Svizzera – soprattutto nei periodi delle ferie, i consolati di alcuni Stati membri sono sottoposti a un forte carico di lavoro, mentre le persone richiedenti, dal canto loro, devono affrontare lunghe attese e onerose formalità.
Sono quindi favorevole all’istituzione di un regime semplificato per il transito di tali persone perché, in primo luogo, esse non comportano alcun rischio di immigrazione illegale né alcuna minaccia per la sicurezza, dato che sono già state sottoposte a controlli da parte delle autorità di Svizzera e Liechtenstein al momento del rilascio dei documenti di soggiorno, e, in secondo luogo, per motivi di reciprocità, posto che dal 2000 è in vigore in quei paesi un’esenzione simile per i detentori dei documenti di soggiorno emessi dagli Stati membri dell’Unione europea.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. – (DE) Per mezzo di questa dichiarazione di voto desidero esprimere il mio sostegno alla proposta, la quale ci permette, a mio parere, di compiere un considerevole passo avanti nell’ambito di questo processo. A causa della situazione attuale, i consolati degli Stati membri in Svizzera e in Liechtenstein devono svolgere una gran mole di lavoro, mentre i cittadini di paesi terzi devono sostenere costi. Tale stato di cose è insoddisfacente e pertanto va cambiato.
Quando rilasciano un documento di soggiorno, sia la Svizzera che il Liechtenstein eseguono controlli e accertamenti precisi, riservando grande attenzione alla sicurezza. Desidero far presente altresì che entrambi i paesi applicano in ogni caso le stesse norme di sicurezza di alta qualità degli Stati membri dell’Unione europea.
Per me è importante che questa mia dichiarazione di voto sia favorevole alla Svizzera e a coloro che, in quel paese, sono impegnati a promuoverne l’adesione all’Unione europea. Sarei molto lieto se la Svizzera diventasse membro dell’Unione, perché essa è sinonimo di standard elevati e si è distinta, tra l’altro, per una politica dei trasporti che molti Stati membri dovrebbero prendere a esempio.
– Provvedimenti eccezionali di sostegno del mercato (settore avicolo)
Jan Andersson, Anna Hedh, Ewa Hedkvist Petersen, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE),per iscritto. – (SV) Constatiamo che i paesi le cui norme prevedono una forte tutela degli animali, allo scopo di garantirne buone condizioni di vita, di ridurre i rischi di diffusione dell’infezione e, quindi, di ridurre anche il rischio di danni per la salute umana, non hanno subito un calo delle vendite di pollame.
Alla luce della situazione che si è verificata, vogliamo pertanto sottolineare la necessità di rafforzare la tutela degli animali e la sicurezza alimentare in modo tale che i produttori di generi alimentari possano legittimamente conquistarsi la fiducia dei consumatori. L’Unione europea dovrebbe perciò attivarsi in tal senso.
In questa situazione d’emergenza non vogliamo, invece, che si determini uno scenario in cui, per paura delle conseguenze finanziarie, gli allevatori sottacciono l’esistenza della malattia o aumentano in altro modo il rischio di diffusione dell’infezione. Rebus sic stantibus, siamo dunque favorevoli alla possibilità di concedere agli allevatori interessati compensazioni di tipo finanziario.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Ci dispiace che siano state respinte le nostre proposte nelle quali chiedevamo che tutti gli aiuti finanziari dell’Unione sotto forma di misure di compensazione per il mercato fossero fissati al 100 per cento, come nel caso della peste suina e dell’encefalopatia spongiforme bovina, in considerazione della gravità della situazione socioeconomica di alcuni paesi e delle difficoltà di garantire il cofinanziamento.
Abbiamo comunque votato a favore degli emendamenti perché, sebbene prevedano un cofinanziamento comunitario del 50 per cento a fronte delle restrizioni alla libera circolazione che potrebbero derivare dall’attuazione delle misure volte a contrastare la diffusione di malattie animali, stabiliscono anche la concessione di aiuti per i produttori e di un finanziamento comunitario pari al 100 per cento per gravi perturbazioni del mercato direttamente ascrivibili a una perdita di fiducia dei consumatori causata da rischi per la salute pubblica o animale.
E’ stata così salvaguardata una parte fondamentale delle nostre proposte e ora ci aspettiamo che la Commissione e il Consiglio facciano propria la decisione del Parlamento.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Abbiamo votato contro gli emendamenti presentati dal Parlamento europeo. Riteniamo sia prematuro prendere posizione sulle gravi conseguenze cui andrebbe incontro il settore avicolo in caso di una pandemia di influenza aviaria. E’ inveterata abitudine del Parlamento europeo, non appena succede qualcosa di inaspettato, invocare la concessione di aiuti finanziari al fine di conservare le scorte, o di compensazioni finanziarie per la distruzione di generi alimentari, o ancora di finanziamenti per campagne d’informazione volte a riconquistare la fiducia dei consumatori. In questo momento, non ci pare opportuno accogliere simili richieste.
Per quanto tempo ancora si tollererà l’esistenza nell’industria alimentare dell’economia pianificata? I consumatori non possono fare a meno di mangiare; quindi, nell’impossibilità di cibarsi di pollame saranno privilegiati altri settori alimentari. Riteniamo che il mercato sia perfettamente capace di adattarsi alla situazione attuale. Il settore avicolo sarà meno motivato ad adottare misure preventive se gli verrà promesso in anticipo che riceverà compensazioni.
Richard Seeber (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, a nome della delegazione del partito popolare austriaco desidero fare una dichiarazione di voto sulla relazione Doyle. La delegazione austriaca appoggia tale relazione esclusivamente alla condizione enunciata dall’onorevole Doyle e sulla base della dichiarazione del Commissario Kyprianou. Condanniamo recisamente la dichiarazione unilaterale fatta dalla Commissione dopo che Parlamento e Consiglio avevano raggiunto un compromesso. In considerazione delle dichiarazioni odierne, presumiamo che, per effetto della nuova legislazione, le procedure di infrazione avviate contro la Danimarca e l’Austria saranno sospese.
Paul Rübig (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, in riferimento alla relazione Doyle desidero dire soltanto che il conseguimento degli obiettivi di Kyoto è molto importante per tutti noi.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione Doyle sul progetto comune di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente taluni gas fluorurati a effetto serra perché esso stabilisce un quadro giuridico per questi gas ad alti livelli di emissione, alcuni dei quali sono più nocivi dell’anidride carbonica e potrebbero rimanere nell’atmosfera per i prossimi 50 000 anni.
Nell’ottica di raggiungere gli obiettivi di Kyoto e tutelare l’ambiente, il regolamento in esame garantirà il riciclaggio, la rigenerazione o la distruzione di impianti che utilizzano gas fluorurati, nonché una migliore informazione dei consumatori europei sul potenziale di riscaldamento globale di questi gas.
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’accordo raggiunto in sede di comitato di conciliazione è estremamente soddisfacente e offre l’opportunità di importanti miglioramenti per quanto riguarda le emissioni di gas nell’atmosfera.
La doppia base giuridica che è stata definita è idonea a questo tipo di regolamento, in quanto permette a taluni Stati membri di mantenere una normativa ambientale più severa senza sconvolgere l’equilibrio del mercato unico europeo. Mi pare che limitare le emissioni e le perdite sia il modo giusto per conseguire l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas fluorurati nell’atmosfera.
Giudico molto positivamente l’adozione di misure quali l’obbligo di comunicare ogni anno alla Commissione la certificazione del personale responsabile e la politica di recupero per il riciclaggio o il recupero degli impianti.
Condivido pertanto la decisione presa dal comitato di conciliazione.
Karin Scheele (PSE), per iscritto. – (DE) A nome della delegazione del partito socialista austriaco e in qualità di sua rappresentante presso la commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, desidero dichiarare che l’Austria e la Danimarca hanno imposto un divieto generalizzato di utilizzo di gas fluorurati a effetto serra. Il nuovo regolamento deve garantire la possibilità di mantenere in vigore norme più severe.
Il progetto comune redatto dal comitato di conciliazione stabilisce che gli Stati membri possano mantenere in vigore requisiti nazionali più severi fino alla fine del 2012. Questa possibilità è garantita dall’articolo 95, paragrafo 10, del Trattato e autorizza Austria e Danimarca a conservare le loro norme più rigide per un periodo di tempo determinato. Ciò comporta altresì che non è necessario fornire le prove scientifiche di cui all’articolo 94, paragrafo 4. Va respinta qualsiasi interpretazione in senso restrittivo della clausola di salvaguardia, dato che non deve essere pregiudicato in alcun modo il potere discrezionale degli Stati membri.
Kathy Sinnott (IND/DEM), per iscritto. – (EN) Nel mese di gennaio, a Cork è stato aperto un nuovo impianto di riciclaggio. Sabato sera vi sono passata accanto e ho notato che, in meno di dieci settimane, si era già accumulata nei suoi pressi una quantità impressionante di frigoriferi. Simili montagne di frigoriferi vecchi, e di condizionatori d’aria nei paesi più caldi, stanno arrugginendo in tutti i centri abitati dell’Unione europea.
E’ ormai non più rinviabile l’adozione di norme severe sui gas fluorurati a effetto serra, per correggere gli errori del passato e tutelare il clima futuro. Mi congratulo con tutte le parti coinvolte per essersi accordate sulla possibilità che restino in vigore le leggi più severe previste in alcuni paesi, come la Danimarca, nonché su questioni di etichettatura. Pur rilevando che la Commissione ha avuto un ripensamento, ritengo che dobbiamo obbligarla a mantenere la parola data. Spero che un giorno l’Unione europea adempirà i suoi obblighi nell’ambito del Protocollo di Kyoto in materia di gas fluorurati.
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’accordo raggiunto in seno al comitato di conciliazione è soddisfacente e offre l’opportunità di importanti miglioramenti per quanto riguarda le emissioni di gas nell’atmosfera.
Limitando l’utilizzo di gas HFC-134a e di altri gas ad alto effetto serra nei nuovi veicoli che saranno immessi sul mercato a partire dal 2011 ed estendendo tale norma a tutti i veicoli a partire dal 2017, sarà possibile ottenere una significativa riduzione delle emissioni.
Poiché i prodotti alternativi a questi gas sono ancora in fase di sviluppo, appare giustificato il permesso di continuare a usare gas HFC-152a, a condizione che tale uso rientri in un processo di graduale eliminazione.
Condivido pertanto la decisione presa dal comitato di conciliazione.
– Situazione dei campi per i rifugiati a Malta (B6-0241/2006)
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, ancora una volta siamo sconvolti da notizie di tragedie che riguardano rifugiati e dai resoconti forniti dalle vittime di bande di trafficanti senza scrupoli. Molte persone non hanno nulla da perdere fuorché la vita, e anche quella non di rado la perdono durante il viaggio verso l’Europa, che per loro è la terra dell’abbondanza. Anche quando riescono a raggiungere la loro destinazione, per ripagare i debiti ai trafficanti sono costretti a lavorare senza posa e a condizioni inaccettabili, nonché, tra l’altro, a prostituirsi. L’unico modo per spezzare questo circolo vizioso è quello di adottare una politica comune per l’immigrazione che sia restrittiva.
In tale contesto, abbiamo ovviamente ancora bisogno di campi per rifugiati al di fuori dell’Europa, dato che le nostre strutture di accoglienza sono spesso strapiene e teatro di scontri violenti tra rifugiati di culture diverse. Anche per tale ragione, nonché per togliere ai rifugiati l’illusione di poter entrare illegalmente nell’Unione, ho votato contro la risoluzione.
Romano Maria La Russa (UEN). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, è certamente un fatto positivo che il Parlamento si sia espresso sul tema dei centri di immigrazione di Malta, peraltro a pochi giorni dalla visita della commissione LIBE, cui ho potuto partecipare come delegato.
La risoluzione adottata, frutto del prezioso contributo di tutti i gruppi, mette a nudo la gravità della situazione dei rifugiati che vivono in condizioni disumane, con servizi sanitari di base e di assistenza alla persona pressoché inesistenti. La risoluzione, però, lascia chiaramente intendere che l’Europa ha grosse responsabilità per quanto accade a Malta. Va da sé che le visite della delegazione nei centri di accoglienza di tutta Europa non sono funzionali a stilare classifiche tra centri più o meno virtuosi. Ma la situazione di Malta, benché nemmeno lontanamente paragonabile a quella di Lampedusa per le condizioni di vita degli occupanti, ricorda invece quella dell’isola italiana per dimensioni e capacità di accoglienza.
Urge dunque che il Consiglio prenda una posizione chiara e forte affinché, in linea, ovviamente, con il principio di solidarietà, si giunga il più velocemente possibile a una politica di immigrazione comune ed equa, volta ad impedire che i costi di queste ondate di immigrati clandestini gravino solamente sui bilanci di alcuni Stati periferici dell’Europa meridionale, i quali non sono assolutamente in grado di autofinanziarsi.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) La Lista di giugno si oppone a un’unica politica europea comune in materia di asilo e di rifugiati. Non riteniamo pertanto che la questione sia di competenza del Parlamento europeo e crediamo che gli Stati membri dovrebbero essere liberi di decidere quale forma dare alle proprie politiche in tema di immigrazione e asilo, a patto che rispettino il diritto internazionale in vigore. I diritti umani non devono essere violati.
Difendiamo una politica dei rifugiati umana e ci opponiamo all’idea che i richiedenti asilo vengano posti in campi di detenzione.
Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) L’Assemblea plenaria ha espresso, alla presenza di Alexander Milinkevich, la propria solidarietà nei confronti del popolo bielorusso per la sua lotta contro il totalitarismo, per la libertà e per un nuovo domani. Nella propria risoluzione, il Parlamento parla chiaramente di elezioni presidenziali manipolate, facendo risuonare un campanello d’allarme per la repressione armata del dittatore bielorusso contro la dimostrazione pacifica del suo popolo. Questo popolo ora non ha più paura, anche se non sa che cosa lo aspetta.
L’attenzione del Parlamento europeo è concentrata sull’arresto dei leader dell’opposizione, di cui richiediamo l’immediato rilascio. La risoluzione in esame riconosce l’enorme entusiasmo dei giovani che ora sono stati cacciati dalle università. Sono questi ultimi, ora, a necessitare di aiuto, perché saranno loro a costruire il futuro del paese. La Slovacchia si è già unita al gruppo di paesi che si sono impegnati ad aiutare quegli studenti, i quali ora saranno in grado di completare i propri studi nel nostro paese. Nel votare questa risoluzione desideravo altresì attirare l’attenzione sulla necessità di indire nuove elezioni in Bielorussia quanto prima possibile. Anche se Lukashenko ha vinto le elezioni, truccando i risultati, non ha sconfitto i propri oppositori. Il suo isolamento personale lo porterà alla sconfitta.
Per concludere, sono convinta che la mia richiesta all’Assemblea plenaria di accendere una candela alle ore 16.00 del giorno 16 di ogni mese, in segno di solidarietà con il popolo bielorusso, verrà accolta e che tutti compiranno volentieri questo gesto. Ritengo che la fiamma della solidarietà non si estinguerà mai in seno al Parlamento europeo.
Esko Seppänen (GUE/NGL). – (EN) Signor Presidente, il paragrafo 2 della risoluzione ci ha obbligati a votare su due questioni diverse, e mentre non ho avuto difficoltà a condividere e sostenere la prima, la seconda poneva alcuni problemi e perciò mi sono astenuto.
A mio avviso, è vero che le elezioni in Bielorussia non sono state libere, ma i risultati non sono stati manipolati. Le elezioni presidenziali statunitensi precedenti (non quelle più recenti, ma quelle prima), sono state invece libere, ma i risultati sono stati alterati. In quel caso, però, il Parlamento non aveva preso posizione. Mi auguro che esso si esprimerà anche in occasione delle elezioni presidenziali di paesi produttori di petrolio quali Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan e Azerbaigian, e di altri paesi non liberi in cui i risultati delle elezioni siano stati falsificati.
Jean-Claude Martinez (NI), per iscritto. – (FR) In Ucraina c’è stata la rivoluzione arancione, ma la vita è rimasta grigia. A Mosca c’è stata la rivoluzione bianca e il risultato è agli occhi di tutti: diminuzione della speranza di vita di 10 anni, calo demografico, criminalità, distruzione del sistema sanitario e saccheggio dei beni nazionali a vantaggio degli oligarchi. Ancora uno sforzo e i crimini del liberalismo pareggeranno quelli del comunismo.
Non dobbiamo privare la Bielorussia di tutte le gioie del mercato. Anche i bielorussi hanno diritto alla libertà dell’oligarchia mediatico-militare-politica, con il suo corollario di disoccupazione, eutanasia passiva degli anziani, avvilimento culturale, stagnazione economica, brutale individualismo e isolamento sociale.
E’ comprensibile che il Parlamento europeo si compiaccia della democrazia politico-mediatica di magnati come Berlusconi, Bouygues, Lagardère o Murdoch. Anche la Bielorussia ha diritto alla miseria liberal-nazionale e a una democrazia mediatica e corrotta.
Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. (NL) Ho rappresentato il mio gruppo durante i negoziati sulla risoluzione di compromesso sulla Bielorussia. Il mio consiglio di cofirmare la risoluzione, alla fine, non è stato accolto e secondo me anche la formulazione di alcune parti non è ideale.
Dei contenuti essenziali rimane, tuttavia, la constatazione che la rielezione del presidente Lukashenko, ottenuta con l’intimidazione e l’inganno, non dovrebbe essere riconosciuta dal mondo esterno, che i movimenti e le pubblicazioni di opposizione meritano il sostegno esterno e che agli studenti che hanno abbandonato il paese dev’essere offerta la possibilità di studiare nella propria lingua. Ho già sostenuto tale posizione in Aula e anche in dimostrazioni esterne. Purtroppo, il mio gruppo sembra incapace di sostenere unanimemente una risoluzione in questo senso. Coloro che si sono opposti alla risoluzione probabilmente hanno ragione, ora come ora, a dire che i lavoratori e i pensionati in Bielorussia godono di maggiore sicurezza sociale dei loro omologhi in qualunque altra ex repubblica sovietica, tuttavia questo sarà vero solo finché la Russia ritiene di poter assorbire il paese fornendogli carburante a basso costo. Simili livelli di sicurezza sociale non giustificano dittature o frodi elettorali. Il mio partito, quello dei socialisti, detesta le dittature. Il socialismo ha un futuro solo in quanto movimento democratico, in aperta competizione con altre opinioni, e non sicuramente come dittatura. Mantengo il mio sostegno alla risoluzione.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Il partito comunista greco è contrario alla proposta di risoluzione comune presentata dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, dal gruppo socialista al Parlamento europeo e dal gruppo Verde/Alleanza libera europea ed esprime la propria solidarietà al popolo bielorusso.
Si tratta di un palese intervento negli affari interni di uno Stato indipendente, che è in contrasto con ogni concetto di diritto internazionale e che equivale a una dichiarazione di guerra contro un popolo che si erge contro la barbarie imperialista.
Il Parlamento europeo, eletto dal 30 per cento dei cittadini dell’UE, sta cercando di impartire una lezione di democrazia a un popolo di cui il 93 per cento ha preso parte alle elezioni e l’80 per cento ha eletto l’attuale Presidente. Il Consiglio europeo vieta l’accesso al Presidente eletto Lukashenko e il Parlamento accoglie sotto la propria ala e finanzia ampiamente Milinkevich, che sostiene di rappresentare il popolo, ma che, nonostante il denaro ricevuto, ha racimolato un “sorprendente” 6 per cento alle elezioni e 2 000 “dimostranti” prezzolati nelle “imponenti dimostrazioni”.
Le reazioni rabbiose dei rappresentanti politici dell’imperialismo sono comprensibili, perché i cospicui finanziamenti e interventi non sono riusciti a creare “rivoluzioni arancioni”, “rosa” oppure “verdi e gialle”. A seguito della fiera risposta del popolo bielorusso cercano, per mezzo di terrorismo, diffamazione e sanzioni di stampo fascista, di isolare il paese e la popolazione.
I lavoratori e i movimenti popolari devono condannare i piani imperialisti ed essere uniti nella loro lotta e nella difesa del diritto a decidere del proprio futuro e a scegliere il proprio destino.
Jonas Sjöstedt e Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. (SV) La delegazione del partito di sinistra del gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica ripudia fermamente il regime di Lukashenko e i crimini da lui commessi in violazione dei diritti umani e democratici.
Riteniamo che le elezioni presidenziali in Bielorussia abbiano infranto una serie di principi fondamentali che stanno alla base di un’elezione giusta e democratica e pertanto votiamo a favore della risoluzione.
Questo non significa che sosteniamo ogni singola parte del testo della risoluzione, tuttavia per noi è di cruciale importanza protestare contro le violazioni dei diritti umani e democratici in Bielorussia.
Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Signor Presidente, la situazione in Bielorussia diventa ogni giorno più grave e dobbiamo continuare a osservarne da vicino gli sviluppi. Sebbene sia diritto sovrano di tutti i paesi gestirsi come ritengono opportuno, questo presuppone l’esistenza di una società libera e giusta, e non è certamente questo il caso della Bielorussia. E’ giusto dare voce oggi alla nostra preoccupazione e al nostro costante sostegno alla democrazia e al dialogo in questo paese, e qualora la repressione continui dovremmo considerare la possibilità di intraprendere in futuro azioni più decise.
Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Le elezioni parlamentari in Ucraina sono diventate una pietra miliare della fase di consolidamento iniziata con la rivoluzione arancione. Durante le elezioni, gli ucraini hanno dimostrato di tenere alla guadagnata libertà scendendo nelle strade. Hanno chiaramente confermato il proprio desiderio di entrare a far parte dell’Unione europea, in quanto ne condividono i principi e le norme fondamentali. E’ encomiabile che il Parlamento europeo non si sia limitato a sostenere la rivoluzione arancione, ma che stia anche costantemente osservando gli sviluppi della situazione in Ucraina attraverso i propri osservatori.
La democrazia parlamentare non dev’essere data per scontata, dev’essere stabilita gradualmente e sorvegliata. La Slovacchia, in quanto paese confinante, nutre un chiaro interesse per il successo dell’Ucraina e aiuterà questo paese a prendere il posto che gli spetta, in seno all’Unione europea. Certo, questo non accadrà da un giorno all’altro e pertanto l’UE dovrebbe offrire una forma di partenariato che consenta di sviluppare la prospettiva europea dell’Ucraina. La risoluzione comune dimostra che il Parlamento è politicamente maturo, capace di raggiungere un accordo politico sulla base di un ampio consenso e di inviare un segnale chiaro al popolo ucraino. Per queste ragioni ho votato a favore della risoluzione.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. (EN) Voterò a favore di questa risoluzione. Il giorno di Santo Stefano del 2004 ero a Kiev in qualità di osservatore del Parlamento per la ripetizione delle elezioni presidenziali, che videro la rivoluzione arancione spazzare via quanto accaduto in precedenza. Non si può dire tuttavia che essa abbia proprio tenuto fede a quanto promesso, perché gli alleati di un tempo vengono scartati e la corruzione s’insinua fra le fila di quanti avevano promesso di eliminarla. Posso solo sperare che da queste nuove elezioni i politici ucraini traggano la dovuta lezione perché solo così il loro paese potrà unirsi alle nazioni democratiche europee e proseguire sulla via della collaborazione.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Si disdegnano insolentemente e non si riconoscono i risultati delle elezioni in Bielorussia, ma si considerano “democratiche” quelle ucraine, che si sono svolte in un clima di violenza e di broglio, ai danni soprattutto del partito comunista ucraino. Gli “osservatori internazionali” e i rappresentanti dell’UE e dell’imperialismo hanno ignorato gli assassini di due esponenti di spicco del partito comunista, gli attacchi alla sede dello stesso, l’esclusione dalle liste di voto di 200 000 elettori nella regione di Lugansk, che quindi non hanno votato, né i brogli in Crimea.
Certo, questo non è dovuto al fatto che le relazioni sulla “validità e democrazia delle elezioni” siano state scritte prima che queste avessero luogo. L’UE e il Parlamento europeo ritengono che paesi soggiogati dall’imperialismo e da governi occupanti, come Iraq e Afghanistan, e le forze politiche che svendono gli interessi dei propri lavoratori e dei propri paesi in favore del capitale siano democratici. Ecco perché plaudono ai risultati in Ucraina, anche se quello che era il loro candidato è stato sconfitto.
L’“operazione democrazia” promossa da Stati Uniti e Unione europea tramite le proprie organizzazioni internazionali e transnazionali rappresenta essenzialmente l’imposizione del capitalismo e l’agganciamento di nuovi paesi al carro imperialista.
Le forze politiche che sostengono, permettono e tollerano tale politica sono complici e altrettanto responsabili di fronte al popolo.
Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Signor Presidente, la rivoluzione arancione è stata un momento di grande speranza, eppure è chiaro che la transizione verso una democrazia funzionante rimane difficoltosa per l’Ucraina. Noi del Parlamento dobbiamo fare la nostra parte, come durante la rivoluzione arancione, anche se oggi dobbiamo continuare a sostenere le forze del progresso e della democrazia in seno al paese. L’Unione è nella posizione migliore per fungere da onesto intermediario, consigliere e persino amico per gli ucraini; dobbiamo mantenere il nostro impegno in questo processo e sono lieto, oggi, di sostenere la risoluzione in esame.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Questa risoluzione solleva la gravissima questione dei paesi sviluppati che spogliano il Terzo mondo delle élite colte, in particolar modo nel settore medico.
Assistiamo in effetti a una situazione assolutamente spaventosa. Nel mio paese, la Francia, una mancata previsione dei bisogni sanitari di una popolazione che sta invecchiando, prospettive di carriera mediocri e l’applicazione delle 35 ore settimanali negli ospedali pubblici hanno portato a una grave penuria di personale. Tuttavia il numero chiuso continua a limitare l’accesso a tali professioni, con il risultato che infermieri e medici vengono reclutati all’estero. Al contempo, le popolazioni dei paesi in via di sviluppo non hanno accesso alla sanità e noi spendiamo ingenti somme di danaro per inviare missioni umanitarie, spesso in aree ristrette. E’ totalmente assurdo, tanto più che l’accesso alle strutture sanitarie è divenuto una delle cause dell’immigrazione clandestina di massa: l’isola francese di Mayotte, che rischia il collasso, ne è un esempio emblematico.
Desidero denunciare in quest’occasione la legge sull’immigrazione “scelta” dal Ministro Sarkozy, che organizzerà questo furto di élite su larga scala, compromettendo ulteriormente lo sviluppo dei paesi di origine di tali élite e aumentando automaticamente l’emigrazione delle popolazioni, mentre un sistema di istruzione fallimentare ha rinunciato a formare una generazione destinata alla disoccupazione e a lavoretti senza prospettive.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) La lotta globale alle malattie e alla povertà è una questione estremamente importante che richiede un impegno internazionale su larga scala. Siamo tuttavia dell’idea che il problema non debba essere affrontato nel quadro della cooperazione comunitaria, ma che la lotta contro le malattie debba essere portata avanti dai singoli Stati membri nel quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
La Lista di giugno auspica una cooperazione comunitaria limitata in questo campo e preferirebbe che le politiche di aiuto venissero rinazionalizzate. Ci opponiamo altresì al fatto che l’UE abbia influenza ed estenda il proprio potere relativamente a questioni già gestite da altre organizzazioni internazionali. Pertanto votiamo contro la risoluzione.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) La relazione discute una questione fondamentale relativa agli aiuti comunitari, ovvero la loro inefficacia. La posizione della Lista di giugno è che tali aiuti non dovrebbero essere erogati dall’UE, bensì dai singoli Stati membri.
Come segnala lo stesso relatore, gli aiuti comunitari sono inefficaci. Al contempo, mentre s’investono quantitativi di denaro relativamente cospicui per portare avanti una politica di sviluppo organizzata dall’UE, nuove barriere comunitarie al commercio si sommano a quelle già esistenti, rendendo impossibile per i paesi poveri del globo entrare nel mercato comunitario con i propri prodotti. Anche la politica comune dell’Unione relativa al commercio e l’agricoltura è alquanto deleteria, in quanto dazi e sovvenzioni rendono i prodotti agricoli dei paesi in via di sviluppo non competitivi.
Se la relazione avesse riguardato gli aiuti a livello di Stati membri, avremmo sicuramente votato a favore, perché l’inefficacia e la corruzione sono due grossi ostacoli per una cooperazione allo sviluppo costruttiva ed efficace. Quello che ci preoccupa in questo caso, tuttavia, sono gli aiuti organizzati dall’Unione, ed è per questa ragione che abbiamo votato contro l’intera relazione.
David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Plaudo a questa relazione sull’efficacia degli aiuti e sulla corruzione nei paesi in via di sviluppo. La corruzione è il sottoprodotto di un governo debole e poiché essa comporta spesso un ruolo importante per lo Stato, talvolta è definita come abuso di potere pubblico a scopi privati. Istituzioni deboli e amministrazioni con scarso senso di responsabilità spesso rendono possibile un cattivo uso del bene pubblico da parte di politici e pubblici ufficiali.
Rafforzare il ruolo dei parlamenti è, a mio avviso, di vitale importanza per portare avanti riforme nella gestione della finanza pubblica. Sarebbe inoltre necessario istituire o rafforzare meccanismi interni ai parlamenti stessi per far si che i governi rispondano del proprio operato.
Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Signor Presidente, vorrei unirmi alle congratulazioni rivolte al relatore per questo documento che affronta una questione cruciale in materia di aiuti e che, purtroppo, è spesso trascurata. Turba non poco constatare quanto gli aiuti e i finanziamenti allo sviluppo, per quanto ben intenzionati, incoraggino la corruzione, e per garantirne un coretto uso ai nostri contribuenti e ai cittadini dei paesi beneficiari dobbiamo continuare ad affrontare il problema. Appoggio incondizionatamente le raccomandazioni espresse in questa relazione e sono lieto di sostenerla quest’oggi.
Presidente. – Con questo si concludono le dichiarazioni di voto.