Antonio Tajani (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, soltanto per informare questa Assemblea che questa mattina c’è stato un attentato a Nassiriya, in Iraq, contro un convoglio militare europeo: sono morti tre carabinieri italiani e un soldato rumeno. Credo che la nostra Assemblea debba ricordare il sacrificio di questi cittadini europei, che stavano svolgendo il loro lavoro e il loro servizio a favore della pace.
Presidente. – Grazie, onorevole Tajani, e grazie anche per averci informato in merito. Sono certa che il Parlamento si assocerà alle sue affermazioni.
Monica Frassoni (Verts/ALE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ovviamente anch’io mi associo alle parole dell’on. Tajani, pur aggiungendo che forse è veramente ora che queste truppe lascino l’Iraq.
Ho però chiesto la parola in virtù dell’articolo 22, che riguarda le attribuzioni dell’Ufficio di presidenza. In particolare, faccio riferimento a quanto è successo ieri nell’Ufficio di presidenza, nel quale è stata respinta la possibilità che i cittadini si dirigano alle istituzioni comunitarie scrivendo in una lingua ufficiale del proprio paese. Questa decisione dell’Ufficio di presidenza non ha niente di amministrativo, dato che non ci sarebbe stato alcun tipo di costo per il Parlamento.
E’ una decisione politica e come tale il mio gruppo la contesta e intende sollevarla alla Conferenza dei presidenti. Una simile decisione di impedire la comunicazione di cittadini, già approvata dalla Commissione e al Consiglio, non può essere respinta da un’Assembla come la nostra. Con il mio intervento volevo solo esporre la nostra posizione in relazione alle attribuzioni dell’Ufficio di presidenza.
Presidente. – Grazie, onorevole Frassoni. L’onorevole Frassoni ha fatto riferimento alla decisione adottata ieri sera in seno all’Ufficio di presidenza, di cui, ne sono certa, non tutti i deputati sono a conoscenza.
Onorevole Frassoni, le consiglierei non solo di scrivere al Presidente in merito alla questione, ma anche di informare i suoi segretari generali e i suoi copresidenti e di sollevare il problema in occasione della Conferenza dei presidenti. Ieri, nell’Ufficio di presidenza, la questione da lei sollevata è stata risolta tramite una votazione, benché di esito risicato. Se desidera tornare sull’argomento, sono certa che dovrà farlo tramite i gruppi i quali si occuperanno sicuramente della cosa e scriveranno ai presidenti.
2. Sicurezza stradale: sistema “eCall” per tutti (discussione)
Presidente. L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0072/2006), presentata dall’onorevole Titley a nome della commissione per i trasporti e il turismo, sulla sicurezza stradale: “eCall” per tutti [(2005/2211(INI)].
Gary Titley (PSE), relatore. – (EN) Signora Presidente, vorrei che immaginaste questa scena: è una notte buia e tempestosa, fa freddo, piove e tira vento. State guidando su strade che non conoscete e forse vi siete addirittura persi, quando all’improvviso vi trovate davanti un ostacolo. Siete costretti a sterzare, andate a sbattere contro un albero e perdete i sensi a seguito dell’urto. A questo punto un incidente relativamente lieve potrebbe diventare estremamente grave: potreste cadere in stato confusionale, andare in ipotermia o avere un’emorragia, che, se non arrestata, potrebbe esservi fatale. Se non perdete i sensi, sapete dove vi trovate? Sapete qualcosa del numero di emergenza 112? Avete effettivamente un telefono portatile o la batteria è scarica? In tutte queste circostanze un incidente relativamente lieve potrebbe diventare letale in virtù del principio della cosiddetta “Golden Hour”, l’ora cruciale, per cui, se si ricevono cure entro i primi sessanta minuti dall’incidente, non solo è più probabile salvarsi, ma anche limitare la gravità delle ferite riportate.
Per tale motivo abbiamo bisogno di eCall, ovvero di un sistema paneuropeo di chiamata d’emergenza a bordo dei veicoli, basato sul numero di emergenza 112. In caso di incidente, un dispositivo a bordo del veicolo verrà attivato, dall’apertura dell’airbag, da un improvviso aumento della temperatura all’interno dell’abitacolo, dal ribaltamento o da una brusca decelerazione dell’automobile. Un una volta attivato, eCall trasmette i dati relativi, ad esempio, all’ora dell’incidente, all’ubicazione e all’identificazione del veicolo ad un centro di raccolta delle chiamate di emergenza (Public Safety Answering Point, PSAP) che, a sua volta, allerta i servizi di soccorso che si precipiteranno in vostro aiuto. Il dispositivo eCall può essere attivato anche manualmente e permettervi così di effettuare una chiamata vocale e comunicare con i servizi di soccorso.
So che ci sono alcuni problemi in relazione alla privacy, vorrei però chiarire che tale sistema funziona solo quando è attivato in caso di incidente e che non è un dispositivo per localizzare la vostra posizione mentre guidate. Tale sistema deriva dal progetto EMERGE, che è stato finanziato a titolo del quinto programma quadro. Vorrei inoltre far presente che la tecnologia necessaria è già in gran parte disponibile e che alcune automobili ne sono già dotate. Manca tuttavia una piattaforma comune.
Abbiamo bisogno di questo sistema perché ogni anno sulle strade si registrano 40 000 decessi e 1 600 000 feriti, con un costo pari a 160 miliardi di euro, vale a dire equivalente al 2 per cento del PIL dell’Unione europea. Auspichiamo di dimezzare il numero di vittime della strada entro il 2010.
Il sistema eCall è dunque il primo elemento costitutivo dell’iniziativa della Commissione “automobile intelligente”. La maggior parte delle misure sono intese ad evitare gli incidenti; tuttavia sarà impossibile scongiurare del tutto gli infortuni stradali, per cui, in tale evenienza, è necessario il sistema eCall. Le ricerche hanno dimostrato che il sistema eCall potrebbe consentire di ridurre i tempi di reazione agli incidenti fino al 40 per cento nelle aree urbane e del 50 per cento circa nelle zone rurali. eCall inoltre potrebbe salvare fino a 2 500 vite ogni anno e comportare una riduzione della gravità delle ferite anche del 15 per cento. In tal modo i costi legati agli incidenti stradali potrebbero essere ridotti di 22 miliardi di euro all’anno e potrebbe esserci anche un ulteriore risparmio, pari a 4 miliardi di euro all’anno, sui costi dovuti agli ingorghi provocati dagli incidenti. Si tratta dunque di un’ottima idea.
Purtroppo si tratta di un’idea di non facile realizzazione a causa della nutrita schiera di soggetti coinvolti – settori automobilistico e delle telecomunicazioni, servizi di soccorso, enti pubblici – che occorre interpellare per introdurre tale sistema e dotarlo di una base coerente e una piattaforma comune. Per tale motivo è stato istituito il Gruppo di Orientamento eCall, che ha prodotto un protocollo d’intesa finalizzato a vincolare gli operatori ad attuare principi uniformi e concordati e una comune tabella di marcia che prevede prove su scala reale nel 2007, il potenziamento dei PSAP entro il 2007 e l’introduzione di tale dispositivo su tutti i nuovi veicoli immessi sul mercato a partire dal 2009.
Abbiamo oltre 50 firme, di cui però purtroppo solo sette sono di Stati membri, e, per ironia della sorte, una è di uno Stato che non fa parte dell’UE, la Svizzera. Questo sistema non potrà essere attuato se non verrà sottoscritto dalle autorità pubbliche, perché l’industria non può giustificare la ricerca senza l’impegno delle autorità pubbliche.
Quali iniziative occorre ancora intraprendere? Dobbiamo far conoscere il 112, perché molti non lo conoscono. Tale sistema richiede un 112 rafforzato che comprenda l’ubicazione del chiamante. Gli Stati membri sono tenuti ad applicare tale sistema ai sensi della direttiva 2002/22/CE, ma molti sono inadempienti. Abbiamo bisogno di potenziare i PSAP per affrontare la questione. Molti paesi attualmente stanno procedendo in tal senso, ma la strada da percorrere è ancora lunga.
Tale operazione avrà un costo: il dispositivo a bordo dei veicoli costerà tra i 150 e i 450 euro, ma, se si procederà in modo adeguato, il prezzo scenderà. E’ necessario potenziare i PSAP, il che costerà circa 4,5 miliardi all’anno. Tuttavia, alla luce dei 26 miliardi di euro che si risparmieranno, i vantaggi prodotti da questo dispositivo sono di gran lunga superiori ai costi.
Il messaggio che vi invio è molto semplice: si tratta di un dispositivo eccellente, che permetterà di salvare vite umane e risparmiare denaro, occorre però che le autorità pubbliche si diano da fare e compiano progressi al riguardo, perché sono le uniche a voler tirare in lungo le cose.
(Applausi)
Viviane Reding, Membro della Commissione. (EN) Signora Presidente, vorrei rivolgere i miei più vivi ringraziamenti al Parlamento e soprattutto al relatore, onorevole Titley, per la relazione svolta, nonché per l’energia con cui sostiene questo importante dispositivo a vantaggio dei cittadini.
E’ davvero incoraggiante che il Parlamento riconosca eCall come una delle priorità, se non la principale, dell’iniziativa eSafety, e come il primo elemento costitutivo dell’iniziativa “automobile intelligente” avviata lo scorso febbraio. Vorrei inoltre ringraziare il Parlamento per il suo costante appoggio agli sforzi compiuti dalla Commissione al fine di coinvolgere gli Stati membri. Come ha affermato il relatore, la parte difficile del progetto sta nel convincere gli Stati membri a firmare il protocollo d’intesa. Mi auguro davvero che questa relazione lanci un segnale positivo agli Stati membri in modo da riuscire a coinvolgerli tutti.
Rilevo inoltre con piacere che il Parlamento condivide le nostre posizioni sul numero d’emergenza 112 e che esorta gli Stati membri a compiere progressi nell’utilizzarlo. Come sapete, la Commissione ha già compiuto passi in tal senso organizzando a ottobre dell’anno scorso una conferenza ad alto livello sul 112 e istituendo un gruppo di esperti sulle comunicazioni di emergenza.
Il Parlamento vorrebbe che l’introduzione di eCall fosse sincronizzata con il calendario fissato per il programma GALILEO. Convengo sul fatto che GALILEO, una volta operativo, garantirà migliori prestazioni in materia di posizionamento. Il nostro obiettivo è tuttavia introdurre eCall al più presto possibile e pertanto incoraggio l’industria a mettere a punto soluzioni fondate sulle tecnologie attualmente disponibili, come i GPS.
Sono d’accordo con il Parlamento sul fatto che l’analisi costi/benefici è decisiva, soprattutto quale argomentazione commerciale convincente a favore di eCall, e vorrei sottolineare le cifre appena citate dal relatore. Mi sembra che da questa analisi costi/benefici risulti che non solo è possibile salvare vite umane, ma anche risparmiare considerevoli somme di denaro. Alcuni Stati membri, come la Finlandia, hanno avviato valutazioni, di propria iniziativa, cosa che reputo positiva, e la Commissione ha iniziato a svolgere uno studio molto ampio chiamato eImpact.
La Commissione ritiene che l’industria sarà in grado di produrre sistemi a bordo dei veicoli all’altezza delle prestazioni richieste a prezzi accessibili, se tali dispositivi verranno prodotti in grandi quantitativi; si tratta pertanto di iniziare ad attuare il sistema e poi di introdurlo in tutte le vetture. La Commissione non intende esercitare pressioni sull’industria al riguardo, ma sta incoraggiando i produttori di dispositivi a collaborare con i fornitori di strumenti per le telecomunicazioni e con gli operatori delle reti mobili nella progettazione di sistemi a bordo dei veicoli che siano affidabili, robusti e funzionali.
Reputo positivo l’invito a tenere in considerazione il ricorso agli incentivi rivolto dal Parlamento ai soggetti coinvolti. Gli studi sui consumatori indicano che questi ultimi, sebbene attribuiscano capitale importanza alla sicurezza, non sono disposti a pagare di più per dispositivi di sicurezza installati a bordo delle automobili. Con il sostegno del Parlamento continueremo a portare avanti la discussione sugli incentivi seguendo due direzioni, chiedendo cioè incentivi finanziari agli Stati membri ed eventuali riduzioni dei premi al settore assicurativo.
Quanto al problema di mettere eCall a disposizione delle persone che vivono in zone rurali o isolate, vorrei far presente che eCall è per tutti i veicoli, anche per i modelli più economici. Non è un articolo per auto di lusso, ma per tutti i cittadini e per tutti i veicoli. La rapidità con cui il suo utilizzo si diffonderà dipenderà naturalmente da numerosi fattori, ad esempio dal successo o meno dell’applicazione dei sistemi di incentivi. Credo che si potrebbe installare tale dispositivo come accessorio, opzione, questa, che accelererà l’attuazione di eCall.
Posso garantirvi che eCall è tra le principali priorità nel programma della Commissione e sono lieta che il Parlamento ci abbia aiutato inserendo questa iniziativa anche tra le sue priorità. Continueremo pertanto a impegnarci congiuntamente per far aderire gli Stati membri a eCall.
Dieter-Lebrecht Koch, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, desidero ringraziare la Commissione per l’iniziativa e il relatore per il testo elaborato, che è un lodevole contributo al miglioramento della sicurezza stradale europea.
Ogni giorno sulle nostre strade si verifica un numero di incidenti pazzesco; neppure la più moderna tecnologia potrà evitare del tutto che si verifichino. Ogni anno, a seguito di incidenti stradali, sulle nostre strade perdono la vita più di 41 000 persone e 1 600 000 restano ferite, alcune delle quali gravemente. In futuro l’installazione del sistema di emergenza eCall a bordo dei veicoli salverà vite umane, in quanto saranno i veicoli stessi ad eseguire in automatico la chiamata di emergenza in caso di incidenti gravi. Naturalmente sarà possibile avviare l’allarme manualmente, ad esempio, se si assiste a un incidente o se ci si ritrova in pericolo di vita. Il sistema permetterà ai servizi di soccorso di recarsi molto più rapidamente sul luogo dell’incidente, soprattutto se questo si è verificato in un posto isolato e difficile da raggiungere, il che ridurrà i costi legati agli incidenti di 26 miliardi di euro ogni anno; pertanto la somma iniziale di 4,5 miliardi di euro è senz’altro denaro ben speso.
eCall potrebbe salvare fino a 7 000 vite umane ogni anno, e potrebbe ridurre la gravità delle ferite riportate dalle 45 000 persone che ogni anno subiscono infortuni stradali. Ditemi voi se questo non è un obiettivo per cui vale la pena di mobilitarsi.
Oltre un terzo di tutti gli incidenti che provocano feriti si verifica di notte, e più della metà capita a conducenti che guidano da soli. Persino oggi trovare tempestivamente le vittime di incidenti del genere è in gran parte questione di fortuna; d’inverno capita regolarmente che motociclisti che hanno incidenti in strade isolate muoiano a seguito delle ferite riportate e dell’ipotermia e non come diretta conseguenza dell’incidente. In definitiva spesso è la prima ora dopo l’incidente, quella che i medici chiamano “Golden Hour”, a determinarne la mortalità o meno.
Affinché il sistema di chiamata di emergenza eCall sia a disposizione dei cittadini prima possibile, l’Unione europea dovrebbe appunto far capire agli Stati membri l’importanza di attivare ovunque e senza indugio un sistema a tecnologia satellitare di centri e infrastrutture per le chiamate di emergenza. Un sistema del genere dovrebbe essere operativo entro la fine del 2009.
Parallelamente alla predisposizione di queste infrastrutture, si dovrebbe obbligare l’industria a mettere a disposizione, a partire da una determinata data, nuovi veicoli dotati tutti di tecnologia eCall. Poiché sono soprattutto gli acquirenti di veicoli della fascia di prezzi più bassa a essere restii a spendere di più per dispositivi di sicurezza, vorrei che l’industria automobilistica introducesse il sistema di serie in tutti i modelli, così da ridurre i costi al minimo nei tempi più brevi possibili.
eCall è anche e soprattutto decisivo per le possibilità di sopravvivenza dei motociclisti, che spesso non sono in grado di chiedere aiuto da soli. Lo stesso vale per automezzi pesanti e pullman; navi e aerei sono da tempo sistematicamente dotati di un sistema analogo.
Nella mia circoscrizione elettorale, i servizi di soccorso, la polizia e le associazioni di motociclisti, i politici regionali, i rappresentanti dei mezzi di comunicazione e persino le associazioni di pensionati auspicano che eCall diventi obbligatorio. Finora non ci siamo ancora spinti a questo punto. Invito l’Aula ad approvare la relazione.
Inés Ayala Sender, a nome del gruppo PSE. – (ES) Signora Presidente, anch’io desidero congratularmi con l’onorevole Titley per l’eccellente relazione su una questione tanto fondamentale come la sicurezza stradale. In questo caso la relazione coniuga innovazione e lungimiranza con la sicurezza e la riduzione della mortalità sulle strade, fenomeno che costituisce una delle più devastanti epidemie del nostro secolo.
Sono inoltre lieta che l’Assemblea dedichi di nuovo del tempo alla sicurezza stradale e soprattutto che finalmente lo faccia all’inizio della mattinata anziché a tarda sera. Come l’onorevole Titley ha ben spiegato, dobbiamo aiutare i conducenti e i passeggeri dei veicoli.
Nel mio paese si è appena conclusa una settimana terribile contrassegnata da intensi esodi e controesodi per le vacanze pasquali. Ci aspettavamo che la tendenza alla diminuzione della mortalità stradale, iniziata due anni fa con uno specifico impegno mirato ad evitare gli incidenti, fosse destinata a continuare. Non è stato così, il che dimostra che dobbiamo continuare a impegnarci e a compiere progressi per introdurre meccanismi che aiutino a risolvere i problemi connessi al fattore umano. E’ stato dimostrato che le principali cause di decesso –dato, questo, che non si riesce a ridurre, in quanto, nonostante il drastico calo del numero di incidenti, non è diminuito il numero dei morti – sono essenzialmente riconducibili a errori del conducente, vale a dire al fattore umano, e anche a ritardi nell’arrivo dei servizi di soccorso.
E’ pertanto essenziale compiere progressi anche nel settore dei veicoli intelligenti. Desidero quindi porgere il benvenuto alla signora Commissario e complimentarmi con lei per la tenacia e l’entusiasmo con cui porta avanti il programma eSafety e per i progressi compiuti nell’ambito dei programmi sui metodi intelligenti per il miglioramento della sicurezza stradale.
Inoltre, a mio parere, questo ausilio, che è necessario per veicoli, passeggeri e conducenti, non dovrebbe essere limitato ai mezzi comuni, in primo luogo le automobili di lusso, che trarranno senz’altro i maggiori vantaggi da questi nuovi miglioramenti, ma dovrebbe essere esteso ai mezzi agricoli e ai veicoli impiegati dalle guardie forestali, nelle opere pubbliche e per i soccorsi. I passeggeri e i conducenti di tali veicoli sono lavoratori che di solito se ne servono per raggiungere località isolate, in circostanze pericolose e difficili, ma questo tipo di mezzi in genere non è dotato di innovazioni del genere.
Abbiamo pertanto chiesto di valutare la possibilità di inserire anche queste categorie di veicoli e in particolare i relativi conducenti e passeggeri, che reputiamo di capitale importanza.
Quanto al prezzo, sono completamente d’accordo sulla necessità di procedere a introdurre un sistema di incentivi attraverso le assicurazioni o i tipi di incentivi già predisposti in altri paesi per il rinnovo della flotta e quant’altro.
Vorrei ricordarvi che su altri elementi relativi alla sicurezza stradale, che ora sono considerati del tutto normali e pienamente accettati, come cinture di sicurezza e airbag, sono stati compiuti progressi estremamente rapidi. Penso pertanto che anche per eCall occorra imboccare la medesima direzione.
Eva Lichtenberger, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, di cosa stiamo discutendo oggi? Stiamo parlando di un sistema di chiamata di emergenza che si attiva automaticamente in caso di incidente o che può essere attivato manualmente; stiamo inoltre discutendo di studi dai quali emerge che moltissime persone potrebbero sopravvivere agli incidenti se tale sistema venisse installato a bordo dei veicoli e negli Stati membri venissero predisposte le necessarie infrastrutture, sotto forma di centri e numeri unici per le chiamate di emergenza. In tutta onestà e franchezza devo dire all’Assemblea che questi dati mi sembrano grossolanamente esagerati.
Nelle discussioni sulla sicurezza stradale, vi sono alcuni deputati di questa Assemblea che hanno interessi personali in materia e mi riferisco in particolare all’onorevole Vatanen. Costoro evidentemente pensano che gli unici aspetti importanti siano quelli relativi ai costi e all’installazione di accessori elettronici. Gli emendamenti intesi a introdurre misure che avrebbero effettivamente affrontato le cause degli incidenti e che potrebbero davvero migliorare la guida dei conducenti, ad esempio tramite l’astensione dagli alcolici o l’adeguamento della velocità alle condizioni di guida, sono stati respinti in blocco dalla commissione per i trasporti e il turismo.
E’ chiaro dunque che non ci si occupa più della sicurezza, se non dal punto di vista tecnologico, il che non mi sembra sufficiente. Infatti, sebbene io ritenga importante la riduzione dei tempi impiegati dai servizi di emergenza per raggiungere il luogo dell’incidente, la mia principale preoccupazione è volta soprattutto ad evitare gli incidenti. Se questo è l’obiettivo di cui ci stiamo occupando, allora è molto più efficace prendere provvedimenti per affrontare il problema di chi guida in stato di ebbrezza o indurre i conducenti a guidare a velocità adeguata, fattori, questi, che sono entrambi responsabili della maggior parte degli incidenti, piuttosto che limitarsi a rendere obbligatoria l’installazione di sistemi elettronici di sicurezza.
Si è parlato del costo di questi sistemi. Attualmente si stima che il costo per l’installazione si aggiri tra i 150 e i 300 euro, con la “eventuale” speranza che “possa” diminuire.
L’Assemblea crede davvero che l’installazione di questi dispositivi diventerà più economica, se le compagnie assicurative o gli Stati membri la renderanno obbligatoria? Il fatto è che, se anche lo facessero, l’industria non avrebbe alcun motivo per produrre tali dispositivi a prezzi minori. Non riesco davvero a capire come i costi di tale sistema possano essere privi di interesse per gli stessi che al contempo vanno criticando a gran voce i costi, seppur di gran lunga inferiori, della patente di guida europea unica e che l’hanno attivamente avversata in alcuni Stati membri.
Vi è inoltre la questione della sfera privata e del crescente monitoraggio di ogni settore della nostra vita. Anche se penso che tali misure siano utili in alcuni settori limitati, ritengo che sia sbagliato parlarne come di una grande opportunità di salvare la vita alla metà delle presunte vittime di tutti gli incidenti. Reputo che tali studi non siano credibili. A mio avviso, la strategia di prevenzione della commissione per i trasporti e il turismo, che fa affidamento solo su misure che comportano ingenti costi, scartando d’un colpo solo tutte le altre misure per la prevenzione degli incidenti, senza diminuire i tempi per la prestazione dei soccorsi, non si può considerare credibile.
Jaromír Kohlíček, a nome del gruppo GUE/NGL. – (CS) Signora Presidente, onorevoli colleghi, i cittadini degli Stati membri dell’UE sono spesso colti di sorpresa dall’elevato numero delle vittime di incidenti stradali. Naturalmente vi sono vari modi che permettono di ridurre il numero di decessi e infortuni a lungo termine. Come il collega ha già detto, tali modi comprendono la qualità delle strade, la sicurezza della progettazione dei veicoli e normative per i trasporti più approfondite e più agevolmente applicabili. Tra le misure che assicurano alle squadre di soccorso maggiori possibilità di raggiungere tempestivamente il luogo dell’incidente, vi è la riduzione del tempo che intercorre tra il verificarsi del sinistro e il ricevimento delle informazioni su di esso, compresa la precisa ubicazione. Mi rallegro vivamente per il fatto che oltre ai sette Stati membri che hanno annunciato di essere pronti ad introdurre il sistema, altri quattro hanno avviato le procedure per adottarlo. La nostra risoluzione chiede ai restanti 14 paesi di aderire al sistema e credo che non bisognerà aspettare molto perché ciò avvenga. Penso inoltre che l’intero Spazio economico europeo aderirà a questa iniziativa, oltre agli Stati membri dell’UE.
La completa introduzione dell’iniziativa eCall dovrebbe essere sincronizzata con la fase pienamente operativa del sistema di posizionamento satellitare GALILEO, il cui inizio è previsto per il 2010. Sarebbe pertanto positivo rendere l’iniziativa eCall pienamente operativa entro la medesima data. Come la signora Commissario ha correttamente sottolineato, un’ulteriore condizione preliminare per la completa introduzione del sistema è data dalla necessità di compiere sostanziali progressi nell’utilizzo del numero di emergenza 112. Alla luce dei notevoli costi comportati da tutti i nuovi dispositivi, gli strumenti usati dovrebbero naturalmente essere sia economici che affidabili. Se le compagnie assicurative raccoglieranno la richiesta di tenere conto dell’uso di eCall, daranno un ulteriore incentivo ad accelerare l’introduzione dell’iniziativa. E’ vero che sull’applicazione del sistema eCall resta qualche punto da chiarire. La proposta di risoluzione chiede di accelerare il processo, in modo tale che sia possibile avviare il sistema entro l’anno obiettivo del 2009.
Onorevoli colleghi, signora Commissario, è raro che i deputati di quasi tutti i gruppi politici siano così nettamente favorevoli a una relazione, ma oggi si è registrato un ampio consenso. Giacché ritenete la riduzione del numero delle vittime di incidenti stradali una questione effettivamente importante, vi esorto a sostenere la proposta di risoluzione.
Michael Henry Nattrass, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signora Presidente, l’onorevole Titley è una brava persona e questa proposta è piena di buone intenzioni. Tuttavia, sono contrario ad essa.
Sono contrario perché ci sono usi migliori cui destinare una spesa pubblica di tale entità. Le argomentazioni a favore del progetto sono state gonfiate e non penso che esso sia credibile sotto il profilo finanziario. Nel Regno Unito si usa dire che “la necessità aguzza l’ingegno”, ed ecco qui l’UE, madre di tutte le inefficienze, che vuole imporre una nuova invenzione senza che ne esista la necessità. Mi sembra che stiate tutti cercando nuovi usi per giustificare l’ingente costo del progetto satellitare GALILEO.
Che dire poi del costo aggiuntivo che questo progetto comporterà sia per i contribuenti che per gli automobilisti? Quanti falsi allarmi lancerà il sistema eCall? Distoglierà i servizi pubblici, attualmente a corto di fondi, dalle reali emergenze? Quali nuovi e costosi servizi richiederà? Tutte queste considerazioni sono a mio avviso un campanello di allarme. Chi pensa che il Regno Unito sprechi il denaro pubblico, deve moltiplicare questa inefficienza quando prende in considerazione progetti europei del genere.
Questo progetto ha fatto nascere l’espressione “UE, non hai ancora visto niente” o addirittura l’espressione settentrionale “Ee, qualcuno ha chiamato”?
Seán Ó Neachtain, a nome del gruppo UEN. – (EN) Signora Presidente, desidero congratularmi con l’onorevole Titley per l’eccellente relazione.
Le 2 500 vite umane che, secondo le stime, eCall potrebbe salvare in Europa ogni anno sono un dato significativo e pertanto tale sistema va tenuto in seria considerazione quale mezzo per ridurre l’elevato numero di vittime della strada. E’ essenziale che gli Stati membri varino normative che tengano conto di tale aspetto. E’ fondamentale che i servizi di soccorso, come ambulanze, polizia e pompieri, giungano sul luogo dell’incidente entro un’ora da quando si è verificato, la cosiddetta “Golden Hour”, ora cruciale.
Ad oggi 134 persone hanno perso la vita sulle strade irlandesi dall’inizio dell’anno. Alcune di queste persone avrebbero potuto sopravvivere grazie a eCall. Purtroppo nessuna tecnologia può sostituire la fondamentale responsabilità del conducente di guidare in modo sicuro e nel rispetto del codice della strada.
Recentemente, purtroppo, sulle strade irlandesi si è registrato un numero sproporzionato di vittime tra i cittadini dell’Europa orientale che lavorano in Irlanda. La maggioranza di queste tragedie si verifica su strade secondarie ed è imputabile alla guida in stato di ebbrezza, alla velocità eccessiva e, a mio avviso, al fatto che queste persone non sono abituate a guidare tenendo la sinistra della strada, come prescritto in Irlanda. A peggiorare la situazione interviene il fatto che molti di loro usano auto con la guida a sinistra che si sono portati dai paesi di origine dell’Europa orientale. Perdere un parente in un incidente stradale è straziante per qualsiasi famiglia, ma è ancora più tragico e sconvolgente quando è necessario procedere al rimpatrio di un corpo lacerato.
Invoco vivamente l’introduzione di un programma di sensibilizzazione rivolto ai cittadini stranieri in Irlanda per avvertirli del problema. Gli Stati membri dell’UE hanno disperatamente bisogno di una politica stradale unitaria e coerente. In questa fase occorre anche esaminare da vicino la questione del lato della strada da tenere nella guida negli Stati membri.
In conclusione, i veicoli a motore sono diventati delle armi di distruzione di massa sulle nostre strade e siamo diventati in qualche modo insensibili a questa distruzione. Siamo legislatori eletti. Dobbiamo fare tutto quanto in nostro potere per fermare la carneficina che si verifica sulle nostre strade.
Fernand Le Rachinel (NI). – (FR) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, anch’io desidero subito complimentarmi con il relatore per l’eccellente lavoro svolto e per le proposte avanzate. In questo caso si tratta di introdurre rapidamente un sistema europeo per le chiamate di emergenza che fornisca l’ubicazione precisa del luogo in cui si è verificato l’incidente e che avverta i servizi di soccorso più vicini. Credo che la funzione principale del sistema eCall debba essere e sarà quella di salvare vite umane. Se infatti c’è un ambito in cui i soccorsi di emergenza vanno considerati vitali per la sopravvivenza e la cura dei feriti gravi, è proprio quello della strada.
In proposito, vorrei richiamare la vostra attenzione su un aspetto preciso degli incidenti stradali: gli incidenti provocati da automezzi pesanti o in cui sono coinvolti tali veicoli. Nel 2003, su 90 220 incidenti registrati in Francia, a seguito dei quali sono morte 5 731 persone, 4 472 sinistri coinvolgevano automezzi pesanti, con un bilancio di 720 morti tra gli utenti della strada, di cui 107 erano i conducenti degli automezzi pesanti. Avendo un tasso di incidenti mortali del 16,10 per cento, la gravità degli incidenti con gli automezzi pesanti è due volte e mezzo superiore a quella registrata per il totale degli incidenti. La Francia, vero e proprio crocevia della rete stradale europea, deve pensare insieme ai partner europei a mettere a punto quanto prima soluzioni alternative al traffico stradale, che oggi è la modalità di trasporto più pericolosa e inquinante.
Al fine di accrescere la sicurezza per gli utenti della strada, dobbiamo non solo creare sistemi di risposta in caso di emergenza, come quello proposto oggi, ma dobbiamo anche decongestionare le strade trasferendo il traffico stradale sulle vie marittime e ferroviarie, senza dimenticare quelle fluviali. Coniugando tutti questi sforzi e non limitandoci al sistematico giro di vite della polizia a carico dei soli conducenti, riusciremo a ridurre in modo significativo il numero di persone che perde la vita sulle strade europee.
Georg Jarzembowski (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, poiché tutti i gruppi dotati di buon senso di questa Assemblea si sono espressi a favore del sistema eCall, invece di continuare a ripetere per l’ennesima volta le stesse argomentazioni e a spiegare come il sistema recherà vantaggio all’umanità, proporrei di concentrarci su un aspetto da cui dipenderà il sistema, ovvero l’esistenza di centri di raccolta delle chiamate di emergenza e la necessità che siano moderni. Ritengo infatti che ci siano ancora alcune carenze nel sistema dei centri di raccolta delle chiamate di emergenza nei 25 Stati membri europei.
Dovremmo fin d’ora esaminare la situazione dei due nuovi Stati membri, Bulgaria e Romania, in quanto, se il sistema andrà introdotto in questi paesi, anche lì dovranno essere predisposti sistemi per le chiamate di emergenza. Sollecito pertanto la Commissione a impegnarsi a fondo per avviare seri colloqui con gli Stati membri in merito all’attuazione delle decisioni comuni. Non voglio agitare spauracchi, ma il diritto comunitario afferma che abbiamo facoltà di legiferare in materia di sicurezza stradale e sono certo che in tale prerogativa rientrano i centri di raccolta delle chiamate di emergenza, che sono una condizione preliminare essenziale per il miglioramento della sicurezza stradale.
Dovremmo pertanto esortare gli Stati membri a sbrigarsi una buona volta, in quanto è inutile lasciare principalmente a loro la competenza sulle questioni relative alla sicurezza stradale, se poi non attuano le decisioni comuni concordate in materia. Vorrei dunque esortarla, signora Commissario, ad adoperarsi per avviare seri colloqui con gli Stati membri e ad avvalersi di tutte le possibilità a disposizione della Commissione, in quanto tale servizio è inutile, se non vengono predisposti ovunque adeguati sistemi per le chiamate di emergenza. Come ha detto l’onorevole Titley, questo ausilio è necessario soprattutto in caso di incidenti in campagna, piuttosto che in città; tuttavia, perché possa risultare di aiuto, il sistema di chiamata di emergenza deve essere disponibile ovunque.
Signora Commissario, lei ha ringraziato il relatore per l’energia che ha profuso nella questione, noi dovremmo ringraziare lei per l’energia con cui sta seguendo gli sviluppi del progetto.
Ewa Hedkvist Petersen (PSE). – (SV) Signora Presidente, signora Commissario, in primo luogo desidero ringraziare l’onorevole Titley per l’interessante ed eccellente lavoro svolto e per le stimolanti discussioni che abbiamo tenuto in sede di commissione. La sicurezza stradale è importante e tale questione è inerente appunto alla sicurezza stradale. Sulle strade europee è un continuo susseguirsi di disastri. Ogni anno sulle nostre strade si verificano quotidianamente incidenti in cui perdono la vita 42 000 persone. Dobbiamo pertanto avvalerci di tutte le misure possibili e immaginabili per impedire tali incidenti. Una delle possibili misure da adottare per salvare vite umane è eCall. Sappiamo che la gente auspica l’attuazione di tale servizio. La gente vuole evitare i disastri e salvare vite umane. Sappiamo inoltre che la gente spera che i soccorsi giungano con rapidità. Lo abbiamo visto anche nel caso di disastri diversi da quelli stradali, ad esempio nel caso di catastrofi naturali, sia in Europa che altrove nel mondo. Gli aiuti e i servizi di soccorso devono sopraggiungere con rapidità. Con l’introduzione del sistema eCall, possiamo contribuire a fare in modo che ciò avvenga.
Nel 2001, il Parlamento europeo aveva fatto presente in una risoluzione sulla sicurezza stradale che, a suo parere, la politica dell’UE in materia di sicurezza stradale doveva anche comprendere misure per la prestazione di soccorsi, cure mediche e riabilitazione, nonché indicazioni per fornire migliori soccorsi medici alle persone infortunate. Il sistema eCall potrà contribuire al conseguimento di tali obiettivi.
La Commissione ha prestato ascolto alle affermazioni fatte dal Parlamento nel 2001 e adesso desidera introdurre l’E112 in tutta l’UE, poiché è un servizio che potrebbe migliorare la sicurezza stradale. Tale misura permetterà di salvare vite umane e di prestare cure mediche ai feriti gravi con maggiore rapidità, in conformità del principio della “Golden Hour”, l’ora cruciale, in virtù del quale, se si ricevono cure mediche entro un’ora dall’incidente, si hanno maggiori possibilità di sopravvivere e di riportare ferite meno gravi.
E’ importante che gli Stati membri si impegnino ad attuare tali misure affinché i produttori compiano progressi in questo settore, in quanto sappiamo che i grandi produttori automobilistici europei stanno mettendo a punto i relativi sistemi tecnici per i propri veicoli. Tali sistemi devono tuttavia trovare un corrispettivo a livello di infrastrutture nazionali in modo che vi sia qualcuno a ricevere le chiamate. Si tratta dunque di un’esigenza visto che l’industria automobilistica sta già mettendo a punto la tecnologia necessaria.
L’emendamento n. 3 è importante per sviluppare ulteriormente eCall e affinché gli Stati membri ne comprendano l’importanza. Se il Parlamento europeo deciderà di sostenere questo emendamento, avremo un’altra possibilità di esercitare pressioni sugli Stati membri che sono in ritardo. L’installazione di dispositivi intelligenti a bordo delle auto deve diventare una strategia europea nel lavoro inerente alla sicurezza stradale, poiché le auto vengono prodotte per tutto il mercato europeo. Sappiamo che, se otterremo una vasta gamma di sistemi intelligenti, potremo introdurre anche, ad esempio, blocchi etilici, che sarebbero un ottimo modo per impedire la guida in stato di ebbrezza. Desidero infine invitarvi a sostenere la relazione e l’emendamento.
Helmuth Markov (GUE/NGL). – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, di recente abbiamo discusso in plenaria della revisione intermedia del programma d’azione europeo per la sicurezza stradale, e abbiamo convenuto che le possibilità di riuscire realmente a conseguire gli obiettivi prefissati, vale a dire dimezzare il numero di vittime della strada entro il 2010, sono relativamente esigue.
eCall può tuttavia contribuire a ridurre questa cifra. Sappiamo bene che di per sé non è un mezzo per conseguire il fine di far diminuire gli incidenti – obiettivo per il quale dobbiamo lavorare molto meglio e impegnarci di più e dovremo continuare a farlo – ma che è un sistema in grado di determinare una drastica riduzione dei danni provocati dagli incidenti e che può inoltre contribuire a cementare un’alleanza di davvero ampia portata tra Commissione, Stati membri, industria automobilistica, imprese nel settore delle telecomunicazioni e naturalmente servizi di chiamata di emergenza.
Se riusciremo a garantire l’accesso universale ai servizi di chiamata di emergenza, allora daremo un piccolo contributo al soccorso dei feriti e alla costante diminuzione del numero di persone che riportano ferite gravi o perdono la vita. Non voglio soffermarmi a discutere di cifre e dell’effettiva precisione o meno dei dati in esame, questione, questa, che è del tutto a sé stante. Se riusciremo ad avere 7 000 morti o esseri umani che soffrono in meno, allora sarà valsa la pena di aver fatto qualsiasi sforzo. Partendo da questo presupposto io e naturalmente il mio gruppo sosterremo pienamente il documento. Vorrei inoltre cogliere l’opportunità di esprimere calorosi ringraziamenti al relatore e alla Commissione per il lavoro svolto.
Reinhard Rack (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, ogniqualvolta la tecnologia può contribuire a renderci la vita più semplice, comoda e sicura, dovremmo sfruttare tali possibilità e fare in modo che possa beneficiarne il maggior numero di persone. La proposta di introdurre il sistema eCall rientra in questa categoria; eCall può rendere le nostre vite più sicure e contribuire senz’altro a salvarle, dobbiamo pertanto avvalerci delle possibilità offerte da questa nuova tecnologia.
Vorrei fare tre brevi osservazioni su alcuni punti, alcuni dei quali sono stati già stati trattati. Uno è la protezione dei dati e il rispetto della vita privata. Sono sicuro che l’onorevole Titley parla con cognizione di causa quando afferma che questo sistema è concepito apposta per essere attivato solo nelle circostanze e nei casi opportuni, il che significa che non è concepito per scoprire quello che la gente fa nella propria vita privata. Invece di accettare questa garanzia sulla parola, dovremmo appurare con il nostro intelletto che le cose stanno effettivamente così.
Se posso tornare al finanziamento del sistema, si parla sempre più, e a buon diritto, della necessità che il sistema dei trasporti sia maggiormente gestito in base al principio “l’utente paga”. Oggi ne ho già sentite abbastanza al riguardo e va detto che è forte il desiderio di far ricadere su terzi il conto per qualcosa che è concepito a diretto vantaggio delle persone interessate.
Quanto all’obbligatorietà o alla volontarietà dell’introduzione del sistema, benché sia palese che il sistema nel suo complesso riuscirà a funzionare bene solo se vi aderirà il maggior numero di partecipanti possibile, in prima battuta dovremmo almeno fare il tentativo di promuovere l’introduzione volontaria, piuttosto che adottare subito un approccio governativo duro.
Bogusław Liberadzki (PSE). – (PL) Signora Presidente, vorrei ringraziare la Commissione per la sua eccellente iniziativa. Reputo positiva anche la relazione dell’onorevole Titley e mi complimento con lui per l’impegno dedicato all’intera questione.
A mio parere, l’iniziativa eCall è una delle tante misure finalizzate ad attuare il piano d’azione per la riduzione del numero di vittime di incidenti stradali entro il 2010. Ritengo che gli oratori che hanno chiesto di escludere il sistema eCall dal pacchetto complessivo di misure all’esame della Commissione e del Parlamento europeo stiano commettendo un errore.
La sicurezza di conducenti e passeggeri è una questione di capitale importanza per l’Unione europea, nonché per ciascun singolo Stato membro. Il mio paese, la Polonia, registra in media ogni anno circa 5 600 decessi a seguito di incidenti stradali. Occorre sostenere senza riserve qualsiasi iniziativa volta a ridurre l’entità del dolore e delle sofferenze che simili tragedie provocano.
Vorrei ricordare un altro aspetto positivo di tale iniziativa, vale a dire la significativa diminuzione del numero di decessi e di feriti gravi che comporterà. Inoltre si ridurrà in modo considerevole l’onere dei costi esterni dei trasporti stradali che ricade su tutti i cittadini. Mi rallegro per la dichiarazione del Commissario Reding in merito all’integrazione di questo sistema nel programma GALILEO. In tal modo sarà possibile sfruttare le economie di scala ottenute mediante lo sviluppo del sistema GALILEO.
Sostengo con forza le parti della relazione dell’onorevole Titley che trattano le questioni relative al rispetto della privacy di conducenti e passeggeri. Naturalmente la questione va affrontata fin dall’inizio come un pacchetto completo, come caldeggiato prima dall’onorevole Jarzęmbowski.
Vorrei inoltre richiamare l’attenzione dei deputati sull’aspetto dei costi. Il Parlamento in definitiva sta passando al vaglio alcune altre misure oltre al sistema eCall. Potrei menzionare l’introduzione dei requisiti euro 5. L’effetto cumulativo di tutte queste misure sui costi di acquisto dei veicoli potrebbe essere significativo. Auspico pertanto che Parlamento, Commissione, Stati membri e Consiglio dei ministri elaborino un’adeguata campagna d’informazione per ottenere l’adesione dei cittadini dell’Unione europea. Sarebbe sbagliato stare a lesinare sull’installazione a bordo dei veicoli di dispositivi di sicurezza come eCall. Non è in alcun modo giustificabile rischiare di non salvare vite umane o non evitare gravi pericoli per la salute per tirchieria. Cionondimeno abbiamo la responsabilità di adottare soluzioni che riducano il più possibile i costi, soprattutto quelli che gravano sui cittadini, perché vogliamo che aumentino gli acquisti di veicoli nuovi e che le automobili vecchie siano sostituite.
Rodi Κratsa-Τsagaropoulou (PPE-DE). – (EL) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, vorrei iniziare complimentandomi con l’onorevole Titley per l’iniziativa di elaborare una relazione su un argomento che avvicina l’Europa ai cittadini, in quanto mira a proteggere il preziosissimo dono della vita e della salute.
Il sistema eCall dimostra che l’Unione europea può apportare un valore aggiunto alle misure attuate dagli Stati membri per evitare e gestire gli incidenti e le loro conseguenze pluridimensionali, soprattutto se si pensa che, come è stato detto, questo sistema potrebbe salvare circa 2 500 vite umane ogni anno, ridurre la gravità delle ferite riportate e contribuire a far risparmiare miliardi di euro sui costi complessivi delle conseguenze.
Vari Stati membri hanno firmato il protocollo d’intesa, come ha detto il relatore, e sono lieta che il mio paese, la Grecia, figuri tra questi. Occorre tuttavia estendere la cooperazione all’intera Unione europea entro il 2009 affinché sia possibile disporre di un numero di emergenza unico che permetta di localizzare il luogo dell’incidente. Peraltro, l’attuazione di questo progetto ambizioso, ma profondamente umano, richiede, come hanno affermato i colleghi, un reale sostegno da parte dell’industria automobilistica, dei cittadini stessi e dei dipartimenti governativi, al fine di garantire una buona collaborazione in relazione ai costi per l’introduzione del sistema, nonché coordinamento con i servizi di soccorso e di emergenza e, naturalmente con tutti i sistemi, come GALILEO. Ne consegue che possiamo avvalerci di tutte le tecnologie e di tutti i risultati conseguiti dall’Unione europea, non solo per motivi economici, in senso lato, ma anche per questioni che interessano la vita dei cittadini.
Ulrich Stockmann (PSE). – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, l’Europa e i cittadini trarranno indubbi vantaggi da eCall. Anche se tale sistema è concepito principalmente per salvare vite umane e ridurre le sofferenze, non bisognerebbe sottovalutarne i vantaggi economici e la maggiore efficienza per l’infrastruttura stradale. eCall apporta valore aggiunto a livello europeo nel settore della sicurezza del traffico stradale che, nonostante il mercato interno unico europeo dei trasporti, resta ancora una questione principalmente di competenza degli Stati membri, fatto di cui forse l’onorevole Jarzembowski dovrebbe prendere nota.
Questo è il motivo per cui la valida relazione d’iniziativa dell’onorevole Titley si prefigge l’obiettivo di incoraggiare gli Stati membri, primo, a firmare quanto prima il protocollo d’intesa su eCall, secondo, a procedere all’attuazione tecnica del numero di emergenza 112 e delle sue specifiche, terzo, a informare i cittadini sui vantaggi del sistema eCall, quarto, a concludere in tempi rapidi il dibattito sulla protezione dei dati e, non da ultimo, a tenere conto fin d’ora del nuovo approccio futuro nel modernizzare i centri di chiamata di emergenza e le unità di controllo.
eCall ci fornirà un’anteprima delle possibilità offerte da GALILEO tra cui, non da ultima, quella di creare nuovi posti di lavoro in un settore orientato al futuro, motivo per cui, otre tutto, vale la pena di impegnarsi per sostenere tale servizio.
Stanisław Jałowiecki (PPE-DE). – (PL) Signora Presidente, vorrei far notare che eCall non andrebbe trattato come un sistema già messo a punto e da sottoporre a votazione insieme a emendamenti specifici, ma piuttosto come un’idea ancora a livello generale.
Nella fattispecie stiamo partecipando a un importantissimo iter parlamentare che non prevede la necessità di adeguare le misure giuridiche alla realtà così come la percepiamo. Al contrario, tale procedura mira in primo luogo a creare la realtà. In un certo senso, dunque, è una sorta di prova ed è impossibile prevedere i risultati di un esperimento nelle sue fasi iniziali. Sostengo pertanto tutte le osservazioni intese a ridurre il più possibile il numero di emendamenti presentati. In questa fase non è opportuno adottare misure in relazione ad aspetti che si chiariranno solo con la prassi.
Il sistema eCall è un’iniziativa particolarmente importante. Cionondimeno, sono perfettamente consapevole della necessità che il secondo anello di questa catena di comunicazioni funzioni correttamente affinché si possano cogliere tutti i vantaggi dell’iniziativa. Mi riferisco ai servizi di pronto soccorso ospedaliero. Capisco che al momento non è di questo che ci stiamo occupando, ma, se penso alle carenze dei servizi polacchi di pronto soccorso medico, non posso che essere preoccupato.
Peraltro, ritengo che l’eventuale approvazione da parte del Parlamento dell’iniziativa eCall potrebbe costituire un importante incentivo al miglioramento dei servizi di pronto soccorso medico in Polonia e altrove. Dobbiamo raccogliere questa sfida perché la posta in gioco è altissima, si tratta niente meno che della vita di esseri umani. Non possiamo negare il nostro sostegno a tutte le misure finalizzate a salvare vite umane ed è del tutto evidente che il sistema eCall rientra tra siffatti provvedimenti.
Emanuel Jardim Fernandes (PSE). – (PT) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, vorrei in primo luogo esprimere apprezzamento per l’iniziativa della Commissione e complimentarmi con l’onorevole Titley per l’ottima relazione e per il dinamismo che ha profuso nelle discussioni in sede di commissione. E’ giunto il momento di dare nuova importanza alla questione della sicurezza stradale, visto che, come è stato detto in precedenza, ogni anno la strada miete 42 000 vittime, cifra, questa, che deve diminuire.
L’introduzione di questo sistema garantirà una più rapida risposta in caso di incidente e potrà contribuire a dimezzare gli incidenti e i decessi che si verificano sulle nostre strade. Di conseguenza si tratta di un obiettivo che dovrebbe mobilitare l’intera Unione e tutti gli Stati membri, a partire dal mio paese, che deve agire con maggiore rapidità nell’assumersi le proprie responsabilità.
In proposito vorrei sottolineare che la dichiarazione della Commissione parla degli studi che gli Stati membri devono svolgere. Spero che il mancato riferimento alle regioni ultraperiferiche portoghesi, spagnole e francesi non significhi che l’attuazione del sistema è stata posticipata proprio in queste zone che sono le più fortemente penalizzate da svantaggi permanenti. Penso che l’attuazione di tale sistema dovrebbe coprire tutta l’Unione europea e quindi anche queste regioni.
Un ulteriore aspetto emerso dalle discussioni riguarda la tutela del diritto alla privacy. Mi sembra inoltre che questa relazione abbia conferito una dimensione nuova alla questione della sicurezza stradale, a livello di prevenzione degli incidenti, potenziamento e sviluppo di infrastrutture e dispositivi per i sinistrati, offrendo dunque un aiuto importante a chi subisce infortuni negli incidenti automobilistici.
Questa iniziativa è pertanto di capitale interesse per l’UE e gli Stati membri.
Luís Queiró (PPE-DE). – (PT) Signora Presidente, signora Commissario, vi sono varie iniziative sui trasporti sicuri e intelligenti, che contribuiranno a conseguire l’obiettivo europeo di dimezzare il numero di vittime della strada entro il 2010. Questo è il nostro obiettivo principale.
Abbiamo a disposizione sempre maggiori risorse tecnologiche in grado di salvare vite umane e di ridurre la gravità delle ferite riportate. Ne sono un esempio i notevoli progressi compiuti nel settore delle tecnologie, dei sistemi, dei servizi e della sicurezza, per non parlare poi delle potenzialità offerte dallo sviluppo di GALILEO. Nel presente dibattito e nella votazione che seguirà abbiamo il compito di imprimere un impulso decisivo allo sviluppo e all’attuazione del sistema eCall in Europa entro il 2009.
Credo che sia di capitale importanza sostenere questo sistema, in ragione della necessità di ridurre le conseguenze degli incidenti e di aiutare le vittime. La possibilità di individuare con rapidità il luogo dell’incidente permetterà di ridurre drasticamente i tempi di intervento delle squadre di soccorso, della polizia e del soccorso stradale. Tale sistema può salvare ogni anno migliaia di vite umane e contribuire a ridurre in modo notevole la gravità delle ferite riportate e i costi comportati dagli incidenti.
Il progetto eCall deve essere accolto con favore e merita il sostegno del Parlamento. Eppure, signora Presidente, signora Commissario, questo non basta. Iniziative del genere dipendono dalla concorrenza tra numerose organizzazioni pubbliche e private, compresa l’industria automobilistica, gli operatori delle telecomunicazioni, i fornitori di apparecchiature, i gestori autostradali e le compagnie di assicurazione.
Tutti i soggetti coinvolti si sono ampiamente pronunciati a favore dell’iniziativa. E’ pertanto essenziale che gli Stati membri che non hanno ancora aderito al protocollo d’intesa sull’attuazione di eCall, lo facciano senza indugio. Tale adesione accrescerà l’operatività di questo progetto, che è inteso a migliorare e rendere più efficiente la sicurezza stradale.
Si tratta di un investimento più che di un costo. Questo è l’appello che desidero lanciarvi. Vorrei congratularmi con la Commissione per l’iniziativa intrapresa e con l’onorevole Titley per l’ottima relazione.
Corien Wortmann-Kool (PPE-DE). – (NL) Signora Presidente, c’è un’impellente necessità di concludere accordi in merito a eCall a livello europeo, perché solo un sistema armonizzato potrà garantire aiuto in caso di incidenti all’estero, aspetto che è di capitale importanza in considerazione del costante aumento del flusso di traffico internazionale.
Il sistema eCall, insieme al 112, può contribuire in modo significativo alla riduzione del numero delle vittime della strada in Europa, ma tale risultato dipende dalla celerità con cui gli Stati membri lo attueranno. Tale considerazione è valida per il sistema 112, ma senza dubbio lo è anche per il sistema eCall, come hanno già indicato i colleghi. Per fortuna i Paesi Bassi possono offrire un esempio positivo al riguardo, in quanto non hanno perso tempo, ma dovrebbe essere così anche a livello europeo.
Non dovrebbe essere costoso riuscire a introdurre il sistema eCall. I costi si possono ridurre utilizzando al meglio le tecnologie disponibili, senza però naturalmente mettere a repentaglio il funzionamento dei soccorsi.
Mi stupisce pertanto che il Parlamento si lasci sfuggire un’opportunità non riconoscendo in modo esplicito la necessità di una cosiddetta struttura a piattaforma aperta, la quale permetterebbe inter alia a ogni conducente di chiamare i servizi di soccorso utilizzando la tecnologia eCall. I fornitori dei servizi potrebbero poi pagare per l’utilizzo dell’infrastruttura tecnica e in tal modo i costi potrebbero essere maggiormente ripartiti. Mi auguro sinceramente che gli Stati membri acconsentiranno a usare l’ampia gamma di tecnologie disponibili, purché, naturalmente, anche in questo caso, non a spese della sicurezza.
Sono lieta che il Parlamento sia unito nel sollecitare gli Stati membri a procedere. Noi in seno al Parlamento controlleremo da vicino che ciò avvenga in futuro.
Etelka Barsi-Pataky (PPE-DE). – (HU) Una delle maggiori sfide per i trasporti è quella di estendere il più ampiamente possibile l’uso dei sistemi di trasporto intelligenti, tra cui vi è il sistema avanzato di chiamata di emergenza GPS. Questa tecnologia permette di compiere i primi passi verso la realizzazione di veicoli intelligenti, ovvero di mezzi e quindi di trasporti più sicuri. Non posso che congratularmi con il Commissario Reding e speriamo di poter utilizzare i sistemi intelligenti di trasporto in sempre più settori.
Il sistema di posizionamento satellitare GPS permette di effettuare chiamate di richiesta di soccorso addirittura senza l’intervento umano. Tuttavia GALILEO, ovvero il sistema europeo GPS, rappresenta già la prossima generazione e fornisce prestazioni superiori a quelle dei sistemi attualmente in uso in quanto garantisce l’interazione. L’introduzione di GALILEO, la maggiore nuova infrastruttura virtuale europea, partirà nel 2010.
Avevo proposto di coordinare l’introduzione del sistema di chiamata di emergenza con quella del sistema GALILEO e la commissione per i trasporti e il turismo ha sostenuto la mia proposta. Rivolgo la medesima richiesta al Parlamento. Naturalmente questo sistema avrà un costo, al pari di qualsiasi nuova tecnologia. E’ pertanto della massima importanza che il sistema sia introdotto gradualmente e che vengano predisposte le misure necessarie ad accelerare e promuovere questo processo. Non va inoltre trascurato l’incentivo naturale che le compagnie di assicurazione potrebbero offrire fissando premi assicurativi più bassi per i conducenti che installano questo sistema intelligente di chiamata di emergenza a bordo del proprio veicolo. La commissione per i trasporti ha sostenuto anche questa proposta.
Infine ritengo assolutamente indispensabile esaminare le esperienze degli Stati membri a seguito dell’introduzione del numero europeo di chiamata d’emergenza 112. Gli insegnamenti che possiamo trarre da queste esperienze si riveleranno estremamente utili in vista dell’introduzione del sistema intelligente di chiamata d’emergenza.
Viviane Reding, Membro della Commissione. (EN) Signora Presidente, mi consenta di rinnovare i miei ringraziamenti al relatore e in particolare ai gruppi politici del Parlamento europeo che, insieme e quasi all’unanimità, ritengono che eCall sia un importante progresso a vantaggio dei cittadini europei.
Con il forte sostegno del Parlamento la Commissione continuerà a impegnarsi al fine di introdurre eCall in tutta Europa entro il 2009. In particolare cercheremo di ottenere che altri firmino il protocollo d’intesa su eCall e seguiremo i progressi compiuti nell’introduzione di infrastrutture adeguate per i servizi di emergenza per il numero 112. Tra l’altro ho avviato 11 procedure di infrazione per indurre gli Stati membri inadempienti ad attuare il programma. Il Parlamento ha ragione, tale servizio va attuato immediatamente e in maniera appropriata in modo da essere utile ai nostri cittadini.
Collaborerò inoltre instancabilmente con gli altri soggetti coinvolti di cui occorre ottenere l’impegno per l’attuazione di eCall. Vorrei informare il Parlamento che il 18 ottobre 2005 avevo invitato tutti gli Stati membri a una riunione ad alto livello per parlare dei progressi compiuti e ottenere ulteriori impegni in vista della tabella di marcia per l’attuazione di eCall, quale sistema di chiamata paneuropeo a bordo dei veicoli basato sul numero 112. Erano presenti 21 Stati membri, nonché la Norvegia, e i rappresentanti degli Stati membri hanno sostenuto all’unanimità l’introduzione della chiamata di emergenza a bordo dei veicoli, nonché la tabella di marcia definita dall’industria. Dopo questa riunione i miei servizi si sono mantenuti in costante contatto con gli Stati membri e si sono svolte varie conferenze su eCall a livello nazionale: a Helsinki, Lisbona, Budapest, Madrid e altrove. Le cose si stanno muovendo, dunque. Sono certa che l’iniziativa odierna del Parlamento avrà un ruolo decisivo nell’accelerare il processo.
Siamo inoltre in procinto di avviare un sondaggio dell’Eurobarometro per raccogliere i pareri dei cittadini sul 112, eCall e altre questioni analoghe. Avrete i risultati più avanti nell’arco dell’anno, non appena saranno disponibili.
A proposito dei soggetti coinvolti, vorrei fare un rapido cenno al settore assicurativo. E’ stato detto che, cito testualmente, non ci sarebbe alcuna prova tangibile a sostegno dell’ipotesi che gli assicuratori trarranno vantaggio da eCall. Vorrei ricordare al settore assicurativo che eCall non è un sistema per fare soldi, ma per salvare vite umane e mi auguro che tale posizione sarà rivista a seguito del decisivo voto che il Parlamento si accinge ad esprimere.
Desidero spendere qualche parola anche sulla standardizzazione. E’ urgentemente necessario procedere alla standardizzazione del protocollo di trasmissione dei dati e della segnaletica perché il lavoro di progettazione e gli investimenti possano procedere e, nella fattispecie, gli interessi commerciali non dovrebbero ostacolare l’operato delle organizzazioni preposte alla standardizzazione. Adesso abbiamo raggiunto il pieno consenso sulle specifiche e sulla funzionalità di eCall, vorrei dunque esortare tutti i soggetti coinvolti e soprattutto gli operatori della rete mobile a sostenere l’opportuno lavoro di standardizzazione in seno all’ETSI e al CEN, cosicché possa essere concluso prima possibile.
Vorrei esprimere un sentito ringraziamento al relatore e chiedere a tutti i deputati di tutti i gruppi politici che ci aiuteranno non solo oggi, ma anche domani, a considerare eCall un progetto europeo di primaria importanza. Tale progetto richiede l’appoggio di tutti i soggetti interessati a livello europeo. Oggi abbiamo posto una pietra miliare decisiva.
PRESIDENZA DELL’ON. ONESTA Vicepresidente
Presidente. – La discussione è chiusa. La votazione si svolgerà oggi, alle 11.00.
Dichiarazione scritta (articolo 142 del Regolamento)
Francesco Musotto (PPE-DE). – La sicurezza stradale riguarda direttamente tutti gli abitanti dell’Unione Europea. La crescente mobilità produce costi elevati: ogni anno 1.300.000 incidenti causano più di 40.000 morti e 1.700.000 feriti.
In particolare, un italiano su due utilizza la vettura personale per spostarsi. Sono 26 milioni gli italiani che ogni giorno escono di casa per andare in ufficio o a scuola. Il traffico costa all’economia nazionale oltre quattro miliardi di euro ogni anno, circa duecento euro in media per ogni famiglia. Gli italiani disertano in massa i trasporti pubblici, nel 1991 venivano utilizzati dal 17 per cento della popolazione, nel 2001 dal 12,9 per cento. A Roma ci sono 7 auto ogni 10 abitanti, record assoluto europeo.
Per questo il problema della sicurezza stradale e della riduzione degli ingorghi causati da incidenti è così sentito nella nostra nazione. Tra gli obiettivi che l’UE si è prefigurata, vi è dimezzare il numero delle vittime della strada entro il 2010. ECall potrebbe salvare fino a 2 500 vite ogni anno, ridurre il numero degli ingorghi e contribuire all’efficienza dei trasporti stradali a livello europeo, riducendo i costi esterni, che in Europa sono stimati in 4 miliardi di euro e che in Italia si aggirano intorno al 2 per cento del PIL.
3. Promuovere il multilinguismo e l’apprendimento delle lingue nell’UE (discussione)
Presidente. – L’ordine del reca la relazione (A6-0074/2006), presentata dall’onorevole Mavrommatis a nome della commissione per la cultura e l’istruzione, sulla promozione del multilinguismo e dell’apprendimento delle lingue nell’Unione europea: indicatore europeo di competenza linguistica [(2005/2213(INI)].
Manolis Mavrommatis (PPE-DE), relatore. – (EL) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, la questione del multilinguismo, specialmente nel contesto dell’Europa allargata è ora più importante che mai. E’ molto importante per i cittadini europei il possesso delle conoscenze e delle competenze necessarie per una comunicazione efficace, al fine di agevolare la comprensione reciproca. L’apprendimento di una sola “lingua franca” è insufficiente e non riflette la vera identità europea.
La proposta della Commissione fa seguito alla decisione del Consiglio europeo di Barcellona del marzo 2002, quando i capi di Stato e di governo hanno auspicato un miglioramento dell’apprendimento delle competenze di base, con l’insegnamento, sin dall’infanzia, di almeno due lingue straniere, nonché l’introduzione di un indicatore comune di competenza linguistica, ossia, in altri termini, un test per misurare obiettivamente la padronanza delle lingue straniere da parte della popolazione. Tre anni più tardi, la Commissione propone l’introduzione di un indicatore europeo della competenza linguistica, comune a tutti gli Stati membri, con un elevato livello di accuratezza e affidabilità. Scopo dell’indicatore è misurare le capacità dei cittadini europei nelle lingue straniere valutando quattro competenze linguistiche: lettura, ascolto, produzione orale e scritta. L’indicatore registrerà la competenza linguistica per ciascuno dei sei livelli delle scale del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue del Consiglio d’Europa. Si tratta di un sistema di riferimento ampiamente accettato e già utilizzato in molti Stati membri.
Concordo con la Commissione che, in una prima fase, dovrebbe essere controllata la competenza linguistica nelle cinque lingue più insegnate nell’Unione europea. L’aggiunta del polacco come sesta lingua, nella fase iniziale, sarà determinata dal bilancio, ovviamente se risulterà fattibile. Un sondaggio dell’Eurobarometro pubblicato questa settimana rivela che le cinque lingue che la maggior parte dei cittadini nell’Unione europea sceglie di imparare sono l’inglese con il 38 per cento, il francese e il tedesco con il 14 per cento, lo spagnolo con il 6 per cento e l’italiano con il 3 per cento.
Tuttavia, nella relazione sottolineo che è importante in una fase successiva estendere la prova a un numero maggiore di lingue dell’Unione europea. Vorrei qui precisare che le lingue non comunitarie, le lingue delle minoranze e i dialetti regionali non riguardano l’indicatore in questione, ma potrebbero, comunque, essere inclusi nel quadro della strategia per il multilinguismo su cui il Parlamento europeo sta preparando una relazione e con cui sono più consoni dal punto di vista del contenuto. Perciò non sono d’accordo per quanto riguarda gli emendamenti nn. 1 e 2, dato che non si riferiscono a questa specifica relazione, non migliorano la coesione della prova e non sono in linea con gli obiettivi dell’indicatore di competenza linguistica. L’indicatore di competenza linguistica non è altro che uno strumento tecnico che sarà finanziato attraverso un programma esistente, vale a dire il programma per l’apprendimento durante l’intero arco della vita, il cui scopo principale è quello di rafforzare sostanzialmente la mobilità dei cittadini, dei lavoratori e degli studenti nell’Unione europea.
E’ altresì degno di nota che, secondo recenti statistiche, mentre è in aumento la percentuale di alunni della scuola primaria che ricevono l’insegnamento di una lingua straniera, purtroppo diminuisce la varietà delle lingue offerte. In molti paesi l’apprendimento delle lingue straniere è limitato all’inglese. L’indicatore può essere utilizzato anche per formulare conclusioni per le politiche a livello europeo e nazionale.
Malgrado il coinvolgimento della Commissione nel processo, gli Stati membri devono partecipare attivamente alla realizzazione e allo sviluppo dell’indicatore, perché solo loro possono offrire informazioni su vari fattori che influiscono sulla competenza linguistica, come la televisione, l’ambiente familiare, il numero di ore di insegnamento, l’esperienza degli insegnanti e così via.
In generale, l’indicatore europeo di competenza linguistica è ritenuto uno strumento estremamente valido per ottenere informazioni affidabili concernenti la padronanza linguistica dei cittadini europei, in particolare dei giovani, per operare confronti tra le politiche degli Stati membri in questo settore e per agevolare l’identificazione e lo scambio delle migliori prassi, dando nuovo impulso all’insegnamento delle lingue.
Signor Presidente, signor Commissario, la padronanza di almeno due lingue straniere dovrebbe rientrare tra le competenze di base di un tipico cittadino europeo che vive, studia, lavora e si sposta all’interno dell’Unione europea. Non dobbiamo dimenticare che il 2006 è l’Anno europeo della mobilità dei lavoratori: si tratta di un’iniziativa che può rappresentare un’opportunità molto importante per evidenziare l’importanza delle competenze dei cittadini europei e per offrire ai giovani un incentivo ad attribuire maggiore importanza e attenzione all’apprendimento delle lingue straniere.
Attendiamo con grande interesse le decisioni che il Consiglio adotterà il 18 maggio sul tema dell’indicatore di competenza linguistica. Spero che il Consiglio dia una risposta positiva, capisca di dover tenere conto dei parametri e valuti gli sforzi compiuti dal Parlamento europeo.
Non posso concludere senza menzionare l’esempio vivente di multilinguismo e della sua importanza costituito da questo Parlamento. Mi riferisco agli interpreti, grazie ai quali il Parlamento europeo è l’unica istituzione che lavora in 20 lingue, avvicinando il nostro lavoro ai cittadini e rendendo più efficace la nostra comunicazione: per questo li ringrazio.
Ján Figeľ, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, sono molto grato per questa relazione, mi congratulo con il relatore, onorevole Mavrommatis, per il suo contributo e lo ringrazio per le sue osservazioni e specialmente per il lavoro svolto e per lo spirito racchiuso in questa relazione.
Sono sicuro che la diversità e l’unità siano la migliore base per l’Unione europea allargata nel XXI secolo e questa diversità è fortemente rappresentata e accresciuta dal multilinguismo.
Ho appena partecipato alla prima conferenza svoltasi nell’Unione europea sulle lingue minoritarie e regionali al Centre Borschette. Noi crediamo che questa diversità sia l’elemento costitutivo dell’Europa e debba essere protetta e promossa in termini di cultura e di lingue. La nuova strategia quadro per il multilinguismo adottata nel novembre 2005 costituisce una prima politica in materia. L’indicatore europeo di competenza linguistica è uno strumento molto importante per compiere effettivi progressi nel campo del multilinguismo, che significa insegnamento delle lingue, apprendimento delle lingue e comunicazione tra comunità linguistiche diverse in Europa.
L’onorevole Mavrommatis ha esortato la Commissione a promuovere l’apprendimento delle lingue in giovane età. Attualmente stiamo finanziando uno studio sulle migliori prassi in proposito e la comunicazione invita gli Stati membri a rivedere le proprie disposizioni riguardanti l’apprendimento delle lingue in giovane età alla luce delle migliori prassi in tutta Europa. Come avete giustamente precisato, è una competenza degli Stati membri, perciò è necessario che questi siano ancora più attivi.
Rilevo altresì l’accento posto sulla sensibilizzazione attraverso iniziative come la Giornata europea delle lingue o l’etichetta europea delle lingue comunitarie. Sosteniamo con energia questo tipo di attività che coinvolge la popolazione.
I prossimi passi che ci attendono sono, ad esempio, la creazione di un gruppo di lavoro di alto livello sul multilinguismo per sviluppare nuove idee e iniziative in questo campo. Questo gruppo di alto livello comincerà i lavori entro l’estate. Sulla base delle relazioni degli Stati membri in risposta alla comunicazione di novembre della Commissione e sulla base delle raccomandazioni di questo gruppo di alto livello, l’anno prossimo presenterò un’ulteriore comunicazione al Parlamento e al Consiglio che proporrà un approccio globale al multilinguismo nell’Unione europea. Prevediamo anche di organizzare l’anno prossimo una conferenza ministeriale sul multilinguismo per condividere i progressi compiuti dagli Stati membri e progettare il lavoro futuro.
L’indicatore di competenza linguistica è un contributo estremamente prezioso in quest’area. Poiché non esiste alcun esame standardizzato delle competenze linguistiche nell’Unione, è necessario raccogliere dati accurati e aggiornati sull’efficacia dell’insegnamento delle lingue straniere. Questo indicatore ci mostrerà un livello generale di conoscenza delle lingue straniere. Con tale strumento potremo migliorare in modo più significativo l’insegnamento e l’apprendimento delle lingue straniere e, naturalmente, aumentare la mobilità di studenti e lavoratori nell’Unione europea.
In conclusione, desidero rinnovare la mia gratitudine al relatore e anche alla commissione per la cultura e l’istruzione e al suo presidente Sifunakis per il loro appoggio molto prezioso e costante ai nostri programmi e alle nostre politiche. Questa relazione sul multilinguismo dimostra chiaramente come il Parlamento può aiutare la Commissione e il Consiglio nel nostro impegno comune per la promozione della diversità.
Maria Badia i Cutchet, a nome del gruppo PSE. – (ES) Signor Presidente, signor Commissario, in primo luogo desidero congratularmi con l’onorevole Mavrommatis per la sua relazione e anche con la Commissione per aver dato compimento a una decisione adottata dal Consiglio europeo di Barcellona nel 2002.
Sono convinta che un elemento decisivo per il successo del processo d’integrazione europea e anche per la promozione di una cittadinanza europea sia la conoscenza da parte dei cittadini di diverse lingue europee, oltre alla lingua materna, che costituisce un elemento positivo anche per migliorare la mobilità all’interno dell’Unione.
Dato che attualmente non disponiamo di dati sulle reali capacità linguistiche e di comunicazione dei cittadini dell’Unione, ma sappiamo che esistono situazioni molto differenziate tra gli Stati membri, credo che l’indicatore europeo di competenza linguistica possa essere un valido strumento per incentivare il miglioramento e la convergenza delle politiche di insegnamento delle lingue straniere da parte degli Stati membri.
Questo sistema, oltre a contribuire al miglioramento della comunicazione e della comprensione reciproca tra i cittadini europei, condurrà anche a un miglioramento qualitativo dell’insegnamento delle lingue straniere nei sistemi di istruzione e di formazione europei, contribuendo così alla realizzazione degli obiettivi di Lisbona. L’indicatore stimolerà lo scambio e la conoscenza delle buone prassi dei vari Stati membri e costituirà un sistema affidabile per misurare i progressi compiuti, inizialmente, nelle cinque lingue più insegnate nell’Unione: inglese, francese, tedesco, spagnolo e italiano.
La scelta di queste cinque lingue in una prima fase non dovrebbe recare pregiudizio alle altre lingue europee, ma dovrebbe rappresentare l’inizio di un processo, senza scartare ovviamente la possibilità di includere altre lingue in fasi successive. In concreto, grazie all’introduzione di alcuni emendamenti che abbiamo elaborato insieme al relatore, la relazione lascia aperta la possibilità di una futura valutazione di un maggiore numero di lingue ufficiali europee, fermo restando l’insegnamento delle altre lingue non valutate dall’indicatore.
Prima di concludere, vorrei affermare che questa relazione, benché non costituisca l’ambito adeguato per trattare la situazione delle lingue minoritarie o di altre lingue non europee, ma sia intesa a migliorare le competenze linguistiche dei cittadini, la qualità dei sistemi di insegnamento e apprendimento delle lingue ufficiali europee, non dovrebbe in alcun modo precludere il riconoscimento e la protezione delle lingue che non sono ufficiali nell’Unione europea, ma lo sono in certi Stati membri.
Infine, vorrei dire che sono soddisfatta del testo poiché rappresenta un importante passo avanti verso un’Unione più vicina ai cittadini europei, oltre a essere un’ottima notizia per il miglioramento della formazione all’interno dell’Unione.
Erna Hennicot-Schoepges, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto congratularmi con il relatore per l’eccellente lavoro svolto.
Come sapete, il paese da cui provengo, il Lussemburgo, è a favore del multilinguismo, e forse a più di un titolo. E’ infatti un paese che non insiste sull’uso della propria lingua nazionale, il lussemburghese, e nel quale non si esita a parlare tedesco, francese e inglese. E’ un paese attento a non dare troppa enfasi allo status della propria lingua nel contesto delle sue azioni.
In un certo senso, il multilinguismo è il mezzo migliore per promuovere l’unità dell’Europa e la comprensione reciproca. Il multilinguismo è tuttavia anche il segno della nostra diversità, e la scomparsa delle lingue parlate in un territorio limitato ci deve preoccupare. Dobbiamo far sì che le lingue che sono ancora parlate abbiano anche i mezzi per sopravvivere, a costo di includerle in un contesto multilingue, altrimenti non avremo la possibilità di comprenderci. L’azione della Commissione, volta a incoraggiare l’apprendimento delle lingue dei paesi vicini, è molto apprezzabile. Questo passo deve condurci non solo a promuovere le lingue parlate, ma anche a intraprendere azioni per comprendere i nostri concittadini.
Signor Presidente, non le nascondo che nutro qualche preoccupazione riguardo al futuro delle scuole europee. Sappiamo che i nostri funzionari, che sono sempre più numerosi, sono spesso chiamati a spostarsi; del resto, siamo nell’Anno della mobilità dei lavoratori. Dovremmo quindi in generale occuparci del sistema scolastico in tutti i paesi europei e assicurare in particolare una maggiore accessibilità al multilinguismo.
Henrik Lax, a nome del gruppo ALDE. – (SV) Signor Presidente, signor Commissario, stimati relatori, onorevoli colleghi, come gli oratori precedenti, anch’io desidero sottolineare l’importanza a questo riguardo delle minoranze linguistiche regionali e nazionali. Ogni lingua consente a chi la impara di accedere a una più ampia dimensione culturale. Considero un arricchimento, come finlandese, il fatto che ora, grazie all’insegnamento dello svedese in Finlandia, nel mio paese possiamo leggere i giornali dell’intera Scandinavia. Se conoscessimo solamente le lingue principali, non saremmo in grado di leggere queste lingue. In Finlandia, lo svedese è sia una lingua nativa sia la lingua di un paese confinante.
Le lingue principali sono importanti, e lo saranno sempre, ed è positivo che molti le conoscano. Tuttavia, la strategia dell’Unione europea non deve concentrarsi, ad esempio, sulle cinque lingue maggiori né unicamente sulle lingue ufficiali della Comunità. Nei paesi nordici e nella regione del Mar Baltico, è utile, ad esempio, conoscere lo svedese, il russo o il finlandese. L’ignoranza di queste lingue allontana le persone e danneggia le condizioni economiche di base. Al momento, quella del Mar Baltico è la regione dell’Unione che registra la crescita più rapida.
Il rispetto per coloro che parlano una lingua minoritaria o regionale riveste anche un’importanza fondamentale per la stabilità europea. Per chi di noi vive in società multilingue, è ovvio che la strategia multilingue dell’UE non dovrebbe limitarsi a un numero ristretto di lingue. Sostengo quindi con forza la proposta dell’onorevole Resetarits di includere nella strategia le lingue dei paesi vicini e le lingue regionali e minoritarie.
Vi sono anche lingue importanti al di fuori dell’Unione europea. Quarantasei milioni di abitanti dell’UE hanno come lingua madre una lingua diversa da quella parlata dalla maggioranza delle persone nei loro paesi. Si tratta di un buon dieci per cento della popolazione dell’Unione. Osserviamo inoltre che, dove si parla più di una lingua, le economie sono spesso più fiorenti. Un atteggiamento aperto alla diversità produce anche benefici economici. Non ci sono scorciatoie. L’Europa è multiculturale e multilingue. La solidarietà è splendida, ma a tal fine dobbiamo poter sentire che c’è uguaglianza, in primo luogo tra i diversi paesi e, in secondo luogo, all’interno dei paesi.
Tradizionalmente, le minoranze linguistiche e regionali sono state forti sostenitrici dell’Europa e sono state pronte a imparare altre lingue. Molte di esse si trovano ora sottoposte a forti pressioni. Non rispecchia uno spirito cosmopolita né è compatibile con gli interessi dell’Unione europea voltare le spalle a un’ampia parte della nostra popolazione. Rispettare e affermare le minoranze linguistiche nazionali e regionali è importante anche in parte per aumentare e consolidare la fiducia della popolazione nell’Unione europea. Troppo spesso le popolazioni maggioritarie degli Stati membri dell’Unione europea vorrebbero ignorare le minoranze linguistiche regionali e nazionali.
Miguel Portas, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) La creazione di un indicatore europeo di competenza linguistica è un’iniziativa alla quale tutti possiamo dare il nostro consenso. Detto questo, vorrei fare alcune osservazioni. La Commissione spiega che l’indicatore sarà messo in atto attraverso prove scritte, “per ragioni pratiche”. Questo lo capisco, ma non è chiaro perché per le stesse ragioni pratiche si decida di misurare le conoscenze linguistiche “nelle cinque lingue più insegnate nell’Unione europea”. L’indicatore così ottenuto contrasta con gli obiettivi del Vertice di Barcellona, perché la scelta delle lingue impone un orientamento per gli Stati membri interessati a ottenere risultati. Si può valutare l’obiettivo che condividiamo, ossia che ogni bambino impari a parlare almeno due lingue oltre alla lingua materna.
Si noti, Commissario Figel’, che l’indicatore è ottenuto su un campione e mediante prove scritte. Non c’è alcuna ragione pratica che impedisca di valutare la padronanza di qualsiasi lingua nello spazio dell’Unione. Se le prove fossero applicate a tutte le lingue, le conclusioni potrebbero essere sorprendenti: si potrebbe scoprire, ad esempio, che il turco, l’arabo, il cinese o il russo sono lingue importanti nell’Unione e che i figli degli immigrati sono quelli che più si avvicinano alla padronanza di due lingue oltre alla lingua materna. Perciò abbiamo votato a favore degli emendamenti dell’onorevole Resetarits.
Vorrei fare brevemente una seconda osservazione. L’indicatore non dovrebbe essere confuso con una certificazione delle conoscenze linguistiche. L’armonizzazione dei certificati linguistici non è una misura culturale né socialmente neutra. Con politiche populiste e l’opinione pubblica divisa sulle politiche in materia di immigrazione, tale misura potrebbe legittimare politiche discriminatorie di selezione degli immigrati, a danno dei cittadini dei paesi più poveri dell’Unione.
Thomas Wise, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, il multilinguismo dovrebbe essere incoraggiato e sviluppato. La comunicazione è uno strumento necessario e potente. Tuttavia, malgrado ciò che sostengono l’Unione europea e molti altri ciarlatani, il Regno Unito ha una posizione unica come nazione che vanta scambi commerciali a livello mondiale di considerevole rilevanza. Perciò le lingue che dovrebbero comparire nei programmi scolastici nazionali – e vorrei sottolineare “nazionali” – dovrebbero essere quelle delle grandi economie mondiali in rapida espansione; nel caso del Brasile si tratta di una lingua comunitaria: il portoghese. L’insegnamento del cinese mandarino o cantonese, dell’arabo, dell’hindi e del russo servirebbe tuttavia molto di più ai paesi europei della concentrazione sulle lingue dell’Unione, indice di corte vedute.
L’indicatore europeo di competenza linguistica proposto si concentra soltanto sulle lingue dell’Unione europea. Questo ignora il mondo reale e illustra la tipica miopia dell’UE. Non si può negare che la motivazione per l’interesse della Commissione per questo aspetto è in parte che molti, compreso Chirac, si risentono del fatto che l’inglese sia la lingua franca del commercio in tutto il mondo, e anche nell’Unione europea. Si assumono atteggiamenti difensivi nel timore della potenziale erosione delle proprie lingue. Comunque, la ragione principale per la quale la Commissione si sta battendo per la diversità linguistica non è affatto il profondo timore di una possibile erosione di lingue e culture, ma la consapevolezza che il suo obiettivo ultimo, un superstato federale europeo, non è possibile finché le persone possono spostarsi solo per essere occupabili dove sono disponibili i posti di lavoro.
Il contenuto e l’organizzazione dei sistemi di istruzione nazionali sono un settore in cui l’Unione europea, in teoria, non ha alcuna giurisdizione, e questa relazione ne evidenzia le ragioni. Gli Stati membri hanno priorità diverse, legami commerciali e tradizioni diversi, nonostante i deleteri tentativi dell’UE di cambiarli. Proprio per questo, si dovrebbe contrastare ogni tentativo di convergenza e armonizzazione nell’Unione europea. L’indicatore proposto non offre benefici tangibili a una nazione con un commercio globale, ma uno dei tanti strumenti per perseguire il tremendo obiettivo di un’Europa federale.
Zdzisław Zbigniew Podkański, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, la cultura, l’esistenza e lo sviluppo di una nazione sono radicati nella sua lingua. Oltre all’importanza culturale, ogni lingua ha una rilevanza particolare in termini di costruzione della nazione, nonché in termini sociali ed economici. La lingua è quindi importante nei rapporti con l’amministrazione e per ragioni giuridiche nel senso più ampio.
Una ricerca indica che quasi metà delle molte migliaia di lingue usate attualmente dalle nazioni del mondo scomparirà nei prossimi 100 anni. Insieme a loro scomparirà un grande patrimonio di conoscenze costruito nel corso dei secoli. Di conseguenza, singoli paesi e nazioni stanno attuando una serie di misure per proteggere le proprie lingue. Alcuni, come la Germania, hanno inserito disposizioni a tal fine nelle loro costituzioni. In altri, come Francia, Polonia e Slovacchia, i parlamenti nazionali hanno varato leggi a questo scopo.
La relazione dell’onorevole Mavrommatis tratta esclusivamente della proposta di risoluzione del Parlamento europeo sulla promozione del multilinguismo e dell’apprendimento delle lingue nell’Unione europea e sull’istituzione di un indicatore di competenza linguistica. Sostiene una forte preferenza per due o cinque lingue, nessuna delle quali di ceppo slavo, anche se un cittadino su quattro nell’Unione parla una lingua slava. Posso citare, ad esempio, il polacco, una lingua usata da oltre il 10 per cento della popolazione dell’Unione.
Invece di parlare di multilinguismo, quindi, dovremmo parlare delle nazioni culturalmente dominanti che limitano e costringono ad arretrare la cultura delle nazioni più piccole. Dovremmo discutere del funzionamento delle Istituzioni europee e delle competenze dei funzionari, nonché della preparazione di questi ultimi a svolgere i loro compiti in un’Europa multilingue.
La dimensione amministrativa della lingua è del tutto diversa dalle sue dimensioni economiche o culturali. Ricerche e controlli hanno rivelato una diffusa violazione delle disposizioni che proteggono le lingue nazionali, specialmente nei nuovi Stati membri. Questo può essere verificato semplicemente visitando un supermercato ed esaminando la merce sugli scaffali. Sarebbe insolito trovare tradotte le informazioni sul consumo e sull’utilizzo dei prodotti. Una restrizione così sistematica del multilinguismo avvantaggia gli imprenditori a spese dei consumatori. Non si pensa affatto che l’Unione europea diventerà forte e avrà una sua raison d’être solo se saprà essere vantaggiosa per gli utenti e se renderà possibile ai cittadini dimostrare rispetto reciproco e per le differenze culturali, comprese quelle linguistiche.
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, nel nostro mondo interconnesso ovviamente non c’è alternativa all’acquisizione di nuove conoscenze o alla padronanza di più di una lingua. E’ chiaramente inconcepibile che l’inglese venga bandito dal mondo degli affari e della scienza, ma il tedesco, che rappresenta la prima o seconda lingua di circa 125 milioni di persone, è una delle più importanti lingue nel mondo, e con 90 milioni di persone che lo parlano come lingua madre, è anche la lingua più parlata nell’Unione europea, in contrasto, ad esempio, con il francese, attualmente parlato solo dal 23 per cento degli europei, di cui solo l’11 per cento lo parla come lingua madre.
E’ indubbio, quindi, che il multilinguismo sia un obiettivo prioritario, ma di recente si è registrata una tendenza percettibile, in aumento e inaccettabile a imporre un’unica lingua, tendenza che a mio parere deve essere contrastata. Il fatto è che non esiste alcuna base democratica per la posizione di vantaggio concessa all’inglese e al francese all’interno dell’Unione europea e, in particolare, data la maggiore importanza del tedesco come conseguenza dell’allargamento, non è accettabile che l’UE non rispetti accordi di vecchia data e ignori più o meno il tedesco come lingua di lavoro.
Purtroppo il Parlamento è a oggi l’unica istituzione che non solo perviene alle sue decisioni in completa trasparenza, ma le rende anche accessibili al pubblico nelle diverse lingue nazionali. Tra le lingue ufficiali di lavoro – inglese, francese e tedesco – quest’ultima è sempre il fanalino di coda.
Comunque, la Commissione cederà alle pressioni esercitate dal Bundestag tedesco e ora farà tradurre la relazione sui progressi compiuti dai paesi candidati all’adesione e forse questo fa sperare che si userà di più il tedesco sotto la Presidenza finlandese.
Ljudmila Novak (PPE-DE). – (SL) Ogni nazione è orgogliosa della propria lingua e desidera preservarla e usarla anche in un’Europa unita. L’immagine culturale dell’Europa risulta arricchita dalla diversità linguistica. Imparando le lingue straniere conosciamo anche la cultura di una nazione, la sua storia e il suo territorio e anche questo contribuisce a un maggiore rispetto reciproco.
Imparare le lingue straniere è un’impresa ardua per gli adulti, ma per i bambini è più spesso un gioco. Quindi è giusto e corretto introdurre nelle scuole l’insegnamento di due lingue straniere anche nelle prime fasi dell’istruzione. La conoscenza di altre lingue facilita anche la creazione di legami amichevoli con altri popoli, e questo è particolarmente importante per i popoli dei paesi confinanti, poiché sono quelli con cui abbiamo più elementi in comune e con cui condividiamo anche un gran numero di problemi.
Per questa ragione è talvolta incomprensibile che certi politici cerchino di accrescere il loro potere politico limitando i diritti delle minoranze di usare la loro lingua madre, come sta accadendo alla minoranza slovena nella Carinzia austriaca e in Italia. Austria e Slovenia cooperano strettamente in vari campi e sono quindi sicura che l’opinione pubblica democratica in Austria non approva le azioni di Haider contro la minoranza slovena.
La Presidenza austriaca dell’Unione europea è stata esemplare. Vorrei quindi esortare ancora una volta il governo e i democratici in Austria a rispettare il trattato sullo Stato austriaco, che sancisce i diritti delle minoranze. Mi appello anche al governo italiano affinché cominci ad attuare la legge che tutela la minoranza slovena.
Le Istituzioni dell’Unione europea dovrebbero inoltre svolgere un ruolo più importante nei casi in cui avvengano violazioni dei diritti delle minoranze e dovrebbero rivolgere seri ammonimenti ai paesi che garantiscono i diritti delle minoranze sulla carta, ma che in pratica violano le loro stesse leggi e anche le regole dell’Unione europea.
(Applausi)
Marianne Mikko (PSE). – (ET) Onorevoli colleghi, è con molto piacere che mi congratulo con l’onorevole Mavrommatis per aver completato questa relazione, di cui c’era grande bisogno.
Nel mio paese, l’Estonia, un’alfabetizzazione molto estesa è stata considerata essenziale fin dai tempi della Lega anseatica. Qualsiasi apprendista di un mercante doveva parlare correntemente le quattro lingue locali: oltre alla propria lingua, doveva essere in grado di parlare le lingue dei tre principali partner commerciali. La relazione afferma giustamente che la padronanza delle lingue è un importante requisito perché i cittadini dell’Unione europea possano godere delle libertà fondamentali dell’Unione. Per il fatto che i servizi costituiscono il 70 per cento del volume della nostra economia, le capacità di comunicazione sono di notevole importanza nella crescita economica.
Tuttavia, è improbabile che l’obiettivo di Barcellona sarà realizzato con l’attuale livello di impegno, perché l’acquisizione di due lingue oltre alla lingua madre è un compito molto lungo e difficile, che pochissimi intraprendono senza uno scopo preciso. Gli Stati membri dovrebbero motivare efficacemente i propri cittadini e anche i cittadini degli altri paesi dell’Unione, ad esempio attuando pienamente la libera circolazione della manodopera.
L’indicatore europeo di competenza linguistica è, comunque, di primaria importanza per motivare i cittadini degli Stati membri a creare un certo vantaggio comparativo e competitivo. Sarebbe pericoloso sia per l’Europa sia per il linguaggio stesso limitarsi a un’unica lingua universale: causerebbe un distacco della lingua dalle sue radici. Ad esempio, accade che i professori di Cambridge abbiano difficoltà a comprendere testi in lingua inglese provenienti da Bruxelles.
Per questa ragione, vorrei sottolineare in modo particolare che si dovrebbe promuovere a livello europeo non solo la competenza linguistica, ma anche la conoscenza delle culture legate alle lingue. Purtroppo io posso parlare in estone, la mia lingua madre, solo una volta su dieci nelle sessioni della commissione del Parlamento europeo per la cultura e l’istruzione – che ironia in un’Europa multiculturale!
Spero che questa relazione contribuisca a lanciare un programma di cui c’è molto bisogno per la promozione del multilinguismo in Europa. Grazie.
Karin Resetarits (ALDE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, anch’io ringrazio vivamente il relatore, onorevole Mavrommatis, per il suo impegno.
A che livello conoscono le lingue straniere i giovani europei? Quali sono le lingue più parlate? Il multilinguismo è in espansione? A queste domande dovrebbe rispondere in futuro un indicatore di competenza linguistica, ma per considerazioni di efficienza e di mancanza di fondi tale indicatore esaminerà solo cinque lingue straniere selezionate, quelle che presumibilmente sono più insegnate nell’Unione europea. Per ottenere buoni risultati, i quindicenni in tutti gli Stati membri dovranno conoscere inglese, francese, tedesco, spagnolo o italiano.
A parte il fatto che altre statistiche, per esempio l’ultimo Eurobarometro, indicano che al quinto posto c’è il russo e non l’italiano, penso che questa politica in materia di lingue avrà fatalmente la conseguenza di imporre l’inglese, il francese, il tedesco, lo spagnolo e l’italiano come lingue straniere che con maggiore probabilità saranno più offerte nelle scuole in futuro, perché nessun paese vuole rischiare l’umiliazione di essere il fanalino di coda secondo l’indicatore di competenza linguistica, né secondo lo studio di Pisa.
Già oggi molti studenti tendono a partecipare più volentieri a programmi di scambio in Francia, in Italia e in Spagna piuttosto che – ad esempio – a Praga, a Varsavia o a Budapest. Vogliamo davvero questo? Non dovremmo ripensarci e promuovere una politica che ci incoraggi a imparare le lingue dei paesi che confinano con il nostro, non solo nell’interesse di una migliore comunicazione, ma anche per considerazioni economiche? Anche oggi, un austriaco ha di gran lunga migliori opportunità nel mercato del lavoro se parla una qualsiasi lingua dell’Europa orientale, eppure in conseguenza di una politica fuorviata in materia di istruzione, sinora questa abilità non è stata promossa nelle scuole del mio paese.
L’indicatore linguistico non offre neppure un incentivo a cambiare rapidamente questa politica, e forse “successivamente” potrebbe essere “troppo tardi”. Viviamo in un mondo che si evolve a grande velocità. Ciò che conta non è il numero di persone in Europa che parla una lingua, ma sono le relazioni socioeconomiche tra gli Stati. Dirò di più: se pensiamo in una prospettiva non solo europea, ma globale, sarà molto positivo se i nostri figli e nipoti saranno aperti a tutte le lingue del mondo.
Viviamo in un villaggio globale e questo è un fatto che non si può più cambiare. In questo villaggio riusciranno a ottenere ciò che vogliono coloro che sapranno farsi capire. Un indicatore linguistico che non registri queste necessità future o non sia abbastanza flessibile è controproducente. Vi esorto quindi tutti, ancora una volta, a sostenere gli emendamenti proposti dal gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa.
Jan Tadeusz Masiel (NI). – (PL) Signor Presidente, le nazioni dell’Europa centrale hanno imparato per esperienza quanto sia importante conoscere le lingue straniere.
Il muro di Berlino sarebbe caduto più presto se avessimo imparato le lingue occidentali negli anni ’60 o ’80. Anche se non era vietato studiare il francese o l’inglese nella regione, certamente mancava la motivazione. Perciò è importante la politica dell’Unione europea in materia di lingue, che costringe i cittadini degli Stati membri, ad esempio, a iniziare l’apprendimento di una prima lingua straniera tra i sei e i dodici anni di età e di una seconda dopo i dodici anni. Il principio di imparare due lingue straniere è ottimo. Amplierà la nostra visione intellettuale, particolarmente nel caso dei rappresentanti delle lingue più diffuse.
L’indicatore europeo di competenza linguistica è molto appropriato, perché la valutazione, gli esami e i diplomi sono una fonte di motivazione. Costituiscono una ricompensa per il lavoro e incoraggiano un ulteriore sviluppo. Tuttavia, non sono d’accordo di includere nella prima fase solo le cinque lingue più usate o più insegnate. Non dobbiamo metterci dall’inizio in condizione d’inferiorità. Ad esempio, attualmente il polacco non è una lingua molto popolare, ma la Polonia è un grande paese, che potrebbe presto creare un interesse significativo anche per la nostra lingua.
Milan Gaľa (PPE-DE). – (SK) Signor Presidente, onorevoli colleghi, come membro della commissione per la cultura e l’istruzione voglio dichiarare che tale commissione ha rispettato il principio di sussidiarietà e ha preso in considerazione gli interessi nazionali seguendo con successo il quadro legislativo europeo per i settori rientranti nella sua sfera di competenza politica. Tali settori comprendono l’adozione di norme per Europass, la città europea della cultura, la relazione sulle competenze chiave per l’apprendimento lungo l’intero arco della vita, il quadro europeo per le qualifiche, le biblioteche digitali e molte altre aree. La relazione dell’onorevole Manolis Mavrommatis sulla promozione del multilinguismo e dell’apprendimento delle lingue nell’Unione europea – l’indicatore europeo di competenza linguistica – ne è un altro esempio, e colgo l’occasione per ringraziarlo per il suo lavoro.
La relazione si concentra su un obiettivo comune stabilito nella strategia di Lisbona, vale a dire l’obiettivo di una società basata sulla conoscenza. Considero la conoscenza linguistica una parte integrante dell’apprendimento lungo l’intero arco della vita per i cittadini dell’Unione, e la relazione presentata dall’onorevole Mavrommatis aggiunge un’altra tessera al mosaico dell’istruzione europea, completando giustamente i piani e i programmi esistenti nel settore dell’istruzione. Il tema dell’apprendimento delle lingue è importante non solo al fine di semplificare la comunicazione e la mobilità per studenti e lavoratori nell’Unione europea, ma anche per valutare le competenze acquisite nel corso dell’apprendimento permanente dei cittadini.
Come relatore della commissione per la cultura e l’istruzione incaricato di elaborare il quadro europeo per le qualifiche, inteso principalmente a stabilire una struttura di riferimento per il trasferimento e il riconoscimento delle qualifiche, ritengo importante istituire sistemi affidabili per misurare i progressi e verificare la padronanza linguistica. Poiché attualmente non sono disponibili dati sufficienti per valutare correttamente le competenze linguistiche dei cittadini dell’Unione europea, sono convinto che l’indicatore europeo di competenza linguistica proposto fornisca un parametro fondamentale che potrà essere usato dagli Stati membri dell’UE.
Marios Matsakis (ALDE). – (EN) Signor Presidente, mi congratulo con il relatore, onorevole Mavrommatis, per l’intenso lavoro che ha svolto per elaborare questa eccellente relazione.
E’ innegabile che in un’Unione di 25 Stati diversi, che presto diventeranno 27, con quasi mezzo miliardo di abitanti e oltre 20 lingue ufficiali, è indispensabile che i singoli cittadini siano in grado di parlare altre lingue oltre a quella materna. A tal fine, sembrano essenziali misure volte a promuovere il multilinguismo e l’apprendimento delle lingue attraverso l’introduzione di un indicatore europeo di competenza linguistica e relazioni come quella all’esame questa mattina meritano il nostro pieno appoggio.
Comunque, questa è davvero la risposta per realizzare la migliore comunicazione possibile tra i cittadini europei? Questo livello di comunicazione sarebbe realizzato nel modo più efficiente e più economico? La mia risposta a queste domande è no. A sostegno della mia posizione, consentitemi di portarvi l’esempio del nostro Parlamento, che rappresenta un modello in scala ridotta dell’Unione multilingue.
In questo Parlamento, che rappresenta 25 Stati membri, comunichiamo usando 20 lingue diverse. Infatti è stabilito nei Trattati che istituiscono l’Unione europea che abbiamo il diritto di usare la nostra lingua madre per comunicare negli organismi comunitari. Va benissimo, ma cosa significa in pratica? Significa che in ogni tornata possono incrociarsi anche 400 interpretazioni in quest’Aula.
Se dovessi parlare nella mia lingua madre, il greco, al mio collega estone, ciò che dico in greco dovrebbe essere tradotto probabilmente prima in inglese o francese e poi ritradotto dall’inglese o dal francese in estone. Per la risposta del collega estone, si dovrebbe ripercorrere all’inverso il percorso della traduzione. Non è un modo degno del XXI secolo di gestire la comunicazione in Europa. Per non parlare dell’enorme quantità di documenti tradotti in 20 lingue diverse e del fatto che circa metà del bilancio del Parlamento europeo per i costi di esercizio viene speso per i servizi di interpretazione e di traduzione.
La vera risposta a una migliore comunicazione in un’Europa unita è quindi l’uso da parte di tutti noi di un’unica lingua di comunicazione. Sì, dobbiamo dimostrare di proteggere e preservare il nostro orgoglio nazionale e la nostra cultura, ma dobbiamo anche stare al passo con i tempi e sforzarci di migliorare l’unità e l’efficienza della nostra famiglia europea. Dopo tutto, come può essere unita una famiglia se ogni membro parla una lingua diversa? La vera unità dell’Europa si realizzerà quando avremo una lingua comune di comunicazione. Questo accadrà di fatto in futuro, che ci piaccia o no. E’ inevitabile.
Esaminando le statistiche oggi vediamo che circa il 38 per cento dei cittadini dell’Unione europea è in grado di usare l’inglese come lingua di comunicazione, mentre il francese è al secondo posto con circa il 14 per cento. Perché quindi non possiamo essere abbastanza coraggiosi da compiere un passo di buonsenso e, pur sostenendo allo stesso tempo il multilinguismo, gettare le basi per decidere quale seconda lingua sarà la lingua comune per l’Europa? Sì, guardiamo in faccia la realtà, siamo pratici e onesti e riconosciamo che questa seconda lingua deve essere l’inglese.
Ján Figel’, Membro della Commissione. – (SK) Onorevoli deputati, è sempre interessante parlare di cultura e di lingue. In questo caso, comunque, vorrei sottolineare che l’indicatore di competenza linguistica è uno strumento per l’apprendimento delle lingue piuttosto che per valutarne l’uso specifico in un contesto sociale, economico o di altro tipo. Certamente, è necessario migliorare, accelerare e potenziare l’apprendimento delle lingue, in modo che le lingue diventino un ponte invece che una barriera. Ci tengo a rimarcare che il linguaggio e le abilità linguistiche rappresentano un ponte, senza il quale saremmo isole separate, mentre i ponti ci aiutano a creare comunità.
Un’unica lingua non è sufficiente – “il solo inglese non basta” – poiché l’Europa è definita dalla diversità. La diversità nell’unità è la migliore descrizione della nostra comunità, ma sono convinto che l’unità non sia mai stata e non sarà mai definita da un’unica lingua. Una famiglia, un’impresa, una piccola comunità o una città potrebbero anche comunicare usando una sola lingua, ma spesso non funzionano al meglio, poiché l’unità è determinata non dalla lingua ma dai valori, dalle credenze e dai principi alla base delle relazioni umane. La lingua ha ovviamente un ruolo specifico in questo processo, ma non è il fattore decisivo.
Desidero confermare che come politica della Commissione europea il multilinguismo prevede un sostegno per le lingue minoritarie, regionali e dei paesi vicini. E’ stata posta una domanda specifica sul perché saranno usate solo cinque lingue all’inizio del periodo di prova. Questo è solamente l’inizio di una prova che preparerà la strada per tutte le lingue ufficiali dell’Unione europea. Gli Stati membri hanno discusso dell’argomento e prenderanno una decisione al riguardo nel corso della riunione del Consiglio dei ministri del 19 maggio. E’ chiaro che l’olandese parlato in Belgio e lo svedese usato in Finlandia saranno aggiunti successivamente a queste lingue, poiché entrambi sono ampiamente insegnati. Il criterio principale è stato quello di assicurare l’accesso a un campione statistico adeguato per esplorare questo indicatore. Non vi sono altri motivi; la nostra intenzione è puramente professionale, ed è quella di sviluppare un indicatore europeo di elevata qualità. In conclusione, desidero ancora una volta ringraziare il relatore e l’intera commissione. L’onorevole Manolis Mavrommatis ha incorporato nella sua relazione tutti gli elementi di cui abbiamo bisogno nella politica dell’Unione europea per il multilinguismo.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà oggi, alle 11.00, ovvero tra pochi minuti.
(La seduta, sospesa alle 10.55, riprende alle 11.00 per il turno di votazioni)
Dichiarazione scritta (articolo 142 del Regolamento)
Katalin Lévai (PSE). – (HU) Signor Presidente, onorevoli colleghi, uno dei più grandi vantaggi dell’Unione europea è che i suoi cittadini possono esprimersi nelle rispettive lingue materne nelle questioni di carattere comunitario, e la conservazione della diversità linguistica e delle culture è un obiettivo dell’Unione europea. Tuttavia, questo vantaggio si trasforma spesso in uno svantaggio, perché crea difficoltà di comunicazione tra gli Stati membri. Per questo motivo sostengo la relazione dell’onorevole Manolis Mavrommatis, che raccomanda attivamente l’apprendimento delle lingue in giovane età.
Nell’Europa centrale e orientale abbiamo constatato che i giovani che parlano molte lingue, che hanno la possibilità di imparare già negli anni dell’infanzia una o due lingue a scuola, sono avvantaggiati. La competenza linguistica è un fattore che crea un vantaggio sociale. Dobbiamo quindi usare tutti i metodi disponibili per assicurare che l’istruzione pubblica comprenda l’apprendimento delle lingue fin dalla più giovane età.
Credo anche che dobbiamo sostenere gli sforzi della Commissione europea per l’introduzione dell’indicatore europeo di competenza linguistica, che facilita la comparabilità delle competenze linguistiche e il riconoscimento reciproco dei certificati.
Nello spirito della parità di opportunità, vorrei tuttavia richiamare l’attenzione sul fatto che occorre offrire opportunità di apprendimento delle lingue anche a chi vive in regioni isolate e sottosviluppate, mediante il ricorso, se necessario, a misure supplementari.
Vi ringrazio per l’attenzione.
PRESIDENZA DELL’ON. TRAKATELLIS Vicepresidente
4. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
5. Turno di votazioni
Presidente. – L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.
(Per i risultati e ulteriori dettagli sulle votazioni: cfr. Processo verbale)
5.1. Denominazione della delegazione interparlamentare D14 (votazione)
5.2. Tabella comunitaria di classificazione delle carcasse di bovini adulti (votazione)
5.3. Regole di concorrenza applicabili alla produzione e al commercio dei prodotti agricoli (votazione)
5.4. Mobilitazione del Fondo di solidarietà (votazione)
5.5. Progetto di bilancio rettificativo n. 1/2006 (votazione)
5.6. Assegnazione delle quote di idroclorofluorocarburi per quanto riguarda i nuovi Stati membri (votazione)
5.7. Convenzione per il rafforzamento della Commissione interamericana per i tonnidi tropicali (votazione)
5.8. Convenzione UNESCO sulla protezione e promozione della diversità delle espressioni culturali (votazione)
5.9. Spese nel settore veterinario (votazione)
5.10. Norme di polizia sanitaria applicabili agli animali e ai prodotti d’aquacoltura (votazione)
5.11. La transizione dalla radiodiffusione analogica a quella digitale: un’opportunità per la politica europea dell’audiovisivo e la diversità culturale (votazione)
5.12. Associazione rafforzata fra Unione europea e America latina (votazione)
– Prima della votazione
José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra (PPE-DE), relatore. – (ES) Signor Presidente, volevo semplicemente dire che, durante il dibattito che abbiamo tenuto ieri sulla relazione, i rappresentanti di alcuni gruppi politici hanno proposto di sostituire l’espressione “zona di libero scambio entro il 2010” con “creazione a medio termine di una zona di associazione globale interregionale” ai paragrafi 6, 21 e 66. Questa proposta è stata ripresa anche in un emendamento orale che l’onorevole Lipietz intende presentare.
Signor Presidente, se l’Aula non ha nulla in contrario, anch’io non ho alcuna obiezione ad accettare questa proposta e, pertanto, credo che le richieste di tenere votazioni per parti separate avanzate da alcuni gruppi, quali il gruppo Verde/Alleanza libera europea e il gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica, non abbiano alcun senso se l’Assemblea approva questa formulazione, da me condivisa.
Desidero soffermarmi su un ultimo punto, signor Presidente, ossia su una rettifica tecnica. Al paragrafo 77, la commissione per gli affari esteri ha approvato un emendamento presentato dall’onorevole Fatuzzo in materia di pensioni. Propongo unicamente di prendere la parte dell’emendamento dell’onorevole Fatuzzo che mi accingo a leggere e di spostarla al paragrafo 35, nel quale troverebbe una collocazione più adeguata.
Pertanto, alla fine del paragrafo 35 andrebbe ad aggiungersi quanto segue: “che permetta una previdenza sociale con sistemi più efficienti, con pensioni più sicure e più elevate”.
Vorrei quindi modificare l’espressione “zona euro-latinoamericana di libero scambio entro il 2010” con “creazione a medio termine di una zona di associazione globale interregionale” ai paragrafi 6, 21 e 66 e spostare l’ultima parte dell’emendamento dell’onorevole Fatuzzo al paragrafo 35.
(L’Assemblea manifesta il suo assenso alla presentazione dell’emendamento orale)
5.13. Accordo CE/Repubblica islamica di Mauritania in materia di pesca marittima (votazione)
5.14. Modifica del protocollo sui privilegi e le immunità (votazione)
– Prima della votazione
Klaus-Heiner Lehne (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo ai sensi dell’articolo 168, paragrafo 2, del Regolamento. Ho sentito che tre dei nostri gruppi hanno difficoltà ad accettare la proposta di risoluzione, con il conseguente rischio che, su questa importante questione, che in certo qual modo è ovviamente connessa al dibattito e allo statuto dei deputati, non si ottenga la maggioranza – o per lo meno se ne raggiunga una risicata – mentre noi vogliamo riscuotere un ampio consenso.
Propongo dunque di rinviare questa proposta alla commissione giuridica e per il mercato interno. Qualora non sia possibile farlo o non si pervenga a un accordo in tal senso, propongo che, in alternativa, la votazione venga rinviata alla prossima tornata. Propongo dunque, in primis, di rinviare la proposta in commissione o, laddove questo non sia possibile, alla prossima seduta plenaria.
(La questione viene rinviata alla commissione competente)
5.15. Discarico 2004: Sezione III, Commissione (votazione)
– Prima della votazione
Jan Mulder (ALDE), relatore. – (EN) Signor Presidente, non so se vuole che legga i miei emendamenti orali adesso o dopo il paragrafo 5, ma vorrei avere l’opportunità di presentare due emendamenti orali.
– Dopo la votazione sulla proposta di decisione
Jan Mulder (ALDE), relatore. – (EN) Signor Presidente, vorrei aggiungere un nuovo paragrafo 5 bis avente la seguente formulazione: “Si attende che i risultati del riesame dei conti bancari ignoti relativi alle attività della Commissione iniziate dalla Commissione nell’ottobre 2005 saranno resi completamente noti al Parlamento e ne sarà dato seguito”.
Vorrei inoltre aggiungere il paragrafo 5 ter: “Si attende che i conti così istituiti saranno sottoposti a revisione contabile e che i fondi assegnati ai conti entreranno nel bilancio generale”.
(L’Assemblea manifesta il suo assenso alla presentazione dell’emendamento orale)
5.16. Discarico 2004: Sezione I, Parlamento europeo (votazione)
– Prima della votazione
Markus Ferber (PPE-DE), relatore. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto dire che oggi era nostra intenzione concedere il discarico al Parlamento europeo e alle autorità amministrative, ma, negli ultimi due giorni, siamo venuti a conoscenza di dati e fatti nuovi che non abbiamo potuto esaminare durante la stesura della relazione e che riguardano la locazione di due edifici a Strasburgo.
La commissione per il controllo dei bilanci si è dovuta riunire diverse volte per esaminare la situazione e trovare una soluzione, ma poiché, nonostante un’attenta lettura del Regolamento, non siamo riusciti a individuare la base giuridica più idonea alle circostanze e tenendo inoltre presente l’obbligo di rispettare il regolamento finanziario, propongo, conformemente all’allegato V, articolo 5, paragrafo 1, lettera a), di votare contro il discarico, il che non significa che non lo concederemo. Guadagneremo però automaticamente sei mesi di tempo in cui potremo riesaminare i fatti aggiuntivi che sono venuti alla luce e istituire così una procedura idonea per dare risposta a tutte le domande in sospeso.
Vi chiedo dunque di votare “no” al primo turno di votazione, in modo tale che sia possibile dare una risposta adeguata a tutte le domande che sono state sollevate.
(Applausi)
Hannes Swoboda (PSE). – (DE) Signor Presidente, avremmo preferito rinviare direttamente la questione in commissione, ma poiché, come ha spiegato l’onorevole Ferber, non si tratta di una decisione sostanzialmente negativa sul discarico, anche noi esprimeremo voto contrario in modo che sia possibile ottenere un ampio consenso.
Hans-Gert Poettering (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, anch’io convengo con le affermazioni del relatore. Benché sia riprovevole dal punto di vista giuridico, oggi questa situazione non giustifica in alcun modo eventuali osservazioni negative da parte nostra, né sull’amministrazione, né sulla città di Strasburgo né su terzi. Stiamo seguendo questa strada per motivi procedurali, senza esserci ancora pronunciati sull’argomento. Spero che potremo disporre al più presto dei dati, in modo da poter concedere quanto prima il discarico.
Bart Staes (Verts/ALE). – (NL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, a nome del gruppo Verde/Alleanza libera europea al Parlamento europeo, vorrei rilevare anch’io che, se non concederemo il discarico al Parlamento, secondo quanto proposto dall’onorevole Ferber, invieremo il chiaro messaggio politico che vogliamo guadagnare altri sei mesi per analizzare a fondo la questione, istituire una missione di informazione e passare al setaccio i dettagli riguardanti i due edifici di Strasburgo. Non si tratterà nemmeno di una discussione sulla sede, poiché non è questo il punto. Dobbiamo invece sapere se il nostro denaro viene speso bene o meno. La ragione del rinvio del discarico è questa.
Francis Wurtz (GUE/NGL). – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, come hanno affermato gli onorevoli Poettering e Swoboda, il nostro voto, che segue la stessa linea, ovviamente non pregiudica l’esito dell’inchiesta che verrà condotta. E’ solo che, data la gravità delle accuse, dobbiamo garantire una trasparenza assoluta in modo tale che sia poi possibile giudicare e valutare la situazione con piena conoscenza di causa.
Mogens N.J. Camre (UEN). – (EN) Signor Presidente, intendo esprimere il mio sostegno, a nome del gruppo UEN, alla proposta dell’onorevole Ferber. Al momento non siamo pervenuti ad alcuna conclusione, ma vogliamo altri sei mesi per analizzare approfonditamente la questione.
(L’Assemblea manifesta il suo assenso a rinviare il discarico al Parlamento per l’esercizio 2004)
5.17. Discarico 2004: Sezione II, Consiglio (votazione)
5.18. Discarico 2004: Sezione IV, Corte di giustizia (votazione)
5.19. Discarico 2004: Sezione V, Corte dei conti (votazione)
5.21. Discarico 2004: Sezione VII, Comitato delle regioni (votazione)
– Prima della votazione
Nils Lundgren (IND/DEM), relatore. – (SV) Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero richiamare la vostra attenzione sul fatto che abbiamo appena votato contro la concessione del discarico al Parlamento europeo perché, in un secondo tempo, sono venute alla luce ulteriori informazioni di cui era stato impossibile tenere precedentemente conto.
Siamo ora dinanzi a una questione analoga. Per quanto riguarda il Comitato delle regioni, ho proposto di rinviare la decisione sulla concessione del discarico. La commissione per il controllo dei bilanci ha bistrattato questa proposta, in certa misura in circostanze particolari. Da quando è stata presa questa decisione, sono emerse altre informazioni che sono state ora messe a disposizione dei membri della commissione. Chiedo dunque con risolutezza che, analogamente a quanto è appena avvenuto per il Parlamento, l’Assemblea rinvii, anche in questo caso, la sua decisione e rifiuti di concedere oggi il discarico al Comitato delle regioni per il lavoro svolto nel 2004.
(Applausi)
(Il discarico è stato concesso)
– Prima della votazione sulla proposta di risoluzione
Nils Lundgren (IND/DEM), relatore. – (SV) Signor Presidente, onorevoli colleghi, non credo che in questo caso il Parlamento abbia assolto il proprio dovere di agire in maniera responsabile. Dopo la votazione che si è appena tenuta, non mi considero più responsabile della risoluzione e vi raccomando di esprimere voto contrario.
5.31. Discarico 2004: Agenzia europea per la salute e la sicurezza sul lavoro (votazione)
5.32. Discarico 2004: Centro di traduzione degli organismi dell’Unione europea (votazione)
5.33. Discarico 2004: Agenzia europea per i medicinali (votazione)
5.34. Discarico 2004: Eurojust (votazione)
5.35. Discarico 2004: Fondazione europea per la formazione professionale (votazione)
5.36. Discarico 2004: Agenzia europea per la sicurezza marittima (votazione)
5.37. Discarico 2004: Agenzia europea per la sicurezza aerea (votazione)
5.38. Discarico 2004: Autorità europea per la sicurezza alimentare (votazione)
5.39. Gestione di attivi (votazione)
– Prima della votazione
Wolf Klinz (ALDE), relatore. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, ieri sera la relazione è stata discussa a un’ora molto tarda e quindi i deputati presenti erano molto pochi. Vorrei cogliere l’occasione per tornare brevemente su uno degli emendamenti.
La relazione ha suscitato grande interesse in seno alla commissione per i problemi economici e monetari, che ha presentato circa 150 emendamenti al testo, di cui è stato possibile accoglierne la maggior parte tramite l’elaborazione di emendamenti di compromesso. In uno dei punti su cui si è incentrato il dibattito della commissione per i problemi economici e monetari, dovevamo decidere se raccomandare alla Commissione di colmare le lacune riscontrate nell’attuale direttiva tramite singole misure legislative e attraverso l’intervento di propria iniziativa dell’industria o se proporre alla Commissione di elaborare una direttiva del tutto nuova. Avendo scelto la prima opzione, abbiamo deciso di non redigere una direttiva completamente nuova. Pur avendo raggiunto la nostra decisione con un solo voto contrario, e avendola quindi approvata quasi all’unanimità, è arrivato il gruppo socialista al Parlamento europeo e ha presentato l’emendamento n. 6, volto nuovamente a rimettere in discussione la nostra decisione. Pertanto, giacché in linea di principio l’emendamento n. 6 rovescia completamente il ragionamento sotteso alla relazione, chiedo all’Assemblea di respingerlo.
5.40. Aiuti di Stato all’innovazione (votazione)
– Prima della votazione sull’emendamento n. 1
Sophia in ’t Veld (ALDE), relatore. – (EN) Signor Presidente, desidero presentare un emendamento orale che è un ibrido tra l’emendamento n. 1 originario e il testo adottato in seno alla commissione. Il paragrafo reciterebbe dunque nel seguente modo: “Considera le grandi imprese un elemento essenziale del sistema d’innovazione; ritiene tuttavia che le grandi imprese siano un elemento essenziale del sistema di innovazione e che pertanto possano essere concessi aiuti di Stato alle grandi imprese se i beneficiari collaborano con altri (grandi imprese, PMI e centri di conoscenza), a condizione che rispettino i criteri stabiliti dalle norme ex-ante”.
(L’Assemblea manifesta il suo assenso alla presentazione dell’emendamento orale)
– Prima della votazione sull’emendamento n. 2
Sophia in ’t Veld (ALDE), relatore. – (EN) Signor Presidente, desidero aggiungere tre parole all’emendamento n. 2, ossia “e le PMI”. In questo modo il testo della prima riga sarebbe il seguente: “Concorda sul fatto che gli aiuti di Stato andrebbero concessi sulla base di criteri che favoriscano le start-up e le PMI innovative”, eccetera.
(L’Assemblea manifesta il suo assenso alla presentazione dell’emendamento orale)
5.41. Sicurezza stradale: sistema “eCall” per tutti (votazione)
5.42. Promuovere il multilinguismo e l’apprendimento delle lingue nell’UE (votazione)
– Prima della votazione sulla relazione Mavrommatis (A6-0074/2006)
Monica Frassoni (Verts/ALE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, volevo solamente dire che stiamo per votare una fantastica risoluzione sulla promozione del multilinguismo in Europa, sicuramente sarà approvata a larga maggioranza da questo Parlamento. Purtroppo talvolta sorgono contraddizioni tra quello che il Parlamento fa e quello che il Parlamento dice: ieri l’Ufficio di presidenza ha respinto la possibilità per i cittadini europei di rivolgersi alla nostra Istituzione in una lingua co-ufficiale, a differenza da quanto è successo al Consiglio e alla Commissione. Credo che ciò sia in totale contraddizione con quello che stiamo per votare, e noi come gruppo ci appelleremo.
(Applausi)
Presidente. – Onorevole Frassoni, oggi è la seconda volta che interviene sull’argomento e credo che questo non sia previsto dall’ordine del giorno.
In ogni caso, l’abbiamo ascoltata con molta simpatia.
– Dopo la votazione
Presidente. – Con questo si conclude il turno di votazioni.
6. Dichiarazioni di voto
Denominazione di una delegazione D14
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato contro il cambiamento di denominazione della delegazione iraniana non per rendere ancora più difficili le nostre relazioni con l’Iran (anzi, mi auguro che da parte nostra sia possibile mantenere ottimi e positivi rapporti con questo paese), ma solo perché credo che il Parlamento debba dare prova di coerenza. Se dovessimo modificare la denominazione di questa delegazione, dovremmo fare altrettanto per tutti i paesi che hanno nomi complessi. Secondo la prassi invalsa, utilizziamo i nomi geografici delle controparti. Non sono contrario a modificare questa prassi, ma allora dovremmo farlo per tutti i paesi.
Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. – (NL) La decisione di modificare la denominazione di questa delegazione parlamentare per le relazioni con il parlamento iraniano è troppo radicale per non essere preceduta da un opportuno dibattito preparatorio. Se dalla denominazione si evince che attualmente l’Iran si considera una repubblica islamica, se ne potrebbe dedurre che il Parlamento possa non essere interessato a mantenere i contatti con l’Iran nel quadro di un regime diverso, benché un cambiamento di regime sia al contempo verosimile e auspicabile. Il regime attuale minaccia la sua popolazione con la pena capitale e ne limita le libertà, mentre sfida il mondo esterno con lo sviluppo di armi nucleari e la negazione del diritto all’esistenza dello Stato di Israele. Il regime crede in tutto ciò che va contro il perseguimento della democrazia e i diritti umani. La soluzione non consiste nell’adattarsi a quel regime, né nel muovergli guerra. L’unico modo per migliorare la situazione è offrire all’opposizione iraniana, parte della quale vive in esilio in Europa, la possibilità di governare il paese in maniera normale. Detto questo, non vi è alcun motivo per assecondare i desideri dell’attuale regime, convinto che la struttura statale odierna sia eterna e voluta da Dio.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Sono assolutamente contrario alla proposta della Conferenza dei presidenti di modificare la denominazione della delegazione per le relazioni con l’Iran.
Più che altro, è una proposta intempestiva. In un momento in cui l’Iran deve comprendere che la comunità internazionale non è disposta a ignorare la minaccia posta da tale regime, si tratta di un gesto insensato. Inoltre, se si dovesse prendere in considerazione questa proposta, occorrerebbe analizzarla in maniera trasversale, tenendo conto di tutti i paesi per cui esistono delegazioni parlamentari e che hanno anche nomi ufficiali diversi da quelli utilizzati nella designazione parlamentare.
Giacché le cose non stanno così – e non intendo dire che la situazione dovrebbe essere modificata – è ancor meno giustificabile fare un’eccezione per l’Iran. Attualmente, l’unico fatto eccezionale a proposito dell’Iran è che costituisce una sfida e una minaccia per la comunità internazionale. Ora occorre dare prova di decisione. E’ tempo di negoziare, ovviamente, ma occorre farlo con fermezza. Modificare la denominazione della delegazione parlamentare non è una dimostrazione di risolutezza.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Giacché Bulgaria, Romania e Austria hanno presentato richieste d’aiuto a seguito dei danni causati dalle inondazioni verificatesi tra aprile e agosto 2005 e che, in altre occasioni, ho appoggiato l’utilizzo del Fondo di solidarietà in risposta a tali disastri, non posso fare a meno di unirmi alle richieste di solidarietà nei confronti di questi paesi. L’idea di solidarietà, condivisione dei rischi e aiuto reciproco è centrale in casi come questi, e merita il mio sostegno.
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, per quanto riguarda la relazione Prets, dire che occorre promuovere la pluralità culturale rappresenta, a mio avviso, un luogo comune.
Fino a oggi ci siamo concentrati anche troppo sulla promozione della pluralità culturale, soprattutto per quanto riguarda la popolazione degli immigrati islamici, senza d’altronde preoccuparci, però, che la nostra stessa cultura sia riconosciuta nei paesi del mondo islamico. Così si è arrivati al punto che la loro cultura cerca di soppiantare la nostra persino nei nostri paesi. Non solo la cultura occidentale viene insidiata con pretese come quella di far mettere il velo alle insegnanti, ma ci sono anche immigrati islamici che diventano sempre più ostili alle tradizioni e ai simboli cristiani.
Intanto una tolleranza e un multiculturalismo ideologico malintesi portano alla costruzione di un numero sempre maggiore di minareti e anche la nostra cultura linguistica è messa in discussione da aule scolastiche in cui oltre la metà degli allievi è costituita da stranieri. Si tratta di sviluppi preoccupanti e non credo che la Convenzione UNESCO ne abbia tenuto conto.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il Parlamento ha dimostrato il suo impegno nel riconoscere la diversità culturale nell’ambito del diritto internazionale adottando a Parigi, il 20 ottobre 2005, una Convenzione sulla diversità culturale nel quadro dell’UNESCO.
Tale Convenzione ha come obiettivo la promozione e la tutela della diversità dei contenuti culturali e dell’espressione artistica ed è intesa ad agevolare lo sviluppo e l’adozione di politiche culturali e di misure appropriate per proteggere e promuovere la diversità delle espressioni culturali, nonché per incoraggiare scambi culturali più ampi a livello internazionale.
La Convenzione stabilisce, su scala internazionale, il riconoscimento del diritto sovrano degli Stati e dei governi di elaborare e attuare politiche culturali che consentano lo sviluppo dei rispettivi settori culturali.
La Convenzione riconosce che la diversità culturale è rafforzata dalla libera circolazione delle idee e riafferma l’importanza della libertà di pensiero e della diversità dei mass media. Essa riconosce inoltre il diritto degli Stati di adottare politiche audiovisive e incentivare le proprie industrie audiovisive. Essa riafferma l’importanza del ruolo del servizio pubblico di radiodiffusione per la diversità culturale e il pluralismo dei media.
Da qui il nostro voto a favore.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Apprezzo la relazione sulla Convenzione dell’UNESCO. La nuova Convenzione è intesa ad agevolare lo sviluppo e l’adozione di politiche culturali e di misure appropriate per proteggere e promuovere la diversità delle espressioni culturali, nonché per incoraggiare scambi culturali più ampi a livello internazionale. La Convenzione riconosce che la diversità culturale è rafforzata dalla libera circolazione delle idee e riafferma l’importanza della libertà di pensiero e della diversità dei mass media. Mi compiaccio che la Convenzione riconosca le caratteristiche distintive di beni e servizi culturali quale veicolo di valori e identità e che stabilisca che essi trascendono la loro dimensione commerciale legittimando quindi politiche culturali nazionali e internazionali.
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La relazione si riferisce agli emendamenti apportati alla decisione 90/424/CEE del Consiglio affinché la partecipazione finanziaria dell’Unione alle misure veterinarie possa aver luogo non solo per gli animali terrestri, ma anche per gli animali d’acquacoltura.
Questi emendamenti sono estremamente importanti per ottenere un sostegno finanziario dal futuro Fondo europeo per la pesca, che consentirà agli Stati membri di combattere gravi patologie negli animali d’allevamento.
Lo spostamento della data di entrata in vigore prevista da questa relazione è coerente con un altro emendamento in essa proposto e riguardante la direttiva sulla prevenzione e sul controllo di malattie pregiudizievoli per l’acquacoltura. Questa soluzione è maggiormente praticabile di quella proposta in precedenza dalla Commissione e merita pertanto il mio appoggio.
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La relazione ha l’obiettivo di aggiornare, riformulare e consolidare le norme in materia di salute animale per quanto riguarda il commercio di prodotti d’acquacoltura, comprendendo la prevenzione e il controllo di talune patologie al fine di aumentare la competitività degli acquacoltori dell’Unione.
Le modifiche legislative che sono state proposte hanno per obiettivo la semplificazione e la modernizzazione delle norme già esistenti e l’innovazione del settore per tenersi pronti alle sfide future.
Penso che le modifiche alla relazione Kindermann che sono state approvate arricchiranno la proposta iniziale della Commissione e la renderanno più adeguata alla realtà attuale degli Stati membri in questo campo.
Jan Andersson, Anna Hedh, Ewa Hedkvist Petersen, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. – (SV) Abbiamo votato a favore della relazione sulla transizione dalla radiodiffusione analogica a quella digitale. Sarebbe tuttavia ingenuo credere che la transizione non abbia comportato costi maggiori per i consumatori, dal momento che implica determinati costi, per esempio quelli relativi alle nuove attrezzature. Gli Stati membri devono, comunque, garantire che tali costi si mantengano a un livello accettabile. E’ importante combattere la pirateria, ma nutriamo dubbi sull’armonizzazione continuata del diritto d’autore.
Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. – (SV) Abbiamo votato contro la relazione sulla transizione dalla radiodiffusione analogica a quella digitale perché non riteniamo che decisioni su temi come questo debbano essere prese a livello comunitario. Abbiamo precise obiezioni da fare anche per quanto riguarda gli argomenti di ordine pratico. La diversità culturale non può essere garantita dalle autorità o proteggendo dalla concorrenza le cosiddette imprese di pubblico servizio. Ci opponiamo anche all’idea di cambiare la tecnologia televisiva per decreto e tramite decisioni politiche anziché lasciare che prevalgano le scelte della gente.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Nonostante gli emendamenti di facciata introdotti in extremis e l’inclusione di aspetti che ovviamente condividiamo, la risoluzione in esame è illuminante sulle reali intenzioni dell’Unione in merito alla sua cosiddetta “cooperazione” con i paesi dell’America latina.
Tra molti altri aspetti degni di biasimo e che noi bocciamo, vorrei sottolineare i seguenti:
– l’utilizzo dei processi cosiddetti di “integrazione” – sempre in conformità a un modello imposto dall’UE – come strumento per promuovere l’integrazione capitalista e la liberalizzazione degli scambi commerciali, a beneficio dei poteri forti e dei grandi gruppi economici e finanziari;
– la creazione di zone di libero scambio più ampie possibile sulla base di accordi bilaterali o multilaterali, al fine di conseguire un livello di liberalizzazione del commercio che, per il momento, non è stato possibile introdurre nell’ambito dell’OMC;
– la creazione di un cosiddetto “Centro biregionale di prevenzione dei conflitti” quale mezzo per spianare la strada all’ingerenza dell’UE nell’America latina (senza reciprocità);
– infine, dando prova di deprecabile coerenza, l’assenza totale di condanna nei confronti del criminale embargo imposto a Cuba e delle leggi extraterritoriali degli Stati Uniti contro questo paese.
Si tratta, in altre parole, di una risoluzione che va in senso contrario alla dichiarazione presentata a Bregenz dai deputati progressisti d’Europa e dell’America latina.
Da qui il nostro voto contrario.
Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Questa relazione d’iniziativa riguarda le modalità future di cooperazione tra l’UE e l’America latina. Attualmente esiste una conferenza interparlamentare, ma ora il Parlamento europeo vuole istituire un’assemblea parlamentare con un segretariato permanente.
La relazione contiene inoltre un coacervo di proposte pessime in settori in cui il Parlamento europeo non dovrebbe affatto esprimere opinioni. Per esempio, si propone l’istituzione di un fondo di solidarietà unitamente a un “piano per l’America latina”. La Lista di giugno si oppone a questa proposta. E’ certamente vero che una gran parte della popolazione dell’America latina vive in povertà, ma non che la Comunità europea sia la soluzione del problema. All’occorrenza, l’aiuto dovrebbe essere fornito dai singoli Stati membri o da organi delle Nazioni Unite.
Si propone inoltre di introdurre nel più breve tempo possibile elezioni a suffragio universale diretto da parte delle assemblee parlamentari regionali dell’America latina per l’elezione delle assemblee stesse, così da creare una struttura simile a quella del Parlamento europeo. Spetta ovviamente ai paesi interessati decidere da soli come organizzare la loro cooperazione interparlamentare.
Pertanto, nella votazione odierna, mi sono espresso contro la relazione.
Jean-Claude Martinez (NI), per iscritto. – (FR) L’America latina era stata preconizzata come la grande potenza della fine del XX secolo. Sessant’anni dopo, le politiche ultraliberiste, le lacune istituzionali e le difficili relazioni con i confinanti Stati Uniti hanno condotto ai risultati che si constatano nelle Ande o nelle favelas di Rio.
Eppure l’America latina è ricca sotto tutti gli aspetti, a cominciare dai suoi abitanti, portatori di una straordinaria cultura. Di conseguenza, l’Europa non può disinteressarsene.
Nei rapporti tra l’Europa e l’America latina dobbiamo dunque mettere “la fantasia al potere”, perché il modello corretto da seguire nei rapporti sta tra il “cosmopolitismo cristiano” e il “cosmopolitismo vestfaliano”. Questo punto di mezzo tra il Platone diplomatico e Machiavelli si trova all’interno di un “quadrilatero dell’umanità”. L’Europa deve proporre la condivisione delle risorse tra le due parti del mondo latino: acqua, cibo, istruzione e farmaci.
All’Assemblea euroatlantica proposta dal Vertice di Bregenz il 25 aprile 2006 va aggiunto un Consiglio di sicurezza economica. Finanziato da una forma di imposta sul valore aggiunto sui molteplici servizi forniti dallo spazio e dai satelliti geostazionari, questo Consiglio realizzerebbe con successo i partenariati per l’approvvigionamento idrico, la fornitura dei medicinali fondamentali, l’istruzione e l’alimentazione. Questo quadrilatero, che è essenzialmente un modello di umanitarismo, eviterebbe all’Ecuador di riversarsi in Spagna e ai bambini dell’America latina di essere ridotti alla donazione dei loro organi per i traffici commerciali del capitalismo folle.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) A mio avviso, la principale priorità dell’Europa dev’essere a livello regionale. L’Unione ha il dovere, sia per i cittadini dei suoi Stati membri, sia perché appartiene alla comunità internazionale, di svolgere un ruolo che è unico nell’ambito della sua immediata sfera d’influenza.
Tuttavia è possibile – e necessario – che questo discorso venga esteso ad altre aree di influenza, tra cui ovviamente l’America latina. Per ragioni storiche, culturali e linguistiche, questa è un’area con un potenziale enorme per lo sviluppo di legami di cooperazione in campo economico e politico e, cosa ancor più importante, nell’ambito delle relazioni internazionali, in cui la collaborazione tra quei paesi su entrambi i lati dell’Atlantico può essere molto proficua.
Infine, vorrei fare un’osservazione da una prospettiva portoghese. Sebbene il Portogallo abbia il dovere di mettere l’Africa ai primi posti della sua politica estera, non deve trascurare l’importanza dei legami transatlantici. Pertanto deve dare pieno appoggio a iniziative come il vertice che avrà luogo a Vienna il 12 e 13 maggio.
Pertanto spero che questo vertice abbia un esito positivo, soprattutto per quanto riguarda i negoziati con il Mercosur, un tema per cui in varie occasioni ho manifestato la mia preoccupazione e il mio impegno.
José Ribeiro e Castro (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Nell’anno in cui si celebra il ventennale dell’adesione di Portogallo e Spagna alle Comunità europee, è giusto fare presente che l’Europa ha tratto vantaggio dalla conoscenza della realtà dell’America latina che questi paesi hanno portato. Ne trarrebbe ancora di più se promuovesse l’insegnamento del portoghese e dello spagnolo in quanto importanti lingue del mondo.
Sono d’accordo col relatore quando afferma che sono necessari legami di cooperazione economica e culturale più stretti con l’America latina e vorrei sottolineare il ruolo preminente che dovranno assumere in tale contesto le relazioni col Brasile, attore imprescindibile in questo processo di partenariato.
Mi preoccupa osservare che, ai progressi nel campo della democrazia e della libertà in America latina, non hanno fatto riscontro, generalmente, progressi analoghi nella lotta alla povertà e alla disuguaglianza sociale.
L’UE, a mio avviso, non deve accondiscendere a flagranti violazioni dei diritti umani e alla riduzione delle libertà civili, come è avvenuto a Cuba e, più recentemente, anche nel Venezuela di Hugo Chávez.
Attendo con interesse la conclusione del Vertice di Vienna sperando che riesca a consolidare effettivamente le relazioni tra l’UE e l’America latina.
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. (PT) Le modifiche al protocollo sulla pesca discusse nella proposta della Commissione e nella relazione del Parlamento permetteranno di adattare lo sforzo di pesca alla precarietà delle risorse relativamente alla categoria dei cefalopodi e di compensare la flotta con l’aumento del numero di licenze nelle categorie della pesca pelagica e tonniera.
Questi emendamenti non pregiudicano l’integrazione delle flotte battenti bandiera dei nuovi Stati membri, garantendo al tempo stesso la continuità di accesso ai pescherecci comunitari che tradizionalmente operano nel quadro di questo accordo. Per tale motivo approvo la presente relazione.
Johannes Blokland (IND/DEM), per iscritto. – (NL) Il modo in cui la Commissione ha gestito le finanze nel 2004 è, per l’onorevole Belder e il sottoscritto, una ragione sufficiente per chiedere il rinvio della concessione del discarico. Innanzi tutto, bisogna capire esattamente cosa intende fare la Commissione riguardo ai problemi concernenti il bilancio di apertura. In secondo luogo, è deprecabile che si verifichino ritardi nell’elaborazione, nell’applicazione e nell’attuazione delle norme di controllo interno. In terzo luogo, la Commissione deve presentare un piano strategico che fissi una scadenza per una dichiarazione di affidabilità positiva. Inoltre, il numero dei pagamenti anticipati non ancora effettuati è insostenibilmente alto. Non ci è chiaro come e quando la Commissione intenda risolvere questo problema. Infine, è incredibile che la Grecia, uno Stato membro, riceva ancora il massimo delle sovvenzioni agricole anche se in più di dieci anni non ha ancora soddisfatto il requisito della piena introduzione del sistema integrato di gestione e di controllo.
Mario Borghezio (IND/DEM). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho chiesto il tempo di parola per la dichiarazione di voto: ho votato contro sul bilancio, perché ritengo minimizzante la decisione presa in ordine alle questioni emerse sulle sedi dei palazzi di Strasburgo. Una questione di questo genere, legata appunto ai palazzi in cui si svolge l’attività del nostro Parlamento a Strasburgo, non può essere ulteriormente rilegata nelle pieghe delle carte amministrative interne. Mi risulta che lo stesso Presidente ha opportunamente indirizzato già una lettera alla Città di Strasburgo.
Ora, in base al principio fondamentale per le Istituzioni europee della trasparenza, propongo l’istituzione immediata di una commissione temporanea d’inchiesta che faccia chiarezza su tutti i retroscena dei contratti di locazione dei palazzi di Strasburgo e su chi si cela dietro la proprietà della società Erasmo.
Bastiaan Belder (IND/DEM), per iscritto. – (NL) Il mio collega, onorevole Blokland, e io abbiamo votato contro il discarico concesso al Presidente del Parlamento europeo per l’esecuzione del bilancio nel 2004.
La dislocazione del Parlamento a Strasburgo suscita incomprensione tra l’elettorato, benché il Parlamento stesso debba confrontarsi con le conseguenze di una decisione che è stata presa dal Consiglio europeo. Pensiamo si debba chiedere al consiglio municipale di Strasburgo la restituzione dell’affitto pagato in eccesso, che ammonta al 10 per cento dell’affitto annuale. Questa è una conditio sine qua non per la concessione del discarico.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato contro il discarico per l’esecuzione del bilancio parlamentare, non a causa di problemi con l’amministrazione del Parlamento stesso, ma per via delle accuse secondo cui il Parlamento, e quindi i cittadini europei, sarebbe stato spennato dalla città di Strasburgo. Nel 1992, durante il turno di Presidenza britannica, venne concluso l’assurdo accordo di John Major che consentì alla Germania di ottenere il riconoscimento della Croazia e che comportò decine di migliaia di morti nelle guerre civili che ne conseguirono. Questo fruttò al Regno Unito una deroga sul capitolo sociale che minacciava di negare, prima che l’avvento provvidenziale del governo laburista di Tony Blair giungesse in soccorso, condizioni sociali decorose al popolo britannico e il Parlamento, su insistenza della Francia, venne condannato a recarsi in perpetuo a Strasburgo al costo di 400 milioni di euro all’anno e con le criminali disfunzioni che ciò comporta. Adesso, oltretutto, siamo venuti a sapere che la città di Strasburgo potrebbe anche aver deliberatamente sfruttato il proprio monopolio per defraudare gli europei.
Fernand Le Rachinel (NI), per iscritto. – (FR) La relazione dell’onorevole Ferber sul discarico per l’esecuzione del bilancio 2004 del Parlamento europeo è fondamentalmente disonesta.
Approfittando della nuova offensiva anti-Strasburgo sferrata dalla lobby anglosassone, l’onorevole Ferber va oltre il suo ruolo di relatore per ergersi sornionamente a censore di Strasburgo.
No, il Parlamento europeo non può decidere il luogo dove stabilire la propria sede. E’ una decisione unanime adottata dai capi di Stato o di governo, secondo quanto sancito dai Trattati europei a partire dal Trattato di Amsterdam del 1999.
No, né Strasburgo né la Francia sono disposte ad accettare di lasciare il certo per l’incerto, ovvero ad accettare il trasferimento del Parlamento europeo a Bruxelles in cambio di un Istituto europeo di tecnologia. Perché non anche un centro europeo di gerontologia?
Così come certuni vogliono fare votare nuovamente la Francia e i Paesi Bassi sulla defunta Costituzione europea, altri scambiano i propri desideri per realtà e vogliono sopprimere la sede del Parlamento europeo di Strasburgo in flagrante violazione dei Trattati.
Noi ci opporremo fermamente, non solo a nome della Francia, ma a nome dell’interesse generale dell’Europa.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato contro la relazione in esame per dare alla commissione per il controllo dei bilanci più tempo per compiere indagini sull’eventuale sovrapprezzo di cui il Parlamento deve farsi carico per i suoi edifici a Strasburgo. E’ d’importanza cruciale svolgere un’inchiesta completa su questa situazione estremamente insoddisfacente. Il Parlamento deve fare tutto il possibile per tutelare i soldi dei contribuenti.
Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. – (NL) Dal 1999, tutti i deputati olandesi hanno assunto l’impegno di non aderire al fondo pensione perché, aderendovi, da un lato avrebbero diritto a due pensioni e, dall’altro, il premio da corrispondere per la pensione è in gran parte, se non praticamente del tutto, pagato dal Parlamento. E’ estremamente irritante che a quest’Assemblea debbano essere accollati i deficit già registratisi a causa della cattiva gestione dei fondi pensione dei parlamentari. In questo modo i contribuenti finiscono col pagare il conto del comportamento irresponsabile di chi li rappresenta e il cui interesse principale sembrerebbe essere la ricerca di una smodata rimunerazione economica.
Giudico ancora più inopportuno il fatto che la commissione per il controllo dei bilanci abbia in gran parte depennato le giuste critiche nei confronti di quanto accaduto relativamente al fondo pensione, critiche che comparivano nella versione originale della relazione Ferber. Così facendo, la commissione in questione ha fallito miseramente come organo di controllo, ed è per questo motivo che non voterò a favore di questo discarico.
Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. – (NL) Questa settimana si è venuto a sapere che, molto probabilmente, per 25 anni il Parlamento europeo ha dovuto ingiustamente versare un canone d’affitto eccessivamente alto per l’uso degli edifici a Strasburgo. Ciò è stato motivo sufficiente per rinviare l’approvazione dei conti annuali sino a quando non sarà fatta piena luce sulla questione. A mio avviso, è più che giusto.
Nel frattempo, il Comitato delle regioni sembra trovarsi in una situazione analoga. Anche in questo caso sono state registrate irregolarità finanziarie ed è in corso un’inchiesta. Non riesco quindi a capire come, ora, la maggioranza dei deputati sembri essere disposta ad approvare i conti annuali, benché sia ancora in corso un’inchiesta per frode e i fatti non siano stati minimamente chiariti. Trovo molto preoccupante che la maggioranza della commissione per il controllo dei bilanci abbia respinto un’udienza conoscitiva, peraltro prevista, sulle irregolarità presenti nel Comitato delle regioni.
Sembra che il Parlamento disapprovi le irregolarità finanziarie solo quando si tratta dei propri soldi. Stiamo parlando di fondi che, tutti insieme, gli europei devono raccogliere per adempiere a funzioni utili, e che quindi non devono andare sprecati. Per tale motivo voterò contro l’approvazione dei conti annuali del Comitato delle regioni.
David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della concessione del discarico al Mediatore europeo. In qualità di membro della commissione per le petizioni, tengo in gran conto il lavoro del Mediatore, che credo assolva i propri compiti con efficacia e diligenza.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. (EN) Intervengo in questo dibattito in qualità di chi, come rappresentante del Parlamento alla commissione consultiva sul razzismo e la xenofobia del Consiglio dei ministri dal 1994 al 1999, ha partecipato all’istituzione dell’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia.
Non ho seri motivi di critica nei confronti della relazione dell’onorevole Guidoni inerente all’Osservatorio, ma vorrei esprimere alcune riserve, innanzi tutto, riguardo all’insufficiente finanziamento di cui tale organo gode rispetto alla moltitudine di altri centri che considero di minore importanza per gli europei, come quelli istituiti per la traduzione o la formazione. Inoltre, nutro alcuni dubbi sull’idea di ampliare il suo ambito di competenza ai diritti umani senza concedere finanziamenti supplementari, rendendo praticamente impossibile il suo già difficile compito.
Non credo che questi fatti siano slegati dai giochi politici di questa Istituzione. Alcuni sono simpatizzanti dei razzisti e degli xenofobi, mentre altri valutano la questione con eccessiva leggerezza. Non riesco a capire come si possa farlo di fronte al crescente fenomeno del razzismo nel calcio in Italia, Spagna o altrove, ai successi elettorali dell’estrema destra in Francia, Belgio, Italia e Danimarca, e al minaccioso successo della nostra versione del Fronte nazionale di Le Pen, il partito nazionale britannico, alle elezioni amministrative nel Regno Unito del 4 maggio.
David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della concessione del discarico all’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia. Dalla relazione risulta evidente che l’Osservatorio ha speso con attenzione le risorse a sua disposizione. Tuttavia, tenuto conto dell’ascesa dei partiti politici razzisti e dell’evidente aumento dei casi di razzismo, l’incremento dei finanziamenti destinati all’Osservatorio è pienamente giustificato.
David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della concessione del discarico all’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze. Tuttavia, visto l’apparente incremento del narcotraffico e l’aumento dei livelli di tossicodipendenza, soprattutto in alcune delle comunità più svantaggiate d’Europa, vorrei che l’Osservatorio svolgesse un ruolo più incisivo e desse un contributo più importante nell’affrontare questi problemi.
David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della concessione del discarico all’Agenzia europea per i medicinali. Credo che l’Agenzia svolga un ruolo vitale nel garantire una sicura immissione sul mercato dei nuovi medicinali e con la minima duplicazione degli sforzi da parte dei singoli Stati membri.
José Ribeiro e Castro (PPE-DE), per iscritto. (PT) Capo Verde rappresenta un ottimo esempio in materia di democrazia, buon governo e rispetto dei diritti umani, e ha profondi legami storici, sociali, politici, culturali e geografici con l’Unione europea. Ciò pone il paese in una posizione unica e strategicamente importante per lo sviluppo e l’approfondimento delle relazioni euro-africane, poiché Capo Verde garantisce stabilità e sicurezza su una delle fasce esterne dello spazio europeo.
Pur rappresentando il confine atlantico sudorientale dell’Europa, Capo Verde è stato incluso in altri programmi che, di per sé, non riflettono l’effettiva prossimità del paese, né la sua identificazione in valori comuni quali lo Stato di diritto, la promozione di buoni rapporti di vicinato e i principi dell’economia di mercato e dello sviluppo sostenibile.
Le autorità di Capo Verde e il maggiore partito all’opposizione hanno sviluppato contatti per ottenere uno status speciale o un partenariato con l’UE, e l’inclusione del paese nella politica di vicinato potrebbe rivelarsi un passo importante in tal senso. Ciò, inoltre, costituirebbe un segnale positivo in una politica di vicinato che risulterebbe impoverita se si concentrasse soltanto sulle frontiere meridionali e orientali dell’Unione.
Accolgo con favore l’adozione degli emendamenti nn. 36 e 38.
David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della concessione del discarico all’Autorità europea per la sicurezza alimentare. Visto il continuo aumento dei diffusi timori in campo alimentare, l’Autorità svolge un ruolo fondamentale nel garantire la sicurezza dei cibi che mangiamo e la fiducia del consumatore nella catena alimentare.
– Discarichi 2004
James Elles (PPE-DE), per iscritto. (EN) Insieme ai colleghi conservatori britannici ho votato contro le relazioni del Parlamento sul discarico di bilancio perché, per l’undicesimo anno consecutivo, la Corte dei conti non ha potuto emettere una dichiarazione di affidabilità positiva per quanto riguarda la contabilità generale dell’UE. I conservatori ritengono che la Commissione debba affrontare il problema con urgenza. Non deve esistere alcuna tolleranza per qualsiasi caso di frode o cattiva amministrazione, e vi sono tre settori in particolare su cui concentrarsi.
Primo, i nuovi sistemi contabili entrati in uso nel gennaio 2005 devono essere monitorati con attenzione per garantire l’adozione di norme contabili di livello internazionale.
Secondo, non bisogna limitarsi a difendere strenuamente i diritti di chi denuncia illeciti: bisogna incoraggiarli a uscire allo scoperto.
Terzo, il problema che più ha preoccupato i revisori dei conti è stato l’80 per cento del bilancio speso negli Stati membri. La Commissione è responsabile della spesa di tutti i fondi comunitari, ma, in realtà, il potere è delegato agli organismi pagatori negli Stati membri. L’obiettivo, come suggerito dal Presidente della Corte, deve essere l’introduzione del principio in base a cui gli Stati membri devono assumersi la responsabilità della spesa.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Questa relazione dimostra il crescente predominio della sfera finanziaria su quella dell’economia reale. L’obiettivo principale delle misure proposte per modificare la struttura giuridica degli organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) e dei loro investimenti è aumentare il commercio transfrontaliero dei fondi d’investimento. L’intenzione è anche quella di rimuovere tutte le barriere, incluse quelle fiscali, per potenziare al massimo la redditività dei fondi e delle fusioni tra fondi.
Per agevolare questo commercio e aumentare la concorrenza, l’idea è armonizzare i prospetti e le norme sulla tutela del consumatore. La relazione, inoltre, cerca di allargare i settori di investimento ai valori mobiliari, aumentando così il rischio per gli investitori.
La proposta è avvicinare i mercati finanziari e il modello dei fondi di investimento dell’UE a quelli degli Stati Uniti in una logica di globalizzazione finanziaria. Non c’è da meravigliarsi che i fondi pensione siano la priorità assoluta.
Questa macchina fabbrica-soldi, che prosciuga letteralmente l’economia produttiva e calpesta i diritti acquisiti da molti lavoratori, incrementa al massimo i profitti delle banche e delle società di gestione, aumentando però il rischio di crisi economiche e finanziarie. Per tale motivo abbiamo votato contro.
Peter Skinner (PSE), per iscritto. (EN) La delegazione del partito laburista al Parlamento europeo concorda con l’approccio generale del relatore teso a raggiungere un equilibrio tra le esigenze normative e quelle di mercato. L’EPLP non è d’accordo sul fatto che la direttiva debba essere inclusa nell’approccio “Lamfalussy”, come suggerito dall’emendamento n. 6.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) La presente relazione è parte integrante dell’agenda neoliberale della strategia di Lisbona. Propone che gli aiuti di Stato siano considerati un’eccezione e invoca maggiori misure per liberalizzare, garantire la concorrenza, facilitare l’accesso ai capitali, promuovere lo spirito imprenditoriale e rimuovere gli ostacoli alla circolazione dei lavoratori e dei ricercatori. Essa auspica, inoltre, una politica comune di immigrazione finalizzata a tali scopi, soprattutto per le assunzioni nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC). Al tempo stesso, incentiva il partenariato pubblico-privato e considera inefficaci gli aiuti alle PMI. Tutto ciò in nome dell’innovazione!
Peraltro, il documento promuove una strategia di obiettivi orizzontali per gli aiuti di Stato definiti a livello comunitario, soprattutto, sempre nel nome della cosiddetta innovazione. Lo scopo di questo processo, anch’esso parte integrante del processo di Bologna per l’istruzione, è che le scuole e le università rispondano alle necessità di base delle grandi multinazionali, “istruendo” una forza lavoro omogenea con competenze specialistiche in materia di TIC e nelle lingue che facilitino la mobilità professionale e geografica e l’adattabilità del lavoro commercializzando, al tempo stesso, il sapere e i frutti della ricerca. Per tale motivo abbiamo votato contro.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. (EN) Mi sono astenuto dal voto su questa relazione perché credo che la distinzione che implicitamente opera tra scoperta e innovazione generi equivoci sulla natura della scoperta scientifica e sulle conseguenze economiche che ne derivano. Se vogliamo competere nel mondo dell’innovazione tecnologica e migliorare i risultati delle innovazioni introdotte rispetto ai pessimi livelli attuali e ai nostri concorrenti, l’Europa deve sostenere l’innovazione con fondi pubblici laddove necessario. La relazione dell’onorevole in ’t Veld non accetta questa analisi e limita gli aiuti pubblici, a mio avviso, senza ragione. Per tale motivo non ho sostenuto la relazione.
Tomáš Zatloukal (PPE-DE). – (CS) Signor Presidente, la relazione Titley costituisce un positivo passo avanti verso il miglioramento della sicurezza stradale. Il sistema eCall, che aiuterà a salvare vite umane e a ridurre la gravità delle ferite sulle strade europee, avrà un rapporto costi-benefici estremamente favorevole. La nostra risposta al crescente volume di traffico stradale deve essere una maggiore sicurezza stradale, attiva e passiva. Nell’ambito della famosissima iniziativa eSafety, il sistema eCall è una priorità che rientra in un programma riguardante, tra l’altro, i sistemi avanzati di ausilio alla guida, il sistema di allarme sul superamento della corsia e il sistema di attenuazione delle collisioni. L’integrazione del sistema Galileo costituisce un ulteriore miglioramento per questa tecnologia d’avanguardia che andrà a vantaggio dei trasporti europei. Il sistema eCall sarà utile alle centinaia di milioni di cittadini che, ogni anno, utilizzano l’automobile per recarsi all’estero. Per tale motivo ho votato a favore della relazione volta a mettere eCall a disposizione dei cittadini.
Richard Corbett (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato con entusiasmo a favore dell’eccellente iniziativa presentata dal collega Gary Titley, che propone un sistema paneuropeo automatico per le chiamate d’emergenza: in caso di incidente stradale, il dispositivo eCall a bordo del veicolo esegue automaticamente una chiamata di emergenza diretta al più vicino centro di raccolta delle chiamate di emergenza, fornendo informazioni sulla precisa ubicazione dell’incidente. Ciò porterà a una drastica riduzione dei tempi di soccorso e consentirà di curare un numero superiore di ferite nella cosiddetta “ora cruciale” dopo l’incidente.
Il vantaggio del sistema in questione non è solo quello di aiutare a salvare vite umane, ma anche di limitare la durata degli ingorghi e di contribuire all’efficienza dei trasporti stradali a livello europeo riducendo i costi esterni.
L’iniziativa è un ottimo esempio dei vantaggi derivanti dall’adozione di misure a livello comunitario, e integra il numero telefonico unico d’emergenza (112) di cui anch’io sono stato promotore molti anni fa, quando ero agli inizi della mia carriera di funzionario pubblico.
Brigitte Douay (PSE), per iscritto. – (FR) Sostengo fermamente le raccomandazioni della relazione Titley tese a mettere eCall a disposizione dei cittadini nei 25 Stati membri. Questo dispositivo, in effetti, è un elemento essenziale per il miglioramento della sicurezza stradale.
In caso di incidente la rapidità di intervento – per mettere in sicurezza il luogo in cui è avvenuto l’incidente e soccorrere le vittime – è la condizione più importante per limitare le conseguenze più drammatiche. Ogni anno si registrano oltre 40 000 morti sulle strade dell’Unione europea.
Questo sistema, che permetterebbe di salvare 2 500 vite all’anno, deve chiaramente essere promosso dalle autorità pubbliche di tutti i paesi e richiesto dai cittadini, che sempre più invocano una maggiore sicurezza stradale.
E’ quindi deplorevole che alcuni Stati membri – come la Francia, in cui la sicurezza stradale è stata comunque decretata un’importante causa nazionale – siano in ritardo nel mettere eCall a disposizione dei cittadini. Speriamo che l’adozione della relazione Titley e la pubblicità che le sarà fatta nell’Unione europea accelerino l’attuazione da parte di tutti gli Stati membri di questo indispensabile sistema per rendere le automobili “intelligenti”.
Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) E’ importante dare priorità ai temi della sicurezza stradale e operare per ridurre il numero di incidenti mortali sulle nostre strade. Gli Stati membri hanno quindi buoni motivi per prendere in considerazione l’introduzione del servizio di chiamata di emergenza a bordo dei veicoli denominato eCall. Tuttavia, non vedo il motivo per cui il Parlamento europeo e le altre Istituzioni dell’UE debbano esortare gli Stati membri a firmare il memorandum d’intesa su eCall. Gli Stati membri devono adottare posizioni in materia senza ascoltare sermoni politici dalle Istituzioni europee. L’introduzione di eCall comporta costi e un’armonizzazione tecnica. Spetta ai singoli Stati membri decidere quali misure di sicurezza stradale siano più importanti e realistiche e meritino priorità. Per tale motivo ho scelto di votare contro la presente relazione.
David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Questa relazione introduce un nuovo sistema in base a cui, mediante l’uso della tecnologia digitale e satellitare, i servizi di emergenza vengono contattati direttamente “durante l’impatto” in un incidente stradale. Il nuovo sistema dovrebbe essere installato su tutte le nuove automobili a partire dal 2009, salvando ben 2 500 vite all’anno in tutta Europa.
Un sensore posizionato all’interno dell’automobile è attivato dall’impatto di una collisione e invia informazioni sull’ubicazione, la velocità e il proprietario del veicolo alla stazione di polizia, alla caserma dei vigili del fuoco e al centro di soccorso medico più vicini usando il numero di emergenza paneuropeo 112.
Accolgo con favore questa relazione perché salverà quelle centinaia di vittime di incidenti stradali che si trovano intrappolate nell’abitacolo senza riuscire a raggiungere il cellulare a causa delle ferite. Anche se il sistema per automobili “intelligenti” costerà 4 miliardi di euro, permetterà di risparmiare 26 miliardi di euro in tutta Europa in termini di costi legati a incidenti e ingorghi stradali.
Secondo la Commissione, questo sistema potrebbe ridurre di ben il 15 per cento il numero degli incidenti mortali sulle strade.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato contro la relazione dell’onorevole Manolis Mavrommatis (A6-0074/2006) sulla promozione del multilinguismo e dell’apprendimento delle lingue nell’Unione perché, in un’Europa fondata sulla coesistenza tra i popoli, è d’importanza fondamentale che i cittadini dispongano delle competenze necessarie per poter comunicare efficacemente tra loro, consolidando così la mobilità nell’Unione. E’ ingiusto conferire ad alcune lingue uno status privilegiato senza prendere in considerazione altri fattori.
La creazione di una società “multilingue” in cui ogni cittadino abbia la possibilità di imparare almeno due lingue oltre a quella materna contribuirà a favorire l’instaurazione di legami più stretti tra i cittadini dei diversi Stati membri dell’UE. E’ altresì importante, tuttavia, che ciò non avvenga a scapito delle lingue nazionali.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo votato contro perché il multilinguismo non è considerato in tutte le sue applicazioni pratiche. Stanno per essere compiuti passi che possono portare alla creazione di un elenco per selezionare le lingue da utilizzare. E’ deplorevole che siano state respinte le proposte intese ad allargare il ventaglio delle lingue, includendo quelle degli immigrati.
Per citare la Commissione: “Le istituzioni UE devono trovare un equilibrio tra i costi e i vantaggi di essere multilingui”.
Quest’affermazione fa seguito a diversi e ripetuti esempi di discriminazione relativi all’uso, alla traduzione e all’interpretariato delle lingue ufficiali dell’UE, nonché al licenziamento di dozzine di professori che lavoravano nei servizi della Commissione, e serve ad aumentare le nostre preoccupazioni riguardo alla necessità di incoraggiare il multilinguismo in quanto valore culturale dell’UE.
Perciò siamo favorevoli a un accordo interistituzionale che rimandi a un quadro giuridico scritto per il regime linguistico dell’UE. Un accordo di questo tipo deve rispettare la diversità culturale e linguistica, perché la lingua è l’espressione più diretta della cultura. Deve inoltre garantire la parità di trattamento per tutte le lingue ufficiali, in modo da porre fine alla distinzione proposta tra “lingue ufficiali” e “lingue di lavoro” che è servita a discriminare alcune lingue come il portoghese.
Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La Lista di giugno ha precedentemente fatto presente in quest’Aula – e ora lo fa un’altra volta – che gli Stati membri sono i soli responsabili dell’organizzazione dell’insegnamento e del contenuto dei sistemi di istruzione. In entrambe le risoluzioni attualmente in esame, il Parlamento europeo sta cercando spudoratamente di immischiarsi nell’insegnamento delle lingue e nell’adeguamento dei sistemi di istruzione, per esempio, alle nuove tecnologie e alle tecniche digitali. Pertanto voterò contro entrambe le risoluzioni.
Tuttavia apprezzo che gli Stati membri possano avvertire la necessità di discutere tra loro alcune questioni come, per esempio, le conseguenze della transizione dalla radiodiffusione analogica a quella digitale. Nelle sue proposte, però, il Parlamento europeo sta andando, come al solito, troppo in là con le sue ambizioni di allargamento dell’area politica a livello comunitario nell’ambito di tutte le tematiche possibili. Credo che il Consiglio dei ministri sia la sede più indicata per scoprire fino a che punto si debba arrivare in termini di cooperazione nel predetto settore.
Jean-Claude Martinez (NI), per iscritto. – (FR) E’ un’ottima cosa reagire all’uniformazione linguistica dell’Europa – con l’inglese come zuppa fonetica popolare – ricorrendo a un tipo di multilinguismo che l’Unione stessa farebbe bene a praticare.
I francesi, che sentono Jean-Claude Trichet parlare in inglese nel Parlamento europeo, e i tedeschi che, nonostante rappresentino il 30 per cento della popolazione comunitaria, vedono la quota riservata alla loro lingua ridotta al 14 per cento del mercato linguistico europeo, non possono che approvare la consacrazione del multilinguismo. Non spetta all’Europa contribuire alla distruzione della biodiversità linguistica.
Da questo punto di vista, i catalani fanno osservazioni sensate. La lingua catalana che, con più di 15 milioni di parlanti, ha una diffusione superiore al finnico, al danese, al lettone o persino all’olandese, non può essere trascurata nel Parlamento europeo.
Il catalano, l’occitano o il bretone rappresentano le radici dell’albero culturale francese, e si potrebbe dire altrettanto per l’albero dell’identità spagnola. Di fronte ai venti della globalizzazione anglosassone, questi alberi nazionali hanno bisogno di tutte le loro profonde radici culturali per restare in piedi.
Infatti, se non fosse per il fatto che il multilinguismo è una necessità, nel volgere di pochi anni noi, i deputati francesi al Parlamento europeo, chiederemmo per la nostra minoranza il diritto di parlare la nostra lingua regionale.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La relazione Mavrommatis riguarda uno dei fattori decisivi nel successo dell’insegnamento e della formazione dei cittadini comunitari, ovvero le competenze linguistiche.
L’Europa del futuro ha bisogno di cittadini pronti a rispondere alle sfide della società basata sulla conoscenza, per cui è di vitale importanza che siano in grado di comunicare in almeno due lingue oltre che in quella materna.
Pertanto credo sia necessario adottare un indicatore di competenza linguistica per compensare l’attuale mancanza di dati verificabili sulle competenze linguistiche dei cittadini dell’Unione. Tuttavia è inaccettabile che certe lingue vengano privilegiate a scapito di altre, non ultima quella portoghese, che è parlata da 200 milioni di persone ed è la terza lingua dell’UE al mondo per numero di parlanti.
Oltre a questo indicatore linguistico, dalla relazione in esame emerge un indicatore politico preoccupante, ovvero quello di un’Europa più concentrata su se stessa che sul mondo che la circonda, e di un’Europa che valorizza le proprie lingue in base a criteri demografici interni, cosa che può andare benissimo per certuni, ma che è politicamente inaccettabile sulla base dei principi fondanti dell’Unione europea.
Per queste ragioni ho votato contro la relazione dell’onorevole Mavrommatis.
José Ribeiro e Castro (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’ampliamento delle conoscenze linguistiche comporta un valore aggiunto per gli individui e rappresenta uno strumento di vitale importanza per la comprensione reciproca fra paesi, comunità e culture. In altre parole, è essenziale per un’Europa che cerca l’unita nella diversità.
La mancanza di dati sulle conoscenze linguistiche dei cittadini implica la necessità di creare un sistema per mezzo del quale sia possibile valutare i progressi verso il conseguimento dell’obiettivo stabilito dal Consiglio europeo di Barcellona, ovvero trasformare i sistemi di istruzione e di formazione dell’Unione in un punto di riferimento di qualità a livello mondiale.
L’indicatore europeo di competenza linguistica potrebbe dimostrarsi uno strumento prezioso per raccogliere dati affidabili sulle competenze linguistiche degli europei, agevolando lo scambio delle buone pratiche e dando nuovo impulso all’insegnamento delle lingue.
Ritengo essenziale che una politica linguistica europea non rifletta l’idea di un’Europa di scarse vedute. A questo proposito, vorrei ribadire la necessità di introdurre in questo dibattito il concetto di una lingua europea di comunicazione universale. L’inglese, lo spagnolo, il portoghese e il francese, in quest’ordine, oltre che, in una certa misura, il tedesco e l’italiano, costituiscono veicoli speciali di comunicazione col resto del mondo e come tali meritano un appoggio e un incentivo preferenziali da parte dell’Unione europea.
7. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
8. Composizione del Parlamento: vedasi processo verbale
9. Richiesta di difesa dell’immunità parlamentare: vedasi processo verbale
10. Dichiarazione degli interessi finanziari: vedasi processo verbale
11. Decisioni concernenti taluni documenti: vedasi processo verbale
12. Trasmissione dei testi approvati nel corso della presente seduta: vedasi processo verbale
13. Calendario delle prossime sedute: vedasi processo verbale
14. Interruzione della sessione
Presidente. – Dichiaro interrotta la sessione del Parlamento europeo.