Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. – (SV) La Commissione propone di abolire i dazi doganali per talune varietà di riso non brillato di origine indiana e pakistana, un’evoluzione che riteniamo eccellente. Noi conservatori svedesi pertanto voteremo a favore della proposta.
Al contempo, si propone di mantenere in vigore dei contingenti per talune varietà di riso prodotte dagli Stati Uniti e dalla Tailandia, conformemente agli accordi conclusi dalla Commissione con i singoli paesi.
Riteniamo che tutti i dazi doganali sul riso dovrebbero essere eliminati, poiché essi vanno a scapito dell’industria esportatrice, dei consumatori nell’UE e dello sviluppo economico in generale.
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Il testo del regolamento del Consiglio (CE) n. 1785 deve essere emendato per incorporare le modifiche agli accordi per l’importazione di riso che derivano dagli accordi conclusi dalla Commissione con l’India (decisione del Consiglio 2004/617/CE dell’11 agosto 2004), il Pakistan (decisione del Consiglio 2005/476/CE del 21 giugno 2005) e la Tailandia (decisione del Consiglio 2055/953/CE del 20 dicembre 2005).
Tali accordi stabiliscono accordi doganali per le importazioni in base alla natura del prodotto e alle quantità importate, autorizzando la Commissione a derogare per un periodo transitorio al regolamento (CE) n. 1785/2003. Poiché la data di scadenza della deroga è il 20 giugno 2006, è urgentemente necessario modificare il testo del regolamento in vigore.
Pertanto approvo la proposta della Commissione e sostegno la relazione Daul.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Abbiamo votato contro la relazione. Riteniamo che, in linea di principio, il commercio di riso dovrebbe essere liberalizzato per ridurre la spesa domestica di consumatori.
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) In generale sono favorevole all’approvazione del documento in votazione.
Il fallimento dell’accordo di pesca tra UE e Angola era inevitabile, visti gli obblighi introdotti quando è entrato in vigore il nuovo quadro giuridico in Angola, che sono contrari ai principi dell’UE in materia di accordi di pesca con i paesi terzi.
Sono favorevole all’idea di rendere più flessibile l’attuale Strumento finanziario per l’orientamento della pesca e appoggio le deroghe contenute nella proposta. Tuttavia, ritengo anche che, nel rispetto della reciprocità, l’UE dovrebbe tenere presente le attività di pesca degli armatori comunitari che dovrebbero beneficiare di tali misure.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La proposta della Commissione differisce dalla maggioranza delle proposte sugli accordi di pesca con i paesi terzi perché, invece di prorogare l’accordo o di introdurre un nuovo protocollo, l’UE annulla gli accordi di pesca in vigore con l’Angola. Il movimento “Lista di giugno” vota con coerenza contro le proroghe degli accordi di pesca e quindi accoglie favorevolmente l’abrogazione dell’accordo in parola. Pertanto abbiamo votato a favore della relazione.
L’accordo è stato abrogato in ragione delle posizioni assunte dalla Commissione in merito alla legislazione dell’Angola in materia di risorse biologiche acquatiche. Il relatore si rammarica che la Comunità e le autorità angolane non siano riuscite a trovare un accordo. A noi, invece, rincresce che l’UE intenda comunque concludere nuovi accordi di pesca distruttivi e prorogare quelli esistenti.
La Commissione e il Parlamento europeo non si rendono conto che gli accordi di pesca con i paesi terzi hanno ripercussioni dannose sulle popolazioni dei paesi in questione. Pertanto abbiamo una visione alquanto diversa rispetto al relatore in merito all’approccio da adottare nei confronti degli accordi di pesca dell’UE con i paesi terzi.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Oltre alla perdita di opportunità di pesca, di posti di lavoro e di valore aggiunto associato alle attività di pesca, la denuncia dell’accordo significherà che i pescherecci che dipendono dalla pesca al largo delle coste angolane dovranno essere riconvertiti.
Per quanto tale denuncia possa essere motivo di rammarico, dobbiamo esperire altre possibilità praticabili affinché i pescherecci in questione possano operare in altre zone o in virtù di altri accordi di pesca. Occorre negoziare nuove opportunità di pesca o opportunità già esistenti ma inutilizzate. In alternativa i pescherecci in Angola potrebbero rimanere se creassero delle “joint ventures”, il che consentirebbe di mantenere posti di lavoro ed evitare la demolizione dei pescherecci.
Pertanto è necessario adottare misure per facilitare la conversione di tali pescherecci, ad esempio esentandoli dal rimborso degli aiuti per la costruzione o la modernizzazione ottenuti nei precedenti dieci anni, e degli aiuti per il fermo temporaneo a titolo dello Strumento finanziario per l’orientamento della pesca.
Le imprese miste o altre forme di joint venture con un paese terzo dovrebbero basarsi su autentici progetti di cooperazione reciprocamente vantaggiosi. Non si dovrebbe incoraggiare la delocalizzazione della flotta e dell’industria della pesca dai paesi comunitari, con la perdita di posti di lavoro e di attività economiche che comporta, a monte e a valle.
Othmar Karas (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, la relazione sul luogo in cui avviene la prestazione di servizi si occupa della questione dell’imposizione fiscale sui servizi resi a persone non soggetti passivi. Si tratta del seguito di una relazione presentata ormai tre anni or sono dalla Commissione sulla modifica del regolamento relativo alla tassazione dei servizi resi a soggetti passivi, e riguarda dunque il settore del business-to-business (B2B).
Il Parlamento non ha presentato emendamenti sostanziali per vari motivi. Primo, perché la proposta della Commissione costituisce un quadro coerente in rapporto alle modifiche già presentate tre anni fa alla sesta direttiva sull’IVA. Secondo: con questo quadro si trova un giusto compromesso tra tassazione sul luogo del consumo e possibilità per le imprese europee di gestire tale tassa. Terzo: la proposta è un passo importante verso una riforma del sistema europeo dell’IVA in una panoramica mutata. Quarto: speriamo che il Consiglio adotterà il regolamento unitamente alla proposta di istituzione di uno “sportello unico” per le imprese, perché in questo modo sarà possibile ridurre gli oneri burocratici per le imprese europee.
Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Dopo l’episodio inglorioso della direttiva sui servizi, il nuovo attacco al principio del paese d’origine, in questo caso nel contesto dell’IVA applicabile alle prestazioni di servizi, sarebbe un ulteriore passo nella direzione sbagliata. Se le idee ventilate nella relazione Karas si dovessero concretizzare, le ripercussioni sarebbero negative e pericolose, perché la Commissione e un buon numero di paesi in sede di Consiglio vogliono che il luogo di consumo sia il fattore determinante per la prestazione di servizi e non più il luogo in cui il servizio è prestato, come invece avviene oggi. Abbandonare il principio del paese d’origine creerebbe un sistema complesso, burocratico, incontrollabile e di conseguenza impraticabile.
Prendere in considerazione il luogo di consumo va contro i principi che fino a qualche tempo fa disciplinavano il sistema dell’IVA applicabile a livello comunitario. Gli Stati membri hanno bisogno di stabilità e di prevedibilità per poter gestire le finanze pubbliche. Poiché la legislazione comunitaria in materia di commercio elettronico, ad esempio, è stata emanata molto di recente, non è ragionevole proporre di rivoluzionarla.
Per questi motivi ho votato contro la relazione Karas.
Esko Seppänen (GUE/NGL). – (FI) Signor Presidente, i funzionari di polizia Michaelis e Proske sostengono che l’onorevole Pflüger li abbia apostrofati con l’epiteto “testa di cazzo”, o “Arschkopf”, in occasione di una manifestazione a Monaco. L’onorevole Pflüger afferma che tale termine non rientra assolutamente nel suo vocabolario. Di conseguenza mi sento di affermare che i poliziotti Michaelis e Proske sono delle vere teste di cazzo – Arschköpfe – se sostengono che il nostro collega si sia espresso in tali termini. Per tale motivo ho votato contro la relazione.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La decisione adottata dalla maggioranza del Parlamento di revocare l’immunità parlamentare dell’onorevole Pflüger, deputato al Parlamento europeo del partito del socialismo democratico tedesco (PDS) e membro del gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica è un fatto altamente significativo.
Si tratta di una decisione senza precedenti, eminentemente politica, che fissa un precedente allarmante, in quanto è la reazione alla partecipazione da parte dell’onorevole Pflüger ad una manifestazione sulla cosiddetta “Conferenza per la sicurezza di Monaco di Baviera”, che si svolge ogni anno nella cittadina tedesca.
E’ la quarta volta che l’onorevole Pflüger è accusato di fatti legati alla sua partecipazione a tale manifestazione. Nel 1999 il tribunale di Monaco ritirò le sue allegazioni. Nel 2003 il processo fu annullato. Nel 2004 la polizia arrivò persino a presentargli delle scuse formali. Il caso in oggetto riguarda il 2005, quando l’onorevole Pflüger ha partecipato a una manifestazione per la prima volta in qualità di europarlamentare.
La richiesta di revoca dell’immunità parlamentare è stata trasmessa dal ministero della Giustizia della Repubblica federale tedesca. Successivamente il Parlamento ha accolto tale richiesta tramite la proposta presentata dall’onorevole Speroni della Lega Nord. Dalla lettura della relazione della commissione giuridica si evince quanto sia incomprensibile e allarmante tale decisione.
Richard Seeber (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, accolgo in linea di massima il compromesso sul quale abbiamo votato oggi, ma non dimentichiamo che la principale responsabilità di affrontare il problema dell’obesità, soprattutto infantile, spetta allo Stato. Naturalmente è necessario che il consumatore sia maturo e informato, cosicché possa effettuare una scelta corretta, ciononostante non dobbiamo rifugiarci nell’ansia di regolamentare tutto a livello europeo, caricando le imprese di oneri che non sono in grado di sostenere. Dunque diciamo “sì” all’informazione, ma anche lo Stato dovrebbe adottare misure per affrontare in modo razionale il problema dell’obesità.
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, certamente è compito della cosiddetta Unione europea intraprendere iniziative contro la diffusione delle malattie strettamente collegate all’alimentazione. Tuttavia, credo che l’Unione europea, di fronte allo scetticismo dichiarato degli europei nei riguardi dell’ingegneria genetica e al recente pronunciamento dell’OMC, dovrebbe richiedere l’effettuazione di studi sui danni per la salute a medio e lungo termine comportati dagli alimenti geneticamente modificati, affinché finalmente la gente abbia qualche lume in più al riguardo.
In tale contesto non dobbiamo dimenticare la contaminazione radioattiva di certi alimenti, che persiste tuttora, vent’anni dopo Chernobyl, i cui effetti non sono stati ancora esaminati in modo sufficiente.
Jan Andersson, Anna Hedh, Ewa Hedkvist Petersen, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. – (SV) I socialdemocratici svedesi idealmente avrebbero gradito che il Parlamento sostenesse le proposte più severe contenute sia nella proposta originaria della Commissione sia nella posizione comune del Consiglio. Tuttavia, non è stato possibile raggiungere un accordo che contenesse tali proposte.
Riteniamo che il compromesso raggiunto sia il miglior risultato possibile in questo momento. Il compromesso rafforza in modo significativo la protezione dei consumatori e li agevola nell’effettuare scelte sane, se lo desiderano. Pertanto sosteniamo il compromesso e abbiamo votato a favore di tutti i suoi aspetti.
Gérard Deprez (ALDE), per iscritto. – (FR) Oggi, dopo una vera e propria battaglia, siamo riusciti a raggiungere un accordo tra Parlamento e Consiglio per regolamentare le indicazioni sui prodotti alimentari e questo risultato, del tutto inaspettato, lo abbiamo ottenuto in seconda lettura.
Me ne rallegro.
Il testo posto in votazione persegue, quantomeno, un duplice obiettivo: evitare pubblicità o indicazioni abusive e prevenire l’obesità.
L’adozione del testo in esame è un risultato tangibile: dimostra ai cittadini europei, che sembrano dubitare sempre di più dell’utilità del progetto che portiamo avanti costruendo l’Europa, che il nostro continente progredisce giorno dopo giorno e produce regole concrete che migliorano la loro vita quotidiana – nella fattispecie la capacità di scegliere con cognizione di causa cosa mangiano. In definitiva, è la prova che l’Europa serve a qualcosa.
Un’etichettatura adeguata, infatti, è indispensabile ai consumatori e, personalmente, mi rallegro che d’ora in poi, l’etichettatura di un prodotto “povero di grassi”, ma anche “ricco di zuccheri” dovrà recare entrambe le indicazioni sullo stesso lato e con la medesima visibilità.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione adottata oggi rappresenta un miglioramento rispetto al testo approvato in prima lettura, in quanto rende più severe le condizioni per l’utilizzo di indicazioni nutrizionali e sulla salute. Una dieta varia ed equilibrata è il presupposto per una buona salute e i singoli prodotti assunti separatamente sono meno incisivi della dieta nel suo complesso.
Tuttavia, le indicazioni nutrizionali e sulla salute devono essere corroborate scientificamente alla luce dei dati scientifici disponibili e dei test svolti, punti che rientravano nelle proposte adottate e alle quali il nostro gruppo aveva dato il proprio appoggio. Ci rammarichiamo pertanto che sia stato approvato un emendamento speciale sui profili nutrizionali.
Per quanto sia inferiore alle nostre aspettative su determinati aspetti, il compromesso approvato offre una certa protezione e informazione dei consumatori e si propone di salvaguardare i diritti delle PMI.
Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. – (SV) Dichiarazione di voto sulla relazione dell’onorevole Poli Bortone su un progetto di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari.
Il progetto di regolamento della Commissione relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute si basa su una serie di premesse in merito alle quali nutriamo dei dubbi: si presume non soltanto che esista una verità assoluta in merito a ciò che è sano e che i messaggi di vendita e pubblicitari siano dannosi e dovrebbero essere regolamentati, ma anche che le abitudini alimentari possano essere controllate tramite decisioni politiche. Infine si presuppone che l’UE abbia un compito politico in tale ambito.
Nessuno di questi assunti è valido. Non esiste una verità assoluta su cosa è dannoso o salutare. Si fanno nuove scoperte, si riesaminano vecchie verità e perciò è assolutamente fuori luogo avvalersi di decisioni politiche per costringere la gente a comportarsi in una data maniera. Le decisioni politiche non possono né garantire che la gente segua una dieta equilibrata, né determinare quanto siano sani o meno singoli prodotti in una data situazione individuale. Ogni persona deve assumersi la responsabilità della dieta da seguire sulla base delle proprie convinzioni. I prodotti basati su nuove scoperte devono avere la possibilità di trovare spazi nel mercato per competere con quelli esistenti.
Attualmente non esiste la possibilità di votare contro la proposta della Commissione. Pertanto abbiamo scelto di votare a favore della proposta del Parlamento europeo, che è meno prescrittiva rispetto a quella della Commissione e alla posizione del Consiglio.
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’obiettivo della proposta della Commissione è colmare le lacune e proporre una strategia europea per i prossimi anni relativamente all’informazione dei consumatori sui prodotti alimentari che consumano.
Un’informazione più chiara, più accurata e concisa potrebbe aiutare i consumatori ad alleviare problemi come le malattie cardiovascolari e l’obesità.
Gli emendamenti di compromesso adottati hanno migliorato sostanzialmente la proposta iniziale che mi era parsa inadeguata e poco circostanziata.
L’inclusione dei prodotti importati, la particolare attenzione ai prodotti destinati ai bambini, l’accesso facilitato per le PMI, l’esclusione di prodotti freschi venduti sfusi e il divieto di indicazioni sulla salute per le bevande alcoliche (volume alcolico superiore a 1,2 per cento) renderanno la direttiva più severa e più completa.
Sostengo la proposta della Commissione e la relazione Poli Bortone.
Christa Klaß (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Nonostante le lunghe discussioni e un’intensa opera di persuasione, non siamo riusciti a ritrovare il contatto con la realtà. Il fattore determinante non è la composizione di un dato alimento, bensì il quadro globale dell’interazione di un’alimentazione sana ed equilibrata, adeguata alla persona nella sua specifica situazione in termini di attività, età e sesso.
Qualunque profilo dovrebbe tenere conto di tutti questi fattori, poiché però essi mutano in continuazione, dobbiamo riconoscere che non esiste un profilo nutrizionale, bensì soltanto la strada della formazione e dell’educazione. Le donne della campagna tedesca chiamano questo processo “imparare a gestire la vita di ogni giorno”, e i canali migliori per trasmetterlo sono soprattutto la famiglia, la scuola e l’istruzione di base. Spero, inoltre, che la riflessione in corso su un’etichettatura modello “semaforo” sia solo una battuta di spirito.
Chissà cosa può, però, venire in mente a certe persone tanto “geniali”. Un esempio dell’approccio irrealistico è che le bevande con un contenuto alcolico superiore all’1,2 per cento in volume, come il vino, non devono recare alcuna menzione. Da un lato, si impongono profili scientifici, dall’altro, si nega la diffusione delle conoscenze scientifiche.
Inoltre il vino è già disciplinato da regolamenti UE e queste norme devono valere anche nel caso di specie. E’ vero che le nostre discussioni sono state molto articolate, ma, come attesta il compromesso, evidentemente non abbastanza. Ho appoggiato gli emendamenti nella speranza di rendere accettabile questo misero compromesso.
Marie-Noëlle Lienemann (PSE), per iscritto. – (FR) Pur avendo votato a favore del testo di compromesso sulla direttiva concernente le indicazioni nutrizionali e sulla salute, che contiene alcuni progressi – in particolare l’articolo 4 che rende necessario effettuare un’analisi scientifica prima di aggiungere qualunque indicazione sulla salute – ho votato contro tutti gli emendamenti (nn. 90, 66 e 17) che presentano dei rischi reali per la salute pubblica. Sarebbe pericoloso mantenere indicazioni sui prodotti alimentari che, essendo parziali, potrebbero indurre in errore il consumatore.
Dunque non è accettabile mettere in evidenza su un prodotto la menzione “senza zucchero”, laddove il prodotto in questione risulta avere un elevato tenore di materie grasse.
L’obesità continua a diffondersi in Europa e colpisce sempre di più i bambini. E’ fondamentale combattere questo flagello evitando di incoraggiare una iperalimentazione e smettendo di illudere i consumatori. Bisogna invece orientarli verso prodotti equilibrati.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Accolgo favorevolmente la relazione che dovrebbe portare ad un’etichettatura più onesta e più comprensibile degli alimenti. Dovrebbe inoltre rendere più difficile per le imprese pubblicizzare i propri prodotti in modo fuorviante.
Jean-Claude Martinez (NI), per iscritto. – (FR) E’ positivo voler controllare le indicazioni nutrizionali per evitare che i mercanti del colesterolo e del diabete vendano le loro bevande piene di zucchero e i loro alimenti zeppi di grassi spacciandoli per prodotti energetici grazie a indicazioni spropositate.
Tuttavia, voler includere il vino nello sforzo teso a promuovere la salute e a combattere l’obesità e l’alcolismo, come ha fatto ieri il Commissario, è inammissibile. Il vino non è affatto un alcol industriale, bensì una bevanda che nasce dalla fermentazione naturale delle uve fresche. Il vino, in Europa, non è dell’acqua addizionata di sostanze chimiche e aromi, come nelle Wineries, o supposte tali, della California o dell’Australia, ma un prodotto alimentare a base di uve fermentate.
Allora, bisogna poterlo affermare. Bisogna poter indicare quali sono gli apporti nutrizionali e i benefici sulla salute dovuti agli antiossidanti. Altrimenti, come si spiega che l’area geografica rivestita di vigneti coincide con l’area geografica culla della civiltà, mentre l’area geografica dei paesi nordici pro eugenetici e ossessionati dalla salute è anche quella delle ubriacature, degli skinhead, delle depressioni cicliche, dove non si è realizzato alcun miracolo culturale degno di nota?
Linda McAvan (PSE), per iscritto. – (EN) I deputati laburisti al Parlamento europeo oggi accolgono con favore l’accordo sull’etichettatura degli alimenti relativa alle indicazioni nutrizionali e sulla salute. Ci rendiamo conto che si tratta di un pacchetto di compromesso e vi sono alcuni elementi, particolarmente nell’emendamento n. 66, sui quali nutriamo delle perplessità. Avremmo preferito il testo della posizione comune, che non consentiva alcuna deroga. Tuttavia la nuova legge rappresenta un importante passo avanti nell’etichettatura degli alimenti per i consumatori e migliora il quadro normativo globale. E’ su questa base che abbiamo sostenuto il pacchetto di compromesso.
Angelika Niebler (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Sono contraria al regolamento relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute nella versione approvata dagli Stati membri.
Il regolamento prevede che in futuro per ogni alimento siano fissati profili nutrizionali. Inoltre potranno essere pubblicizzati alimenti con indicazioni nutrizionali e sulla salute soltanto previa verifica di tali indicazioni mediante una procedura europea unitaria.
Queste norme, che devono combattere abitudini alimentari sbagliate, tuttavia impongono elevati oneri tecnici e burocratici ai produttori di alimenti, senza affrontare il problema alla radice. L’obesità non si può combattere in modo efficace a colpi di decreti, ma soltanto cercando di modificare le abitudini alimentari e lo stile di vita. A questo scopo bisognerebbe trascorrere meno tempo davanti al televisore e al computer e fare più movimento.
Nel complesso, inoltre, il regolamento tratta il consumatore come se non avesse alcun arbitrio e alla fine non gli riconosce nessuna capacità di prendere decisioni autonome.
E’ opinabile anche che la procedura uniforme di autorizzazione per le indicazioni sulla salute sia affidata all’Autorità alimentare europea, un mostro burocratico inutile, che grava soprattutto sulle nostre piccole e medie imprese. Le grandi imprese possono più facilmente farsi carico dell’onere supplementare per la notifica, mentre questi costi supplementari mettono a repentaglio l’esistenza delle piccole e medie imprese.
Questa legge vanifica tutti gli sforzi volti a ridurre la burocrazia e le proposte intese a “legiferare meglio”.
Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) Ho avuto occasione di esprimere il mio punto di vista ieri sera nella discussione sulla relazione Poli Bortone. Vorrei tuttavia chiarire il motivo del mio voto sull’emendamento n. 66, la famosa clausola d’informazione.
Sono assolutamente contraria a rimettere in causa l’articolo 4 e il profilo nutrizionale. Questo compromesso rappresenta a mio avviso la peggiore delle ipocrisie: si autorizza un’indicazione nutrizionale per gli alimenti ricchi di zuccheri, sali o grassi a condizione di menzionare il tenore elevato di queste sostanze. Per dirla senza troppi giri di parole: si legalizza la menzogna.
Un esempio: i lecca-lecca “senza grassi” possono tranquillamente essere etichettati in questo modo, anche se sono “zucchero allo stato puro”. Tanto peggio per la carie dei bambini.
Se mi sono astenuta, nonostante questo, è per gli altri elementi contenuti nella relazione. Innanzi tutto, abbiamo percorso un lungo cammino, dal voto in prima lettura che ha sotterrato il profilo nutrizionale. Inoltre sono state eliminate numerose incertezze, segnatamente per le PMI. Rimane altresì il divieto delle indicazioni sulla salute per i prodotti a base di alcol. Infine sono convinta che non otterremo di meglio dopo una conciliazione lunga e costosa. Accettare i compromessi fa parte della politica..
Karin Scheele (PSE), per iscritto. – (DE) Da quando la Commissione ha presentato la proposta, questo tema è molto controverso e già in prima lettura sono emerse in seno al Parlamento europeo maggioranze molto risicate. Io faccio parte di quella minoranza che dall’inizio della discussione appoggia l’ottima proposta della Commissione. Anche la posizione comune è molto buona e il compromesso che a questo punto sarà raggiunto in seconda lettura riguardo ai valori nutrizionali, è il minimo comune denominatore sostenibile.
Kathy Sinnott (IND/DEM), per iscritto. – (EN) Il Parlamento ha votato per eliminare le indicazioni infondate sugli alimenti e sulle bevande, specialmente nei prodotti destinati ai bambini.
L’UE era preoccupata, ad esempio, dell’esistenza della possibilità di pubblicizzare come “povero di grassi” un alimento con un tenore elevato di zucchero o sale, oppure come “povero di sali” un prodotto con un tenore elevato di qualche altra sostanza.
L’obiettivo è la pubblicità veritiera. In un mondo ideale dovrebbe essere possibile, ma il problema è che i produttori devono dimostrare le indicazioni sulla salute per il loro prodotto. La dimostrazione scientifica ai sensi della normativa implica test costosi, al di sopra delle possibilità economiche dei piccoli produttori.
Un altro problema è che i profili nutrizionali richiesti dal regolamento per tutti i produttori, pur rappresentando un passo nella giusta direzione, non saranno in grado di distinguere la qualità dei grassi, degli zuccheri e dei sali in un alimento o in una bevanda.
Il profilo nutrizionale non distinguerà tra grassi cattivi, che sono dannosi, e grassi buoni necessari per la salute e la crescita, e lo stesso vale per sali e zuccheri.
Per quanto mi riguarda, chiedo una lista completa di ingredienti e l’indicazione di qualunque processo in grado di danneggiare i nutrienti, come le irradiazioni, lo sbianchimento, la saturazione eccetera, a cui gli ingredienti siano stati esposti.
Maria Sornosa Martinez (PSE), per iscritto. – (ES) La delegazione socialista spagnola si congratula per l’approvazione di questa relazione che permetterà di conciliare diversi requisiti di protezione della salute e di corretta informazione al consumatore con l’obiettivo di evitare oneri eccessivi per l’industria.
Tuttavia, desideriamo segnalare che avremmo voluto votare a favore dell’emendamento n. 49, che alla fine è decaduto, in quanto la delegazione socialista spagnola lo considera di importanza cruciale, per il significato che riveste in relazione alle bevande fermentate di origine agricola (birra e vino) e all’uso alimentare in un paese come la Spagna.
Marc Tarabella (PSE), per iscritto. – (FR) La relazione che abbiamo votato in seconda lettura rappresenta dei progressi in termini di salute, ma alcuni emendamenti costituiscono un vero e proprio passo indietro.
E’ chiaramente il caso degli emendamenti nn. 17, 66 e 90, che mirano non soltanto a legalizzare prodotti ricchi di materie grasse, zucchero o sale, ma autorizzano anche indicazioni ingannevoli per i consumatori.
Mi duole che gli emendamenti di cui sopra, che minano in modo significativo il valore del documento, siano stati approvati e mi dispiace che siano stati oggetto di un compromesso che reputo senz’altro dubbio.
Marianne Thyssen (PPE-DE), per iscritto. – (NL) La mia prima telefonata in assoluto da neodeputata alla Commissione riguardava una proposta per la preparazione di una normativa europea in materia di indicazioni nutrizionali e sulla salute. Parliamo di quattordici anni fa. Già allora ci si rendeva conto che era necessario un intervento legislativo a livello comunitario e dunque l’accordo su un testo giuridico specifico tanti anni dopo non è certo arrivato troppo presto.
Si può andare fieri del risultato, in quanto trova un giusto equilibrio tra l’interesse del consumatore e il diritto alla protezione e all’informazione sanitaria, da un lato, e la richiesta di non imporre un onere eccessivo all’industria, dall’altro.
La soluzione sui profili nutrizionali e sulla procedura di notifica dimostra che siamo giunti alla conclusione in modo maturo.
Di conseguenza tale risultato riceve il mio incondizionato sostegno.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo votato a favore delle proposte di compromesso in seconda lettura, perché riteniamo importante che vi sia un elevato livello di protezione rispetto all’aggiunta di vitamine, minerali e altre sostanze agli alimenti per i quali dobbiamo garantire che non rappresentino un pericolo per la salute pubblica.
Nel dicembre 2005 il Consiglio non ha incluso, nella posizione comune approvata, alcuni emendamenti importanti che il Parlamento ha adottato nel maggio scorso. Pertanto riteniamo importante includere ancora una volta la biodisponibilità di vitamine e minerali, nel senso che la sostanza è disponibile per essere assorbita dall’organismo. Diversamente i consumatori saranno tratti in inganno e potrebbero addirittura mettere a repentaglio la propria salute.
Inoltre devono essere fissate le quantità massime sicure di vitamine e minerali e le informazioni per i consumatori devono essere comprensibili e utili.
Ci rammarichiamo che non siano stati approvati altri emendamenti positivi, ma speriamo che quanto meno siano presi in considerazione dal Consiglio.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. – (DE) Approvo la direttiva sull’aggiunta di vitamine e minerali e di talune altre sostanze agli alimenti.
Sono dell’opinione che sia estremamente importante armonizzare le diverse normative nazionali in materia di aggiunta di vitamine e minerali e di talune altre sostanze agli alimenti. Le lunghe discussioni hanno dimostrato che gli Stati membri hanno pareri molto diversi, non soltanto in merito alla necessità di aggiungere tali sostanze nutritive per un’alimentazione equilibrata ma anche in funzione delle loro diverse tradizioni.
Anche se nella relazione si disciplina soltanto l’aggiunta deliberata di vitamine e integratori, è importante che in caso di aggiunta di vitamine e minerali l’unica intenzione perseguita dal produttore sia riconducibile a considerazioni nutrizionali e legate alla salute.
In riferimento alle cosiddette “altre sostanze” deve seguire una definizione e ai fini della tutela del consumatore è necessario anche redigere una lista negativa.
L’imperativo assoluto è e deve rimanere la tutela e l’informazione del consumatore, in quanto è il consumatore che nei casi dubbi subisce il danno, mentre il produttore guadagna.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Accolgo favorevolmente la relazione sulle misure intese a proteggere il settore dell’anguilla in Europa. Il cambiamento dei gusti e il crollo degli stock hanno trasformato quella che era una prelibatezza locale, stagionale e a basso costo in un prodotto di lusso, destinato quasi esclusivamente all’esportazione verso l’Estremo oriente. Il ciclo di vita delle anguille non è ancora stato adeguatamente compreso, con il suo alternarsi di sovrabbondanza e penuria in base a un andamento non pienamente compreso. Tuttavia, la riduzione dei livelli degli stock negli ultimi decenni sembra esulare dalla normale successione delle fluttuazioni. Questo settore, piccolo ma importante localmente, potrebbe scomparire se non si interviene. Sono a favore della restrizione alle attività di pesca, ma concordo con la Commissione sulla necessità di procedere ad un’investigazione, quando decadranno i divieti, in quanto la resa varia in funzione delle fasi lunari e non dei giorni di calendario. Sostengo anche i limiti alle esportazioni degli stock protetti, che, ne sono certo, l’OMC appoggerà, e l’aiuto finanziario da parte dell’UE per garantire l’accessibilità dei fiumi al passaggio delle anguille. Può darsi che la questione dovrà essere riesaminata in futuro, ma quantomeno finalmente stiamo facendo qualcosa.
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Accolgo favorevolmente la relazione, anche se ritengo che avrebbe dovuto porsi obiettivi più ambiziosi.
Innanzi tutto desidero porre in rilievo che esistono notevoli differenze tra i bacini fluviali dei diversi Stati membri dove vive questa specie. Di conseguenza sono necessarie strategie e misure diverse per garantire efficacemente la ricostituzione di questi stock.
Pertanto mi rallegro che sia stata lasciata agli Stati membri la facoltà di proporre propri piani di ricostituzione.
Ritengo altresì che l’UE debba sostenere le misure che ogni Stato membro ritiene appropriate per ripopolare i diversi bacini fluviali, il che include, ad esempio, la costruzione o l’adeguamento di meccanismi di superamento degli ostacoli lungo i fiumi.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) L’obiettivo principale della Commissione nel presentare questa proposta di regolamento per la ricostituzione degli stock di anguilla è l’elaborazione di piani di gestione nazionali per l’anguilla.
La proposta è tesa a garantire un tasso del 40 per cento per il passaggio in mare delle anguille argentate adulte da ogni bacino fluviale, un obiettivo difficile da raggiungere. La proposta inoltre considera alla stessa stregua tutti gli Stati membri, senza tenere conto delle loro peculiarità.
Il testo propone inoltre un divieto della pesca dell’anguilla nei primi 15 giorni del mese, il che è eccessivo e produrrebbe un impatto socioeconomico notevole. Tali misure devono essere attuate entro il luglio 2007, un arco di tempo relativamente breve.
In tal senso le proposte del Parlamento sono di gran lunga più equilibrate e correggono alcuni degli aspetti peggiori della proposta della Commissione, contribuendo così alla ricostituzione degli stock di anguilla.
La relazione sostituisce il divieto di pesca nella prima quindicina di ogni mese con una stagione in cui si dimezza lo sforzo di pesca. Aumenta inoltre l’obiettivo del 40 per cento per il tasso di passaggio in mare e accorda agli Stati membri la possibilità di operare soltanto nei bacini fluviali pertinenti. Inoltre la scadenza per l’entrata in vigore è stata prorogata al 2008. Tutto questo conferisce agli Stati membri maggiori poteri.
James Hugh Allister (NI), per iscritto. – (EN) Oggi ho votato contro l’Accordo di partenariato sulla pesca CE-Marocco perché sono deluso che tutti gli sforzi, che avrebbero potuto e dovuto essere diretti a tutelare la sovranità e i diritti del Sahara occidentale, si siano invece concentrati sul citato accordo. Al contrario prevale una voluta ambiguità atta a facilitare lo sfruttamento abusivo delle acque del Sahara occidentale da parte del Marocco e ad evitare di affrontare la questione dell’illegale rivendicazione marocchina sul citato territorio.
Jan Andersson, Anna Hedh, Ewa Hedkvist Petersen, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. – (SV) Oggi il Parlamento europeo ha votato a favore dell’accordo di pesca con il Marocco. Noi socialdemocratici abbiamo votato contro tale accordo. Riteniamo che l’accordo di pesca non dovrebbe riguardare il territorio del Sahara occidentale in quanto il Marocco lo occupa dal 1975.
Riteniamo che l’accordo sia contrario al diritto internazionale in quanto non garantisce che a beneficiarne sia la popolazione del Sahara occidentale visto che quest’ultima non ha nemmeno partecipato alla definizione dell’accordo di cui sopra.
Luis Manuel Capoulas Santos, Fausto Correia, Edite Estrela, Emanuel Jardim Fernandes, Elisa Ferreira, Manuel António dos Santos e Sérgio Sousa Pinto (PSE), per iscritto. – (PT) L’Accordo di partenariato sulla pesca tra la Comunità europea e il Marocco stabilisce i principi, le norme e le procedure che disciplinano la cooperazione economica, finanziaria, tecnica e scientifica nella “zona di pesca marocchina” (articolo 1).
L’articolo 2 bis definisce il termine “zona di pesca marocchina” come “le acque soggette alla sovranità o alla giurisdizione del Regno del Marocco”.
Il voto a favore dei deputati che hanno precedentemente sottoscritto la relazione si basa, ovviamente, sulla definizione di cui all’articolo 2.
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) In linea di massima sono d’accordo sull’approvazione del documento in esame.
Il nuovo accordo prevede una significativa riduzione delle licenze di pesca concesse agli Stati membri. Il numero dovrà diminuire da 500 a circa 100, con conseguente perdita di alcune specie importanti di pesce: i crostacei e i cefalopodi.
Ritengo in ogni caso importante che la flotta comunitaria, e in particolare quella portoghese, possa continuare a pescare in Marocco nell’ambito di un Accordo di partenariato.
In questo modo il superiore interesse della PCP nell’ambito della pesca internazionale viene salvaguardato, garantendo il rispetto di alcuni importanti impegni nell’ambito della gestione delle risorse alieutiche e della lotta alla pesca illegale.
Ana Maria Gomes (PSE), per iscritto. (PT) Avrei voluto votare a favore di un accordo di pesca tra la Comunità europea e il Marocco, ma sono costretta a votare contro quello proposto a causa del rifiuto degli emendamenti intesi ad escludere dall’ambito di applicazione dell’accordo stesso le acque e le risorse ittiche del Sahara occidentale, un territorio non autonomo ai sensi delle risoluzioni delle Nazioni Unite 1524 e 1541, occupato illegalmente dal Marocco fin dal 1974. Sono quindi del parere che l’accordo – e la relativa proposta legislativa della Commissione – violi il diritto internazionale.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) L’UE si appresta nuovamente a concludere un accordo di pesca con uno Stato africano. In diverse occasioni abbiamo sottolineato quanto tali accordi siano dannosi. I paesi che concludono simili accordi con l’UE vengono privati dell’opportunità di sviluppare settori della pesca autonomi efficienti. Il peggio è che, come già sottolineato sia dalle autorità svedesi che dalle organizzazioni ambientaliste, la flotta di pesca dell’UE è parzialmente responsabile dell’esaurimento degli stock ittici. Inoltre, i citati accordi hanno un costo elevato per i contribuenti degli Stati membri dell’UE. Tali importi equivalgono, di fatto, a contributi diretti al settore della pesca.
Questo accordo in particolare è particolarmente riprovevole in quanto il Marocco da diversi anni occupa il Sahara occidentale illegalmente secondo quanto stabilito dal Tribunale internazionale dell’Aia. Ciò significa, in ultima analisi, che il Marocco non ha alcun diritto sulle risorse naturali della zona, ivi incluse quelle ittiche.
Siglando un accordo di pesca con il Marocco, l’UE indirettamente darebbe il suo avallo a tale occupazione e alle continue violazioni dei diritti umani perpetrate dal Marocco nei confronti del Sahara occidentale.
Nella votazione odierna abbiamo votato contro la relazione.
Pedro Guerriero (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Siamo spiacenti per il rifiuto dei due emendamenti che, in conformità del diritto internazionale, prevedevano espressamente l’esclusione del Sahara occidentale dall’accordo di pesca oggi in esame limitandone l’applicazione alle acque a nord del parallelo 27°40’40’’.
Tale rifiuto è ancora più grave se consideriamo che alcuni Commissari responsabili dell’accordo e deputati di questo Parlamento ritengono, in contrasto con il diritto internazionale, che il Marocco possa esercitare un potere amministrativo de facto sul Sahara occidentale. L’esperienza di precedenti accordi ha tra l’altro dimostrato che alcuni porti nel Sahara occidentale sono stati sfruttati per catture e utilizzati senza che i diritti del popolo saharaui fossero tutelati.
Vorrei sottolineare, al pari del Fronte Polisario, che nel parere giuridico del 29 gennaio 2002 sul Sahara occidentale e le sue risorse naturali, le Nazioni Unite hanno ribadito la condanna dello sfruttamento e del saccheggio delle risorse naturali e di qualsiasi attività economica portata avanti a detrimento di quelle comunità nei territori colonizzati o non autonomi che sono private dei loro diritti sulle risorse naturali, giacché lo sfruttamento e il saccheggio illegali di cui sopra costituiscono una minaccia per l’integrità e la prosperità dei territori in questione.
Per questi motivi abbiamo votato contro.
Mary Honeyball (PSE), per iscritto. – (EN) La delegazione del partito laburista al Parlamento europeo è preoccupata per l’impatto che l’accordo di pesca proposto potrebbe avere sulla posizione del Sahara occidentale e per le possibilità di soluzione di questo conflitto che si trascina da lungo tempo.
Per tale ragione i deputati laburisti hanno dato il loro appoggio agli emendamenti che prevedono l’esclusione del Sahara occidentale dall’ambito di applicazione dell’accordo ed hanno votato contro l’accordo stesso quando tali emendamenti sono stati respinti.
Jamila Madeira (PSE), per iscritto. – (PT) A seguito della relazione sull’Accordo di partenariato tra l’UE e il Regno del Marocco in materia di risorse ittiche, vorrei votare per il regolamento migliore dal punto di vista della sostenibilità ambientale della regione. In questo senso l’accordo è fondamentale. Tuttavia, dal mio personale punto di vista, come da quello dell’UE, la questione dei diritti umani è altrettanto fondamentale. In una simile situazione, e su questioni come quelle in esame, è necessario far sempre prevalere le risoluzioni delle Nazioni Unite. E’ per me evidente che l’accordo si intende riferito solo ed esclusivamente a quelle zone e territori che non vivono una situazione di conflitto e per i quali non sussistano questioni legate alla sovranità, in quanto nessuno Stato dovrebbe essere autorizzato ad utilizzare risorse non soggette alla sua sovranità o giurisdizione, a detrimento dell’autodeterminazione di altri gruppi.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato contro l’accordo di pesca CE-Marocco perché il popolo del Sahara occidentale sta ancora subendo l’occupazione marocchina e non ha voce in capitolo relativamente all’accordo che consente la pesca nelle sue acque territoriali. Ritengo che il popolo saharaui dovrebbe avere dei diritti sulle proprie acque territoriali. L’accordo di pesca CE-Marocco non dovrebbe riguardare le acque del Sahara occidentale, appunto perché i suoi abitanti non hanno il diritto di votare a favore o contro l’accordo stesso. Non posso appoggiare un accordo commerciale che viola i diritti di altre comunità a decidere dell’utilizzo delle proprie risorse.
Claude Moraes (PSE), per iscritto. – (EN) Nel votare su questa relazione sono estremamente preoccupato per l’impatto che l’accordo di pesca proposto potrebbe avere sulla posizione del Sahara occidentale e sulle possibilità di soluzione di questo conflitto che si trascina da lungo tempo. E’ una campagna che io e alcuni cittadini londinesi della mia circoscrizione elettorale abbiamo portato avanti insieme sotto la guida dell’ONG britannica War on Want. Per tale ragione ho dato il mio appoggio agli emendamenti che prevedono l’esclusione del Sahara occidentale dalla sfera di applicazione dell’accordo ed ho votato contro l’accordo stesso quando tali emendamenti sono stati respinti.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) A proposito del voto odierno sono necessarie un paio di spiegazioni.
Prima di tutto vorrei parlare della questione del Sahara occidentale. Considerando che l’accordo in esame affronta la questione nella maniera tradizionale, vale a dire senza che siano presentati emendamenti alla posizione europea, e che i servizi giuridici della Commissione hanno stabilito la sua conformità alle norme di diritto internazionale, trovo inappropriato sollevare obiezioni circa la situazione del Sahara occidentale in questa sede.
Per quanto riguarda la reale questione da affrontare, va considerato positivo il fatto che sia stato finalmente raggiunto un accordo in merito, anche se non posso fare a meno di esprimere la mia delusione per un risultato finale non molto favorevole agli interessi portoghesi. Tutto sommato, tutti gli elementi fanno pensare che questa sia la soluzione migliore in quanto è una soluzione praticabile. Per questo ho votato a favore.
Karin Scheele (PSE), per iscritto. – (DE) L’assenza di riferimenti ai territori del Sahara occidentale occupati dal Marocco all’interno dell’accordo di pesca costituisce un messaggio politico importante in merito alla posizione del Parlamento europeo. In proposito ho presentato degli emendamenti, ma, poiché questi ultimi non sono stati adottati, ho votato contro la relazione.
Kathy Sinnott (IND/DEM), per iscritto. – (EN) Visto il rifiuto di tutti gli emendamenti che avrebbero impedito la pesca illegale europea nelle acque del Sahara occidentale ho votato contro la risoluzione in esame.
Mi preoccupa il fatto che l’accordo, senza emendamenti, possa consentire alle navi europee (ivi incluse quelle irlandesi) di pescare nelle acque del Sahara occidentale, un territorio illegalmente occupato dal Marocco. Dando applicazione all’accordo in questione, l’UE si appresta a violare il diritto internazionale contribuendo a prolungare un conflitto che ormai dura da trent’anni.
Il Tribunale internazionale e diverse risoluzioni delle Nazioni Unite hanno stabilito che il Sahara occidentale è l’ultima colonia africana e che il suo popolo ha diritto all’autodeterminazione. Al Marocco non è riconosciuto alcun potere amministrativo. E’ stato chiaramente stabilito che nessun altro paese ha diritto a sfruttare le risorse del Sahara occidentale senza il consenso del suo popolo.
Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Signor Presidente, la difficile situazione in cui versa la popolazione del Sahara occidentale non sarà certo migliorata dall’esportazione nel loro territorio, illegalmente occupato dal Marocco, delle nostre disastrose politiche in materia di pesca. Quello offerto dall’UE, solitamente garante dello Stato di diritto, è uno spettacolo indecoroso basato, in questo caso, sull’utilizzo di tecnicismi e parole evasive atti a giustificare la nostra complicità de facto con un’occupazione illegale. Ho votato contro questa scadente relazione e mi rincresce che il Parlamento l’abbia approvata.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione della collega, onorevole Monica Frassoni, sulle recenti relazioni della Commissione europea sul controllo dell’applicazione del diritto comunitario. Questa relazione era molto attesa, a seguito dell’accordo istituzionale del dicembre 2003. Noto con il titolo “Legiferare meglio”, l’accordo interistituzionale aveva l’obiettivo di ridurre il volume della legislazione comunitaria e al contempo di semplificarla e si proponeva di verificare che la legislazione fosse applicata in modo corretto ovunque, condizione necessaria per la creazione di uno spazio di giustizia. Dobbiamo purtroppo constatare che gli Stati membri non recepiscono in modo adeguato il diritto comunitario e, quel che è peggio, lo applicano male, godendo di un’impunità di cui la Commissione europea è complice. Occorre ricordare che sono gli Stati membri ad essere responsabili del controllo dell’applicazione del diritto comunitario. Chiunque può constatare come l’attuale sistema non funzioni e come contribuisca a creare una frattura tra, da una parte, la costruzione europea, e dall’altra, i cittadini europei, che subiscono tutti i giorni l’ingiustizia di questa situazione. Mi chiedo se non sia finalmente venuto il momento di costituire un organismo indipendente di audit con il compito di controllare l’applicazione del diritto comunitario negli Stati membri.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Quello che emerge dalle relazioni che sono state votate oggi è il costante aumento delle difficoltà a livello di applicazione del diritto comunitario e il moltiplicarsi dei casi deferiti alla Corte di giustizia delle Comunità europee.
Secondo la 21a relazione della Commissione, al 31 dicembre 2003 erano pendenti 3 927 casi di violazione, contro 2 270 nel 1999 e solo 124 nel 1978. Le ragioni sono legate in parte alla voluminosità del diritto comunitario, ma anche all’enorme quantità di sanzioni che la Commissione europea può imporre a qualsiasi Stato membro reticente ad applicare il diritto comunitario.
La questione dell’applicazione del diritto comunitario è di carattere precipuamente politico, e non giuridico o tecnocratico come pensa e sostiene qualcuno. In realtà, spesso il problema dei conflitti esistenti tra il potere europeo e le varie forme di sovranità nazionali viene nascosto. A questo riguardo, la recente sentenza – del 13 settembre 2005 – della Corte di giustizia delle Comunità europee che, per la prima volta e a prescindere da qualsiasi base giuridica, ha operato una sorta di comunitarizzazione del diritto penale è sintomatica dell’evoluzione di questa Istituzione. Si capisce allora la reticenza degli Stati membri ad applicare un diritto comunitario che non hanno scelto.
Sérgio Marques (PPE-DE), per iscritto. (PT) Il controllo dell’applicazione del diritto comunitario spetta alla Commissione, in quanto “custode dei Trattati”. La Commissione è informata dei casi di non conformità con i Trattati comunitari ed ammonisce e sanziona gli Stati membri responsabili.
Le relazioni annuali della Commissione sull’applicazione del diritto comunitario mettono in evidenza i progressi compiuti dagli Stati membri nel recepimento delle direttive, al fine di garantire un efficace controllo dell’applicazione della legge. Questo controllo non consiste solo in una valutazione del recepimento in termini quantitativi, ma anche in una valutazione della qualità del recepimento.
Per quanto riguarda l’obiettivo di migliorare la politica comunitaria, rendendola più trasparente, la Commissione ha affermato che intende ridurre il volume della legislazione ed eliminare gli atti legislativi poco efficaci, il che non è sinonimo di deregolamentazione.
Sono d’accordo con la relatrice quando afferma che i servizi della Commissione hanno bisogno di maggiori risorse umane e finanziarie, se vogliono accrescere la propria capacità di controllo delle infrazioni. Accolgo favorevolmente anche la creazione di punti di contatto in ogni Stato membro incaricati di occuparsi di recepimento, applicazione del diritto comunitario e coordinamento con i ministeri nazionali e gli enti regionali e locali.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. (PT) Nonostante l’eccezionale volume, e talvolta la dubbia utilità, della legislazione comunitaria, sia quella in vigore che quella in fase preparatoria, è possibile controllare sia la fase del recepimento che l’entrata in vigore dei nuovi atti legislativi.
Come afferma la relazione, il controllo dell’applicazione del diritto comunitario richiede alle Istituzioni comunitarie, e in particolare alla Commissione, moltissimo tempo. Tutto ciò è increscioso, poiché riduce l’efficienza del meccanismo e lo priva di virtù importanti quali la possibilità per gli Stati membri di onorare i propri obblighi entro i tempi previsti.
Un altro aspetto importante di questo processo è che il controllo rigoroso delle difficoltà in termini di recepimento/applicazione del diritto dovrebbe costituire un’opportunità per migliorare la qualità della legislazione comunitaria, soprattutto visto che tale processo è già in corso, come rileva la relazione.
José Ribeiro e Castro (PPE-DE), per iscritto. (PT) Tenuto conto del numero di casi in cui il recepimento del diritto comunitario nel diritto nazionale ha subito ritardi o non c’è stato per niente, il legislatore deve garantire che la sua applicazione sia controllata in modo adeguato, e, cosa ancora più importante, deve semplificarla e garantire il rispetto del principio di sussidiarietà.
Ritengo che l’applicazione del diritto comunitario rimarrà insufficiente fino a quando la legislazione comunitaria non sarà resa più chiara e comprensibile, e fino a quando l’acquis nel suo insieme non sarà più semplice da capire. Senza una buona legislazione comunitaria, sarà molto difficile applicare correttamente il diritto comunitario.
Accolgo con estremo favore la proposta del Presidente della Commissione volta a promuovere un’efficace iniziativa il cui scopo è la riduzione della legislazione e una maggiore efficienza normativa delle Istituzioni comunitarie. Talvolta meno è meglio.
Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Signor Presidente, mi congratulo con la collega del mio gruppo, onorevole Frassoni, per l’ottima relazione che, pur non essendo forse sulla bocca di tutti, affronta tuttavia un elemento cruciale della competenza dell’Unione. La relazione contiene numerose proposte ragionevoli volte a rendere la nostra legislazione più efficiente soprattutto in termini di impatto sui cittadini, argomento che, in questo periodo di crescente scetticismo nei confronti dei meccanismi dell’Unione europea, non riceve spesso sufficiente attenzione, e mi ha fatto piacere poterla sostenere oggi.
Francesco Enrico Speroni (IND/DEM). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore di questa relazione, pur esprimendo le mie perplessità in merito all’emendamento che fa riferimento al Trattato che adotta una Costituzione europea.
Tale Trattato infatti non è stato approvato, ma anzi è stato respinto con referendum popolari in Francia e in Olanda, con buona pace di Giorgio Napolitano, neoeletto Presidente della Repubblica italiana, il quale, nel suo discorso iniziale, ha perorato la causa di questo Trattato, dimenticandosi di essere al di sopra delle parti. Tale Trattato, infatti, è stato sì approvato dal Parlamento italiano ma non all’unanimità. Colui che si dichiara sopra le parti non dovrebbe appoggiare qualcosa che ha diviso il Parlamento italiano.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore dell’ottima relazione del mio collega, onorevole Doorn, su una proposta di risoluzione del Parlamento europeo relativa all’applicazione del principio di sussidiarietà. Il modo in cui è applicato il diritto comunitario è fonte permanente di frattura tra l’integrazione europea e i popoli. E’ pertanto urgente introdurre una coerenza, assolutamente imprescindibile, tra la legislazione comunitaria, il suo recepimento da parte degli Stati membri e la sua applicazione pratica. Qualsiasi atto legislativo superfluo dovrebbe essere abrogato e dovrebbero essere applicati correttamente gli atti legislativi necessari. Sono favorevole all’idea secondo cui il Parlamento europeo deve essere direttamente coinvolto nel controllo dell’applicazione del diritto comunitario da parte degli Stati membri.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. (PT) Di tutti i temi discussi in questa relazione, quello che merita maggiore attenzione è la valutazione dell’impatto della legislazione comunitaria.
Come ho già affermato in precedenza, nonostante una produzione legislativa costante e forse eccessiva, è possibile controllare con grande attenzione la produzione legislativa delle Istituzioni comunitarie e soprattutto il suo impatto. E’ un tema che dovrebbe essere sempre tra le priorità del nostro ordine del giorno.
In questo contesto, la sussidiarietà è un elemento estremamente pertinente e, nella sua forma più ampia, dovrebbe essere una delle pietre angolari della regolamentazione nell’Unione europea. Grazie alla sussidiarietà, è possibile soddisfare le necessità di ogni paese e mantenere stretti legami tra le autorità e i cittadini.
Ciò detto, questo principio è evidentemente inadeguato per molte situazioni che devono essere affrontate a livello comunitario. Ma anche questo è un aspetto fondamentale del principio. Desidero infine ricordare quanto sia importante riconoscere il ruolo dei parlamenti nazionali, un ruolo fondamentale per un buon risultato legislativo. Fatti comunque salvi gli altri elementi, sono questi i fattori fondamentali per una migliore regolamentazione.
José Ribeiro e Castro (PPE-DE), per iscritto. (PT) Come ho già detto in occasioni precedenti, oltre ad essere stato a lungo un requisito fondamentale, che dovrebbe essere messo in maggiore rilievo, il principio di sussidiarietà è una pietra angolare che permette di riconoscere i veri europeisti, quelli che sono leali, sia nelle parole che nelle azioni, al tema e al motto del progetto di Trattato costituzionale – “Uniti nella diversità”.
L’Unione europea deve privilegiare le decisioni prese al livello più vicino ai cittadini, deve valutare le nuove leggi che adotta e deve garantire che le leggi esistenti siano semplificate sulla base dell’intelligibilità, dell’adeguatezza e della proporzionalità.
Ritengo che l’Unione europea non potrà che avere dei vantaggi se deciderà di elaborare leggi in funzione della qualità piuttosto che della quantità, e se coinvolgerà adeguatamente nel processo i parlamenti nazionali, e qualsiasi altro soggetto interessato, che potranno così fare sentire la loro voce al momento opportuno e presentare proposte alternative.
Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Signor Presidente, mi congratulo con l’onorevole Doorn per questa relazione, in quanto ritengo che la sussidiarietà, se correttamente applicata, potrebbe rendere molto più trasparenti agli occhi dei cittadini i meccanismi dell’Unione europea. Sono scozzese e mi rattrista constatare che il parlamento scozzese, responsabile di così tanti ambiti e settori, sia tuttavia escluso dalle delibere dell’Unione europea in quanto la definizione di sussidiarietà troppo spesso si ferma nella capitale dello Stato membro. Credo che questa relazione rappresenti un passo avanti, ma noi nell’Unione europea abbiamo ancora non poco lavoro da svolgere.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione della mia collega, onorevole McCarthy, su una proposta di risoluzione del Parlamento europeo relativa all’attuazione, alle conseguenze e all’impatto della legislazione vigente in materia di mercato interno. Il modo in cui è applicato il diritto comunitario è una fonte permanente di frattura tra l’integrazione europea e i popoli. E’ pertanto urgente introdurre l’indispensabile coerenza tra il diritto comunitario, il suo recepimento da parte degli Stati membri e la sua applicazione pratica. Qualsiasi atto legislativo superfluo dovrebbe essere abrogato e dovrebbero essere applicati correttamente gli atti legislativi necessari. Sono favorevole all’idea secondo cui il Parlamento europeo debba essere direttamente coinvolto nel controllo dell’applicazione del diritto comunitario da parte degli Stati membri. Visti i problemi esistenti in materia di applicazione del diritto comunitario, mi chiedo anche se non sia venuto il momento di pensare alla costituzione di un organismo indipendente di audit. Tale organismo, direttamente collegato all’Unione europea, avrebbe il compito di controllare l’applicazione del diritto comunitario negli Stati membri, al fine di garantire il funzionamento corretto del mercato interno.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Una delle ragioni per cui le direttive e altri testi europei non sono applicati dagli Stati membri dell’Unione – ragione che, curiosamente, non viene citata in nessuna delle relazioni – è legata in particolare al modo in cui tali atti sono adottati. In effetti, la non applicazione è l’effetto perverso dell’estensione del voto a maggioranza qualificata al Consiglio: gli Stati che, in minoranza e per loro motivi interni, hanno rifiutato di adottare un testo, avranno naturalmente difficoltà ad applicarlo sul loro territorio.
Tutto questo crea evidentemente una vera e propria incertezza giuridica per tutte le istituzioni, i paesi e i popoli. Occorre pertanto privilegiare non solo una codificazione rapida del diritto comunitario in vigore, ma anche la definizione e la limitazione delle competenze dei vari organi dell’Unione, compresa la Corte di giustizia delle Comunità europee, che hanno prodotto un’enorme mole di testi legislativi. In questo modo, gli Stati membri non dovrebbero più patire gli effetti di un volume eccessivo di norme giuridiche o giurisprudenziali indebitamente vincolanti.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. (PT) L’iniziativa della Commissione “Legiferare meglio” è fondamentale per ottenere la fiducia dei cittadini, dei consumatori e delle imprese dell’Unione europea. La loro fiducia è legata alle esperienze che hanno avuto o alla loro percezione della legislazione comunitaria e all’impatto di quest’ultima sulla loro vita quotidiana. Conseguentemente, nel contesto del mercato interno, tutto questo si deve tradurre in una regolamentazione efficace e di alta qualità che non soffochi l’innovazione o generi inutili distorsioni o costi, in particolare per le PMI, gli enti pubblici o i gruppi di volontariato.
La nostra attività normativa dovrebbe pertanto contribuire a creare opportunità commerciali per le imprese, offrire ai consumatori e i cittadini più ampie possibilità di scelta e proteggere i diritti ambientali, sociali nonché i diritti dei consumatori. Se non ci muoviamo in tal senso, nuoteremo contro corrente, contro la strategia di Lisbona, contro la crescita e l’occupazione e contro il mercato interno.
Ho pertanto votato a favore della relazione McCarthy.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Siamo favorevoli all’abrogazione di atti legislativi comunitari non pertinenti ed obsoleti, al fine di semplificare il contesto normativo, perché le decisioni siano adeguate, chiare ed efficaci e non indeboliscano il principio di sussidiarietà. Ritengo che il principio di sussidiarietà debba essere messo in maggiore rilievo in questa relazione, affinché non ci siano dubbi sul suo rispetto durante tutto il processo.
Confidiamo tuttavia nel fatto che questo obiettivo non sia utilizzato per indebolire certi principi che tutelano i diritti fondamentali dei cittadini, ivi compresi i diritti sociali e dei lavoratori.
Siamo anche favorevoli ad un emendamento degli attuali accordi interistituzionali che disciplinano la qualità del diritto comunitario.
Abbiamo pertanto votato a favore della relazione, anche se abbiamo alcune riserve su certi punti e siamo del tutto contrari ad altri, a causa della loro formulazione ambigua, come è già stato sottolineato.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. (PT) In termini generali, accolgo con favore la relazione oggetto del dibattito e del nostro voto e la comunicazione della Commissione su cui si basa.
Il tentativo di analizzare e rivedere il quadro legislativo comunitario è una proposta che dovrebbe essere promossa al fine di semplificare il contesto legislativo, premessa, questa, che è fondamentale in vista di una maggiore certezza del diritto sia per i cittadini sia per i giuristi. E’ anche un’opportunità per semplificare il contesto normativo, fattore cruciale per lo sviluppo dell’attività economica.
C’è un punto della relazione e della comunicazione della Commissione che non condivido completamente. Il concetto, esposto in entrambi i testi, secondo cui lo strumento legislativo del regolamento sarebbe sempre più virtuoso di quello della direttiva, non è per me accettabile. Anzi, nonostante le difficoltà legate al recepimento delle direttive, ritengo che esse siano uno strumento legislativo atto a difendere un’idea di Comunità cui tengo molto. Questo non significa che io respinga i regolamenti o che non ne riconosca l’ovvia utilità.
Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. (SV) Mi astengo dal voto. La relazione contiene senza dubbio aspetti positivi, per esempio la richiesta di maggiore apertura al Consiglio, ma per il resto si concentra troppo sulla crescita e sulla riduzione dei costi, mentre dovrebbe privilegiare piuttosto lo sviluppo sostenibile e una maggiore efficacia dei costi. Ridurre i costi non è un fine in sé perché può condurre ad un indebolimento costante dei bilanci pubblici. Un obiettivo più valido è invece l’efficacia dei costi.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) E’ eccellente che testi legislativi inutili, nocivi, in contraddizione con altre disposizioni comunitarie o, soprattutto, incompatibili con i tanto vantati principi di sussidiarietà e di proporzionalità, possano essere ritirati. Tuttavia, per quanta soddisfazione si possa provare, evapora rapidamente di fronte alla descrizione degli esorbitanti poteri legislativi detenuti dalla Commissione. Questa Istituzione – che, ve lo ricordo, non ha alcuna legittimità democratica o elettiva – può infatti, a sua discrezione e in qualsiasi momento, ritirare o modificare una proposta legislativa, informare o meno il Parlamento delle ragioni della sua decisione, e tenere conto o meno del parere di quest’ultimo, in sostanza può fare quello che vuole.
Il peggio è che il Parlamento si accontenta di questo stato di cose e si limita a prenderne atto. Certo, minaccia vagamente di censurare la Commissione nel caso in cui questa andasse veramente troppo oltre. Sappiamo tuttavia che, anche nei momenti peggiori degli scandali che avevano macchiato la Commissione Santer, il Parlamento non ha mai avuto il coraggio politico di sconfessare l’Istituzione simbolo del superstato europeo. Il fatto che una tecnocrazia si eserciti con il tacito consenso di un’assemblea parlamentare non può cambiarne la natura.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Abbiamo scelto di astenerci dal voto finale su questa risoluzione che si proponeva di esprimere un parere.
Riteniamo fondamentalmente che il Consiglio dei ministri abbia maggiore forza politica rispetto alle altre Istituzioni dell’Unione europea. Infatti il Consiglio dei ministri rappresenta gli Stati membri in un’Unione europea considerata come una sorta di cooperazione intergovernativa. Questo significa che, anche secondo noi, il Consiglio dei ministri dovrebbe avere il diritto di presentare proposte legislative, proprio come la Commissione.
E non siamo nemmeno d’accordo con il punto di vista espresso al paragrafo B del progetto di relazione che invita la Commissione a pensarci due volte prima di ritirare 68 proposte legislative ritenute incoerenti, per esempio, con i principi relativi al miglioramento della regolamentazione. In linea di puro principio riteniamo positivo che la Commissione cerchi di sfoltire il suo voluminoso corpus di proposte legislative a livello comunitario.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. (PT) Il tema sollevato dalla comunicazione in esame merita più ampio spazio e non dovrebbe essere limitato alla questione della base giuridica e ai limiti della Commissione in materia di ritiro di proposte legislative.
Ho l’impressione che il problema principale sia un altro: la situazione precedente consentiva che una serie di processi legislativi, che non avevano più ragione di esistere, ma che non erano stati abrogati, si trovassero in una sorta di limbo.
Oltre ad un dibattito sui poteri delle varie Istituzioni, è necessario esaminare tutto quello che è routine e burocrazia nelle procedure legislative comunitarie. Inoltre, il fatto che, insieme, Parlamento e Consiglio abbiano oltre 500 documenti che aspettano di essere esaminati dai legislatori è un problema che merita attenzione e che desta preoccupazione. L’Unione europea non ha bisogno di legiferare tanto per essere importante. Quello che deve fare è legiferare bene per essere utile.