2. Illustrazione del programma della Presidenza finlandese (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la dichiarazione del Consiglio sulla presentazione del programma della Presidenza finlandese.
Porgiamo il benvenuto al Primo Ministro della Finlandia e al Segretario di Stato per gli Affari europei, nonché al Presidente della Commissione.
Il primo a intervenire è il Primo Ministro Vanhanen, a nome del Consiglio.
Matti Vanhanen, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, signor Presidente e signora Vicepresidente della Commissione, onorevoli deputati, illustri ospiti, vi ringrazio calorosamente per questa opportunità di discutere le priorità e i principali obiettivi della Presidenza finlandese con il Parlamento europeo. E’ impegnativo assumere le responsabilità della Presidenza dell’Unione europea, ma è anche un grande onore e privilegio, e la Finlandia è lieta di raccogliere la sfida.
Come paese cui è affidata la Presidenza, la nostra collaborazione con il Parlamento europeo è cominciata bene. Vorrei ringraziare il Presidente e tutti i deputati al Parlamento che hanno preso parte alla riunione tra il governo finlandese e il Parlamento europeo a Helsinki. Inoltre, varie commissioni parlamentari e gruppi politici hanno visitato la Finlandia e partecipato a discussioni proficue sugli obiettivi della nostra Presidenza.
Sin dalla sua adesione all’Unione, la Finlandia ha sostenuto gli sforzi volti a rendere più efficace il lavoro delle Istituzioni europee e migliorare la stretta cooperazione tra loro. Come paese cui è affidata la Presidenza, lavoreremo in stretta ed efficace cooperazione con il Parlamento europeo. Con questo non mi riferisco soltanto al ruolo del Parlamento nella procedura di codecisione, quale legislatore alla pari con il Consiglio, ma a un contesto più ampio, in cui promuovere gli obiettivi fondamentali dell’Unione.
Il parlamento nazionale finlandese, l’Eduskunta, quest’anno festeggia un anniversario speciale: cent’anni dall’istituzione del parlamento unicamerale e del suffragio universale. Tutti, uomini e donne, nello stesso momento hanno avuto il diritto di voto e il diritto di candidarsi alle elezioni. Siamo fieri di questa svolta cruciale nella storia della nostra democrazia.
In Finlandia, il parlamento è strettamente associato alla gestione degli affari dell’Unione ed è molto influente. Forse questa esperienza di cooperazione fruttuosa con il nostro parlamento nazionale ha reso del tutto naturale per noi finlandesi impegnarci in una stretta cooperazione anche con il Parlamento europeo. Non vi sono sovrapposizioni tra il lavoro del Parlamento europeo e quello dei parlamenti nazionali: ciascuno ha il proprio ruolo da svolgere negli affari dell’Unione. Essenzialmente, entrambi gli organi hanno la stessa missione fondamentale: rafforzare la democrazia nell’Unione.
Durante la sua Presidenza, la Finlandia si sforzerà di persuadere l’Unione a guardare avanti e all’esterno. Dobbiamo riflettere sul tipo di Unione che vogliamo tra 10 o 20 anni e sul modo in cui realizzarla. Come europei, dobbiamo individuare le forze storiche del cambiamento nella nostra epoca, rispondervi ed abbracciarle. E’ una grande sfida per l’Unione confrontarsi con la realtà della globalizzazione.
Il mondo intorno all’Unione sta cambiando e, se non facciamo attenzione, rimarremo sempre più indietro. Sarebbe disastroso, soprattutto per il futuro dei nostri figli e per le generazioni a venire. Per il loro bene, l’Europa deve smettere di rimanere con le mani in mano e considerare la sua posizione nel contesto globale in una prospettiva a più lungo termine. Il mondo intorno a noi non aspetterà. Il nostro futuro c’impone di adottare un’azione concreta ora, anche se i suoi effetti saranno visibili solo in un secondo tempo.
Negli ultimi anni la partecipazione al processo decisionale nell’Unione ha lasciato a desiderare e in proposito i cittadini sono più critici rispetto al passato. Nondimeno, respingo i discorsi pessimistici sulla crisi dell’Unione, ritengo anzi che sia possibile superare i problemi attuali. L’accordo raggiunto sul quadro finanziario e i progressi realizzati sulla direttiva sui servizi sono esempi della capacità dell’Unione di adottare decisioni importanti, quando esiste la volontà politica. Ritengo sia presente in tutte le Istituzioni dell’Unione.
L’Unione europea è una comunità di valori, che esiste per le persone, ed è per questo motivo che occorre prendere sul serio l’indebolimento della sua legittimità e giustificazione e la perdita di credibilità di fronte ai cittadini.
La percezione che la legittimità dell’Unione sia indebolita è in parte dovuta al fatto che i cittadini non sanno che cosa l’Unione faccia per loro. Molti aspetti che hanno un’incidenza reale sulla vita dei cittadini, come il diritto di risiedere, lavorare e studiare in qualsiasi paese dell’Unione, sono dati per scontati. I cittadini dimenticano che sono possibili proprio grazie all’Unione.
Tuttavia, la mancanza di informazione non spiega tutto: l’Unione deve anche riuscire a migliorare il modo in cui funziona. Deve conseguire risultati, i cui effetti possano essere percepiti dai cittadini nella loro vita quotidiana.
La premessa di base dell’Unione, pace e stabilità in Europa, è tuttora importante. Ciò mi è stato personalmente ricordato durante il mio viaggio in Croazia alcune settimane fa: i croati vogliono aderire all’Unione perché né loro né i loro figli debbano mai più vedere una guerra.
Molte altre persone, che hanno vissuto tutta la vita in pace, tendono tuttavia a dare per scontate la pace e la stabilità. Di conseguenza, queste due condizioni non sembrano più di per sé sufficienti a conferire legittimità all’Unione. Come molti di voi hanno spesso affermato, l’Unione deve saper mostrare i vantaggi che offre ai suoi cittadini anche in modi diversi e più tangibili.
Il modo migliore di dimostrare la necessità dell’Unione è assolvere le sue funzioni fondamentali con efficacia, soprattutto in termini di lavoro legislativo. Possiamo e dobbiamo farlo subito, sulla base degli attuali Trattati. L’Europa non può attendere nuove norme in materia di adozione delle decisioni, deve cominciare subito a migliorare il suo funzionamento. L’Unione deve dimostrare di saper conseguire risultati che incidono sulla vita delle persone, non solo litigare su questioni istituzionali.
Il miglioramento dell’efficacia implica la necessità che i politici e i leader d’Europa prendano decisioni coraggiose. Non possiamo pensare soltanto all’hic et nunc, o alle future elezioni; dobbiamo pensare agli interessi delle generazioni future. Questo è il motivo per cui si devono prendere anche decisioni che forse ora possono sembrare dolorose, ma che contribuiranno a dar forma al futuro. Occorre inoltre la volontà di accettare compromessi sulle posizioni nazionali e considerare l’Europa nel suo insieme.
L’Unione deve concentrarsi sull’essenziale e lavorare in modo efficace, il che significa intraprendere un’azione che produca valore aggiunto rispetto a ciò che i singoli Stati membri sono in grado di realizzare. Tale valore aggiunto si può ottenere nei settori dei servizi sociali, della sicurezza e della libertà.
Per realizzare questi obiettivi, dobbiamo adottare la giusta impostazione. La trasparenza è essenziale: i cittadini devono sapere in che modo si prendono le decisioni che li riguardano. Il crescente dibattito politico in Europa è nell’interesse di tutti. Anche voi avete un ruolo cruciale da svolgere in questo ambito.
Sono lieto che il Consiglio europeo abbia deciso di aumentare la trasparenza delle sedute del Consiglio. La Finlandia, quale paese che esercita la Presidenza, darà piena attuazione ai principi adottati dal Consiglio europeo per rendere più trasparenti i suoi lavori.
La Finlandia intende contribuire alla questione della trasparenza anche in altri modi, in tutti i suoi lavori e attività pratiche. Intendiamo assicurare che tutte le informazioni essenziali siano rese disponibili sul sito Internet della Presidenza dell’Unione il più rapidamente possibile. A volte, soluzioni pratiche di questo tipo contribuiscono a offrire un accesso reale alle informazioni più delle semplici dichiarazioni politiche.
Durante la sua Presidenza, la Finlandia dedicherà le sue risorse a migliorare la regolamentazione, cioè la qualità della legislazione, prestando attenzione ai principi di sussidiarietà e proporzionalità. Non si tratterà solo di sfrondare la legislazione. Nell’Unione europea sono necessarie nuove norme, ma dobbiamo mantenere aggiornate quelle esistenti. In tal modo, l’Unione potrà esercitare la sua influenza e reagire in modo dinamico ai cambiamenti nel mondo intorno a noi. In questo contesto, sosteniamo il lavoro della Commissione.
La Presidenza dedicherà tempo e risorse a garantire che il processo decisionale prenda in attenta considerazione gli effetti economici, sociali e ambientali delle proposte legislative. Sarà inoltre nostro obiettivo accelerare l’attuazione delle proposte della Commissione volte a semplificare e aggiornare la legislazione.
Il lavoro del Consiglio si baserà sul programma operativo annuale per il 2006, che abbiamo redatto insieme con l’Austria. La cooperazione tra presidenze consecutive è molto importante per garantire la continuità. Con l’Austria abbiamo lavorato bene e intendiamo proseguire la cooperazione nello stesso spirito positivo con la Germania, che assumerà la Presidenza dopo di noi.
La Presidenza finlandese si è impegnata ad attuare il programma dell’Unione e trattare tutte le questioni previste in modo efficace, efficiente e imparziale. Menzionerò brevemente le questioni cui la Presidenza finlandese intende dare particolare risalto, il che non significa che non ci occuperemo di altri aspetti con altrettanta cura. Sono necessari progressi in tutti i settori.
La Finlandia intende promuovere il dibattito sul futuro dell’Unione. A questo dibattito sono legate le questioni molto reali del futuro del Trattato costituzionale e dell’allargamento dell’Unione.
Sono lieto che il Consiglio europeo abbia deciso in giugno che, per quanto riguarda il Trattato costituzionale, è giunto il momento di concludere il periodo di riflessione per passare a una fase più attiva. Questo approccio a due vie è quello giusto: miglioreremo il funzionamento dell’Unione sulla base dei Trattati esistenti e al tempo stesso cominceremo a ponderare il futuro del Trattato costituzionale. Durante la sua Presidenza, la Finlandia avvierà consultazioni con gli Stati membri e le Istituzioni dell’Unione sul futuro del Trattato costituzionale. Tali consultazioni formeranno la base per una relazione che sarà elaborata durante la prima metà del 2007, sotto la Presidenza tedesca.
Sono convinto che il Trattato negoziato con gli Stati membri sia essenziale per un’Unione in espansione. In Finlandia, all’inizio di giugno il governo ha presentato al parlamento finlandese una proposta relativa alla ratifica del Trattato e il parlamento deciderà in materia in autunno. La Finlandia sta quindi adottando una posizione sul Trattato negoziato.
L’allargamento dell’Unione è una delle questioni fondamentali per la Presidenza finlandese. Personalmente, sono convinto che l’allargamento dell’Unione sia una storia di successi. Non solo è uno strumento essenziale per rafforzare la stabilità e la democrazia, è anche una risposta strategica dell’Europa alle sfide della globalizzazione. Analisi recenti dimostrano che sia i nuovi sia i vecchi Stati membri hanno tratto chiari benefici dall’ultimo allargamento.
In giugno il Consiglio europeo ha svolto un importante dibattito sulla capacità di assorbimento dell’Unione. Sono molto lieto che questo fattore non sia stato elevato a nuovo criterio di adesione. Non si devono fissare nuovi criteri di adesione per i paesi candidati, ma al tempo stesso si deve garantire il rispetto incondizionato dei criteri esistenti. In sostanza, l’Unione deve rimanere una Comunità aperta. Gli Stati europei che soddisfano i criteri di adesione devono poter aderire.
Nel corso della nostra Presidenza sarà decisa la data di adesione della Romania e della Bulgaria. Proseguiranno inoltre i negoziati di adesione con la Turchia e la Croazia, sulla base dei progressi compiuti dai due paesi e delle relazioni della Commissione.
La Presidenza finlandese sosterrà anche la prospettiva europea per i Balcani occidentali. Sotto vari aspetti, il 2006 sarà un anno cruciale per il futuro di tale regione. Il processo riguardante lo statuto del Kosovo dovrebbe giungere a una fase conclusiva in autunno. La Presidenza si augura che le parti conseguano risultati nei difficili negoziati avviati sotto la guida di Martti Ahtisaari entro la fine dell’anno.
Una questione fondamentale durante la Presidenza finlandese sarà la competitività dell’Unione e dei suoi Stati membri e il loro successo nella concorrenza globale. Ci sforzeremo di affrontare questi aspetti ad ampio raggio nel corso della nostra Presidenza nelle diverse formazioni del Consiglio.
Un aspetto cruciale è dove l’Europa troverà le basi per la crescita economica. La risposta della Finlandia è che le troverà in settori quali l’innovazione, le soluzioni energetiche, la qualità del lavoro e la produttività, l’apertura negli scambi globali, l’immigrazione e un sistema di sicurezza sociale adeguato.
Per la competitività, i principali responsabili sono gli Stati membri. L’onere spetta a loro. Anche l’Unione ha un ruolo da svolgere. La Finlandia si sforzerà di ottenere risultati in relazione al settimo programma quadro di ricerca. Lo stesso vale per la legislazione sui prodotti chimici (REACH), la direttiva sui servizi, la direttiva sull’orario di lavoro e la legislazione sul roaming internazionale.
Vogliamo compiere progressi nello sviluppo di una politica di innovazione di vasta portata. Nell’ambito del lavoro legislativo del Consiglio e alla riunione dei capi di Stato e di governo a Lahti ci concentreremo su iniziative volte a creare un ambiente in grado di produrre innovazioni e adottarle in modo efficace. Si tratta di una politica di innovazione trainata dalla domanda. I capi di Stato e di governo a Lahti possono facilitare il necessario processo decisionale.
Per poter attuare una politica di innovazione di ampia portata è necessario migliorare l’efficacia della cooperazione e del processo decisionale nell’Unione, per esempio per quanto riguarda la normalizzazione, la protezione della proprietà intellettuale e lo sviluppo dei mercati finanziari. Sarà altrettanto importante dare impulso alla mobilità degli studenti e dei ricercatori, rafforzare la cooperazione tra università e agevolare la creazione di centri di eccellenza europei. Vorrei inoltre rilevare quanto sia importante per l’innovazione l’effetto positivo della concorrenza derivante da un’economia globale aperta.
L’Europa deve promuovere la mobilità delle sue risorse intellettuali e materiali. La pietra angolare della politica di innovazione è costituita dal mercato interno dell’Unione e dal suo ulteriore sviluppo.
Si devono eliminare gli ostacoli al buon funzionamento del mercato interno per poter godere appieno i benefici dell’integrazione economica. Il mercato interno è il fondamento stesso dell’Unione, non dobbiamo dimenticarlo. In questo contesto, il mercato dei servizi riveste enorme importanza ed è molto positivo che si stia giungendo a un accordo sulla direttiva sui servizi. Il ruolo del Parlamento è fondamentale. Mi auguro che la direttiva possa essere infine adottata dal Parlamento europeo in seconda lettura.
All’ordine del giorno della riunione dei capi di Stato e di governo a Lahti figurano anche le relazioni esterne nel contesto dell’energia. Il Presidente russo, Vladimir Putin, è stato invitato alla cena che si terrà dopo la riunione, durante la quale i leader dell’Unione potranno avere discussioni informali con lui.
Il successo economico dell’Europa dipende in larga misura da approvvigionamenti energetici affidabili a prezzi ragionevoli. Tutti gli Stati membri devono rispondere alle sfide poste dai prezzi sempre più elevati dell’energia, dalla sicurezza degli approvvigionamenti e dal cambiamento climatico. Le scelte di politica energetica sono in gran parte affari nazionali. L’Unione europea ha tuttavia bisogno di orientamenti comuni di politica energetica e, in particolare, di una politica coerente per le relazioni esterne nel contesto dell’energia. Durante la Presidenza finlandese intendiamo promuovere il dibattito strategico sul modo in cui rendere i nostri obiettivi di politica energetica visibili nelle relazioni esterne dell’Unione.
Il consumo di energia e la scelta delle fonti energetiche sono strettamente legati alla più grave minaccia per l’ambiente della nostra epoca: il cambiamento climatico. Riguardo alla politica sul clima, è particolarmente importante promuovere le discussioni sull’attuazione della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici dopo il 2012. La Presidenza finlandese tenterà di promuovere una discussione a livello internazionale, che potrebbe rispondere all’obiettivo dell’Unione di istituire un regime ambizioso in materia di cambiamenti climatici cui aderiscano tutti i maggiori paesi. Un approccio di largo respiro non solo servirebbe a promuovere una risposta il più possibile efficace alla sfida del clima, ma proteggerebbe anche la competitività dell’Unione.
Entrambe le questioni, l’energia e il cambiamento climatico, saranno in cima all’ordine del giorno dei vertici con i paesi terzi che si svolgeranno durante la Presidenza finlandese, compreso il 10o Vertice ASEM tra Unione europea e paesi asiatici, che si terrà a Helsinki.
So bene che milioni di europei temono la concorrenza globale e, di conseguenza, si oppongono a molti cambiamenti. Questo timore si è evidenziato nel dibattito sulla direttiva sui servizi, per esempio, e deve essere preso in seria considerazione. Vorrei sottolineare che non dobbiamo cercare di dare impulso alla competitività in Europa a ogni costo e a prescindere dalle conseguenze. Deve esistere un equilibrio tra le riforme, la sicurezza sociale e la sostenibilità ambientale. Spesso comunque i nuovi metodi di lavoro e le tecnologie moderne favoriscono sia la crescita economica sia il benessere sociale e riducono le emissioni nell’ambiente.
Per preservare le società del benessere europee dobbiamo dare impulso alla competitività, ridurre la disoccupazione e migliorare la produttività del lavoro. Si devono conseguire risultati tramite una stretta cooperazione con le parti sociali. L’obiettivo è un nuovo equilibrio tra flessibilità e sicurezza. La Finlandia ospiterà quindi un Vertice sociale straordinario immediatamente prima della riunione a Lahti dei capi di Stato e di governo, al quale si discuteranno questi aspetti.
Le relazioni esterne dell’Unione sono legate all’economia, in quanto la sua azione esterna si basa sulla sua forza economica. Siamo un partner commerciale allettante e ciò significa che siamo influenti. L’Unione è diventata un soggetto globale e non può permettersi pause di riflessione nella sua azione esterna.
La Presidenza finlandese intende rafforzare il ruolo internazionale dell’Unione e rendere le sue azioni e il suo funzionamento più coerenti. L’Unione dispone di un insieme di strumenti di gran lunga più completo rispetto a molti altri soggetti globali. Tali strumenti devono essere usati con coerenza, che si tratti di politica in materia di relazioni esterne, di scambi commerciali, di cooperazione allo sviluppo o di diritti umani. La voce dell’Unione si farà sentire nel mondo come espressione di unità soltanto se l’Unione sarà unita.
Intendiamo sviluppare maggiormente la gestione delle crisi dell’Unione. Le forze di intervento rapido dovranno essere operative all’inizio del 2007. Il coordinamento civile e militare nella gestione delle crisi continuerà.
Le relazioni dell’Unione con la Russia e la dimensione settentrionale saranno settori prioritari durante la Presidenza finlandese. Anche i Balcani occidentali, le relazioni transatlantiche e l’Asia sono in cima all’ordine del giorno.
Le relazioni UE-Russia non si limiteranno alle questioni riguardanti gli scambi commerciali e l’energia: aspiriamo a un partenariato generale, in cui i valori e gli interessi globali europei ci uniscano. L’obiettivo sarà una crescente partecipazione della Russia alla cooperazione democratica europea nei vari settori della società. A tal fine, è necessario intensificare il dialogo tra i paesi dell’Unione e la Russia, nonché incoraggiare gli scambi scolastici, le collaborazioni culturali e la partecipazione attiva della società civile.
Durante la Presidenza finlandese si svolgeranno discussioni sul nuovo quadro per l’accordo di partenariato e di cooperazione UE-Russia, che scade alla fine del prossimo anno. Riguardo alla dimensione settentrionale, abbiamo compiuto molti progressi: l’accordo politico quadro sarà firmato in autunno. Lo sviluppo della dimensione settentrionale è importante anche in relazione ad altre forme di cooperazione nella regione del Baltico.
Oltre a tutto questo, naturalmente dedicheremo i nostri sforzi alle crisi in Medio Oriente e in altre regioni. Siamo molto preoccupati per la situazione nei territori palestinesi, riguardo alla quale sono oggi in corso importanti colloqui. Nelle relazioni esterne l’imprevisto è la norma, più che l’eccezione. La Finlandia è pronta ad assumersi seriamente le proprie responsabilità nel ricoprire la Presidenza in carica del Consiglio anche in caso di imprevisti.
Durante la Presidenza finlandese, si svolgerà una valutazione politica completa dei progressi compiuti in relazione allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Abbiamo bisogno di un’azione concreta, di un processo decisionale efficace e della rigorosa attuazione a livello nazionale delle decisioni già adottate. Nel 1999 il Vertice di Tampere ha indicato la direzione per uno sviluppo ambizioso e democratico nel settore della giustizia e degli affari interni. Ora, nel 2006, la revisione del programma dell’Aia offrirà l’opportunità di promuovere attivamente la cooperazione europea in questo ambito.
I cittadini si attendono un’azione efficace da parte dell’Unione europea nella lotta contro la criminalità internazionale, la tratta di esseri umani e il terrorismo. Durante la Presidenza finlandese la volontà politica degli Stati membri di impegnarsi a favore di un processo decisionale più efficace, soprattutto per quanto riguarda la cooperazione di polizia e giudiziaria, sarà messa alla prova. Si possono ottenere risultati migliori, se gli Stati membri sono disposti ad accettare la comunitarizzazione e ad adottare un sistema decisionale a maggioranza qualificata in questo settore. L’ultimo Consiglio europeo ci ha invitati a esaminare questa proposta insieme con la Commissione.
Vorrei rilevare che la cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale non è solo un modo per riscuotere consensi. Non intendiamo far passare il Trattato costituzionale dalla porta di servizio, perché i cambiamenti possono essere introdotti sulla base del Trattato di Nizza.
La Finlandia intende inoltre sostenere l’attuazione del principio del reciproco riconoscimento nella cooperazione giudiziaria. La diretta applicazione delle sentenze e delle decisioni adottate dalle autorità giudiziarie di un altro Stato membro potrebbe essere un modo molto reale di migliorare l’efficienza delle indagini penali transfrontaliere su larga scala e accelerare i procedimenti giudiziari. Un buon esempio è costituito dal mandato di arresto europeo, che ha abbreviato i tempi di estradizione dei sospetti da più di sei mesi ad appena un giorno.
Avvenimenti recenti, come quelli che hanno interessato le isole Canarie e Malta, hanno fatto sì che l’immigrazione clandestina conquistasse ancora una volta le prime pagine dei giornali. Dobbiamo svolgere un’analisi completa delle possibilità di cui dispone l’Unione, tra cui un accordo su politiche comuni in materia di immigrazione legale. Un controllo più efficace delle frontiere è solo una parte della soluzione, seppure significativa. Non si sottolineerà mai abbastanza l’importanza della cooperazione con i paesi di origine e di transito coinvolti nell’immigrazione clandestina. Dobbiamo assicurare che il sistema comune di asilo dell’Unione sia operativo entro il 2010. L’Unione deve essere in grado di garantire la protezione a chi ne ha bisogno, facendo riferimento a procedure e legislazioni comparabili. Occorre prestare attenzione anche alla dimensione esterna delle questioni legate alla migrazione e ai partenariati con i nostri vicini.
Come ho detto all’inizio, dobbiamo rafforzare la cooperazione istituzionale sia a livello europeo sia a livello nazionale. Oggi vorrei ringraziarvi in particolare per la possibilità di presentare le priorità della Presidenza finlandese e discutere con voi il modo in cui promuoverle. Attendo le vostre osservazioni con interesse sia oggi sia in futuro, in questa seduta plenaria e in altri contesti.
Il dibattito sullo sviluppo dell’Europa è importante, a prescindere dalle differenze politiche. I leader dei gruppi politici del Parlamento europeo, per esempio alla riunione pubblica di Helsinki all’inizio di giugno, hanno mostrato la volontà e la capacità di procedere con il programma europeo. In Finlandia siamo abituati a impegnarci in una cooperazione politica trasversale costruttiva. E’ naturale farlo anche a livello europeo.
Mi auguro che lavorando insieme, come faremo nei prossimi sei mesi, produrremo i migliori risultati possibili. Attendo con impazienza di tornare al Parlamento europeo in occasione dei Vertici che si svolgeranno durante la Presidenza finlandese.
Viviamo in un’epoca di grandi sfide. L’Unione deve guardare al futuro, intraprendere riforme coraggiose e dimostrare la volontà politica necessaria per sviluppare l’Europa. Ritengo che in molti casi la risposta giusta sia più Europa, non meno Europa.
Questa Presidenza è appena all’inizio ed è già stata descritta come una specie di fase transitoria. Dovrebbe occuparsi delle attività di ordinaria amministrazione e prepararsi per il momento in cui le condizioni essenziali per affrontare i grandi problemi dell’Unione saranno a portata di mano. Tuttavia, bisogna essere molto chiari sul fatto che, se l’Unione europea può essere incline a temporeggiare, il resto del mondo intorno a noi non si fermerà. Ci comporteremmo molto male nei confronti delle generazioni europee future se chiudessimo gli occhi di fronte alle sfide storiche che ci attendono e ci limitassimo ad aspettare un momento migliore. Il momento è qui e ora.
(Applausi)
José Manuel Barroso, Presidente della Commissione. – (EN) Signor Presidente, sono lietissimo, dopo l’eccellente Presidenza austriaca, di poter lavorare adesso insieme ai finlandesi. Alcuni giorni fa, a Helsinki, il Primo Ministro Vanhanen e io abbiamo deciso che le nostre due squadre lavoreranno come un’unica squadra. La Presidenza, la Commissione e il Parlamento devono unire le forze. L’Europa ha bisogno dell’armonia serena e dinamica portata dalla Finlandia.
Accolgo con favore la presentazione del Primo Ministro Vanhanen. Ha dimostrato che il prossimo semestre ci offre la possibilità di spiegare che cosa intendiamo quando parliamo di Europa dei risultati, di mantenere le promesse su questioni importanti che stanno a cuore ai cittadini, di passare alla nuova fase del processo costituzionale e di condurre la discussione sull’allargamento. In breve, seguire l’approccio a due vie che ho descritto all’Assemblea il mese scorso – un approccio approvato dal Consiglio europeo – per passare da un periodo di riflessione a un periodo di impegno.
Permettetemi di riprendere solo alcuni dei temi trattati dal Primo Ministro Vanhanen.
Comincerò con una questione semplice e importante che riguarda l’allargamento. E’ una delle politiche di maggior successo dell’Unione europea, un risultato straordinario nell’esportazione di libertà e opportunità in tutto il nostro continente. Molti di noi qui presenti oggi hanno beneficiato di questa politica. Dobbiamo essere orgogliosi della nostra politica di allargamento. Sono felice che l’ultimo Consiglio europeo abbia confermato che rispetteremo gli impegni presi.
Tuttavia, sull’allargamento, come su molte politiche europee, è in corso un dibattito popolare cui dobbiamo prendere parte. Accolgo con favore tale dibattito. Voglio tale dibattito. E’ importante dimostrare che l’Europa non si allarga per difetto, che l’allargamento è una scelta consapevole vantaggiosa per tutti, e che un’Europa allargata, lungi dall’essere un fattore negativo, è una condizione essenziale per un’Europa forte, un’Europa che conti veramente nel mondo.
Per questo motivo, in autunno la Commissione riferirà sul processo di allargamento nel suo insieme, al fine di preparare la discussione che si svolgerà al Consiglio europeo di dicembre. La relazione comprenderà un’analisi della capacità dell’Europa allargata di funzionare correttamente. Sarà un esercizio serio e rigoroso. Se non lo fosse, non risponderebbe all’esigenza di maggiore certezza e fiducia da parte dei cittadini.
Dobbiamo adottare la stessa impostazione seria e corretta nei riguardi della Turchia. Mi compiaccio del fatto che i negoziati procedano. Sarà una strada lunga, a volte molto accidentata. Ciò che conta è essere aperti, onesti ed equi. La Turchia deve rispettare i suoi impegni, così come l’Unione europea deve rispettare i propri. Gli impegni della Turchia comprendono il rispetto del Protocollo di Ankara.
Ogni Presidenza porta la sua competenza specifica nell’Unione europea. Nel caso della Finlandia, essa porta anche una profonda conoscenza e cooperazione con i paesi vicini, tra cui la Russia.
Sostengo vivamente il rilievo attribuito dalla Presidenza alle relazioni con la Russia. All’inizio della settimana la Commissione ha adottato una raccomandazione relativa a un ampio accordo che ci auguriamo cambi – perché riteniamo sia nel nostro interesse oltre che in quello della Russia – la qualità delle relazioni dell’Unione europea con questo paese, rafforzando l’attuale accordo di partenariato e di cooperazione. Proponiamo di orientarci verso una zona di libero scambio, da completare quando la Russia avrà aderito all’OMC. Al tempo stesso, proponiamo una forma di partenariato per l’energia, sulla base di interessi reciproci e principi comuni.
La prossima settimana il Primo Ministro Vanhanen e io ci recheremo a San Pietroburgo, dove si svolgerà il Vertice del G8, per definire, come spero, un nuovo quadro per le sfide energetiche globali che richiedono una risposta globale. Per l’energia, come per il cambiamento climatico, è necessaria una risposta globale. Daremo seguito alla questione ai Vertici europei di ottobre e di dicembre. E’ chiaro che sulla Russia – come su molte questioni esterne – l’Europa ha maggiore influenza se opera in modo unito e coerente, e mi auguro che gli Stati membri affrontino la questione proprio in tal modo.
La Commissione attende fiduciosa che la Presidenza finlandese porti avanti i negoziati sulla nuova generazione di partenariati per la dimensione settentrionale. Il risultato finale dovrebbe essere una politica comune della quale tutti i soggetti interessati, compresa la Russia, condividano la titolarità. La dimensione settentrionale diventerà un forum permanente per le problematiche settentrionali. In questo contesto, la Commissione ha preso atto del desiderio del Parlamento di istituire un forum parlamentare.
L’economia europea è in ripresa. E’ una buona notizia e dovremmo farne tesoro. Accolgo con favore l’intenzione della Presidenza finlandese di promuove la nuova strategia di Lisbona e di concentrarsi su ricerca, innovazione e istruzione, cioè il triangolo della conoscenza. In questo ambito, come in altri, dobbiamo passare dalla riflessione all’impegno, ottenere risultati reali. Il sostegno politico deve ora tradursi in azioni concrete che creino un clima più innovativo in Europa.
La Commissione preparerà un breve documento sull’innovazione in vista del Vertice informale di Lahti. Dobbiamo promuovere lo spazio europeo della ricerca, compreso l’Istituto europeo della tecnologia, che dovrà essere un fiore all’occhiello e un simbolo dell’economia europea basata sulla conoscenza. Dobbiamo intensificare gli sforzi per garantire l’adozione di standard aperti e interoperabili e promuoverli a livello mondiale. Dobbiamo sostenere meccanismi efficaci – come il capitale di rischio – per finanziare l’innovazione da parte delle imprese europee, avendo riguardo anche per le piccole e medie imprese.
La scorsa settimana la Commissione ha adottato proposte per un programma ambizioso volto a rafforzare la sicurezza e rendere la giustizia più efficiente per i cittadini d’Europa, garantendo il rispetto e la tutela dei loro diritti. E’ un aspetto fondamentale del nostro programma per un’Europa dei risultati. Condivido la determinazione della Presidenza finlandese di portare avanti questo dossier. L’Unione europea tornerà a Tampere per il Consiglio informale “Giustizia e affari interni” a settembre, al fine di approfondire l’integrazione europea in questo settore cruciale.
La necessità di un’azione europea più incisiva e dinamica è chiara: contro chi trama contro i nostri valori, la nostra libertà e la nostra democrazia, contro chi pratica la tratta di esseri umani, soprattutto di donne e bambini, contro l’immigrazione clandestina e contro chi sfrutta le persone sul luogo di lavoro. Non dobbiamo aspettare la prossima tragedia per promuovere l’integrazione europea in questi ambiti: dobbiamo agire ora per prevenirla.
Dobbiamo attuare meglio le misure esistenti. Per esempio, tutti concordano sul fatto che lo sfruttamento sessuale dei bambini è un crimine ripugnante, ma solo cinque paesi hanno trasposto la direttiva quadro nel diritto nazionale. Tutti concordano sulla necessità di agire contro il terrorismo e la criminalità organizzata, ma diversi Stati membri di fatto non hanno recepito atti legislativi fondamentali, come la decisione quadro sul terrorismo.
Per realizzare i nostri obiettivi, dobbiamo migliorare le nostre procedure. Non è coerente proclamare i fini – per la lotta alla criminalità, il terrorismo, l’immigrazione clandestina – ma non fornire i mezzi per conseguirli.
La Commissione ritiene che il metodo comunitario, compreso un controllo democratico europeo adeguato da parte del Parlamento, debba essere esteso alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale e all’immigrazione legale. E’ ciò che affermiamo nella nostra comunicazione del 10 maggio relativa a un’agenda dei cittadini. Proponiamo quindi di introdurre questo cambiamento sulla base degli attuali articoli del Trattato. La Commissione è in procinto di avviare il dibattito interistituzionale e presenterà proposte formali alla luce dei risultati di tale dibattito. Mi compiaccio vivamente delle chiare osservazioni appena formulate dal Primo Ministro Vanhanen.
Sappiamo che esistono diverse sensibilità politiche e siamo pronti ad affrontarle, ma le nostre procedure devono adeguarsi alla realtà.
Ogni misura che adottiamo per migliorare la nostra cooperazione in materia di sicurezza e giustizia deve essere accompagnata da un’ampia protezione dei diritti umani e civili dei singoli cittadini. Per noi è una questione di principio.
E’ il diritto il punto di forza dell’Unione europea, non gli accordi intergovernativi conclusi in segreto, al di fuori del controllo parlamentare e giudiziario. Questo è il motivo per cui accolgo con favore anche l’impegno della Presidenza finlandese a favore di ogni punto del programma per la trasparenza. Trasparenza, sussidiarietà e migliore regolamentazione non devono essere considerate, come a volte avviene, solo come questioni tecniche: sono questioni politiche. E’ l’agenda dell’Unione per la responsabilità democratica e noi, la Commissione europea, siamo pronti a procedere su tutti questi aspetti – trasparenza, migliore regolamentazione e vera sussidiarietà – perché è questione di responsabilità democratica.
Ho ripreso solo alcune delle priorità della Presidenza finlandese. Vi sono altre priorità che condividiamo appieno, tra cui questioni di interesse immediato, come la situazione di stallo nel ciclo di Doha.
Le ultime Presidenze hanno aiutato l’Unione europea a risolvere problemi interni o a individuare la via verso la loro soluzione. Ora occorre cambiare marcia e passare dalla riflessione all’impegno, per un’Europa che guarda avanti e all’esterno.
Accolgo con favore questa svolta. Un’Europa aperta, che ha più fiducia in se stessa e guarda al futuro è ciò di cui abbiamo bisogno. Dobbiamo rinnovare le nostre energie e interagire in modo più profondo, più coerente e più efficace con il mondo che ci circonda. Esportando i nostri valori e promuovendo i nostri interessi nel mondo, potremo rafforzare la nostra identità e la nostra fiducia. Sono impaziente di farlo nei prossimi sei mesi con la Presidenza finlandese e con il Primo Ministro Vanhanen.
(Applausi)
Hans-Gert Poettering, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Presidente della Commissione, onorevoli colleghi, il mondo sta vivendo la febbre del calcio, ma l’Europa ha già vinto. Il campione del mondo sarà una squadra dell’Unione europea e le quattro migliori squadre provengono dai suoi Stati membri. Il Presidente della Commissione ha appena parlato di fiducia in se stessi.
(Applausi)
Permettetemi quindi di dire che dobbiamo avere fiducia in noi stessi, ma senza essere presuntuosi. La competizione amichevole – che è ciò che ci stanno insegnando i calciatori – è una cosa meravigliosa e in Europa e nel mondo dovremmo avere questa competizione amichevole, questo fair play. Se la poniamo alla base delle nostre azioni, avremo successo. Chi può rappresentare questa verità meglio della Finlandia?
Primo Ministro Vanhanen, la riunione che noi presidenti dei gruppi abbiamo avuto con lei a Helsinki è stata positiva, efficace, professionale, trasparente e non spettacolare, perché in genere chi annuncia o ricerca qualcosa di spettacolare va incontro al fallimento, in quanto non è in grado di mantenere ciò che ha promesso.
L’Europa è come una catena, e lo stesso vale per le presidenze. Abbiamo avuto la Presidenza austriaca. Ora abbiamo la Presidenza finlandese e poi avremo la Presidenza tedesca, portoghese, slovena e francese. Ogni anello della catena deve essere forte. Quando è presente questa continuità, tutte le presidenze hanno successo. L’esperienza dimostra che solo le presidenze dei cosiddetti grandi paesi non hanno successo, mentre molto spesso i piccoli paesi ottengono risultati molto lusinghieri. Auguriamo ai finlandesi il massimo successo e siamo al loro fianco.
Il 25 marzo 2007 commemoreremo il 50° anniversario della firma dei Trattati di Roma e questa data non cade sotto la Presidenza finlandese, ma sotto quella tedesca. Accogliamo con favore la proposta della Commissione di adottare una dichiarazione congiunta del Consiglio europeo, della Commissione e del Parlamento. Il nostro gruppo propone di cominciare a preparare il contenuto di tale dichiarazione ed esaminare gli aspetti organizzativi sotto la Presidenza finlandese e di istituire un gruppo di lavoro cui affidare i preparativi a livello politico. Naturalmente, la prossima Presidenza dovrà partecipare a questo processo, ma i lavori devono cominciare ora, sotto la Presidenza finlandese.
Il 25 marzo non si svolgerà soltanto il Vertice, che naturalmente è importante e per il quale il Cancelliere federale tedesco ha trasmesso l’invito a recarsi a Berlino, ma verrà anche organizzata una manifestazione commemorativa a Roma, dove sono stati firmati i Trattati 50 anni fa, e mi risulta che anche la Chiesa cattolica intenda adottare un’iniziativa in questo senso.
(Interruzione dell’onorevole Cohn-Bendit)
Sarei molto lieto, onorevole Cohn-Bendit, se anche i Verdi, con i quali siamo in competizione amichevole per quanto riguarda l’unificazione dell’Europa, partecipassero, così come partecipano le imprese e i sindacati, perché questa Europa appartiene a tutti e non è di proprietà di una sola famiglia politica. Per questo tutti dovrebbero partecipare.
(Applausi e interruzione dell’onorevole Schulz)
Quando l’onorevole Schulz prenderà la parola, ci dirà tutto sul modo in cui i Verdi dovrebbero comportarsi. Sono sempre restio a dare consigli e non intendo usare il tempo a mia disposizione per rispondere alle intromissioni dell’onorevole Schulz.
Una questione di cui lei, signor Presidente del Consiglio europeo, dovrà occuparsi è quella delle relazioni con la Russia. Naturalmente accogliamo con favore questa prospettiva, ma riteniamo anche che la Russia debba essere un partner forte, stabile e possibilmente democratico. Dobbiamo farla finita con la politica degli abbracci e delle pacche sulle spalle. Diciamo “sì” agli interessi comuni, compreso l’approvvigionamento energetico, ma dobbiamo anche dire alla Russia che i diritti umani devono essere garantiti. Alcuni giorni fa, mi ha fatto visita l’avvocato dell’industriale Mikhail Khodorkovsky. Il trattamento riservato a quest’uomo nelle carceri russe è inaccettabile, ed esistono molti altri esempi del genere. In questo contesto, dobbiamo far sentire la nostra voce.
(Applausi)
Signor Presidente del Consiglio europeo, il Presidente del parlamento finlandese, Paavo Lipponen, alla conferenza parlamentare che abbiamo organizzato a Bruxelles con la Presidenza austriaca e la Commissione, ha affermato che si dovrà svolgere anche una conferenza tra parlamentari europei e parlamentari nazionali. Siamo molto favorevoli a questa iniziativa, in quanto riteniamo che il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali debbano instaurare una cooperazione molto più stretta tra loro. Se lo faremo, se ci libereremo di alcuni pregiudizi e lavoreremo insieme al progetto europeo, avremo successo. A nome del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, auguro alla sua Presidenza il massimo successo. Quando si tratta del nostro futuro comune in Europa e nel mondo, siamo al suo fianco.
(Applausi)
Martin Schulz, a nome del gruppo PSE. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, per rendere omaggio alla squadra azzurra comincerò il mio discorso in italiano.
(DE) Signor Presidente, avete davanti un presidente tedesco triste di un gruppo politico, ma un socialista felice. La maggior parte dei miei colleghi italiani non è in Aula stamattina, ma la loro assenza si può perdonare.
Nel suo intervento, il Primo Ministro Vanhanen ha affermato che abbiamo bisogno di più Europa, e ha ragione, perché i temi che la sua Presidenza ha scelto per i capitoli del suo programma – la sfida della globalizzazione, la nuova strategia di Lisbona, l’energia, i partenariati – sono temi che non si possono affrontare a livello di Stati nazionali.
Nessuno Stato membro dell’Unione da solo, grande o piccolo che sia, è in grado di gestire le sfide economiche, ambientali e sociali con cui ci confrontiamo oggi e questo è il motivo per cui dobbiamo sviluppare ulteriormente l’Unione europea, il motivo per cui dobbiamo approfondirla. In effetti alcuni affermano che, di fronte a queste sfide globali, vogliamo offrire ai nostri cittadini il quadro di cui l’Europa ha bisogno per tenere testa alla concorrenza internazionale, e che ciò di cui abbiamo bisogno è più Europa. A fini di coerenza, tuttavia, per avere “più Europa” è necessario prevedere il quadro di cui l’Europa ha bisogno.
In questa Unione a 25 – e presto a 27 – non possiamo rispondere alle sfide, che lei ha ben descritto, con le risorse a nostra disposizione; non è possibile. Per questo motivo, alla luce di ciò che ha descritto, la sua decisione di ratificare la Costituzione, affermando così, simbolicamente: “abbiamo bisogno di questo strumento”, è una decisione logica, giusta e anche coerente.
(Applausi)
In tal modo, lei ha trasmesso un segnale positivo sin dall’inizio della sua Presidenza, e noi socialdemocratici possiamo sicuramente sostenere il suo approccio.
Signor Presidente della Commissione, lei ha affermato che lavorerete con la Presidenza del Consiglio finlandese come un’unica squadra. E’ fantastico e accogliamo l’annuncio con favore, ma, nel suo intervento, il Primo Ministro Vanhanen ha affermato:
(EN) “Sono convinto che il Trattato negoziato con gli Stati membri sia essenziale per un’Unione in espansione”.
(DE) L’allargamento e la Costituzione sono le due facce della stessa medaglia. Leggo ora in una notizia diffusa dall’agenzia Reuters – non so se sia vera o falsa, lei può chiarirlo – che lei, dopo la riunione con il Primo Ministro Vanhanen, quella, per così dire, della formazione della squadra a Helsinki, a una conferenza stampa avrebbe affermato che possiamo procedere all’allargamento anche sulla base del Trattato di Nizza. Forse la notizia della Reuters è falsa, e in tal caso lei dovrebbe chiarire la questione.
Sono grato che si presenti la possibilità di parlare del terzo pilastro. Le carenze da lei descritte, e anche gli esempi forniti dal Presidente della Commissione riguardo alla mancata trasposizione della legislazione in materia di politica di sicurezza e di cooperazione nel quadro del terzo pilastro, sono aspetti che devono essere affrontati. Non vi è ambito in cui i cittadini europei siano più favorevoli a conferire poteri all’Europa di quello della lotta alla criminalità organizzata, di una politica di immigrazione chiara, di una politica di asilo sicura e di un controllo adeguato delle frontiere, ma – come ha giustamente affermato il Presidente Barroso – in nessun ambito siamo meno efficaci che in questo. Lei ha ragione ad affermare che abbiamo bisogno della clausola passerella, ma ciò non ha nulla a che fare con l’approccio selettivo nei confronti della Costituzione. E’ sufficiente leggere il Trattato di Nizza per comprendere che esso prevede già un trasferimento dal terzo al primo pilastro cinque anni dopo la sua entrata in vigore, fatta salva l’approvazione unanime del Consiglio. Agiamo quindi entro i limiti stabiliti da un Trattato in vigore.
In questo contesto, vorrei fare un’ultima osservazione. Quando parliamo di terzo pilastro, parliamo del capitolo in cui sono descritte anche le libertà e i diritti dei cittadini in Europa. Quando parliamo di Costituzione, parliamo anche della Carta dei diritti fondamentali. Dobbiamo tuttavia cominciare sin d’ora a chiedere ai Presidenti del Consiglio e della Commissione di affrontare in modo più attivo la recrudescenza del populismo in Europa, cui assistiamo già a livello quotidiano in seno all’Assemblea. Nell’Unione europea abbiamo ora governi – il che è già abbastanza grave – sostenuti da partiti populisti di destra, alcuni dei quali apertamente razzisti e xenofobi. Essi siedono in seno al Consiglio europeo, non come peones in un parlamento qualsiasi, ma come membri attivi delle Istituzioni europee.
Io stesso ne ho visto un esempio ieri, durante la discussione sul franchismo, nella quale è intervenuto un deputato non iscritto, il cui figlio è Vice Primo Ministro della Polonia. Qui, in seno al Parlamento europeo, ha apertamente difeso il regime franchista. Non si tratta di un fenomeno casuale; sempre più governi nell’Unione europea cominciano a rendere il populismo rispettabile, in quanto non prendono provvedimenti per contrastarlo. Ciò costituisce una grave minaccia per le libertà fondamentali in Europa. Chiedo al Presidente in carica del Consiglio di affrontare la questione con grande serietà, non ultimo in seno al Consiglio, perché nella maggior parte dei casi le minacce per la democrazia non sono esterne, ma interne.
(Applausi a sinistra)
Graham Watson, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, con l’accento posto dalla Presidenza finlandese su produttività, responsabilità e trasparenza, “Finlandia” è musica per le orecchie dei liberali.
Nel programma che ha presentato oggi, signor Presidente in carica del Consiglio, trovano espressione sia le forti tendenze riformatrici del suo governo sia gli impulsi egualitari e innovativi di una nazione che più volte balza in cima alle classifiche per l’istruzione, l’innovazione e lo sviluppo. I valori liberali saranno in marcia con la sua Presidenza.
Vorrei esaminare solo alcuni aspetti, che il mio gruppo considera particolarmente importanti. Innanzi tutto, il programma trainato dal mercato. Priorità quali il completamento del mercato interno, in particolare nei settori dei servizi e dell’energia, sono obiettivi fondamentali per i prossimi mesi, così come gli sforzi volti ad adottare una direttiva sulla portabilità delle pensioni integrative e a promuovere aperture di mercato per le nuove tecnologie. Tali sforzi daranno maggiori frutti a lungo termine rispetto a qualsiasi iniziativa di ricerca e sviluppo finanziata dai governi e garantiranno la crescita, i posti di lavoro e la prosperità di cui la nostra Unione ha disperato bisogno.
Per quanto riguarda l’articolo 42 – giustizia e affari interni – la sua Presidenza ha ragione a concentrarsi sui settori in cui la legislazione dell’Unione europea fornisce un valore aggiunto alla vita dei cittadini, ma nel mondo moderno un ricercato può attraversare mezza Europa prima che il poliziotto si infili gli stivali. E’ incredibile che la legge abbia ancora confini, mentre i criminali non li hanno. Iniziative fondamentali in materia di cooperazione di polizia e giudiziaria sono rimaste bloccate troppo a lungo in seno al Consiglio e le decisioni adottate sono prive del controllo democratico necessario a tutelare i diritti umani e le libertà civili, come abbiamo constatato in relazione alle carenze della legislazione in materia di protezione dei dati.
Signor Presidente in carica del Consiglio, è giunto il momento di dare ascolto alla nostra richiesta di applicare la clausola passerella prevista dall’articolo 42 e definire la politica in materia di giustizia e affari interni in modo democratico.
L’iniziativa sulla trasparenza, che ha trovato uno dei principali sostenitori nella sua Presidenza, è una via d’uscita da questo vicolo cieco antidemocratico. I democratici e i liberali chiedono rassicurazioni sul fatto che si farà il minimo ricorso possibile alle clausole di salvaguardia. Tuttavia, perché vi sia vera trasparenza, si dovrà prestare molta più attenzione alla trasposizione, all’attuazione e all’applicazione della legislazione di quanto non si sia fatto finora.
Tre anni fa, abbiamo chiesto agli Stati membri di elaborare tabelle di concordanza in cui fosse indicato il modo in cui le direttive dell’Unione sono trasposte nel diritto nazionale. Dobbiamo consentire ai cittadini di verificare essi stessi quali norme sono adottate a Bruxelles e quali sono frutto di chiodi fissi dei governi nazionali. Altrimenti, l’attuazione carente o sovrabbondante delle norme comunitarie a livello nazionale continuerà ad alimentare il fuoco dei detrattori di Bruxelles. In ogni caso, dall’inizio della sua Presidenza, tre giorni fa, constato che sono già in atto cambiamenti. La decisione sulla comitatologia, che conferisce al Parlamento il diritto di controllo, riconoscendoci gli stessi poteri del Consiglio di assicurare che la legislazione sia applicata, è uno sviluppo molto importante. Maggiori poteri comportano anche maggiori responsabilità e mi auguro che l’Assemblea ne terrà conto quando si riunirà oggi per discutere la più che necessaria riforma parlamentare.
Signor Presidente in carica del Consiglio, lei ha un’agenda fitta: deve affrontare la questione dell’Asia e il Vertice ASEM e trattare con la Russia. Le auguriamo il massimo successo e le chiediamo di non pensare solo all’impegno, ma anche alla promozione dei valori europei, dei diritti umani e della democrazia, fattori essenziali per lo sviluppo del nostro mondo. Le auguriamo di avere successo nell’individuare la via per giungere a un accordo in seno all’OMC, prezioso per la nostra economia e per quella dei paesi in via di sviluppo, e le auguriamo il massimo successo con l’allargamento, pur sapendo che la questione dipende anche da un altro finlandese molto competente, il Commissario Rehn, qui con noi oggi.
Per concludere, lei ha parlato dei timori dei cittadini riguardo alla globalizzazione. Il miglior modo di superarli è sviluppare una coscienza europea. Come fece Lönnrot per la Finlandia con il suo Kalevala, dobbiamo attingere alla nostra storia comune per creare una coscienza comune.
Le auguro la saggezza di Väinämöinen. Mi auguro che per l’eterna gioia del popolo, lei componga canti maestosi per i bambini d’Europa.
(FI) Per l’eterna gioia del suo popolo, canti maestosi per i bambini della Finlandia.
(Applausi)
Daniel Marc Cohn-Bendit, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente in carica del Consiglio, il suo discorso mi ha lasciato perplesso. Lei ha decorato tutte le sue proposte con i termini “occorre”, “occorrerebbe”, “dovremmo”, e di per sé tutto ciò che dice è vero, ma non una volta ci ha detto come e perché lei intende conseguire questi obiettivi, né ci ha detto quale sarà l’ordine di priorità.
Esaminiamo quindi innanzi tutto la situazione in Europa, e riprendo in parte ciò che ha affermato l’onorevole Schulz. In Europa si assiste a un’evoluzione preoccupante: in Slovacchia i socialdemocratici si alleano con l’estrema destra per formare il governo, in Polonia si osserva un’evoluzione analoga e nei Paesi Bassi il governo di centro-destra, per rimanere al potere, si allea con l’estrema destra populista. La tendenza è la stessa e, di fatto, quando lei afferma che l’Europa è una combinazione di valori e di capacità di agire, qual è secondo lei la relazione tra valori e azione? Non ha detto niente in proposito.
Permettetemi, come l’onorevole Poettering, di tornare su un altro problema, quello della Russia e dell’energia. Al momento, l’Europa dà l’impressione di essere alla mercé del Presidente Putin, perché ha paura di perdere la sua energia. Quando si ha paura di perdere la propria energia, non si ha più alcuna energia! Questa è la realtà della situazione europea e non ho colto traccia di questa constatazione nella posizione finlandese. Le rammento la baraonda provocata in Finlandia da un membro dei Verdi quando ha affermato che la Duma non è democratica. Un’osservazione ovvia a tutti ha fatto gridare allo scandalo in Finlandia. Consiglio quindi grande cautela.
Lei ha parlato anche di immigrazione clandestina. Tuttavia, prima di parlare di immigrazione clandestina, dobbiamo parlare della necessità di organizzare l’immigrazione legale. Finché non saremo capaci di organizzare l’immigrazione legale, avremo l’immigrazione clandestina.
Lei citato il Consiglio d’Europa in relazione alle discussioni sulle possibilità di allargamento dell’Europa. Perché non ha menzionato le sue discussioni sulla CIA e sul fatto che una grande organizzazione internazionale di servizi segreti può operare in Europa senza informare nessuno, né l’Unione europea, né i governi europei? Perché non ha parlato dei servizi segreti francesi o tedeschi che, illegalmente, sono andati a interrogare persone detenute a Guantánamo? Questa è la realtà europea.
E’ di queste questioni che deve parlare, se intende salvare lo Stato di diritto in Europa. In ogni caso, una Presidenza deve cogliere pienamente la realtà dell’Unione europea e non accontentarsi di presentare una valutazione come quelle che si possono leggere tutti i giorni sui giornali.
Lei non ha dato una direzione all’Europa. Questo è ciò che manca nel suo discorso.
Esko Seppänen, a nome del gruppo GUE/NGL. – (FI) Signor Presidente, durante la Presidenza finlandese precedente, sette anni fa, si sono compiuti passi significativi verso un’Unione federale. Al tempo stesso, si è creata una base per istituire uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia; in altre parole, la comunitarizzazione della legislazione civile degli Stati membri. Tale politica prosegue tuttora. Durante il mandato precedente, è stata avviata anche la militarizzazione dell’Unione e si sono create istituzioni militari a tal fine, le quali guidano ora i preparativi per le operazioni militari da condurre in Africa all’inizio del prossimo anno. La relativa formazione si sta svolgendo nella Repubblica democratica del Congo, anche se nessuno va alla fonte del caos presente nella zona orientale del paese.
Sulle grandi questioni politiche, durante la Presidenza il governo finlandese non otterrà il sostegno della sua popolazione. Un’indicazione è fornita dalla resistenza opposta alla proposta del governo di ratificare la defunta Costituzione in seno al parlamento finlandese in autunno. Secondo un sondaggio, solo il 22 per cento dei finlandesi è favorevole alla ratifica proposta dal governo.
Questa Costituzione non entrerà mai in vigore in alcun paese. La sua ratifica è una perdita di tempo, anche se questo è ciò che vuole la Commissione, tra gli altri organismi. Il Commissario Rehn, dopo tutto, ha adottato una posizione in materia a nome della Commissione, anche se la questione non è di competenza della Commissione. L’atteggiamento del Commissario Rehn non si addice a un membro della Commissione europea.
Alcuni Stati membri hanno inoltre proposto alla Finlandia di ratificare la Costituzione. L’accettazione da parte della Finlandia è un segno di sottomissione. La Finlandia non sta mostrando alcuna considerazione per la sovranità del popolo o la democrazia in Francia e nei Paesi Bassi.
Secondo un sondaggio, i cittadini finlandesi si oppongono a qualsiasi alleanza militare per il loro paese. Anche in questo ambito il governo finlandese svuota la volontà popolare di ogni significato, rendendo la fornitura di forze di combattimento dell’Unione un settore prioritario. Il governo del Primo Ministro Vanhanen ha ceduto alla volontà dell’Unione e ha abolito la condizione prevista dal diritto nazionale, secondo cui è necessario un mandato delle Nazioni Unite per la mobilitazione di forze di combattimento. Si stanno preparando le Nazioni Unite per guerre illegali senza alcun mandato ONU, anche se, secondo il diritto internazionale, una condizione essenziale per un intervento militare legale è proprio un mandato ONU. Il nostro gruppo si oppone a questi tentativi di militarizzare l’Unione e coinvolgerla in guerre illegali.
I funzionari pubblici in Finlandia ricevono una formazione in materia di gestione efficace di tematiche quali l’allargamento dell’Unione, i programmi dei Fondi strutturali, la normativa REACH, il settimo programma quadro per la scienza e la ricerca e molte altre questioni di ordinaria amministrazione che figurano nell’agenda dell’Unione. Tra queste rientra anche la direttiva sui servizi e sul libero scambio, riguardo alla quale il nostro gruppo ha espresso un parere critico. L’apertura e la trasparenza, che la Finlandia afferma di promuovere, sarebbero rafforzate se la Finlandia stessa decidesse di rendere pubblici i nomi dei beneficiari dei fondi agricoli europei.
Il nostro gruppo sostiene attivamente la politica sulla Russia e ritiene che la proposta del Presidente della Commissione Barroso relativa a un accordo di libero scambio con la Russia sia uno spunto interessante, al quale la Presidenza dovrà rispondere. Auguriamo alla Finlandia di avere successo in tutte le diverse questioni che dovrà affrontare giorno per giorno.
Brian Crowley, a nome del gruppo UEN. – (EN) Signor Presidente, vorrei porgere il benvenuto in Aula al Presidente in carica del Consiglio e al Presidente della Commissione.
Quando la Presidenza entrante presenta il suo programma, spesso può sembrare un po’ spenta o noiosa e anche la reazione è spenta. Per questo motivo, purtroppo alcune brillanti idee della Presidenza sul futuro che prospetta per l’Unione europea non sono state recepite in modo adeguato. Esaminando i programmi delle diverse presidenze – che si tratti della Presidenza finlandese, della precedente Presidenza austriaca o persino del programma anticipato per la Presidenza tedesca – spesso si può individuare una continuità in un settore, ma osservare anche la peculiarità del paese che assume la Presidenza.
Un aspetto fondamentale su cui l’Unione europea deve concentrare la sua attenzione è quello delle relazioni con i paesi a est delle attuali frontiere dell’Unione europea. Signor Presidente in carica del Consiglio, lei ha dato prova di abilità e competenza nel rafforzare le relazioni con la Russia. Non si tratta solo di energia, ma anche di politica di vicinato, cooperazione e stabilità geopolitica, perché vi sono tantissime questioni negli Stati dell’ex Unione sovietica che possono creare incertezza e instabilità nell’Unione europea. Dobbiamo prestare attenzione a tali questioni e ci attendiamo che lei sfrutti le sue risorse e competenze in questo ambito.
In secondo luogo, per quanto riguarda la trasparenza e l’apertura – e spesso si parla di trasparenza senza comprendere pienamente che cosa significhi – la cosa più trasparente che il Parlamento, le Istituzioni e la Presidenza possano fare è tenere fede ai loro impegni. Questo è il motivo per cui, signor Presidente in carica del Consiglio, le idee proposte per migliorare la giustizia e gli affari interni, promuovere le fonti energetiche alternative – anche se potrei essere in disaccordo con lei su altri aspetti del cambiamento climatico e sulla loro soluzione – e nuovi metodi per creare biocarburanti, bioenergia e bioetanolo sono la direzione da seguire. Lei e alcuni suoi ministri dovrete essere coraggiosi nel tenere testa alle lobby che vogliono spingerci verso un’unica via. Il migliore approccio è quello a più vie, cogliendo il meglio di ogni singolo elemento.
Il Presidente della Commissione ha giustamente sottolineato l’importanza della ricerca, della tecnologia e dell’innovazione per l’economia europea. Se in Europa non saremo all’avanguardia sul resto del mondo per capacità di creare nuove idee e innovazioni, falliremo. Per quanto siano validi i nostri regimi fiscali o le nostre infrastrutture, se non abbiamo i cervelli, l’intelligenza e la capacità di utilizzare e sfruttare le idee, falliremo. Ritengo che alcune idee proposte dalla sua Presidenza in materia di ricerca e sviluppo daranno frutti. La protezione della proprietà intellettuale è un aspetto di cui dovrete occuparvi.
Infine, finora non ho parlato di calcio, ma devo menzionarne un aspetto, cioè che il calcio è un gioco che prevede due tempi e persino tempi supplementari. E’ possibile che siano necessari tempi supplementari, piuttosto che l’applicazione immediata della clausola passerella prevista dall’articolo 42. Accertiamoci che vi sia consenso in seno al Consiglio prima di procedere.
Nigel Farage, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, ascoltando il discorso del Primo Ministro Vanhanen ho sperimentato un fenomeno di déjà vu: abbiamo già vissuto quest’esperienza, perché è lo stesso discorso pronunciato da ogni presidenza entrante.
Ho cominciato a chiedermi, Primo Ministro Vanhanen, chi rappresenta lei veramente? E’ qui oggi per illustrare la volontà espressa della sua nazione? Me lo chiedo perché, secondo l’ultimo sondaggio completo dell’eurobarometro, svolto nell’autunno 2005, solo il 38 per cento dei suoi connazionali si ritiene soddisfatto dell’appartenenza all’Unione europea. Il loro messaggio è quindi molto chiaro: non vogliono più Europa. Tuttavia, oggi lei qui ci dice che la medicina di cui il resto di noi ha bisogno è avere più Europa, avere la Costituzione e procedere in questa direzione.
Ciò che lei rappresenta è la classe dei politici europei di professione, che naturalmente sono tutti a favore dell’Unione europea. A mio parere, è una vera e propria disgrazia per la democrazia che, al recente Vertice di Bruxelles, tutti i 25 capi di Stato e di governo abbiano deciso di porre fine al periodo di riflessione e cominciare ad attuare la Costituzione contro la volontà espressa dai cittadini olandesi e francesi nei referendum dell’anno scorso.
L’opinione pubblica non conta un accidente, quindi? E’ tutto nella norma, e lei intende insistere sull’allargamento e su una politica di asilo comune, sebbene i suoi stessi connazionali la respingano e praticamente nessun altro la voglia. Le ho persino sentito affermare che intende insistere su una “migliore regolamentazione”. Non mi faccia ridere! Il fatto è che questo è già un modello burocratico ed eccessivamente regolamentato e non vi sarà alcuna crescita economica reale finché non deregolamenteremo e liberalizzeremo le attività delle nostre imprese.
Se lei fosse un democratico e non un nazionalista dell’Unione europea, lei sosterrebbe l’indizione di referendum aperti, liberi ed equi, per permettere ai cittadini d’Europa di esprimere la loro volontà. Non starò col fiato sospeso.
(Applausi dai banchi del gruppo IND/DEM)
Martin Schulz (PSE). – (DE) Signor Presidente, chiedo che sia messo a verbale che l’onorevole Farage ha descritto il Presidente del Consiglio europeo come non democratico.
Frank Vanhecke (NI). – (NL) Signor Presidente, le dichiarazioni della Presidenza finlandese sembrano indicare che essa intenda, cito: “recuperare la fiducia gravemente compromessa dei cittadini nelle organizzazioni dell’Unione”. Sebbene si tratti ovviamente di un obiettivo assai lodevole, è un po’ strano che la fonte di questi sentimenti sia il governo finlandese, il quale vuole che il parlamento finlandese ratifichi la moribonda Costituzione per l’Europa a qualunque costo, anche se, in seguito ai referendum francese e olandese, questa Costituzione non ha più il benché minimo valore giuridico o politico democratico.
In ogni caso, non è un buon inizio per recuperare la fiducia, ma la situazione peggiora ora che la Presidenza finlandese ha annunciato che considererebbe un’eventuale rottura nei negoziati di adesione con la Turchia, cito, “un fallimento personale”. Tuttavia, è evidente che, non solo la Turchia non è un paese europeo e non potrà mai diventarlo in termini geografici, politici, economici, storici, culturali, eccetera, ma anche che la maggioranza dei cittadini europei è assolutamente contraria all’adesione della Turchia. I cittadini europei preferirebbero riprendere e sviluppare nuove relazioni e contatti economici il più possibile amichevoli con i nostri vicini turchi.
Il fatto che la Presidenza finlandese si sia ora personalmente impegnata a promuovere l’adesione turca, comunque vada, è in contrasto con le dichiarazioni altisonanti sul recupero della fiducia e sul rispetto dei pareri democratici in Europa. Rivela anche che l’affermazione europea secondo cui la conclusione dei negoziati sarebbe ancora una questione aperta è menzognera. Considerato che siamo costretti a ingoiare l’adesione turca, vi esorto a smettere di raccontare fandonie sulla democrazia e sul rispetto dell’opinione pubblica.
Piia-Noora Kauppi (PPE-DE). – (FI) Signor Presidente, signor Primo Ministro, la Finlandia assume la guida dell’Unione in un momento in cui l’Unione ha più che mai bisogno di leadership. Questo è il motivo per cui ho ascoltato con piacere il messaggio del Primo Ministro Vanhanen sugli obiettivi della Finlandia.
La Finlandia è ben preparata e può avere successo durante la sua Presidenza. Ciò è dimostrato, per esempio, dal modo in cui siamo stati contattati noi deputati finlandesi. E’ un buon segno, perché la Presidenza è della Finlandia, non solo del suo governo.
La Finlandia ha proposto che l’Unione dedichi tempo e risorse all’innovazione e alla competitività, alla trasparenza, all’energia, alla dimensione settentrionale e alle relazioni esterne, oltre a trovare una soluzione sul futuro della Costituzione. Sono obiettivi sui quali non potrei essere più d’accordo. Del resto, un’Europa unita e competitiva è sempre stata l’obiettivo del partito di coalizione nazionale finlandese/conservatore e del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei.
La Finlandia, tuttavia, farebbe bene a guardarsi allo specchio per quanto riguarda i progressi in materia di politica estera e di sicurezza comune europea. L’atteggiamento del governo, in particolare riguardo alla dimensione della difesa europea, è stato terribilmente incoerente. Il governo finlandese ha di norma adottato una posizione critica su una più stretta cooperazione in materia di difesa. Il nostro governo ha ceduto solo quando si è reso conto di essere in minoranza in seno al Consiglio. Alla fine, è stato dimostrato nella pratica che lo sviluppo cui si opponeva il governo era opportuno e positivo per l’Europa nel suo insieme, non solo per la Finlandia.
Signor Primo Ministro, la sicurezza non si crea con l’isolamento. E’ necessaria una più stretta cooperazione per migliorare la sicurezza dei cittadini europei e la stabilità globale. E’ ciò che si aspettano anche i nostri cittadini. Come lei ha affermato, l’Unione è diventata una superpotenza e non si può permettere pause di riflessione nella sua azione esterna.
Che cosa potrebbe fare il Consiglio sotto una guida finlandese? Il Trattato costituzionale contiene diverse proposte concrete in materia di sicurezza, tra cui una clausola di solidarietà, la cooperazione rafforzata per la gestione delle crisi, una più stretta cooperazione materiale nel campo della difesa e l’obbligo di assistere gli altri Stati membri in caso di attacco militare, cioè la difesa reciproca. La maggioranza di queste proposte è già stata introdotta in un modo o nell’altro, ma non la clausola di garanzia della sicurezza. Tuttavia, lo sviluppo si è ingarbugliato. E’ davvero il momento di realizzare l’obiettivo ambizioso di Maastricht: una politica estera e di sicurezza comune, con un sistema di difesa comune quale elemento essenziale. Se mi permettete di citare le sagge parole del Primo Ministro, non dobbiamo limitarci ad attendere un momento migliore. Il momento è qui e ora.
Reino Paasilinna (PSE). – (FI) Signor Presidente, signor Primo Ministro, onorevoli colleghi, il successo della Finlandia durante la sua Presidenza si potrebbe misurare in base al modo in cui presiederà il dibattito sulla Russia e condurrà i negoziati con tale paese. Di sicuro oggi non saranno più in molti ad accusarci di finlandizzazione!
L’energia è un’arma di politica estera, ma è anche un’arma nella lotta per le risorse globali, per l’energia stessa. La questione energetica è diventata un barometro sensibile delle relazioni tra l’Unione europea e la Russia, che potrebbe anche portare a un conflitto. Noi vogliamo la sicurezza degli approvvigionamenti e la Russia vuole un cliente affidabile. E’ un’equazione davvero impossibile? Questo è ciò che la Finlandia sta cercando di verificare, in quanto la Finlandia e la Russia operano così ormai da molti anni. Nonostante un paio di rivoluzioni, il flusso di petrolio è rimasto regolare.
I russi hanno cominciato ad adottare un parere positivo sulla dimensione settentrionale, ma ora hanno dubbi riguardo alla nuova politica europea di vicinato, perché non vogliono essere paragonati ai paesi del sud o del nord del Sahara. La dimensione settentrionale deve diventare un forum importante per le questioni settentrionali.
L’accordo di partenariato e cooperazione deve essere riformato. Era già superato quando è entrato in vigore e, come ha affermato l’onorevole Poettering, vogliamo una Russia stabile e democratica che si sviluppi. La Russia non può essere costretta a farlo, tuttavia, e lo sappiamo tutti per esperienza. Durante la sua Presidenza, la Finlandia non si comporterà come l’ex Primo Ministro Berlusconi: vi sarà meno istrionismo e un po’ più di onestà.
Anneli Jäätteenmäki (ALDE). – (FI) Signor Presidente, signor Primo Ministro, onorevoli colleghi, la Presidenza finlandese ravviverà un’Unione stanca. Questo, almeno, è ciò che noi finlandesi vogliamo credere. La storia dimostra che le presidenze dei piccoli paesi hanno spesso portato un soffio d’aria fresca. La brezza nordica è assai gradita. La sua freschezza rinvigorisce.
Una stretta e concreta cooperazione con la Russia è importante per l’intera Unione, sia in termini economici sia a livello politico. In quanto paese confinante, la Finlandia ha un interesse particolare ad avviare colloqui e compiere rapidi progressi. Nonostante la frontiera comune, la Finlandia non è un paese sospettato di promuovere i propri interessi a spese di una politica comune europea. Ci si attende un’azione concreta dalla Presidenza finlandese in materia di politica energetica, politica ambientale e, in particolare, cooperazione nella regione del Baltico sotto tutti gli aspetti.
In secondo luogo, vorrei sollevare la questione della trasparenza. Il Primo Ministro ha affermato che la trasparenza è essenziale. L’aspetto più importante in tema di trasparenza è l’accesso pubblico ai documenti, perché l’apertura delle riunioni a volte può essere ingannevole. Solo con la trasparenza la politica dell’Unione sarà comprensibile al pubblico e i cittadini e i responsabili delle politiche nazionali saranno in grado di seguirla; la possibilità di esercitare un controllo e l’obbligo di rendere conto sono importanti. L’Unione deve avere il sostegno e l’approvazione dei suoi cittadini e a tal fine la trasparenza, il controllo e la responsabilità democratica sono fattori importanti.
PRESIDENZA DELL’ON. TRAKATELLIS Vicepresidente
Satu Hassi (Verts/ALE). – (FI) Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Primo Ministro, mi spiace ma il suo approccio assomiglia più a quello di un funzionario pubblico prudente o di un apprendista che a quello di un leader, tanto meno visionario. In sostanza, la sua posizione consiste nel dar seguito a processi già ben avviati nell’Unione, il che è di vitale importanza, lo riconosco, ma non è sufficiente. Un leader deve far fronte alle sfide poste dagli sviluppi mondiali ed europei.
Lei ha a mala pena menzionato l’importanza del cambiamento climatico. Nell’elenco di priorità della Presidenza finlandese non si fa alcun accenno al cambiamento climatico, sebbene riguardi il futuro non solo dell’Europa, ma di tutta l’umanità. Davvero non è sufficiente elencare le riunioni in programma. Abbiamo bisogno di un approccio attivo e creativo da parte del Presidente dell’Unione. Altrimenti, di sicuro non vi sarà alcun accordo globale sul modo in cui continuare a proteggere il clima dopo Kyoto, cioè dopo il 2012, che è già abbastanza vicino. L’inclusione di nuovi paesi, in particolare, richiede un approccio totalmente diverso da quello che lei ha appena proposto.
Una delle maggiori sfide è la crescita esponenziale del flusso di profughi clandestini. Lei ha proposto soltanto controlli più efficaci delle frontiere, cooperazione di polizia e procedure di asilo. E’ davvero scoraggiante. L’Europa deve definire al più presto una politica d’immigrazione, in modo che le persone di altri paesi del mondo possano trasferirsi qui e lavorare in piena legalità. E’ sbagliato e crudele considerare gli immigrati poveri come lavoratori illegali privi di diritti.
Una sfida interna cui dobbiamo rispondere è la discriminazione nei confronti delle minoranze, per esempio gli omosessuali, e non sopporto il polverone che si è sollevato, in cui il Parlamento europeo è intervenuto in due occasioni quest’anno e ha chiesto alla Presidenza finlandese di fare qualcosa al riguardo. Lei non ha fatto osservazioni in proposito. Perché? Dov’è il suo approccio da leader? Intende portare avanti, in seno al Consiglio, la decisione adottata sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia?
Lei ha anche parlato di trasparenza, che è assai gradita, ma vi sono contraddizioni in ciò che afferma. In un primo tempo, la Finlandia ha detto che avrebbe promosso la trasparenza, ma sui quotidiani finlandesi del fine settimana lei afferma di non avere intenzione di aumentarla. Oggi ha parlato di mettere a punto servizi di ricerca su Internet. Qual è dunque la sua politica in materia di trasparenza? E’ solo un trucco tecnico o uno sviluppo della trasparenza nel processo decisionale stesso?
(Applausi)
Roberto Musacchio (GUE/NGL). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho già detto altre volte che finché non cambieremo l’opzione liberista, faticheremo ad uscire dalla crisi in cui l’Europa versa. E’ questa opzione che pregiudica gli obiettivi sociali e ambientali, che pure cerchiamo di assumere.
Prendiamo l’energia: essa non può essere considerata una merce come le altre, è il tema centrale del futuro, che richiede che si vada sulla strada di Kyoto e ben oltre, che si passi alle fonti rinnovabili, abbandonando quelle fossili, che non si corrano i rischi intollerabili del nucleare; che vi siano equità, solidarietà e non conflitti, guerre commerciali o addirittura, come accade, guerre militari; richiede un’altra visione dell’economia, della società, della politica, della democrazia.
L’Europa parla di comunità dell’energia ed è una buona idea, ma questa comunità, per esistere, ha bisogno delle suddette scelte, fatte insieme agli altri – dalla Russia, all’America meridionale, all’Africa – e non contro di essi.
Tra pochi giorni si svolgerà a San Pietroburgo il G8, e l’Europa – anche se per noi la sede è assai discutibile e inaccettabile – dovrà portarvi queste proposte, che si sintetizzano con il concetto di energia come bene comune del futuro.
Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk (UEN). – (PL) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Presidente della Commissione, nella discussione sul programma della Presidenza finlandese vorrei richiamare l’attenzione su un ostacolo significativo nelle relazioni tra l’Unione europea e la Russia.
La Finlandia, che ha sempre avuto buone relazioni con la Russia, deve compiere progressi almeno su due questioni. La prima è l’uso da parte della Russia delle forniture di combustibili come leve per esercitare un’influenza politica, sia sugli Stati membri, sia su altri paesi. La Russia, che vuole avere buone relazioni con l’Unione, deve porre fine a tali pratiche e questo è un impegno che l’Unione deve esigere al prossimo Vertice. In secondo luogo, la Russia ha presentato domanda di adesione all’Organizzazione mondiale del commercio, in seno alla quale l’Unione è un soggetto di primo piano, tuttavia blocca l’importazione di molti prodotti nei propri mercati, violando così le norme dell’OMC. Un esempio lampante è il divieto di importazione di prodotti alimentari polacchi imposto dalla Russia negli ultimi sette mesi. Sebbene la Polonia abbia eliminato tutti i motivi per cui tali esportazioni erano state bloccate, i russi non hanno soppresso le restrizioni. Alla luce di questa situazione, dovrebbe essere impossibile per i rappresentanti dell’Unione approvare l’adesione della Russia all’OMC, finché tale paese non si deciderà a risolvere la questione dell’accesso ai suoi mercati, compreso l’accesso dei prodotti di origine polacca.
Mi auguro che la Presidenza finlandese tenterà di risolvere le questioni che ho descritto.
Jens-Peter Bonde (IND/DEM). – (DA) Signor Presidente, Primo Ministro Vanhanen, mio illustre collega in seno alla Convenzione, ritengo che il Primo Ministro Vanhanen sia stato coraggioso a proporre di avviare il processo di ratifica di un Trattato che dovrebbe essere morto e sepolto dopo i referendum in Francia e nei Paesi Bassi. Perché vi è ora una mancanza di coraggio in Finlandia? Perché non osa sottoporre la Costituzione a referendum? Il giorno stesso in cui gli abbiamo fatto visita a Helsinki, il Primo Ministro ha fatto firmare la Costituzione alla sua Presidente, sebbene lei sia contraria. Ciò è avvenuto appena poche ore dopo la divulgazione, da parte della televisione finlandese, dei risultati di un sondaggio secondo cui soltanto il 22 per cento dei finlandesi è favorevole alla Costituzione, mentre il 48 per cento è contrario. Ritengo che il Primo Ministro Vanhanen dovrebbe nascondersi dietro la sua toga.
Alla Convenzione, il Primo Ministro ha lavorato a favore della trasparenza, della democrazia e del ravvicinamento ai cittadini e ha sostenuto la richiesta di sottoporre la Costituzione a referendum in ogni Stato membro. Imponete l’indizione di referendum in ogni Stato membro come condizione di accettazione da parte della Finlandia, mettendo così in pratica la trasparenza che avete annunciato. Rendete tutti i documenti relativi all’intero processo legislativo disponibili sul sito Internet. Aprite tutte le riunioni al pubblico, a meno che la maggioranza dei paesi vi chieda attivamente di non farlo. Alla Convenzione, il Primo Ministro ha firmato di proprio pugno il progetto, così come tutti gli altri rappresentanti eletti presenti. Presentatelo alla prossima riunione del Consiglio dei ministri. Venti dei 25 governi hanno anch’essi apposto la firma. Il progetto può essere adottato dalla maggioranza semplice dei 25 Stati membri. Le promesse vanno mantenute. Invito il Presidente in carica del Consiglio finlandese a essere coraggioso e a tener fede alla propria firma. Sono certo che il Primo Ministro si farebbe solo nemici nel COREPER, il governo segreto dell’Unione. I cittadini di tutta Europa lo adorerebbero se fosse proprio lui ad aprire le porte chiuse di quest’Unione distante. Mi auguro che vi sarà qualcosa per cui ringraziarla a dicembre.
Alessandro Battilocchio (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, parlo a nome del nuovo PSI. Concordo appieno con le priorità della Presidenza finlandese e, in particolare, con l’accento posto sul rilancio del ruolo delle nostre Istituzioni, tanto a livello europeo quanto a livello internazionale.
Sul primo aspetto, per quanto riguarda, cioè, il rapporto delle Istituzioni con i cittadini, molte sono le strategie che si possono intraprendere: dialogo, democrazia, dibattito, come propone la Commissione, sono senz’altro tra queste, ma trovo che tre azioni in particolare potrebbero veramente dare agli europei un segnale forte della nostra volontà politica: i) chiudere la fase di riflessione per rilanciare concretamente il processo costituzionale; ii) aumentare la trasparenza nel processo decisionale e, aggiungerei, amministrativo – a tale proposito ringrazio la Presidenza finlandese per l’impegno in questo senso, che, mi auguro, avrà risvolti concreti; iii) tentare di trovare una soluzione convincente e percorribile alla questione della doppia sede del Parlamento, problema che, di certo, non contribuisce all’immagine di efficienza ed attenzione che vogliamo dare ai nostri cittadini.
Sul piano internazionale, come il Primo Ministro Matti Vanhanen ha dichiarato, l’UE è una comunità di valori e il suo punto di partenza è la pace e la stabilità. Uno degli impegni che l’UE si è assunta agli occhi della Comunità internazionale, è la promozione di tali valori anche all’esterno delle sue frontiere. Spero, quindi, che il Consiglio sappia appoggiare le richieste che verranno dal Parlamento in questo senso, per quanto riguarda gli strumenti che dovranno finanziare la cooperazione internazionale e la promozione della democratizzazione e dei diritti umani. Anche in questo settore è, infatti, importante garantire un impegno forte, coerente ed efficace e, ancora una volta, trasparenza nelle decisioni e nell’implementazione per assicurare alle nostre azioni la dovuta credibilità.
Timothy Kirkhope (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto esprimere i migliori auguri al Primo Ministro all’inizio del suo lavoro. Nel suo profilo fornito dal Financial Times questa settimana, si afferma che ha costruito da solo la propria casa e che ama il giardinaggio. Con una persona con un approccio alla vita tanto concreto, sono certo che la Presidenza sarà molto concreta.
La nuova Presidenza intende promuovere un’Unione trasparente ed efficace. I conservatori britannici sostengono da molti anni la causa della trasparenza e dell’apertura. L’apertura al pubblico delle riunioni del Consiglio, nonostante i grossolani tentativi del nuovo ministro degli Esteri britannico di preservare la segretezza, è un passo nella giusta direzione. Intendiamo rimanere vigili e garantire che la lettera e lo spirito dell’apertura siano osservati nei prossimi mesi. Accolgo con favore anche l’intenzione della Presidenza di valutare gli effetti della legislazione e renderla più chiara. Abbiamo sostenuto a lungo l’esigenza di svolgere valutazioni adeguate riguardo all’effettiva necessità di alcuni atti legislativi. A mio parere, il presupposto di partenza dovrebbe sempre essere contrario a legiferare.
Si dovrebbero svolgere adeguate valutazioni d’impatto anche prima di adottare nuove normative e mi auguro che la Presidenza compia progressi in materia di minore legislazione e minore regolamentazione, quale elemento essenziale del programma di riforma che vorrei fosse messo a punto in Europa.
Accolgo con favore la promozione di un approccio collegiale della Presidenza. E’ senz’altro sensato che due o tre presidenze entranti si riuniscano per concordare le priorità e adottare piani sulla base di un programma a più lungo termine. Le politiche avviate e interrotte nell’arco di sei mesi spesso non funzionano quando si ha bisogno di una pianificazione e di una riforma a lungo termine.
Mi auguro che la Presidenza opererà in stretta collaborazione con il Presidente Barroso sul programma di riforma economica. Non vi è spazio per l’autocompiacimento. Lo stimolo a rendere l’Europa più competitiva non comincia e finisce con le conclusioni dei Vertici. La necessità di riforma è più che mai urgente e mi auguro che la Presidenza sosterrà il tipo di programma di liberalizzazione e di riforma economica che chiediamo da tempo.
Infine, è possibile risolvere una volta per tutte la vexata quaestio della sede del Parlamento?
Hannes Swoboda (PSE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Presidenza del Consiglio finlandese – come il Primo Ministro Vanhanen ha dimostrato anche oggi – ha adottato un’impostazione molto equilibrata e, anche se a volte si esprime con eccessiva freddezza, posso dire che, se penso ai problemi che dovrà risolvere, la situazione di tanto in tanto si surriscalderà non poco.
Un problema cui avete accennato sia lei sia il Presidente della Commissione è la questione della Turchia. Lei sa che per noi l’avvio dei negoziati con la Turchia e i progressi di tali negoziati sono questioni molto serie, ma sa anche che insistiamo sull’assoluta necessità che la Turchia rispetti i suoi obblighi giuridici. Parallelamente ma indipendentemente da questo, auspichiamo tuttavia – ed è utile che anche il Commissario Rehn sia presente in Aula – che si faccia tutto il possibile per offrire alla popolazione turca di Cipro Nord una possibilità di realizzare il suo desiderio di avvicinarsi all’Unione europea e che anche il governo cipriota faccia tutto il possibile per aprire nuove vie e nuovi canali onde promuovere una nuova fiducia tra i due gruppi etnici.
Se riuscirà a fare entrambe le cose, cioè garantire che la Turchia rispetti i suoi obblighi giuridici e che al tempo stesso si compiano progressi a Cipro, sarà un vero trionfo.
Per passare all’Europa sudorientale, posso solo confermare che vorremmo anche noi che lei adottasse nuove misure per indicare a tutti – compresi i serbi – una via verso l’Europa in questa fase molto difficile.
In terzo luogo, vorrei parlare della Russia. E’ giusto che lei ponga la questione energetica e la Russia in cima al suo ordine del giorno.
Vi sono due cose cui attribuiamo grande importanza. In primo luogo, per quanto riguarda l’energia, è necessario definire un quadro giuridicamente vincolante tra la Russia e l’Unione europea e, se non sarà la carta dell’energia – riguardo alla quale il Presidente Barroso ha annunciato nuove iniziative – dovrà essere un altro quadro giuridicamente vincolante, trasparente e valido per entrambe le parti.
In secondo luogo, è di vitale importanza che la Russia adotti una politica di vicinato analoga a quella dell’Europa. Abbiamo entrambi interessi nei confronti dei nostri vicini comuni, ma, mentre noi facciamo offerte, la Russia invece spesso esercita pressioni politiche. Mi auguro che lei riesca a far sì che anche Mosca faccia offerte ai suoi vicini. In tal modo, potremmo competere sulla base delle offerte e non vi sarebbero offerte da una parte e pressioni politiche dall’altra.
(Applausi)
Karin Riis-Jørgensen (ALDE). – (DA) Signor Presidente, ho una richiesta per lei, Primo Ministro Vanhanen, ora che il suo lavoro sull’estensione delle competenze dell’Unione sarà portato avanti. Sostengo pienamente la sua proposta di modificare la cooperazione in materia giuridica in modo da adottare le decisioni a maggioranza qualificata. Ciò significherebbe intensificare davvero i nostri sforzi congiunti nella lotta contro il terrorismo e contro l’orribile tratta delle donne. Come ho detto, ho una richiesta da rivolgerle, Primo Ministro Vanhanen, da liberale a liberale, per così dire. Si accerti che non finiremo su una china pericolosa. Vi sono molti segnali preoccupanti. Gli esempi comprendono i casi riguardanti la protezione dei dati, la consegna delle liste dei passeggeri, i voli della CIA e il caso più recente riguardante la società SWIFT, che ha permesso alle autorità americane di controllare i trasferimenti bancari europei. Dobbiamo essere vigili e garantire che le nostre libertà fondamentali non siano violate e che i nostri diritti non siano lesi illecitamente ai fini della lotta al terrorismo. Con questo intendo che non dobbiamo compromettere indebitamente la nostra libertà ai fini della nostra sicurezza. Bisogna garantire il giusto equilibrio. La invito quindi a tenerne conto quando si metterà al lavoro. Lavori bene, e con solerzia!
(EN) Presidente Barroso, da piccolo paese a piccolo paese: buona partita per stasera e che vinca il migliore!
Ian Hudghton (Verts/ALE). – (EN) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, in veste di rappresentante di nazioni prive di Stato dell’Alleanza libera europea, come la Scozia, il Galles e la Catalogna, segnalo che la Finlandia, oltre a guidare l’Unione e festeggiare il centenario dell’indipendenza riconquistata, è stata la prima nazione al mondo a concedere pieni diritti politici alle donne. Mentre sempre più paesi di piccole dimensioni, come la Catalogna, il Montenegro e il mio paese, la Scozia, cercano di riaffermare il loro diritto all’indipendenza, guardiamo alla Finlandia e ad altri piccoli Stati membri dell’Unione come modelli di comportamento.
Accolgo il suo impegno dichiarato a favore della trasparenza e della sussidiarietà. Tuttavia, per ridare davvero credibilità all’Unione europea, come entrambi vogliamo, dobbiamo fare di più, non limitarci a riproporre il testo attuale della Costituzione. La credibilità dell’Unione in Scozia, per esempio, non migliorerà se la disastrosa politica comune della pesca sarà consolidata. La dispendiosa migrazione che dobbiamo fare ogni mese a Strasburgo non aiuta.
Mi compiaccio altresì dell’intenzione dichiarata del Presidente in carica del Consiglio di svolgere consultazioni sulla Costituzione, ma non dobbiamo consultarci solo tra noi in seno alle Istituzioni, dobbiamo consultare anche i cittadini e prendere atto di ciò che dicono.
Tobias Pflüger (GUE/NGL). – (DE) Signor Presidente, dopo la Presidenza austriaca, con i finlandesi la Presidenza del Consiglio è esercitata per la seconda volta da uno Stato membro neutrale, o forse dovrei dire formalmente neutrale, perché, se esamino il programma della Presidenza finlandese in materia di politica estera, in particolare di politica militare, la situazione è identica a prima e, per certi versi, persino peggiore. Con il fine ufficiale di garantire la sicurezza durante le elezioni, 2 000 soldati dell’Unione saranno inviati in Congo. Tuttavia sappiamo – e lo sa anche il ministro della Difesa tedesco – di che cosa si tratti in realtà. In realtà si tratta di salvaguardare gli interessi economici della Germania e dell’Unione europea e ora – o così interpreto i programmi – il Sudan sarà il prossimo paese a beneficiare di questo trattamento, questa volta con la partecipazione della NATO.
L’Unione s’imbarca continuamente in nuove avventure militari, fatto che considero rovinoso. Il gruppo di combattimento dovrà entrare in servizio durante la Presidenza finlandese – un aspetto che considero problematico – e purtroppo si continua a insistere sul Trattato costituzionale, anche se è stato dichiarato morto. Perché non ci rinunciamo una buona volta? La esorto a invertire la rotta e impegnarsi a favore di un’Europa realmente civile, in cui non si spendano più miliardi di contributi versati dai cittadini per la militarizzazione, e ad agire come uno Stato veramente neutrale.
Bastiaan Belder (IND/DEM). – (NL) Il dibattito sul futuro dell’Europa richiede una Presidenza ambiziosa e risoluta nella seconda metà del 2006, ma la presentazione di stamattina mi fa temere il peggio. Permettetemi di cominciare dall’ambizione, o dalla mancanza di ambizione. La critico perché rimane attaccato alla Costituzione europea respinta. Così facendo, lei, il Presidente finlandese, impedisce l’avvio di un dibattito nuovo e ambizioso sul futuro dell’Unione europea.
Tuttavia, questo non è l’unico problema. La Presidenza finlandese, che sbandiera il suo impegno a favore della trasparenza, tiene l’Europa dolorosamente divisa. Pur sapendo che il testo della Costituzione due volte respinta dovrebbe almeno essere modificato, lei ha intenzione di ratificare la Costituzione europea durante la sua Presidenza. In che modo possiamo giustificare questa decisione di fronte ai cittadini e, più specificamente, ai cittadini olandesi?
Sono preoccupato anche per la sua mancanza di fermezza. Tirerà davvero avanti la baracca da solo, in attesa del Cancelliere Merkel? Quanto è risoluta una Presidenza che, tramite un’intervista rilasciata alla Süddeutsche Zeitung dal suo ministro degli Affari esteri, sin dal 1° luglio afferma di non aspettarsi granché dal ciclo di consultazioni con gli Stati membri?
Raramente ho il piacere di concordare con le analisi dell’onorevole Leinen, presidente della commissione per gli affari costituzionali. Tuttavia, condivido il suo parere secondo il quale il Consiglio sta trasmettendo un messaggio ambiguo. La Presidenza finlandese deve scegliere inequivocabilmente tra la Costituzione respinta e un nuovo quadro per il Trattato. La mia preferenza, tra l’altro, andrebbe alla seconda e più ambiziosa opzione. Invito quindi la Presidenza finlandese a mostrare l’ambizione e la fermezza richieste.
Ryszard Czarnecki (NI). – (PL) Signor Presidente, sono lieto che il Primo Ministro finlandese oggi abbia parlato di Istituzioni europee più efficaci. E’ una questione importante in un momento in cui l’Unione europea si trova di fronte a un bivio. A mio parere, non dovremmo limitare le competenze del Consiglio, ma aumentare quelle del Parlamento europeo, quale organismo eletto dai cittadini, e limitare le competenze della Commissione, sulla cui elezione i cittadini non hanno voce in capitolo. Mi compiaccio che la Presidenza finlandese sostenga l’idea di aumentare la trasparenza nelle Istituzioni europee, perché si tratta di un elemento essenziale.
Sono lieto che la Presidenza abbia espresso un giudizio positivo sull’ultimo allargamento dell’Unione. Ritengo che nei prossimi sei mesi si creerà un clima favorevole alla prossima graduale e ragionevole espansione delle strutture dell’Unione. Quando il Presidente del Consiglio parla della necessità di rafforzare la competitività europea, mi auguro che non siano solo parole e che il Consiglio traduca questa promessa in azioni concrete, per esempio nel settore dei servizi, e che si ponga fine a tutte le restrizioni imposte in questo campo dalla deprecata direttiva sui servizi.
Françoise Grossetête (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Commissione, onorevoli colleghi, la sua posizione, Primo Ministro Vanhanen, non è delle più facili, tra una Presidenza austriaca che ha ottenuto risultati rispettabili e una Presidenza tedesca che suscita sin d’ora grandi aspettative. Questa posizione soffocante vi avrebbe dovuto rendere più determinati a osare, per far sì che la Finlandia sia la Presidenza dell’invenzione concreta e del progresso duraturo.
Purtroppo, anziché stupirci, ci avete deluso. Nel suo discorso mancava l’anima. Ci è stato offerto un catalogo, un guazzabuglio di idee in cui lei si è premurato di non dimenticare il benché minimo aspetto della politica europea, ma non è questo che ci attendiamo da lei. Vogliamo azioni concrete.
Le farò alcuni esempi: lei dovrebbe preoccuparsi del costo delle chiamate all’estero da un telefono cellulare, che penalizza molti europei. Dovrebbe anche sostenere seriamente la realizzazione del progetto Galileo. Ciò che ci attendiamo da lei è che usi la sua influenza in seno al Consiglio per favorire uno sviluppo più attivo della cooperazione giudiziaria e di polizia.
Lei ha anche un altro compito, quello del finanziamento dell’Unione europea, perché finora essa non è stata in grado di dotarsi di un bilancio. Il Consiglio non è stato in grado di dotarsi di un bilancio all’altezza delle ambizioni annunciate dall’Unione europea.
Sarebbe un vero peccato se dovessimo riprendere il leitmotiv “non possiamo più avanzare, il Consiglio blocca la strada”. Nondimeno, perché non ci rende partecipi della sua esperienza con una vera politica forestale? Il legno è una risorsa rinnovabile e risponde a criteri interessanti per l’Europa nel contesto del cambiamento climatico. Lei ha parlato di energia, ma ciò che le chiediamo è di essere forte: forte di fronte alla Russia, perché la Russia comprende solo i rapporti di forza. Inoltre, quando si parla di frontiere dell’Europa, ascolti il Parlamento europeo, che si preoccupa di tenere conto della capacità di assorbimento dell’Unione europea.
Per concludere, e questa sarà forse l’unica nota positiva del mio intervento, vorrei esprimere il mio sostegno alla volontà dichiarata del suo governo di mostrare più fermezza nei confronti della Turchia sulla questione cipriota, perché l’invasione turca è l’unico ostacolo alla riunificazione dell’isola. Come può vedere, può fare molto perché la sua Presidenza non sia una presidenza all’insegna dell’immobilismo.
Gary Titley (PSE). – (EN) Signor Presidente, saluto la Presidenza finlandese, che presumo sarà esercitata con la tipica efficienza e professionalità finlandese. La Finlandia ha molto da insegnarci, in particolare riguardo all’importanza degli investimenti nell’istruzione di alta qualità e anche al modo in cui garantire l’equilibrio tra efficienza economica e giustizia sociale.
Accolgo con favore il discorso del Presidente in carica del Consiglio, che si riassume in tre punti. Al momento il Consiglio ha tre priorità: azione, azione e azione. I cittadini non amano i processi, amano i risultati, e noi saremo giudicati in base ai nostri risultati.
Venerdì, nel Regno Unito, commemoreremo l’anniversario dei terribili attentati del 7 luglio 2005, quando 52 nostri cittadini persero la vita in un attacco terroristico. Ricordo bene la compassione e la solidarietà espressami dai colleghi in seno al Parlamento europeo l’anno scorso, e anche la solidarietà espressa ai deputati spagnoli l’anno prima, all’epoca degli attentati a Madrid. I nostri cittadini si attendono che l’Europa garantisca la loro sicurezza.
Vi fu un altro attentato il 21 luglio, che per fortuna fallì. Tuttavia, grazie al mandato di arresto europeo, uno dei sospettati fu ricondotto nel Regno Unito dall’Italia nell’arco di poche settimane. Questo è precisamente il tipo di azione che i nostri cittadini si attendono. Dobbiamo garantire una migliore cooperazione in materia di sicurezza. Dobbiamo conseguire risultati anche nel migliorare la sicurezza in generale. Vi sono ancora grandi carenze nelle nostre capacità di gestione delle crisi. Ciò è dovuto al fatto che gli Stati membri dicono che interverranno, ma poi non mantengono la parola. Far sì che gli Stati membri tengano fede alle loro promesse deve essere la nostra priorità assoluta.
Analogamente, riguardo all’immigrazione, dobbiamo dotarci di una politica giusta ed efficace che colleghi lo sviluppo all’immigrazione e renda le nostre frontiere molto più sicure. Per quanto riguarda l’energia, dobbiamo riconoscere che esiste un mercato unico e comportarci di conseguenza. Dobbiamo portare avanti l’intero programma relativo al mercato unico, che è ancora troppo incompleto.
Mi compiaccio del suo impegno a favore di una migliore regolamentazione, signor Presidente in carica del Consiglio, ma, come ha sentito oggi, il meglio che si possa fare per migliorare la regolamentazione è porre fine al vagare del Parlamento europeo per l’Europa, in modo che possa concentrarsi sulla legislazione.
Kyösti Virrankoski (ALDE). – (FI) Signor Presidente, ringrazio il Primo Ministro Matti Vanhanen per la sua presentazione esauriente. In particolare, vorrei associarmi alla sua preoccupazione riguardo alla giustificazione dell’esistenza dell’Unione, la sua legittimità.
La vera e propria sconfitta del Trattato costituzionale nei referendum non riflette tanto l’immenso controllo che i cittadini hanno sulla legislazione, quanto la diffidenza e la sfiducia che provano nei confronti dell’Unione europea. Hanno buoni motivi. L’enorme mole della legislazione europea, con tutti i suoi meticolosi dettagli, l’immensa e inefficace burocrazia e il livello del tutto sproporzionato di controllo e vigilanza rendono l’Unione detestabile. Questo è il motivo per cui la promessa del Primo Ministro di investire più tempo ed energie nel miglioramento della legislazione è particolarmente importante. Concordo con il Primo Ministro Vanhanen sul fatto che l’Unione deve concentrarsi sull’essenziale e lavorare in modo efficace. Per quanto riguarda il Trattato costituzionale, la Finlandia ha una splendida occasione per prendere l’iniziativa e dar prova di leadership reale, avviando le consultazioni per stabilire fino a che punto si possa portare avanti il Trattato e che cosa debba contenere.
Per avere successo nel contesto della concorrenza globale, l’Unione deve diventare più competitiva. La ricerca, lo sviluppo di prodotti e la formazione sono elementi fondamentali. Mi auguro che la Presidenza riesca a introdurre la legislazione e i programmi al più presto, in modo che si possa cominciare a utilizzare le scarse risorse offerte dal quadro finanziario.
Vorrei infine accennare all’agricoltura, anche se non figura specificamente nel programma. Nella pratica, è l’unico settore in cui l’Unione regolamenta il livello di reddito dei privati cittadini. Anche il nostro maggiore settore industriale, l’industria alimentare, dipende da essa. Confido nel fatto che la Presidenza saprà proteggere la nostra agricoltura nei negoziati dell’OMC, nei quali subisce furibondi attacchi. Al tempo stesso, auspico che le condizioni essenziali per un’agricoltura sostenibile e competitiva siano garantite in tutta Europa, incluse le regioni periferiche, in conformità delle decisioni del Consiglio europeo.
Auguro al mio paese, la Finlandia, il massimo successo durante la sua Presidenza.
Diamanto Manolakou (GUE/NGL). – (EL) Signor Presidente, non vi è alcun bisogno di illudersi che qualcosa cambierà durante la Presidenza finlandese. Nei prossimi sei mesi, essa continuerà ad attuare la stessa politica reazionaria, contro il movimento di base, e a militarizzare l’Europa, come il suo programma conferma.
La sua prima priorità è la cooperazione per resuscitare la Costituzione europea, anche se è stata censurata e respinta dalla popolazione della Francia e dei Paesi Bassi.
Promozione della competitività per aumentare la redditività del capitale eurounificante, tramite lo sfruttamento sempre più vessatorio dei lavoratori.
Agevolazioni fiscali per il capitale e nuove tasse per i lavoratori, nel quadro dello sviluppo di normative europee.
Libro verde sul diritto del lavoro, al fine di abolire ogni diritto giuridico conquistato dal movimento dei lavoratori attraverso le sue lotte.
Quanto alle relazioni con la Russia, esse sono il tanto ricercato contrappeso alla concorrenza con gli Stati Uniti.
Tuttavia, particolarmente offensive sono le pressioni che la Presidenza finlandese afferma di prepararsi a esercitare sugli Stati membri affinché siano avviati scambi commerciali diretti con Cipro Nord occupata, ignorando la presenza di un esercito di occupazione e lo pseudo Stato de facto al fine di soddisfare le richieste inaccettabili della Turchia.
Non dobbiamo permetterlo. Sosterremo ogni azione intrapresa dal movimento dei lavoratori contro questa politica.
Ville Itälä (PPE-DE). – (FI) Signor Presidente, in recenti dibattiti ho sentito due descrizioni della Presidenza finlandese. La prima è che, se l’Unione non regredirà nei prossimi sei mesi, la Presidenza finlandese sarà stata un successo. La seconda è che il compito principale della Finlandia sarà preparare la prossima Presidenza tedesca.
Non è così, tuttavia: la Finlandia ha molto di più da offrire all’Europa e agli europei. Le priorità particolarmente importanti, la Russia e l’energia, sono settori in cui la Finlandia ha grande esperienza. E’ su queste questioni che l’Unione deve compiere il maggiore passo avanti. Non abbiamo alcuna politica comune sulla Russia e non possiamo negoziare con la Russia su un piano di parità finché non avremo adottato tale politica.
Signor Primo Ministro, lei ha giustamente affermato che in seno al Parlamento vi sono molte questioni aperte, che devono essere debitamente portate a termine. Esse comprendono la normativa REACH e il regolamento finanziario, e molte altre questioni che rappresentano i piccoli passi che aiuteranno l’Unione a procedere.
Lei ha anche parlato dell’allargamento, che considero una delle questioni più importanti, nonché un’immensa sfida. In realtà è impossibile portare avanti allo stesso tempo l’allargamento, troppo veloce e contrario alla volontà dei cittadini, e la Costituzione. La questione della Romania e della Bulgaria sarà affrontata durante la Presidenza finlandese ed è importante dimostrare ai cittadini che i criteri sono soddisfatti. E’ evidente che dobbiamo continuare a sottolinearne l’importanza, soprattutto per quanto riguarda la Turchia. I criteri devono essere rispettati, perché i cittadini abbiano fiducia nell’Unione.
Più di ogni altra cosa, i cittadini si attendono fatti e prospettive. Il vecchio progetto con cui si motivava l’esistenza dell’Unione non è più sufficiente per i nostri cittadini. Di conseguenza, è ora di definire una nuova idea comune e definitiva di ciò che l’Unione europea sarà tra 10 o 20 anni. Questa a mio parere è la questione sulla quale la Presidenza finlandese dovrebbe assolutamente cominciare a lavorare. Di sicuro non si giungerà a una conclusione, ma è importante cominciare a lavorarci, per far sì che le relazioni tra i cittadini e le Istituzioni dell’Unione proseguano in uno spirito positivo.
(Applausi)
Poul Nyrup Rasmussen (PSE). – (EN) Signor Presidente, il Presidente in carica del Consiglio è famoso in Finlandia per la cooperazione e il consenso. Mi auguro sinceramente, signor Primo Ministro, che quando incontrerà le parti sociali al Vertice sociale di ottobre, lei compirà progressi reali, perché non si possono compiere progressi in termini di ricchezza e di valori degli Stati membri dell’Unione europea senza un’ampia cooperazione fondata sul consenso.
Signor Presidente in carica del Consiglio, quando si parla di “flessicurezza” – e sono lieto che lei e il Presidente Barroso l’abbiate assunta come importante base per la cooperazione – è estremamente importante che non si tratti solo di flessibilità, come vorrebbe il Primo Ministro de Villepin in Francia, ma di flessibilità e di sicurezza in una versione moderna, combinata e globalizzata. Ciò si può fare solo in cooperazione con le parti sociali, e mi auguro che lei assuma la guida in questo processo. Lei ha tutti i requisiti necessari per farlo e sono certo che lo farà.
Come ho rilevato stamattina, la seconda richiesta che le rivolgo è di condurre la lotta contro la criminalità, il terrorismo e la tratta di esseri umani. Poiché ha rilanciato la Presidenza finlandese a Tampere, è giunto il momento di trasformarla in realtà. Mi auguro che, utilizzando la clausola passerella, la Presidenza finlandese si concluda con un risultato molto chiaro per tutti i nostri cittadini.
Alexander Lambsdorff (ALDE). – (DE) Signor Presidente, Primo Ministro Vanhanen, signor Presidente della Commissione, ritengo che il governo finlandese abbia adottato le giuste priorità. Diciamo “sì” al rafforzamento della politica estera e di sicurezza comune, compresa una politica di sicurezza di più alto profilo. Diciamo “sì” all’intensificazione della concorrenza e al miglioramento della trasparenza nella legislazione europea. Diciamo “sì” anche a un dibattito sereno nell’ambito del processo costituzionale, come il Primo Ministro senza dubbio prevede per la Presidenza del suo paese. Come può vedere, noi parlamentari del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa abbiamo grande fiducia nel successo della Presidenza finlandese.
Tutto questo, tuttavia, avviene nel contesto delle recenti dichiarazioni del Primo Ministro in seno al parlamento finlandese, il quale ha affermato che l’Unione non ha più un nucleo comune e che si formano invece coalizioni in funzione dei singoli casi. L’interesse comune europeo diventa secondario rispetto alla cooperazione intergovernativa caso per caso. Ci auguriamo che faccia qualcosa per l’interesse comune europeo, per il nucleo europeo, e sia quindi d’esempio anche per la successiva Presidenza tedesca.
Othmar Karas (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo vinto i mondiali di calcio, ma l’Unione europea è di nuovo all’attacco anche a livello politico, sta ottenendo un successo collettivo e ha nuovamente rafforzato i suoi obiettivi comuni. Chiedo al Presidente in carica del Consiglio di essere un capitano forte per la squadra del Consiglio e di intensificare il lavoro di squadra con i suoi omologhi. La cooperazione con il Parlamento, per esempio, è uno dei motivi del successo della Presidenza austriaca. Lo invito a seguire questo corso e continuare a rafforzare la cooperazione e la partecipazione dei parlamentari.
La cooperazione con il Parlamento non è identica alla cooperazione con i parlamenti nazionali. Siamo partner del Consiglio, siamo colegislatori, non solo i suoi controllori. Siamo alla pari con il Consiglio, la nostra controparte è il Consiglio, non i parlamenti nazionali.
In secondo luogo, riguardo alla trasparenza, chiedo al Presidente in carica del Consiglio di garantire che questo motto diventi una realtà legislativa, in quanto la trasparenza è la premessa essenziale per porre fine al doppio gioco tra politica nazionale ed europea. Gli chiedo di garantire che tutti i cittadini degli Stati membri siano a conoscenza della trasparenza del Consiglio nel suo ruolo di legislatore, di pubblicizzare la trasparenza e di offrire a EuroNews uno spazio nei palinsesti di tutte le emittenti pubbliche.
In terzo luogo, nel contesto dell’allargamento, l’unico modo di ispirare fiducia è osservare le norme e garantire la coerenza nei nostri negoziati. Se il Protocollo di Ankara non sarà attuato, i negoziati di adesione con la Turchia dovranno essere interrotti. Raccomando al Presidente in carica del Consiglio di seguire gli esempi dell’allargamento della zona dell’euro e delle discussioni sull’allargamento svoltesi negli ultimi sei mesi.
Per questo motivo, chiedo al Presidente della Commissione di chiarire la sua affermazione sulle condizioni essenziali per l’allargamento, che può essere tecnicamente corretta, ma dal punto di vista politico ha creato confusione. Quando diciamo che Nizza non è sufficiente, dobbiamo chiarire che, prima di poterci imbarcare nel prossimo importante allargamento – cioè l’adesione della Croazia – abbiamo bisogno di un nuovo Trattato costituzionale.
Infine, vorrei invitare il Presidente in carica del Consiglio ad adoperarsi affinché si ottengano risultati per quanto riguarda la direttiva sui servizi, la direttiva sull’orario di lavoro, la direttiva “Televisione senza frontiere” e i pagamenti transfrontalieri.
Enrique Barón Crespo (PSE). – (ES) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Presidente della Commissione, onorevoli colleghi, nel mio intervento affronterò tre punti del suo discorso e aggiungerò una sfida.
In primo luogo, accolgo con favore il fatto che il governo finlandese, assumendo la Presidenza, tenga fede alla parola data ratificando la Costituzione, che è ora sostenuta dalla maggioranza degli Stati e dei popoli europei. E’ un fatto cui va dato risalto, perché siamo tutti d’accordo sulla sua necessità, non solo per l’allargamento, ma anche per poter funzionare.
In secondo luogo, per quanto riguarda la questione della sicurezza e della lotta al terrorismo, vorrei ringraziarla per il sostegno espresso da lei e da altri membri del Consiglio europeo all’inizio del processo di superamento della violenza e di conseguimento della pace nel mio paese, la Spagna.
In terzo luogo, vorrei ricordare che il processo di creazione di una politica di immigrazione comunitaria – lei ha segnalato il caso delle isole Canarie – è cominciato a Tampere e dobbiamo tentare seriamente di accelerarlo.
Infine, signor Presidente in carica del Consiglio, la settimana scorsa ho avuto l’occasione di incontrare a Ginevra Paula Lehtomäki, ministro del Commercio estero e dello Sviluppo, ai negoziati del ciclo per lo sviluppo di Doha. Tali trattative costituiscono una sfida molto importante la cui forma concreta dovrà essere definita dalla Presidenza finlandese. Ritengo che tale questione debba avere un posto di primo piano nel programma, al fine di salvaguardare il nostro futuro e di assumerci le nostre responsabilità.
Sarah Ludford (ALDE). – (EN) Signor Presidente, sono rassicurata dalla ferma decisione del Primo Ministro di concentrarsi sui Balcani e promuovere i loro progressi verso l’Unione. Signor Primo Ministro, so che si tratta di un progetto europeo e non finlandese, ma lei è in una posizione particolarmente favorevole con il suo ex Presidente Ahtisaari, che ha partecipato ai negoziati sullo statuto del Kosovo, e il suo ex assistente, Olli Rehn, ora Commissario per l’allargamento. L’Unione ha la grande responsabilità di trovare un equilibrio tra l’incoraggiamento, come nel caso dell’agevolazione dei visti che discuteremo stasera, e le pressioni, per esempio per la consegna all’Aia di persone sospettate di aver commesso crimini di guerra, in particolare per quanto riguarda la sfida in Kosovo. Sono rassicurata dall’energia che dedica alla questione.
In secondo luogo, l’Unione funziona male nel settore della giustizia, degli affari interni e dei diritti umani. Da un lato, vi sono i ritardi e l’indebolimento delle misure dovuti al veto nazionale. Quasi cinque anni dopo aver adottato una legge antiterrorismo a livello di Unione, alcuni Stati membri non la hanno ancora attuata. Dall’altro lato, siamo pieni di retorica sui diritti umani, facciamo sermoni ai paesi terzi, ma esistono indizi credibili di complicità da parte di molti paesi dell’Unione nella consegna illegale e nella tortura di sospetti. Non condanniamo i terroristi, ma nel migliore dei casi siamo passivi riguardo alle violazioni dei diritti umani nella lotta al terrorismo. E’ una miscela tossica e le chiedo di esaminare le discrepanze e le contraddizioni in questo ambito.
João de Deus Pinheiro (PPE-DE). – (PT) Signor Presidente in carica del Consiglio, ritengo che il suo programma sia chiaro, pragmatico e credibile, il che non si può dire di tutte le presidenze. Tra le sue priorità, ve ne sono alcune che consideriamo essenziali, tra cui la questione della Russia e dell’energia. Dobbiamo essere chiari sulla questione russa. Non ha senso negoziare con la Russia solo sulla questione energetica. La Russia è un partner estremamente importante e dobbiamo coinvolgerla negli affari internazionali, perché in tal modo potremo anche esercitare un’influenza sulla situazione dei diritti umani e della democrazia in tale grande paese.
Un’altra priorità che lei ha proposto, sulla quale concordiamo, è l’Europa dei risultati. E’ un obiettivo sul quale il Presidente della Commissione ha insistito e per il quale si è battuto, nonostante le difficoltà con la Costituzione. L’Europa dei risultati è strettamente legata alla crescita e all’occupazione. Va detto che il metodo intergovernativo adottato per la strategia di Lisbona ha dato risultati mediocri e deludenti. La Commissione deve essere dotata di competenze e risorse adeguate per definire una tabella di marcia per la crescita e la creazione di nuovi posti di lavoro, così come abbiamo fatto per il mercato interno e per la moneta unica. Il sistema attuale non funziona e continuerà a deludere i nostri cittadini.
Infine, signor Presidente in carica del Consiglio, la riflessione sull’Europa nel 2020 da lei proposta è molto gradita. Dobbiamo cominciare sin d’ora a pensare all’Europa che vogliamo in futuro ed è per questa prospettiva pragmatica, aperta e possibilmente trasparente che ho fiducia nella Presidenza finlandese. Mi auguro, al termine della Presidenza, di potermi congratulare con lei.
Edite Estrela (PSE). – (PT) Non intendo giocare in attacco. Lascerò che sia la nazionale portoghese a farlo stasera, e spero vinca contro la Francia. Signor Presidente del Consiglio, lei ha affermato che viviamo in un’epoca di sfide: le sfide della globalizzazione, le sfide climatiche, le sfide demografiche, eccetera, e che dobbiamo guardare al futuro con coraggio. Siamo d’accordo. La strategia di Lisbona ci aiuterà a rispondere a tali sfide e a realizzare il triangolo della conoscenza di cui ha parlato il Presidente Barroso.
La strategia di Lisbona è il miglior strumento a nostra disposizione per modernizzare l’economia europea, creare nuovi posti di lavoro e garantire la coesione sociale. In altre parole, più Europa e un’Europa migliore. La Finlandia è un esempio di successo della competitività economica basata sulla conoscenza e sull’innovazione, un esempio brillante di modernizzazione e progresso. La Presidenza finlandese è quindi in ottima posizione e ha la grande responsabilità di dare impulso all’agenda di Lisbona. Vorrei sapere se la Presidenza finlandese è disposta a farlo. La seconda questione riguarda la politica in materia di parità tra uomini e donne. Anche in questo ambito la Finlandia ha responsabilità specifiche. Quali misure concrete intende proporre al Consiglio per promuovere la parità tra uomini e donne a tutti i livelli?
József Szájer (PPE-DE). – (HU) Signor Presidente, come ultimi Stati membri ad avere aderito all’Unione europea, abbiamo imparato molto dalla Finlandia e da lei personalmente. La sua esperienza del processo di adesione è recente, motivo per cui abbiamo grande fiducia nel fatto che la sua Presidenza sarà sensibile alle preoccupazioni e ai problemi associati all’integrazione. In realtà, la data di adesione, due anni fa, segna solo l’inizio. Dobbiamo continuare a lottare per ottenere lo stesso trattamento, pari diritti nell’Unione europea e le stesse norme, dopo tutto, la grande impresa storica di riunificare l’Europa e tentare di mettersi alla pari è un processo lungo.
Ciò è chiaramente evidenziato dal dibattito sulla direttiva sui servizi o sull’adesione della Lituania alla zona dell’euro, che fornisce una chiara indicazione delle attuali incertezze e, purtroppo, della sfiducia nei confronti dei nuovi Stati membri, cui si aggiunge l’applicazione di doppie norme. Questo è il motivo per cui è molto importante che, quando parliamo di ulteriore espansione dell’Unione europea, non dobbiamo dimenticare che è nostro compito gestire l’impatto dell’ultimo e più grande allargamento finora, nel 2004, e concentrarci sulla capacità dell’Unione europea.
Il recente allargamento dell’Unione europea, associato agli avvenimenti odierni, evidenzia l’importanza di rafforzare un insieme comune di valori democratici fondamentali. In realtà, poco tempo fa, l’onorevole Schulz ha usato parole dure durante la campagna contro l’estremismo; tuttavia, non possiamo solo parlarne, possiamo anche fare qualcosa al riguardo. Tra le sue file, vi è il partito socialista che ha recentemente vinto le elezioni in Slovacchia e ha scelto un alleato il cui principale messaggio politico si traduce in un attacco contro le minoranze, per esempio gli ungheresi, gli zingari e gli omosessuali.
Questi eventi dovrebbero far suonare campanelli d’allarme in tutta Europa, nonché richiamare l’attenzione sulle scarse capacità dell’Unione europea di difendere le minoranze in tutto il territorio europeo. Per questo motivo, durante la Presidenza finlandese si dovranno compiere progressi sulle attività previste per l’Agenzia europea dei diritti umani. La Finlandia, che ha una politica esemplare in materia di minoranze, deve indicare la strada da seguire in questo ambito.
Il 23 ottobre, durante la Presidenza finlandese, si festeggerà il 50° anniversario della rivoluzione che ha coinvolto un popolo appartenente alla nostra famiglia, gli ungheresi. Oggi si parla spesso della crisi dell’Unione europea. Contribuiamo a rinnovare l’Europa, traendo forza e coraggio da una delle lotte per la libertà più significative del XX secolo per risolvere i problemi odierni. Auguro il massimo successo alla Presidenza.
Jan Andersson (PSE). – (SV) Signor Presidente, Primo Ministro Vanhanen, Presidente Barroso, condivido il parere della Presidenza finlandese che la globalizzazione costituisca una sfida. Considero inoltre positivo che la Presidenza abbia trovato un equilibrio tra, da un lato, la flessibilità e, dall’altro, la protezione o sicurezza sociale in mezzo al cambiamento. Attendo fiducioso che si trovi una soluzione per la direttiva sui servizi durante la Presidenza finlandese. Tale soluzione si baserà sulle proposte del Parlamento, che hanno trovato questo equilibrio tra, da un lato, l’apertura e la flessibilità e, dall’altro, la sicurezza sul mercato del lavoro e la salvaguardia dei servizi pubblici.
Vi è un aspetto che, a mio parere, la Presidenza finlandese dovrebbe affrontare. La proposta del Parlamento e la proposta della Commissione e del Consiglio non menzionano le agenzie di lavoro temporaneo. Al tempo stesso, tali agenzie assumono crescente importanza in tutta Europa. La Commissione ha presentato una proposta sulle agenzie di lavoro temporaneo. Abbiamo presentato la nostra risposta, ma la proposta è stata bloccata dal Consiglio. E’ ora di sbloccarla, in modo da poter ottenere un accordo e un quadro per tali agenzie. E’ un settore in cui la Presidenza finlandese può agire.
Accolgo con favore il fatto che intendiate prendere l’iniziativa riguardo alla direttiva sull’orario di lavoro. Anche in questo caso, si tratta di ottenere un equilibrio tra salute e sicurezza – orari di lavoro non troppo lunghi – e flessibilità. In seno al Parlamento siamo convinti che, per ottenere flessibilità, non sia necessaria una clausola di esclusione. Esistono altri strumenti per promuovere la flessibilità. Attendo fiducioso soluzioni in questi settori e condivido anche il parere dell’onorevole Rasmussen, secondo cui le soluzioni si devono ricercare nella cooperazione con entrambe le parti dell’industria.
(Applausi da vari banchi)
Antonio Tajani (PPE-DE). – Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, latine loquimur in Europa. Parliamo latino in Europa. Come cittadino romano e come cittadino europeo, ringrazio la Finlandia per aver deciso di inaugurare questo semestre di Presidenza dell’Unione anche in lingua latina.
Ma il mio non è solo un ringraziamento formale. La scelta ha un profondo significato: la civiltà romana, erede di quella greca, ha rappresentato il primo, fondamentale elemento di unificazione dell’Europa. La lingua latina, le grandi infrastrutture, il diritto, l’immenso mercato interno e, infine, la pax augusta sono state le fondamenta nelle quali ha affondato le sue radici il cristianesimo, vero ponte tra l’Europa dell’ovest e l’Europa dell’est.
Un importante archeologo e scrittore europeo, Valerio Massimo Manfredi, ha scritto: “Roma era soprattutto un grande ideale”. Parafrasando quelle parole potremmo dire: “l’Europa è soprattutto un grande ideale”. Non possiamo rinunciare a far vivere questo grande ideale, dando all’Europa una legge fondamentale che le permetta di dare a 450 milioni di cittadini le risposte ai problemi che più li preoccupano: l’immigrazione, la sicurezza, la competitività con i paesi emergenti, la questione energetica, la determinazione dei confini, la creazione di posti di lavoro.
Il Presidente avrà il nostro sostegno. La Finlandia ha l’importante compito di preparare, proseguendo il lavoro svolto dall’Austria, il prossimo semestre a guida tedesca, che sarà determinante per dar vita finalmente al Trattato costituzionale di cui l’Europa ha bisogno per stare più vicina ai cittadini.
A Roma celebreremo il cinquantesimo anniversario dei Trattati. Facciamo in modo che, come coloro che, nell’antichità, divenendo cittadini romani si sentivano orgogliosi e sicuri delle garanzie che ottenevano dalle Istituzioni, anche domani chi sarà cittadino europeo, da qualunque parte del mondo arrivi, si senta sicuro e orgoglioso di vivere in uno spazio dove sono garantiti e difesi i diritti della persona, la pace, la sicurezza e la libertà. Soltanto allora avremo vinto la nostra sfida e il grande ideale sarà divenuto realtà.
Dariusz Rosati (PSE) – (PL) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Presidente della Commissione, accolgo con grande piacere gli obiettivi che la Presidenza finlandese si è posta per i prossimi sei mesi.
Tradurre le parole in azioni per quanto riguarda la Costituzione e un maggiore impegno in materia di allargamento sono elementi fondamentali in un momento in cui l’Unione è in preda a una crisi di identità e di leadership. Per questo motivo, è particolarmente importante rafforzare la cooperazione su una politica orientale comune e una politica energetica comune. La questione della diversificazione delle fonti energetiche e dei canali di fornitura riveste estrema importanza per la sicurezza degli approvvigionamenti energetici dell’Europa. L’Unione europea deve adottare una posizione comune e uniforme sulla questione delle forniture di petrolio e di gas. Non si può pensare che creare un unico canale verso un unico fornitore equivalga a una reale diversificazione. Gli investimenti nelle fonti energetiche rinnovabili e nel risparmio energetico sono necessari, ma non saranno sufficienti a soddisfare la crescente domanda. L’Europa deve partecipare politicamente e finanziariamente a progetti di ricerca sulle nuove fonti energetiche e condurre una politica comune, basata sulla solidarietà, nei confronti dei fornitori.
Attribuisco grande importanza anche al ruolo della Finlandia nell’elaborazione di una politica orientale comune. In questo contesto, i legami con la Russia dovrebbero essere determinanti per trovare la giusta via di mezzo per la politica dell’Unione sulla Russia. Attendo con fiducia anche il miglioramento e lo sviluppo della cooperazione con l’Ucraina, in quanto il sostegno politico a Kiev contribuirà a consolidare la politica filoeuropea di tale paese. Sarà inoltre importante sollevare la questione della Bielorussia nelle sedi internazionali e nelle discussioni con la Russia.
(EN) Signor Presidente, tra molte altre cose, la Finlandia è famosa per la sua sauna. Mi auguro che la Presidenza finlandese, alla fine del mandato, ci faccia provare la stessa sensazione di freschezza e rilassamento che si prova dopo aver trascorso un paio d’ore in una sauna finlandese.
Jerzy Buzek (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, la Presidenza finlandese non sarà solo una presidenza di transizione, sarà una presidenza fondamentale per la strategia più importante dell’Unione, cioè la strategia per la crescita e l’occupazione. Quest’ultima deciderà il futuro dell’Europa, ma da qualche punto si deve cominciare. Nella nuova strategia di Lisbona, abbiamo deciso che si deve cominciare dalla ricerca, dall’innovazione e dal progresso tecnologico. Non saremo in grado di farlo, Primo Ministro Vanhanen, se non avvieremo il settimo programma quadro in tempo utile. E’ necessario che il Consiglio europeo adotti una posizione comune già in luglio, per permettere al Parlamento di procedere alla seconda lettura in settembre. Chiedo al Primo Ministro di assicurare che tale posizione sia adottata.
Si deve instaurare una cooperazione costante tra il Consiglio, la Commissione e il Parlamento, per portare a termine i lavori entro e non oltre novembre. Tuttavia, ciò che conta, oltre al settimo programma quadro, è il finanziamento della ricerca e dell’innovazione nel quadro dei bilanci nazionali. Sostengo pienamente la dichiarazione del Primo Ministro Vanhanen al riguardo. La nostra più grande debolezza è la mancanza di innovazione. Ritengo che l’Istituto europeo della tecnologia possa aiutarci a correggerla.
In Europa abbiamo già un ottimo sistema di istruzione e non è necessario riprodurlo. Abbiamo una ricerca soddisfacente, ma mancano innovazione e tecnologie moderne, che sono decisive per la crescita e l’occupazione e importanti per la nostra strategia. Una decisione sull’IET rappresenta un compito importante per la Presidenza finlandese. Il triangolo della conoscenza – istruzione, ricerca e innovazione – è la carta migliore della Finlandia. Le decisioni in materia giungono quindi al momento giusto. Auguriamo al Primo Ministro Vanhanen il massimo successo.
Evelyne Gebhardt (PSE). – (DE) Signor Presidente, sono molto grata al Primo Ministro Vanhanen, per aver affermato chiaramente nel suo discorso che intende conquistare l’opinione pubblica, promuovere lo sviluppo dell’Europa e passare all’azione concreta. Mi congratulo con lui per questo motto: è un motto per il futuro e ha il mio pieno sostegno.
Vogliamo progetti concreti e la direttiva sui servizi è uno di questi. Il Primo Ministro Vanhanen ha espresso il desiderio di concludere la direttiva sui servizi in seconda lettura in autunno. Sono certa che sia possibile, in quanto la decisione del Consiglio dei ministri di incorporare e sviluppare ulteriormente le richieste fondamentali del Parlamento fornisce la base per farlo. Sono certa che si possa raggiungere un compromesso sulla direttiva sui servizi durante la Presidenza finlandese. Me lo auguro vivamente.
Questa è un’espressione della volontà comune di assumere un impegno nei confronti di una comunità di valori per i cittadini. Dopo tutto, è ciò che vogliamo ottenere, e il Primo Ministro Vanhanen lo ha espresso molto bene nel suo discorso: vogliamo sviluppare la comunità di valori, definire il futuro dell’Europa e assicurare non solo che vi sia un mercato interno libero, anche per i servizi, ma garantire il rispetto dei diritti dei cittadini, del diritto del lavoro e della legislazione sociale, nonché la tutela dei consumatori e dei pazienti. Questo è ciò che vogliamo ottenere ed è anche il modo in cui assicurare veramente che in futuro i cittadini dicano “sì” all’Europa. E’ il meglio che si possa fare.
La questione di primaria importanza è la Costituzione per l’Europa ed è il miglior regalo che il Primo Ministro Vanhanen possa farsi per la ricorrenza del centenario del suffragio universale in Finlandia.
(Applausi)
Elmar Brok (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Presidente della Commissione, la Finlandia è la prima Presidenza del Consiglio, dopo l’allargamento dell’Unione europea del 1° maggio 2004, appartenente alla regione del Mar Baltico, che l’allargamento a otto paesi ha trasformato in mare nostrum. La Presidenza finlandese è quindi in grado di sviluppare dimensioni strategiche, che sono legate anche alla dimensione settentrionale, in quanto sul Mar Baltico si affaccia anche uno Stato che non appartiene all’Unione europea, cioè la Russia. Grazie alla sua esperienza, la Finlandia si trova in un’ottima posizione per stringere relazioni in tale regione, le quali potrebbero essere estremamente costruttive e comprendere anche altre questioni, quali la sicurezza degli approvvigionamenti energetici. Riponiamo grandi speranze nella Finlandia in questo ambito.
La mia seconda osservazione è che la Presidenza finlandese, in cooperazione con la Commissione, deve compiere almeno i primi tentativi volti a ottenere un nuovo equilibrio tra allargamento e capacità di assorbimento dell’Unione europea. Dobbiamo offrire a molti paesi la prospettiva di aderire all’Unione, ma ciò non può significare sempre la piena adesione. Dobbiamo trovare altre soluzioni e, nel documento del Presidente Barroso, sia il Consiglio europeo sia la Commissione hanno dichiarato l’intenzione di prendere iniziative essenziali in materia. Dovremo attendere dicembre per capire fino a che punto arriveremo con questa discussione.
La mia terza osservazione è che la storia dimostra che l’Unione è forte soltanto se esiste un’Europa comunitaria, perché solo così essa è in grado di agire e garantire la continuità. Ecco perché in un’Unione allargata è particolarmente necessario seguire l’approccio di un Trattato costituzionale.
Sono grato al Presidente in carica del Consiglio per il suo impegno a favore della ratifica del Trattato costituzionale. Tale impegno è in sintonia con la posizione della prossima Presidenza tedesca, il che significa che si dovrà instaurare una cooperazione costruttiva per la stesura della dichiarazione che la Germania farà al termine della sua Presidenza. Penso di poter dire che questa dovrebbe essere la posizione di tutte le Istituzioni comunitarie, per permettere l’entrata in vigore del Trattato costituzionale – riguardo al quale dobbiamo avere molta più immaginazione – nel 2009. La selettività non ci aiuterà in questo ambito, in quanto comprometterebbe l’approccio che dobbiamo adottare per spiegare ai cittadini in modo persuasivo perché è necessario un Trattato costituzionale, che riconosce loro più diritti e introduce maggiore trasparenza. Non abbiamo soltanto bisogno di un’Europa che funzioni, ma anche di un’Europa della democrazia e della trasparenza. Questo è il motivo per cui il Trattato costituzionale è così importante.
Guido Sacconi (PSE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, Presidente del Consiglio, lei, come il Presidente della Commissione Barroso, ha spesso fatto riferimento, nel suo intervento, alla necessità di dare impulso all’Europa dei risultati per recuperare la fiducia dei cittadini, naturalmente senza contrapporre questa Europa a quella dei valori e della Costituzione.
In qualità di relatore di REACH, nella divisione del lavoro esistente in questo Parlamento, sono iscritto alla categoria degli sherpa, di quelli che lavorano per i risultati, come la mia collega Gebhardt. Per questo ho molto apprezzato il fatto che lei abbia inserito, fra le priorità della sua Presidenza, la conclusione dell’iter legislativo su REACH e l’abbia fatto collocandolo nel capitolo “competitività”.
Certo REACH agisce innanzitutto in funzione della tutela della salute umana e dell’ambiente, ma è anche un potente stimolo all’innovazione. In questa chiave, sia il Consiglio che il Parlamento, negli anni di lavoro che abbiamo alle spalle, hanno fatto un ottimo lavoro, perché hanno avvicinato molto le posizioni e hanno reso molto più fruibile questo strumento, anche allo scopo della spinta all’innovazione.
Sono sicuro che, sotto la sua Presidenza, sarà possibile un accordo in seconda lettura. Entrambi i legislatori dovranno però camminare. Poco, perché c’è già stata una fortissima convergenza, ma si dovrà pur sempre camminare. Le dico ciò perché ci sarà chi le consiglierà di stare fermo, di fare muro contro muro. Da parte mia, invece, sono disposto a camminare e sono sicuro che anche lei lo farà.
Gunnar Hökmark (PPE-DE). – (SV) Signor Presidente, Primo Ministro Vanhanen, Presidente Barroso, in veste di rappresentante della Svezia, che non solo è un paese limitrofo ma anche un paese gemello, vorrei dire che la prospettiva della Presidenza finlandese mi riempie di orgoglio e di grandi speranze. Abbiamo, in massimo grado, non solo sovrapposizioni storiche e geografiche, ma anche un’esperienza comune del presente. Siamo diventati membri dell’Unione europea lo stesso giorno e siamo ancora contati tra i nuovi Stati membri, con tutta la vivacità di approccio che ciò può comportare. Abbiamo visto come l’allargamento dell’Unione europea negli ultimi anni abbia totalmente modificato il nostro mondo, grazie alla cooperazione europea, nel cui contesto il Mar Baltico è ora evidentemente un mare che unisce vari paesi.
Abbiamo un’economia internazionalizzata, che è manifestamente una condizione essenziale per la prosperità e l’occupazione, non una minaccia per la nostra prosperità. Abbiamo un’economia i cui singoli rami si intrecciano in modo sempre più stretto. Cooperiamo anche nell’ambito della creazione di un gruppo di combattimento comune, che è l’unico elemento che unisce i piccoli paesi. La Finlandia è inoltre un esempio per coloro che si attendono molto dalla sua Presidenza. Penso alla politica energetica finlandese, nella quale riuscite a combinare maggiore competitività e minore dipendenza dai paesi circostanti, prestando grande attenzione all’ambiente e agli obiettivi di Kyoto.
Penso alla capacità unica della Finlandia di gestire le relazioni con la Russia, il che offre alla sua Presidenza un’occasione per gettare le basi di una solida politica sulla Russia per l’intera Unione europea. Penso alle nostre esperienze di allargamento, che obbligano la Finlandia a portare avanti con fermezza e determinazione la questione dell’allargamento continuo, non solo imponendo requisiti precisi, ma perseguendo anche obiettivi chiari, in parte nell’ottica di rendere possibile l’adesione della Turchia all’Unione. Con tipica apertura e determinazione, la Finlandia dovrebbe anche assicurare che l’Unione europea si trasformi in una forma di cooperazione aperta, trasparente e facilmente accessibile per i suoi cittadini. Le auguro buona fortuna. Le aspettative sono ambiziose perché l’esempio fornito è chiaro.
Lasse Lehtinen (PSE). – (FI) Signor Presidente, molti in seno all’Assemblea sono del parere che si debba migliorare la credibilità dell’Unione agli occhi dei cittadini. Per questo motivo, la Finlandia, durante la sua Presidenza, intende promuovere un’azione che ispiri fiducia e rivesta importanza per la vita quotidiana dei cittadini.
I cittadini hanno il diritto di attendersi l’attuazione della cooperazione transfrontaliera in tutti gli aspetti della vita, compresa, per esempio, la lotta alla criminalità, non solo il mercato interno. I criminali si spostano liberamente da un paese all’altro e creano reti attraverso i confini nazionali. D’altro canto, le autorità di polizia degli Stati membri non mantengono contatti tra loro e non hanno fiducia le une nelle altre. I criminali godono di troppi vantaggi. Questo è il motivo per cui la Finlandia ha bisogno del sostegno degli altri Stati membri e del Parlamento nel suo lavoro, quando si tratta di migliorare il processo decisionale in materia di giustizia e affari interni.
PRESIDENZA DELL’ON. BORRELL FONTELLES Presidente
Francisco José Millán Mon (PPE-DE). – (ES) Signor Presidente, signor Primo Ministro, sono d’accordo sull’Europa dei risultati. Per molti la guerra è assai lontana e la pace è scontata. L’Unione europea deve quindi conquistare la fiducia dei cittadini con risultati tangibili in relazione ai problemi attuali. Vorrei quindi che la sua Presidenza ottenesse il massimo successo e i migliori risultati.
L’Unione europea deve servire ad affrontare le minacce transnazionali, come il terrorismo e la criminalità organizzata, e a tranquillizzare i cittadini riguardo ai timori suscitati dalla globalizzazione. Deve inoltre contribuire alla corretta gestione dei flussi migratori, compresa la lotta efficace contro l’immigrazione clandestina. E’ una questione di drammatica attualità nel mio paese – lei ha menzionato il caso delle isole Canarie – e in altri paesi dell’Europa meridionale. Tale problema causa enormi sofferenze e perdite di vite umane.
Mi auguro quindi che durante questo semestre si dia priorità a tale problema e non solo alla Russia e all’energia. Mi sembra molto opportuno che la Finlandia assuma ora la Presidenza e compia progressi su una politica di immigrazione europea. Nella costruzione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, il Consiglio europeo di Tampere è stato un evento storico.
Signor Presidente, nelle conclusioni del Consiglio europeo di Siviglia e di Salonicco si affermava che la questione dei flussi migratori avrebbe dovuto occupare un posto preminente nelle relazioni dell’Unione europea con i paesi terzi. A mio parere, si tratta di un elemento fondamentale nella linea da adottare.
L’Unione deve esigere dai paesi di origine e di transito una stretta cooperazione, al fine di combattere il dramma dell’immigrazione clandestina e gestire i flussi in modo ordinato. Deve chiedere loro, aiutandoli a realizzarli, migliori controlli alle frontiere, una lotta più efficace contro le mafie e accordi di riammissione. Vi è lavoro da svolgere anche nei nostri paesi, tra cui porre fine alle misure di regolamentazione unilaterali e migliorare le risorse umane e materiali presso le nostre frontiere esterne.
Sono inoltre necessari fondi e deploro che, per ogni cento euro stanziati nel quadro delle prospettive finanziarie, soltanto 50 centesimi siano destinati all’immigrazione.
Infine, accennerò a un’altra priorità della sua Presidenza: l’allargamento. Questo semestre vedrà l’ultima fase degli sforzi della Romania e della Bulgaria volti ad aderire all’Unione il 1° gennaio 2007. E’ l’obiettivo comune condiviso da tutti e mi auguro che la Commissione, nella relazione che presenterà all’inizio dell’autunno, confermi tale data.
Alexander Stubb (PPE-DE). – (FI) Signor Presidente, signor Primo Ministro, signor Presidente della Commissione, vorrei fare tre osservazioni.
In primo luogo, parlerò della Presidenza. La Presidenza ha bisogno di tre cose per avere successo. Innanzi tutto, deve essere ben preparata. I finlandesi si sono di nuovo preparati in modo ammirevole. In secondo luogo, deve essere obiettiva. La Presidenza finlandese sarà di nuovo eccellente e obiettiva. Abbiamo bisogno anche di un po’ di fortuna con il programma e ritengo che l’avremo.
La seconda osservazione riguarda la trasparenza. Vorrei fare una proposta concreta per il Vertice di Lahti. Propongo che i primi tre discorsi, il suo e quelli del Presidente della Commissione e del Presidente del Parlamento europeo, siano ripresi e trasmessi pubblicamente per tutti noi.
(EN) Formulerò la terza e ultima osservazione in inglese, ai fini di una migliore comprensione: riguarda la competitività e il calcio.
Esiste un’interessante correlazione. Nei campionati mondiali, quando si è più competitivi nel calcio, forse lo si è un po’ meno nell’economia; quanto più si è competitivi nell’economia, tanto meno lo si è nel calcio. La mia proposta al Primo Ministro Vanhanen per i campionati europei 2008 è la seguente: per favore mantenga l’economia finlandese competitiva e promuova anche la qualificazione della nostra squadra agli europei del 2008. Le due cose possono andare di pari passo.
Auguro buona fortuna alla Presidenza.
Matti Vanhanen, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, sono rimasto diplomaticamente in silenzio riguardo al calcio. Tuttavia, il nostro compito, quello del Consiglio, del Parlamento e della Commissione, è garantire che i quattro migliori del mondo – preferibilmente i 25 – siano europei: questa è la nostra responsabilità comune.
Tendenzialmente concordo con molte vostre valutazioni e pareri sul mio discorso e sullo stile della mia presentazione. Forse ho un atteggiamento simile a quello di un funzionario pubblico ed è possibile che tenda a fare elenchi, ma non intendo modificare il mio stile. So che non la spunterò con la retorica, praticamente con nessuno di voi, e non intendo nemmeno provarci. Tuttavia, la discussione ha dimostrato che su molte questioni europee i pareri sono talmente infuocati che forse è necessaria una mente fredda per riuscire a conciliarli tutti. Questa potrebbe essere una soluzione migliore di una retorica stridente.
(Applausi)
Al riguardo, ho ricevuto molti buoni consigli e orientamenti. Non posso rispondere ora a tutti i vostri interventi. Vorrei tuttavia cominciare con quello dell’onorevole Titley, in quanto è una specie di padrino per noi. Qualche tempo fa, ha elaborato una relazione sulla Presidenza finlandese ed è stato il primo deputato al Parlamento europeo del quale ho fatto brevemente la conoscenza, quando eravamo entrambi membri della commissione congiunta istituita dall’Eduskunta finlandese e dal Parlamento europeo. Mi ha dato alcuni buoni consigli: azione, azione e azione. Mi auguro che tale approccio caratterizzerà anche la Presidenza finlandese.
L’onorevole Poettering ha fatto un’osservazione corretta, cioè che le presidenze formano una catena semestrale. E’ quindi naturale che le stesse questioni che avete sentito molte volte figurino nel programma della Presidenza finlandese. Se ben ricordo, uno di voi si è lamentato al riguardo. Questa catena è necessaria. Voi sedete al Parlamento europeo per cinque anni. La Commissione rimane in carica cinque anni. Esiste quindi un naturale aspetto a lungo termine per voi. Per il Consiglio, l’aspetto a lungo termine si deve stabilire tramite la cooperazione reciproca tra le presidenze, perché dobbiamo garantire la continuità. Dobbiamo dedicare le nostre energie a tal fine.
E’ necessario che tutti partecipino alle celebrazioni del 50° anniversario e alla dichiarazione la prossima primavera e accolgo con favore le idee proposte in questa seduta. Concordo con il parere, espresso con vigore dall’onorevole Schulz, secondo cui l’Unione ha bisogno di strumenti cui si possa fare ricorso per rispondere a tutte le sfide che consideriamo importanti. Alle sue osservazioni sulla necessità dell’allargamento e di un nuovo Trattato, rispondo che non vi è il minimo conflitto di opinioni tra me e il Presidente della Commissione Barroso. In realtà, disponiamo dei meccanismi per l’allargamento, ma tutti sanno che il buon senso dice che è anche necessario un nuovo Trattato, quanto meno nel più lungo periodo. Ringrazio l’onorevole Schulz e l’onorevole Watson per il loro sostegno e per le ferme ma salutari pressioni che hanno esercitato affinché si compiano progressi sul processo decisionale nel quadro del terzo pilastro.
L’onorevole Cohn-Bendit mi ha criticato perché non ho sollevato la questione dell’immigrazione legale. Essa occupa un posto importante nel nostro programma e ne ho parlato. Ne ho parlato nel contesto dei fattori legati al successo dell’Europa. E’ necessaria anche l’immigrazione legale perché l’Europa abbia successo. E’ una via verso il successo europeo nella concorrenza globale futura.
L’onorevole Seppänen ha criticato l’obiettivo della Finlandia di ratificare la Costituzione, affermando che non rispettiamo i risultati dei referendum francese e olandese. Certo che li rispettiamo, ma rispettiamo anche il diritto della Finlandia di adottare una posizione sul Trattato negoziato, su quell’ampio compromesso che a un certo punto è stato raggiunto.
(Applausi)
Abbiamo anche noi il diritto di esprimere un parere al riguardo e lo faremo alla luce della nostra costituzione e in conformità degli aspetti e delle procedure di ratifica che essa prevede.
L’onorevole Crowley ha parlato specificamente delle nuove fonti energetiche e sono pienamente d’accordo con ciò che ha affermato nel suo intervento.
L’onorevole Farage ha affermato che una politica comune europea in materia di asilo è un’idea ridicola. Non lo è. Al contrario, abbiamo bisogno di una politica comune in materia di asilo. E’ precisamente ciò di cui l’Europa ha bisogno, assieme a varie altre cose di vitale importanza nel settore giuridico e degli affari interni.
(Applausi)
Proprio in considerazione di questi aspetti è necessario uno spazio di libertà e giustizia. Sono necessarie norme e regolamenti comuni ed è altrettanto necessaria un’azione comune. Abbiamo bisogno sia di cooperazione tra i nostri paesi sia di un chiaro mandato per l’Unione europea.
L’onorevole Paasilinna ha sollevato una questione delicata, cioè se alcuni nel mondo usino la politica energetica come un’arma. Tale questione emerge di frequente. La nostra risposta è che la politica energetica non dovrebbe essere usata come un’arma nella politica globale. Al contrario, l’Unione dovrebbe adottare una posizione che consideri la politica energetica come una questione di ordinaria amministrazione. Deve basarsi sulle imprese e deve chiaramente funzionare in entrambi i sensi e riconoscere gli stessi diritti a tutte le parti interessate. Deve basarsi su accordi affidabili a lungo termine e su prezzi di mercato. In tal modo, quando agiamo possiamo trarre benefici gli uni dagli altri. La politica energetica tra l’Unione europea e la Russia, in particolare, fa parte di un partenariato strategico. La Russia ha bisogno della tecnologia europea e anche dei fondi che spendiamo e noi abbiamo bisogno dell’energia russa. Questo partenariato può contribuire a migliorare il successo sia dell’Unione sia della Russia a livello internazionale.
L’onorevole Jäätteenmäki ha parlato specificamente della trasparenza e sono pienamente d’accordo con lei quando afferma che l’aspetto più importante è l’accesso pubblico ai documenti. Attendiamo che la Commissione produca un documento per discutere la revisione del regolamento comunitario sulla trasparenza e, durante la nostra Presidenza, lo proporremo come argomento di discussione in seno al Consiglio.
Inoltre, tutto ciò che è stato affermato sulla questione del cambiamento climatico nel corso della discussione, comprese le osservazioni dell’onorevole Hassi, sarà preso in considerazione.
L’onorevole Kirkhope ha sottolineato l’importanza di valutare gli effetti della legislazione. Anche questo è un elemento fondamentale della politica volta a migliorare la regolamentazione. Sarà responsabilità della Commissione, del Consiglio e del Parlamento: tutti gli interessati al lavoro legislativo. Dobbiamo considerare il nostro lavoro legislativo come base per le valutazioni d’impatto. Come ho detto nel mio intervento, tali valutazioni riguardano sia gli effetti sulla nostra competitività e sull’ambiente sia gli effetti sul benessere sociale. Devono far parte del normale processo legislativo.
L’intervento dell’onorevole Swoboda sulla Turchia è stato saggio. Per quanto riguarda i negoziati con la Turchia, sostengo pienamente gli aspetti sui quali il Presidente della Commissione Barroso ha richiamato l’attenzione nel suo intervento.
L’onorevole Pflüger ha definito la Finlandia un paese neutrale. Devo correggerlo: la Finlandia è uno Stato membro dell’Unione. Una volta, all’epoca della cortina di ferro, eravamo un paese politicamente neutrale. Ora siamo uno Stato membro dell’Unione, facciamo parte di questa comunità di valori, che ha una politica comune e soprattutto una politica estera comune.
(Applausi)
L’onorevole Pflüger ha criticato il fatto che stiamo conducendo l’Unione verso avventure militari e ha menzionato, a titolo di esempio, le operazioni che abbiamo avviato nella Repubblica democratica del Congo. Si tratta di assicurare che si svolgano elezioni democratiche. E’ precisamente il tipo di funzione che l’Unione deve assolvere, in quanto fornisce fermo sostegno ai valori fondamentali su cui si fonda la nostra esistenza.
(Applausi)
L’onorevole Rasmussen ha parlato del Vertice sociale straordinario che stiamo svolgendo e del fatto che nella scelta tra flessibilità e sicurezza i cittadini devono avere la certezza di essere al sicuro. Sarà un compito impegnativo introdurre le riforme. In risposta alla sfida della globalizzazione, dobbiamo riuscire a introdurre riforme che ci permettano di guidare il mondo anche in termini di economia e di occupazione, ma ciò dovrà avvenire in modo che anche i cittadini possano riporvi fiducia. In questo contesto, le parti sociali hanno un ruolo particolarmente importante da svolgere. Al Vertice intendiamo descrivere il modello di consenso che la Finlandia, dal canto suo, ha utilizzato con un certo successo per conseguire determinati risultati.
Infine, in questo contesto, risponderò alla domanda dell’onorevole Estrela sulla parità. E’ in esame l’introduzione di un regolamento relativo alla creazione di un Istituto per la parità di genere. Mi auguro che si raggiunga un risultato al riguardo. Analogamente, durante la nostra Presidenza concentreremo l’attenzione su questioni quali la tratta delle donne e la violenza sulle donne.
L’onorevole Buzek ha parlato della priorità più importante della Presidenza finlandese: la politica di innovazione. Il settimo programma quadro è una componente significativa di tale politica. L’IET è un’iniziativa importante e occorre trovare una struttura idonea. In generale, tuttavia, durante questo semestre sentirete ripetere spesso l’espressione “politica di innovazione”. Questo è il messaggio che vogliamo trasmettere forte e chiaro nell’Unione. Inoltre, se vi è una cosa per cui mi auguro che la Presidenza finlandese sia ricordata, è non aver mai smesso di parlare della politica di innovazione e della sua importanza. L’onorevole Buzek ha di fatto fornito una descrizione molto chiara del tipo di elementi che tale politica dovrà contenere.
Riguardo all’intervento dell’onorevole Brok sull’importanza della regione del Baltico, devo ricordarvi che ora è un mare comune. Ho preso atto con piacere di ciò che lei ha affermato e intendiamo mantenere la questione del Baltico tra gli argomenti di attualità. I progressi che stiamo compiendo sulla dimensione settentrionale sono sufficienti per dotarci degli strumenti necessari a migliorare anche la situazione del Baltico.
(Applausi)
All’onorevole Hökmark di Svezia posso solo dire che per 700 anni siamo stati un unico paese con la Svezia e tra qualche anno festeggeremo il fatto di esserci separati. D’altro canto, da 11 anni facciamo parte della stessa comunità nel quadro dell’Unione e godiamo di una stretta cooperazione tra noi.
Vorrei concludere con un’osservazione sull’intervento dell’onorevole Millán Mon sulla situazione delle isole Canarie. Vi è un aspetto simbolico, o così mi auguro, nel fatto che la Finlandia, il paese più settentrionale dell’Unione, abbia voluto inviare guardie di frontiera e un aereo da ricognizione nelle isole Canarie per prestare assistenza e offrire solidarietà e dimostrare che i problemi presenti nelle diverse regioni d’Europa, anche per quanto riguarda l’immigrazione clandestina, sono comuni a tutti. Dobbiamo dimostrare solidarietà all’interno dell’Unione. Queste sono problematiche comuni a tutti. Voglio che anche la Presidenza finlandese agisca in questo spirito nell’Unione nel corso dei prossimi sei mesi.
La ringrazio, signor Presidente, per la possibilità di intervenire in seno al Parlamento. Mi auguro che instaureremo una proficua cooperazione con il Parlamento, con le sue commissioni e i suoi gruppi politici nei prossimi sei mesi.
(Applausi)
José Manuel Barroso, Presidente della Commissione. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, ritengo che l’essenziale sia già stato detto. Permettetemi tuttavia di sottolineare un paio di punti, riprendendo in particolare le questioni sollevate durante la discussione.
Innanzi tutto, siamo decisamente favorevoli al cosiddetto approccio dell’Europa dei risultati, ma vorrei essere chiaro sul fatto che l’Europa dei risultati non è un’alternativa all’Europa dei valori: al contrario, è lo strumento per rafforzare l’adesione a tali valori. Si tratta di seguire due vie nel medesimo tempo, che possono rafforzarsi a vicenda. La nostra visione di un’Europa che sostiene progetti concreti si fonda precisamente sull’idea che dobbiamo rafforzare le condizioni necessarie per creare un’Europa con una dimensione di coesione sociale e di giustizia, un’Europa con una visione politica, un’Europa pronta a far sentire il suo peso, a esercitare la sua influenza e a promuovere i suoi valori nel mondo. Per questo motivo riteniamo che sia importante seguire contemporaneamente queste due vie.
Per rispondere alla domanda che mi è stata posta riguardo al legame tra allargamento e riforma costituzionale, ho detto più volte che Nizza non è sufficiente. In un’Europa allargata – e siamo già un’Europa allargata – abbiamo bisogno di riformare le Istituzioni per renderle più efficaci e più democratiche e per rafforzare la coerenza dell’azione europea nel mondo.
Inoltre, il Trattato costituzionale negoziato tra gli Stati membri era già concepito per l’Europa a 25, il che rafforza l’idea che un’Europa a 27 o più Stati membri avrà bisogno di una riforma istituzionale. Questa è la posizione della Commissione.
Per quanto riguarda le priorità specifiche di questa Presidenza, vorrei sottolineare un aspetto emerso chiaramente dalla discussione: l’importanza attribuita all’innovazione. Riteniamo che il Vertice di Lahti possa essere un grande momento per l’Europa, se i capi di Stato e di governo decideranno realmente di produrre risultati concreti nel quadro dell’agenda per l’innovazione. Come molti di voi hanno rilevato oggi in Aula, l’Europa ha eccellenti università e centri di ricerca, ma le manca la capacità di tradurre tutte queste attività in risultati più concreti per l’economia e per la competitività del nostro continente. Dobbiamo quindi migliorare il legame tra conoscenza, scienza e ricerca, da un lato, e risultati concreti, dall’altro. A tal fine, la chiave è l’innovazione. La Finlandia può usare la sua vasta esperienza e le sue competenze specifiche per aiutarci a produrre tali risultati concreti.
Un altro settore nel quale la nostra azione sarà giudicata nel corso di questo semestre è quello della libertà, sicurezza e giustizia. Dalla discussione è chiaramente emerso un largo sostegno all’idea che si debba fare di più anche a livello comunitario. Esiste senz’altro una dimensione intergovernativa – si potrebbe fare di più sul piano della cooperazione tra governi – ma in alcuni settori è necessaria anche una dimensione comunitaria, per esempio la gestione dell’immigrazione legale e clandestina. I problemi presenti oggi in alcuni Stati membri, come per esempio la Spagna, non riguardano soltanto questi paesi, ma sono comuni all’intera Europa. E’ evidente, in queste circostanze, che non si può separare l’immigrazione legale da quella clandestina e che in questo settore è necessaria una strategia europea.
Ritengo che, in questo contesto, tutti noi, la Presidenza finlandese, gli Stati membri e noi, alla fine di questo semestre saremo giudicati in base alla nostra volontà di produrre, sulla base dei Trattati esistenti, migliori risultati in materia di giustizia e sicurezza, compresa naturalmente l’immigrazione.
Un’altra questione che il Parlamento considera estremamente importante, ed è anche una priorità della Presidenza finlandese, è l’energia. In questo campo, dobbiamo essere molto chiari, in particolare per quanto riguarda le relazioni con la Russia.
In primo luogo, siamo favorevoli a un partenariato costruttivo con la Russia in materia di energia, ma ciò che proponiamo – come risulta evidente dal documento strategico preparato dalla Commissione – non è solo lo sviluppo di buone relazioni con la Russia, ma anche la diversificazione. La soluzione ai problemi energetici in Europa è la diversificazione: la diversificazione dei paesi d’origine, dei paesi fornitori e dei paesi di transito, e anche la diversificazione delle fonti energetiche, in particolare aumentando gli investimenti nelle energie rinnovabili. La soluzione per l’energia è quindi la diversificazione, non chiuderci in una relazione con un unico partner, per importante che sia.
In secondo luogo, sempre riguardo alle relazioni con la Russia, cerchiamo di essere chiari: nel mandato per i negoziati relativi alle nostre relazioni con tale paese che abbiamo presentato al Consiglio, il primo punto non è l’energia, non è nemmeno il commercio, no, il primo punto riguarda i diritti umani, il rispetto della democrazia e il rispetto dello Stato di diritto. E’ la condizione essenziale per sviluppare un partenariato particolare con un paese con il quale vogliamo sicuramente rafforzare le nostre relazioni, un paese che vuole anch’esso rafforzare le sue relazioni con noi.
Se me lo permettete, vorrei fare un’ultima osservazione riguardo alla continuità, sulla quale il Primo Ministro Vanhanen è stato molto eloquente. E’ vero che noi, il Parlamento europeo e la Commissione, abbiamo un mandato di cinque anni e che ogni presidenza ha una vocazione specifica, ma a volte vi è un problema di continuità nel tempo, individuato anche nei negoziati relativi al Trattato costituzionale. Su questo aspetto, ritengo si stia cominciando a compiere progressi, come ha dimostrato la Presidenza austriaca. Le presidenze sono tutte legate ed è molto positivo che sia stata chiaramente sollevata la questione costituzionale del conferimento di un mandato. Al riguardo, sostengo l’approccio pragmatico determinato dai risultati, ma anche l’approccio costruttivo scelto dalla Presidenza finlandese.
Onorevoli deputati, quando abbiamo parlato di Europa dei risultati, non sapevamo che il calcio avrebbe presto dimostrato la capacità dell’Europa di essere la migliore in termini di risultati. Alcuni di voi non hanno resistito alla tentazione di usare i mondiali di calcio per dimostrare che, anche in questo campo, possiamo essere fieri dei nostri risultati. Tuttavia, ritengo che, come avete rilevato, per quanto riguarda l’economia, la competitività, il nostro modello basato sulla concorrenza e i nostri valori, possiamo e dobbiamo produrre più risultati. Sono certo che saremo in grado di farlo durante la Presidenza finlandese.
(Applausi)
Presidente. – La discussione è chiusa.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)
Ilda Figueiredo (GUE/NGL). – (PT) Nonostante alcune inclinazioni nordiche, il programma della Presidenza finlandese insiste sui temi ricorrenti nell’Unione europea, ponendo l’accento sul completamento del mercato interno, sulla liberalizzazione del mercato dei servizi, sulla concorrenza, sul terreno già accuratamente battuto della direttiva Bolkestein; in altre parole, sulle priorità delle confederazioni dell’industria che fanno capo all’UNICE. Gli aspetti sociali, che risentiranno negativamente delle politiche di liberalizzazione e dell’approfondimento del mercato interno dei servizi, continuano a rimanere in secondo piano.
Inoltre, a parte i frizzanti toni nordici e le relazioni con la Russia, immediata vicina della Finlandia, si insiste sulla militarizzazione, ponendo l’accento sull’intervento nelle situazioni di crisi, anziché proporre una politica di autonomia rispetto alla politica estera americana. In realtà, la Presidenza ha promesso di porre l’accento sull’intervento nei settori della giustizia e degli affari interni, il che, alla luce del programma della Commissione, evidenzia le nostre preoccupazioni riguardo alla creazione di una “fortezza Europa” nella politica di immigrazione.
Ci attendiamo molto poco da questa Presidenza e non siamo disposti a concederle il beneficio del dubbio, perché siamo contrari alla maggior parte delle sue politiche.
Katalin Lévai (PSE). – (HU) Durante il suo mandato, la Presidenza austriaca ha affrontato alcune sfide reali e ora anche Helsinki dovrà affrontarne alcuni aspetti. Uno di questi, giustamente preminente, è il futuro del Trattato costituzionale, che richiede nuove consultazioni e un più alto profilo.
Accolgo con favore l’iniziativa della Finlandia, che prevede una migliore regolamentazione, oltre all’osservanza dei principi di proporzionalità e sussidiarietà. Dobbiamo adottare nuove decisioni e aggiornare quelle vecchie, tenendo conto degli aspetti economici, ambientali e soprattutto sociali.
Concordo con il Presidente Barroso quando afferma che il senso di equilibrio dei finlandesi può portare armonia nel clima politico burrascoso dell’Unione, offrendo una possibilità di promuovere le politiche innovative dell’Unione europea. Una maggiore mobilità dei ricercatori e degli studenti e il consolidamento del know-how europeo sono elementi fondamentali per compiere progressi.
E’ già estremamente importante per i cittadini europei avere familiarità con il sistema istituzionale dell’Unione, il modo in cui funziona e le decisioni che hanno un’influenza sulla loro vita. Pertanto, mi compiaccio vivamente dell’ambizione della Presidenza finlandese di promuovere un’Unione che sostenga la cooperazione all’interno delle sue Istituzioni e comunichi in modo più efficace con i suoi cittadini. Concordo anche sulla necessità di disciplinare i diritti di veto nazionali al fine di rendere l’attuazione più efficace.
Sostengo la politica di Helsinki in materia di diritti umani, che evidenzia la necessità di adottare un’impostazione comune in difesa dei diritti umani e delle libertà civili fondamentali. Ritengo importante adottare una strategia comune per prevenire l’immigrazione clandestina, soprattutto la tratta di esseri umani e lo sfruttamento dei lavoratori.
L’Unione europea può rispondere con successo alle crescenti sfide della globalizzazione solo consolidando le democrazie europee ed elaborando una politica sociale ben strutturata.
Presidente. – Onorevoli colleghi, l’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla situazione in Palestina.
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, come tutti ben sappiamo, la scorsa settimana vi sono stati sviluppi molto drammatici nella situazione dei territori palestinesi. La cattura di un soldato israeliano e la successiva operazione intrapresa da Israele sono state seguite con il fiato sospeso da tutti noi. Siamo preoccupati anche per il continuo lancio di missili Qassam da Gaza verso Israele. Poiché la situazione nella regione permane gravissima, vorrei dedicare il mio primo discorso al Parlamento europeo ad illustrare la posizione dell’Unione europea sull’attuale crisi.
Fin da subito desidero rendere noto che ieri a Helsinki il ministro per gli Affari esteri finlandese, Erkki Tuomioja, ha parlato della situazione della regione con il ministro per gli Affari esteri israeliano Livni. Il ministro Tuomioja ha avuto contatti telefonici anche con il Presidente palestinese Abbas e con il ministro per gli Affari esteri egiziano Aboul Gheit. Anche il Rappresentante speciale dell’UE Marc Otte questa settimana si è recato nella regione e ha preso contatto con le diverse parti.
E’ importante che i palestinesi rilascino immediatamente il soldato israeliano che hanno fatto prigioniero. L’amministrazione palestinese deve inoltre far cessare i continui lanci di missili Qassam da Gaza verso Israele. Israele, per parte sua, deve interrompere l’operazione militare che ha avviato. La ferma posizione dell’Unione europea esige che ogni azione in violazione del diritto internazionale sia fermata. Dobbiamo inoltre far presente che non possiamo tollerare un’azione sproporzionata e intesa a punire tutta la popolazione.
L’Unione europea è particolarmente preoccupata per le sofferenze dei civili. E’ importante affermare che entrambe le parti hanno il dovere di proteggere i civili. Sappiamo inoltre che la situazione umanitaria nella regione era già problematica anche prima e che adesso diventerà ancora più penosa a seguito della distruzione di infrastrutture come la centrale elettrica di Gaza. Tale fatto non determinerà solo problemi per l’erogazione di energia elettrica, ma anche per la fornitura idrica e la rete fognaria. Anche gli ospedali, per esempio, stanno subendo le conseguenze del bombardamento della centrale elettrica. Condanniamo altresì gli attacchi di Israele alle infrastrutture dell’amministrazione palestinese. In proposito va chiarito che non è automatico che l’Unione europea si assumerà l’onere delle spese quando inizierà la ricostruzione.
E’ altresì inaccettabile che Israele abbia incarcerato numerosi ministri e deputati palestinesi. Costoro devono essere rilasciati o devono almeno avere la garanzia di essere sottoposti a un processo equo.
La precedente richiesta rivolta dal Quartetto al governo palestinese guidato da Hamas resta ancora valida. Il governo palestinese deve riconoscere i seguenti principi: non violenza, riconoscimento del diritto all’esistenza di Israele, rispetto degli accordi e degli obblighi esistenti.
In proposito vorrei menzionare l’intesa raggiunta tra Hamas e al-Fatah, fondata sul “documento dei prigionieri”. In una situazione in cui le tese relazioni tra al-Fatah e Hamas sembravano in una fase fortemente negativa, e la pace era a rischio, il raggiungimento di un accordo del genere ha costituito un passo nella giusta direzione, anche se ciò non significa ancora che le condizioni dell’UE e del Quartetto siano adeguatamente soddisfatte.
Come usciremo dall’attuale crisi? L’Unione europea mette in rilievo che la crisi potrà essere risolta solo attraverso il dialogo. Per il conflitto israelo-palestinese è stata una mossa promettente l’incontro avvenuto due settimane fa tra il Primo Ministro Olmert e il Presidente palestinese Abbas. Fa ben sperare anche il fatto che i due abbiano deciso di incontrarsi di nuovo a breve. Un rapido ritorno verso la ripresa dei contatti e delle trattative è di capitale importanza. Solo la via negoziale potrà condurre a una pace stabile e duratura.
Anche se le possibilità di far ripartire di nuovo il processo di pace sembrano molto esili alla luce della situazione attuale, l’idea del modello a due Stati non va abbandonata. Le armi e le azioni unilaterali non porteranno la pace. L’Unione europea e la Finlandia, in quanto paese che riveste la Presidenza, sono impegnate ad aiutare entrambe le parti a raggiungere un accordo di pace.
Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, siamo tutti estremamente preoccupati per gli eventi verificatisi nei territori palestinesi. Sono tempi molto inquietanti: l’insicurezza, la violenza tra le parti, i missili Qassam, i bombardamenti. L’attacco sferrato a Karem Shalom da fazioni militanti palestinesi, il sequestro del soldato israeliano, seguito dall’incursione militare israeliana a Gaza sono indice di un’escalation davvero preoccupante.
Nella dichiarazione della settimana scorsa, l’Unione europea ha recisamente condannato questi atti e abbiamo appena sentito quanto affermato dal Presidente in carica del Consiglio. La settimana scorsa ho invitato entrambe le parti a compiere un passo indietro e a dare prova di moderazione. Adesso ripeto l’invito. Tutte le parti devono tenere conto con estrema attenzione delle proprie responsabilità. Tutte le parti devono astenersi dal compiere azioni che violino il diritto internazionale e dobbiamo insistere affinché la classe dirigente palestinese faccia tutto il possibile per porre fine alla violenza e alle attività terroristiche. L’Unione europea ha invocato l’immediato e incondizionato rilascio del caporale Gilad Shalit. Azioni del genere non fanno che peggiorare le cose per i civili palestinesi, come possiamo vedere.
Dobbiamo però anche fare in modo che Israele agisca con avvedutezza. Comprendiamo l’indignazione israeliana, ma è la diplomazia a offrire la migliore possibilità di affrontare la priorità immediata, non la distruzione delle infrastrutture di base né l’incarcerazione di membri del consiglio legislativo palestinese o il bombardamento dell’ufficio del Primo Ministro.
Gli ultimi eventi hanno notevolmente peggiorato la situazione della popolazione palestinese e, questo, devo dirlo, è per noi motivo di rammarico e profonda frustrazione. Il danneggiamento dell’unica centrale elettrica di Gaza ha lasciato senza elettricità centinaia di migliaia di palestinesi e potrebbe avere gravi conseguenze umanitarie.
Occorre fare tutto il possibile per impedire l’ulteriore peggioramento della situazione umanitaria. Israele deve capire che ha delle responsabilità riguardo al benessere della popolazione palestinese e occorre muoversi immediatamente per ripristinare l’elettricità nei territori palestinesi. Entrambe le parti devono compiere un passo indietro per allontanarsi dal baratro prima che la crisi sfugga di mano a tutti.
Dobbiamo fare tutto il possibile per evitare una situazione economica e umanitaria inaccettabile nei territori palestinesi. Anche prima degli ultimi eventi, si registrava un calo del 30 per cento del reddito, un tasso di disoccupazione del 40 per cento e livelli di povertà del 67 per cento. I responsabili politici, però, non possono cedere alla frustrazione. Ho visitato Israele e i territori palestinesi solo due settimane fa. La mia visita mirava principalmente a indurre Israele e il Presidente Abbas ad accelerare i tempi per le decisioni da prendere con il Consiglio europeo e il Quartetto su un meccanismo internazionale temporaneo. Tale meccanismo è finalizzato a fornire aiuto immediato ai palestinesi e ad assicurare l’erogazione dei servizi fondamentali. Le discussioni sono state positive, ma è innegabile che gli eventi di Gaza e della Cisgiordania hanno notevolmente complicato questi sforzi. Adesso più che mai occorre accelerare l’introduzione di questo meccanismo per contribuire a soddisfare almeno le esigenze fondamentali della popolazione palestinese.
Alcuni donatori si sono detti disposti a mettere a disposizione fondi a titolo di questo meccanismo. Le necessità saranno però ingenti, mentre i fondi sono limitati. La Commissione ha pertanto cercato di ottenere l’approvazione dell’autorità di bilancio per il trasferimento di fondi dalla riserva di emergenza. Ringrazio sentitamente il Parlamento europeo per il sostegno datoci in questa difficile impresa e in particolare per i numerosi e preziosissimi scambi di opinione che ho potuto avere con i presidenti delle commissioni e i leader politici nelle discussioni con la commissione per gli affari esteri, che è stata in prima linea nel promuovere l’introduzione di questo meccanismo.
In quanto europei abbiamo la responsabilità collettiva di aiutare i palestinesi e di dare una possibilità alla pace. Mi aspetto il vostro costante sostegno al riguardo.
Dobbiamo essere chiari. Il meccanismo non può essere una panacea per tutte le difficoltà dei territori palestinesi. I donatori non possono farsi carico delle responsabilità del governo palestinese, che deve adoperarsi concretamente per rispettare i principi del Quartetto e porre fine alla violenza che minaccia sia la vita degli israeliani che quella dei palestinesi. I donatori non possono neppure farsi carico delle responsabilità di Israele in relazione al diritto internazionale, alla libertà di circolazione e di accesso, alla restituzione del gettito doganale e delle entrate fiscali palestinesi o ai recenti danni inferti alle infrastrutture civili fondamentali.
Gli eventi degli ultimi giorni hanno minato un fragile processo che era appena iniziato con l’incontro tra il Presidente Abbas e il Primo Ministro Olmert ad Amman. Come ha affermato il Presidente in carica del Consiglio, questi eventi si verificano in concomitanza con i progressi compiuti in vista di un accordo nazionale consensuale tra Hamas e al-Fatah, fondato sull’iniziativa dei prigionieri. Resta da vedere se questo tentativo di accordo in vista di un governo di unità nazionale produrrà una dirigenza politica in grado di farsi meglio carico delle proprie responsabilità.
Mi sono complimentata con il Presidente Abbas per aver intrapreso questa iniziativa, ma nel contempo ho affermato con chiarezza che non deve essere fine a se stessa, ma solo l’inizio di un processo. In definitiva il governo palestinese deve impegnarsi a ripudiare la violenza, a riconoscere Israele e a rispettare i precedenti accordi come richiesto dal Quartetto.
Siamo di fronte a una gravissima situazione di crisi in Medio Oriente. Dobbiamo lavorare insieme per allentare la tensione e dare una possibilità alla diplomazia. Nel caos e nella confusione che contraddistinguono la situazione attuale, infatti, una cosa è chiara: la soluzione negoziata dei due Stati è l’unico modo per garantire la sicurezza cui aspirano, al pari di tutti, i comuni cittadini israeliani e palestinesi.
Elmar Brok, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, signora Presidente in carica del Consiglio, questa è una delle discussioni che mi lasciano sempre più esterrefatto. Abbiamo dovuto cercare nuove vie. La Commissione sta elaborando un’infinità di idee sul modo di aiutare i palestinesi, anche se il nuovo governo palestinese non riconosce il diritto all’esistenza di Israele e non ha rinunciato alla violenza; al riguardo la Commissione ha il nostro pieno sostegno. Peraltro anche l’altra parte deve dimostrare il proprio impegno. E’ superfluo dire che vi sono azioni, come il lancio di missili Qassam, che sono inaccettabili per Israele; c’è tuttavia da chiedersi se Israele doveva proprio reagire così visto che il Presidente Abbas era in procinto di compiere progressi con Hamas. Bisognava almeno mettere alla prova la credibilità di questo tentativo. D’altro canto, però, si sono verificati eventi che hanno ulteriormente screditato il Presidente Abbas; ci è dunque sempre più difficile trovare dei punti di contatto.
Tutta la situazione è un circolo vizioso. E’ difficile dire chi all’inizio aveva ragione o torto perché è un gatto che si morde la coda. Dobbiamo fare in modo che la posizione dell’UE e del Quartetto sia cristallina. Dobbiamo imporre come condizioni il diritto all’esistenza dello Stato di Israele e di uno Stato palestinese autonomo. Entrambe le parti devono essere consapevoli che la politica che stanno perseguendo non solo danneggia gravemente i popoli della regione, ma crea anche sempre maggiori problemi in seno alla comunità internazionale e mette a repentaglio la pace generale, giacché questo non è un semplice conflitto locale. Sono urgentemente necessarie decisioni al riguardo. Vorrei chiedere al Commissario e al Presidente in carica del Consiglio di fare in modo che il Quartetto al completo si rechi in loco per spiegare i pericoli esistenti, invece di inviare separatamente nella regione i suoi membri non ottenendo così alcun risultato.
Pasqualina Napoletano, a nome del gruppo PSE. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, a Gaza in queste ore si sta consumando una vera e propria catastrofe umanitaria, che coinvolge più di un milione di civili. I rapporti dell’ONU, dell’UNICEF e del PAM parlano di una situazione disperata. Gaza è divenuta una prigione in cui si sta infliggendo una punizione collettiva ad un intero popolo.
La comunità internazionale si era finalmente accordata per far arrivare ai palestinesi gli aiuti necessari alla sopravvivenza attraverso l’Unione europea; ma tutto questo è vano poiché Gaza è praticamente isolata e nulla arriva ad una popolazione stremata e umiliata.
La questione palestinese non può però divenire una questione umanitaria, perché essa rimane una grande questione politica. La stessa, indiscriminata decapitazione di Hamas è stata una pazzia; innanzitutto perché i parlamentari e i ministri rappresentano in questo momento la maggioranza del popolo palestinese in modo legittimo, ma soprattutto perché il Primo Ministro Haniyeh aveva dato il via libera al cosiddetto “documento dei carcerati” e si era di fatto dissociato dalle posizioni più intransigenti dei rappresentanti di Hamas in Siria, evitando il referendum e aprendo la strada a un governo di coalizione in Palestina.
Con queste azioni, le autorità israeliane rischiano obiettivamente di favorire ancora una volta le frange più estremiste e violente del mondo palestinese. Il caporale Ghilad Shalit deve essere liberato, così come un intero popolo deve essere liberato dalla morsa di un esercito che calpesta ogni legalità.
Il Parlamento europeo ha in passato fatto pressione per non interrompere gli aiuti al popolo palestinese, oggi lo stesso parlamento chiede ai governi europei e alla Presidenza di imporre il rispetto dei diritti umani fondamentali, affinché a Gaza si possa tornare a vivere e si possano riaprire prospettive politiche che prendano il posto della violenza e dei soprusi.
(Applausi)
Annemie Neyts-Uyttebroeck, a nome del gruppo ALDE. – (NL) Signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, signora Commissario, in effetti condivido il senso di sconforto dell’onorevole Brok. Per scoraggiarsi, basta guardare la piega che hanno preso gli eventi nelle ultime settimane. Se infatti si paragona la situazione attuale con quella, diciamo, di gennaio di quest’anno, ci si rende conto che le cose non hanno fatto che peggiorare.
La tregua armata che Hamas aveva rispettato è finita; il numero di prigionieri è in crescita da entrambe le parti; la violenza perpetrata contro i civili è aumentata; Gaza è diventata una prigione per i suoi abitanti e la situazione umanitaria è tragica.
Cionondimeno, adesso non è il momento di starsene con le mani in mano, motivo per cui vorrei iniziare, a nome del mio gruppo, a garantire il nostro pieno sostegno alla Presidenza finlandese, a lei, signora Presidente in carica del Consiglio Lehtomäki, al Primo Ministro e al ministro degli Affari esteri finlandesi – congratulandomi allo stesso tempo anche per gli sforzi già compiuti – e assicurare anche a lei, signora Commissario Ferrero-Waldner, il nostro appoggio.
Se posso osare trarre la lezione politica contenuta nelle sue parole, mi sembra essenziale, e mi pare che lei sia d’accordo, la sua affermazione secondo cui le trattative e la diplomazia sono l’unica via d’uscita. Mi sembra un messaggio chiaro da rivolgere a quanti attualmente si dicono contrari a qualsiasi contatto con l’altra parte.
La sosteniamo in proposito ed è superfluo dire che rimaniamo fedeli ai principi del Quartetto, al riconoscimento del diritto all’esistenza di Israele, alla rinuncia alla violenza da parte di Hamas, nonché al rispetto dei precedenti accordi. Sosteniamo inoltre il suo appello a compiere un passo indietro e alla moderazione. Al riguardo lei ha il nostro pieno sostegno.
Caroline Lucas, a nome del gruppo Verts/ALE. – (EN) Signor Presidente, mi rallegro che oggi si svolga questo dibattito da lungo tempo atteso, perché, sinceramente, la dichiarazione pronunciata due giorni fa dalla Presidenza è stata lungi dal fornire la risposta che ci saremmo aspettati dall’Unione europea e rischia di minare la credibilità dell’UE nella regione.
Questa dichiarazione è palesemente squilibrata: dà grande rilievo al rapimento del soldato israeliano, che condanna, ma dedica solo poche parole alla risposta del tutto sproporzionata delle autorità israeliane, limitandosi a deplorarla. Mi rattrista che la rappresentante del Consiglio abbia ripreso questo tono e che la sua dichiarazione introduttiva di stamani sia stata contraddistinta da altrettanta parzialità.
Il governo israeliano, violando sia il diritto internazionale che i principi umanitari, non solo ha distrutto centrali elettriche e reti idriche: ha sequestrato e arrestato 64 deputati, dopo il terribile massacro sulla spiaggia di Gaza.
Se un simile evento si fosse verificato in qualsiasi altra parte del mondo, ci saremmo aspettati l’immediata condanna della comunità internazionale. E’ davvero incredibile che il Consiglio abbia finalmente levato la propria voce solo adesso e in toni così reticenti. Reputo essenziale che il Parlamento europeo si faccia sentire e condanni il più recisamente possibile l’arresto di rappresentanti del popolo palestinese democraticamente eletti.
(Applausi)
Nel contempo condanniamo il rapimento del soldato israeliano fatto prigioniero e chiediamo che sia rilasciato, incolume, al più presto. Non dobbiamo però neppure dimenticare i 9 600 detenuti politici palestinesi, più della metà dei quali sono stati incarcerati senza processo e di cui quasi 400 hanno meno di 18 anni. Dobbiamo avere un minimo di coerenza.
Secondo, le politiche devono adeguarsi al mutare delle circostanze. Nei giorni scorsi si era infatti verificato un evento storico che è stato tragicamente messo in ombra dai fatti di Gaza. Tale evento era l’accordo tra Hamas e al-Fatah sul cosiddetto documento dei prigionieri.
Nelle ultime settimane la comunità internazionale ha esortato Hamas a cambiare e adesso, visto che sta gradualmente incominciando a farlo, dovremmo riconoscerlo, rendergliene atto e modificare di conseguenza la nostra risposta politica. Sottoscrivendo questo documento di riconciliazione nazionale, Hamas ha dimostrato che sostiene la formazione di un governo di coalizione nazionale, che è favorevole alla creazione di uno Stato palestinese indipendente entro i confini del 1967 e che sta compiendo i primi passi in vista del riconoscimento di Israele.
Dobbiamo affermare a chiare lettere che l’UE deve immediatamente riprendere il dialogo con i deputati legittimamente e democraticamente eletti. Il Consiglio deve ribadire la propria convinzione, come ha fatto, che la soluzione negoziata dei due Stati è l’unica che porterà pace e sicurezza, il che implica però che anche l’UE deve essere all’altezza delle proprie responsabilità. Insieme al Quartetto l’UE deve presentare proposte concrete sui piani da attuare per contribuire al raggiungimento di una soluzione negoziata e pacifica.
(Applausi)
Francis Wurtz, a nome del gruppo GUE/NGL. – (FR) Signor Presidente, invochiamo il rilascio del caporale Gilad Shalit e dei 9 000 prigionieri palestinesi, 128 dei quali sono donne, 300 sono adolescenti e 900 sono detenuti senza processo. L’offensiva dell’esercito israeliano su Gaza e la cattura senza precedenti di un terzo dei ministri palestinesi, del presidente del parlamento e di molti parlamentari di Hamas non hanno assolutamente nulla a che vedere con il desiderio di liberare il soldato in questione. Tali piani erano stati concepiti molto prima della sua cattura. Il governo Olmert ha colto l’occasione per cercare di compiere il passo decisivo di una strategia perfettamente predisposta e ormai ben nota.
In primo luogo, l’idea è di rovesciare il governo palestinese, anche se la sua attuazione implica la distruzione di quel che resta dell’Autorità palestinese rappresentata dal Presidente Abbas. A quel punto, come al solito, si affermerà che non esiste un interlocutore palestinese con cui negoziare. Allora Israele avrà la via spianata per imporre unilateralmente i propri confini. Il raggruppamento degli insediamenti in tre grandi blocchi, più facilmente difendibili, la divisione dei territori palestinesi e l’annessione di quasi metà della Cisgiordania, della Valle del Giordano e di Gerusalemme est, nonché la continuazione della costruzione del muro di divisione: in breve un fatto compiuto che distrugga qualsiasi speranza di uno Stato palestinese degno di questo nome.
Infine, il caos così generato in seno alla società palestinese permetterà di giustificare il costante uso della forza in nome dell’essenziale esigenza della sicurezza. Questa strategia non è mostruosa solo per il popolo palestinese. Rischia di riservare un futuro da incubo anche agli stessi israeliani. Come possono pensare che, come per miracolo, da un tale collasso possano emergere leader palestinesi docili e una popolazione consenziente? Chi semina disperazione raccoglie violenza.
La società palestinese rischia di trarre la conclusione che l’accettazione delle regole del gioco democratico non le ha recato che ulteriori sventure. L’Unione europea, dinanzi a una simile sfida, lascerà distruggere le istituzioni palestinesi, che, da 12 anni a questa parte, ha contribuito a costruire? Abbandonerà il Presidente palestinese nel bel mezzo della tempesta, proprio mentre con il capo del governo era riuscito a ottenere un risultato che nessuno osava sperare, vale a dire la conclusione di un accordo che riconosce Israele e apre la via a un governo di unità nazionale?
Oppure l’UE avrà la volontà e il coraggio, che purtroppo non ho percepito da parte del Consiglio, di imprimere la propria impronta, esigendo la liberazione dei rappresentanti di Hamas, riprendendo l’erogazione di aiuti adeguati e una collaborazione attiva con l’Autorità e il governo palestinesi, nonché affermando in modo chiaro tutti gli obblighi che ogni Stato, senza eccezione alcuna, è tenuto a rispettare in virtù del diritto internazionale e delle convenzioni di Ginevra?
Penso che su questo terreno l’Europa si gioca fin d’ora gran parte della credibilità del progetto euromediterraneo e, più in generale, la sua credibilità di attore mondiale.
(Applausi dai banchi del gruppo GUE/NGL)
Roberta Angelilli, a nome del gruppo UEN. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, seguiamo con apprensione ed angoscia la situazione in Terra Santa, che ogni giorno diventa più grave e rischia di tramutarsi in una crisi internazionale e, prima ancora, in una tragedia umanitaria. Penso che sia giusto cominciare dalle parole del Papa, che ha lanciato un appello per la liberazione di tutti i rapiti e per la ricerca di un negoziato tra israeliani e palestinesi, con il contributo determinante della comunità internazionale, e dell’Europa innanzitutto, in favore di un ritorno alla pace.
In questo momento tragico, infatti, solo il dialogo e la cessazione delle ostilità da entrambe le parti possono fermare l’inaccettabile escalation di violenza. Abbiamo accolto con favore l’accordo tra Fatah e Hamas sul documento dei prigionieri, che riconosce implicitamente l’esistenza di Israele, ma bisogna fare ben altri passi in avanti, in primis con la liberazione del soldato israeliano.
L’Europa ha fatto bene a lanciare subito, con una sola voce, un appello alla moderazione e alla pace, ma c’è bisogno di più coraggio e di più fermezza. La comunità internazionale deve essere realmente protagonista ed assumersi tutta la responsabilità di farsi garante della pace in Medio Oriente, fermando le violenze e riportando israeliani e palestinesi al tavolo delle trattative.
In conclusione, voglio citare di nuovo il Pontefice, il quale ha riaffermato il giusto diritto di Israele di esistere, in pace, ma si è rivolto poi anche alla comunità internazionale affinché sostenga davvero il popolo palestinese onde consentirgli di superare le precarie condizioni in cui vive e costruire il suo futuro, andando verso la costituzione di un vero e proprio Stato.
Siamo sicuri che, se venissero ascoltate queste parole, si potrebbe finalmente tornare sulla strada del dialogo e della pace.
Bastiaan Belder, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) Signor Presidente, ieri il ministro della Difesa israeliano Amir Peretz ha ritenuto il Presidente siriano Bashir al-Assad responsabile dell’incolumità di Gilad Shalit, il caporale israeliano fatto prigioniero. Il ministro ha sostenuto la sua posizione facendo riferimento al commando terroristico di Hamas operante sotto l’egida di Khaled Meshal a Damasco. Il Consiglio e la Commissione condividono questo parere e, in caso affermativo, come pensano che tale circostanza si ripercuoterà sulle relazioni con la Siria?
La seconda domanda al Consiglio e alla Commissione riguarda l’efficacia della sorveglianza europea a Rafah, al confine tra l’Egitto e Gaza. Un eminente analista israeliano ha definito la missione UE un fiasco totale. Sotto gli occhi dell’Europa e dell’Egitto, probabilmente in senso letterale nel caso degli egiziani, le armi e i terroristi entrano nella striscia di Gaza. Vorrei sapere cosa ne pensano il Consiglio e la Commissione. Visto l’attacco missilistico sferrato ieri dai palestinesi nel centro della città israeliana di Ashkelon, si tratta di una questione urgente.
Marek Aleksander Czarnecki (NI). – (PL) Signor Presidente, la situazione attuale in Israele costituisce una vera e propria minaccia di guerra. E’ la situazione più grave nella regione dal 2000 o persino dal 1967. Senza addentrarci in un’analisi dettagliata degli ultimi eventi né ergerci a giudici sputa sentenze o assurgere a giuria responsabile dell’attribuzione di colpe, dobbiamo dire che la mancanza di stabilità nella regione è una vera e propria minaccia alla pace e all’ordine mondiale e che pertanto è necessario un intervento internazionale. Non possiamo rimanere a guardare con le mani in mano.
Se la violenza continuerà ad aumentare, la spirale del conflitto si intensificherà e produrrà eventi che avranno ripercussioni non solo sugli abitanti di Israele e della Palestina. Vi sono estremisti da entrambe le parti. Dobbiamo fare di tutto per dare una possibilità alle forze moderate di entrambi i paesi, a quanti scelgono la difficile via del dialogo e non a chi imbocca la strada facile della violenza.
Ioannis Kasoulides (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, il Commissario ha opportunamente menzionato l’accordo tra il Presidente Abbas e il governo di Hamas sulla base della proposta dei prigionieri, evento che è stato messo in ombra dai recenti sviluppi. Ogni volta che si verifica un progresso positivo verso la pace, qualche elemento estremista fa in modo di vanificarlo con azioni come l’imboscata in cui due soldati hanno perso la vita e un terzo è stato fatto prigioniero. Condanniamo tutti gli atti terroristici e chiediamo l’immediato rilascio del soldato israeliano.
Va tuttavia detto che la parte israeliana cade sempre in questa trappola. Con il suo uso eccessivo e sproporzionato della forza, Israele distrugge tutti i positivi progressi verso la pace cui esso stesso anela. Israele afferma che il proprio obiettivo è risparmiare i civili innocenti. Tuttavia, distruggendo le centrali elettriche, impedendo la normale erogazione idrica e lasciando così parecchi milioni di persone senza elettricità né acqua, Israele non punisce solo civili innocenti, ma anche i contribuenti europei il cui denaro è stato utilizzato per la costruzione delle infrastrutture e ai quali molto probabilmente e a ragione verrà chiesto di ripararle di nuovo.
Rivolgiamo pertanto un appello ad entrambe le parti affinché rispettino il processo politico democratico e ripudino la violenza quale mezzo per imporre all’altro i propri obiettivi politici. La lotta contro il terrorismo non può essere addotta a scusa da parte di Israele per invalidare la decisione politica democraticamente presa dai palestinesi.
Véronique De Keyser (PSE). – (FR) Una nube nera incombe sull’operazione in corso a Gaza. Man mano che l’operazione avanza la nube diventa sempre più cupa! Le piogge estive che stanno sommergendo Gaza non sono solo inutili, sono soprattutto totalmente illegittime. E’ illegittimo lasciare senza elettricità 750 000 persone, è illegittimo invitare 20 000 persone a lasciare la loro abitazione per trasformare la propria città in una città fantasma. Non è legittimo entrare nello spazio aereo siriano. Non è legittimo rapire un quarto di un governo e un quarto di un Parlamento. Uno Stato che agisce così non è migliore di un’organizzazione terroristica. Queste non sono parole mie, sono le parole del giornalista ebreo Levy comparse questa settimana su Haaretz.com. Se in Israele le voci dei giusti si levano per condannare questi crimini, perché il Consiglio è colpito da mutismo?
Il comunicato del Consiglio del 3 luglio è più reticente di quelli della Svizzera e della Turchia! L’Unione europea, che ha speso 3 milioni di euro per la missione di osservazione delle elezioni palestinesi, ha reagito con lentezza al rapimento di 64 membri del governo e del consiglio legislativo democraticamente eletto e non ne sta sollecitando l’immediato rilascio.
Il bombardamento di Gaza, la distruzione di una centrale elettrica, l’interruzione dell’erogazione dell’acqua non stanno suscitando nessuno scalpore. Nonostante il crescente numero di morti e la ripresa della spirale della violenza, non sentiamo nessuno gridare: basta, basta, basta! Fermate questa carneficina, siete diventati pazzi! Sì, condanno il lancio dei missili Qassam, sì, voglio che il soldato Gilad sia rilasciato, ma voglio anche che siano rilasciati i 339 ragazzini palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Se la vita di un soldato è sacra, lo è anche quella di un ragazzino.
Sono però soprattutto stupita del fatto che l’Unione europea non abbia ancora espresso apprezzamento, anche se ringrazio la signora Commissario di averlo fatto oggi, per lo storico passo compiuto con il documento dei prigionieri. Sei mesi dopo le elezioni i partiti Hamas e Jihad islamica si sono implicitamente impegnati a riconoscere Israele e a porre fine alla violenza fuori dai territori. Ebbene, finora neanche una parola, solo un assordante silenzio! Il nostro aiuto umanitario, e sostengo il Commissario, basta solo a far tirare avanti la Palestina. Ma abbiamo ancora l’ambizione di aiutare lo Stato palestinese a costruire una propria democrazia? Questa domanda è rivolta al Consiglio. Fermate questo scandalo e fate in modo che il diritto internazionale sia rispettato!
(Applausi a sinistra)
Chris Davies (ALDE). – (EN) Signor Presidente, abbiamo sentito parlare del caporale Shalit e del fatto che i responsabili del rapimento dovrebbero rilasciare immediatamente il povero ragazzo. Abbiamo sentito parlare molto meno di Maria Aman. Non potrà mai più utilizzare né le braccia né le gambe; ha solo tre anni e il suo midollo spinale è stato leso da una granata israeliana. Ecco che cosa succede quando si sganciano bombe su una via affollata di Gaza. L’esercito israeliano ha ucciso più di 12 bambini palestinesi il mese scorso, ma che cosa gliene importa? Il Primo Ministro israeliano afferma che la vita degli israeliani è più importante di quella dei palestinesi. Israele sta distogliendo l’attenzione dall’accordo tra al-Fatah e Hamas che riconosce i confini del 1967. Che cosa vuole di più Israele? Si servirà di qualsiasi pretesto, pur di non riprendere la roadmap. Non ha alcuna intenzione di negoziare una soluzione fondata su due Stati.
Ma dov’è la sfida dell’Europa? Non c’è; i nostri doppi criteri sono proprio vergognosi. Ignoriamo il razzismo di Israele e stiamo a guardare pronunciando qualche stentata parola di protesta mentre Israele infligge una punizione collettiva alla popolazione di Gaza. Le nostre parole sulla giustizia non sono mai seguite dai fatti.
L’Europa ha l’opportunità di far avanzare il programma accordando il proprio sostegno al documento dei prigionieri e la propria intenzione di trattare con il governo palestinese. Tuttavia, con ogni evidenza Consiglio e Commissione non avranno il coraggio di farlo. La facciamo passare brutta ai palestinesi, ma lasciamo che Israele prosegua con il suo sanguinoso massacro.
(Applausi)
Roger Knapman (IND/DEM). – (EN) Signor Presidente, la settimana scorsa l’intero Parlamento ha avuto modo di sentire l’eccelsa conferenza stampa dell’onorevole Adamos Adamou. A quanto pare, tutto il mondo doveva sapere che l’onorevole summenzionato, in qualità di presidente della delegazione per le relazioni con il consiglio legislativo palestinese, “esorta la comunità internazionale a proteggere la vita dei civili di Gaza”. Orbene, come di preciso? Che cosa intende fare, piazzarsi in mezzo alla strada con un elmetto di latta in testa? Per fortuna, dalla ricerca di notizie su Google risulta che la richiesta non ha provocato alcuna risposta.
Adesso tutto quello che posso proporre, e sono stati pronunciati discorsi molto forti, è di non perdere di vista la realtà. La tragica verità è questa: se Hamas continua a bombardare, uccidere, menomare e adesso a rapire, Israele reagirà. Chi nasconde la testa sotto la sabbia farebbe bene a riconoscerlo, altrimenti seguiranno ancora altre tragedie.
Mario Borghezio (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, non imiti l’equivoca “equivicinanza” del governo italiano: la striscia di Gaza è diventata una base di lancio istituzionalizzata per attacchi terroristici.
Le milizie di Hamas hanno archiviato la scelta istituzionale e riportato il quadro nel pieno del terrorismo. Questo è il punto fondamentale. Noi non possiamo equiparare il terrorismo alle scelte militari di Israele, né alle infrazioni dei diritti umani che pure condanniamo, ma se il potere decisionale di Hamas è nelle mani dei macellai eterodiretti dalla Siria e dall’Iran, quali risultati possono avere i morbidi inviti dei parlamentari europei al governo di Hamas?
I nostri ispettori non sono riusciti a impedire il vergognoso traffico di milioni di dollari fatti entrare nelle valigie di Hamas e non certo destinati alle necessità del popolo palestinese. Ma a questo problema deve provvedere il contribuente europeo.
Charles Tannock (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, l’acuirsi della tensione nei territori palestinesi è stato provocato dal rapimento del caporale Shalit organizzato da Hamas con le irrealistiche richieste di rilasciare i detenuti palestinesi. A seguito dell’assassinio a sangue freddo di un colono civile e del continuo lancio di missili Qassam da Gaza sulle aree civili israeliane, il Primo Ministro Olmert non ha avuto altra scelta se non decidere un limitato intervento chirurgico dell’esercito. Anch’io invoco l’immediato rilascio del caporale Shalit.
Personalmente sono contrario a finanziare un governo dell’Autorità palestinese guidato da Hamas, a meno che non rinunci alla violenza, deponga le armi e riconosca il diritto all’esistenza di Israele. Purtroppo la dichiarazione congiunta di Hamas e al-Fatah del 27 giugno che, a quanto si dice, riconoscerebbe implicitamente Israele, resta un documento ambiguo in cui Hamas non rinuncia in modo chiaro alla violenza.
In passato milioni di euro attinti dal denaro dei contribuenti comunitari sono stati donati come aiuti all’Autorità palestinese chiedendo scarse prove di impegno a garantire una pace duratura, come previsto a Oslo nel 1993. Vi è invece stata una diffusa corruzione. Personalmente, pur riconoscendo la vittoria democratica di Hamas, in fondo anche Hitler è stato eletto democraticamente, continuo a considerare questo movimento, al pari dell’UE e degli USA, alla stregua di un’organizzazione terroristica illegale e pertanto non appoggerò mai l’erogazione di finanziamenti ad Hamas finché non cambierà in maniera convincente il proprio statuto e la propria ideologia terroristica.
Il recente attentato dinamitardo avvenuto a Tel Aviv durante la Pasqua ebraica è stato pubblicamente sostenuto dal governo dell’Autorità palestinese guidato da Hamas, il che è scandaloso. Cionondimeno l’Unione europea, attraverso il Quartetto, deve continuare a impegnarsi in vista della soluzione dei due Stati in cui uno Stato palestinese democratico e autonomo possa vivere in pace e sicurezza a fianco di uno Stato di Israele delimitato da confini riconosciuti a livello internazionale. Mi unisco a tutti i partiti dell’Assemblea nel sollecitare Israele, e in particolare il suo esercito, Hamas e tutte le persone coinvolte in questi terribili eventi a rispettare il diritto internazionale e ad evitare ulteriori spargimenti di sangue.
Marek Siwiec (PSE). – (PL) Signor Presidente, nessun conflitto è mai stato risolto alzando la voce.
Per quali aspetti l’attuale quadro di terrore e violenza differisce dagli altri? Per il fatto che la violenza e i crimini commessi dagli assassini che hanno rapito un ragazzo israeliano e le numerose vittime degli attentati non sono stati condannati dall’Autorità palestinese democraticamente eletta. In effetti Hamas si è schierato con chi semina violenza e terrore. E’ successo appena il nuovo governo israeliano ha prestato giuramento e ad ogni azione segue una reazione. Le autorità israeliane hanno risposto a questo atto criminale con un’azione militare. La sceneggiatura odierna non è stata scritta né dal Primo Ministro israeliano né dal Presidente dell’Autorità palestinese, che hanno cercato di tenere aperto il dialogo, ma dal Presidente iraniano e dagli estremisti di Hamas importati da Damasco e dai terroristi di ogni risma e tipo.
Esorto Consiglio e Commissione a esercitare maggiori pressioni su entrambe le parti in conflitto, ma in particolare sull’Autorità palestinese. Occorre ricordare che, per far ripartire il processo di pace, il governo nominato da Hamas deve riconoscere lo Stato di Israele, rinunciare alla violenza e rispettare tutti gli accordi finora sottoscritti, cosa che non ha ancora fatto.
Frédérique Ries (ALDE). – (FR) Signor Presidente, la situazione è grave, come ha detto il Commissario Ferrero-Waldner. Sì, l’esercito israeliano è di nuovo a Gaza, sì, è drammatica la situazione umanitaria dei palestinesi, vittime del vicolo cieco mortale in cui li ha spinti Hamas. Siamo senz’altro favorevoli agli aiuti di emergenza annunciati dal Commissario.
Sì, la reazione israeliana che ha privato di acqua ed elettricità metà degli abitanti di Gaza è sproporzionata. Cionondimeno Israele non intende occupare di nuovo Gaza. Questa grande crisi potrebbe finire domani, se i movimenti terroristici rilasciassero il giovane soldato catturato e smettessero di lanciare missili sul territorio israeliano, come quello che la scorsa notte è caduto su una scuola a Sderot.
Una costante preoccupazione è data dalla possibilità che il conflitto in corso nella regione subisca una sorta di “irakizzazione”: rapimenti ed esecuzioni di ostaggi come quella del diciottenne Eliahou Asheri, di cui nessuno o quasi ha parlato, al quale è stato sparato un proiettile alla testa perché faceva l’autostop a Gerusalemme.
Solo il ritorno alla diplomazia riporterà sotto controllo la radicalizzazione e l’estremismo, ovvero la strategia di far peggiorare le cose per raggiungere i propri fini. Attualmente Francia ed Egitto sono nella posizione migliore per trovare una soluzione, che spero sia imminente, per Gilad Shalit e per il popolo palestinese. Vorrei rassicurare l’onorevole Davies facendo presente che per tutti i membri di questa Assemblea la vita di un palestinese ha lo stesso valore di quella di un israeliano. Reputo del tutto ingiusto e inopportuno farci dire parole del genere.
Il nostro più caro auspicio, che purtroppo è poco più di un sogno, è che l’Europa lavori insieme sulla questione in vista di un ritorno al tavolo negoziale.
Zbigniew Zaleski (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, mi sembra che ormai sia già stato detto tutto sul conflitto e sulle sue origini. Ritengo che la situazione odierna sia di gran lunga peggiore rispetto a quella di un anno fa, perché non sappiamo più chi aiutare né come. Da una parte, c’è una barriera fisica, poi c’è una barriera armata (soldati, controllo dei passaporti) che ha portato alla distruzione di una centrale elettrica e di ponti. E’ comparsa una nuova e ulteriore barriera politica con il governo eletto guidato da Hamas e tutto ciò che comporta in termini politici. Poi vi sono anche le persone, i cittadini comuni, che non sappiamo come aiutare. E’ una regola semplicissima che fame e frustrazione sfociano nell’aggressione e l’aggressione è il cibo che alimenta il terrorismo ed eventualmente persino una potenziale guerra.
Dovremmo chiederci se, dal momento che questi due popoli non possono convivere in un solo paese, l’unica soluzione praticabile non sia la creazione di due Stati. Ho una domanda per il Commissario, i membri della Commissione e il Consiglio: l’Unione europea sta facendo abbastanza, siamo abbastanza decisi ed efficaci come mediatori, come facilitatori e come diplomatici? La Commissione ha qualche idea su questa specifica situazione?
Pierre Schapira (PSE). – (FR) Signor Presidente, sono esterrefatto da quello che ho appena sentito e trovo deplorevole che alcune persone confondano ancora gli ebrei con gli israeliani.
Non ci troveremmo di fronte a una crisi umanitaria così ingente se non avessimo iniziato a interrompere i nostri aiuti ai palestinesi. La decisione del Consiglio dei ministri di tagliare gli aiuti e di mettere a rischio il popolo palestinese è stata un grave errore. C’erano altri modi per esercitare pressioni.
A seguito della sospensione di questi aiuti, il governo di Hamas ha compiuto il benché minimo progresso in vista del riconoscimento dello Stato di Israele? Ha finalmente deciso di condannare gli attacchi? La politica di usare la crisi umanitaria a scopo di ricatto non solo non ha sortito il benché minimo effetto positivo, ma ha provocato reali sofferenze.
Siamo di nuovo in una spirale di violenza in cui chiaramente le colpe stanno da entrambe le parti; i missili lanciati contro Israele, le sproporzionate rappresaglie attuate dall’esercito israeliano, la cattura del soldato Shalit, che naturalmente deve essere rilasciato, come tutti hanno chiesto.
Molti attori hanno continuato a cooperare con la Palestina. Penso in particolare ai numerosi gruppi locali europei che si sono incontrati a Bruxelles la settimana scorsa. Inoltre, come ha affermato il presidente della commissione per gli affari esteri Brok, il Quartetto deve permettere un intervento in loco.
Infine vorrei esprimere il mio profondo rammarico per il fatto che la risoluzione del Parlamento europeo approvata il mese scorso non conteneva alcun riferimento alla dichiarazione dei detenuti palestinesi. Credo infatti che questo testo sia il segnale più incoraggiante per l’Autorità palestinese guidata da Mahmoud Abbas e che vada sostenuto.
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, non posso che condividere la profonda preoccupazione espressa dai deputati al Parlamento per il peggioramento della crisi mediorientale. Inoltre, in qualità di ministro responsabile per la Cooperazione allo sviluppo, penso che il peggioramento della situazione umanitaria sia particolarmente grave, come ho detto nel mio intervento di apertura, considerando che la regione versava in condizioni difficili già prima dell’ultima fase della crisi.
Questo conflitto rappresenta un’immensa sfida per l’Unione europea e il Consiglio è fermamente impegnato a sostenere ogni mezzo al fine di trovare una soluzione. Nel contempo dobbiamo tener presente che sono le parti coinvolte a possedere le chiavi per la soluzione della crisi. Possiamo e dobbiamo lavorare meglio che possiamo per trovare una soluzione, ma è decisivo che anche le parti in causa abbiano sufficienti volontà e desiderio di farlo.
Il Consiglio ha rilasciato la sua ultima dichiarazione il 30 giugno: non ha affatto perso tempo. A mio avviso la posizione adottata è molto equilibrata, contrariamente a quanto è stato affermato in alcuni interventi. Il Consiglio desidera sottolineare che, per allentare la crisi, entrambe le parti devono intraprendere le necessarie e opportune azioni. Riteniamo essenziale che il soldato israeliano catturato venga rilasciato, ma è altrettanto essenziale che Israele ponga fine alla sua operazione militare e che entrambe le parti agiscano nel rispetto del diritto internazionale. E’ cruciale che entrambe le parti in causa possano ritornare al tavolo negoziale e in tal modo trovino una soluzione alla crisi.
Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, come ho detto all’inizio, avverto e condivido realmente la profonda preoccupazione per l’escalation degli eventi verificatisi nella striscia di Gaza. Si tratta di un circolo vizioso. Capisco anche le reazioni israeliane al rapimento del caporale Shalit. Quest’uomo deve essere rilasciato sano e salvo. Certo, la parte siriana di Hamas ha una pesante responsabilità al riguardo. Gli attacchi con i missili Qassam sferrati dalla parte settentrionale di Gaza contro Israele devono cessare. Tuttavia, l’incursione militare israeliana nella striscia di Gaza e la distruzione delle infrastrutture civili puniscono collettivamente i palestinesi e mettono a repentaglio la vita dei civili.
Tale operazione solleva interrogativi sul rispetto del diritto internazionale. E’ davvero negli interessi a lungo termine di Israele? Non rischia di rafforzare il circolo vizioso della povertà e dell’estremismo? L’erogazione di acqua e di elettricità adesso deve essere ripristinata al più presto e con l’assistenza di Israele. L’arresto dei legislatori eletti mina le istituzioni dell’Autorità palestinese che sono necessarie per la creazione di uno Stato palestinese indipendente, democratico e autonomo.
L’Unione europea si è detta particolarmente preoccupata per l’incarcerazione di questi membri eletti del governo e del parlamento palestinesi e i detenuti devono godere dei pieni diritti giuridici. Entrambe le parti devono dare prova di moderazione.
L’anno scorso parlavo dell’esigenza di speranza per le prospettive del processo di pace a seguito del ritiro israeliano da Gaza e del piano del G8 per rivitalizzare l’economia palestinese. Come appare diversa la situazione odierna! Eppure, penso che sia possibile compiere un passo indietro. Continueremo pertanto a impegnarci a favore della soluzione negoziale che prevede la creazione di due Stati e riconosceremo cambiamenti dei confini precedenti al 1967 esclusivamente previo consenso di entrambe le parti. Esprimiamo apprezzamento per gli sforzi compiuti dal Presidente Abbas al fine di creare un consenso palestinese più ampio possibile a sostegno degli obiettivi della roadmap e vogliamo continuare ad avere questo appoggio. Siamo pronti a collaborare con qualsiasi governo palestinese che rinunci alla violenza, riconosca Israele e rispetti i precedenti accordi, come stabilito dal Quartetto.
Dobbiamo prendere in considerazione la proposta dell’onorevole Brok, secondo il quale dobbiamo recarci in loco come Quartetto per vedere cosa possiamo fare. Abbiamo ribadito il nostro impegno a favore di una soluzione negoziata, esaustiva, equa e duratura in Medio Oriente. L’obiettivo comune del G8 resta la creazione di uno Stato israeliano e di uno Stato palestinese autonomi, democratici e sovrani, che vivano in pace e sicurezza. Vogliamo conseguire tale obiettivo e pertanto intendiamo continuare a profondere i nostri sforzi, anche nei momenti più difficili.
(Applausi)
Presidente. – La discussione è chiusa.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)
Adamos Adamou (GUE/NGL). – (EL) Quanto devono ancora soffrire i palestinesi, quanti bambini ancora devono essere uccisi prima che la comunità internazionale si svegli e chieda ad Israele di fermare gli abominevoli crimini che sta commettendo ogni giorno?
La causa della tragedia è l’occupazione israeliana. Non dobbiamo lasciare che la verità sia distorta attribuendo la responsabilità di questi inaccettabili sviluppi alla cattura di un soldato israeliano. Se lo facessimo, sarebbe come se accettassimo l’occupazione e la logica della punizione di massa, nonché la dichiarazione che la vita degli israeliani è più importante di quella dei palestinesi.
Condanniamo l’arresto dei ministri del governo palestinese, che è legittimo ed eletto democraticamente, e dei colleghi parlamentari. Chiediamo il loro immediato e incondizionato rilascio.
Israele deve fermare questa guerra non dichiarata, deve sbloccare gli aiuti umanitari e ripristinare le infrastrutture che ha distrutto. Chiediamo altresì il rilascio del soldato che toglierà qualsiasi pretesto per la continuazione degli attacchi.
Il Quartetto deve immediatamente attivare il meccanismo temporaneo di aiuti per i palestinesi.
La comunità internazionale, l’UE e il Quartetto devono insistere perché si ritorni al tavolo negoziale e devono esigere il rispetto della roadmap da parte del governo israeliano e da entrambe le parti il rispetto di tutti gli accordi sottoscritti per la promozione e la salvaguardia della pace.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL). – (PT) Dinanzi alla recrudescenza degli attacchi criminali di Israele ai danni dei palestinesi e delle loro istituzioni, l’UE ha di nuovo ritenuto congiuntamente responsabili della situazione Israele e i palestinesi in una dichiarazione della Presidenza del Consiglio, sorvolando del tutto sulla brutale politica israeliana di aggressione e occupazione della Palestina, che vede Israele violare sistematicamente il diritto internazionale e il diritto inalienabile del popolo palestinese ad avere un proprio Stato indipendente.
L’UE non ha proferito neanche una parola di condanna nei confronti dell’attuale aggressione militare di Israele, che, a giudicare dalla sua estensione, sembrerebbe essere stata predisposta da tempo e solo in attesa di un pretesto. Questa azione militare criminale è parte di una strategia israeliana pianificata da lungo tempo per distruggere l’Autorità palestinese, le sue istituzioni e le sue strutture, comprese quelle che soddisfano le esigenze più fondamentali della gente. La strategia israeliana mira ad annettere i territori occupati, come dimostra la costruzione del muro di separazione, e a minare le condizioni necessarie per la creazione di uno Stato palestinese sovrano, indipendente e autonomo.
Ecco perché occorre dare prova di solidarietà nei confronti dell’OLP e dei palestinesi.
David Martin (PSE). – (EN) La situazione in Palestina è critica. Chiunque sia dotato di spirito compassionevole vuole che il soldato israeliano preso in ostaggio sia rilasciato sano e salvo. Tuttavia il suo rapimento non dovrebbe essere addotto come scusa da Israele per un’azione estrema a Gaza e in Cisgiordania. Esorto Israele a fare in modo che tutte le sue azioni rispettino il diritto internazionale. Occorre affrontare con urgenza la situazione umanitaria nei territori palestinesi. Occorre immediatamente ripristinare l’elettricità in tutte le abitazioni, assicurare la fornitura di medicine e risolvere la carenza di cibo. Entrambe le parti dovrebbero essere incoraggiate a intraprendere misure per costruire fiducia reciproca e allentare la tensione. Una netta dichiarazione di entrambe le parti che affermi che una soluzione negoziata fondata su due Stati è l’unico futuro praticabile per la regione permetterebbe di compiere notevoli progressi nel miglioramento della situazione attuale.
PRESIDENZA DELL’ON. McMILLAN-SCOTT Vicepresidente
Presidente. – Buongiorno cari colleghi ed amici. Siamo tutti pronti a votare? Grosso modo...
(Applausi)
Robert Atkins (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, intervengo per una mozione di procedura ai sensi degli articoli da 149 a 164 del Regolamento, per chiedere perché il Parlamento non si può organizzare tramite la Presidenza o l’amministrazione per effettuare le votazioni all’ora prevista, in orario, ove necessario. Le votazioni dovrebbero avere la precedenza su tutto il resto e dovrebbero svolgersi all’ora prestabilita, evitando così di causare inconvenienti a tutti per il fatto di votare a orari ridicoli come questo.
(Applausi)
Presidente. – Grazie, Sir Robert. Ho controllato. La discussione di stamani si è leggermente prolungata a causa dell’intervento del Primo Ministro finlandese che, è durato 45 minuti. Vi ricordo che il finlandese ha troppe vocali per qualsiasi lingua seria, il che ha allungato i tempi.
(Reazioni diverse)
Desidero comunicare ai colleghi che Terry Wynn questa settimana si congederà dal Parlamento europeo in quanto andrà in pensione. Sono certo che tutti desiderano ringraziarlo per l’eccellente lavoro svolto, segnatamente in qualità di presidente della commissione per i bilanci.
(L’Assemblea, in piedi, applaude lungamente l’onorevole Wynn)
Janusz Lewandowski (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, per me che sono un nuovo arrivato di uno dei nuovi Stati membri è stato fattibile assumere il ruolo di presidente della commissione per i bilanci perché ho avuto un illustre predecessore. Presiedere la commissione per i bilanci dopo Terry Wynn è come guidare un aereo con il pilota automatico. Per me Terry Wynn è e resterà un eccellente maestro della finanza europea. I migliori auguri, Terry.
(Vivi applausi)
4. Turno di votazioni
Presidente. – L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.
(Per i risultati e ulteriori dettagli sulle votazioni: cfr. Processo verbale)
4.1. Rafforzamento della cooperazione transfrontaliera di polizia in occasione di eventi internazionali nell’Unione europea (votazione)
4.2. Requisiti tecnici per le navi della navigazione interna (votazione)
4.3. Aviazione civile (armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative) (votazione)
Prima della votazione
Ulrich Stockmann (PSE), relatore. – (DE) Signor Presidente, le imprecisioni nella traduzione tedesca della nostra proposta di compromesso sull’equipaggio di cabina hanno creato confusione tra alcuni onorevoli colleghi. Dette imprecisioni si trovano negli emendamenti nn. 20, 22 e 24, paragrafo 1. La versione facente fede è l’inglese “where relevant”, [ove opportuno] che corrisponde al tedesco “wo angebracht” e non all’espressione “wenn angebracht”, che significherebbe “if relevant” [qualora opportuno].
Gilles Savary (PSE). – (FR) Signor Presidente, confermo questa difficoltà linguistica. Vorrei inoltre dire che siamo stati in 37 a presentare in plenaria gli emendamenti nn. 17 e 18. Ieri sera, al termine della discussione, è stato raggiunto un accordo su questi emendamenti. Desidero comunicare ai deputati che hanno aderito a questi emendamenti che Consiglio e Commissione hanno accettato di applicare anche all’equipaggio di cabina le norme sulla sicurezza aerea, come da loro auspicato. Informo pertanto i colleghi che hanno presentato questi emendamenti insieme a me che, se gli emendamenti di compromesso verranno approvati, i nostri emendamenti perderanno la loro ragion d’essere e potremo quindi votare contro di essi.
Credo che si tratti di un positivo successo collettivo. Mi auguro che gli onorevoli colleghi abbiano compreso quanto intendevo dire.
4.4. Trasferimenti di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito (votazione)
Prima della votazione sull’emendamento n. 23
Carl Schlyter, a nome del gruppo Verts/ALE. – (EN) Signor Presidente, a nome del gruppo Verts/ALE vorrei chiedere una votazione per appello nominale su questo emendamento.
(Il Parlamento accoglie la richiesta di votazione per appello nominale)
Dopo la votazione
Bruno Gollnisch (NI). – (FR) Signor Presidente, se non erro, ai sensi dell’articolo 153, paragrafo 3, del Regolamento, la quota di voti testé ottenuta avrebbe dovuto comportare una reiezione. Così almeno mi sembra, ma potrei sbagliarmi.
Presidente. – Stiamo applicando l’articolo 153, paragrafo 2, del Regolamento, che recita: “In caso di parità di voti sull’insieme dell’ordine del giorno (articolo 132), sull’insieme del processo verbale (articolo 172) o su un testo posto in votazione per parti separate a norma dell’articolo 157, il testo si considera approvato”.
Grazie per le osservazioni.
Rebecca Harms (Verts/ALE). – (DE) Signor Presidente, mi rammarico che la Commissione non abbia preso la parola. La decisione che abbiamo appena approvato sulle esportazioni nucleari è di capitale importanza per l’imminente Vertice del G8. In base alla discussione di questa mattina, mi aspetto che in quella sede la Commissione sollevi con il Presidente Putin le questioni dei diritti umani e della situazione ambientale negli Urali in relazione agli impianti di ritrattamento di Mayak e Chelyabinsk.
(Applausi)
Presidente. – Il relatore avrebbe potuto affermare di volere la risposta della Commissione, ma così non è stato. Pertanto è corretto così.
4.5. Potenziare la ricerca e l’innovazione - Investire per la crescita e l’occupazione (votazione)
4.6. Industria manifatturiera dell’Unione: Verso un’impostazione più integrata della politica industriale (votazione)
5. Benvenuto
Presidente. – E’ per me un immenso piacere porgere il benvenuto oggi in Parlamento a Emma Bonino, ministro italiano per il Commercio internazionale e le Politiche europee.
Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Questa proposta è volta a rendere più efficaci i contatti tra le autorità responsabili dell’applicazione della legge e a mantenere l’ordine pubblico e la sicurezza nei diversi Stati membri, al fine di migliorare la pianificazione delle operazioni di polizia transfrontaliere in occasione di eventi internazionali.
La relazione propone che, nell’ultimo trimestre dell’anno, la Presidenza del Consiglio rediga un elenco degli eventi internazionali previsti per l’anno successivo, e delle esigenze stimate in termini di assistenza.
La relazione, inoltre, propone che la Presidenza elabori una valutazione dell’assistenza fornita nell’anno precedente, comprendente un elenco delle difficoltà e dei problemi incontrati dagli Stati membri e raccomandazioni volte a risolvere tali difficoltà.
Sostengo quindi la relazione Brepoels e gli emendamenti proposti dalla collega. Si tratta di una relazione giustificata, che accogliamo con favore.
Occorre adottare le misure necessarie per garantire il mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica in occasione di eventi internazionali che richiamano un gran numero di persone provenienti da vari Stati membri, e prevenire e reprimere i reati.
Gérard Deprez (ALDE), per iscritto. – (FR) Oggi esprimiamo un parere su una proposta di decisione concernente il rafforzamento della cooperazione transfrontaliera di polizia in occasione di eventi che richiamano un gran numero di persone provenienti da vari Stati membri, ad esempio in occasione di manifestazioni sportive internazionali (la Coppa del mondo di calcio, i Giochi olimpici, i giri ciclistici, eccetera), ma anche di eventi religiosi, visite di Stato, incontri o vertici politici internazionali.
L’esperienza ha chiaramente dimostrato che la cooperazione, la fiducia, una buona comunicazione tra le forze di polizia interessate, la disponibilità di informazioni affidabili e una buona preparazione sono fattori indispensabili per il regolare svolgimento di questi eventi, soprattutto in un’ottica di prevenzione.
Il testo prende in esame ciascuno di questi elementi e prevede, nello specifico, le seguenti fasi. Prima degli eventi: pianificazione annuale delle esigenze previste. Durante gli eventi: cooperazione e assistenza transfrontaliera tra le forze di polizia nazionali. Dopo gli eventi: una valutazione e, se del caso, proposte di adeguamento della legislazione europea (in particolare l’accordo di Schengen).
In concomitanza della seconda semifinale di una Coppa del mondo che, sinora, si è svolta senza gravi incidenti, dobbiamo sostenere questo testo nella speranza che le cose vadano così il più spesso possibile.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La proposta di redigere un elenco degli eventi internazionali che si svolgono nell’Unione europea e che, richiamando cittadini provenienti da vari Stati membri, richiedono una stretta collaborazione tra i servizi di sicurezza dei diversi Stati membri, desta grande preoccupazione sul vero obiettivo di questa iniziativa e sull’uso di tale meccanismo.
Abbiamo vivo ricordo dei recenti tentativi di impedire alle persone di partecipare a eventi e manifestazioni internazionali che si svolgono, ad esempio, in concomitanza di vertici europei, per protestare contro le politiche neoliberali e militariste o esprimere solidarietà alle persone in lotta contro l’imperialismo. Questo esempio, in sostanza, dimostra il possibile significato della “prestazione di assistenza transfrontaliera” tra i servizi di sicurezza per il “mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica” e la “prevenzione e repressione dei reati”.
Questa iniziativa si inserisce nella logica del sicuritarismo verso cui si sta dirigendo l’Unione europea, e fa seguito all’adozione di altre misure che, con il pretesto della cosiddetta “lotta al terrorismo”, minano i diritti, le libertà e le garanzie dei cittadini.
Per tale motivo il nostro gruppo parlamentare ha votato contro.
Sérgio Marques (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Desidero congratularmi con l’onorevole Brepoels per l’opportuna relazione elaborata su iniziativa del Regno dei Paesi Bassi in vista dell’adozione della decisione del Consiglio concernente il rafforzamento della cooperazione transfrontaliera di polizia in occasione di eventi che richiamano un gran numero di persone provenienti da vari Stati membri e nell’ambito dei quali l’azione di polizia è principalmente diretta al mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica e alla prevenzione e repressione dei reati. Questo documento gode del mio pieno sostegno. In particolare, accolgo l’idea di poter aggiungere un evento imprevisto che richiama molte persone provenienti da vari Stati membri al quadro d’insieme presentato alla Presidenza del Consiglio l’anno precedente.
La libera circolazione delle persone implica che l’UE deve pensare alla cooperazione giudiziaria in ambito penale per potere creare un’area di libertà, sicurezza e giustizia.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Una buona preparazione è di vitale importanza per prevenire e limitare i disastri. Per tale motivo sostengo la relazione volta a garantire la maggiore efficacia possibile nell’assistenza transfrontaliera.
La lotta alla criminalità e la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica rientrano, in sostanza, nella sfera di competenza degli Stati membri. La presente proposta tende unicamente a rafforzare la cooperazione tra i diversi Stati membri in questo settore mediante l’istituzione di un quadro uniforme, trasparente ed efficace per lo scambio di informazioni. Essa è principalmente diretta al mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica e alla prevenzione e repressione dei reati in occasione di eventi internazionali che richiamano un gran numero di persone provenienti da vari Stati membri.
Ogni anno, entro il 31 gennaio, il Consiglio deve elaborare una valutazione dell’assistenza internazionale fornita durante l’anno civile precedente. La valutazione comprende una rassegna degli eventi internazionali già svolti, un quadro d’insieme dell’assistenza fornita e ricevuta, una rassegna dei principali problemi riscontrati dagli Stati membri e raccomandazioni volte a risolvere tali difficoltà. In questo modo le forze di polizia nazionali potranno collaborare nella maniera più efficace possibile.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Indubbiamente l’unico modo efficace per combattere la criminalità organizzata e il turismo criminale è rafforzare la cooperazione transfrontaliera di polizia. A tale proposito, il sistema d’informazione Schengen (SIS) in particolare sembra avere dimostrato la propria validità nelle normali azioni di polizia. In effetti, vista la sua rapidità, molti allarmi ora vengono lanciati solo tramite il SIS e non più tramite l’Interpol.
D’altro canto ora abbiamo una giustapposizione di molteplici forme di cooperazione di polizia: Schengen, Europol, Eurodac, CIS, molte forme di cooperazione bilaterale e, ora, anche la Convenzione di Prüm. Questo pone interrogativi sulla possibile esistenza di inutili sovrapposizioni e sul fatto che, forse, si inizi a perdere di vista il quadro globale. In ogni caso, occorre anche garantire che si presti la dovuta attenzione alla tutela dei dati personali.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Nella relazione sul rafforzamento della cooperazione transfrontaliera di polizia in occasione di eventi internazionali che si svolgono nell’UE vengono proposte nuove misure per destabilizzare la lotta collettiva a livello nazionale ed europeo.
Il documento prevede in maniera offensiva “un calendario degli eventi internazionali” che si tengono ogni anno per programmare e organizzare la cooperazione tra i meccanismi repressivi dell’UE usati per combattere i movimenti dei cittadini. Così facendo si promuove una repressione preventiva nel quadro di una generale dottrina imperialista di guerra preventiva in patria e all’estero, con l’obiettivo di “proteggere” i vertici e tutti i tipi di incontri internazionali delle organizzazioni imperialiste dal nemico, il popolo.
Il popolo europeo ha conoscenza diretta dell’azione omicida dei meccanismi repressivi dell’UE a Göteborg, a Genova e in altri paesi. Ogni giorno si vede imporre limitazioni ai propri diritti e libertà più fondamentali. Il partito comunista greco ha votato contro la relazione, e contribuirà a sviluppare un movimento di resistenza con la classe operaia e il movimento di base a livello nazionale ed europeo per difendere le libertà fondamentali.
La provocazione, la disobbedienza e l’abolizione concreta delle decisioni dell’UE e dei governi che aboliscono diritti democratici acquisiti sono un diritto e un obbligo dei popoli.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Voterò a favore della presente relazione, ma l’intero destino delle navi della navigazione interna britannica è in pericolo. Il Regno Unito usufruisce di una deroga dalla direttiva sui prodotti energetici che consente ai proprietari di imbarcazioni da diporto del paese di utilizzare il diesel rosso, tassato a 6,44 pence al litro. La scadenza della deroga è prevista per il 31 dicembre 2006 e, in una comunicazione della Commissione al Consiglio del 30 giugno 2006, la Commissione ha affermato di non ritenere giustificata una proroga alla deroga.
I vantaggi che comporterebbe la fine di questa deroga sono poco chiari. Poiché l’uso del diesel rosso da parte dei diportisti rappresenta meno dello 0,05 per cento del consumo nazionale di diesel, i vantaggi ambientali sono, in definitiva, trascurabili. Nessuna prova dimostra che la deroga britannica colpisce o distorce il mercato interno europeo.
La perdita della deroga sarà una grave minaccia per un hobby e un’industria. Uno studio condotto dalla Royal Yachting Association rivela che il 54 per cento dei proprietari “sarebbero o potrebbero essere” costretti a rinunciare al diportismo a causa dell’improvviso aumento dei prezzi. Gli effetti a catena potrebbero gravemente danneggiare le 30 000 persone che operano nel settore della nautica, le 70 000 persone che lavorano con il turismo marino e i 700 milioni di sterline britanniche spesi all’anno dai diportisti.
Il Regno Unito chiede una proroga definitiva di cinque anni per risolvere questi problemi.
Oldřich Vlasák (PPE-DE). – (CS) Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero intervenire sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l’armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore dell’aviazione civile. Il regolamento prevede una serie di disposizioni tecniche che avranno grande impatto sulla sicurezza e questo, in generale, merita il nostro plauso. Tuttavia, alcune regole sulle emissioni, la limitazione dei tempi di volo e l’amministrazione sono inadeguate, e devono essere considerate in un più ampio contesto. Qualsiasi iniziativa che comporti un’ulteriore tassazione sul carburante o sui servizi limiterebbe la libera concorrenza tra le nuove compagnie aeree e gli aeroporti. Occorre ricordare che, oltre a migliorare la sicurezza e la qualità dei servizi, dobbiamo fare il possibile per promuovere l’imprenditoria, eliminare la burocrazia e tagliare i costi del trasporto aereo. La mobilità è uno dei presupposti dello sviluppo economico, e i crescenti costi del trasporto aereo ci metteranno in condizioni di svantaggio concorrenziale sul mercato globale.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La maggioranza del Parlamento ha respinto gli emendamenti da noi proposti, che erano volti a tutelare i diritti dei lavoratori e a garantire la sicurezza dei passeggeri. Gli emendamenti erano i seguenti:
– nessuna disposizione del presente regolamento può essere utilizzata o invocata, nel quadro delle relazioni tra gli Stati membri, per recare pregiudizio ai diritti e alle condizioni di retribuzione, di lavoro, di qualificazione e di formazione delle varie categorie di personale dell’aviazione civile;
– una riduzione del periodo di servizio di volo – un massimo di 160 ore in un periodo di 28 giorni consecutivi, ripartite il più omogeneamente possibile in tale periodo, e un massimo di 40 ore in un periodo di sette giorni consecutivi con due giorni di riposo – in maniera tale che l’equipaggio di volo e di cabina sia in grado di garantire condizioni di sicurezza.
– la certificazione di un equipaggio di cabina qualificato, dotato di una licenza appropriata e valida, riconosciuta dall’autorità competente, che certifichi che la persona interessata è in possesso delle qualifiche e competenze appropriate per assolvere alle mansioni che gli sono affidate.
Ne siamo profondamente rammaricati.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. – (DE) Voto a favore dell’emendamento di compromesso n. 1.
Poiché l’onorevole Stockmann ha svolto un ottimo lavoro in qualità di relatore, voterò a favore dell’emendamento di compromesso n. 1.
Credo che questo emendamento indichi, tra le altre cose, l’assoluta necessità sentita da tutte le parti di garantire la sicurezza di volo. Le nuove regole sui tempi di volo e i periodi di riposo sono un elemento importante per la sicurezza di volo, e garantiscono un sensibile miglioramento della sicurezza non solo dei passeggeri, ma anche dell’equipaggio. Non saranno solo i passeggeri, ma anche l’intero equipaggio a beneficiare della creazione di norme uniformi in tutti i paesi europei; in questo modo, nonostante il numero delle persone che viaggia in aereo sia in continuo aumento, si potranno applicare le stesse norme di sicurezza ogniqualvolta ciò sia possibile.
Seán Ó Neachtain (UEN), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore la presente relazione, oggetto di dibattito da sei anni. Uno dei punti più importanti è garantire che la stanchezza dei piloti non comprometta la sicurezza di volo. Vista la maggiore frequenza dei voli e il gran numero di passeggeri che oggi volano, è di vitale importanza armonizzare le norme di sicurezza ai massimi livelli supportati scientificamente, al fine di creare parità di condizioni nel contesto dell’Europa allargata. Quando ci occupiamo di questo tipo di normativa dobbiamo ricordarci degli effetti che può avere sulla stanchezza dei piloti. Sono quindi a favore di una valutazione medico-scientifica dell’impatto di questa norma nei due anni che seguono la sua entrata in vigore.
Credo che la presente relazione stabilisca chiaramente che questo regolamento non può in alcun modo costituire una base giuridica per ridurre il rigore delle norme vigenti sulla tutela della sicurezza negli Stati membri.
E’ importante, ai fini della sicurezza, che la Commissione svolga una valutazione dell’impatto del regolamento sui registri e sui modelli operativi e che, nel caso in cui ne siano sfavorevolmente condizionati, svolga un’analisi e proponga una modifica delle disposizioni applicabili sulle limitazioni dell’orario di volo e di servizio.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Sebbene l’industria nucleare sia alla ricerca di soluzioni al problema dei rifiuti radioattivi da cinquant’anni, non siamo che agli inizi. Il combustibile nucleare viene trasportato da una parte all’altra dell’Europa su convogli che costano milioni ai contribuenti, comportano gravi rischi di incidenti e costituiscono un obiettivo ideale per gli attentati terroristici.
E’ impossibile smaltire i rifiuti senza rischiare conseguenze nei prossimi millenni e questo problema conduce a infinite discussioni in materia di energia elettrica pulita e a basso costo, proveniente da fonti nucleari. Una simile soluzione non avrebbe altre conseguenze se non scaricare sulle generazioni future i potenziali pericoli provocati da queste bombe a orologeria. Finora i nostri scienziati non sono nemmeno riusciti a mettersi d’accordo sulle condizioni geologiche migliori per lo smaltimento; così assistiamo, per esempio, ai disperati tentativi di impedire la dispersione di radionuclidi nell’ex miniera di sale di Asse II, costati finora più di 120 milioni di euro.
Nei prossimi anni i contribuenti saranno chiamati a investire all’incirca 500 miliardi per lo smantellamento di reattori attualmente operativi in Europa; se all’industria atomica fosse imposto l’obbligo di sostenere i costi dello smaltimento anziché pesare sui conti pubblici, l’energia nucleare sarebbe comunque più cara del 20 per cento, e dunque niente affatto conveniente. E’ davvero tempo di tagliare le sovvenzioni miliardarie che tengono in piedi questo miraggio nucleare.
Kathy Sinnott (IND/DEM), per iscritto. – (EN) Innanzi tutto voglio esprimere il mio compiacimento per l’impegno della Comunità a rafforzare la sorveglianza e il controllo delle spedizioni dei rifiuti radioattivi all’interno dell’Unione europea.
Non vi è dubbio che bisognerebbe anzitutto assicurare che i cittadini siano protetti dai pericolosi effetti dei rifiuti nucleari.
Ciononostante ho deciso di astenermi dal voto, poiché la direttiva proposta dal Consiglio non prende in considerazione i pericolosi effetti della spedizione e del ritrattamento dei rifiuti radioattivi su Stati membri che, come l’Irlanda, non utilizzano l’energia nucleare.
La direttiva proposta si concentra solamente sugli Stati membri che partecipano attivamente alla produzione di energia nucleare. Gli interessi degli spettatori passivi come l’Irlanda, un paese che ha scelto di non utilizzare l’energia nucleare e che non è uno Stato di transito, non sono presi in considerazione nella proposta.
Pur avendo scelto di non utilizzare il nucleare, l’Irlanda subisce il passaggio di rifiuti provenienti dall’Europa continentale che vengono ritrattati nello stabilimento di Sellafield, nel Regno Unito. Il combustibile viene spedito attraverso il Mare d’Irlanda, che, proprio per questo motivo, è il mare più radioattivo del mondo.
La specifica posizione dell’Irlanda non viene contemplata dalla proposta di direttiva relativa alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Esprimo la mia piena approvazione per il voto favorevole del Parlamento riguardo all’adozione di due proposte contenute nella relazione, la prima diretta a promuovere una società basata sulla conoscenza e sull’inclusione sociale attraverso la promozione di un software a sorgente aperta e gratuito, e la seconda volta a sottolineare che il miglioramento delle politiche in materia di ricerca e innovazione deve contribuire alla creazione di nuove opportunità di occupazione attraverso lo sviluppo sostenibile. Vorrei mettere in evidenza il fatto che queste proposte sono state avanzate dal nostro gruppo e le abbiamo sottoscritte durante il dibattito in seno alla commissione competente. Approviamo inoltre l’attenzione riservata all’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, al ruolo delle università nella creazione e diffusione della conoscenza, nonché alle piccole e medie imprese.
D’altra parte vi sono anche alcuni punti che disapproviamo e che hanno causato la nostra astensione, come il tema della proprietà intellettuale, la promozione dell’imprenditorialità sin dalle prime fasi dell’istruzione e il fatto che tutta la proposta è principalmente incentrata sulla competitività.
Sérgio Marques (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 ha deciso di fare dell’Europa, nell’arco di dieci anni, l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo. Nel 2006 siamo ben lontani dal raggiungimento di questo obiettivo.
Sono favorevole alla proposta della relatrice secondo cui l’Europa deve migliorare le proprie prestazioni attraverso la creazione, la condivisione e il finanziamento della conoscenza.
Vorrei sottolineare l’attuale mancanza di investimenti in materia di ricerca e sviluppo, l’insufficienza della promozione dell’imprenditorialità, specialmente nel campo dell’innovazione, e la lacunosità del sostegno politico e finanziario nell’ambito dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita e in materia di tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni.
In secondo luogo, l’Europa non condivide la sua conoscenza. Ostacoli insormontabili continuano a impedire agli operatori del settore di lavorare congiuntamente sia all’interno che all’esterno dei confini nazionali.
In ultima istanza, l’Europa non finanzia la conoscenza. In questo contesto, la politica comunitaria dovrebbe rafforzare programmi quali gli strumenti finanziari del PCI (Programma quadro per la competitività e l’innovazione) o del programma JEREMIE (Risorse europee congiunte per le micro, le piccole e le medie imprese).
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) L’agenda di Lisbona 2000 ha deciso di fare dell’Europa l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo nell’arco di dieci anni. Ciononostante l’Unione europea continua rimanere indietro rispetto a Stati Uniti e Giappone. Accolgo con entusiasmo questa relazione, che intende migliorare le prestazioni dell’Unione europea in tre settori principali.
Innanzitutto, attraverso il finanziamento e l’incoraggiamento della creazione di nuova conoscenza: questo compito sarà facilitato dalla promozione dello spirito imprenditoriale, dagli incentivi per l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, dalla formazione nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) e infine dalla promozione dell’immagine della ricerca scientifica come percorso professionale gratificante.
In secondo luogo, l’Europa è carente nella condivisione della conoscenza. Le risorse umane devono essere sfruttate in modo efficace e il miglioramento dei partenariati deve continuare ad essere l’obiettivo principale del processo decisionale europeo in materia di ricerca e sviluppo. Le risorse devono ora essere concentrate sull’obiettivo di garantire che alle menti più brillanti siano forniti capitali transfrontalieri e risorse umane adeguati. Inoltre le organizzazioni che continuano a trattare le donne come lavoratori inferiori dovrebbero essere individuate e denunciate.
Infine, l’Europa non finanzia adeguatamente la conoscenza. E’ essenziale che buona parte delle risorse di bilancio stanziate per gli strumenti finanziari sia destinata ad accrescere il finanziamento delle PMI e ad affrontare i fallimenti del mercato.
Per raggiungere gli obiettivi dell’agenda di Lisbona è fondamentale che l’Europa riconosca subito le sue carenze.
Luis Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Sebbene questo documento sia una relazione d’iniziativa e non abbia valore legislativo, gli argomenti e i problemi che mette in luce meritano il mio sostegno. Ritengo fondamentale che la ricerca e l’innovazione rivestano un ruolo centrale nel nuovo modello economico europeo, attualmente lacunoso. Tuttavia è necessario ammettere che esiste uno scarto preoccupante tra gli obiettivi di Lisbona e la realtà.
L’Europa non ha saputo reagire adeguatamente davanti all’evidenza che la tecnologia e gli investimenti relativi alle risorse materiali e umane nell’ambito della ricerca e dell’innovazione sono elementi vitali per lo sviluppo e la crescita, soprattutto in considerazione dell’attuale evoluzione del mondo dell’economia. Questa considerazione, che, insieme a una serie di altre proposte, per esempio quella relativa alla ridefinizione delle strategie in materia di ricerca e innovazione, trova riscontro nella presente relazione, giustifica il mio voto favorevole. Ora le parole dovranno trasformarsi in azioni. Non avremo un’Europa di successo senza un’Europa capace di investire.
José Albino Silva Peneda (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore perché credo che i settori dell’innovazione e della ricerca siano elementi vitali per la creazione di nuovi e migliori posti di lavoro nell’Unione europea.
Le piccole e medie imprese svolgono un ruolo chiave in questo contesto poiché agiscono come elementi di collegamento tra le università e il mondo del lavoro.
I principali fattori che impediscono il raggiungimento degli obiettivi previsti dalla strategia di Lisbona sono noti: gli scarsi risultati degli Stati membri, la frammentazione del mercato del lavoro, l’uso inefficiente o inadeguato delle risorse umane e la ridotta mobilità della forza lavoro in Europa.
Mi rammarico pertanto che gli Stati membri non prestino il dovuto sostegno politico e finanziario alla creazione di una forza lavoro flessibile, capace di adattarsi alle nuove realtà del mercato, e che non riconoscano ai loro ricercatori il prestigio che meritano.
Appoggio l’intenzione di eliminare gli ostacoli giuridici e amministrativi in favore di una maggiore mobilità per i ricercatori, e di favorire la creazione di migliori condizioni di lavoro, come per esempio un prestigioso e stimolante “mercato unico” per i ricercatori, per porre fine al fenomeno della fuga dei cervelli.
Credo anche nel progetto di incoraggiare l’imprenditorialità sin dalle prime fasi dell’istruzione, di promuovere l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita e di sostenere attivamente la formazione nel settore delle nuove tecnologie sia per le persone che lavorano che per i disoccupati.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Questa relazione contiene un certo numero di contraddizioni.
Da un lato mette in risalto aspetti negativi, come la competitività e la concorrenza, o misure volte alla ristrutturazione e alla modernizzazione delle industrie, a fronte della “feroce concorrenza internazionale”, i cui effetti negativi ci sono noti.
Dall’altro la relazione contiene anche alcune proposte che abbiamo presentato in seno alla commissione per l’occupazione e gli affari sociali, compresa la proposta di sollecitare la Commissione a negare gli aiuti comunitari alle imprese che, dopo avere ricevuto tale sostegno da parte di uno Stato membro, trasferiscono le loro attività industriali in un altro paese senza rispettare integralmente gli accordi conclusi con lo Stato membro interessato.
Vorrei anche sottolineare l’intenzione espressa nella proposta di accordare pari importanza all’ambiente di lavoro e alla salute e alla sicurezza dei lavoratori, così come alla necessità di creare posti di lavoro più numerosi e di migliore qualità, nonché il riferimento alla difesa dei diritti dei lavoratori nel quadro dei processi di ristrutturazione di imprese di trasformazione così come la piena garanzia della disponibilità dell’informazione per gli organi rappresentativi dei lavoratori.
Da queste considerazioni dipende la nostra decisione di astenerci.
José Albino Silva Peneda (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore di questa relazione perché concordo sul fatto che un settore industriale dinamico e altamente competitivo sia un prerequisito fondamentale per migliorare il livello sociale.
La comunicazione della Commissione fornisce un quadro dettagliato dei ventisette settori dell’industria manifatturiera e combina con equilibrio una serie di provvedimenti settoriali e di iniziative politiche trasversali.
Come il relatore sostengo lo sviluppo di una politica industriale coerente a livello europeo, capace di far fronte alle sfide della globalizzazione. Sebbene la nostra economia sia essenzialmente basata sul settore dei servizi, l’Europa continua a essere una potenza industriale a livello mondiale.
E’ dunque assolutamente ragionevole sviluppare strategie di competitività industriale a livello europeo e promuovere lo spirito imprenditoriale e la responsabilità sociale delle imprese.
Sono dell’opinione che il futuro dell’industria manifatturiera europea risiede nell’aumentare il valore aggiunto e la qualità dei prodotti e in una forza lavoro qualificata e flessibile.
Appoggio questa relazione anche per il fatto che essa sottolinea l’importanza della concentrazione regionale delle industrie manifatturiere. Sostengo il principio della stretta collaborazione tra le autorità regionali e nazionali e le realtà economiche e sociali al fine di elaborare piani strategici locali finalizzati a valorizzare il settore produttivo primario e tutti i vantaggi comparativi che ciascuna regione ha da offrire.
7. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
(La seduta, sospesa alle 13.30, riprende alle 15.00)
PRESIDENZA DELL’ON. ONYSZKIEWICZ Vicepresidente
8. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
9. Protezione e salvaguardia del patrimonio religioso nella parte nord di Cipro (dichiarazione scritta)
Panayiotis Demetriou (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, questa non è una mozione di procedura, volevo solo ringraziare i colleghi che hanno firmato la dichiarazione scritta n. 21. I miei ringraziamenti vanno anche all’onorevole Braghetto per la solidarietà dimostrata. Abbiamo presentato insieme la dichiarazione.
Oggi il Parlamento europeo ha nuovamente dimostrato la propria sensibilità per le questioni culturali giacché il patrimonio culturale e religioso di Cipro non è strictu sensu un problema cipriota, ma europeo. L’Unione europea abbraccia tutte le culture di tutti i suoi Stati membri.
10. Adozione internazionale in Romania (dichiarazione scritta): vedasi processo verbale
11. Presunto utilizzo di paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegali di persone (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0213/2006), presentata dall’onorevole Fava a nome della commissione temporanea, sul presunto utilizzo di paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegale di persone [2006/2027(INI)].
Giovanni Claudio Fava (PSE), relatore. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo Parlamento è chiamato sempre ad uno scopo elevato e difficile: dare il proprio contributo nella lotta contro il terrorismo. Sabato, lo ricordiamo, saremo accanto ai nostri amici britannici per commemorare i cinquanta morti di Londra nell’attentato dello scorso anno.
Abbiamo un altro scopo, altrettanto difficile: contribuire alla verità, anche alla verità sugli abusi che sono stati commessi in questi anni in nome della lotta al terrorismo. Questa è la ragione della nostra commissione, la verità sui diritti negati a coloro che sono stati accusati di essere i nostri nemici, ma che, come esseri umani, come imputati, hanno diritto a un avvocato, a un processo, a un giudice, a un trattamento dignitoso e umano.
Senza diritto, signor Presidente, non esiste legge, esiste soltanto la manifestazione di una forza, esiste soltanto l’arbitrio. Quando parliamo di extraordinary renditions – ed è di questo tema che la nostra commissione si è anzitutto occupata – parliamo di un arbitrio, voluto da alcuni paesi e accettato da altri, in nome della lotta al terrorismo.
Le extraordinary renditions sono consegne straordinarie di sospetti terroristi catturati dalla CIA e consegnati a paesi compiacenti, disposti a interrogarli con ogni mezzo e a detenerli senza processo.
In questi anni le rendition, signor Presidente, sono state un fatto, non un’opinione, né un’illazione; un fatto che è stato ammesso perfino dal Dipartimento di Stato americano, una prassi usata ed abusata, anche a danno di cittadini europei.
Le conclusioni sul nostro lavoro, su quanto abbiamo acquisito in questi mesi – e che ci auguriamo di acquisire nei prossimi mesi – le riserviamo alla relazione conclusiva, ma abbiamo il dovere, già da ora, di parlare di un concorso di colpe vasto, generalizzato, che riguarda diversi paesi europei con livelli diversi di responsabilità: c’è chi è stato complice, c’è chi ha coperto le operazioni illegali, c’è chi si è semplicemente voltato dall’altra parte.
E’ di poche ore fa la notizia, che arriva dall’Italia, secondo cui il giudice istruttore di Milano ha firmato un ordine di custodia cautelare nei confronti del vicedirettore del Sismi – il servizio di sicurezza militare italiano – per essere stato complice nel sequestro di Abu Omar, l’Imam di Milano che è stato rapito e per il quale sono pendenti ventidue ordini di custodia cautelare nei confronti di altrettanti agenti della CIA. Con ciò intendo anche ricordare quanto sia grave che il direttore del Sismi, il generale Pollari, sia venuto di fronte alla nostra commissione ad affermare che la sua Agenzia non aveva mai avuto alcuna informazione riguardo a quel sequestro. Prendiamo atto del fatto che il suo vice è stato arrestato per essere stato considerato responsabile di questo sequestro.
E’ vero, signor Presidente, che non siamo una Corte di giustizia, ma questo fatto ci attribuisce una responsabilità supplementare sul piano politico e istituzionale e attribuisce una responsabilità supplementare anche ai governi, ai Paesi membri ai quali ci rivolgiamo, perché l’onere della prova – proprio perché non siamo una Corte di giustizia – è un onere che va condiviso con i governi, ai quali in questi mesi chiederemo piena collaborazione e tutta la verità.
Ci vorremmo adoperare, signor Presidente e cari colleghi, per una verità senza aggettivi, sui fatti, sulle responsabilità, per fare in modo soprattutto – e questo credo che sia lo scopo ultimo della nostra commissione – che questi fatti e abusi non si ripetano mai più sul territorio europeo o ai danni di cittadini europei.
Grazie al lavoro dei nostri assistenti, dei funzionari della commissione che voglio qui ringraziare, abbiamo ricostruito in dettaglio un complesso sistema di aerei, di compagnie fantasma, di cui si è servita in questi anni la CIA per le proprie missioni; abbiamo minuziosamente ricostruito il percorso di oltre mille voli, che abbiamo messo a disposizione dei nostri colleghi parlamentari. Moltissimi di quei voli, lo sappiamo, erano voli di routine, che servivano a trasportare materiale o funzionari, ma non tutti: su quegli aerei sono stati brutalmente caricati e trasportati verso le loro prigioni Abu Omar, Maher Arar, Khaled el-Masri, Mohamed Algiza e molti altri ancora.
Questi voli hanno impunemente fatto scalo nei nostri aeroporti, utilizzato i nostri cieli e beneficiato del nostro silenzio e solo in un caso su 1084 voli, un funzionario di polizia ha preteso di poter identificare equipaggi e passeggeri.
Signor Presidente, abbiamo restituito voce e diritto di parola alle vittime di clamorosi errori giudiziari, ma anche a chi ha permesso a questa commissione di potere lavorare. Adesso ci aspetta un lavoro difficile, per il quale chiediamo al Parlamento di essere autorizzati a prorogare il nostro lavoro sino alla fine del mandato, sapendo che la verità che alla fine avremo ottenuto e consolidato sarà un patrimonio da mettere a disposizione di tutti i paesi europei e, naturalmente, anche di questo Parlamento.
(Applausi)
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, è per me un onore partecipare alla discussione odierna in rappresentanza del Consiglio, che è stato invitato a esprimere un parere sul tema in discussione.
Vorrei dire subito che l’argomento di questa relazione intermedia è estremamente importante e ritengo che l’iniziativa presa al riguardo dal Parlamento europeo e dal Consiglio d’Europa e dalla sua Assemblea parlamentare sia molto importante e significativa.
Il tema è l’attuazione dei diritti fondamentali in Europa e l’azione contro il terrorismo. Non si deve permettere che questi due aspetti entrino in conflitto tra loro. Ogni azione intrapresa contro il terrorismo deve essere conforme agli obblighi derivanti dal diritto internazionale, e su questi non si può accettare alcun compromesso, per quanto riguarda i diritti umani, i rifugiati o i problemi umanitari, in nome della lotta contro il terrorismo.
In riferimento alla relazione intermedia in discussione, vorrei comunque sottolineare che i Trattati non riconoscono all’Unione europea alcuna competenza in questioni come queste, e i servizi di intelligence nazionali non rientrano nel campo di applicazione del Trattato, perché gli Stati membri hanno deciso unanimemente di riservarsi il compito di controllare il lavoro dei servizi di intelligence nazionali.
Ovviamente ciò non significa che il Consiglio abbia adottato una posizione passiva riguardo alle questioni sollevate nella relazione. Dallo scorso novembre si è sospettato pubblicamente che la Central Intelligence Agency (CIA) statunitense stesse utilizzando voli per il trasporto di prigionieri nonché strutture di detenzione illegali in Europa. Il 21 novembre i ministri degli Affari esteri dell’Unione europea hanno discusso queste informazioni durante una sessione del Consiglio “Affari generali e Affari esterni”. In seguito a tale discussione, il 29 novembre 2005 il ministro degli Affari esteri del paese allora alla Presidenza, Jack Straw, ha scritto al Segretario di Stato americano Condoleezza Rice a nome dell’Unione europea, per capire quali fossero i pareri del governo degli Stati Uniti riguardo a tali asserzioni. Il 5 dicembre il Segretario di Stato americano ha reso una dichiarazione particolareggiata sulla questione, prima della sua visita in Europa, affermando che gli Stati Uniti considerano gli accordi internazionali vincolanti per le proprie azioni, rispettano la sovranità degli altri paesi e non trasportano detenuti in paesi dove verranno sottoposti a tortura, durante interrogatori o altrimenti. I ministri degli Affari esteri dell’Unione europea e il Segretario di Stato Rice hanno discusso nuovamente la questione in seguito, durante la visita di quest’ultima a Bruxelles.
Sin dall’inizio di quest’anno si è svolto un dialogo intensivo con gli Stati Uniti a vari livelli e in diverse riunioni su questi argomenti. In molte occasioni si è discusso di diritti umani con gli Stati Uniti. Ci sono state discussioni anche sulla necessità di rispettare il diritto internazionale nella lotta contro il terrorismo. Di recente questo punto è stato inserito nell’ordine del giorno del Vertice Stati Uniti-Unione europea tenutosi a Vienna il 21 giugno.
L’Unione europea ha chiesto ripetutamente al governo degli Stati Uniti di permettere ai relatori delle Nazioni Unite per i diritti umani il pieno accesso alla base di Guantánamo Bay. I ministri degli Affari esteri dell’Unione europea hanno dichiarato che l’UE è ancora gravemente preoccupata riguardo a Guantánamo Bay e il tema è stato discusso con gli Stati Uniti in più di un’occasione. L’Unione ritiene che il governo degli Stati Uniti dovrebbe compiere passi per chiudere Guantánamo al più presto e ha quindi accolto con favore l’affermazione del Presidente Bush al Vertice di Vienna di essere disposto a chiudere il centro di detenzione.
Come paese che esercita la Presidenza del Consiglio, la Finlandia continuerà naturalmente a tenere vivo il dibattito sui diritti umani nel dialogo con gli Stati Uniti. Sarà un aspetto di capitale importanza durante la nostra Presidenza.
Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. – Signor Presidente, onorevoli deputati, certamente alla vigilia dell’anniversario dell’attacco terroristico a Londra, la lotta al terrorismo deve restare l’obiettivo principale della Strategia europea di sicurezza e questa è una buona occasione per ricordarlo, insieme all’affermazione, che occorre fare in modo chiaro, che il rispetto dei diritti fondamentali di ciascun essere umano è l’altro elemento da inserire nella Strategia europea di sicurezza.
E’ evidente che quando attentiamo alle garanzie di libertà e ai diritti fondamentali delle persone, rischiamo involontariamente di offrire un argomento alla propaganda proprio dei terroristi che dobbiamo combattere. Quindi la ricerca della verità è necessaria e voglio ricordare che si tratta di una verità storica, una verità giudiziaria e una ricerca di responsabilità, ed è evidente che il contributo della Commissione europea in questo è stato, è e sarà un contributo convinto.
Desidero ricordare che la Commissione europea ha contribuito con convinzione – e credo che il Presidente Coelho possa testimoniarlo – aiutando e sostenendo con forza, sin dal primo giorno, la richiesta della commissione temporanea di ottenere i dati di Eurocontrol, che, secondo quanto risulta dalla relazione, sono stati tra gli elementi più importanti per l’individuazione di alcuni fatti.
Ho inoltre sostenuto con convinzione le richieste della commissione temporanea del Parlamento di avere accesso alle fotografie satellitari dell’Agenzia europea. Insieme ai colleghi del Consiglio abbiamo lavorato perché la richiesta fosse accolta in tempi rapidi e credo che anche questo sia stato un elemento utile ai lavori di questa prima fase della commissione temporanea.
Inoltre, per ben tre volte ho voluto ricordare ai ministri degli interni dei Paesi membri l’importanza di collaborare con la commissione temporanea del Parlamento, di collaborare con il Consiglio d’Europa, in altri termini di sviluppare delle indagini e degli accertamenti nazionali nei paesi in cui questo non era ancora avvenuto. Posso anticiparvi che al prossimo Consiglio dei ministri, il primo sotto la Presidenza finlandese, che si terrà il 24 luglio, rinnoverò ai ministri degli interni dei 25 Stati membri l’invito a continuare a collaborare con la commissione temporanea del Parlamento.
Prendo atto e condivido che la commissione temporanea del Parlamento non ritiene di essere una sorta di “super tribunale europeo”, e questo è un elemento molto importante nell’indicazione delle responsabilità istituzionali. Ritengo tuttavia che gli elementi indicati nella relazione siano degli strumenti utili, da valutare molto approfonditamente. Alcuni elementi sono già stati valutati in quanto erano già a disposizione delle molte autorità giudiziarie nazionali impegnate in inchieste, talvolta molto approfondite, iniziate molto tempo fa.
Credo che ora le autorità nazionali, anche alla luce dei dati di questa relazione, possano e debbano procedere a tali accertamenti con una maggiore forza – anche nei casi in cui non sono stati ancora eseguiti. E che debbano farlo con le garanzie dei processi, che sono poi le garanzie dello Stato di diritto, il pieno diritto per le vittime – che anche voi avete in parte ascoltato – e per coloro che sono accusati, di provare degli elementi fino a che una sentenza non definisca quando e se vi siano responsabilità per dei fatti specifici.
Questo è l’esito che, credo tutti noi auspichiamo: ottenere finalmente una verità piena e soddisfacente su queste accuse. Credo che sia importante attendere con fiducia le decisioni che i giudici degli Stati membri prenderanno.
Vorrei esprimere un’ultima considerazione sulle prospettive future, che mi sembrano altrettanto interessanti. Desidero fare una riflessione sulla riforma dei cosiddetti servizi segreti, una riforma che appartiene alla competenza nazionale ma che credo potrebbe essere oggetto di una riflessione più ampia. Si potrebbe valutare se, ad esempio, le regole di trasparenza, nel senso di relazione con gli organi del Parlamento, possano essere migliorate a livello nazionale; se il coordinamento dell’attività dei servizi in ciascuno Stato membro non debba, come io credo, prevedere una responsabilità più diretta dei capi dei governi dei rispettivi paesi; se non ci debba essere una sorta di controllo parlamentare nazionale sulle risorse finanziarie dei servizi segreti – perché tutti sanno che se si controllano le risorse finanziarie, si può incidere in modo significativo sull’attività funzionale.
Cito infine l’accenno – che ho trovato nella relazione – alla necessità di definire nuove regole sull’aviazione non commerciale, anche con aerei civili, quella definizione di “aereo di Stato” o “impiegato per attività di Stato”. Posso anticiparvi che anche a questo riguardo la Commissione è pronta a sviluppare una riflessione insieme alla commissione temporanea nel prossimo periodo di lavoro, perché trovare una definizione europea, ad esempio di State aircraft, potrebbe essere un buon passo in avanti su un terreno che attualmente, come sapete, non è sufficientemente coperto da disposizioni legislative nazionali.
Vi confermo quindi il mio impegno ad una collaborazione con il Presidente e i componenti della commissione temporanea e vi ringrazio.
Jas Gawronski, a nome del gruppo PPE-DE. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, avevo sperato che l’onorevole Fava non menzionasse il caso italiano di oggi, ma, visto che lo ha fatto, vorrei dirgli, come membro italiano del Parlamento, e non come coordinatore del PPE, che, oggi, Osama bin Laden è felice perché, nel mio paese, invece di arrestare i terroristi, ci si concentra sull’arrestare coloro che danno la caccia ai terroristi.
Per quanto riguarda la relazione, credo, signor Presidente, che non basta che il relatore affermi di poter accettare alcuni dei nostri emendamenti. Si tratta di una relazione estremamente tendenziosa, che prende in considerazione solo punti di vista critici degli Stati Uniti. Due esempi: fino ad oggi hanno rifiutato di inserire nella relazione due dichiarazioni di Solana e di de Vries perché i due hanno detto cose non di loro gradimento, che non soddisfano la Sinistra e hanno affermato di non essere consapevoli di alcuna violazione della legge da parte degli Stati membri dell’Europa nella cooperazione con la CIA. Adesso, come grande concessione, sembra che vogliano accettarlo.
Essi rifiutano tuttavia di accettare anche un’altra dichiarazione perché va contro quella cosiddetta verità che cercano di imporci, si tratta della dichiarazione di un esperto di Human Rights Watch che, come si sa, non è certo un’organizzazione favorevole all’Amministrazione Bush, che ha detto alla nostra commissione: “noi abbiamo sospetti, ma non abbiamo prove”. Sappiamo tutti che gli americani hanno commesso degli errori, per i quali dobbiamo criticarli e anche condannarli, ma, se hanno commesso degli errori, è perché fanno qualche cosa.
Avrei gradito vedere in questa relazione un riconoscimento del fatto che, se oggi siamo qui riuniti a parlare del problema CIA, è grazie alla stampa americana, al Congresso americano e al popolo americano, e non grazie a loro. Di ciò non vi è alcuna traccia nel rapporto.
Per tutte queste ragioni rimaniamo decisamente critici di questa relazione e anche molto delusi.
(Applausi)
Wolfgang Kreissl-Dörfler, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero innanzi tutto porgere le più vive congratulazioni al relatore, onorevole Fava, per la sua eccellente relazione intermedia, così definita proprio perché non siamo neanche a metà strada del nostro lavoro.
Consentitemi di sottolineare e di chiarire a questo punto che nessuno nel nostro gruppo è contrario all’idea di unirci nella lotta contro il terrorismo internazionale. Al contrario: riteniamo però che non possiamo più farlo usando le stesse armi dei terroristi, ma soltanto con mezzi legali e nel rispetto dei principi etici e morali sui quali è fondata la nostra comunità di valori, l’Unione europea, sui quali insistiamo dovunque andiamo nel mondo e dei quali possiamo essere orgogliosi.
Non è certamente accettabile che vengano rapite persone sul territorio dell’Unione europea o in Stati che desiderano aderire alla nostra Comunità, che siano trasportate dall’altra parte del pianeta o quasi e torturate in prigioni situate in luoghi come Kabul: è dimostrato che questo è ciò che è accaduto al cittadino tedesco Khaled El-Masri. Il fatto è che in proposito il fine non giustifica i mezzi e su questo dobbiamo distinguerci dall’approccio adottato dall’amministrazione Bush e dalla CIA. Le nostre critiche a tali pratiche non hanno nulla a che fare – davvero nulla – con l’antiamericanismo; al contrario, è nostro dovere esprimerle.
Ci troviamo anche di fronte a una domanda, alla quale i governi dell’Unione europea devono rispondere, riguardante cosa esattamente sono autorizzati a fare i servizi segreti – come la CIA, per quanto di uno Stato amico – nel nostro territorio e in che modo possono agire. Dopo tutto, non si può applicare in questo caso il principio del paese di origine. Gli Stati membri dell’UE e anche i paesi che aspirano all’adesione devono affermare con chiarezza che è possibile perseguire una persona sospettata di terrorismo unicamente mediante procedimenti conformi al principio della legalità. Come pensano altrimenti gli Stati membri dell’UE di poter cooperare con Istituzioni come il Parlamento europeo e il Consiglio d’Europa?
E’ una domanda cui deve rispondere anche il governo dell’ex Repubblica jugoslava di Macedonia a Skopje, poiché davvero non accettiamo che ci raccontino menzogne. Sono lieto, per contro, che il ministro degli Esteri tedesco Steinmeier non abbia esitato a confermare che verrà a incontrare la nostra commissione; devo dire che ci aspettiamo lo stesso gesto anche da altre figure di primo piano.
Non è nostro compito svolgere inchieste con la stessa puntuale attenzione ai particolari di un pubblico ministero né produrre alla fine una relazione sui fatti e un elenco dei capi d’accusa; il nostro dovere è, dopo aver svolto il nostro lavoro, informare con chiarezza i cittadini dell’Unione europea su ciò che, a quanto ci risulta, è avvenuto e sulle conclusioni politiche che dovremmo trarne per poter continuare a mantenere fede ai nostri valori e principi e per dimostrare la prontezza dell’Unione europea a difendere e garantire la libertà, la sicurezza e la democrazia.
E’ evidente, tuttavia, che qualcuno in Parlamento non ha ancora capito neanche lontanamente cosa ciò significhi.
Sarah Ludford, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, ringrazio il relatore, onorevole Fava, per l’ottimo lavoro e per la sua cooperazione con noi. Vorrei ringraziare anche l’onorevole Coelho per la sua presidenza assidua e affidabile.
Il settore della giustizia e dei diritti umani nell’Unione europea non sta funzionando in modo efficace. Da un lato, alcuni Stati membri non hanno attuato le leggi antiterrorismo dell’UE approvate cinque anni fa, perciò non disponiamo in tutta l’Unione degli strumenti per indagare e perseguire i reati di terrorismo. In alcuni Stati membri non esiste neanche una definizione di terrorismo, così i terroristi possono sfuggire alla condanna e all’incarcerazione. L’onorevole Fava ha ricordato gli attentati di Londra, che venerdì commemoreremo con profondo cordoglio; ricordiamo anche gli attentati di Madrid. Se la stessa cosa accadesse in certe altre capitali europee non vi sarebbe nessuna prospettiva di condanna per i terroristi.
Spero che l’onorevole Gawronski e i suoi amici stiano bussando alle porte di quelle capitali nazionali che non hanno attuato la decisione quadro sul terrorismo.
Nel contempo è evidente sulla base di indicazioni credibili che gravi violazioni dei diritti umani hanno avuto luogo in nome della lotta contro il terrorismo – la cosiddetta guerra al terrore. L’Unione europea ha permesso l’instaurarsi di una situazione in cui non possiamo perseguire i terroristi, ma possiamo perseguitare le persone sospette di terrorismo e privarle dei loro diritti.
Quale credibilità ne deriva all’Unione europea, all’interno o all’esterno dei suoi confini, al fine di combattere efficacemente il terrorismo o di difendere i diritti umani? Siamo chiari: in questa relazione stiamo dicendo che abbiamo ascoltato testimonianze e abbiamo preso visione di fatti probanti, come i giornali di bordo degli aeromobili, che dimostrano che sono state effettuate consegne speciali in Europa ed è estremamente inverosimile che i governi o le loro agenzie non fossero a conoscenza di cosa stesse accadendo. Non ci siamo sostituiti a un tribunale né abbiamo preteso di avere poteri investigativi o di un pubblico ministero, ma abbiamo fatto abbastanza in cooperazione e complementarità con Dick Marty nel Consiglio d’Europa, con i deputati dei parlamenti nazionali e con inchieste giudiziarie per spostare l’onere della prova.
Quando non si tratta più di congetture, ma di affermazioni che si sono dimostrate credibili, come in questo caso, nel quadro degli strumenti per i diritti umani europei e internazionali gli Stati membri hanno un preciso obbligo di indagare e di punire i responsabili di violazioni dei diritti umani.
Io spero che in privato la Presidenza si esprima in modo diverso con i colleghi dei 24 governi dell’UE rispetto a ciò che sta dicendo qui. Spero che dica che questa omertà deve finire. Affermare, come ha fatto il ministro, che i Trattati non danno all’Unione alcun potere è falso. Se così fosse, perché i governi hanno inserito all’unanimità la clausola dei diritti umani nel Trattato UE e una clausola, l’articolo 7, che stabilisce sanzioni per le violazioni?
E’ vero che ci mancano i meccanismi di controllo per collegare l’obbligo ai poteri e questa lacuna deve essere colmata. E’ patetico che Javier Solana e Gijs de Vries siano costretti a venire da noi e dire: “Non crediamo che vi siano state violazioni, ma non abbiamo la competenza per rivolgere agli Stati membri le domande pertinenti”.
Sono lieta di accettare l’emendamento dell’onorevole Gawronski a tale proposito, poiché evidenzia quanto sia ridicola tale lacuna in fatto di competenze. Non li sto biasimando, ma di certo il Consiglio e gli Stati membri sono colpevoli di produrre tanta retorica e aria fritta sull’Unione europea come modello dei diritti umani senza poi conseguire i risultati. Se volete che i cittadini si avvicinino all’Unione, vi offro una causa per la quale vale la pena battersi.
Cem Özdemir, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, signor Vicepresidente della Commissione, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto esprimere un vivo ringraziamento per lo straordinario lavoro svolto dal relatore, onorevole Fava, e dall’onorevole Coelho, presidente della nostra commissione. A proposito, vorrei estendere i miei ringraziamenti anche al Senatore Dick Marty e a Terry Davis per l’eccellente cooperazione con il Consiglio d’Europa e la sua commissione per gli affari giuridici e i diritti dell’uomo. Credo che questa cooperazione tra il Consiglio d’Europa e il Parlamento europeo indichi la direzione da seguire per la futura cooperazione nella difesa dei diritti umani.
Vorrei cominciare con un’osservazione generale. Esistono modi legali per la consegna di prigionieri alle autorità straniere. I trasferimenti esaminati da questa commissione sono qualcosa di più del trasporto di un sospetto da un luogo a un altro, poiché la pratica che abbiamo preso in esame, lungi dall’essere prevista dalla legislazione in materia, contravviene di fatto ai principi che definiamo in sintesi Stato di diritto, in particolare al diritto a un’adeguata rappresentanza legale e a processi equi dinanzi a un tribunale, e non rispetta nemmeno la clausola essenziale secondo cui nessuno può essere estradato o portato in uno Stato dove sarebbe esposto al rischio di essere torturato o sottoposto a qualsiasi altro trattamento disumano.
La maggior parte delle vittime di questi trasferimenti è stata arrestata illegalmente, alcuni di loro sono stati rapiti, e tutti sono stati portati da un paese a un altro in modo illegale. Molti di loro sono scomparsi da allora. Le vittime che hanno portato la loro testimonianza alla nostra commissione hanno riferito di torture e di altri trattamenti disumani.
In ultima analisi, si può dire che questa pratica fosse intesa a “subappaltare” la tortura e a rendere più difficile stabilire di chi fosse la responsabilità per la violazione dei diritti umani. Molti sostengono che non si possa determinare con precisione quante persone in totale siano state arrestate, rapite e portate in altri paesi, e forse hanno ragione, ma, viceversa, è anche vero che possiamo considerare dimostrato un numero sufficiente di casi in cui i diritti umani sono stati violati e su questi la relazione si esprime in termini molto schietti.
La Convenzione di Chicago consente voli privati in tutto lo spazio aereo europeo senza ulteriore autorizzazione; la CIA ha sfruttato tale situazione dichiarando intenzionalmente i propri voli come privati, mentre molti Stati – fra i quali Stati membri dell’Unione europea – hanno agito sulla base della Convenzione di Chicago lasciando che la CIA facesse tutto ciò che voleva. Agendo in questo modo, questi Stati hanno ignorato altre disposizioni della Convenzione che conferivano loro il diritto di perquisire gli aeromobili, qualora sussistessero motivi ragionevoli per sospettare che fossero utilizzati per scopi illegali.
Gli Stati membri dell’Unione europea sono vincolati da vari trattati internazionali, in particolare – come spiega bene l’articolo 6 – dalla Convenzione europea sui diritti umani. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha sottolineato ripetutamente che ogni Stato ha l’obbligo positivo di intervenire, indagare e adire le vie legali contro i responsabili, ogniqualvolta sia necessario proteggere le persone dalla tortura e da altre forme di trattamento disumano. E’ perfettamente chiaro che in molti Stati membri dell’Unione europea questo non è stato fatto. L’Italia si è di recente conformata ai requisiti di legge e merita per questo gratitudine e rispetto, ma mi aspetto che anche altri paesi seguano il suo esempio – e credo di rispecchiare il volere della maggioranza dei deputati quando dico questo.
(Applausi)
Giusto Catania, a nome del gruppo GUE/NGL. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero ringraziare anch’io i colleghi Fava e Coelho per il lavoro che hanno svolto in questa commissione e per il fatto che questi lavori ci abbiano dimostrato che le extraordinary renditions sono parte di questa strategia sbagliata, intrapresa in nome della lotta al terrorismo.
Si tratta di una strategia sbagliata, imperniata sulla teoria della guerra preventiva e sul restringimento dello Stato di diritto. Questa strategia non ha affatto indebolito il terrorismo, anzi, lo ha alimentato, lo ha radicalizzato e ha perfino favorito il raggiungimento degli obiettivi stessi prefissi dal terrorismo.
La Corte suprema degli Stati Uniti ci ha spiegato solo qualche giorno fa, a seguito della sentenza su Guantánamo, che tra il 2001 e il 2003 oltre la metà dei prigionieri di Guantánamo sono stati prelevati dall’Afghanistan, e ciò significa che l’Europa è stato il luogo di transito per oltre duecento prigionieri, che gli aeroporti europei sono stati utilizzati come scalo, che le basi USA e NATO in Europa sono state un avamposto. Abbiamo anche constatato – e questo è stato accertato dai lavori della nostra commissione – che ci sono stati dei rapimenti sicuri, uno di questi è il caso evidente di Abu Omar.
Abbiamo indagato nella profondità dei fatti e abbiamo potuto constatare anche che – come ci è stato spiegato da John Bellinger e Condoleezza Rice – questa attività dell’Intelligence americana è stata portata avanti con il coinvolgimento dei governi nazionali. John Bellinger e Condoleezza Rice hanno infatti dichiarato esplicitamente che non c’è stata alcuna violazione della sovranità nazionale. Dovremmo citare anche questo, onorevole Gawronski, non soltanto stralci degli interventi di Sinfton.
Penso che quello che è emerso con forza è che i governi europei sono stati complici di queste azioni dell’Intelligence americana sul territorio europeo. Un carabiniere italiano ha confessato; oggi c’è stato l’arresto del numero due del Sismi, l’Intelligence italiana. Credo che ci sia bisogno di ulteriore chiarezza.
Infine, il capo dell’Intelligence italiana, il dottor Pollari, o ha mentito alla nostra commissione, oppure non conosceva l’attività del suo numero due: entrambe le ipotesi sono gravi. La stessa cosa vale per il Commissario Frattini, che ritengo debba chiarire questo punto. Il Commissario Frattini all’epoca dei fatti era Ministro degli esteri, o non sapeva, come ha detto alla commissione, oppure non conosceva gli accordi di ...
(l’oratore viene interrotto dal Presidente)
Konrad Szymański, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, raccomanderei un tono più moderato per la relazione, che troppo spesso fa uso di parole che esprimono certezza e fattualità quando sarebbe più appropriato parlare di sospetti e dubbi. Secondo la precedente relazione del Consiglio d’Europa, stiamo esaminando una dozzina di casi di consegne speciali, riguardanti circa 17 persone. Non tutti questi casi costituiscono clamorose violazioni del diritto internazionale. Maher Arar, ad esempio, è stato consegnato per ordine di un tribunale dell’immigrazione, perciò sarebbe quasi da escludere dal gruppo delle consegne speciali.
Finché non conosciamo l’esatta portata del fenomeno, non abbiamo alcuna autorità per fare un’affermazione come quella contenuta nel punto 6 della relazione, secondo cui i diritti umani fondamentali sono stati oggetto, a varie riprese, di gravi e inammissibili violazioni. Il governo degli Stati Uniti interpreta in modo diverso la Convenzione contro la tortura, il che è un suo diritto. Il comitato sulla suddetta Convenzione non ha messo in discussione tale interpretazione, sostenuta da molti anni di pratica, da una decisione del Senato e da sentenze della Corte Suprema.
Vorrei che la relazione desse spazio a una descrizione più ampia del contesto della questione per evitare un’immagine caricaturale del tipo “Unione europea buona, America cattiva”. Dovremmo sottolineare il ruolo chiave della lotta contro il terrorismo per la sicurezza mondiale e i risultati positivi ottenuti grazie alla collaborazione tra i servizi di sicurezza europei e statunitensi. Nel combattere il terrorismo, l’Europa e l’America sono costrette talvolta a procedere in un vuoto giuridico.
L’Europa vuole trattare i terroristi come criminali che hanno diritto ad avvocati difensori e a regolari processi. La pratica americana è più vicina alle tradizioni della legge militare, che a mio parere è più adatta a queste circostanze, ma che conduce ad acrobazie giuridiche. Se vogliamo evitare controversie e conflitti tra Europa e Stati Uniti, dobbiamo aggiungere nuovi regolamenti al diritto internazionale. Senza gli emendamenti proposti dall’onorevole Gawronski e da me, la relazione non merita il nostro appoggio nella votazione di domani.
Mirosław Mariusz Piotrowski, a nome del gruppo IND/DEM. – (PL) Signor Presidente, la commissione temporanea sul presunto utilizzo di paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegali di persone, nominata per quattro mesi dal Parlamento europeo, non ha adempiuto al suo compito. In tutto il suo lavoro sinora non è riuscita ad acquisire una sola informazione, e sottolineo una sola informazione, precedentemente ignota. Di conseguenza la relazione della commissione presentata qui oggi non è altro che un’altra informazione mediatica non comprovata.
Non c’è nulla che faccia presumere che estendere il mandato della commissione servirà a portare alla luce fatti concreti. Tale commissione non ha gli strumenti per svolgere attività di questo tipo. Perché dovremmo continuare a sprecare il denaro dei contribuenti per prolungarne l’esistenza? Perché finanziare una commissione inutile? Non vi sono motivi razionali. Un’estensione del mandato della commissione risponderebbe a scopi politici e di propaganda. Le sue attività vengono in ogni caso già usate per i loro fini dai socialisti e dai liberali che si avvarranno di qualsiasi pretesto per attaccare gli Stati Uniti e i loro alleati europei. In questo modo minano seriamente l’unico fronte comune che è stato creato nella lotta contro la minaccia straordinariamente grave del terrorismo.
Veramente questo non dovrebbe sorprenderci. Storicamente, sin dall’inizio del secolo scorso, i socialisti ricorsero ad azioni che oggi sarebbero considerati atti terroristici. Una certa simpatia per simili metodi politici persiste, anche in questo Parlamento. Non è una coincidenza che le linee di divisione su questa relazione non siano basate sui suoi meriti, né sulla nazionalità, ma sull’ideologia. Fondamentalmente è una divisione tra socialisti e conservatori.
Decidendo di porre termine al lavoro della commissione temporanea faremo un grande favore alle società dei nostri paesi e rivolgo quindi un appello in tal senso.
Philip Claeys (NI). – (NL) Signor Presidente, la commissione temporanea non è riuscita a imputare nulla alla CIA in termini del suo coinvolgimento in torture o attività illegali collegate che si sono svolte in Europa. Ci siamo dovuti limitare a sospetti, indizi o persino insinuazioni. Alcuni deputati di sinistra di questo Parlamento volevano approfittare delle attività della commissione temporanea per indulgere in un antiamericanismo a buon mercato, di cui questa relazione di parte è una manifestazione.
Inoltre, il modo in cui ha lavorato sinora la commissione ha sollevato alcuni interrogativi. I testimoni erano talvolta accompagnati da avvocati i quali hanno fatto in modo che le domande difficili rimanessero senza risposte. In più di un’occasione, la vaghezza delle persone coinvolte ci ha impedito di ottenere un quadro chiaro dei fatti di cui erano accusate o del loro retroterra politico. Altre persone convocate dinanzi alla commissione, compreso l’Alto rappresentante Javier Solana, hanno detto prevedibilmente così poco che il loro contributo è stato una perdita di tempo per tutti.
Se l’indagine deve continuare, sarebbe preferibile che fosse condotta dagli organismi nazionali davvero competenti in questo ambito.
Carlos Coelho (PPE-DE). – (PT) Signora Presidente in carica del Consiglio, Commissario Frattini, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto ringraziare il Commissario Frattini per l’esemplare collaborazione con la nostra commissione e spero che il Consiglio seguirà il suo esempio nel nostro secondo periodo di lavoro.
Voglio sottolineare prima di tutto, come ha già fatto l’onorevole Kreissl-Dörfler, che si tratta di una relazione intermedia. Non possiamo accusare questo documento di non contenere le conclusioni proprie di una relazione conclusiva. In secondo luogo, desidero ringraziare tutti i deputati della commissione che presiedo e in particolare il relatore, onorevole Fava, per il lavoro rigoroso, serio e di qualità che ha svolto in commissione. Ringrazio altresì tutti coloro che ci hanno aiutati. In terzo luogo, voglio ricordare che durante le audizioni sono stati ascoltati 70 testimoni, in 50 ore di deposizioni, sono state compiute due missioni all’estero – negli Stati Uniti e nella ex Repubblica jugoslava di Macedonia – e sono stati analizzati migliaia di documenti.
Come bilancio provvisorio, credo si possa constatare che, a parte il fatto che la creazione della commissione si è dimostrata giustificata, sono state compiute in Europa azioni illegali, delle quali ora è necessario valutare la portata, nonché il coinvolgimento degli Stati membri. E’ necessario inoltre rafforzare il controllo dello spazio aereo e delle strutture aeroportuali, nonché il controllo democratico delle attività dei servizi segreti, come ha detto il Commissario Frattini, e il monitoraggio delle attività dei servizi segreti stranieri sul territorio europeo.
Adottando questa relazione chiediamo alla commissione di creare le condizioni per scoprire la verità su cosa è accaduto, e con gli emendamenti fondamentali presentati dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei abbiamo contribuito a una relazione equilibrata, accurata ed equa, perché non vogliamo che questo lavoro serio e rigoroso sia confuso con una sorta di propaganda politica.
Józef Pinior (PSE). – (PL) Signor Presidente, quest’anno l’11 settembre segnerà il quinto anniversario dell’attacco terroristico contro l’America. Una lotta legittima contro il terrorismo deve accompagnarsi a una riflessione sui mezzi usati per condurre tale lotta, sullo stato della democrazia e dello Stato di diritto e sulle libertà civili in situazioni in cui viene conferita un’autorità speciale a servizi speciali e in cui viene svolta una sorveglianza generale.
Un nuovo tipo di comunità sta emergendo su entrambe le sponde dell’Atlantico – una comunità di avvocati, giornalisti e politici di vari orientamenti, attivisti di organizzazioni umanitarie e cittadini che si oppongono alle recenti violazioni dei diritti umani e delle libertà politiche e civili da parte di alcuni governi europei e del governo degli Stati Uniti. La settimana scorsa la Corte Suprema negli Stati Uniti ha statuito che i tribunali militari speciali nominati con un decreto dal Presidente Bush nel novembre 2001, aggirando il Congresso, sono illegali e contrari alle Convenzioni di Ginevra e al sistema americano dei tribunali militari. La sentenza della Corte Suprema è la prova che non siamo condannati a una tragica scelta tra sicurezza e libertà.
La commissione temporanea nominata dal Parlamento il 18 gennaio di quest’anno ha completato la prima fase del suo lavoro. La relazione intermedia conclude che in Europa si sono svolte pratiche illegali che hanno interessato cittadini e residenti europei. Tengo a sottolineare che la relazione della commissione non è affatto antiamericana o ideologica, e non intende prendere di mira alcun paese o governo. La relazione si è basata principalmente su circa 50 ore di audizioni che hanno coinvolto avvocati, giornalisti, rappresentanti di organizzazioni non governative, presunte vittime di procedimenti di consegne speciali, rappresentanti dei governi degli Stati membri e rappresentanti delle Istituzioni europee.
Vorrei anche sottolineare che nella relazione intermedia la commissione non menziona neanche una volta la Polonia, diversamente dal rapporto di Dick Marty presentato al Consiglio d’Europa lo scorso giugno. Comunque, la nostra relazione afferma la necessità di verificare l’esistenza di prove su eventuali prigioni segrete in alcuni paesi europei, come hanno sostenuto nel corso delle indagini alcuni giornalisti e organizzazioni non governative qualificate. E’ particolarmente preoccupante, come segnala il rapporto del Senatore Marty, l’indisponibilità di Varsavia a cooperare seriamente con le Istituzioni europee.
La commissione temporanea dovrebbe ora procedere con il resto del suo mandato di 12 mesi, durante il quale dovrebbe svolgere visite ufficiali in vari paesi, compresa la Polonia.
Ignasi Guardans Cambó (ALDE). – (ES) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei congratularmi con il relatore, onorevole Claudio Fava, e con il personale del segretariato che l’ha appoggiato per realizzare questo magnifico lavoro. Malgrado quel che si potrebbe dedurre dalle parole della rappresentante del Consiglio nel suo breve intervento, qui non guardiamo a Washington, guardiamo alle capitali europee. Guardiamo al Consiglio, a Bruxelles, aspettando da questo un impegno per la verità che non è ancora giunto, per spiegarci il come e il perché di quello che ora sappiamo.
Perché, come gli archeologi che poco alla volta, scavando, dissotterrano una serie di piccoli pezzi e poi, mettendo insieme tutte quelle informazioni, sono in grado di elaborare la mappa di una città sepolta della quale nessuno conosceva esattamente la posizione, così questa commissione, con l’inestimabile sostegno di altre persone, di ONG, in collaborazione col Consiglio d’Europa e così via, è riuscita a elaborare una simile mappa, a scoprire e a portare alla luce quella città nascosta, vale a dire un piano per la violazione sistematica dei diritti fondamentali dei cittadini con la scusa teorica di proteggere i nostri diritti fondamentali: proteggiamo i nostri diritti e la nostra sicurezza violando i diritti di altri. Questo è l’approccio con il quale stiamo lavorando.
Gli eventi in questione difficilmente avrebbero potuto verificarsi senza l’appoggio attivo o la deliberata passività degli Stati membri dell’Unione europea. Questa è la nostra conclusione. Questa è la nostra convinzione morale, che nessuno, con o senza voti, ci potrà togliere.
E’ un grande puzzle nel quale non basta che questo o quello Stato dica che nel suo territorio non si è verificato alcun crimine, se, per esempio, risulta che il ruolo assegnato a quello Stato in questo piano di insieme era dare appoggio logistico agli aeroplani affinché gli attori di questo grande dramma potessero riposare prima o dopo.
Continuiamo, dunque, ad attendere spiegazioni coerenti dal Consiglio e dagli Stati membri per conoscere la verità e per garantire il rispetto dai valori fondamentali dell’Unione europea, per i quali si suppone che tutti noi stiamo lottando.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE). – (ES) Signor Presidente, mi unisco ai complimenti e agli elogi rivolti al relatore, onorevole Fava, e ribadisco il nostro pieno appoggio all’impostazione generale della relazione che ha presentato.
Nelle audizioni che abbiamo tenuto durante questi mesi è risultato chiaro che non possiamo continuare a parlare di presunte pratiche, ma dobbiamo discutere e analizzare fatti concreti, di cui i responsabili devono rendere conto, come hanno detto anche altri colleghi.
Come sottolinea la relazione, per noi è più che inverosimile che i governi non sapessero quello che stava accadendo, per cui ripeto un’altra volta la mia sorpresa di fronte alle reiterate insistenze di alcuni governi – tra i quali il mio – nel negare fatti che gli stessi responsabili della CIA hanno dimostrato e riconosciuto. La detenzione attuata oggi in Italia non è che la punta dell’iceberg, e speriamo che anche tutto il resto emerga presto.
Non si tratta di sapere – insisto – se queste pratiche sono state messe in atto, bensì di chi in Europa era a conoscenza di questi fatti e ha anche collaborato, nonché di chi, essendone a conoscenza, non si è assunto la propria responsabilità.
La conclusione della relazione è chiara: il lavoro che stiamo svolgendo è necessario e deve continuare. Certo è che non siamo investigatori né pubblici ministeri; non abbiamo né il potere né i mezzi per portare a termine questa azione né queste inchieste, ma possiamo porre le domande del caso e sollevare questioni importanti.
Proprio per poter fare questo lavoro, è necessario che l’indagine continui e perciò, insisto, dobbiamo sostenere questa relazione.
Sylvia-Yvonne Kaufmann (GUE/NGL). – (DE) Signor Presidente, la CIA – in nome della libertà e della democrazia – ha rapito, trasportato, fatto sparire persone, e non solo ha fatto in modo che venissero torturate, ma ha anche commesso questo crimine in prima persona. Se vi fosse anche un solo deputato che non sia rimasto senza parole per l’indignazione, basterebbe l’audizione di Khaled El-Masri per sortire quell’effetto. Tuttavia, cosa hanno fatto i nostri governi? Non hanno fatto nulla. A Skopje si vociferava del caso El-Masri; i funzionari tedeschi erano al corrente, ma il governo tedesco, senza dubbio per ragion di Stato, ha abbandonato El-Masri al suo destino.
Diciamo le cose come stanno: ogni governo ha il dovere di proteggere i propri cittadini da violazioni dei diritti umani; il mancato intervento è in sé una grave violazione di tali diritti. Più e più volte si chiedono le prove, ma invece di obbligare il governo a produrle, vengono chieste alle vittime. Questa è la linea adottata dalla destra, anche nelle file dei conservatori di questo Parlamento, ma chi deve produrre le prove? Dick Marty del Consiglio d’Europa ha ragione quando afferma che è un dovere fondamentale che spetta ai governi indagare attivamente su tutte le violazioni dei diritti umani che sono commesse sul loro territorio o contro i loro cittadini. Devono dimostrare che la loro condotta è sempre stata corretta e che hanno agito in conformità della Convenzione europea sui diritti umani e dei valori fondamentali condivisi in tutta l’Unione europea.
Perciò la nostra commissione non può ancora dichiarare il caso chiuso. Non dobbiamo permettere ai governi di nascondere la testa sotto la sabbia, e ciò vale sia che parliamo del governo del mio paese sia che parliamo del governo della Macedonia, un paese candidato che ha cercato di ingannarci.
Eoin Ryan (UEN). – (EN) Signor Presidente, penso che tutti in questo Parlamento sostengano la lotta contro il terrorismo. I terroristi non rispettano la vita umana, non rispettano la democrazia e non rispettano i diritti umani. Tutti appoggiamo questa lotta, ma è sul modo di attuarla che occorre discutere e decidere.
Il governo americano deve comprendere che deve rispettare lo Stato di diritto, nonché convenzioni e pratiche internazionali ben stabilite, nel suo sforzo teso a sconfiggere il terrorismo internazionale. Purtroppo gli Stati Uniti hanno agito arbitrariamente quando hanno cercato di costruire alleanze politiche sulla questione attraverso le strutture delle Nazioni Unite. Le strategie perseguite dall’America in Iraq e nel Medio Oriente in questi ultimi anni hanno generato discutibilmente un più alto livello di comprensione per i terroristi.
Io sono un deputato irlandese di questo Parlamento e in Irlanda sappiamo come il terrorismo si annida e cresce e come, prendendo le decisioni sbagliate, i governi possono di fatto rafforzare le organizzazioni terroristiche. Per esempio, l’IRA era quasi stata sconfitta in molte occasioni, ma in virtù di decisioni sbagliate riconquistò la simpatia dell’opinione pubblica e crebbe di nuovo. Occorre analizzare con molta attenzione il modo in cui combattere il terrorismo.
La relazione intermedia oggi all’esame sottolinea il fatto innegabile che in Europa hanno avuto luogo voli di consegne speciali. Il governo americano deve porre fine a questa pratica, se intende costruire relazioni transatlantiche con l’Unione europea. Se intendiamo lottare contro il terrorismo, dobbiamo lavorare tutti insieme rimanendo nella legalità.
La commissione ha ancora molto lavoro da fare e chiede l’appoggio del Parlamento per continuare il suo lavoro per altri sei mesi. Io spero che il Parlamento conceda alla commissione il tempo supplementare di cui ha bisogno per portare a termine il suo lavoro.
Comunque, il governo americano deve attuare strategie nuove, se intende vincere la guerra contro il terrorismo internazionale. Ci sono tanti esempi di come non agire, ma è soltanto mediante politiche illuminate e con la collaborazione di chi tra noi crede nella democrazia e nei diritti umani che il terrorismo può essere combattuto e sradicato per sempre.
Bogusław Rogalski (IND/DEM). – (PL) Signor Presidente, dopo le atrocità dell’11 settembre 2001, il mondo è cambiato. In quel giorno i terroristi islamici hanno avviato una guerra globale contro la civiltà occidentale, portandoci paura e morte. In questo Parlamento non possiamo considerare la lotta attuale contro il terrorismo separatamente da tali eventi. La lotta contro il terrorismo è una conseguenza e i diritti umani per i terroristi non dovrebbero compromettere l’efficace protezione delle nostre famiglie e società.
Dobbiamo ricordare che i terroristi non riconoscono alcun diritto, trattato o convenzione. Mi sono preoccupato vedendo cosa avveniva dietro le quinte quando è stata creata la cosiddetta “commissione CIA”. Purtroppo la sua nomina è stata di carattere puramente politico, con lo scopo di denigrare i paesi effettivamente coinvolti nella lotta contro il terrorismo. Come membro della commissione posso constatare che le sue attività sono una “caccia alle streghe europea”, dove le streghe sono gli alleati degli Stati Uniti in Europa, il che riflette i complessi e l’antiamericanismo di un certo numero di Stati della “vecchia UE”.
La battaglia è stata avviata sulla base di informazioni non confermate di Amnesty International e di notizie giornalistiche. Indicando i paesi che presumibilmente violano i diritti umani, li esponiamo al pericolo di rappresaglie e vendette da parte dei terroristi. La relazione della commissione non ha divulgato nulla di nuovo, né ha provato nulla. Nei paesi civilizzati non si emettono verdetti senza prove, ma la commissione si è arrogata questo diritto.
La nostra relazione è basata su dicerie e prove indiziarie, ma emette giudizi e persino sentenze, facendo ricadere sull’accusato l’onere di provare la sua innocenza. In un normale ordinamento giuridico è la colpa, e non l’innocenza, a dover essere dimostrata. La richiesta di prolungare il lavoro della commissione per altri sei mesi è uno spreco di denaro pubblico. Dimentichiamo i pregiudizi antiamericani europei e uniamoci alla vera lotta contro il terrorismo.
Roger Helmer (NI). – (EN) Signor Presidente, abbiamo svolto 50 ore di audizioni e il risultato è un pugno di mosche. Ho inviato una copia della relazione dell’onorevole Fava a una persona che in passato ha fatto parte del mio staff, Sally McNamara, che ora è direttrice delle relazioni internazionali per un’importante istituzione di ordine pubblico di Washington, l’American Legislative Exchange Council. Vorrei riferirvi i suoi commenti. Lei usa una parola vernacolare per descrivere la relazione e poi dice: “Se presentassi una relazione di questo tipo al mio capo – priva di fatti e con una massiccia dose di moralismo – penso che sarei licenziata”.
Spero che il relatore prenderà nota di questi commenti. La sua relazione è puramente fondata su indizi e congetture, inoltre cerca di presentare come fatti affermazioni non confermate. Il fatto che siano stati effettuati voli che potrebbero essere collegati alla CIA non è una prova delle consegne speciali, e ancor meno di maltrattamenti. La commissione è partita da una convinzione a priori della colpevolezza degli Stati Uniti e della CIA, e ha soltanto cercato con scarso successo di comprovare i suoi pregiudizi. Non ha fornito prove, ha soltanto offerto una piattaforma per l’antiamericanismo.
Che ci piaccia o no, la guerra contro il terrore è la realtà attuale. Gli Stati Uniti hanno assunto la direzione di questa guerra. Hanno dato un enorme tributo di sangue e di risorse alla difesa dei valori occidentali. Noi in questo Parlamento dovremmo mostrare un po’ più di gratitudine e muovere meno critiche. Sono d’accordo con l’onorevole Piotrowski. Non c’è motivo di estendere il mandato di questa commissione.
PRESIDENZA DELL’ON. VIDAL-QUADRAS Vicepresidente
Ewa Klamt (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la difesa dei diritti umani, la garanzia delle libertà fondamentali che tutelano i cittadini e il rispetto per i nostri ordinamenti giuridici europei sono fra i principi sui quali si fonda l’Unione europea; di conseguenza, la funzione della commissione CIA era ed è esaminare se gli Stati membri avevano applicato scorrettamente il diritto comunitario. Peccato che la sua relazione intermedia, che ci è oggi presentata, non sia imparziale né esauriente. Posso tollerare il fatto che i gruppi del Parlamento attribuiscano valori diversi alle dichiarazioni rese alla commissione, ma è un requisito fondamentale di qualsiasi relazione equilibrata includere tutte le testimonianze, comprese quelle che non coincidono con le idee preconcette della commissione.
Per completezza, quindi, dovrebbero essere incluse nella relazione le dichiarazioni in cui Javier Solana e Gijs de Vries, in occasione delle rispettive audizioni, hanno affermato di non essere a conoscenza di alcuna violazione della legge da parte di alcuno Stato membro, oltre al fatto che sinora non è stata fornita alcuna prova dell’esistenza delle cosiddette prigioni segrete nell’Unione europea. Questa relazione deve includere anche la dichiarazione fatta da John Bellinger a nome dell’amministrazione americana; in fondo, i membri della commissione si erano recati appositamente a Washington per porgli le domande alle quali egli ha risposto. Nessuna di queste cose è stata inclusa nella relazione, per la ragione che la maggioranza in seno alla commissione le ha trovate sconvenienti; mi permetto di dire che non è certo un comportamento adeguato al loro compito di scoprire i fatti e stabilire la verità.
Il giustificato interesse per l’indagine sulle accuse che sono state fatte non deve dare luogo a un approccio unilaterale quando si tratta di accertare e valutare i fatti. Se questa commissione e il Parlamento europeo vogliono avere qualche credibilità, questa relazione intermedia deve riflettere obiettivamente tutte le informazioni a nostra disposizione; allora – e solo allora – potremo adottare questa relazione a vasta maggioranza.
Inger Segelström (PSE). – (SV) Signor Presidente, signora Presidente Lehtomäki, signor Commissario Frattini, onorevoli deputati, anch’io desidero ringraziare l’onorevole Fava per tutto il lavoro che ha dedicato alla relazione intermedia, nonché tutti gli altri per l’ottimo lavoro svolto. Quando il Parlamento e noi nella commissione temporanea sul presunto utilizzo di paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegali di persone abbiamo cominciato il nostro lavoro, personalmente non avevo aspettative molto elevate di cosa potevamo realizzare, poiché molte delle presunte pratiche avevano avuto luogo parecchi anni fa. Tuttavia, sono rimasta piacevolmente sorpresa. Il nostro lavoro ha prodotto risultati mirati a rendere l’Europa più sicura e i diritti umani più garantiti.
Quanto a me, come deputata socialdemocratica svedese e strega orgogliosa, come qualcuno ha deciso di chiamarmi, sono particolarmente soddisfatta che, sulle questioni delle consegne speciali e delle garanzie diplomatiche, siamo ora giunti a un accordo e stiamo definendo le linee di demarcazione tra la lotta contro il terrorismo, una politica umana in materia di rifugiati e il rispetto dei diritti umani, che sono in crisi dopo gli atti terroristici dell’11 settembre 2001 a New York. In questo contesto, l’espulsione dalla Svezia degli egiziani Mohammed Al Zery e Ahmed Agiza in seguito a una decisione dal governo svedese sono un tipo di soluzioni cui non vogliamo più assistere. Le soluzioni della CIA sono insostenibili, a breve e a lungo termine, sia per l’Unione europea che per il resto del mondo.
La commissione ha bisogno di più tempo. Abbiamo imparato dagli errori commessi e proporremo misure e reti di sicurezza onde evitare di finire in situazioni simili in futuro. Gli europei si aspettano che si faccia un lavoro migliore nella soluzione di future crisi tramite la cooperazione tra il Consiglio d’Europa, tutti i paesi d’Europa e il Parlamento europeo. Il Commissario Frattini ha alcuni pensieri interessanti sui servizi di sicurezza, sui necessari futuri controlli sull’aviazione e sul modo di trovare un giusto equilibrio nella lotta contro il terrorismo.
Sophia in ’t Veld (ALDE). – (NL) Signor Presidente, quel lato dell’Assemblea sembra ancora molto scettico di fronte all’evidenza. Per me, questo è come un puzzle che sta per essere completato. Anche se mancano ancora alcuni pezzi, abbiamo il quadro generale. Dato che sono gli Stati membri a dover fornire i pezzi mancanti, è per me un totale mistero perché debbano essere così restii a trasmettere le prove aggiuntive. Dopo tutto, è in gioco l’autorità morale dell’Europa.
La sicurezza e i diritti umani sono certamente la vera e propria ragion d’essere dell’Unione europea. Se permettiamo che avvengano queste cose sul territorio europeo, tradiamo coloro che avviarono l’impresa dell’integrazione europea. Inoltre, il metodo americano si dimostra inefficace perché il terrorismo è come un mostro a sette teste: ogni volta che si taglia una testa ne appare un’altra subito dopo. La politica di sicurezza che adottiamo qui in Europa dovrebbe quindi applicare i nostri standard, i nostri metodi e le nostre condizioni.
Infine, penso che sia essenziale avviare con urgenza un dialogo parlamentare con gli americani per discutere la sicurezza e i diritti umani e in che modo possiamo combattere insieme, sulla base di valori condivisi, il mostro del terrorismo.
Jean Lambert (Verts/ALE). – (EN) Signor Presidente, una delle questioni che dovremmo analizzare è se l’Unione europea e gli Stati membri siano dalla parte dei buoni in questa vicenda. E’ una domanda che dobbiamo porci.
A livello di fatti e conseguenze politiche da trarre dalla vicenda, è quasi irrilevante se siano state effettuate due o tre consegne speciali, come ci è stato detto negli Stati Uniti dall’Amministrazione statunitense, o se i fatti scoperti sinora rivelino due o tre consegne speciali, o se abbiamo scoperto qualcosa di più.
Abbiamo scoperto che gli Stati membri, anche se vogliono sapere cosa sta accadendo, non necessariamente hanno il diritto o i meccanismi per indagare, per non parlare della volontà politica. Due dei nostri funzionari di alto livello ci hanno informato di non avere il diritto di indagare su tali questioni. Ci è stato detto che la legge è inadeguata in questa nuova epoca di gravi minacce. Comunque, dobbiamo anche domandarci se stiamo usando la legge che abbiamo in modo efficace ed equo nel rispetto degli obblighi internazionali in materia di diritti umani.
La questione non riguarda soltanto il metodo – se si tratti di rapimenti o di problemi di immigrazione – ma anche il risultato. Gli strumenti internazionali in materia di diritti umani pongono un divieto assoluto sulla tortura. Come dobbiamo interpretare quindi i memorandum d’intesa che sempre più spesso entrano in gioco e hanno implicazioni per altre politiche dell’Unione europea? Sono queste alcune delle aree che dovremmo esaminare dal punto di vista politico. Anche per questa ragione abbiamo bisogno che la commissione continui il suo lavoro.
Willy Meyer Pleite (GUE/NGL). – (ES) Signor Presidente, l’onorevole Fava, come Dick Marty nel Consiglio d’Europa, ha il coraggio di coordinare un’inchiesta con un obiettivo molto chiaro: stabilire la verità. Al di là delle varie posizioni di Stato o di governo, si vuole stabilire la verità.
A questo punto dell’indagine, è chiaro che nessuno può sostenere che i governi europei non avessero notizia di questo grande piano globale dei servizi di intelligence nordamericani. In questa fase dell’indagine esorterei tutti i governi dell’Unione europea – tutti – a intensificare la loro collaborazione con l’inchiesta coordinata dall’onorevole Fava.
In questo senso, non capisco perché i servizi di intelligence del mio paese – la Spagna – non siano ancora stati ascoltati da questa commissione. Io credo che, nella seconda fase dell’indagine, sia essenziale che il direttore dei servizi di intelligence spagnoli compaia per fornire tutte le informazioni in suo possesso, come ha fatto dinanzi al Congresso dei deputati della Spagna.
Credo che occorra appoggiare e incoraggiare questa inchiesta, affinché vada fino in fondo, per accertare pienamente la verità.
Mogens N.J. Camre (UEN). – (EN) Signor Presidente, la relazione oggi in esame è costruita su supposizioni e asserzioni e la commissione temporanea non ha alcuna autorità né alcuno strumento per verificarne la veridicità. Malgrado il fatto che Javier Solana abbia dichiarato chiaramente alla commissione che non c’era nessuna prova delle pittoresche storie che ci venivano raccontate, la relazione accusa i governi dell’Unione europea sia di violare i diritti umani sia di mentire.
In verità ci troviamo di fronte a due concetti diversi di guerra contro il terrorismo: il modello del Parlamento europeo, che crede nella lotta contro il terrorismo mediante risoluzioni e il dialogo e, d’altro lato, il modello dei governi responsabili, che vogliono controllare le persone sospette, controllare i trasferimenti di fondi illegali e, ove necessario, arrestare i terroristi prima che possano agire.
In questa relazione inviamo un messaggio chiaro ai terroristi: non abbiate paura del Parlamento europeo. Siamo il vostro porto sicuro e non vi prenderemo mai.
Gerard Batten (IND/DEM). – (EN) Signor Presidente, era del tutto prevedibile che, qualunque fossero i risultati di questa relazione, si sarebbero chiesti maggiori poteri per l’Unione europea e, infatti, le previsioni non sono state deluse. La relazione afferma che le norme in materia di cooperazione tra i servizi di sicurezza nazionali dovrebbero essere definite a livello di Unione europea, che un controllo parlamentare efficace dei servizi di intelligence nazionali dovrebbe essere assicurato anche a livello europeo e che la Commissione dovrebbe legiferare quanto prima per armonizzare le legislazioni nazionali in materia di controllo dell’aviazione civile non commerciale. Per l’Unione europea, a quanto pare, non tutto il male vien per nuocere.
La relazione e il parere di minoranza concordano sulla possibilità che si siano verificati alcuni casi di detenzione e trasporto illegali. Comunque, è improbabile che si riesca a sapere cosa è avvenuto realmente. Non ho tempo da perdere per la detenzione e il trasporto illegali di cittadini europei o extracomunitari. I mezzi giuridici esistenti sono sufficientemente draconiani.
Sul Daily Telegraph di questa mattina, il leader dei liberaldemocratici del Regno Unito, Sir Menzies Campbell, afferma che gli accordi di estradizione del Regno Unito con gli Stati Uniti sono un disonore costituzionale. Sorprendentemente per un avvocato, sembra ignorare che accordi molto simili esistono con l’Unione europea. Gli accordi di estradizione del Regno Unito nel quadro del mandato d’arresto europeo e nel quadro di accordi simili e non reciproci con gli Stati Uniti non sono molto meglio del sequestro legale di cittadini britannici.
Ryszard Czarnecki (NI). – (PL) Signor Presidente, la relazione dell’onorevole Fava è come un limone rinsecchito – per quanto lo si sprema, il succo non esce; anche così, è comunque una relazione migliore, più responsabile e più cauta di quella presentata dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Mentre la suddetta relazione è clamorosamente ideologica, la nostra è più politica; la relazione del Senatore Marty è basata non su fatti ma su indizi, eppure non per questo evita di sbilanciarsi troppo con le accuse.
E’ giusto affermare che combattere il terrorismo è una priorità per la comunità internazionale. E’ altresì giusto dire che il fine non giustifica i mezzi, che non si possono violare i diritti umani per sconfiggere il terrorismo, ma l’essenziale è rispettare i fatti reali. Non possiamo costruire un’accusa contro interi paesi basandoci semplicemente su congetture, sospetti, indizi o sensazioni.
Questa relazione è un elemento nella più ampia discussione sulle relazioni tra l’Unione europea e gli Stati Uniti, sui confini della lotta legittima contro il terrorismo e della cooperazione transatlantica. La relazione non può essere separata dal contesto politico. Non possiamo sostenere di non strumentalizzare mai ideologicamente la protezione dei diritti umani a servizio dell’antiamericanismo.
Faccio appello alla commissione affinché completi il suo mandato entro i 12 mesi previsti. Se vi sarà la volontà di portare avanti il lavoro, quest’autunno la commissione visiterà la Polonia, dove sarà accolta cordialmente, perché la Polonia e il popolo polacco non hanno niente da nascondere.
Bogdan Klich (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, questa è una relazione sorprendente: c’è un abisso tra le prove raccolte e i pareri formulati dalla commissione.
Nella relazione, la commissione muove accuse estremamente gravi, per esempio che in Europa “i diritti umani fondamentali sono stati oggetto, a varie riprese, di gravi e inammissibili violazioni”. D’altro lato, può confermare solo quattro casi della procedura descritta come trasferimento illegale di persone sospettate di terrorismo. Inoltre, il tono usato dalla commissione varia: da un lato, parla con prudenza di alcuni fatti, come ad esempio al punto 12: “tutti i lavori finora svolti dalla commissione temporanea sembrano indicare che lo spazio aereo e gli aeroporti europei sono stati utilizzati da società di copertura della CIA”. D’altro lato, essa è categorica nel dare giudizi di valore come quello contenuto al punto 6 sopra citato, dove si parla di violazioni dei diritti umani fondamentali avvenute in molte occasioni, anche se le prove raccolte non l’autorizzano a fare tali affermazioni. Non viene fornita alcuna prova dell’uso della tortura contro le persone sospettate, né dell’esistenza di centri di detenzione in alcun paese dove potrebbero essere detenuti i sospetti – intendo all’interno dell’Unione europea – e, in considerazione di ciò, dovremmo chiederci se i quattro casi di consegne speciali di sospetti terroristi e le centinaia di voli con aerei della CIA – di cui peraltro eravamo informati prima che la commissione cominciasse il suo lavoro – consentano alla commissione di trarre conclusioni così radicali.
Ho l’impressione che la commissione stia costruendo la sua visione virtuale della realtà; invece di cogliere l’occasione per fornire ai cittadini dell’Unione europea un resoconto dei fatti reali, per qualche ragione, indubbiamente politica, presenta la sua visione virtuale come se fosse reale, fuorviando così i cittadini. E’ un comportamento meschino, perché mina l’autorità del Parlamento europeo. Se la commissione continua così nella prossima fase del suo lavoro, il prestigio del Parlamento europeo potrebbe fare la fine di quello dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa.
(Applausi)
Proinsias De Rossa (PSE). – (EN) Signor Presidente, questa discussione sarebbe divertente se non fosse così seria. Non possiamo mai giustificare i mezzi che usiamo per colpire il terrorismo sostenendo che i fini sono nobili. Non possiamo difendere i nostri valori abbandonandoli, e sospetto che alcuni dei partecipanti alla discussione di oggi preferirebbero che abbandonassimo i nostri valori, solo per dimostrare di avere ragione.
E’ deplorevole che, per ragioni di partito politico, alcuni deputati non siano disposti a riconoscere quello che tutti gli altri vedono, non solo in questo Parlamento, ma anche al di fuori. Si sono svolte consegne speciali illegali attuate da agenti degli Stati Uniti. I servizi di alcuni Stati membri dell’UE hanno agito in collusione in tali consegne, passivamente o attivamente. Incrociando le dichiarazioni dei testimoni con i dati di Eurocontrol si è stabilito che alcuni Stati dell’Unione europea devono rispondere a seri interrogativi e hanno rifiutato finora di dire la verità. Questa indagine deve perciò continuare.
Le indagini parlamentari sono necessarie, in particolare in paesi come il mio, l’Irlanda, dove è emerso che 50 voli della CIA sono atterrati negli aeroporti irlandesi e che l’aereo usato per trasferire illegalmente Abu Omar dall’Italia all’Egitto, via Germania, è atterrato anche in un aeroporto irlandese. Abbiamo buone ragioni per credere che Abu Omar sia stato di fatto torturato in Egitto. Quindi è ridicolo che certi deputati al Parlamento europeo sostengano che questa inchiesta non deve continuare.
L’organismo irlandese per i diritti umani, un organismo governativo, ha chiesto al governo irlandese di creare un regime giuridicamente esecutivo di ispezioni degli aeromobili, che al momento non esiste. Ha anche chiesto un regime giuridicamente esecutivo mediante il quale sia possibile impugnare a norma di legge le assicurazioni diplomatiche fornite da terzi paesi. Sinora il governo irlandese ha rifiutato di accogliere tali richieste. Sono questioni che devono essere affrontate e il governo irlandese e le sue agenzie devono essere interrogati da questa commissione, come, senza dubbio, molti altri Stati membri.
Alexander Alvaro (ALDE). – (DE) Signor Presidente, che questa sia una discussione emotiva, condotta in modo emotivo, posso anche capirlo, ma devo dire in tutta onestà che sono inorridito dalla mancanza di razionalità. Accusare tutti questi deputati di essere motivati da puro antiamericanismo, accusare altri di avere in testa una barriera ideologica, significa comportarsi come i bambini che ai giardinetti bisticciano per i secchielli e le palette. Dobbiamo superare questa fase se vogliamo essere in grado di produrre una relazione equilibrata e razionale.
Posso capire perché alcuni, per ragioni politiche, non condividano il parere espresso dalla commissione, e posso anche capire perché altri considerino disprezzabile non condividere tale parere. In questa occasione, ovviamente, abbiamo soltanto raccolto prove indiziarie e non inconfutabili, semplicemente perché nessun capo dei servizi segreti verrà a dirci: “Sì, naturalmente, è così che abbiamo agito. Abbiamo rapito illegalmente queste persone”. Certo c’è qualcuno in quest’Aula che probabilmente non si accorgerebbe di essere stato rapito illegalmente se venisse chiuso in un aereo, bendato e portato via, ma ciò è irrilevante.
In molti ordinamenti giuridici le prove indiziarie possono essere usate come base di un processo e vi sono indizi così pesanti che in pratica costituiscono una prova. In molti casi ci siamo trovati in questa situazione. Non tutto risulterà corrispondente a come se lo immaginano alcuni, con le loro teorie di cospirazione, ma il mondo non è neanche roseo e bello come immagina chi sostiene che queste cose non sono mai accadute; questa commissione ha quindi fatto un lavoro prezioso nel portare alla luce almeno la punta dell’iceberg, poiché riusciremo a vincere la guerra al terrorismo soltanto se saremo credibili, e saremo credibili solo se rispettiamo le regole che imponiamo agli altri.
Vorrei quindi che la commissione continuasse a fare quello che sta facendo e giungesse a una conclusione obiettiva. A proposito, vorrei dire qualcosa ai membri del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei: i vostri omologhi nel Consiglio d’Europa hanno votato a favore della relazione di Dick Marty che, come abbiamo appena sentito, si spinge anche oltre la relazione oggi all’esame, quindi mi chiedo come potrete giustificare la vostra eventuale decisione di non votare a favore di quest’ultima.
Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL). – (EL) Signor Presidente, desidero congratularmi con l’onorevole Fava e con il relatore del Consiglio d’Europa, Dick Marty. L’inchiesta per scoprire questo parastato internazionale deve procedere e deve ampliarsi, nonostante le reazioni di tutti quelli che vogliono minimizzare e dissimulare questo scandalo. Mi dispiace davvero che alcuni colleghi in questo Parlamento rifiutino di vedere i fatti e i dati e preferiscano la via del fanatismo ideologico e del pregiudizio, in contrasto con i loro omologhi dello stesso orientamento politico nel Consiglio d’Europa.
Abbiamo l’obbligo di cercare la verità e lo dobbiamo ai cittadini europei e alla lunga tradizione di democrazia e umanitarismo nel nostro continente. Inoltre, l’esperienza di questi ultimi anni ha dimostrato che le violazioni dei diritti umani e l’indebolimento della democrazia finiscono col rafforzare piuttosto che combattere il terrorismo.
Risulta chiaro dalle informazioni che i capi dei servizi segreti erano a conoscenza delle attività degli agenti degli Stati Uniti e forse certe persone in posizioni di responsabilità nei governi sapevano e hanno chiuso un occhio. Non è possibile che 32 aeroplani abbiano fatto oltre mille voli in più di cinque anni di cui nessuno sapeva nulla.
Seán Ó Neachtain (UEN). – (EN) Signor Presidente, vorrei dire subito che sono assolutamente contrario ai voli utilizzati per le consegne speciali. Tale pratica viola le convenzioni internazionali come la Convenzione europea sui diritti umani. Come irlandese, sono lieto che questa relazione non riporti alcuna scoperta a carico del governo irlandese, conformemente alle assicurazioni fornite dalle autorità degli Stati Uniti.
Confuto totalmente ciò che ha detto oggi in questa sede il collega De Rossa. Le sue affermazioni sono infondate. L’aeroporto di Shannon è stato trattato in modo irragionevole a tale riguardo e ne è uscito perdente, perché ora le autorità americane hanno deciso di non usare l’aeroporto per i rifornimenti, causando una perdita di 10 milioni di euro per le entrate dell’aeroporto. Questa è la conseguenza delle accuse infondate dell’onorevole De Rossa e di altri, che dovrebbero stabilire i fatti prima di parlare in quel modo.
Kathy Sinnott (IND/DEM). – (EN) Signor Presidente, la tortura è sempre sbagliata e controproducente. Il programma di consegne e di tortura istigato dagli Stati Uniti è particolarmente sbagliato perché rende accettabile un nuovo modello, in quanto in passato la tortura era commessa principalmente da regimi dittatoriali. Ora è promossa da Stati democratici. Se il malcostume della tortura non è contrastato e interrotto, le leggi internazionali intese a proteggere l’intera umanità saranno svilite per sempre.
Chiudere Guantánamo non è la soluzione, perché molti prigionieri trasferiti saranno torturati altrove. Molti dei prigionieri trasferiti nel novembre 2005 dalle prigioni segrete europee ora sono altrove, in prigioni segrete ignote.
L’Unione europea ha una responsabilità nell’assicurare che questi prigionieri non subiscano ulteriori torture. L’ONU e la Croce Rossa dovrebbero avere dappertutto accesso a tutti i prigionieri e l’ONU dovrebbe avere un registro aggiornato quotidianamente di tutti i prigionieri in tutti gli Stati membri dell’ONU. L’UE e gli Stati membri dell’UE dovrebbero anche fornire maggiori risorse finanziarie per la cura dei sopravvissuti alla tortura.
Paweł Bartłomiej Piskorski (NI). – (PL) Signor Presidente, di recente i falsi profeti che proteggono i diritti umani e civili si sono moltiplicati. Molti di loro – e questo è particolarmente sgradevole – vengono dalle formazioni politiche che non erano in alcun modo infastidite dal comunismo e che erano accomodanti e tolleranti nei confronti dei regimi che hanno occupato metà del nostro continente per molti anni. Oggi queste persone stanno cercando di creare l’impressione che il maggiore problema della democrazia, il principale problema che si pone ai diritti umani e civili non risieda in eventi drammatici che colpiscono milioni di persone in luoghi come la Cina, ad esempio, ma in alcuni voli non registrati effettuati con aerei statunitensi in Europa.
Ciò non è tollerabile e non può continuare. Per questa ragione sostengo fermamente l’idea di porre fine a questa commissione, considerata da alcuni dei suoi membri una mistura di antiamericanismo e di desiderio di influenza politica, e invito queste persone a recarsi a lavorare in luoghi dove i diritti umani e civili sono realmente violati – e purtroppo vi sono ancora troppi di questi paesi nel mondo.
Hubert Pirker (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, la grande pretesa della commissione è stata quella di stabilire i fatti, e ha fatto un lavoro credibile, con 26 audizioni, una visita negli Stati Uniti e una stretta collaborazione con il Consiglio d’Europa e la Commissione, anche qui in Parlamento. Ma da tutto questo è emerso qualcosa di nuovo? Non si può evitare di constatare che i risultati sono davvero scarsi, e giustamente, perché ciò dimostra che non sono state commesse violazioni o solo in casi isolati. Sono quindi rimasto tanto più stupito quando ho letto la relazione, che è unilaterale e tendenziosa e non rispecchia ciò che è emerso nei dibattiti della commissione.
Vorrei domandare ai deputati dall’altro lato dell’Emiciclo perché hanno rifiutato, con la votazione in commissione, di accettare ciò che Gijs de Vries e Javier Solana hanno di fatto riscontrato, cioè che non esisteva alcuna prova. Perché, vi chiedo, avete rifiutato di riconoscere che sinora non è stata trovata alcuna prova dell’esistenza di prigioni segrete? Perché avete rifiutato ciò che ha affermato John Bellinger negli Stati Uniti? Perché avete rifiutato di introdurre un riferimento al fatto che negli Stati Uniti è stato appurato che questo paese non ha fatto uso della tortura?
Domani il Partito popolare europeo tenterà nuovamente di rendere più equilibrata la relazione e di includervi le conclusioni alle quali davvero è giunta la commissione. La vera prova per voi sarà se voterete a favore dei fatti e di ciò che è stato davvero detto in sede di commissione, se volete avere l’appoggio di una vasta maggioranza per questa relazione o se volete lasciarla com’è – unilaterale, tendenziosa, che non riporta i fatti davvero emersi dalle audizioni della commissione.
Jan Marinus Wiersma (PSE). – (NL) Signor Presidente, questa discussione fa parte di un più ampio dibattito sul modo migliore per combattere il terrorismo internazionale. A un punto importantissimo al riguardo è stata data la massima evidenza nella parte della relazione dell’onorevole Fava in cui si afferma che la lotta contro il terrorismo internazionale non potrà essere vinta sacrificando gli stessi principi che il terrorismo tenta di distruggere. E’ su questo concetto che ci siamo concentrati.
Quali sono gli indizi che la CIA o altri servizi di sicurezza, forse all’insaputa dei nostri governi, hanno compiuto azioni in violazione dei diritti e delle libertà fondamentali? In quale misura è stato violato il diritto nazionale e internazionale in questo contesto? Sono domande molto serie che giustificano pienamente l’inchiesta. Non possiamo dissimulare le domande che sono state poste, perché ciò minerebbe gravemente la fiducia pubblica in un momento in cui abbiamo bisogno di tutta la fiducia possibile per poter combattere il terrorismo in modo efficace, ma naturalmente anche in modo equo.
I risultati intermedi dell’inchiesta indicano chiaramente la necessità di riprendere l’indagine dopo l’estate. Non c’è dubbio che siano avvenute consegne speciali attraverso aeroporti europei. E’ estremamente probabile che vari governi europei fossero consapevoli di questa pratica ed è probabile che gli accordi europei e internazionali in materia di diritti umani siano stati violati.
Inoltre, l’indagine ha evidenziato chiaramente le gravi lacune della nostra legislazione e delle nostre pratiche di controllo. Queste attività si sono svolte nella zona grigia che abbiamo lasciato nell’incertezza. In seguito all’inchiesta, dovremo concentrarci su due punti. In primo luogo, in che misura sono stati coinvolti in tali azioni gli Stati membri e i paesi candidati e, in secondo luogo, cosa dobbiamo fare per colmare le lacune del diritto e della legislazione per evitare che ciò si ripeta?
Sajjad Karim (ALDE). – (EN) Signor Presidente, le prove della sinistra ragnatela di voli CIA della tortura che hanno attraversato l’Europa sono schiaccianti. E’ con ogni sicurezza che affermo che la CIA è direttamente responsabile per la cattura, il trasferimento, il sequestro e la detenzione illegali di persone sul territorio degli Stati membri. Tale violazione su larga scala dei diritti umani è potuta accadere per intenzione criminale, implicita approvazione e grave negligenza. In ogni modo, è chiaro che le forze di sicurezza in alcuni Stati membri stanno lavorando al di fuori di un adeguato ed efficace controllo governativo.
Presto ricorderemo le vittime degli attentati londinesi. La reazione del Regno Unito è stata l’adozione di politiche che autorizzavano a sparare per uccidere, sulla base di orientamenti forniti dalle forze di sicurezza nella guerra al terrorismo: ciò ha determinato l’uccisione di un uomo innocente nel mio paese, mentre un altro si è salvato per miracolo. Anch’essi, insieme a molti altri, sono vittime. Il loro unico crimine era quello di essere visibilmente diversi dalla maggioranza.
Per giustificare l’intollerabile sospensione delle libertà civili in nome della sicurezza nazionale, che ha reso certe sezioni della nostra popolazione soggette a un controllo inesorabile e squilibrato, i governi hanno sottolineato l’importanza di non lasciare nulla di intentato. Su questo deve intervenire il Parlamento europeo, per il bene di tutti i cittadini. E’ ora di concentrare il dovuto controllo sulle azioni delle nostre forze di sicurezza, riportandole sotto il controllo governativo, in modo che possiamo garantire la sicurezza comunitaria per l’intera l’Unione europea, preservando lo Stato di diritto e le nostre istituzioni democratiche.
Luca Romagnoli (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, la prassi usata dalla CIA in relazione a quanto discutiamo oggi, non sfugge ad una tradizione consolidata dei governi statunitensi. Dalla guerra di Secessione in poi, dal genocidio degli indiani d’America, alla connivenza con i khmer rossi della Cambogia.
La relazione Fava, suffragata da poche prove, mercé degli ostacoli opposti alla commissione da molti governi dell’Unione, non è, di per sé, sufficiente ad evidenziare la dipendenza politica dell’Europa. Nessuno vuole difendere i terroristi, nessuno vuol fare un demagogico antiamericanismo, ma non si può che prendere atto sia delle violazioni dei diritti umani, che delle reiterate violazioni della sovranità dei paesi membri dell’intera UE. Non farlo significherebbe servire interessi antieuropei.
Camiel Eurlings (PPE-DE). – (NL) Signor Presidente, il tema in discussione è d’importanza vitale. Il modo in cui sono trattati i sospetti è, in effetti, al centro dei valori che condividiamo nell’Unione europea. Si dovrebbe quindi chiarire, nell’interesse del pubblico e dell’Unione europea stessa, cosa è accaduto e cosa non è accaduto.
Mi congratulo quindi con tutti coloro che hanno profuso un grande impegno per l’inchiesta e che la proseguiranno. Vorrei tuttavia puntualizzare che sinora vi sono state più ipotesi che prove. In certa misura è comprensibile, perché ci troviamo in una situazione difficile. Se ciò dimostra qualcosa è che l’Europa non è completa. I Commissari devono avere maggiori poteri nel settore delle indagini e dovrebbero potersi rivolgere agli Stati membri con lo scopo di scoprire la verità. Anche al Parlamento, che è privo di poteri rispetto ai metodi di investigazione dei parlamenti nazionali, si dovrebbero dare maggiori poteri per quanto riguarda le inchieste.
Ora, tuttavia, dovremmo adattarci alla meglio con i mezzi a nostra disposizione. Per noi il voto in commissione è stato insoddisfacente perché numerosi emendamenti che avevamo proposto non sono stati adottati. Al momento la posta in gioco è scoprire la verità e riguadagnare la fiducia. Invito tutti a sostenere pienamente quegli emendamenti che riducono il divario tra ciò che è già stato provato e ciò che è stato asserito. In particolare, vorrei che fossero riportati in modo più realistico il numero dei casi sui quali sono state raccolte prove, le osservazioni del coordinatore antiterrorismo Gijs de Vries, di Javier Solana e di John Bellinger e anche la dichiarazione chiara che non è ancora stata trovata nessuna prova dell’esistenza di prigioni segrete negli Stati membri.
Penso che questo migliorerebbe la credibilità del lavoro della Commissione, nonché il sostegno in plenaria. Spetta alla commissione continuare il lavoro, che può andare in due direzioni. O vengono presentate maggiori prove e si potranno trarre conclusioni fondate, o non saranno presentate ulteriori prove, nel qual caso le conclusioni dovrebbero essere ridimensionate per ragioni di onestà. Quest’ultima non è necessariamente una conclusione negativa.
Hannes Swoboda (PSE). – (DE) Signor Presidente, coloro che hanno difeso questa commissione e ora stanno difendendo anche la sua relazione sono spesso accusati di antiamericanismo, ma allora la Corte Suprema degli Stati Uniti è antiamericana perché insiste per lo svolgimento di un regolare processo riguardo a Guantánamo Bay? Tutti coloro che in America esigono che la guerra al terrorismo si svolga nel rispetto della legalità devono essere definiti antiamericani? No, non credo proprio!
In secondo luogo, ci viene detto che stiamo minando la guerra al terrorismo. Siamo tutti a favore della guerra al terrorismo, ma questa richiede un sostegno ampio, a livello popolare, in Europa: se vogliamo intraprendere questa guerra, abbiamo bisogno dell’appoggio dei cittadini, i cui interessi nel mantenimento dello Stato di diritto non sono inferiori ai nostri. Dobbiamo sostenere esplicitamente lo Stato di diritto come elemento essenziale nell’Unione europea, e questo è un punto che il Commissario Frattini sottolinea continuamente, e a ragione.
In terzo luogo, chi volete punire? L’obiettivo non dovrebbe essere punire chiunque; siamo onesti: subito dopo il terribile attentato dell’11 settembre e le attività terroristiche in America, forse abbiamo adottato un approccio troppo rilassato. In vari Stati europei si credeva che fosse necessaria un’azione rapida e che dovessimo sostenere gli americani, e posso capirlo. Adesso, tuttavia, dobbiamo tornare allo Stato di diritto, che è assolutamente necessario se vogliamo che la guerra al terrorismo abbia successo, e uno degli obiettivi essenziali di questa commissione è assicurare che la guerra al terrorismo possa essere intrapresa, in futuro, in modo efficace e conforme alla legalità.
Anneli Jäätteenmäki (ALDE). – (FI) Signor Presidente, l’azione contro il terrorismo ha eroso i diritti umani e sta erodendo la protezione della privacy dei comuni cittadini in Europa e altrove. Una recente relazione sui diritti umani prodotta dalla Federazione Internazionale di Helsinki afferma che negli ultimi tre anni la situazione dei diritti umani è peggiorata a livello mondiale. L’Unione europea deve lavorare in base all’idea che il terrorismo deve essere contrastato con mezzi legittimi e nel rispetto del diritto internazionale e nazionale.
Infine, vorrei citare lo scrittore americano che preferisco, Thomas L. Friedman, dal suo libro The world is flat:
(EN) Il mondo è piatto. Il ruolo dell’America nel mondo è sempre stato quello di un paese che guarda avanti, non indietro. Una delle cose più pericolose che sono avvenute in America dopo l’11 settembre sotto l’amministrazione Bush è che gli Stati Uniti sono passati dall’esportare speranza all’esportare paura. Se questo è vero, è molto pericoloso.
Antonio Tajani (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione che stiamo discutendo ha l’importante obiettivo di accertare responsabilità di singoli o di organizzazioni per eventuali reati commessi in violazione dei diritti umani.
Tuttavia questa relazione non può e non deve trasformarsi in un atto di accusa strumentale contro gli Stati Uniti ed altri paesi impegnati in prima linea nella lotta contro il terrorismo. Il fine politico non può mai distorcere la verità in spregio dei principi del diritto.
Per quanto riguarda le vicende che riguardano l’Italia, mi preme sottolineare alcuni punti. In primo luogo, il governo italiano e l’organizzazione dei servizi di sicurezza si sono sempre dichiarati, in tutte le sedi parlamentari, totalmente estranei alle vicende che riguardano la cattura di Abu Omar e nessuno fino ad oggi è stato in grado di dimostrare il contrario. Desidero inoltre esprimere la mia solidarietà all’onorevole Frattini, attaccato dall’onorevole Catania: eventuali responsabilità personali non possono coinvolgere le Istituzioni.
In secondo luogo, lunedì scorso Abu Omar è stato arrestato ancora una volta al Cairo perché pericoloso per la sicurezza dello Stato egiziano.
In terzo luogo, la moschea milanese di viale Jenner, nota anche fuori d’Italia perché coinvolta in inchieste sul terrorismo, si è oggi compiaciuta per l’arresto dei due rappresentanti del servizio segreto militare. Mi stupisce anche il garantismo a senso unico ostentato in questa vicenda dal relatore, che confonde, in contraddizione con la cultura giuridica europea, l’arresto con la condanna, confusione che non ha mai manifestato, invece, nei confronti di Abu Omar.
In quarto luogo, il magistrato che ha arrestato i due dirigenti del Sismi, ha contemporaneamente ordinato una perquisizione nella sede di un quotidiano e nelle abitazioni di due giornalisti che si erano occupati del caso Abu Omar. Si tratta di una palese violazione della libertà di stampa, soprattutto perché l’azione è stata compiuta in direzione di un giornale fortemente critico nei confronti del governo ed impegnato nella lotta contro il terrorismo.
In conclusione, è bene ricordare che durante i cinque anni di governo di centrodestra in Italia non ci sono stati attentati terroristici, anzi, ne sono stati sventati molti. Grazie al sacrificio delle forze dell’ordine, delle forze armate, dei servizi di sicurezza, sono state salvate molte vite umane.
Martine Roure (PSE). – (FR) Signor Presidente, l’istituzione della nostra commissione temporanea ci ha permesso di stabilire con certezza che la CIA ha proceduto alla cattura di persone sul territorio dell’Unione, per trasportarle verso paesi in cui sarebbero state interrogate. Le leggi esistono per proteggere i cittadini, ma queste pratiche non sono degne delle nostre società democratiche. Dobbiamo inviare un messaggio chiaro all’amministrazione americana: siamo pronti a cooperare nella lotta contro il terrorismo, ma nel rispetto dello Stato di diritto.
E’ inaccettabile che gli Stati membri dell’Unione europea abbiano chiuso gli occhi di fronte a violazioni inammissibili dei diritti fondamentali. Per questo motivo incoraggiamo i parlamenti nazionali a occuparsi di questo tema, per fare luce su ciò che è accaduto realmente sul loro territorio. Infine, sono soddisfatta dei lavori della commissione temporanea e mi congratulo vivamente con il relatore per il lavoro preciso e instancabile.
Barbara Kudrycka (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, molto è già stato detto sull’importanza dei valori basati sui diritti umani. Rispettare questi valori è il dovere di tutte le Istituzioni, i paesi e i cittadini dell’Unione europea. Uno di questi valori, che emerge dalla tradizione giuridica europea, è il vecchio principio della presunzione d’innocenza fino a prova contraria.
Se vogliamo che questo principio sia applicato nei confronti delle persone accusate di terrorismo, non possiamo dare un esempio negativo. A mio parere la relazione dell’onorevole Fava non è obiettiva ed è basata principalmente su dubbi, congetture e prove indiziarie. La relazione conferma solamente due fatti noti in precedenza, i casi italiani e svedesi, di cui si stanno già occupando le autorità nazionali competenti di questi paesi.
In questa situazione, la nostra commissione non dovrebbe concentrarsi sulla ricerca di soluzioni giuridiche atte a evitare simili crimini in futuro? Non dovremmo lavorare più intensamente su un’adeguata legislazione e sull’uso dello spazio aereo europeo, esortare gli Stati membri ad adottare una legislazione su misure comuni antiterrorismo, e controllare gli Stati membri la cui legislazione non considera il terrorismo un crimine? Solo un’azione di questo tipo offrirebbe una tutela giuridica per tutti coloro che sospettiamo o potremmo sospettare di terrorismo.
Dovremmo fare in modo che le leggi e le procedure nella lotta contro il terrorismo, anche nell’area che per sua natura è tenuta segreta, prevedano comunque sanzioni e puniscano le violazioni dei diritti umani e della dignità. Segretezza non dovrebbe significare illegalità. Comunque, dovrebbe spettare agli Stati membri punire i colpevoli. La nostra commissione non ha la competenza né l’autorità per far ciò. In che modo i governi degli Stati membri affrontano le accuse rivolte loro dall’opinione pubblica e in che modo collaborano con la commissione, è un’altra questione. Per gli Stati questo è un test, un controllo della conformità delle loro agenzie ai trattati internazionali; se non lo attuiamo saremo sempre circondati dai demoni del sospetto e da accuse in molti casi infondate.
Antonio Masip Hidalgo (PSE). – (ES) Signor Presidente, intervengo per esprimere il mio appoggio alla relazione dell’onorevole Fava, che spero ottenga domani il sostegno per continuare la sua inchiesta.
I sequestri di persona e i cosiddetti “voli della CIA” sono fatti terribili e intollerabili per l’Europa e per questo Parlamento.
Grazie alla tenacia e al rigore della stampa nordamericana sappiamo che almeno 480 persone si trovano nella sinistra prigione di Guantánamo, senza garanzie giudiziali. E’ una mostruosità morale e giuridica.
Una parte di quei carcerati è passata per l’Europa in stato di detenzione illegale; altre persone rapite sono poi state rilasciate e hanno parlato qui davanti a noi.
Non vi sono dubbi che si compiano abitualmente attività aberranti. Questa generazione non può né deve tollerare questa situazione, come hanno fatto certi nostri predecessori che non riconobbero l’esistenza dei campi di sterminio.
I crimini contro i diritti umani non possono rimanere impuniti, e non devono mai essere dimenticati, come è successo nel caso di altri voli effettuati in passato dalle dittature in Argentina e in Cile.
Certi governi, come ad esempio il governo spagnolo e quello tedesco, si sono offerti di collaborare con la commissione presieduta dall’onorevole Coelho, e di questo dobbiamo ringraziarli.
Josef Zieleniec (PPE-DE). – (CS) La relazione intermedia che oggi ci è presentata è frutto del lavoro di una commissione che purtroppo ha scelto di supplire alla mancanza di poteri investigativi facendo l’impossibile per emettere un giudizio politico sulle attività degli alleati degli Stati Uniti in Europa. Sei mesi di lavoro nella commissione non hanno rivelato niente che non fosse già apparso nei media. Quel che mi infastidisce è che la maggioranza nella commissione abbia tratto conclusioni soggettive e distorte da alcuni fatti e da un numero enorme di voci non confermate. Temo che l’approccio irresponsabile della commissione possa causare non solo una perdita di credibilità per il Parlamento, ma anche una perdita di fiducia tra gli alleati europei e statunitensi. Questa fiducia è fondamentale per vincere la lotta contro il terrorismo, per garantire la sicurezza dell’area transatlantica e la stabilità delle relazioni internazionali nell’insieme.
Voglio sottolineare che la lotta contro il terrorismo deve essere intrapresa in conformità del diritto internazionale e nel rispetto dei diritti umani. Allo stesso tempo, comunque, è sbagliato presentare una serie di errori che sono potuti accadere nel contesto di complesse operazioni mondiali di antiterrorismo come un problema sistematico. Se vi sono sospetti che i diritti umani siano stati violati nei paesi dell’Unione europea, sono i sistemi giudiziari degli Stati membri a dover indagare. Invece di formulare denunce non confermate nei confronti dei servizi segreti degli Stati Uniti, le autorità politiche dell’UE dovrebbero concentrarsi su come prevenire efficacemente il terrorismo e su come ottemperare alle loro responsabilità riguardanti la sicurezza mondiale, in stretta cooperazione con gli alleati e nel rispetto dei principi fondamentali del diritto internazionale. Credo fermamente, signor Presidente, che il Parlamento dovrebbe cogliere l’opportunità di modificare la relazione in modo da rendere credibile il nostro lavoro. Altrimenti, non avrò altra scelta che rifiutare questa relazione della commissione temporanea, insieme a tutti i deputati cechi del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, che si sono accordati su questa decisione.
Ana Maria Gomes (PSE). – (PT) Le relazioni Martin e Fava confermano che una banda che non bada a come realizza i suoi scopi e disprezza i valori essenziali della giustizia e dei diritti umani si è infiltrata nell’Amministrazione dei nostri alleati americani ed è riuscita a conquistarsi la complicità attiva e passiva dei nostri governi e servizi di Stato per praticare rapimenti, sequestri, torture e altri crimini contro persone sospettate di terrorismo, ma non ancora accusate formalmente, né tanto meno processate.
La Corte Suprema degli Stati Uniti ha affermato di recente che nelle prigioni di Guantánamo e Kabul, dove marciscono i cosiddetti unlawful combatants, Washington non solo li trattiene illegalmente, ma li detiene in prigione in violazione del diritto statunitense e internazionale, infrangendo leggi che sono usate e continuano a essere usate per giudicare e punire i criminali più abietti, compresi i nazisti.
Quando ha accusato l’Amministrazione Bush, la Corte Suprema ha accusato anche governanti e agenti europei di connivenza.
Questa commissione d’inchiesta, guidata con professionalità dai colleghi Coelho e Fava, può e deve esigere un immediato rafforzamento del controllo parlamentare dei servizi di sicurezza degli Stati membri e ispezioni particolareggiate delle autorità aeroportuali per fermare le consegne speciali. Questa commissione d’inchiesta aiuterà a chiarire fin dove e a quale livello di autorità politica è giunta la complicità europea. I tribunali possono e devono fare giustizia, risarcendo le vittime innocenti e punendo coloro che invece di difendere lo Stato di diritto lo hanno tradito, con l’aggravante che, violando la legge e i diritti umani, non hanno fatto gli interessi della sicurezza e della difesa dell’Europa, ma si sono abbassati al livello dei terroristi.
Miroslav Mikolášik (PPE-DE). – (SK) Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho accolto con grande favore la decisione del Parlamento europeo di istituire una commissione temporanea per indagare sui presunti sequestri di prigionieri e violazioni dei diritti umani. Ho partecipato all’indagine con grande interesse ed entusiasmo.
Ho assistito alla maggior parte delle audizioni tenute dalla commissione sino ad oggi e ho ascoltato con interesse tutto quello che gli ospiti convocati avevano da dire. Il nostro obiettivo era stabilire se la CIA avesse utilizzato mezzi illegali nella lotta contro il terrorismo, ma diversamente da un tribunale non abbiamo potuto interrogare i testimoni sotto giuramento. Il punto centrale era accertare se le persone detenute fossero state sottoposte a tortura durante gli interrogatori e trasportate in paesi terzi contro la loro volontà. Devo dire, comunque, che la testimonianza resa dai testimoni era davvero poco convincente. In certi casi hanno anche testimoniato indirettamente e talvolta per il tramite di un avvocato. In un’altra occasione un diplomatico britannico ha testimoniato celando a malapena il suo risentimento contro il governo del Regno Unito per averlo congedato dal servizio diplomatico.
Né mi ha convinto il Senatore Marty, le cui risposte non sono state migliori delle notizie riportate dalla stampa né hanno saputo confermare nulla se non i sospetti. Ritengo che si sia spinto troppo lontano nell’attaccare il governo polacco, in barba al fatto che le autorità polacche abbiano ripetutamente indicato di non poter provare l’esistenza di strutture di detenzione nel loro paese. Come deputato di uno dei nuovi Stati membri, sono interessato principalmente ai diritti umani e alla dimensione della giustizia; volevo quindi sapere se il mio paese avesse ospitato simili strutture illegali. Mi ha fatto quindi piacere apprendere dalle autorità competenti, compreso il governo, il ministro della Giustizia e il direttore del servizio di intelligence che non potevano confermare che simili strutture siano state create in Slovacchia o che siano stati effettuati voli segreti della CIA con destinazione o transito in Slovacchia.
Nel gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei siamo critici nei confronti dell’approccio adottato dal relatore, al quale piace interpretare i sospetti come prove concrete. Non si può evitare di avere l’impressione – e concludo – che nel corso delle discussioni in seno alla commissione i deputati di sinistra abbiano abbandonato la ricerca dei fatti preferendo calunniare gli Stati Uniti, il paese che ha assunto la direzione nella lotta contro il terrorismo. Se la sinistra non accetta emendamenti realistici che contribuiscano significativamente a stabilire la verità, dovrò verificare se posso sostenere la relazione nella sua forma attuale.
Stavros Lambrinidis (PSE). – (EL) Signor Presidente, di solito si dice: se vuoi scoprire il crimine, segui i soldi. In questo caso particolare, si devono invece seguire gli aeroplani.
In questi ultimi mesi una serie di voli apparentemente innocenti tra l’Europa e gli Stati Uniti ha evidenziato gli enormi problemi che sorgono quando si cerca di combattere il terrorismo ignorando i diritti fondamentali.
Nel primo caso, quello dei sequestri operati dalla CIA, più di 1 000 voli dei servizi segreti sono atterrati e decollati da aeroporti europei, senza essere sottoposti al minimo controllo da parte delle autorità competenti europee che, anche se non hanno cooperato direttamente con loro, hanno scelto un approccio “non vedo, non sento, non parlo”.
Nel secondo caso, in un raro esempio di cooperazione frettolosa tra governi a livello europeo, è stato firmato con gli Stati Uniti un accordo pieno di buchi, noto come PNR o transfer of Passenger Name Records (trasferimento dei dati dei passeggeri), non solo senza una prova adeguata della necessità delle misure, ma anche con quasi nessuna fondamentale salvaguardia di obblighi vincolanti per la parte americana per l’utilizzo sicuro e legale dei nostri dati.
I governi europei sono oggi direttamente obbligati, sia individualmente che in cooperazione reciproca, ad adottare tutte le misure necessarie a evitare che si ripetano voli illegali della CIA. Tale obbligo richiede istruzioni esplicite de minimis alle autorità dell’aviazione civile, cosicché almeno gli aeroplani e le società di copertura, che sappiamo erano della CIA, siano controllati d’ora in avanti, ovviamente insieme a controlli più efficienti e democratici dei loro servizi segreti.
Vi ringrazio e, a nome di tutti noi, ringrazio specialmente il relatore, onorevole Fava, per l’ottimo lavoro.
PRESIDENZA DELL’ON. TRAKATELLIS Vicepresidente
Panayiotis Demetriou (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, la nostra Assemblea ha condannato molto spesso i terroristi ed è quindi inutile ampliare la retorica su questo orribile fenomeno.
Dirò solo che non possiamo dimenticare la tragedia dell’11 settembre; non possiamo dimenticare lo spargimento di sangue a Londra, né il massacro di Madrid. Naturalmente non possiamo ignorare il fatto che gli Stati Uniti sono l’obiettivo centrale del terrorismo e non possiamo sottovalutare che il compito principale della lotta contro il terrorismo ricade sulle spalle degli Stati Uniti.
Tuttavia, al tempo stesso non possiamo dimenticare che i diritti umani sono una pietra angolare della filosofia politica europea moderna. Quindi, anche se comprendiamo il ruolo degli Stati Uniti nella lotta al terrorismo, non possiamo chiudere gli occhi di fronte a certe attività che sono contrarie ai principi, ai valori e alle regole europei. E’ un dato di fatto che la CIA ha abusato della comprensione di certi paesi. Noi condanniamo le pratiche della CIA. Noi condanniamo fortemente la CIA per gli atti menzionati dagli oratori precedenti e nella relazione dell’onorevole Fava: consegne speciali, voli sospetti. Non facciamo alcun favore agli americani se lasciamo a chi è appassionatamente antiamericano il diritto di criticare la CIA per atti commessi in violazione dei diritti umani.
Sono d’accordo con l’onorevole Coelho, presidente della commissione temporanea, sul fatto che in generale la relazione dell’onorevole Fava è valida. Comunque, la si potrebbe rendere più equilibrata se si accettassero emendamenti che mostrassero l’altra faccia della medaglia. Faccio appello perciò al relatore e agli altri gruppi politici affinché accettino certi emendamenti di base proposti dall’onorevole Gawronski, a nome del gruppo PPE-DE, in modo da avere il voto unanime dell’Assemblea su due punti principali: in primo luogo sulla condanna dei terroristi e in secondo luogo sulla protezione dei diritti umani.
Claude Moraes (PSE). – (EN) Signor Presidente, come ultimo oratore del gruppo socialista, vorrei esprimere un elogio non solo per i colleghi che mi hanno preceduto e per il relatore, ma anche per l’approccio equilibrato che abbiamo ascoltato dall’onorevole Coelho e per le interessanti osservazioni del Commissario sulla maggiore trasparenza e sulla riforma dei servizi di intelligence. Per tutte queste ragioni dobbiamo ampliare questa relazione.
Le persone contrarie hanno parlato di prove indiziarie. Devono capire che abbiamo ascoltato la testimonianza di 70 persone e abbiamo trascorso più di 50 ore in questa commissione, non perché siamo antiamericani – e devo riconoscere al nostro relatore che non è mai caduto in questa trappola – ma perché volevamo giungere alla verità.
L’oratore precedente ha parlato degli attentati del 7 luglio a Londra. Un paio di deputati in quest’Aula rappresentano la zona colpita da quell’attentato. Le persone che ci hanno scritto non sono antiamericane; vogliono che l’antiterrorismo sia rafforzato perché si stanno rafforzando i diritti umani. Questo è l’approccio dei colleghi socialisti e di molti deputati al Parlamento europeo.
Perché dobbiamo continuare? Dobbiamo continuare per la testimonianza di persone come Maher Arar, che ho ascoltato e al quale ho creduto. Sono sicuro che sta dicendo la verità definitiva? No, non sono sicuro, perché stiamo aspettando che finalmente parlino gli Stati membri e coloro che non hanno ancora parlato. Per questo motivo dobbiamo ampliare questa relazione ed estendere il tempo a disposizione.
Per quali altri motivi dobbiamo prolungare il mandato? Stiamo dicendo ai cittadini europei che parleremo dei particolari legislativi, ma stiamo forse anche dicendo loro che, quando sono preoccupati per la trasparenza e i diritti umani e le accuse di cui sanno ben poco, noi come Parlamento non possiamo affrontare tali questioni?
Dobbiamo dire loro che possiamo trattare la questione in modo credibile. Lo constatiamo nel Consiglio d’Europa e dovrebbero poterlo constatare anche nel Parlamento. Da questo lato dell’Assemblea vogliamo che la relazione sia ampliata, perché crediamo che l’approccio sia quello giusto.
Charles Tannock (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, diversamente dall’onorevole Moraes ero contrario sin dall’inizio alla commissione temporanea sul presunto utilizzo di paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegali di persone, che dovrebbe subito essere fermata. E’ un esercizio costoso, che duplica gli sforzi del Senatore Marty nel Consiglio d’Europa, e guidato da un desiderio politico della sinistra e dei liberali per colpire l’America, e la CIA in particolare, nei loro sforzi di lottare contro il terrorismo internazionale.
Ritengo che la relazione dell’onorevole Fava faccia asserzioni e accuse pesanti, ma sia inconsistente in termini di prove. In un progetto rischioso ed esteso in Occidente come la lotta contro il terrorismo, forse è stato commesso inevitabilmente qualche errore ed eccesso, ma a mio parere gli Stati Uniti non avevano una politica sistematica per le consegne speciali finalizzata a torturare i sequestrati in paesi terzi.
Inoltre, non sussiste alcuna prova dell’esistenza di campi di detenzione della CIA in Romania o in Polonia. Semplici consegne di sospetti terroristi combattenti illegali attraverso il territorio dell’Unione europea sono un fatto provato, ma non necessariamente illegale ai sensi del diritto internazionale, ove non si sia fatto ricorso alla tortura.
In ogni caso, sono d’accordo con Alan Dershowitz, professore di giurisprudenza a Harvard, quando sostiene che esiste un enorme buco nero nel diritto internazionale per quanto riguarda la lotta al terrorismo, con categorie di detenuti anacronistiche e regole pericolosamente vaghe riguardo al trattamento di tali detenuti. Credo che abbia ragione quando afferma che molti di noi tendono a restare legati a vecchi modelli, piuttosto che affrontare i difficili adeguamenti che forse dovremmo apportare alla legge per giungere a un equilibrio tra diritti umani e sicurezza dei cittadini.
Inoltre, una recente visita a Guantánamo compiuta da alcuni colleghi deputati al Parlamento europeo ha avvalorato il parere che sostengo da molto tempo, che una chiusura immediata di Guantánamo, piuttosto che a lungo termine, non è desiderabile, poiché molti detenuti costituiscono minacce estremamente pericolose per la sicurezza nazionale dei nostri Stati membri dell’UE e non è possibile espellere questi individui, in quanto molti di essi sarebbero condannati a morte o torturati se venissero rimpatriati nei loro paesi d’origine come l’Arabia Saudita o l’Egitto, dove sono noti e ricercati come terroristi.
Jean Spautz (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, i cosiddetti “voli CIA” hanno seriamente innervosito la classe politica d’Europa. La spiegazione delle circostanze in cui, in vari Stati europei, si presume che gli individui sospetti siano stati catturati e fatti oggetto di consegne speciali organizzate è ancora frammentaria e il motivo potrebbe anche essere che di fatto c’è forse meno da portare alla luce di quanto alcune persone particolarmente zelanti, critiche o ostili nei confronti degli Stati Uniti, avevano sperato.
Vorrei dire una cosa fondamentale su ciò che è avvenuto in queste ultime settimane: l’Europa in generale e anche noi in Parlamento non dobbiamo, in un momento difficile come questo, sprecare le nostre energie in imprese la cui motivazione ultima è il bisogno di certe persone di prendere le distanze dagli Stati Uniti.
Non abbiamo ancora nessuna certezza di riuscire a realizzare alfine il progetto della Costituzione. Vi sono questioni complicate che dobbiamo affrontare riguardo all’allargamento dell’Unione, alla nostra identità comune e ai limiti del progetto europeo.
Riguardo a tutti questi problemi, le proposte di soluzione al vaglio sono di gran lunga insufficienti per lo sviluppo dell’Europa. Nella situazione attuale, mi sembra emergere uno schema di priorità piuttosto stravagante dal fatto che tutte le Istituzioni europee dedicano la loro attenzione ai voli della CIA, per giungere a un punto in cui la principale constatazione è che non sappiamo niente.
L’Europa ha problemi più seri da affrontare che non appurare se qualcuno sia stato portato da qualche parte in aereo da uno Stato membro o un altro dell’UE – oppure se ciò non sia avvenuto, come potrebbe emergere. Se vogliamo essere presi sul serio, dovremmo sciogliere subito questa inutile commissione e pensare di più a noi stessi che ai possibili misfatti di uno Stato che è il nostro alleato più forte e che – spero – lo rimarrà in futuro. Considerando tutte queste riflessioni voterò contro la risoluzione antiamericana che ci è stata presentata.
Simon Coveney (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, sei mesi fa abbiamo creato una commissione temporanea per indagare su presunti voli utilizzati per consegne speciali della CIA e sul coinvolgimento dei paesi dell’Unione europea. Si sono svolte molte ore di audizioni e dibattiti in seno a tale commissione e ora abbiamo la prima relazione intermedia.
Una valutazione onesta del lavoro della commissione sino ad ora darebbe un quadro incerto, credo. Da un lato, c’è stato un certo livello di frustrazione per il fatto che nella maggior parte delle audizioni non sono emersi prove e fatti nuovi. Comunque, detto questo, credo che il lavoro della commissione sia stato utile nel delineare ed esporre tutti i fatti disponibili sino ad oggi, e certi fatti sono disponibili. Anche se stiamo riesaminando prove già esposte dal Consiglio d’Europa, dobbiamo essere realistici. La nostra commissione non è un tribunale; siamo politici che tentano di trarre conclusioni basate sull’equilibrio della probabilità, date le prove a disposizione.
Indagare sulle attività della CIA o dei servizi segreti non poteva essere un compito semplice. Credo che la relazione avrebbe dovuto dare maggiore riconoscimento al fatto che sono necessarie maggiori prove per trarre conclusioni definitive riguardo a certe questioni, come la possibile esistenza di “siti segreti” negli Stati membri dell’Unione europea.
E’ un peccato che la discussione sull’opportunità o meno di sostenere questa relazione sia stata ridotta da alcuni a due posizioni polarizzate, una posizione pro e una contro gli Stati Uniti, o addirittura a una divisione tra destra e sinistra. Mi dispiace che si sia sviluppata una visione tale da minare il lavoro di una commissione bene intenzionata e che non coglie ciò che stiamo cercando di realizzare.
Non è antiamericano criticare le consegne speciali o insistere per appurare i fatti, in particolare se vi sono accuse contro Stati membri dell’Unione europea al riguardo. Mi considererei un ipocrita come portavoce dei diritti umani, se non parlassi chiaro contro le consegne speciali, anche se ciò significa criticare e porre domande imbarazzanti a governi che considero nostri amici e alleati, tra i quali includo gli Stati Uniti.
Non si dovrebbe appoggiare alcun approccio alla necessaria e difficile guerra al terrorismo che comporti azioni al di fuori del dominio del diritto internazionale e delle varie norme che in Europa difendiamo. La relazione intermedia non è perfetta, ma l’approvazione degli emendamenti del gruppo PPE-DE darà maggiore equilibrio a un testo che merita di essere sostenuto.
Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. – Signor Presidente, onorevoli deputati, desidero ringraziare i deputati che sono intervenuti, i loro interventi mi hanno dato molti spunti estremamente utili.
Posso confermare che la Commissione europea è pronta a proseguire il lavoro con la commissione temporanea di questo Parlamento in merito a molte questioni di fondo che sono state affrontate. L’onorevole Ludford ha toccato il tema dell’attuazione della normativa antiterrorismo da parte degli Stati membri, un tema centrale su cui si deve ovviamente lavorare.
Come saprete purtroppo cinque Stati membri dell’Unione europea non hanno ancora neanche trasposto la decisione quadro europea per la lotta al terrorismo; sapete inoltre che, solo sette Stati su venticinque, hanno concluso la ratifica dell’accordo Europa-Stati Uniti sull’estradizione, accordo che, se fosse in vigore, darebbe certamente chiarezza al quadro legale proprio in materia di trasferimento dei prigionieri.
Alcuni intervenuti, come l’onorevole Swoboda e l’onorevole in ’t Veld, hanno parlato della possibilità e della necessità di lavorare insieme per una maggiore sicurezza e una maggiore libertà. Io sono perfettamente d’accordo e raccolgo la proposta fatta per un dialogo politico, strutturato con gli Stati Uniti d’America sul tema della lotta al terrorismo e al contempo sul tema della salvaguardia delle libertà. Vi posso dire che avevo già pensato a questo e che, già nel febbraio scorso, avevo proposto a livello di esperti, di avviare questo dialogo, ora avviato.
Ritengo che questo dialogo potrà proseguire, so già che la Presidenza finlandese intende portare avanti questo argomento e credo che ci sarà la possibilità di uno scambio di valutazioni con il Parlamento su questo quadro complessivo Europa-Stati Uniti, sulla lotta al terrorismo e sulle garanzie di libertà.
Credo d’altronde, che la sentenza della Corte suprema americana su Guantánamo dimostri come il sistema di controllo legale delle garanzie e dei diritti nel sistema democratico americano funzioni e credo che questo sia una base di conforto per il nostro lavoro comune.
Inoltre, sono pronto ad un dialogo con il Parlamento per quanto riguarda le linee di ristrutturazione del sistema dell’Intelligence, compreso il controllo democratico e parlamentare sui servizi, anche se come saprete, la competenza è strettamente di legislazione nazionale, ma credo che un dibattito politico a tal proposito sarebbe utile.
Sarà inoltre utile discutere dell’uso dello spazio aereo per l’aviazione non civile – e vi confermo che è in corso una riflessione sulla nozione di aereo di Stato e di volo per le missioni istituzionali e di Stato; ho raccolto delle opinioni molto interessanti sul ruolo dei tribunali nazionali, a cui passa la parola per dare una risposta di responsabilità individuale quando esistono le condizioni.
Quanto appena detto è la conferma della mia disponibilità e di quella di tutti i servizi della Commissione europea a lavorare con la commissione temporanea.
In conclusione, signor Presidente, ho l’obbligo morale oltre che istituzionale, anzitutto verso me stesso, di rispondere ad un attacco personale che ho ricevuto da parte dell’onorevole Catania, l’unico tra i cinquantaquattro intervenuti, che mi chiede per la quarta volta, un chiarimento sul mio ruolo di ex Ministro degli esteri all’epoca del caso Abu Omar.
Credo che questa richiesta, a cui ho già risposto varie volte davanti alla commissione LIBE, potrà forse far guadagnare all’onorevole Catania qualche titolo sui giornali italiani, ma io credo che il dovere di verità verso questo Parlamento, avrebbe imposto a lui quello che è imposto a me: ricordare che il governo dell’epoca ha smentito formalmente la conoscenza del caso Abu Omar e lo ha fatto senza prova contraria ma, che secondo la legge italiana – e non si parla di opinioni – il Ministro degli esteri, quale io ero all’epoca, non solo non può, ma non deve essere a conoscenza dell’attività operativa dei servizi segreti italiani.
Questa è un’informazione sulle leggi italiane che l’onorevole Catania conosce ma che molti di voi non conoscono.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani, giovedì 6 luglio 2006, alle 12.00.
12. Intercettazione da parte dei servizi segreti americani dei dati concernenti i bonifici bancari effettuati attraverso il sistema SWIFT (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulle intercettazioni da parte dei servizi segreti americani dei dati concernenti i bonifici bancari effettuati attraverso il sistema SWIFT.
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, la presente questione è importante per molti aspetti, purtroppo però il Consiglio non è in grado di confermare le informazioni recentemente diffuse dai media sul trasferimento di dati tra il sistema SWIFT e gli Stati Uniti, né di rilasciare commenti al riguardo.
Come tutti in quest’Aula sanno, il Consiglio non ha la possibilità di indagare su azioni in contrasto con il diritto applicabile nel caso di specie. Ad essere responsabili di questo genere di indagini sono le autorità nazionali. D’altro canto, se la questione riguarda azioni che violano la legislazione comunitaria, la responsabilità spetta alle autorità nazionali e alla Commissione sotto la supervisione dei tribunali nazionali e comunitari. Il Consiglio presume che la cooperazione in corso tra imprese private come SWIFT e le autorità statunitensi sia conforme al diritto applicabile e rispettosa dei diritti fondamentali.
Il Consiglio, al pari del Parlamento, è un organo legislativo e, in quanto tale, intende richiamare l’attenzione dell’Assemblea sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante i dati informativi relativi all’ordinante, da allegare ai trasferimenti di fondi. Detto regolamento è in fase di discussione in seno al Parlamento e al Consiglio. Il regolamento, una volta approvato, si applicherà ai trasferimenti di fondi in qualsiasi valuta inviati o ricevuti da un prestatore di servizi di pagamento residente nella Comunità. L’articolo 14 della proposta di regolamento afferma che tutti i prestatori di servizi di pagamento devono fornire risposte esaurienti e sollecite alle richieste riguardanti i dati relativi all’ordinante allegati ai trasferimenti di fondi e la loro registrazione che possono essere loro rivolte dalle autorità responsabili della prevenzione del riciclaggio di denaro o del finanziamento del terrorismo nello Stato membro nel quale risiedono gli stessi prestatori di servizi.
Il Consiglio ritiene che tale atto comunitario, essendo conforme ai diritti fondamentali, rafforzerà il quadro legislativo necessario per bloccare i flussi di denaro sporco proveniente dai trasferimenti di fondi e suscettibili di compromettere la stabilità e la reputazione del settore finanziario. Nel contempo il regolamento impedirà ogni genere di azione illegale rivolta contro il sistema finanziario comunitario. In considerazione dell’estensione e dell’impatto di tali attività, gli Stati membri non sono in grado di attuare in modo adeguato gli obiettivi di questo regolamento: ciò può essere fatto con maggiore efficacia a livello comunitario. E’ pertanto urgente approvare questo regolamento.
Il regolamento in questione deve essere approvato mediante la procedura di codecisione. Il 6 dicembre 2005 il Consiglio è giunto a un accordo sull’impostazione generale della proposta. A seguito di alcuni incontri informali tra i rappresentanti di Parlamento, Consiglio e Commissione, la Presidenza si augura che sia possibile trovare a breve una soluzione di compromesso per l’intero regolamento. Vigileremo da vicino sul lavoro legislativo per impedire, tra l’altro, attività illegali e ingiustificate ai danni del sistema finanziario.
La Commissione sta inoltre discutendo la proposta di decisione quadro del Consiglio sulla protezione dei dati personali trattati nell’ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale. La Commissione ha presentato tale proposta il 4 ottobre 2005. La decisione quadro mira a garantire un elevato livello di protezione dei dati personali dei cittadini europei, il che richiede normative comuni al fine di poter valutare la legalità e la qualità dei dati gestiti dalle autorità competenti negli Stati membri. Sebbene la proposta non si applichi direttamente al sistema finanziario, garantirà comunque la tutela dei dati personali e potrebbe essere importante anche per il caso di cui ci stiamo occupando. La proposta è in fase di discussione in seno ai competenti organi del Consiglio.
Signor Presidente, onorevoli deputati, credo che la nostra volontà comune sia quella di proteggere i cittadini europei non solo dal terrorismo, ma anche da ogni genere di attività illegale rivolta contro il sistema finanziario europeo, tenendo conto anche delle misure e della legislazione comunitarie.
Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. – (EN) Signor Presidente, riguardo alla delicatissima questione in esame, al momento la Commissione dispone solo di informazioni parziali, a proposito delle quali abbiamo già chiesto che vengano integrate il prima possibile per accertare le esatte circostanze che hanno permesso alle autorità americane di ottenere accesso ai dati sulle transazioni finanziarie detenuti da SWIFT. Al momento sembra che sia avvenuto un trasferimento di informazioni finanziarie da imprese private dell’UE agli Stati Uniti.
A quanto mi risulta, varie autorità in Europa, compresa la Banca centrale europea, ne erano al corrente. Cito lo stralcio di una dichiarazione rilasciata il 23 giugno dal ministero del Tesoro americano: “SWIFT è diretta da un comitato formato dalle principali banche centrali, compresa la Federal Reserve degli Stati Uniti, la Bank of England, la Banca centrale europea, la Banca centrale giapponese e il garante supremo, la Banca nazionale del Belgio. I membri di tale comitato sono stati informati della collaborazione tra SWIFT e il ministero del Tesoro americano e sono state predisposte tutele giuridiche e garanzie”. Ripeto che sto citando lo stralcio di una dichiarazione del ministero del Tesoro americano.
Vi assicuro che queste notizie di cui adesso dispongo non erano giunte alla Commissione in precedenza, in quanto la trasmissione di siffatte informazioni finanziarie rientra nel campo di applicazione della direttiva 95/46/CE sulla protezione dei dati. Sono in primo luogo le autorità nazionali ad avere la responsabilità dell’adeguata applicazione delle norme sulla protezione dei dati. Confido che gli Stati membri europei intraprenderanno tutte le azioni necessarie per assicurare la debita applicazione e la rigorosa attuazione delle rispettive legislazioni nazionali sulla protezione dei dati. Constato che il Primo Ministro belga ha già chiesto al ministro della Giustizia di svolgere un’indagine e che anche la commissione belga garante della protezione dei dati si sta dando da fare per appurare le circostanze in cui è avvenuto questo specifico trasferimento di dati.
Comunque sia, la Commissione seguirà gli sviluppi molto da vicino e, se necessario, faremo pieno uso dei poteri conferitici dal Trattato. Sottolineo che in questa fase tale possibilità potrebbe non essere appropriata in quanto prima dobbiamo aspettare di sapere dalle autorità belghe che cosa di preciso è successo, come e perché.
Come il collega McCreevy ha affermato lunedì dinanzi al Parlamento, il regolamento riguardante i dati informativi relativi all’ordinante, da allegare ai trasferimenti di fondi, su cui voterete domani, contiene le adeguate garanzie sulla protezione dei dati e l’accesso ad essi da parte delle autorità competenti. Ho ricordato che il Garante europeo della protezione dei dati ha fornito una valutazione positiva e non ha rilevato alcuna preoccupazione in merito alla protezione dei dati. Ritengo pertanto che la questione SWIFT non dovrebbe ritardare il regolamento riguardante i dati informativi relativi all’ordinante, da allegare ai trasferimenti di fondi, la cui approvazione è essenziale per individuare i finanziamenti del terrorismo.
Vorrei concludere ribadendo nuovamente il mio impegno nella lotta al terrorismo e nell’individuazione dei suoi metodi di finanziamento, agendo, com’è ovvio, nel pieno rispetto dello Stato di diritto e in conformità dei diritti fondamentali.
(Applausi)
Eva Klamt, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, signora Presidente in carica del Consiglio, SWIFT, la società per le telecomunicazioni finanziarie interbancarie mondiali, ha affermato di aver trasmesso una limitata quantità di informazioni relative ai trasferimenti internazionali di denaro alle autorità americane facendo seguito a una richiesta del ministero delle Finanze americano. Questa informazione è reperibile sul sito Internet della società. Inoltre, stando a quanto afferma la società belga detentrice dei dati, la collaborazione con le autorità sarebbe intesa a evitare cattivi utilizzi del sistema finanziario internazionale.
Il governo belga, perlomeno secondo quanto afferma la stampa, sta già svolgendo un’indagine per appurare se le attività investigative dell’amministrazione statunitense violino la legislazione nazionale, fatto, questo, che è stato menzionato poco fa dal Commissario Frattini. Il ministro belga della Giustizia ha inoltre avviato indagini al riguardo e, almeno nelle fasi iniziali, il suo ministero è quello giusto per assolvere detto compito, giacché, in virtù della legislazione vigente è la giurisdizione belga che deve intraprendere azioni ed effettuare indagini.
Se considero con attenzione quanto il Commissario ha appena ribadito e se rifletto su quello che adesso sappiamo al riguardo, devo trarre la conclusione che non sappiamo niente di certo e che non siamo giunti neanche alla fase in cui saremmo obbligati a svolgere indagini. Sappiamo che vi sono norme comunitarie sulla protezione dei dati dei cittadini e che la prevista legislazione europea sul trattamento dei dati personali in relazione al perseguimento dei reati e alla guerra al terrorismo, almeno a quanto mi consta, dovrebbe contenere solo norme che disciplinano il modo in cui le pubbliche amministrazioni devono gestire i dati sensibili. Penso pertanto che dovremmo adoperarci con urgenza per utilizzare questa legislazione, una volta approvata, al fine di intervenire e intraprendere misure con tempestività.
Martine Roure, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signor Presidente, abbiamo appreso da alcune inchieste giornalistiche che, al fine di combattere il finanziamento al terrorismo, le autorità americane avrebbero attuato un programma di intercettazione delle transazioni finanziarie gestite dalla società bancaria SWIFT. Tali fatti sono stati confermati dal Presidente Bush in persona e dalla stessa società SWIFT.
La protezione dei dati non è un ostacolo al lavoro delle autorità di polizia, bensì garantisce il rispetto dei diritti fondamentali. Ovviamente, i paesi europei non erano stati informati di queste attività, ma, come lei ha detto, Commissario Frattini, la Banca centrale europea avrebbe dovuto esserne al corrente. La Banca centrale europea è un’Istituzione europea che deve rispettare la legislazione sulla protezione dei dati, e per questo motivo vogliamo che il Garante europeo della protezione dei dati verifichi senza indugio se la BCE ha agito nel rispetto delle leggi.
Infine, dobbiamo fare in modo che non ci siano vuoti giuridici nella legislazione sulla protezione dei dati personali. Anche se non abbiamo ancora un testo europeo che disciplini la protezione dei dati nel quadro delle attività di polizia, la legislazione vigente prevede il rispetto delle leggi nazionali per tutti gli scambi di dati previsti nell’ambito della pubblica sicurezza. Tali scambi inoltre devono essere autorizzati dagli Stati membri.
Vorrei inoltre attirare l’attenzione del Consiglio, signora Presidente in carica Lehtomäki, e della Commissione sugli emendamenti nn. 26 e 58 alla mia relazione, concernenti la protezione dei dati nell’ambito del terzo pilastro. Tali emendamenti intendono disciplinare le modalità di trattamento dei dati quando vengono raccolti da privati nel quadro di un interesse pubblico, in quanto ritengo che sia proprio questo il nocciolo del problema.
Jean Marie Cavada, a nome del gruppo ALDE. – (FR) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei porgere il benvenuto alla Presidente in carica del Consiglio Lehtomäki. Desidero semplicemente dirle che ho ascoltato le sue affermazioni e che mi sembra necessario mettere in rilievo quanto segue: il Consiglio dei ministri o il Consiglio europeo costituisce il nostro governo. Anche se non dispone degli strumenti giuridici o politici per prendere una decisione su questo scandalo – mi riferisco al caso SWIFT – che fa seguito a quello degli aerei clandestini, niente impedisce al Consiglio di affermare la sua integrità morale e di dichiarare pubblicamente ciò che pensa al riguardo, cosa che per ora, a quanto ne so, non è avvenuta.
La seconda cosa che volevo dire è che ho preso buona nota delle affermazioni del Vicepresidente della Commissione Frattini in merito al fatto che lui e i suoi servizi erano all’oscuro della faccenda. Condivido il parere delle due colleghe, le onorevoli Klamt e Roure, che si sono poc’anzi pronunciate al riguardo. In Europa, e più precisamente nell’UE, abbiamo gradualmente costruito uno Stato retto dallo Stato di diritto in cui qualsiasi trasferimento di dati personali verso paesi terzi deve necessariamente e assolutamente rispettare le regole nazionali o europee, la prima delle quali prevede che ogni trasferimento di dati debba essere autorizzato solo ed esclusivamente da un’autorità giudiziaria. Né gli Stati né le banche sono proprietari delle informazioni che utilizzano. Se i dati in questione riguardano una società sono di proprietà della stessa. Se si riferiscono a persone fisiche sono di loro proprietà. Niente autorizza soggetti terzi a utilizzare tali informazioni nelle transazioni, ad appropriarsene, a trasmetterle a terzi o a disporne in chissà quali altri modi.
Faccio presente che lo strumento giuridico esiste e ricordo quanto ha detto or ora l’onorevole Roure: sarebbe un passo davvero decisivo se riuscissimo a risolvere tale questione nel corso della Presidenza finlandese.
Vorrei inoltre dire un’ultima cosa. C’è un proverbio francese che dice “dagli amici mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io”. Il nemico è il terrorismo, gli amici sono gli americani. Dopo i voli clandestini, la cattura di cittadini europei sospetti, a torto o a ragione, e il trasferimento illegale di prigionieri su aerei atterrati sul suolo europeo, adesso apprendiamo che la potenza nostra alleata, per quanto possa esserci amica, mette il naso nei nostri conti bancari! Quando inizieranno i prelievi di sangue? Quando dovremo presentare i certificati di nascita e via dicendo? E’ davvero troppo. E’ assolutamente necessario che il Parlamento ponga fine a questo genere di cose.
Concluderò dicendo che il terrorismo, se ho ben capito, è il nemico delle libertà. La libertà invece è la nemica del terrorismo, non certo dei comuni cittadini. Adesso, anche in questo ambito gli Stati Uniti devono scegliere da che parte stare.
Giusto Catania, a nome del gruppo GUE/NGL. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che sbaglieremmo a considerare la vicenda SWIFT come un fatto isolato.
E’ una vicenda che va inserita in un contesto più ampio, che ci parla del PNR, del controllo delle comunicazioni, del data retention e non è un argomento disconnesso a quello di cui abbiamo parlato fino a pochi minuti fa, ovvero rispetto alle rendition. Ma anzi, io direi che il caso SWIFT dell’altra faccia delle rendition, è forse un’operazione meno violenta, ma con lo stesso identico obiettivo, cioè estorcere informazioni.
Il controllo sistematico della vita dei cittadini europei ormai è diventata un fatto usuale e siamo davanti a quello che George Orwell ha chiamato il “grande fratello” e che ormai si è materializzato in nome della lotta al terrorismo. Io credo che si debba indagare per verificare le responsabilità della Banca centrale europea e anche delle banche nazionali, in quanto credo che tutto questo non sia accettabile.
Una settimana fa Le Soir, il più importante quotidiano belga, intitolava: “la CIA detta legge in Europa”. Io credo che questo debba essere impedito in nome della credibilità e del futuro stesso dell’Europa.
Carlos Coelho (PPE-DE). – (PT) Signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, signor Vicepresidente della Commissione, onorevoli colleghi, sono preoccupato per le asserzioni pubblicate sul New York Times in merito a un programma segreto mediante il quale la banca dati dell’organizzazione SWIFT, da cui passa la maggior parte delle transazioni finanziarie mondiali, sarebbe stata intercettata dalla CIA. Questo programma è stato confermato sia da SWIFT che dal segretario del ministero del Tesoro statunitense.
Dobbiamo ribadire la determinazione, da entrambe le sponde dell’Atlantico, a combattere il terrorismo in modo risoluto ed efficace, ma non a spese del pieno rispetto dei diritti fondamentali e dello Stato di diritto.
A prescindere dalle mie personali opinioni al riguardo, a quanto pare sarebbero avvenuti trasferimenti di dati agli Stati Uniti con l’obiettivo di ostacolare e combattere il terrorismo e altri crimini. In altre parole, queste operazioni concernerebbero la sicurezza pubblica e le attività dei singoli Stati membri nel settore del diritto penale nazionale. Se è così, la questione esula con ogni evidenza dal diritto comunitario. Queste sono le conclusioni che evinco dalla prima reazione del Commissario Frattini, comunicata dal suo portavoce, quando ha parlato della natura extracomunitaria della questione.
Non so se questa frase si è persa nella traduzione o se il Commissario Frattini ci ha effettivamente detto oggi che a suo parere nel presente caso si applica la direttiva 95/46/CE. Si tratta di un punto da risolvere; o si applica la direttiva 95/46/CE o la situazione esula dal primo pilastro e dal diritto comunitario e pertanto è giustificato l’invito ad approvare la decisione quadro sulla protezione dei dati nell’ambito del terzo pilastro.
Comunque sia, gli Stati membri devono proteggere questi dati. Reputo pertanto positiva la decisione del governo belga di avviare un’indagine per appurare quello che è realmente successo e vagliarne la legittimità in rapporto alla legislazione nazionale. Attendo con interesse i risultati di questa indagine.
Jan Marinus Wiersma (PSE). – (NL) Signor Presidente, è importante sfruttare la discussione odierna per rispondere al caso SWIFT. L’attuale risoluzione contiene vari e opportuni interrogativi che vanno sollevati perché il livello di ansia tra i cittadini sale alle stelle quando leggono storie del genere sui giornali.
Come nei precedenti dibattiti di oggi, questo è un altro caso in cui si trovano a confronto gli interessi della sicurezza e quelli delle libertà civili relative alla privacy delle persone fisiche e delle imprese. Di nuovo si tratta di attività nel quadro della lotta al terrorismo internazionale che possono svolgersi all’insaputa degli organismi di controllo e che potrebbero benissimo essere in contrasto con le convenzioni internazionali che garantiscono i diritti e le libertà fondamentali.
Anche se non voglio fare un paragone diretto tra questo caso e la questione dei voli della CIA, vorrei dire che il caso SWIFT non è isolato, ma è un esempio del modo in cui soprattutto gli americani sperano di combattere il terrorismo. La discussione odierna è un ulteriore esempio della necessità di discutere del tipo di guerra che stiamo ingaggiando.
Anche in questo caso dovremmo chiederci se sono state rispettate tutte le regole. Vi è il sospetto, peraltro confermato, che le Istituzioni europee fossero al corrente. Vogliamo sapere con precisione quale responsabilità hanno avuto nella faccenda e in che misura hanno già partecipato al controllo dell’attuazione delle norme vigenti. Tuttavia, mi preme soprattutto che non si crei una situazione in cui tutti si muovono in una sorta di zona grigia, per la presenza di un vuoto giuridico in cui neppure i cittadini sanno più ritrovarsi.
Il progetto di risoluzione contiene varie e pertinenti osservazioni in proposito. Inoltre, e questo è un aspetto che il Commissario Frattini ha già menzionato, esigiamo chiarimenti sul ruolo delle Istituzioni europee. Vogliamo altresì che siano eliminate tutte le scappatoie giuridiche affinché, se in futuro dovessero dimostrarsi necessari simili scambi di dati, tale operazione avvenga solo con un solido appoggio e nel pieno rispetto di garanzie certe e di criteri minimi. Vorremmo inoltre che gli Stati membri fossero invitati a rendere conto dell’attuazione delle norme concordate. Lo ripeto, dobbiamo evitare che la gente percepisca di trovarsi in un vuoto giuridico. Occorre eliminare tutte le scappatoie giuridiche presenti nella legislazione.
Sophia in ’t Veld (ALDE). – (NL) Signor Presidente, che sia legale o meno, voglio fare presente che ai cittadini europei non è mai stato detto che i dettagli del loro conto corrente erano sotto controllo, e mi sembra che tale comunicazione avrebbe dovuto essere un requisito imprescindibile. Mi chiedo come avremmo reagito se non fossero stati gli Stati Uniti, ma un altro paese a controllare i nostri conti bancari e se, in tal caso, saremmo stati altrettanto tolleranti.
Quanto alla questione dell’efficacia, il Consiglio ha affermato poco fa che questo è l’elemento necessario nella lotta contro il terrorismo. Vorrei richiamare la vostra attenzione sul fatto che due settimane fa Stuart Levey, il sottosegretario del ministero del Tesoro statunitense, ha reso noto che l’intercettazione di transazioni finanziarie era perfettamente riuscita. Tale dichiarazione tuttavia ha fatto imboccare la clandestinità alle transazioni dei terroristi che sono così finite fuori dalla nostra portata e dal nostro campo visivo. L’Unione europea deve approvare con urgenza una politica comune, coerente ed efficace, fondata su un processo decisionale democratico e in grado di garantire una valida protezione dei dati personali. Questa è davvero diventata una questione urgente.
Infine, sostengo anche la posizione di quanti affermano che non si tratta di un caso isolato. Il presunto utilizzo di paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegali di persone, nonché il trattamento dei dati dei passeggeri dimostrano con evidenza che gli Stati Uniti non rispettano gli accordi. L’Unione europea deve parlare a una sola voce e fare in modo di lottare contro il terrorismo insieme al suo alleato in modo legale.
Mihael Brejc (PPE-DE). – (SL) La stampa ha parlato delle informazioni che il governo statunitense ha ricavato dai dati finanziari privati detenuti da SWIFT, ma non ci ha detto se tale fatto riguarda la società menzionata negli Stati Uniti o se vale anche per l’Europa. Se la cosa riguarda SWIFT negli Stati Uniti, allora non è affar nostro. L’accesso ai dati di SWIFT in Europa riguarda principalmente le autorità belghe che hanno facoltà di concedere le autorizzazioni di accesso a quanti ne facciano richiesta. Al momento l’unica cosa che sappiamo è che SWIFT avrebbe condiviso con gli Stati Uniti determinate informazioni relative al finanziamento del terrorismo.
Vi sono due problemi in proposito. Primo, il Parlamento europeo non può impegnarsi in un dibattito serio sulla questione solo sulla base di quanto scrive la stampa e di vaghe dichiarazioni. Secondo, il Parlamento europeo deve attenersi ai Trattati ed essere cosciente della sua sfera di competenza. Sappiamo che le autorità belghe hanno avviato un’indagine al riguardo, ma non ne conosciamo ancora gli esiti. Dobbiamo chiarire una cosa: l’accesso al sistema SWIFT non significa che le transazioni ordinarie, come il deposito e il prelievo di contante, gli assegni, i mezzi di pagamento elettronico e via dicendo siano oggetto dell’intercettazione di dati.
I Socialisti e vari altri gruppi politici la pensano diversamente. Hanno presentato una proposta di risoluzione comune in cui affermano che le autorità statunitensi hanno accesso ai dati detenuti da SWIFT e che questo costituisce un caso di violazione da parte degli Stati Uniti delle disposizioni fondamentali sulla protezione dei dati personali. Queste parole non sono supposizioni, come dice l’onorevole Wiersma, perché risuonano in lungo e in largo come se fossero fatti. Analogamente si trascura il fatto che il governo belga ha la responsabilità di indagare sulla questione e che al Parlamento europeo in questa fase non spetta alcun ruolo.
Pertanto, al fine di preservare la dignità del Parlamento europeo e di rispettare l’acquis comunitario, noi, membri del gruppo PPE-DE, abbiamo approvato una nostra risoluzione in cui richiamiamo l’attenzione di tutti sulle regole del gioco e sulla necessità di ricorrere a siffatte risoluzioni solo quando disporremo di fatti incontrovertibili su cui lavorare. Solo così il Parlamento europeo potrà preservare la sua reputazione dinanzi all’opinione pubblica ed evitare di essere equiparato a un bel gruppo di discussione.
Sostengo le posizioni del Commissario Frattini e invito i deputati al Parlamento a sostenere la nostra risoluzione in quanto è pienamente conforme all’acquis comunitario, all’etica e alle norme di condotta del Parlamento europeo.
Stavros Lambrinidis (PSE). – (EL) Signor Presidente, lo scandalo SWIFT, unitamente al problematico considerando della recente decisione della Corte di giustizia relativa alla peraltro corretta reiezione dell’accordo sul trasferimento dei dati dei passeggeri, mette in luce il profilarsi di una zona grigia di eccezionale pericolosità nell’ambito dell’uso dei dati personali sensibili ai fini della lotta al terrorismo.
Per essere precisi, adesso qualsiasi paese terzo, non solo gli Stati Uniti, adducendo motivi di sicurezza nazionale, anche se fittizi, ha facoltà di definire:
– primo, il livello decisionale nell’Unione europea; in altre parole, se le decisioni devono essere adottate a livello comunitario o nazionale;
– secondo, la legislazione europea da applicare, nonché
– terzo, il livello consentito di accesso, utilizzo e protezione dei dati di milioni di cittadini innocenti. Tali dati vengono raccolti e detenuti da, sentite bene, società private, non dalle autorità di polizia, e per motivi privati.
Questo buco nero giuridico va colmato immediatamente; un modo molto efficace per riuscirci è attivare finalmente la cosiddetta clausola passerella; in altre parole, fare in modo che il Parlamento abbia voce in capitolo.
I pilastri non si possono applicare in questo ambito. PNR, SWIFT, registrazione dei dati: in tutti questi casi privati raccolgono dati che la polizia utilizza con il pretesto del terrorismo. Questi non sono i pilastri. Sono solo una cosa.
Giovanni Claudio Fava (PSE). – Signor Presidente, signor Vicepresidente della Commissione, signora Ministro e onorevoli colleghi, credo che dovrebbe allarmarci il filo rosso che tiene insieme molti ragionamenti e molti dibattiti che facciamo in quest’Aula. Potremmo commentare il tema che stiamo analizzando adesso, con una riflessione che facevamo poc’anzi nella discussione sui voli della CIA, e cioè ricordare che l’Unione è uno spazio legato alle regole e ai principi dello Stato di diritto e che, dunque, i dati personali, tutti i dati personali, anche quelli che riguardano i nostri conti correnti, non possono essere forniti a paesi terzi se non nei casi previsti da leggi nazionali e ora dalle direttive europee e che non sono previste deroghe, nemmeno in nome della lotta al terrorismo. Tutto ciò che va oltre è un arbitrio ed è un abuso.
Ciò che chiediamo – e mi unisco in questa domanda ad altri colleghi – è di conoscere quale sia il ruolo e il livello di consapevolezza del Consiglio e della Banca centrale europea sugli accordi segreti che sono intercorsi tra lo SWIFT e il governo degli Stati Uniti, perché il dovere di trasparenza non può appartenere soltanto alle nostre conversazioni e ai nostri dibattiti in Aula, deve esistere anche fuori da qui.
Signor Presidente, mi unisco anche alla richiesta che viene fatta al Consiglio di procedere rapidamente all’esame e all’adozione di una decisione quadro sulla protezione dei dati, perché è nel vuoto delle leggi che si annidano l’abuso e l’arbitrio.
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, ho ascoltato con molta attenzione la discussione e mi sembra di poter dire che tra noi vi è un deciso consenso sulla necessità di tenere in adeguata considerazione le libertà dei cittadini e le questioni connesse alla sicurezza dei dati, anche nella lotta al terrorismo. La Presidenza ha una posizione molto ferma al riguardo, e, come è stato detto, spetta alla Banca nazionale del Belgio sorvegliare SWIFT. Inoltre adesso attendiamo con interesse di conoscere quello che le autorità belghe scopriranno.
Qualora le indagini portino alla luce fatti che richiedono una legislazione a livello europeo o un’armonizzazione legislativa, tale esigenza verrà presa in considerazione nella discussione sui progetti legislativi in preparazione. Si tratta di una questione tanto importante da richiedere una discussione specifica in seno al Consiglio “Giustizia e Affari interni”, ed è proprio quello che faremo.
Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, grazie per i suggerimenti che ho raccolto dal dibattito.
Credo si possa dire che il caso Swift ha una particolarità, che mi ha oggi portato a dirvi che la “direttiva primo pilastro” del 1995 sulla protezione dei dati è probabilmente quella applicabile. E ciò perché il trasferimento di dati è avvenuto tra Swift Belgio e Swift Stati Uniti, cioè tra due branche private di un organismo privato. Ecco perché la mia interpretazione – salvo ovviamente quello che ci diranno le autorità del governo belga – è che la comunicazione all’Autorità di protezione dei dati e le responsabilità nazionali degli organismi competenti, in questo caso, vi sarebbero. A differenza dal caso PNR, ricordato correttamente dall’on. Lambrinidis, in cui vi è stato trasferimento tra una compagnia aerea privata direttamente ad un organismo pubblico americano, in questo caso il trasferimento è tra due soggetti privati. E accade poi che in territorio americano, secondo la legislazione americana, quel dato trasmesso per ragioni commerciali viene utilizzato per fini di sicurezza. Questa è la differenza strutturale. La conseguenza, che è stata illustrata dall’on. Lambrinidis, è che vi è una zona grigia che deve essere assolutamente regolamentata.
Vi sono, a mio avviso, due possibilità immediate: la prima, da attuare con l’aiuto del Consiglio e della Presidenza, consiste nell’approvare in fretta la proposta che la Commissione ha presentato per una decisione quadro nell’ambito del terzo pilastro, volta a proteggere la riservatezza dei dati personali. A quel punto è evidente che noi avremmo almeno coperto un’area, quella in cui si trasmettono dati per ragioni di sicurezza, di investigazione, di lotta al terrorismo. Resterebbe la parte del primo pilastro, ovvero il passaggio tra due soggetti privati, per ragioni commerciali.
Mancherebbe un terzo aspetto: la trasmissione tra uno Stato membro e uno Stato terzo, cioè non dati trasmessi nell’ambito dell’Unione europea ad uno Stato terzo, ma da un singolo Stato membro direttamente a uno Stato terzo. Questo è un terzo aspetto che, a mio avviso, deve essere esaminato.
Se affrontiamo insieme questi tre punti che, francamente, non riguardano una polemica con gli Stati Uniti d’America, ma riguardano tutti gli Stati terzi, potremo superare esattamente quella zona grigia.
Presidente. – Comunico di aver ricevuto cinque proposte di risoluzione ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2, del Regolamento(1).
La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani, giovedì 6 luglio 2006, alle 12.00.
13. Tempo delle interrogazioni (interrogazioni al Consiglio)
Presidente. – L’ordine del giorno reca il Tempo delle interrogazioni (B6-0312/2006).
Saranno prese in esame le interrogazioni rivolte al Consiglio.
Annuncio l’interrogazione n. 1 dell’onorevole Sarah Ludford (H-0503/06):
Oggetto: “Clausola passerella”
A quanto risulta, nel corso della riunione del 27 e 28 maggio a Vienna, i ministri degli esteri dell’UE non sono riusciti ad accordarsi sulla proposta della Commissione relativa al ricorso alla clausola “passerella” del Trattato di Nizza, per trasferire più competenze in materia di giustizia ed affari interni dal terzo al primo “pilastro” (comunitario).
Quali azioni intende comunque attuare la Presidenza finlandese per promuovere la ricerca di un processo decisionale più efficace, democratico e trasparente?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, come ha affermato oggi in quest’Aula il Primo Ministro Vanhanen, la Presidenza finlandese ritiene che trasformare l’Unione europea in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia sia un obiettivo di grande rilevanza. Alla luce di ciò, nel contesto della revisione del programma dell’Aia, la Presidenza intende anche esaminare come sia possibile migliorare il processo decisionale in materia di cooperazione penale e di polizia.
Il 28 giugno 2006 la Commissione ha presentato il cosiddetto “quadro di valutazione +” relativo al programma dell’Aia, per valutare in che misura il programma è stato realizzato e se negli Stati membri la legislazione UE è stata attuata correttamente e secondo il calendario concordato. Inoltre, la Commissione ha reso nota una comunicazione che contiene proposte relative al contenuto delle politiche nell’ambito della giustizia e degli affari interni e al miglioramento del processo decisionale.
Secondo le affermazioni del suo Presidente, la Commissione è disponibile ad avanzare proposte intese a utilizzare le opzioni contenute nei Trattati per adeguare il processo decisionale. La Finlandia intende discutere di tali proposte in modo approfondito rispondendo quindi alla richiesta rivolta alla Finlandia dal Consiglio europeo nella riunione del 15 e 16 giugno, cioè lavorare a stretto contatto con la Commissione per vagliare le possibilità di migliorare il processo decisionale e l’azione in materia di libertà, sicurezza e giustizia nel rispetto dei Trattati vigenti.
I ministri della Giustizia e degli Affari interni ne discuteranno in via preliminare alla riunione informale di Tampere il 21 e 22 settembre 2006. Tali discussioni continueranno nelle riunioni del Consiglio di ottobre e dicembre e in quella del Consiglio europeo di dicembre.
Sarah Ludford (ALDE). – (EN) Ringrazio il Presidente in carica del Consiglio per la risposta. Nelle sei settimane trascorse da quando ho presentato l’interrogazione sono successe molte cose. Non rivendicherò post hoc ergo propter hoc. Abbiamo ricevuto il pacchetto completo di proposte la settimana scorsa dalla Commissione. Sono lieta che la Presidenza finlandese intenda assegnare loro grande rilievo, ma la Presidenza attribuirà altrettanta importanza alla proposta della Commissione sulla valutazione e il controllo nonché alla proposta su come trasformare un processo decisionale inefficace e non democratico? Insisterà presso gli Stati membri che non hanno attuato la decisione quadro sul terrorismo che è scandaloso che cinque anni dopo l’11 settembre 2001, due anni dopo l’11 marzo 2004 e, venerdì, un anno dopo il 7 luglio 2005 alcuni paesi UE non abbiano ancora inserito nei propri ordinamenti disposizioni che definiscano e considerino come reato le attività terroristiche?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, su questo punto concentreremo le nostre energie perché è chiaramente vicino il momento per attuare una stretta cooperazione in materia di giustizia e di polizia. Come ho detto nella mia risposta iniziale, la valutazione dell’attuazione del programma dell’Aia è attualmente in corso e miriamo a una cooperazione più efficace a livello di UE in questo settore.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 2 dell’onorevole Richard Seeber (H-0505/06):
Oggetto: Convenzione quadro sui cambiamenti climatici
A seguito dell’esito ampiamente positivo della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici (COP11/MOP1) di Montreal della fine del 2005 è essenziale promuovere e accelerare rapidamente i nuovi processi iniziati - le trattative sugli impegni successivi al 2012 o il procrastinare del dialogo unitamente ad azioni concernenti la Convenzione quadro sui cambiamenti climatici.
Può la Presidenza illustrare quali processi si sono potuti realizzare a tale riguardo durante il 24° incontro degli organi sussidiari della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici svoltosi a Bonn dal 15 al 26 maggio 2006?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, vi avviso fin d’ora che si tratta di una materia assai complessa e la mia risposta lo è ancora di più.
Come afferma l’interrogante, l’undicesima Conferenza delle parti che aderiscono alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e la prima Conferenza delle parti agente come riunione delle parti del Protocollo di Kyoto hanno prodotto due nuovi processi per il futuro: l’istituzione di un gruppo di lavoro ad hoc per discutere in merito agli obblighi supplementari delle parti del Protocollo di Kyoto di cui all’allegato 1 della Convenzione, e il dialogo su una cooperazione di lungo termine in merito ai cambiamenti climatici tramite una più efficace attuazione della Convenzione. Il dialogo in sé non costituisce l’apertura di negoziati su nuovi impegni.
Il primo seminario sul dialogo nel contesto della Convenzione ha offerto a tutte le parti l’occasione di presentare le proprie idee sul modo di portare avanti in modo sostenibile gli obiettivi di sviluppo, affrontando il tema dell’azione relativa all’adeguamento e realizzando il pieno potenziale della tecnologia e delle opportunità basate sul mercato. Questo è stato il primo di quattro seminari e al contempo l’avvio di un processo più lungo che si propone di raggiungere una conclusione alla fine dell’anno prossimo. Sono state proposte nuove idee sull’azione futura che dovranno essere discusse maggiormente nel dettaglio. I leader del seminario, l’australiano Howard Bamsey e il sudafricano Sandia de Wet, hanno riferito al COP12 in merito al seminario e hanno promesso che la loro relazione sarà disponibile entro il mese di agosto 2006.
Il seminario ad hoc ha avviato l’esame degli obblighi supplementari delle parti del Protocollo di Kyoto di cui all’allegato 1 e ha stilato un piano di lavoro provvisorio per i prossimi anni. Pur riconoscendo che le discussioni del gruppo di lavoro ad hoc includevano l’esame degli obblighi supplementari delle parti di cui all’allegato 1, confermati in quanto cambiamenti all’allegato B del Protocollo di Kyoto, le deliberazioni del gruppo di lavoro hanno altresì sottolineato quanto sia importante tenere a mente il lavoro già in corso e i risultati raggiunti in questo ambito da altri organi e in altri processi facenti capo alla Convenzione e al Protocollo.
La seconda sessione del gruppo di lavoro ad hoc si terrà durante la seconda Conferenza delle parti agente come riunione delle parti del Protocollo di Kyoto, con l’obiettivo di ottenere un ulteriore sviluppo del piano d’azione del gruppo di lavoro. Alle parti di cui all’allegato 1 sarà invece chiesto di fornire entro l’inizio di settembre dati sulle questioni che vorrebbero sollevare nella seconda sessione, come ad esempio le tendenze delle emissioni, il potenziale in termini di politiche e tecnologie per contrastare i cambiamenti climatici, e i costi e benefici di una riduzione delle emissioni.
L’allegato al piano del gruppo di lavoro è un elenco, per quanto non esaustivo, redatto su iniziativa del presidente che ne è l’unico responsabile, di temi che possono essere rilevanti ai fini dei futuri compiti del gruppo di lavoro. Tali tematiche costituiscono una base scientifica per determinare gli obblighi supplementari, gli scenari e i rischi collegati a tali obblighi, i costi e l’impatto dell’adeguamento, le tendenze delle emissioni e i fattori socioeconomici, il potenziale per le politiche, le misure e le tecnologie per contrastare i cambiamenti climatici, i costi e i benefici di una riduzione delle emissioni, l’analisi settoriale e gli effetti sulla competitività, l’esperienza acquisita, le lezioni tratte dall’attuazione del Protocollo di Kyoto, la durata degli obblighi, l’approccio settoriale, un orientamento in merito ai futuri impegni e i costi supplementari dello sviluppo, dell’adozione e del trasferimento di tecnologie.
Riassumendo, posso dire che nella ventiquattresima sessione degli organi sussidiari è stata definita una solida base per entrambi i processi. La situazione dovrà essere riesaminata dopo la dodicesima Conferenza delle parti a Nairobi, in occasione della quale saranno discussi i due nuovi processi d’azione e verrà effettuata la prima revisione ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2 del Protocollo di Kyoto.
Richard Seeber (PPE-DE). – (DE) Grazie, signora Ministro, per questa risposta così precisa. Anche l’interpretazione verso il tedesco era comprensibilissima. In qualità di austriaco, vorrei rivolgere a tutti voi i migliori auguri per la Presidenza.
Vorrei anche formulare una domanda complementare: potrebbe darmi ulteriori ragguagli in merito al rapporto costi/benefici e ai calcoli costi/benefici di cui questi gruppi di lavoro si stanno attualmente occupando? Qual è la sua proposta per garantire non soltanto che il Parlamento sia costantemente informato sull’andamento dei negoziati, ma che ne sia anche attivamente coinvolto?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, non è ancora possibile entrare nel dettaglio del calcolo costi-benefici, ma ovviamente è fondamentale procedere a una revisione per garantire che ne risulti un equilibrio corretto in termini di misure e di benefici che se ne possono trarre. Spero che potremo rimanere attivamente in contatto con il Parlamento europeo durante il processo, perché il Parlamento ha dimostrato uno spiccato interesse per le questioni relative al clima, e ciò è positivo alla luce dell’importanza che esso riveste per il nostro futuro.
Eija-Riitta Korhola (PPE-DE). – (FI) Signora Presidente in carica del Consiglio, apprezzo enormemente la sua risposta circostanziata all’interrogazione precedente. Vorrei approfondire l’argomento perché il Consiglio è attualmente rappresentato da una Presidenza che ha un’enorme esperienza diretta in materia di aspetti negativi del commercio delle emissioni, che è uno strumento chiave che l’UE ha scelto per prepararsi per il Protocollo di Kyoto. Tali esperienze negative includono la distorsione della concorrenza, le perturbazioni del mercato interno e il fatto che le parti che hanno affrontato in modo adeguato il problema e adottato con tempestività misure ambientali finiscono per pagarne lo scotto. Per tale motivo, mentre la Commissione continua a vantare il commercio di emissioni come un fiore all’occhiello, la Finlandia dovrebbe avere l’opportunità di inserire tale concetto in un quadro più realistico. La Finlandia intende farlo e quale tipo di miglioramenti sarebbe pronta a proporre per porre rimedio ai problemi del commercio delle emissioni?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, supponiamo che la relazione della Commissione sul regime del commercio delle emissioni sarà disponibile durante il semestre di Presidenza finlandese e naturalmente, quando sarà posta in discussione, la Finlandia avrà modo di sollevare la questione della propria esperienza nel contesto nazionale. Vorrei riprendere e fare mie le parole pronunciate oggi in quest’Aula dal Primo Ministro Vanhanen in merito al fatto che i cambiamenti climatici saranno una priorità non soltanto nell’agenda della cooperazione transatlantica, ma anche nelle relazioni con i paesi asiatici, durante la Presidenza finlandese e, speriamo, anche oltre.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 3 dell’onorevole Bernd Posselt (H-0508/06):
Oggetto: Negoziati sullo status del Kosovo
Può la Presidenza del Consiglio far sapere come valuta l’attuale stato dei negoziati sullo status del Kosovo?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, l’Unione europea sostiene pienamente i negoziati sul futuro status del Kosovo, attualmente condotti sotto la guida dell’inviato speciale delle Nazioni Unite Martti Ahtisaari. L’Unione europea sollecita tutte le parti a intervenire attivamente nel processo per la determinazione dello status del Kosovo e ricorda che i progressi compiuti nell’attuazione degli standard in Kosovo rivestiranno un’importanza cruciale per l’avanzamento del processo.
Esiste ancora una vasta gamma di pareri sull’argomento, ma le discussioni tecniche sullo status sono anche state necessarie e utili. La Presidenza, in particolare, auspica che questo processo sia coronato da successo.
Bernd Posselt (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente in carica del Consiglio, la Finlandia offre ai negoziati sul Kosovo un mediatore altamente qualificato nella persona dell’ex Presidente Ahtisaari, e ciò è motivo di fiducia, anche se ci aspettano problemi seri e, a lungo termine, la soluzione può essere solo una, cioè l’indipendenza, cosa di cui sono convinto. Vorrei sapere se lei ritiene concepibile che, mentre il Kosovo attraversa questa fase, l’UNMIK – ossia la missione per l’amministrazione provvisoria nella regione – venga sostituita da un’amministrazione europea nella forma dell’EUMIK, vale a dire, in altre parole, pensa che l’UE svolgerà un ruolo più attivo nell’amministrazione del Kosovo?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, nel corso dell’intero processo continueremo a sottolineare quanto sia importante una cooperazione stretta e proficua con le Nazioni Unite. Dobbiamo ricordare che in realtà Martti Ahtisaari è l’inviato speciale delle Nazioni Unite nella regione.
E’ superfluo precisare che l’Unione europea, dal canto suo, è ovviamente disposta a sostenere il risultato finale di questo processo, qualunque esso sia.
Richard Seeber (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente in carica del Consiglio, come lei sa, i Balcani occidentali sono stati uno dei temi principali della Presidenza austriaca del Consiglio. La Presidenza finlandese perseguirà la questione con la stessa energia dell’Austria?
Inoltre, qual è la sua opinione in merito alla capacità di assorbimento dell’UE? La Finlandia presenterà misure tangibili per gestire tale questione e sosterrà la relazione della Commissione?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, durante la Presidenza finlandese i Balcani occidentali saranno una questione importante da svariati punti di vista. I Balcani occidentali sono interessati dal processo di allargamento dell’UE, e su questo argomento si terrà un dibattito approfondito nel corso della riunione del Consiglio europeo di dicembre.
La Finlandia è lieta che la capacità di assorbimento dell’UE non sia diventata un nuovo criterio per l’allargamento, bensì una questione che richiede seria attenzione all’interno della stessa Unione europea. Tuttavia, posso garantirle che il ruolo importante svolto dai Balcani occidentali nel dibattito europeo rimarrà tale anche sotto la nostra Presidenza.
Hubert Pirker (PPE-DE). – (DE) Come lei sicuramente saprà, signora Ministro, il mantenimento della sicurezza interna, della legge e dell’ordine in Kosovo presenta non pochi problemi nel contesto della stabilizzazione e del conferimento di un nuovo status.
Quale aiuto presterete ai Balcani occidentali, e al Kosovo in particolare, durante la vostra Presidenza, affinché nell’ambito della sicurezza interna e dell’amministrazione della giustizia siano definiti standard tali da garantire adeguatamente la stabilità della regione nel suo complesso?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, la protezione dei diritti umani e delle minoranze, cui si è fatto riferimento in questa sede, è proprio una delle principali finalità dei negoziati sullo status del Kosovo. Ovviamente una soluzione provvisoria di lungo termine si può basare esclusivamente sulla capacità di garantire i diritti e la sicurezza di tutti i gruppi. Il rapporto più stretto del Kosovo con il processo di stabilizzazione e associazione dell’Unione europea contribuirà a sua volta in molti modi diversi alla realizzazione degli standard.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 4 dell’onorevole Nicholson of Winterbourne (H-0510/06):
Oggetto: Orientamenti operativi comuni nelle trattative con i rapitori di ostaggi
Negli ultimi anni in Iraq si è assistito ad un numero elevato e preoccupante di prese di ostaggi. La maggior parte dei casi riferiti dai media sono di grande rilievo in quanto riguardano stranieri attivi in qualità di operatori umanitari, giornalisti e ingegneri incaricati della ricostruzione. Tuttavia, il numero di rapimenti di stranieri in Iraq è in effetti molto ridotto se paragonato alle migliaia di iracheni presi in ostaggio. Gli esperti concordano nell’affermare che i numerosi gruppi criminali e terroristici responsabili di tali atti agiscono per molte ragioni diverse, ma che nella maggior parte dei casi si tratta di motivazioni economiche. Pertanto risultano particolarmente preoccupanti le recenti notizie secondo cui vari Stati membri dell’UE avrebbero pagato riscatti estremamente elevati a gruppi criminali e terroristici in cambio del rilascio dei connazionali rapiti. Il pagamento del riscatto è una misura particolarmente inopportuna e miope in quanto, lungi dallo scoraggiare tali azioni, ne favorisce il moltiplicarsi, esponendo sia stranieri che iracheni ad un rischio maggiore.
In tale contesto, quali misure può adottare il Consiglio per stabilire orientamenti e codici di condotta comuni per gli Stati membri che si trovano ad affrontare tale minaccia in Iraq e altrove?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, i cittadini dell’Unione europea sono sempre più spesso presi in ostaggio e talvolta tali rapimenti sono collegati ad atti di terrorismo. L’Unione europea e le Nazioni Unite hanno ripetutamente condannato tali sequestri. Dobbiamo sostanzialmente esecrare le richieste di riscatto per gli ostaggi. Il riscatto pagato ai rapitori è un incentivo per altri rapimenti e quindi può portare a un aumento del terrorismo.
La cooperazione internazionale, e in particolare la cooperazione nell’UE, è uno strumento molto utile per affrontare tali situazioni. Gli sforzi degli Stati membri dell’UE nelle crisi dovute alla presa di ostaggi hanno portato alla Convenzione internazionale delle Nazioni Unite contro la presa di ostaggi, entrata in vigore il 3 giugno 1983 e ratificata da tutti gli Stati membri dell’UE.
La presa di ostaggi è stata discussa dal Consiglio dell’UE, come pure direttamente tra gli Stati membri. Le forme pratiche di azione includono il sostegno politico congiunto e l’azione da parte dell’UE in caso di presa di ostaggi, la preparazione alle situazioni di rapimento nel quadro di progetti pilota comuni ed esercitazioni di crisi, il rafforzamento dei gruppi di crisi nazionali avvalendosi di esperti di altri paesi e una lista di opzioni per le azioni comuni per gli Stati membri. In alcuni casi specifici si è già verificata una cooperazione ad hoc, ma sarebbe utile chiarire ulteriormente le basi della cooperazione.
Per essere il più possibile efficace, questo tipo di cooperazione dovrebbe avere carattere informale, volontario ed estremamente pratico. Inoltre, tutte le informazioni dovrebbero essere trattate con la massima riservatezza. Bisognerebbe altresì rispettare il diritto all’autodeterminazione del paese interessato.
Nicholson of Winterbourne (ALDE). – (EN) Vorrei dire che è un enorme piacere poter rivolgere un’interrogazione alla nuova Presidenza del Consiglio oltre che porgere le mie più vive congratulazioni e offrire il mio sostegno – sono certa insieme a quello di tutti i colleghi – alla Presidenza finlandese, che sappiamo sarà una Presidenza molto soddisfacente e proficua per l’Unione europea.
Ringrazio la signora Presidente in carica per la risposta completa e molto utile fornitaci. Sono particolarmente grata per il commento in merito al fatto che la cooperazione è stata alquanto sporadica e informale in passato e che forse si potrebbe rafforzarla rispetto a questo reato sempre più diffuso.
Vorrei attirare l’attenzione della signora Presidente in carica sulla relazione dell’aprile 2006 dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC), sulla tratta di esseri umani e sui modelli globali che questa assume. Poiché la presa di ostaggi e i sequestri di persona non sono limitati agli Stati deboli o ai paesi che si trovano in situazioni complesse di emergenza, come l’Iran, tali fenomeni costituiscono un anello fondamentale nella catena della tratta che fa capo alla criminalità organizzata e dunque in modo particolare al terrorismo internazionale. Alla luce di tutto ciò, attiro l’attenzione della Presidente in carica sul fatto che tra gli undici principali casi riferiti in merito ai paesi d’origine della tratta di esseri umani …
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (EN) Non credo che si tratti di una questione che riguarda propriamente il Consiglio. Tuttavia vorrei rammentare all’onorevole parlamentare che la lotta alla tratta degli esseri umani è decisamente una delle priorità della nostra Presidenza e che presteremo attenzione alle questioni sollevate.
Agnes Schierhuber (PPE-DE). – (DE) Questa mattina abbiamo tenuto con la Commissione una discussione sulla Palestina e la presa di ostaggi in tale regione. Quali altre azioni la Presidenza del Consiglio sta prendendo in esame in merito alla situazione in Medio Oriente, in Palestina e in Israele?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, come ho affermato nella mia dichiarazione a nome del Consiglio nella discussione di questa mattina, il Consiglio ritiene che sia importantissimo che entrambe le parti si impegnino immediatamente per allentare la crisi. L’Unione europea darà il proprio contributo in vari modi per trovare una soluzione alla crisi, ma ovviamente sono le parti in causa ad averne la chiave. Ci impegneremo a fondo e speriamo che si possa trovare una soluzione.
Bernd Posselt (PPE-DE). – (DE) Spesso salta agli occhi come i nostri governi sono assai poco informati in merito a ciò che sta dietro alla presa di ostaggi: prima ci viene detto che queste azioni sono perpetrate da terroristi, per poi scoprire spesso che la motivazione è meramente criminale, quindi molto diversa. Vorrei chiederle se intendete premere per una maggiore integrazione tra i servizi segreti e per promuovere lo scambio di informazioni tra di essi allo scopo di conoscere meglio le logiche che sottendono la presa di ostaggi e quindi di organizzare più tempestivamente la giusta risposta.
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, come indicato in precedenza nel corso della discussione sulla CIA e sulle consegne di prigionieri, il lavoro dei servizi segreti e le informazioni che essi offrono rientrano in quanto tali nella sfera di competenza degli Stati membri, anche se ovviamente è utile che vi sia una cooperazione agevole e approfondita per trovare soluzioni alla presa di ostaggi come in questo caso e per esaminare i fattori che stanno alla base di questi eventi, come ha affermato l’onorevole parlamentare.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 5 dell’onorevole Manuel Medina Ortega (H-0513/06):
Oggetto: Necessità di una politica integrale in materia di immigrazione
Considerando i recenti accordi sul controllo delle frontiere esterne dell’Unione nelle zone marittime in prossimità delle Isole Canarie nonché le esigenze di unità dello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia, non ritiene il Consiglio che sia giunto il momento di formulare una politica integrale in materia di immigrazione per l’insieme dell’Unione che consenta, da una parte, di garantire mercati del lavoro stabili nel nostro territorio e, dall’altra, di incanalare le forti pressioni migratorie attualmente esercitate sulle nostre frontiere esterne?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, l’Unione europea applica e intende continuare ad applicare una strategia globale e un modus operandi in materia di immigrazione sia nella politica interna dell’Unione sia nelle relazioni con i paesi terzi e nel dialogo con questi ultimi. Tale strategia e tale modus operandi riguardano vari aspetti e dimensioni dell’immigrazione, ad esempio l’immigrazione legale, la prevenzione e il controllo dell’immigrazione illegale, la tratta degli esseri umani e il contrabbando di persone. L’Unione europea opera naturalmente, come sempre, nei limiti delle competenze stipulate dal Trattato.
Quanto all’azione intrapresa dall’Unione in seguito ai recenti fatti nelle Isole Canarie, vorrei suggerire all’onorevole parlamentare di esaminare le risposte fornite alle interrogazioni orali H-0440, H-0455, H-0460, H-0473 e H-0478/2006. Questa serie di interrogazioni e risposte dimostra che si tratta di una questione seria e che si deve continuare a discutere di tale problema e delle misure ad esso collegate.
Manuel Medina Ortega (PSE). – (ES) La ringrazio molto per la risposta, signora Presidente in carica del Consiglio. Il problema specifico cui dobbiamo far fronte nell’ambito della politica dell’immigrazione è la mancanza di risorse economiche. Per l’anno in corso a quanto pare disponiamo soltanto di 5 000 000 di euro e non esiste la possibilità di ottenere altre risorse finché l’anno prossimo non verranno approvate le nuove prospettive finanziarie.
Come possiamo collegare la politica dell’immigrazione alle prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013 recentemente adottate?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, è necessaria una solida cooperazione con i paesi d’origine e di transito per migliorare le condizioni in tali paesi e dunque allentare nel lungo termine le pressioni associate, in particolare, all’immigrazione illegale. Ovviamente anche questo ambito delle relazioni esterne richiede risorse e strumenti idonei per poter produrre un impatto adeguato.
Piia-Noora Kauppi (PPE-DE). – (EN) Rispondendo all’interrogazione su un mercato del lavoro stabile nell’Unione europea, lei ha dichiarato che il Consiglio sta prendendo in esame tutti gli aspetti della politica in materia di immigrazione.
Recentemente abbiamo letto e sentito degli eventi terribili verificatisi non soltanto nelle Isole Canarie, ma anche in Spagna e di quanto sta succedendo sul mercato del lavoro nelle aziende produttrici di frutta e pomodori nell’Europa meridionale.
Il Consiglio ha discusso di questa forma di schiavitù moderna e tale questione sarà sollevata al Vertice sociale che si terrà più avanti nel corso di quest’anno?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, i mercati del lavoro in Europa e il funzionamento del sistema del mercato del lavoro costituiscono evidentemente nel loro insieme una questione centrale che influenza direttamente la politica d’immigrazione, e pertanto è necessario discuterne i vari elementi e trovare soluzioni. La regolarizzazione degli immigrati illegali è innegabilmente una materia complessa, di grande significato per il singolo e per la sua tutela giuridica. Tuttavia, i lunghi processi di regolarizzazione hanno lati positivi e negativi e dovremmo ricordare che i loro effetti possono ripercuotersi in tutta l’Unione europea. In ultima analisi, le regolarizzazioni di questa natura rientrano nelle competenze degli Stati membri dell’Unione europea, anche se ovviamente è utile procedere a uno scambio di informazioni e inoltre stimolare un dibattito politico sull’argomento.
Hubert Pirker (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente in carica del Consiglio, oltre alle sue dichiarazioni in merito all’intenzione di stilare regole comuni in materia di politica d’asilo, un ambito nel quale – come lei saprà – alcune competenze sono degli Stati membri e altre dell’Unione europea, si atterrà alla linea secondo cui, in futuro, continuerà ad essere discrezione degli Stati membri decidere quanti e quali lavoratori migranti hanno diritto d’ingresso, allo scopo di consentire la loro integrazione nel mercato del lavoro e di prevenire le distorsioni del medesimo?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, la mobilità della forza lavoro e la disponibilità di manodopera straniera negli Stati membri dell’Unione europea è una questione che riguarda non soltanto l’immigrazione e il mercato del lavoro, ma anche la competitività europea. L’onorevole parlamentare ha chiesto se a decidere in merito a tale questione in futuro saranno gli Stati membri. Ovviamente è difficile fare previsioni per il futuro e sapere quale direzione prenderanno le decisioni politiche, ma è importante un dibattito politico su questioni che rientrano nella competenza nazionale, perché, come ho appena detto, le decisioni adottate dai singoli Stati membri hanno anche una rilevanza e un’influenza di più ampio respiro su tutta l’Unione.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 6 dell’onorevole Marie Panayotopoulos-Cassiotou (H-0586/06):
Oggetto: Misure relative all’accoglienza degli immigrati e a una loro migliore integrazione
Quali misure intende adottare il Consiglio affinché i cittadini europei partecipino attivamente alle decisioni sulla trasformazione dell’immigrazione illegale in immigrazione legale e accettino il fatto che gli immigrati devono essere integrati?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, l’integrazione dei cittadini di paesi terzi legalmente residenti negli Stati membri rappresenta una sfida costante per le società europee ed è cruciale ai fini del rafforzamento della coesione politica e sociale. Il programma dell’Aia nell’ambito della libertà, della sicurezza e della giustizia conferma quanto sia importante la politica d’integrazione per promuovere la stabilità e la coesione delle nostre società. Il programma dell’Aia menziona inoltre la necessità di migliorare il coordinamento tra le politiche nazionali.
Nel novembre 2004 i rappresentanti del Consiglio e degli Stati membri sono giunti ad alcune conclusioni sulla stesura di principi fondamentali comuni per la politica d’integrazione degli immigrati. Secondo tali principi fondamentali comuni l’integrazione è un processo dinamico e bilaterale di mutua comprensione e reciproco adeguamento da parte di tutti gli immigrati e di tutti i residenti degli Stati membri. Di conseguenza gli Stati membri sono invitati a tenere conto della politica d’integrazione e ad includervi sia gli immigrati sia i cittadini degli Stati membri.
L’interazione frequente tra immigrati e cittadini degli Stati membri è un meccanismo fondamentale per l’integrazione. I principi fondamentali comuni affermano, in particolare, che i forum comuni per il dialogo interculturale, l’informazione sugli immigrati e le loro culture e lo sviluppo delle condizioni di vita negli ambienti urbani potenziano le interazioni tra immigrati e cittadini degli Stati membri.
I principi fondamentali comuni sono basati sulle conclusioni del Consiglio adottate nel dicembre 2005, che tenevano conto della comunicazione della Commissione dal titolo “Un’agenda comune per l’integrazione – Quadro per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’Unione europea”. La comunicazione è stata adottata nel settembre 2005.
L’importanza dell’integrazione in relazione all’accesso nel territorio della Comunità e degli Stati membri e la necessità di migliorare l’azione in questo campo sono state citate in svariate iniziative, come la comunicazione della Commissione relativa a un piano d’azione sull’immigrazione legale. In tali contesti si pone l’enfasi sulla necessità che i membri della società ospitante siano coinvolti in vari modi nella creazione di opportunità di partecipazione degli immigrati nelle società europee. Ciò sarà reciprocamente vantaggioso per i cittadini europei come pure per i cittadini di paesi terzi. Altri attori e Istituzioni comunitarie, come il Parlamento, il Comitato economico e sociale e il Comitato delle regioni possono fare molto per promuovere la partecipazione dei cittadini europei nell’integrazione dei cittadini di paesi terzi residenti nell’Unione.
Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, vorrei chiederle se saranno previste strutture tramite le quali i cittadini europei potranno esprimere un’opinione sull’integrazione degli immigrati dai paesi terzi, così che vi siano in seguito reciproca accettazione e reciproco rispetto, allo scopo di una migliore integrazione degli immigrati nella società.
La Presidenza finlandese intende proporre tali strutture di partecipazione diretta dei cittadini a tali decisioni?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, è nell’interesse del Consiglio, in generale, sostenere anche un coinvolgimento più proattivo della società civile nell’integrazione degli immigrati, perché vi è il desiderio di promuovere la trasparenza dell’amministrazione UE in relazione al pubblico. Ovviamente spetta agli Stati membri decidere al riguardo e in merito al modo di creare le strutture per le piattaforme di cittadini a livello locale, ma anche la cooperazione a livello dell’Unione europea sarà importantissima.
Nel corso della Presidenza finlandese il lavoro del Consiglio sarà reso significativamente più trasparente, in quanto le deliberazioni sulla legislazione nel quadro della procedura di codecisione saranno pubbliche. Inoltre, saranno aperte al pubblico le discussioni su altri progetti legislativi. Speriamo che tramite questo canale i cittadini siano incoraggiati a conoscere i criteri decisionali e ad esercitare un’influenza anche nei periodi che intercorrono tra le varie elezioni.
Boguslaw Sonik (PPE-DE). – (PL) Signora Presidente in carica del Consiglio, ho visitato i campi in Libia dove arrivano decine di migliaia di profughi dell’Africa subsahariana per essere più vicini all’Europa e per attraversare il Mediterraneo. FRONTEX, la nostra Agenzia per la protezione delle frontiere esterne, casualmente è diretta da un finlandese. In che misura intendete avvalervi di quest’Agenzia per fermare l’ondata di immigranti illegali verso l’Europa?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, il legame tra l’Agenzia di controllo delle frontiere e l’integrazione è alquanto blando dal mio punto di vista, ma durante la Presidenza finlandese cercheremo anche suggerimenti e proposte concrete per il lavoro di tale Agenzia.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 7 dell’onorevole Eugenijus Gentvilas (H-0516/06):
Oggetto: Differenze tra i sistemi fiscali dei paesi dell’UE
Alfred Finz, rappresentante del governo austriaco, il 17 maggio ha risposto a diverse domande dei deputati al Parlamento europeo concernenti l’imposta societaria nei diversi Stati membri dell’UE. Alfred Finz, in risposta a una domanda del deputato europeo Eoin Ryan, ha indicato che taluni Stati membri hanno introdotto di recente nuovi sistemi fiscali, in virtù dei quali alle imprese vengono applicati tassi impositivi nettamente inferiori rispetto a quelli vigenti nei vecchi Stati membri.
Alfred Finz ritiene che questi tassi di imposta ridotti costituiscano una concorrenza sleale alla quale occorre porre fine. Non ritiene la Presidenza del Consiglio che i nuovi Stati membri abbiano diritto di introdurre i propri nuovi sistemi fiscali? Non condivide il Consiglio il parere secondo cui i tentativi di uniformazione fiscale illustrano la volontà dei vecchi Stati membri di risolvere i propri problemi economici a spese dei nuovi Stati membri?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, gli Stati membri hanno il diritto di adottare i propri sistemi fiscali nei limiti del diritto comunitario. Il Consiglio rifletterà sulle proposte di armonizzazione, se e quando verranno avanzate dalla Commissione.
Dobbiamo ricordare che il 1° dicembre 1997 il Consiglio ha adottato una risoluzione sul codice di condotta da applicare alla tassazione delle imprese al fine di contrastare eventuali misure fiscali dannose che potrebbero avere un impatto significativo sull’ubicazione delle attività economiche nella Comunità. Il gruppo di lavoro incaricato di analizzare gli aspetti pratici del codice effettua una valutazione in base ai criteri previsti dal codice di condotta per stabilire se le misure fiscali adottate da uno Stato membro rappresentino una forma di concorrenza illegale. Lo Stato membro in questione annulla le misure fiscali dichiarate dannose dal gruppo di lavoro, su base volontaria. Gli Stati membri sono anche obbligati a non adottare nuove misure illegali.
Inoltre, proprio in questo periodo sono in corso in seno alla Commissione accurati preparativi tecnici relativamente alla proposta di una base imponibile comune e consolidata per le persone giuridiche. Secondo la Commissione, questa base imponibile verrebbe utilizzata per promuovere la strategia di Lisbona in modo significativo, perché contribuirà a rendere il mercato interno più efficiente, il che porterebbe a rafforzare la posizione competitiva dell’UE sui mercati globali. Tuttavia, la proposta non si occupa dell’aliquota per l’imposta sul reddito.
Eugenijus Gentvilas (ALDE). – (LT) La ringrazio per la risposta, signora Ministro, ma lei ha citato varie volte la Commissione e le sue iniziative. Mi piacerebbe veramente sapere cosa pensa la Finlandia, che attualmente detiene la Presidenza dell’UE, della convergenza fiscale. E’ comprensibile che tutto ciò che porta alla concorrenza sleale è negativo, ma vorrei chiedere se mirare alla convergenza fiscale sia la cosa giusta da fare, visto che in Europa si stanno intraprendendo iniziative di questo tipo. Cosa pensa la Finlandia di queste iniziative? Non pensa che la concorrenza tra Gli Stati membri a proposito di questioni e sistemi fiscali dovrebbe rimanere, perché altrimenti tenderemmo a un’eccessiva armonizzazione? Noi, i nuovi paesi, abbiamo aderito all’Unione europea senza sapere che oggi si sarebbe delineata questa tendenza, ovvero il movimento verso l’armonizzazione fiscale.
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, l’obiettivo di questa base imponibile comune e consolidata per le persone giuridiche è quello di creare una base imponibile per le società che sia semplice. L’iniziativa non entra nel merito della questione delle aliquote fiscali, ma si limita alla base imponibile. Il lavoro tecnico è già in corso. Non è intenzione della Presidenza finlandese discuterne con il Consiglio: l’obiettivo è di sentire come sta procedendo il lavoro tecnico.
Josu Ortuondo Larrea (ALDE). – (ES) Signora Presidente in carica del Consiglio, nei Paesi baschi abbiamo il nostro sistema fiscale, che, storicamente, è separato e diverso dal sistema spagnolo. In altre parole, all’interno dello Stato spagnolo esistono due sistemi fiscali. La Commissione sembra non capirlo e vuole cambiare il nostro sistema.
Il Consiglio sarebbe favorevole all’idea di imporre un sistema fiscale uniforme per gli Stati membri senza il loro consenso o accordo?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, ovviamente la concorrenza fiscale dannosa è negativa, ma c’è ancora un po’ di strada da percorrere prima di passare a un unico sistema fiscale armonizzato per gli Stati membri.
Reinhard Rack (PPE-DE). – (DE) Signora Ministro, se la conseguenza di aliquote fiscali così differenti è che altre imprese si trasferiranno altrove, si sta forse riflettendo sulla possibilità di accelerare queste delibere ? Troppi posti di lavoro vanno persi a causa di ciò che viene definito turismo delle sovvenzioni e attualmente, per quanto riguarda la politica regionale, stiamo riflettendo su come far fronte a questa situazione.
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, questo era forse più un commento sul Consiglio che una domanda. Come ho detto nella mia risposta iniziale, la tassazione è importante sia per il funzionamento del mercato interno sia per la concorrenza. E’ altrettanto importante, quindi, analizzare l’imposizione fiscale a livello comunitario.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 8 dell’onorevole Jacky Henin (H-0519/06):
Oggetto: Azioni del Consiglio contro la debolezza del dollaro
Gli Stati Uniti, organizzando scientemente il deprezzamento del dollaro rispetto all’euro, stanno conducendo una spietata guerra economica nei confronti dell’Unione europea. Infatti, il volontario e continuo deprezzamento del dollaro distrugge ogni mese migliaia di posti di lavoro sul territorio dell’Unione europea. Così, Airbus si trova costretta a fatturare i propri contratti di subappalto in dollari e non in euro. Questo fatto favorisce le imprese americane rendendo in realtà americano per oltre il 40% un aereo europeo.
Quali misure di ritorsione politica, diplomatica e economica intende adottare il Consiglio al fine di indurre gli Stati Uniti a sostenere la propria moneta per permettere finalmente una concorrenza libera e non distorta fra l’Unione europea e gli Stati Uniti?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, il tasso di cambio ultimamente si è modificato, ma il Consiglio non prevede nessuna misura che obblighi gli Stati Uniti a sopravvalutare la propria moneta. In una dichiarazione rilasciata nel corso della riunione della scorsa primavera del Comitato monetario e finanziario internazionale dell’FMI, il Presidente del Consiglio ECOFIN ha ribadito la posizione del Consiglio sugli squilibri mondiali, affermando che nel medio termine i forti squilibri delle partite correnti non saranno più sostenibili, ed è responsabilità comune di tutti i principali attori coinvolti affrontare il problema. Nel contesto della cooperazione internazionale, si dovrebbe ricorrere a una politica macroeconomica e strutturale volta a mantenere la crescita, per agevolare le debite correzioni dei disavanzi e delle eccedenze delle partite correnti. In questo modo l’aumento delle pressioni protezioniste potrebbe essere evitato, così come le improvvise fluttuazioni dei tassi di cambio e i rischi per il settore finanziario. Esistono anche possibili rischi macroeconomici derivanti dalle misure protezioniste e dalle azioni unilaterali. Un sistema aperto e multilaterale di scambi commerciali è una condizione irrinunciabile per una crescita maggiore e costante. Maggiori risparmi nazionali negli Stati Uniti e la crescita interna nei paesi asiatici, in particolare, sono fondamentali per qualunque tentativo di correggere lo squilibrio mondiale.
Il comunicato dell’aprile 2006 del Comitato monetario e finanziario internazionale ha espresso queste stesse opinioni, che sono state accettate, in generale, dai partner mondiali.
Jacky Henin (GUE/NGL). – (FR) Signor Presidente, Ministro Lehtomäki, noto che, sebbene si parli del medio termine, noi ci troviamo nel breve termine. I lavoratori dell’UE che nei prossimi mesi perderanno il lavoro, in parte a causa della nostra inerzia, non ne saranno entusiasti. Perché, allora, non facciamo in modo che la Banca centrale europea svolga un ruolo totalmente diverso, sotto il controllo del Parlamento europeo?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, come sappiamo, la Banca centrale europea è un organo indipendente, il cui obiettivo principale è la stabilità dei prezzi. Il Consiglio dei ministri non può influenzare le decisioni sui tassi di interesse e, inoltre, l’indipendenza della Banca centrale deve essere protetta, affinché possa continuare a svolgere il suo lavoro.
Paul Rübig (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente in carica del Consiglio, se c’è parità di cambio con il dollaro, dobbiamo anche ricordare che l’Europa paga in dollari quando acquista petrolio e gas, e ciò comporta un vantaggio naturale per il consumatore europeo. Lei ritiene che i prezzi del petrolio in questo settore siano oggetto di speculazioni, o che ciò sia attribuibile alla valuta?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, forse questo non è il settore in cui sono più ferrata, né rientra nelle competenze del Consiglio fare ipotesi sui futuri prezzi del petrolio, ma è chiaro che la situazione attuale relativamente alla domanda e all’offerta e la direzione che sembra avere intrapreso non corroborano l’ipotesi secondo cui i prezzi scenderanno rapidamente a un livello molto basso.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 9 dell’onorevole John Bowis (H-0528/06):
Oggetto: Interrogazioni al Consiglio
Può il Consiglio precisare se intende rivedere le proprie procedure di risposta alle interrogazioni parlamentari che gli vengono rivolte?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, desidero ringraziare l’onorevole deputato per l’interesse dimostrato verso le procedure seguite dal Consiglio quando risponde alle interrogazioni parlamentari. In qualità di ministro per gli Affari europei, avrò l’onore personale di rispondere alle interrogazioni da voi rivolte al Consiglio in questa sede durante il Tempo delle interrogazioni per i prossimi sei mesi.
Per quanto riguarda la revisione delle procedure, vorrei dire che la Finlandia, durante la sua Presidenza, vuole tornare al metodo secondo il quale si risponderà alle interrogazioni nell’ordine in cui queste sono pervenute al Consiglio e, pertanto, la Presidenza non intende rispondere secondo un ordine tematico. Nonostante questo cambiamento, desidero sottolineare che restano invariati i principi generali in base ai quali vengono esaminate le interrogazioni rivolte al Consiglio. Le risposte fornite durante il Tempo delle interrogazioni verranno date a nome del paese che detiene la Presidenza.
Sarà anche compito della Presidenza fornire al Parlamento europeo risposte scritte alle interrogazioni non esaminate durante il Tempo delle interrogazioni per mancanza di tempo. Questa settimana ce ne sono molte.
Per quanto concerne la procedura per le interrogazioni scritte, posso dire che al momento il Consiglio sta vagliando le modalità per far fronte al numero sempre crescente di interrogazioni.
John Bowis (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente in carica, la ringrazio per la sua risposta, di cui mi rallegro. Tuttavia, abbiamo un problema: secondo il Regolamento di questo Parlamento ogni deputato ha il diritto di presentare per iscritto una sola interrogazione prioritaria al mese. Secondo lo stesso Regolamento, il termine per ricevere una risposta è di tre settimane. La Commissione riesce a rispettare tale termine, ma molto spesso il Consiglio impiega tre mesi per rispondere. Il motivo che viene spesso addotto è che è necessario un po’ di tempo per ottenere l’accordo su una risposta da parte tutti i membri del Consiglio. Di fatto, però, siete in grado di dare risposte improvvisate al momento alle domande complementari.
La richiesta che le rivolgo è quella di trovare un modo per accelerare la procedura. Forse si potrebbe fissare un termine per ricevere le risposte dagli altri membri del Consiglio, affinché la Presidenza ci possa rispondere entro le scadenze previste dal nostro Regolamento. Se possiamo aiutarla in questo senso, sarebbe un grande partenariato e il fiore all’occhiello della Presidenza finlandese.
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (EN) Concordo sull’estrema importanza di accelerare la procedura di risposta. Sebbene la Presidenza parli a proprio nome, essa deve e vuole essere in linea con gli altri membri del Consiglio. Per questo motivo è fondamentale ricevere osservazioni dagli altri Stati membri. Ciononostante, sono sicura che siamo in grado di migliorare la situazione attuale. Spero di poter collaborare con il Parlamento europeo in modo efficace sulla questione.
Richard Corbett (PSE). – (EN) La Presidenza del Consiglio forse saprà che il nostro Regolamento, nell’allegato sul Tempo delle interrogazioni, prevede che, con l’accordo del Consiglio, possiamo suddividere il Tempo delle interrogazioni al Consiglio in tempi riservati alle interrogazioni alla Presidenza, all’Alto rappresentante o al Presidente dell’Eurogruppo.
Se il Parlamento lo richiedesse, la Presidenza del Consiglio sarebbe d’accordo, una volta ogni tre mesi, ad esempio, a organizzare un tempo delle interrogazioni specifico, con la presenza dell’Alto rappresentante, dedicato a questioni di politica estera?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (EN) Se il Parlamento europeo avanzasse una richiesta di questo tipo, saremmo certamente disposti ad esaminarla. Per quanto riguarda l’Alto rappresentante, penso che anche lui dovrebbe avallare la procedura. In ogni caso, il Consiglio non ha ricevuto proposte simili, almeno per quanto mi risulti.
Piia-Noora Kauppi (PPE-DE). – (EN) Lei ha appena vissuto l’esperienza di rispondere per un’ora alle interrogazioni del Parlamento europeo. Al termine della Presidenza lei sarà stata qui varie volte e avrà accumulato più esperienza – si è comportata molto bene durante il suo primo Tempo delle interrogazioni. Sarebbe disposta a comunicare le sue raccomandazioni pratiche al Consiglio relativamente al Tempo delle interrogazioni? Ad esempio, a dicembre potrebbe definire cosa potremmo migliorare durante il Tempo delle interrogazioni?
In qualche modo dobbiamo rendere queste occasioni più aperte ai nostri cittadini. Alcune persone ci seguono anche via Internet o su Euronews. Dobbiamo apportare qualche miglioramento. Mi piacerebbe sentire le sue raccomandazioni pratiche al termine della Presidenza. Sarebbe disposta a farlo durante il Tempo delle interrogazioni?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (EN) Sono certa che durante i prossimi sei mesi ci conosceremo molto bene, per cui tali raccomandazioni potrebbero anche essere elaborate in stretta cooperazione. Io – e noi, in quanto Presidenza – siamo più che disposti a utilizzare al meglio tutta l’esperienza e gli accordi e le raccomandazioni pratiche che potrebbero emergere durante la Presidenza. Aggiungo solo che, personalmente, trovo che rispondere a queste interrogazioni sia un’esperienza stimolante.
Presidente. – Le interrogazioni che, per mancanza di tempo, non hanno ricevuto risposta, la riceveranno per iscritto (vedasi allegato).
Con questo si conclude il Tempo delle interrogazioni.
(La seduta, sospesa alle 19.00, riprende alle 21.00)
PRESIDENZA DELL’ON. MAURO Vicepresidente
14. Politica in materia di visti nei confronti dei paesi dei Balcani occidentali (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione congiunta
– sull’interrogazione orale degli onn. Doris Pack a nome del gruppo PPE-DE, Gisela Kallenbach a nome del gruppo Verts/ALE, Hannes Swoboda a nome del gruppo PSE, Erik Meijer, Ignasi Guardans Cambó, Jelko Kacin e Henrik Lax, al Consiglio, sulla politica in materia di visti nei confronti dei paesi dei Balcani occidentali (O-0063/2006 – B6-0315/2006) e
– sull’interrogazione orale degli onn. Sarah Ludford, Jelko Kacin, Henrik Lax, Ignasi Guardans Cambó, a nome del gruppo ALDE, al Consiglio, sulla semplificazione nelle procedure di rilascio dei visti per i paesi dei Balcani occidentali, (O-0077/2006 – B6-0320/2006) e
– sull’interrogazione orale degli onn. Sarah Ludford, Jelko Kacin, Henrik Lax e Ignasi Guardans Cambó, a nome del gruppo ALDE, alla Commissione, sulla semplificazione nelle procedure di rilascio dei visti per i paesi dei Balcani occidentali, (O-0078/2006 – B6-0321/2006).
Doris Pack (PPE-DE), autore. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella loro marcia di avvicinamento all’Unione europea i paesi dell’Europa sudorientale devono riformarsi: devono adottare determinati standard e collaborare su base regionale, cioè, in pratica, giungere alla riconciliazione reciproca. Essi ne sono consapevoli e si sono già accinti a questo compito, alcuni con maggior rapidità di altri; tuttavia, nonostante tutti i loro sforzi, essi si vedono negare quell’incondizionato accesso alla Comunità europea di cui, a suo tempo, godevano almeno i cittadini jugoslavi.
I ministri degli Interni e anche i politici nazionali dovrebbero immaginare per un momento di avere a disposizione solo 200 euro per mantenere la propria famiglia, e di dover sborsare praticamente l’intera somma per ottenere un visto – un visto Schengen e un visto di transito –, e ancora di essere costretti a fare una fila di giorni o addirittura di settimane per pagare questo denaro.
Persino i nostri colleghi dei parlamenti nazionali dell’Europa sudorientale devono chiedere un visto ogni volta che desiderano partecipare alle sedute del Consiglio d’Europa. Più del 70 per cento dei giovani di Serbia, Bosnia, Macedonia, Montenegro, Kosovo o Albania non sono mai usciti dalla propria regione o dal proprio paese. Attualmente l’Unione europea sta aprendo i propri programmi di istruzione; come si pensa che possano funzionare, se le norme in materia di visti rimangono così onerose?
E come si pensa che le imprese possano insediarsi in questi paesi, se i lavoratori locali, per recarsi presso la sede centrale della propria ditta – per esempio in Francia o in Inghilterra – devono soddisfare condizioni particolarmente severe? In Bosnia-Erzegovina, per esempio, il tasso di criminalità è inferiore alla media dell’Unione europea; perché mai, nonostante questo, non rendiamo più agevole alla popolazione di quel paese l’ingresso nell’Unione? Per quanto riguarda le condizioni di rilascio dei visti, alla Russia viene riservato un trattamento migliore di quello di cui godono questi paesi: c’è da chiedersi perché.
Questi paesi si trovano nel bel mezzo dell’Unione europea, e noi stessi siamo concretamente interessati al loro benessere, alla loro crescita e al loro sviluppo; si tratta qui del nostro stesso interesse.
E’ stato grazie all’aiuto della nostra Unione che la Bosnia-Erzegovina è riuscita a garantire la sicurezza dei propri confini, e i paesi vicini stanno facendo lo stesso; togliamoci quindi i paraocchi, e cerchiamo di contribuire all’eliminazione di queste superflue ed umilianti barriere.
Hannes Swoboda (PSE), autore. – (DE) Signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, signor Vicepresidente della Commissione, i colleghi che partecipano al dibattito odierno provengono da paesi differenti e differenti gruppi politici; ci unisce però la convinzione che sia necessario impegnarci più a fondo per avvicinare all’Unione europea questa regione, che dal punto di vista dell’unificazione europea rischia di diventare un buco nero.
Conosciamo bene i suoi problemi; conosciamo il nazionalismo e la ristrettezza di vedute, ma anche il sincero e vivo desiderio, diffuso specialmente tra i giovani, di entrare in quest’Europa e adottare standard europei. Instaurare questi legami non è solo nell’interesse di queste popolazioni, ma anche nel nostro.
Di conseguenza ci auguriamo vivamente che la Presidenza finlandese continui quel processo che la Presidenza austriaca ha certamente intensificato, seppure non iniziato; inoltre, riponiamo le nostre speranze nel Commissario Frattini, che si è dimostrato assai competente e disponibile. Nei nostri viaggi in quei paesi abbiamo notato la positiva accoglienza che è stata riservata a molte delle sue proposte e ai progressi da lui compiuti in materia di visti.
So che le obiezioni e gli ostacoli provengono soprattutto dai ministri degli Interni, ma l’onorevole Pack ha giustamente osservato che i malintenzionati riusciranno comunque a entrare nell’Unione europea. Siamo sinceri: costoro otterranno un visto con mezzi illeciti oppure troveranno qualche sotterfugio per introdursi nell’UE senza visto, mentre i cittadini onesti che desiderano studiare o acquisire un’ulteriore qualificazione professionale, che vogliono investire e allacciare rapporti economici o sono politicamente attivi, devono subire l’umiliazione di veder trascorrere giorni, settimane o persino mesi prima di ottenere un visto.
So bene che è necessario soddisfare alcune condizioni. I paesi interessati devono anche garantire il rispetto dell’obbligo di riammissione e di altri criteri, ma vi esorto entrambi a usare la vostra influenza per far sì che questi paesi – e i loro giovani in particolare – abbiano la possibilità di conoscere l’Europa e familiarizzarsi con i nostri standard; ciò renderà loro più agevole entrare a far parte dell’Unione europea.
Spero che entrambi lavorerete attivamente alla realizzazione di questo progetto, non solo per aiutare questi paesi, ma per aiutare tutti noi a costruire, con l’aiuto dei giovani dei Balcani e dell’Europa sudorientale, un’Europa che sia veramente una casa comune.
Jelko Kacin (ALDE), autore. – (SL) I cittadini dei paesi dei Balcani occidentali devono affrontare gravi problemi quando viaggiano in Europa. L’esempio più estremo è quello del Kosovo, ai cui cittadini vengono rilasciati passaporti che non sono riconosciuti da molti paesi europei. Signor Commissario, gli albanesi del Kosovo scambiano i loro passaporti UNMIK con passaporti di altro tipo e noi, Stati membri dell’Unione europea, li spingiamo letteralmente nelle braccia della criminalità costringendoli a cercare altri passaporti paralleli. Basta questo, in effetti, a illustrare l’inadeguatezza del nostro attuale sistema di visti. Di certo, signor Commissario, come Stati membri dell’Unione europea, possiamo fare di più per valorizzare maggiormente i passaporti UNMIK.
Per affrettare il processo di europeizzazione nei Balcani occidentali ci occorre un approccio ben più flessibile, tranne ovviamente nel caso dei criminali – che sono comunque pieni di risorse e riusciranno a introdursi ovunque. Parlo delle persone comuni, che vorrebbero fare esperienza pratica dell’Europa e dei valori europei, preferibilmente mentre sono ancora nell’età della formazione, stanno ricevendo un’istruzione e costruendosi una costellazione di valori.
Per tale motivo, signor Commissario, mi sembra che dobbiamo impegnarci più intensamente per individuare una soluzione che non costringa i cittadini dei vari paesi dei Balcani occidentali ad attendere per ore e ore, solo per sentirsi poi annunciare da un impiegato d’ambasciata che non possono ottenere il visto e che devono tornare un’altra volta.
I visti vengono rilasciati nelle capitali. Queste regioni sono le meno sviluppate d’Europa, e queste persone, per richiedere un visto, devono investire moltissimo tempo e denaro, senza parlare del loro orgoglio; modificare l’attuale politica in materia di visti è quindi una pura questione di equità.
Gisela Kallenbach (Verts/ALE), autore. – (DE) Signor Presidente, negli ultimi anni ho spesso visitato i paesi dei Balcani occidentali; in ogni occasione, l’argomento che più stava a cuore ai miei interlocutori era la politica restrittiva adottata dagli Stati membri dell’Unione europea in materia di visti.
In questa regione le nuove generazioni crescono con un’unica esperienza dell’Europa occidentale: quella maturata nel periodo che vi hanno trascorso come rifugiati, oppure quella derivante dalla televisione. In entrambi i casi, si tratta di un modo assai inadeguato per familiarizzarsi con validi esempi del funzionamento concreto di una società democratica basata sullo Stato di diritto. Per gran parte dei cittadini dell’Europa sudorientale un’esperienza in questo campo è inattingibile, oppure presenta rilevanti ostacoli; è qui che dobbiamo apportare cambiamenti, e in proposito sono pienamente d’accordo con i colleghi.
Commissario Frattini, sappiamo che lei, insieme al suo collega Rehn, è decisamente favorevole a questo processo, il quale, tuttavia, si sta dimostrando arduo, per le resistenze di numerosi Stati membri. Un’azione rapida e definitiva è nel più completo interesse dell’Unione europea a 25, poiché qualsiasi ulteriore ritardo nel concedere ai cittadini la libertà di viaggiare non fa altro che fornire argomenti ai gruppi nazionalistici, antieuropei e in realtà antidemocratici che agiscono in quei paesi; qualsiasi ritardo isola coloro che hanno legato le proprie speranze all’integrazione europea, e anzi, come hanno già rilevato i colleghi, intralcia quello sviluppo economico che è così urgentemente necessario.
Benché l’Austria avesse posto i Balcani occidentali al primo posto nell’elenco delle proprie priorità, in merito a quella regione non sono state prese decisioni nuove. Per tale motivo chiediamo urgentemente alla Presidenza del Consiglio finlandese di raccogliere quest’impegno, invitando i propri colleghi ad affrontare il problema in maniera più aperta, senza farsi invischiare dal pretestuoso argomento per cui una politica restrittiva in materia di visti servirebbe da prevenzione contro la criminalità organizzata o di altro tipo; in effetti è più probabile che sia vero il contrario.
Le chiedo infine di invitare gli Stati membri a trattare le persone che richiedono un visto presso le loro rappresentanze estere con la stessa dignità e il medesimo rispetto che essi si aspetterebbero di ricevere all’estero.
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, come sappiamo, attualmente i cittadini di tutti i paesi dei Balcani occidentali, tranne la Croazia, devono munirsi di un visto per viaggiare nell’Unione europea. Come si è notato nel corso di questo dibattito, le condizioni vigenti per i visti complicano naturalmente le modalità dei viaggi e fanno aumentare i costi. Non dobbiamo però dimenticare che questo è un tema cruciale per il controllo dei confini esterni dell’Unione.
Non mi sfugge che la politica dell’Unione europea in materia di visti viene considerata negativamente nei Balcani occidentali, ed è anzi giudicata un elemento che ostacola l’avvicinamento all’Unione. Nell’area dell’ex Jugoslavia si ricorda ancora l’epoca in cui i visti non erano necessari.
Occorre ovviamente agevolare, per esempio, la mobilità dei giovani e degli studenti; si tratta di un modo per sostenere i concetti di accesso all’informazione, democrazia aperta e sviluppo sociale. Un obiettivo importante della flessibilità che si intende applicare in futuro alle condizioni vigenti per i visti è la promozione di più facili contatti tra i giovani dei Balcani occidentali e quelli del resto d’Europa.
L’Unione europea ha indicato i paesi dell’Europa occidentale come possibili paesi candidati. Essi hanno una chiara prospettiva europea, nel cui ambito rientrano anche condizioni meno rigide in materia di visti; tuttavia, bisogna ancora compiere qualche progresso prima che diventi possibile iniziare i negoziati sull’abolizione di tali condizioni. Ciò significa che i paesi dei Balcani occidentali dovranno introdurre notevoli riforme amministrative concernenti, per esempio, una più rigorosa sicurezza della documentazione nonché la lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata.
In occasione del Vertice di Salonicco, nell’estate 2003, il Consiglio europeo ha sottolineato l’importanza della questione dei visti per i paesi dei Balcani occidentali. Da allora, la Commissione ha discusso con ciascun paese dei Balcani occidentali i preparativi amministrativi necessari per agevolare il regime dei visti e – nel lungo termine – abolire del tutto le condizioni previste in materia. Nel gennaio 2006 la Commissione ha emanato una comunicazione sui Balcani occidentali in cui ha presentato un ampio ventaglio di proposte, tese fra l’altro a mitigare il regime dei visti, conformemente al programma dell’Aia. Il Consiglio è intenzionato ad applicare le proposte contenute nell’agenda di Salonicco, e ha pure dichiarato il proprio sostegno alle proposte della Commissione.
Per quanto riguarda l’incremento della mobilità, un importante passo in avanti è rappresentato dal regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul traffico frontaliero locale, di prossima entrata in vigore. Con tale regolamento, per gli abitanti delle zone di confine sarà più agevole oltrepassare i confini esterni dell’Unione europea; nel caso dei Balcani occidentali, questo aspetto assumerà particolare importanza allorché Bulgaria e Romania aderiranno all’Unione europea.
Su richiesta del Consiglio, la Commissione si appresta ad avanzare proposte relative all’inizio dei negoziati sugli accordi per la facilitazione dei visti con tutti i paesi dei Balcani occidentali. Si prevedono per esempio iniziative particolari per promuovere gli scambi di studenti e ricercatori e per agevolare la circolazione di altri gruppi distinti e identificabili.
Gli accordi sulla facilitazione dei visti si configureranno come accordi comunitari negoziabili separatamente, nel quadro della normativa di Schengen. Essi saranno strettamente legati agli accordi di riammissione previsti dal programma dell’Aia per rendere meno rigide le condizioni in materia di visti. In tal modo anche l’Unione trarrà vantaggio dall’accordo, poiché i paesi dei Balcani occidentali si impegneranno contemporaneamente a riammettere i cittadini di paesi terzi transitati illegalmente sul loro territorio mentre erano diretti verso l’UE. Attualmente solo l’Albania ha stipulato un accordo di riammissione con l’Unione; i paesi dei Balcani occidentali hanno concluso con parecchi Stati membri dell’UE accordi di riammissione bilaterali, e supponiamo quindi che i negoziati a livello comunitario procederanno a loro volta senza intoppi.
La Commissione ha già avanzato proposte per avviare colloqui con la Macedonia, nell’ex Repubblica di Jugoslavia, in merito agli accordi concernenti sia la facilitazione dei visti, sia la riammissione. Questi mandati negoziali vengono ora analizzati dal Consiglio a livello di gruppi di lavoro; quando il Consiglio li avrà adottati, la Commissione potrà iniziare i colloqui. Ci attendiamo che la Commissione presenti a luglio proposte per mandati relativi ad altri paesi dei Balcani occidentali; i gruppi di lavoro cercheranno di esaminare tali proposte con la massima rapidità, per consentire al Consiglio di prendere una decisione.
Il Consiglio “Affari generali e relazioni esterne”, nelle sue conclusioni del giugno di quest’anno, ha auspicato che i mandati per gli accordi sulla facilitazione dei visti e la riammissione vengano adottati entro l’anno in corso, così da riuscire a concludere i colloqui sulla facilitazione dei visti con tutti i paesi dei Balcani occidentali entro la fine dell’anno prossimo; ci auguriamo anzi che i primi accordi entrino in vigore già quest’anno. La Presidenza finlandese intende sostenere questo calendario di obiettivi, che permetterebbe anche di non applicare ai paesi dei Balcani occidentali gli aumenti di costo dei visti che entreranno in vigore l’anno prossimo.
Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. – Signor Presidente, onorevoli deputati, credo che le opinioni degli onorevoli parlamentari vadano tutte nella giusta direzione, che è la stessa che la Commissione europea intende seguire e le parole della signora Presidente del Consiglio mi confortano molto.
La Commissione condivide la vocazione europea dei paesi dei Balcani occidentali, perché ritiene che sia una regione strategica per l’Europa. Abbiamo lavorato intensamente negli ultimi sei mesi con la Presidenza austriaca e auspichiamo che vi siano delle misure urgenti che possano essere adottate. Queste misure urgenti saranno oggetto di un pacchetto complessivo che sarà materia di un accordo politico con tutti i paesi dei Balcani occidentali interessati.
In primo luogo saranno delle misure volte a facilitare il regime dei visti, e mi riferisco ad alcune categorie: anzitutto gli studenti, i ricercatori, la comunità imprenditoriale, che vogliamo incoraggiare a muoversi più liberamente per attirare investimenti e per investire. Sarà un sistema semplificato sotto il profilo procedurale e anche per quanto riguarda la disponibilità alla concessione di visti che – e concordo con gli onorevoli parlamentari – attualmente è eccessivamente restrittiva.
Nel medesimo sistema di accordo politico, noi prevediamo anche degli accordi per la riammissione degli immigrati clandestini. Lo abbiamo fatto già in alcuni casi, ad esempio con l’Albania l’accordo è stato siglato ed è già entrato in vigore. Si tratta di un accordo Europa-Albania per il rimpatrio degli immigrati clandestini che provengono dall’Albania. E’ evidente che puntiamo, come ha appena ricordato la signora Presidente del Consiglio, a siglare in tempi rapidi accordi dello stesso tipo anche con gli altri Stati.
E’ anche evidente che si dovranno tenere in considerazione le preoccupazioni degli Stati membri. Si tratta di preoccupazioni che riguardano soprattutto il livello di sicurezza in termini di prevenzione della corruzione, di prevenzione e contrasto della criminalità organizzata e dei vari tipi di traffico, compreso, purtroppo, il traffico di esseri umani nella regione. Chiederemo a questi paesi di collaborare di più con l’Europa per migliorare le condizioni di contrasto al crimine organizzato e alla corruzione.
In questo quadro, una misura che riteniamo utile per esercitare una persuasione nei confronti di alcuni Stati membri, che nei mesi scorsi hanno sollevato delle obiezioni, è la richiesta a questi paesi di dotarsi, al più presto possibile, di passaporti conformi agli standard europei, conformi cioè alle regole di sicurezza per quanto riguarda la lotta alla falsificazione dei passaporti e dei documenti di identità. In questo modo si potrà evitare la circolazione di persone con falsa identità.
Credo che ci sia la disponibilità politica da parte degli paesi di questa regione. Ho incontrato personalmente tutti i Ministri degli interni e anche i Primi Ministri dei paesi di questa regione e vi comunico che presenterò alla Commissione, prima del 15 luglio, le richieste di mandato per negoziare accordi di facilitazione dei visti per tutti i paesi dei Balcani occidentali. Lo farò per l’Albania – per la Macedonia è stato già fatto, perché la Commissione ha già approvato la mia proposta alcune settimane fa – per la Bosnia Erzegovina, per la Serbia e per il Montenegro. Tutti i paesi dei Balcani occidentali vedranno, entro il 15 luglio, la nostra proposta formale al Consiglio. La proposta verrà annunciata, credo, proprio il 15 luglio, al Consiglio dei Ministri degli esteri, il primo consiglio sotto la Presidenza finlandese.
Intendo svolgere una prima informazione sul dettaglio delle proposte, se la Presidenza, come spero, lo riterrà, già il 24 luglio al Consiglio dei Ministri degli interni a cui ovviamente consegnerò la copia dei documenti che la Commissione avrà approvato.
Mi auguro fortemente, anzi direi, sono certo – avendo parlato con i Ministri che rappresentano la Presidenza – che, entro la fine di quest’anno, vi sarà la possibilità concreta di approvare il maggior numero possibile di mandati per negoziare gli accordi di facilitazione dei visti.
Questo avrà due immediate conseguenze: la prima è che potremo fare entrare in vigore gli accordi sulla facilitazione dei visti e, in parallelo, gli accordi di riammissione, entro il 2007, e quindi a breve scadenza. Spero infatti che i negoziati saranno brevi, se ci sarà, come mi auguro, la volontà politica. Questo significherà non solo che, a partire dal 2007, i paesi dei Balcani occidentali godranno di un regime facilitato dei visti, ma anche che questi paesi non avranno l’obbligo di sottostare all’aumento di costo a 60 euro per i visti, che è già stato deciso dal Consiglio.
Sono certo che tutti i paesi dei Balcani occidentali rientreranno in questa categoria, e che quindi avranno un regime amministrativo, burocratico e anche un regime preferenziale per i visti e, in più, non dovranno sopportare l’aumento del costo.
Questo è il calendario preciso che mi propongo di seguire, c’è un’intesa già nell’ambito della Commissione europea con il collega Rehn, responsabile per l’allargamento, e quindi entro pochi giorni la proposta negoziale sarà sul tavolo del Consiglio.
Panagiotis Beglitis, a nome del gruppo PSE. – (EL) Signor Presidente, desidero a mia volta ringraziare la Presidente in carica del Consiglio e il Commissario Frattini per le informazioni che ci hanno fornito. Vorrei però manifestare la mia viva inquietudine per il fatto che, a tre anni di distanza dal Consiglio europeo di Salonicco, non si sia ancora compiuto alcun progresso in merito alle modifiche da apportare al regime dei visti.
Naturalmente, giudico positive le notizie comunicateci oggi dalla Presidente in carica del Consiglio e dal Commissario Frattini; tuttavia, signor Commissario, non possiamo attendere fino alla fine del 2007 per completare la procedura di modifica del regime dei visti. La fine del 2007, temo, è un termine di gran lunga troppo remoto.
Il problema non è procedurale, bensì essenzialmente politico: è un problema di credibilità strategica dell’Unione europea; è un problema che concerne il contributo che possiamo offrire alla pace, alla stabilità, alla cooperazione, al rafforzamento dell’integrazione europea dei paesi dei Balcani occidentali.
In effetti, non si comprende perché siano cominciati i negoziati con la Russia, la Cina e l’Ucraina, ma non con i paesi dei Balcani occidentali; o perché sia stato fortemente semplificato il regime dei visti d’ingresso nell’Unione europea per il Pakistan e l’Iran, favorendo così i giovani pakistani e iraniani, ma non quelli provenienti dai Balcani occidentali.
Perché mai, signor Commissario, il costo dei visti è stato elevato a 60 euro? Prendo nota di quello che lei ha appena dichiarato, ossia che tale aumento non si applicherà se gli accordi verranno firmati. Temo però che il 2007 sia troppo lontano; per questi paesi, l’aumento dovrebbe essere cancellato già ora. In ultima analisi, credo che l’Unione europea debba inviare un messaggio deciso, rifiutando la ghettizzazione…
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Henrik Lax, a nome del gruppo ALDE. – (SV) Signor Presidente, Presidente Lehtomäki, Commissario Frattini, la barriera delle condizioni in materia di visti, che imprigiona i paesi dei Balcani occidentali, costituisce una vera tragedia per quelle nazioni i cui cittadini per 20 anni hanno potuto viaggiare liberamente in Europa occidentale. Per quelli tra noi che hanno ancora la possibilità di farlo, è quasi impossibile comprendere che cosa significhi trovarsi all’improvviso dietro a un confine che non si può valicare senza un visto. Questa situazione non impedisce solo la circolazione delle persone; impedisce anche alle idee di oltrepassare i confini. Nell’odierna economia basata sulla conoscenza, la mobilità è un requisito non meno importante dell’accesso alla moderna tecnologia dell’informazione; nell’odierno mondo globalizzato, la politica dei visti non può quindi mantenere le caratteristiche che aveva negli anni ’50 né negli anni ’80. Nell’elaborare la politica dell’Unione europea in questo campo dobbiamo partire da tale constatazione.
Come ha osservato anche la Presidente Lehtomäki, l’Unione deve dotarsi di un chiaro progetto per semplificare la procedura concernente i visti e abolire, alla fine, i requisiti vigenti in materia. Dobbiamo indicare chiaramente ai paesi nostri vicini le condizioni che devono soddisfare, in primo luogo per ottenere un’energica semplificazione delle procedure riguardanti i visti, e in secondo luogo per giungere – nel lungo periodo – all’eliminazione del visto obbligatorio. Dobbiamo essere in grado di promettere loro che tale requisito verrà tolto quando verranno respinte meno del 2 per cento delle richieste di visto.
Accolgo con soddisfazione gli obiettivi indicati dal Commissario Frattini, che sono molto costruttivi. Tra gli ovvi obiettivi degli accordi bilaterali in materia di visti, stipulati dall’Unione europea, ci dev’essere comunque quello di agevolare la mobilità di tutti i cittadini, e non solo di determinate categorie di persone. Se dividiamo i cittadini in categorie separate – distinguendo gli studenti e gli operatori culturali dagli agricoltori e dai genitori di bimbi in tenera età – inviamo un segnale sbagliato: in realtà tutti devono avere il diritto di respirare l’atmosfera europea.
Rappresenta per esempio un problema la limitatissima portata dell’accordo con la Russia. Esso riguarda solo un ridotto numero di persone – meno di un decimo di tutti i viaggiatori – e in pratica non semplifica le procedure dei visti; non prevede neppure la riduzione del costo del visto. A nome del gruppo ALDE, invoco in materia di visti una politica più ambiziosa, un’autentica semplificazione delle procedure per i paesi balcanici – valida per tutti – e infine l’esplicita volontà di abolire il visto obbligatorio. Il rilascio dei visti deve diventare più rapido, più semplice e meno costoso; il Parlamento europeo, da parte sua, deve avere la possibilità di esprimere il proprio parere sul mandato negoziale ora in corso di elaborazione.
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, da questo dibattito è chiaramente emerso che il Parlamento auspica un forte impegno della Commissione e del Consiglio su questo problema: tale impegno c’è. Ai nostri occhi si tratta di una questione di grande peso. L’onorevole Lax ha sostenuto l’inopportunità di dividere i cittadini in categorie separate; forse, però, è particolarmente importante agevolare la circolazione dei giovani europei nel nostro continente il più rapidamente possibile. Vorremmo giungere alla firma dei primi accordi già nel corso di quest’anno.
La facilitazione dei visti è una questione assai concreta, che riguarda i cittadini comuni e può contribuire all’avvicinamento dei paesi dei Balcani occidentali all’Unione europea; si tratta inoltre di un mezzo per sostenere la stabilità e lo sviluppo di questa regione, per cui è importante progredire in questo campo. Dobbiamo però ricordare che siamo di fronte anche a un problema di controllo dei confini esterni dell’Unione; non è solo un’espressione di volontà politica. Continueremo però a impegnarci intensamente in materia.
Presidente. – La discussione è chiusa.
15. Competenze di esecuzione conferite alla Commissione (Accordo interistituzionale) - Competenze di esecuzione conferite alla Commissione (modalità) (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta,
– la relazione presentata dall’on. Richard Corbett, a nome della commissione per gli affari costituzionali, sull’accordo interistituzionale sotto forma di dichiarazione comune concernente la proposta di decisione del Consiglio che modifica la decisione 1999/468/CE recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione [10126/1/2006 – C6-0208/2006 – 2006/2152(ACI)] (A6-0237/2006)
– la relazione presentata dall’on. Richard Corbett, a nome della commissione per gli affari costituzionali, sulla proposta modificata di decisione del Consiglio che modifica la decisione 1999/468/CE recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione [10126/1/2006 – C6-0190/2006 – 2002/0298(CNS)] (A6-0236/2006)
Margot Wallström, Vicepresidente della Commissione. – (EN) Signor Presidente, desidero anzitutto ringraziare i due relatori del Parlamento europeo, gli onorevoli Daul e Corbett, per la tenacia con cui si sono impegnati nell’elaborazione di un compromesso; vorrei poi sottolineare l’ottima collaborazione che si è instaurata fra le nostre due Istituzioni, soprattutto negli ultimi dieci mesi.
Come sapete, nel corso di questi ardui e complessi negoziati la Commissione ha perorato con forza e convinzione la causa del rafforzamento dei diritti di controllo del Parlamento europeo sulla comitatologia. In tale contesto meritano un elogio anche le Presidenze britannica e austriaca, per l’energia di cui hanno dato prova.
Grazie a tali sforzi, il Parlamento europeo e la Commissione sono riusciti a convincere anche gli Stati membri più riluttanti a operare un deciso salto di qualità in termini di controllo parlamentare; se domani approverà il pacchetto di compromesso, il Parlamento disporrà di un diritto di veto sulla sostanza di quasi tutte le misure esecutive. Questo vale naturalmente per le misure esecutive riguardanti provvedimenti legislativi adottati con la procedura di codecisione. Possiamo affermare con certezza di aver vinto una battaglia decisiva nella lotta per ottenere un maggior controllo democratico.
Per rispondere alle preoccupazioni del Parlamento, la Commissione si è assunta svariati impegni supplementari. Continueremo a migliorare la trasparenza e l’accesso ai documenti di comitatologia; garantiremo che il periodo di consultazione inizi solo quando il Parlamento abbia ricevuto tutte le varie versioni linguistiche. Passeremo in rassegna tutti i provvedimenti legislativi adottati in base alla procedura di codecisione, e all’occorrenza ne proporremo l’adeguamento prima della fine dell’anno prossimo.
Infine, come nota la dichiarazione trilaterale, abbiamo concordato l’adeguamento urgente di 25 strumenti di codecisione; la Commissione presenterà le relative proposte prima della fine dell’anno.
Le due relazioni dell’onorevole Corbett sono state adottate dalla commissione per gli affari costituzionali a vastissima maggioranza, ma in attesa del vostro voto di domani vorrei accennare all’unico emendamento che è stato presentato, e che si riferisce a una risoluzione tra i cui punti chiave figura l’adozione sistematica delle clausole di caducità. Mi sembra che tale emendamento vada nella direzione sbagliata, poiché intacca la fiducia reciproca che ha guidato le tre Istituzioni nel corso dei negoziati; esso contraddice il contenuto della dichiarazione comune, nella quale il legislatore afferma che le competenze esecutive si devono conferire senza limiti di tempo. Spero che nel vostro voto di domani terrete conto del punto di vista della Commissione.
Limiterò le mie considerazioni introduttive a questi aspetti, e attendo naturalmente con estremo interesse le osservazioni degli onorevoli deputati su quest’importantissima riforma.
Richard Corbett (PSE), relatore. – (EN) Signor Presidente, ho il sospetto che in seno alla nostra Assemblea sia stata organizzata una congiura per mettere in programma il nostro dibattito proprio questa sera, cioè nel momento in cui, secondo le previsioni, l’Inghilterra avrebbe dovuto giocare contro la Francia; l’onorevole Daul e io, che abbiamo partecipato ai negoziati in materia, ci siamo sentiti le vittime di tale congiura. Come sappiamo, però, l’Inghilterra non si è qualificata, e quindi forse la cosa non è più tanto importante (almeno per me).
Per ragioni procedurali, tecnicamente stiamo esaminando due relazioni, che però riguardano un unico pacchetto: la proposta di modifica della decisione del Consiglio del 1999 sulla comitatologia e le dichiarazioni comuni che, costituendo una specie di accordo interistituzionale, sono oggetto di una relazione separata. Globalmente formano un pacchetto e insieme rappresentano un immenso progresso per il Parlamento – un’importantissima trasformazione del sistema della comitatologia.
I cittadini del mio collegio elettorale, nello Yorkshire, mi chiederebbero cos’è mai la comitatologia, non essendo esattamente l’argomento di cui parlano tutti i giorni nei pub e nei club dello Yorkshire. Ogni sistema legislativo ha un metodo per delegare poteri all’esecutivo. Nei parlamenti nazionali si tratta, tipicamente, di una legislazione che conferisce al governo il potere di adottare misure ulteriori: lo statutory instrument nel Regno Unito, l’arrêté royal in Belgio, i decreti in vari altri paesi. I sistemi cambiano lievemente, ma è del tutto normale conferire poteri all’esecutivo, tra l’altro per risolvere dettagli tecnici e questioni più complesse, una volta che il testo legislativo principale abbia fissato i principi generali.
La caratteristica insolita del sistema da noi adottato nell’Unione europea è che, quando noi conferiamo tali poteri alla Commissione, la obblighiamo ad agire insieme a un comitato di funzionari nazionali. In molti casi tali comitati hanno il potere di bloccare la Commissione europea e di rinviare il dossier al Consiglio. Tale procedura ci è sempre sembrata discutibile: in primo luogo perché il diritto di vagliare l’attività della Commissione e di rinviare i dossier tocca a comitati di funzionari nazionali e non al Parlamento; in secondo luogo perché i provvedimenti vengono rinviati a uno solo dei due rami dell’autorità legislativa – cioè il Consiglio – anche quando il provvedimento principale è stato adottato con la procedura di codecisione.
Inoltre, giudichiamo il sistema complicato e del tutto privo di trasparenza, a causa dell’alto numero di comitati da cui è derivato il nome di comitatologia; solo un esperto può studiarlo e comprenderlo.
Nel corso degli anni abbiamo ottenuto alcune piccole concessioni. Oggi riceviamo tutti i documenti che vengono inviati ai comitati di comitatologia, e dal 1999 godiamo di un certo potere di opposizione, entro un certo limite di tempo, se riteniamo che una misura oltrepassi le competenze che sono state delegate; finora, però, le nostre obiezioni fondamentali sono rimaste senza risposta. Quest’accordo cambia la situazione: d’ora in poi il Parlamento avrà la facoltà di respingere qualsiasi misura esecutiva di natura quasi legislativa adottata tramite il sistema della comitatologia, e se noi la respingiamo tale misura non potrà essere applicata. La Commissione dovrà presentare una nuova proposta oppure elaborare un nuovo provvedimento legislativo ai sensi della procedura di codecisione. Dal punto di vista della responsabilità e della trasparenza dell’intero sistema dell’Unione, si tratta di un grandissimo progresso per il Parlamento, e non solo per il Parlamento; ecco il motivo per cui quest’accordo è tanto importante.
Nondimeno, su alcuni temi ci siamo trovati in imbarazzo e abbiamo dovuto negoziare per garantire il pieno rispetto della nostra posizione. Per esempio, in quest’accordo compare un riferimento all’acquis Lamfalussy; per quanto riguarda la Commissione, con tale riferimento noi abbiamo aumentato l’importanza di tale acquis, che da semplice dichiarazione in Parlamento del Presidente della Commissione europea, con l’aggiunta di una lettera del Commissario competente al presidente della competente commissione parlamentare, si è trasformato ora in una dichiarazione dell’intera Istituzione. Abbiamo quindi elevato la relativa parte dell’acquis Lamfalussy a provvedimento di grado superiore, ed anche questo è un passo importante.
Abbiamo ottenuto soddisfazione in merito ai limiti di tempo: passare da tre a quattro mesi rappresenta un notevole miglioramento, tanto più che – come ha notato il Commissario Wallström – il tempo si calcolerà dal momento in cui ci verrà fornito il testo in tutte le lingue; in tal modo avremo a disposizione un periodo di tempo adeguato per esaminare questi problemi.
Si è toccato anche il tema delle clausole di caducità. A mio avviso, con quest’accordo il Parlamento non dovrà normalmente ricorrere alle clausole di caducità; in passato ce ne servivamo, perché quando delegavamo una competenza alla Commissione, perdevamo tale competenza per sempre. Disponendo di un controllo assai debole su di essa, desideravamo evidentemente utilizzare le clausole di caducità come strumento per riaffermare il nostro controllo, in caso di necessità. Grazie a quest’accordo, però, possiamo respingere qualsiasi misura esecutiva a noi non gradita – anche tutte, se si tratta di misure quasi legislative.
Non abbiamo dunque bisogno di ricorrere alle clausole di caducità. L’accordo rispecchia questa situazione, in quanto noi riconosciamo che i principi di una corretta legislazione esigono che le competenze di esecuzione siano conferite senza clausole di caducità e senza limiti di tempo. Tuttavia viene riconosciuto il principio per cui, in caso di necessità, il legislatore deve avere la facoltà di introdurre una clausola di caducità, tanto che l’accordo dichiara esplicitamente “fatte salve le prerogative delle autorità legislative”. Come viene affermato, noi abbiamo tale diritto, ma a mio avviso non avremo bisogno di esercitarlo se non forse in circostanze eccezionali, che al momento rimangono imprevedibili. Abbiamo riconosciuto questo punto in buona fede nel corso dei negoziati, poiché le altre Istituzioni vi annettevano estrema importanza, ma anche, secondo me, perché come Parlamento abbiamo compreso che non avremo bisogno di ricorrere a questo strumento.
Con questo accordo potremo delegare competenze alla Commissione con maggior tranquillità, dal momento che godremo di tale facoltà di controllo a posteriori. A livello di Unione europea ci troviamo in una situazione ridicola, che talvolta ci obbliga a effettuare due o tre letture su argomenti come la larghezza dei pneumatici dei trattori, che in qualsiasi contesto nazionale verrebbero delegati al governo; questo perché eravamo restii a delegare. Con la sicurezza di poter controllare ciò che deleghiamo, non abbiamo motivo per non delegare molto di più e con maggiore frequenza: ecco un’altra ragione per giudicare positivamente quest’accordo.
Per questi motivi il mio gruppo e la nostra commissione, cioè la commissione per gli affari costituzionali, hanno respinto gli emendamenti menzionati dalla signora Commissario. Si tratta solo di un considerando – il Parlamento non riafferma la risoluzione cui si fa riferimento – ma non vedo in ogni caso la necessità di un riferimento. Al pari, mi sembra, di altri gruppi, il mio gruppo potrebbe votare contro quest’emendamento se esso sarà confermato dal gruppo che lo ha presentato; ascolterò con interesse i prossimi oratori.
Resta una questione: l’adeguamento della legislazione esistente. Il Commissario Wallström ha accennato al pacchetto di 25 misure che saranno adeguate urgentemente, con una proposta da presentare entro la fine di quest’anno. Oltre a questo, la Commissione si è impegnata a esaminare tutta la legislazione esistente per individuare i provvedimenti che necessitano di adeguamento e presentare poi una proposta. Il Consiglio però non si è affatto impegnato ad agire entro alcuna scadenza determinata, e quindi il Parlamento dovrà vigilare su questo aspetto con estrema attenzione. Abbiamo concluso un cessate il fuoco; non intendo certo infrangerlo, ma dovremo controllare scrupolosamente che il Consiglio si occupi seriamente del problema entro le necessarie scadenze temporali. Può darsi che l’accordo non segni ancora la definitiva conclusione di questa vicenda, ma a mio avviso si tratta comunque di un importantissimo salto di qualità e di un immenso progresso per il nostro Parlamento.
Vorrei terminare il mio intervento nel modo in cui il Commissario Wallström ha iniziato il suo, ossia ringraziando tutti coloro che hanno partecipato. Devo certamente ringraziare la Commissione, che ha ora una posizione del tutto diversa da quella che aveva alcuni anni fa; il merito di questa evoluzione, mi sembra, si deve in gran parte attribuire al Commissario Wallström. La Commissione ha assunto una posizione di deciso sostegno al punto di vista del nostro Parlamento, e nel corso di gran parte di questi negoziati le nostre posizioni sono state virtualmente identiche.
Desidero ringraziare le Presidenze britannica e austriaca: quella britannica ha avviato il processo con cui il Consiglio ha preso in esame la questione, mentre quella austriaca lo ha portato avanti con grande abilità. Naturalmente ringrazio pure il collega che mi ha affiancato nei negoziati, l’onorevole Daul, presidente della Conferenza dei presidenti di commissione; nell’arco di sei mesi ci siamo incontrati molte volte. Stasera sono quindi felice di poter annunciare a un’Aula gremita – almeno di quei colleghi che non stanno guardando la partita di calcio! – che abbiamo ottenuto un risultato di grande importanza: un buon risultato non solo per il Parlamento europeo, mi sembra, ma per l’intera Unione.
Presidente. – Onorevole Corbett, finalmente anch’io ho capito che cos’è la comitatologia, e quando sarò nello Yorkshire andrò in tutti i pub a spiegare di cosa si tratta.
Alexander Radwan, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, mi consenta anzitutto di congratularmi, come tedesco, con il Commissario Frattini per il risultato della partita di ieri, e di passare poi rapidamente al tema in discussione. Nelle mie osservazioni non ci sarà nulla di personale; intendo solamente confutare alcune idee erronee che si stanno diffondendo.
Oggi non stiamo discutendo questo problema perché ce lo abbia chiesto la Commissione, né per desiderio del Consiglio, che purtroppo ha abbandonato l’Aula prima dell’inizio del dibattito. Ne discutiamo perché lo hanno deciso le commissioni parlamentari che devono occuparsi di questi accordi – e in materia vi sono forti divergenze in seno all’Assemblea.
Si è ricordato che la Presidenza britannica ha inserito questo punto all’ordine del giorno; lo ha inserito effettivamente, perché – e qui entra in gioco la comitatologia – alcune commissioni del nostro Parlamento, tra cui la commissione per i problemi economici e monetari, non erano più disposte a firmare assegni in bianco e a delegare senza avere il diritto di controllare l’uso che di tale delega si faceva. Di questo discutiamo oggi: non di un regalo che viene fatto al Parlamento, ma di una prerogativa minima del Parlamento stesso nell’ambito del processo democratico.
Tanto più mi stupiscono, di conseguenza, gli sviluppi più recenti: all’inizio, signora Commissario, lei si è proclamata favorevole alla democrazia, ma ha concluso definendo inopportuna la clausola di caducità. Qualsiasi Parlamento ha tutti i diritti di fissare limiti temporali alla legislazione, e giudico intollerabile che la Commissione o il Consiglio pronuncino dichiarazioni di questa fatta o cerchino di negare tale diritto alla nostra Assemblea.
Mi limito a ricordare al Consiglio che, nel quadro del progetto di Costituzione e dei relativi dibattiti, esso si è spinto a concedere alla nostra delegazione il diritto di call-back, anche se oggi non ne vuol sapere. Sono stati compiuti progressi – su questo non si discute – e su tali progressi dobbiamo costruire. L’accordo deve dimostrare la sua validità pratica: per esempio, le commissioni parlamentari – mi riferisco in questo caso alla mia – hanno ricevuto la prima bozza di consultazione dalla Commissione solo poco prima della pausa estiva; dopo tale pausa il termine di otto settimane era scaduto, e ci è stato detto che dovevamo decidere nel giro di tre mesi. Sarà la prassi quotidiana a dimostrare che l’accordo funziona e che noi non rischiamo di vederci negare i nostri diritti.
Mi piacerebbe che la Commissione, e ancor più il Consiglio, che nei paesi in via di sviluppo sostengono la causa della democrazia e il diritto di codeterminazione – come fanno soprattutto i ministri degli Esteri –, applicassero standard almeno analoghi nei propri rapporti con il Parlamento europeo: sarebbe davvero un grande passo in avanti.
Pervenche Berès, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signor Presidente, il collega Corbett ha parlato di un buon risultato; ho appena lasciato uno schermo televisivo su cui campeggiava il risultato di 1-0 e quindi, in uno spirito totalmente europeo, ritengo che si tratti davvero di un buon risultato. L’onorevole Corbett ha ricordato la situazione dei cittadini dello Yorkshire. Non desidero certo scoraggiarlo, ma vorrei fargli notare che dovrà lavorare ancora molto per convincere tutti i deputati di quest’Assemblea dell’importanza cruciale della comitatologia, oltre che dei risultati ottenuti nel quadro del negoziato appena concluso. A tale proposito confido nei suoi poteri di persuasione.
Desidero congratularmi con i nostri negoziatori, onorevoli Corbett e Daul, per il risultato che abbiamo conseguito, ma ringrazio anche l’onorevole Radwan e i membri della commissione per i problemi economici e monetari, senza i quali questo negoziato non avrebbe avuto inizio.
Nel merito, desidero mettere in guardia la Commissione: d’ora in poi, avrete un dovere importante nei confronti del Parlamento, ossia quello di realizzare le misure esecutive in un quadro oggi chiaramente ridefinito. Noi veniamo regolarmente interpellati sulla necessità di controllare in che modo gli Stati membri applichino o eseguano i provvedimenti legislativi che noi deliberiamo in questa sede. Nel medesimo spirito dobbiamo verificare che, da parte sua, la Commissione faccia il necessario affinché le misure esecutive vedano la luce entro tempi ragionevoli. Dovremo pure riesaminare il Regolamento del Parlamento europeo per adeguare le nostre procedure a questi nuovi diritti, che dobbiamo poter esercitare pienamente.
Stasera ognuno può rallegrarsi per l’esito dei negoziati; ora però vorrei soffermarmi su tre questioni che a mio parere restano aperte.
La prima è quella dello status degli osservatori del Parlamento europeo in seno ai comitati di esperti della Commissione; in effetti, se vogliamo esercitare pienamente questo diritto di opposizione, questo diritto di call-back in materia di comitatologia, dobbiamo essere in grado – alle medesime condizioni dei rappresentanti del Consiglio – di seguire giorno per giorno i lavori dei comitati competenti in materia esecutiva.
In secondo luogo, per quanto riguarda le clausole di caducità, il minimo che abbiamo ottenuto nella dichiarazione fornisce la garanzia che ci occorreva per accettare l’accordo.
Passo infine al terzo punto, sotto forma di un avvertimento alla Commissione: quando il Parlamento europeo, nel campo dei provvedimenti quasi legislativi, respingerà una misura esecutiva nei termini in cui la Commissione l’avrà presentata, la Commissione non avrà solo la possibilità di proporre una nuova formulazione; avrà il dovere di farlo, altrimenti non sarà possibile porre in opera il livello 1.
Andrew Duff, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, il mio gruppo è lieto di poter offrire il proprio convinto sostegno a questa importante riforma, che costituisce l’ulteriore riprova dei grandi progressi registrati nello sviluppo costituzionale del Parlamento. Aggiungo i miei personali ringraziamenti ai principali artefici di questo complesso negoziato.
Il comitato di regolamentazione si è dimostrato l’aspetto più spinoso della comitatologia, del tutto sottratto a un effettivo controllo del Parlamento; per il Parlamento questo pacchetto ha tre conseguenze.
In primo luogo, ci mette in condizioni di parità con il Consiglio. In secondo luogo, dovrebbe incoraggiare il Parlamento a confidare maggiormente nel fatto che la Commissione eserciti con saggia moderazione l’autorità esecutiva che le compete. Il Parlamento può rinunciare ad occuparsi di alcuni dettagli, e questo ci offrirà l’occasione di concentrarci sulle questioni politiche piuttosto che sugli aspetti tecnici.
Infine, questo cambiamento obbligherà il Parlamento ad affinare e migliorare i criteri con cui le nostre commissioni esaminano e vagliano i prodotti della comitatologia. Dobbiamo essere pronti ad assumerci le nostre più ampie responsabilità con scrupolo e competenza.
Satu Hassi, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FI) Signor Presidente, come ha affermato il relatore, onorevole Corbett, siamo di fronte a un salto di qualità: lo accogliamo con soddisfazione e ne sono personalmente lieta. Finora, i poteri di supervisione di cui disponeva il Parlamento nell’ambito della procedura di comitatologia erano una pure e semplice farsa; spesso la Commissione ha persino ignorato il proprio obbligo di informare il Parlamento delle proprie decisioni.
Di recente, il Parlamento ha intrapreso un’azione legale contro la Commissione, che nell’ambito della comitatologia ha esorbitato dai propri poteri. La vicenda ha avuto inizio da un’iniziativa presa dal gruppo Verts/ALE in seno alla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, quando la Commissione europea – esorbitando dai propri poteri – ha concesso un’esenzione per un ritardante di fiamma vietato, il Deca-BDE. Il caso si è concluso con una duplice correzione: il Parlamento avrà il diritto di bloccare a maggioranza le future decisioni di comitatologia; per quanto riguarda il Deca-BDE c’è stata una correzione alla fine di giugno, allorché la Commissione ha praticamente rovesciato la propria decisione, con la conseguenza che questa pericolosa sostanza verrà eliminata dalle apparecchiature elettroniche. Me ne rallegro.
Maria da Assunção Esteves (PPE-DE). – (PT) Anch’io in questo momento seguo con sofferenza e trepidazione la partita fra Portogallo e Francia – tra parentesi, non tra Francia e Inghilterra, come aveva previsto l’onorevole Corbett.
Questo dibattito sul controllo democratico dei provvedimenti esecutivi segna una nuova epoca nella democrazia europea. L’Europa non è più intergovernativa, né una semplice area negoziale; è un’entità in sé e uno spazio di integrazione. Vuol essere una democrazia dotata di una propria legittimità, assai più significativa della somma delle legittimità dei singoli Stati membri.
La strada che ci porterà verso questa nuova epoca comprende procedure decisionali ed esecutive. In ultima analisi, su queste procedure si impernia la sfida di legittimità che devono affrontare tutte le classi politiche. Alludo alla sfida della trasparenza, alla sfida della responsabilità, alla sfida dell’efficacia, alla sfida di farci accettare con fiducia da coloro ai quali le nostre politiche sono dirette. Il controllo parlamentare delle competenze esecutive, già previsto da una Costituzione in stato di attesa, significa ben di più che mettere il potere democratico di legiferare su un piede di parità con il potere democratico di controllare.
Le Istituzioni europee ritengono che l’Europa debba configurarsi come autentica democrazia europea, e che un’autentica democrazia sia incompatibile con norme esecutive poste fuori dalla portata dei cittadini europei e dei loro organismi rappresentativi. Questo è appena un piccolo passo in avanti nella costruzione di un solido centro europeo forte e democratico, contraddistinto da processi decisionali costantemente aperti al riesame della propria legittimità.
Sarebbe opportuno coinvolgere i parlamenti nazionali nella nomina degli esperti nazionali dei comitati. In quella democrazia europea che costituisce il nostro progetto e la nostra aspirazione, la comitatologia rappresenterebbe la realtà di un lavoro in rete che accresce e non riduce la legittimità della nostra unione politica.
Friedrich-Wilhelm Graefe zu Baringdorf (Verts/ALE). – (DE) Signor Presidente, è una cosa positiva che il nostro Parlamento possa finalmente tuffarsi nella procedura di comitatologia della Commissione; è un progresso e un grande risultato per coloro che hanno portato avanti i negoziati. Manifestiamo loro la nostra gratitudine.
Non mancano però alcuni aspetti negativi. L’intera vicenda riguarda la procedura di codecisione piuttosto che quella di consultazione. Alla nostra commissione parlamentare – quella per l’agricoltura e lo sviluppo rurale – si applica ancora la procedura di consultazione; ora stiamo esaminando il regolamento sull’agricoltura biologica, e assistiamo ancora una volta ai tentativi della Commissione europea di usurpare le competenze della nostra commissione parlamentare. Non possiamo però respingere direttamente questi attacchi, e tale situazione deve cambiare: su questo punto l’accordo concluso in questa sede è carente.
Quando il progetto di Costituzione sarà andato in porto, la procedura di codecisione si applicherà anche all’agricoltura; per adesso, tuttavia, la Costituzione non c’è ancora. Spero che questa non diventi l’ennesima occasione in cui, sui temi dell’applicazione, ci limiteremo a menare il can per l’aia, con la conseguenza di perpetuare la procedura di consultazione e quindi una situazione in cui la Commissione europea continua a godere di diritti incompatibili con qualsiasi standard democratico.
Margot Wallström, Vicepresidente della Commissione. – (EN) Signor Presidente, gli interventi degli onorevoli deputati dimostrano che, com’è giusto, a quest’importante riforma sono stati dedicati grande impegno e approfondita riflessione. Abbiamo reso le procedure più trasparenti e democratiche.
D’ora in poi il Parlamento europeo dovrebbe essere in grado di delegare in piena coscienza alla Commissione le competenze esecutive, senza per questo rinunciare al legittimo diritto di controllo. In base alla nuova procedura, se il Parlamento dovesse opporsi alla sostanza di una misura esecutiva, la Commissione non potrebbe più adottarla in quella forma.
In presenza di questo sostanziale miglioramento dei diritti di controllo, non riteniamo necessario che il legislatore ponga limiti di tempo per la delega di competenze esecutive alla Commissione; credo al contrario che questo pacchetto debba fornire una soluzione stabile per il futuro. Proprio questo, naturalmente, era lo scopo dei negoziati.
Vorrei concludere soffermandomi su alcuni aspetti pratici, perché se domani approverete quest’accordo, dovremo continuare nella nostra proficua collaborazione. Tale collaborazione potrà esplicarsi in diverse forme: in primo luogo, grazie alle proposte di adeguamento che saranno formulate tra breve dalla Commissione; in secondo luogo, tramite il previsto miglioramento delle funzionalità del registro della comitatologia; e in terzo luogo, con la revisione del nostro accordo bilaterale del 2000 sulle procedure di applicazione delle decisioni di comitatologia.
Sono impaziente di continuare a lavorare con voi su questi problemi e vi ringrazio per i contributi che avete offerto al dibattito.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione è prevista per domani alle 12.00.
16. Procedura di informazione reciproca nei settori dell’asilo e dell’immigrazione - Integrazione degli immigrati nell’Unione europea - La politica di immigrazione dell’Unione europea (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta,
– la relazione presentata dall’on. Patrick Gaubert, a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, sulla proposta di decisione del Consiglio che introduce una procedura di informazione reciproca sulle misure degli Stati membri nei settori dell’asilo e dell’immigrazione
– la relazione presentata dall’on. Stavros Lambrinidis, a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, sulle strategie e i mezzi per l’integrazione degli immigrati nell’Unione europea [2006/2056(INI)] (A6-0190/2006),
– l’interrogazione orale degli onn. Martin Schulz e Martine Roure, a nome del gruppo PSE, alla Commissione, sulla politica di immigrazione dell’Unione europea (O-0061/2006 – B6-0311/2006),
– l’interrogazione orale dell’on. Ewa Klamt, a nome del gruppo PPE-DE, alla Commissione, sulla politica dell’Unione europea in materia di immigrazione
– l’interrogazione orale presentata dall’on. Jean Lambert, a nome del gruppo Verts/ALE, alla Commissione, sulla politica dell’Unione europea in materia di immigrazione (O-0070/2006 – B6-0318/2006),
– l’interrogazione orale dell’on. Jeanine Hennis-Plasschaert, a nome del gruppo ’’ALDE, alla Commissione, sulla politica dell’Unione europea in materia di immigrazione (O-0073/2006 – B6-0319/2006) e
– l’interrogazione orale degli onn. Roberta Angelilli e Romano Maria La Russa, a nome del gruppo “’”UEN, alla Commissione, sulla politica dell’Unione europea in materia di immigrazione (O-0079/2006 – B6-0322/2006).
Patrick Gaubert (PPE-DE), relatore. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, migliaia di immigrati perdono la vita cercando di raggiungere il continente europeo. Ceuta, Melilla, le Canarie, Lampedusa e Malta sono diventate simboli drammatici della gestione dei flussi migratori, soprattutto se provenienti dal sud del pianeta. Da lunedì circa mille uomini hanno cercato di sbarcare e sono sbarcati alle Canarie. L’Unione europea non deve allontanare il problema spingendolo fuori dai propri confini.
Da soli, i paesi africani non possono risolvere il problema della pressione migratoria. Signor Commissario, onorevoli colleghi, di recente sono stato responsabile di una delegazione di parlamentari europei alle Canarie. E’ vero che l’Unione europea propone assistenza e protezione alle frontiere, ma rimangono ancora uomini e donne accalcati sulle spiagge. La riunione sulla migrazione, che si terrà la prossima settimana a Rabat, rappresenta un primo passo molto incoraggiante. Finalmente, i rappresentanti di paesi europei e africani si riuniranno insieme attorno a un tavolo alla ricerca di soluzioni.
La politica di cosviluppo che l’Europa attuerà domani deve diventare più efficace, più intelligente e più sicura, per garantire che i fondi stanziati andranno esclusivamente a vantaggio delle persone. Se aiuteremo con efficacia i popoli africani a rimanere nei propri paesi permettendo loro di vivere decorosamente, eviteremo di contare i cadaveri sulle spiagge italiane, maltesi e spagnole.
In uno spazio privo di frontiere interne, come lo spazio Schengen, il coordinamento e la condivisione di informazioni tra le varie politiche nazionali in materia di immigrazione dei 25 Stati membri sono indispensabili. Per raggiungere questo obiettivo, il primo passo essenziale è migliorare lo scambio di informazioni tra Stati membri.
La mia relazione verte sull’introduzione di una procedura di informazione reciproca nei settori dell’asilo e dell’immigrazione. Ogni Stato membro è tenuto a comunicare agli altri Stati membri e alla Commissione le misure nazionali che intende adottare. I punti principali sviluppati nella relazione sono i seguenti. Tutti gli Stati membri dovranno fornire informazioni in merito alla situazione attuale delle rispettive legislazioni nazionali: esse costituiranno una banca dati iniziale che ci sarà utile per conoscere le diverse politiche in essere e capire quali modifiche apportare in futuro.
Il secondo punto riguarda la dimensione politica. La nuova procedura permetterà di stabilire un contatto permanente tra le amministrazioni nazionali. E’ importante spingersi oltre e aggiungere un elemento politico a quello amministrativo: sarà lo scopo di questo nuovo strumento.
L’ultimo punto che vorrei sottolineare riguarda l’accessibilità al pubblico. Il gruppo Verde/Alleanza libera europea ha presentato alcuni emendamenti tesi a mettere la rete a disposizione del pubblico. Sono sempre stato a favore di una maggiore trasparenza nelle procedure decisionali, ma non in questo caso specifico. Mi spiego: tutti i testi legislativi già adottati a livello nazionale sono normalmente resi pubblici. Tuttavia, i dibattiti politici sulle future misure e i progetti di legge in corso devono rimanere riservati, altrimenti i governi si rifiuteranno di sottoporci i loro progetti e di discuterne con noi, e noi non avremo mai queste informazioni.
Per concludere la prima parte del nostro dibattito congiunto, desidero ringraziare tutti i relatori ombra con i quali, negli ultimi mesi, ho lavorato in maniera efficace. Spero che insieme dimostreremo, nel voto di domani, la nostra volontà di lottare per una maggiore cooperazione tra Stati membri a livello europeo.
Per quanto attiene all’integrazione degli immigrati vorrei congratularmi con il collega, onorevole Lambrinidis, per il lavoro svolto e la sua volontà – e sottolineo, la sua volontà – di raggiungere un compromesso tra tutti i gruppi politici. La politica d’integrazione rappresenta un impegno reciproco per i paesi di accoglienza e i cittadini di paesi terzi che soggiornano legalmente. Questo impegno comporta diritti e doveri per entrambe le parti. Non si può promuovere l’immigrazione senza avere creato per gli immigrati le condizioni per un’accoglienza dignitosa in materia di lavoro, alloggio e istruzione dei bambini.
Una politica d’integrazione riuscita si basa quindi sull’ottenimento di un posto di lavoro che, a sua volta, richiede la conoscenza della lingua del paese di accoglienza. Perciò gli immigrati devono avere accesso a corsi di educazione civica e a programmi sulla parità tra uomo e donna, per meglio conoscere i valori del paese in cui sono ospitati.
Le relazioni presentate questa sera vertono sulle politiche di immigrazione e di integrazione nell’Unione europea. L’idea di tenere un dibattito congiunto è di particolare interesse, poiché è difficile dissociare le due cose. L’immigrazione e l’integrazione degli immigrati sono argomenti che raramente lasciano indifferenti. Questi temi così delicati sono oggetto di molteplici interrogativi e dibattiti che mobilitano i governi, i cittadini e i politici.
Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, la gestione dei flussi migratori sarà attuata a livello europeo perché, insieme, dobbiamo costruire un’Europa più sicura, più prospera e più giusta.
Stavros Lambrinidis (PSE), relatore. – (EL) Signor Presidente, sono convinto che la pacifica integrazione degli immigrati in Europa sia, come sfida, pari al successo dell’allargamento dell’Europa. Gli oltre 40 milioni di immigrati nell’Unione di oggi rappresentano, in termini di popolazione, un ventiseiesimo Stato membro.
Tuttavia, in contrasto con le politiche tese a una pacifica integrazione dei paesi candidati, negli ultimi anni l’Unione europea ha impegnato veramente pochi funzionari e poche risorse nella grande sfida dell’integrazione degli immigrati.
Il Consiglio dell’UE ha energicamente affermato il proprio impegno a favore dell’integrazione degli immigrati a Tampere nel 1999, ribadendo la propria posizione al Vertice di Salonicco durante la Presidenza greca del 2003, e ciò gli rende onore. La congratulazioni spettano anche alla Commissione e a Franco Frattini in persona per l’eccezionale documento di lavoro sull’integrazione degli immigrati pubblicato qualche mese fa, che ha posto l’accento sui principi comuni di base di Groningen.
Tuttavia, la realtà non è ancora minimamente all’altezza delle aspettative. Purtroppo, l’Unione è rimasta paralizzata per lungo tempo dalla diffusa opinione che l’integrazione sia un problema locale e che, di conseguenza, l’Europa in quanto tale non possa dare alcun contributo.
Effettivamente, le iniziative a favore dell'integrazione hanno forti radici locali. Scuole, aziende, luoghi di culto e altre istituzioni presenti a livello locale perseguono ogni giorno il difficile compito di favorire l’avvicinamento tra i nuovi arrivati e gli abitanti del luogo. Tuttavia, l’integrazione ha implicazioni paneuropee, soprattutto quando non riesce nel proprio intento.
Così, se da una parte le autorità locali, regionali e nazionali devono elaborare precise misure di integrazione da attuare nel caso specifico, dall’altra gli Stati membri devono portare avanti efficaci strategie di integrazione con risultati che promuovano gli interessi comuni dell’Unione. E’ proprio nel monitoraggio e nell’obiettiva valutazione di tali risultati che le Istituzioni europee possono e devono diventare molto più attive e particolarmente efficaci.
La mia relazione sottolinea che l’integrazione implica diritti e doveri, tanto per gli immigrati quanto per i cittadini degli Stati membri. Tra le proposte del documento spicca, per importanza, la necessità di avviare consultazioni per porre fine all’emarginazione sociale e politica degli immigrati e incoraggiarne l’integrazione sociale e – ancora più importante – psicologica, cosicché non si sentano da subito condannati all’emarginazione.
La lingua del paese di accoglienza, il sistema di valori, le tradizioni e i meccanismi delle istituzioni pubbliche devono essere insegnati a tutti gli immigrati mentre, al tempo stesso, lo Stato deve dar loro la possibilità di esprimere liberamente la propria identità culturale e avere pari accesso all’istruzione, al lavoro, all’alloggio e così via.
La relazione sottolinea, tra le altre cose, l’importanza di adottare misure positive per integrare gli immigrati nelle strutture dell’istruzione e dell’occupazione degli Stati membri, così come nelle strutture dei partiti politici degli Stati membri. Essa sollecita gli Stati membri ad applicare direttamente, equamente e senza restrizioni proibitive le direttive esistenti in materia di razzismo e xenofobia, di ricongiungimento familiare, di parità di trattamento nell’occupazione e di status dei soggiornanti di lungo periodo.
Il documento sottolinea l’importanza di provvedere ai diritti di naturalizzazione degli immigrati soggiornanti di lungo periodo, soprattutto per i figli degli immigrati nati e cresciuti tra noi. Inoltre propone che gli Stati membri nominino un ministro dotato di responsabilità in materia di coordinamento dell’integrazione e un mediatore per l’immigrazione.
I paesi dell’UE devono accogliere più immigrati, e se sì, come e quanti? Sappiamo tutti che la questione è oggetto di un dibattito pubblico molto vivace in numerosi Stati membri. Invece, la risposta alla domanda se dovremmo garantire una pacifica integrazione degli immigrati che già vivono e lavorano tra di noi è, di per sé, ovvia.
Essi devono diventare membri a pieno titolo delle nostre società. Qualsiasi altro risultato vorrebbe dire accettare e optare per una società con cittadini di prima e di seconda classe. Questa politica minerebbe il tessuto sociale ed economico delle nostre società. In altre parole, sarebbe sbagliata e non andrebbe a vantaggio di nessuno.
Per concludere desidero ringraziare vivamente tutti i gruppi politici, i relatori ombra e i coordinatori, soprattutto lei, Patrick, merci beaucoup, perché so quanto sia stato difficile per tutti noi promuovere questa relazione. Ringrazio tutti voi della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni per gli emendamenti importanti che hanno reso questa relazione più forte e più ricca, e soprattutto lei, Jeanine.
So che non sempre è stato facile trovare il giusto compromesso, ma ci abbiamo provato e ci siamo riusciti in più occasioni. Grazie ancora.
Ewa Klamt (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, essendo tra le regioni più sicure al mondo, caratterizzata da una delle più forti economie, l’Unione europea è sotto pressione per il gran numero di persone che vi vogliono migrare, e gestire questo flusso sarà uno dei compiti della futura Europa. La nostra politica europea in materia di migrazione deve puntare a gestire la migrazione legale e prevenire quella clandestina, perché è possibile avere spazio per chi immigra legalmente solo tenendo a bada i clandestini.
In un’Unione europea dotata di frontiere interne completamente aperte, la migrazione può e potrebbe essere regolamentata solo tenendo conto degli altri Stati membri in una logica di responsabilità congiunta, un punto che l’onorevole Gaubert ha evidenziato molto chiaramente nella sua relazione.
La relazione dell’onorevole Lambrinidis dimostra che il sostegno agli sforzi tesi all’integrazione degli immigrati è un’altra componente importante di una politica in materia di migrazione ragionevole e coerente, ma dal documento della Commissione – che devo dire è eccellente – sembra che l’Unione europea riesca unicamente a stabilire le condizioni quadro. Indubbiamente una mancata integrazione non solo è fonte di frustrazione per gli immigrati, ma diminuisce considerevolmente le possibilità che la società ospitante accetti l’immigrazione.
Mentre vale sicuramente la pena impegnarsi per una politica di immigrazione ben strutturata, le regioni europee di confine hanno bisogno di aiuto: ne hanno bisogno ora, immediatamente. Dovremmo tutti preoccuparci per quanto avviene a Malta, alle Isole Canarie, a Lampedusa, a Ceuta e Melilla; tutti gli Stati membri, la Commissione e questa Assemblea devono aiutare i paesi interessati da subito, senza indugio e senza burocrazia.
E’ possibile trovare soluzioni a medio termine solo mediante uno sforzo congiunto in vari ambiti politici, ad esempio nella politica interna ed esterna e nella cooperazione allo sviluppo. La cooperazione e il sostegno a favore dei paesi di transito e dei paesi d’origine rientrano nella soluzione. Noi, che ci occupiamo di elaborare una politica interna, siamo pronti a dare il nostro contributo in tal senso.
Manuel Medina Ortega (PSE). – (ES) Signor Presidente, parlo a nome del gruppo socialista al Parlamento europeo per esporre l’interrogazione presentata a nome del gruppo dagli onorevoli Schulz e Roure. L’interrogazione è complementare alle relazioni dell’onorevole Gaubert e dell’onorevole Lambrinidis sui temi dell’immigrazione. Vorrei dire che queste due relazioni rappresentano un contributo importante per risolvere il problema dell’immigrazione.
La preoccupazione fondamentale è che deve esistere una politica globale in materia di immigrazione. Sinora abbiamo avuto solo frammenti di politiche. Speriamo che, prendendo spunto dalle risoluzioni dell’ultimo Vertice di Bruxelles, si possa elaborare una politica globale.
Una politica di immigrazione globale, però, deve iniziare dai paesi d’origine. In altre parole, cosa stiamo facendo nell’Unione europea per impedire che l’immigrazione sia l’unica fonte di reddito per gli abitanti di molti di questi paesi? Ecco il primo punto che dobbiamo tenere in considerazione.
In secondo luogo, visto che non sarà possibile risolvere i problemi dei paesi in via di sviluppo a breve termine, quali misure stiamo adottando per proteggere le nostre frontiere esterne, includendo, logicamente, una politica di immigrazione legale – già prevista nel programma dell’Aia dal dicembre 2005 – dando così la possibilità a quei cittadini che vogliono venire a lavorare nell’Unione, se vi sono posti disponibili, di farlo in maniera legale?
In terzo luogo, com’è appena stato detto per le precedenti relazioni, dobbiamo ricordarci che al momento, non esistendo una politica europea in materia di immigrazione, ogni paese deve farsi carico dei costi e delle attività di questa politica. In questo momento ci sono alcuni paesi di confine, non solo nel sud dell’Europa ma anche nel centro, che devono far fronte a un onere eccessivo per prendersi cura di questi immigrati clandestini a livello umanitario.
Finora le risorse che abbiamo avuto a disposizione erano minime. Per quest’anno sembra che disponiamo solo di 5 700 000 euro. Speriamo che, con l’approvazione delle prospettive finanziarie, dal 1° gennaio 2007 disporremo di maggiori risorse. Ricordiamoci inoltre che questi immigrati non sono extraterrestri, non sono robot né macchine, bensì esseri umani che devono vivere in società, con necessità familiari e affettive che devono essere soddisfatte.
Soprattutto, una cosa che l’Europa non può tollerare è avere due classi di cittadini: quelli che – per usare un’espressione impiegata da un settore dell’estrema destra francese – sono de souche, vale a dire di ceppo europeo, e quelli che non lo sono, perché, come abbiamo visto di recente, ciò è fonte di una serie di problemi sociali molto difficili da risolvere.
Dobbiamo integrare gli immigrati nelle nostre società. Non possiamo escluderli dal cuore della nostra società. Un immigrato, o i figli e i nipoti degli immigrati, hanno diritto di vivere come persone, in condizioni di parità con tutti gli altri cittadini dell’Unione.
Bisogna anche considerare che il flusso di immigrazione non deve necessariamente essere del tutto irreversibile. Nel cuore di ogni immigrato alberga il desiderio di tornare al proprio paese d’origine. Cosa stiamo facendo per garantire che gli immigrati abbiano la possibilità di mantenere un legame con il proprio paese, per potervi tornare senza dover ricorrere alle terribili procedure dell’immigrazione clandestina, cosicché la permanenza all’estero sia considerata nient’altro che una fase transitoria, di modo che, al loro ritorno, possano arricchire la società del paese d’origine?
E’ quanto succedeva in alcuni paesi dell’Unione europea come la Spagna, l’Italia, il Portogallo e la Grecia in un periodo in cui il tempo trascorso all’estero era visto semplicemente come una fase per poi tornare al paese d’origine e rafforzare la sua economia.
Spero che il Commissario Frattini ci aiuti in questo senso – ci aspetta un grande compito – e che le Istituzioni dell’Unione, la Commissione, il Consiglio e il Parlamento possano sviluppare la politica di immigrazione che è tanto fondamentale in questo momento.
Jeanine Hennis-Plasschaert (ALDE). – (NL) Signor Presidente, tutte le belle parole del Consiglio, iscritte nel programma di Tampere e ribadite nel programma dell’Aia, hanno dato sinora pochissimi frutti. Di tanto in tanto il Consiglio fa qualche piccolo passo avanti, seppure con riluttanza e seguendo una logica del minimo comune denominatore. Il Consiglio, con mio grande dispiacere, brilla per assenza anche ora, in questo minidibattito.
E’ chiaro che i programmi nazionali compromettono seriamente l’agenda europea: è proprio in quei programmi che gli Stati membri sono fortemente impegnati. La necessità di avere una proposta della Commissione per indurre gli Stati membri a cooperare con maggiore efficacia nello scambio di informazioni esemplifica la passività degli Stati membri nell’istituire una politica comune in materia di asilo e di immigrazione. Come l’onorevole Gaubert ha appena affermato, lo scambio di informazioni è di fondamentale importanza ed è, molto semplicemente, una necessità.
Il tema dell’immigrazione è una delle principali sfide per il 2006 e lo sarà anche nel prossimo futuro, ma il consolidamento delle frontiere esterne non sarà sufficiente e non deve, in effetti, essere il nostro intento. Il Commissario Frattini lo ha già ricordato e ha presentato un pacchetto completo di misure in materia. Il Consiglio e la Commissione dovranno quindi affrettarsi a realizzare alla lettera tutte le ambiziose intenzioni.
La politica comune di asilo, la procedura uniforme di asilo e lo status uniforme di asilo, grazie ai quali chi ha diritto a protezione sarà in grado di riceverla, devono essere completati entro e non oltre il 2010. Occorre quindi mettere urgentemente a punto una politica comune europea di rimpatrio – e a tale proposito desidero sottolineare che tutti, immigrati legali e clandestini, hanno diritto a un trattamento dignitoso e rispettoso – che deve prevedere campagne di informazione e di sensibilizzazione nei paesi d’origine e di transito, concludere con essi accordi di associazione e di cooperazione, creare un chiaro nesso tra politica di immigrazione e adozione di una politica di sviluppo e, soprattutto, la rapida introduzione di una green card europea.
Poiché le mie domande sono scritte nero su bianco e il tempo è limitato non le ripeterò in questa sede, ma mi aspetto una risposta chiara, sicuramente in merito alla clausola passerella. Dopo tutto, coraggio politico significa avere a disposizione i giusti strumenti per dare visibilità alle proprie convinzioni.
Jean Lambert (Verts/ALE). – (EN) Signor Presidente, vorrei intervenire brevemente sul tema dell’integrazione. Sappiamo da alcune ricerche e progetti realizzati nel quadro del programma EQUAL – non ultimo il capitolo sui richiedenti asilo – che il messaggio che appare evidente è che per i nuovi arrivati l’integrazione inizia dal primo giorno, mentre per le comunità ospitanti inizia dal giorno precedente. Abbiamo una lunga serie di buone pratiche in materia a cui dovremmo ispirarci, di modo che questo processo possa darci i maggiori risultati possibili. Ciò significa anche rendersi conto che, in alcune parti del mondo, la migrazione è parte integrante della politica di sviluppo.
Credo siamo tutti d’accordo sul fatto che chi vuole emigrare debba farlo per libera scelta. Tuttavia, sappiamo che molti clandestini in realtà sono persone rimaste dopo la scadenza del visto, e non entrate illegalmente. Sappiamo inoltre che molte persone si trovano in una posizione non totalmente conforme alla legge, perché le norme sono poco chiare o di difficile accesso.
Sino a quando non si inizierà a valutare l’aspetto dello sviluppo sarà come schiacciare un palloncino: facendo pressione da una parte, cambia forma dall’altra. Dobbiamo quindi analizzare la questione molto seriamente, e gli Stati membri devono smettere di lamentarsi e iniziare a cooperare su un sistema comune di migrazione.
Dobbiamo anche stare attenti alla mercificazione delle persone. Quando guardo le politiche di alcuni Stati membri che pensano di utilizzare manodopera non qualificata proveniente dai nuovi Stati membri, e non cittadini di paesi terzi, non so che messaggio venga lanciato. In realtà sappiamo che per le persone di alcuni dei paesi più poveri l’accesso al lavoro nell’Unione europea è di fondamentale importanza per lo sviluppo del loro paese, e le rimesse degli emigrati possono essere otto volte superiori agli aiuti da noi concessi. Sappiamo che le persone sono attirate dai paesi ricchi quando le disuguaglianze sono più evidenti.
Sono interessata al modo in cui la Commissione tratterà l’aspetto dello sviluppo e le politiche commerciali, affinché le nostre politiche procedano in maniera coerente invece di essere in continuo contrasto.
Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. – Signor Presidente, onorevoli deputati, ho raccolto molti suggerimenti dalle relazioni e dalle questioni proposte e per questo ringrazio vivamente i due relatori e tutti gli autori degli altri documenti discussi oggi.
Nel mio intervento cercherò di definire le linee guida dell’azione che la Commissione sta sviluppando anche perché tutti gli onorevoli parlamentari sanno che solamente sei o sette mesi fa vi erano molti dubbi all’interno dei Consigli europei sulla dimensione realmente europea e non nazionale della grande sfida della gestione globale dei flussi migratori.
Il dato politico più importante, che molte volte viene ricordato ma qualche volta viene dimenticato, è che, da novembre-dicembre dello scorso anno, finalmente il Consiglio europeo ha espresso una voce comune, cioè ha riconosciuto, sviluppando quella che fu l’intuizione di Salonicco 2003, che l’immigrazione richiede un approccio globale e questo approccio globale non può che essere europeo. E’ un passo politico di indubbio peso e oggi noi siamo chiamati ad attuare il piano d’azione.
Questo piano d’azione si traduce in una serie di iniziative concrete che voi conoscete perfettamente: sono le proposte che la Commissione ha presentato negli scorsi mesi e che sono in parte oggetto delle relazioni e delle questioni da voi proposte. Ad esempio, uno dei principi chiave per l’azione europea è il principio di solidarietà tra gli Stati membri dell’Unione. Tale principio implica molte cose: in primo luogo significa che gli Stati membri si impegnano a sostenersi reciprocamente qualora uno di essi sia sottoposto ad una pressione migratoria particolare.
Il secondo aspetto del principio di solidarietà è proprio quello a cui è dedicata la relazione dell’onorevole Gaubert che ho molto apprezzato. E’ una relazione che nasce da una proposta che io formulai nel 2005 quando mi resi conto della necessità di rendere più stabile quella reciproca informazione preventiva di ciascuno Stato membro che legittimamente volesse adottare iniziative nel campo dell’immigrazione, quando queste iniziative abbiano un impatto sugli altri Stati membri. Rendere stabile un meccanismo di consultazione è un altro modo per applicare il principio di solidarietà. Non dobbiamo dimenticare che, quello che avviene all’interno dei confini di ciascuno Stato, ha delle ripercussioni sugli altri Stati, questo è il meccanismo di reciproca consultazione ed informazione.
Accetto con piacere tutte le proposte della relazione dell’onorevole Gaubert, ivi comprese delle proposte aggiuntive come quella di un dialogo politico permanente a livello ministeriale e anche quella di avere un rapporto annuale – che la Commissione è ben lieta di presentare ogni anno a questo Parlamento – sul funzionamento di questo meccanismo. E’ stato detto da chi mi ha preceduto: “Perché questo meccanismo funzioni occorre fiducia reciproca tra gli Stati membri”. Se non c’è fiducia reciproca noi potremo scrivere le regole, ma le regole resteranno solo sulla carta”. Occorre quindi esercitare una persuasione politica nei confronti degli Stati membri, spiegando loro che, se non comunicano, se non informano gli altri Stati in un reale spirito di condivisione europea, una volta potrà, come si dice in italiano, “andar bene ad uno ma un’altra volta andrà male”. Quindi conviene a tutti essere sempre totalmente trasparenti e questo è lo spirito della relazione dell’onorevole Gaubert che condivido.
Quali sono le grandi linee comuni della politica europea dell’immigrazione? In primo luogo, una sfida che deve essere globale ed europea. In secondo luogo – ed è l’aspetto più innovativo –, un ruolo dell’Unione europea sulla scena internazionale come attore unico, ad esempio e soprattutto, nelle aree geografiche vicine, mi riferisco anzitutto all’Africa, all’area del mediterraneo, ai nostri vicini dell’est: queste sono le tre grandi aree geografiche dove l’Europa deve concretamente esercitare un’azione politica come attore unico per avere una voce sola.
All’interno di questa sfida politica quali sono le cose da fare? Innanzitutto, affrontare a livello europeo le cause profonde che portano all’immigrazione. L’onorevole Lambert ha appena affermato molto correttamente che: “Dobbiamo trasformare un’immigrazione frutto della disperazione in un’immigrazione frutto delle scelte delle persone che, liberamente, decidono di andare a vivere e a lavorare nell’Unione europea, ma che non sono costrette a fuggire perché nei loro paesi c’è la povertà, perché non c’è l’acqua potabile, o perché l’ambiente è distrutto. Allora cosa fare? Orientare le politiche europee di aiuto allo sviluppo verso delle strategie che affrontino la carenza di sviluppo locale. Ad esempio organizzare interventi mirati nei paesi di origine dei flussi migratori, per promuovere gli investimenti e la ristrutturazione del sistema agricolo o del tessuto ambientale, molto spesso devastato e degradato.
Stiamo pensando a dei progetti da finanziare insieme alla Banca mondiale per usare le rimesse degli immigrati regolari e investirle nella loro patria – sempre se lo vorranno ovviamente. Ma qual è l’ostacolo? Molto spesso gli immigrati non hanno accesso al credito bancario e allora a tal proposito, vogliamo promuovere dei servizi di credito più disponibili ad investire, ad esempio, in una piccola o media impresa in un paese di origine. Stiamo sviluppando dei progetti di cosiddetto microcredito proprio per favorire la ripresa di tanti punti di investimento nei paesi di origine.
Questo lavoro avrà uno sviluppo politico globale, rappresentato dal contributo dell’Europa, che io mi auguro parlerà davvero con una voce sola, alla sessione di settembre delle Nazioni Unite che comunemente viene definita High Level Dialogue on Migration and Development. Tale sessione avrà luogo a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, è una sessione in cui si metterà a fuoco il rapporto tra immigrazione e sviluppo dei paesi di origine e l’Europa presenterà – mediante una proposta che io presenterò tra qualche giorno prima della pausa estiva alla Commissione – un documento strategico, contributo della Commissione europea a questa riflessione che è, credo, il primo tema al quale ci dobbiamo rivolgere.
Il secondo tema è la lotta al traffico di esseri umani, come accennato dall’onorevole Klamt. Voi saprete che ormai il traffico di esseri umani è una delle maggiori fonti di reddito per una criminalità organizzata senza scrupoli. Abbiamo ormai delle informazioni molto chiare sui flussi di traffico, sull’origine dei trafficanti e addirittura sulla tariffa che viene chiesta a ciascuno dei disperati che vengono trasportati senza neanche garanzia di arrivare vivi. In media i trafficanti chiedono a queste persone disperate una cifra enorme, tra i millecinquecento e i duemilacinquecento dollari ciascuno senza nemmeno la garanzia, di arrivare vivi dall’altra parte del Mediterraneo.
E’ chiaro che la lotta al traffico di esseri umani deve andare di pari passo con la protezione delle vittime del traffico e quindi con il tema delle vittime vulnerabili, delle donne immigrate, dei bambini vittime del traffico di immigrati clandestini.
Credo che a tale proposito si debba considerare, perché bisogna farlo, anche una politica di rimpatrio come azione europea nei confronti di coloro che non possono restare in quanto sprovvisti di titolo sul territorio europeo. Ritengo che si debbano organizzare delle azioni europee di rimpatrio fissando con le organizzazioni delle Nazioni Unite norme di rispetto individuale, non solo dei diritti, ma anche della dignità di queste persone che debbono sì essere rimpatriate, ma debbono essere rimpatriate nell’assoluto rispetto di quegli standard stabiliti dalle convenzioni internazionali.
In questo ambito stiamo lavorando agli accordi di riammissione. In questo momento abbiamo delle sfide molto ambiziose, quali quella di concludere al più presto con il Marocco e poi con l’Algeria degli accordi di riammissione ancora una volta europei, e non più bilaterali tra Stato e Stato per aumentare questa dimensione politica dell’Europa.
Il terzo tema è l’immigrazione legale che io vedo come un’opportunità, e non certo come un pericolo. E’ evidente che nell’ambito dell’immigrazione legale noi dobbiamo rispettare le regole nazionali. Basti ricordare ad esempio, che persino nel trattato costituzionale che firmammo a Roma, avevamo chiarito che il numero degli immigrati che possono entrare in ogni paese è determinato a livello nazionale, ma, detto questo, a mio avviso sono necessarie delle regole comuni sull’ammissione degli immigrati legali e condivido pienamente l’opinione di chi ha detto: “Non chiediamo e non reclutiamo soltanto immigrati lavoratori altamente specializzati perché così rischiamo con il brain drain di impoverire i paesi di origine”. Il nostro intento è piuttosto quello di favorire la circolazione perché è chiaro, come qualcuno ha detto, che molti immigrati desiderano tornare nel loro paese di origine, nella loro patria e noi dobbiamo aiutarli in questo.
Ma poi in Europa occorrono lavoratori stagionali, lavoratori nell’agricoltura, lavoratori in tanti settori che non sono altamente specializzati ma che servono e quindi possiamo limitarci solo agli ingegneri, ai medici o ai ricercatori, perché in questo modo si causerebbe un impoverimento dei paesi di origine.
Il quarto tema è l’integrazione, l’onorevole Lambrinidis sa quanto io apprezzi il suo lavoro, e in modo particolare questa relazione perché finora, l’integrazione non è stata considerata per quello che effettivamente è: un elemento inscindibile dalla politica migratoria. Mi permetto di dire: “Sarebbe irresponsabile accogliere immigrati senza integrarli perché si finirebbe con l’aumentare la loro frustrazione, il loro senso di isolamento”.
E proprio a tal proposito, le nostre proposte prevedono che ci si concentri sui settori chiave, sui diritti civili, sugli alloggi, sull’educazione, sul lavoro ovviamente regolare e non clandestino. Abbiamo proposto, e lo stiamo mettendo in funzione, un forum europeo permanente per l’integrazione e in tale forum avranno una parola importante i governi locali. Per quanto tempo abbiamo dimenticato i sindaci, i governatori delle regioni, le associazioni della società civile? E se parliamo di integrazione non possiamo pensare solo alle capitali degli Stati membri. Il forum europeo per l’integrazione si occuperà proprio di questo aspetto e io spero nel sostegno di questo Parlamento per approvare il Fondo europeo per l’integrazione. Non è un fondo che sostituisce le politiche nazionali, ma le ad essere più efficienti.
Il quinto tema è l’immigrazione illegale. Sto per promuovere un’iniziativa che la Commissione dovrebbe approvare il 19 luglio su alcune linee guida per l’immigrazione illegale. In primo luogo ritengo che nei paesi di origine si debba promuovere una vera e propria strategia di educazione e di comunicazione. Gli aspiranti immigrati non sanno quali siano le regole quando arrivano in Europa, non conoscono la lingua, non conoscono le opportunità di lavoro, non conoscono le leggi dei paesi europei che, invece dovranno rispettare e allora perché non pensare, ed è una delle proposte, a dei corsi di formazione professionale, a dei corsi linguistici nei paesi di origine che l’Europa può incoraggiare e anche cofinanziare per preparare un’immigrazione legale e necessaria. E’ evidente che, se vogliamo sconfiggere l’immigrazione illegale, dobbiamo sconfiggere il lavoro nero, perché il lavoro nero è sfruttamento ed è anche un fattore attrattivo per nuova immigrazione illegale.
Sesto tema, le misure urgenti di prevenzione e sostegno concreto agli Stati membri in maggiore difficoltà. La missione alle Isole Canarie è decisa, tredici Stati membri hanno accettato di partecipare, metteranno a disposizione mezzi navali e aerei per il pattugliamento della costa atlantica davanti alle Isole Canarie. Partirà poi una seconda missione europea per aiutare Malta e per il pattugliamento mediterraneo. Credo che si tratti di azioni che, per la prima volta e lo sottolineo ancora, sono sotto il coordinamento dell’Agenzia Frontex, cioè dell’Europa. Non sono azioni di singoli Stati membri che si uniscono ma c’è un’Agenzia europea che coordina i lavori.
Si tratta di misure urgenti di pattugliamento e non solo, sono anche misure di salvataggio delle vite umane in mare perché l’aspetto umanitario di questa immane tragedia, è che noi ogni settimana nel Mediterraneo, nel mare del mio paese, vediamo gente morire in mare e molto spesso non riusciamo nemmeno a recuperarne i corpi. Quindi sono azioni anche queste assolutamente indispensabili.
Infine il settimo tema, l’aiuto ai paesi di origine e di transito degli immigrati. Dobbiamo dare aiuti concreti, dobbiamo lavorare con loro e mi permetto di dire in uno spirito che sostituisca il solito tono delle relazioni internazionali, con un vero e proprio partenariato. Sto per partecipare alla Conferenza di Rabat che avrà luogo lunedì e martedì della prossima settimana, proprio in Marocco. In occasione di questa conferenza, per la prima volta i paesi africani e l’Europa si incontreranno per elaborare un piano d’azione comune.
Io credo che in seguito occorrerà creare uno strumento per il monitoraggio costante delle iniziative che adotteremo da qui a qualche giorno e che poi sarà necessario un secondo incontro, questa volta con l’egida dell’Unione africana. Ritengo che il futuro sia l’Unione africana e l’Unione europea mediante un programma strategico. Penso che questo possa davvero fare la differenza.
PRESIDENZA DELL’ON. McMILLAN-SCOTT Vicepresidente
Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL), relatore per parere della commissione per l’occupazione e gli affari sociali. – (EL) Di recente abbiamo tutti assistito al fallimento della politica di integrazione degli immigrati applicata da numerose società europee. Siamo sopravvissuti alle esplosive conseguenze del tracollo del tessuto sociale. Occorre quindi adottare misure a livello regionale, nazionale ed europeo per colmare il divario tra immigrati e società ospitanti.
La commissione per l’occupazione e gli affari sociali ha deciso di invitare gli Stati membri a introdurre uno status giuridico sicuro e una serie di diritti garantiti a sostegno di questo sviluppo:
– mediante la firma e la ratifica della Convenzione ONU del 1990 che riconosce i diritti di tutti gli immigrati, a prescindere dal loro status giuridico;
– ponendo fine al disagio sociale e adottando un pacchetto di chiare norme giuridiche per tutti i lavoratori migranti;
– adottando misure per promuovere l’istruzione e l’informazione degli immigrati sui loro diritti sociali e diritti all’occupazione;
– garantendo ai singoli individui permessi di lavoro e di residenza e potenziando le informazioni e la partecipazione delle società ospitanti nel processo di integrazione.
Sono lieto che la relazione dell’amico, onorevole Lambrinidis, adotti molte delle idee proposte dalla commissione per l’occupazione e gli affari sociali.
Barbara Kudrycka, a nome del gruppo PPE-DE. – (PL) Signor Presidente, desidero innanzi tutto congratularmi con i relatori, onorevole Gaubert e onorevole Lambrinidis, per essersi adoperati per porre le basi di una politica comune e moderna dell’UE in materia di immigrazione. Queste azioni congiunte non devono solo aiutare a risolvere i problemi legati alle ultime ondate di immigrazione, ma devono anche favorire l’integrazione dei figli degli immigrati nati in Europa.
Passare dalle parole ai fatti richiede non solo una buona base giuridica e il reciproco scambio di informazioni, ma soprattutto finanziamenti. E’ quindi positivo che, oltre ai fondi per i rifugiati e ai fondi per difendere le nostre frontiere esterne, si sia costituito un fondo per il rimpatrio e l’integrazione degli immigrati. Come relatrice su questi fondi vorrei sottolineare che siamo riusciti a fugare tutti i dubbi sulla base giuridica del fondo di integrazione, e che quindi esiste una decisione per costituire questo fondo che contribuirebbe a istituirlo all’unanimità.
E’ da considerare un successo per il Parlamento. Vi è solo una minima opposizione da parte di un gruppetto di paesi che, bisogna dirlo, hanno notevoli problemi con l’integrazione degli immigrati e la cui posizione, quindi, lascia ancora più perplessi. E’ positivo, quindi, che l’onorevole Lambrinidis abbia elaborato una risoluzione sull’integrazione degli immigrati. Tuttavia, anche questa proposta di risoluzione ha suscitato discussioni, soprattutto sui diritti politici degli immigrati. Concedere diritti politici, e quindi il diritto di voto alle elezioni locali, è una decisione che, conformemente al principio di sussidiarietà, rientra nella sfera di competenza degli Stati membri, nella maggior parte dei quali questo diritto è subordinato al possesso della nazionalità del paese. Come Parlamento abbiamo il diritto di avanzare raccomandazioni politiche, ma ricordiamoci che non possiamo obbligare gli Stati membri a integrare queste disposizioni nelle rispettive legislazioni nazionali.
Un’altra cosa importante è che non si può permettere che lo status giuridico dei cittadini dei nuovi Stati membri in materia di accesso ai mercati del lavoro, ai servizi, all’istruzione e agli alloggi sul territorio dei 15 vecchi Stati membri sia peggiore rispetto alla situazione degli immigrati legali provenienti da paesi terzi. Per favore, ricordiamoci di chi già si è integrato nell’Unione europea nel maggio 2004.
Claude Moraes, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, il nostro paese è fuori dai mondiali di calcio, quindi possiamo stare qui tutto il tempo che vogliamo!
Mi congratulo con il Commissario per avere cercato di mettere in atto la comunicazione della Commissione del settembre 2005 e di dotarci di vere e proprie politiche con cui possiamo compiere progressi.
Ovviamente anche il Consiglio deve dimostrare di essere un partner attivo, e speriamo che la Presidenza finlandese riprenda il dibattito, dimostratosi molto progressista, al Consiglio di Tampere. Spero vedremo chiari segnali in tal senso.
La relazione Lambrinidis è un’aggiunta positiva e innovativa al nuovo dibattito sull’integrazione in Parlamento. E’ positiva per una serie di motivi. Il relatore non si limita ad analizzare tutte le idee sull’integrazione che nei diversi partiti sono di maggiore tendenza, bensì cerca di vedere cosa funziona. Si tratta per noi di un argomento troppo serio per non valutare i modelli che realmente funzionano. Dice che dobbiamo condividere le migliori prassi, cosa che al momento non stiamo facendo. Parla dell’attuazione delle direttive che faranno funzionare l’integrazione, ad esempio le direttive sull’uguaglianza razziale. Fa riferimento ai soldi, alle modestissime somme da noi destinate all’integrazione, considerando i grandissimi risultati, i grandissimi vantaggi sociali ed economici che otterremmo puntando sul tipo di progetti di cui ha parlato il Commissario, che si tratti di progetti linguistici o di altri progetti di integrazione.
Tutte queste cose sono importanti ma, in ultima analisi, dobbiamo smettere di pensare che l’integrazione non sia utile per l’Unione europea. L’integrazione è invece di grande utilità per l’Unione europea: non solo la condivisione delle migliori prassi, con l'analisi dei migliori modelli di integrazione, ma anche la volontà politica dell’Assemblea di fornire sostegno locale a chi crede nell’integrazione quale vantaggio per la società, favoriscono l’economia e, in definitiva, creano armonia nell’UE.
L’onorevole Lambrinidis ha elaborato una relazione che ci porta un passo avanti. Speriamo che l’Assemblea si faccia promotrice di altre iniziative, che la Commissione continui a essere forte e che il Consiglio si unisca a noi in questa lotta.
Ona Juknevičienė, a nome del gruppo ALDE. – (LT) Desidero innanzi tutto congratularmi con chi ha elaborato le relazioni per l’ottimo lavoro svolto. Sono felice che molte idee contenute in questi documenti siano state approvate dalla commissione per l’occupazione e gli affari sociali quando si è espressa sul parere da me redatto sulle questioni inerenti alla migrazione e allo sviluppo.
La Comunità concede l’accesso a un sempre maggior numero di emigrati provenienti da quasi tutti i paesi in via di sviluppo dell’Asia, dell’Africa e dell’America latina e, ad oggi, non si prevede una riduzione della portata del fenomeno. Non disponendo di una strategia di sviluppo comunitaria per il mercato del lavoro che includa la migrazione dai paesi in via di sviluppo, questa relazione riuscirà in parte a colmare il vuoto. Se la Comunità è sprovvista di una politica comune per regolamentare i flussi migratori e le disposizioni giuridiche delle singole nazioni sono inadeguate, si apre la porta alla migrazione clandestina, allo sfruttamento , alla tratta di esseri umani e ad altri crimini. Anche in Lituania sono stati registrati casi simili. Le persone fuggono dalla Lituania, mentre i datori di lavoro cercano immigrati provenienti da paesi terzi.
La relazione afferma che l’immigrazione proveniente dai paesi in via di sviluppo aiuterà a risolvere i problemi del mercato del lavoro nella Comunità, e aggiunge che gli emigrati contribuiranno a sviluppare i propri paesi con le loro rimesse. In parte è vero, ma credo sia una visione piuttosto riduttiva e che il problema del lavoro continuerà a esistere sino a quando limiteremo la libera circolazione dei lavoratori nella stessa Comunità e non risolveremo il problema nel suo complesso, non solo in maniera frammentaria. Come ha detto il Vicepresidente, se vogliamo favorire lo sviluppo dei paesi poveri i fondi stanziati dalla Comunità non devono essere erogati per generi alimentari o per il finanziamento del bilancio, bensì per la creazione, innanzi tutto, di piccole imprese e posti di lavoro. In questo modo le persone avranno un lavoro e, loro stesse, si occuperanno dello sviluppo del proprio paese.
Hélène Flautre, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, (parla senza microfono) la Conferenza ministeriale UE-Africa sulla migrazione e lo sviluppo, promossa da Marocco, Francia e Spagna a seguito dei tragici eventi di Ceuta e Melilla. Le tragedie si susseguono. Secondo alcune fonti, tremila persone sarebbero morte negli ultimi mesi nel tentativo di raggiungere le Isole Canarie. I dibattiti, tuttavia, si concentrano non sul dovere di proteggere le persone ma, per l’ennesima volta, sul controllo, sulla chiusura, e persino sulla militarizzazione delle frontiere. Ciononostante, come attestano tutte le relazioni, la maggioranza degli spostamenti delle popolazioni è diretta verso i paesi del sud, e non del nord, e il numero delle richieste di asilo in Europa è dimezzato negli ultimi quindici anni.
L’Unione e i suoi Stati membri hanno una crescente influenza sugli aiuti allo sviluppo. Non più tardi della scorsa settimana, un giornale senegalese intitolava “L’Europa chiude le nostre frontiere”. Questa strategia mette doppiamente in pericolo la vita delle persone, quelle per cui l’unica possibilità di sopravvivere è lasciare il proprio paese, e quelle costrette ad affrontare rischi sempre maggiori per entrare in Europa. Eppure la libertà di circolazione e, in particolare, la libertà di lasciare il proprio paese, è tutelata dalle norme internazionali.
L’assurdità di questa politica appare evidente quando sappiamo che le rimesse inviate dai lavoratori migranti ai propri paesi d’origine ammontano al doppio degli aiuti ufficiali allo sviluppo. Invece di garantire il rispetto dei diritti fondamentali dei migranti e dei richiedenti asilo, soprattutto il diritto di accedere alle procedure di asilo, il principio di non espulsione e il diritto a una vita privata e familiare, l’Europa moltiplica le strategie tese a trasferire questa responsabilità ai paesi terzi. Peggio ancora, gli Stati membri non esitano a violare i propri obblighi, ad esempio rimpatriando le persone in paesi che non ne garantiscono la sicurezza avvalendosi degli accordi di riammissione. Il progetto di creazione delle cosiddette zone di “protezione regionale” in paesi come la Bielorussia rientra proprio in questa logica.
Infine, gli Stati membri hanno un ruolo attivo nell’adottare, facendovi ricorso quotidianamente, una politica fondata sull’arresto dei migranti e dei richiedenti asilo, arrivando addirittura a finanziare centri sicuri di detenzione in paesi terzi come la Libia o la Mauritania. L’Unione europea deve con urgenza rivedere la propria politica e ascoltare le società civili subsahariana, nordafricana ed europea. Molti membri di queste società civili erano riuniti a Rabat la scorsa settimana, e hanno adottato raccomandazioni che meritano di essere prese in considerazione.
Giusto Catania, a nome del gruppo GUE/NGL. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che il problema dell’Europa non sia determinato dai flussi migratori, il problema vero non sono le persone che arrivano sul nostro territorio, bensì il grande numero di persone che non riesce ad arrivare in Europa, coloro che muoiono nel Mar Mediterraneo e nell’Oceano Atlantico.
Ho sentito il Commissario Frattini ribadire la necessità di pattugliare le nostre coste. Io ritengo che bisogna pattugliarle esclusivamente per evitare che la gente muoia in mare, perché i numeri relativi agli arrivi sono dei numeri irrisori: nel primo semestre del 2006 alle isole Canarie sono arrivati 9 000 immigrati, a fronte degli 8 milioni di turisti che arrivano ogni anno sulle isole. Quello determinato dai flussi migratori non mi sembra un impatto demografico molto alto, pertanto dovremmo evitare di parlare di invasione degli immigrati e dovremmo provare ad articolare una politica comune per gli ingressi degli immigrati.
L’Europa ha invece adottato una politica comune repressiva, che istituisce centri di detenzione amministrativa, una politica comune per l’espulsione di massa spesso determinata dai vertici del G5, una logica di esternalizzazione delle frontiere che, pare, sarà il tema centrale di discussione al prossimo vertice di Rabat.
Sono del parere che dovremmo cambiare radicalmente la strategia, pensando ad un’integrazione vera, partendo dalla necessità di istituire un’identità meticcia per l’Europa, e pensare anche a una cittadinanza di residenza, a un permesso di soggiorno per cercare lavoro, a un’armonizzazione del diritto d’asilo e al diritto di voto per gli immigrati. Credo che questa nuova modalità di intendere l’immigrazione possa aiutare l’Europa nel suo processo costituente.
Sebastiano (Nello) Musumeci, a nome del gruppo UEN. – Signor Presidente, Signor Commissario, onorevoli colleghi, mi rendo conto che il problema della immigrazione clandestina nel Mediterraneo, visto da qui, da Strasburgo o da Bruxelles, dal cuore del continente europeo possa apparire a molti una questione marginale, una questione da affrontare con il linguaggio freddo e formale della burocrazia e con la complicità della politica comunitaria che a volte sa essere cinica e ipocrita.
Ma chi come me vive giorno e notte in Sicilia, cioè nella punta più avanzata dell’Europa verso il Mediterraneo, non ha difficoltà a denunciare tra le felpate mura di quest’Aula, quello che è un vero e proprio dramma umano: solo lo scorso anno, Signor Commissario, sulle coste siciliane sono arrivati oltre 20 000 immigrati clandestini, cioè il doppio di quanti ne siano sbarcati negli ultimi due anni in tutte le coste europee bagnate dal Mediterraneo. Ogni giorno centinaia di arrivi, lo stesso calvario, la stessa via crucis. I naufragi al largo e poi i cadaveri portati dalle correnti marine sulle spiagge siciliane.
E’ una tragedia che vede protagonisti e vittime giovani, donne e bambini in fuga dai loro paesi, alla ricerca di un sogno che nessuno potrà mai realizzare: dapprima il racket degli esseri umani e poi, ai pochi che riescono a sfuggire ai controlli di polizia, li attende una vita di stenti, sofferenze, privazioni e sfruttamenti e questa tragedia si consuma in territorio europeo e cosa fa in risposta l’Europa? Risponde con ritardo e in maniera debole.
Soltanto nel dicembre scorso il Consiglio europeo di Bruxelles ha proposto una serie di generiche azioni da realizzare nel 2006 e ha invitato la Commissione a coordinarne la realizzazione. Ma le risorse finanziarie sono poche – si dice –, e quelle aggiuntive non possono arrivare prima del 2007. Troppo poco signor Commissario: serve un’azione decisa e le sue dichiarazioni di stasera ci autorizzano ad alimentare ancora il diritto alla speranza. Lei è noto per essere una persona d’azione decisa e concreta, la invitiamo a darcene un’ennesima e ulteriore dimostrazione.
Johannes Blokland, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) Signor Presidente, nel dibattito sull’immigrazione l’emozione e la ragione sono talvolta in conflitto, come, di recente, è apparso evidente alla televisione olandese quando il giornalista Sorious Samura ha accompagnato alcuni immigrati clandestini dal Marocco a Ceuta, poi sul continente in Spagna e, successivamente, in Francia e a Londra. Ne è risultato un quadro sconvolgente per i telespettatori.
Per quanto le condizioni di vita fossero difficili, molto spesso risultava facile attraversare le frontiere. L’aiuto dei trafficanti di esseri umani – che dovevano essere pagati – sembrava rendesse possibile fare qualsiasi cosa e, dopo avere lasciato i centri di accoglienza, gli immigrati hanno potuto abbandonare il paese in cui erano arrivati, anche se, poi, potevano solo sperare in una vita da clandestini, tutt’altro che auspicabile. Ecco perché occorre bloccare i trafficanti di esseri umani: devono essere perseguiti a termini di legge e le loro attività devono essere punibili.
Ho due domande per il Commissario Frattini. Se da una parte siamo bombardati dalle notizie riguardanti gli immigrati che arrivano nelle isole spagnole, dall’altra vi sono poche informazioni sul modo in cui si intende contrastare l’attività dei trafficanti e degli scafisti. Ciò si contrappone al modo in cui ci occupiamo della tratta di esseri umani via terra, sulla quale sono già state emesse alcune sentenze. Cosa crede si possa fare a breve termine per iniziare a contrastare la tratta di esseri umani diretti verso l’Unione europea via mare? Inoltre è possibile, con le competenze sviluppate da Frontex, sfidare apertamente le organizzazioni che trasportano le persone, ad esempio, alle Isole Canarie e in Spagna?
Carlos Coelho (PPE-DE). – (PT) Signor Presidente, signor Commissario Frattini, onorevoli colleghi, non è la prima volta che in Assemblea insisto per l’adozione di una politica europea di immigrazione legale – per ragioni economiche ed umanitarie – e di misure che rafforzino la lotta contro l’immigrazione clandestina e la tratta di esseri umani. Le due proposte che ci sono state presentate sono importanti e utili.
In primo luogo vorrei riferirmi alla relazione Lambrinidis e dire al Commissario Frattini che la proposta della Commissione è positiva e ben equilibrata, anche se temo che il relatore abbia un po’ esagerato su alcuni punti, soprattutto sui diritti politici. Gli immigrati devono essere integrati, ma non dimentichiamoci che si tratta di un cammino in entrambi i sensi: i paesi ospitanti devono fare uno sforzo per integrarli, ma anche loro devono fare la loro parte in questo cammino di integrazione. Concordo con l’onorevole Lambrinidis: è terribile che esista ancora un processo di consultazione e l’obbligo di unanimità in tutto il settore dell’immigrazione legale, e sono d’accordo con la raccomandazione sull’utilizzo della clausola di “passerella” prevista dal Trattato per conferire al Parlamento poteri codecisionali.
Desidero sottolineare l’importanza della relazione Gaubert, tesa a istituire un sistema di informazione via web in materia. Pur avvenendo a livello locale, l’attuazione delle iniziative di integrazione ha implicazioni più ampie. Le difficoltà incontrate da uno Stato membro nel definire e applicare le politiche di integrazione hanno conseguenze sugli altri Stati membri, a livello sociale ed economico. E’ quindi nell’interesse dell’Unione che gli Stati membri attuino strategie di effettiva integrazione, i cui risultati giovino all’interesse comune. L’Unione può e deve essere responsabile nel monitorare e valutare i risultati degli sforzi di integrazione, in maniera tale da contribuire a una rapida adozione delle migliori tecniche.
Józef Pinior (PSE). – (PL) Signor Presidente, le popolazioni di immigrati sono diventate sempre più parte integrante delle società europee. Questo è un grande vantaggio per l’Europa. Gli immigrati contribuiscono alla ricchezza economica, sociale e culturale dell’Unione europea. Lo dico dinanzi a questa Assemblea durante la Coppa del mondo di calcio, mentre si è appena conclusa la semifinale tra Francia e Portogallo. Guardiamo le squadre dei paesi dell’UE, squadre multietniche che testimoniano la diversità, la forza e l’orgoglio dell’odierna Unione europea.
Il buon esito del processo di integrazione degli immigrati promosso dall’Unione europea influenzerà significativamente la posizione dell’Europa nel mercato globale e il successo del progetto europeo. Un punto che vorrei sottolineare è che, a livello di integrazione politica, una vera e propria integrazione della popolazione di immigrati in Europa è possibile solo con una nuova identità politica e giuridica, con una Costituzione europea che garantisca a tutti i gruppi sociali in Europa, oltre alla propria identità nazionale, un’identità europea. Inoltre, lo status giuridico del fondo per l’integrazione e dei fondi speciali europei assicureranno una giusta integrazione di tutti i gruppi sociali all’interno dell’UE. Ciò richiede coraggio e lungimiranza da parte dei leader europei e dei cittadini dell’Unione.
Tatjana Ždanoka (Verts/ALE). – (EN) Signor Presidente, desidero congratularmi con l’onorevole Lambrinidis per l’eccellente relazione. Il gruppo Verts/ALE appoggia pienamente le sue idee principali. La proposta di esortare gli Stati membri a incoraggiare la partecipazione politica degli immigrati è particolarmente importante.
Crediamo che gli immigrati residenti da lunga data debbano avere il diritto di voto alle elezioni locali e comunali. E’ deplorevole che non tutti i gruppi politici approvino pienamente queste misure senza le quali, a nostro avviso, gli immigrati rimarranno politicamente e socialmente isolati. Pertanto, la Commissione deve effettuare un’analisi giuridica delle prassi in materia attualmente in uso negli Stati membri.
Avremo tutti la possibilità di vedere come si svolgeranno le elezioni locali nella nostra città ospitante, Bruxelles. Tutti i cittadini non comunitari che vi vivono ininterrottamente da cinque anni avranno diritto di voto. Spero possa essere un esempio di buone prassi, che tutti gli Stati membri adotteranno nelle proprie leggi elettorali.
Kyriacos Triantaphyllides (GUE/NGL). – (EL) Signor Presidente, l’immigrazione non è un flagello e il pluralismo culturale è un dato di fatto che non dobbiamo tollerare, bensì accogliere a braccia aperte, e non con le parole, ma con i fatti.
Non facendo tutto il possibile per superare le difficoltà che incontrano i nostri concittadini immigrati e ponendo ostacoli agli immigrati che cercano di entrare legalmente nel territorio dell’Unione, mettiamo un freno allo stesso progresso.
Ovviamente è importante, quando parliamo di integrazione, essere chiari su cosa intendiamo. A cosa dobbiamo puntare? Per integrazione fondamentale non si deve intendere l’integrazione e la totale assimilazione degli immigrati, né un’offerta di privilegi a sostegno e difesa di un sistema discriminatorio che può rafforzare un comportamento razzista e xenofobo.
L’obiettivo dell’integrazione presuppone un reciproco rapporto di offerta e dialogo, scambio e interazione, comprensione e rispetto reciproco dei cittadini d’Europa. Senza garantire pari accesso all’occupazione, all’istruzione pubblica e al sistema sanitario nazionale, in un ambiente senza divisioni tra immigrati e non immigrati, è impossibile per i cittadini d’Europa di qualsiasi origine godere della prosperità di un’area socialmente ed economicamente avanzata.
Al tempo stesso è nostro dovere garantire che gli immigrati, in qualità di cittadini europei, possano partecipare a tutte le attività dello Stato a ogni livello, godendo anche del diritto democratico di votare e di candidarsi alle elezioni.
Per concludere, vorrei ricordare a tutti che l’integrazione non è solo un obiettivo per gli immigrati, ma è anche un dovere di ogni singolo europeo, loro concittadino.
Derek Roland Clark (IND/DEM). – (EN) Signor Presidente, ogni società ha bisogno di un apporto di nuove energie, ma bisogna analizzare l’impatto dei nuovi arrivati sulla società.
Prima dello sviluppo dei servizi pubblici e delle infrastrutture che ora chiediamo molti immigrati sono stati facilmente assorbiti, mentre ora mettono a durissima prova i servizi pubblici. Nei paesi molto sviluppati l’immigrazione di massa proveniente dalle regioni sottosviluppate accentua il problema. Per alcuni operai non specializzati è difficile trovare lavoro, diventando così un onere per lo Stato sociale. Tuttavia non dobbiamo cercare di attirare persone qualificate dai paesi in via di sviluppo, in quanto sono assolutamente indispensabili nei loro paesi d’origine per migliorare l’economia.
Una volta vedevamo i boat people vietnamiti fuggire da regimi oppressivi. Ora vediamo le popolazioni dell’Africa occidentale imbarcarsi e sfidare l’Atlantico in cerca di una vita migliore. La colpa è, almeno in parte, dell’UE, perché potenti flotte di pescherecci armate di licenze concesse dai voti di questa Assemblea fanno razzia nelle loro acque, riducendo in condizioni di estrema povertà popolazioni che già vivono in ristrettezze.
La migrazione è soprattutto di natura economica, e la pressione migratoria diminuisce con il miglioramento della prosperità dei paesi in via di sviluppo. Dobbiamo aiutare quelle economie, sia perché è nostro dovere sia per ridurre la migrazione. I paesi del Terzo mondo non hanno bisogno di elemosina, bensì di esperti che li aiutino a creare infrastrutture e fonti di occupazione, ma, soprattutto, hanno bisogno di commerciare.
Se le comunità riescono a vendere i propri prodotti all’estero fanno progressi. Purtroppo, nonostante le belle parole, l’UE pone alcuni ostacoli, divorata dalla smania di proteggere i produttori europei. Le elevate barriere tariffarie dell’Unione europea stanno crudelmente escludendo il Terzo mondo dalle principali rotte commerciali.
Presidente. – Poiché il prossimo oratore è polacco, vorrei dirvi che questa mattina ho sentito che il Regno Unito, al momento, ospita 500 000 lavoratori polacchi. Stanno facendo un ottimo lavoro.
Jan Tadeusz Masiel (NI). – (PL) Signor Presidente, da molto tempo l’Europa necessita di una politica comune di immigrazione basata, come negli Stati Uniti, sul controllo e non sull’assistenza all’integrazione.
Credo che, sinora, i paesi dell’Unione europea siano stati troppo pazienti e abbiano garantito un’eccessiva assistenza all’integrazione, soprattutto all’emigrazione musulmana, ma senza risultati significativi. D’altro canto, gli immigrati provenienti da luoghi quali l’Asia hanno sfruttato questa opportunità e si sono integrati con maggiore successo.
E’ giunta l’ora di pretendere di più dagli immigrati. Devono fare il possibile per integrarsi, e devono volerlo, rendendo così più facile l’integrazione, e non semplicemente abusare dei nostri sistemi previdenziali minando ripetutamente il senso di sicurezza nei nostri paesi. Anche le necessità del paese di accoglienza devono diventare un nuovo criterio nell’immigrazione legale, come la Francia ha di recente proposto.
Agustín Díaz de Mera García Consuegra (PPE-DE). – (ES) Signor Presidente, signor Commissario Frattini, mi congratulo con lei, ma solo con lei. Analizziamo alcuni punti sollevati. L’Unione europea si accorge del problema e si allarma per ogni situazione critica visibile: Lampedusa, Ceuta, Melilla, Malta o le Isole Canarie. Ciononostante, non mette a punto le politiche comuni necessarie per prevenire o gestire adeguatamente i flussi migratori, né quelli legali né, tanto meno, quelli clandestini.
I paesi del sud aggiungono il dramma alla pressione e alla violazione delle frontiere dell’Unione. I morti sono talmente tanti che non è possibile quantificarli con esattezza. Ho detto mille volte che questo tema importante è caratterizzato da cinque aspetti essenziali, tra loro legati: l’immigrazione legale, l’immigrazione clandestina, l’asilo, l’integrazione e forme complementari di protezione.
Qui dobbiamo includere le cause remote e le cause prossime: l’origine e il transito, la povertà strutturale e le incitazioni irresponsabili a venire da noi, che nelle lingue di tutti i paesi poveri si traducono con la pericolosa frase: “prima o poi ci saranno documenti per tutti”. Nel frattempo, che ruolo svolgiamo in questo spettacolo di incompetenza e incapacità? Vi farò due esempi: vi dirò cosa succederà questo fine settimana.
Domani e dopodomani a Bruxelles il Consiglio dirà a livello tecnico di avere iniziato a discutere la ripartizione per paese dei tre nuovi fondi di integrazione: quello per il controllo delle frontiere, quello per il rimpatrio degli immigrati clandestini e quello per l’integrazione. Ma cosa succede? Nel frattempo la Spagna, la Grecia e i Paesi Bassi litigano per i criteri di ripartizione: pressione migratoria, chilometri di frontiere o numero di arrivi per via aerea. Discussioni inutili: non si discute di fondi veri e propri, si discute di mini-fondi. Questa mattina l’onorevole Millán Mon ha detto che, nelle prospettive finanziarie, per ogni cento euro solo cinquanta centesimi sono stanziati a favore dei temi dell’immigrazione. Questa è la vera vergogna, questa è la grande verità.
Un altro esempio negativo, signor Presidente, è che sempre dopodomani il Consiglio – di cui sono fortemente critico – risponderà al problema dell’immigrazione con un approccio globale. Questo è tutto ciò che proporrà il Consiglio: un approccio globale.
Infine, signor Frattini, è molto importante impegnarsi nei confronti dei paesi di origine e di transito, ed è molto importante che il signor Solana vada in questi paesi di origine e di transito. Frontex non è la soluzione. Frontex è un bambino appena nato. Non servirà a nulla senza i Carabinieri o la Guardia civile. Quindi non dobbiamo assolutamente essere indulgenti con noi stessi, e occorre fare tutto il possibile per affrontare questo gravissimo problema.
Louis Grech (PSE). – (MT) Due settimane fa a Malta abbiamo avuto un afflusso di circa quattrocento immigrati clandestini in tre giorni, il che equivale all’arrivo di circa ottantamila immigrati in Germania in tre giorni.
Nella stessa settimana sono stati registrati violenti incidenti tra la polizia e circa quattrocento immigrati, scappati dai centri in cui erano ospitati. Sarebbe superfluo continuare a ripetere la monotona litania di ragioni per spiegare la crisi che questa tragedia umana sta provocando nei paesi colpiti, oltre a minare la dignità degli stessi immigrati. Questi due episodi dovrebbero essere più che sufficienti per spiegare la situazione esplosiva in cui ci troviamo.
Si tratta di una problema europeo. Nessun paese è in grado di affrontare questa tragedia, per non parlare di un paese minuscolo come Malta, che si sta facendo carico di un onere molto più grande di quanto potrebbe. Ad eccezione di alcune iniziative recentemente adottate dal Commissario Frattini, l’Unione non ha veramente trattato questa questione con l’urgenza e l’impegno che merita, né ha provveduto ai fondi o all’aiuto logistico necessario. Stiamo inoltre aspettando la revisione del regolamento “Dublino II”. L’Unione ha fatto troppo poco, e con troppo ritardo, e quando si constata che l’Unione non ha fatto molti progressi nel combattere l’immigrazione clandestina si inizia a dubitare che, a livello pratico, prenderà significative misure al riguardo.
Apprezziamo il fatto che la Presidenza finlandese abbia considerato l’immigrazione una priorità. Ci auguriamo che le parole si traducano in realtà cosicché, come il Presidente Barroso ha detto proprio questa mattina, cambieremo marcia per poter finalmente passare dalle parole ai fatti.
Miguel Portas (GUE/NGL). – (PT) Onorevoli colleghi, siamo d’accordo sul fatto che non è possibile, a livello nazionale, risolvere i problemi associati ai flussi migratori. L’Europa si nega agli immigrati, che hanno bisogno di lei. L’Unione si occupa di capitali e di circolazione delle merci, ma non presta attenzione a chi la vede come il sogno di una vita dignitosa. Appoggio quindi una maggiore trasparenza e il senso generale delle proposte avanzate dall’onorevole Lambrinidis.
L’immigrazione è una realtà sociale, pura e semplice. Dice tutto su di noi. Però non facciamoci illusioni: tanto più il sud guarderà al nord, tanto meno il nord allargherà le braccia al sud. L’immigrazione non è una questione di polizia. L’unico criterio giusto su cui basare le nostre decisioni è il rispetto della dignità umana. L’Europa non può parlare di diritti umani senza metterli in pratica a casa propria. Con una mano chiudiamo il Mediterraneo al prezzo di avere morti in mare, con l’altra lasciamo milioni di persone senza documenti al prezzo di avere una società attraversata da un muro invisibile, che separa i cittadini dai non cittadini. E’ questo che dobbiamo cambiare, affinché i calciatori non costituiscano un’eccezione.
Andrzej Tomasz Zapałowski (IND/DEM). – (PL) Signor Presidente, l’attuale dibattito sull’integrazione degli immigrati nell’Unione europea è una conseguenza della politica di immigrazione sinora attuata.
Aprire le porte a un afflusso di massa di popolazioni provenienti da diverse civiltà – popolazioni che, nella stragrande maggioranza dei casi, danno per scontato che non si integreranno con le popolazioni e gli Stati che le ospitano – è una pazzia. Potrebbe portare per molti anni alla destabilizzazione della società sul continente e persino, in talune circostanze, alla tragedia. Una società multirazziale e multiculturale significa anche molteplicità di conflitti. Chiunque arrivi in uno Stato deve rendersi conto di essere ospite. Se vuole stabilirsi permanentemente, deve accettare le tradizioni e le culture dei paesi che ha scelto, pur facendo tesoro, ovviamente, della propria cultura e dei propri costumi.
Un errore della vecchia politica è il fatto che, per molti anni, ha limitato l’immigrazione dai paesi dell’Europa orientale, dove la popolazione è culturalmente simile al resto d’Europa. In Polonia siamo scoraggiati per i moltissimi giovani che abbandonano il paese, ma dopo la Seconda guerra mondiale l’Europa occidentale ha abbandonato quella parte d’Europa al regime comunista. Per decenni ci è stata negata la possibilità di un normale sviluppo economico.
James Hugh Allister (NI). – (EN) Signor Presidente, l’intensa immigrazione è un dato di fatto per molti Stati membri e, quando è stata gestita, ha aiutato la produzione economica, anche se sarebbe stupido negare che, in talune occasioni, è fonte di problemi sociali o di altra natura.
Colgo l’opportunità offertami dal presente dibattito per condannare senza riserve una serie di attacchi razzisti occorsi nella mia circoscrizione dell’Irlanda del Nord. Le persone civili li respingono in maniera incondizionata, e personalmente deploro quanto è successo in alcuni recenti incidenti.
Vorrei fare tre osservazioni in questo dibattito. In primo luogo, il controllo della politica di immigrazione è, credo, una questione di pura competenza nazionale, e non deve rientrare nella sfera di competenza dell’UE: in caso contrario, i governi nazionali non possono esercitare i controlli necessari alla situazione specifica. In secondo luogo, è di fondamentale importanza che gli immigrati si integrino e non diventino uno Stato nello Stato e quindi un elemento di indebolimento. Per questo, nel Regno Unito appoggio le richieste avanzate dal Cancelliere Gordon Brown che ha invocato un’apertura e procedure tese ad abbracciare la britannicità. Il terzo e ultimo punto riguarda il fatto che, con tre milioni di immigrati clandestini nell’UE, la questione deve essere affrontata in maniera seria, anche perché è associata all’odiosa pratica della tratta di esseri umani. E’ inaccettabile che alcuni paesi si impegnino a “regolarizzare” gli immigrati clandestini aprendo loro la strada alla libera circolazione in altri Stati membri.
Simon Busuttil (PPE-DE). – (MT) Signor Commissario, lei è al corrente che la scorsa settimana l’afflusso di immigrati clandestini ha aggravato la situazione a Malta in maniera allarmante. Duecentosessantasei persone sono arrivate su un’unica nave. Sinora quest’anno sono già arrivate mille persone, e siamo solo all’inizio dell’estate.
Se le cose continueranno così il numero di persone arrivate lo scorso anno, che è stato un anno record, potrebbe raddoppiare. Signor Commissario, lei è al corrente che, facendo le debite proporzioni, mille persone a Malta vogliono dire duecentomila persone in Germania, duecentomila già all’inizio dell’estate. Ecco la gravità della situazione. Signor Commissario, lei sa anche che gli immigrati non vogliono raggiungere Malta, bensì l’Europa continentale, tant’è vero che per far entrare questa nave di duecentosessantasei persone a Malta le forze armate maltesi si sono adoperate molte ore cercando di convincerli. Ciò vuol dire che sono arrivati a Malta perché sono stati salvati dalle forze armate maltesi in una missione di salvataggio, come è giusto che sia. E’ questo il significato del termine solidarietà, come lei stesso, signor Commissario, ha giustamente affermato. Questo è il significato della solidarietà a Malta, ma in realtà quale solidarietà viene mostrata nei confronti del mio paese?
La scorsa settimana c’è stata una rivolta, come hanno menzionato i colleghi, con quattrocento immigrati scappati da un centro di accoglienza che hanno organizzato una marcia di protesta verso l’ufficio del Primo Ministro, chiedendo di essere mandati in un altro paese europeo. Di fronte a questa situazione, i maltesi si chiedono: cosa fa l’Unione europea? Cosa aspetta a intervenire?
Mi rincresce dire, anche se so che lei è molto sensibile alla situazione di Malta, che sinora la Commissione si è espressa più a parole che a fatti. Molti piani e pochi risultati, e i risultati che stiamo urgentemente aspettando sono due: una limitazione immediata dell’afflusso di immigrati, e una condivisione più equa delle responsabilità tra le parti.
Stefano Zappalà (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, non sono Maltese, però, nel prendere atto che la commissione per le libertà pubbliche sta facendo un magnifico lavoro, mi rammarico che non sia presente la Presidenza finlandese, che ha cominciato oggi il suo turno di lavoro e, forse per la partita, forse per l’orario o forse per disattenzione (visto che tra i temi della Presidenza finlandese c’è l’immigrazione), non è presente. Non posso quindi che rivolgermi al Commissario Frattini, il quale è certamente l’espressione più importante di questa Unione europea che si sta interessando a questo problema.
Ho avuto il piacere e l’onore di guidare alcune visite in vari paesi. Questa sera vorrei dare al Commissario Frattini un messaggio in maniera che lo trasmetta, e spero anche che qualche funzionario del Consiglio ne prenda nota e lo riferisca alla Presidenza finlandese. Non vorrei fare un discorso di tipo programmatico o di tipo politico: “capisco tutto, mi rendo conto di tutto”.
Malta, Commissario Frattini, non è quella che si dice, perché qui giustamente i colleghi maltesi fanno i confronti con la Germania, l’Italia, la Spagna ecc., mentre lì ci sono persone detenute ingiustamente. Oggi in quest’Aula abbiamo parlato di tante cose, questa grande Unione europea valuta i diritti di tutti, anche degli attentatori, tranne quelli di migliaia di persone che sono detenute a Malta. Su queste persone ho tante di quelle lettere e SMS che potrei scrivere un romanzo.
Commissario Frattini, se questo Consiglio europeo, questa Unione europea, non vuole essere veramente ipocrita per quanto riguarda Malta, deve portare via quella gente detenuta lì, da mesi, da anni.
Malta non è nelle condizioni di poter risolvere il problema. L’Unione europea, i paesi grandi, si facciano carico di portare via quei 2-3 000 individui che stanno vendendo Malta e ne stanno facendo un paese xenofobo, che, tra l’altro, si sta pentendo di essere entrato nell’Unione europea. Evitiamo questo problema. Faccia in maniera che quei detenuti siano trasferiti da Malta ad altri paesi molto più grandi dell’Unione europea.
David Casa (PPE-DE). – (MT) Sono passati quasi tre mesi da quando il Parlamento ha approvato una risoluzione molto importante. La risoluzione elencava i problemi che Malta deve affrontare a causa dell’immigrazione clandestina. Una risoluzione che offriva soluzioni plausibili, ma che purtroppo è stata ignorata sia dalla Commissione sia dal Consiglio dei ministri.
Il problema cui ci troviamo di fronte oggi è ben più grave e urgente di quanto non fosse allora. Purtroppo, gli sforzi sinora profusi dalla Commissione sono stati minimi e non hanno sortito quasi alcun effetto, e da allora non possiamo dire di avere visto adottare misure positive. Quotidianamente assistiamo allo sbarco di immigrati clandestini. La soluzione non è costruire più centri di accoglienza, perché ridurremmo la piccola Malta a un’enorme prigione. Vogliamo che l’Europa si faccia carico delle proprie responsabilità, vogliamo che la Commissione tratti ogni paese secondo i suoi meriti, e non ho dubbi che, considerando le nostre dimensioni ridotte, il problema di Malta è il più grave di tutti e richiede con urgenza la massima attenzione.
Ci è stata promessa concretezza, ma non è successo quasi niente. Ad aprile, ad esempio, lei ci ha promesso la supervisione marittima della regione; oggi sono stato lieto di sentire da lei che la questione è stata risolta ma, signor Commissario, quando inizieranno i pattugliamenti lungo le nostre coste del Mediterraneo? La conseguenza è che, come hanno ricordato i miei colleghi Louis Grech e Simon Busuttil, più di quattromila immigrati clandestini sono entrati a Malta nelle ultime due settimane. E’ l’equivalente di sessantamila immigrati in Italia o di ottantamila in Germania. L’estate è solamente agli inizi: pensi, signor Commissario, in che situazione ci troveremo alla fine dell’anno. Oggi l’ho sentita parlare di piani approvati per la Spagna, ed è magnifico, ma lei sta dicendo che Malta rientrerà nella seconda fase: quando inizierà questa seconda fase, quando sarà troppo tardi, signor Commissario?
Sì, i maltesi hanno ragione a credere che siano parole vuote, perché si chiedono: dov’è la solidarietà di cui si parla così tanto? Come si può pensare che Malta sopporti da sola questo enorme fardello, e quando si passerà veramente dalle tante belle parole ai fatti? I maltesi sono frustrati, e hanno tutto il diritto di esserlo, perché la situazione è allarmante. Questo è il momento della verità. Per la Commissione e il Consiglio è giunta l’ora di dimostrare ai piccoli paesi come Malta che non sono oggetto di discriminazione da parte dell’Unione europea.
Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. – Signor Presidente, onorevoli deputati, gli onorevoli parlamentari maltesi hanno ragione: abbiamo dovuto fronteggiare una serie di situazioni in parallelo, ma loro sanno che recentemente una missione tecnica della Commissione si è recata a Malta e ha avuto contatti con il governo locale.
Come ho già detto, stiamo raccogliendo la disponibilità degli Stati membri per far partire la missione per il pattugliamento intorno alle coste maltesi; abbiamo finora otto Stati membri che hanno dato la loro disponibilità a partecipare a questa seconda missione, dopo quella organizzata per le Isole Canarie. Otto Stati membri non sono pochi, forse non sono neanche abbastanza, ma qualche giorno fa ho informato il Ministro Tonio Borg, vice Primo Ministro maltese, che alla riunione del Consiglio di questo mese sarò in grado di dare anche delle indicazioni precise sul momento concreto di partenza di questa missione.
Evidentemente avete ragione, se avessi gli strumenti e la flessibilità, che i sistemi burocratici invece non mi permettono, questa missione sarebbe già partita da molto tempo.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani, alle 12.00.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)
John Attard-Montalto (PSE). – (EN) Colgo l’occasione per portare all’attenzione del Parlamento europeo la difficile situazione dei maltesi e degli immigrati clandestini a Malta. Tutti si sentono abbandonati dall’Unione europea.
Quasi ogni giorno carichi di immigrati clandestini sbarcano sulle nostre coste. Loro sono fortunati: molti sono invece quelli che annegano cercando di farcela. Malta è stata lasciata sola ad affrontare questo enorme problema. Chiunque nell’Unione europea – Commissari, parlamentari – sa che non abbiamo risorse. Tuttavia, siamo stati abbandonati al nostro destino.
Ovviamente Malta viene esclusa a favore di paesi più grandi, con maggiore influenza e, naturalmente, è stato espresso molto biasimo e partecipazione, ma nient’altro.
Prima di aderire all’Unione eravamo soliti ascoltare i rappresentanti europei decantare i principi su cui si fonda l’Unione, in primo luogo la solidarietà. Poco a poco ci stiamo accorgendo che, forse, si trattava solo di vuota retorica. Mi chiedo se Malta riceverà lo stesso trattamento quando, e non se, inizierà a sfruttare la ricchezza sotto i suoi mari. Sono sicuro che, a sorpresa, rispunterà il principio di solidarietà.
Bruno Gollnisch (NI). – (FR) Tutti i paesi dell’Unione oggi ammettono il fallimento dell’integrazione di quella che dappertutto è diventata una “immigrazione di popolamento”.
La soluzione non è, come propone la relazione, creare un ennesimo fondo europeo dedicato, questa volta, all’integrazione dei cittadini di paesi terzi, né creare programmi aggiuntivi che pongono l’accento sulla promozione dell’immigrazione e della diversità nell’UE, né incoraggiare la partecipazione politica degli immigrati, specialmente concedendo loro il diritto di voto alle elezioni locali e municipali. Non si tratta neppure di chiedere al Consiglio di utilizzare la “clausola passerella” in virtù dell’articolo 67, paragrafo 2, del Trattato per conferire al Parlamento poteri codecisionali in materia di integrazione e immigrazione legale. Gli Stati membri devono rifiutarsi di perdere ulteriori poteri nella difesa della propria identità e dei propri confini. La filosofia ultraliberale favorevole all’immigrazione di Bruxelles porta alla catastrofe, come si può constatare ovunque. La strategia europea deve limitarsi alla realizzazione di accordi di partenariato con i paesi di origine per una politica di rimpatrio e, infine, concentrarsi sul rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne.
Magda Kósáné Kovács (PSE). – (HU) Accogliamo con favore la proposta della Commissione perché l’introduzione di un sistema di scambio di informazioni in materia di asilo e migrazione è utile a evitare tensioni tra gli Stati membri e a rafforzare la cooperazione.
Desidero congratularmi con il relatore per avere presentato una relazione progressista, che sviluppa ulteriormente la proposta.
Gestire il coordinamento a livello politico può creare, per i governi, uno spazio utile per pervenire a un accordo prima di prendere decisioni, avvicinando quindi le legislazioni degli Stati membri.
Mi compiaccio inoltre che la Commissione stia elaborando una sintesi della normativa approvata dagli Stati membri, che darà una visione d’insieme della legislazione in essere nell’Unione europea, permettendoci di valutare l’attività degli Stati membri dal punto di vista comunitario.
Concordiamo altresì che il documento elaborato dalla Commissione debba essere presentato alla commissione del Parlamento responsabile in materia, nonché al Consiglio, lanciando così un dibattito di più ampio respiro e rafforzando, al contempo, il ruolo del Parlamento.
In merito alla trasparenza è accettabile che, a livello politico, nel tentativo di raggiungere un accordo tra Stati membri, le informazioni a disposizione della rete siano trattate con riservatezza in maniera tale da pervenire a un vero e proprio accordo. Al tempo stesso le leggi già approvate, le sentenze e le relative traduzioni devono essere rese pubbliche allo scopo di informare i cittadini e paragonare le diverse legislazioni.
Tuttavia, per quanto riguarda le lingue, bisogna accettare il fatto che vi sono lingue ufficiali estremamente importanti nell’Unione europea, così come lingue ufficiali usate meno diffusamente. Di conseguenza le leggi, la loro valutazione e la relativa analisi dovrebbero essere tradotte nella lingua ufficiale dello Stato membro e nelle tre lingue più utilizzate, perché più di così sarebbe inutile.
Carl Lang (NI). – (FR) L’Europa sarebbe, in base ai testi che ci sono proposti, “inospitale” nei confronti degli immigrati.
E’ difficile da credere quando si sa che la Francia – grazie al suo promotore, il ministro degli Interni Nicolas Sarkozy – è campione di un’immigrazione selezionata e di una discriminazione positiva a favore delle minoranze visibili, in opposizione, immagino, alla maggioranza autoctona europea “invisibile”, e quando si sa che gli stranieri clandestini in Francia sono ospitati in centri di accoglienza o in alberghi, sono nutriti, hanno figli che vanno a scuola e possono beneficiare di assistenza medica pubblica gratuita, mentre non è così per gli stessi francesi che, da parte loro, devono molto spesso provvedere a se stessi per trovare un posto in cui vivere, nutrirsi e lavorare.
In Italia, Spagna e Francia, decine e centinaia di migliaia di immigrati clandestini ricevono periodicamente permessi di soggiorno e di lavoro, potendo così circolare impunemente su tutto il territorio europeo. I “padrini” e le “madrine” di giovani stranieri con genitori che vivono clandestinamente nel paese spuntano in tutte le città borghesi della Francia e si oppongono alla loro espulsione.
L’Europa è inospitale? Al contrario: è ora di mettere un freno a tutta questa follia dei nostri leader francesi ed europei a favore dell’immigrazione e dell’integrazione .
Marianne Mikko (PSE). – (ET) La relazione di Stavros Lambrinidis è necessaria e opportuna. I problemi registrati dagli immigrati sono gli stessi in tutta Europa.
Da entrambe le parti della cortina di ferro, la ricostruzione postbellica negli Stati membri è stata eseguita avvalendosi di manodopera straniera. I paesi democratici si sono principalmente affidati all’immigrazione spontanea, anche se la Germania ha in parte assoldato turchi, e per questo è stata ufficialmente condannata.
Al contempo, l’Unione Sovietica ha associato alla ricostruzione negli Stati baltici un’attiva politica di russificazione. L’industria pesante e le miniere estoni sono perlopiù state aperte grazie alla manodopera non qualificata importata dalla Russia. Grazie alle attività delle autorità sovietiche, gli immigrati sono presto diventati quasi un terzo della popolazione.
Dopo il ritorno all’indipendenza estone, ci siamo trovati dinanzi a un compito molto difficile in termini di integrazione. La difficoltà maggiore era l’idea consciamente inculcata nei nuovi arrivati che una piccola nazione come l’Estonia non potesse sopravvivere senza il sostegno del grande vicino, e che gli immigrati provenienti dall’est rappresentassero una cultura superiore.
A quindici anni di distanza il nostro problema di integrazione è molto meno grave. L’esperienza estone dimostra che la definizione di chiare regole del gioco e il fatto di associare l’integrazione a determinati vantaggi tangibili può contribuire a superare le maggiori difficoltà.
Molte misure suggerite nella relazione sono necessarie. L’unico interrogativo riguarda l’entità della ricerca, il brainstorming e le attività specifiche.
Indubbiamente dobbiamo coinvolgere il più possibile rappresentanti di gruppi di immigrati, senza tuttavia permettere che questo dibattito rimanga lettera morta. Tutti i partecipanti al processo, sia i rappresentanti dei paesi di accoglienza sia gli opinion leader degli immigrati, devono avere mansioni ben definite. Occorre agire immediatamente, senza attendere un grande piano onnicomprensivo e il completamento di un sistema di valutazione.
17. AIDS - Tempo di agire (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione sul tema: AIDS – Tempo di agire.
Louis Michel, Membro della Commissione. – (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, sono lieto di rivolgermi a voi oggi, in occasione di quest’ultima seduta plenaria prima della pausa estiva.
Si tratta anche del nostro ultimo incontro prima della Conferenza internazionale sull’AIDS che si svolgerà ad agosto a Toronto. Come sapete, Toronto offrirà alla Commissione una piattaforma di primaria importanza per esprimere la propria visione sul flagello dell’HIV/AIDS.
La Commissione europea resta ovviamente molto preoccupata riguardo al problema dell’HIV/AIDS. Nonostante i nostri sforzi, il flagello continua ad espandersi in tutto il mondo. Colpisce ormai decine di milioni di persone, contagiando sempre più spesso ragazze e giovani donne. I paesi più colpiti restano quelli più poveri dell’Africa subsahariana, dove il tasso d’infezione non diminuisce e dove la malattia continua a pregiudicare ogni prospettiva di sviluppo umano, sociale ed economico degno di tale nome.
Di fronte a questo dramma, l’Unione europea è più che mai determinata a sostenere con vigore i suoi partner in Africa e altrove. Il nostro obiettivo è fornire a questi paesi gli strumenti per lottare contro l’epidemia, combinando in modo efficace prevenzione, cura e assistenza. Tuttavia, oltre a queste misure, restiamo convinti del fatto che l’HIV/AIDS non possa essere affrontato in maniera isolata.
Innanzi tutto, la lotta contro l’HIV/AIDS non può essere separata dalla lotta contro le altre malattie legate alla povertà, in particolare la malaria e la tubercolosi. Inoltre, il virus HIV/AIDS mette in evidenza in modo brutale tutte le grandi sfide legate allo sviluppo: l’accesso limitato ai servizi sociali, le eccessive disuguaglianze, sia sociali che tra uomini e donne, il malgoverno e la corruzione, nonché il livello di sviluppo economico e tecnologico sempre estremamente basso. In poche parole, l’evidente inadeguatezza dello Stato nelle funzioni governative essenziali.
L’HIV/AIDS può essere combattuto con successo solo se i leader dei paesi in via di sviluppo affrontano tutti questi problemi contemporaneamente. Un approccio integrato all’HIV/AIDS è la principale forza motrice dell’azione comunitaria e costituisce anche la base del nostro approccio di concerto con gli Stati membri, nonché con i nostri altri partner in seno alla comunità internazionale.
Il principale strumento finanziario al quale la Commissione può far ricorso è il Fondo mondiale per la lotta contro l’AIDS, la tubercolosi e la malaria, che destina circa il 57 per cento delle risorse a sua disposizione alla lotta contro l’HIV/AIDS. Noi privilegiamo il ricorso al Fondo mondiale perché al momento è lo strumento più rapido ed efficace per fornire assistenza alle misure integrate adottate dai paesi beneficiari.
Come sapete, la Commissione ricopre un ruolo chiave nell’amministrazione del Fondo; esercita, in effetti, una specie di vicepresidenza. Sin dalla creazione del Fondo mondiale, alla fine del 2001, la Commissione ha contribuito per ben 522 milioni di euro, vale a dire con l’11 per cento dei contributi totali. Se si includono i contributi degli Stati membri dell’Unione europea, è evidente che siamo in assoluto i principali finanziatori del Fondo, con il 60 per cento circa del totale. Devo anche dire che qualche mese fa ho partecipato, a Londra, al riapprovvigionamento del Fondo in questione e non vi nascondo che eravamo molto delusi per il fatto che i partecipanti erano, in un certo senso, poco entusiasti, persino restii ad effettuare nuovi stanziamenti. Siamo molto lontani dall’obiettivo che ci eravamo prefissati e pertanto occorre compiere ancora grandi sforzi per mobilitare i donatori.
A tale proposito stiamo attuando una serie di misure, progetti e programmi di sostegno finanziario, in seno ai quali il sostegno al bilancio occupa un posto privilegiato. Tale approccio è conforme alla priorità che ci siamo dati di lasciare che i nostri partner assumano il controllo della propria politica e quindi del proprio destino. In linea con questo atteggiamento, dal 2002 la Commissione ha destinato 2,4 miliardi di euro al bilancio complessivo soltanto per l’Africa, dove l’impatto dell’HIV/AIDS è in assoluto più grave.
Ovviamente siamo impegnati in un continuo dialogo politico con i nostri partner riguardo all’impiego dei fondi. Tale dialogo è inoltre volto a sollecitare l’attuazione di un approccio integrato, con riferimento, in particolare, alle questioni relative ai diritti dell’uomo e al principio del buongoverno, oltre che all’uguaglianza di genere, alla discriminazione e agli atti di violenza contro le donne, nonché alla questione dell’accesso delle ragazze all’istruzione.
Oltre a questi sforzi effettuati attraverso il Fondo mondiale e l’azione bilaterale, la Commissione partecipa in maniera attiva a forum internazionali volti ad affrontare le malattie legate alla povertà – mi riferisco in particolare all’Organizzazione mondiale del commercio, alla sessione speciale dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite sull’HIV/AIDS, al G8, nonché a conferenze come quella di Toronto.
La Commissione ha svolto un ruolo determinante al fine di assicurare che l’Unione europea si esprima all’unisono su questo problema. Inoltre, è impegnata da anni in un dialogo con l’industria farmaceutica al fine di favorire l’accesso a farmaci a basso prezzo per i paesi in via di sviluppo. Il dialogo in questione ha portato i suoi frutti: l’introduzione di un meccanismo di tariffazione scaglionata ha permesso di ridurre del 95 per cento il costo di determinati farmaci. Questo sistema permette ai paesi in via di sviluppo di pagare un prezzo adeguato ai propri mezzi, proteggendo nel contempo le imprese che producono tali farmaci dal rischio di reimportazione sui mercati altamente redditizi dei paesi sviluppati. Nel 1999, un trattamento completo contro il virus dell’HIV costava 10 000 dollari americani. Oggi ne costa 200.
Anche noi siamo impegnati nella ricerca, in collaborazione con l’industria e i centri di ricerca degli Stati membri, e i nostri sforzi sono diretti in particolare al reperimento di microbicidi e vaccini. Abbiamo inoltre varato un’iniziativa di partenariato volta a coordinare i programmi di ricerca degli Stati membri al fine di accelerare i test clinici e assicurare quindi una più rapida immissione dei farmaci sul mercato.
Signor Presidente, onorevoli deputati, dobbiamo proseguire nella nostra lotta contro il virus dell’HIV/AIDS, al fine di rendere la prevenzione e i trattamenti accessibili a tutti coloro che ne hanno bisogno entro il 2010. A tale proposito, seguiamo con molta attenzione l’attuazione da parte di alcuni Stati membri di meccanismi di finanziamento innovativi, in particolare la tassa sui biglietti aerei. Inoltre siamo lieti di constatare l’aumento dei contributi da parte di fondazioni private, come la Bill Gates Foundation, alla lotta contro l’HIV/AIDS, la tubercolosi e la malaria.
La creatività di tali soluzioni, nonché il coinvolgimento sempre maggiore del settore privato, sono per me fonte di speranza. Ciò riflette la presa di coscienza – che si trasforma sempre di più in azione – della minaccia che rappresenta l’HIV/AIDS e la necessità di reagire in maniera dinamica al fine di preservare il nostro avvenire comune. Non dobbiamo abbassare la guardia, dobbiamo perseverare senza tregua nei nostri sforzi. Possiamo perseguire l’obiettivo finale, vale a dire fornire le cure a tutti coloro che ne hanno bisogno, e vedere crescere le generazioni future senza il timore dell’AIDS.
Sarò lieto di continuare a collaborare con il Parlamento europeo al fine di fare di quest’obiettivo una realtà. Vi ringrazio per la vostra attenzione.
John Bowis, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, il Commissario fa bene a sottolineare i progressi che sono stati compiuti, ma credo che sarà il primo ad ammettere che la sfida dell’AIDS sta assumendo proporzioni sempre più ampie. Siamo tutti a conoscenza dei dati che riportiamo nel corso di ogni discussione: 40 milioni di persone sieropositive, 20 milioni di morti per AIDS, 12 milioni di orfani, 2,5 milioni di bambini affetti dal virus dell’HIV; tuttavia, emergono nuovi aspetti.
Emerge il fatto che circa metà degli attuali malati di AIDS che stanno morendo a causa della malattia sono donne. Sorge il problema dei paesi in cui l’AIDS è in aumento e l’India è oggi il paese in cui si registrano più casi di AIDS. Il virus ha raggiunto il Sudafrica, due terzi dei casi di AIDS si verificano in Asia, e tuttavia in India solo il 7 per cento degli ammalati sta ricevendo i farmaci antiretrovirali di cui necessita.
Ci sono bambini che non hanno accesso ai farmaci contro l’HIV di cui hanno bisogno. Solo un bambino sieropositivo su venti riceve le cure necessarie e il Movimento globale per l’infanzia ha recentemente comunicato che quattro milioni di bambini hanno disperatamente bisogno di cotrimoxazole, un antibiotico che costa solo tre centesimi per una dose giornaliera e che potrebbe prevenire le malattie infettive mortali nei bambini affetti dal virus dell’HIV e in quelli nati da madri sieropositive.
Più vicino a noi, a poca distanza dai nostri confini, possiamo ricordare i dati che si riferiscono all’Europa dell’est o all’Asia centrale, paesi in cui il numero di ammalati è aumentato di circa 20 volte in meno di un decennio e in cui, tra il 2003 e il 2005, il numero di persone uccise dall’AIDS è quasi raddoppiato. Pertanto, signor Commissario, ci uniamo alla sua decisione di adoperarsi nella lotta contro l’AIDS. Desideriamo che si faccia di più in termini di prevenzione. In Senegal e in Uganda abbiamo potuto constatare come investire nella prevenzione possa essere efficace e portare a risultati concreti. Dobbiamo trovare una soluzione, specialmente in Africa e in Asia.
Infine, occorrono investimenti nel settore della ricerca. Attraverso la ricerca di nuovi farmaci e vaccini e mettendo a disposizione i farmaci, i bambini ai quali mi riferivo, attualmente sieropositivi o che stanno morendo di AIDS, possono avere una speranza per il futuro.
Anne Van Lancker, a nome del gruppo PSE. – (NL) Vi ringrazio, signor Presidente e signor Commissario, per la vostra disponibilità a unirvi ai pochi deputati che prendono parte al dibattito di questa seduta notturna dall’atmosfera un po’ allucinante. Spero che siate comunque riusciti a vedere qualche fase dell’interessante partita tra Francia e Portogallo. Sono anche grata al Commissario per la sua dichiarazione. Il gruppo socialista al Parlamento europeo ha appreso con sollievo che l’incontro ad alto livello sull’HIV/AIDS delle Nazioni Unite svoltosi a New York ha di recente stabilito che occorre cercare di recuperare terreno se si vuole conseguire l’obiettivo dell’accesso universale alla prevenzione dell’HIV, alle cure e all’assistenza per tutti. Se è vero che sono stati fatti progressi, la relazione delle Nazioni Unite sull’AIDS, della quale l’onorevole Bowis ha citato alcuni dati, mostra chiaramente che la nostra azione dovrebbe essere più incisiva.
Il mio gruppo è stato quindi deluso dal fatto che la dichiarazione politica fosse così carente in termini di impegni specifici. Ecco perché sono importanti il nostro dibattito odierno e l’incontro di Toronto, in cui la comunità internazionale dovrà dimostrare di prendere molto sul serio i suoi impegni. Dovrà trattarsi di un’occasione per assumere non solo impegni politici, ma anche impegni finanziari. A Toronto i paesi partecipanti dovranno dichiarare senza mezzi termini il loro impegno a favore di una politica equa e globale in materia di HIV/AIDS.
Anche l’Unione europea deve dunque apportare il proprio contributo. Ci sono quattro argomenti specifici sui quali vorrei sentire la sua opinione; si tratta degli impegni che il gruppo PSE vorrebbe vedere inseriti nell’ordine del giorno di Toronto. Il 6 per cento destinato allo sviluppo umano e sociale nell’ambito del nuovo strumento di cooperazione allo sviluppo è, a nostro parere, troppo esiguo. Vorremmo che tale percentuale venisse aumentata.
In secondo luogo, riteniamo che dovrebbe essere possibile spendere non meno del 50 per cento della cifra ufficiale della cooperazione allo sviluppo per gli Obiettivi di sviluppo del Millennio, in cui l’HIV/AIDS dovrebbe occupare una posizione centrale.
Terzo, secondo noi è semplicemente giusto e opportuno che l’Unione europea si impegni a mantenere e, preferibilmente, ad aumentare i suoi contributi al Fondo mondiale.
Per ultimo, vorremmo che la Commissione sostenesse attivamente quei paesi in via di sviluppo che si impegnano a concedere priorità alle cure sanitarie di base e alla lotta contro l’HIV/AIDS. Come dichiarato nella relazione delle Nazioni Unite sull’AIDS, sappiamo quali sono gli interventi necessari per fermare l’AIDS. Ciò che occorre è la volontà politica e i finanziamenti per farlo.
Fiona Hall, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, sono in diretto contatto con un’ONG vietnamita che combatte la trasmissione del virus dell’HIV. Questa ONG sottolinea l’importanza di garantire l’accesso ai farmaci antiretrovirali, anche perché molte più persone si sottoporrebbero ai test volontari se sapessero che esiste una cura efficace disponibile per coloro che risultano sieropositivi.
Tuttavia, mi è anche stato riferito che ci sono gravi problemi di natura pratica con i finanziamenti della Commissione europea. Solo i progetti a livello di comunità locale possono riuscire a sconfiggere l’emarginazione e la discriminazione e far sì che le persone parlino di sesso apertamente; solo progetti di questo tipo sono in grado di offrire consigli e cure individuali. Ma queste ONG locali, che conseguono notevoli successi in termini di cambiamento di atteggiamento nei confronti dell’AIDS, lamentano che le loro richieste di finanziamenti europei vengono spesso respinte.
La Commissione è disposta a offrire maggior sostegno nelle procedure di finanziamento e a fornire un adeguato feedback alle ONG richiedenti?
Karin Scheele (PSE). – (DE) Signor Presidente, “Time to deliver” – vale a dire, tempo di mantenere la parola data – è il motto della 16ª Conferenza internazionale sull’AIDS che si svolgerà a Toronto a partire dal prossimo 13 agosto e lei, signor Commissario, ha espresso il suo disappunto per la mancanza di volontà politica da parte dei responsabili internazionali e degli Stati quando si tratta di rendere disponibili le risorse finanziarie necessarie.
La relazione delle Nazioni Unite sull’AIDS per il 2006 mostra che sono stati conseguiti risultati positivi in tutti i paesi in cui sono stati compiuti enormi sforzi in termini di prevenzione, ma rivela anche che ci sono gravi carenze nella prevenzione e nella lotta contro l’HIV/AIDS. Senza dubbio una delle questioni più preoccupanti di questa relazione è il fatto che i programmi di prevenzione dell’HIV non solo sono carenti, ma, quando vengono attuati, non riescono a raggiungere i gruppi più a rischio. Restano inadeguati gli sforzi e le campagne di informazione a favore dei giovani, e ciò è davvero preoccupante se si considera che i giovani non sono mai stati così numerosi e che essi sono più vulnerabili all’infezione rispetto a gruppi di altre età.
Cinque anni fa 189 Stati hanno adottato all’unanimità – cosa abbastanza rara – la dichiarazione d’impegno sull’HIV/AIDS, con cui si impegnavano ad affrontare la grande sfida che l’HIV/AIDS costituisce per lo sviluppo dell’umanità.
Sappiamo – come è già stato detto – che cosa si deve fare per contrastare i tassi d’infezione sempre più alti, per prevenire l’ulteriore diffusione della malattia e per curare gli ammalati, ma c’è un’evidente mancanza della necessaria volontà politica. Proprio per questo motivo, nella nostra risoluzione, noi, come molti rappresentanti della società civile mondiale, guardiamo con occhio critico i risultati poco convincenti e spesso vaghi dell’incontro ad alto livello tenutosi a New York alla fine di maggio e all’inizio di giugno. Sollecitiamo la comunità internazionale a cogliere l’occasione della Conferenza internazionale di Toronto per formulare richieste e per fissare obiettivi chiari e concreti.
Louis Michel, Membro della Commissione. – (FR) Signor Presidente, è sempre un po’ imbarazzante cavarsela affermando di concordare con quanto è appena stato detto, ma è chiaro che, come voi, sono d’accordo sulla maggior parte dei punti che sono stati sollevati. Tuttavia, per essere del tutto obiettivo, desidero fare alcune osservazioni.
E’ stato puntualizzato il fatto che saremmo in grado di risolvere questo problema cruciale a patto di volerlo. Ciò rappresenta per me una grave preoccupazione. L’onorevole Scheele l’ha affermato con chiarezza: si tratta di un problema di volontà politica. Da parte mia, posso solo affrontare la questione con argomentazioni e discorsi. Di certo non posso obbligare gli Stati membri e i donatori internazionali a essere più generosi. Sono rimasto perplesso e sorpreso per lo scarso impegno dimostrato a Londra. Se ricordo bene, l’obiettivo fissato era di 7 miliardi di dollari e sono appena stati raggiunti 3,7 miliardi, una cifra decisamente inferiore all’obiettivo di partenza. Occorre pertanto proseguire in tali sforzi.
In secondo luogo, sono pienamente d’accordo con l’onorevole Bowis che sostiene la necessità di rafforzare la ricerca in questo settore. E’ evidente che la ricerca in definitiva ci permetterà di guadagnare tempo se si vuole debellare definitivamente questo terribile male.
Per quanto riguarda la fissazione di una percentuale, onorevole van Lancker, anche se sono complessivamente d’accordo su ciò che ha detto, desidero sottolineare che non spetta a noi determinare una percentuale, bensì ai paesi partner. Il principio di appropriazione esiste e spesso dobbiamo sollecitare i nostri partner affinché accettino di destinare una parte dell’aiuto allo sviluppo che concediamo a un settore come quello di cui si sta discutendo stasera. Credo sia importante ricordarlo. In altre parole, personalmente sono d’accordo con lei quando parla del 6 per cento, ma non dipende soltanto da noi.
Per quanto concerne l’aiuto allo sviluppo destinato agli Obiettivi di sviluppo del Millennio, ho davvero l’impressione che, nel quadro della nuova programmazione, alla quale lavoriamo e per la quale avremo bisogno del vostro contributo, della vostra creatività e delle vostre idee, più del 50 per cento sarà consacrato agli Obiettivi del Millennio. In effetti la mia opinione, che è ormai diventata un’ossessione – e, a proposito, stranamente è molto difficile trovare persone che la condividano – è che in molti paesi in via di sviluppo i problemi sono legati all’inadeguatezza dello Stato, all’insufficiente capacità dello Stato di fornire servizi, quali l’accesso all’istruzione per le ragazze, l’accesso all’assistenza sanitaria, alla giustizia e all’amministrazione. Le condizioni sono spesso davvero carenti e, talvolta, non esistono affatto. Pertanto, quando forniamo agli Stati i mezzi per rafforzare le loro capacità di servizio in senso generale, è abbastanza comprensibile che questo denaro sarà anche utile per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo del Millennio.
Riguardo all’osservazione relativa al mantenimento del nostro contributo al Fondo mondiale, abbiamo davvero l’intenzione di mantenere immutato tale contributo. Devo inoltre aggiungere che a Londra numerosi Stati membri dell’Unione europea hanno dato il buon esempio compiendo sforzi concreti per quanto riguarda gli importi. Sono stati i nostri partner non europei a rivelarsi piuttosto riluttanti in proposito.
Sono d’accordo sul fatto che dobbiamo fornire maggiore sostegno ai paesi che compiono sforzi particolari, anche se l’AIDS sfortunatamente non conosce frontiere. Occorre pertanto vincolare il versamento dei contributi ai risultati ottenuti dai singoli paesi, ed è ciò che stiamo facendo. Peraltro, come sapete, il decimo Fondo europeo per lo sviluppo prevede una sezione speciale proprio destinata a fornire ulteriori mezzi, abbastanza cospicui rispetto all’importo inizialmente previsto, e legati al buongoverno, ai risultati, nonché, ad esempio, dell’investimento dei paesi partner nella lotta contro l’AIDS.
Con riferimento all’intervento dell’onorevole Hall, a proposito di ONG locali che ritengono di non avere ricevuto un trattamento adeguato da parte della Commissione, se si riferisce a determinate ONG con progetti specifici, desidererei venirne a conoscenza. Comunque sia, riconosco che la politica della Commissione è stata quella di evitare di frazionare eccessivamente i finanziamenti fra un gran numero di progetti che, considerati singolarmente e a livello microlocale, sono senza dubbio importanti. In ogni caso ci è parso che per la comunità internazionale sarebbe stato più importante avere una strategia comune davvero coerente, basata su una metodologia uguale per tutti al fine di affrontare il problema nel suo insieme. La politica della Commissione è stata quella di cercare di effettuare pagamenti attraverso il Fondo mondiale al fine di creare una “testa pensante” capace di generare una strategia globale. In ogni caso, perché non finanziare un singolo progetto se si tratta di un progetto valido? Tuttavia, resto convinto del fatto che se ci fossimo dispersi in vari tipi di progetti non saremmo stati così efficaci.
Questa è la decisione adottata dalla Commissione a suo tempo, anche se ciò non significa che non se ne possa discutere, ve lo assicuro. Tuttavia, se alcuni ritengono che si debbano moltiplicare i piccoli progetti, pur trattandosi di buoni progetti, resto scettico riguardo all’efficacia di questa strategia nel lungo termine. Quando si devono affrontare grossi problemi come quelli di cui ci si sta occupando stasera, sono personalmente favorevole all’adozione di una procedura molto più sistematica. Se si disperdono le proprie risorse fra tanti piccoli progetti, si perde di vista l’approccio complessivo sistematico e si diventa meno efficienti. E’ questa la mia preoccupazione. Tuttavia, se l’onorevole parlamentare conosce le ONG che hanno presentato le domande in questione, desidero riceverle e prenderne visione, perché non voglio dare un’impressione di arbitrarietà. D’altronde non sono io a decidere, l’amministrazione mi sottopone le proprie conclusioni e io sfortunatamente non ho la possibilità di esaminare ogni domanda singolarmente. Pertanto, se qualcuno ritiene che una domanda non sia stata esaminata in modo corretto, sono pronto a indagare sulla questione.
Per concludere, sapete che, nel contesto di un ampio consenso europeo, sono favorevole a un programma comune nel quale confluiscano i contributi dei donatori europei, degli Stati membri e della Commissione. Se riuscissimo davvero a mettere a punto questa iniziativa di programmazione congiunta, vale a dire concordare gli obiettivi comuni e stabilire come distribuirci il lavoro, penso che potremmo operare in modo molto più efficace, specialmente nella lotta contro questa terribile malattia. L’approccio sarebbe più coerente e forse potremmo anche disporre di una vera e propria strategia europea, il che, bisogna ammetterlo, per ora non avviene. Al momento attuale siamo donatori, contribuiamo al Fondo mondiale, lo finanziamo, ma non abbiamo una strategia per combattere l’AIDS, ad eccezione, come ho già detto, di un piano per attaccare la malattia su più fronti: disuguaglianza di genere, istruzione delle ragazze, cure, accesso all’assistenza sanitaria, ovvero tutti quei problemi che è dovere di uno Stato risolvere. A parte ciò, non abbiamo una strategia davvero specifica per combattere l’AIDS. Bisogna ammettere che ciò che stiamo facendo è finanziare attività esterne. Pertanto, se avessimo un programma comune, potremmo forse attuare una strategia più adeguata per affrontare in modo diretto gli aspetti specifici e locali del problema.
Presidente. – Comunico di aver ricevuto sei proposte di risoluzione(1) ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2, del Regolamento.