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RC-B6-0495/2006

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PV 07/09/2006 - 11.3
CRE 07/09/2006 - 11.3

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PV 07/09/2006 - 12.3
CRE 07/09/2006 - 12.3

Testi approvati :


Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 7 settembre 2006 - Strasburgo Edizione GU

11.3. Zimbabwe
Processo verbale
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca in discussione cinque proposte di risoluzione sullo Zimbabwe(1).

 
  
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  Jaromír Kohlíček (GUE/NGL), autore. – (CS) Onorevoli colleghi, l’odierno Zimbabwe è l’ex Rhodesia del Sud. Il regime al potere in quel paese viene considerato in tutta Europa una dittatura estremamente dura. Dopo la presa di potere degli attuali governanti, gli agricoltori sono stati subito cacciati dalle loro aziende, e il paese rischia costantemente di precipitare nella carestia. Quindi, il governo Mugabe ha invitato i bianchi, discendenti dei colonialisti, a tornare nel paese; ha restituito loro le aziende agricole, e la situazione è rapidamente migliorata. Oggi, però, costoro vengono ancora una volta gradualmente espulsi, o addirittura assassinati, benché il governo non abbia neppure avviato un programma di formazione che insegni ai lavoratori agricoli le basi di un’agricoltura razionale. Allo stesso modo, non vi è sostegno per le cooperative o per l’acquisto di attrezzature adeguate. Sono questi i più gravi problemi dell’economia.

La proposta di risoluzione affronta i problemi politici, e contiene un certo numero di proposte insoddisfacenti e in qualche caso discutibili. Sono fermamente contrario alla ridicola richiesta, rivolta al Sudafrica, di boicottare lo Zimbabwe in occasione della prossima Coppa del mondo di calcio. Si tratta forse di uno scherzo? Non capisco neppure perché, nel sostenere il considerando D, gli autori sostengano che la principale opposizione politica si è purtroppo divisa in due fazioni nell’ottobre 2005; se quest’osservazione vuole addossare qualche responsabilità a Mugabe, non comprendo la sostanza dell’accusa. Se proprio vogliamo renderci ridicoli, chiediamo agli stregoni del luogo di prosciugare i fiumi e far scomparire le cascate Vittoria.

Un’altra osservazione sul punto 5. Anche in alcuni Stati membri la partecipazione alle elezioni è stata estremamente bassa, tuttavia non riconosciamo forse ugualmente la legittimità dei rappresentanti eletti, deputati al Parlamento, senatori, e alcuni dei nostri colleghi di quest’Assemblea? Devo dire che questo punto della risoluzione mi ha lasciato davvero sbigottito. Il gruppo GUE/NGL si asterrà dal voto sull’adozione della risoluzione.

Concludo con una domanda per il Commissario: signor Commissario, quale sostegno offriamo al governo del Sudafrica, che esortiamo a garantire un trattamento migliore ai rifugiati dallo Zimbabwe?

 
  
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  Geoffrey Van Orden (PPE-DE), autore. – (EN) Signor Presidente, da più di sei anni il Parlamento invoca con coerenza una decisa azione tesa a ottenere un miglioramento nello Zimbabwe, ma in quel paese continuiamo ad assistere alle indicibili sofferenze di milioni di persone comuni; ogni giorno esse devono subire le conseguenze di una feroce oppressione politica e di un’economia allo sfascio, devono sopportare la mancanza dei più importanti generi alimentari, di acqua e di medicinali. Il programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite prevede quest’anno di fornire aiuti a quasi quattro milioni di persone colpite da malnutrizione: più di un terzo della popolazione.

L’HIV/AIDS ha avuto effetti devastanti sul paese: un adulto su cinque è affetto da HIV, più di un milione di bambini ha perduto i genitori a causa dell’AIDS; la disoccupazione riguarda il 70 per cento della popolazione. Nei suoi 26 anni di indipendenza lo Zimbabwe non ha mai conosciuto un momento peggiore dal punto di vista politico ed economico; l’azione intrapresa dalla comunità internazionale è stata nel migliore dei casi timida, e non ha dimostrato l’impegno necessario a incidere realmente sulla situazione dello Zimbabwe.

Il Sudafrica dovrebbe essere in prima linea nell’azione con cui la comunità internazionale vuole spingere il regime di Mugabe a fare concessioni democratiche; temo però che la diplomazia morbida del Presidente Mbeke non abbia ottenuto risultati tangibili. Grazie alle sue ingentissime forniture di energia elettrica, granturco e crediti, il Sudafrica disporrebbe di un efficacissimo strumento di pressione sul regime di Mugabe; non se ne è servito.

Sembra oggi che la Cina nutra un rinnovato interesse per molte regioni dell’Africa, tra cui anche lo Zimbabwe. A quanto pare, il governo cinese non si fa scrupolo di sostenere regimi tirannici, cui fornisce volentieri armi di oppressione, in cambio dell’accesso alle risorse naturali. Noto scarsissimi segni di uno sforzo diplomatico, da parte dell’Unione europea o dei governi degli Stati membri, per chiudere le fonti di sostegno internazionale che mantengono Mugabe al potere; l’UE è stata tutt’altro che severa nell’applicazione del regime di sanzioni che essa stessa aveva istituito, e non sorprende quindi che Mugabe non si curi affatto di queste iniziative.

Se la comunità internazionale intende davvero affrontare la drammatica situazione dello Zimbabwe, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite deve avviare con urgenza un’inchiesta sulle condizioni del paese. Se non conferiamo alla questione dello Zimbabwe una priorità più alta il regime di Mugabe continuerà a trascinarsi fino al totale collasso del paese; un collasso da cui lo Zimbabwe non potrà riprendersi senza un’immensa opera di assistenza internazionale. Un’azione immediata della comunità internazionale potrebbe contribuire a evitare tale eventualità.

 
  
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  Karin Scheele (PSE), autore. – (DE) Signor Presidente, questa non è la prima volta che discutiamo una risoluzione sullo Zimbabwe, ma devo ammettere che alcune di quelle che abbiamo discusso in passato avevano un contenuto più soddisfacente.

Anche nell’ambito della nostra cooperazione con gli Stati ACP, la mancanza di democrazia e le massicce violazioni dei diritti umani che caratterizzano lo Zimbabwe – assieme alla pesante crisi economica e alla carenza di generi alimentari, alla disoccupazione e all’iperinflazione che la accompagnano – hanno spesso dato origine a critiche e discussioni. Se pensiamo a tutti i problemi che affliggono il paese un tempo noto come “il granaio dell’Africa”, non possiamo fare a meno di menzionare i molti coraggiosi che, in un clima di pesante oppressione, continuano a denunciare gli abusi che si verificano.

Le risoluzioni che adottiamo devono proporsi di rafforzare e incoraggiare proprio queste persone, che lottano per la libertà, la democrazia e lo sviluppo. Non credo che la risoluzione odierna possa servire a tale scopo, e mi sembra semplicemente sbagliato, in una risoluzione che si occupa di un problema urgente, fare riferimento alla Coppa del mondo di calcio che si svolgerà nel 2010.

A partire dal 13 settembre – ed è questo che rende urgente la questione – i sindacati e altre associazioni organizzeranno grandi dimostrazioni su scala nazionale per attirare l’attenzione sulla crescente miseria della popolazione, chiedendo un salario minimo superiore alla soglia di povertà nonché la responsabilità sociale da parte del governo. Il Presidente Mugabe ha già fatto sapere che ognuna di queste manifestazioni verrà repressa.

E’ importante per noi garantire che queste proteste pacifiche, che mettono in luce le terribili condizioni di vita del popolo dello Zimbabwe, possano svolgersi senza subire i soprusi della polizia; inoltre, signor Commissario, tenendo conto delle strutture esistenti nella regione, dovremmo riflettere sulla possibilità di inviare osservatori per garantire il diritto di manifestare ed esprimere liberamente le proprie opinioni.

 
  
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  Marcin Libicki (UEN), autore. – (PL) Signor Presidente, lo Zimbabwe ci dimostra che talvolta gli aspetti più negativi della decolonizzazione riescono a prevalere. Come ha ricordato la collega che mi ha preceduto, vi fu un tempo in cui la Rhodesia del Sud – l’odierno Zimbabwe – era il granaio di una vasta parte dell’Africa; oggi non riesce neppure a sfamare i propri abitanti.

Abbiamo osservato questi aspetti negativi della decolonizzazione in molti paesi – soprattutto africani – in cui l’avvento al potere di forze politiche perverse e irresponsabili ha prodotto le peggiori conseguenze per Stati apparentemente destinati a godere della libertà dal dominio coloniale, le cui popolazioni sono invece state trascinate nell’abisso. La proposta, ora formulata dal leader dello Zimbabwe, di rendere le aziende agricole agli antichi proprietari, giunge troppo tardi e non ispira la minima fiducia.

A mio avviso, dovremmo compiere ogni possibile sforzo per garantire aiuti umanitari e assistenza nel settore dell’istruzione; non vedo altra via d’uscita né altro possibile corso d’azione.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), autore. – (ES) Signor Presidente, la crisi politica e la situazione dei diritti umani nello Zimbabwe rappresentano un grave e allarmante problema; a questo quadro dobbiamo aggiungere il peggioramento delle condizioni di vita e il diffondersi della povertà. Vorrei però concentrare il mio intervento su un aspetto specifico che viene anch’esso menzionato, e che rappresenta d’altronde un tema d’attualità di cui spesso discutiamo nel corso di questi dibattiti sui temi urgenti: la libertà d’espressione.

Proprio ieri, nel dibattito sulla Cina, si lamentava il pesante controllo che il governo esercita sui mezzi di comunicazione e in particolare su Internet. Sembra ora che, per elaborare la propria legge sul blocco delle comunicazioni, lo Zimbabwe abbia tratto ispirazione dall’esempio cinese; inoltre, questo avviene nel quadro di un sistema legislativo già gravemente restrittivo per quanto riguarda le libertà.

Da questo punto di vista la Cina è una grande fonte di ispirazione, in quanto – come afferma una recente relazione di Human Rights Watch – il sistema di controllo cinese, noto come Great Firewall, è il più avanzato sistema del genere in tutto il mondo.

Secondo la legge dello Zimbabwe, l’esercito, i servizi segreti, la polizia e addirittura l’ufficio del Presidente potranno controllare e intercettare la posta elettronica, ascoltare conversazioni telefoniche e censurare Internet, senza bisogno di un mandato giudiziario. Tutto questo inciderebbe, per esempio, sui rapporti fra medici e pazienti, fra avvocati e clienti e fra i giornalisti e le loro fonti; metterebbe a grave repentaglio la riservatezza, l’attività delle ONG e di coloro che si battono in difesa dei diritti umani.

Per tutti questi motivi, ritengo sia nostro dovere chiedere il ritiro di tale legge. Vorrei però affermare perentoriamente che le mie preoccupazioni in questo campo non riguardano solamente lo Zimbabwe e la Cina. E’ un problema di carattere universale e dobbiamo essere vigili per quanto riguarda i due paesi che ho menzionato, ma anche gli Stati Uniti e la stessa Unione europea.

Il rispetto per la libertà d’espressione e il diritto alla riservatezza devono essere elementi fondamentali di qualsiasi società moderna. Oggi parliamo dello Zimbabwe ma – voglio sottolinearlo – siamo di fronte a un problema che non dobbiamo considerare solamente in relazione a quel paese.

 
  
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  Marios Matsakis (ALDE), autore. – (EN) Signor Presidente, ormai da lungo tempo, purtroppo, una profonda crisi umanitaria, politica ed economica affligge questa ex colonia britannica, sul cui orizzonte non si scorgono motivi di speranza o tracce di miglioramenti. L’inefficiente e corrotto regime di governo di Robert Mugabe continua a opprimere la popolazione, mentre sono sempre frequenti le persecuzioni nei confronti di oppositori politici, attivisti sindacali, agricoltori, organizzazioni di difesa dei diritti umani, giornalisti e giudici.

Esortiamo il governo dello Zimbabwe a dimostrare finalmente il dovuto rispetto per i diritti umani e le convenzioni internazionali, nonché a garantire l’indipendenza del potere giudiziario. Riteniamo inoltre opportuno che il Presidente Mugabe abbandoni al più presto il potere, per risparmiare al paese un futuro ancor più cupo. Un tale sviluppo, agevolato dall’apertura di negoziati transitori positivi tra Zanu-PF, i partiti MDC e altri movimenti di opposizione, produrrà, riteniamo, il necessario rinnovamento nella società, nella politica e nell’economia dello Zimbabwe, recando pace e prosperità a un popolo che ha dovuto affrontare una drammatica transizione dal dominio coloniale britannico all’indipendenza e alla libertà.

 
  
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  Michael Gahler, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, da quando faccio parte del Parlamento europeo i dibattiti sullo Zimbabwe e sul costante peggioramento della sua situazione sociale, economica e politica rappresentano un’immutabile caratteristica della nostra Istituzione. Gli appelli a Mugabe si sono rivelati altrettanto inefficaci degli inviti a intervenire con maggiore impegno rivolti ai paesi vicini, e in particolare al Sudafrica; a loro volta, le iniziative che abbiamo intrapreso nell’Unione europea hanno avuto scarsissimo impatto su coloro che avrebbero dovuto colpire.

Qual è ora la situazione? Secondo le stime, circa due milioni di persone sono fuggite nei paesi vicini, ove in gran parte vivono in condizioni di illegalità. La cosiddetta operazione Murambatsvina da sola ha avuto l’effetto di sradicare, nel pieno senso della parola, 700 000 persone; quattro milioni di persone rischiano di morire di fame; la disoccupazione ha raggiunto il 70 per cento e il tasso d’inflazione è il più alto del mondo. Gli spostamenti forzati di popolazioni, tra l’altro, hanno reso più difficile la lotta contro l’AIDS, che ogni settimana miete 3 200 vittime. La legislazione riguardante il controllo e l’oppressione dei cittadini è ora non meno estesa di quanto fosse prima dell’indipendenza.

Cosa possiamo fare? Possiamo verificare che le agenzie internazionali operanti sul campo per conto delle Nazioni Unite, consegnino in ogni caso possibile gli aiuti direttamente alla popolazione; possiamo garantire che la Croce Rossa continui il suo lavoro con il minimo di interferenze.

Chiedo soprattutto – e mi rivolgo in primo luogo alla Commissione – che i nostri aiuti, da concedere anche nel quadro della rubrica di bilancio dell’iniziativa europea per la democrazia e i diritti umani, giungano alla società civile dello Zimbabwe, alle molte persone coraggiose attive nel paese: nei sindacati, nelle organizzazioni per i diritti umani, nelle chiese o nei media indipendenti. Chiediamo poi ai cinesi con chi desiderano intrattenere relazioni di lungo termine nello Zimbabwe – con il governo o con il popolo? Infine, dobbiamo cogliere ogni occasione per ricordare ai nostri partner sudafricani in questo dialogo che, con la loro inerzia, non facilitano le cose a se stessi e non rendono certo un buon servizio al popolo dello Zimbabwe.

 
  
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  Józef Pinior, a nome del gruppo PSE. – (PL) Signor Presidente, negli ultimi anni abbiamo assistito al progressivo deteriorarsi della situazione politica, sociale e sanitaria dello Zimbabwe.

La dittatura politica di Mugabe è stata accompagnata da un disastro sociale nel paese. L’operazione Murambatsvina ha lasciato senza casa circa 700 000 persone. Attualmente, nel paese lo spettro della fame incombe su quattro milioni di persone e l’AIDS si diffonde sempre più: di conseguenza, ogni settimana vi sono più di 3 000 morti. Il recente tentativo del regime di Mugabe di prendere il controllo della Croce Rossa desta poi particolare inquietudine.

In questa situazione la nostra Assemblea deve seguire con attenzione le iniziative dei sindacati zimbabwani, e in particolare le manifestazioni di protesta che essi organizzeranno nelle prossime settimane; i sindacati dello Zimbabwe meritano da parte nostra uno speciale sostegno.

 
  
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  Alyn Smith, a nome del gruppo Verts/ALE. – (EN) Signor Presidente, non occorre insistere in quest’Aula sulla terribile situazione in cui lo Zimbabwe è precipitato per propria responsabilità; essa dimostra i limiti del nostro potere. Un’interruzione degli aiuti danneggerebbe unicamente gli strati più vulnerabili della popolazione, eppure questo è l’unico strumento concreto di cui il nostro Parlamento dispone nei confronti del regime di quel paese.

Possiamo ricorrere ad altri mezzi? A tal proposito vorrei riallacciarmi al paragrafo 8 della proposta di risoluzione, il quale propone di escludere lo Zimbabwe dalla Coppa del mondo del 2010. A differenza di alcuni colleghi, ritengo che si tratti di una buona idea; sarei lieto di sentire l’opinione del Commissario in merito.

Proprio questa settimana abbiamo potuto constatare lo spirito di fratellanza e di amicizia che viene alimentato dagli incontri internazionali di calcio. Di recente, la nazionale del mio paese – la Scozia – ha disputato un incontro in Lituania, e senza dubbio in quell’occasione sono state strette numerose amicizie. Tuttavia, la partecipazione ai tornei è un privilegio, non un diritto. L’esclusione dalla Coppa del mondo del 2010 servirebbe a ribadire la condanna della comunità internazionale per il regime di Mugabe, senza offendere i sentimenti del popolo dello Zimbabwe; in quel paese così appassionato di calcio sarebbe però notata da tutti. Mi sembra un’idea utile e positiva, e vorrei sapere cosa ne pensa il Commissario.

 
  
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  Koenraad Dillen (NI). (NL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, da molto tempo ormai, come ben sappiamo, la spaventosa situazione dei diritti umani nello Zimbabwe costituisce motivo di urgente preoccupazione; non è questa la prima volta che essa compare all’ordine del giorno della nostra Assemblea. Da quanti anni ormai il dittatore marxista Mugabe persevera nelle sue politiche razziste a danno degli agricoltori bianchi dello Zimbabwe? Egli inoltre sta attuando indisturbato una politica di pulizia etnica, che colpisce soprattutto la stragrande maggioranza della popolazione nera del paese.

Eppure un tempo lo Zimbabwe era un paese agricolo; anzi uno dei pochi, a sud del Sahara, in grado di esportare i propri prodotti agricoli. Ora la follia di Mugabe ha gettato il popolo nella miseria: l’agricoltura sta crollando e la carestia si diffonde.

E’ giunto il momento di agire con decisione contro il dittatore. Com’è avvenuto nel caso dell’ex Presidente liberiano Charles Taylor, la comunità internazionale deve considerare Mugabe colpevole di crimini contro l’umanità, e chiamarlo a risponderne. Anche in Africa si deve evitare di applicare a livello politico due pesi e due misure.

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE). (EN) Signor Presidente, a quanto sembra con il trascorrere del tempo l’azione dell’Unione europea nei confronti di certe dittature diviene sempre più inefficace.

E’ desolante che un paese splendido come lo Zimbabwe abbia potuto sprofondare nella sua odierna misera condizione mentre, eccezion fatta per le poche misure che abbiamo adottato contro la dittatura del Presidente Mugabe, noi restiamo a guardare. Discutiamo gli avvenimenti e magari limitiamo le possibilità di spostamento dei responsabili e dei loro più stretti familiari, e in tal modo pensiamo di aiutare le vittime di questa situazione: non solo i bianchi, ma anche una notevole percentuale della popolazione nera, nativa dello Zimbabwe. E’ giunto per noi il momento di muoverci e di cominciare ad agire, anziché limitarci a parlare.

 
  
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  Ryszard Czarnecki (NI). (PL) Signor Presidente, il collega austriaco osserva giustamente che questo non è il nostro primo dibattito sullo Zimbabwe. Siamo anzi di fronte a una storia infinita, e sotto molti punti di vista lo Zimbabwe fa segnare parecchi primati mondiali: disoccupazione al 70 per cento, il più alto tasso d’inflazione al mondo, 3 200 morti di AIDS alla settimana e la più bassa affluenza alle urne di tutto il mondo, ossia il 15 per cento.

Nel paese, quattro milioni di persone rischiano di morire di fame; tale situazione rappresenta una sfida per il mondo intero, e anche per l’Unione europea. Mi auguro che questa volta riusciremo ad andare al di là dei meri esercizi verbali, e concordo con il collega spagnolo, onorevole Rueda, sulla necessità di evitare di applicare due pesi e due misure. Occupiamoci dello Zimbabwe, certo, ma allarghiamo anche il nostro campo d’azione, perché i diritti umani fondamentali vengono violati anche in altri paesi e dobbiamo evitare con cura due pesi e due misure. Mi sembra cosa positiva che il Parlamento discuta ancora questo problema, ma speriamo che sia l’ultima volta.

 
  
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  Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. – Signor Presidente, onorevoli deputati, la Commissione europea segue con grande attenzione gli eventi in Zimbabwe e siamo sempre più preoccupati per il deterioramento della situazione politica, soprattutto di quella economica e sociale che colpisce persone, civili, cittadini.

Sulla base delle condizioni che registriamo oggi – siccome non ci sono misure adeguate, non c’è nessuna misura presa dal governo dello Zimbabwe per affrontare seriamente la crisi democratica, la protezione dei diritti e la tragica crisi economica – è fuori discussione ogni eventuale alleggerimento o revoca delle misure adottate dall’Unione europea nei confronti dello Zimbabwe: in altri termini, non se ne parla nemmeno!

Nei confronti dello Zimbabwe l’Unione europea non cambia attitudine e il suo atteggiamento di fermezza è stato recentemente ribadito dal mio collega Louis Michel nei suoi contatti con le autorità del governo dello Zimbabwe, nei quali è stato sottolineato che la Commissione è assolutamente ferma nell’esercitare un ruolo attivo per cercare di sbloccare la situazione. Nello stesso tempo non possiamo rinunciare a nessuna delle condizioni che abbiamo posto, anzitutto il ripristino di regole democratiche per la vita quotidiana dei cittadini. Quanto è stato detto conferma le nostre preoccupazioni.

Ho ascoltato con attenzione, con molto interesse, l’idea di escludere lo Zimbabwe dalla Coppa del mondo di calcio del 2010. Gli onorevoli parlamentari sanno che una simile decisione viene adottata dalla Federazione internazionale di calcio, ma, detto questo, personalmente la ritengo un’idea seria, da prendere sul serio, da sottoporre alla discussione con gli Stati membri e con la Federazione internazionale; non sono in grado di dire oggi se il risultato sarà quello che alcuni parlamentari auspicano, ma posso dire che informerò il collega Louis Michel, la collega Ferrero-Waldner di questa aspettativa: la questione va presa davvero sul serio.

Certamente vi è un altro aspetto: come ho detto prima, l’Europa auspica che lo Zimbabwe torni verso un percorso di ristabilimento delle condizioni di vita democratica e di progresso economico. Ovviamente siamo pronti a indicare alcune strade, ad esempio nell’ambito del decimo programma di priorità per il Fondo europeo di sviluppo, all’interno del quale esistono possibilità concrete, ma non possiamo oggi rinunciare a porre una condizionalità molto chiara allo Zimbabwe: se non si avvia una strada seria verso la democrazia, non possiamo modificare il nostro atteggiamento di fermezza.

Nel contempo, la Commissione ha un dialogo molto stretto con paesi vicini allo Zimbabwe, in particolare con i paesi membri della Comunità per lo sviluppo dell’Africa meridionale e con il governo del Sudafrica. Condivido quanto ho sentito: saremo sempre più attivi nel chiedere che questi paesi vicini facciano ancora di più!

Sosteniamo le iniziative delle Nazioni Unite e a mio parere è molto importante una pressione di autorevoli capi di Stato e di governo africani sul governo dello Zimbabwe, affinché siano finalmente migliorate le condizioni politiche e umanitarie e si apra la strada verso la riconciliazione nazionale.

Nel frattempo ci preoccupiamo della popolazione: è evidente che mentre con il governo dello Zimbabwe l’atteggiamento è di assoluta fermezza, nei confronti della popolazione invece, la quale non ha colpa per un regime che la priva della libertà e anche dei mezzi economici, dobbiamo preoccuparci di un’assistenza diretta. Posso confermare che il Commissario Michel è intenzionato a proseguire il sostegno e anche il finanziamento a progetti concernenti i settori socioeconomici, l’assistenza medica, il ruolo delle organizzazioni sul terreno. Ricordo che il ruolo della Croce rossa deve essere assolutamente consentito e incoraggiato, così come i progetti riguardanti la governance, la democratizzazione, il rispetto per i diritti umani e lo Stato di diritto. A nostro parere l’assistenza diretta alla popolazione dello Zimbabwe deve proseguire proprio in tutti questi settori.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà immediatamente.

 
  

(1) Vedasi processo verbale.

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