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Procedura : 2005/0018(CNS)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo del documento : A6-0268/2006

Testi presentati :

A6-0268/2006

Discussioni :

PV 26/09/2006 - 16
CRE 26/09/2006 - 16

Votazioni :

PV 27/09/2006 - 5.4
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2006)0373

Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 26 settembre 2006 - Strasburgo Edizione GU

16. Considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri in occasione dell’apertura di un nuovo procedimento penale (discussione)
Processo verbale
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  Presidente. L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0268/2006), presentata dall’onorevole Panayiotis Demetriou a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, sulla proposta di decisione quadro del Consiglio relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione dell’apertura di un nuovo procedimento penale [COM(2005)0091 – C6-0235/2005 – 2005/0018(CNS)].

 
  
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  Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. – (EN) Signor Presidente, vorrei innanzitutto ringraziare l’onorevole Demetriou per la qualità della sua relazione e per l’eccellente collaborazione. Al momento attuale, alle decisioni di condanna emesse in altri Stati membri viene riservata scarsa considerazione, se non nulla. Questo non è accettabile in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Si spiega così il duplice obiettivo dell’Unione europea: prima di tutto, le informazioni sulle decisioni di condanna dovrebbero circolare in modo efficiente tra gli Stati membri e, in secondo luogo, tali informazioni dovrebbero essere utilizzabili fuori dal territorio dello Stato membro che pronuncia la sentenza.

L’obiettivo principale della proposta è definire le condizioni che consentono di prendere in considerazione una decisione di condanna emessa in un altro Stato membro nell’ambito di un nuovo procedimento penale avviato per fatti diversi. Giacché gli effetti che derivano dall’esistenza di una precedente decisione di condanna possono variare molto tra uno Stato membro e l’altro, la proposta non è finalizzata all’armonizzazione di questi effetti. Il punto sostanziale, con il quale concordo pienamente, è piuttosto un principio di assimilazione volto ad assicurare che tali effetti equivalgano a quelli di una precedente condanna nazionale.

In linea con questo principio, la proposta non è vincolata esclusivamente alla fase processuale, ma copre le varie fasi dei procedimenti penali in cui il diritto nazionale può attribuire effetti giuridici a una condanna precedente. La proposta include la fase preprocessuale, in cui la presenza di una condanna già pronunciata può, per esempio, influenzare decisioni sulla custodia cautelare, e si riferisce anche alla fase successiva al processo, in cui tali condizioni possono influenzare notevolmente l’esecuzione della sentenza.

La Commissione appoggia pienamente questa relazione e spera di avere presto l’occasione di collaborare direttamente con il relatore.

 
  
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  Panayiotis Demetriou (PPE-DE), relatore. – (EL) Signor Presidente, la proposta di prendere in considerazione le precedenti decisioni di condanna pronunciate all’interno dell’Unione europea fa parte delle normative istituzionali promosse dalla Commissione nell’ambito dell’applicazione delle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere, e pertanto vorrei esprimere al Vicepresidente Frattini i miei complimenti per il suo impegno in tal senso.

La proposta segna un nuovo passo nella direzione della diffusione della cooperazione giudiziaria e dello sviluppo della fiducia tra gli Stati membri nell’ambito della giustizia. Si tratta di un’ulteriore misura atta a promuovere il principio di reciproco riconoscimento delle sentenze penali e civili, considerato il fondamento della cooperazione giudiziaria nell’Unione europea.

La misura volta a prendere in considerazione precedenti decisioni di condanna va introdotta allo scopo di combattere il crimine con maggiore efficacia, soprattutto perché le preesistenti convenzioni europee pertinenti, quella del 1959 e quella del 1970, si sono dimostrate inefficaci.

La formulazione della proposta si limita alla regolamentazione in materia di diritto sostanziale. La regolamentazione delle questioni procedurali è prevista all’ambito di una diversa proposta, attualmente all’esame della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, e affidata al relatore e amico Díaz de Mera García Consuegra. Tale proposta è l’altra faccia della stessa medaglia. Nel caso della proposta su cui dovremo votare, le condanne amministrative sono escluse dalla definizione di condanna sia perché nella maggior parte degli Stati membri queste non vengono registrate nei casellari giudiziari, sia per il fatto che non esiste una definizione univoca di condanna amministrativa. Si intende promuovere l’assimilazione dell’importanza e della gravità di una condanna pronunciata da un giudice di un dato Stato membro alla condanna pronunciata nello Stato membro in cui hanno luogo i nuovi procedimenti penali. In questo modo, nel caso di una condanna per atti non punibili nello Stato membro che processa il nuovo caso, la condanna non viene presa in considerazione. La proposta elimina la confusione e l’incertezza che si produrrebbero se si adottassero le disposizioni della proposta originaria, volte a prendere in considerazione in modo selettivo le condanne e i reati precedenti, ma mantiene l’obbligo per gli Stati membri di non prendere in considerazione le decisioni di condanna emesse in un altro Stato membro in cui siano violati i principi del ne bis in idem, della prescrizione e dell’amnistia.

Siamo dell’opinione che la proposta, così come è stata formulata, rispetti adeguatamente sia il principio di reciproco riconoscimento sia la politica dell’assimilazione graduale del diritto.

Sarebbe opportuno sottolineare nuovamente che la misura in oggetto, come altre misure analoghe, è basata sui principi del reciproco riconoscimento e della fiducia. E’ comunque importante che il Consiglio proceda con la massima rapidità all’approvazione della drastica proposta di adottare criteri minimi in materia di procedimenti penali, che il Parlamento europeo ha già votato da mesi e che rafforzerà i suddetti principi.

Qual è il motivo del ritardo del Consiglio rispetto a un argomento di simile rilevanza?

Vorrei infine esprimere la mia approvazione per quanto affermato dalla Presidenza finlandese nei giorni scorsi a proposito di una maggiore attività legislativa e riguardo al monitoraggio dell’applicazione delle decisioni in materia penale. Speriamo che questa affermazione si traduca in azione.

 
  
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  Ioannis Varvitsiotis, a nome del gruppo PPE-DE. – (EL) Signor Presidente, signor Vicepresidente della Commissione, onorevoli colleghi, negli ultimi sette anni siamo stati testimoni dello sviluppo di una serie di strumenti, come il mandato d’arresto europeo o il trasferimento dei prigionieri, designati allo scopo di rafforzare la reciproca fiducia tra le autorità giudiziarie nazionali e di sviluppare una politica finalizzata alla convergenza della legislazione in materia penale.

Stiamo ora approvando la decisione della Commissione volta a stabilire un nuovo sistema in base al quale gli Stati membri saranno in grado di prendere in considerazione le precedenti condanne in materia penale pronunciate nei confronti della stessa persona in un diverso Stato membro dell’Unione europea. Le decisioni di condanna precedentemente emesse in Stati membri diversi avranno lo stesso peso di quelle pronunciate nello Stato membro in cui verranno avviati i nuovi procedimenti penali. Vorrei aggiungere ancora qualcosa alle altre argomentazioni sulla necessità della misura esposta dall’onorevole Demetriou: mi sembra assolutamente logica, perché le precedenti condanne connotano la personalità del trasgressore e incidono sulla valutazione della punizione.

Per finire, vorrei esprimere le mie congratulazioni al relatore, che attraverso gli emendamenti proposti ha saputo conciliare le posizioni del Consiglio e della Commissione, che differivano considerevolmente su alcuni argomenti fondamentali. Spero infine che l’affermazione della Presidenza finlandese non resti tale, ma che trovi presto applicazione pratica. Dobbiamo affrettarci a unificare la legislazione in materia penale.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, pur tenendo conto dell’attuale diversità dei sistemi giudiziari nazionali, è altamente auspicabile promuovere il reciproco riconoscimento delle sentenze tra gli Stati membri dell’Unione europea.

Come già indicato dal Consiglio europeo di Tampere, il principio del reciproco riconoscimento è il fondamento della cooperazione giudiziaria in materia sia civile sia penale. E’ dunque della massima importanza stabilire un’appropriata base giuridica, per poter prendere in considerazione le decisioni di condanna pronunciate in uno Stato membro nell’ambito di altri procedimenti penali avviati nei confronti della stessa persona per fatti diversi in un altro Stato membro.

La proposta di decisione quadro della Commissione dovrebbe essere approvata nella versione emendata. Lo scopo del principio di reciproco riconoscimento è conferire alle condanne pronunciate in altri Stati membri la stessa validità e gli stessi effetti delle condanne emesse a livello nazionale. Dovrebbe essere chiaramente espresso che non si richiede agli Stati membri di dare esecuzione alle condanne pronunciate in altri Stati membri, ma soltanto di trarre le opportune conclusioni da casi precedenti in sede di nuovi procedimenti.

Gli effetti delle precedenti decisioni di condanna continueranno inoltre ad essere soggetti alla legislazione nazionale in ogni Stato membro. Sarebbe necessario stabilire un principio di assimilazione volto ad equiparare i giudizi emessi negli altri Stati membri alle condanne pronunciate a livello nazionale, continuando comunque a lasciare alle normative nazionali il compito di trarre le conclusioni adeguate sulla base di tale principio. Credo sia necessario prendere in considerazione le precedenti sentenze purché il loro effetto sulla nuova valutazione sia equivalente a quello di una sentenza emessa dallo Stato membro che ha avviato il procedimento.

Per di più, nel caso di un procedimento penale in un dato Stato membro non si dovrà tener conto di una condanna emessa all’estero relativa ad atti non punibili in quello Stato membro.

 
  
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  Gerard Batten, a nome del gruppo IND/DEM.(EN) Signor Presidente, in questa relazione ravvisiamo un nuovo esempio della cosiddetta crisi dei benefici, che consente all’Unione europea di fare pressioni per potenziare l’integrazione politica. Ci troviamo indiscutibilmente di fronte a un problema. A Londra la polizia metropolitana segnala che al momento attuale la criminalità organizzata è in buona parte appannaggio di una schiera di bande formate da gruppi etnicamente omogenei, molte delle quali sono di provenienza europea. Questo è un fenomeno di diversa natura rispetto ai singoli soggetti criminali che si recano a delinquere nel Regno Unito.

Il vero problema risiede nella politica britannica di apertura delle frontiere e nel diritto dei cittadini dell’Unione europea a circolare senza vincoli nel Regno Unito, ma come anche nella totale mancanza di controllo da parte del governo su chi ha libero accesso da qualunque parte del mondo. Ma la parte significativa della relazione risiede nel riferimento al Consiglio europeo di Tampere, che intende imporre un sistema di giustizia europeo nel Regno Unito, insieme alla considerazione che “la strada da percorrere affinché la giustizia sia amministrata in maniera più o meno simile in tutti gli Stati membri dell’Unione europea in termini di procedure, prove e sostanza è ancora lunga”.

Effettivamente la strada è lunga, e potrà rimanere tale per molto tempo. Nel Regno Unito è tuttora vigente l’habeas corpus, che prevede il diritto a processo con giuria e la presunzione di innocenza fino a prova contraria. Nel Regno Unito alcuni cittadini desiderano fortemente che tali mezzi di tutela sopravvivano. La risposta del partito per l’indipendenza del Regno Unito è: “No, grazie”.

 
  
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  Marek Aleksander Czarnecki (NI). – (PL) Signor Presidente, la decisione quadro in oggetto riveste particolare importanza rispetto all’assimilazione e all’armonizzazione delle normative. Concordo con il relatore sul fatto che le legislazioni nazionali dovrebbero costituire l’unico criterio atto a determinare se, e fino a che punto, gli effetti giuridici debbano fare riferimento alle precedenti condanne pronunciate all’estero.

Ciononostante non dovremmo dimenticare i principi basilari del ne bis in idem, della prescrizione, dell’amnistia e della cancellazione delle iscrizioni dai casellari giudiziari nazionali. Credo inoltre che l’articolo 4 andrebbe conservato. Sarebbe poi necessario sottolineare che, nel corso di un procedimento penale in un dato Stato membro, non possiamo consentire che vengano prese in considerazione decisioni di condanna pronunciate all’estero se queste sono relative ad azioni non punibili nello Stato membro in questione.

Concordo con il relatore che la sede migliore per le disposizioni di cui all’articolo 6 sia ravvisabile nella proposta relativa alla decisione quadro del Consiglio sullo scambio di informazioni relative al casellario giudiziario e ai suoi contenuti tra gli Stati membri.

 
  
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  James Hugh Allister (NI). – (EN) Signor Presidente, come avviene per molte proposte di armonizzazione dell’Unione europea, si rivolge un appello, semplicistico e plausibile, al reciproco riconoscimento delle decisioni di condanna penale nell’ambito di tutta la Comunità. Ma bisogna evitare un grave errore: tale richiamo è parte di un ambizioso progetto per un sistema di giustizia penale integrato e controllato dall’Unione europea che prevede necessariamente la subordinazione dei singoli sistemi nazionali.

Secondo il mio parere, le questioni di giustizia penale sono argomenti di competenza strettamente nazionale e tali devono restare. Di conseguenza approvo la resistenza opposta all’ulteriore indebolimento del veto nazionale in occasione dell’incontro del Consiglio dei ministri dello scorso venerdì. Spero che questa posizione continui a godere di sostegno.

Mi oppongo a questa proposta non solo a causa del mio dissenso rispetto all’ambizioso progetto di cui fa parte, ma anche perché essa indebolisce la protezione dei miei elettori dall’ingiustizia.

Le barbare esperienze dei cittadini britannici all’estero confermano che abbiamo molto da perdere dall’integrazione in materia di giustizia penale. Ricorderete l’episodio dei cittadini britannici accusati di spionaggio aereo in Grecia. Ricorderete l’inqualificabile condanna di Kevin Sweeney in Olanda. Perché dovremmo permettere che intricate decisioni di condanna, protette da norme meno efficaci rispetto a quelle esistenti nel Regno Unito, vengano utilizzate contro i cittadini britannici nel loro stesso paese? Credo che questo non debba accadere. Ecco il motivo della mia opposizione a questa proposta.

Nell’intento di proteggere i miei elettori, la mia parola d’ordine è: “Cittadini britannici, norme britanniche”.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani.

 
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