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Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 11 ottobre 2006 - Bruxelles Edizione GU

15. Uso dei dati di identificazione dei passeggeri (PNR) (discussione)
Processo verbale
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  Presidente. L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sull’uso dei dati di identificazione dei passeggeri (PNR).

 
  
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  Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, la trattativa sulla divulgazione dei dati dei passeggeri agli Stati Uniti d’America si è conclusa la scorsa settimana. L’esito della trattativa ha contribuito ad evitare una situazione di disaccordo tra l’UE e gli Stati Uniti e questo fatto è molto importante.

Ieri la Presidenza ha ricevuto una lettera da parte dell’onorevole Sophia in ’t Veld, relatrice del Parlamento per quanto riguarda la relazione sul PNR e sarà nostra premura fornire quanto prima una dettagliata risposta scritta alle domande contenute nella stessa.

I negoziati hanno portato alla conclusione di un nuovo accordo temporaneo sul trattamento e trasferimento dei dati di identificazione delle pratiche (Passenger Name Record, PNR). Scopo di tale accordo è quello di sostituire il precedente stipulato nel 2004 e dichiarato nullo da una sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee lo scorso maggio. I negoziati sono stati duri, in quanto l’annullamento del precedente accordo minacciava di lasciare UE e Stati Uniti in uno stato di totale mancanza di accordo. Nonostante le difficoltà, il mandato di negoziazione conferito dal Consiglio nel giugno 2006 è stato rispettato. Il nuovo accordo garantirà sia il livello di protezione dei dati personali previsto dal predente accordo sia la prosecuzione del traffico aereo transatlantico. L’accordo, pertanto, in futuro consentirà di divulgare i dati dei passeggeri alle autorità statunitensi, garantendone però al contempo un adeguato livello di protezione in sede di trattamento delle informazioni, conformemente agli impegni assunti in precedenza dall’ufficio doganale e di protezione dei confini degli Stati Uniti.

Il Comitato dei rappresentanti permanenti ha seguito da vicino l’andamento della trattativa discutendo dei relativi risultati e contenuti il 6 ottobre. Il Coreper ha dichiarato di essere favorevole alla firma del testo elaborato in sede di negoziati. L’esito della trattativa è stato riferito ai ministri della giustizia in seno al Consiglio “Giustizia e Affari interni” iniziato immediatamente dopo il Coreper.

L’accordo temporaneo scaturito dai negoziati troverà applicazione dopo la firma. Il Coreper lo firmerà a nome dell’UE domani e, secondo le intenzioni, il Consiglio dovrebbe conferire l’autorizzazione a firmare quanto prima.

L’accordo temporaneo rimarrà in vigore fino al luglio 2007. Nel frattempo le parti intendono accordarsi su un testo più duraturo relativo alla divulgazione dei dati PNR. L’obiettivo è avviare i colloqui quanto prima.

I negoziati che hanno preceduto l’accordo sono stati difficili. Gli Stati Uniti avrebbero voluto modificare l’accordo precedente per renderlo più adeguato alla mutata situazione in cui si trovano ad operare. La sfida più grande durante i negoziati è stata quella relativa all’adeguamento alle modifiche introdotte a partire dal 2004 nella legislazione statunitense e nell’organizzazione dell’amministrazione tenendo però fede nel contempo ai principi relativi agli standard di protezione dei dati europei.

Oltre al testo dell’accordo in sé, nei colloqui è stata presa in considerazione anche una lettera dei negoziatori statunitensi indirizzata alla Commissione e alla Presidenza e relativa all’interpretazione degli impegni presi in merito all’utilizzo dei dati PNR. L’UE terrà conto della lettera che però non costituirà parte integrante dell’accordo.

Il risultato della trattativa rappresenta un successo da molti punti di vista. In primo luogo, obiettivo dell’accordo temporaneo è garantire la sicurezza dei passeggeri aerei e questo è un fatto di vitale importanza.

In secondo luogo, vorrei sottolineare che gli impegni precedentemente presi dall’amministrazione statunitense sull’utilizzo dei dati PNR rimarranno in vigore. L’obiettivo è garantire lo stesso livello di protezione dei dati per i dati PNR dei cittadini previsto dal precedente accordo. L’accordo contiene una disposizione secondo cui dovrebbe essere il dipartimento per la sicurezza interna degli Stati Uniti ad assumersi la responsabilità di garantire un’adeguata protezione dei dati PNR provenienti dall’UE. Ciò presuppone, in particolare, che il dipartimento per la sicurezza interna degli Stati Uniti continui a tener fede agli impegni presi nel 2004. Alla luce dei cambiamenti verificatisi a livello organizzativo all’interno dell’amministrazione statunitense, il nuovo accordo prevede che rispetto al passato un numero maggiore di autorità siano dotate di accesso elettronico al PNR. Tali autorità sono comunque specificate nell’accordo.

In terzo luogo, sono lieta che la divulgazione dei dati PNR prevista dal nuovo accordo si riferisca agli stessi 34 tipi di dati indicati nel precedente accordo.

Il nuovo accordo, infine, garantirà sicurezza giuridica all’opinione pubblica e la prosecuzione dei voli transatlantici. Nel contempo ciò consentirà alle compagnie aeree di operare in maniera economicamente sostenibile.

Ci sono altre buone notizie per le compagnie aeree. Nel corso dei negoziati gli Stati Uniti si sono impegnati a testare sistemi grazie ai quali le stesse compagnie aeree potranno immettere dati PNR direttamente nelle banche dati delle autorità statunitensi a partire da quest’anno. Questo è sempre stato un obiettivo importante per noi.

I colloqui sulla definizione di un sistema di identificazione delle pratiche più duraturo, volto a sostituire l’accordo temporaneo in esame nel luglio 2007, inizieranno nel prossimo futuro. E’ stato concordato anche che le questioni relative alla conservazione e distruzione dei dati dovranno essere risolte solamente nel corso della citata trattativa sul sistema di identificazione delle pratiche. Pertanto, torneremo sull’argomento molto presto.

Signor Presidente, sono spiacente, ma non posso trattenermi per l’odierno dibattito in quanto, come precedentemente concordato con il Parlamento, alle 18.20 dovrò partire e, purtroppo, il mio volo non attenderà un minuto di più.

 
  
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  Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. – Signor Presidente, posso in primo luogo concordare in pieno con le valutazioni positive espresse dalla Presidenza sulla validità di questo accordo, che ha una durata temporale limitata – fino al luglio 2007 – ma che ha in primo luogo il vantaggio di garantire la continuità giuridica in una materia estremamente sensibile e permette alle compagnie aeree, senza interruzioni nel traffico aereo da e verso gli Stati Uniti, di assicurare un trattamento adeguato dei dati personali dei cittadini che viaggiano verso gli Stati Uniti d’America.

Questo accordo è parte di un impegno più ampio. Posso dire senz’altro che, durante i negoziati estremamente complessi che si sono svolti, sia le istituzioni europee, Presidenza e Commissione, sia gli Stati Uniti hanno confermato la volontà di iniziare da subito un lavoro comune, che abbia un campo di applicazione più ampio e che comprenda quindi la riaffermazione di una volontà comune, di Unione europea e Stati Uniti, di collaborare in vista di un accordo definitivo – l’accordo che sostituirà questo accordo temporaneo, quello cioè che entrerà in vigore dopo il mese di agosto del 2007 – e, insieme, di affrontare il più ampio terreno della cooperazione comune contro il terrorismo, unitamente alla protezione dei diritti individuali delle persone.

E’ una prospettiva politica molto più ampia in merito alla quale, come ho avuto modo di affermare in molte altre occasioni, ritengo politicamente necessario il coinvolgimento del Parlamento europeo, anche se le procedure rientreranno necessariamente nell’ambito del cosiddette "terzo pilastro", a seguito della decisione della Corte di giustizia.

E’ evidente che il contenuto di questo accordo debba essere approfondito: so già che molti onorevoli deputati lo hanno studiato con attenzione. Vorrei svolgere alcune brevi osservazioni: in primo luogo, questo accordo non consente lo scambio di un maggior numero di dati. Esso consente la trasmissione di dati ad ulteriori agenzie, rispetto all’autorità per la protezione delle frontiere e l’autorità per le dogane, con il pieno rispetto di regole comparabili in materia di protezione dei dati personali.

Non si tratta del risultato di un cambiamento dell’accordo perché, come sapete perfettamente, abbiamo chiarito il significato di undertaking. Dopo il 2004 era intervenuto infatti un cambiamento, per effetto della legislazione interna americana, della struttura delle agenzie. Prima, cioè all’inizio del 2004, c’erano soltanto l’agenzia per le dogane e quella per la protezione delle frontiere. Oggi invece, ad esempio, c’è un nuovo interlocutore, che è il dipartimento della sicurezza interna, che non potevamo, almeno nell’interpretazione di undertaking, non prendere in considerazione. Ne fanno anche parte le agenzie precedentemente citate, per cui era impossibile non farvi riferimento.

Qual è la caratteristica di questa interpretazione? Da un lato si prende atto dell’esistenza di agenzie diverse, dall’altro si stabilisce che l’agenzia per le dogane e la protezione delle frontiere conserva la stessa funzione che aveva in precedenza, essendo essa, ed essa sola, la diretta destinataria del trasferimento dei dati. Le altre agenzie possono ottenere da questa prima agenzia, sulla base di una valutazione caso per caso, i dati di cui hanno bisogno. Quindi non vi è in primo luogo un accesso diretto ai dati da parte di altre agenzie bensì una trasmissione ad altre agenzie sulla base di una richiesta.

Qual è la richiesta che giustifica la trasmissione? Si trattata, come già evocato, di una richiesta caso per caso. Noi abbiamo specificato che il concetto "caso per caso" significa o l’indicazione di una minaccia concreta o l’indicazione di un volo o di uno specifico volo o di una rotta di voli, per la quale esiste un’indicazione che giustifica la richiesta dei dati. Tale richiesta di dati si giustifica esclusivamente, come avveniva prima – anche in questo nulla è cambiato – per ragioni di indagine antiterrorismo. Abbiamo pertanto specificato che agenzie americane con compiti investigativi diversi dalle indagini antiterrorismo non possono avere accesso, nemmeno sulla base di una richiesta indiretta.

L’altro elemento a mio avviso importante è, da un lato, l’impossibilità di un accesso diretto e, dall’altro, il cambiamento delle modalità di accesso ai dati. Molti onorevoli deputati avevano spesso sottolineato in passato il malfunzionamento o le scarse garanzie del sistema cosiddetto "pull", cioè il sistema che permette di estrarre direttamente informazioni dalle banche dati. A seguito di ciò, abbiamo chiesto ed ottenuto che il sistema sia cambiato e sostituito, come pure espressamente richiesto in numerose occasioni da autorevoli parlamentari, dal sistema di tipo "push".

Il sistema push significa, come dice chiaramente la parola, che i dati non vengono estratti bensì vengono forniti su richiesta. E’ stato concordato che il nuovo meccanismo, come abbiamo scritto nella lettera di accompagnamento inviata dagli Stati Uniti, entrerà in funzione non oltre il dicembre di quest’anno, cioè tra un mese e mezzo al più tardi. Il meccanismo sarà dapprima collaudato, per verificarne il funzionamento, ma in ogni caso sarà funzionante – lo ripeto – alla fine di quest’anno.

E’ stato altresì ribadito un obbligo specifico, cioè quello di rispettare – rammentando al riguardo l’articolo 6, comma 2, del Trattato sull’Unione europea – il diritto fondamentale degli individui al trattamento dei dati personali. Abbiamo inserito un riferimento proprio all’articolo 6 del Trattato sull’Unione europea, sostituendo il riferimento ad una direttiva sulla protezione dei dati, perchè la Corte di giustizia aveva stabilito che, in materia di sicurezza, quella direttiva non è direttamente applicabile. Sarebbe quindi venuto meno un riferimento legislativo europeo importante. Lo abbiamo sostituito con un richiamo più generale – a mio avviso ancora più vincolante – all’articolo 6 del Trattato UE, dove si fa riferimento ai diritti fondamentali delle persone.

In conclusione, l’impegno delle autorità americane è di continuare a garantire, anche da parte del dipartimento della sicurezza interna, un adeguato livello di protezione dei dati trattati e quindi, ovviamente, la possibilità di revisione dell’applicazione di tale accordo, come peraltro già stabilito nell’accordo precedentemente in vigore.

L’ultimo aspetto riguarda la conferma del periodo di custodia dei dati, un tema che non è stato toccato. E’ vero: c’era una richiesta di trattenere i dati per un periodo più lungo di quanto prevedesse l’accordo in vigore o che era in vigore. La richiesta non ha avuto seguito, da un lato perché l’accordo comunque giunge a scadenza nel luglio 2007 e, dall’altro, perché abbiamo ritenuto che una materia così sensibile come il periodo di custodia dei dati possa essere semmai oggetto del negoziato successivo. Vi posso assicurare che la Commissione intende avviare tale negoziato nel gennaio 2007 affinché a fine luglio 2007 esso sia sufficientemente maturo per giungere a un accordo definitivo.

 
  
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  Ewa Klamt, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signor Vicepresidente, onorevoli colleghi, solo poco tempo fa una parte di questo Parlamento aveva accolto favorevolmente la sentenza con cui la Corte di giustizia delle Comunità europee aveva dichiarato nullo, per ragioni formali, l’accordo tra UE e Stati Uniti sull’accesso degli USA ai dati dei passeggeri aerei. In base all’accordo provvisorio appena concluso, tuttavia, natura e quantità delle informazioni rimangono invariate. Se non altro gli Stati Uniti non hanno più accesso diretto ai dati, ma devono invece richiederli alle compagnie aeree. Si tratta di un successo negoziale per il quale vorrei rivolgere un particolare ringraziamento al Commissario Frattini.

Tuttavia, l’accordo dichiarato nullo dalla Corte di giustizia delle Comunità europee stabiliva chiaramente che l’agenzia per le dogane e quella per la protezione delle frontiere avevano facoltà di trasferire i dati in questione solo in casi eccezionali. Ora i dati dei passeggeri aerei possono essere trasferiti, come previsto, a tutti gli uffici statunitensi per la lotta al terrorismo. Probabilmente i passeggeri non avvertono questo fatto come un ulteriore rischio per la loro sicurezza, anzi, semmai è il contrario. Il mio gruppo, il PPE-DE, ha invece la netta sensazione che i colleghi parlamentari che hanno deferito la questione alla Corte di giustizia abbiano reso a tutti un disservizio. Allo stato attuale, infatti, è chiaro che il nuovo accordo non garantisce una protezione dei dati superiore a quella prevista dal precedente.

Vi rivolgo quindi un appello affinché continuiamo a impegnarci per mantenere l’alto livello di protezione dei dati che abbiamo in Europa anche per quanto riguarda il trasferimento dei dati dei passeggeri aerei. Se è vero che affinché questo accada Parlamento e Commissione devono avere la possibilità di partecipare attivamente ai negoziati futuri, dobbiamo però anche tenere conto di un altro aspetto: uno Stato sovrano come gli Stati Uniti continuerà anche in futuro a esercitare il proprio diritto a introdurre norme che stabiliscano chi può entrare nel suo territorio e a quali condizioni.

 
  
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  Martine Roure, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, innanzitutto vorrei dire che per il mio gruppo era urgente raggiungere un nuovo accordo con gli Stati Uniti. Non era infatti possibile lasciare le compagnie aeree nell’incertezza giuridica nella quale si trovavano dal 30 settembre e con la minaccia di severe sanzioni in caso di mancata trasmissione dei dati richiesti. Era assolutamente necessario trovare un accordo comune a tutti gli Stati membri dell’Unione al fine di garantire a ciascuno di essi lo stesso livello di protezione.

Siamo tuttavia molto preoccupati per la crescente facilità con cui tali dati vengono trasferiti. L’ulteriore trasferimento ad altre agenzie impegnate nella lotta al terrorismo costituisce un problema se non accompagnato da idonee garanzie. Noi chiediamo che i cittadini europei abbiano un diritto di azione effettivo davanti a un giudice in caso di uso improprio di questi dati. Ci attendiamo che le autorità americane applichino le garanzie di protezione da noi richieste e che sono sancite dalle dichiarazioni d’impegno.

Riteniamo che sia necessario coinvolgere anche i parlamenti nazionali. L’articolo 24 del Trattato prevede che la parte contraente sia l’Unione europea, ma ciò non impedisce agli Stati membri di ricorrere a una procedura di ratifica parlamentare. Ad esempio, quando si è trattato di firmare gli accordi di cooperazione giudiziaria con gli USA, gli Stati membri, ad eccezione di due, hanno affermato in una dichiarazione che tali accordi sarebbero stati per loro vincolanti solo in seguito alla ratifica dei rispettivi parlamenti. Può confermarci che sarà così anche per l’accordo sui dati PNR e, in caso affermativo, informarci sul ritmo con cui si svolgeranno le ratifiche? Si tratta di una domanda molto precisa alla quale vorremmo ricevere una risposta.

Infine, i negoziati per il nuovo accordo del 2007 dovranno concentrarsi sulla definizione di un quadro globale e vincolante in grado di garantire la protezione della sicurezza e dei diritti fondamentali dei cittadini. Non dobbiamo avere paura di ripeterlo: il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali devono essere coinvolti. D’altro canto, è necessario dare il via a una riflessione globale sulla protezione dei dati relativi ai cittadini europei nel quadro delle relazioni transatlantiche. In effetti, una recente audizione sulla società SWIFT ci ha mostrato quali siano i potenziali conflitti tra il diritto europeo e quello americano e noi dobbiamo risolvere tali conflitti: è una nostra responsabilità.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. McMILLAN-SCOTT
Vicepresidente

 
  
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  Sophia in ’t Veld, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, ho la sensazione di essere capitata nel bel mezzo della rappresentazione teatrale sbagliata e di avere di fronte a me la sceneggiatura sbagliata. Il Presidente in carica del Consiglio e il Commissario hanno parlato dell’accordo ignorando completamente la lettera di accompagnamento del dipartimento per la sicurezza interna degli Stati Uniti, che fornisce un’interpretazione dell’accordo assolutamente opposta a quella appena illustrata. Pertanto, temo di non poter condividere la gioia che la Presidenza e la Commissione hanno appena espresso.

Io ho scritto una lettera – cui il Presidente in carica del Consiglio ha appena fatto riferimento – contenente diverse domande. Sarei davvero lieta di ricevere una riposta a tali domande, se possibile nel corso dell’odierna seduta, o in alternativa per iscritto. Ad esempio, ha affermato che quantità e natura dei dati non subiranno variazioni così come il livello di protezione; ma come spiegare allora quel passaggio della lettera di accompagnamento degli americani in cui si afferma che la raccolta dei dati non servirà solo per la lotta al terrorismo e ai reati collegati al terrorismo, ma anche per combattere le malattie infettive ed altri rischi? Questo io lo chiamo un notevole ampliamento dell’ambito di applicazione. La trasmissione dei dati è stata ampliata e non tutte le agenzie coinvolte sono state chiaramente indicate. Ora gli Stati Uniti dicono di non poter applicare i periodi di conservazione dei dati concordati nemmeno a quelli raccolti nell’ambito del precedente accordo.

E’ stato detto che l’accordo prevede la conversione a un “sistema push”: mi dispiace, ma non è questo che ho letto. Ho letto che gli Stati Uniti effettueranno la conversione a un “sistema push” non appena sarà tecnicamente possibile. Bene, congratulazioni! Questo era previsto anche dal precedente accordo. Tecnicamente ciò è possibile da oltre un anno, solo che gli americani si sono rifiutati di farlo. Com’è possibile, quindi, presentare la questione in questi termini in conferenza stampa?

Vorrei anche ricevere una risposta in merito all’impatto su altre categorie di dati, giacché l’accordo in questione costituisce un precedente; mi riferisco ad esempio alle coordinate bancarie nel caso SWIFT e ai tabulati telefonici, anch’essi accessibili agli Stati Uniti. E’ possibile avere una risposta su questo punto?

Ritengo che si debba guardare al futuro perché purtroppo abbiamo bisogno di questo accordo. L’unica alternativa sarebbe stata quella di non concludere alcun accordo, nel qual caso gli Stati membri non sarebbero stati solidali l’uno con l’altro e avrebbero proceduto alla conclusione di accordi bilaterali con gli Stati Uniti. Ritengo che per il futuro avremo bisogno di un mandato chiaro e forte. Tale mandato forte dovrà essere democraticamente legittimato mediante approvazione del Parlamento europeo. E’ questa l’unica base su cui si può fondare un nuovo accordo. Mi auguro quindi che la clausola passerella sia adottata quanto prima. So che almeno su questo punto siamo d’accordo.

(Applausi)

 
  
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  Johannes Voggenhuber (Verts/ALE). (DE) Signor Presidente, l’onorevole in ’t Veld non è capitata nel bel mezzo dello spettacolo sbagliato; qui si tratta di difendere i diritti dei nostri cittadini e il ruolo del Parlamento. Purtroppo, però, la regia è un po’ fiacca e il cast non è eccezionale.

Fino alla sentenza della Corte di giustizia avevamo a che fare con il trasferimento di dati estremamente personali relativi ai nostri cittadini ad un paese straniero. La sentenza ha rivelato che tale trasferimento era illegale – e non solo per ragioni formali, onorevole Klamt. Abbiamo trasferito i dati dei nostri cittadini senza alcuna base giuridica – o, per dirla con altre parole, illegalmente. Stiamo parlando di una grave violazione dei diritti fondamentali priva di qualsiasi base giuridica. Questa situazione, tutt’altro che formale, dovrebbe farci riflettere.

Ma con che cosa abbiamo a che fare oggi? Con un accordo che rappresenta, su un piano giuridico, la prosecuzione del citato trasferimento illegale nell’ambito del terzo pilastro – ovvero la cooperazione intergovernativa senza coinvolgimento del Parlamento, senza un dibattito pubblico, sottratta alla competenza della Corte di giustizia e senza nemmeno il coinvolgimento dei parlamenti nazionali, senza ratifica. Quando lei, onorevole Klamt, afferma che gli Stati Uniti hanno il diritto di decidere chi può entrare nel loro territorio e a quali condizioni, dovrebbe a mio giudizio ricordarsi che finora siamo sempre stati d’accordo sul fatto che tale diritto finisce laddove iniziano la dignità umana, il diritto internazionale e i diritti umani.

Trovo che sia un’incredibile assurdità quella proferita dalla Commissione quando sostiene che anche con il trasferimento dei dati i diritti fondamentali dei nostri cittadini rimangono impregiudicati in quanto gli USA hanno promesso di garantire lo stesso livello di protezione dei dati di cui godiamo in Europa. Ma da quando noi e gli Stati Uniti formiamo un unico superstato? Il trasferimento di dati a paesi stranieri non costituisce forse una violazione dei diritti fondamentali, indipendentemente dal livello di protezione dei dati garantito nei paesi in questione? Le compagnie aeree non sono forse tenute a non trasmettere i dati nemmeno alle autorità europee qualora tale trasferimento costituisca una violazione dei diritti fondamentali?

Personalmente devo dire che la difesa dei diritti fondamentali dei cittadini europei è senza dubbio un argomento degno di un ottimo spettacolo, ma il cast e la regia sono terribili.

 
  
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  Sylvia-Yvonne Kaufmann, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, signor Vicepresidente, l’onorevole in ’t Veld ha ragione: non c’è davvero alcun motivo di festeggiare per l’accordo sul trattamento e trasferimento dei dati di identificazione delle pratiche (PNR) concluso la scorsa settimana. E’ pur vero che avere un nuovo un accordo è meglio che non averne nessuno perché in questo modo si evita l’incertezza giuridica, ma, in sostanza, per quanto riguarda il contenuto non abbiamo ottenuto nulla. Anzi, da questo punto di vista il nuovo accordo è peggiore di quello precedente.

Si tratta dell’ennesimo atto di sottomissione dell’UE nei confronti di Washington. Si potrebbe forse interpretare diversamente il fatto che i dati PNR debbano essere trasferiti direttamente al dipartimento per la sicurezza interna degli Stati Uniti? Il vero scandalo è che, in futuro, il trasferimento da parte di questa onnipotente autorità statunitense a tutte le autorità nazionali impegnate nella lotta al terrorismo – quindi anche alla CIA – dei dati relativi ai passeggeri aerei europei sarà un’operazione di routine. E tutti sappiamo di cosa sia capace la CIA. Vorrei ricordare agli onorevoli colleghi che questo Parlamento ha costituito un comitato speciale in seguito alla deportazione e tortura di cittadini europei, tra i quali il cittadino tedesco Khaled El Masri, da parte della CIA in nome della “lotta al terrorismo”. Alla luce di questi fatti, è davvero legittimo da parte nostra credere che il famigerato servizio segreto appena citato non farà quello che vuole con i dati dei passeggeri aerei relativi ai nostri cittadini?

Anche il nuovo accordo, malgrado le richieste del Parlamento, non garantisce ai cittadini dell’UE nemmeno le stesse tutele giurisdizionali concesse ai passeggeri aerei americani. I cittadini europei non avranno le stesse possibilità di ricorrere alla giustizia per difendersi dal trattamento di dati errati o dall’uso improprio dei loro dati. Per quale motivo non è stato possibile rendere applicabili anche ai cittadini dell’UE le stesse norme che si applicano ai cittadini americani, come nel caso, ad esempio, dell’accordo tra CE e Canada? L’accordo sul trattamento e trasferimento dei dati PNR non tutela adeguatamente il diritto dei cittadini comunitari all’autodeterminazione per quanto riguarda i loro dati personali e il mio gruppo considera questo fatto inaccettabile.

Forse l’unico barlume di speranza è rappresentato dal passaggio dal sistema “pull” al sistema “push”, ma anche questo è relativo in quanto la conversione non avverrà immediatamente, nonostante gli USA si siano impegnati ad attuarla, ma solo dopo una prima fase sperimentale. Il sistema push, comunque, è utilizzato nel caso del Canada ed è quindi perfettamente funzionante da un punto di vista tecnico. Cos’ha impedito, quindi, all’Unione europea, di insistere affinché gli Stati Uniti onorassero gli impegni presi molto tempo fa nei nostri confronti?

 
  
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  Brian Crowley, a nome del gruppo UEN. – (EN) Signor Presidente, anche se ho poco tempo a disposizione vorrei sollevare tre questioni.

Innanzitutto, quali ulteriori garanzie hanno fornito le autorità statunitensi per quanto riguarda l’utilizzo dei dati? So che abbiamo il “sistema pull” e il “sistema push”, eccetera, ma quali sono i criteri stabiliti per l’utilizzo dei dati?

In secondo luogo, quando sentiamo parlare di azioni studiate caso per caso per decidere se esiste o meno una minaccia o se un determinato volo è a rischio, di quanto tempo disponiamo per rispondere alla richiesta di informazioni e quali difficoltà dovremo affrontare per accedere a tali dati? E mi riferisco sia alla prospettiva europea sia a quella americana.

In terzo luogo, e forse è l’aspetto più importante, qualora si rilevi un uso improprio di dati, quali forme di risarcimento abbiamo a disposizione? Quale meccanismo esiste per garantire che un soggetto o gruppi di soggetti i cui dati siano stati impropriamente utilizzati, siano in qualche modo risarciti dalle autorità americane?

Sono domande cui credo tutti i cittadini europei vorrebbero avere una risposta. Approvo l’accordo e trovo che in generale sia un buon accordo, migliore del precedente, ma è necessario fare ulteriore chiarezza su di esso.

 
  
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  Ioannis Varvitsiotis (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, ho ascoltato molto attentamente gli interventi sia del ministro sia del Commissario Frattini. Entrambi partono dal presupposto che l’accordo raggiunto presenta aspetti positivi per l’Europa.

A mio giudizio l’opinione prevalente è stata quella americana. In particolare ho tre commenti sull’accordo provvisorio in questione. In primo luogo, nell’accordo si dice, come ha ricordato anche il Commissario Frattini, che il numero delle categorie di dati trasferiti rimarrà invariato, anche se esisterà comunque la possibilità di includere nuove informazioni per quanto riguarda i viaggiatori aerei abituali. Credo che tale affermazione possa essere interpretata in diversi modi. Il signor Commissario potrebbe spiegare a cosa si riferisce?

In secondo luogo è stato concordato il passaggio dal “sistema pull” al “sistema push” e ovviamente le compagnie aeree dovranno aggiornare i rispettivi sistemi. Può il signor Commissario informarci su chi si farà carico dei costi derivanti da tale conversione? Temo che il costo si riverserà sui passeggeri e sui biglietti.

In terzo luogo mi preoccupa la scelta di mantenere il termine “adeguato” in riferimento al livello di protezione dei dati. Ma chi decide se il livello è adeguato? Le garanzie offerte dagli Stati Uniti sono sufficienti? Può il signor Commissario elencare quali sono le garanzie di effettiva protezione dei dati a nostra disposizione?

Per concludere, ritengo che tutte le questioni elencate dovranno essere affrontate nell’ambito del nuovo ciclo negoziale che inizierà a gennaio. Il nuovo accordo dovrà essere più equilibrato di quello attuale.

 
  
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  Stavros Lambrinidis (PSE). – (EN) Signor Presidente, l’accordo provvisorio con gli Stati Uniti sul trattamento e trasferimento dei dati di identificazione delle pratiche (Passenger Name Record, PNR) continua a considerare non vincolanti gli impegni unilateralmente presi con un protocollo dagli stessi Stati Uniti e relativi al corretto utilizzo e alla protezione dei dati personali. Perché? E com’è possibile che in questo caso il Consiglio europeo abbia concluso un accordo che, per quanto riguarda gli obblighi degli USA, sembra più flessibile di quello che una semplice società privata, SWIFT, è stata, a quanto pare, in grado di negoziare con le autorità statunitensi relativamente all’inaccettabile trasferimento di dati bancari? SWIFT, ad esempio, ha chiesto di poter bloccare in tempo reale qualsiasi tentativo statunitense di violare le cause per le quali è stato concesso.

I casi del PNR e di SWIFT evidenziano una pericolosa lacuna politica e giuridica per quanto riguarda la protezione dei nostri diritti fondamentali. Evidentemente un paese terzo, ai soli fini della propria sicurezza nazionale, è in grado di imporre all’Europa, e addirittura a società private, il livello di accesso, utilizzo, e persino protezione dei dati. Questa situazione è chiaramente inaccettabile e mentre l’intera struttura a pilastri dell’UE è di fatto crollata nei due casi citati, il Consiglio si ostina a negare al Parlamento il ruolo di parte integrante su un piano di parità nella lotta al terrorismo e nella protezione dei diritti fondamentali. Ora, affinché sia possibile affrontare questi problemi in futuro, abbiamo urgentemente bisogno di adottare un approccio europeo democratico e complessivo, in cooperazione con tutti i nostri partner a livello globale.

 
  
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  Jean-Marie Cavada (ALDE). – (FR) Signor Presidente, visto l’alto numero di oratori e ascoltatori presenti all’odierno dibattito cercherò di non tediarvi oltre. Condivido molte delle affermazioni che sono appena state formulate su un argomento davvero molto importante. Vorrei ringraziare pubblicamente il Commissario Frattini per l’impegno a tenere informata la nostra commissione. Sto parlando, infatti, in qualità di presidente della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, dal momento che a nome del mio gruppo ha già parlato l’onorevole in ’t Veld.

Vorrei fare due osservazioni, la prima delle quali riguarda il clima politico. Ritengo che, in vista dei prossimi negoziati, si debbano compiere sforzi maggiori per quanto riguarda il concetto di reciprocità. Mi riferisco alla reciprocità delle informazioni che accettiamo di fornire ai servizi statunitensi: cosa possiamo sperare di ottenere in cambio? Ho buone ragioni per chiedermelo dal momento che, se è vero che noi europei abbiamo bisogno di poter atterrare negli Stati Uniti, soprattutto per affari, non dobbiamo sottovalutare l’analoga necessità delle società americane, visto che molti affari si concludono in Europa. Ci troviamo pertanto in una posizione di relativo equilibrio.

La mia seconda osservazione riguarda il futuro. L’accordo provvisorio in esame scadrà nel luglio 2007 e sarà quindi necessario prepararne il seguito, certamente dalla fine del prossimo inverno. Visto l’alto numero di problemi posti dalle zone d’ombra dell’accordo attuale, in particolare – e questo un po’ mi preoccupa – la lettera esplicativa cui accennava poc’anzi l’onorevole in ’t Veld, non le sembra irragionevole, signor Vicepresidente, sperare di raggiungere una sorta di compromesso entro il prossimo vertice Stati Uniti/Europa, ossia entro aprile 2007? Possiamo sperare di costruire una sorta di Schengen transatlantico in base al quale gli Stati Uniti da un lato, e l’Unione europea dall’altro, possano creare un contesto che consenta di risolvere sia il problema della sicurezza sia quello della tutela dei cittadini? Abbiamo diritto a una nuova struttura politica, visto che fra pochi mesi ci troveremo a dover iniziare i negoziati in vista del nuovo accordo.

 
  
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  Giusto Catania (GUE/NGL). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, io credo che la posizione più onesta che possiamo esprimere è quella di dire che abbiamo accettato un ricatto, perché purtroppo l’Europa in questa materia era sotto il ricatto degli Stati Uniti, giacché gli USA stavano già trattando con i singoli Stati membri e con singole compagnie aeree, ragion per cui siamo stati praticamente costretti a concludere l’accordo in questione. Questa – ripeto – è la posizione politicamente più corretta che deve esprimere il Parlamento.

Invece, è come se dovessimo difendere un accordo che danneggia di fatto i cittadini europei: è vero infatti che nulla è cambiato ma già l’accordo annullato dalla Corte di giustizia era un accordo pessimo. Dovremmo consegnare nelle mani delle autorità statunitensi 34 dati personali di cui, secondo la testimonianza degli stessi USA, vengono normalmente utilizzati soltanto 7 o 8. Se così stanno le cose, non capisco perché dobbiamo consegnare tutte queste informazioni, oltretutto anche nelle mani dei servizi di intelligence americani – una novità di questo accordo – a meno che qualcuno non voglia sostenere che ci possiamo fidare della CIA.

Io non credo di parlare a titolo personale, anzi ritengo che questo Parlamento abbia tutte le ragioni per non fidarsi della CIA. Quello che è avvenuto in Europa è davanti agli occhi di tutti: il Parlamento europeo ha istituito perfino una commissione speciale sulle attività della CIA in Europa e si è discusso di quello che è avvenuto su SWIFT, scoprendo che i nostri conti bancari vengono controllati dagli americani. Resto pertanto perplesso e continuo a credere che non ci possiamo fidare delle attività delle agenzie di intelligence statunitensi.

Credo che l’accordo in oggetto non sia stato negoziato a nome dei cittadini europei; certamente non lo è stato a nome di questo Parlamento, che è stato completamente ignorato nella discussione, come ricordava poc’anzi la collega in ’t Veld. A mio avviso, invece, è necessario coinvolgere il Parlamento europeo, come è necessario coinvolgere i parlamenti nazionali, affinché tale accordo venga concluso prioritariamente difendendo i diritti dei cittadini europei e soprattutto evitando che i nostri dati personali siano consegnati nelle mani di persone, che certamente non ne faranno un buon uso.

 
  
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  Michael Cashman (PSE). – (EN) Signor Presidente, vorrei congratularmi con il signor Commissario. L’accordo non è perfetto, ma quando si devono raggiungere dei compromessi gli accordi non lo sono mai. Tuttavia, come affermato dall’onorevole in ’t Veld, la scelta era tra avere o non avere un accordo. Senza accordo ci sarebbe stata anarchia per quanto riguarda i dati e certamente non ci sarebbe stata alcuna protezione a livello europeo per i nostri cittadini. Mi associo pienamente ai commenti dell’onorevole Cavada che, a mio giudizio, ha adottato un approccio veramente costruttivo.

Dobbiamo guardare a quanto sta accadendo con il PNR e con SWIFT – a questo proposito il protocollo d’intesa che SWIFT è riuscita a negoziare rappresenta una buona base su cui costruire i negoziati futuri. Dobbiamo però guardare a questo fatto anche come a un’opportunità di creare la cosiddetta area Schengen transatlantica visto che ci troveremo ad affrontare i problemi in esame sempre più spesso.

Vorrei tuttavia affermare dinanzi a questo Parlamento che nulla ci è stato imposto. La scelta è nostra. Se vogliamo andare negli Stati Uniti dobbiamo sottostare alle condizioni fissate da questo paese. Lo stesso identico principio vale anche se vogliamo fondare un’attività negli Stati Uniti.

Dobbiamo negoziare per il bene comune e questo accordo provvisorio va in tale direzione. Congratulazioni, signor Commissario! Al mondo non c’è cosa più semplice che criticare qualcosa; la più difficile è sostenerla. Complimenti.

 
  
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  Alexander Alvaro (ALDE). – (DE) Signor Presidente, devo ammettere che per alcuni aspetti ho un’opinione diversa rispetto a quella del precedente oratore, ma l’onorevole Cashman ed io abbiamo un rapporto di amichevole disaccordo che per la verità funziona assai bene.

Trovo tuttavia deplorevole che il Consiglio non sia più presente in quanto, come ha dimostrato l’intervento della sua portavoce, esso non solo non ha partecipato ai negoziati, ma non conosce nemmeno a fondo il contenuto dell’accordo in questione. Non si può parlare di miglioramento in termini di protezione dei dati se in tale ambito è stato adottato un testo uguale al precedente, che da questo punto di vista era pari a zero, e due volte zero fa sempre zero. Non sappiamo ancora dove vanno a finire i dati raccolti. Non sappiamo quale autorità statunitense avrà accesso agli stessi, né il luogo di conservazione finale, per non parlare poi dei destinatari dei trasferimenti di dati. Non sappiamo quando verranno cancellati. I cittadini europei non hanno diritto a chiedere dove sono conservati i loro dati. Non hanno diritto alla rettifica degli stessi. Pertanto, non è vero che in sostanza abbiamo ottenuto di più.

Non ne faccio un rimprovero diretto a lei personalmente, signor Commissario, perché so quante pressioni abbiano esercitato gli Stati Uniti, ma avrei voluto una maggiore convinzione da parte nostra nel chiedere, ad esempio, quanto suggerito dall’onorevole Cavada, ovvero che se gli USA pretendono i dati da noi, allora devono a loro volta trasmetterci i loro.

Chi ha detto che dagli USA non possano giungere minacce per l’Europa? Chi ha detto che non abbiamo anche noi il diritto di sapere chi entra nel nostro territorio? In questo caso dobbiamo essere pronti a ripagare gli USA con la loro stessa moneta anziché cedere semplicemente alle loro pressioni.

 
  
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  Sarah Ludford (ALDE). – (EN) Signor Presidente, la Presidenza ha affermato che l’esito finale è un successo, ma secondo me si tratta piuttosto di una capitolazione. Secondo quanto ci è stato detto, i dati verranno protetti conformemente ai pertinenti standard europei, ma al paragrafo 3 si legge che gli americani tratteranno i dati in conformità delle leggi statunitensi applicabili, e al paragrafo 1 si afferma che i dati saranno trasmessi secondo quanto stabilito dal dipartimento per la sicurezza interna degli Stati Uniti.

C’è poi la lettera di accompagnamento degli USA, in cui si afferma che l’accordo sarà interpretato secondo quanto stabilito dai decreti dell’Esecutivo del Presidente Bush sulla trasmissione dei dati e l’accesso da parte di altre agenzie. Si tratta di una piena affermazione della giurisdizione statunitense e vorrei quindi sapere dal Commissario Frattini se considera la lettera di accompagnamento degli USA come parte integrante dell’accordo.

Al paragrafo 6 dell’accordo si afferma che “si ritiene” che il dipartimento per la sicurezza interna degli Stati Uniti assicuri un livello di protezione adeguato dei dati. Ma che cosa diamine significa “si ritiene”? Il paragrafo 1 afferma che ci fondiamo sulla continua attuazione da parte degli USA della dichiarazione d’impegno quale interpretata alla luce dei successivi avvenimenti. Ciò significa che il rispetto degli impegni da parte degli USA è completamente subordinato agli eventi! Pertanto, l’affermazione della Presidenza secondo cui gli impegni precedentemente presi continueranno ad avere valore è infondata.

Secondo la Commissione e il Consiglio, grazie all’accordo i cittadini dell’UE avranno una maggiore certezza giuridica. Da parte mia, condivido questa affermazione solo da un certo punto di vista: ho infatti la sola certezza che i diritti giuridici dei cittadini sono stati traditi, e che, per la precisione, questo è avvenuto a favore dell’altra parte dell’Oceano Atlantico. Questa non è una teoria; nel corso dell’ultimo anno non si è fatto altro che parlare della commissione temporanea, del presunto utilizzo di paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegale di prigionieri, persone le cui informazioni non consolidate sono state trasmesse agli Stati Uniti e trasformate in informazioni consolidate, con la conseguenza che queste persone sono state condotte in luoghi come la Siria e torturate per mesi o anni, oppure incarcerate a Guantánamo Bay. Questa non è una teoria.

 
  
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  Presidente. La signora Lethomäki è dovuta rientrare in Finlandia – senza dati – per il vertice indiano di domani e pertanto non ci sarà la riposta del Consiglio nell’ambito dell’odierno dibattito.

 
  
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  Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. – Signor Presidente, credo che nei prossimi mesi vi sarà una discussione con il Parlamento –perché confermo una volontà mia personale e della Commissione di mantenere un dialogo politico con il Parlamento, anche quando si aprirà la fase del negoziato con gli Stati Uniti d’America – la quale a mio avviso deve presupporre una reciproca volontà di comprendersi, a sua volta basata sulla conoscenza degli atti in oggetto.

Ho sentito alcuni onorevoli intervenire parlando di trasmissione dei dati personali alla CIA: è semplicemente falso! Occorre leggere gli atti, onorevoli deputati! Da questi atti risulta che né la CIA né altri servizi segreti americani avranno accesso a questi dati. E’ un fatto sancito da documenti ufficiali, che noi abbiamo controllato. Affermare che stiamo consegnando i dati in questione nelle mani di servizi segreti senza controllo, è falso! Per cui sono sì disposto a impegnarmi in un dialogo ma sulla base di dati condivisi. Analogamente, è falso asserire che i dati trasmessi al dipartimento per la sicurezza interna vengono poi comunicati a tutte le agenzie. Non è assolutamente così!

Trasmettiamo i dati alle sole agenzie cui è affidato il compito istituzionale di svolgere indagini, punto primo, e in materia di terrorismo, punto secondo. Queste sono le due condizioni che limitano i destinatari e la richiesta di dati personali va fatta caso per caso, e gli undertaking specificano che cosa s’intende per "caso per caso". Sotto questo punto di vista, dunque, l’accordo sottoscritto, e ancora non ratificato, non è assolutamente diverso da quello precedente. Quest’ultimo può non piacere ma non è stato né cambiato, né peggiorato.

Sono state fatte delle osservazioni sull’entrata in vigore dell’accordo: l’onorevole Roure, ad esempio, fa riferimento all’articolo 24. Lei sa benissimo, onorevole Roure, che i parlamenti nazionali hanno il diritto – e in alcuni casi, il dovere – di ratificare. Ma Lei sa anche altrettanto bene che questo accordo temporaneo è stato negoziato nella assoluta urgenza di evitare il caos a cui l’onorevole Cashman ha fatto riferimento. Caos vuol dire l’assenza di regole e di protezione e la possibilità per qualunque compagnia di sottoscrivere un accordo. E’ dunque evidente che noi applicheremo l’articolo 24 nell’accordo, anche nella parte in cui esso stabilisce l’entrata in vigore immediata. Se dovessimo aspettare tutte le ratifiche, questo accordo interverrebbe dopo il luglio 2007, il che significa che si produrrebbe immediatamente il caos che abbiamo voluto evitare. Si tratta di regole sancite nei Trattati, non di una nostra interpretazione.

"Si garantisce un adeguato livello di protezione dei dati", lo abbiamo ripetuto: si tratta di una formula che esisteva in precedenza. Mi è posto un quesito serio: in che modo garantiamo il cittadino o comunque l’Unione europea se questo livello adeguato non viene mantenuto? Onorevoli deputati, voi sapete che gli undertaking e l’accordo prevedono la possibilità di denunciare l’accordo ed eventualmente di sospenderlo qualora emergesse che il livello "adeguato di protezione" non è stato mantenuto. Quindi esistono strumenti idonei e in caso di ricorso alle vie legali, non sta certo a me stabilire in quale caso un magistrato può invocare la sua giurisdizione.

Mi è stata obiettata l’esistenza di una lettera di accompagnamento che stabilisce l’applicazione di una certa giurisdizione, ad esempio soltanto della giurisdizione americana. Ma voi sapete perfettamente che quella lettera è un atto unilaterale, non è parte dell’accordo. La Commissione non ha concordato disposizioni in materia di giurisdizione contenute in una lettera unilaterale del dipartimento di Stato. Non è quindi assolutamente vero che noi sottraiamo il diritto alla giurisdizione. Spetterà ai giudici stabilire chi potrà o non potrà agire. Non lo stabilisce di certo l’accordo in oggetto.

Credo vi sia un altro argomento particolarmente importante: l’aspetto "pull-push". L’onorevole in ’t Veld ha posto dei quesiti complessi, 17 in tutto, cui noi intendiamo senz’altro rispondere per iscritto: si tratta di quesiti estremamente tecnici ma importanti. Vi sono tuttavia alcuni punti cui non posso omettere di rispondere ora. Non è semplicemente vero che, ai sensi dell’accordo, il nuovo sistema push, voluto da questo Parlamento, entrerà in funzione quando vorranno gli americani. E’ al contrario scritto che "al più tardi entro dicembre, il sistema sarà operativo". Si fa dunque riferimento a una data molto chiara e vicina – si tratta di un mese e mezzo – e come sapete perfettamente, esiste una rete di aerolinee internazionali, facenti capo alla catena Amadeus, che è già in grado da domani di applicare il sistema push. Esistono dunque le capacità tecniche ed esiste ora anche una base giuridica, che non era contemplata nel precedente accordo. Si tratta certamente di un miglioramento: il sistema push può entrare in funzione fin da domani.

Per quanto riguarda l’aspetto della limitazione degli ambiti, qualcuno – credo ancora l’on. in ’t Veld – ha affermato che la trasmissione dei dati non sarebbe più soltanto motivata dalla lotta al terrorismo ma anche da altri obiettivi. I punti 3 e 34 degli undertakings, che non sono stati modificati, stabilivano e stabiliscono che in presenza di un interesse vitale, anche in casi diversi dalla specifica indagine sul terrorismo, possono essere richiesti i dati personali. Non è una novità.

Ultima considerazione, signor Presidente, e mi scuso per la lunghezza del mio intervento. Sono pienamente d’accordo con quanto hanno affermato gli onorevoli Cavada e Cashman: possiamo anche chiamarlo accordo "Schengen-Transatlantico" – mi piace anche l’espressione – certo è che con gli Stati Uniti d’America occorrerà un negoziato politico ad ampio raggio. Occorrerà stabilire una volta per tutte – e lo dovrà fare anche questo Parlamento – se gli Stati Uniti sono, come io credo, i primi alleati dell’Europa nella lotta al terrorismo, oppure se sono un problema. Io ritengo che siano i primi alleati nella lotta al terrorismo ed allora è chiaro che, come noi europei abbiamo costruito lo spazio Schengen di sicurezza e di affermazione dei diritti, lo stesso dobbiamo cominciare a fare con gli Stati Uniti d’America. Altrimenti rischiamo di dimenticare che il problema è il terrorismo e non gli USA.

 
  
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  Presidente. Vorrei ringraziare il Commissario e i tutti i colleghi che hanno partecipato a questo importante dibattito.

La discussione è chiusa.

 
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