Presidente. L’ordine del giorno reca gli interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, da ormai alcuni mesi gli agricoltori e gli esportatori di prodotti agricoli polacchi non possono esportare i propri prodotti nella Federazione russa. Nel marzo di quest’anno l’Ucraina è stata l’ultimo paese a vietare l’importazione di carne e di prodotti a base di carne dalla Polonia. La decisione è stata presa senza fornire alcuna giustificazione giuridica. E’ incredibile che i colloqui tra Unione europea e Federazione russa non abbiano dato alcun risultato. Forse, la Commissione europea non attribuisce la giusta importanza alle questioni commerciali tra Polonia e Russia, dando invece priorità ad altri interessi dell’Unione europea e di altri paesi. Per tale motivo, chiedo nuovamente alla Commissione europea di fare il possibile per abolire il divieto all’esportazione dei prodotti agricoli polacchi in Russia e Ucraina. E’ un problema che rientra nella sfera di competenza e tra le responsabilità della Commissione europea.
Mario Borghezio (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, poche ore fa un sito Internet collegato ad Al-Qaeda ha dichiarato la guerra santa via Internet, invitando tutti gli hacker musulmani del mondo a bombardare i siti religiosi cristiani e in particolare quello del Papa. Si tratta a mio avviso di un fatto di estrema gravità, che viene a colpire il principio irrinunciabile della libertà religiosa.
Quando si colpisce – oltretutto ai vertici – la libertà di potersi rivolgere al mondo attraverso i mezzi di comunicazione, quando si prendi mira una religione, addirittura un’intera confessione religiosa, si colpisce uno dei valori fondanti dell’Unione europea: il principio della libertà religiosa. L’Europa non può tacere. Siamo di fronte ad un’escalation di misure e di iniziative tese a colpire i principi fondamentali della nostra libertà. Dobbiamo difenderci da una simile arroganza e da una tale escalation totalitaria dell’estremismo fondamentalista islamico.
Katalin Lévai (PSE). – (HU) Come deputata ungherese al Parlamento europeo debba mi sento in dovere di dire qualcosa sull’improvviso interesse mostrato a livello internazionale nei confronti del mio paese.
Sono convinta che il Parlamento nutra un’inutile ed eccessiva preoccupazione per i conflitti politici interni, e che i colleghi ungheresi all’opposizione abbiano portato un’atmosfera politica da guerra fredda in questa sede. Non abbiamo ottenuto un mandato per portare sulla scena politica europea i conflitti tra i nostri partiti nazionali, perché questo non fa altro che aumentare le distanze tra Istituzioni europee e cittadini dell’Unione europea. Nessuno ha interesse nel dare un’immagine distorta dell’Ungheria e distruggere l’immagine positiva del paese che tanto abbiamo faticato a costruire.
Se vogliamo ripristinare la sempre minor fiducia per l’UE e le sue Istituzioni, dobbiamo superare i piccoli conflitti di interesse e impegnarci in una politica di stile europeo per raccogliere le grandi sfide che ci aspettano. L’ulteriore allargamento dell’Unione, i reati perpetrati contro i diritti dell’uomo, gli effetti negativi della globalizzazione e l’efficace raccolta e spesa dei fondi comunitari destinati allo sviluppo delle regioni dimenticate sono solo alcune di queste sfide. C’è molto da fare.
Marco Pannella (ALDE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, meno di 24 ore fa ero a Mosca e per un istante stavo per indossare la fascia di deputato europeo mentre ero in mezzo alle migliaia di persone che rendevano l’estremo omaggio ad Anna Politkovskaja. Poi ho pensato che sarebbe stata un’offesa per gli occhi di quella donna, che pure non potevano vedermi, vedere inalberato il nostro emblema.
La giornalista Anna Politkovskaja ci ha raccontato quello che non avete voluto sentire né vedere. Alla pagina 6 di Le Monde di oggi, si legge di persone arrestate a Mosca perché dicono: "Georgiani, siamo con voi"! Georgiani, non ceceni. E i simboli indossati dagli arrestati appartengono al Partito radicale transnazionale. Noi, come radicali e liberali, abbiamo portato in questo Parlamento i membri del governo ceceno in esilio, che venivano ad annunciare la loro scelta non violenta. Non se ne è fatto nulla.
Signor Presidente, mi conceda di formulare un invito: non chiamiamo più i nostri edifici "Schuman" o "Adenauer", chiamiamoli "Daladier" e "Ollenhauer"! Togliamo questi nomi che non abbiamo il diritto di usare…
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Kartika Tamara Liotard (GUE/NGL). – (NL) Signor Presidente, vorrei attirare la vostra attenzione sullo scandalo dell’avvelenamento che ha interessato la Probo Koala in Costa d’Avorio alcune settimane fa, le cui ripercussioni sono ancora incalcolabili. La nave ha o presto avrà il permesso di lasciare l’Estonia. Non si sa ancora cosa succederà al veleno e all’equipaggio infetto. Il mio osservatore, che a nome mio si è recato in Estonia, è totalmente concorde con il Commissario Dimas quando afferma che questa è solo la punta dell’iceberg. In primo luogo, un veleno di quel tipo non avrebbe mai dovuto lasciare l’Unione europea: questa è una violazione del diritto europeo e internazionale. Essendomi stata negata, a più riprese, la possibilità di parlare con l’equipaggio della Probo Koala pur avendo ottenuto l’autorizzazione, posso solo concludere che alcune autorità stanno facendo un gioco molto sporco con delle vite umane, un gioco che non si è nient’affatto concluso. La Probo Emoe già appare all’orizzonte.
Kinga Gál (PPE-DE). – (HU) Come ho detto la scorsa settimana durante l’incontro della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, il risultato più importante e più tangibile dello Stato di diritto è proprio la libertà del cittadino di esercitare i propri diritti politici. Essi, ovviamente, non devono essere confusi con atti di violenza inammissibili.
Per tale motivo, porto all’attenzione del Parlamento le indagini e i reati che hanno richiesto un accertamento, occorsi a Budapest la notte tra il 19 e il 20 settembre, con conseguenze che permangono sino ad oggi e che hanno messo in dubbio l’efficacia dello Stato di diritto in Ungheria. In base alle denunce, in questi due giorni la polizia ha usato eccessiva violenza adottando misure esageratamente severe non solo contro i manifestanti, ma anche contro i giovani, tra cui molti cittadini stranieri, che erano per strada. Tra le persone arrestate, punite collettivamente e che in alcuni casi sono ancora detenute, c’erano alcuni individui che non avevano nulla a che vedere con gli episodi di violenza.
E’ importante che l’uso della forza che limita i diritti umani fondamentali e in particolare la libertà personale – come l’arresto e la carcerazione preventiva – sia permesso solo nei casi in cui si sia effettivamente convinti della sua assoluta necessità.
Antonio De Blasio (PPE-DE). – (HU) Signor Presidente, in Ungheria lo spirito europeo è minacciato: ci stiamo allontanando sempre più dall’Europa. Il ministro socialista dell’Amministrazione locale e dello Sviluppo regionale ha promesso lo scorso sabato ai colleghi della coalizione che avrebbe emanato i giusti emendamenti legislativi per fare in modo che, in futuro, i fondi comunitari destinati allo sviluppo fossero distribuiti in base a considerazioni politiche di partito.
Se così veramente fosse, non sarebbero più organi eletti a decidere dell’utilizzo dei fondi provenienti dal bilancio dell’UE, ma la decisione dipenderebbe dai disegni politici dei partiti, favorendo quindi l’emergenza di una spesa non trasparente e non verificabile. Questa dichiarazione non compromette solo la credibilità dell’Ungheria nell’Unione europea, ma anche lo sviluppo di uno spirito europeo nel paese, secondo cui i fondi europei dovrebbero essere al servizio della coesione e dell’unità del popolo ungherese basate sull’attuazione dei principi fondamentali della democrazia.
I commenti del ministro socialista chiaramente indicano che l’uso dei fondi comunitari risponde alla logica di arricchire l’élite del partito socialista ungherese.
Gyula Hegyi (PSE). – (EN) Signor Presidente, lo scorso venerdì il governo ungherese ha ottenuto una forte maggioranza in un voto di fiducia al parlamento ungherese. Grazie a questo la nostra moneta è diventata più forte, vi sono migliori prospettive economiche e l’Ungheria è tornata a una vita normale. Budapest non è vittima di una crisi generale; solo il nostro principale partito all’opposizione, il Fidesz, è in crisi. I deputati eletti al parlamento nazionale guidano manifestazioni antidemocratiche in strada invece di opporsi al governo in sede parlamentare. A quanto mi risulta i parlamentari eletti dovrebbero lavorare in parlamento e non in strada, dove i delinquenti di estrema destra, anch’essi manifestanti, hanno dato fuoco a un edificio sede di un’emittente televisiva.
Sarebbe molto saggio se il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei comunicasse ai propri membri ungheresi che democrazia parlamentare significa rispetto del parlamento, rispetto delle elezioni parlamentari e una netta differenza tra politica democratica e estremismo non parlamentare.
Marios Matsakis (ALDE). – (EN) Signor Presidente, una relazione di recente pubblicata dall’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti dell’uomo in Iraq afferma che i corpi all’obitorio di Bagdad spesso portano i segni di orribili torture tra cui ustioni da acido, asportazione di denti e di occhi e ferite provocate da chiodi e trapani. Le organizzazioni per i diritti dell’uomo hanno più volte denunciato le torture inflitte nelle carceri gestite da forze britanniche e americane e dal ministero iracheno della Difesa e della Giustizia e nelle prigioni controllate da diverse fazioni militari. L’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti dell’uomo sostiene che il livello di tortura nell’Iraq di oggi è maggiore rispetto a quello registrato durante il regime di terrore di Saddam Hussein.
L’UE, e il Parlamento in special modo, hanno l’obbligo di reagire in maniera adeguata alla relazione dell’ONU. Faccio appello a voi, al Presidente della Commissione e alla Presidenza finlandese per rilasciare al più presto una dichiarazione esplicita su questo tema.
Bogusław Rogalski (IND/DEM). – (PL) Signor Presidente, alla seduta privata della commissione per gli affari esteri dello scorso anno su un nuovo accordo di partenariato con la Russia, l’APC, l’onorevole Brok, presidente della commissione, si è comportato in maniera scandalosa. Egli ha avuto una brusca reazione alla domanda da me rivolta al signor Mingarelli, il cui compito era tranquillizzare i nuovi Stati membri che l’accordo previsto con la Russia non avrebbe avuto ripercussioni sulla loro sicurezza energetica, e che l’accordo non sarebbe stato concluso alla stessa stregua dell’accordo sulla costruzione dell’oleodotto settentrionale: esso, in altre parole, non avrebbe protetto esclusivamente gli interessi tedeschi. Alzando la voce egli ha risposto che questa poteva essere una domanda tipica di un comizio elettorale del suo paese, e l’ha respinta senza dare all’oratore possibilità di replica. A parte il fatto che la reazione di per sé è stata estremamente arrogante e sdegnosa, l’onorevole Brok si è permesso di violare i principi della democrazia parlamentare, basata sulla pluralità di idee e sulla libertà di parola degli europarlamentari. Il suo comportamento ha rilevato un’estrema parzialità nel dirigere i lavori della commissione, tendente a difendere l’inviolabilità delle relazioni russo-tedesche.
Chiedo al Presidente di reagire a tale episodio e di dare spiegazioni in merito al comportamento dell’onorevole Brok nel suo atto di discriminazione contro i deputati al Parlamento europeo provenienti dai nuovi Stati membri.
Marie Anne Isler Béguin (Verts/ALE). – (FR) Signor Presidente, gli episodi si susseguono. Stiamo assistendo in diretta all’escalation delle violazioni delle regole del diritto internazionale perpetrate dalla Russia contro la Georgia: il conferimento della cittadinanza russa alle popolazioni dell’Abkhazia e dell’Ossezia meridionale, il rifiuto del piano di pace proposto dalla Georgia per risolvere i conflitti con le regioni separatiste e la chiusura dei due valichi di frontiera. Le tensioni si sono ulteriormente inasprite dopo l’arresto di spie russe da parte della Georgia, con rappresaglie da parte di Mosca che dà la caccia ai georgiani e cerca di paralizzare economicamente il proprio vicino introducendo sanzioni unilaterali che bloccano il commercio tra Russia e Georgia. Infine, lasciando intendere che la Russia riconoscerebbe le regioni separatiste dell’Abkhazia e dell’Ossezia meridionale se il Kosovo ottenesse l’indipendenza, Putin allontana ancor di più la soluzione del conflitto. La lista è lunga e i georgiani sono del tutto esasperati.
Di fronte a questa situazione che sta per esplodere, l’Unione europea deve svolgere un ruolo cruciale nel portare le parti, soprattutto la Russia in occasione dei negoziati Unione europea/Russia, al tavolo negoziale per trovare una soluzione e porre fine a questo conflitto latente nel Caucaso meridionale. La politica di vicinato ce lo consente; un’azione militare significherebbe il fallimento totale delle nostre politiche.
Carlo Fatuzzo (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, dieci miliardi di euro sono la somma che il governo italiano, nel presentare il bilancio dello Stato italiano per il 2007, ha occultato e cancellato dai debiti. Con molto piacere, La ringrazio di avermi dato la parola per poter far sapere, tramite questo Parlamento, alla Commissione soprattutto, che il bilancio che le è pervenuto dal governo italiano è privo della voce del debito di dieci miliardi di euro.
Debito nei confronti di chi? Nei confronti dei pensionati italiani che hanno lavorato in Svizzera e che stanno attendendo il pagamento di questi dieci miliardi di euro, che il governo italiano non ha nessuna intenzione di pagare e – quel che è peggio – che ha cancellato dal bilancio. Nessuno sa che nel bilancio dello Stato italiano vi è un debito di dieci miliardi di euro. Mi auguro che da oggi lo sappiano tutti.
Toomas Savi (ALDE). – (ET) Signor Presidente, lo scorso sabato la Russia è stata ancora una volta teatro di un omicidio politico. I primi anni del ventunesimo secolo hanno chiaramente dimostrato che, in Russia, il diritto di dire la verità è un tabù per il quale le persone devono troppo spesso pagare il prezzo più alto: la vita.
La slealtà politica è ormai all’ordine del giorno in Russia, e purtroppo anche noi dobbiamo farcene una ragione. La lotta per la democrazia, i diritti dell’uomo e la libertà di espressione condotta da Anna Politkovskaja è la miglior cosa che si potesse fare nell’interesse della Russia di domani e di un’Europa migliore.
Onorevoli colleghi, credo e spero sinceramente che il Parlamento e l’incontro ufficioso tra i capi di Stato e di governo alla cena informale che si terrà a Lahti il 20 ottobre possano esercitare abbastanza pressioni sul Presidente Putin per svelare al più presto la verità su questa terribile ingiustizia, e che tutti quelli che vi hanno preso parte siano assicurati alla giustizia.
Leopold Józef Rutowicz (NI). – (PL) Signor Presidente, vorrei soffermarmi sulla mancanza di risorse idriche, che sta diventando un problema importante per molti cittadini europei.
L’acqua è indispensabile alla vita e alle attività economiche. Purtroppo, il costante aumento della temperatura nei 25 Stati membri (di 0,2 gradi centigradi in 10 anni) e la riduzione delle precipitazioni in molte regioni hanno ancor più ostacolato l’accesso alle risorse idriche di molti cittadini, con perdite per l’agricoltura e problemi nell’industria manifatturiera. La situazione idrica è in rapido peggioramento, e gli investimenti per la rigenerazione e la conservazione di queste risorse sono un processo costoso e a lungo termine. E’ quindi necessario promuovere attività di formazione e di scambio di esperienze, oltre alla divulgazione di metodi e migliori pratiche per lo sfruttamento razionale delle risorse idriche e della loro conservazione. Anche le attività economiche devono essere riorientate alla razionalizzazione dell’acqua in tutti i settori dell’economia. La mancanza d’acqua potrebbe diventare un ostacolo per la produzione agricola e, in particolare, per la produzione di materie prime per i biocarburanti, che sono di facile reperimento. La situazione idrica deve essere costantemente monitorata, e il Parlamento costantemente informato…
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Danutė Budreikaitė (ALDE). – (LT) Mentre si stavano recando al campionato mondiale di pallacanestro femminile, durante il viaggio per il Brasile le atlete della squadra lituana sono rimaste bloccate nella Guiana francese senza riuscire a ripartire per quattro giorni. Il Brasile rifiutava di ammettere chiunque non fosse vaccinato contro la febbre gialla.
Dopo essersi sottoposta a vaccinazione e avere avuto garanzie dal ministro della Sanità brasiliano, che ha assicurato che non vi sarebbero stati problemi di sorta, la squadra lituana ha finalmente raggiunto Belém, in Brasile, con un volo charter. Purtroppo, però, è stata bruscamente respinta sull’aereo dai funzionari addetti all’immigrazione e rimandata a Caienna.
Solo le giocatrici lituane hanno ricevuto un simile trattamento. Altre squadre europee vaccinate nello stesso momento sono state ammesse a Belém. I funzionari brasiliani hanno chiaramente affermato che le giocatrici tedesche non avrebbero avuto problemi di questo genere.
Perché per la Lituania vengono usati due pesi e due misure, come se non fosse uno Stato membro dell’Unione europea? Sembrerebbe necessario stanziare più fondi per far meglio conoscere i nuovi paesi dell’UE non solo all’interno, ma anche al di fuori dell’Unione.
Laima Liucija Andrikienė (PPE-DE). – (LT) Un topo può veramente spaventare un elefante? Sembrerebbe di sì, e l’attuale crisi nei rapporti tra Russia e Georgia ne è la prova.
L’Unione europea può scegliere come reagire a quanto accade nelle regioni confinanti: rilasciare semplicemente una dichiarazione o partecipare attivamente a una composizione pacifica del conflitto.
Accolgo con favore la partecipazione del ministro degli Esteri belga De Gucht nella consegna dei funzionari russi alla Russia, e la sua dichiarazione pronunciata a nome dell’UE. Tuttavia, non è sufficiente.
Credo che, se la Russia sta valutando la possibilità di intraprendere un’azione militare per risolvere il conflitto con la Georgia, l’Unione europea dovrebbe fare il possibile per fermare immediatamente la deportazione dei georgiani dalla Russia e bloccare la stesura di elenchi degli studenti delle scuole moscovite aventi cognome georgiano, perché ciò ricorda la politica della Germania nazista e la deportazione di cittadini di nazionalità ebrea.
Durante le deportazioni dopo l’occupazione sovietica, i miei genitori sono stati trasportati in Siberia su carri bestiame. Ora i mezzi di trasporto sono cambiati: i georgiani sono deportati da Mosca su aerei da carico. Non si può permettere la continuazione di simili atti e di una tale politica.
Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE). – (PL) Signor Presidente, nel maggio di quest’anno abbiamo adottato in seconda lettura il regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari, in base a cui il diritto europeo prevede che, dal 1° gennaio 2007, i produttori di generi alimentari appongano sulle confezioni informazioni precise riguardanti le proprietà dei prodotti alimentari. In pratica, ciò significa che tutti i benefici per la salute derivanti dai prodotti dovranno essere confermati da laboratori indipendenti.
Tali regole, purtroppo, andranno solo superficialmente a vantaggio dei consumatori. Inoltre, il regolamento comunitario potrebbe eliminare i prodotti delle piccole e medie imprese, che non potranno permettersi test allo stesso livello delle ricche imprese europee. Di fatto, i consumatori avranno sempre meno scelta, non saranno in grado di fare acquisti informati e continueranno a non sapere cosa effettivamente acquistano. Il meccanismo distruttivo di tale concorrenza potrebbe essere limitato concedendo il diritto di creare simboli che diano indicazioni sui potenziali benefici per la salute, creando così un sistema uniforme per riconoscere i prodotti salutari. E’ altresì fondamentale dare un aiuto speciale alle piccole e medie imprese, i cui prodotti sono spesso di qualità superiore rispetto a quelli delle grandi aziende nel nostro mercato comune.
Andrzej Tomasz Zapałowski (IND/DEM). – (PL) Signor Presidente, la Repubblica di Lituania ha ottenuto l’indipendenza solo poco più di dieci anni fa: questo evento è stato celebrato da tutta l’Europa democratica. Il paese ha da subito iniziato a introdurre riforme economiche e sociali, il cui obiettivo era eliminare il retaggio dell’occupazione sovietica. Un ruolo importante nel raggiungimento dell’indipendenza è stato svolto dalla grande minoranza polacca (il 10 per cento della popolazione totale) che, da secoli, abita nelle zone attorno alla capitale, Vilnius. Tuttavia, pur essendo trascorsi molti anni dalla fine del regime sovietico, le autorità lituane non hanno ancora restituito ai polacchi i terreni confiscati dalle forze dell’occupazione. Nonostante numerosi accordi, la Lituania non ha mai permesso che i nomi polacchi fossero scritti con la grafia polacca, ma ha insistito che fossero scritti in lituano. Questa è un’evidente violazione delle norme europee sulle minoranze etniche e nazionali negli Stati membri dell’UE.
Oldřich Vlasák (PPE-DE). – (CS) Signor Presidente, onorevoli colleghi, se permettete vorrei attirare l’attenzione dell’Assemblea su un grave problema che affligge la Repubblica ceca riguardante l’utilizzo dei fondi di coesione per la modernizzazione del settore delle acque reflue. Per onorare gli obblighi previsti dalla direttiva relativa al trattamento delle acque reflue, dovremo investire oltre 4 milioni di euro entro il 2010, più del 10 per cento del nostro bilancio annuale nazionale. Conveniamo, ovviamente, che è impossibile farlo senza sovvenzioni comunitarie. Non riesco quindi a capire come sia possibile che in Commissione vi siano progetti per avere acque pulite nelle città ceche che, da un anno e mezzo, non hanno avuto seguito. Sono progetti proposti dalle nostre società di distribuzione idrica basati su un modello operativo in linea con il diritto comunitario, eppure i funzionari della Commissione, agendo arbitrariamente, si rifiutano di concedere i permessi e cercano invece di imporre a noi, rappresentanti eletti delle città, il tipo di contratti che dovremmo firmare e il modo in cui dovremmo risolvere i problemi del settore idrico. Non dimentichiamoci che la Repubblica ceca è al centro dell’Europa, e che i principali fiumi europei nascono qui per poi fluire verso i paesi confinanti. Non si tratta quindi di un problema esclusivamente ceco, ma di un problema europeo.
Marco Cappato (ALDE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, avevamo sottolineato come fosse stata intempestiva la dichiarazione del Presidente della Commissione Barroso, prima del voto del Parlamento europeo sulla relazione Eurlings sulla Turchia, allorché il Presidente Barroso ha influenzato il voto con le sue dichiarazioni negative, volte ad escludere le prospettive di adesione della Turchia. Inoltre, viste le successive dichiarazioni dei Commissari Rehn e Verheugen, viene da pensare che il Presidente Barroso sia stato improvvido, non soltanto rispetto al nostro Parlamento, anche ma rispetto alla sua stessa Commissione.
Esprimo pieno sostegno alla dichiarazione del Commissario Verheugen, che ha ribadito l’obiettivo della piena adesione della Turchia all’Unione europea, sottolineando come sia nel nostro interesse avere una Turchia legata all’Occidente, cioè democratica, con uno Stato di diritto che rispetti i diritti umani e che protegga i diritti delle minoranze. Questo è a mio avviso l’obiettivo che non dobbiamo perdere di vista: un’Unione europea capace di promuovere la democrazia e lo Stato di diritto e – mi permetta anche signor Presidente – un’Unione europea che avrebbe dovuto avere il coraggio di mandare dei rappresentanti del Parlamento, della Commissione e del Consiglio al funerale di Anna Politkovskaja, cosa che invece non è avvenuta.
Nils Lundgren (IND/DEM). – (SV) Signor Presidente, di recente lei ha asserito che la dimensione storica della sede dell’UE a Strasburgo non può essere considerata allo stesso modo da alcuni paesi nordici che non hanno partecipato alla Seconda guerra mondiale. I popoli della regione nordica non hanno sofferto abbastanza nella Seconda guerra mondiale per capire il valore simbolico della presenza del Parlamento europeo a Strasburgo. Così si possono accantonare le critiche nordiche al costo eccessivo delle trasferte del Parlamento europeo a Strasburgo.
La sua affermazione era ovviamente sbagliata da un punto di vista storico – Finlandia, Norvegia e Danimarca hanno infatti partecipato alla Seconda guerra mondiale – ma è anche notevole per altri versi, in quanto il Presidente del Parlamento europeo crede veramente che non dovremmo ascoltare i pareri sui luoghi in cui si riunisce il Parlamento europeo se essi sono espressi da cittadini ed eurodeputati provenienti da paesi che non hanno preso parte alla Seconda guerra mondiale. E’ un’idea grottesca che si salva solo perché, in questo modo, non dovremmo ascoltare neanche il Presidente, visto che neppure la Spagna ha combattuto in quell’occasione. E’ un ragionamento assurdo. I popoli irlandese, portoghese, spagnolo e svedese oggi hanno lo stesso diritto di altri paesi a essere ascoltati. E’ scandaloso che la persona cui è affidata la Presidenza del Parlamento europeo abbia così scarso discernimento da arrogarsi il diritto di dirci chi dobbiamo ascoltare e chi dobbiamo zittire.
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Presidente. Grazie di cuore, onorevole Lundgren. Mi chiedo se abbia avuto il tempo di leggere la risposta che ho scritto alla lettera inviatami da alcuni deputati, che sicuramente avrà ricevuto. L’ha letta? Se sì non capisco la sua domanda. Ancora una volta dice cose del tutto false.
Nella mia risposta spiegavo a tutti quanto avevo affermato. Ciò che ho detto non si avvicina lontanamente a quello che lei sostiene io abbia detto. In quella lettera spiego chiaramente che ho semplicemente evidenziato come le opinioni di alcuni paesi possano essere influenzate dal fatto di non avere partecipato alla guerra mondiale. Ciò non implica assolutamente che alcuni paesi non abbiano il diritto di esprimere un’opinione. Non significa che il loro parere non debba essere ascoltato. Dico solo che hanno opinioni diverse, e forse ciò è dovuto al fatto di avere storie diverse.
Perché sostiene che il Presidente del Parlamento nega a qualcuno il diritto di esprimere la propria opinione? Pensa che sia così stupido da negare a un cittadino europeo questo diritto in virtù della storia del paese da cui proviene?
Ovviamente tutti hanno il diritto di dare il proprio parere. Dico solo che le opinioni possono variare per motivazioni storiche diverse. Onestamente non capisco il perché di questa assurda discussione su un’interpretazione errata delle mie parole su cui lei, mi dispiace dirlo, continua a insistere.
Árpád Duka-Zólyomi (PPE-DE). – (HU) E’ un peccato che l’ordine del giorno non includa la questione del conflitto tra Georgia e Russia e un dibattito su queste tensioni davvero allarmanti. Questo sarebbe proprio il momento opportuno per affrontare una simile discussione.
In Caucaso stanno succedendo cose che a prima vista possono sembrare sorprendenti, ma che in realtà sono la conseguenza naturale di un decennio e mezzo di relazioni tra Georgia e Russia. La rappresaglia e le ritorsioni che hanno fatto seguito alla scoperta di un gruppo di spie russe rivelano una situazione bellicosa. E’ inaccettabile che i russi allontanino dal paese i cittadini georgiani in virtù della loro identità etnica. Ci troviamo di fronte a una violazione dei diritti e delle libertà umani e civili. E’ ovvio che la Federazione russa non riesce ad accettare di avere perso la propria influenza sulla Repubblica georgiana. Non riesce a sopportarlo, perché vede minacciata la sua identità di grande potenza.
Consiglio, Commissione e Parlamento hanno una grande responsabilità: devono intervenire con maggiore decisione e negoziare con i russi. Innanzi tutto occorre stabilire cosa si intende per integrità territoriale della Georgia, che al momento è oggetto di varie e diverse interpretazioni. Solo con mezzi pacifici è possibile trovare una soluzione, e dobbiamo evitare lo scoppio di un altro conflitto armato nella regione.
Marian Harkin (ALDE). – (EN) Signor Presidente, vorrei spiegare cosa pensa l’Europa della proposta di acquisizione di Aer Lingus da parte di Ryanair. Fino a poco tempo fa Aer Lingus era la compagnia di bandiera irlandese di proprietà dello Stato. La sua situazione economica era solida, ma doveva trovare finanziamenti per rinnovare la flotta. Il governo irlandese ha affermato che l’UE non avrebbe permesso alcun investimento pubblico nella compagnia aerea, e questo mi giunge nuovo. A quanto so io, uno Stato ha la possibilità di investire nelle linee aeree se esse effettivamente si trovano in una solida posizione economica, come del resto era Aer Lingus. Questo è l’ennesimo esempio della mentalità che tende a scaricare le colpe su Bruxelles, con cui un governo nazionale giustifica le proprie azioni dicendo che “l’UE non lo consentirebbe”, anche se non è necessariamente così. Comunque questa è storia ormai passata; ora Aer Lingus è oggetto di un’offerta pubblica di acquisto da parte della sua principale rivale, Ryanair.
Per certi versi è ironico che, da una parte, l’UE sia ritenuta responsabile della situazione attuale quando in realtà non ne ha alcuna colpa e che, dall’altra, dovremo sicuramente rivolgerci alla DG Concorrenza della Commissione per bloccare l’acquisizione, per salvarci dalle nostre azioni e proteggerci dalle conseguenze che ne deriverebbero.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL). – (PT) Signor Presidente, vorrei cogliere l’opportunità per rendere omaggio agli operai portoghesi e al loro sindacato, il CGT-IN, che domani 12 ottobre terranno una giornata di protesta generale contro le politiche della destra attuate in Portogallo. Tra le varie questioni, gli operai portoghesi stanno lottando contro le proposte di previdenza sociale del governo per aumentare l’età di pensionamento e ridurre le pensioni. Essi lottano per proteggere e aumentare la produzione nazionale, per creare posti di lavoro con i relativi diritti, per difendere i servizi pubblici e l’amministrazione pubblica al servizio del cittadino, per il diritto alla contrattazione collettiva, all’aumento dei salari e all’equa distribuzione della ricchezza.
Un’ultima osservazione, signor Presidente, sulla recente sentenza della Corte di giustizia sul caso Cadman riguardante il congedo di maternità/paternità e il calcolo salariale. A mio avviso è del tutto inaccettabile che possa essere utilizzata per mettere in dubbio il principio della “stessa retribuzione per lo stesso lavoro”, iscritto nell’articolo 59 della costituzione della Repubblica del Portogallo.
Milan Gaľa (PPE-DE). – (SK) Lo scorso giugno la Commissione europea ha messo a punto una proposta che prevede una riduzione dei terreni coltivati a vigneti nell’Unione europea. Le perdite e le conseguenze che ne deriverebbero sarebbero compensate da un pacchetto di pagamenti agricoli diretti per un importo complessivo di 2,4 miliardi di euro. Questa proposta riguarderebbe quasi il 12 per cento della superficie totale dei vigneti, in altre parole circa 4 000 ettari curati da circa un milione e mezzo di viticoltori. Tale misura potrebbe compromettere la produzione vinicola in Slovacchia che, negli ultimi anni, ha registrato una crescita considerevole, soprattutto nella qualità del vino. Essa, inoltre, viene avanzata in un periodo in cui i vini slovacchi stanno diventando sempre più competitivi sui mercati dell’Unione europea.
La proposta della Commissione vieta altresì l’utilizzo di zucchero aggiunto nella produzione di alcuni tipi di vini, anche se nel mio paese questo è un metodo tradizionale poiché le viti coltivate in Slovacchia sono caratterizzate da maggiore acidità, tipica di questa regione. Non sto mettendo in dubbio l’esigenza di riformare il mercato del vino europeo, ma credo che dovremmo cercare altre soluzioni.
Gerard Batten (IND/DEM). – (EN) Signor Presidente, la prossima settimana una delegazione della commissione LIBE si recherà in visita in Algeria. Tuttavia, uno dei requisiti per il visto algerino è l’assenza, sul passaporto, del timbro per il visto israeliano. L’onorevole Gaubert l’ha notato e, giustamente, è rimasto inorridito da questo evidente antisemitismo, chiedendone spiegazione. La questione è stata deferita a lei, signor Presidente, avendole chiesto di esprimere le nostre rimostranze agli algerini. A quanto capisco si è rifiutato di farlo, dicendo che la questione era di competenza dei singoli eurodeputati. L’onorevole Gaubert, molto giustamente, si è rifiutato di partecipare alla missione.
Questo solleva due punti importanti. Innanzi tutto, perché l’Unione europea ha spedito quasi un miliardo di euro all’Algeria dal 1996, visto che il paese attua una politica apertamente antisemita? L’UE deve bloccare immediatamente i pagamenti.
Il secondo punto è l’evidente inadempienza del suo dovere, signor Presidente, dal momento che avrebbe potuto prendere una posizione contro l’antisemitismo algerino, forte dell’importanza del suo incarico. La prego di riesaminare il caso e di porre rimedio a questa situazione.
Presidente. La verità è che non so a cosa si riferisce, onorevole Batten, ma le sarò grato se vorrà chiarire quanto detto. Se fosse così gentile da fornirmi i dettagli, sarò in grado di appurare se ho agito correttamente o meno e, se necessario, porrò rimedio alla cosa.
Sarò lieto se vorrà darmi ulteriori spiegazioni sul punto da lei sollevato.
Witold Tomczak (IND/DEM). – (PL) Signor Presidente, il dibattito odierno sul settore dei frutti di bosco fa sperare che i tentativi fatti negli ultimi due anni per cambiare l’organizzazione del mercato ortofrutticolo stiano iniziando ad avere effetto. Non è strano che lo Stato membro che fornisce il 90 per cento delle fragole congelate dell’UE abbia aspettato così a lungo per decidere di introdurre tariffe doganali protettive? Negli ultimi anni, molti agricoltori polacchi hanno registrato enormi perdite in attesa che finisse il dumping cinese sul mercato. Nessuno li compenserà di queste perdite. Il mercato ortofrutticolo, però, non si limita alle sole fragole. Le 18 principali tipologie di prodotto introdotte dai nuovi Stati membri sono una questione che ancora deve essere regolamentata. Esse includono, in particolare, le mele da cuocere. I coltivatori di mele polacchi presto protesteranno contro i bassi prezzi offerti dall’industria alimentare.
Il Parlamento ha passato due anni a cercare di regolamentare il settore degli ortofrutticoli, sinora senza alcun risultato. Basti dire che le mele sono il principale frutto dell’Unione europea per raccolta (rappresentano il 32 per cento della raccolta di frutta) e che l’UE ne è anche un grande importatore. Quanto ancora dovremo aspettare la regolamentazione di questo e di altri segmenti del mercato ortofrutticolo, come promesso nella risoluzione del Parlamento europeo sulla semplificazione dell’organizzazione comune dei mercati nel settore degli ortofrutticoli dell’11 maggio 2005? Questo voto sarà onorato dalla Commissione europea?
Presidente. Un membro del Segretariato parlerà con l’onorevole Batten in modo che possa spiegare le sue affermazioni riguardo alle relazioni con l’Algeria e all’adempimento da parte del Presidente delle proprie funzioni.