2. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
3. Istituzione di un’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali – Agenzia per i diritti fondamentali (attività relative al titolo VI del trattato sull’Unione europea (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca in discussione congiunta:
– la relazione (A6-0306/2006), presentata dall’onorevole Kinga Gál a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, sulla proposta di regolamento del Consiglio che istituisce l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali [COM(2005)0280 – C6-0288/2005 – 2005/0124(CNS)]
e
– la relazione (A6-0282/2006), presentata dall’onorevole Magda Kósáné Kovács a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, sulla proposta di decisione del Consiglio che conferisce all’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali il potere di svolgere le proprie attività nelle materie indicate nel titolo VI del trattato sull’Unione europea [COM(2005)0280 – C6-0289/2005 – 2005/0125(CNS)].
Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. – Signor Presidente, credo che la giornata di oggi segni una tappa significativa nell’esame di un provvedimento che riveste una grande importanza sia per la Commissione che per il Parlamento. L’iniziativa in questione, che in un primo momento era stata adottata seguendo le regole formali di una procedura che esclude la codecisione, è stata successivamente ricondotta politicamente ad una collaborazione estremamente ravvicinata con il Parlamento. Il metodo del trilogo, che ha permesso di incontrarci molte volte, è infatti una soluzione politica: sebbene, purtroppo, sotto il profilo istituzionale e giuridico non siamo in presenza di una codecisione formale, una siffatta soluzione politica ci ha permesso finora di portare avanti un’eccellente collaborazione.
Desidero ringraziare le relatrici, le onorevoli Gál e Kovács, per la fruttuosa collaborazione. Abbiamo raggiunto un’intesa su numerosi punti e mi auguro che entro la fine di quest’anno possano essere risolti anche i pochi ancora in sospeso, in modo che nel 2007 – come più volte ripetuto dal Consiglio europeo, dal Parlamento e come auspica la stessa Commissione – l’Agenzia per i diritti fondamentali sia finalmente in funzione.
Quali sono i punti su cui sono ancora necessari una riflessione e un approfondimento, anche dopo l’ultimo trilogo, che pure è stato estremamente utile? Sono tre le questioni di fondo, che tra l’altro ho affrontato recentemente con i ministri degli Interni alla riunione del Consiglio, la settimana scorsa a Lussemburgo, e recentemente in un incontro con il Segretario generale del Consiglio d’Europa.
La prima questione riguarda per l’appunto le relazioni tra la futura agenzia ed il Consiglio d’Europa. E’ intenzione della Commissione, mia personale e – sono certo – dello stesso Parlamento europeo, evitare qualsiasi sovrapposizione di competenze tra l’agenzia che nascerà e il Consiglio d’Europa, che già svolge un lavoro esemplare per la protezione e promozione dei diritti fondamentali. Credo sia possibile perseguire l’obiettivo comune di una collaborazione tra l’agenzia, da un lato, e il Consiglio d’Europa, dall’altro, ciascuno nell’ambito delle proprie responsabilità.
Compito primario dell’agenzia è quello di sovrintendere, vigilare, raccogliere elementi sul rispetto della normativa comunitaria, senza andare oltre questo ambito di competenze. Primo punto dunque: pieno rispetto delle competenze del Consiglio d’Europa e volontà di collaborazione. Il secondo punto riguarda l’ambito geografico delle competenze e responsabilità dell’Agenzia. Voi tutti ricorderete che vi era una posizione originaria che limitava l’ambito di applicazione geografica ai soli Stati membri dell’Unione. Ovviamente, è emersa subito la necessità di estendere l’ambito delle responsabilità ai paesi candidati all’adesione, paesi che sono già, seppure con gradi diversi, sulla via dell’adesione all’Unione europea.
E’ stato posto altresì il serio problema dei paesi che si trovano nella fase di preadesione, da noi chiamati paesi candidati potenziali. Si tratta di un concetto estremamente importante, perché si riferisce a un’area geografica chiave per l’Europa: i Balcani occidentali. Sono paesi che stanno negoziando, in alcuni casi, o applicando, in altri casi, degli accordi di associazione e di stabilizzazione con l’Unione europea, che toccano tra l’altro materie estremamente sensibili per quanto riguarda la protezione dei diritti fondamentali. Donde la proposta, condivisa dal Consiglio e contenuta nel testo oggi in esame, di estendere l’ambito di applicazione a tali paesi.
A tale proposito alcuni Stati membri hanno sollevato delle riserve e il Consiglio d’Europa ha manifestato forti timori, che è mio dovere riferire. Io credo tuttavia nella possibilità di trovare un’adeguata soluzione di compromesso, che non escluda del tutto la prospettiva che anche questi paesi possano rientrare nella sfera di competenza dell’Agenzia. Una soluzione di compromesso che tenga conto magari del fatto che l’Agenzia in questione, su cui già incomberanno tutte le attuali competenze dell’osservatorio di Vienna, – quindi razzismo, xenofobia, antisemitismo – cui si aggiungeranno nuove competenze, potrebbe concentrarsi meglio, per lo meno in un primo momento di attività, sugli Stati membri dell’Unione europea e sui paesi candidati all’adesione. Pertanto, è opportuno non escludere la possibilità che paesi nella fase di preadesione possano eventualmente essere presi in considerazione ma occorre tener conto delle esigenze prospettate, da un lato, dal Consiglio d’Europa, dall’altro, da alcuni Stati membri autorevoli che nel Consiglio di Lussemburgo hanno formalmente sollevato questo problema. Si tratta di un punto su cui è ancora possibile uno spazio di riflessione.
Il terzo e ultimo punto è quello che riguarda la cosiddetta inclusione delle materie del “terzo pilastro”: cooperazione giudiziaria e di polizia. La Commissione – e io personalmente – è stata fin dall’inizio favorevole alla strategia, che anche questo Parlamento considera la migliore, di includere questa materia nell’ambito di competenza dell’agenzia in oggetto. A mio avviso, sarebbe alquanto arduo dover spiegare ai cittadini europei che ci apprestiamo a istituire un’agenzia che si occupa della promozione e protezione dei diritti fondamentali, escludendo dall’ambito di queste competenze gli aspetti della cooperazione di polizia e dell’attività giudiziaria, in merito alle quali vi è un’esigenza oggettiva di verificare il pieno e assoluto rispetto dei diritti fondamentali, ad esempio, di una persona accusata o posta sotto processo. Vi è inoltre, come già sapete, un problema di base giuridica, su cui ovviamente non mi soffermo in questo momento ma per il quale esiste una motivazione politica. Se questa agenzia deve rendersi utile ai cittadini, deve necessariamente includere, in qualche modo, le materie che rientrano nell’ambito del “terzo pilastro”.
Spetterà a noi il compito di trovare una formula accettabile, che però non credo sia quella di rinviare la decisione di includere o meno le materie relative al “terzo pilastro” a una fase successiva a quella dell’istituzione dell’agenzia. Rinviare la decisione vorrebbe dire non decidere e a mio avviso ciò sarebbe sbagliato. Come sapete, in seno al Consiglio, alcuni grandi paesi dell’Unione europea dimostrano una certa riluttanza ad accettare questa inclusione, ponendo problemi costituzionali interni. Personalmente ritengo che tali problemi possono essere superati e che, proprio su questo tema, il Parlamento possa svolgere un ruolo politico molto importante.
Concludo auspicando che, grazie a una soluzione di compromesso, il Consiglio accetti un testo, che anche se non votato formalmente in codecisione, possa rappresentare lo sforzo comune di Parlamento, Consiglio e Commissione. Sarebbe forse il primo caso, onorevoli deputati, in cui per volontà politica comune, abbiamo rinunciato ad applicare delle regole che non ammettono la procedura di codecisione formale, giungendo di fatto per via politica a una decisione condivisa. Al di là dell’agenzia, che nascerebbe su basi certamente più solide se avesse questo risultato alle spalle, si tratterebbe anche un buon esempio per molti altri settori, ai quali purtroppo ancora non si applica la procedura di codecisione.
Kinga Gál (PPE-DE), relatore. – (HU) E’ per me un onore aver potuto partecipare a questo processo, che dimostra – come ha appena detto il Commissario Frattini a chiusura del suo intervento – che, al di là delle formalità, è possibile cooperare in modo produttivo se esiste una volontà comune.
La creazione dell’Agenzia per i diritti fondamentali è oggetto di numerosi dibattiti. L’adozione di questa relazione è il risultato di una lunga serie di ardue discussioni. Un ringraziamento speciale va al Commissario Frattini, alla Presidenza austriaca e alla Presidenza finlandese per l’approccio adottato.
In tutto questo processo, il Parlamento ha sostenuto costantemente la necessità di trasformare l’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia esistente in modo da estenderne il mandato a tutti i diritti fondamentali. Dobbiamo essere vigili in questo settore, come risulta tanto più evidente in seguito a casi di violazione dei diritti fondamentali all’interno dei nuovi Stati membri. Inoltre, avremo bisogno di informazioni obiettive da fonti affidabili governative e non governative, centri di ricerca e vari segmenti della società civile – come le organizzazioni religiose – e dobbiamo lavorare in stretta collaborazione in difesa dei nostri diritti fondamentali.
L’intenzione di creare questa agenzia ha provocato e provoca tuttora discussioni nell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Rendendo merito al lavoro del Consiglio d’Europa e riconoscendone la necessità e l’importanza, il testo sul quale presto voteremo ha tenuto conto delle osservazioni di quell’organismo secondo cui l’Agenzia non deve in nessun modo duplicare il lavoro svolto dal Consiglio d’Europa. Piuttosto, la sua struttura e la sua rete dovrebbero offrire un aiuto al Consiglio d’Europa e, soprattutto, agli organismi decisionali in Europa: il Consiglio, il Parlamento e la Commissione.
Il testo proposto per l’adozione costituisce un compromesso accettabile. Al tempo stesso, il Parlamento ha mantenuto la sua posizione originale in attesa che si giunga a un accordo all’interno del Consiglio su un punto essenziale. Poiché per noi è chiaro che se vogliamo creare un’organizzazione efficace e non fare di questa iniziativa un puro motivo di vanto – il che comporterebbe uno spreco di denaro, e a tale riguardo sono d’accordo con chi non darebbe il proprio sostegno a un’organizzazione inutile – è ovvio che il suo campo d’azione deve essere esteso, includendovi funzioni come ottenere informazioni, raccogliere dati e riferire su questioni che rientrano nel terzo pilastro. Come constatiamo giorno dopo giorno, è proprio in ambiti relativi alla cooperazione giudiziaria e di polizia che sorgono le questioni più preoccupanti. Mi riferisco ad esempio ai problemi specifici della tratta di bambini e di donne.
Attendiamo quindi con ansia un compromesso accettabile con il Consiglio. E’ per questa ragione che stiamo posticipando la votazione finale e rinviando la relazione alla Commissione, nella speranza che il Consiglio prenda sul serio la propria decisione riguardante la data del 1° gennaio 2007. Votando a favore degli emendamenti di compromesso, nella formulazione negoziata durante questo lungo processo, il Parlamento desidera inviare un messaggio per sottolineare l’importanza dell’intero contenuto del testo e anche ricordare al Consiglio che ciò che accadrà ora dipende da loro.
Il testo che ci accingiamo a votare mantiene riferimenti alla Carta dei diritti fondamentali nonché all’articolo 7 del Trattato, poiché il Parlamento intende appoggiare la creazione di un’agenzia soltanto se si tratta di un organismo vitale ed efficiente, che possa contribuire alla risoluzione dei problemi in Europa. Stanno continuamente emergendo nuove problematiche riguardanti i diritti fondamentali, che richiedono attenzione e rimedi.
Contribuiamo con il nostro voto a trovare la soluzione e indichiamo chiaramente ciò che l’opinione pubblica europea si aspetta da noi: la creazione di un’organizzazione efficace, indipendente e responsabile. Grazie per il vostro aiuto e sostegno.
Magda Kósáné Kovács (PSE), relatore. – (HU) La decisione del Consiglio che invita e autorizza la Commissione a presentare una proposta per la creazione di un’Agenzia per i diritti fondamentali è ora cresciuta e maturata. Sono passati tre anni, eppure abbiamo ancora l’impressione che non vi sia consenso fra gli Stati membri su talune questioni di base.
Il processo di armonizzazione fra le tre Istituzioni è stato per noi un’esperienza molto importante, felice e istruttiva. Ha rivelato che il Parlamento, la Commissione e i rappresentanti dell’attuale Presidenza erano in grado di giungere a un accordo sulle più importanti questioni, anche se manca ancora stato un accordo tra tutti i membri del Consiglio. Questa efficiente armonizzazione, anche se, per così dire, riguarda il futuro, mi dà molta fiducia e ottimismo.
Nel lavoro preparatorio, ci siamo accordati sui requisiti più importanti. Vorrei semplicemente rammentare le parole chiave: tutti vogliamo che questa istituzione sia indipendente, responsabile e dotata di una organizzazione efficiente, e che il suo lavoro sia trasparente, in modo da aumentare la fiducia dei cittadini nel lavoro delle Istituzioni europee.
Abbiamo anche accettato in linea di massima il suo mandato, poiché – come sottolineato dall’onorevole Gál – tutti riteniamo che l’Agenzia debba concentrarsi, prima di tutto, sugli Stati membri e sui loro organismi. L’Agenzia dovrebbe avere la possibilità di esprimere il proprio parere sulla legislazione europea in materia di diritti fondamentali, con la competenza altresì di controllare i paesi terzi all’interno di una certa area geografica delimitata, poiché non volevamo privare l’Agenzia della sua principale area di preoccupazione, la Comunità europea.
Il mio compito era presentare un progetto di risoluzione del Consiglio al Parlamento; ciò ha provocato un vasto dibattito perché non c’era e ancora non c’è un accordo completo sull’opportunità o meno di conferire all’Agenzia una competenza che vada oltre il primo pilastro. Devo informare i colleghi che nella nostra formulazione originale sostenevamo l’estensione della competenza dell’Agenzia al controllo di organizzazioni appartenenti al secondo pilastro. Poiché sembrava che non vi fosse alcuna possibilità di consenso a tale riguardo, ho ritirato queste proposte, in qualità di relatrice, prima della votazione in seno alla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni.
Molti di noi ritengono, tuttavia, che verrebbe ridotta l’importanza dell’Agenzia se rinunciassimo ad ampliarne il mandato includendovi il terzo pilastro. Per tale ragione, rimaniamo fermi nella nostra convinzione, anche se non abbiamo mai respinto né respingiamo l’ipotesi di un compromesso, cui ciascuna parte dovrebbe contribuire. Desidero quindi ringraziare la Presidenza austriaca e quella finlandese, ma soprattutto il Vicepresidente Frattini, il cui impegno e la cui efficienza ci hanno aiutati a giungere alla soluzione finale.
Chiedo ai colleghi di sostenere le proposte presentate dalla commissione per le libertà civili unitamente ai relativi emendamenti. In seguito restituiremo la competenza alla Commissione, perché spetta alla Commissione presentare proposte al Consiglio, all’interno del quale speriamo che riceveranno il necessario sostegno.
Cem Özdemir (Verts/ALE), relatore per parere della commissione per gli affari esteri. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei ricordare ancora una volta all’Assemblea che la discussione odierna ha origine da una decisione del Consiglio che risale al dicembre 2004. E’ a seguito di tale decisione che oggi stiamo discutendo dall’Agenzia per i diritti fondamentali, perciò il Consiglio non può fare di tutto per sottrarsi a un dibattito sull’argomento, continuando a comportarsi come se i deputati al Parlamento europeo avessero sviluppato un folle desiderio di burocrazia europea e come se questo non avesse niente a che fare con i temi che interessano ai cittadini dell’Unione europea.
Va altresì sottolineato che il Parlamento è impegnato in colloqui sia con la Commissione che con il Consiglio sull’Agenzia per i diritti fondamentali, nel corso dei quali abbiamo cercato di definire per l’Agenzia un mandato chiaramente delineato. Vorrei precisare di cosa si sta parlando. Nessuno in quest’Aula vuole la duplicazione di strutture operative e abbiamo tutti raggiunto un compromesso in base al quale il mandato dell’Agenzia dovrebbe imporle di concentrarsi sulla protezione dei diritti fondamentali negli Stati membri, nei paesi candidati e, infine, nei paesi con i quali abbiamo siglato accordi di stabilizzazione e di associazione. Sono state organizzate le dovute consultazioni con gli Stati membri.
Ciò che vorrei nuovamente sottolineare è che il progetto che abbiamo elaborato tiene in debita considerazione gli interessi del Consiglio d’Europa. Per concludere, colgo l’occasione per ringraziare ancora una volta le onorevoli Gál e Kovács per il lavoro che hanno svolto.
Ora tocca al Consiglio fare qualcosa.
Jutta Haug (PSE), relatore per parere della commissione per i bilanci. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, intervengo a nome della commissione per i bilanci, il che implica sempre la necessità di concentrarsi più sull’aspetto finanziario che sul tema effettivo di una relazione; perciò il mio parere verte su tale aspetto piuttosto che sull’argomento della relazione, su cui i colleghi hanno già detto tutto ciò che occorre dire.
Certamente abbiamo problemi con il finanziamento dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, un’agenzia del tutto nuova, analoga all’Agenzia delle sostanze chimiche o all’Istituto per l’uguaglianza di genere, che sarà attiva a partire dal 2007, sempre che si trovi un accordo entro i tempi previsti. Ora sappiamo tutti che il Consiglio e il Parlamento hanno convenuto, al paragrafo 47 dell’accordo interistituzionale del 17 maggio scorso relativo alla disciplina di bilancio e alla sana gestione finanziaria concluso con la Commissione, di assumersi l’obbligo di discutere le disposizioni di finanziamento delle nuove agenzie e pervenire quindi a un accordo al riguardo.
Lo scorso luglio, prima della pausa estiva, la commissione per i bilanci ha invitato il Consiglio ad aprire negoziati con noi – abbiamo formulato tale invito in svariate occasioni. Poiché il Consiglio non ha ancora risposto al nostro appello, la commissione per i bilanci, nel corso delle sue deliberazioni sul prossimo esercizio finanziario, ha rinominato la linea di bilancio alla quale la Commissione aveva assegnato il titolo “Agenzia per i diritti umani” come linea di bilancio per l’“Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia” e ne ha creata una nuova con la nota “per informazione”. Noi speriamo che avremo presto una base giuridica e saremo quindi in grado di pervenire a un accordo con il Consiglio sul finanziamento della nuova Agenzia.
Hubert Pirker, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, a seguito di quanto ha detto l’onorevole Haug, mi permetto di formulare alcune osservazioni fondamentali relative alle agenzie, a nome del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei.
Il Parlamento europeo è impegnato da anni nella lotta contro la burocrazia, contro la duplicazione delle strutture e l’eccessiva burocrazia e, per quanto abbia sempre agito a ragione, i suoi sforzi hanno ottenuto un successo soltanto parziale. Tuttavia, nel contempo, la creazione di nuove agenzie viene ripetutamente sostenuta non solo da questa Assemblea, ma anche, prevalentemente, dal Consiglio. Vengono altresì avanzate richieste di nuovi organismi e attrezzature di controllo, con conseguenze evidenti quando esaminiamo la relazione della Corte dei conti.
Attualmente abbiamo sedici agenzie. Non so se le conoscete tutte e sapete dove hanno sede, ma al momento occupano oltre 2 300 persone e, se facciamo un totale generale dei costi, probabilmente risulta che la spesa complessiva sta per superare il miliardo di euro. Stiamo parlando di mille milioni di euro, e quando vediamo che il 60 o 70 per cento di questa cifra va all’amministrazione di tali agenzie, ci si domanda giustamente che senso ha avere simili organismi, e gli interrogativi sono destinati a emergere con maggiore probabilità quando si pensa che parte del lavoro è svolto in seno alla Commissione, al Consiglio europeo o in Parlamento e queste tre Istituzioni potrebbero benissimo svolgere un lavoro migliore e più efficiente. Questo è il problema che ci troviamo ad affrontare.
Sappiamo che vi sono, inevitabilmente, costi amministrativi collegati alle agenzie e che questi stanno aumentando notevolmente; io stesso ho dato un’occhiata alle cifre, che indicano un aumento annuo compreso tra il 10 e il 20 per cento dei costi del personale, che, in alcune agenzie, arriva a essere tra l’80 e il 100 per cento. Viene da chiedersi, tuttavia, chi controlla quali servizi forniscano di fatto queste agenzie, in che modo siano utili ai cittadini dell’Unione europea o quale valore aggiunto creino. Forse alcune di esse – o forse molte di esse – sono superflue. Dovremmo avere il coraggio di esaminare in che modo le varie funzioni possano essere meglio condivise e in quali casi altri organismi potrebbero svolgere meglio tali compiti.
Chiedo quindi una pausa di riflessione e una revisione delle 16 agenzie esistenti in termini di efficienza e valore aggiunto; chiedo anche di considerare la possibilità di chiudere eventuali agenzie superflue che non fanno più niente di utile, invece di studiare continuamente dove possiamo aprirne di nuove.
Michael Cashman, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare il Commissario per aver lavorato in stretta cooperazione con la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni. Dal l’intervento dell’onorevole Pirker comprenderete che l’onorevole Gál ha dovuto compiere un lavoro titanico all’interno del suo gruppo e mi congratulo con lei per l’impegno profuso al fine di mettere d’accordo un po’ tutti.
Vorrei dire all’onorevole Pirker che nel Regno Unito abbiamo un’espressione che si potrebbe parafrasare così: bisogna spendere, non solo parole. La cosa più facile del mondo è affermare di essere “preoccupati” o “impegnati”; è molto più difficile concretizzare tali espressioni e assegnare le risorse necessarie per giungere al risultato che tutti auspichiamo. Spesso parliamo di “burocrazia” per dire che non vogliamo impedire alle persone di fare qualcosa che non dovrebbero. In questo caso, quando si tratta di conferire poteri ai difensori dei diritti umani, la burocrazia è assolutamente necessaria e, direi, assai efficace. Parlando di costi, ribadisco che, se diciamo che consideriamo importante qualcosa e non lo sosteniamo con le risorse, dimostriamo la nostra ipocrisia. Perciò chiedo all’onorevole Gál di continuare il suo eccellente lavoro. Io credo che giungeremo a un compromesso con il Consiglio, perché la Commissione ha dimostrato di essere disposta ad aprire la strada a tale compromesso.
Vorrei anche dire al Consiglio d’Europa che, benché ne comprenda pienamente le preoccupazioni, non sono mai troppi i difensori dei diritti umani nel campo della tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Con questa agenzia non stiamo duplicando l’azione del Consiglio d’Europa; anche nell’Unione abbiamo dei doveri, specificamente in virtù dei Trattati: il Trattato sull’Unione europea e, ovviamente, la Carta dei diritti fondamentali.
In questi mesi e senz’altro durante quest’ultimo anno abbiamo sentito discorsi preoccupanti, carichi di odio, pronunciati da politici in certe parti dell’Unione. Abbiamo assistito non solo a un aumento dei discorsi all’insegna dell’odio, ma anche della violenza razzista, xenofoba e omofobica e il Consiglio non ha fatto niente in rapporto agli articoli 6 e 7. In assenza di un’azione da parte del Consiglio, stupisce forse che abbiamo bisogno di un’agenzia che controlli, informi e presenti raccomandazioni vincolando così ogni singolo Stato membro ai suoi obblighi internazionali? E’ una cosa sensata.
Infine, vorrei dire questo: se vediamo che un individuo viene attaccato per ragioni di religione, orientamento sessuale, sesso, etnia, qualunque cosa, e indietreggiamo senza intervenire, creiamo le condizioni che hanno portato alla Seconda guerra mondiale. Questa Istituzione, in particolare, è stata costruita sulle ceneri della Seconda guerra mondiale con l’impegno a non distogliere mai gli occhi o la mente dalla terribile violenza che l’uomo commette contro i suoi simili.
Sarah Ludford, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, mi congratulo vivamente con le due relatrici del Parlamento, onorevoli Gál e Kósáné Kovács, per l’ottimo lavoro che hanno svolto, e anche con il Commissario Frattini per l’energia con cui ha sostenuto questo esercizio. Mentre ieri, nella discussione sui dati PNR, sono rimasta piuttosto scontenta del suo intervento, ora ne sono molto soddisfatta. Avrei voluto rivolgere un ringraziamento anche al Consiglio, ma naturalmente non è qui presente.
Questa Agenzia per i diritti fondamentali non è soltanto un altro organismo europeo. Io credo che contribuirà a rassicurare i cittadini dell’UE che i diritti umani hanno il sostegno dei “burocrati di Bruxelles” e dei governi degli Stati membri quando attuano il diritto europeo. Aumenterà così la fiducia nell’Unione europea e penso che sia quindi un regalo molto appropriato che l’Unione europea si fa alla vigilia del suo cinquantesimo compleanno, che ricorrerà nel marzo 2007.
Spero che contribuirà anche a indurre alcuni governi a smettere di “impreziosire” le direttive dell’UE, cosa che sono piuttosto inclini a fare. Prendono una legge europea e, quando la attuano nell’ordinamento giuridico nazionale, vi aggiungono qualche elemento che era rimasto nel cassetto di un ministero. Speriamo che si ponga un freno a questa pratica. Ma è anche essenziale includere le questioni di giustizia, di sicurezza e di polizia, poiché, per loro natura, la cooperazione giudiziale e di polizia e le misure di diritto penale, per quanto auspicabili, sono i fattori che con maggiore probabilità suscitano preoccupazioni riguardo ai diritti umani. Per esempio, abbiamo il mandato d’arresto europeo, ma ancora non disponiamo delle garanzie procedurali per chi è accusato e sottoposto a processo, garanzie promesse da molto tempo.
Io non credo che questa iniziativa metta in forse l’obiettività del Consiglio d’Europa e sono pienamente d’accordo con Michael Cashman sul fatto che rafforza il sostegno dei diritti umani in Europa, ma dobbiamo includere anche la competenza in relazione agli articoli 6 e 7 del Trattato. Dobbiamo intensificare la revisione tra pari e le funzioni di controllo per i diritti umani all’interno dell’Unione europea se vogliamo aumentare la fiducia reciproca e fornire quindi una base per il mutuo riconoscimento delle sentenze.
Johannes Voggenhuber, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, desidero ringraziare a nome del mio gruppo le relatrici, onorevoli Kovács e Gál, e non lo dico perché è una formalità, ma perché entrambe hanno dovuto svolgere un compito molto laborioso e hanno presentato, a nome del Parlamento, una posizione forte e convincente, appoggiata da una grande maggioranza che, si spera, convincerà anche il Consiglio.
Il Parlamento europeo si è sempre considerato un fautore dei diritti fondamentali e così deve essere. Difendere i diritti fondamentali è cosa naturale per un organo eletto direttamente dai cittadini per rappresentarli, e trovo deplorevole che il Consiglio non abbia tenuto conto di questo nell’esaminare la questione della codecisione, rendendo così lacunoso l’intero dibattito.
Per capire se i politici vogliono davvero realizzare qualcosa e quali sono gli obiettivi di fondo che intendono perseguire basta guardare gli strumenti dei quali si dotano per ottenere i propri scopi. L’onorevole Pirker ci ha appena ricordato la burocrazia a livello europeo. Gli strumenti per la politica monetaria, il mercato unico e il Patto di stabilità sono leggi severe, con risorse in abbondanza, sanzioni, scadenze vincolanti, organismi di controllo e molto, molto di più. Io non ho mai sentito l’onorevole Pirker protestare per le risorse disponibili per l’attuazione della politica finanziaria e di bilancio, per i relativi strumenti di controllo, per la completa divulgazione dei dati nazionali, per il meccanismo di sanzioni, per i poteri dati ai tribunali – tutto ciò che si potrebbe desiderare per realizzare gli obiettivi definiti di quella politica.
Quando si tratta della democrazia, invece, e quando si tratta dei diritti umani fondamentali, dobbiamo arrangiarci con accordi e disposizioni deboli, con un mucchio di asserzioni che non prevedono alcuna sanzione, garanzia né meccanismo di controllo. Questa è una delle cause della crisi di fiducia in Europa. Gli obiettivi economici sono perseguiti col massimo rigore, mentre gli interessi dei cittadini sono oggetto di espressioni ipocrite o di vuote dichiarazioni.
Tutto questo accade sullo sfondo di una situazione grave. Malgrado siano passati molti anni, la Carta dei diritti fondamentali non è ancora entrata in vigore né è divenuta giuridicamente vincolante. Le questioni riguardanti le prigioni della CIA, il trasferimento dei dati, la lentezza delle indagini e la cooperazione fornita di mala voglia dai governi hanno assestato alla fiducia dei cittadini un colpo dal quale potrà riprendersi solo in un lunghissimo lasso di tempo.
Nei nostri tentativi di combattere il terrorismo stiamo divenendo sempre meno capaci di equilibrare libertà e sicurezza e i cittadini lo percepiscono. Una conseguenza del temporaneo fallimento della Costituzione europea è stata che la cooperazione intergovernativa è rimasta quella che era prima, vale a dire il buco nero della democrazia europea.
Il governo di uno Stato membro – mi riferisco alla Polonia – sta considerando apertamente l’introduzione della pena di morte. Il ministro degli Interni britannico parlando di fronte a questa Assemblea ha invitato ad assumere un atteggiamento più accomodante riguardo al divieto della tortura quando si tratta di terroristi. Ancora oggi, non esiste un sistema di allarme rapido connesso agli articoli 6 e 7. E’ proprio così, onorevole Pirker, gli strumenti per far rispettare e garantire i diritti fondamentali non hanno purtroppo lo stesso status degli strumenti in vigore per l’attuazione della politica economica e monetaria.
Abbiamo un compito molto importante da svolgere qui e, a nostro parere, uno dei motivi della sua importanza è che i diritti fondamentali sono indivisibili. Al centro delle richieste di questa Assemblea c’è, ovviamente, la cooperazione tra i governi su questo punto. Il secondo e, in particolare, il terzo pilastro devono rientrare pienamente nel mandato dell’Agenzia, altrimenti diventerà chiaro alla popolazione che, riguardo ai diritti fondamentali – il settore strategico più vulnerabile – i governi non prendono sul serio, come invece dovrebbero, i diritti dei cittadini.
Giusto Catania, a nome del gruppo GUE/NGL. –Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che sia giusto estendere le competenze e l’attività dell’Osservatorio europeo sul razzismo e la xenofobia. I dati di questi ultimi anni sono preoccupanti: si è assistito a un aumento dei fenomeni legati alle droghe, come emerge dalle relazioni annuali dell’Osservatorio. Pertanto, l’istituzione dell’agenzia in questione può contribuire non solo a monitorare tali fenomeni gravi ma anche a combatterli energicamente. E’ strano che il Partito popolare europeo, per voce dell’onorevole Pirker, si preoccupi della burocrazia e dell’aumento dei costi quando si tratta di difendere diritti fondamentali. Il valore dei diritti umani non è quantificabile economicamente. La tutela dei diritti fondamentali è un elemento identitario, che rappresenta la strada, forse l’unica, per rendere forte l’Europa.
Mi sarei aspettato un attacco alle agenzie anche rispetto a Frontex – cosa che non è avvenuta – un’agenzia che quest’anno non ha svolto alcuna funzione, né ha contribuito al miglioramento della vita dei cittadini dell’Unione europea. Io credo invece che vada difesa con forza l’attività e il futuro dell’Agenzia per i diritti fondamentali. Il problema dei doppioni non sussiste e comunque, quand’anche dovessimo crearne, io non me ne preoccuperei, perché credo fermamente che l’esistenza di più agenzie, più strutture, più istituzioni che si occupano di difesa dei diritti umani non possa che contribuire al miglioramento della vita dei cittadini europei.
Sono preoccupato per l’assenza del Consiglio: già ieri il ministro aveva lasciato l’Aula e oggi si svolge un importante vertice. Credo tuttavia che, in una discussione di questo tipo, in cui si confrontano due posizioni diverse – la nostra, quella del Parlamento, e quella del Consiglio – sarebbe stata auspicabile almeno la presenza di rappresentanti del Consiglio in quest’Aula.
Ritengo positivo attribuire un ruolo forte al Parlamento nell’istituzione dell’Agenzia per i diritti fondamentali, come pure positivo è il mio giudizio sull’operato delle colleghe Gál e Kovács e del Commissario Frattini, che ha ribadito la sua posizione favorevole in Aula. Occorre però anche costruire un forte coinvolgimento delle ONG e della società civile europea.
Wojciech Roszkowski, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, all’epoca, l’ideologia dei diritti umani ebbe un importante ruolo nel minare le forze distruttive del totalitarismo. Ora, tuttavia, questa ideologia sta cominciando a trasformarsi, o si è già trasformata, in una caricatura di se stessa. Il diritto di tutti a tutto, i diritti invece dei doveri, la sostituzione dei diritti con privilegi: questi sono i confini dell’assurdità verso cui ci stiamo dirigendo.
Il nome suona davvero nobile: Agenzia per i diritti fondamentali. Ma quale forma assumerà questa Agenzia e cosa farà? Nella motivazione contenuta nella domanda per l’istituzione dell’Agenzia si afferma che occorre conferirle una più ampia autorità perché possa attuare gli obiettivi dell’Unione europea, compresa una politica estera comune. Tuttavia, ampliare l’autorità delle Istituzioni dell’UE costituisce una minaccia al principio della sovranità e della sussidiarietà. Ad esempio, viene minacciata l’attuazione di atti curiosi come la recente risoluzione del Parlamento europeo sulla xenofobia. Il problema è il modo in cui l’Agenzia dovrebbe esercitare la sua autorità. Affronterà autentiche minacce ai diritti umani o semplicemente metterà alla berlina i governi che per un motivo o per l’altro hanno perso il favore della maggioranza dell’Unione europea? In alternativa, potrebbe dedicarsi a promuovere i privilegi a favore di certe minoranze o concetti assurdamente vaghi come l’uguaglianza di genere in tutti i settori, una questione che ho sollevato in precedenti occasioni in quest’Aula.
E’ stato suggerito di eliminare dalla proposta sull’Agenzia l’istituzione del Forum dei diritti fondamentali. Tale Forum doveva essere composto da rappresentanti delle organizzazioni sociali, professionali, ecclesiastiche, nonché di organizzazioni religiose e filosofiche. Ora c’è soltanto una vaga promessa del loro coinvolgimento nell’Agenzia. Questo significa che tutto sarà deciso da funzionari e politici che arriveranno alle decisioni mediante votazioni. Le decisioni saranno evidentemente neutrali. Ma come funzionerà in pratica questa neutralità? Prendiamo un esempio recente. L’Unione europea sta contribuendo al Fondo dell’ONU per le attività in materia di popolazione, che da parte sua contribuisce alla pratica dell’aborto forzato in paesi in via di sviluppo. Gli emendamenti presentati dal gruppo “Unione per l’Europa delle nazioni” sono stati riproposti durante la discussione sul bilancio di quest’anno. Abbiamo chiesto che l’UE non contribuisca a programmi che promuovono l’aborto forzato. Questo deriva dalla Carta dei diritti fondamentali e dalle disposizioni della Conferenza del Cairo del 1994. Tra l’altro, la questione è del tutto separata dal dibattito sulla legalità o meno dell’aborto. Riguarda la libertà di scelta, un diritto umano fondamentale, apparentemente riconosciuto dalla maggioranza del Parlamento. Comunque, la maggioranza dei membri della commissione per i bilanci ha respinto questi tre emendamenti, sostenendo in tal modo la coercizione e rifiutando la Carta dei diritti fondamentali in relazione ai paesi terzi.
Mentre si riempie la bocca di banalità sui diritti di varie minoranze, la maggioranza dei deputati è del parere che possiamo usare i fondi comuni europei per finanziare attività come l’aborto forzato in Cina, dove le donne le cui gravidanze non sono conformi alle quote statali sono portate via dalle loro case e costrette ad abortire contro la loro volontà, anche al nono mese di gravidanza. Un anno fa la stampa occidentale riportò una serie di esempi drastici di tali azioni, ma dov’erano i sostenitori dei diritti delle donne e dei diritti umani? Non è neppure questione di difendere la vita non ancora nata, è questione di rispettare i diritti umani fondamentali. Coloro che difendono l’aborto sostengono che il feto fa parte del corpo della donna. Vi invito a pensare, onorevoli colleghi, che se si trattasse della amputazione forzata di una mano o di un piede, certamente si leverebbe l’allarme. Eppure un feto non fa neppure parte del corpo. E’ essenzialmente diverso. Mentre alcuni lo considerano un essere vivente, altri lo considerano di valore inferiore a una parte del corpo umano. Se l’Unione europea ignora il diritto di avere figli delle donne al di fuori dei suoi confini, come può difendere i diritti umani all’interno dei suoi confini? Questa è ipocrisia su scala colossale. Davvero un ottimo lavoro: una democrazia liberale che sostiene la coercizione!
Dopo questa recente esperienza dubito fortemente che l’Agenzia per i diritti fondamentali proposta non diventi l’ennesimo strumento di manovre politiche, nel quale il buonsenso finirebbe sempre con l’essere messo in minoranza.
Johannes Blokland, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) Signor Presidente, l’Agenzia europea per i diritti fondamentali è politicamente controversa – tanto che uno Stato membro sta considerando la possibilità di porre il veto. Anche l’Assemblea del Consiglio d’Europa ha notevoli obiezioni al riguardo e la settimana scorsa il suo presidente ha chiesto la revisione della proposta.
Vi sono due argomenti principali contro l’istituzione di un’Agenzia per i diritti fondamentali, ed è un peccato che il compromesso raggiunto dall’onorevole Gál non faccia abbastanza per confutarli. Per me, questa è una ragione sufficiente per presentare un emendamento mirato a respingere la proposta sulla quale voteremo oggi. L’Agenzia proposta duplicherà inutilmente le attività del Consiglio d’Europa, della Corte dei diritti dell’uomo e dell’OSCE. Inoltre, traccia una spiacevole distinzione tra i 25 Stati membri dell’UE e gli altri 21 paesi europei. In secondo luogo, l’Agenzia per i diritti fondamentali ostacola il mantenimento di buone relazioni con i nostri paesi vicini riguardo a tale questione. In effetti, nel quadro di relazioni internazionali si svolgono colloqui e un dialogo costante tra l’Unione europea e i paesi terzi, e ciò comporta la discussione di temi diversi dalle critiche riguardanti i diritti fondamentali.
Di recente il senato olandese ha vietato unanimemente al governo di votare a favore di questa proposta. Siccome un veto olandese può essere evitato solo tenendo conto dei suddetti punti oggetto di critiche, è probabile che il voto sarà rinviato.
Koenraad Dillen (NI). – (NL) Signor Presidente, molti augurano all’Agenzia per i diritti fondamentali di avere successo e, in considerazione degli ultimi eventi, ne avrà bisogno. Ritengo che l’Agenzia avrà abbastanza da fare anche solo per difendere la libertà di espressione. Ieri questa Assemblea ha espresso la sua indignazione per ciò che sta accadendo in Russia, del tutto giustificata, a parte che non è soltanto in Russia che la libertà di espressione ha bisogno di essere difesa. Permettetemi di darvi alcuni esempi. Nel mio paese, i sindacati hanno annunciato ieri che individueranno tutti i membri che hanno sostenuto il mio partito, il Vlaams Belang, durante le recenti elezioni, allo scopo di espellerli. Ciò equivale a un Berufsverbot nel cuore dell’Unione. In Francia, Robert Redeker, un professore di filosofia, ha dovuto nascondersi in seguito a minacce di morte, perché l’islam cosiddetto tollerante non tollera critiche al suo santo Corano. La Francia è minacciata di boicottaggio economico da Ankara e dal governo turco, perché Charles Aznavour e il Presidente Chirac si sono recati in visita a Yerevan chiedendo che la Turchia riconosca il genocidio armeno – il che non va a genio al paese candidato modello.
Senz’altro questa Agenzia avrà ancora molto lavoro da svolgere, e non solo in Russia.
Timothy Kirkhope (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, desidero innanzi tutto congratularmi con l’onorevole Gál per il suo duro lavoro, ma purtroppo devo anche far risuonare una nota piuttosto discorde in queste discussioni.
Come ex membro della Convenzione sulla Carta dei diritti fondamentali, ovviamente non ho problemi a sostenere lo sviluppo dei diritti umani, ma ne ho riguardo a questa proposta. Ritengo che questa Agenzia non sia necessaria; perché i suoi poteri siano effettivi dovrebbero essere conferiti in virtù di una Costituzione europea, che non è certo imminente ora, o di un’altra base giuridica nei Trattati, che certamente non avrà.
La Carta è sempre stata in contraddizione, a mio parere, con la Convenzione sui diritti umani del Consiglio d’Europa, che copre anche molti paesi al di fuori dell’UE. Gli articoli sono molto diversi in ciascun caso. Qualunque cosa si dica, una nuova proliferazione di agenzie europee e delle loro funzioni provocherà non solo una sovrapposizione, ma anche un aumento non necessario della burocrazia. Naturalmente sarà costosa, e ricorderei all’onorevole Cashman, che dice di “mettere il proprio denaro dove vanno le proprie parole”, che questo non è denaro mio o suo, ma è il denaro dei cittadini europei e abbiamo il dovere di essere davvero molto attenti a come spendiamo il loro denaro quando prendiamo iniziative di questo genere.
L’attuale organismo sul quale, se il progetto va avanti, sarà basata – l’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia – non ha dimostrato realmente di essere molto obiettivo o positivo nel suo lavoro. In numerose occasioni nel 2003 ho sollevato in questa Assemblea la questione della soppressione della relazione sull’antisemitismo. Se ne è discusso molto ed è emerso chiaramente che non c’era l’obiettività necessaria quando si esaminano i diritti umani o fondamentali, ma un approccio piuttosto soggettivo da parte di numerosi funzionari. Non voglio finire in una situazione in cui abbiamo non solo un conflitto tra due agenzie – una del Consiglio d’Europa e una nostra – ma anche una mancanza di obiettività nel gestire casi che, indubbiamente, saranno sempre delicati.
Penso che dobbiamo essere molto attenti. Certamente possiamo avere i nostri sogni e le nostre speranze per il miglioramento dei diritti umani, non solo nell’Unione europea, ma in particolare in quegli Stati, come la Russia e altrove, dove oggi sono chiaramente ignorati. Comunque, è importante che non ci limitiamo ad aumentare il numero di agenzie su una base politica. Dovremmo esaminare le nostre agenzie già esistenti e i nostri poteri di persuasione al massimo livello e utilizzarli appieno prima di intraprendere questa nuova avventura.
Martine Roure (PSE). – (FR) Signor Presidente, innanzi tutto, come introduzione al mio intervento, vorrei sapere se l’onorevole Pirker sia intervenuto a nome del suo gruppo o a titolo personale. Dopo avere ascoltato l’onorevole Kirkhope, non lo so più. Il primo oratore, l’onorevole Pirker, avrebbe dovuto dare il parere del suo gruppo e, dopo averlo ascoltato, certo mi domando se il PPE sostenga o meno la sua relatrice, onorevole Gál. Non è più chiaro oggi a che punto siamo. Eppure, in seno alla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, mi sembrava che fossimo d’accordo; almeno così emerge dai nostri voti. Confesso che siamo un po’ sconcertati dalla posizione odierna del PPE, che non corrisponde affatto al dibattito che abbiamo avuto in seno alla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni. Allora a cosa servono le discussioni in sede di commissione? Per quanto ci riguarda, nel nostro gruppo, siamo coerenti.
Desidero ringraziare l’onorevole Gál e l’onorevole Kósáné Kovács per le eccellenti proposte e per il lavoro che ha permesso di trovare un compromesso accettabile per tutti. Siamo lieti di questa proposta della Commissione di allargare il mandato dell’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia per farne un’Agenzia europea per i diritti fondamentali, perché l’Unione europea deve dare l’esempio e garantire una migliore protezione dei diritti fondamentali dei suoi cittadini.
La prima responsabilità di questa Agenzia – e mi dispiace che alcuni degli oratori che si sono espressi prima di me abbiano già lasciato l’Aula – dovrà essere proteggere i diritti fondamentali in primo luogo negli Stati membri. Ciò non impedisce di guardare oltre, ma la priorità va agli Stati membri: mettiamo ordine in casa nostra! In questi ultimi anni abbiamo assistito in Europa a un aumento degli estremismi e delle invettive cariche d’odio: dobbiamo essere vigili nella difesa dei diritti di tutti, fin dentro al nostro Parlamento. Dobbiamo essere vigili sugli attacchi razzisti, sugli attacchi xenofobi. La pace sociale è in pericolo se non siamo capaci di inculcare il rispetto delle nostre differenze e l’accettazione della diversità.
L’Agenzia dovrà assicurare l’effettivo recepimento del diritto europeo nell’ordinamento giuridico degli Stati membri e la corretta applicazione della legislazione. Garantirà che le legislazioni nazionali siano conformi ai nostri principi europei. In effetti disponiamo di una legislazione esauriente in materia di lotta contro le discriminazioni e ci rendiamo conto che è molto mal recepita negli Stati membri. L’Agenzia potrà sollevare i problemi e consigliare i migliori mezzi per attuare tale legislazione. L’Agenzia sarà competente per tutti i campi trattati nella Carta dei diritti fondamentali, anche se è vero che quest’ultima non costituisce ancora una base giuridica. Il nostro Parlamento è stato uno degli iniziatori della Carta, non è inutile ricordarlo, ed essa dovrebbe essere al centro del processo di integrazione europea.
Se questa Agenzia non dovesse avere competenze nel campo del terzo pilastro, avrebbe uno scarso valore aggiunto rispetto all’Osservatorio esistente: siamo d’accordo su questo punto. Infatti, le attività giudiziarie e di polizia sono al centro della protezione dei diritti fondamentali. Occorre di conseguenza che l’Agenzia abbia una competenza in questo campo; è una delle priorità che credevo condivisa dall’intero Parlamento. Vale la pena ricordare che questa proposta della Commissione è il risultato di ripetuti appelli da parte del Consiglio in favore della creazione di una tale Agenzia. Così, nel dicembre 2003, il Consiglio europeo suggeriva di allargare il mandato dell’Osservatorio di Vienna e questo auspicio è stato sancito nel programma dell’Aia. Però bisogna sapere con chiarezza ciò che si vuole.
Di conseguenza, sosteniamo le relazioni nella loro interezza e chiediamo al Consiglio di ascoltare la posizione ampiamente maggioritaria del Parlamento su questo argomento, formulata in seno alla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni.
Hubert Pirker (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, vorrei dire con assoluta chiarezza, a beneficio dell’onorevole Roure, che il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei senza dubbio apprezza e sostiene il lavoro svolto dall’onorevole Gál, che ne è perfettamente a conoscenza, perciò non è cambiato nulla al riguardo. Abbiamo altresì molta stima per il lavoro che sta facendo il Commissario, ma, come ho detto all’inizio, dobbiamo svolgere una riflessione fondamentale e generale sulle agenzie. Consideriamo i diritti umani indivisibili; la loro osservanza non è un optional. A mio parere, è ovvio che devono essere rispettati all’interno dell’Unione europea e negli Stati che vi aderiranno.
Per queste ragioni si raccomanda una riflessione fondamentale sulle agenzie e sulla forma che assumono. Do il mio appoggio all’onorevole Gál e al Commissario, ma tutte le altre mie osservazioni rimangono – e più volte sottolineate.
Ona Juknevičienė (ALDE). – (LT) Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Parlamento ha sempre reagito in modo adeguato alle violazioni dei diritti umani. Ne ho parlato qui più di una volta, in particolare rispetto alle violazioni dei diritti umani nelle repubbliche dell’Asia centrale. Tuttavia, non siamo abituati a parlare di diritti umani, della loro protezione e delle violazioni nella Comunità. Forse crediamo di non avere questo problema o che sia di scarsa importanza.
Vorrei portare un esempio tratto da esperienze reali. Nel 2005 sono state riferite le seguenti violazioni dei diritti umani: mancato rispetto del diritto alla riservatezza, in particolare con intercettazioni di conversazioni private o pubblicazione di materiale di indagini preliminari; ingerenza della politica nel lavoro di esecuzione della legge e nei tribunali; mancanza di indipendenza nelle indagini preliminari e nell’accusa; violazione del diritto a un processo equo; comportamento inumano e brutale di agenti di polizia; discriminazione, razzismo, tratta di donne e così via.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, probabilmente pensate che mi riferisco di nuovo alle repubbliche dell’Asia centrale. Purtroppo tutto questo sta accadendo nel mio paese – la Lituania. Lo ha affermato l’Istituto lituano di controllo dei diritti umani e persino il Presidente della Repubblica della Lituania lo ha riconosciuto. La stampa ci dice che lo sviluppo della democrazia si è fermato nei dieci nuovi Stati membri. Sono d’accordo e credo che ciò sia dovuto al fatto che è venuta meno la pressione della preadesione. Perciò credo che la nuova Agenzia possa aiutarci a progredire; i suoi attuali poteri sono però insufficienti. L’Agenzia avrebbe bisogno di poteri notevolmente più forti per divenire uno strumento efficace nel controllare e garantire i diritti dei cittadini. Dopo tutto, assicurare la democrazia e i diritti umani è nostro dovere e la ragione per cui siamo stati eletti dai cittadini della Comunità.
(Applausi)
PRESIDENZA DELL’ON. DOS SANTOS Vicepresidente
Bernat Joan i Marí (Verts/ALE). – (EN) Signor Presidente, do il mio appoggio all’eccellente lavoro svolto, per il quale desidero ringraziare l’onorevole Gál e l’onorevole Kósáné Kovács. Penso che un’Agenzia per i diritti fondamentali sia molto importante per l’Unione europea, per proteggere questi diritti e garantirne il rispetto in tutta l’Unione. Vorrei menzionare un aspetto particolare dei diritti fondamentali: i diritti relativi alla lingua e alla cultura, che non sono tutelati chiaramente in molti Stati europei, né in alcuni dei paesi candidati all’adesione. Questa Agenzia potrebbe essere un ottimo strumento per porre l’accento su questo punto e garantire il rispetto dei diritti dei cittadini senza nazionalità o dei cittadini appartenenti a una minoranza all’interno di uno Stato. La Dichiarazione universale sui diritti linguistici, fatta a Barcellona nel 1996, è un buon documento da prendere in considerazione, e io ritengo che stiamo lavorando nella direzione giusta. Spero che il Parlamento esprima un voto maggioritario.
Jiří Maštálka (GUE/NGL). – (CS) Onorevoli colleghi, sono d’accordo con l’onorevole Juknevičienė. In quest’Aula parliamo spesso di sostenere i diritti umani nei paesi terzi, ma raramente abbiamo l’opportunità di rafforzare la protezione dei diritti umani proprio qui, nei nostri Stati membri. L’istituzione dell’Agenzia per i diritti umani è, a mio parere, un passo deciso nella direzione giusta. I cittadini europei hanno certamente diritto a informazioni reali, comparabili e obiettive sul rispetto per i diritti umani sia nel proprio Stato membro che in tutta l’Europa. Benché io sia molto favorevole all’istituzione di questa Agenzia, vorrei comunque, se posso, porre alcune domande fondamentali.
In primo luogo, come ex membro dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, di cui ammiro molto il lavoro, vorrei chiedere come sarà attuata, in pratica, la cooperazione con l’Agenzia, in modo che conduca non a una duplicazione delle attività, ma piuttosto ad attività che si completano reciprocamente.
In secondo luogo, in considerazione del fatto che, in base a questa proposta, l’Agenzia sarà orientata verso obiettivi e valutazioni, vorrei chiedere come, al momento di determinare queste aree di interesse, si possa garantire che qualche Stato membro non trascuri questioni politicamente scomode.
In terzo luogo, vorrei sottolineare che la maggior parte del bilancio, almeno due terzi, dovrebbe essere destinato a programmi e non a esigenze amministrative o di personale.
Bogdan Pęk (IND/DEM). – (PL) Signor Presidente, a quanto pare avremo un’altra agenzia. La legge di Parkinson torna alla ribalta. Chiunque creda che un gruppo di burocrati ben retribuiti possa migliorare in concreto i diritti umani mediante misure amministrative è piuttosto ingenuo, per non dire altro. Non voglio usare parole più forti. Aumentare il numero di organismi nel campo delle buone azioni politiche, mentre questi stessi gruppi politici e questo stesso Parlamento stanno soffocando la libertà economica che potrebbe produrre le risorse necessarie per un effettivo miglioramento del tenore di vita dei popoli d’Europa, è un giudizio errato e un classico faux pas politico.
Perciò chiederei oggi all’Assemblea di valutare chi assicurerà l’imparzialità di un’Agenzia che impiegherà centinaia di burocrati ben retribuiti soggetti praticamente a nessun controllo sulle loro attività. Queste persone potrebbero usare l’Agenzia come un’arma politica per contrastare individui indesiderabili o oppositori politici, o per attaccare governi scomodi che non si conformano alla cosiddetta correttezza politica.
Io credo che questa azione sia incostituzionale almeno in alcuni Stati membri. Mette in atto i principi di una Costituzione che è stata respinta, facendoli rientrare dalla porta posteriore. E’ un vicolo cieco e a mio parere dovrebbe essere oggetto di un esame molto accurato.
Paweł Bartłomiej Piskorski (NI). – (PL) Signor Presidente, la questione che stiamo discutendo oggi in quest’Aula non è se i diritti fondamentali debbano essere rispettati. Non stiamo discutendo se i diritti umani siano fondamentali per il nostro funzionamento all’interno dell’Unione europea. Il nocciolo della discussione è se davvero un’altra agenzia all’interno delle nostre strutture, un’altra agenzia che costerà decine di milioni di euro, sarà uno strumento in grado di contribuire all’osservanza e al rispetto dei diritti umani non solo all’interno degli Stati membri, ma anche nei paesi con i quali intratteniamo relazioni.
Rifiuto categoricamente il parere espresso da alcuni deputati al Parlamento europeo, secondo cui istituiamo un’agenzia perché dobbiamo convincere il nostro elettorato che ci sta a cuore qualcosa. Questo è un modo di pensare errato e rovinoso. Non convinceremo il nostro elettorato del fatto che ci preoccupiamo. Gli elettori saranno piuttosto convinti del fatto che stiamo spendendo il loro denaro e che siamo quindi ancor più distanti da loro. L’agenzia dei diritti umani per l’Europa è il Parlamento europeo, di cui tutti noi siamo membri. Naturalmente dovremmo raccogliere dati sul rispetto dei diritti umani, ma dovremmo farlo destinando risorse al sostegno di organizzazioni non governative, invece che a un’altra agenzia all’interno delle nostre strutture.
Bogusław Sonik (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, vorrei ricordare all’Assemblea che sei mesi fa abbiamo creato l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere. Ora stiamo per creare un’altra agenzia. Per cominciare, vorrei fare riferimento alle affermazioni dell’onorevole Roure, la quale accusa il mio gruppo, il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, di non parlare all’unisono. Onorevole Roure, per favore cerchi di capire che in alcuni partiti è permesso alle persone avere opinioni diverse. Forse i socialisti hanno un’unica linea politica obbligatoria alla quale devono sottomettersi, ma con noi le cose sono diverse e anch’io desidero esprimere il mio appoggio all’onorevole Kirkhope.
Scopo dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali è colmare un vuoto nelle attività dell’UE: concentrarsi sulle attività interne dell’Unione, includendo le Istituzioni e gli Stati membri. Purtroppo è stata dedicata scarsa attenzione all’aspetto esterno, che riguarda principalmente i paesi candidati. Questa restrizione dell’ambito di attività dell’Agenzia si basa sull’idea che una politica interna coesiva sui diritti fondamentali è necessaria se vogliamo avere un approccio coerente ai diritti umani nelle relazioni internazionali.
Comunque, vorrei ricordarvi che l’osservanza dei diritti fondamentali è un problema ben più grande in molti paesi al di fuori dell’Unione europea, compresi Stati vicini come la Russia e la Bielorussia. Per questa ragione l’Agenzia non dovrebbe limitare le proprie attività agli Stati membri, dove i problemi autentici riguardanti i diritti umani sono incomparabilmente meno gravi che al di fuori dei suoi confini, in particolare poiché ogni Stato membro ha le proprie istituzioni per garantire il rispetto dei diritti fondamentali e dei diritti umani.
Credo che abbiamo perso un’occasione e un’opportunità per sostenere l’aspetto esterno della politica dell’Unione europea in materia di diritti umani. L’obiettivo della proposta per l’istituzione di questa Agenzia è quello di ampliare il mandato dell’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia e creare un’Agenzia europea per i diritti fondamentali. Creerà un centro specializzato di conoscenza riguardante i diritti fondamentali a livello di Unione europea. Non avrei alcuna obiezione a questo progetto, a parte il fatto che l’Agenzia dovrebbe occuparsi anche del rispetto dei diritti umani al di fuori dell’Unione europea. Non avrei nulla contro di essa, se non fosse per il fatto che l’istituzione di questa nuova Agenzia costerà ai cittadini dell’Unione europea più di 150 milioni di euro. Qual è l’utilità di spendere denaro per un’altra istituzione, considerando il bilancio così limitato per il periodo 2007-2013?
Andrzej Jan Szejna (PSE). – (PL) Signor Presidente, uno degli obiettivi che l’Unione europea si è prefissa è sostenere la protezione dei diritti umani e degli interessi dei cittadini, nonché tutelare la libertà e promuovere la democrazia sulla base dei diritti fondamentali. Questo rende importante assicurare assistenza e conoscenze specialistiche nel campo dei diritti fondamentali per le istituzioni pertinenti della Comunità e degli Stati membri.
In considerazione dei dibattiti insolitamente accesi e delle battaglie politiche attualmente in corso in Polonia, Ungheria e Slovacchia, considero ben fondata questa proposta. Un’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali istituita per succedere all’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia avrebbe la responsabilità di integrare i meccanismi di controllo esistenti sui diritti fondamentali. Comunque, occorre fare attenzione affinché questo organismo comunitario di nuova creazione operi nel rispetto del principio dell’indipendenza e della responsabilità. Da un lato, occorre garantirne l’indipendenza, mentre dall’altro lato deve essere pienamente responsabile nei confronti delle Istituzioni dell’Unione europea. Per questa ragione sia i processi decisionali interni in seno all’istituzione che la nomina dei suoi organi decisionali devono essere trasparenti.
Il Parlamento europeo svolge un ruolo sostanziale nel campo dei diritti fondamentali, e ad esso dovrebbe quindi essere riservata particolare considerazione al momento di definire le strutture dell’Agenzia, in modo da rafforzare la legittimità di quest’ultima. La Commissione e il Parlamento devono prendere parte attiva nella definizione del programma quadro pluriennale di questa Agenzia. Oltre al campo principale di attività dell’Agenzia, che sarà assistere le Istituzioni dell’Unione europea e gli Stati membri, dovremmo esaminare la possibilità di sviluppare una collaborazione con i paesi terzi per assicurare una migliore attuazione del diritto comunitario e delle politiche interne dell’Unione europea. In particolare, dovrebbe essere promossa la collaborazione con i paesi candidati, poiché ciò consentirà all’Unione di sostenere i loro sforzi di integrazione in relazione all’armonizzazione delle loro leggi nazionali con il diritto comunitario.
E’ importante per le attività di questa Agenzia tenere conto della gamma di attività del Consiglio d’Europa, onde evitare sovrapposizioni e realizzare una sinergia nella collaborazione tra le due organizzazioni.
Anneli Jäätteenmäki (ALDE). – (FI) Signor Presidente, il Consiglio d’Europa è la più importante agenzia per i diritti umani in Europa e rimarrà tale anche dopo l’istituzione di questa Agenzia. Il Consiglio d’Europa gode di ampi diritti di sorveglianza e di controllo. L’Agenzia in discussione sarà completamente diversa. Il suo compito non sarà controllare gli Stati membri, ma fornire informazioni e competenze a questi ultimi e alle Istituzioni dell’Unione. L’Agenzia sarà una struttura di servizio con l’incarico di assisterci. Il lavoro dell’Agenzia non si concentrerebbe mai su alcun paese particolare, ed essa non indagherebbe su alcun singolo evento o violazione particolare, come fa invece il Consiglio d’Europa. Nondimeno è importante istituire nell’UE questo tipo di agenzia indipendente per i diritti umani fondamentali, l’Agenzia per i diritti umani. E’ altresì importante che operi in stretta collaborazione con il Consiglio d’Europa.
Inoltre, vorrei sottolineare che, ora che stiamo assistendo a un aumento dei poteri di polizia e stiamo esaminando e rendendo più severe le misure antiterrorismo, è importante che allo stesso tempo diamo anche uno sguardo a come funzionano i diritti fondamentali e i diritti umani. Inoltre, il lavoro di questa Agenzia dovrebbe, a mio parere, essere esteso al terzo pilastro, in modo che possa applicarsi alla cooperazione di polizia e alla cooperazione in materia di criminalità. Per compiere progressi, comunque, questa cooperazione, la cooperazione di polizia e in materia di criminalità, potrebbe, a mio giudizio, essere attuata in una forma più limitata rispetto a quella proposta dalla Commissione, per poter essere messa in atto. Nel lungo termine, inoltre, l’Unione deve anche rimediare alle proprie mancanze, cioè al fatto che non interviene in caso di violazioni dei diritti umani da parte degli Stati membri. Non abbiamo alcun meccanismo a tale scopo. Sappiamo che attualmente i diritti umani non funzionano nel miglior modo possibile nell’UE, e dovremmo affrontare anche questi problemi e non limitarci a guardare cosa accade al di fuori dei confini comunitari. Ovviamente, è importante controllare e intervenire in caso di violazioni dei diritti umani dovunque accadano, ma l’UE e i suoi Stati membri dovrebbero ovviamente garantire che i diritti umani dei propri cittadini e di coloro che vivono nel territorio dell’UE siano rispettati.
Erik Meijer (GUE/NGL). – (NL) Signor Presidente, i diritti umani sono un problema globale. Nonostante notevoli manchevolezze, in Europa siamo all’avanguardia. Vi sono accordi stabiliti in seno al Consiglio d’Europa sul livello di diritti umani che deve essere garantito almeno in Europa. La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali è vincolante per 47 Stati membri, 20 Stati in più, quindi, dei 27 che apparterranno all’Unione europea dal 2007. Dal 2000 la Carta dei diritti fondamentali è il massimo comune denominatore delle disposizioni contenute nelle costituzioni nazionali e nella Convenzione europea. Questa Carta è stata inclusa successivamente nel progetto di Costituzione come capitolo II. A questo proposito, è stato fatto riferimento, giustamente, alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo esistente, che quindi l’Unione europea sottoscriverebbe di conseguenza. Sarebbe positivo se l’Agenzia per i diritti umani ora proposta potesse servire come segnale per dimostrare che l’Unione europea attribuisce maggiore importanza ai diritti umani che al mercato comune. Alcuni del mio gruppo interpretano questa proposta soprattutto come se recasse un messaggio completamente diverso e come se fosse un tentativo per mettersi in competizione con il Consiglio d’Europa e un’occasione per promuovere il testo della Costituzione, che è già stato respinto due volte e al quale siamo contrari.
Roger Knapman (IND/DEM). – (EN) Signor Presidente, la perla della scorsa settimana in questa sede è stata la proposta di attribuire a Europol nuovi poteri di polizia all’interno di Eurolandia, collocando tale organismo al di sopra della legge. Nemmeno il Terzo Reich ci aveva pensato. Questa settimana è ancora meglio: è stata escogitata un’Agenzia per i diritti fondamentali per controllare che gli Stati membri rispettino la Carta. Quest’ultima, tuttavia, era contenuta in una Costituzione europea fallita. Dopo tutto, la Francia e l’Olanda hanno esercitato il loro diritto fondamentale di dire no, eppure ancora una volta state cercando di far rientrare dalla porta posteriore ampie parti della Costituzione.
L’onorevole Gál comincia persino la sua motivazione affermando che la sospensione del processo di elaborazione della Costituzione fa sì che sia giunto il momento di promuovere i diritti fondamentali. E’ questo che ha detto? Il Politburo ne sarebbe lieto. Infatti, se i diritti fondamentali significassero davvero qualcosa nell’Unione europea, il rifiuto democratico della Costituzione renderebbe il momento attuale assolutamente sbagliato per presentare tale proposta.
C’era, credo, una vecchia canzone di Glen Miller che cominciava così: “Sleepy time Gal, you’re turning night into day” (“Ragazza nottambula, tu trasformi la notte in giorno”). Lei crede forse di poter trasformare un “no” in un “sì”, ma non appena gli elettori si scuoteranno dal loro sonno, presto respingeranno la proposta.
Alessandro Battilocchio (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, parlo a nome del nuovo PSI. La proposta di decisione del Consiglio di ampliare i poteri dell’attuale Osservatorio europeo per i fenomeni di razzismo è un passo importante verso la direzione giusta. In un momento storico difficile, in cui le esigenze di sicurezza e stabilità globali si scontrano con i diritti dei cittadini ed in cui le discriminazioni anche nel mondo occidentale sono ancora gravi fonti di attrito tra comunità, etnie, religioni e categorie svantaggiate, diventa fondamentale monitorare tali fenomeni attraverso un organo che abbia un mandato forte ed ampio.
Accolgo pertanto con favore la proposta di allargare i poteri della nuova Agenzia per i diritti umani anche al “terzo pilastro” e quindi alla cooperazione intergovernativa, in materia di polizia, giustizia e immigrazione e terrorismo, in quanto tali settori sono sempre più strettamente integrati alla vita quotidiana dei cittadini e di conseguenza il rispetto dei diritti fondamentali sanciti dai nostri trattati. Condivido inoltre l’approccio presentato da questo Parlamento di favorire il dialogo con la società civile e collaborare con tutte quelle realtà, anche e soprattutto non governative, che a livello sia locale che nazionale ed europeo, contribuiscono, in modo sostanziale, al miglioramento della situazione dei diritti umani nell’Unione europea.
Reinhard Rack (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, i diritti umani sono un bene importante, che dobbiamo difendere in tutto il mondo e, sebbene sia consapevole dei tristi eventi in Russia, abbiamo ancora molto da fare a casa nostra.
Per quanto siano importanti come pietre angolari gli articoli 6 e 7 del Trattato UE, non possiamo – non dobbiamo – limitarci a quello. Poiché riteniamo che non sia sufficiente farvi poco più di un accenno superficiale, non ripeteremo mai abbastanza, in qualsiasi discussione sul tema, che abbiamo bisogno soprattutto di sancire sotto forma di diritto europeo vincolante il nostro catalogo completo di diritti umani e libertà fondamentali. Abbiamo bisogno della Costituzione europea, e la Carta europea dei diritti umani in essa contenuta deve divenire più di una semplice dichiarazione solenne. Si potrà cominciare a festeggiare soltanto quando sarà divenuto diritto europeo vincolante e direttamente applicabile e questa è una priorità per il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei tanto quanto lo è per gli altri gruppi.
Dato l’alto valore che giustamente attribuiamo ai diritti fondamentali, è ovvio che tutte le funzioni essenziali coinvolte nel garantire il rispetto dei diritti fondamentali debbano rimanere riservate, principalmente, alle Istituzioni dell’Unione europea. L’agenzia di cui stiamo discutendo oggi può, potrebbe e dovrebbe avere funzioni esclusivamente accessorie e a questo si riferiscono i miei dubbi sul documento in esame.
Il Commissario Frattini ha detto, fra l’altro, che l’Agenzia dovrà controllare il rispetto dei diritti fondamentali, quindi cosa ne è della funzione centrale della Commissione? Da molti anni insegno ai miei studenti all’università che la Commissione è custode dei Trattati e vigila su di essi e che per garantire la protezione giudiziale del diritto europeo esiste la Corte di giustizia delle Comunità europee, che svolge un lavoro straordinario. A proposito, le strutture democratiche e giuridiche nei nostri Stati membri sono davvero così a rischio come alcuni oratori oggi hanno sostenuto? I discorsi di alcuni deputati oggi mi hanno davvero preoccupato.
Da ultimo, ma non meno importante, il controllo politico sui requisiti europei è una delle funzioni essenziali di questa Assemblea, del Parlamento europeo stesso, e così deve rimanere. Per tale ragione il nostro gruppo, riguardo al tema delle agenzie, si è preoccupato e ha riflettuto su cose banali come la burocrazia, le strutture parallele, la duplicazione e il finanziamento aggiuntivo.
L’onorevole Gál ha il nostro pieno appoggio nel lavoro che ha svolto e sta svolgendo; i passi preparatori che ha compiuto in questo settore sono validi e importanti. Tuttavia, vorremmo ricordare che non è accettabile che le regole applicabili a tutte le altre agenzie non siano vincolanti per questa. Va contro il senso comune. Il ruolo di valutazione che si prevede per questa Agenzia è un’altra cosa che dobbiamo di diritto lasciare alla Corte di giustizia, invece di permettere che sia messo a rischio da una duplicazione delle funzioni.
Józef Pinior (PSE). – (PL) Signor Presidente, Commissario Frattini, proteggere i diritti umani, i diritti civili e le libertà politiche nel mondo è oggi una delle più importanti sfere d’attività dell’Unione europea. L’importanza crescente dell’UE nelle relazioni internazionali e lo sviluppo di una politica estera comune richiede nuove istituzioni che renderanno possibile utilizzare appieno il potenziale politico ed economico della Comunità.
Espandere l’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia esistente e ampliarne il mandato in modo da farlo diventare l’Agenzia per i diritti fondamentali getterà le basi per una nuova Agenzia che diventerà una delle principali Istituzioni europee negli anni a venire.
Per poter adempiere questo ruolo, l’Agenzia per i diritti fondamentali deve avere un mandato più ampio riguardo alle questioni concernenti la cooperazione tra polizia, tribunali e sistemi giudiziari e anche l’immigrazione e la lotta al terrorismo. In primo luogo, quindi, occorre rafforzare il ruolo del Parlamento europeo nel definire il mandato e la struttura dell’Agenzia. L’Agenzia dovrebbe essere obbligata a consultarsi con il Parlamento europeo per quanto riguarda i quadri pluriennali e i candidati alla funzione di direttore. L’Agenzia deve essere aperta alla partecipazione dei paesi candidati e degli Stati con i quali è stato firmato un accordo di stabilizzazione e di associazione. La futura Agenzia dovrà nominare un comitato scientifico che garantisca l’elevata qualità accademica del proprio lavoro e deve collaborare strettamente con il Consiglio d’Europa e coordinare le proprie attività con quest’ultimo.
Desidero altresì sottolineare che i compiti dell’Agenzia, che sostituirà l’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia esistente, dovrebbero continuare a riguardare il razzismo, la xenofobia, l’antisemitismo e la tutela dei diritti delle minoranze come elementi chiave nella protezione dei diritti fondamentali. Tutte le relazioni dell’Agenzia devono tenere pienamente conto della questione dell’uguaglianza di genere.
Kinga Gál (PPE-DE), relatore. – (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare lei e i miei colleghi per l’aiuto e il sostegno che ho ricevuto. Come vi ho anticipato nel mio intervento introduttivo, l’Agenzia è estremamente dibattuta e provoca reazioni. Devo comunque assicurare a tutti voi, in risposta alla domanda dell’onorevole Roure, che il gruppo PPE-DE mi appoggia, e tra qualche minuto tale appoggio si rifletterà nella votazione.
Vi saranno alcune delegazioni che voteranno contro la relazione per ragioni diverse, principalmente mettendo in dubbio il ruolo delle agenzie in generale, ma il gruppo PPE-DE è ben consapevole della necessità di proteggere i diritti fondamentali.
La relatrice non ha avuto un compito facile, come avete potuto sentire prima, se avete ascoltato con attenzione. Consentitemi tuttavia di sottolineare il fatto che esiste una decisione del Consiglio, risalente al 2004, per l’istituzione di un’Agenzia per i diritti fondamentali che ampliasse il mandato dell’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia esistente. Il Parlamento, la Commissione e le Presidenze austriaca e finlandese hanno cercato di fare del proprio meglio per definire un mandato che consenta di svolgere un lavoro utile, efficace e obiettivo. Questo è esattamente ciò che le nostre società si aspettano da noi.
Magda Kósáné Kovács (PSE), relatore. – (HU) Forse è inconsueto, ma vorrei subito ringraziare l’onorevole Gál per la sua cooperazione. L’utilissima ed efficace collaborazione che si è creata tra i due gruppi parlamentari all’interno della commissione è principalmente merito suo.
Oggi, tuttavia, si è reso evidente che non tutti i colleghi condividono la convinzione che l’appartenenza all’Unione europea non va automaticamente di pari passo con un sistema di garanzie per i diritti umani negli Stati membri. Non tutti accettano che dobbiamo sviluppare ulteriormente tale sistema di garanzie. Alcuni chiedono e sperano di ottenere un’assistenza. Ringrazio coloro che chiedono un aiuto, anche per aiutare i loro paesi. Alcuni ritengono che le Istituzioni dell’UE non dovrebbero spiare le carte che essi stanno giocando nelle partite a livello locale.
Sono orgogliosa che il mio gruppo politico appoggi entrambe le proposte, la mia e quella dell’onorevole Gál, lungo le linee di un insieme condiviso di valori. Mi dispiace moltissimo che alcuni si facciano beffe di questo. Penso che simili irrisioni avrebbero più successo a Hyde Park che al Parlamento europeo.
Comunque, chiedo ai colleghi di superare la loro paura della burocrazia nell’interesse di una causa cruciale, e di domandarsi se ogni centesimo del bilancio comune venga speso in modo altrettanto utile quanto le risorse che ora sono richieste per l’Agenzia per i diritti fondamentali. Di fatto, siamo sempre disposti a cooperare per migliorare l’efficienza della nostra spesa di bilancio.
Attendo con ansia il vostro appoggio in questa importante impresa.
Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. – Signor Presidente, anch’io desidero ringraziare ancora una volta le due relatrici e tutti coloro che sono intervenuti. Ravviso la necessità, in primo luogo, che questo Parlamento si esprima a larga maggioranza, come auspicato dalle due relatrici, su un’iniziativa che altrimenti vanificherebbe il nostro sforzo comune. Abbiamo lavorato insieme per dare al Parlamento una voce forte ed autorevole, anche in assenza della procedura formale di codecisione. Evitiamo che una divisione di questo Parlamento dia al Consiglio l’impressione di poter decidere, tutto sommato, anche da solo. Si tratta di un’esigenza politica, anche perché ho sentito alcuni autorevoli membri di questo Parlamento dubitare perfino della ragion d’essere dell’agenzia.
In primo luogo occorre fare chiarezza sulle cifre che vengono citate. Ho sentito dire che l’agenzia costerà 150 milioni di euro. Non è vero! L’istituto in questione costerà, nel 2007, 14 milioni di euro, non 150, e arriverà a costare, nel 2010, 21 milioni di euro, non 150. L’agenzia, che è l’erede naturale dell’Osservatorio di Vienna, in cui lavorano 40 persone, disporrà nel 2007 di 50 funzionari, appena 10 in più. Onorevoli deputati, 50 funzionari corrispondono allo staff di un piccolo comune europeo di 10 o 15 mila abitanti. Vogliamo pensare che non valga la pena avere 50 persone che lavorano per tenere alto il livello di vigilanza sui diritti umani in Europa? Io credo che valga la pena.
Perché occorre un’agenzia? Occorre un’agenzia per avere una valutazione indipendente, cioè proprio quello che molti onorevoli parlamentari hanno sottolineato. Ho sentito qualcuno chiedere: “Ma allora che ne è della Commissione?” La Commissione lavorerà molto meglio se potrà avvalersi di un’agenzia in grado di fornire in modo indipendente elementi di valutazione ed elementi di giudizio. Voglio rassicurare l’onorevole Rack: noi continueremo ad esercitare i nostri compiti, che in questa materia, non sono compiti burocratici, bensì di supporto politico al lavoro del Parlamento e del Consiglio. Ecco perché abbiamo bisogno di un’agenzia indipendente che ci fornisca elementi per formulare le nostre proposte. E’ evidente che il lavoro della Commissione non verrà meno, anzi sarà rafforzato e potenziato.
Qual è il ruolo del Consiglio d’Europa? Il Consiglio d’Europa continuerà a svolgere il proprio lavoro. Lo ribadisco: non vogliamo sovrapposizioni e anche in questo ambito si applicano le regole dei Trattati. L’agenzia sarà competente per verificare il rispetto dei diritti fondamentali in base alla normativa comunitaria laddove, come voi sapete benissimo, il Consiglio d’Europa non ha competenze in materia di diritti umani secondo la legislazione comunitaria. Di conseguenza, gli ambiti di attività delle due istituzioni saranno assolutamente diversi e questa è un’esigenza che noi intendiamo salvaguardare.
Io difendo l’Agenzia dei diritti fondamentali proprio perché non ritengo che essa debba essere utilizzata per puntare il dito contro questo o quello Stato membro o per servire da strumento di lotta politica, magari interna. Questo sarebbe sbagliato e concordo con chi sostiene che non può essere affidata a dei funzionari la formulazione di giudizi politici. Il compito rimarrà nelle mani della Commissione. Noi auspichiamo un’agenzia che aiuti a rafforzare la trasparenza in Europa sulle modalità di garanzia dei diritti fondamentali.
Se faccio riferimento alle forze di polizia e alla magistratura in Europa, è perché ritengo che anche loro debbano auspicare – e sono certo che lo facciano – la trasparenza della protezione dei diritti fondamentali nella loro attività. Sarà infatti molto meglio per la dignità delle istituzioni di polizia e della magistratura se sarà garantita piena trasparenza sulle modalità di esercizio delle attività di repressione del crimine. Si tratta di un’iniziativa mirata a loro vantaggio non contro di loro e non è certo questa l’intenzione dell’Agenzia per i diritti fondamentali.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà oggi, alle 11.00.
(La seduta, sospesa alle 10.40, riprende alle 11.00)
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)
Gábor Harangozó (PSE). – (EN) L’Unione europea ha sempre presentato la protezione e la promozione dei diritti fondamentali come uno dei suoi obiettivi politici di base. A tale riguardo, la creazione dell’Agenzia per proteggere e promuovere questi diritti è un importante strumento per la realizzazione di questo obiettivo nel quadro del piano d’azione di recente approvato per attuare il programma dell’Aia. Istituire questa agenzia è quindi un passo molto concreto, poiché è un’iniziativa nuova che permetterà la raccolta e l’analisi di dati a livello di Unione europea da parte di un centro specializzato davvero indipendente.
Le proposte della Commissione hanno legittimamente suscitato un dibattito di ampio respiro sulla portata delle competenze di tale Agenzia. Espandendo il mandato dell’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia, dovremmo garantire, da un lato, che l’attenzione concentrata sul razzismo e sulla xenofobia rimanga un carattere importante dell’Agenzia e, dall’altro lato, che sia mantenuta l’indipendenza dell’Agenzia, non solo rispetto alle Istituzioni dell’Unione, ma anche rispetto agli Stati membri. Nonostante queste preoccupazioni, sono ottimista e ritengo che il Parlamento europeo sosterrà ampiamente durante la votazione il testo proposto dalla relatrice.
Katalin Lévai (PSE). – (HU) Sarebbe difficile sopravvalutare il valore della creazione dell’Agenzia per i diritti fondamentali. Si tratta davvero di una pietra miliare nell’importante lotta per la difesa dei diritti umani in Europa. Al tempo stesso, dobbiamo chiarire subito che potrà adempiere il suo ruolo soltanto se sarà dotata di effettiva competenza e degli strumenti necessari per un funzionamento efficace. Altrimenti, degenererà in un organo fittizio, mosso da interessi di parte, incapace di avere una reale influenza.
E’ quindi necessario istituire un’organizzazione indipendente con poteri giuridici effettivi e ampi che possa intervenire efficacemente in casi di violazioni dei diritti umani.
Dobbiamo porre speciale enfasi sulla lotta ai demoni oscuri dell’Europa: il razzismo, la xenofobia e l’antisemitismo, che di tanto in tanto riemergono, e – specialmente nel caso di alcuni nuovi paesi di recente adesione dell’Europa centrale e orientale – le atrocità e la discriminazione contro i rom e altre minoranze etniche o nazionali. Purtroppo, di recente, abbiamo assistito a molti esempi di simili casi che minano l’anima dell’Europa. L’Agenzia deve quindi prestare speciale attenzione a questi problemi.
Sono quindi favorevole a un’Agenzia con poteri forti e ritengo di conseguenza che la sua competenza debba inevitabilmente estendersi al settore della cooperazione giudiziaria e di polizia, ivi comprese le questioni relative all’immigrazione e al terrorismo, nonché alla lotta contro la tratta di esseri umani, i crimini contro i bambini, il traffico di droghe e di armi, la corruzione e le frodi. Appoggerei ovviamente la sua estensione anche a una politica estera e di sicurezza comune.
Accolgo con favore il coinvolgimento più profondo del Parlamento europeo nel lavoro dell’Agenzia, poiché ritengo che l’unico organismo dell’Unione eletto direttamente sia uno dei depositari della causa dei diritti umani.
4. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
5. Comunicazione della Presidenza
Presidente. – Come sapete, il 15 giugno scorso il Parlamento europeo si è pronunciato a favore dell’adozione dell’euro da parte della Slovenia a partire dal 1° gennaio del 2007. Sono necessari pertanto alcuni adeguamenti tecnici.
Benché il Trattato non lo richieda, il Consiglio ha deciso di chiedere un parere. La commissione per i problemi economici e monetari non ha ritenuto necessaria una risoluzione del Parlamento in merito a tale parere, e l’onorevole Berès, presidente della suddetta commissione, ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio ECOFIN esprimendo il giudizio positivo della commissione per i problemi economici e monetari sugli adeguamenti tecnici da effettuare.
Pertanto auguriamo buona fortuna con la loro nuova moneta ai nostri concittadini europei sloveni.
6. Composizione delle commissioni e delle delegazioni: vedasi processo verbale
7. Turno di votazioni
Presidente. – L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.
(Per i risultati e ulteriori dettagli sulla votazione: cfr. Processo verbale)
7.1. Accordo CE-Bulgaria: partecipazione alle attività dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (votazione)
7.2. Accordo CE-Romania: partecipazione alle attività dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (votazione)
7.3. Accordo CE-Turchia: partecipazione alle attività dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (votazione)
7.4. Accordo CE/Singapore su taluni aspetti dei servizi aerei (votazione)
7.5. Accordo CE/Australia su alcuni aspetti relativi ai servizi aerei (votazione)
7.6. Accordo CE/Nuova Zelanda su alcuni aspetti relativi ai servizi aerei (votazione)
7.7. Accordo CE/Uruguay su alcuni aspetti relativi ai servizi aerei (votazione)
7.8. Accordo CE/Repubblica delle Maldive su alcuni aspetti relativi ai servizi aerei (votazione)
7.9. Gestione dei programmi europei di radionavigazione via satellite (votazione)
7.10. Qualità delle acque destinate alla molluschicoltura (versione codificata) (votazione)
7.11. Pubblicità ingannevole e comparativa (versione codificata) (votazione)
7.12. Protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi (versione codificata) (votazione)
7.13. Diritti connessi al diritto d’autore (versione codificata) (votazione)
7.14. Lotta alla cocciniglia di San José (versione codificata) (votazione)
7.15. Glucosio e lattosio (versione codificata) (votazione)
7.16. Modifica degli articoli 3 e 4 del regolamento del Parlamento europeo (votazione)
7.17. Stipendi base e indennità applicabili al personale dell’Europol (votazione)
– Prima della votazione sulla proposta di risoluzione legislativa
Claude Moraes (PSE), relatore. – (EN) Signor Presidente, in base alle nostre norme, una proposta legislativa, una volta respinta, andrebbe rinviata alla commissione. Lo scopo di questo rinvio è cercare una soluzione accettabile per il Parlamento. Purtroppo, nella fattispecie, un rinvio può rivelarsi privo di senso, perché il Consiglio non potrà cambiare la propria posizione. Al tempo stesso, la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni non intende impedire al Consiglio di prendere la sua decisione, dal momento che la commissione può farlo in virtù della base giuridica del Trattato.
Quello che intendiamo fare è mandare al Consiglio il nostro messaggio politico: Europol dev’essere potenziata e fondarsi su una solida base giuridica in linea con i Trattati comunitari, come già avviene per Eurojust. Poiché questo messaggio è chiaramente formulato nelle risoluzioni legislative, le proporrei di metterle direttamente ai voti, con la raccomandazione da parte mia di votare a favore.
7.18. Statuto del personale Europol (votazione)
– Prima della votazione sulla proposta di risoluzione legislativa
Claude Moraes (PSE), relatore. – (EN) Signor Presidente, ribadisco la stessa dichiarazione che ho fatto prima. Pertanto raccomando di votare a favore della risoluzione legislativa.
7.19. Classificazione statistica delle attività economiche NACE Riv. 2 e altre statistiche specifiche (votazione)
7.20. Assistenza finanziaria eccezionale al Kosovo (votazione)
7.21. Agenzia europea per la ricostruzione (votazione)
7.22. Istituzione di un’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (votazione)
– Prima della votazione finale
Kinga Gál (PPE-DE), relatore. – (EN) Signor Presidente, poiché abbiamo adottato la proposta emendata, vorrei chiedere al Commissario Frattini se accetterà gli emendamenti appena approvati da questo Parlamento o gli occorre più tempo per il raggiungimento di compromessi definitivi in sede di Consiglio.
Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. – Signor Presidente, credo che sia opportuno un ulteriore periodo di riflessione. Voi conoscete la mia opinione sugli emendamenti che avete appena approvato. Il Consiglio ha ancora qualche difficoltà ad accettarli. Credo che la soluzione migliore sia prendere un po’ di tempo e cercare, da parte nostra, di convincere il Consiglio a venire incontro all’opinione oggi espressa dal Parlamento.
Kinga Gál (PPE-DE), relatore. – (EN) Signor Presidente, chiedo allora di differire il voto e rinviare la questione alla commissione competente in base all’articolo 53 del Regolamento, in attesa di conoscere la posizione del Consiglio in merito agli emendamenti.
(Il Parlamento decide l’aggiornamento della votazione e la questione si considera quindi rinviata alla commissione competente per un nuovo esame)
7.23. Agenzia per i diritti fondamentali, attività relative al titolo VI del trattato sull’Unione europea (votazione)
– Prima della votazione
Magda Kósáné Kovács (PSE), relatore. – (HU) Prima del voto, che dovrebbe essere scontato, devo correggere un deplorevole errore. Vorrei informare i miei onorevoli colleghi che la nuova formulazione del considerando 2 bis compare erroneamente sulla lista di voto. Ho ritirato le mie proposte che riguardavano l’estensione al secondo pilastro del mandato dell’Agenzia. D’altra parte, la proposta che ho mantenuto – e che compare sulla lista di voto in luogo del testo proposto del considerando 3 bis – adesso ha un nuovo numero, vale a dire considerando 3.
Chiedo per cortesia ai miei onorevoli colleghi di votare di conseguenza. Signor Presidente, se lo ritiene opportuno, leggerei la breve formulazione della proposta da votare. Col suo permesso e per amor di semplicità, la leggerò in francese.
“Il mandato dell’Agenzia consente a quest’ultima di offrire protezione in materia di diritti umani non solo per quanto attiene al terrorismo e alla criminalità organizzata ma anche in altri settori quali, ad esempio, la tratta delle persone, i reati contro i bambini, il traffico illecito di droga, di armi nonché la corruzione e le frodi, in cui le misure possono anche indebolire l’efficacia della protezione dei diritti umani.”
La ringrazio, signor Presidente, e naturalmente vorrei anche scusarmi con il Parlamento.
– Prima della votazione finale
Madga Kósáné Kovács (PSE), relatore. – (FR) Signor Presidente, vorrei ribadire una domanda che la mia onorevole collega ha già posto al Vicepresidente Frattini: intende accogliere tutti gli emendamenti appena adottati dal Parlamento o preferirebbe avere più tempo per presentare qualche proposta conclusiva di compromesso?
Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Credo che, come ha affermato la relatrice, ci vorrà un po’ più di tempo per consultare il Consiglio.
Madga Kósáné Kovács (PSE), relatore. – (FR) Signor Presidente, accetto ovviamente la risposta del Vicepresidente Frattini e il procedimento resterà identico.
(Il Parlamento decide l’aggiornamento della votazione e la questione si considera quindi rinviata alla commissione competente per un nuovo esame)
7.24. Azioni future nel settore dei brevetti (votazione)
–Dopo la votazione sull’emendamento n. 7
Eva Lichtenberger (Verts/ALE). – (DE) Signor Presidente, ci sono alcune differenze fra la traduzione francese e quella inglese del testo originale delle quali dobbiamo prendere nota. Mentre il testo inglese fa esplicito riferimento all’adesione alla Convenzione di Monaco, quello in francese parla di un dibattito su tale adesione e c’è una bella differenza tra le due cose.
Al momento, perciò, non sappiamo come si debba interpretare il testo. Se la versione inglese è quella che fa fede, i deputati francesi devono rendersi conto che stanno approvando l’adesione alla Convenzione di Monaco, anche se la formulazione nel testo in francese è alquanto più vaga. Le differenze sono nei dettagli.
Presidente. – D’accordo, pertanto è valida la versione inglese.
7.25. Protezione e benessere degli animali (2006-2010) (votazione)
7.26. Seguito della relazione sulla concorrenza nel settore delle libere professioni (votazione)
7.27. Relazioni economiche e commerciali UE/Mercosur (votazione)
–Dopo la votazione
Zbigniew Zaleski (PPE-DE). – (ES) Signor Presidente, prima di passare all’ultimo punto, vorrei esprimere a nome di molti deputati di quest’Aula la mia profonda tristezza e il mio scontento.
Non votando oggi la risoluzione sulla morte della giornalista russa Anna Politkovskaja, questo Parlamento sta facendo, a mio avviso, un errore politico e umano.
Spero che i colleghi deputati, in particolare il gruppo socialista al Parlamento, capiscano questo messaggio.
7.28. Proposta di risoluzione (votazione)
Prima della votazione sul paragrafo 6
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). – (PL) Si propone di sostituire, nel paragrafo 6, la somma di 50 000 con 40 000 per evitare di cambiare le norme vigenti.
(Applausi)
(L’emendamento orale è accolto)
Presidente. – Con questo si conclude il turno di votazioni.
Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Approvo la conclusione di questi accordi bilaterali sulla partecipazione della Romania, della Bulgaria e della Turchia all’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (OEDT).
Questi tre paesi sono inclusi nell’elenco dei tredici Stati candidati che partecipano al processo di adesione e questo tipo di accordo, per mezzo del quale può essere loro data l’autorizzazione a prender parte a programmi e agenzie comunitarie, mira a rafforzare la strategia di preadesione.
Pertanto questa è una delle vie principali per aiutare i paesi candidati ad applicare più efficacemente l’acquis comunitario, dal momento che consiste, in sostanza, in una sorta di preparazione in virtù della quale questi paesi e i loro cittadini potrebbero acquistare dimestichezza con le politiche e i metodi di lavoro dell’Unione.
Questi accordi fissano condizioni di partecipazione all’OEDT sulla falsariga di quelle applicate nei confronti della Norvegia.
Tali accordi comporteranno senza dubbio moltissimi vantaggi, mentre non vedo alcun problema in merito alle modalità di partecipazione, sia a livello tecnico – perché i paesi interessati avranno accesso al sistema REITOX e condivideranno informazioni nel pieno rispetto delle norme comunitarie e nazionali relative alla tutela dei dati – sia a livello finanziario, in quanto dovranno contribuire alla copertura delle spese di partecipazione. Oltre a ciò, saranno rappresentati nel consiglio di amministrazione, quantunque senza diritto di voto.
Jens-Peter Bonde (IND/DEM), per iscritto. – (DA) Il programma GALILEO è un programma comunitario per la radionavigazione satellitare, che al momento è tutta basata sul noto sistema GPS e su un sistema russo. GALILEO è un sistema civile, mentre il GPS americano è militare. Sarà anche un sistema migliore da un punto di vista tecnico, con 30 satelliti che garantiscono una copertura migliore. Per il servizio commerciale, GALILEO comporterà una precisione dell’ordine di 3 mm, mentre il GPS garantisce una precisione di circa 2-3 cm. Al giorno d’oggi, la navigazione satellitare è uno strumento indispensabile nella nostra vita quotidiana. Pertanto è incredibilmente rischioso che dipenda dal potere discrezionale delle forze armate statunitensi. GALILEO è quindi assolutamente necessario se si vuole disporre di un sistema di navigazione sicuro e indipendente. Tutti potranno usufruire gratuitamente del servizio di base. Il progetto è un affare costoso, del valore di circa 30 miliardi di corone danesi, ma la Danimarca non avrebbe potuto cavarsela da sola. In sostanza, se vogliamo essere indipendenti dai militari statunitensi, il Movimento di giugno è in grado di sostenere questo progetto.
La relazione caldeggia inoltre la proroga del progetto al di là del periodo di realizzazione. Il Movimento di giugno voterà dunque a favore della proposta.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore dell’eccellente relazione del mio collega, onorevole Pahor, sulla modifica delle disposizioni in materia di incompatibilità presenti negli articoli 3 e 4 del Regolamento del Parlamento che riguardano la verifica dei poteri e la durata del mandato. E’ infatti più che giusto che le amministrazioni degli Stati membri vengano coinvolte nella verifica dei poteri, soprattutto nei casi in cui un nuovo deputato ricopra una carica che potrebbe essere incompatibile con quella di deputato al Parlamento europeo.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Sottoscrivo in toto la strategia del mio amico, onorevole Claude Moraes, strategia delineatasi durante il voto in Parlamento. Confido che abbiamo mandato un messaggio politico al Consiglio senza bloccare l’attività legislativa.
Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Il Parlamento ha coerentemente respinto tutte le iniziative presentategli quando è stato consultato su questioni particolari riguardanti Europol.
Ci troviamo un’altra volta in questa situazione. Pertanto appoggio la posizione del relatore, onorevole Moraes, che respinge sia l’iniziativa inerente alla modifica del regolamento del personale di Europol che quella inerente all’adeguamento degli stipendi base.
Comprendo perfettamente che Europol debba effettuare adeguamenti interni, ma non ha nessun senso che il Parlamento emetta il suo parere perché, trattandosi di un’Istituzione intergovernativa, non svolge un ruolo pertinente nelle decisioni amministrative di tale Istituzione.
Abbiamo appoggiato moltissime iniziative volte a estendere il mandato di Europol e a dotarlo di poteri operativi, mettendolo in condizione di diventare un’arma efficace nella lotta alla criminalità organizzata. Tuttavia, abbiamo anche insistito sulla necessità che questo processo fosse accompagnato da misure tali da garantire un controllo democratico e legittimo.
Spero dunque che la Commissione ci presenti in tempi rapidi una proposta volta a integrare Europol nel sistema istituzionale dell’Unione rimpiazzando la Convenzione Europol con una decisione del Consiglio, una proposta per mezzo della quale la struttura, i metodi di lavoro, il campo di attività e le missioni dovranno soggiacere alla codecisione.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Sottoscrivo in toto la strategia del mio amico, onorevole Claude Moraes, strategia delineatasi durante il voto in Parlamento. Speriamo di inviare un segnale politico importante al Consiglio senza bloccare l’attività legislativa.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Anche se alcuni deputati del gruppo di contatto stanno facendo il possibile per arrivare a un accordo entro i termini stabiliti, ovvero entro la fine di quest’anno, lo status del Kosovo non è stato ancora definito.
Sono perfettamente conscio che la divisione del Kosovo non è prevista dall’agenda dei negoziati e che la comunità internazionale respinge sdegnosamente la costituzione appena adottata dalla Serbia, che accorda un’ampia autonomia alla provincia del Kosovo, considerata a giusta ragione dai serbi la culla del loro paese. Sono anche perfettamente conscio che questi negoziati sono una messinscena e che il loro fine è imporre la secessione del Kosovo.
Sia come sia, la relazione che oggi ci viene proposta sembra considerare l’indipendenza del Kosovo come un fatto acquisito, perché l’assistenza che il documento propone di accordare non è né più né meno che una tipica donazione a un paese terzo. I pochi emendamenti relativi al rispetto dei diritti umani sono soltanto un pro forma; la persecuzione delle minoranze serbe sotto l’occhio indifferente delle forze multinazionali è una realtà che certo giustifica la massima prudenza.
Non ci sentiamo obbligati a tollerare questa situazione.
Carlo Fatuzzo (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono abituato a vedere i parlamentari europei lasciare l’Aula quando comincio a parlare io. Ringrazio coloro che restano ad ascoltare questa importante dichiarazione circa la relazione sull’istituzione dell’Agenzia dei diritti fondamentali.
Ho votato a favore del rinvio in commissione ma ci tengo a dire che tra i diritti fondamentali ci sono i diritti dei pensionati a riscuotere una pensione. Il governo social-comunista, attualmente al potere in Italia e guidato dal Presidente Prodi, sta diminuendo la pensione di 500 000 cittadini italiani che hanno lavorato all’estero, in Svizzera, nella misura di 2/3 dell’importo che percepiscono attualmente. E’ come se noi ricevessimo una indennità di 1/3 di quella riscossa fino a oggi.
Non è così che si trattano i pensionati, che hanno il diritto di vivere e di poter contare su una pensione sicura. Quale sicurezza per chi si accorge, all’inizio dell’anno, che la propria pensione è diminuita addirittura del 66%? Vergogna al governo Prodi di centro-sinistra in Italia.
Eija-Riitta Korhola (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, il discorso che ho pronunciato ieri in finnico è stato tradotto in maniera fuorviante e, in alcuni punti, persino contraddittoria rispetto al messaggio originale. Trovo che questa sia una cosa molto spiacevole, soprattutto perché avevo inviato in anticipo il mio discorso. E’ un peccato che, persino durante la Presidenza finlandese, avvengano errori simili. Amiamo parlare nella nostra lingua materna e ne siamo orgogliosi, ma errori come questi non ci lasciano molta scelta.
Pertanto vorrei chiedere ai miei colleghi di leggere il mio intervento originale in merito alla richiesta di chiudere alcune unità della centrale nucleare di Kozloduy in Bulgaria non appena sarà disponibile una traduzione definitiva e accurata.
Presidente. – Molte grazie, onorevole Korhola. Lei ha ragione: il multilinguismo integrale che pratichiamo in questo Parlamento ci causa spesso problemi, ma la prego di credere che i servizi fanno il possibile.
Considerato il numero di lingue e le difficoltà tecniche con cui siamo alle prese, benché possano verificarsi problemi come quelli che lei ha segnalato, credo nel complesso che questo Parlamento sia di esempio al mondo per quanto riguarda il rispetto del multilinguismo.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Se c’è un campo in cui l’attività di Bruxelles è fortemente produttiva, è senza dubbio quello della creazione di agenzie: per la difesa, per la lotta alla droga, per la sicurezza marittima, stradale, aerea, per l’energia, per la ricostruzione, eccetera, eccetera.
Oggi è il turno dei diritti fondamentali dell’Unione. Quest’agenzia è soltanto l’ennesimo “aggeggio” europeo o è la chiave per il buon funzionamento delle democrazie della Comunità? Secondo la relazione, “affinché l’Europa sia considerata un simbolo dei diritti fondamentali, essi dovrebbero costituire il fulcro di tutte le politiche e misure”. Magnifico! Splendido! L’unico intoppo è che le cose sembrano essere alquanto diverse in realtà.
Oggi, nel Regno del Belgio, vera oligarchia delle banane, un capo dell’opposizione è stato condannato a dieci anni di ineleggibilità per i pubblici uffici a causa delle sue opinioni. In Francia, analogamente, Jean-Marie Le Pen è condannato pesantemente per avere espresso un’opinione moderata, largamente condivisa dai francesi, sulle conseguenze di una massiccia immigrazione musulmana. Questo mese, nel Regno Unito, sono stati aperti procedimenti nei confronti del signor Nick Griffin, sempre per aver espresso la sua opinione, in seguito a una provocazione indegna di un giornalista della BBC.
Non si può evitare di concludere che la libertà di espressione e la libertà di pensiero sono sempre più minacciate e irrise e cedono il posto all’autocensura e al terrorismo intellettuale.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) “Ai fini dell’elaborazione della Costituzione dell’Unione europea (UE), di fatto sospesa, la relatrice ritiene che per l’Europa sia giunto il momento di richiamare l’attenzione sulla tutela e sulla promozione dei diritti umani fondamentali”.
Ecco come la relatrice decide di giustificare la necessità di una nuova agenzia per monitorare i diritti. Dal 1953 questa funzione viene svolta al massimo livello dalla rispettabilissima Corte europea dei diritti dell’uomo, di cui fanno parte molti più Stati rispetto a quelli che aderiscono all’Unione, e il sistema ha goduto di notevole successo.
Lo scopo evidente della relazione è istituire un’agenzia per monitorare i diritti umani fondamentali solo perché la Costituzione non è stata adottata. E’ un’idea veramente notevole che mostra ancora una volta la brama instancabile dell’Unione di diventare una potenza sopranazionale che controlli tutto in tutti i campi, senza prestare nessuna attenzione all’esistenza di trattati e accordi tra gli Stati o al diritto nazionale all’autodeterminazione.
La Lista di giugno, tuttavia, ha votato a favore di una serie di emendamenti relativi al controllo democratico delle attività dell’Agenzia e a un’equa distribuzione di genere tra i suoi membri. Abbiamo anche votato a favore dell’attribuzione di un rilievo particolare ai diritti dei bambini nelle attività dell’Agenzia, nel caso che la proposta dovesse passare.
La Lista di giugno rifiuta la relazione nel suo complesso.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Approvo questa normativa, che riguarda la trasformazione dell’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia in un’Agenzia per i diritti fondamentali pienamente autonoma.
L’obiettivo è avere un organo indipendente che monitori continuamente e sistematicamente la conformità delle leggi nazionali ed europee alle norme internazionali stabilite in materia di diritti umani. L’Agenzia per i diritti fondamentali potrà a sua volta redigere relazioni e pareri per le Istituzioni comunitarie nonché fornire orientamenti e valutazioni. Le Istituzioni comunitarie e gli Stati membri non saranno vincolati alle sue conclusioni.
Bernadette Vergnaud (PSE), per iscritto. – (FR) Mi sembra importante creare un’Agenzia per i diritti fondamentali che sia al tempo stesso indipendente e responsabile. E’ necessario trovare un equilibrio fra questi due requisiti ricordando sempre che l’obiettivo principale è concepire un organo funzionale ed efficace.
Per realizzare quest’obiettivo sarà indispensabile una fattiva cooperazione fra le tre Istituzioni europee. Si tratta innanzi tutto di pervenire a un consenso politico. Tuttavia, il Consiglio ha fatto sapere di non auspicare che le competenze dell’Agenzia europea per i diritti fondamentali siano estese al terzo pilastro, ovvero alla cooperazione intergovernativa nel campo della polizia, della giustizia, dell’immigrazione e delle attività antiterroristiche. I Paesi Bassi hanno anche annunciato che eserciteranno il diritto di veto per impedire all’Agenzia di dare inizio ai propri lavori il 1° gennaio 2007, per evitare una duplicazione degli impegni del Consiglio d’Europa.
Per questo motivo, benché io abbia votato a favore di tutto il pacchetto degli emendamenti alla relazione dell’onorevole Gál, mi sono tuttavia pronunciata a favore della posposizione dello scrutinio finale per consentire al Consiglio di rivedere la propria posizione.
Carl Lang (NI), per iscritto. – (FR) Secondo la relazione, “l’Agenzia per i diritti fondamentali potrebbe essere un organo adeguato per fornire resoconti regolari sull’applicazione dei diritti umani.”
Di conseguenza, se c’è un caso che la futura Agenzia dovrà sicuramente esaminare, è proprio quello dell’attuale ondata di attentati alla libertà d’espressione in Europa.
Purtroppo gli esempi non mancano: dalle caricature di Maometto pubblicate su un giornale danese che hanno provocato l’uccisione di preti in Turchia, manifestazioni violente e chiese incendiate, alla lectio magistralis di Papa Benedetto XVI condannata come “ostile e provocatoria” da un leader turco musulmano e, più recentemente, al calvario del filosofo francese Robert Redeker, che ha subito minacce di morte ed è costretto a cambiare indirizzo ogni giorno per un suo articolo sul Corano il cui contenuto è stato ritenuto ostile e offensivo nei confronti del profeta, dell’islam e dei musulmani.
Autocensura, minacce e aggressioni aumentano sempre più a danno della libertà di espressione e di pensiero, che oggi sono probabilmente le libertà maggiormente minacciate in Europa.
Di conseguenza, se il primo compito di questa futura Agenzia consiste nel difendere davvero queste libertà e denunciare le violazioni ai loro danni, noi siamo favorevoli ad essa. In caso contrario, si tratterà di un’ennesima inutile e costosa fabbrica di chiacchiere.
– Azioni future nel settore dei brevetti (B6-0522/2006)
Marco Cappato (ALDE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato contro la risoluzione sul futuro dei brevetti perché credo che il Parlamento europeo avrebbe dovuto lanciare un messaggio chiaro, per il quale noi chiediamo regole comunitarie in materia di brevetto europeo. La via di mezzo che prefigura la Commissione consiste nell’aggiungere alcuni elementi europei a un sistema che invece è e resterà essenzialmente intergovernativo.
L’Ufficio europeo dei brevetti ha già dimostrato la propria capacità di fare danni in materia di brevettabilità del software. Spero che la Commissione, invece di esplorare la via ibrida che ci propone, voglia riprendere con coraggio l’idea del brevetto comunitario, anche contro la tendenza alla rinazionalizzazione, che è ormai imperante in tutti i settori dell’Unione europea.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Malgrado la posizione comune del Consiglio in merito a una proposta di direttiva sulla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici sia stata respinta in Parlamento da una vasta maggioranza – 648 voti – nel luglio 2005, nel gennaio di quest’anno la Commissione ha rilanciato il dibattito sul futuro del sistema dei brevetti nell’Unione. Così facendo, ha eluso l’esito di quella votazione, frutto di una protesta di massa.
Il nocciolo della questione consiste nel tentativo di creare un’organizzazione europea per le controversie in materia di brevetti e di un tribunale europeo le cui decisioni andrebbero a sovrapporsi a quelle dei tribunali nazionali di ciascuno Stato membro. Questo tribunale rimarrebbe sotto il controllo dei rappresentanti nazionali che fanno parte del consiglio di amministrazione dell’Organizzazione europea dei brevetti (OEB), che sarebbero inoltre responsabili della nomina dei giudici. Negli ultimi anni quest’istituto ha rilasciato centinaia di brevetti, per esempio sul software, che alcuni paesi non considerano validi. Perdendo la propria sovranità, i tribunali nazionali non potrebbero emettere sentenze contro i brevetti.
Per quanto riguarda la risoluzione oggi approvata, abbiamo votato contro e desideriamo ribadire la nostra opposizione al proposito di rilasciare brevetti sulle idee e sulla conoscenza e di ostacolare la libertà intellettuale, l’innovazione tecnologica e la stessa competitività dell’economia europea.
Mathieu Grosch (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Poiché il Parlamento, all’articolo 1, esorta la Commissione a vagliare tutte le possibilità, ne consegue che non sono state ancora prese decisioni in merito alle soluzioni da scegliere. Perciò, per amor di completezza, si devono analizzare anche quelle misure che non godono dell’approvazione di tutti i partiti.
Michl Ebner (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore della relazione Jeggle, in modo convinto e ragionato, perché sono del parere che si tratti di una delle iniziative per portare avanti la discussione sul tema della ricerca sugli animali, ovvero di limitare il più possibile la ricerca su animali vivi. Credo che vada colta ogni occasione in tal senso, cosa che abbiamo fatto anche nella relazione d’iniziativa in oggetto. Sono consapevole del fatto che la base giuridica per altri settori non è la più lampante, ma ritengo comunque che abbiamo fatto un passo avanti e mi auguro che ne seguano altri in questa direzione.
Jan Andersson, Anna Hedh, Ewa Hedkvist Petersen, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. – (SV) Abbiamo votato contro la relazione d’iniziativa (A6-0290/2006) dell’onorevole Jeggle nel suo complesso perché, in molti settori, neutralizza gli sforzi compiuti dalla Comunità per potenziare la protezione degli animali. Non possiamo sostenere l’idea che l’Unione debba rimandare l’introduzione di una protezione migliore per gli animali finché i nostri partner nell’ambito dell’OMC non faranno altrettanto. Ciò rallenterebbe considerevolmente i progressi fatti in questo settore.
Respingiamo anche l’introduzione di barriere commerciali nei confronti di paesi terzi basate su criteri di protezione degli animali meno rigidi rispetto a quelli dell’Unione. Introdurle significherebbe rischiare di colpire paesi in via di sviluppo che dipendono dalle esportazioni agricole verso l’UE.
Vorremmo comunque sottolineare che, ciò nonostante, siamo bendisposti nei confronti del piano d’azione della Commissione per la protezione e il benessere degli animali. Inoltre approviamo quelle parti della relazione che propongono ulteriori progressi in alcuni settori che rivestono importanza per quanto riguarda la protezione degli animali.
Luis Manuel Capoulas Santos, Fausto Correia, Edite Estrela e Joel Hasse Ferriera (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della prima parte del paragrafo 71 della relazione Jeggle per i motivi seguenti:
1. Le corride rappresentano una tradizione plurisecolare, radicata in varie regioni di diversi Stati membri dell’Unione. Le sue caratteristiche variano a seconda del paese; in Portogallo, per esempio, l’uccisione del toro venne proibita già nel 1836.
2. Alle corride va ascritto il merito dell’esistenza del toro da combattimento; senza di esse, questa specie sarebbe estinta da molto tempo, perché dall’allevamento di questi animali non scaturisce nessun interesse economico per la produzione di carne o latte.
3. Questo non significa che lo spettacolo della corrida e la tradizione cui è associato non debbano evolversi e adeguarsi ai valori morali del momento storico. La tendenza attuale va verso l’eliminazione, quanto prima possibile, di qualunque sofferenza fisica degli animali. Esistono sport prestigiosi che si sono evoluti da pratiche violente: ne è un esempio la scherma, che attualmente non comporta rischi fisici per chi la pratica. Nella corrida, la banderilla di ferro potrebbe facilmente essere sostituita da un bastone elettronico il cui contatto con l’animale produrrebbe lo stesso effetto in termini di spettacolo.
4. Il paragrafo 71 della relazione, proponendo semplicisticamente l’abolizione delle corride…
(Testo abbreviato conformemente all’articolo 163, paragrafo 1, del Regolamento)
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Benché la protezione e il benessere degli animali siano importanti, anche per la correlazione tra la qualità della vita umana da una parte e la sicurezza alimentare e la qualità dei prodotti di origine animale dall’altra, occorre tenere conto di tradizioni e culture specifiche.
Condividiamo molte delle idee contenute nella relazione. La protezione degli animali, per esempio, è una manifestazione di umanità; il raggio d’azione della politica europea va esteso ad altre categorie oltre a quella degli animali da allevamento; si deve tenere conto delle peculiarità regionali e ambientali dell’Unione; si deve promuovere una politica trasversale di protezione degli animali che contempli legislazione, formazione professionale, sostegno finanziario e ricerca scientifica.
Vorremmo anche sottolineare, come fatto positivo, il riferimento alla necessità di tenere conto della dimensione degli allevamenti agricoli e dei costi addizionali che la protezione degli animali comporta. Gli agricoltori, soprattutto quelli piccoli e medi nonché quelli che operano in aziende tradizionali, devono essere compensati dei danni finanziari conseguenti all’applicazione di misure relative al benessere degli animali.
Per quanto riguarda le corride, dissentiamo dalla posizione della relatrice, perché non è giusto mettere tutto sullo stesso piano. Per esempio, non è giusto considerare allo stesso livello le corride in strada che si svolgono alle Azzorre e le corride in cui il toro viene ucciso, nonostante anche queste vadano comprese nel contesto di culture e tradizioni locali che possono evolvere in nuove prassi.
Robert Goebbels (PSE), per iscritto. – (FR) Mi sono astenuto dal voto finale sulla relazione perché il Parlamento, come fa solitamente, ha tradotto le sue onorevoli intenzioni in una valanga di norme e regolamenti inapplicabili. Chi può controllare quanto tempo passano le mucche a pascolare nei prati? Chi può controllare l’età reale di un maialino prima della castrazione? La via dell’inferno è lastricata di buone intenzioni!
Ana Maria Gomes (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore dell’emendamento del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei che prevedeva l’esclusione della parola “toro” dal paragrafo 71 della relazione Jeggle.
Ho votato così perché si deve evitare l’estinzione del toro da combattimento, la cui esistenza è garantita dall’istituzione della corrida.
Detto questo, mi ripugna lo spettacolo della corrida nella forma in cui viene praticato attualmente in Portogallo e in altri Stati membri dell’Unione. Questo spettacolo, sotto l’egida dell’effimera scusa della “tradizione”, banalizza la sofferenza degli animali sotto la parvenza dell’intrattenimento collettivo.
Come altri aspetti della vita quotidiana delle nostre società, anche la corrida deve evolversi e sbarazzarsi delle caratteristiche barbare che ha ereditato e che ancora la contraddistinguono. Nessun aspetto della vita pubblica dev’essere immune dal progresso e dall’evoluzione della sensibilità generale.
Conseguentemente, la risoluzione deve servire da monito nei confronti di chi rifiuta qualsiasi tipo di cambiamento nelle corride. E’ fondamentale che questa attività si modifichi il più rapidamente possibile in modo da non comportare più sofferenza per gli animali. In caso contrario il mio paese, il Portogallo, dovrà adottare misure drastiche di concerto con l’Unione.
Il modo in cui una società tratta gli animali rivela molte più cose di quanto non faccia il suo atteggiamento nei loro confronti; rivela il suo grado di civiltà, umanità e progresso.
Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Riteniamo che l’applicazione di una politica comunitaria volta a garantire la protezione e il benessere degli animali sia senz’alcun dubbio una delle responsabilità che spettano a un’unione di valori fondamentali.
Pertanto concordo con la relazione nei suoi aspetti principali e voterò a favore del documento nel suo complesso. Tuttavia non condivido l’idea, esposta nella motivazione della relazione, di creare un centro o un laboratorio comunitario per la protezione e il benessere degli animali. Spetta agli Stati membri garantire l’applicazione di una politica di protezione degli animali conforme alla strategia generale concordata a livello comunitario.
Jens Holm e Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. – (SV) Approviamo la proposta della Commissione di un piano d’azione volto alla tutela e al benessere degli animali per il periodo 2006-2010. E’ fortemente necessario apportare miglioramenti concreti alle condizioni in cui vivono gli animali e la proposta della Commissione contiene molti suggerimenti importanti. Purtroppo, dobbiamo osservare che la relazione dell’onorevole Jeggle non risponde alle grandi aspettative che aveva suscitato in noi perché, tra le altre cose, sottolinea che elevati standard di protezione comportano una competitività ridotta. Questo rischia di vanificare ogni possibilità, in pratica, di avere una politica progressista in questo settore. Oggi, pertanto, abbiamo deciso di astenerci dal voto finale sulla relazione.
Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Riteniamo che l’applicazione di una politica comunitaria volta a garantire la protezione e il benessere degli animali sia senz’alcun dubbio una delle responsabilità che spettano a un’unione di valori fondamentali.
Pertanto concordo con la relazione nei suoi aspetti principali e voterò a favore del documento nel suo complesso. Tuttavia non condivido l’idea, esposta nella motivazione della relazione, di creare un centro o un laboratorio comunitario per la protezione e il benessere degli animali. Spetta agli Stati membri garantire l’applicazione di una politica di protezione degli animali conforme alla strategia generale concordata a livello comunitario.
Analogamente, non condivido parte di quanto richiesto dal paragrafo 71 del progetto di relazione, ovvero porre fine ai combattimenti di cani, tori e galli a livello comunitario mediante l’attività legislativa comunitaria. A nostro avviso, deve spettare ai cittadini di ciascuno Stato membro l’ultima e decisiva parola, mediante elezioni nazionali o referendum, per decidere se vietare o meno le summenzionate attività nel territorio dei loro paesi.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione, che contiene molte proposte sensate per migliorare il benessere degli animali. Tuttavia, non dobbiamo solo fissare standard elevati di benessere, dobbiamo anche farli osservare. L’applicazione delle leggi vigenti in materia è fin troppo lacunosa. La Commissione deve stimolare gli Stati membri ad applicare correttamente la normativa migliorando i controlli e irrogando sanzioni.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La relazione d’iniziativa non regge per due ragioni. La prima riguarda la condanna – che per fortuna non è stata approvata – delle corride, perché questo argomento difficilmente giustifica un interessamento da parte dell’Unione. Considerato che non è in causa il soddisfacimento dei requisiti minimi richiesti a uno Stato membro dell’Unione, non credo che le Istituzioni comunitarie debbano emettere pareri in proposito.
Oltre a ciò, il tentativo di imporre a uno Stato membro, mediante “legislazione” comunitaria, le tradizioni e i valori culturali di un altro o il particolare punto di vista che uno degli Stati membri ha in merito a tradizioni o valori culturali diversi dai propri è segno di un atteggiamento arrogante e totalmente inaccettabile che non vorremmo mai vedere. Ciò prescinde dall’opinione che abbiamo sulle tradizioni in oggetto.
L’Unione si occupi di ciò che riguarda la Comunità e gli Stati membri si occupino di ciò che, per natura, ricade sotto la loro competenza.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole collega Jan Christian Ehler sul seguito alla relazione sulla concorrenza nei servizi professionali. Nondimeno, mi sono astenuto su alcune disposizioni relative alla pubblicità in assenza di informazioni più precise sull’impatto della comunicazione sulla qualità professionale ed etica dei servizi, così come sul loro costo.
Condivido il punto di vista secondo cui è indispensabile inserire prestatori di servizi professionali nel mercato interno europeo, ma occorre tener conto delle specificità di tali professioni riguardo all’esigenza di offrire una particolare tutela al consumatore europeo in un mercato sempre più internazionale. Al di là di tali considerazioni, sembra assolutamente indispensabile fare in modo che i prestatori di servizi professionali siano maggiormente riconosciuti dalle Istituzioni politiche europee e abbiano il proprio posto nella logica dell’economia sociale di mercato in Europa.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) L’unico scopo di questa relazione è quello di valutare e promuovere riforme nel settore dei servizi professionali attraverso la deregolamentazione e l’eliminazione di tutte le barriere alla concorrenza. In altre parole si prefigge l’adempimento degli obiettivi di totale deregolamentazione e di consolidamento della concorrenza contenuti nella relazione Kok del novembre 2004 e inclusi nella revisione della strategia di Lisbona del 2005.
Si inserisce inoltre nel processo di liberalizzazione del settore dei servizi e di creazione di un mercato interno dei servizi, come proposto nella cosiddetta direttiva Bolkestein. In tale contesto, il punto di vista prevalente vuole che gli organismi professionali di autocontrollo siano un ostacolo alla libera prestazione di servizi.
Concordiamo sul fatto che alcuni di questi servizi siano di interesse generale e debbano essere considerati “beni” pubblici, e che, di conseguenza, siano necessarie norme che assicurino la qualità del servizio e proteggano gli utenti finali e i consumatori.
Per tale motivo non si deve compromettere il diritto degli Stati membri di disciplinare tali attività a livello nazionale o di autorizzare l’autoregolamentazione da parte di organismi professionali. Agli Stati membri deve essere riconosciuto il diritto di elaborare regolamentazioni basate su specificità tradizionali, geografiche e demografiche, o altre regolamentazioni particolari, ad esempio sulla pubblicità.
Marianne Thyssen (PPE-DE), per iscritto. – (NL) Le professioni liberali e intellettuali vengono così definite semplicemente perché si differenziano in molti modi da altri prestatori di servizi. Se da una parte occorre guidarle, per aiutarle a contribuire al massimo agli obiettivi di Lisbona e a rispettare i principi fondamentali della Convenzione, non si deve ignorare la loro individualità.
La relazione Ehler riconosce ampiamente tale individualità, e per questo motivo può contare sul mio appoggio. Per quanto riguarda la relazione, l’onorevole Ehler l’ha impostata in modo corretto, esigendo una discussione più articolata, così che a domande precise corrispondano risposte altrettanto precise, permeate da certezza giuridica. Questo nell’interesse degli utenti (imprenditori e consumatori/clienti), della concorrenza e delle relazioni collegiali in seno al gruppo professionale, così come nell’interesse generale.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore dell’eccellente relazione del collega e amico Daniel Varela Suanzes-Carpegna sulle relazioni economiche e commerciali tra l’Unione europea e il Mercosur. Gli sono particolarmente riconoscente poiché ha accettato gli emendamenti concernenti il ruolo delle piccole e medie imprese nel capitolo “cooperazione” della proposta di accordo di associazione con il Mercosur, le relative implicazioni finanziarie, nonché il ruolo delle organizzazioni rappresentative delle PMI.
In un momento in cui i negoziati dell’Organizzazione mondiale del commercio sono a un punto morto e in cui l’Unione europea si prepara a negoziare accordi bilaterali, la relazione traccia il percorso di una cooperazione commerciale con questa parte molto importante del continente americano. Se l’accordo di associazione potesse essere finalizzato, creerebbe la più ampia zona di libero scambio tra le regioni del mondo, offrendo a entrambe le parti importanti opportunità per il commercio e quindi per la crescita economica, e migliorando al contempo la competitività internazionale di entrambi i mercati.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Nonostante le smentite, l’Unione europea moltiplica i negoziati commerciali bilaterali al fine di ridurre gli effetti negativi del prevedibile fallimento dei negoziati multilaterali del ciclo di Doha. Tali negoziati, comunque, hanno le stesse carenze di quelli dell’OMC: le concessioni da parte dell’Unione europea ai propri partner commerciali sono molto più importanti delle concessioni dei partner all’Unione europea, e l’agricoltura europea viene sacrificata senza alcuna garanzia di una reale apertura dei mercati stranieri ai prodotti industriali o ai servizi europei. Alcuni Stati del Mercosur si inseriscono già di fatto nel sistema di preferenze generalizzate dell’Unione europea, che offre loro un accesso al mercato europeo in franchigia doganale e di contingenti.
Ci si chiede del resto quale interesse possano avere questi futuri partner commerciali in tali accordi, visto che i costi di una mancata conclusione di un accordo sarebbero minimi in relazione all’attuale volume di scambi commerciali fra le due parti.
La ragione principale di tale accordo mi sembra essere pura e semplice vanità, la volontà di distinguersi creando la prima zona di libero scambio interregionale al mondo, presto estesa all’intero continente americano. Si tratta dell’ennesimo esempio della propensione di Bruxelles a far passare gli obiettivi ideologici prima di qualsiasi altra considerazione, in particolare economica e sociale.
Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La Lista di giugno ritiene che un commercio più libero favorisca la prosperità mondiale. Il concetto di libero scambio, infatti, si basa sul principio che maggiore è il numero delle parti interessate, migliori saranno i risultati.
Questa relazione d’iniziativa contiene molti elementi utili capaci di favorire una maggiore prosperità. Sfortunatamente, come spesso accade in questo Parlamento, contiene anche formulazioni non pertinenti e inutili.
La relazione parla, ad esempio, degli elementi strategici della politica esterna collegati a un accordo, di aiuti e di maggiori poteri da attribuire al Parlamento sia nelle questioni commerciali che in quelle di politica esterna.
E’ un peccato che i punti summenzionati facciano passare in secondo piano quelli positivi che potrebbero essere realizzati. Pertanto, nel voto odierno, ho votato contro la relazione.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La proposta di concludere un accordo di associazione e di stabilire una zona di libero scambio fra l’Unione europea e il Mercosur fa parte dell’odierna crociata volta ad aprire i mercati alla concorrenza globale nel quadro dell’attuale situazione di stallo dell’OMC.
La relazione riesce a esplicitare l’ambizione di predominio dell’Unione europea in America latina, in particolare nei paesi del Mercosur, nonostante la zona di libero scambio delle Americhe (ALCA) ma, faccio notare, senza comprometterla. Contraddizioni? Certamente no!
La maggioranza del Parlamento europeo cerca di portare tutti i settori in questa zona di libero scambio, compresi quelli conosciuti come le “questioni di Singapore”, ovvero investimenti, concorrenza, mercati pubblici e agevolazione del commercio. Inoltre questa maggioranza pretende che l’Unione europea sia un modello di integrazione per l’America latina.
Riteniamo che la liberalizzazione dei mercati metta in pericolo la sovranità delle persone e di (alcuni) Stati nella gestione delle risorse e nella scelta di un percorso di sviluppo nazionale da seguire. Con la liberalizzazione del commercio mondiale, il salario e i diritti dei lavoratori sono sotto pressione, la maggior parte dei piccoli e medi produttori agricoli e delle PMI è a rischio, mentre gli interessi delle grandi multinazionali e la concentrazione del capitale hanno assunto una posizione preminente.
Per questi motivi abbiamo votato contro la relazione.
Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Il libero scambio è l’agente di prosperità più importante al mondo, e più alto è il numero di paesi che vi partecipano, maggiore sarà la loro prosperità. L’inclusione di grandi parti del Sud America in una zona di libero scambio con l’Unione europea rappresenterebbe quindi un grande passo verso la prosperità e l’eliminazione della povertà.
La relazione d’iniziativa quindi contiene molte proposte utili, che potrebbero portare a una maggiore prosperità qualora venissero attuate. Come spesso accade in questo Parlamento, tuttavia, la relazione purtroppo contiene anche alcuni punti che mirano a far divenire l’Unione europea una superpotenza federale e ad aumentare il potere del Parlamento a scapito degli Stati membri. La relazione parla, ad esempio, degli elementi strategici della politica esterna collegati a un accordo, di aiuti e di maggiori poteri da attribuire al Parlamento sia in politica commerciale che in politica esterna.
Nonostante le forti obiezioni da me sollevate, ritengo sia meglio concludere, piuttosto che ostacolare, tale accordo di associazione interregionale.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) In generale accolgo favorevolmente la relazione, che promuove il rilancio e il rafforzamento dell’associazione strategica biregionale con il Mercosur. Mira a rafforzare l’integrazione regionale quale asse prioritario di appoggio allo sviluppo in America latina, riconoscendo i principi di “reciprocità quasi totale” e di “trattamento speciale e differenziato” in funzione dei livelli di sviluppo e di competitività settoriale di entrambe le regioni. Raccomanda inoltre la graduale e reciproca liberalizzazione del commercio.
Ritengo, tuttavia, occorra una certa cautela nella liberalizzazione dei servizi (in particolare dei servizi pubblici), nonché un riconoscimento continuo delle specifiche necessità dei paesi in via di sviluppo. Se introdotta in maniera puntuale e graduale, la liberalizzazione è la soluzione capace di sbloccare il potenziale commerciale e stimolare la crescita economica a vantaggio di entrambe le parti. Ma non è fine a se stessa e non va vista come una panacea per tutti i problemi che incontrano i nostri partner.
Tobias Pflüger (GUE/NGL), per iscritto. – (DE) La relazione Varela Suanzes-Carpegna sembra la lista dei desideri stilata dalle mega-aziende europee e dalle imprese del settore agroindustriale del Mercosur, che mirano a stabilire, il più velocemente possibile, un’area di libero scambio UE-Mercosur. Né l’osservanza dei diritti umani, né gli effetti su ampie fasce della popolazione di entrambe le regioni sembrano avere alcuna importanza.
Se la relazione mette in evidenza i costi di un mancato accordo, non spende neanche una parola sui costi sociali di un’area di libero scambio UE-Mercosur, visto che gli accordi di libero scambio conclusi negli ultimi decenni dimostrano con estrema chiarezza che la liberalizzazione delle relazioni commerciali in essi stabilite non contribuisce affatto all’aumento della prosperità. I piccoli produttori sono fra i primi a rimetterci negli accordi di libero scambio, che facilitano l’accesso al mercato europeo solo a pochi prodotti dell’industria agricola.
Nel caso di appalti pubblici, servizi e norme di investimento, l’Unione europea passa all’offensiva, esigendo ad esempio un uguale accesso alle gare di appalto dei governi del Mercosur nei settori idrico, dei trasporti e dell’energia.
E’ evidente che l’Unione europea non ha alcun desiderio di porre al centro degli accordi di scambio con l’America latina questioni che riguardano i diritti umani e la democrazia; anzi, dà la priorità al libero scambio delle imprese, con la conseguenza che i settori più poveri della popolazione continueranno a perdere terreno.
Invece di una nuova tornata di negoziati per concludere l’accordo fra Unione europea e Mercosur, l’Unione europea dovrebbe iniziare un’analisi delle conseguenze sociali ed economiche delle misure di liberalizzazione in America latina.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La storia ci insegna che il commercio è un modo efficace per promuovere buone relazioni fra le nazioni e per aumentare lo sviluppo economico. Questa di per sé sarebbe una buona ragione per cercare di concludere un accordo con il Mercosur, come ho sostenuto sia negli interventi pubblici che nelle iniziative politiche con la Commissione. Vi sono altri fattori, ad esempio legami storici e culturali, che giustificano ulteriormente il nostro impegno in questa zona. Ci riferiamo in particolar modo al Brasile e alla fiorente comunità portoghese in Venezuela.
La recente adesione del Venezuela conferisce a questo accordo una nuova dimensione di politica esterna, poiché non si tratta solo di un paese produttore di petrolio, ma anche di un paese al quale l’Unione europea deve prestare particolare attenzione.
Il potenziale di progresso e di sviluppo economico di tale accordo è enorme, e per tale ragione, insistendo su una questione che ho seguito da vicino, condivido il desiderio del relatore che la Commissione concentri i propri sforzi sulla realizzazione di questo enorme spazio economico.
Kathy Sinnott (IND/DEM), per iscritto. – (EN) La pretesa è che la Commissione voglia un approccio equilibrato nelle relazioni con i paesi produttori di etanolo. Nei due casi concreti di cui sono a conoscenza, gli zuccherifici di Mallow e Carlow in Irlanda, tale equilibrio non risulta evidente.
Dal momento che il governo irlandese non è stato puntuale come avrebbe dovuto nei negoziati con la Commissione europea per il pacchetto di compensazione come parte della chiusura degli impianti di Mallow e di Carlow in base alle temporanee norme di ristrutturazione dell’industria dello zucchero, ci ritroviamo ora di fronte all’inflessibilità della Commissione circa la trasformazione di questi zuccherifici in impianti produttori di etanolo. In realtà, malgrado i ripetuti appelli al Commissario Fischer Boel per una possibile riconsiderazione della norma e per permettere la produzione di etanolo in questi impianti usando la barbabietola da zucchero disponibile, mi è stato assicurato che gli impianti verranno completamente smantellati.
– Situazione del settore delle bacche e delle ciliegie destinate alla trasformazione (B6-0525/2006)
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Abbiamo votato contro la risoluzione dal momento che è concepita per limitare e rendere più difficile l’accesso di paesi terzi al mercato interno, nonché per introdurre nuove forme di aiuto all’agricoltura dell’Unione europea per il settore in questione.
Riteniamo che il mercato in generale debba essere aperto ai prodotti agricoli, che includono tra l’altro i frutti rossi e le ciliegie destinati alla trasformazione.
E’ scandaloso, infatti, che la commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale sottoponga al Parlamento europeo, in maniera alquanto improvvisa, una proposta di risoluzione come questa, che parla di importazioni eccessive di frutti rossi da paesi terzi e cerca, fra le altre cose, di introdurre i seguenti punti:
– un accesso qualificato al mercato,
– meccanismi di aiuto ai raggruppamenti di produttori,
– clausole speciali di salvaguardia sui prezzi di entrata, e
– un sostegno finanziario per porre fine alle vecchie coltivazioni di frutti rossi e ciliegie nel caso di prolungati surplus di approvvigionamento.
Siamo assolutamente contrari a proposte di tale natura in questo Parlamento.
Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. – (SV) Voto contro entrambe le relazioni, dal momento che la relazione dell’onorevole Kósáne Kovács molto probabilmente sottolineerà che spetta all’Unione europea stabilire e attuare una politica estera e di sicurezza comune. Ritengo che le risorse disponibili dovrebbero essere spese per gli organismi esistenti come il Consiglio d’Europa, l’OSCE e la Corte europea dei diritti dell’uomo, piuttosto che per fare concorrenza a tali Istituzioni.
9. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
10. Composizione del Parlamento: vedasi processo verbale
11. Decisioni concernenti taluni documenti: vedasi processo verbale
12. Trasmissione dei testi approvati nel corso della presente seduta: vedasi processo verbale
13. Calendario delle prossime sedute: vedasi processo verbale