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Procedura : 2005/0103(CNS)
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Testi presentati :

A6-0353/2006

Discussioni :

PV 23/10/2006 - 15
CRE 23/10/2006 - 15

Votazioni :

PV 25/10/2006 - 6.9
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Testi approvati :

P6_TA(2006)0447

Resoconto integrale delle discussioni
Lunedì 23 ottobre 2006 - Strasburgo Edizione GU

15. Interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica
Processo verbale
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca gli interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica.

 
  
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  Vytautas Landsbergis (PPE-DE). (LT) Alla fine del diciannovesimo secolo, il futuro fascismo europeo vide la luce in Russia, grazie a uno slogan chiaro e conciso: “Picchiate gli ebrei! Salvate la Russia!”; a più di cent’anni di distanza, la cultura politica russa si può condensare in un altro slogan carico dello stesso odio: “Picchiate i georgiani! Salvate la Russia!”.

Per il Presidente della Russia, per la Duma e per i ministri degli Esteri e della Difesa di quel paese le parole sono diventate armi; ufficiali di grado inferiore e bande di teppisti fascisti fomentano la persecuzione. Non si tratta di un fenomeno nuovo, poiché nelle città russe le uccisioni di persone dalla pelle scura sono diventate ormai normale amministrazione.

L’Unione europea dovrebbe lanciare un proprio slogan: “Salvate la Russia! Fermate il nazismo russo!”. Occorre quindi invitare esponenti del governo russo e delle forze democratiche a discutere in che modo l’Unione europea possa aiutare la Russia odierna a debellare l’onnipresente flagello della xenofobia, in occasione della conferenza comune sull’ambiente giuridico.

 
  
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  Magda Kósáné Kovács (PSE). (HU) Il Premio Nobel per la pace 2006 è stato assegnato all’economista del Bangladesh Muhammad Yunus e alla sua Grameen Bank.

La decisione del comitato che assegna il Premio Nobel non è solo motivo di grande soddisfazione, ma indica pure la strada da seguire e infonde speranza a coloro che si battono per un mondo umano e pacifico. Molti di noi sono convinti che povertà ed esclusione sociale siano tra le cause fondamentali della guerra e degli impulsi di distruzione; esistono persone che, straniere anche nella propria terra, si vedono precludere ogni forma di contatto umano e persino la possibilità di sentirsi a casa nel mondo. Il sistema di microcredito di Muhammad Yunus non è semplice beneficenza – che del resto spesso è solo un mezzo per alleviare la cattiva coscienza dei ricchi – ma piuttosto un mezzo per rendere possibile i prestiti e la cooperazione, oltre che per ridare fiducia alla gente nelle opportunità del futuro.

Noi parlamentari europei dobbiamo considerare il Premio Nobel per la pace assegnato quest’anno come una sfida e un compito per l’avvenire. La povertà presente nel Bangladesh non è ignota neppure in Europa. Dobbiamo considerare con costante attenzione il potenziale di una politica dei piccoli passi, nel settore del credito, nell’imprenditorialità o nell’ampliamento delle conoscenze: i piccoli passi possono aiutarci a fare molta strada nel cammino verso la dignità umana.

 
  
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  Graham Watson (ALDE). (EN) Signor Presidente, si tratta in effetti di una domanda rivolta a lei. Mi risulta che il Presidente Borrell Fontelles abbia scritto al Presidente della Commissione Barroso e al Presidente del Consiglio Vanhanen, chiedendo loro di comunicare al Parlamento, entro il 23 ottobre, i nomi e gli incarichi dei due nuovi Commissari che rappresenteranno la Bulgaria e la Romania. Vorrei sapere se abbiamo avuto qualche notizia in merito, e se si prevede che i nomi e gli incarichi ci saranno comunicati questa settimana.

 
  
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  Presidente. – Dal momento che personalmente non dispongo ancora delle informazioni richieste, cercherò di informarmi presso l’Ufficio di Presidenza.

 
  
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  Claude Turmes (Verts/ALE). (FR) Signor Presidente, due settimane or sono, sulla linea tra il Lussemburgo e la Francia si è verificato un incidente ferroviario che ha provocato sei morti e una decina di feriti; porgo le mie condoglianze alle famiglie delle vittime, ma dopo una tale sciagura bisogna comunque guardare avanti.

Uno dei problemi delle ferrovie transfrontaliere è la forte differenza dei sistemi di sicurezza tra un paese e l’altro. Il Lussemburgo ha un sistema diverso da quello belga, che a sua volta differisce da quello francese, e quest’ultimo è ancora diverso da quello tedesco. Le ferrovie lussemburghesi devono quindi confrontarsi con tre sistemi diversi, oltre al proprio.

Dopo quest’incidente, la soluzione migliore è quella di incrementare gli investimenti nel sistema di sicurezza europeo ERTMS. Spero che la Commissione europea utilizzi il Lussemburgo e la più vasta zona che lo circonda come regione pilota per l’introduzione di sistemi e dispositivi nuovi.

Ritengo d’altra parte che il treno più importante, ossia il TGV che a partire dall’anno prossimo collegherà Parigi al Lussemburgo, il quale deve assolutamente…

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Kyriacos Triantaphyllides (GUE/NGL). (EL) Signor Presidente, la settimana scorsa è iniziato in Turchia il processo contro tre persone responsabili della traduzione in turco di un libro dello scrittore americano Noam Chomsky. Sulla base dell’articolo 301 del codice penale turco, l’editore, il traduttore e il curatore del volume sono accusati di aver provocato disordini popolari, di aver incitato all’odio contro i turchi e di aver diffamato la repubblica e il parlamento turco.

Ricordo che nella seduta plenaria di settembre avevamo già discusso dell’articolo 301 e del fatto che la Turchia dovrà alla fine adeguarsi ad alcuni valori sostenuti dall’Unione europea, se vuole acquisire concretamente il profilo europeo cui aspira. A un mese di distanza, constatiamo che la situazione non è cambiata e l’intransigenza turca non è affatto diminuita.

Le chiedo, signor Presidente, se continueremo ad assistere a questo teatro dell’assurdo, o se invece cercheremo di rafforzare la ragione democratica condannando questo nuovo processo, che viola per l’ennesima volta la libertà di espressione e i diritti dell’uomo.

 
  
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  Janusz Wojciechowski (UEN) (PL) Signor Presidente, ieri in Italia si sono svolte dimostrazioni di protesta contro i campi di lavoro forzato esistenti in quel paese; sostengo senza riserve i dimostranti, ma vorrei ricordare che già all’inizio di settembre il gruppo UEN, di cui faccio parte, ha chiesto di tenere un dibattito sulla situazione dei lavoratori stranieri negli Stati membri dell’Unione europea. La questione non riguarda solamente l’Italia ma, in misura più o meno accentuata, anche altri paesi. Il nostro Parlamento non può tacere di fronte a questo problema: dobbiamo inviare un messaggio chiaro ed esplicito. Dobbiamo soprattutto chiedere agli Stati membri di impedire il verificarsi di gravi violazioni dei diritti umani: è quanto i cittadini si attendono, ed è un’altra ragione per cui il nostro Parlamento non deve rimanere in silenzio. Chiedo quindi, ancora una volta, che si svolga il dibattito richiesto dal gruppo UEN.

 
  
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  Georgios Karatzaferis (IND/DEM). (EL) Signor Presidente, la settimana prossima il Presidente Borrell visiterà Atene nell’ambito di un programma ufficiale. Vorrei chiedergli di trovare un po’ di tempo – anche solo mezz’ora – per recarsi dal palazzo del parlamento al Partenone, dove potrà constatare che alcune delle più splendide creazioni di Fidia, il massimo artista di tutti i tempi, non sono più al loro posto. Le hanno portate via gli inglesi, e ora si trovano al British Museum. E’ inconcepibile che queste opere d’arte del Partenone, una delle sette meraviglie del mondo, non si trovino nel Partenone stesso.

Chiedo quindi al Presidente Borrell di visitarlo, di osservare questo spettacolo atroce, e di insistere insieme a noi per il ritorno delle sculture che gli inglesi definiscono con scherno “i marmi”. Si tratta delle sculture del Partenone: lo ripeto, una delle sette meraviglie del mondo, che è stata massacrata per asportarne i pezzi che oggi adornano il British Museum.

Mi appello a tutte le persone colte affinché le sculture ritornino nel luogo per cui furono create, su quell’Acropoli che tutte le persone colte dovrebbero visitare.

 
  
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  Ryszard Czarnecki (NI). (PL) Signor Presidente, nel corso degli ultimi due anni sono emerse talvolta forti divergenze di opinione tra l’onorevole Borrell, Presidente del Parlamento europeo, e la maggioranza dei deputati europei polacchi, che contestavano l’opinione del Presidente Borrell sul nostro paese. Oggi però devo ringraziare il Presidente Borrell per la posizione da lui presa in occasione del recente Vertice di Lahti; so di parlare a nome di molti colleghi polacchi. Secondo il quotidiano francese Libération, egli è stato uno dei cinque leader europei che hanno osato criticare la Russia, insieme al Presidente della Polonia e ai Primi Ministri di Svezia, Danimarca e Lettonia: ringrazio il Presidente Borrell per aver affermato che l’Unione europea non baratterà i diritti umani con l’energia; lo ringrazio anche per essersi chiesto se la Russia sia ancora da considerarsi un paese democratico. L’Europa ricorderà queste dichiarazioni del nostro Presidente, e i paesi dell’Europa centrale e orientale ricorderanno il suo coraggio; voglio quindi ringraziare il Presidente nella sua lingua: gracias, señor Presidente.

 
  
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  Michael Gahler (PPE-DE). (DE) Signor Presidente, vorrei comunicare all’Assemblea che giovedì scorso le autorità etiopiche hanno espulso due diplomatici della delegazione dell’Unione europea. Quest’episodio è legato all’arresto di un’impiegata etiopica della delegazione dell’Unione, Yalemzwed Bekele, la quale, accusata dalle autorità del suo paese di aver svolto attività di opposizione, aveva cercato di espatriare in Kenya.

Due settimane fa la collega Glenys Kinnock e io avevamo incontrato ad Addis Abeba sia i due diplomatici, sia la signora Yalemzwed Bekele, che ora è detenuta nel carcere di Moyale; nutriamo i peggiori timori riguardo al trattamento cui è sottoposta. Anche il relatore speciale delle Nazioni Unite sulle torture si occupa di questa vicenda.

Chiedo urgentemente alla Commissione di garantire l’assistenza cui è obbligata in quanto datore di lavoro, e di fornire perciò alla signora Bekele un avvocato. Inoltre, la troika dovrebbe recarsi da Addis Abeba a Moyale per accertare l’incolumità fisica della signora Bekele e chiedere spiegazioni alle autorità etiopiche, in merito alle accuse formulate contro di lei: infine, il nostro Presidente dovrebbe scrivere una lettera al suo omologo etiopico.

 
  
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  Csaba Sándor Tabajdi (PSE). (HU) Celebriamo oggi il cinquantesimo anniversario della rivoluzione ungherese del 1956. Questa celebrazione non riguarda solamente l’Ungheria, ma è di portata internazionale: 56 capi di Stato o di governo sono venuti in Ungheria per celebrare questo giorno insieme a noi. Questo avvenimento, per il suo significato, si può paragonare alla primavera di Praga del 1968 e al movimento polacco di Solidarność: senza questi tre eventi storici non sarebbero stati possibili né la caduta del comunismo sovietico, né i cambiamenti di regime del 1989 e 1990 in Europa centrale. La rivoluzione ungherese del 1956 ha però una caratteristica unica: nessuno degli altri movimenti di opposizione è passato alla lotta armata contro l’esercito sovietico, e nessun altro paese si è ritirato dal patto di Varsavia, dichiarando la propria neutralità. Gli eroi del 1956 erano uniti dalla convinzione che una piccola nazione potesse sconfiggere una superpotenza totalitaria. Nel 1956 la nostra invocazione era “Torniamo in Europa!”; nel 2004, con l’adesione dell’Ungheria all’Unione europea, l’eredità del 1956 si è finalmente realizzata.

 
  
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  Sarah Ludford (ALDE). (EN) Signor Presidente, chiedo alla Presidenza del Parlamento e ai colleghi di tutti gli schieramenti politici di continuare a insistere affinché l’Unione europea e le autorità del Regno Unito cerchino di convincere il Presidente pakistano Musharraf a fare urgentemente uso dei propri poteri per graziare Mirza Tahir Hussain, o quanto meno per commutare la sentenza che gli è stata inflitta.

Il signor Hussain, che possiede la doppia cittadinanza britannica e pakistana, è detenuto nel braccio della morte da 18 anni, condannato per un omicidio di cui si è sempre proclamato innocente; in realtà, egli è stato condannato solo dai tribunali islamici che applicano la sharia, dopo essere stato assolto dai tribunali laici ordinari. La settimana scorsa abbiamo appreso che la sua esecuzione è stata rinviata di altri due mesi, spostandola così al di là della data in cui, questa settimana, il principe di Galles, erede al trono britannico, effettuerà una visita ufficiale in Pakistan.

Esorto comunque tutti a perseverare negli sforzi per persuadere il Presidente Musharraf a utilizzare i poteri indubbiamente concessigli dalla Costituzione, per risolvere questa vicenda secondo giustizia, senza limitarsi unicamente a rimandare l’esecuzione.

 
  
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  Willy Meyer Pleite (GUE/NGL). (ES) Signor Presidente, invito la Commissione e il Consiglio – in sostanza l’Unione europea – a manifestare alle autorità argentine la propria preoccupazione per la sorte di alcuni testimoni fondamentali dei processi avviati contro l’impunità e tesi ad accertare le responsabilità di tutte le azioni illegali compiute all’epoca della dittatura.

Si tratta della sparizione del cittadino Jorge Julio López, testimone fondamentale nel processo contro Miguel Etchecolaz, un poliziotto di Buenos Aires che fu un torturatore ai tempi della dittatura, nel periodo più oscuro della storia argentina. Questo testimone è scomparso in settembre, suscitando gravissimo allarme fra i numerosi testimoni che devono a loro volta contribuire alla ricostruzione della verità, affinché nessun crimine rimanga impunito.

Sollecito quindi l’Unione europea a interessarsi di questo caso specifico presso le autorità argentine.

 
  
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  Gerard Batten (IND/DEM). (EN) Signor Presidente, il 20 agosto 1989, sul Tamigi, 51 persone hanno trovato la morte nella collisione tra la chiatta per dragaggio Bowbelle e l’imbarcazione da crociera Marchioness; in conseguenza di quella tragedia, il governo ha introdotto norme di sicurezza più severe per la navigazione sul Tamigi.

Tali norme di sicurezza rischiano ora di venire indebolite, in quanto il governo intende applicare la direttiva 96/50/CE dell’Unione europea; la normativa attualmente vigente nel Regno Unito sarà sostituita da una normativa assai meno rigorosa, a causa dell’armonizzazione dei requisiti per il conseguimento dei certificati nazionali di conduzione di navi. Tale esito non è però inevitabile, in quanto la direttiva medesima, in base all’articolo 3, paragrafo 2, consente agli Stati membri di concedere esenzioni per le idrovie nazionali, rilasciando certificati di conduzione in base a proprie modalità particolari.

Invito perciò tutti i deputati europei del Regno Unito a scrivere al Ministro Stephen Ladyman, chiedendogli di applicare la deroga prevista dalla direttiva, in modo da mantenere standard di sicurezza più elevati per la navigazione sul Tamigi.

 
  
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  Jim Higgins (PPE-DE). (EN) Signor Presidente, se Stati Uniti ed Europa concluderanno l’accordo “Cieli aperti” sul trasporto aereo, numerose saranno le conseguenze positive: si moltiplicheranno le rotte, si intensificherà la concorrenza e scenderà il prezzo dei biglietti aerei; in altre parole, una prospettiva migliore per i viaggiatori e i consumatori, da tutti i punti di vista. Ora è stato anche superato un rilevante ostacolo, ossia le obiezioni da parte europea allo scambio dei dati personali dei passeggeri con gli Stati Uniti; vi è però un altro nodo da sciogliere, quello riguardante la proprietà delle compagnie aeree, che provoca forti perplessità negli Stati Uniti e ha sollevato le obiezioni del Congresso.

Contemporaneamente il ministro irlandese dei Trasporti, Cullen, cerca di ottenere l’assenso della Commissione a un accordo bilaterale tra Irlanda e Stati Uniti. Mi oppongo per due motivi: in primo luogo, tale accordo intaccherebbe l’afflato globale di “Cieli aperti”; e in secondo luogo, danneggerebbe irrimediabilmente l’aeroporto irlandese di Shannon, che finora è stato il capolinea dei viaggi transatlantici. Fino a quando non entrerà in vigore un accordo globale, non è opportuno concludere alcun accordo bilaterale tra l’Irlanda e gli Stati Uniti; la Commissione deve respingerlo.

 
  
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  Yannick Vaugrenard (PSE). (FR) Signor Presidente, da qualche tempo l’afflusso di immigrati viene dipinto come un’intollerabile minaccia; di tale retorica si appropria l’estrema destra, che amplifica il nesso tra criminalità e immigrazione e prospera su questo terreno.

In realtà, gli immigrati sono innanzitutto vittime: vittime delle organizzazioni mafiose che si arricchiscono col traffico di uomini e donne in cerca di avvenire; e vittime di imprenditori e speculatori immobiliari europei che prosperano sfruttando una manodopera a buon mercato oppure affittando a prezzi esorbitanti alloggi malsani.

Data la situazione, dobbiamo utilizzare tutti gli strumenti comunitari esistenti per combattere questa catena di fenomeni. Occorre rivedere il regolamento che impone di esaminare una domanda di asilo al primo paese raggiunto dal richiedente, poiché tale metodo scarica un onere intollerabile sui paesi dell’Europa meridionale e orientale; d’altra parte, sono altrettanto inaccettabili le disumane condizioni di campi di transito sovraffollati.

Infine, dobbiamo avere l’obiettività e il coraggio di ammettere che l’Europa avrà bisogno di immigrazione legale per ovviare al proprio deficit demografico. Abbandoniamo dunque le vie troppo battute della politica e le scorciatoie dell’ideologia, per affermare chiaramente che l’immigrazione può costituire una risorsa per l’Europa.

 
  
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  Georgios Papastamkos (PPE-DE). (EL) Signor Presidente, se vogliamo fare un bilancio della politica dell’Unione verso i paesi dell’Europa sudorientale, concentrando la nostra attenzione sui Balcani occidentali, scorgiamo alcuni aspetti positivi e altri negativi.

Dopo le critiche rivolte alla strategia di ulteriore allargamento dell’Unione – che riguarda anche i Balcani occidentali – c’è la sensazione che sia diminuita la capacità, da parte di tale regione, di farsi sentire dalle Istituzioni europee.

A mio avviso, nel quadro della diplomazia parlamentare ricade su di noi la responsabilità di rendere la strategia dell’Unione più compatta, trasparente ed efficace, per aumentare la visibilità della dimensione meridionale della politica europea.

 
  
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  Marie-Nöelle Lienemann (PSE). (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, EADS e i vari progetti portati avanti da questo gruppo – tra cui Airbus – sono una delle più splendide gemme d’Europa: una gemma industriale, simbolo della nostra tecnologia e delle nostre capacità per l’avvenire. Quest’impresa versa oggi in gravi difficoltà; non mi soffermerò sui motivi – notoriamente connessi alla gestione – che possono giustificare o spiegare parzialmente i problemi odierni, i quali esigono rimedi efficaci.

Insisterò piuttosto sulle dichiarazioni della dirigenza di Airbus: per essere competitiva – ci viene spiegato – l’impresa dovrà probabilmente delocalizzare, o installare un certo numero delle sue attività nella cosiddetta zona monetaria del dollaro. E questo dipende unicamente dal fatto che il tasso di cambio euro/dollaro è sfavorevole a uno dei più importanti settori di punta dell’Unione europea. Interrogato in proposito, il Presidente della Banca centrale europea Trichet ha risposto soltanto: “Non devo dare spiegazioni sui tassi di cambio!”.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, non vi sembra che sia urgente cambiare la politica monetaria europea?

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  András Gyürk (PPE-DE). (HU) Cinquant’anni fa in Ungheria scoppiò la rivoluzione; agli albori della lotta per la liberazione dal dominio sovietico, il primo scontro ebbe luogo nella sede della radio ungherese. Gli insorti sapevano bene che, a parte la forza, il sistema era costruito soprattutto sulla menzogna; simbolo di tali menzogne era la voce del partito comunista, ossia la radio di Stato. Quello scontro si concluse con la vittoria dei rivoluzionari e la stazione radio poté trasmettere le parole che sarebbero entrate nella storia: “Mentivamo di notte, mentivamo di giorno, mentivamo su ogni lunghezza d’onda”.

Forza e menzogna: così sopravviveva il comunismo in Ungheria, e queste erano le basi dell’oppressione anche nel resto del blocco sovietico. La rivoluzione ungherese fu stroncata dalla forza schiacciante delle colonne di carri armati che invasero il paese, ma oggi sappiamo che gli avvenimenti di Budapest, Praga e Danzica non furono inutili e che le vittime non sacrificarono la vita invano; grazie a loro l’Europa di oggi è libera e unita.

Tuttavia, per far sì che nel nostro continente nessun sistema possa più erigersi sulla forza e sulla menzogna, dobbiamo ricordare. Per questo motivo, insieme ai miei colleghi ho proposto che il 4 novembre, anniversario della sconfitta della rivoluzione ungherese, divenga il giorno della memoria per le vittime del comunismo in Europa.

 
  
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  Panagiotis Beglitis (PSE). (EL) Signor Presidente, il 29 agosto il Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan ha presentato all’Assemblea generale uno studio sulla violenza contro i bambini, compilato dall’esperto indipendente Paulo Sérgio Pinheiro.

Questo studio descrive nei termini più crudi il fenomeno della violenza e dello sfruttamento dei bambini nel mondo, indicando le più gravi violazioni dei diritti dei bambini; esso è un segnale d’allarme per la coscienza collettiva dell’umanità e un appello a intervenire in difesa dei fondamentali principi e valori umani.

Approfitto della presenza in Parlamento del Commissario Frattini per ribadire l’opportunità che questo studio divenga materia di dibattito in seno alle Istituzioni dell’Unione europea – e soprattutto nel nostro Parlamento – insieme alla recente comunicazione della Commissione su una strategia europea per i diritti del bambino.

L’Unione europea deve porsi all’avanguardia di un sistema comune di norme per la protezione dei diritti dell’infanzia vincolanti per tutti gli Stati membri.

 
  
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  Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE). (EL) Signor Presidente, i media ci informano che nel Regno Unito una dipendente di una compagnia aerea è sottoposta a procedimento disciplinare e rischia il licenziamento, solo perché portava al collo una catenina con una croce grande come una monetina da cinque centesimi.

Noi parliamo di democrazia, libertà e giustizia come di principi che devono affermarsi anche nei paesi candidati. Vogliamo dare agli europei e a tutti coloro che vivono sul nostro pianeta la certezza che non saranno perseguiti per questioni legate alla libertà di espressione, indipendentemente dal fatto che tale libertà si esprima con le parole o con l’abbigliamento e, cosa ancor più importante, la certezza che non saranno perseguiti per la loro fede religiosa.

Nel mio paese l’80 per cento degli abitanti è battezzato e indossa una croce per tutta la vita. Come possiamo chiedere ai paesi candidati di rispettare la libertà religiosa, se non tuteliamo la possibilità di un’espressione religiosa così semplice? Spero che la Commissione adotti misure…

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Renate Sommer (PPE-DE). (DE) Signor Presidente, vorrei segnalare un episodio verificatosi pochi giorni fa, in cui sono state coinvolte le autorità di confine polacche e la nave da crociera tedesca Adler Dania. Allorché questa nave ha fatto il suo ingresso nel porto polacco di Świnoujście, tre funzionari doganali polacchi, in abiti civili e privi di qualsiasi autorizzazione scritta, hanno preteso di confiscare l’intera riserva di liquori presente a bordo. Di conseguenza il capitano ha invertito la rotta per ritornare a tutta velocità in Germania, ma è stato inseguito da una motovedetta della polizia di confine polacca, che ha addirittura sparato alcuni razzi di segnalazione verso la nave.

Quest’incidente è incredibile! Purtroppo, secondo quanto mi viene segnalato per lettera dalle persone coinvolte, non si tratta di un caso isolato. Ai confini interni europei con gran parte dei nuovi Stati membri, così come alle frontiere con altri Stati vicini, si verificano costantemente problemi. Per esempio, si impongono tasse arbitrarie e si cerca di costringere i viaggiatori che vogliono entrare nel paese a pagarle; in caso contrario l’ingresso viene impedito. Chiedo di agire contro questo fenomeno!

 
  
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  Diamanto Manolakou (GUE/NGL). (EL) Signor Presidente, nella relazione di una società statunitense di analisi e studi strategici si afferma che, tra il 1984 e il 1988, cittadini grecociprioti e soldati greci dispersi dopo l’invasione di Cipro settentrionale da parte dell’esercito turco sono stati usati come cavie in laboratori industriali appartenenti all’esercito turco.

La Turchia, che continua a occupare la parte settentrionale di Cipro, non ha mai fornito dettagli o informazioni sulla sorte delle persone disperse, i cui familiari soffrono ormai da tre decenni. Di conseguenza chiedo al Parlamento di prendere l’iniziativa di chiedere alla Turchia di fornire qualsiasi informazione in suo possesso sui dispersi, per tragica che sia, allo scopo di porre fine a queste sofferenze.

 
  
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  Ioannis Gklavakis (PPE-DE). (EL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho preso la parola per esprimere scontento e inquietudine in merito al futuro dell’Europa. Ho sempre ritenuto che uno degli obiettivi principali dell’Unione europea fosse quello di proteggere i bambini, tutelarne l’educazione e la salute, e garantirne una completa formazione umana.

Esprimo forte disappunto per la costituzione, nei Paesi Bassi, di un partito dei pedofili, che tra i propri obiettivi principali annovera la legalizzazione dei rapporti sessuali tra adulti e bambini di più di dodici anni di età, nonché la legalizzazione del possesso di materiale di pornografia infantile per uso personale. In un’Europa che invecchia e in cui l’istituzione della famiglia diventa ogni giorno più debole, in un’Europa in cui morale, costumi e tradizioni si dissolvono, la nascita di questo partito ha l’effetto di una bomba che mina le fondamenta dell’edificio europeo.

Esorto tutti a opporsi a questa tendenza. Propongo che il Parlamento europeo chieda alla Presidenza finlandese lo scioglimento del partito dei pedofili; se vogliamo dare futuro e prospettive all’Unione europea, dobbiamo anzitutto proteggere i nostri figli.

 
  
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  Rodi Kratsa-Tsagaropoulou (PPE-DE). (EL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono appena tornata da una visita in Libano, e sono più ottimista per la situazione che si è instaurata nella regione, ma anche più consapevole delle sfide che dobbiamo affrontare. Nel sud del paese sta tornando la vita; gli edifici sono stati restaurati, la gente torna a vivere a casa propria o presso parenti, in attesa della ricostruzione che avviene con l’aiuto del governo e di donatori, tra i quali Hezbollah svolge un ruolo importante.

La presenza dell’esercito libanese e delle forze dell’UNIFIL dà sicurezza e soddisfazione ai cittadini, rende visibile il ruolo dell’Unione europea e permette di apprezzarlo. Non sembra che l’applicazione della risoluzione 1701 sia a rischio, nonostante la fragilità di un equilibrio che dobbiamo salvaguardare per amore della pace in tutta la regione; analogamente, dobbiamo sostenere il governo libanese per consentirgli di introdurre adeguate riforme nell’economia, nella società e nel sistema politico.

Oltre alla difesa dei diritti dei cittadini, vorrei sottolineare quanto sia necessario per noi proteggere il patrimonio culturale…

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Francisco José Millán Mon (PPE-DE). (ES) Signor Presidente, tramite la Presidenza di quest’Assemblea vorrei inviare un messaggio di partecipazione e solidarietà per la drammatica situazione in cui si trovano parecchi comuni della Galizia – soprattutto nella provincia di Pontevedra – a causa delle gravi inondazioni che dall’ultimo fine settimana si stanno abbattendo sulla zona.

L’inclemenza del tempo ha causato gravi danni: case, aziende, vie di comunicazione, produzione agricola e allevamento sono stati duramente colpiti. Purtroppo vi sono stati anche feriti e si lamenta persino la perdita di vite umane.

Come tutti sappiamo, nell’agosto scorso la Comunità autonoma di Galizia ha subito una gravissima catastrofe, causata da una serie di violenti incendi, di cui la nostra Assemblea ha discusso in settembre. In quell’occasione abbiamo invocato la mobilitazione del Fondo europeo di solidarietà.

Il grave impatto delle forti piogge di questi giorni dipende anche dagli incendi di agosto, come segnala la stampa galiziana di oggi; l’impeto delle acque è stato moltiplicato dalla distruzione delle foreste e dalle tonnellate di ceneri trascinate dall’inondazione. Questi dati dimostrano, ancora una volta, l’enormità della catastrofe che l’estate scorsa ha devastato la Galizia.

Purtroppo, numerosi comuni galiziani sono nuovamente in lutto.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE). (EN) Signor Presidente, la settimana scorsa abbiamo allacciato un dialogo utilissimo con un gruppo denominato EAGLES, composto da scienziati di tutto il mondo desiderosi di venire in aiuto ai paesi in via di sviluppo; si tratta, a mio avviso, di un dialogo che occorre estendere a tutto il nostro Parlamento. Assistiamo infatti a un gravissimo fenomeno di apartheid scientifica: i paesi sviluppati hanno troppi scienziati e ingegneri, mentre quelli in via di sviluppo non ne hanno affatto, e in tal modo il divario che divide i ricchi dai poveri diventa ancora più profondo.

Vorrei inviare un messaggio semplicissimo e assai breve. L’Unione europea e la Commissione hanno il dovere di lavorare assieme alla comunità scientifica, e di persuaderla a dedicare parte dei propri sforzi a progetti che giovino ai paesi in via di sviluppo, nel campo della salute umana o animale, oppure della produzione agricola. Attualmente questo problema viene trascurato, e i poveri ne soffrono; ma è una questione di cui quest’Assemblea deve farsi carico, considerando l’importante ruolo della scienza nei paesi in via di sviluppo.

 
  
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  Toomas Savi (ALDE). (ET) Due settimane fa il mondo intero ha appreso con sgomento la notizia dell’assassinio di Anna Politkovskaja. Le violazioni dei diritti umani e della libertà d’espressione in Cecenia, che Anna Politkovskaja cercava di rendere pubbliche, sono state occultate coi metodi di una politica criminale.

Una settimana fa abbiamo dovuto discutere della crisi georgiana, che la Russia ha innescato con una dimostrazione di forza politica: alla Georgia sono state inflitte sanzioni economiche ed è stato imposto il blocco postale e dei trasporti. La Russia inoltre ha vietato le importazioni di merci georgiane, ha chiuso le proprie frontiere con la Georgia e ha iniziato a espellere i georgiani dal suolo russo.

Oggi dobbiamo prepararci a impedire il possibile ricorso a qualsiasi tipo di forza militare in relazione ai tentativi di secessione in Abhasia e nell’Ossezia meridionale.

Il nostro Parlamento e l’Unione europea non possono limitarsi ad assistere passivamente agli sviluppi della situazione georgiana. Dobbiamo utilizzare ogni opzione disponibile – l’intero ventaglio di misure previste dalla politica europea di prossimità, l’organizzazione di missioni di vigilanza alle frontiere, l’agevolazione del libero scambio e la semplificazione del sistema dei visti – allo scopo di preservare la pace nel Caucaso meridionale.

 
  
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  Jacky Henin (GUE/NGL). (FR) Signor Presidente, dalle scelte strategiche e industriali di Airbus non dipende solo la sorte di decine di migliaia di posti di lavoro, ma anche il futuro di una parte non trascurabile dell’industria aeronautica europea. E’ assolutamente necessario rispettare le competenze, il lavoro, l’investimento dei dipendenti di Airbus e dei subappaltatori, impedendo che vengano annientati; i dipendenti di Airbus non devono in nessun caso pagare per gli errori e le colpe dei dirigenti e degli azionisti. Il loro patrimonio di competenza e professionalità rappresenta l’autentica ricchezza di Airbus, la cui malattia è il liberismo; per guarirne, è opportuno ritornare alla proprietà e al finanziamento pubblici di EADS su scala europea.

D’altra parte, rilevo con soddisfazione che in Germania come in Spagna numerose voci chiedono la concessione di reali poteri d’intervento ai dipendenti nella gestione di Airbus.

E’ tempo che il Commissario Mandelson faccia la sua parte affinché gli americani non contestino più il sistema degli anticipi rimborsabili, e che la Banca centrale europea e la Commissione intervengano contro il dollaro debole.

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE). (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho chiesto la parola per sollevare il problema dei cani randagi di Corfù. L’Associazione austriaca per la protezione degli animali sostiene ormai da anni numerosi progetti a Corfù, ma le autorità locali le impediscono regolarmente di svolgere un lavoro efficace ed efficiente. I veterinari stranieri non possono esercitare, strutture per ospitare gli animali già costruite non possono entrare in funzione, e anche se l’agenzia di viaggi TUI avrebbe finanziato il progetto, non è stato possibile trasportare i cani randagi presso famiglie che li avrebbero ospitati in Germania e in Austria; questi animali, invece, sono stati crudelmente uccisi a Corfù.

Mi appello al Consiglio, alla Commissione e ai colleghi perché si ponga rimedio alla situazione, e chiedo soprattutto che vengano riconosciuti e consentiti gli aiuti provenienti dall’estero, per risolvere al più presto il problema a favore degli animali.

 
  
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  Marianne Mikko (PSE). (ET) Onorevoli colleghi, esattamente cinquant’anni fa gli studenti e gli intellettuali di Budapest presentarono 16 richieste al governo fantoccio ungherese; quelle richieste furono respinte, le autorità fecero aprire il fuoco sulla folla e l’insurrezione ebbe inizio.

Gli ungheresi erano sostenuti dalla fiducia che nutrivano nell’aiuto dell’Occidente; l’unità europea, per loro, era una cosa naturale. L’assistenza attesa però non venne, neppure sotto forma di dichiarazioni ufficiali. La crisi di Suez, che si svolse nello stesso periodo, limitò in qualche misura la capacità di agire dell’Occidente, ma il reale motivo di tanta passività fu la divisione dell’Europa in sfere di influenza, decisa a Yalta.

La repressione sovietica colpì 13 000 persone, 350 delle quali furono giustiziate; l’Ungheria divenne un sinistro monito per altre nazioni anelanti alla libertà.

L’Unione Sovietica non esiste più, ma lo spirito di Yalta sopravvive nel timore che ancora ci impedisce di levarci a difesa della Moldavia, della Georgia e di altri paesi che la Russia considera parte della propria sfera di influenza. In memoria delle vittime della rivoluzione ungherese, propongo di abbandonare i nostri timori e prendere una posizione unitaria in difesa della democrazia e della libertà.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE). (PL) Signor Presidente, la creazione di un mercato comune per l’energia che sia il più efficiente, sicuro e competitivo possibile costituisce una priorità per l’Unione europea. E’ importante ricordare, però, che l’impatto della politica energetica dell’Unione va al di là del settore interessato, e che i tre obiettivi politici della politica energetica sono la sicurezza dell’approvvigionamento, la competitività e la protezione dell’ambiente, che si concretizza in particolare nella lotta contro il mutamento climatico. Come sappiamo, il mercato interno dell’energia si forma indirettamente con l’armonizzazione della legislazione degli Stati membri, e direttamente con la liberalizzazione dei mercati nazionali dell’energia. Nondimeno, l’Europa ha bisogno di un’unica strategia comune e di una vasta cooperazione sia per il mercato interno, sia nei confronti dei partner stranieri. Per questo motivo ho constatato con grande soddisfazione che al recente Vertice di Lahti, per la prima volta da parecchi anni a questa parte, i paesi dell’Unione europea sono riusciti a trattare il problema della cooperazione energetica con la Russia parlando con una voce sola, e gli Stati membri hanno evitato di farsi sedurre dalla prospettiva dei potenziali vantaggi di un legame particolare con la Russia.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). (PL) Signor Presidente, nel corso di questo mese ho partecipato a due importanti manifestazioni: una è stata la conferenza sulla semplificazione della politica agricola comune organizzata dalla Commissione europea, e l’altra la Conferenza degli agricoltori europei, tenutasi sotto gli auspici della COPA/COGECA. Si è ripetutamente osservato che l’Europa ha bisogno di una strategia precisa per l’agricoltura e per l’avvenire dei propri agricoltori; ma cosa ci viene offerto di preciso? Successive ondate di riforme, sfornate a pochi anni di distanza l’una dall’altra, mentre gli agricoltori hanno bisogno di stabilità per riuscire a pianificare produzione e investimenti. Non dobbiamo dimenticare che, in mancanza di aiuti, l’agricoltura europea avrà gravi difficoltà a competere con i prodotti importati da altri paesi. L’Europa si trova già in svantaggio, perché i requisiti imposti ai nostri agricoltori sono assai più severi, e le loro condizioni di produzione spesso più difficili. Spetta quindi a noi spiegare ai cittadini – ma anche ad alcuni colleghi di quest’Assemblea – quali sono le motivazioni e i benefici della politica agricola comune, e perché i consumatori devono pagarne i costi.

 
  
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  Marios Matsakis (ALDE). (EN) Signor Presidente, dopo 202 giorni di sciopero della fame l’avvocato turco Behiç Aşçi si trova ormai in punto di morte. Pur non essendo un detenuto, egli protesta contro il disumano comportamento delle autorità turche, che sottopongono soprattutto i prigionieri politici all’isolamento nelle cosiddette carceri di tipo F. In questo genere di penitenziari lo sciopero della fame ha già portato alla morte di 122 detenuti, ma il governo turco si rifiuta ancora ostinatamente persino di discutere la questione.

L’isolamento, che talvolta dura anche anni, è una delle forme più crudeli di tortura psicologica; la società civile turca, e fra l’altro le associazioni dei medici e degli avvocati, ne ha richiesto l’abolizione.

Signor Presidente, in nome del rispetto dei diritti umani e per salvare la vita di Behiç Aşçi la invito a mettersi urgentemente in contatto con il Primo Ministro turco, per fargli notare che il regime di isolamento vigente nelle carceri di tipo F è incompatibile con le aspirazioni europee della Turchia e deve cessare immediatamente.

 
  
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  Árpád Duka-Zólyomi (PPE-DE). (HU) Ricordiamo oggi avvenimenti di cinquant’anni fa: la rivoluzione ungherese del 1956, quella rivoluzione popolare destinata a scuotere il sistema sovietico che sembrava inattaccabile come la roccia. Per che cosa combattevano gli ungheresi? Per la libertà e l’indipendenza. Noi, ungheresi che vivevamo al di fuori dei confini del nostro paese, seguivamo con inquietudine e spasmodica attenzione l’eroica lotta contro la schiacciante potenza sovietica. La sconfitta della rivoluzione fu seguita da anni di cieca crudeltà e spietate rappresaglie; soprattutto in Transilvania, ma anche in Slovacchia, i simpatizzanti della rivoluzione furono duramente perseguitati. Oggi ricordiamo con profonda reverenza le vittime, gli eroici combattenti per la libertà la cui lotta non fu vana. Trentaquattro anni più tardi quel sistema disumano crollò, e noi oggi apparteniamo a una Comunità europea fondata sulla democrazia, lo Stato di diritto e i diritti umani e civili: per questi valori combatterono gli insorti e gli eroici caduti sacrificarono la vita nella rivoluzione del 1956.

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE-DE). (EN) Signor Presidente, il Vertice informale dell’Unione europea tenutosi la settimana scorsa a Lahti, sotto la Presidenza finlandese, ha segnato un’importantissima tappa nelle relazioni tra Russia e UE. Dopo molto tempo l’Unione è stata in grado di parlare con una voce sola, ed è soprattutto rilevante l’approccio unitario con cui ha illustrato la propria politica energetica.

La necessità di potenziare l’approvvigionamento e garantire una maggior sicurezza energetica sono temi di interesse comune per l’Unione europea; a tale proposito vorrei far notare che alcuni progetti in corso nella regione del Mar Baltico ignorano gli interessi di diversi Stati membri dal punto di vista della sicurezza dell’approvvigionamento energetico. Alludo in particolare al progetto del gasdotto nordeuropeo, che nel 2000 ha ottenuto lo status di rete energetica transeuropea.

A mio avviso dovremmo chiedere ai paesi già coinvolti nel progetto – Germania e Russia – di invitare i paesi vicini, Stati membri dell’Unione europea, ad aderire alla rete, offrendo loro l’opportunità di partecipare a un vero e proprio partenariato.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. FRIEDRICH
Vicepresidente

 
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