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Procedura : 2004/0151(COD)
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Testi presentati :

A6-0337/2006

Discussioni :

PV 24/10/2006 - 6
CRE 24/10/2006 - 6

Votazioni :

PV 24/10/2006 - 8.11
Dichiarazioni di voto
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2006)0432

Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 24 ottobre 2006 - Strasburgo Edizione GU

9. Dichiarazioni di voto
Processo verbale
  

Relazione Berger (A6-0329/2006)

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI). – (FR) Signor Presidente, il mio richiamo al Regolamento si fonda sull’articolo 6, paragrafo 7, e sull’articolo 7 del regolamento relativi all’immunità. Poiché non c’è stato alcun dibattito, non ci saranno dichiarazioni di voto orali. Riguardo alla questione per cui il nostro collega, onorevole Borghezio, viene perseguito solo per avere scritto, dopo una sentenza, la parola “vergogna” sul marciapiede, parola che d’altronde era possibile cancellare, dopo questa decisione ipocrita mi limiterò a dire: vergogna al relatore, vergogna alla Commissione, vergogna a questo Paramento di tartufi e di ipocriti che applicano un diritto a geometria variabile nella difesa dell’immunità.

 
  
  

– Relazione Chichester (A6-0348/2006)

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Appoggio la relazione dell’onorevole Chichester. Ritengo che il sistema di navigazione satellitare GALILEO abbia due finalità d’importanza vitale. In primis permetterà all’Unione, in modo indipendente dagli Stati Uniti, di sviluppare e utilizzare assieme ai suoi partner un sistema di navigazione satellitare globale tale da conferire capacità autonome in quest’ambito. In secondo luogo, la relazione dimostra simbolicamente l’impegno dell’Unione nello svolgere un ruolo globale sempre maggiore nelle questioni di politica mondiale. Indipendentemente dai vantaggi tecnologici e materiali che ne deriveranno, questa dimensione politica è di vitale importanza di per sé.

 
  
  

– Relazione Pittella (A6-0350/2006)

 
  
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  Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Vorrei cogliere quest’opportunità per ribadire la posizione espressa dalla Lista di giugno il 27 settembre di quest’anno.

Ho votato contro la relazione perché respinge il progetto di bilancio rettificativo n. 3 del Consiglio dei ministri. Contrariamente alla maggioranza della commissione per i bilanci, la Lista di giugno ritiene che il Consiglio dei ministri abbia pienamente diritto di ridistribuire la spesa tra le diverse Istituzioni dell’UE nel corso della procedura di bilancio, se pensa che sia giusto farlo.

 
  
  

– Relazione Pittella (A6-0340/2006)

 
  
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  Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Il bilancio rettificativo è composto da tre elementi distinti che riguardano campi totalmente diversi. Ho deciso di votare contro l’intero pacchetto proposto.

Se si tratta di erogare la somma di 259 milioni di euro mediante l’assistenza finanziaria per incoraggiare lo sviluppo economico nella comunità turcocipriota, sorge la seguente domanda: c’è ancora una soluzione globale volta a promuovere uno sviluppo pacifico e stabile per Cipro in un momento in cui l’Unione si sta interessando a questa situazione e sta corrispondendo a Cipro considerevoli risorse finanziarie?

Per quanto riguarda lo stanziamento destinato all’Anno europeo delle pari opportunità per tutti, è già noto che la Lista di giugno è scettica nei confronti dell’intero progetto.

Quanto alle regolarizzazioni di bilancio a seguito della modernizzazione del sistema contabile, si tratta di qualcosa di più di una questione tecnica, benché io sia scettica sulle attività del Fondo europeo di sviluppo nel loro complesso.

 
  
  

– Relazione Morgantini (A6-0310/2006)

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Approvo la relazione, che sostiene la proposta dell’UE di un partenariato strategico col Sudafrica, un partenariato esaustivo e volto a una vera e propria cooperazione politica con la principale potenza politica e la più forte economia dell’Africa subsahariana, che rappresenta il 50 per cento del PIL di questa regione.

Pur elogiando i rimarchevoli progressi compiuti nel Sudafrica del dopo-apartheid per quanto riguarda il consolidamento di una democrazia parlamentare funzionante e i miglioramenti economici registrati da un paese in via di sviluppo a reddito medio e leader della Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe, la relazione è incentrata sulla necessità di affrontare le sfide sociali considerevoli che il paese sta sostenendo. Queste sfide comprendono in particolare l’elevato impatto dell’HIV/AIDS – che colpisce attualmente il 18,8 per cento della popolazione – e i tassi di disoccupazione superiori al 40 per cento.

Sostengo toto corde l’appello della relazione di affrontare il problema dell’HIV/AIDS come priorità per lo sviluppo economico e il risalto che la relazione conferisce al fatto che il partenariato strategico fornisca un quadro unico che consenta di migliorare l’efficacia degli strumenti di cooperazione esistenti nell’interesse della popolazione e dell’economia sudafricane.

 
  
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  Margie Sudre (PPE-DE), per iscritto. – (FR) L’Unione europea è il primo partner commerciale del Sudafrica e il maggior fornitore di assistenza allo sviluppo per questo paese.

L’economia sudafricana rappresenta il 50 per cento del PIL dell’Africa subsahariana; questo paese è un motore di sviluppo per l’Africa e una potenza politica che opera a favore della pace nelle regioni dell’Africa che sono in conflitto.

Per questo mi sembra indispensabile che oggi, a dodici anni dalla fine dell’apartheid, il Parlamento europeo sostenga l’istituzione di un partenariato strategico col Sudafrica.

La relazione mette in evidenza la lotta contro l’AIDS. Inoltre cita misure studiate per favorire il rilancio economico e per combattere le disuguaglianze sociali, facendo riferimento all’integrazione e al sostegno agli scambi, oltre che agli incentivi per gli investimenti esteri. Chiede al Sudafrica di esercitare la propria influenza per promuovere una soluzione pacifica alla crisi politica nello Zimbabwe.

Una nuova crisi economica, sociale, sanitaria o politica avrebbe un impatto considerevole su tutta l’Africa meridionale e sulla Réunion, che ha numerosi legami economici e culturali col Sudafrica. Se quest’accordo è importante per l’Europa, è fondamentale per la Réunion, perché abbiamo tutto da guadagnare dalla stabilità del nostro vicino e partner sudafricano.

 
  
  

– Relazione Isler Béguin (A6-0288/2006)

 
  
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  Carlo Fatuzzo (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, con riferimento alla relazione dell’on. Isler Béguin riguardante lo Strumento finanziario per l’ambiente, desidero manifestare la mia estrema preoccupazione per l’ambiente che riguarda i pensionati in Italia. Ho votato a favore della relazione ma avrei votato molto più volentieri se questa direttiva, oltre a proteggere l’ambiente, proteggesse anche i pensionati italiani.

Colgo l’occasione per protestare contro il governo di centro-sinistra del presidente Prodi, che presenta un emendamento all’articolo 85, comma 6, della legge finanziaria, con il quale sottrae a 500.000 lavoratori italiani che hanno lavorato in Svizzera, ben tre quarti della pensione che spetta loro in base alle sentenze della Corte di cassazione. Non è un bell’ambiente quello in cui si privano i pensionati del diritto a una giusta pensione.

 
  
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  Liam Aylward (UEN), per iscritto. – (EN) A partire dal 1992, il programma LIFE si è rivelato essere una politica comunitaria ambientale inestimabile. Ora abbiamo l’opportunità di rendere LIFE+ ancora più valido, in particolare per gli Stati membri più piccoli e più recenti, i quali potrebbero beneficiare di una distribuzione più equa delle assegnazioni di bilancio, pari a 2 miliardi di euro, per il periodo 2007-2013. Sostengo toto corde la proposta del Consiglio di gestire l’80-85 per cento del bilancio tramite delega alle agenzie nazionali e, pertanto, ho votato contro la relazione.

Per esempio, la somma complessiva per l’Irlanda indicata dal programma è pari a 25 milioni di euro. Questo finanziamento potrebbe essere raddoppiato, raggiungendo i 50 milioni, mediante strumenti di cofinanziamento. I progetti ambientali irlandesi che potrebbero trarre vantaggio dal programma settennale comprendono la prevenzione dei rifiuti, iniziative di riduzione e di riciclaggio degli stessi, lo sviluppo di tecnologie innovative con vantaggi ambientali concreti, campagne di sensibilizzazione ecologica a livello locale e regionale e lo sviluppo di zone speciali di conservazione.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La posizione comune del Consiglio, cui fa riferimento la relazione, presenta sostanziali differenze rispetto alla proposta iniziale della Commissione del 2004. Vorrei sottolineare l’inclusione della componente “Natura e biodiversità” i cui obiettivi includono il sostegno all’ulteriore sviluppo e all’attuazione della rete Natura 2000, comprendendo specie e habitat costieri e marini e, cosa più importante, un argine alla perdita della biodiversità nella Comunità entro il 2010. L’inclusione di questa componente nel programma LIFE+ collima con la posizione adottata dal Parlamento in prima lettura nel luglio del 2005, cosa che vediamo con favore.

Anche se abbiamo votato a favore del programma e dei suoi obiettivi, non possiamo esimerci dal deplorare che le risorse di bilancio stanziate per il programma LIFE+, che riguarda il periodo dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013, siano purtroppo inadeguate in conseguenza del deludente accordo per il quadro di bilancio 2007-2013. Queste risorse rimangono al di sotto della valutazione effettuata dalla stessa Commissione che, non scordiamoci, ha quantificato le esigenze della rete Natura 2000 in 6,1 miliardi di euro all’anno, ovvero 3 miliardi di euro a titolo di cofinanziamento. Sono inoltre inferiori all’importo proposto dalla Commissione nel 2004. La garanzia di cofinanziamento della rete Natura 2000 mediante i Fondi strutturali non permetterà di soddisfarne tutte le esigenze.

 
  
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  Vasco Graça Moura (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Il programma LIFE+ e i suoi predecessori costituiscono lo strumento principale di finanziamento per i progetti ambientali dell’Unione.

Il Consiglio, riducendo sostanzialmente l’importo iscritto in bilancio, ha agito in modo erroneo e insensato. Il Parlamento ha ripristinato l’importo concordato inizialmente, in linea con le prospettive finanziarie, per il finanziamento della rete Natura 2000 finalizzato alla conservazione della natura e della biodiversità.

E’ stato introdotto un emendamento volto a garantire che i fondi europei destinati all’ambiente non siano utilizzati per altri fini legati al programma LIFE+, come le spese relative alle risorse umane, dal momento che gli Stati membri vogliono disporre di un gruppo di gestione dei progetti anziché dell’abituale gestione svolta da personale distaccato.

C’è un altro emendamento di compromesso in base al quale, nel caso non si pervenga a un accordo in seconda lettura, saranno presi provvedimenti per garantire la prosecuzione del finanziamento dei progetti in corso.

Per il Portogallo, la relazione è importantissima dal momento che un’area significativa del territorio continentale e ultraperiferico fa parte della rete Natura 2000, il cui finanziamento è esposto nella relazione.

I deputati socialdemocratici portoghesi al Parlamento europeo appoggiano pertanto la relazione Isler Béguin.

 
  
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  Caroline Jackson (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Benché io creda che il finanziamento del programma LIFE abbia dato buoni frutti, il problema consiste nell’eccesso della domanda rispetto all’offerta e nella difficoltà di monitorare ciò che sta accadendo, dal momento che riguarda versamenti abbastanza esigui a fronte di un gran numero di progetti, e la relazione non si occupa di tali questioni.

Nel 2003 la Corte dei conti ha esaminato il programma LIFE e ha rilevato che i beneficiari del finanziamento non avevano tenuto conti sufficientemente trasparenti e dettagliati. Si è anche scoperto che alcuni dei finanziamenti di LIFE venivano utilizzati per acquistare terreni di considerevole valore quando non c’erano sufficienti garanzie che, una volta concluso il periodo di esecuzione degli interventi, questi terreni sarebbero stati ancora impiegati per scopi di conservazione della natura. La Corte ha chiesto se la Commissione avesse istituito un sistema di gestione adeguato.

La risposta è che, per come il Fondo è attualmente organizzato, la Commissione non può farlo. Quindi è del tutto accettabile e sensato delegare agli Stati membri il ruolo gestionale. Questo non significa che i programmi ambientali non beneficeranno più dei finanziamenti LIFE, ma che questi finanziamenti possono essere impiegati meglio e gestiti in modo più trasparente.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore degli emendamenti alla posizione comune sul programma LIFE+. Sono particolarmente preoccupato per la richiesta di destinare il 55 per cento dei fondi alla componente “natura e biodiversità”. Per quanto importanti siano questi settori, una richiesta simile limiterebbe la possibilità degli Stati membri di stanziare fondi per progetti che riguardano le loro priorità ambientali, come i cambiamenti climatici.

 
  
  

– Relazione Hieronymi (A6-0337/2006)

 
  
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  Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Vorrei cogliere l’occasione per ribadire la bocciatura da parte della Lista di giugno in sede di prima lettura nel settembre 2005.

La domanda che dobbiamo porci è la seguente: questioni politiche di questo genere vanno affrontate dall’Unione europea o rientrano nella sfera di competenza degli Stati membri? La risposta della Lista di giugno è chiara: è una questione che riguarda gli Stati membri.

Se gli Stati membri intendono profondere risorse supplementari nella promozione delle rispettive industre cinematografiche nazionali, sono ovviamente nel pieno diritto di farlo. L’UE, d’altra parte, non deve amministrare programmi speciali per promuovere l’industria cinematografica europea. Se un cospicuo numero di paesi della Comunità ritiene sia necessario cooperare nell’ambito di questo settore, può farlo senza l’interferenza dell’Unione europea.

Gli accordi intergovernativi o la cooperazione tra case cinematografiche possono avere luogo al di fuori del quadro comunitario.

L’Unione non necessita di ulteriori progetti ampi e costosi. Deve anzi ricercare la cooperazione mirata in questioni importanti ed effettivamente transfrontaliere.

 
  
  

– Relazione Graça Moura (A6-0343/2006)

 
  
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  Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, ho votato contro la relazione Graça Moura perché, in primo luogo, l’impostazione di base del programma culturale per il periodo 2007-2013, in particolare il fatto che le reti culturali necessitino solo di una sovvenzione iniziale e in seguito si finanzino da sole, contraddice il carattere non commerciale di queste stesse reti e la sostenibilità delle sovvenzioni che l’UE si è proposta.

Nel programma culturale, inoltre, il dialogo interculturale è formulato in modo astratto, per cui quest’obiettivo potrebbe far riferimento a tutto o a niente e pertanto non si può neppure parlare di trasparenza; questo è un altro dei motivi per cui ho votato contro la relazione.

 
  
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  Carlo Fatuzzo (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio l’on. Romagnoli per il supporto tecnico, affinché io possa presentare questa dichiarazione di voto sulla relazione dell’on. Graça Moura che istituisce il programma Cultura.

Io ho votato a favore sperando nel futuro di questa Unione europea, ma desidero sottolineare che non c’è cultura se in Italia il governo social-comunista del presidente Prodi ha deciso, con l’articolo 85, comma 6, della legge finanziaria, di sottrarre una parte della pensione a 500.000 pensionati italiani che hanno lavorato in Svizzera, ignorando la sentenza della Corte di cassazione, secondo la quale questi stessi pensionati avrebbero diritto a percepire una pensione di quattro volte superiore. Questo non è giusto e mi auguro che “cultura” significhi anche rispetto dei diritti dei pensionati.

 
  
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  Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Le questioni culturali sono ovviamente molto importanti. La Lista di giugno è dell’idea che, in linea di principio, debbano essere gli Stati membri a occuparsi della politica culturale. Tuttavia, per quando riguarda il patrimonio culturale europeo, può essere giustificabile affrontare alcune questioni a livello comunitario. Nondimeno, riteniamo che gli stanziamenti destinati a questo programma Cultura siano stati troppo generosi, considerato che si tratta di un’attività che deve essenzialmente rientrare nella sfera di competenza degli Stati membri.

Pertanto ho votato contro gli emendamenti contenuti nella relazione.

 
  
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  Sérgio Marques (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Vorrei congratularmi con l’onorevole Graça Moura per la posizione assunta, in sede di seconda lettura, sulla posizione comune del Consiglio in vista dell’adozione della decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Cultura (2007-2013).

Vorrei esprimere il mio appoggio soprattutto all’emendamento alla posizione comune per quanto riguarda il sostegno finanziario a favore delle azioni cui si fa riferimento nell’articolo 8, paragrafo 2, lettera d), della decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Cultura (2007-2013).

 
  
  

– Relazione Papadimoulis (A6-0286/2006)

 
  
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  Carlo Fatuzzo (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione dell’on. Papadimoulis è leggermente diversa dalle precedenti, perché in essa si parla dell’istituzione del Meccanismo comunitario di protezione civile.

Ho votato a favore anche se avrei preferito che in questa relazione si prevedesse non solo la protezione civile, ma anche la protezione dei pensionati. Mi riferisco ai pensionati italiani, che debbono essere protetti dal Presidente del Consiglio italiano Prodi e dalla sua maggioranza social-comunista, che hanno deciso, con l’articolo 85, comma 6, della legge finanziaria, di sottrarre a 500.000 pensionati italiani che hanno lavorato in Svizzera, ben tre quarti della loro pensione. Questa decisione viola le sentenze della Corte di cassazione che obbligano il governo italiano a versare la giusta pensione a questi pensionati.

 
  
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  Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Il meccanismo di protezione civile è stato istituito cinque anni fa per facilitare la mobilitazione e il coordinamento delle risorse della protezione civile in caso di emergenze all’interno o al di fuori dell’UE. Nel 2005 più di dieci paesi si sono avvalsi di questo meccanismo per fare fronte alle emergenze.

Lo scopo di questa proposta è consolidare il meccanismo sulla base dell’esperienza acquisita dal 2001, prevedere una base giuridica per azioni comunitarie future nel campo della protezione civile e potenziare lo strumento di preparazione e di reazione rapida alle emergenze.

La relazione include la dimensione della “sanità pubblica” nella protezione civile. Ribadisce inoltre l’importanza della solidarietà tra gli Stati membri e di un sistema europeo di vigilanza più efficace. Inoltre affronta il tema dell’impiego e della gestione efficaci del suolo nella prevenzione delle catastrofi e del ricorso a mezzi militari per prevenire le situazioni di emergenza e farvi fronte.

Questo meccanismo è di vitale importanza per tutta l’Europa, ma lo è in particolare per un paese come il Portogallo, che ogni anno è devastato da siccità e incendi, che rientrano nell’ambito del meccanismo proposto.

Pertanto i deputati socialdemocratici portoghesi al Parlamento europeo appoggiano la relazione Papadimoulis.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione approvata oggi, volta a rendere più coerente ed efficace la risposta dell’UE e degli Stati membri alle emergenze, è nel complesso apprezzabile, a nostro avviso, nonostante alcune riserve.

Sappiamo che l’obiettivo principale della protezione civile è la prevenzione dei rischi collettivi e degli incidenti gravi o delle catastrofi che ne derivano. Perciò s’impone la necessità di ridurre al minimo i rischi collettivi e di limitarne l’impatto in caso di emergenza, di soccorrere e assistere le persone e altri esseri viventi, di proteggere beni e valori culturali e ambientali di alto interesse pubblico, nonché di aiutare le persone colpite a tornare a una vita normale.

Pertanto riteniamo positiva l’opportunità di investire nella realizzazione di studi, nella formazione, nella prevenzione e nella vigilanza, nonché nella promozione d’uno scambio di esperienze, in modo da imparare dall’esperienza maturata, positiva o negativa, e porre rimedio a eventuali carenze.

Appoggiamo anche l’istituzione di una rete mirata e adeguata di comunicazioni di emergenza e il lancio di ampie campagne informative, nonché l’adozione di iniziative di educazione e sensibilizzazione destinate al pubblico, e in particolare alle fasce più giovani della società.

 
  
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  Françoise Grossetête (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione.

La prevenzione rappresenta un fattore fondamentale per la riduzione dei rischi, ma non è possibile prevenire tutte le catastrofi. Pertanto, di fronte alle emergenze, l’Unione europea non deve più improvvisare.

“E’ comune difetto degli uomini non fare conto, nella bonaccia, della tempesta” diceva Machiavelli. L’Unione europea deve dimostrare che si sbagliava.

Prima di attuare qualunque piano d’azione, è bene fare un elenco delle risorse materiali e umane esistenti. E’ a partire da queste informazioni che si delineerà il coordinamento indispensabile tra gli Stati membri per fare fronte non solo alla catastrofe, ma anche per garantire una migliore visibilità dell’azione europea sul campo.

E’ inoltre fondamentale pianificare senza indugio nuove infrastrutture da installare in aree che sappiamo essere a rischio, soprattutto di incendi e inondazioni.

La tutela dell’individuo e la solidarietà fra Stati membri sono principi fondamentali per l’Unione europea. Perciò non comprendo le resistenze del Consiglio allo sviluppo di queste azioni di protezione civile, per non parlare della creazione di una forza comunitaria speciale.

Sì, la responsabilità in materia di protezione civile spetta in primis agli Stati membri, ma questo non significa tirare diritto senza guardare in faccia a nessuno.

(Testo abbreviato conformemente all’articolo 163, paragrafo 1, del Regolamento)

 
  
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  Jens Holm e Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. – (SV) Approviamo la proposta della Commissione per migliorare il meccanismo di protezione civile introdotto nel 2001. L’Europa, come il resto del mondo, è colpita da ogni sorta di catastrofi e crisi, ed è naturalmente auspicabile istituire un forte coordinamento per reagire a queste eventualità. Dobbiamo purtroppo osservare che sia la proposta della Commissione che la relazione dell’onorevole Papadimoulis fanno esplicito riferimento al fatto che le risorse militari devono essere disponibili per attività di protezione civile. Siamo fermamente contrari a ogni forma di iniziativa legata alla cooperazione militare all’interno dell’Unione europea. Pertanto abbiamo deciso di astenerci dalla votazione finale odierna sulla relazione dell’onorevole Papadimoulis e di votare contro la proposta della Commissione.

 
  
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  Diamanto Manolakou (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Lo sviluppo di meccanismi forti e adeguati per prevenire le calamità naturali e farvi fronte è essenziale per la tutela, l’assistenza e il sostegno delle vittime di calamità naturali e per reagire alle catastrofi ambientali.

In Grecia l’inadeguatezza di tali meccanismi si è palesata durante le recenti inondazioni in diverse zone. Soprattutto nella strategia di prevenzione e ripristino in occasione di catastrofi (protezione dalle inondazioni, maggiore sicurezza contro i terremoti) e di sostegno per le vittime, la politica del governo greco palesa limiti criminali.

Un meccanismo di protezione civile transnazionale può servire ad affrontare calamità naturali. Tuttavia non può né deve sostituirsi all’estensione e al consolidamento di meccanismi indipendenti negli Stati membri.

Analogamente, i meccanismi di protezione civile non possono contribuire a nascondere le responsabilità relative a catastrofi ambientali provocate deliberatamente. La creazione di meccanismi che hanno l’obiettivo di fare fronte alle catastrofi dovute a un atto intenzionale o a negligenza – com’è stato proposto – consente un margine ancora maggiore per l’azione irresponsabile delle aziende, con conseguenze disastrose per l’ambiente e la salute pubblica.

Tuttavia, tanto per cominciare, l’istituzione di meccanismi per rispondere ad “atti terroristici” non è accettabile. La pratica degli ultimi anni conferma che la lotta al “terrorismo” ha lo scopo di soffocare e indirizzare il movimento popolare e il movimento sindacale di classe. La “prevenzione del terrorismo” mediante i meccanismi di monitoraggio che si propone di rafforzare sta portando a un maggior numero di restrizioni nei confronti dei diritti democratici fondamentali.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione perché ritengo, considerato il costo in termini di vite umane, perdite economiche e danni che le catastrofi comportano per gli Stati membri, che sia una cosa sensata condividere le risorse e perseguire dunque economie di scala in settori come quello della logistica e dei trasporti.

 
  
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  Sebastiano (Nello) Musumeci (UEN), per iscritto. – Come è noto, in Europa la Protezione civile in materia di calamità naturali è di pertinenza degli Stati membri. Purtroppo, in alcuni di essi si registrano preoccupanti ritardi e insensibilità, a causa della mancanza di coordinamento.

E’ proprio per questa ragione che da anni propongo l’istituzione di un’Agenzia europea per la Protezione civile che abbia lo scopo di rendere omogenee le diverse legislazioni nazionali e che sia competente non solo per la prevenzione e la previsione del rischio, ma anche per la gestione dell’emergenza.

Curiosamente, infatti, sia nella proposta di regolamento del Consiglio che istituisce uno strumento di risposta rapida e di preparazione alle emergenze gravi, sia nella proposta di decisione che istituisce un meccanismo comunitario di protezione civile, l’insieme delle attività dirette allo studio e alla determinazione delle cause dei fenomeni calamitosi, all’identificazione dei rischi e all’individuazione delle zone del territorio maggiormente vulnerabili soggette a tali rischi, in altre parole la “previsione”, non è pienamente presa in debito conto, pur costituendo essa un’attività fondamentale per far fronte in modo efficace alle catastrofi naturali.

Tale Agenzia, creata sul modello della Federal Emergency Management Agency statunitense, dovrebbe non solo riparare i danni delle calamità naturali, ma anche e soprattutto finanziare gli interventi per eliminare o ridurre preventivamente le cause delle catastrofi.

 
  
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  Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. – (SV) Sono contrario alla proposta della Commissione secondo cui gli Stati membri devono servirsi delle risorse militari di ciascun altro Stato membro. Un centro di coordinamento in grado di fornire assistenza agli elicotteri antincendio che si dirigono verso i luoghi dove la loro presenza è maggiormente necessaria al momento è, tuttavia, un’idea sensata ed economicamente valida. Inoltre, quando si verificano catastrofi gravi, si avverte particolarmente la mancanza di una prevenzione ad alto livello nei confronti dei danni provocati dal fuoco e sarebbe dunque un’ottima cosa se in tali situazioni potessimo soccorrerci reciprocamente in tempi rapidi. Questo è appunto il tipo di cooperazione che l’Unione deve impegnarsi a realizzare. Voterò a favore della relazione.

 
  
  

– Proposta di risoluzione B6-0529/2006

 
  
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  Carlo Fatuzzo (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ma può esserci trasparenza in Europa quando, in uno dei venticinque Stati membri, vale a dire l’Italia, a 500.000 pensionati che hanno lavorato in Svizzera e sono tornati in Italia vengono versate pensioni pari al 25 per cento dell’importo che viene pagato ai lavoratori italiani che lavorano in Italia?

E’ vero che la Svizzera non fa ancora parte dell’Unione europea ma fa parte dello Spazio economico europeo. Sarebbe bene che uno Stato membro dell’Unione europea si comportasse correttamente nei confronti dei propri cittadini che hanno lavorato all’estero e hanno diritto alla medesima pensione dei cittadini residenti.

 
  
  

– Relazione Kratsa-Tsagaropoulou (A6-0307/2006)

 
  
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  Hubert Pirker (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, anche a nome della delegazione del Partito popolare austriaco, vorrei dire che sono molti i motivi per cui ho votato contro la relazione. Uno di questi è la richiesta, in essa contenuta, di riconoscere a coloro che sono entrati illegalmente nell’Unione europea diritti pari – o persino maggiori – di quelli degli immigrati regolari, come per esempio il diritto a un alloggio, agli assegni familiari, alle cure sanitarie e l’accesso alle istituzioni scolastiche. Inoltre la relazione reclama nuove motivazioni per la concessione del diritto d’asilo, per esempio nel caso di un soggetto obbligato a contrarre matrimonio o quello che si definisce matrimonio concordato. Con queste richieste non si risolveranno affatto i problemi, ma se ne creeranno di nuovi, perché misure come queste causano in realtà un effetto di trascinamento, attraendo un numero di immigrati clandestini ancora maggiore.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, anch’io ho votato contro la relazione Kratsa-Tsagaropoulou, e passo a spiegare il perché. Se si parla esclusivamente di immigrate regolari, bisogna senz’altro aiutarle a familiarizzarsi col nostro sistema di norme e di valori, a integrasi e anche aiutare le loro famiglie a fare altrettanto. E’ soprattutto quando si arriva alla seconda e alla terza generazione di immigrati che possono nascere conflitti, cosa che – come abbiamo dovuto apprendere dall’esperienza francese – può sfociare in atti di violenza che possono essere addirittura inevitabili. Qualunque cosa accada, dobbiamo comunque e anzitutto prevenire i problemi di natura culturale e religiosa quali il matrimonio forzato, i delitti d’onore e la mutilazione genitale. I ricongiungimenti familiari estesi a seconde, terze o quarte mogli, cosa che contrasta col divieto di poligamia usuale in Europa, devono essere bloccati senza indugio. Poiché la relazione non pone alcuna di queste condizioni, ho votato contro.

 
  
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  Michl Ebner (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, anch’io ho votato contro la relazione Kratsa-Tsagaropoulou, perché sono dell’idea che renda incerta la linea che separa l’immigrazione regolare dall’immigrazione clandestina, non faccia un’adeguata distinzione tra le nostre posizioni in merito alle due fattispecie e pertanto, in ultima analisi, costituisca un incentivo esplicito all’immigrazione clandestina stessa. Trovo che ciò sia politicamente incauto e comunichi il messaggio sbagliato. Occorre organizzare e disciplinare meglio l’immigrazione legale, mentre va combattuta ogni forma di immigrazione clandestina. Alla fine sono convinto che dobbiamo risolvere i problemi nei paesi in via di sviluppo in loco e impegnarci più direttamente di quanto non abbiamo fatto finora se vogliamo rimuovere le difficoltà di carattere umano, socioeconomico e religioso.

 
  
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  Carlo Fatuzzo (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, vi auguro buon appetito perché credo che sia l’ultima dichiarazione di voto di oggi. Ho votato a favore della relazione Kratsa-Tsagaropoulou sul ruolo e la posizione delle donne immigrate nell’Unione europea.

Anche in questo caso avrei preferito che nella relazione figurasse qualcosa in relazione alla condizione delle circa 260.000 donne italiane che sono emigrate in Svizzera per lavorare e per mantenere la propria famiglia e che, una volta ritornate in Italia, hanno percepito una pensione pari al 25 per cento dell’importo che avrebbero ottenuto se avessero lavorato alle medesime condizioni in Italia, e ciò nonostante il trattato di reciprocità tra Italia e Svizzera.

Io credo che non sia corretto comportarsi in questo modo con le donne in generale e in particolare se si tratta di donne anziane e pensionate. Viva i pensionati, viva le pensionate!

 
  
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  David Casa (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Anche se siamo tutti d’accordo sul fatto che il dramma dell’immigrazione clandestina è qualcosa su cui dobbiamo lavorare sodo e che occorre trattare queste persone sfortunate con tutta la dignità che un essere umano merita, non dobbiamo dimenticare che l’afflusso degli stranieri clandestini nei nostri paesi è attualmente causa di grossi grattacapi per le autorità, soprattutto nei paesi mediterranei. Pertanto penso che sarebbe più saggio emendare le norme di “Dublino II” prima di impegnarci in qualcosa che può rivelarsi più grande di noi.

Siamo costretti a farlo, non solo se si considera lo stato in cui si trovano i nostri centri di permanenza e la tensione che provocano nei nostri paesi, ma anche per rispetto nei confronti degli immigrati stessi. Non dobbiamo dare loro false speranze. Penso che dobbiamo mettere in ordine casa nostra prima di offrire cose che al momento non siamo sicuri di potere garantire. Esorto per l’ennesima volta tutti gli interessati a prendere il toro per le corna e impegnarci concretamente per emendare le norme di “Dublino II”.

 
  
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  Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. – (SV) Oggi i Conservatori svedesi hanno votato a favore della relazione sull’immigrazione femminile.

I diritti fondamentali degli immigrati devono essere rispettati e non devono dipendere dal genere o dall’appartenenza a uno specifico gruppo della società. Appoggiamo la gestione congiunta della politica d’immigrazione, che costituisce un’estensione naturale della cooperazione prevista dall’accordo di Schengen. D’altra parte, siamo contrari a una politica comune d’integrazione perché di questo settore si occupano meglio gli Stati membri stessi.

Siamo inoltre contrari all’introduzione di registri delle mutilazioni genitali femminili, perché ciò rappresenterebbe un’intrusione nella privacy che noi non possiamo appoggiare.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) E’ noto che l’immigrazione femminile sta aumentando costantemente nell’Unione, rappresentando attualmente circa il 54 per cento del numero complessivo di immigrati. Questo è dovuto a più ragioni, compresa la migrazione per motivi economici, il ricongiungimento familiare e la ricerca di rifugio e asilo. Spesso le donne sono alle prese con un gran numero di difficoltà e molteplici discriminazioni. Pertanto occorre potenziare i meccanismi pubblici di sostegno, tra cui soprattutto le strutture e i servizi sociali.

E’ particolarmente importante che si applichino le convenzioni internazionali, specialmente quella riguardante il ricongiungimento familiare. Occorre anche garantire alle donne immigrate – che la loro situazione sia regolare o meno – i diritti umani, compreso l’accesso all’istruzione per i figli, il diritto alle prestazioni familiari e alle cure sanitarie. In ogni caso, riteniamo che si debba accordare alle donne immigrate che arrivano in uno Stato membro dell’Unione a scopo di ricongiungimento familiare la possibilità di ottenere uno status legale indipendentemente dal loro coniuge nel più breve tempo possibile.

Riteniamo altresì che si debba concedere il permesso di residenza in uno Stato membro e tutta l’assistenza di cui hanno bisogno alle donne e ai giovani immigrati, in particolare quelli vittime di violenza fisica o psicologica, compresa la pratica dei matrimoni forzati o combinati.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) La relazione dedicata alle donne immigrate è allarmante. Infatti le situazioni che descrive (assenza di status personale, sfruttamento, mutilazioni, delitti d’onore, eccetera...) mettono in evidenza lo spaventoso fallimento delle politiche in materia d’immigrazione e integrazione. Il documento sembra dimostrare che le popolazioni immigrate intendono perpetuare nell’Unione le loro pratiche e i loro costumi, nonostante siano in alcuni casi in flagrante violazione delle nostre leggi e dei nostri valori. Dimentica di menzionare che, talvolta, le stesse donne immigrate o quelle nate da immigrati attribuiscono un maggior valore al rispetto delle loro tradizioni che al rispetto delle leggi e che sono dunque ben lungi dal diventare determinanti, come ingenuamente pensa il relatore, nel promuovere l’integrazione dei loro figli.

La relazione trascura inoltre che il matrimonio di un cittadino di nazionalità extraeuropea con una persona nata nel suo paese d’origine è divenuta, in Francia e certamente in altri paesi dell’Unione europea, la prima causa dell’immigrazione, più ancora del ricongiungimento familiare. Quando questi sono matrimoni di comodo, sono fonte d’immigrazione clandestina. Quando non lo sono, il problema è che, nonostante la nazionalità di lui o di lei riportata sui documenti, uno dei coniugi non è integrato e non è neppure vicino ad esserlo.

Se proseguiamo su questa strada, non faremo altro che consolidare la ghettizzazione delle nostre società e incrementare i rischi di contrasto tra comunità.

 
  
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  Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La Lista di giugno ha precedentemente affermato che l’Unione europea è un’unione di valori. Alla luce di questo, ho deciso di appoggiare quelle formulazioni che chiariscono che tutti i gruppi della società devono avere pari diritti.

La Lista di giugno appoggia misure costruttive intese a conseguire una maggiore integrazione dei gruppi vulnerabili della società. Siamo tuttavia dell’idea che debbano essere fondamentalmente i parlamenti nazionali e le autorità regionali a occuparsi di questo problema urgente. Sono critica nei confronti della tendenza generale in base alla quale le Istituzioni comunitarie cercano di estendere il proprio influsso e la propria competenza a un numero di settori sempre maggiore. E’ importante tracciare una netta linea divisoria tra ciò che dev’essere deciso da parte dell’Unione europea e ciò che va deciso a livello nazionale e locale.

 
  
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  Marine Le Pen (NI), per iscritto. – (FR) La relazione è totalmente fuori dalla realtà, dal momento che mette insieme tutte le chimere della Sinistra e dei Verdi. Giusto qualche esempio: il paragrafo 7 invita gli Stati membri a concedere alle donne migranti in situazione irregolare, i cui figli frequentino la scuola, il diritto alle prestazioni e agli assegni familiari. Il paragrafo 10 chiede la semplificazione delle procedure relative alla concessione del permesso di soggiorno. Il paragrafo 17, infine, chiede di rendere più attiva la partecipazione delle donne migranti alla vita sociale e politica dei paesi di accoglienza.

Naturalmente tutto è concepito per trasformare, come per magia, qualcosa che costituisce un problema – ovvero l’immigrazione clandestina – in qualcosa che è buono, morale e umanitario, ovvero l’immigrazione regolare.

Non c’è una sola parola sull’attuazione di politiche per il rimpatrio degli immigrati clandestini nel paese di origine. Non c’è niente neppure sulla possibilità di realizzare una politica coerente ed efficace di aiuto al cosviluppo in questi paesi per fermare l’esodo crescente che proviene soprattutto dagli Stati africani.

Non c’è nient’altro che il desiderio, espresso dall’inizio alla fine della relazione, di accogliere sempre più immigrati e di dare loro sempre più diritti.

Relazioni come questa non contribuiscono a costruire l’Europa: la annientano.

 
  
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  Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato contro la relazione in sede di commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere perché considero i paragrafi 6 e 7 inaccettabili e inammissibili. Infatti sono dell’idea che l’accesso agli assegni familiari e alle cure sanitarie per tutti coloro la cui situazione è irregolare costituisca un incitamento all’immigrazione di massa, cosa che è inaccettabile, considerati i problemi in materia di immigrazione che già stiamo affrontando.

Inoltre, un incremento dell’immigrazione clandestina aggraverebbe ulteriormente le condizioni con le quali gli immigrati sono alle prese. L’Unione europea non può adottare una relazione che incoraggia ancora di più il lavoro degli scafisti e induce un gran numero di donne a rischiare la vita per immigrare clandestinamente in Europa con la sola speranza di potere beneficiare delle prestazioni sociali.

Vorrei tuttavia sottolineare che sono molto impegnata nella tutela dei diritti delle donne. Ritengo lodevoli gli sforzi compiuti per mezzo della relazione al fine di garantire i diritti fondamentali delle donne immigrate, ma occorre evitare tutto ciò che potrebbe avere effetti negativi rendendo, di fatto, ancora più difficile la situazione di queste donne.

 
  
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  Lydia Schenardi (NI), per iscritto. – (FR) Studi, statistiche, relazioni, bilanci... La Commissione europea, con l’appoggio del Parlamento, da qualche mese è impegnata nell’analisi della situazione sociale, professionale, politica, economica e familiare delle donne immigrate nei paesi di accoglienza. Questo va benissimo, perché al giorno d’oggi sono pochi i dati attendibili utilizzabili in questo campo, anche se sappiamo tutti che le donne, e in particolare le donne musulmane, subiscono ogni sorta di discriminazione.

Tuttavia, ciò che mi preoccupa della relazione è che mette in rilievo i diritti delle donne che sono immigrate clandestinamente in Europa. Il diritto di voto, il diritto agli assegni familiari e a un alloggio, il diritto di rimanere nel paese di accoglienza... La relazione auspica ed elenca un intero pacchetto di diritti, ma curiosamente non ha niente da dire su una politica di rimpatrio degli immigrati irregolari nel paese d’origine o ancora su una politica di assistenza al cosviluppo di tutti questi paesi, il più delle volte africani, che sono i fornitori dell’immigrazione in Europa.

L’Europa continua ad accogliere gente da ogni dove. In realtà, il nostro continente trasforma qualcosa che ritiene inaccettabile, ovvero l’immigrazione clandestina, in qualcosa che ritiene umanitario e morale, ovvero l’immigrazione regolare per ragioni di popolamento.

 
  
  

– Relazione Casaca (A6-0303/2006)

 
  
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  James Elles (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Questa è una relazione importante e molti dei suoi punti meritano di essere applicati. E’ necessario intervenire con urgenza per migliorare i tassi di recupero. Tuttavia i miei colleghi del Partito conservatore britannico e io non possiamo appoggiare la relazione nel suo complesso perché non accettiamo, in linea di principio, che la soluzione a lungo termine a molti dei problemi del settore sia l’istituzione di un Procuratore europeo, un’idea ribadita nella relazione (paragrafi 43-45).

Un Procuratore di questo genere costituirebbe un’ingerenza inaccettabile nella sfera costituzionale degli Stati membri per quanto attiene ai loro sistemi giudiziari. Inoltre, considerata l’opposizione giustamente assai diffusa nei confronti della sua introduzione, il fatto di sottolinearne la necessità rappresenta un pericoloso diversivo pur di non affrontare i veri problemi esistenti. Per questo motivo dobbiamo astenerci dal voto finale.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il recupero di fondi comunitari impiegati indebitamente dev’essere esaminato caso per caso e richiede maggiore attenzione, anche da parte degli Stati membri.

A tale proposito, vorrei evidenziare il caso della delocalizzazione di imprese che hanno beneficiato per anni di finanziamenti comunitari e i casi in cui la sanità pubblica viene messa a rischio in uno o più Stati membri. La cooperazione tra i vari Stati membri e organi deve facilitare e migliorare il rapido recupero delle somme in questione ed evitare che le imprese o le organizzazioni coinvolte continuino a beneficiare di finanziamenti comunitari.

Ciò costituisce un valido motivo, ma noi eccepiamo che sia usato per fornire un ulteriore impulso al federalismo; la relazione propone di istituire una Procura e un Procuratore a livello comunitario, cosa che costituirebbe un altro passo verso la diminuzione della sovranità degli Stati membri.

 
  
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  Presidente. Con questo si concludono le dichiarazioni di voto.

 
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