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Resoconto integrale delle discussioni
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Martedì 24 ottobre 2006 - Strasburgo Edizione GU
1. Apertura della seduta
 2. Discussioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto (comunicazione delle proposte di risoluzione presentate): vedasi processo verbale
 3. Decisione sull’applicazione della procedura d’urgenza
 4. Commemorazione dell’insurrezione ungherese del 1956
 5. Cancro al seno (discussione)
 6. Programma di sostegno al settore audiovisivo europeo (MEDIA 2007) (discussione)
 7. Programma Cultura (2007-2013) (discussione)
 8. Turno di votazioni
  8.1. Nazioni Unite: omologazione dei veicoli delle categorie M2 ed M3 in funzione delle loro caratteristiche generali di costruzione (votazione)
  8.2. Adesione della Bulgaria e della Romania: assunzione di funzionari delle Comunità europee (votazione)
  8.3. Modifica dello statuto dell’impresa comune Galileo (votazione)
  8.4. Partecipazione della Norvegia all’attività dell’OEDT (votazione)
  8.5. Richiesta di revoca dell’immunità dell’on. Bogdan Golik (votazione)
  8.6. Richiesta di difesa dell’immunità e dei privilegi dell’on. Mario Borghezio (votazione)
  8.7. Progetto di bilancio rettificativo n. 3/2006 (votazione)
  8.8. Progetto di bilancio rettificativo n. 5/2006 (votazione)
  8.9. Partenariato strategico tra Unione europea e Sudafrica (votazione)
  8.10. Strumento finanziario per l’ambiente (LIFE +) (votazione)
  8.11. Programma di sostegno al settore audiovisivo europeo (MEDIA 2007) (votazione)
  8.12. Programma Cultura (2007-2013) (votazione)
  8.13. Meccanismo comunitario di protezione civile (votazione)
  8.14. Misure di attuazione (livello 2) della direttiva “Trasparenza” (votazione)
  8.15. Misure di attuazione (livello 2) della direttiva “Prospectus” (votazione)
  8.16. Ruolo e posizione delle donne immigrate nell’Unione europea (votazione)
  8.17. Recupero dei fondi comunitari (votazione)
 9. Dichiarazioni di voto
 10. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
 11. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
 12. Composizione del Parlamento: vedasi processo verbale
 13. Benvenuto
 14. Progetto di bilancio generale 2007 (sezione III) – Progetto di bilancio generale 2007 (sezioni I, II, IV, V, VI, VII, VIII)
 15. Composizione del Parlamento: vedasi processo verbale
 16. Tempo delle interrogazioni (interrogazioni alla Commissione)
 17. Programma “Gioventù in azione” (2007-2013) (discussione)
 18. Programma d’azione nel campo dell’apprendimento permanente (discussione)
 19. Programma “Europa per i cittadini” (2007-2013) (discussione)
 20. Restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso dei perfluorottano sulfonati (discussione)
 21. Misure antidumping, antisovvenzioni e di salvaguardia adottate dai paesi terzi nei confronti della Comunità (relazione annuale della Commissione – 2004) (discussione)
 22. Ordine del giorno della prossima tornata: vedasi processo verbale
 23. Chiusura della seduta


  

PRESIDENZA DELL’ON. BORRELL FONTELLES
Presidente

 
1. Apertura della seduta
  

(La seduta inizia alle 9.05)

 
  
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  Presidente. Lei desidera intervenire, onorevole Carnero González. Immagino che si tratti di un richiamo al Regolamento. Sulla base di quale articolo intende parlare?

 
  
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  Carlos Carnero González (PSE).(ES) Sì, signor Presidente, vorrei solo segnalare che i mezzi di comunicazione riferiscono che un cittadino europeo, di nazionalità spagnola, il signor Emilio Morenatti, stamattina è stato sequestrato a Gaza da un gruppo di uomini armati. La prego di chiedere alla Presidenza del Consiglio e alla Commissione di fare tutto il possibile...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Presidente. – Questo non è un richiamo al Regolamento. Comprendo la sua preoccupazione, ma il Regolamento va rispettato. Prendo nota di ciò che ha comunicato e la ringrazio.

 

2. Discussioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto (comunicazione delle proposte di risoluzione presentate): vedasi processo verbale

3. Decisione sull’applicazione della procedura d’urgenza
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  Presidente. – Il Consiglio chiede l’applicazione della procedura d’urgenza alla proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 639/2004 del Consiglio, relativo alla gestione delle flotte pescherecce registrate nelle regioni ultraperiferiche [COM(2006)0433 – C6-0295/2006 – 2006/0148(CNS)].

Chi interviene a nome della commissione per la pesca?

 
  
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  Rosa Miguélez Ramos (PSE).(ES) Signor Presidente, intervengo a nome della commissione per la pesca, in assenza del suo presidente, onorevole Morillon, per sostenere la richiesta del Consiglio di applicare la procedura d’urgenza. Si tratta di approvare, come lei ha detto, e come proposto dalla Commissione, la modifica del regolamento (CE) n. 639/2004, relativo alla gestione delle flotte pescherecce.

Il settore della pesca nelle regioni ultraperiferiche risente di una situazione di precarietà strutturale. L’approvazione del regolamento sul Fondo europeo per la pesca da parte del Consiglio è stata accompagnata da una dichiarazione congiunta del Consiglio e della Commissione a sostegno di tali regioni, che proroga fino al 31 dicembre 2006 le deroghe riguardanti la possibilità di concedere aiuti di Stato per il rinnovo delle flotte pescherecce registrate in tali regioni.

Sebbene la proroga scada tra due mesi, il regolamento non è ancora potuto entrare in vigore, a causa della lentezza del processo di adozione delle decisioni nell’ordinamento comunitario. La nostra commissione è favorevole ad applicare la procedura d’urgenza ed esorta la Commissione e gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per garantire che il settore possa ricevere puntualmente gli aiuti.

 
  
  

(Il Parlamento accoglie la richiesta di applicazione della procedura d’urgenza)

 
  
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  Presidente. – Questo punto è quindi iscritto al turno di votazioni previsto per giovedì prossimo alle 11.30, mentre il termine per la presentazione di emendamenti è domani, mercoledì, alle 10.00.

 

4. Commemorazione dell’insurrezione ungherese del 1956
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  Presidente. – Onorevoli colleghi, vorrei fare ora una dichiarazione, e lo farò in piedi, sulla rivoluzione ungherese dell’ottobre 1956.

Mezzo secolo fa, la popolazione ungherese insorse contro la dittatura comunista e contro l’occupazione da parte di una potenza straniera.

Il 23 ottobre 1956, gli studenti universitari ungheresi scesero in strada a Budapest per protestare contro il governo comunista, e furono presto raggiunti da cittadini di ogni categoria professionale ed estrazione sociale.

Devo dirvi che questo è il mio primo ricordo d’infanzia legato alla politica. All’epoca, la resistenza del popolo ungherese inondava i notiziari nel mio paese. Ricordo il maestro a scuola indicarci sulla carta geografica il luogo in cui si svolgevano i fatti, le voci alla radio e le fotografie sui quotidiani dei carri armati T-34 incendiati nel centro di Budapest. In me si destò per la prima volta l’idea di lotta per la libertà.

Per due settimane vi furono speranze; poi, le radio tacquero e si impose un silenzio di ferro, dietro al quale si celavano migliaia di morti e centinaia di esiliati. Per qualche tempo, gli insorti a Budapest sperarono che l’Occidente libero sarebbe accorso in loro aiuto, ma non lo fece. Per qualche tempo, si fece credere loro che lo avrebbe fatto.

Fummo spettatori impotenti e osservammo migliaia di uomini, donne e bambini ungheresi fuggire dal loro paese e cercare rifugio in Occidente. Fu una tragedia indescrivibile per il popolo ungherese, ma fu anche la prima crepa comparsa nel sistema sovietico – una crepa che si sarebbe poi allargata, fino a far crollare il muro di Berlino – e senza dubbio fu un grande momento nella storia di tale paese.

Nello stesso periodo, alla fine di giugno, la rivolta di Poznań, in Polonia, con i lavoratori della fabbrica Cegielski che chiedevano “pane e libertà”, fu un altro momento significativo di quella insurrezione. Gli avvenimenti erano sicuramente collegati. Infatti, durante la cerimonia organizzata quest’anno per commemorare i fatti di Poznań del 1956, il Presidente ungherese, László Sólyom, ha affermato che “Poznań e l’Ungheria insorsero insieme contro l’occupazione sovietica. Il 24 ottobre 1956 gli ungheresi scesero in strada con cartelloni su cui si leggeva Poznań – Varsavia – Budapest”.

Questi fatti furono fonte di ispirazione per ciò che avvenne dopo, anche se richiese molto tempo. Richiese molto tempo, fino al fiorire della primavera a Praga nel 1968, fino agli scioperi in Polonia nel 1970, che portarono al riconoscimento di Solidarnosc dieci anni più tardi, il piccone che infine demolì il muro.

La storia si è ripetuta nel 1989. L’Ungheria e la Polonia posero la prima pietra della riunificazione del continente, e penso che questa sia una buona occasione per citare il discorso pronunciato da Albert Camus nel 1957, in occasione del primo anniversario della rivoluzione ungherese.

Disse Camus: “Questa Ungheria sconfitta e incatenata, ha fatto per la libertà e per la giustizia più di qualsiasi altro popolo da vent’anni in qua [...]. Nella solitudine in cui si trova oggi l’Europa, il solo modo di essere fedeli all’Ungheria è non tradire mai, qui o altrove, ciò per cui i combattenti ungheresi sono morti, e non giustificare mai, foss’anche indirettamente, chi li ha fatti cadere. Non sarà facile essere degni di tanto sacrificio. Ma dobbiamo cercare di esserlo in un’Europa infine unita, dimenticando i nostri disaccordi, facendo giustizia dei nostri stessi errori, moltiplicando i nostri sforzi e la nostra solidarietà”.

Oggi un’Europa riunificata è pronta a compiere nuovi progressi e a diffondere sempre più lo spirito europeo, contribuendo a creare un mondo in cui la libertà, la solidarietà e il progresso siano i principi che guidano le nostre azioni.

Questo è ciò che dobbiamo a coloro che sono morti perché credevano in un’Europa libera.

(Applausi)

 
  
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  Hans-Gert Poettering, a nome del gruppo PPE-DE.(DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, siamo qui, oggi, per commemorare la rivolta popolare in Ungheria di 50 anni fa, quando la popolazione insorse disperata contro una dittatura totalitaria. Oggi commemoriamo gli eventi dell’autunno 1956, perché ciò che fecero gli ungheresi fu fatto per tutti noi. Resero onore all’idea di libertà, giustizia e democrazia. Difesero la dignità umana, dandole nuovo vigore, e continuarono a mostrarla anche quando furono travolti dai carri armati. Andarono in esilio e soffrirono per tutti noi, in modo tale che il loro ricordo è rimasto vivo in tutti nel corso degli anni e dei decenni.

Gli eroi della rivoluzione ungherese sono eroi per tutti noi. Sono eroi dell’Europa. Oggi li commemoriamo, perché siamo in debito con loro per il retaggio che ci hanno lasciato. Rendiamo omaggio alla loro opera perché noi – soprattutto qui, in seno al Parlamento – siamo legati gli uni agli altri dall’impegno a far sì che una simile sfida alla libertà e alla dignità umana non si ripeta mai più in Europa. La loro vita si staglia dinanzi a noi, mostrando le alte vette che l’umanità è capace di raggiungere quando è costretta a difendere i valori e la dignità dell’Europa. Ci inchiniamo di fronte a loro.

Quella cominciata con la prima manifestazione di massa a Budapest il 23 ottobre 1956 e terminata con l’occupazione da parte dell’esercito sovietico il 4 novembre 1956 è stata una rivoluzione per la libertà. I partecipanti all’insurrezione ungherese giustamente parlarono di rivoluzione, di forradalom. Per contro, i comunisti al potere all’epoca li accusarono ingiustamente di fomentare una controrivoluzione, una ellenforradalom. La differenza non è solo un piccolo prefisso aggiunto a una parola ungherese. La differenza è enorme. E’ la differenza tra libertà e schiavitù.

Il popolo ungherese ha agito in difesa dei nostri valori in Europa, perché la libertà per la quale gli eroi della rivoluzione ungherese del 1956 lottarono e morirono fa parte dell’identità europea. I nostri obiettivi sono gli stessi obiettivi che la popolazione aveva all’epoca in Ungheria. Niente può dare maggiore risalto all’influenza che hanno avuto questi eventi del fatto che oggi commemoriamo in Aula la rivoluzione ungherese del 1956 e sono qui con noi parlamentari europei ungheresi liberamente eletti. Per me, questo sarà sempre il miracolo della mia generazione. La libertà dell’Ungheria è diventata la libertà dell’Europa, e la libertà dell’Europa si fa garante della libertà dell’Ungheria.

Alla luce degli eventi di oggi a Budapest e in Ungheria, permettetemi di esprimere il mio grande apprezzamento a tutti i colleghi ungheresi, a prescindere dal loro gruppo di appartenenza, per aver reso possibile l’adozione di un testo comune, una risoluzione comune. Ciò dimostra che condividiamo principi comuni, che ci legano al di là dei disaccordi politici quotidiani.

Chiedo che, negli scontri a Budapest, nessuna parte agisca in modo sproporzionato e che non si dia ai manifestanti una risposta sproporzionata, perché siamo legati da valori comuni, cioè i valori della libertà, che ci legano anche al 1956, oltre a legarci insieme ora, nel 2006. In ogni conflitto, dobbiamo sempre porre questa comunanza di valori al centro delle nostre riflessioni.

(Applausi)

 
  
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  Martin Schulz, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, esiste un collegamento tra l’anniversario che commemoriamo oggi, l’anniversario dell’insurrezione ungherese contro gli oppressori sovietici, e l’anniversario che festeggeremo la prossima primavera, il 50° anniversario della firma dei Trattati di Roma.

Questi due eventi ebbero luogo nell’arco di breve tempo ed entrambi furono ispirati dallo stesso spirito. I Trattati di Roma furono caratterizzati dallo spirito di libertà e di associazione tra popoli liberi, e questo fu lo stesso spirito che animò la rivoluzione in Ungheria. Gli ungheresi volevano uscire da un sistema che era stato loro imposto, volevano la propria sovranità come popolo libero. Hanno dovuto combattere tale sistema e lottare contro un potere che voleva negare loro questo diritto.

Cinquant’anni dopo, commemoriamo gli uomini e le donne che lottarono per il diritto che oggi noi, come Unione europea, garantiamo a ogni popolo, cioè poter vivere in libertà e autodeterminazione all’interno della comunità internazionale democratica. Gli uomini e le donne che dovettero combattere i loro oppressori per conquistare tale diritto sono veri eroi della storia europea. Non avevano armi, non potevano resistere a un esercito, affrontarono i carri armati a mani nude e petto scoperto; le immagini sono note a tutti.

Il coraggio di questi uomini e donne merita la nostra ammirazione. A mio parere, il coraggio, e l’atteggiamento che abbiamo visto, come ha affermato l’oratore precedente e anche lei, signor Presidente, non solo in Ungheria, ma anche in Polonia e 12 anni dopo in Cecoslovacchia, questo coraggio fa anche parte del patrimonio europeo. Dimostra che in questo continente, gli uomini e le donne sono sempre stati pronti a dare la vita per la libertà. Il coraggio di questi uomini e donne fa parte del meglio che l’Ungheria abbia da offrire all’Europa, e fa anche parte del meglio che noi europei abbiamo da salvaguardare.

Sono convinto che la successiva caduta del muro, la possibilità di abbattere il muro, di sollevare la cortina di ferro, sia scaturita dal coraggio dei giorni che ricordiamo oggi. Perché una cosa è chiara: per quanto amara possa essere un’oppressione, per quanto dolorosa possa essere una dittatura, nessuna dura per sempre. Nessuna oppressione può reprimere a lungo il desiderio di libertà di un popolo, il desiderio di libertà delle persone. Ogni dittatura nella storia dell’umanità a un certo punto è caduta. Così come è caduta la dittatura comunista, stalinista, cadranno anche altre dittature nel mondo. Ciò significa che il coraggio dimostrato dagli uomini e dalle donne in Ungheria 50 anni fa è il coraggio degli uomini e delle donne che lottano oggi contro l’oppressione in altre parti del mondo. E’ una lotta continua, non è finita.

Commemorando questi eventi in occasione del cinquantesimo anniversario, commemoriamo anche il fatto che il popolo ungherese, dopo aver conquistato la democrazia e la libertà nel proprio paese, è riuscito a trasformare l’atto di forza che lo ha costretto a entrare nel blocco orientale in un atto di libertà con cui ha aderito in piena autodeterminazione all’Unione europea. Questo è un concetto completamente diverso: aderire volontariamente, in piena autodeterminazione, a una comunità internazionale, anziché essere costretti con la forza a entrare in una comunità oppressiva. E’ questo il passo da gigante che abbiamo compiuto in Europa negli ultimi 50 anni.

Ero piccolo quando scoppiò questa rivoluzione, avevo appena 10 mesi. Ero un bambino nel 1956. Il fatto che io abbia potuto vivere la mia vita in libertà è un privilegio enorme, un privilegio di cui gli ungheresi della mia generazione non hanno goduto. Sono grato per questo, ma sono tanto più felice che, in questo momento della mia vita, noi nati in libertà nell’Europa occidentale possiamo oggi, come europei, vivere nell’Unione assieme a coloro che sono nati sotto l’oppressione. Non esiste regalo più bello per la mia generazione qui e in Ungheria.

(Applausi)

 
  
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  Bronisław Geremek, a nome del gruppo ALDE. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa rende omaggio alla rivoluzione ungherese del 1956, al coraggio, alla determinazione del popolo ungherese nella lotta per la libertà, alla memoria delle vittime della repressione e alle sofferenze di un intero popolo.

Il 1956 è stato un anno di svolta nella storia contemporanea dell’Europa. Nel giugno 1956, come lei ha ricordato, signor Presidente, la rivolta degli operai polacchi di Poznań fu soffocata da una sanguinosa repressione. La liberalizzazione del regime, avvenuta in Polonia nell’ottobre 1956, fu solo di breve durata. Quell’anno fu segnato dagli eventi in Ungheria. La rivoluzione ungherese fu popolare, nazionale e anticomunista. E fu repressa senza pietà dall’esercito sovietico. Le strade di Budapest furono teatro di una repressione sanguinosa e l’Ungheria rimase a lungo in preda al terrore e all’oppressione.

Oggi commemoriamo questo anniversario, senza cercare di regolare i conti con il passato, ma per inscrivere tali avvenimenti nella storia della libertà europea, e l’Unione europea, per sentirsi comunità, ha bisogno di una memoria comune. L’eroismo degli uomini e delle donne del 1956 non si può dimenticare. Dobbiamo ricordare Imre Nagy, un comunista divenuto protagonista della rivoluzione anticomunista, vigliaccamente assassinato in segreto. Dobbiamo ricordare István Bibó, ammirevole pensatore e uomo d’azione al servizio della libertà e della democrazia, rinchiuso in carcere e condannato al silenzio sino alla fine dei suoi giorni.

Non dobbiamo dimenticare che l’Europa, di fronte al dramma del 1956, ha sicuramente espresso la sua indignazione, ma è rimasta muta e impotente. E’ una lezione per l’Europa di oggi e di domani. L’Europa deve essere forte, unita e solidale. Deve trovare la sua ragion d’essere nella libertà, nella democrazia e nel rispetto dei diritti umani e dei diritti dei popoli. All’Ungheria, oggi, dobbiamo augurare che il popolo ungherese e i suoi leader sappiano trarre dal coraggio del 1956 la forza di trovare la saggezza necessaria per mettere il bene pubblico e l’interesse comune al di sopra delle controversie politiche.

(Applausi)

 
  
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  Daniel Cohn-Bendit, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, la storia è attraversata da diversi fili rossi ed è di uno di questi fili rossi che parliamo oggi. Ha inizio il 17 giugno 1953 in Germania, poi attraversa la Polonia e l’Ungheria nel 1956 e la Cecoslovacchia nel 1968, fino alla sconfitta definitiva del comunismo.

L’insurrezione ungherese fu un’insurrezione per la democrazia; fu una rivoluzione nazionale, ma anche una rivoluzione politica. Vi rammento il circolo Petöfi, gli intellettuali ungheresi che fondarono i consigli operai insieme ai lavoratori, prima a Budapest e poi in tutta l’Ungheria, nella speranza di cercare di reinventare la democrazia. Questo è ciò che avvenne in Ungheria nel 1956.

Nel ricordare questa rivoluzione oggi, a 50 anni di distanza, possiamo commemorare anche un altro evento, ovvero il centesimo anniversario della nascita di Hannah Arendt, una degli intellettuali che hanno avuto il coraggio di nominare due regimi totalitari nella stessa frase, quello comunista e quello fascista. Proprio questo ci insegna la storia: non abbiamo mai avuto la padronanza assoluta della democrazia. La democrazia si ottiene solo lottando ogni giorno per essa. Questo è ciò che la Polonia e l’Ungheria ci dimostrano oggi, ed è ciò che ci dimostrano anche i pericolosi sviluppi che si osservano in Francia, dove sono all’opera forze fasciste, di estrema destra. Dobbiamo continuare a resistere e lottare per la democrazia.

La popolazione di Ungheria e Polonia 50 anni fa e quella cecoslovacca nel 1968, nonché le persone che in questo paese hanno lottato contro il fascismo, ci hanno dimostrato che a volte è necessario dare la vita per la democrazia e la libertà. Dobbiamo fare tesoro di questo insegnamento e non avere paura di dire che il totalitarismo – fascista o comunista – è e rimane totalitarismo.

(Applausi)

 
  
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  Francis Wurtz, a nome del gruppo GUE/NGL. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, penso di esprimere un parere ampiamente condiviso nel mio gruppo, dicendo che sono d’accordo sul fatto che l’insurrezione del 1956 in Ungheria debba innanzi tutto essere considerata un’insurrezione popolare per la libertà e l’indipendenza. Sono anche d’accordo sul fatto che la sanguinosa repressione di tale insurrezione da parte dell’esercito sovietico debba essere condannata senza riserve. Sono infine d’accordo sulla necessità di considerare la tragedia ungherese un evento emblematico, perché getta luce sull’aspetto centrale della crisi esistenziale di un modello che sarebbe sparito 30 anni dopo, in quanto incapace di riformarsi profondamente.

Ciò che invece non possiamo accettare è una lettura unilaterale della storia contemporanea e una demonizzazione dell’idea comunista. Per rimanere sull’Ungheria, vi rammento che comunisti di grado elevato hanno svolto un ruolo fondamentale nel movimento di contestazione del regime. Conosciamo tutti il ruolo svolto da Imre Nagy, il Primo Ministro comunista riformista che ha pagato con la vita il suo impegno al fianco degli insorti. E’ meno noto che il famoso circolo Petöfi, la cui attività è considerata uno dei fattori scatenanti del movimento, fu creato per iniziativa di giovani comunisti. Potrei citare anche il nome di un grande filosofo comunista, György Lukács, anche lui impegnato in questa lotta riformatrice. In realtà, per un intero periodo, si è assistito alla crescita di una corrente di contestazione di ispirazione comunista, le cui critiche purtroppo sono state soffocate. La storia non è stata scritta a priori, e non lo è nemmeno oggi.

Condanniamo quindi i crimini dello stalinismo quanto dobbiamo, ma non rinfocoliamo lo spirito della guerra fredda, che non è mai stato fecondo per la libertà e per l’indipendenza, da nessuna parte. L’Europa riunificata ha più da guadagnare guardando risolutamente verso il futuro.

(Applausi a sinistra)

 
  
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  Cristiana Muscardini, a nome del gruppo UEN. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, più di duemilacinquecento carri armati contro un popolo inerme, settantacinquemila soldati dell’Armata rossa, migliaia di vittime, più di duemila fucilati dal governo di Kadar installato al potere dai sovietici, dodicimila prigionieri avviati ai gulag, duecentomila profughi: sono queste alcune delle terrificanti cifre che sintetizzano la tragedia di una nazione, ma anche l’inizio della fine di un partito e di una potenza che dominava, a seguito degli accordi ignominiosi e sciagurati di Yalta, la metà del nostro continente.

I primi accenni si ebbero a Berlino nel 1953; poi il grido di libertà a Poznań, in Polonia, nel 1956. Stalin era deceduto da tre anni ma i suoi eredi politici, nonostante il rapporto di Krusciov al XX Congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica nel febbraio del 1956, che denunciava gli innumerevoli crimini del dittatore georgiano, usarono metodi repressivi e delittuosi, nel timore che il potere sfuggisse loro di mano in Ungheria.

La rivolta si dissolse in un’immensa tragedia. Il governo riformista di Nagy fu spazzato via ed egli fu assassinato. Solo con il crollo del comunismo sovietico si poterono finalmente riabilitare le vittime di quegli anni, che furono chiamate “teppaglia” dai dirigenti comunisti magiari e dal Kominform, mente invece erano e sono il simbolo della dignità umana, oppressa da una delle dittature più ottuse e violente che la storia abbia conosciuto. Un’immensa tragedia che ci deve ricordare oggi la negatività di un’ideologia e di una prassi politica, che hanno seminato milioni di vittime nelle regioni del mondo in cui hanno instaurato il loro regime.

Oggi, alcuni di coloro che in quegli anni sostennero le ragioni dei carri armati e delle fucilazioni fanno autocritica e, come sempre, parlano di errori. Omettono tuttavia di parlare del rifiuto di quelle idee che portarono e portano inesorabilmente alla dittatura e all’oppressione. Soltanto il rifiuto e la condanna di queste idee, già franche, ci garantisce un avvenire di libertà. Ricordando la tragedia dell’autunno ungherese, sentiamo una volta di più l’Unione come baluardo contro ogni umiliazione della dignità dell’uomo e dei popoli.

Ricordiamo inoltre che esistono ancora regimi che esercitano un ferreo controllo sulla vita dei loro cittadini e che rappresentano una minaccia per i popoli liberi: dalla Corea del Nord all’Iran e a Cuba, le tante dittature che esistono nel mondo ma ricordiamo anche i pericoli di nuovi integralismi. L’Occidente non scelga mai più il silenzio e l’Europa sia garanzia di libertà e giustizia.

 
  
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  Johannes Blokland, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) Signor Presidente, oggi, in Aula, commemoriamo un tragico evento politico che ha avuto luogo in Ungheria 50 anni fa. L’insurrezione scoppiata all’epoca, brutalmente repressa dall’esercito sovietico, ha aperto gli occhi a molti nell’Europa occidentale sui pericoli dell’ideologia comunista dettata da Mosca. Il significato storico di Budapest 1956 va ben al di là della sfera locale o nazionale.

Da studente di 13 anni, tutto ciò che compresi fu che l’amato paese natale di mia madre combatteva un’eroica battaglia per una libertà ardentemente desiderata. Le immagini del Primo Ministro Imre Nagy e del generale Pál Maléter e la lotta contro i carri armati russi sono scolpite nella mia memoria. Speravamo disperatamente – di fatto avventatamente – che l’Occidente avrebbe offerto sostegno. Avevamo grande compassione per le vittime e per i profughi. I miei genitori mi insegnarono allora che l’Ungheria non è un paese dell’Europa orientale, ma dell’Europa centrale, con forti legami religiosi e culturali con l’Europa occidentale.

Ora, a 50 anni di distanza, il blocco sovietico è stato smantellato e otto – presto dieci – degli ex Stati satelliti fanno parte dell’Unione europea. Che cosa abbiamo fatto con questa libertà riconquistata? Il nazionalsocialismo è stato sconfitto nel 1945 e il comunismo 45 anni dopo. Sono stati sostituiti da qualcosa di positivo? Siamo in grado, sulle rovine di tali ideologie, di costruire una società di tolleranza, responsabilità e amore per il proprio vicino? Abbiamo bisogno di pazienza e perseveranza per conseguire questo obiettivo.

Poiché ci sono voluti 15 anni per ricostruire i Paesi Bassi dopo cinque anni di occupazione, è probabile che saranno necessarie alcune generazioni prima che tutte le ferite dell’oppressione, subita per oltre 50 anni, si rimarginino. Possa il popolo ungherese mostrare il coraggio e la forza di superare insieme il passato e lavorare collettivamente per un futuro di pace e libertà.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, le celebrazioni del cinquantesimo anniversario dell’insurrezione anticomunista mettono in luce la crisi attraversata dal governo socialista di Gyurcsany. La nuova élite ungherese ha recuperato la sommossa del ’56 e i simboli del comunismo per giustificare il liberalismo.

La strategia punta a dare una legittimità all’attuale governo, vista la sua appartenenza all’intellighenzia comunista, e a rassicurare una popolazione che, socialmente, inizia a soffrire seriamente per gli effetti del liberalismo. Comunismo significa infatti “alibi falsamente sociale dello sfruttamento dell’uomo”, come oggi ancora dimostra la Cina.

L’Ungheria ha il suo posto nell’Unione europea perché porta nella sua esperienza di resistenza al totalitarismo le sue sensibilità politiche nuove e, come nel ’56, la sua capacità popolare di generare la speranza.

Oggi le contestazioni dell’estrema destra contro il premier Gyurcsany, che ha ammesso di aver mentito sullo stato dell’economia per vincere le elezioni dell’aprile scorso, hanno visto centomila persone manifestare a Budapest per il cinquantesimo anniversario. Sulla piazza manifestanti e polizia si scontrano da ore con arresti e feriti. I sostenitori del principale partito di opposizione di destra rivendicano per sé il ruolo di veri eredi del ’56.

Non si tratta, a mio giudizio, di rifare la storia conosciuta da tutti o misconosciuta dai socialisti e dai comunisti europei. E’ troppo facile fare appello all’emozione, evocando i cadaveri di uomini, donne e bambini che sono caduti sotto i colpi dell’Unione sovietica in nome del comunismo. I comunisti italiani, l’Ungheria e i vertici del PC si schierarono con l’URSS contro i rivoltosi ungheresi. Il Segretario Togliatti e successivamente Longo dichiararono più volte, anche negli anni successivi, la loro solidarietà al ristabilimento della giustizia internazionalista.

L’attuale Presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, condannò sul giornale “L’Unità” i rivoltosi come teppisti e spregevoli provocatori. Cinquant’anni anni dopo, nella sua autobiografia, non ritratta ma si limita a spiegare quello che è noto a tutti, ovvero che in quegli anni il PC e tutto il socialismo europeo erano inseparabili dalle sorti del campo socialista, guidato dall’URSS.

Non dobbiamo condannare l’atto imperiale dell’URSS, ma dobbiamo condannare fortemente quanti allora scelsero, entusiasti, di sostenere, in nome dell’internazionalismo comunista e socialista, quell’invasione.

 
  
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  Presidente. La discussione è chiusa.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL).(EL) La discussione in seno al Parlamento europeo e le risoluzioni presentate per il cinquantesimo anniversario della rivoluzione ungherese sono l’ennesimo tentativo organizzato di riscrivere la storia e alimentare l’anticomunismo.

Le commemorazioni da parte dei rappresentanti del capitalismo e la presenza del Segretario generale della NATO, del Presidente della Commissione e di altri leader imperialisti alle celebrazioni di Budapest sono la migliore testimonianza degli obiettivi dell’insurrezione ungherese, del rovesciamento del sistema socialista e della reintroduzione del capitalismo.

Inoltre, la pubblicazione di documenti ufficiali che dimostrano l’intervento attivo degli imperialisti e il sostegno organizzato a favore delle forze rivoluzionarie sono la migliore risposta a coloro che falsano la natura degli eventi, definendoli un’insurrezione popolare.

Le grida banali, da copione, del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, del gruppo socialista al Parlamento europeo, del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa e del gruppo Verde/Alleanza libera europea sulla democrazia e sulla libertà sono un tentativo di santificare la barbarie capitalista e presentarla come l’unica via per il progresso dei popoli. Al tempo stesso, nascondono la loro paura del socialismo, che è una necessità sociale.

Le forze di sinistra si assumono enormi responsabilità politiche con la loro posizione. Anche se conoscono il ruolo erosivo e aggressivo dell’imperialismo negli ex paesi socialisti e il suo ruolo micidiale in tutti i movimenti di base, fanno propria la propaganda imperialista in nome della “obiettività”. Non adottano un approccio di classe nei confronti degli avvenimenti, e forniscono così un alibi all’imperialismo.

 
  
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  Alessandro Battilocchio (NI). – Parlo, con grande orgoglio, a nome del Nuovo Psi, un manipolo testardo di socialisti italiani che hanno sempre scelto la strada dell’identità ed hanno rimandato al mittente le offerte di chi, a destra come a sinistra, invitava a desistere.

Questo filo rosso di autonomia, che giunge fino ai giorni nostri, ebbe nel 1956 il suo momento cruciale: allora il PSI con Pietro Nenni condannò con fermezza il violento attacco dei comunisti che soffocarono nel sangue le aspirazioni del popolo ungherese e massacrarono gli insorti. Fu la sollevazione nazionale di un popolo fiero che lottava non solo contro le sofferenze fisiche e morali inferte dal comunismo, ma anche contro il grigiore politico e culturale che aveva soffocato la tradizione, l’identità, il patriottismo del popolo magiaro. Come poi dimostrarono le sciagure degli anni successivi, parlare di comunismo e libertà ha rappresentato sempre uno stridente ossimoro: i socialisti del NPsi non si stancheranno mai di ribadire questa verità, per troppo tempo negata in Italia dal PCI.

Onore quindi ai 5.000 martiri ungheresi che non piegarono la testa al sopruso e lottarono fino alla morte per far valere il loro diritto ad un futuro migliore, ad una prospettiva di libertà, di democrazia e di pace.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. ROTH-BEHRENDT
Vicepresidente

 

5. Cancro al seno (discussione)
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  Presidente. L’ordine del giorno reca:

– l’interrogazione orale (O-0098/2006 - B6-0433/2006) degli onorevoli Andersson e Jöns, a nome della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, alla Commissione, sul reinserimento nel mercato del lavoro delle persone colpite da cancro al seno e l’utilizzazione di fondi sociali per corsi di perfezionamento a favore di operatori sanitari nel settore del cancro al seno;

– l’interrogazione orale (O-0101/2006 – B6-0434/2006) degli onorevoli Florenz e Jöns, a nome della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, alla Commissione, sulla situazione della diagnosi precoce e della cura del cancro al seno nell’Unione europea allargata, e

– l’interrogazione orale (O-0116/2006 – B6-0436/2006) delle onorevoli Záborská e Jöns, a nome della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, alla Commissione, sul cancro al seno.

 
  
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  Karin Jöns (PSE), autore. – (DE) Signora Presidente, Commissario Špidla, Commissario Kyprianou, onorevoli colleghi, in primo luogo desidero ringraziare calorosamente i presidenti delle tre commissioni, onorevoli Záborská, Florenz e Andersson, per l’eccellente collaborazione prestata durante la preparazione di questo dibattito. Desidero inoltre rivolgere un ringraziamento a lei, signora Presidente.

Tre anni fa, il tumore della mammella era già all’ordine del giorno, ed è venuto ora il momento di procedere a un primo esame dei risultati, che reputiamo assolutamente urgente. Nei 25 Stati membri dell’Unione europea, ogni anno 275 000 donne sono colpite da tumore al seno. Il rischio di decesso in uno Stato membro può essere addirittura doppio rispetto ad un altro. Il quadro è ancora più allarmante se si considera che le giovani donne che si ammalano sono sempre più numerose. Negli ultimi anni il numero delle donne colpite da cancro al seno al di sotto dei 40 anni è raddoppiato. Il tumore al seno è ancora la prima causa di decesso tra le donne di età compresa tra 35 e 55 anni.

Sono però anche allibita dalla radicalità dei trattamenti in molti Stati membri, dove la mastectomia costituisce ancora la regola piuttosto che l’eccezione, anche nelle fasi molto iniziali della malattia, benché oggi nell’80 per cento dei casi la chirurgia possa essere conservativa. Come potete constatare, stiamo compiendo progressi a passo di lumaca. E questo vale in particolare per i nuovi Stati membri, dove sono più drammatiche le negligenze e le carenze lungo tutta la catena dei servizi di assistenza. Tuttavia, almeno nei vecchi Stati membri, il fatto che le strutture, ora come in passato, siano da insufficienti a disastrose, non ha tanto a che vedere con problemi legati al bilancio pubblico, quanto con gli interessi economici e di categoria dei medici.

Iniziamo dalla diagnosi precoce: lo sviluppo di un sistema di screening mammografico offerto in modo capillare, secondo quanto indicato dalle linee guida dell’Unione europea, comporterà per le casse pubbliche un esborso massimo di 1,25 euro per cittadino. Sono pertanto certa che nessuno in quest’Aula potrà dirci che questo denaro non c’è. Se avessimo un sistema di screening mammografico in tutta l’Unione europea, ogni anno potremmo salvare la vita a 31 000 donne nell’Unione europea, potremmo contribuire alla riduzione dei costi della sanità e potremmo contenere in misura significativa i costi sociali che ne conseguono.

Finora tuttavia, solo undici Stati hanno avviato programmi di screening basati su protocolli di garanzia di qualità, e questi programmi sono lungi dall’essere condotti con continuità. Anche nel suo paese, Commissario Špidla, si deve smettere di spacciare uno screening opportunistico come screening dell’Unione europea. Anche a Cipro, Commissario Kyprianou, le cose vanno avanti molto lentamente. Sappiamo, naturalmente, che siete tutti e due dalla nostra parte; ci sarebbe però piaciuto ricevere adesso la relazione di avanzamento della Commissione, anziché in primavera, quando si prevede sarà presentata. Inoltre vi invitiamo a porre una maggiore enfasi sulle possibilità di utilizzare risorse dei Fondi strutturali per sviluppare un programma di screening.

Ma anche la migliore delle diagnosi precoci non serve a nulla, se il trattamento è poi insufficiente o sbagliato. I tumori della mammella continuano a essere operati e curati in ospedali che hanno pochissima esperienza. Per questo vorrei ringraziare espressamente la Commissione per gli orientamenti dell’Unione europea sui centri mammografici, che abbiamo ricevuto già lo scorso anno. Ora la palla è però nel campo degli Stati membri. Infatti in tutta l’Unione europea, centri di questo tipo – udite, udite – esistono solo nel Regno Unito.

Per questo, oggi nella nostra risoluzione comune, esortiamo gli Stati membri a garantire la presenza capillare di unità mammarie entro il 2016. Si tratta di un obiettivo assolutamente realizzabile entro il 2016. A livello di Unione europea, avremmo bisogno di circa 1 800 centri simili. In questo modo, ogni donna avrebbe la possibilità di sottoporsi a trattamenti ottimali, indipendentemente dal suo luogo di residenza.

Per garantire che questi centri mammografici lavorino nell’effettivo rispetto dei criteri definiti dall’Unione europea e intervengano chirurgicamente sul carcinoma mammario primario solo in un numero minimo di casi, ossia 150 l’anno per ogni centro, e che gli specialisti si siano specializzati esclusivamente in patologie benigne e maligne del seno e discutano di ogni caso di carcinoma della mammella in modo interdisciplinare prima e dopo l’intervento, abbiamo ora bisogno anche di orientamenti per la certificazione dei centri mammografici.

A tale proposito, invitiamo la Commissione a procedere rapidamente all’elaborazione di questi orientamenti. Vi chiediamo anche di provvedere all’elaborazione di orientamenti relativi alla definizione del profilo professionale delle infermiere che seguono le pazienti colpite da cancro al seno, il cui ruolo in questi centri può essere molto importante, in quanto possono fungere da guide e mediatrici tra medico e paziente per l’intero svolgimento della terapia.

(Applausi)

 
  
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  Presidente. – Grazie, onorevole Jöns. Questo è un ringraziamento personale.

 
  
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  Jan Andersson (PSE), autore.(SV) Signora Presidente, desidero iniziare ringraziando l’onorevole Jöns per il suo grande impegno e per essersi cimentata con questo tema di enorme importanza.

Come ha già affermato l’onorevole Jöns, si tratta della forma di cancro più comune tra le donne. E’ anche la principale causa di morte tra le donne di età compresa tra i 35 e i 59 anni. Inoltre, sappiamo che il tumore al seno è in aumento tra le donne giovani e che le probabilità di diagnosticare la malattia variano notevolmente tra i diversi Stati membri dell’Unione europea, così come variano anche le opportunità di screening mammografico. Vi posso dire, in base all’esperienza acquisita nel mio paese, la Svezia, dove da parecchi anni per le donne appartenenti a certe fasce di età si prevede lo screening mammografico, che tali programmi di screening hanno ridotto il tasso di mortalità delle donne e che è importante diagnosticare la malattia in una fase precoce per poter offrire il trattamento corretto. Questo significa che le azioni citate nelle risoluzioni discusse dall’onorevole Jöns sono della massima importanza.

A questo lavoro partecipano tre commissioni. Noi della commissione per l’occupazione e gli affari sociali non abbiamo tanto una competenza specifica per la sanità e le tematiche correlate all’assistenza sanitaria, quanto piuttosto per il rapporto con il mercato del lavoro. Ora il nostro mercato del lavoro, e sono contento di poterlo dire, è pensato per la partecipazione delle donne ed è un mercato in cui le donne sono presenti in numero sempre maggiore. Nel mio paese, la proporzione delle donne attive sul mercato del lavoro è pari a quella degli uomini.

Una considerazione assolutamente pratica: se una persona è colpita da una malattia grave, come il carcinoma della mammella, deve potersi assentare dal lavoro per seguire il trattamento necessario. Talvolta è possibile per una donna continuare a lavorare, ma in tal caso deve poter discutere con il suo datore di lavoro dei cambiamenti che si possono eventualmente rendere necessari al suo orario di lavoro e alle modalità di svolgimento delle sue mansioni in modo da non essere esclusa dal mercato del lavoro anche durante i periodi in cui deve sottoporsi alle terapie. E’ anche possibile che una persona sia gravemente malata per un certo periodo di tempo, ma poi stia meglio, grazie alla terapia, e possa riprendere a lavorare. Si pone allora il problema di come possa essere adeguatamente reinserita nel mercato del lavoro e in modo tale per cui la terapia antitumorale non comprometta la sua vita professionale.

Per noi è molto importante affrontare questi problemi. Questa è la prima osservazione della commissione per l’occupazione e gli affari sociali. Il secondo aspetto che ci interessa riguarda gli operatori coinvolti. Assistiamo a costanti progressi in termini di ricerca, sviluppo e procedure per il trattamento del carcinoma della mammella. E’ importante che il personale medico sia sempre aggiornato sulle nuove procedure, in tempo reale rispetto al loro sviluppo. Disponiamo anche di strumenti a livello europeo – nello specifico, nell’ambito del Fondo sociale – che consentono al personale di sviluppare le proprie competenze. Anche in questo ambito, dobbiamo poterci avvalere del Fondo sociale ai fini dello sviluppo delle competenze, in modo che il personale possa utilizzare i metodi migliori. Questi, peraltro, sono temi che toccano direttamente anche il processo di Lisbona. Il processo di Lisbona riguarda, come è noto, le migliori pratiche, il che significa che dovremmo guardare ai paesi che hanno compiuto i maggiori progressi.

Infine, desidero citare un altro aspetto di cui ho parlato con l’onorevole Jöns. Il carcinoma della mammella è una patologia che colpisce le donne, ma è importante che anche noi uomini contribuiamo ad elaborare procedure migliori. Non è solo compito delle donne impegnarsi nella ricerca di metodi migliori per combattere le malattie che colpiscono le donne. E’ piuttosto un impegno al quale dobbiamo partecipare tutti – uomini e donne.

(Applausi)

 
  
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  Karl-Heinz Florenz (PPE-DE), autore. – (DE) Signora Presidente, ringrazio l’onorevole Jöns per avermi permesso di cofirmare quest’interrogazione con lei. L’ho fatto molto volentieri, proprio perché durante il dibattito mi sono reso conto di quanto poco avessi sentito parlare di questo tema finora. Mentre seguivo la discussione, pensavo a quanto siamo pusillanimi in Europa, a quanta stupidità ha contraddistinto le nostre azioni passate e a quanti problemi importanti per questo continente non siamo stati in grado di rispondere adeguatamente. Cercherò, per quanto riguarda questo tema, di mettere il mio peso politico sulla bilancia, perché dal punto di vista dei contenuti, non ho nulla da aggiungere a quanto è già stato affermato dall’onorevole Jöns e da altri.

Rivolgo un appello a entrambi i Commissari perché trovino tutto il coraggio necessario per affrontare questo tema e combattere contro la pusillanimità del Consiglio. Infatti spesso il Consiglio – troppo spesso – ha detto debolmente: è un tema che rientra nella sussidiarietà, sono questioni di competenza nazionale. L’informazione e la comunicazione sono i principali compiti del futuro, anche in relazione a questa terribile malattia. Proprio per questo, chiedo a entrambi i Commissari di fare valere tutta la loro forza politica, per convincere il Consiglio e definire le linee guida.

Pensateci solo per un attimo: abbiamo addirittura linee guida per l’elaborazione delle linee guida, ma non abbiamo alcuna linea guida che ci spieghi come combattere contro il carcinoma della mammella, in futuro la malattia più importante nel nostro continente. Reputo eccellente e interessante l’idea di sviluppare un profilo professionale per infermiere altamente qualificate e vi posso assicurare il mio più totale sostegno.

(Applausi)

 
  
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  Anna Záborská (PPE-DE), autore. – (FR) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, eccoci di nuovo riuniti in plenaria per discutere di un problema che riguarda allo stesso tempo la sanità pubblica e la vita delle donne e delle famiglie nei nostri collegi elettorali: il tumore al seno.

Già nel 2003, la commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere aveva presentato un’interrogazione su questo tema alla Commissione europea. Signor Commissario, all’epoca era stato il suo predecessore, signora Diamantopoulou, ad avviare le prime azioni in risposta alle richieste del Parlamento europeo.

Oggi, la invitiamo a prendere atto dei progressi compiuti. La commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere vuole ridurre il tasso di mortalità delle donne colpite da cancro al seno, migliorare la loro qualità di vita, informare le donne e le loro associazioni ma anche i loro cari sul rischio e sul trattamento del tumore alla mammella.

Nell’ambito di questo dibattito, dovremmo anche tenere conto del ruolo degli uomini. Anche i mariti, i padri e i figli soffrono a causa di queste malattie tipicamente femminili. Ricordo anche i tanti genitori che sostengono le figlie colpite da questa malattia.

In seno alla commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, lavoriamo sui vari aspetti della malattia, affinché un giorno sia possibile vivere in un’Europa finalmente libera dalla piaga del cancro al seno. Mi incoraggia il profondo interesse che ha suscitato questo tema in seno alla commissione. Vorrei ringraziare i colleghi per la loro straordinaria collaborazione, che merita davvero di essere ricordata.

Il tumore al seno è un problema di sanità pubblica che ha una rilevanza per tutte le donne dell’Unione europea. Ogni due minuti, viene diagnosticato un cancro al seno. Ogni sei minuti, una donna muore di cancro al seno. E’ una malattia che non fa distinzioni di razza, religione o cultura.

Dobbiamo avere l’onestà di riconoscere tutte le cause del cancro alla mammella, senza eccezioni. Sarebbe utile confrontare i tassi di diffusione negli Stati membri al fine di elaborare una strategia reale. Tutte le donne dovrebbero potere accedere senza difficoltà a mezzi diagnostici e a trattamenti di qualità già in una fase precoce, indipendentemente dalla loro origine, dal loro status sociale o dal loro livello di istruzione. Potrebbero essere così salvate migliaia di vite. Si tratterebbe di un esempio di vera discriminazione positiva. E’ ora fondamentale sensibilizzare ogni donna al rischio della malattia e incrementare le risorse stanziate per la prevenzione e per lo screening del tumore alla mammella negli Stati membri.

Signori Commissari, come me, anche voi sapete per esperienza che le apparecchiature mediche sono troppo costose per gli ospedali regionali nei nuovi Stati membri. L’industria medica non è disposta a fare sforzi a livello finanziario, è troppo concentrata sull’ottenimento di utili. Vi prego comunque di valutare seriamente la possibilità di finanziare la prevenzione del tumore al seno attraverso i Fondi strutturali. L’impegno messo in atto da politici, medici e scienziati per sviluppare la rete di cooperazione in tutti gli Stati membri potrebbe permettere di garantire parità di accesso agli strumenti di screening e alle cure sanitarie. Solo attraverso questa stretta cooperazione, la lotta contro il tumore al seno potrà trascendere le differenze ideologiche e le rivalità personali.

(Applausi)

 
  
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  Markos Kyprianou, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, desidero ringraziare il Parlamento per aver organizzato questo dibattito sul tumore al seno. La puntualità stessa delle interrogazioni illustra l’ampia gamma di tematiche coinvolte. Non cercherò ora di affrontare ogni punto separatamente; sarebbe un compito impossibile, visto il mio tempo di parola limitato. Sarò tuttavia lieto di fornire informazioni più dettagliate in una fase successiva.

Mi concentrerò pertanto su tre settori fondamentali, ma innanzi tutto vorrei confermare l’entità del problema, già ricordata da molti oratori. Nell’Unione europea ogni anno, a 270 000 donne è diagnosticato un cancro al seno. E’ un evento che ha un impatto sulla loro vita e sulla vita delle loro famiglie e ha un costo medico, sociale ed economico molto elevato.

Il primo tema cui vorrei accennare – ed è stato già affrontato – è quello dei progressi compiuti rispetto alla risoluzione del Parlamento europeo del 5 giugno 2003. E’ vero che la risoluzione aveva definito obiettivi ambiziosi che gli Stati membri avrebbero dovuto realizzare entro il 2008, e segnatamente una riduzione del 25 per cento del tasso di mortalità e il contenimento fino al 5 per cento delle differenze esistenti tra gli Stati membri per quanto riguarda la sopravvivenza alla malattia. Devo ammettere che è ancora troppo presto per misurare con esattezza i progressi compiuti. Gli Stati membri si sono impegnati a riferire alla Commissione in merito alla situazione entro la fine di quest’anno, tre anni dopo l’adozione delle raccomandazioni del Consiglio. La Commissione produrrà pertanto una relazione sull’attuazione nel 2007. Vi posso garantire che l’assenza di informazioni da parte di alcuni Stati membri non ritarderà la stesura della relazione, anzi, la relazione indicherà quali sono gli Stati membri che non hanno fornito le informazioni richieste.

Ci sono già alcuni segnali che indicano che la risoluzione e le altre azioni hanno prodotto effetti positivi e hanno cominciato a fare la differenza. Ci aspettiamo che ulteriori progressi relativamente ad aspetti, quali lo scambio di modelli di migliori pratiche, possano facilitare l’applicazione nelle diverse regioni dell’Unione europea e che le linee guida per lo screening consentano riduzioni significative del tasso di mortalità dovuto al cancro al seno. Oltre ai risultati in termini di mortalità, speriamo anche di poter ottenere i dati che ci consentano poi di avere un’idea chiara dei tempi e dell’evoluzione in termini di disuguaglianze.

Il secondo aspetto di carattere generale di cui vorrei discutere riguarda la ricerca. Il cancro al seno occuperà un ruolo di rilievo nel settimo programma quadro, che si concentrerà sulla diagnosi della malattia e, soprattutto, sulle sue cause – in altri termini, sul modo di prevenirla.

Per quanto riguarda la diagnosi, la ricerca si concentra in particolare sul miglioramento dello screening del tumore al seno e sulle alternative alla mammografia tradizionale, per migliorare la diagnosi precoce. Tra gli esempi già contenuti nel sesto programma quadro, abbiamo la mammografia con imaging molecolare o l’applicazione della tomografia ad emissione di positroni – PET – studiata in particolare per l’esame del cancro al seno. La diagnosi precoce è naturalmente cruciale in vista dell’esito positivo del trattamento, ma siamo ancora a livello di trattamento della malattia piuttosto che intervento sulle cause. Mi fa pertanto molto piacere constatare che il lavoro sulle cause dei tumori figura tra le priorità del programma quadro di ricerca. Tale lavoro si occuperà dei tre settori fondamentali: genetica, ambiente e stile di vita.

Terzo, il tema delle campagne. Le campagne possono svolgere un ruolo molto importante nell’ambito di tutte le tematiche legate alla sanità pubblica, nell’opera di sensibilizzazione sui temi centrali da parte di privati, autorità pubbliche e decisori, nonché, naturalmente, da parte degli operatori medici e sanitari. Non solo permettono ai singoli di tutelarsi personalmente, ma esercitano pressione anche sui decisori, perché privilegino l’attenzione a questo problema, cosa che non sempre fanno.

La risoluzione del Parlamento europeo del 2003 ha costituito parte integrante e sostanziale di una campagna di sensibilizzazione permanente. L’opera di sensibilizzazione tra le donne sull’importanza dello screening ha svolto un ruolo fondamentale nell’azione europea di lotta contro il cancro. Tali campagne possono essere sostenute nell’ambito del nostro programma per la sanità pubblica.

In conclusione, siamo tutti d’accordo: il tumore al seno è un problema che deve essere affrontato e gli esempi di buone pratiche dimostrano che è possibile ottenere risultati significativi. Tuttavia, dobbiamo capire che è un processo in continua evoluzione. Non dobbiamo mai cedere alla tentazione di sederci sugli allori, anche se siamo incoraggiati dal successo iniziale, frutto del nostro impegno e delle iniziative avviate. E’ necessaria una strategia coerente e collaborativa, che tenga in particolare conto dei tre aspetti che ho precedentemente citato.

Dobbiamo naturalmente ammettere che la maggior parte di queste azioni deve essere svolta principalmente dagli Stati membri, ma l’Unione europea può e intende fornire sostegno – come nel settore della ricerca – laddove possibile. A titolo indicativo posso fare riferimento al sostegno che si prevede di dare in futuro alle linee guida per lo screening del tumore al seno, che sarà condotto nell’ambito dell’attuale programma per la sanità e anche in quelli futuri, la rete del Consiglio europeo e la rete dell’Unione europea per l’informazione sul cancro in Europa. Un nuovo progetto che è stato ora inserito nella rosa dei candidati risponde ad alcune delle domande relative all’ampliamento delle linee guida. Le linee guida dell’Unione europea saranno aggiornate: non si limiteranno più alla definizione del profilo professionale per le infermiere specializzate nel cancro al seno, ma si occuperanno anche del protocollo di certificazione delle unità mammarie specializzate. Definiranno le norme, i principi e i parametri di riferimento rispetto ai quali gli Stati membri dovranno adeguare i loro programmi di screening, formazione e trattamento per il tumore al seno. Tali iniziative riguarderanno altresì le necessità di informazione e consultazione nei nuovi Stati membri e contribuiranno a integrare gli esperti competenti nelle reti esistenti.

Non dobbiamo mai dimenticare che, ogni anno, oltre 250 000 donne dipendono da queste azioni. Queste donne e le loro famiglie dipendono dalla priorità che noi e gli Stati membri attribuiremo a un problema di tale importanza e gravità. Non possiamo deluderle.

(Applausi)

 
  
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  Vladimír Špidla, Membro della Commissione. – (CS) Signora Presidente, onorevoli deputati, tutti noi in quest’Aula sappiamo che il carcinoma della mammella costituisce un’esperienza dolorosissima per chi ne soffre. E sappiamo qual è il dramma che vivono le famiglie dei malati e le persone più care. E’ una malattia che può sconvolgere completamente la vita di una persona. Le terapie sono dolorose e lunghe, e spesso obbligano le persone che devono sottoporvisi a smettere di lavorare, impedendo loro di condurre una vita normale. Il mio collega, Commissario Kyprianou, ha parlato poco fa di sanità e prevenzione in materia di carcinoma della mammella.

Nel mio breve intervento, vorrei concentrarmi sul reinserimento nel mondo del lavoro delle persone colpite da tumore al seno. Il cancro al seno sconvolge la vita di chi ne è colpito. La vita improvvisamente cambia direzione e le donne sono spesso impreparate a tale cambiamento, anche se nella realtà non di rado affrontano la situazione meglio dei loro parenti, amici, colleghi e datori di lavoro, che molto spesso non sanno come comportarsi con le donne colpite da tumore al seno. Non esiste una soluzione universale. Ogni singola situazione è un caso a sé stante e deve essere trattata come tale. Disponiamo di poche informazioni o indicazioni sul trattamento da riservare alle persone colpite da tumore al seno dal punto di vista giuridico, professionale, sanitario o psicologico.

La Comunità dovrebbe migliorare i meccanismi tesi ad aiutare queste pazienti. L’esperienza ha dimostrato che per le donne colpite da cancro al seno, è meglio continuare a lavorare, a patto, naturalmente, che le loro condizioni fisiche e mentali lo consentano. Quando chi soffre di questa malattia non sta bene, per migliorarne la qualità di vita occorre introdurre orari di lavoro speciali e adeguate soluzioni per le ferie, in combinazione, per esempio, con il telelavoro. Soluzioni di questo tipo contribuirebbero a un loro più facile e rapido reinserimento nell’ambiente di lavoro. Forme di aiuto e consulenza a datori di lavoro e colleghi potrebbero essere utilissime durante il trattamento. Inoltre dovrebbe essere disponibile, in modo permanente, un servizio di sostegno psicologico, e a tal fine, occorrerebbe avviare una campagna di sensibilizzazione mirata ai datori di lavoro e al luogo di lavoro in generale.

Come ho già evidenziato, è importante creare condizioni tali per cui le donne colpite da tumore al seno possano essere reinserite nel mercato del lavoro in modo rapido ed efficace. Le condizioni di lavoro particolari che possono rivelarsi necessarie durante il periodo in cui la paziente si sottopone alle terapie dovrebbero probabilmente poter essere applicate anche per un certo lasso di tempo successivamente al termine del trattamento, per facilitare il reinserimento della paziente. Non si deve permettere la discriminazione sul luogo di lavoro delle donne colpite da carcinoma della mammella. La direttiva europea del novembre 2000 stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro e vieta la discriminazione fondata sull’invalidità. Rimane da stabilire se le malattie di lunga durata siano da classificarsi tra le invalidità. Nel Regno Unito, per esempio, dopo lunghe discussioni in materia, la legge che vieta la discriminazione dei disabili è stata aggiornata e ora prevede anche una tutela contro la discriminazione nei confronti dei malati di cancro. La Corte di giustizia europea dovrà decidere se questa interpretazione si possa applicare anche alla direttiva che vieta la discriminazione.

La legislazione comunitaria, in particolare la direttiva 89/391/CEE, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, stabilisce altresì l’obbligo, per i datori di lavoro, di adeguare la natura delle mansioni allo stato di salute del lavoratore, disposizione che si applica implicitamente anche ai lavoratori affetti da malattie croniche e di lunga durata. Accolgo con favore la proposta di elaborare una Carta per la tutela dei diritti dei malati cronici e dei pazienti affetti da malattie di lunga durata sul luogo di lavoro. Ritengo tuttavia che le parti sociali dovrebbero redigere tale Carta in collaborazione con gli organismi competenti a livello nazionale.

Oltre agli strumenti legislativi, la Commissione sostiene la cooperazione tra gli Stati membri attraverso il metodo di coordinamento aperto nel settore della protezione sociale. Gli investimenti nella sanità costituiscono uno degli obiettivi dei nuovi Fondi strutturali per il periodo 2007-2013, in particolare nelle regioni della convergenza. L’obiettivo è accrescere il numero degli anni di vita attiva sana e consentire a quante più persone possibili di svolgere un ruolo attivo nella società. Questo obiettivo riguarda sia l’infrastruttura sanitaria sia la formazione degli operatori della sanità, tema citato anche in Aula. Le misure attuate in questo settore possono comprendere sostegno alla salute, prevenzione delle malattie, condivisione delle conoscenze e formazione di lavoratori altamente qualificati.

Onorevoli deputati, il modello sociale europeo è basato sulla solidarietà nei confronti dei membri più vulnerabili della società, verso i quali abbiamo una responsabilità morale. I malati affetti da carcinoma della mammella, oltre a dover affrontare la lotta contro la malattia, sono persone fisicamente e psicologicamente vulnerabili e fragili. Hanno bisogno di aiuto, hanno bisogno di un’assistenza sanitaria dignitosa, hanno bisogno di essere protetti contro la discriminazione e hanno bisogno di essere reinseriti nel mondo del lavoro nelle migliori condizioni possibili.

Onorevoli deputati, credo che nell’ambito di questo tema, possiate contare su di noi.

(Applausi)

 
  
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  John Bowis, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signora Presidente, abbiamo sentito elencare tutti gli elementi di cui abbiamo bisogno, e il Parlamento sostiene che, per realizzare tutti questi obiettivi, occorre agire.

La risoluzione ci offre una delle rare occasioni in cui assistiamo, in Aula, alla più completa unità: unità trasversalmente alle commissioni, unità trasversalmente ai gruppi politici. Una posizione unitaria sul concetto di malattia rara. E questa è una delle rare malattie che non sono causate dalla povertà, ma piuttosto dalla crescente prosperità. Per questo si tratta proprio di una malattia europea, la cui incidenza è in crescita.

La patologia tumorale più comune tra le donne è il carcinoma della mammella. Conosciamo le cifre: 275 000 casi all’anno; 88 000 decessi all’anno. Per questo chiediamo la possibilità di accedere a servizi migliori, a una ricerca migliore. Ma la scienza medica ci dà la possibilità di sperare: diagnosi precoce, nuovi farmaci, personale infermieristico specializzato, nuove terapie e la conoscenza che porta alla prevenzione. Tutto questo significa che non dobbiamo accettare questo terribile tributo di sangue tra le donne.

Ma è un problema che riguarda anche gli uomini. Nell’Unione europea, mille uomini muoiono ogni anno di carcinoma della mammella. Riempite quest’Aula di uomini – occupando ogni posto, comprese le tribune, le cabine degli interpreti, e il banco della Presidenza – e cancellateli tutti. Sono gli uomini che perdiamo ogni anno a causa del carcinoma della mammella. Anche gli uomini hanno bisogno di servizi specializzati. Anche gli uomini hanno problemi perché, sebbene negli uomini sia più semplice diagnosticare il carcinoma della mammella, spesso si interviene troppo tardi, quanto il tumore è troppo esteso. Hanno quindi bisogno di screening. Troppi uomini non ce la fanno. Non ce la fanno, e non solo ad affrontare la malattia, ma ad affrontare la difficoltà di andare a casa dalle loro famiglie e dire loro che hanno un carcinoma della mammella. Non riescono ad andare al pub e raccontare ai loro amici che hanno un carcinoma della mammella. Alcuni – e “alcuni” sono troppi – preferiscono suicidarsi piuttosto che affrontare le conseguenze della diagnosi. E’ colpa nostra. Non diamo loro i mezzi per affrontare la malattia; è nostro dovere farlo. Per gli uomini e le donne, il nostro messaggio è questo: abbiamo una risoluzione comune e chiediamo un’azione comune e unita da parte della Commissione.

 
  
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  Stephen Hughes, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signora Presidente, desidero ringraziare l’onorevole Jöns per aver riportato questo tema in Aula. Questa malattia non riguarda solo le donne, come hanno ricordato gli onorevoli Bowis e Záborská. Centinaia di migliaia di uomini, centinaia di migliaia di famiglie, ogni anno, sono colpiti dalla malattia. Mia suocera è deceduta a causa di un tumore al seno e alla sorella maggiore di mia moglie dieci anni fa è stato diagnosticato un carcinoma mammario, ma grazie a un trattamento precoce ed efficace oggi è viva e sta bene. Sono certo che possiate immaginare quale ombra questa malattia getta su di me e sulla mia famiglia. Ma, come abbiamo sentito, è una prova particolarmente ardua per le 275 000 donne che ogni anno si ammalano di cancro al seno e, una tragedia, per le 88 000 donne che muoiono ogni anno di cancro al seno nell’Unione europea, e per le loro famiglie.

Sono cifre che possono e devono essere drasticamente ridotte. E’ necessario incrementare la ricerca sulla prevenzione. Ma i dati che mi colpiscono di più sono l’oscillazione, superiore al 50 per cento, dei tassi di mortalità tra gli Stati membri e l’oscillazione della frequenza di ricorso alla mastectomia, con variazioni fino al 60 per cento. Anche questo è inaccettabile. E’ evidentemente della massima urgenza che le migliori pratiche siano diffuse in modo uniforme in ogni regione dell’Unione e che si istituiscano migliori pratiche sulla base delle linee guida europee per l’assicurazione della qualità nello screening e nella diagnosi del tumore della mammella.

Un altro problema che occorre affrontare con urgenza è la crescente incidenza del carcinoma mammario tra le donne giovani – 47 per cento al di sotto dei 55 anni. Aggiungete a questo il fatto che fino al 20 per cento, un quinto delle pazienti colpite da tumore della mammella non riprende a lavorare ed è chiaro che occorre fare qualcosa, se vogliamo realizzare l’obiettivo di Lisbona, relativo alla partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Appoggio pertanto in tutto e per tutto l’appello contenuto nella risoluzione – e mi fa piacere che oggi la reazione del Commissario Špidla sia stata positiva – ad elaborare una Carta per la tutela dei diritti dei malati di cancro al seno nonché dei malati cronici sul posto di lavoro per facilitare il loro reinserimento nel mondo del lavoro. Il loro orario di lavoro deve essere personalizzato in funzione del programma terapeutico seguito e il loro reinserimento nel luogo di lavoro deve essere articolato attorno alle loro esigenze di rieducazione.

Nella mia regione, ogni giorno a cinque donne viene diagnosticato un carcinoma della mammella. Spero che, grazie a un’adeguata ricerca sulla prevenzione, tale cifra possa essere ridotta. Spero anche che il nostro lavoro possa fare sì che queste diagnosi non siano sempre percepite come condanne a morte. La diagnosi deve invece diventare il punto di partenza per un intervento precoce, sensibile e umano, per un trattamento efficace e per il reinserimento nel mondo del lavoro e per una vita piena e gratificante.

 
  
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  Elizabeth Lynne, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signora Presidente, desidero aggiungere i miei ringraziamenti all’onorevole Jöns per la sua splendida iniziativa. La collega ha affrontato con grande impegno questo problema.

Le donne europee, come abbiamo sentito, durante la propria vita, hanno una probabilità su dieci di essere colpite da un tumore al seno. Il cancro al seno è inoltre la principale causa di morte per le donne di età compresa tra 35 e 59 anni, e la seconda causa di morte in assoluto. L’onorevole Bowis ha assolutamente ragione: non dobbiamo dimenticare che, sebbene questa patologia colpisca prevalentemente le donne, ogni anno muoiono di carcinoma mammario mille uomini.

Ma gli Stati membri non fanno ancora abbastanza. Grazie a sofisticate tecniche di screening, è ora possibile individuare il tumore della mammella in una fase precoce. Ad aprile la Commissione europea ha pubblicato una nuova serie di linee guida per lo screening e la diagnosi del tumore al seno. Secondo le stime in esse contenute, in Europa 32 000 decessi per cancro al seno potrebbero essere evitati. Tuttavia molti Stati membri non dispongono di apparecchiature tecniche per lo screening né di personale infermieristico adeguatamente formato. Invito tutti gli Stati membri a sottoscrivere le linee guida europee ma, soprattutto, a dare loro esecuzione.

Dobbiamo fare ancora di più in termini di informazione. Lo stile di vita e i fattori genetici possono apparentemente incidere sulla probabilità di ammalarsi di cancro al seno. Dobbiamo anche fare in modo che le persone cui viene diagnosticato un carcinoma mammario non siano discriminate sul luogo di lavoro, come abbiamo già sentito. Dovrebbero avere la possibilità di continuare a lavorare durante il trattamento, se è quello che desiderano fare. Se invece preferiscono non lavorare, dovrebbero avere la possibilità di riprendere successivamente il loro percorso professionale. Tali misure dovrebbero rientrare nel campo di applicazione della direttiva sull’occupazione del 2000 concernente le norme antidiscriminatorie sul posto di lavoro; nel Regno Unito abbiamo provveduto in tal senso. Molti Stati membri, però, non classificano il tumore della mammella tra le invalidità, per questo abbiamo bisogno di una definizione dell’invalidità. Visto l’elevato numero di persone colpite dal tumore della mammella, dobbiamo colmare questa lacuna.

Dobbiamo anche garantire lo scambio di migliori pratiche, soprattutto se si considera che i tassi di mortalità variano del 50 per cento da uno Stato membro all’altro. Spetta a tutti noi continuare a fare sì che questo tema figuri al vertice della nostra agenda politica.

 
  
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  Hiltrud Breyer, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signora Presidente, abbiamo di fronte a noi un’eccellente proposta di risoluzione, in cui si parla molto del miglioramento della prevenzione e del trattamento del cancro al seno. Come molti di voi hanno già segnalato, la risoluzione presenta ad esempio proposte tese al miglioramento dello screening. Anche questo è molto importante ed è un elemento sul quale dobbiamo lavorare.

Vorrei tuttavia nuovamente segnalare che qui si parla anche di prevenzione. E’ una vecchia leggenda che i fattori genetici e lo stile di vita sono le uniche cause all’origine della malattia. Studi recenti hanno confermato che fattori ambientali dannosi, come per esempio l’esposizione a sostanze chimiche nocive o a massicce dosi di radiazioni sono responsabili del 50 per cento dei casi di tumori al seno. E’ un elemento di cui dobbiamo tenere conto. Oltre a una ricerca approfondita sulle cause, la protezione della salute deve essere al primo posto anche nella legislazione europea sulle sostanze chimiche.

In seno alla commissione per la protezione dell’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare abbiamo avviato un’azione tesa a una maggiore protezione della salute e dell’ambiente in Europa. Ma la votazione di oggi sul tema del cancro al seno costituisce anche un chiaro segnale di sostegno a favore di una direttiva REACH forte, poiché è ovvio che le donne, a causa dei cambiamenti del loro sistema ormonale, sono particolarmente sensibili agli effetti nocivi delle sostanze chimiche. Studi provenienti dagli Stati Uniti dimostrano che le agricoltrici che per le loro coltivazioni utilizzano determinati pesticidi si ammalano più frequentemente di tumore al seno. Anche le donne che vivono nel raggio di un miglio da una discarica per rifiuti speciali, per erbicidi e pesticidi, sono maggiormente a rischio. Sappiamo che molte delle sostanze emollienti utilizzate in passato nei cosmetici favoriscono la proliferazione delle cellule tumorali mammarie.

La prevenzione dovrebbe diventare ancora più importante nella nostra attività di lotta contro il cancro al seno.

 
  
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  Adamos Adamou, a nome del gruppo GUE/NGL. – (EL) Signora Presidente, ho ascoltato tutti gli oratori che mi hanno preceduto e anch’io vorrei a mia volta ringraziare gli autori della risoluzione e chi ha lavorato con tale impegno per combattere contro il carcinoma della mammella.

Signor Commissario, esprimerò alcuni commenti sulle disuguaglianze e sul trattamento. Come si sa, nei dieci nuovi Stati membri, il tasso di mortalità è più elevato e i programmi di screening sono ancora, per così dire, alla “scuola materna”. Agli Stati menzionati aggiungo anche il mio paese che, come forse sapete, ha un programma pilota piuttosto che un programma nazionale. E’ un peccato, signor Commissario, affidare alla fortuna un paese in cui delle persone si ammaleranno di cancro al seno, il paese e l’ospedale in cui queste persone saranno curate. Questo è dovuto al fatto che gli orientamenti sullo sviluppo, innanzi tutto, di mammografi di qualità, e secondariamente, di strutture nazionali specializzate nella cura di questa malattia – centri mammografici – dotate di personale infermieristico specializzato, non sono facili da consolidare.

Non mancherò naturalmente di riferirmi alle parole pronunciate poco fa dall’onorevole John Bowis: anche gli uomini possono essere colpiti da carcinoma della mammella e non dovremmo pertanto sempre riferirci unicamente ed esclusivamente alle donne. Visto che oggi discutiamo di carcinoma mammario, grazie a questa valida iniziativa, vorrei ricordare che ci sono altre forme di cancro, signor Commissario, che non devono essere considerate i parenti poveri.

Ci sono altre patologie tumorali per le quali, proprio con le stesse linee guida, possiamo ridurre le conseguenze e il tasso di mortalità. Abbiamo ora bisogno di una strategia globale per il cancro, che coordini tutti e 25 gli Stati membri; dobbiamo smettere di succhiare la caramella della sussidiarietà, perché il risultato è che non vengono concesse sovvenzioni dai Fondi strutturali per sviluppare questi programmi. La prego di esaminare queste problematiche.

 
  
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  Liam Aylward, a nome del gruppo UEN. – (EN) Signora Presidente, sostengo incondizionatamente l’interrogazione rivolta all’Esecutivo dalle tre commissioni, un’interrogazione riguardante un tema che reputo della massima importanza. Sono inoltre particolarmente lieto della reazione positiva dei Commissari.

Sono cofirmatario di questa risoluzione sul tumore al seno, perché ritengo che l’Unione europea possa fare molto per aiutare gli Stati membri in questo settore, attraverso estese attività di ricerca, benchmarking e condivisione dei principi delle migliori pratiche, e anche offrendo agli Stati membri una consistente assistenza professionale, materiale e tecnica attraverso i programmi europei.

Il problema principale che i legislatori e le équipe sanitarie devono affrontare oggi in materia di carcinoma della mammella è che ogni donna, indipendentemente dal luogo di residenza, dallo status sociale, dall’occupazione e dall’istruzione, deve avere accesso a uno screening di alta qualità per il trattamento e la terapia riabilitativa nel caso in cui sia colpita da tumore.

Dobbiamo migliorare il servizio di informazione alle donne, sia alle giovani che alle più anziane, sui rischi e sulla disponibilità di trattamento per il tumore al seno, per ridurre il tasso di mortalità, migliorare la loro qualità di vita e aiutarle a ritornare al lavoro, se lo desiderano.

E’ necessaria una ricerca più puntuale sulle cause del carcinoma della mammella, in particolare sugli effetti delle sostanze chimiche pericolose e dell’inquinamento ambientale, dell’alimentazione, dello stile di vita e dei fattori genetici.

Esorto la Commissione, attraverso il settimo programma quadro, a fornire un sostegno finanziario in vista di un ulteriore sviluppo dei test sierologici, a fornire finanziamenti per un’indagine approfondita sulle cause del carcinoma della mammella, a invitare gli Stati membri a creare centri di informazione e consulenza e, allo stesso tempo, a comunicare al Parlamento europeo gli ultimi risultati della ricerca in questo importantissimo settore.

 
  
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  Urszula Krupa, a nome del gruppo IND/DEM. – (PL) Signora Presidente, le allarmanti statistiche relative alle donne che sono colpite da carcinoma della mammella e che ne muoiono richiedono sicuramente una risoluzione che esorti la Commissione e gli Stati membri a combattere questa epidemia e ad eseguire lo screening mammografico. Inoltre, e questo è molto importante, evidenziano la necessità di avviare azioni preventive, che dovrebbero anche includere l’eliminazione dei fattori di rischio. Sarebbe pertanto opportuno trarre le logiche conclusioni basandosi sulla ricerca esistente. Questi risultati evidenziano che il tumore al seno non è semplicemente imputabile al danno tossico, ma che la sua causa principale è da ricercare nell’uso di contraccettivi orali sin dalla giovane età, oltre che nella terapia ormonale sostitutiva. Il tumore al seno può anche essere indotto da complicanze a seguito di aborti.

Inoltre, il tumore al seno colpisce spesso le donne senza figli o le donne con gravidanze tardive o menopause relativamente tardive. Più figli ha una donna, e minori sono le probabilità di essere colpita da tumore al seno, alle ovaie o al collo dell’utero. Ne consegue che la più elevata incidenza del cancro può essere anche legata alla concezione femminista dell’essere donna, concezione volta a privare le donne della maternità, a sfruttarle come componente potenziale della forza lavoro e praticamente ad obbligarle a controllare la loro cosiddetta vita riproduttiva, il che equivale praticamente a considerarle come animali.

Secondo gli psicooncologi, l’aumento dell’incidenza dei tumori non è priva di correlazione con la diffusione delle malattie mentali, e in particolare della depressione. Infatti queste patologie determinano un abbassamento delle difese immunitarie nei confronti della malattia e consentono così ai tumori di svilupparsi. Le misure di prevenzione dovrebbero pertanto comprendere la diffusione di una cultura della vita che si proponga come alternativa al concetto comune secondo cui tutto quello che ci circonda sta per crollare.

 
  
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  Irena Belohorská (NI).(SK) Desidero informarvi sull’esito delle discussioni svoltesi il 20 ottobre 2006 presso una delle più grandi e antiche organizzazioni femminili in Slovacchia, l’Unione delle donne slovacche. In occasione della riunione, le donne hanno discusso dell’intollerabile situazione in materia di tumore al seno in Slovacchia e in altri paesi europei. Al giorno d’oggi, di cancro si guarisce, se la diagnosi è sufficientemente precoce. Quindi, visto che la prevenzione è possibile, le donne muoiono in parte a causa della nostra ignoranza. Per questo, desidero informarvi dell’iniziativa “Non lasciateci morire” avviata proprio il 20 ottobre. Lancio un appello ai politici, ai medici, ai pazienti e al grande pubblico perché risparmino alle loro madri, mogli, compagne e figlie di morire di una malattia che non necessariamente è fatale.

Il Parlamento europeo adotta normative sulla protezione della natura, si costruiscono autostrade europee, ma si trascurano gli investimenti per la salute. L’Unione europea si sta impegnando anche per ridurre le differenze tra gli Stati membri in termini di stile di vita, e i risultati in vari settori sono ottimi. Le statistiche sulla curabilità del cancro indicano tuttavia che esistono differenze rilevanti tra gli Stati membri, anche per quanto riguarda i tassi di sopravvivenza in caso di carcinoma della mammella. Le donne slovacche hanno il 30 per cento di probabilità in meno di sopravvivere a questo tipo di tumore di molte donne dell’Europa occidentale.

E’ deplorevole che non si possa effettivamente garantire lo screening necessario per elevare il tasso di sopravvivenza. E’ necessario offrire alle donne l’opportunità di recarsi dal medico per sottoporsi allo screening la sera o durante il fine settimana, e allo stesso tempo retribuire adeguatamente i medici e gli operatori sanitari per questo lavoro supplementare che svolgono.

Credo che la maggior parte delle donne sia conscia del problema e si comporti in modo responsabile. Ora le donne hanno semplicemente bisogno di avere accesso ad un medico. La prevenzione non è tuttavia priva di costi e richiede finanziamenti considerevoli. Pertanto, dovremmo tutti esercitare più pressione per garantire che la spesa per la prevenzione non sia scavalcata da altre priorità. Dovremmo approvare un bilancio che preveda investimenti per la prevenzione, e questo non significa solo attrezzare gli ospedali e acquistare mammografi o sonografi, ma soprattutto investire in risorse umane affinché sia possibile disporre del personale sanitario sufficiente e in grado di utilizzare queste apparecchiature.

 
  
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  Cristina Gutiérrez-Cortines (PPE-DE).(ES) Signora Presidente, desidero richiamare l’attenzione su alcuni elementi che sono già stati citati.

In primo luogo, credo che la politica della Commissione europea sia una politica valida, che cerca di armonizzare gli aspetti in un settore in cui non ha alcuna competenza reale, ma in cui può dare prova di leadership, e da questo punto di vista insistiamo perché estenda le sue politiche e continui a sottolineare l’importanza dell’autoesame e a rilevare le differenze tra i diversi paesi. Non sto dicendo che dovrebbe condannarli, dico invece che dovrebbe mettere in evidenza eventuali manchevolezze. Soprattutto, credo anche che il suo sito web debba essere ampliato e includere, per esempio, l’autoesame, nonché altre possibili azioni, come già si fa in alcune organizzazioni commerciali.

In secondo luogo, vorrei attirare l’attenzione di tutti sulla tragedia famigliare che normalmente accompagna i casi di cancro al seno. Ho l’impressione che molto spesso le famiglie si spezzino e che molte donne non abbiano il coraggio di parlare del proprio caso proprio perché il cancro interrompe il loro ritmo di lavoro, sconvolge la loro vita quotidiana e, nel caso in cui dovessero sottoporsi a un intervento chirurgico, impedirebbe loro di prendersi cura della famiglia.

Credo pertanto che l’Unione europea debba estendere la propria azione e occuparsi anche dell’aspetto dell’assistenza alle famiglie e della sensibilizzazione.

 
  
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  Dorette Corbey (PSE).(NL) Signora Presidente, Commissari, onorevoli colleghi, come è già stato affermato, il cancro al seno è un gravissimo problema medico, e lo sta diventando sempre di più. E’ la patologia tumorale più frequente dopo il tumore ai polmoni, ma le cause del tumore al polmone sono in parte note, in particolare il fumo e l’amianto, mentre l’inquinamento atmosferico costituisce un fattore di rischio. Per prevenire il tumore ai polmoni, qualcosa si può fare, per esempio si può smettere di fumare.

Poco si sa invece del tumore al seno, oltre a quello che ci dicono le statistiche. L’incidenza del tumore al seno nei Paesi Bassi è più elevata rispetto a qualsiasi altro paese. Ci sono anche delle correlazioni statistiche, e desidero ringraziare il Commissario per la risposta estesa e dettagliata alla mia interrogazione scritta. Secondo il Commissario, l’obesità e il carcinoma della mammella sono collegati ed esiste una correlazione anche con le gravidanze tardive. Interviene anche un fattore socioeconomico: le fasce di popolazione a basso reddito non sono frequentemente sottoposte a screening ed è pertanto più probabile che chi ne fa parte muoia a causa di questa malattia. Infine, secondo la Commissione, forse il principale fattore di rischio per il tumore mammario è rappresentato dagli ormoni, in particolare gli estrogeni. Questi estrogeni possono essere di origine diversa: l’inquinamento chimico, oppure l’esposizione a fattori ambientali, ma anche l’assunzione di farmaci e contraccettivi.

Signor Commissario, queste sono informazioni importanti. Sulla base dei contatti che ho con vari gruppi di donne, osservo che emergono costantemente due fattori. Molte pazienti affette da tumore al seno sospettano che la loro malattia sia correlata all’ambiente, all’assunzione di farmaci o all’uso della pillola. Potrebbe garantire gli incentivi necessari affinché alla ricerca in questo settore venga attribuita la priorità necessaria? Occorre maggiore chiarezza in merito agli effetti delle sostanze presenti nell’ambiente che agiscono come regolatori ormonali e all’uso degli ormoni nei farmaci e nei contraccettivi.

Ho un debito di riconoscenza nei confronti dell’onorevole Jöns per il suo interesse e il suo impegno incondizionato nei confronti delle donne affette da tumore al seno. Il suo lavoro costituisce una vera ispirazione per molte donne. Desidero esprimere anche il mio apprezzamento per Europa Donna, movimento al quale vanno i miei ringraziamenti per l’ottimo lavoro che svolge affinché i paesi europei possano imparare gli uni dagli altri, che è proprio ciò che dovremmo fare anche noi.

 
  
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  Anneli Jäätteenmäki (ALDE).(FI) Signora Presidente, con l’invecchiamento della popolazione europea, il numero di casi di tumore aumenterà enormemente nei prossimi anni. Molti sono preoccupati per l’aumento dei costi e si chiedono se le risorse per le terapie saranno sufficienti. Tutto questo è legato alla crescita economica e anche all’incremento delle spese per i pazienti. La capacità e la possibilità di garantire ai nostri cittadini pari opportunità per quanto riguarda l’accesso alle terapie mediche e all’assistenza infermieristica costituisce un importante tema politico, sia all’interno degli Stati membri sia a livello dell’Unione europea. Dobbiamo fare in modo che l’età non rappresenti un fattore di limitazione nell’accesso ai servizi e a un’assistenza di qualità.

Vorrei ora fare alcune osservazioni sull’inserimento nel mondo del lavoro di chi è affetto da questa patologia. Riconosco che per la crescita è importante far sì che le persone riprendano a lavorare. E spesso è molto importante anche per i pazienti stessi. Noi pazienti siamo persone normali. Tuttavia, quando si tratta di reintegrare i pazienti nel mondo del lavoro, dobbiamo anche fare attenzione e rispettare l’aspetto umano. Dal punto di vista umano, è infatti importante che ognuno abbia il tempo sufficiente per riprendersi dalla malattia. Dobbiamo ricordare che i tempi di recupero dopo la malattia cambiano da una persona all’altra.

 
  
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  Satu Hassi (Verts/ALE).(FI) Signora Presidente, onorevoli colleghi, desidero ringraziare moltissimo la relatrice per l’ottimo lavoro svolto. Contesto l’affermazione del Commissario Špidla secondo cui il tumore al seno impedisce alle persone di vivere una vita normale. Non è necessariamente così. Io stessa ne sono un esempio: mi sono ammalata di cancro al seno. Ma il cancro al seno, se diagnosticato in tempo, operato e trattato correttamente, non impedisce minimamente di vivere una vita normale e di lavorare.

La Finlandia è uno dei paesi europei in cui il carcinoma della mammella sta diffondendosi più rapidamente, ma grazie allo screening e alle terapie, il tasso di mortalità non sale ormai da decenni. Tuttavia, il miglioramento dello screening e dei trattamenti da solo non basta: abbiamo anche bisogno di studiare le cause del cancro. I miei colleghi, onorevoli Breyer e Corbey, hanno affermato che la ricerca più recente indica che addirittura il 50 per cento dei nuovi casi di tumore al seno può essere imputato a fattori ambientali, tra cui le sostanze chimiche industriali alle quali siamo costantemente esposti. Un cocktail di sostanze chimiche che danneggiano gli ormoni è pericolosissimo, soprattutto per il feto e durante la pubertà. Dobbiamo fare qualcosa al riguardo.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL).(PT) Signora Presidente, come sappiamo, il tumore al seno non è solo la forma di tumore più comune tra le donne, ma è anche la principale causa di morte per le donne di età compresa tra i 35 e i 59 anni.

Conseguentemente, la politica di informazione sullo screening mammografico deve essere migliorata e intensificata, devono essere attuati programmi per la diagnosi precoce del cancro e deve essere potenziato il sostegno alla ricerca nell’area della prevenzione del tumore al seno. Da qui l’importanza delle tematiche che sottoponiamo all’attenzione della Commissione. Confidiamo anche in una risposta positiva da parte degli Stati membri, per garantire che tutte le donne, indipendentemente dalle loro condizioni economiche e sociali, abbiano accesso a prevenzione, screening, diagnosi precoce e trattamento per il tumore al seno, e possano essere reinserite nel mercato del lavoro senza subire alcuna discriminazione.

 
  
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  Jean-Claude Martinez (NI).(FR) Signora Presidente, in Francia, concretamente, il tumore al seno, prevede innanzi tutto, nella fase dello screening, una mammografia e, successivamente, l’esame anatomopatologico che conferma la presenza del tumore. La valutazione dovrebbe comprendere anche esami su fegato, cervello e ossa, che sono i tre bersagli delle metastasi.

Nella migliore delle ipotesi, in Francia, si farà solo una scintigrafia ossea, ma non la risonanza magnetica e soprattutto non si esegue la tomografia ad emissione di positroni, PET, utilizzata per la diagnosi metabolica precoce. Durante il trattamento, se la paziente sarà sottoposta a radioterapia, il tecnico che la eseguirà sarà di livello modesto. Può quindi derivarne un’irradiazione accidentale nella regione del cuore o della tiroide. Poi, dopo il trattamento, se la paziente accusa dolori dorsali, si procede a una scintigrafia che evidenzia una macchia sospetta a livello osseo, ma non si esegue comunque uno screening ricorrendo alla PET. Perché? Perché in Francia, per 35 milioni di donne, ci sono solo due apparecchiature per l’esecuzione della tomografia ad emissione di positroni. Perché? Perché le politiche di austerità di bilancio non autorizzano spese per le attrezzature ospedaliere. E il risultato qual è? In Europa le donne muoiono a causa del cancro al seno, ma anche a causa del cancro ideologico della Commissione europea: maltusianismo di bilancio e libero mercato sfrenato.

 
  
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  Françoise Grossetête (PPE-DE).(FR) Signora Presidente, signor Commissario, il tumore della mammella uccide troppe donne nell’Unione europea, molte delle quali sono spesso troppo giovani. Questi decessi sono inaccettabili se si considera che la diagnosi precoce permette di curare questa patologia tumorale. Sappiamo tutti quali traumi psichici e fisici subiscono le donne alle quali è diagnosticata la malattia: devono riorganizzare la loro vita familiare e professionale e affrontare la malattia, non hanno scelta. Tuttavia, in Europa gli strumenti e le modalità per combattere il flagello rappresentato dal carcinoma della mammella non sono assolutamente armonizzati. Solo dieci Stati membri conducono programmi di screening, con più o meno successo. Le donne europee sono pertanto confrontate a una situazione di palese disuguaglianza, in funzione del paese o persino della città in cui abitano.

Signor Commissario, il nostro obiettivo è eradicare questa malattia, ricordando che, oltre all’esperienza traumatica che vive la paziente, c’è un costo a carico della nostra società. La soluzione a questa piaga passa attraverso lo screening precoce e obbligatorio, organizzato dai governi degli Stati membri. Perché sia efficace, questo screening deve esser gratuito, e deve soprattutto essere svolto in modo corretto, il che implica che si disponga di apparecchiature all’avanguardia in tutta l’Unione europea. La mammografia digitale che, in passato, talvolta non evidenziava le microcalcificazioni – il più comune segnale di una neoplasia – ha fatto notevoli progressi. Allora, signor Commissario, quando disporremo di mammografi digitali in tutta l’Unione europea?

Uno screening efficace presuppone anche che ogni apparecchiatura sia sottoposta a taratura e quindi a controlli di qualità, ricordando che nulla è peggio della falsa sicurezza data alle donne da un esame radiologico che potrebbe essere di qualità insufficiente. Perché questo screening sia efficace, le apparecchiature da sole non bastano. I medici chiamati ad eseguire questi esami diagnostici devono seguire programmi di formazione permanente. Devono aggiornarsi continuamente e sottoporsi a esami obbligatori per la valutazione delle loro competenze.

Infine, le donne hanno bisogno di informazioni in materia di prevenzione del carcinoma della mammella, hanno bisogno di consigli in materia di corretto stile di vita e sicurezza alimentare, e non devono avere paura dello screening. La ricerca deve consentirci di fare progressi a livello di individuazione delle cause del tumore al seno. Sono convinta che, mettendo in comune i nostri sforzi, potremo ancora una volta fare vedere quello che fa l’Unione europea per migliorare la salute delle donne europee. E’ sicuramente un tema che dovrebbe essere sostenuto unanimemente all’interno dell’Unione europea: zero decessi per tumore al seno in Europa!

 
  
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  Anne Ferreira (PSE).(FR) Signora Presidente, signori Commissari, innanzi tutto, desidero ringraziare i miei colleghi per l’enorme lavoro svolto e la chiarezza dei loro interventi. Il problema ci cui ci stiamo occupando oggi è grave. Per convincersene, basta osservare le allarmanti statistiche sulla diffusione del tumore della mammella in Europa e vedere quanti decessi sono provocati da questa malattia. Il problema è reso ancora più grave dalle forti disuguaglianze esistenti tra i paesi sia sul piano della prevenzione sia su quello terapeutico, disuguaglianze che si sono ulteriormente accentuate dopo l’ultimo allargamento.

Sebbene i Trattati sanciscano che, congiuntamente agli Stati membri, l’Unione europea si impegna a proteggere e promuovere la salute dei cittadini europei, resta pur vero che sarà necessario dare un senso più forte all’avverbio “congiuntamente”. Infatti, le linee guida e le raccomandazioni dell’Unione europea non sono state tenute sufficientemente in considerazione. Oggi, dobbiamo reagire a questa situazione, anziché continuare a tollerarla. L’Unione europea deve garantire ai propri cittadini parità di accesso alla diagnosi, alla gestione della malattia e ai migliori trattamenti disponibili. A tal fine, disponiamo dello strumento legislativo e dello strumento di bilancio, nonché dei Fondi strutturali e dei programmi di ricerca.

Dobbiamo raccogliere le risorse necessarie per studiare tutte le cause di questa malattia, siano esse ambientali, sociali o genetiche, e per fare ricerca sulle terapie innovative. La Commissione deve presentarci proposte in tal senso e penso sinceramente che l’Unione europea dovrebbe fare della lotta contro il tumore al seno, e della lotta contro il cancro in generale, una politica prioritaria, ricordando che insieme saremo sempre più forti. E’ questo il valore aggiunto dell’Unione europea che i nostri cittadini si aspettano.

Gli studi, le diagnosi, le valutazioni e le risoluzioni sono necessari, ma è cruciale agire. La Commissione e il Consiglio devono dunque ascoltare il nostro grido d’allarme e non perdere più tempo.

 
  
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  Marian Harkin (ALDE).(EN) Signora Presidente, oggi stiamo discutendo di un’eccellente risoluzione che comporta conseguenze per tutte le donne e anche per tutte le famiglie nell’Unione europea. Come è già stato rilevato, ogni sei minuti, nell’Unione europea una donna muore di cancro. E’ un dato statistico sconvolgente, un dato che ci dovrebbe spronare ad agire immediatamente.

Lo screening mammografico che, secondo l’OMS, può ridurre i decessi dovuti al tumore mammario del 35 per cento, è offerto in modo capillare solo in 11 Stati membri. Dobbiamo vergognarci! E che si vergogni il mio paese, l’Irlanda, che non ha ancora esteso lo screening mammografico a livello nazionale. I decessi dovuti al carcinoma mammario nella Repubblica d’Irlanda sono decisamente più numerosi che nell’Irlanda del nord, dove lo screening mammografico è già stato adottato. Ma noi, come molti altri paesi europei, non abbiamo ancora una copertura nazionale.

Infine, due elementi cruciali: ogni paese dovrebbe offrire un’assistenza capillare per il trattamento del tumore al seno, che preveda la presenza di unità mammarie interdisciplinari nei luoghi più indicati; inoltre, le donne al di sopra dei 69 anni di età, o nel caso dell’Irlanda, al di sopra dei 65 anni, non devono essere escluse dallo screening mammografico.

 
  
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  Rodi Kratsa-Tsagaropoulou (PPE-DE).(EL) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, anch’io desidero congratularmi con le commissioni parlamentari competenti per aver preso l’iniziativa di sollecitare questa discussione congiunta sul cancro al seno, visto che rappresenta un rischio concreto e in costante diffusione per la salute di donne e uomini, in età sempre più giovane.

Le ripercussioni che ha sull’organizzazione della vita personale, famigliare, sociale e produttiva sono già state ricordate. Oggi viene pertanto lanciato un appello affinché la strategia comunitaria dia una risposta sia alla situazione attuale sia alle tendenze e alle sfide emergenti per la salute dei nostri cittadini e si serva di tutti i mezzi di cui dispone per realizzare gli obiettivi che si è prefissata, in termini di riduzione sensibile del fenomeno.

Il carcinoma mammario è una malattia in cui uno screening corretto svolge un ruolo fondamentale, come sappiamo dalle statistiche di cui disponiamo e come abbiamo anche sentito nel corso della discussione odierna. Questo significa tuttavia che abbiamo bisogno di un’infrastruttura moderna in termini di apparecchiature e macchinari e di personale specializzato. Il programma “L’Europa contro il cancro”, insieme a tutte le altre possibilità offerte dai Fondi strutturali, dai programmi di ricerca, eccetera, deve reagire a queste sfide.

E’ anche molto importante un corretto monitoraggio medico e psicologico dei pazienti, come abbiamo già sentito durante la discussione. Gli Stati membri, unitamente alle autorità regionali e locali, hanno pertanto l’obbligo di assicurare queste condizioni in termini di prevenzione, monitoraggio e trattamento per tutti i cittadini in ogni angolo delle loro regioni. Questo è particolarmente importante per i nuovi Stati membri, visto soprattutto che stiamo per accogliere nella “nostra famiglia” altri due nuovi paesi.

Desidero sottolineare in questa sede il ruolo che svolge la società civile in termini di informazione e sostegno ai pazienti. In vari paesi, sono state avviate molte iniziative interessanti che sono state addirittura messe in rete a livello europeo. Dobbiamo sostenere il loro lavoro, soprattutto nei nuovi Stati membri, e fornire l’opportunità di scambi di migliori pratiche e valore aggiunto a favore della salute dei nostri cittadini.

 
  
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  Karin Scheele (PSE).(DE) Signora Presidente, desidero esprimere le mie più sincere congratulazioni e il mio profondo ringraziamento all’onorevole Jöns, che non solo è la principale artefice della proposta di risoluzione oggi presentata e dell’interrogazione, ma che si impegna instancabilmente per favorire la sensibilizzazione sul tema del cancro al seno. Questo naturalmente domani ci consentirà di ottenere un massiccio sostegno a favore di questa proposta di risoluzione.

Il cancro al seno è la principale causa di morte per le donne di età compresa tra i 35 e i 59 anni, sia per le donne che hanno figli sia per quelle che non ne hanno. Ogni anno, nell’Unione europea, 88 000 donne e 1 000 uomini muoiono di carcinoma mammario. Lo screening mammografico può ridurre notevolmente l’indice di mortalità per le donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni. Esistono orientamenti UE in materia sin dal 1992, che finora, però, sono stati attuati solo in undici Stati membri e le differenze in termini di indice di mortalità delle donne sono estremamente marcate. Per questo, aspettiamo con impazienza la relazione di avanzamento che ci ha annunciato il Commissario Kyprianou per il 2007.

Il Parlamento europeo, tuttavia, oggi non si occupa solo della diagnosi precoce del cancro al seno e della terapia corretta, ma anche di prevenzione. Le cause del carcinoma della mammella devono essere studiate in modo più approfondito, prestando particolare attenzione al ruolo delle sostanze chimiche tossiche, dell’inquinamento ambientale, dell’alimentazione, dello stile di vita e dei fattori genetici, nonché alle loro interazioni.

Tra qualche settimana, quando il Parlamento voterà sulla nuova politica europea sui prodotti chimici, avremo la possibilità di trasmettere un segnale chiaro che non lasci dubbi sul fatto che prendiamo sul serio la prevenzione del cancro.

 
  
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  Lissy Gröner (PSE).(DE) Signora Presidente, signori Commissari, onorevoli colleghi, oggi abbiamo sentito le spaventose cifre che dimostrano l’effetto del cancro al seno sulla vita sia degli uomini sia delle donne. La puntualità e l’efficacia del trattamento e conseguentemente le probabilità di sopravvivenza delle donne sono puramente frutto del caso.

In quanto coordinatrice della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, già da molti anni mi occupo del tema, e abbiamo ormai acquisito una certa esperienza. Ma non possiamo fermarci qui. Disponiamo di orientamenti UE per lo screening mammografico di qualità da oltre dieci anni. In Belgio, dove ho la mia seconda casa, vengo invitata a sottopormi a uno screening periodico, mentre nel mio paese di origine, la Germania, non si fa nulla. Si potrebbe salvare la vita a molte madri, figlie e mogli e alleviare il trauma ch’esse vivono.

I progressi sono però molto lenti. La commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere nel 2003 aveva presentato una relazione eccellente, ma da allora si è fatto ben poco. Credo che manchi in questo caso la volontà politica. Posso dirvi che a livello europeo questa volontà c’è, ma negli Stati membri resta davvero ancora molto da fare. Il settimo programma quadro per la ricerca ci offre nuovamente l’opportunità di esercitare pressione, affinché siano stanziate più risorse per la ricerca.

Anche per quanto riguarda altre patologie femminili, come per esempio l’emicrania, è stata esercitata poca pressione politica al fine di compiere passi avanti e adottare misure interdisciplinari. Come è stato dimostrato da oltre 20 anni di esperienza negli Stati Uniti, i centri mammografici interdisciplinari possono fornire un’assistenza molto valida ed efficiente. Ora ne esistono alcuni anche in Europa, ma nemmeno in questo caso mi sembra di scorgere la volontà politica di passare davvero all’attuazione pratica.

E allora lavoriamo insieme, qui al Parlamento europeo, per combattere contro il trauma del cancro al seno, per tutti e non solo per chi se lo può permettere economicamente.

 
  
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  Edite Estrela (PSE).(PT) Nonostante i progressi compiuti in termini di diagnosi e trattamento, il cancro al seno è ancora la principale causa di morte tra le donne di età compresa tra i 35 e i 55 anni. Si stima che solo in Europa il cancro al seno uccida oltre 130 000 donne all’anno. Ogni due minuti e mezzo a una donna viene diagnosticato un carcinoma mammario. Tutte le donne devono poter accedere a informazione, prevenzione e terapie adeguate. I programmi di screening, che utilizzano la mammografia, dovrebbero essere obbligatori in tutti gli Stati membri. Sono necessarie più campagne di informazione che insegnino come seguire uno stile di vita sano. La prevenzione e il trattamento del tumore al seno dovrebbero figurare anche tra le priorità del settimo programma quadro per la ricerca, soprattutto in un momento in cui gli studi dimostrano che, oltre ai fattori genetici, anche i fattori ambientali e legati allo stile di vita possono contribuire allo sviluppo del tumore al seno.

 
  
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  Britta Thomsen (PSE).(DA) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, il tumore al seno è la causa di morte più frequente tra le donne di età compresa tra i 35 e i 50 anni, e il numero di donne che sopravvivono alla malattia varia considerevolmente da un paese all’altro. Dobbiamo esortare gli Stati membri a istituire centri di informazione e consulenza sull’ereditarietà del carcinoma mammario, e dobbiamo invitare la Commissione a presentare una relazione sullo stato di avanzamento ogni due anni. E’ importante privilegiare la ricerca sul cancro al seno. Per questo, il settimo programma quadro di ricerca dell’Unione europea dovrebbe anche stanziare fondi sufficienti per la ricerca sul carcinoma mammario: non solo per quanto riguarda gli aspetti fisiologici e tecnici e le alternative alle terapie convenzionali, ma anche per quanto riguarda le conseguenze sociali e soprattutto le cause del tumore al seno. E’ necessario che impariamo gli uni dagli altri, ed è proprio questo il tipo di cooperazione che meglio si situa nel contesto offerto dall’Unione europea. L’Unione europea dovrebbe condurre campagne europee per la prevenzione della malattia che insegnino alle donne come eseguire l’autopalpazione. Inoltre, i singoli governi dovrebbero avviare programmi nazionali di screening mammografico in tutti gli Stati membri, perché la diagnosi precoce del tumore al seno può ridurre in misura significativa gli indici di mortalità.

 
  
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  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE).(PL) Signora Presidente, le statistiche sul cancro nell’Unione europea sono allarmanti. Il tumore al seno è la patologia tumorale più frequente dopo il cancro ai polmoni. Nell’Unione europea, ogni due minuti viene diagnosticato un tumore al seno, e ogni sei minuti una donna muore.

Il modo migliore per combattere il tumore al seno è ricorrere a uno screening periodico e promuovere una diagnosi efficace del tumore. L’utilizzo diffuso della mammografia potrebbe ridurre il numero di decessi almeno del 35 per cento, a condizione, naturalmente, che gli esami siano condotti regolarmente e siano facilmente accessibili a tutti. Le disposizioni dell’Unione europea che stabiliscono le norme in vigore in questo settore sono vincolanti da 15 anni. Tuttavia, circa la metà degli Stati membri dell’Unione non attua per ora programmi di screening periodico. Le cose devono cambiare. Noi deputati al Parlamento europeo ci aspettiamo una risposta chiara in merito alle azioni che la Commissione intende avviare per aiutare gli Stati membri a realizzare i loro obiettivi, tra i quali la riduzione del 25 per cento del tasso medio di mortalità entro il 2008.

E’ essenziale adottare una strategia coordinata a livello europeo per combattere il tumore al seno. E’ venuto il momento di intraprendere azioni specifiche. Oltre 100 000 donne muoiono ogni anno di tumore al seno.

 
  
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  Marta Vincenzi (PSE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il dibattito ha riproposto i temi della prevenzione, della qualità dell’intervento sanitario, dell’urgenza della ricerca, nonché del diritto alla dignità e al lavoro. Si tratta di temi che formano parte integrante della strategia di Lisbona.

L’obiettivo politico del Parlamento è dunque quello di segnalare l’urgenza di azioni coordinate, che la Commissione deve svolgere assumendo un ruolo guida più forte e più visibile nei confronti degli Stati membri. Non basta fissare obiettivi al 2008 ma occorre monitorarli, operare correttivi e sapere quali avanzamenti registriamo. In questa materia non ci sono premi per i paesi virtuosi, né ci sono sanzioni per chi non registra progressi. Propongo pertanto ai Commissari di introdurre una sorta di black list, come abbiamo già fatto per le compagnie aeree che non garantiscono la sicurezza, per le situazioni nazionali che non registrano alcun progresso. Usiamo la forza dell’opinione pubblica, alleata alla comunità scientifica, per sostenere le politiche comunitarie.

 
  
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  Karin Jöns (PSE), autore.(DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, il dibattito è stato molto importante e utile. Abbiamo infatti dimostrato ancora una volta che il Parlamento europeo sta davvero dalla parte delle donne colpite da tumore al seno e delle loro famiglie. Per quanto mi è dato di sapere, siamo anche l’unico parlamento dell’Unione europea che dà rilievo al mese internazionale della prevenzione del tumore al seno, discutendo dei miglioramenti strutturali in materia di trattamento e diagnosi precoce del cancro al seno.

Se da una parte oggi desidero rivolgere un ringraziamento alla Commissione per averci promesso che metterà a punto una procedura di certificazione per i centri mammografici interdisciplinari e per il profilo professionale delle infermiere specializzate, dall’altra vorrei dire ai Commissari che ci farebbe molto piacere se queste linee guida fossero pubblicate su Internet, iniziativa che, in questa epoca della comunicazione moderna, non costituirebbe certo un passo affrettato, e vorrei inoltre aggiungere che non abbiamo abbandonato la speranza che rendiate disponibili le linee guida esistenti in un altro formato oltre alla semplice versione stampata.

Questo dibattito ha tuttavia evidenziato per la prima volta una nuova prospettiva, che pone l’accento sul comportamento da adottare nei confronti delle donne affette da tumore al seno nell’ambiente di lavoro e sul loro reinserimento nel mercato del lavoro; è stata inoltre sollecitata una campagna di sensibilizzazione per i datori di lavoro. Oggi il Commissario Špidla – se ho ben compreso il suo messaggio – ci ha promesso una campagna di questo tipo e lo ringrazio moltissimo. Tutto questo evidenzia quanto sia importante elaborare una Carta per la tutela dei diritti dei malati cronici sul luogo di lavoro. Credo che la commissione per l’occupazione e gli affari sociali si occuperà di questo tema.

In conclusione, un’ultima osservazione in risposta a chi non sa come comportarsi con le pazienti colpite da tumore: dovrebbero essere trattate proprio come sono trattati gli altri pazienti oncologici. Non devono essere stigmatizzate – cosa che purtroppo continua ad accadere – ma devono essere semplicemente trattate in modo del tutto normale, poiché questo è probabilmente il modo migliore per aiutarle.

 
  
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  Presidente. – Grazie, onorevole Jöns. Sebbene il mio compito sia esclusivamente quello di presiedere la discussione, farò una cosa che non dovrei fare e sosterrò la sua richiesta di pubblicare gli orientamenti su Internet. La Commissione non ha certo bisogno di ricorrere alla versione cartacea per recuperare le spese.

 
  
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  Markos Kyprianou, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, desidero ringraziare i deputati di questo dibattito molto interessante e utile. Sapevo sin dall’inizio che eravamo dalla stessa parte, ma fa bene rassicurarsi a vicenda ogniqualvolta sia possibile farlo. Desidero rispondere molto brevemente ad alcune osservazioni specifiche e poi esprimere un commento generale relativamente alla tematica discussa.

Siamo consapevoli del problema degli uomini colpiti da carcinoma mammario, che è stato sollevato dall’onorevole Bowis. Dobbiamo affrontare questa patologia come una malattia rara, perché è molto meno comune di quanto non lo sia tra le donne. Ci stiamo dedicando a questo problema e ne discuteremo molto presto con esperti del settore per trovare il modo di includerlo nelle linee guida future, ma come malattia rara, così come facciamo per altre malattie rare.

Per quanto riguarda la ricerca, desidero ribadire che le cause ambientali rientrano nel nostro piano. Il settimo programma quadro ci fornirà l’occasione di esplorare questo campo della ricerca. L’interazione tra fattori genetici e ambientali e lo sviluppo dei tumori deve tenere conto anche dello stile di vita e di altri importanti fattori di rischio. Potremo così approfondire la nostra conoscenza delle cause della malattia. E’ una priorità, perché è molto più importante prevenire che dover poi curare la malattia.

Il problema delle altre patologie tumorali è stato sollevato dall’onorevole Adamou. Confermo che non ci stiamo concentrando solo su una malattia, ma stiamo lavorando in modo più generale sulle patologie tumorali. Ogni caso è specifico e richiede linee guida specifiche e un approccio specifico. Prevediamo di elaborare linee guida per il tumore del collo dell’utero entro il prossimo anno, per il tumore alla prostata entro il 2008 e per il cancro colorettale entro il 2009. Dobbiamo eseguire valutazioni, dobbiamo fare ricerca, dobbiamo riunire tutte le conoscenze e poi elaborare le linee guida.

Stiamo lavorando anche in altri settori, come i virus dell’epatite B e C, perché sappiamo che possono essere all’origine del tumore epatico, e inoltre su aspetti come il fumo, l’obesità e altre cause di tumori.

Abbiamo pubblicato linee guida e raccomandazioni che illustrano come gli Stati membri affrontano il problema ed evidenziano le disuguaglianze. Non hanno forza di legge, quindi non possiamo obbligare gli Stati membri ad attuarle. Rappresentano le migliori pratiche. Con il vostro aiuto, incoraggiamo gli Stati membri ed esercitiamo su di loro pressione, perché si conformino alle linee guida. Guardo con interesse all’opportunità di riparlarne, quando avremo elaborato la relazione. Allora potremo discutere del risultato e dell’impegno degli Stati membri.

E’ un problema allarmante. Le cifre sono spaventose. Se, rispetto a questa patologia, dobbiamo esercitare pressione sugli Stati membri, perché facciano il loro dovere, potete immaginarvi come stanno le cose per quanto riguarda le malattie rare che non colpiscono così tante persone. A voler essere cinici e anche estremamente franchi, possiamo dire che non c’è molta pressione politica. Se ci fermiamo per un attimo a pensare, potremmo davvero essere presi dal panico, ma non dobbiamo farlo. Il nostro compito è quello di fare in modo che gli Stati membri ottemperino ai loro impegni e seguano le raccomandazioni che adottano e le linee guida che accettano. Lavoreremo in quest’ottica, non solo rispetto al tumore della mammella, ma anche rispetto a tutte le disuguaglianze che purtroppo ancora esistono nell’Unione europea, negli Stati membri e tra gli Stati membri. Questa non è l’Unione europea solidale alla quale aspiriamo tutti e alla quale tutti abbiamo aderito.

Per quanto riguarda l’utilizzo dei Fondi strutturali, vorrei dire che i fondi ci sono, ma a meno che la spesa per la sanità non venga adottata come priorità dagli Stati membri, non possiamo fare nulla. Ancora una volta, la nostra sfida è fare in modo che gli Stati membri adottino le politiche.

A meno che gli Stati membri non riconoscano che la spesa per la sanità non è un costo ma un investimento – e dobbiamo convincerli di questo – la situazione non migliorerà. Proprio su questo aspetto, dobbiamo lavorare insieme e cooperare.

 
  
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  Vladimír Špidla, Membro della Commissione. (CS) Signora Presidente, onorevoli deputati, desidero ringraziarvi della discussione, che è stata estremamente fruttuosa e ha apportato numerosi chiarimenti sul tema del cancro al seno da diversi punti di vista. Sono molto lieto che siano stati messi in rilievo altri temi, compresi anche i problemi sociali, a dimostrazione del fatto che questa malattia travalica il confine dei semplici fattori medici per andare a toccare anche temi quali la lotta contro la discriminazione sul luogo di lavoro e nella società nel suo insieme.

E’ anche evidente che le opportunità dirette di cui dispone l’Unione europea sono limitate, sebbene non stiamo ancora utilizzando al meglio tutte le possibilità di cui disponiamo e, a mio parere, questa è una delle principali sfide alle quali siamo confrontati. Desidero ringraziare il Parlamento in generale perché credo fermamente che, se riusciremo a mantenere lo stesso livello di determinazione e volontà politica in vista di una soluzione a questo problema, lo potremo risolvere davvero, direttamente o indirettamente. Visto che la politica sociale e medica si misura sempre in termini numerici, e che questi numeri sono esseri umani, qualsiasi progresso, piccolo o grande, può essere in definitiva tradotto in vite umane, e sono convinto che potremo compiere questo progresso e che i risultati saranno evidenti.

 
  
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  Presidente. – A conclusione della discussione, comunico di aver ricevuto una proposta di risoluzione (B6-0528/2006) ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 5, del Regolamento.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì, alle 12.00.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MOSCOVICI
Vicepresidente

 

6. Programma di sostegno al settore audiovisivo europeo (MEDIA 2007) (discussione)
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la raccomandazione per la seconda lettura (A6-0337/2006), della commissione per la cultura e l’istruzione, relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell’adozione della decisione del Parlamento audiovisivo europeo (MEDIA 2007) [06233/2/2006 – C6-0271/2006 – 2004/0151 (COD)] (Relatore: onorevole Hieronymi).

 
  
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  Ruth Hieronymi (PPE-DE), relatore. – (DE) Signor Presidente, oggi discutiamo MEDIA 2007, il programma di sostegno di terza generazione per l’industria cinematografica europea.

Vorrei esprimere i più sentiti ringraziamenti ai membri della commissione per la cultura e l’istruzione e ai comitati consultivi per l’ottima cooperazione; in particolare, vorrei ringraziare anche il Commissario Reding e i suoi collaboratori, che, assieme all’Assemblea, hanno cercato di fare tutto il possibile per favorire lo sviluppo e il successo del settore audiovisivo europeo.

Esattamente un anno fa oggi, il 25 ottobre 2005, l’Assemblea ha approvato a larga maggioranza la proposta relativa a questo programma. Volevamo adottare il programma in tempo utile – e con questo intendo al più presto – in modo che fosse a disposizione dei cineasti europei a partire dal 1° gennaio 2007. Purtroppo, il Consiglio europeo non è stato abbastanza lungimirante da seguire questo calendario e ci ha imposto di condurre prima difficili negoziati finanziari.

Il programma MEDIA 2007 ha la stessa struttura dei suoi fortunati predecessori, MEDIA e MEDIA PLUS, e comprende la formazione, lo sviluppo e la distribuzione nel settore audiovisivo, ma non la produzione, che rimane una prerogativa degli Stati membri. Ciò che rende il programma MEDIA straordinariamente importante è il fatto che il settore audiovisivo, come tutti sappiamo, è uno dei settori economici in più rapida crescita non solo in Europa, ma in tutto il mondo. Se l’Europa vuole rimanere al passo, deve imboccare la giusta direzione.

Il programma MEDIA rappresenta una risposta a due problemi fondamentali per il mercato audiovisivo europeo, il primo dei quali è la frammentazione, attribuibile principalmente alla nostra diversità culturale, linguistica e nazionale. Se questa diversità è preziosa, uno dei tesori più preziosi che l’Europa possiede, essa rappresenta anche una grande sfida per lo sviluppo del mercato. In secondo luogo, il mercato audiovisivo in Europa risente di una carenza cronica di finanziamenti. Il programma MEDIA è una valida risposta a queste sfide.

Il programma MEDIA ha contribuito a finanziare il 90 per cento di tutti i film prodotti in Europa destinati all’esportazione, e ogni euro investito nel quadro del programma ne porta altri 20 in investimenti successivi. E’ quindi più che giusto che la Commissione, in particolare il Commissario Reding, abbia esercitato pressioni per ottenere finanziamenti adeguati da parte dell’Unione europea e abbia proposto una dotazione di un miliardo di euro. Purtroppo, nell’ambito dei negoziati non è stato possibile persuadere il Consiglio ad accettare questo importo, che è stato ridotto a 671 milioni di euro, con i quali siamo solo riusciti a mantenere lo status quo, senza ottenere un ulteriore sviluppo.

Nondimeno, il nuovo programma prevede tre priorità. La prima è la digitalizzazione, la seconda è la cooperazione rafforzata a tutti i livelli e la terza il migliore accesso agli istituti finanziari specializzati in finanziamenti nel settore audiovisivo. Tutto sommato, posso solo dire che auspichiamo vivamente un rapido avvio del programma, un’attuazione fruttuosa e, la prossima volta, una dotazione adeguata.

 
  
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  Viviane Reding, Membro della Commissione. – (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, so che il Parlamento, nella sua totalità, tiene quanto me al programma MEDIA, un programma che si è rivelato valido e ha accompagnato il settore audiovisivo europeo sin dal suo lancio. Siamo ormai giunti alla quarta generazione e il fatto che ne abbiamo conservato la struttura di base, innovando elementi precisi legati al progresso tecnologico, dimostra che il programma ha dato prova di essere valido e che è importante, trova riconoscimento unanime tra i professionisti del settore ed è essenziale per il futuro della nostra creatività e del nostro patrimonio audiovisivo.

Signor Presidente, sono lieta del sostegno risoluto del Parlamento europeo e, in particolare, dell’appoggio costruttivo e immancabile della relatrice, onorevole Hieronymi. La raccomandazione per la seconda lettura segna un nuovo passo verso una rapida entrata in vigore del programma nel 2007. Il Parlamento ha svolto il suo lavoro e le decisioni definitive devono ora essere prese dal Consiglio. Mi auguro che si potrà, a partire dal prossimo anno, senza intoppi e senza soluzione di continuità, permettere ai professionisti del settore audiovisivo di beneficiare di questi aiuti, che sono indispensabili per più motivi: innanzi tutto, per la diversità culturale europea, poi per la creazione di produzioni europee e, infine, per la solidità dell’industria del contenuto. Da parte mia, come in passato, intendo favorire l’adozione di questa decisione, che sarà una tappa cruciale per il futuro del settore audiovisivo europeo.

 
  
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  Marie Panayotopoulos-Cassiotou, a nome del gruppo PPE-DE.(EL) Signor Presidente, la proposta odierna, riguardante l’adozione da parte del Parlamento europeo della posizione comune sulla decisione relativa all’attuazione di un programma di sostegno al settore audiovisivo europeo, si deve, a mio parere, alla perseveranza personale e al sistematico lavoro svolto da moltissime persone, in particolare dalla relatrice, onorevole Ruth Hieronymi, alla quale vorrei esprimere anch’io le mie sincere congratulazioni, in veste di relatrice per parere della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, e dalla principale responsabile della serie di programmi MEDIA, il Commissario Reding.

In cooperazione con la Commissione europea e il Consiglio, siamo giunti alla versione definitiva del testo del programma MEDIA 2007-2013, che conferisce un valore aggiunto specifico allo sviluppo del settore audiovisivo europeo, il quale, oltre alla sua importanza e al suo valore economico e al contributo che può dare all’occupazione e alla competitività del settore audiovisivo nell’Unione europea, ha anche un particolare valore sociale e culturale.

Il settore audiovisivo offre oggi enormi potenzialità per combattere gli stereotipi di genere e coltivare gli atteggiamenti e comportamenti delle comunità europee sulla base di tradizioni, valori immutati e rispetto della dignità e dell’unicità degli esseri umani.

Grazie al contributo del Parlamento europeo al rafforzamento delle fasi di preproduzione e postproduzione della maggioranza dei produttori audiovisivi europei, il nuovo programma MEDIA 2007 continuerà a evidenziarne l’importanza ai fini della promozione del dialogo culturale e del patrimonio linguistico e culturale.

Ci auguriamo anche che, nel quadro della globalizzazione della competitività e degli obiettivi strategici di Lisbona, sarà promosso un settore europeo rispettato, solido e con contenuti differenziati, al fine di sviluppare i valori europei e renderli accessibili, prestando maggiore attenzione alla promozione delle lingue meno diffuse...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Marianne Mikko, a nome del gruppo PSE. – (ET) Onorevoli colleghi, innanzi tutto vorrei ribadire le mie congratulazioni alla relatrice, onorevole Hieronymi, per l’abilità con cui ha elaborato un ottimo documento sul programma MEDIA 2007, destinato a sostenere l’industria cinematografica europea.

Sono soddisfatta, ma anche preoccupata; soddisfatta, perché il sostegno alla digitalizzazione è diventato un elemento centrale del programma MEDIA 2007, ma preoccupata perché, con il livello attuale di finanziamenti, l’industria cinematografica europea non sarà competitiva.

La digitalizzazione è una sfida che il settore audiovisivo europeo deve cogliere per sviluppare la sua capacità di innovazione. La digitalizzazione può diventare uno strumento efficace per superare la divisione del mercato europeo.

Vorrei ringraziare la Commissione, il Consiglio e tutti i colleghi che hanno sostenuto le mie posizioni in veste di relatrice ombra. Per quanto riguarda la situazione attuale, la quota di produzioni statunitensi trasmesse dalle emittenti televisive europee ha di nuovo raggiunto un livello record. Hollywood impera anche nei nostri cinema.

Vi è stato un tempo in cui il cinema apparteneva a Fassbinder e alla nouvelle vague francese. Più di recente, apparteneva a Kaurismäki e al gruppo Dogma. Ora l’intelligente pubblico europeo vuole vedere la produzione cinematografica asiatica.

So che l’emergere di cineasti brillanti dipende in larga misura dal caso. L’attuale carenza di finanziamenti significa che il prossimo genio cinematografico europeo potrebbe andare a lavorare in America o scegliere un campo professionale completamente diverso.

Gli audiovisivi non sono solo un settore: sono uno strumento per la creazione di identità e, proprio perché l’Unione europea non può funzionare senza un’identità europea, vorrei sottolineare ancora una volta che è essenziale sostenere la nostra industria cinematografica.

Vorrei ringraziare tutti per il lavoro svolto, ma devo concludere dicendo che i risultati ottenuti in termini di finanziamenti sono inferiori ai livelli previsti all’inizio dei lavori. Per questo motivo, provo pena per l’Europa.

 
  
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  Alfonso Andria, a nome del gruppo ALDE. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, signora Commissario, già un anno fa, in occasione della prima lettura, apprezzammo il lavoro eccellente della collega relatrice, alla quale oggi rinnovo i complimenti per il suo lavoro più recente. Peraltro, lo scorso settembre, la collega Hieronymi, io e altri deputati europei abbiamo discusso di questi temi con membri del governo italiano e con operatori del settore, durante un lungo e interessante dibattito nel quadro della cinquantasettesima edizione della prestigiosa mostra del cinema di Venezia.

Sappiamo che si è registrato un ritardo. Il Parlamento europeo, con grande senso di responsabilità, si è attivato con estrema celerità e quest’oggi porta all’attenzione dell’Aula il testo finale del relativo programma MEDIA, che è stato naturalmente notevolmente migliorato, rendendo le risorse più accessibili ai potenziali beneficiari, rafforzando la cooperazione con gli altri programmi comunitari nel settore dell’istruzione, della formazione e della ricerca, nonché facilitando l’accesso al credito per l’industria audiovisiva in modo tale da porre rimedio alla sottocapitalizzazione cronica del settore.

Inoltre, l’utilizzo delle nuove tecnologie rappresenta un passaggio imprescindibile verso la razionalizzazione dei costi e la conseguente competitività. Io propongo pertanto che la Commissione si faccia carico di una valutazione dei progetti pilota realizzati e della loro diffusione qualora risultino esperienze di successo.

In conclusione, vorrei rilanciare la proposta, che formulai in questa stessa Aula lo scorso anno a proposito della relazione sulla conservazione del patrimonio cinematografico, di costituire una cineteca europea tematica che assicuri un’accurata selezione delle opere cinematografiche relative a eventi storici e ad accadimenti riferiti all’evoluzione del progetto comunitario.

 
  
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  Helga Trüpel, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei cominciare anch’io rivolgendo i miei calorosi ringraziamenti all’onorevole Hieronymi per il lavoro svolto e al Commissario Reding per l’ottima collaborazione.

La nostra politica nel settore audiovisivo di fatto mira a promuovere lo sviluppo del linguaggio estetico specifico dei film europei. Al centro della nostra coscienza culturale, vi è il desiderio di combattere il dominio di Hollywood e mostrare i nostri film, caratterizzati dalla diversità europea, e di agevolarne la produzione e la distribuzione. Sappiamo che il settore audiovisivo riveste enorme importanza anche per la strategia di Lisbona e lo sviluppo economico dell’Europa. Tuttavia, non si tratta solo di una questione economica, ma anche, in un senso profondo, di politica culturale, di identità culturale e di diversità culturale.

Concordo con gli oratori precedenti, che hanno segnalato la sottocapitalizzazione e la necessità di un rapido avvio del programma e di una migliore dotazione finanziaria.

 
  
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  Seán Ó Neachtain, a nome del gruppo UEN. – (EN) Signor Presidente, mi congratulo anch’io con la relatrice, onorevole Hieronymi, e con il Commissario Reding per il lavoro svolto a sostegno di questo programma.

Sono favorevole a proseguire il programma MEDIA nel periodo 2007-2013. Dobbiamo ricordare, mentre l’Europa procede verso una maggiore integrazione, che è molto importante cercare di proteggere e promuovere le nostre diversità culturali e linguistiche all’interno dell’Unione stessa. Dobbiamo sempre ricordare che la più grande forza dell’Europa è la sua diversità. In sostanza, il programma MEDIA contribuirà allo sviluppo del settore audiovisivo in Europa durante i prossimi sei anni.

Gli emendamenti proposti dal Parlamento europeo hanno assicurato che nel quadro del programma MEDIA si riconosca l’importanza del cinema europeo, ai fini del dialogo interculturale, della diversità linguistica e culturale e della non discriminazione.

 
  
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  Thomas Wise, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, questa proposta è un ennesimo tentativo di imporre gli ideali e la censura dell’Unione a un pubblico fiducioso. Non si tratta tanto di sostenere i settori dell’Unione, quanto di proteggerli dalla concorrenza esterna nel mondo reale.

Devo chiedere: perché è necessaria questa proposta? Forse perché, attuando un programma del genere, l’Unione può sfruttare l’ennesimo settore in cui far giungere il suo messaggio a persone che non penseranno né immagineranno di essere manipolate. Cito: “Occorre ribadire che [...] il programma MEDIA contiene ora riferimenti più chiari sull’importanza del cinema europeo per il dialogo interculturale”. Tuttavia, la relazione ignora completamente il più ampio dialogo interculturale tra le diverse culture europee e quelle del mondo esterno, per esempio quella del subcontinente indiano. Non solo questo, ma ogni aspetto della relazione costituisce puntualmente l’ennesimo tentativo di interferire nell’attività commerciale.

Sappiamo che il programma costerà 671 milioni di euro. Sappiamo anche che chi paga i suonatori sceglie la musica. Ma dov’è il valore aggiunto? Chi ne trae beneficio? Il programma ignora ciò che le persone potrebbero voler vedere, se avessero libertà di scelta. Tuttavia, ne trarrà giovamento l’Unione, falsando il mercato nelle menti dei cittadini. Ah, sì, i cittadini dell’Unione europea, quella povera gente cui è stata imposta la cittadinanza, dalla quale al momento non esistono vie di fuga!

 
  
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  Tadeusz Zwiefka (PPE-DE).(PL) Vorrei cominciare ringraziando la relatrice per l’ottimo lavoro svolto. Come tutti sappiamo, il settore audiovisivo è un elemento molto importante della nostra economia. Più di un milione di persone vi lavorano ed esso svolge anche un ruolo sociale e culturale fondamentale, perché quasi ogni famiglia europea possiede un televisore.

Purtroppo, e mi addolora dirlo, i film prodotti in Europa rappresentano solo il 26 per cento del mercato cinematografico europeo, contro il 71 per cento delle produzioni americane. Non posso concordare con l’oratore che mi ha preceduto, secondo il quale sarebbe all’opera una specie di forza. Spetta proprio a noi offrire una scelta al pubblico europeo. Tuttavia, questa scelta deve garantire l’alta qualità delle produzioni europee, perché le percentuali che ho appena indicato di sicuro non riflettono la qualità dei film che possiamo vedere. Ci auguriamo quindi che il programma MEDIA 2007 contribuirà a ristabilire l’equilibrio.

Rafforzare la diversità culturale e la produzione cinematografica europea è un nobile obiettivo, ma si può conseguire solo rafforzando al tempo stesso la competitività del settore audiovisivo europeo. E’ chiaro che la digitalizzazione è uno strumento atto a combattere la frammentazione e la carenza di investimenti che caratterizzano il mercato cinematografico europeo, ma ciò che è veramente necessario è un migliore sistema di distribuzione sul mercato europeo e anche sui mercati internazionali. Oggigiorno, i progressi della tecnica, in termini di servizi digitali, favoriscono una migliore disseminazione dei prodotti audiovisivi europei. Tuttavia, la scarsa partecipazione del settore privato, soprattutto nel contesto delle imprese specializzate in finanziamenti nel settore audiovisivo, non permetterà la piena attuazione del programma MEDIA 2007. L’offerta attuale riguardante il finanziamento della produzione audiovisiva è del tutto inadeguata, in particolare per quanto riguarda i film realizzati da piccoli e medi produttori. Lo stesso vale per le sovvenzioni a disposizione dei giovani cineasti.

Mi auguro che il programma MEDIA 2007 non vada sprecato.

 
  
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  Nikolaos Sifunakis (PSE).(EL) Signor Presidente, signora Commissario, oggi è un giorno particolarmente importante per la commissione per la cultura e l’istruzione, con le relazioni redatte dalle onorevoli Hieronymi, Gröner e Pack e dagli onorevoli Graça Moura e Takkula sui programmi pluriennali per il settore audiovisivo, la cultura, la gioventù, l’istruzione e la cittadinanza europea, presentate per l’approvazione finale in seduta plenaria. I membri della commissione meritano le nostre congratulazioni.

Nonostante il ritardo nell’approvazione dei programmi, dovuto alle difficoltà a trovare un accordo sulle prospettive finanziarie, riteniamo che le risorse che saranno rese disponibili, sebbene inadeguate, permetteranno a questi programmi di continuare a offrire benefici.

In particolare, il programma MEDIA può svolgere un ruolo importante in termini di rafforzamento della competitività dell’industria cinematografica europea, fornendo sostegno finanziario allo sviluppo di audiovisivi, alla formazione di professionisti e al miglioramento della distribuzione e circolazione delle opere europee. In questo contesto, dobbiamo anche dare risalto agli sforzi compiuti dal Commissario Reding.

Lo sviluppo e la promozione di film europei riveste importanza decisiva per la salvaguardia della diversità culturale, per lo sviluppo economico e per l’occupazione. Purtroppo, la ricchissima diversità linguistica e culturale dell’Europa è anche causa di crescenti problemi strutturali nel mercato audiovisivo. Mi riferisco alla grande frammentazione dei mercati nazionali, che non permette all’industria cinematografica europea di acquisire un quota maggiore del mercato europeo e globale.

Il programma MEDIA 2007 deve contribuire a combattere la scarsa circolazione a livello transfrontaliero delle opere europee.

 
  
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  Bernat Joan i Marí (Verts/ALE).(EN) Signor Presidente, innanzi tutto, vorrei congratularmi con l’onorevole Hieronymi e ringraziarla per l’ottimo lavoro svolto, e con il Commissario Reding per le posizioni che ha adottato.

Ritengo sia molto importante sostenere il settore audiovisivo e il cinema europeo, per garantire la diversità e la pluralità in Europa e promuovere i principali obiettivi dell’Unione europea. Ritengo sia molto importante anche per le culture che rischiano di scomparire, per le lingue delle nazioni senza Stato, per le lingue minoritarie, eccetera. Il riferimento contenuto nella relazione ai livelli regionale e locale è molto significativo, perché si incentra sulla necessità di garantire una diversità reale nell’Unione europea. Questo è un grande sostegno. Dobbiamo altresì sostenere i produttori indipendenti, al fine di arricchire la produzione di audiovisivi e armonizzarla meglio con la realtà e la cultura europea.

 
  
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  Georgios Karatzaferis (IND/DEM).(EL) Signor Presidente, se si guarda la televisione in qualsiasi paese dell’Unione europea, fatta eccezione per i telegiornali, si pensa di essere negli Stati Uniti. La cultura americana impera, una cultura ripugnante, fatta di violenza, criminalità, stupri, eccetera, che entra con grande facilità nelle nostre case. Dobbiamo proteggere la famiglia europea da questa cultura, che non fa per noi. E’ quindi chiaro che dobbiamo rafforzare il cinema europeo; dobbiamo rafforzare la cultura e la civiltà di questo continente, ma temo fortemente che gli strumenti introdotti dalla relazione siano privi di efficacia.

La televisione è nitroglicerina nelle mani della persona che la controlla. Fornisce l’alimento che tale persona vuole. Vorrei citare il caso di Euro News, che finanziamo, e che poco tempo fa ha definito tutti gli italiani mafiosi per uno scandalo calcistico. Euro News si presenta e segue la propria politica, dicendo “Macedonia”, diversamente dall’Unione europea, che chiama tale paese FYROM.

Il punto, quindi, è che dobbiamo fornire sostegno finanziario e, al tempo stesso, controllare dove vanno i nostri fondi e come sono spesi. E’ una questione importante, se vogliamo avere successo in un ambito vitale, che contribuisce a formare l’opinione pubblica. Senz’altro, si può rafforzare anche la storia degli Stati membri, se lo si desidera. Non conosco la storia della Polonia, così come la Polonia non conosce la storia della Grecia. Ora siamo una sola famiglia. Dobbiamo conoscere il contesto da cui ciascuno di noi proviene. Chi siamo e dove vogliamo andare. Si devono quindi finanziare iniziative in tal senso, e mi auguro che vi si provveda, ma è chiaro che ci vuole coraggio, non il metodo con cui affrontiamo le questioni oggi.

 
  
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  Viviane Reding, Membro della Commissione. – (FR) Signor Presidente, vorrei ringraziare ancora una volta il Parlamento europeo, soprattutto la commissione per la cultura e l’istruzione, il suo presidente e la sua relatrice, per il prezioso aiuto fornito nell’interesse della creatività europea e della diversità cinematografica.

Condivido i pareri e le preoccupazioni dei parlamentari che affermano che, purtroppo, i finanziamenti non sono all’altezza delle nostre ambizioni. Non abbiamo ottenuto la dotazione finanziaria che avevamo richiesto: è deplorevole, ma vero. Si dovrà dunque garantire che il nuovo programma, con meno fondi a disposizione, sia un’occasione per riazzerare i contatori e concentrarsi sulle azioni che hanno un reale valore aggiunto europeo, chiedendo ai governi nazionali di farsi carico delle altre azioni.

Come ha già spiegato molto bene la relatrice, ci dedicheremo quindi alle azioni che hanno dimostrato il loro valore nel corso degli anni. Ciò detto, aggiungeremo anche, per esempio, il sostegno al video a richiesta, che sarà una priorità. Sosterremo inoltre la digitalizzazione, che rappresenta una particolare opportunità per la circolazione delle opere europee, e aumenteremo il sostegno alla distribuzione, al fine di creare le sinergie necessarie per l’era dei film on line. Introdurremo altresì una nuova azione, volta a sostenere la presenza di film europei sui mercati emergenti in altri continenti. Questi sono gli elementi più importanti dell’iniziativa in esame, che gode del sostegno quasi unanime del Parlamento europeo, del Consiglio dei ministri e del settore. Signor Presidente, la ringrazio per il contributo del Parlamento, un contributo che, all’esterno, sarà ben compreso sia dagli spettatori sia dai creatori di audiovisivi.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani, alle 12.00.

 

7. Programma Cultura (2007-2013) (discussione)
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la raccomandazione per la seconda lettura (A6-0343/2006), della commissione per la cultura e l’istruzione, relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell’adozione della decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Cultura (2007-2013) [06235/3/2006 – C6-0269/2006 – 2004/0150(COD)] (Relatore: Onorevole Graça Moura).

 
  
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  Vasco Graça Moura (PPE-DE), relatore. – (PT) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, il processo, che culminerà con la votazione sul programma quadro Cultura 2007-2013 in seconda lettura, è stato complesso e lento: lento essenzialmente a causa di una serie di battute di arresto legate alle prospettive finanziarie, come tutti ben ricordiamo, e complesso per la natura stessa del problema e per l’ampia e variegata gamma di contributi al dibattito da parte di tutti i membri delle altre commissioni che hanno espresso il loro parere ai membri della commissione competente.

Da tutti questi contributi è scaturito un ricco dialogo sul programma quadro Cultura 2007-2013, che successivamente è passato dalla prima lettura alla lettura attuale. Il processo è stato caratterizzato da interventi formali e informali da parte sia della Commissione sia del Consiglio, che hanno condotto a fruttuosi scambi di opinioni e a posizioni di consenso su cui non si può che fornire un giudizio estremamente positivo.

A seguito di questo processo, la maggior parte degli emendamenti adottati in Aula in prima lettura sono stati poi ripresi nella posizione comune. Tra questi emendamenti, desidero evidenziare il riferimento esplicito, nei considerando e nel corpo dell’articolo 3, all’importanza di un patrimonio culturale comune condiviso dagli europei, un’idea che riassume gli obiettivi del programma.

Dobbiamo per questo monitorare costantemente l’attuazione degli obiettivi specifici stabiliti dal programma rispetto a questo eccezionale patrimonio che da secoli permea tutti gli ambiti dell’attività umana. Visto che questi ambiti riguardano la nostra civiltà e la nostra cultura, riflettono anche la nostra identità.

E’ anche stato possibile trovare un accordo su soluzioni soddisfacenti per quanto riguarda la durata delle azioni, che si prevede si estenderanno su un periodo compreso tra uno e cinque anni, per l’intervento degli operatori culturali, il cui numero per paese varierà in ragione della natura dell’azione, e per i fondi del bilancio stanziati per ognuno dei settori interessati, in particolare la concessione di risorse aggiuntive per le azioni di cooperazione, ossia per progetti più piccoli, rispetto a progetti di cooperazione su più larga scala o pluriennali. Tutto questo permetterà di prendere in considerazione le azioni dei piccoli operatori, che tendono a essere più vicini ai cittadini, senza dimenticare le azioni di maggiore portata e visibilità, che coinvolgono più paesi su un periodo di tempo più lungo.

Vorrei inoltre sottolineare la disposizione relativa ad azioni speciali volte a sensibilizzare i cittadini europei sulla diversità culturale tra gli Stati membri. Alcune di queste azioni sono già previste, come le capitali europee della cultura e il sostegno a favore degli organismi europei che operano in ambito culturale, i quali, aspetto fondamentale, fungono da ambasciatori della cultura europea; in passato, inoltre, molti di essi hanno ottenuto un sostegno fondamentale da parte del Parlamento.

Se le regole cambieranno in ragione dei regolamenti finanziari in vigore e questi organismi si vedranno obbligati a dover presentare una domanda per ottenere gli aiuti di cui hanno bisogno nell’ambito del programma Cultura 2007-2013, è fondamentale che non siano trascurati e continuino a poter portare avanti le loro azioni.

La Commissione e il Consiglio prevedono che la natura pluridisciplinare del programma lo renderà estremamente flessibile e in grado di sostenere molte proposte innovative. Nonostante alcune riserve che ho espresso durante il dibattito in prima lettura, spero sinceramente che abbiano ragione.

In questo contesto, in cui le Istituzioni lavorano insieme nella stessa direzione, c’è solo un punto negativo, molto evidente. Faccio riferimento alle misere risorse, non c’è altro modo per definirle, stanziate per il programma Cultura 2007-2013. In prima lettura, alcuni dei colleghi intervenuti nel dibattito – in altri termini, non solo il sottoscritto in qualità di relatore – hanno segnalato questo aspetto.

E’ un programma di terza generazione, un programma che intende essere più ambizioso ed efficace dei precedenti. E’ un programma che comprende una gamma più ampia di azioni e vanta un numero maggiore di Stati membri interessati. Prevede anche costi di gestione e monitoraggio più elevati, però lo stanziamento di bilancio è molto al di sotto di quello che sarebbe necessario per realizzare questi obiettivi e molto al di sotto di quello che tutti i responsabili – membri della Commissione, ministri della Cultura, agenti e operatori culturali e politici – ritengono sia assolutamente vitale.

Comunque sia, anche nella situazione attuale, reputo che dovremmo esprimere l’auspicio che il programma Cultura 2007-2013 abbia successo e che possa dare un contributo decisivo allo sviluppo di quell’Europa nei confronti della quale siamo tutti impegnati.

 
  
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  Ján Figeľ, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, sono molto lieto di essere presente in Aula al termine della seconda lettura. La mia sensazione rispetto alla votazione finale e alla decisione è molto positiva. Ora stiamo esaminando la serie di programmi dei quali sono responsabile, compreso il programma gioventù, istruzione e cittadinanza.

Iniziamo con la cultura. E’ un tema estremamente emblematico e molto importante perché crediamo che, come nel passato, la cultura possa fornire molte risposte importanti per il futuro dell’Europa. Vorrei ricordarvi che, nel dicembre 2004, il Presidente Barroso aveva affermato che i valori culturali prevalgono sui valori economici, perché l’economia ci aiuta a vivere, ma è la cultura che rende la vita degna di essere vissuta.

Sono lieto di poter dire che un eccellente clima di cooperazione tra le nostre Istituzioni ha caratterizzato tutto il processo legislativo e ci ha permesso di raggiungere un compromesso molto soddisfacente. Vorrei in particolare ringraziare il relatore, onorevole Graça Moura, per l’ottimo lavoro svolto e, per ragioni analoghe, tutta la commissione per la cultura e l’istruzione, diretta dal suo presidente, onorevole Sifunakis. Il suo sostegno a questo programma costituisce un contributo importante all’imminente decisione.

Mi fa anche molto piacere che la linea generale suggerita dalla Commissione nella proposta originaria sia stata accolta con favore sia dal Parlamento sia dal Consiglio. Il prossimo programma Cultura promuoverà pertanto, in primo luogo, la mobilità transnazionale degli operatori culturali, in secondo luogo, la circolazione transnazionale delle opere d’arte e dei prodotti artistici e culturali e, terzo, il dialogo interculturale.

Sono analogamente convinto che il programma contribuirà all’espansione della cooperazione multilaterale in Europa, nonché allo sviluppo di un’identità europea, grazie alle interazioni che incoraggiamo tra i cittadini. Avremo a nostra disposizione 400 milioni di euro.

Desidero altresì ringraziare il Parlamento europeo del suo appoggio. Potremmo auspicare un sostegno maggiore, ma innanzi tutto dobbiamo essere consapevoli dei limiti e, in secondo luogo, sappiamo che il sostegno sta crescendo e ci saranno maggiori opportunità per organizzare la cooperazione. Tuttavia, come ha appena affermato l’onorevole Graça Moura, dobbiamo essere efficienti.

Desidero confermare che la Commissione può accettare i tre emendamenti contenuti nella relazione, in quanto corrispondono al compromesso tra le nostre tre Istituzioni. Spero davvero che il prossimo Consiglio dei ministri della Cultura di novembre possa adottare una decisione definitiva.

 
  
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  Bogusław Sonik, a nome del gruppo PPE-DE. – (PL) Signor Presidente, sostengo l’obiettivo generale di questo programma, ossia il rafforzamento dello spazio culturale europeo comune e del senso di cittadinanza europea. Sono obiettivi encomiabili.

Sono tuttavia rimasto sorpreso nel leggere, in alcune parti della posizione comune del Consiglio del giugno di quest’anno, che il programma Cultura (2007-2013), e cito: “contribuisce al rafforzamento degli obiettivi trasversali della Comunità, contribuendo a eliminare tutte le discriminazioni fondate sul sesso, la razza, l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali”. Obiettivi comunitari trasversali: ma che gergo è questo, onorevoli colleghi? Stiamo forse assistendo a una rinascita del realismo socialista? Tutto questo significa forse che il criterio chiave utilizzato per la valutazione dei progetti futuri sarà il loro presunto impatto sulla discriminazione? Forse sarebbe meglio affidare la valutazione dei progetti all’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia di Vienna oppure all’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, istituito di recente. Desidero precisare che non ho trovato alcun riferimento di questo tipo nella versione precedente del programma, Cultura 2000.

L’Europa è stata divisa per oltre 50 anni. Il nostro programma dovrebbe pertanto fornire un’opportunità per promuovere la coscienza e la comprensione della diversità culturale delle nazioni europee e delle culture soffocate dal totalitarismo comunista, in particolare in Europa centrale e orientale. Questo dovrebbe essere il pensiero alla base dei progetti nella nuova versione del programma Cultura (2007-2013). La cultura dovrebbe essere percepita come un mezzo destinato a facilitare l’integrazione culturale dei 27 Stati membri, piuttosto che come una visione integrata del mondo. La cultura deve godere di piena libertà e sappiamo che la cultura promuove più efficacemente la causa della libertà quando si impegna a diffonderla.

 
  
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  Guy Bono, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signor Presidente, mi consenta innanzi tutto di congratularmi con il relatore, onorevole Graça Moura, per il lavoro che ha svolto su un tema fondamentale come quello del programma Cultura 2007 e soprattutto per l’accordo al quale è pervenuto a nome del Parlamento europeo.

Vorrei tornare rapidamente sui tre punti che ho sostenuto per il gruppo socialista al Parlamento europeo in seno alla commissione per la cultura e l’istruzione. Innanzi tutto, per quanto riguarda l’aspetto trasversale del programma, occorre osservare che l’accordo concluso va nella giusta direzione. Nessuno può infatti opporsi al rafforzamento della coerenza del programma, che permetterà di porre fine alla frammentazione che ha caratterizzato così a lungo le attività culturali dell’Unione europea. Tuttavia, le intenzioni sono una cosa e le risorse proposte un’altra.

Passo ora alla mia seconda osservazione, la questione del bilancio, che è stata anche segnalata poco fa sia dal relatore sia dal Commissario. Lo dico e lo ripeterò fino a che sarà necessario: non serve a nulla che l’Unione europea fissi obiettivi ambiziosi, quali la promozione della diversità e della cooperazione in ambito culturale, se il bilancio disponibile non è adeguato, visto che non supera l’importo di 15 centesimi per cittadino all’anno. Abbiamo chiesto un aumento sostanziale del bilancio stanziato per questo programma, affinché possa contribuire allo sviluppo di una cultura e di un’identità europee, che ci consentirebbero di superare gli egoismi nazionali e di uscire così dalla crisi che in cui versa l’Unione ormai da un anno e mezzo. Occorre ricordare che le prospettive finanziarie 2007-2013, che stabilizzano le spese comunitarie all’1 per cento del PIL dell’Unione europea, non ci consentiranno di realizzare gli obiettivi che ci siamo prefissati con questo programma, e nemmeno di attribuire alla cultura il ruolo che intendiamo darle nella costruzione di un’Europa più forte e più solidale. Pertanto, non ci possiamo permettere di punire questo programma una seconda volta, ritardandone l’applicazione. Come diceva Aristide Briand, se non possiamo avere i mezzi per la nostra politica, dobbiamo avere la politica per i nostri mezzi! Dobbiamo pertanto agire rapidamente perché questo programma sia attuato al più presto, per non penalizzare le organizzazioni culturali sul campo, che dipendono da questi finanziamenti ed attendevano ormai da mesi che fosse presa una decisione.

 
  
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  Claire Gibault, a nome del gruppo ALDE. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, mi congratulo innanzi tutto con l’onorevole Graça Moura per la qualità del lavoro svolto e lo ringrazio per la particolare attenzione che ha sempre prestato alle nostre proposte. La sua relazione è eccellente, caratteristica alla quale questo scrittore portoghese, così ardente sostenitore della sua lingua madre, ci ha peraltro abituati.

In qualità di relatrice ombra per il gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, esorto il Parlamento a manifestare tutto il suo appoggio. Questo programma comprende gli obiettivi seguenti: promuovere la mobilità transnazionale degli operatori della cultura, incoraggiare la circolazione transnazionale delle opere d’arte e dei prodotti culturali e artistici e favorire il dialogo interculturale. Detto questo, ci si chiede come, con un bilancio così esiguo, potremo salvaguardare e promuovere la diversità linguistica e favorire l’apprendimento delle lingue, l’insegnamento della musica e delle arti dello spettacolo. Ci si chiede anche come questo programma potrà consentire di favorire e sviluppare la visibilità esterna dell’Unione europea grazie alla promozione della sua diversità culturale e degli aspetti comuni a tutte le sue culture.

Sono pertanto molto delusa dal fatto che la Commissione non abbia capito qual è il ruolo fondamentale che svolge la cultura per la nostra identità europea e trovo particolarmente grave che la Commissione abbia potuto approvare un bilancio così misero, sulla base dell’accordo interistituzionale che contiene le prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013. Il bilancio sarà di soli 354 milioni di euro, contro i 600 milioni chiesti dal relatore e i 408 milioni proposti dalla Commissione.

Il bilancio per il programma Cultura 2007 per il periodo 2007-2013 rappresenta ora infatti solo lo 0,04 per cento del bilancio dell’Unione europea previsto nelle prospettive finanziarie.

Tutti gli artisti europei apprenderanno con stupore che le Istituzioni comunitarie considerano ancora la cultura come un elemento superfluo, un lusso che viene dopo il necessario. Se la promozione della cultura passa attraverso azioni volte ad accrescere il livello di consapevolezza e contenere l’oscurantismo, non sarà certo con questo misero bilancio, ridotto all’osso, che l’Europa potrà proporsi come modello.

 
  
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  Helga Trüpel, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, anch’io desidero innanzi tutto ringraziare l’onorevole Graça Moura per il lavoro svolto nell’ambito di questo importante aspetto della nostra politica europea.

Ogniqualvolta si discute del significato della politica culturale per l’Europa, si cita volentieri una frase: “Non ci s’innamora del mercato interno”. L’Europa ha infatti un significato che va molto al di là del mercato interno, anche se non possiamo farne a meno. L’Europa ha molto a che vedere con l’identità culturale e la nostra ricchezza culturale, che vogliamo preservare e sviluppare ulteriormente. La cultura può dividere gli uomini, soprattutto quando mette in evidenza le differenze, ma la nostra politica culturale si propone di unire i cittadini europei attraverso la cultura, di creare rapporti tra di loro, di favorire il loro contatto con il mondo e il loro senso di appartenenza al mondo, anzi il loro contatto con i mondi e il loro senso di appartenenza a mondi diversi. Non dovremmo temere l’attenuazione delle differenze; dovremmo invece incoraggiarla, perché costituisce il nucleo stesso della nostra politica culturale europea.

Proprio per questo, i tre obiettivi – promozione degli scambi culturali, della mobilità degli artisti e del dialogo interculturale – sono giusti, ma con il bilancio votato, non sarà possibile realizzarli. Se vogliamo fare di più per l’Europa sul fronte culturale, dobbiamo trovare il coraggio di stanziare un bilancio più elevato per la cultura per i prossimi anni.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański , a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, il livello di vita di una nazione è funzione del suo patrimonio materiale, ma la sua identità è determinata dalla sua cultura, nel senso più ampio del termine. La cultura è la vera ricchezza di una nazione, nonché la forza motrice della sua esistenza e del suo sviluppo. La cultura costituisce anche una piattaforma in cui le nazioni possono capirsi e integrarsi. La cultura si sviluppa attraverso un processo storico. Non cede con mitezza a interventi brutali o all’obbligo di svilupparsi lungo linee specifiche. La cultura ha bisogno di libertà.

Il programma Cultura (2007-2013) di cui stiamo discutendo oggi si propone di strutturare gli obiettivi e di limitarne il numero. E’ anche teso a promuovere la mobilità transnazionale degli operatori culturali, la circolazione transnazionale delle opere d’arte e dei prodotti artistici e culturali, nonché il dialogo interculturale.

Secondo la prospettiva semplicistica dell’integrazione europea, gli obiettivi proposti sono comprensibili. Dal punto di vista dello sviluppo culturale, e da quello del significato e della multifunzionalità della cultura, l’approccio è troppo angusto per essere accettato senza riserve. E’ fondamentale includere azioni per la protezione e il sostegno delle fonti culturali, soprattutto quando sono minacciate.

 
  
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  Alessandro Battilocchio (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, parlo a nome del nuovo PSI.

Il patrimonio culturale europeo è tra le principali ricchezze della nostra Unione e sono pertanto grato alle tre Istituzioni per gli sforzi realizzati finora per difenderlo e valorizzarlo.

Il grande valore del programma Cultura, che mi auguro verrà conservato anche nel prossimo periodo di programmazione, risiede, oltre che nella promozione della mobilità delle persone e delle opere nel settore all’interno della Comunità, anche e soprattutto nella grande opportunità, che esso rappresenta per i piccoli operatori e le piccole comunità del territorio, di mantenere viva la propria storia e la propria identità.

La valorizzazione delle singole culture a livello locale rappresenta infatti un’enorme ricchezza, tanto per l’Unione europea in generale, che fonda la sua unità e la sua forza sull’eterogeneità del suo territorio, quanto per l’economia del tessuto sociale e delle realtà territoriali a tutti i livelli.

Appoggio pertanto pienamente la proposta del Consiglio di trovare un equilibrio tra progetti su piccola e grande scala, di facilitare l’accesso dei piccoli operatori al programma e di destinare la metà dei fondi disponibili a questo tipo di azioni.

 
  
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  Ján Figeľ, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, accolgo con favore le reazioni molto positive, anche se potrebbe essere esercitata una pressione maggiore per fare di più. Tutti vogliamo fare di più per la cultura, perché è importante per la mentalità europea e per l’identità europea, per la convivenza in una casa sempre più grande. Credo che le parole che meglio descrivono l’Europa siano diversità e unità. La crescita della diversità costituisce un invito a promuovere e ad approfondire l’unità, e l’unità basata sui valori è promossa al meglio attraverso il nostro programma culturale.

Sono certo che molte delle osservazioni relative in particolare al bilancio siano inviti a fare di più in futuro. Se vi ricordate il programma precedente, avevamo sette centesimi per cittadino all’anno per la cultura, mentre l’onorevole Bono ha detto che ora avremo 15 centesimi. Ci sono stati rivolti inviti a decuplicare gli importi, stanziando 70 centesimi per la cultura. Vorrei semplicemente ricordarvi che l’autorità di bilancio nell’Unione europea è il Parlamento. Il vostro sostegno, attuale e futuro, contribuirà a creare più spazio. Il programma per la cittadinanza si basa anch’esso sull’articolo 151 del Trattato, che si occupa di cultura. Prima di tutto è una materia di competenza e responsabilità fondamentale degli Stati membri. Noi sosteniamo gli Stati membri nella loro cooperazione, non li sostituiamo.

Il 2008 sarà l’Anno europeo del dialogo interculturale e la conclusione del negoziato su una nuova convenzione sulla protezione e la promozione delle diversità culturali nell’ambito dell’UNESCO dimostra il successo di questa Unione. Vorrei rassicurare il Parlamento: l’esecuzione del programma non appena possibile, una volta presa la decisione finale, ci consentirà di fare di più per la cultura, quantitativamente e qualitativamente, attraverso “Cultura per l’Europa”. Sono certo che avremo molte occasioni per lavorare insieme nell’ambito dell’esecuzione del programma.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà oggi, alle 12.00

(FR)

Allegato – Dichiarazione della Commissione

La Commissione desidera attirare l’attenzione dell’autorità legislativa sulla necessità di esprimere in prezzi correnti la dotazione finanziaria citata nell’atto di base che istituisce il programma Cultura (2007-2013), entro e non oltre la pubblicazione finale sulla Gazzetta Ufficiale. E’ la procedura prevista dall’usuale prassi di bilancio che permetterà di garantire, con la massima trasparenza, la conformità con la decisione dell’autorità legislativa. Per il programma in questione, l’importo in prezzi correnti ammonta a 400 milioni di euro.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. McMILLAN-SCOTT
Vicepresidente

 

8. Turno di votazioni
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  Presidente. L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.

(Per i risultati e ulteriori dettagli sulle votazioni: cfr. Processo verbale)

 

8.1. Nazioni Unite: omologazione dei veicoli delle categorie M2 ed M3 in funzione delle loro caratteristiche generali di costruzione (votazione)

8.2. Adesione della Bulgaria e della Romania: assunzione di funzionari delle Comunità europee (votazione)

8.3. Modifica dello statuto dell’impresa comune Galileo (votazione)

8.4. Partecipazione della Norvegia all’attività dell’OEDT (votazione)

8.5. Richiesta di revoca dell’immunità dell’on. Bogdan Golik (votazione)

8.6. Richiesta di difesa dell’immunità e dei privilegi dell’on. Mario Borghezio (votazione)

8.7. Progetto di bilancio rettificativo n. 3/2006 (votazione)

8.8. Progetto di bilancio rettificativo n. 5/2006 (votazione)

8.9. Partenariato strategico tra Unione europea e Sudafrica (votazione)

8.10. Strumento finanziario per l’ambiente (LIFE +) (votazione)

8.11. Programma di sostegno al settore audiovisivo europeo (MEDIA 2007) (votazione)

8.12. Programma Cultura (2007-2013) (votazione)

8.13. Meccanismo comunitario di protezione civile (votazione)

8.14. Misure di attuazione (livello 2) della direttiva “Trasparenza” (votazione)

8.15. Misure di attuazione (livello 2) della direttiva “Prospectus” (votazione)

8.16. Ruolo e posizione delle donne immigrate nell’Unione europea (votazione)

8.17. Recupero dei fondi comunitari (votazione)
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  Presidente. Con questo si conclude il turno di votazioni.

 

9. Dichiarazioni di voto
  

Relazione Berger (A6-0329/2006)

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI). – (FR) Signor Presidente, il mio richiamo al Regolamento si fonda sull’articolo 6, paragrafo 7, e sull’articolo 7 del regolamento relativi all’immunità. Poiché non c’è stato alcun dibattito, non ci saranno dichiarazioni di voto orali. Riguardo alla questione per cui il nostro collega, onorevole Borghezio, viene perseguito solo per avere scritto, dopo una sentenza, la parola “vergogna” sul marciapiede, parola che d’altronde era possibile cancellare, dopo questa decisione ipocrita mi limiterò a dire: vergogna al relatore, vergogna alla Commissione, vergogna a questo Paramento di tartufi e di ipocriti che applicano un diritto a geometria variabile nella difesa dell’immunità.

 
  
  

– Relazione Chichester (A6-0348/2006)

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Appoggio la relazione dell’onorevole Chichester. Ritengo che il sistema di navigazione satellitare GALILEO abbia due finalità d’importanza vitale. In primis permetterà all’Unione, in modo indipendente dagli Stati Uniti, di sviluppare e utilizzare assieme ai suoi partner un sistema di navigazione satellitare globale tale da conferire capacità autonome in quest’ambito. In secondo luogo, la relazione dimostra simbolicamente l’impegno dell’Unione nello svolgere un ruolo globale sempre maggiore nelle questioni di politica mondiale. Indipendentemente dai vantaggi tecnologici e materiali che ne deriveranno, questa dimensione politica è di vitale importanza di per sé.

 
  
  

– Relazione Pittella (A6-0350/2006)

 
  
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  Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Vorrei cogliere quest’opportunità per ribadire la posizione espressa dalla Lista di giugno il 27 settembre di quest’anno.

Ho votato contro la relazione perché respinge il progetto di bilancio rettificativo n. 3 del Consiglio dei ministri. Contrariamente alla maggioranza della commissione per i bilanci, la Lista di giugno ritiene che il Consiglio dei ministri abbia pienamente diritto di ridistribuire la spesa tra le diverse Istituzioni dell’UE nel corso della procedura di bilancio, se pensa che sia giusto farlo.

 
  
  

– Relazione Pittella (A6-0340/2006)

 
  
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  Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Il bilancio rettificativo è composto da tre elementi distinti che riguardano campi totalmente diversi. Ho deciso di votare contro l’intero pacchetto proposto.

Se si tratta di erogare la somma di 259 milioni di euro mediante l’assistenza finanziaria per incoraggiare lo sviluppo economico nella comunità turcocipriota, sorge la seguente domanda: c’è ancora una soluzione globale volta a promuovere uno sviluppo pacifico e stabile per Cipro in un momento in cui l’Unione si sta interessando a questa situazione e sta corrispondendo a Cipro considerevoli risorse finanziarie?

Per quanto riguarda lo stanziamento destinato all’Anno europeo delle pari opportunità per tutti, è già noto che la Lista di giugno è scettica nei confronti dell’intero progetto.

Quanto alle regolarizzazioni di bilancio a seguito della modernizzazione del sistema contabile, si tratta di qualcosa di più di una questione tecnica, benché io sia scettica sulle attività del Fondo europeo di sviluppo nel loro complesso.

 
  
  

– Relazione Morgantini (A6-0310/2006)

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Approvo la relazione, che sostiene la proposta dell’UE di un partenariato strategico col Sudafrica, un partenariato esaustivo e volto a una vera e propria cooperazione politica con la principale potenza politica e la più forte economia dell’Africa subsahariana, che rappresenta il 50 per cento del PIL di questa regione.

Pur elogiando i rimarchevoli progressi compiuti nel Sudafrica del dopo-apartheid per quanto riguarda il consolidamento di una democrazia parlamentare funzionante e i miglioramenti economici registrati da un paese in via di sviluppo a reddito medio e leader della Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe, la relazione è incentrata sulla necessità di affrontare le sfide sociali considerevoli che il paese sta sostenendo. Queste sfide comprendono in particolare l’elevato impatto dell’HIV/AIDS – che colpisce attualmente il 18,8 per cento della popolazione – e i tassi di disoccupazione superiori al 40 per cento.

Sostengo toto corde l’appello della relazione di affrontare il problema dell’HIV/AIDS come priorità per lo sviluppo economico e il risalto che la relazione conferisce al fatto che il partenariato strategico fornisca un quadro unico che consenta di migliorare l’efficacia degli strumenti di cooperazione esistenti nell’interesse della popolazione e dell’economia sudafricane.

 
  
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  Margie Sudre (PPE-DE), per iscritto. – (FR) L’Unione europea è il primo partner commerciale del Sudafrica e il maggior fornitore di assistenza allo sviluppo per questo paese.

L’economia sudafricana rappresenta il 50 per cento del PIL dell’Africa subsahariana; questo paese è un motore di sviluppo per l’Africa e una potenza politica che opera a favore della pace nelle regioni dell’Africa che sono in conflitto.

Per questo mi sembra indispensabile che oggi, a dodici anni dalla fine dell’apartheid, il Parlamento europeo sostenga l’istituzione di un partenariato strategico col Sudafrica.

La relazione mette in evidenza la lotta contro l’AIDS. Inoltre cita misure studiate per favorire il rilancio economico e per combattere le disuguaglianze sociali, facendo riferimento all’integrazione e al sostegno agli scambi, oltre che agli incentivi per gli investimenti esteri. Chiede al Sudafrica di esercitare la propria influenza per promuovere una soluzione pacifica alla crisi politica nello Zimbabwe.

Una nuova crisi economica, sociale, sanitaria o politica avrebbe un impatto considerevole su tutta l’Africa meridionale e sulla Réunion, che ha numerosi legami economici e culturali col Sudafrica. Se quest’accordo è importante per l’Europa, è fondamentale per la Réunion, perché abbiamo tutto da guadagnare dalla stabilità del nostro vicino e partner sudafricano.

 
  
  

– Relazione Isler Béguin (A6-0288/2006)

 
  
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  Carlo Fatuzzo (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, con riferimento alla relazione dell’on. Isler Béguin riguardante lo Strumento finanziario per l’ambiente, desidero manifestare la mia estrema preoccupazione per l’ambiente che riguarda i pensionati in Italia. Ho votato a favore della relazione ma avrei votato molto più volentieri se questa direttiva, oltre a proteggere l’ambiente, proteggesse anche i pensionati italiani.

Colgo l’occasione per protestare contro il governo di centro-sinistra del presidente Prodi, che presenta un emendamento all’articolo 85, comma 6, della legge finanziaria, con il quale sottrae a 500.000 lavoratori italiani che hanno lavorato in Svizzera, ben tre quarti della pensione che spetta loro in base alle sentenze della Corte di cassazione. Non è un bell’ambiente quello in cui si privano i pensionati del diritto a una giusta pensione.

 
  
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  Liam Aylward (UEN), per iscritto. – (EN) A partire dal 1992, il programma LIFE si è rivelato essere una politica comunitaria ambientale inestimabile. Ora abbiamo l’opportunità di rendere LIFE+ ancora più valido, in particolare per gli Stati membri più piccoli e più recenti, i quali potrebbero beneficiare di una distribuzione più equa delle assegnazioni di bilancio, pari a 2 miliardi di euro, per il periodo 2007-2013. Sostengo toto corde la proposta del Consiglio di gestire l’80-85 per cento del bilancio tramite delega alle agenzie nazionali e, pertanto, ho votato contro la relazione.

Per esempio, la somma complessiva per l’Irlanda indicata dal programma è pari a 25 milioni di euro. Questo finanziamento potrebbe essere raddoppiato, raggiungendo i 50 milioni, mediante strumenti di cofinanziamento. I progetti ambientali irlandesi che potrebbero trarre vantaggio dal programma settennale comprendono la prevenzione dei rifiuti, iniziative di riduzione e di riciclaggio degli stessi, lo sviluppo di tecnologie innovative con vantaggi ambientali concreti, campagne di sensibilizzazione ecologica a livello locale e regionale e lo sviluppo di zone speciali di conservazione.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La posizione comune del Consiglio, cui fa riferimento la relazione, presenta sostanziali differenze rispetto alla proposta iniziale della Commissione del 2004. Vorrei sottolineare l’inclusione della componente “Natura e biodiversità” i cui obiettivi includono il sostegno all’ulteriore sviluppo e all’attuazione della rete Natura 2000, comprendendo specie e habitat costieri e marini e, cosa più importante, un argine alla perdita della biodiversità nella Comunità entro il 2010. L’inclusione di questa componente nel programma LIFE+ collima con la posizione adottata dal Parlamento in prima lettura nel luglio del 2005, cosa che vediamo con favore.

Anche se abbiamo votato a favore del programma e dei suoi obiettivi, non possiamo esimerci dal deplorare che le risorse di bilancio stanziate per il programma LIFE+, che riguarda il periodo dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013, siano purtroppo inadeguate in conseguenza del deludente accordo per il quadro di bilancio 2007-2013. Queste risorse rimangono al di sotto della valutazione effettuata dalla stessa Commissione che, non scordiamoci, ha quantificato le esigenze della rete Natura 2000 in 6,1 miliardi di euro all’anno, ovvero 3 miliardi di euro a titolo di cofinanziamento. Sono inoltre inferiori all’importo proposto dalla Commissione nel 2004. La garanzia di cofinanziamento della rete Natura 2000 mediante i Fondi strutturali non permetterà di soddisfarne tutte le esigenze.

 
  
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  Vasco Graça Moura (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Il programma LIFE+ e i suoi predecessori costituiscono lo strumento principale di finanziamento per i progetti ambientali dell’Unione.

Il Consiglio, riducendo sostanzialmente l’importo iscritto in bilancio, ha agito in modo erroneo e insensato. Il Parlamento ha ripristinato l’importo concordato inizialmente, in linea con le prospettive finanziarie, per il finanziamento della rete Natura 2000 finalizzato alla conservazione della natura e della biodiversità.

E’ stato introdotto un emendamento volto a garantire che i fondi europei destinati all’ambiente non siano utilizzati per altri fini legati al programma LIFE+, come le spese relative alle risorse umane, dal momento che gli Stati membri vogliono disporre di un gruppo di gestione dei progetti anziché dell’abituale gestione svolta da personale distaccato.

C’è un altro emendamento di compromesso in base al quale, nel caso non si pervenga a un accordo in seconda lettura, saranno presi provvedimenti per garantire la prosecuzione del finanziamento dei progetti in corso.

Per il Portogallo, la relazione è importantissima dal momento che un’area significativa del territorio continentale e ultraperiferico fa parte della rete Natura 2000, il cui finanziamento è esposto nella relazione.

I deputati socialdemocratici portoghesi al Parlamento europeo appoggiano pertanto la relazione Isler Béguin.

 
  
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  Caroline Jackson (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Benché io creda che il finanziamento del programma LIFE abbia dato buoni frutti, il problema consiste nell’eccesso della domanda rispetto all’offerta e nella difficoltà di monitorare ciò che sta accadendo, dal momento che riguarda versamenti abbastanza esigui a fronte di un gran numero di progetti, e la relazione non si occupa di tali questioni.

Nel 2003 la Corte dei conti ha esaminato il programma LIFE e ha rilevato che i beneficiari del finanziamento non avevano tenuto conti sufficientemente trasparenti e dettagliati. Si è anche scoperto che alcuni dei finanziamenti di LIFE venivano utilizzati per acquistare terreni di considerevole valore quando non c’erano sufficienti garanzie che, una volta concluso il periodo di esecuzione degli interventi, questi terreni sarebbero stati ancora impiegati per scopi di conservazione della natura. La Corte ha chiesto se la Commissione avesse istituito un sistema di gestione adeguato.

La risposta è che, per come il Fondo è attualmente organizzato, la Commissione non può farlo. Quindi è del tutto accettabile e sensato delegare agli Stati membri il ruolo gestionale. Questo non significa che i programmi ambientali non beneficeranno più dei finanziamenti LIFE, ma che questi finanziamenti possono essere impiegati meglio e gestiti in modo più trasparente.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore degli emendamenti alla posizione comune sul programma LIFE+. Sono particolarmente preoccupato per la richiesta di destinare il 55 per cento dei fondi alla componente “natura e biodiversità”. Per quanto importanti siano questi settori, una richiesta simile limiterebbe la possibilità degli Stati membri di stanziare fondi per progetti che riguardano le loro priorità ambientali, come i cambiamenti climatici.

 
  
  

– Relazione Hieronymi (A6-0337/2006)

 
  
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  Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Vorrei cogliere l’occasione per ribadire la bocciatura da parte della Lista di giugno in sede di prima lettura nel settembre 2005.

La domanda che dobbiamo porci è la seguente: questioni politiche di questo genere vanno affrontate dall’Unione europea o rientrano nella sfera di competenza degli Stati membri? La risposta della Lista di giugno è chiara: è una questione che riguarda gli Stati membri.

Se gli Stati membri intendono profondere risorse supplementari nella promozione delle rispettive industre cinematografiche nazionali, sono ovviamente nel pieno diritto di farlo. L’UE, d’altra parte, non deve amministrare programmi speciali per promuovere l’industria cinematografica europea. Se un cospicuo numero di paesi della Comunità ritiene sia necessario cooperare nell’ambito di questo settore, può farlo senza l’interferenza dell’Unione europea.

Gli accordi intergovernativi o la cooperazione tra case cinematografiche possono avere luogo al di fuori del quadro comunitario.

L’Unione non necessita di ulteriori progetti ampi e costosi. Deve anzi ricercare la cooperazione mirata in questioni importanti ed effettivamente transfrontaliere.

 
  
  

– Relazione Graça Moura (A6-0343/2006)

 
  
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  Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, ho votato contro la relazione Graça Moura perché, in primo luogo, l’impostazione di base del programma culturale per il periodo 2007-2013, in particolare il fatto che le reti culturali necessitino solo di una sovvenzione iniziale e in seguito si finanzino da sole, contraddice il carattere non commerciale di queste stesse reti e la sostenibilità delle sovvenzioni che l’UE si è proposta.

Nel programma culturale, inoltre, il dialogo interculturale è formulato in modo astratto, per cui quest’obiettivo potrebbe far riferimento a tutto o a niente e pertanto non si può neppure parlare di trasparenza; questo è un altro dei motivi per cui ho votato contro la relazione.

 
  
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  Carlo Fatuzzo (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio l’on. Romagnoli per il supporto tecnico, affinché io possa presentare questa dichiarazione di voto sulla relazione dell’on. Graça Moura che istituisce il programma Cultura.

Io ho votato a favore sperando nel futuro di questa Unione europea, ma desidero sottolineare che non c’è cultura se in Italia il governo social-comunista del presidente Prodi ha deciso, con l’articolo 85, comma 6, della legge finanziaria, di sottrarre una parte della pensione a 500.000 pensionati italiani che hanno lavorato in Svizzera, ignorando la sentenza della Corte di cassazione, secondo la quale questi stessi pensionati avrebbero diritto a percepire una pensione di quattro volte superiore. Questo non è giusto e mi auguro che “cultura” significhi anche rispetto dei diritti dei pensionati.

 
  
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  Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Le questioni culturali sono ovviamente molto importanti. La Lista di giugno è dell’idea che, in linea di principio, debbano essere gli Stati membri a occuparsi della politica culturale. Tuttavia, per quando riguarda il patrimonio culturale europeo, può essere giustificabile affrontare alcune questioni a livello comunitario. Nondimeno, riteniamo che gli stanziamenti destinati a questo programma Cultura siano stati troppo generosi, considerato che si tratta di un’attività che deve essenzialmente rientrare nella sfera di competenza degli Stati membri.

Pertanto ho votato contro gli emendamenti contenuti nella relazione.

 
  
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  Sérgio Marques (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Vorrei congratularmi con l’onorevole Graça Moura per la posizione assunta, in sede di seconda lettura, sulla posizione comune del Consiglio in vista dell’adozione della decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Cultura (2007-2013).

Vorrei esprimere il mio appoggio soprattutto all’emendamento alla posizione comune per quanto riguarda il sostegno finanziario a favore delle azioni cui si fa riferimento nell’articolo 8, paragrafo 2, lettera d), della decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Cultura (2007-2013).

 
  
  

– Relazione Papadimoulis (A6-0286/2006)

 
  
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  Carlo Fatuzzo (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione dell’on. Papadimoulis è leggermente diversa dalle precedenti, perché in essa si parla dell’istituzione del Meccanismo comunitario di protezione civile.

Ho votato a favore anche se avrei preferito che in questa relazione si prevedesse non solo la protezione civile, ma anche la protezione dei pensionati. Mi riferisco ai pensionati italiani, che debbono essere protetti dal Presidente del Consiglio italiano Prodi e dalla sua maggioranza social-comunista, che hanno deciso, con l’articolo 85, comma 6, della legge finanziaria, di sottrarre a 500.000 pensionati italiani che hanno lavorato in Svizzera, ben tre quarti della loro pensione. Questa decisione viola le sentenze della Corte di cassazione che obbligano il governo italiano a versare la giusta pensione a questi pensionati.

 
  
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  Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Il meccanismo di protezione civile è stato istituito cinque anni fa per facilitare la mobilitazione e il coordinamento delle risorse della protezione civile in caso di emergenze all’interno o al di fuori dell’UE. Nel 2005 più di dieci paesi si sono avvalsi di questo meccanismo per fare fronte alle emergenze.

Lo scopo di questa proposta è consolidare il meccanismo sulla base dell’esperienza acquisita dal 2001, prevedere una base giuridica per azioni comunitarie future nel campo della protezione civile e potenziare lo strumento di preparazione e di reazione rapida alle emergenze.

La relazione include la dimensione della “sanità pubblica” nella protezione civile. Ribadisce inoltre l’importanza della solidarietà tra gli Stati membri e di un sistema europeo di vigilanza più efficace. Inoltre affronta il tema dell’impiego e della gestione efficaci del suolo nella prevenzione delle catastrofi e del ricorso a mezzi militari per prevenire le situazioni di emergenza e farvi fronte.

Questo meccanismo è di vitale importanza per tutta l’Europa, ma lo è in particolare per un paese come il Portogallo, che ogni anno è devastato da siccità e incendi, che rientrano nell’ambito del meccanismo proposto.

Pertanto i deputati socialdemocratici portoghesi al Parlamento europeo appoggiano la relazione Papadimoulis.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione approvata oggi, volta a rendere più coerente ed efficace la risposta dell’UE e degli Stati membri alle emergenze, è nel complesso apprezzabile, a nostro avviso, nonostante alcune riserve.

Sappiamo che l’obiettivo principale della protezione civile è la prevenzione dei rischi collettivi e degli incidenti gravi o delle catastrofi che ne derivano. Perciò s’impone la necessità di ridurre al minimo i rischi collettivi e di limitarne l’impatto in caso di emergenza, di soccorrere e assistere le persone e altri esseri viventi, di proteggere beni e valori culturali e ambientali di alto interesse pubblico, nonché di aiutare le persone colpite a tornare a una vita normale.

Pertanto riteniamo positiva l’opportunità di investire nella realizzazione di studi, nella formazione, nella prevenzione e nella vigilanza, nonché nella promozione d’uno scambio di esperienze, in modo da imparare dall’esperienza maturata, positiva o negativa, e porre rimedio a eventuali carenze.

Appoggiamo anche l’istituzione di una rete mirata e adeguata di comunicazioni di emergenza e il lancio di ampie campagne informative, nonché l’adozione di iniziative di educazione e sensibilizzazione destinate al pubblico, e in particolare alle fasce più giovani della società.

 
  
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  Françoise Grossetête (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione.

La prevenzione rappresenta un fattore fondamentale per la riduzione dei rischi, ma non è possibile prevenire tutte le catastrofi. Pertanto, di fronte alle emergenze, l’Unione europea non deve più improvvisare.

“E’ comune difetto degli uomini non fare conto, nella bonaccia, della tempesta” diceva Machiavelli. L’Unione europea deve dimostrare che si sbagliava.

Prima di attuare qualunque piano d’azione, è bene fare un elenco delle risorse materiali e umane esistenti. E’ a partire da queste informazioni che si delineerà il coordinamento indispensabile tra gli Stati membri per fare fronte non solo alla catastrofe, ma anche per garantire una migliore visibilità dell’azione europea sul campo.

E’ inoltre fondamentale pianificare senza indugio nuove infrastrutture da installare in aree che sappiamo essere a rischio, soprattutto di incendi e inondazioni.

La tutela dell’individuo e la solidarietà fra Stati membri sono principi fondamentali per l’Unione europea. Perciò non comprendo le resistenze del Consiglio allo sviluppo di queste azioni di protezione civile, per non parlare della creazione di una forza comunitaria speciale.

Sì, la responsabilità in materia di protezione civile spetta in primis agli Stati membri, ma questo non significa tirare diritto senza guardare in faccia a nessuno.

(Testo abbreviato conformemente all’articolo 163, paragrafo 1, del Regolamento)

 
  
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  Jens Holm e Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. – (SV) Approviamo la proposta della Commissione per migliorare il meccanismo di protezione civile introdotto nel 2001. L’Europa, come il resto del mondo, è colpita da ogni sorta di catastrofi e crisi, ed è naturalmente auspicabile istituire un forte coordinamento per reagire a queste eventualità. Dobbiamo purtroppo osservare che sia la proposta della Commissione che la relazione dell’onorevole Papadimoulis fanno esplicito riferimento al fatto che le risorse militari devono essere disponibili per attività di protezione civile. Siamo fermamente contrari a ogni forma di iniziativa legata alla cooperazione militare all’interno dell’Unione europea. Pertanto abbiamo deciso di astenerci dalla votazione finale odierna sulla relazione dell’onorevole Papadimoulis e di votare contro la proposta della Commissione.

 
  
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  Diamanto Manolakou (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Lo sviluppo di meccanismi forti e adeguati per prevenire le calamità naturali e farvi fronte è essenziale per la tutela, l’assistenza e il sostegno delle vittime di calamità naturali e per reagire alle catastrofi ambientali.

In Grecia l’inadeguatezza di tali meccanismi si è palesata durante le recenti inondazioni in diverse zone. Soprattutto nella strategia di prevenzione e ripristino in occasione di catastrofi (protezione dalle inondazioni, maggiore sicurezza contro i terremoti) e di sostegno per le vittime, la politica del governo greco palesa limiti criminali.

Un meccanismo di protezione civile transnazionale può servire ad affrontare calamità naturali. Tuttavia non può né deve sostituirsi all’estensione e al consolidamento di meccanismi indipendenti negli Stati membri.

Analogamente, i meccanismi di protezione civile non possono contribuire a nascondere le responsabilità relative a catastrofi ambientali provocate deliberatamente. La creazione di meccanismi che hanno l’obiettivo di fare fronte alle catastrofi dovute a un atto intenzionale o a negligenza – com’è stato proposto – consente un margine ancora maggiore per l’azione irresponsabile delle aziende, con conseguenze disastrose per l’ambiente e la salute pubblica.

Tuttavia, tanto per cominciare, l’istituzione di meccanismi per rispondere ad “atti terroristici” non è accettabile. La pratica degli ultimi anni conferma che la lotta al “terrorismo” ha lo scopo di soffocare e indirizzare il movimento popolare e il movimento sindacale di classe. La “prevenzione del terrorismo” mediante i meccanismi di monitoraggio che si propone di rafforzare sta portando a un maggior numero di restrizioni nei confronti dei diritti democratici fondamentali.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione perché ritengo, considerato il costo in termini di vite umane, perdite economiche e danni che le catastrofi comportano per gli Stati membri, che sia una cosa sensata condividere le risorse e perseguire dunque economie di scala in settori come quello della logistica e dei trasporti.

 
  
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  Sebastiano (Nello) Musumeci (UEN), per iscritto. – Come è noto, in Europa la Protezione civile in materia di calamità naturali è di pertinenza degli Stati membri. Purtroppo, in alcuni di essi si registrano preoccupanti ritardi e insensibilità, a causa della mancanza di coordinamento.

E’ proprio per questa ragione che da anni propongo l’istituzione di un’Agenzia europea per la Protezione civile che abbia lo scopo di rendere omogenee le diverse legislazioni nazionali e che sia competente non solo per la prevenzione e la previsione del rischio, ma anche per la gestione dell’emergenza.

Curiosamente, infatti, sia nella proposta di regolamento del Consiglio che istituisce uno strumento di risposta rapida e di preparazione alle emergenze gravi, sia nella proposta di decisione che istituisce un meccanismo comunitario di protezione civile, l’insieme delle attività dirette allo studio e alla determinazione delle cause dei fenomeni calamitosi, all’identificazione dei rischi e all’individuazione delle zone del territorio maggiormente vulnerabili soggette a tali rischi, in altre parole la “previsione”, non è pienamente presa in debito conto, pur costituendo essa un’attività fondamentale per far fronte in modo efficace alle catastrofi naturali.

Tale Agenzia, creata sul modello della Federal Emergency Management Agency statunitense, dovrebbe non solo riparare i danni delle calamità naturali, ma anche e soprattutto finanziare gli interventi per eliminare o ridurre preventivamente le cause delle catastrofi.

 
  
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  Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. – (SV) Sono contrario alla proposta della Commissione secondo cui gli Stati membri devono servirsi delle risorse militari di ciascun altro Stato membro. Un centro di coordinamento in grado di fornire assistenza agli elicotteri antincendio che si dirigono verso i luoghi dove la loro presenza è maggiormente necessaria al momento è, tuttavia, un’idea sensata ed economicamente valida. Inoltre, quando si verificano catastrofi gravi, si avverte particolarmente la mancanza di una prevenzione ad alto livello nei confronti dei danni provocati dal fuoco e sarebbe dunque un’ottima cosa se in tali situazioni potessimo soccorrerci reciprocamente in tempi rapidi. Questo è appunto il tipo di cooperazione che l’Unione deve impegnarsi a realizzare. Voterò a favore della relazione.

 
  
  

– Proposta di risoluzione B6-0529/2006

 
  
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  Carlo Fatuzzo (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ma può esserci trasparenza in Europa quando, in uno dei venticinque Stati membri, vale a dire l’Italia, a 500.000 pensionati che hanno lavorato in Svizzera e sono tornati in Italia vengono versate pensioni pari al 25 per cento dell’importo che viene pagato ai lavoratori italiani che lavorano in Italia?

E’ vero che la Svizzera non fa ancora parte dell’Unione europea ma fa parte dello Spazio economico europeo. Sarebbe bene che uno Stato membro dell’Unione europea si comportasse correttamente nei confronti dei propri cittadini che hanno lavorato all’estero e hanno diritto alla medesima pensione dei cittadini residenti.

 
  
  

– Relazione Kratsa-Tsagaropoulou (A6-0307/2006)

 
  
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  Hubert Pirker (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, anche a nome della delegazione del Partito popolare austriaco, vorrei dire che sono molti i motivi per cui ho votato contro la relazione. Uno di questi è la richiesta, in essa contenuta, di riconoscere a coloro che sono entrati illegalmente nell’Unione europea diritti pari – o persino maggiori – di quelli degli immigrati regolari, come per esempio il diritto a un alloggio, agli assegni familiari, alle cure sanitarie e l’accesso alle istituzioni scolastiche. Inoltre la relazione reclama nuove motivazioni per la concessione del diritto d’asilo, per esempio nel caso di un soggetto obbligato a contrarre matrimonio o quello che si definisce matrimonio concordato. Con queste richieste non si risolveranno affatto i problemi, ma se ne creeranno di nuovi, perché misure come queste causano in realtà un effetto di trascinamento, attraendo un numero di immigrati clandestini ancora maggiore.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, anch’io ho votato contro la relazione Kratsa-Tsagaropoulou, e passo a spiegare il perché. Se si parla esclusivamente di immigrate regolari, bisogna senz’altro aiutarle a familiarizzarsi col nostro sistema di norme e di valori, a integrasi e anche aiutare le loro famiglie a fare altrettanto. E’ soprattutto quando si arriva alla seconda e alla terza generazione di immigrati che possono nascere conflitti, cosa che – come abbiamo dovuto apprendere dall’esperienza francese – può sfociare in atti di violenza che possono essere addirittura inevitabili. Qualunque cosa accada, dobbiamo comunque e anzitutto prevenire i problemi di natura culturale e religiosa quali il matrimonio forzato, i delitti d’onore e la mutilazione genitale. I ricongiungimenti familiari estesi a seconde, terze o quarte mogli, cosa che contrasta col divieto di poligamia usuale in Europa, devono essere bloccati senza indugio. Poiché la relazione non pone alcuna di queste condizioni, ho votato contro.

 
  
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  Michl Ebner (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, anch’io ho votato contro la relazione Kratsa-Tsagaropoulou, perché sono dell’idea che renda incerta la linea che separa l’immigrazione regolare dall’immigrazione clandestina, non faccia un’adeguata distinzione tra le nostre posizioni in merito alle due fattispecie e pertanto, in ultima analisi, costituisca un incentivo esplicito all’immigrazione clandestina stessa. Trovo che ciò sia politicamente incauto e comunichi il messaggio sbagliato. Occorre organizzare e disciplinare meglio l’immigrazione legale, mentre va combattuta ogni forma di immigrazione clandestina. Alla fine sono convinto che dobbiamo risolvere i problemi nei paesi in via di sviluppo in loco e impegnarci più direttamente di quanto non abbiamo fatto finora se vogliamo rimuovere le difficoltà di carattere umano, socioeconomico e religioso.

 
  
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  Carlo Fatuzzo (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, vi auguro buon appetito perché credo che sia l’ultima dichiarazione di voto di oggi. Ho votato a favore della relazione Kratsa-Tsagaropoulou sul ruolo e la posizione delle donne immigrate nell’Unione europea.

Anche in questo caso avrei preferito che nella relazione figurasse qualcosa in relazione alla condizione delle circa 260.000 donne italiane che sono emigrate in Svizzera per lavorare e per mantenere la propria famiglia e che, una volta ritornate in Italia, hanno percepito una pensione pari al 25 per cento dell’importo che avrebbero ottenuto se avessero lavorato alle medesime condizioni in Italia, e ciò nonostante il trattato di reciprocità tra Italia e Svizzera.

Io credo che non sia corretto comportarsi in questo modo con le donne in generale e in particolare se si tratta di donne anziane e pensionate. Viva i pensionati, viva le pensionate!

 
  
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  David Casa (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Anche se siamo tutti d’accordo sul fatto che il dramma dell’immigrazione clandestina è qualcosa su cui dobbiamo lavorare sodo e che occorre trattare queste persone sfortunate con tutta la dignità che un essere umano merita, non dobbiamo dimenticare che l’afflusso degli stranieri clandestini nei nostri paesi è attualmente causa di grossi grattacapi per le autorità, soprattutto nei paesi mediterranei. Pertanto penso che sarebbe più saggio emendare le norme di “Dublino II” prima di impegnarci in qualcosa che può rivelarsi più grande di noi.

Siamo costretti a farlo, non solo se si considera lo stato in cui si trovano i nostri centri di permanenza e la tensione che provocano nei nostri paesi, ma anche per rispetto nei confronti degli immigrati stessi. Non dobbiamo dare loro false speranze. Penso che dobbiamo mettere in ordine casa nostra prima di offrire cose che al momento non siamo sicuri di potere garantire. Esorto per l’ennesima volta tutti gli interessati a prendere il toro per le corna e impegnarci concretamente per emendare le norme di “Dublino II”.

 
  
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  Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. – (SV) Oggi i Conservatori svedesi hanno votato a favore della relazione sull’immigrazione femminile.

I diritti fondamentali degli immigrati devono essere rispettati e non devono dipendere dal genere o dall’appartenenza a uno specifico gruppo della società. Appoggiamo la gestione congiunta della politica d’immigrazione, che costituisce un’estensione naturale della cooperazione prevista dall’accordo di Schengen. D’altra parte, siamo contrari a una politica comune d’integrazione perché di questo settore si occupano meglio gli Stati membri stessi.

Siamo inoltre contrari all’introduzione di registri delle mutilazioni genitali femminili, perché ciò rappresenterebbe un’intrusione nella privacy che noi non possiamo appoggiare.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) E’ noto che l’immigrazione femminile sta aumentando costantemente nell’Unione, rappresentando attualmente circa il 54 per cento del numero complessivo di immigrati. Questo è dovuto a più ragioni, compresa la migrazione per motivi economici, il ricongiungimento familiare e la ricerca di rifugio e asilo. Spesso le donne sono alle prese con un gran numero di difficoltà e molteplici discriminazioni. Pertanto occorre potenziare i meccanismi pubblici di sostegno, tra cui soprattutto le strutture e i servizi sociali.

E’ particolarmente importante che si applichino le convenzioni internazionali, specialmente quella riguardante il ricongiungimento familiare. Occorre anche garantire alle donne immigrate – che la loro situazione sia regolare o meno – i diritti umani, compreso l’accesso all’istruzione per i figli, il diritto alle prestazioni familiari e alle cure sanitarie. In ogni caso, riteniamo che si debba accordare alle donne immigrate che arrivano in uno Stato membro dell’Unione a scopo di ricongiungimento familiare la possibilità di ottenere uno status legale indipendentemente dal loro coniuge nel più breve tempo possibile.

Riteniamo altresì che si debba concedere il permesso di residenza in uno Stato membro e tutta l’assistenza di cui hanno bisogno alle donne e ai giovani immigrati, in particolare quelli vittime di violenza fisica o psicologica, compresa la pratica dei matrimoni forzati o combinati.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) La relazione dedicata alle donne immigrate è allarmante. Infatti le situazioni che descrive (assenza di status personale, sfruttamento, mutilazioni, delitti d’onore, eccetera...) mettono in evidenza lo spaventoso fallimento delle politiche in materia d’immigrazione e integrazione. Il documento sembra dimostrare che le popolazioni immigrate intendono perpetuare nell’Unione le loro pratiche e i loro costumi, nonostante siano in alcuni casi in flagrante violazione delle nostre leggi e dei nostri valori. Dimentica di menzionare che, talvolta, le stesse donne immigrate o quelle nate da immigrati attribuiscono un maggior valore al rispetto delle loro tradizioni che al rispetto delle leggi e che sono dunque ben lungi dal diventare determinanti, come ingenuamente pensa il relatore, nel promuovere l’integrazione dei loro figli.

La relazione trascura inoltre che il matrimonio di un cittadino di nazionalità extraeuropea con una persona nata nel suo paese d’origine è divenuta, in Francia e certamente in altri paesi dell’Unione europea, la prima causa dell’immigrazione, più ancora del ricongiungimento familiare. Quando questi sono matrimoni di comodo, sono fonte d’immigrazione clandestina. Quando non lo sono, il problema è che, nonostante la nazionalità di lui o di lei riportata sui documenti, uno dei coniugi non è integrato e non è neppure vicino ad esserlo.

Se proseguiamo su questa strada, non faremo altro che consolidare la ghettizzazione delle nostre società e incrementare i rischi di contrasto tra comunità.

 
  
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  Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La Lista di giugno ha precedentemente affermato che l’Unione europea è un’unione di valori. Alla luce di questo, ho deciso di appoggiare quelle formulazioni che chiariscono che tutti i gruppi della società devono avere pari diritti.

La Lista di giugno appoggia misure costruttive intese a conseguire una maggiore integrazione dei gruppi vulnerabili della società. Siamo tuttavia dell’idea che debbano essere fondamentalmente i parlamenti nazionali e le autorità regionali a occuparsi di questo problema urgente. Sono critica nei confronti della tendenza generale in base alla quale le Istituzioni comunitarie cercano di estendere il proprio influsso e la propria competenza a un numero di settori sempre maggiore. E’ importante tracciare una netta linea divisoria tra ciò che dev’essere deciso da parte dell’Unione europea e ciò che va deciso a livello nazionale e locale.

 
  
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  Marine Le Pen (NI), per iscritto. – (FR) La relazione è totalmente fuori dalla realtà, dal momento che mette insieme tutte le chimere della Sinistra e dei Verdi. Giusto qualche esempio: il paragrafo 7 invita gli Stati membri a concedere alle donne migranti in situazione irregolare, i cui figli frequentino la scuola, il diritto alle prestazioni e agli assegni familiari. Il paragrafo 10 chiede la semplificazione delle procedure relative alla concessione del permesso di soggiorno. Il paragrafo 17, infine, chiede di rendere più attiva la partecipazione delle donne migranti alla vita sociale e politica dei paesi di accoglienza.

Naturalmente tutto è concepito per trasformare, come per magia, qualcosa che costituisce un problema – ovvero l’immigrazione clandestina – in qualcosa che è buono, morale e umanitario, ovvero l’immigrazione regolare.

Non c’è una sola parola sull’attuazione di politiche per il rimpatrio degli immigrati clandestini nel paese di origine. Non c’è niente neppure sulla possibilità di realizzare una politica coerente ed efficace di aiuto al cosviluppo in questi paesi per fermare l’esodo crescente che proviene soprattutto dagli Stati africani.

Non c’è nient’altro che il desiderio, espresso dall’inizio alla fine della relazione, di accogliere sempre più immigrati e di dare loro sempre più diritti.

Relazioni come questa non contribuiscono a costruire l’Europa: la annientano.

 
  
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  Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato contro la relazione in sede di commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere perché considero i paragrafi 6 e 7 inaccettabili e inammissibili. Infatti sono dell’idea che l’accesso agli assegni familiari e alle cure sanitarie per tutti coloro la cui situazione è irregolare costituisca un incitamento all’immigrazione di massa, cosa che è inaccettabile, considerati i problemi in materia di immigrazione che già stiamo affrontando.

Inoltre, un incremento dell’immigrazione clandestina aggraverebbe ulteriormente le condizioni con le quali gli immigrati sono alle prese. L’Unione europea non può adottare una relazione che incoraggia ancora di più il lavoro degli scafisti e induce un gran numero di donne a rischiare la vita per immigrare clandestinamente in Europa con la sola speranza di potere beneficiare delle prestazioni sociali.

Vorrei tuttavia sottolineare che sono molto impegnata nella tutela dei diritti delle donne. Ritengo lodevoli gli sforzi compiuti per mezzo della relazione al fine di garantire i diritti fondamentali delle donne immigrate, ma occorre evitare tutto ciò che potrebbe avere effetti negativi rendendo, di fatto, ancora più difficile la situazione di queste donne.

 
  
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  Lydia Schenardi (NI), per iscritto. – (FR) Studi, statistiche, relazioni, bilanci... La Commissione europea, con l’appoggio del Parlamento, da qualche mese è impegnata nell’analisi della situazione sociale, professionale, politica, economica e familiare delle donne immigrate nei paesi di accoglienza. Questo va benissimo, perché al giorno d’oggi sono pochi i dati attendibili utilizzabili in questo campo, anche se sappiamo tutti che le donne, e in particolare le donne musulmane, subiscono ogni sorta di discriminazione.

Tuttavia, ciò che mi preoccupa della relazione è che mette in rilievo i diritti delle donne che sono immigrate clandestinamente in Europa. Il diritto di voto, il diritto agli assegni familiari e a un alloggio, il diritto di rimanere nel paese di accoglienza... La relazione auspica ed elenca un intero pacchetto di diritti, ma curiosamente non ha niente da dire su una politica di rimpatrio degli immigrati irregolari nel paese d’origine o ancora su una politica di assistenza al cosviluppo di tutti questi paesi, il più delle volte africani, che sono i fornitori dell’immigrazione in Europa.

L’Europa continua ad accogliere gente da ogni dove. In realtà, il nostro continente trasforma qualcosa che ritiene inaccettabile, ovvero l’immigrazione clandestina, in qualcosa che ritiene umanitario e morale, ovvero l’immigrazione regolare per ragioni di popolamento.

 
  
  

– Relazione Casaca (A6-0303/2006)

 
  
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  James Elles (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Questa è una relazione importante e molti dei suoi punti meritano di essere applicati. E’ necessario intervenire con urgenza per migliorare i tassi di recupero. Tuttavia i miei colleghi del Partito conservatore britannico e io non possiamo appoggiare la relazione nel suo complesso perché non accettiamo, in linea di principio, che la soluzione a lungo termine a molti dei problemi del settore sia l’istituzione di un Procuratore europeo, un’idea ribadita nella relazione (paragrafi 43-45).

Un Procuratore di questo genere costituirebbe un’ingerenza inaccettabile nella sfera costituzionale degli Stati membri per quanto attiene ai loro sistemi giudiziari. Inoltre, considerata l’opposizione giustamente assai diffusa nei confronti della sua introduzione, il fatto di sottolinearne la necessità rappresenta un pericoloso diversivo pur di non affrontare i veri problemi esistenti. Per questo motivo dobbiamo astenerci dal voto finale.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il recupero di fondi comunitari impiegati indebitamente dev’essere esaminato caso per caso e richiede maggiore attenzione, anche da parte degli Stati membri.

A tale proposito, vorrei evidenziare il caso della delocalizzazione di imprese che hanno beneficiato per anni di finanziamenti comunitari e i casi in cui la sanità pubblica viene messa a rischio in uno o più Stati membri. La cooperazione tra i vari Stati membri e organi deve facilitare e migliorare il rapido recupero delle somme in questione ed evitare che le imprese o le organizzazioni coinvolte continuino a beneficiare di finanziamenti comunitari.

Ciò costituisce un valido motivo, ma noi eccepiamo che sia usato per fornire un ulteriore impulso al federalismo; la relazione propone di istituire una Procura e un Procuratore a livello comunitario, cosa che costituirebbe un altro passo verso la diminuzione della sovranità degli Stati membri.

 
  
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  Presidente. Con questo si concludono le dichiarazioni di voto.

 

10. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
  

(La seduta, sospesa alle 12.35, riprende alle 15.00)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. BORRELL FONTELLES
Presidente

 

11. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale

12. Composizione del Parlamento: vedasi processo verbale

13. Benvenuto
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  Presidente. – Mi comunicano che abbiamo un illustre visitatore in tribuna d’onore. Si tratta di Akbar Ganji, noto scrittore e giornalista, liberato lo scorso marzo dopo aver scontato una condanna a sei anni di carcere per le sue attività a sostegno della democrazia e della libertà di stampa in Iran.

Signor Ganji, le porgiamo il nostro più caloroso benvenuto al Parlamento europeo.

(Applausi)

Il Parlamento europeo ha sostenuto attivamente Akbar Ganji durante la sua lunga detenzione e il suo sciopero della fame e ne ha chiesto il rilascio in più occasioni, in particolare nella sua risoluzione sull’Iran del 13 ottobre 2005, e tramite varie lettere e interventi del Presidente del Parlamento e dei presidenti della delegazione per le relazioni con l’Iran e della sottocommissione per i diritti umani.

Infatti, Akbar Ganji oggi pomeriggio ha partecipato a una riunione congiunta di tali organismi, che senza dubbio avranno fatto tesoro delle sue conoscenze ed esperienze.

 

14. Progetto di bilancio generale 2007 (sezione III) – Progetto di bilancio generale 2007 (sezioni I, II, IV, V, VI, VII, VIII)
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  Presidente. L’ordine del giorno reca la discussione congiunta sulla procedura di bilancio 2007.

In questa discussione esamineremo:

– la relazione (A6-0358/2006), presentata dall’onorevole James Elles a nome della commissione per i bilanci, sul progetto di bilancio generale dell’Unione europea per l’esercizio 2007 (Sezione III) [C6-0299/2006 – 2006/2018(BUD)] e le lettere rettificative n. 1/2007 (5733/2006 – C6-0000/2006) e n. 2/2007 (9010/2006 – C6-0000/2006) al progetto di bilancio generale dell’Unione europea per l’esercizio 2007, e

– la relazione (A6-0356/2006), presentata dall’onorevole Louis Grech a nome della commissione per i bilanci, sul progetto di bilancio generale dell’Unione europea per l’esercizio 2007 (Sezione I, Parlamento europeo; Sezione II, Consiglio; Sezione IV, Corte di giustizia; Sezione V, Corte dei conti; Sezione VI, Comitato economico e sociale europeo; Sezione VII, Comitato delle regioni; Sezione VIII (A), Mediatore europeo; Sezione VIII (B), Garante europeo della protezione dei dati [C6-0300/2006 – 2006/2018(BUD)].

 
  
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  James Elles (PPE-DE), relatore. – (EN) Signor Presidente, la ringrazio per averci presentato la prima discussione sul bilancio per il 2007. All’inizio vorrei ringraziare tutti coloro che ci hanno consentito di arrivare a questa fase, in particolare i funzionari del segretariato della commissione per i bilanci del Parlamento europeo e tutti coloro che vi sono associati, senza i quali sarebbe stato impossibile raggiungere questo livello di preparazione.

Nel fissare gli orientamenti per il bilancio per l’esercizio 2007 – che si differenzia dagli altri in quanto si tratta del primo bilancio delle nuove prospettive finanziarie – buona parte dei primi mesi dell’anno è trascorsa negoziando il risultato delle prospettive finanziarie. Si tratta davvero di un bilancio singolare se consideriamo che alcuni programmi non sono ancora operativi, in quanto i programmi pluriennali sono attualmente in fase di completamento visto che, come speriamo, il regolamento finanziario entrerà in vigore all’inizio del prossimo anno e costituirà la base per il nostro funzionamento.

Vorrei formulare tre considerazioni generali che hanno informato le riflessioni strategiche della commissione per i bilanci nel presentare questo bilancio al Parlamento.

Innanzi tutto, come abbiamo indicato nelle discussioni sulla strategia politica annuale (SPA) a maggio, che sono il fondamento della nostra preparazione per questo bilancio, la velocità della globalizzazione al di fuori dell’Europa sta forgiando le nostre politiche. Credo sia stato giusto criticare la Commissione per aver assunto una posizione rilassata e compiacente a tale riguardo. Nelle nostre politiche di bilancio dobbiamo riuscire a tenere conto degli effetti di quanto accade in altre parti del mondo.

Secondo, siamo perfettamente consapevoli che le discussioni sulle prospettive finanziarie si sono concluse concordando un livello di risorse inferiore alle nostre speranze, e pertanto è stato necessario fissare priorità nella definizione delle nostre politiche.

Terzo, dobbiamo migliorare la comunicazione con i cittadini e infondere loro la fiducia nella nostra capacità di gestire il bilancio in modo efficace.

Ciò detto, tale processo come si è tradotto in ciò che abbiamo votato? Innanzi tutto, una visione generale. In termini di impegni credo che sia stato molto prudente da parte nostra lasciare margini significativi nelle varie parti del bilancio, ben al di sotto dei massimali previsti dall’accordo interistituzionale; inoltre, per la prima volta dal 2000 non chiediamo di ricorrere allo strumento di flessibilità.

In merito alla questione dei pagamenti, abbiamo adottato un approccio orizzontale che riflette la posizione assunta da Reimer Böge, il nostro relatore sulle prospettive finanziarie, la cui relazione è stata approvata dal Parlamento, nel definire una serie di ambiti prioritari, e ciò si rispecchia nella decisione di portare in prima lettura il livello dei pagamenti all’1,04 per cento, ancora una volta ben al di sotto del massimale dell’1,06 per cento previsto per il 2007. Così facendo il rapporto tra impegni e pagamenti nella gran parte dei casi rimane inferiore all’80 per cento.

Per venire ai progetti pilota e alle azioni preparatorie, abbiamo una gamma di possibilità diverse: in termini di politiche interne, nel cui ambito vogliamo promuovere l’innovazione e, per quanto riguarda la sicurezza, intendiamo adottare un’iniziativa importante sulla gestione dell’immigrazione, grazie all’amico e collega onorevole Deprez della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, e, last but not least, in termini di politiche esterne, per vedere cosa possiamo fare per rafforzare i legami con la Cina e l’India, perché, come dicevo all’inizio, nell’attuale mondo globalizzato non disponiamo delle reti giuste per collegare le nostre imprese e i nostri scienziati con il mondo aziendale e scientifico di Cina e India. Introduciamo questi elementi come azioni preparatorie da approvare nel quadro del bilancio 2007.

Infine, sul versante dei pagamenti, ho citato la politica estera e di sicurezza comune, la PESC. Alcuni in seno al Consiglio ritengono che la nostra scelta di ridurre questa rubrica del 50 per cento non sia particolarmente generosa. Qualcuno auspicava il 100 per cento, ma abbiamo raggiunto il 50 per cento come buon compromesso, perché in seno alla commissione per gli affari esteri in particolare, ma anche in altri organi parlamentari, alcuni desiderano che il Consiglio rispetti l’impegno che si è assunto in merito ai rapporti tra Parlamento e Consiglio nella gestione della politica estera e di sicurezza comune.

Allo stesso modo, per i rappresentanti speciali raccomandiamo di trasferire integralmente l’importo alle delegazioni UE: in prima lettura insistiamo sul fatto che vogliamo, se non un trattamento speciale, quanto meno chiarezza nelle nomine di tali rappresentanti. Come recita l’emendamento, vorremmo che si adottassero orientamenti in ordine alla decisione di determinare, selezionare e nominare rappresentanti speciali UE e alla valutazione regolare del loro lavoro.

Per passare al secondo aspetto, “value for money, l’ottimizzazione delle risorse, si tratta di un concetto innovativo che vogliamo serva a impedire che si continuino a buttare i soldi dalla finestra. Non credo che nessuno in questo Parlamento si opponga a un’idea del genere intesa a identificare le linee di bilancio per le quali sappiamo, grazie alle diverse relazioni di cui disponiamo, che l’esecuzione delle politiche lascia a desiderare vuoi dal punto di vista qualitativo, vuoi quantitativo.

Grazie al lavoro della commissione per i bilanci – anche se sarebbe stato auspicabile che il relatore della commissione per il controllo dei bilanci avesse potuto contribuire maggiormente al processo – esaminando le nostre analisi costi-benefici, le relazioni della Corte dei conti, il sistema di allerta per le previsioni di bilancio e le relazioni sintetiche della Commissione, siamo riusciti a identificare una serie di linee di bilancio per le quali, all’unanimità, la commissione per i bilanci ha deciso in sede di prima lettura di iscrivere nella riserva il 30 per cento degli stanziamenti. L’intento è riuscire a sbloccare tali importi entro la fine dell’anno, in seconda lettura, se otterremo una spiegazione soddisfacente dalla Commissione il 15 novembre, quando si terrà una riunione congiunta della commissione per i bilanci e della commissione per il controllo dei bilanci per esaminare tali linee e per verificare se la loro esecuzione ora è positiva. Il concetto di base è sgravare il bilancio dalle linee inefficienti e progredire verso il nostro obiettivo, cioè ottenere una dichiarazione di affidabilità positiva.

Mentre il Consiglio ha insinuato che ciò potrebbe essere contrario al regolamento finanziario, io ritengo che l’articolo 43, paragrafo 1, lettera b), disponga chiaramente che in presenza di motivazioni fondate per accantonare degli stanziamenti, il Parlamento ha facoltà di procedere in tal senso.

Sarebbe una buona cosa se al termine del nostro processo – magari ai margini della riunione di conciliazione con il Consiglio il 21 novembre, o nella votazione di dicembre – potessimo addivenire a una dichiarazione congiunta di Parlamento, Consiglio e Commissione su come gestire sistematicamente questo concetto di ottimizzazione delle risorse, in modo da integrarlo nella nostra procedura invece di trattarlo in modo arbitrario.

Ancora qualche ultimo commento su altri aspetti: il controllo di bilancio e l’ottimizzazione delle risorse. In primo luogo, la gestione concorrente: i problemi esposti dal Presidente della Corte dei conti in sede di commissione per il controllo dei bilanci ieri sera, quando, con somma sorpresa mia e di altri colleghi, ha dichiarato di non essere particolarmente interessato alla gestione concorrente perché è il Consiglio che paga e la Commissione che si assume la responsabilità di firmare il bilancio. Non credo sia possibile ottenere una dichiarazione di affidabilità a meno che gli Stati membri si assumano le proprie responsabilità di bilancio per i fondi che essi erogano, che ammontano al 75-80 per cento del bilancio. Pertanto, la gestione concorrente secondo noi è importante per applicare la disposizione dell’accordo interistituzionale.

In secondo luogo, quanto al lavoro sulle agenzie, che l’onorevole Haug ha coordinato abilmente per nostro conto, iscriviamo nella riserva gli aumenti in modo tale da poter ascoltare il parere delle agenzie in merito ai loro progetti di utilizzo degli stanziamenti e ai programmi di lavoro, ancora una volta ai fini dell’ottimizzazione delle risorse.

Ultimo punto, ma non meno importante, il tema dell’amministrazione: non abbiamo potuto accettare il tentativo del Consiglio di ridurre effettivamente in prima lettura l’organico della Commissione di circa 2 000 posti nei prossimi anni. Riteniamo si imponga un’analisi della Commissione entro il 30 aprile 2007 per poter capire quali sono le richieste della Commissione nel medio termine prima di procedere a tagli radicali.

Inoltre gradiremmo dalla Commissione non soltanto un aggiornamento sui regolamenti pendenti che potrebbero essere ritirati, ma soprattutto vorremmo essere sicuri di distinguere nettamente fra procedura di bilancio, di cui ci occupiamo qui, e processo legislativo relativo al programma di lavoro su cui la Commissione decide oggi, così che quando adotteremo una decisione finale sul bilancio, speriamo a dicembre, e la risoluzione del Parlamento sul programma di lavoro legislativo, i due elementi possano essere collegati e si possa convocare il Presidente della Commissione in Parlamento nel febbraio 2007 per presentare il programma di lavoro definitivo dell’Unione europea. Diversamente il sistema non risulta comprensibile ai cittadini.

Concludo dunque dicendo che in termini di priorità definirei questo bilancio coerente e lungimirante; in termini di ottimizzazione delle risorse è un bilancio che si può definire coerente e prudente, e, infine, considerando i due blocchi insieme, potremo guardare alla revisione del 2008/2009 e contare su una posizione molto chiara del Parlamento europeo al fine di garantire che, se avremo bisogno di aumenti in determinate politiche o azioni relative a questioni politiche, saremo pronti ad affrontare il dibattito.

(Applausi)

 
  
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  Louis Grech (PSE), relatore. – (MT) L’aumento di bilancio attribuito alle altre sezioni nel 2007, se rapportato all’esercizio 2006, era solo marginale e notevolmente inferiore a quanto richiesto nel progetto preliminare. L’incremento concordato riflette il tasso d’inflazione e gli importi relativi alle priorità specifiche di ciascuna Istituzione. La commissione per i bilanci ha deciso di ripristinare oltre 10 milioni di euro dei circa 29 milioni di euro decurtati dal Consiglio nelle altre sezioni, ad esclusione del Parlamento e del Consiglio.

Il bilancio 2007 è stato basato sulle priorità fondamentali delle Istituzioni, assicurando che non ne sia intralciata l’efficienza operativa e funzionale. Globalmente, l’incremento per le Istituzioni ammonta a 31 milioni di euro a fronte dei 48 milioni di euro richiesti.

Nel corso degli anni, signor Presidente, gonfiare i margini è diventata una caratteristica comune dei bilanci di previsione di alcune Istituzioni. Questa pratica, o per meglio dire questa cattiva pratica, ha comportato un farraginoso sistema di storni dell’ultimo minuto o di annullamento di determinati stanziamenti. Tale situazione sarà difficilmente gestibile tra qualche anno, quando il processo di acquisizione di immobili comincerà a rallentare. A tale riguardo riteniamo che un approccio sempre più basato sulle attività sarebbe molto efficace. Inoltre, lo stato di previsione dovrebbe essere presentato in una forma più standardizzata, le motivazioni dovrebbero fornire giustificazioni più chiare e le stime dovrebbero essere più accurate.

In ordine al Parlamento, la commissione per i bilanci ha deciso che l’importo definitivo per il bilancio 2007 dovrebbe essere di 0,1397 miliardi di euro, cioè a dire un margine di 25 milioni di euro al di sotto del massimale del 20 per cento. Tale livello corrisponde al 19,65 per cento della spesa amministrativa a titolo della rubrica 5. Il Parlamento, tuttavia, non rinuncia alla sua tradizionale quota del 20 per cento. Infatti, la commissione estende il proprio sostegno allo stanziamento di fondi inutilizzati per le spese impreviste, ma giustificate, tramite “lettere rettificative”. Gli obiettivi principali della pianificazione strategica dell’organico per il 2007 dovrebbero essere la creazione di una struttura efficiente, unitamente a un’azione di ridistribuzione. Inoltre la copertura dei posti divenuti vacanti a causa di pensionamenti non sarà considerata un processo automatico.

Quanto all’assistenza e ai servizi per i deputati, concordiamo con il Segretario generale che gli obiettivi principali dell’operazione “Alzare la posta” siano stati largamente raggiunti. Tuttavia, è ricorrente la lamentela che l’informazione sui servizi di assistenza a disposizione dei deputati non sia sufficiente. L’amministrazione dovrebbe affrontare tali lacune e correggerle entro la fine di quest’anno.

Signor Presidente, a causa del poco tempo disponibile, non posso dilungarmi su tutte le priorità contenute nel bilancio e nella mia relazione per il 2007. Tali priorità riguardano i 48 milioni di euro destinati alle spese per l’allargamento a Romania e Bulgaria, le misure adottate per la semplificazione e il miglioramento della legislazione, l’analisi dell’efficienza sotto il profilo dei costi dei servizi di traduzione, specialmente in relazione alla lunghezza dei testi, l’autorizzazione dei 9,5 milioni di euro di fondi supplementari per il miglioramento del programma per i visitatori, la decisione di mantenere 6,7 milioni di euro in riserva per la Web TV, a proposito della quale sarà adottata una decisione finale dopo la presentazione del prototipo alla commissione per i bilanci, la necessità di un maggiore controllo dell’amministrazione del multilinguismo, per cui abbiamo iscritto 3 milioni di euro nella riserva. L’abuso di questo servizio da parte di alcuni, inclusi i partiti politici, dovrebbe essere sanzionato. E’ stato riservato un importo di 50 milioni di euro per gli edifici e dobbiamo garantire che la politica immobiliare sia periodicamente oggetto di revisione.

Concludo dicendo che l’esecuzione di bilancio richiede una migliore gestione se vogliamo che gli obiettivi siano conseguiti. Le relazioni annuali devono basarsi su informazioni più particolareggiate in merito al lavoro svolto dalle Istituzioni. Tali relazioni dovrebbero essere utilizzate per giustificare le richieste di stanziamenti aggiuntivi così che il Parlamento possa arrivare a una decisione più razionale in merito all’attribuzione dei fondi. In tal modo i bilanci finanziati dai contribuenti europei offriranno un vero valore aggiunto alla loro vita di ogni giorno.

Infine, desidero ringraziare tutti quanti hanno contribuito a stilare questa relazione. Desidero ringraziare in modo particolare il Segretario generale, che ha rassegnato le dimissioni. Noi sentiremo la sua mancanza: il fatto che lui sentirà la nostra è un’altra questione.

 
  
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  Ulla-Maj Wideroos, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli parlamentari, è un onore per me presenziare alla discussione sul bilancio 2007 in Parlamento. Posso assicurarvi che prenderemo nota con interesse delle questioni emerse durante la discussione e le riferiremo a tutti i nostri colleghi.

La procedura di elaborazione del bilancio è lunga. Apprezzo l’atmosfera di franchezza che ha regnato durante tutto l’anno nelle discussioni tra i membri del Consiglio e il Parlamento. Abbiamo discusso l’ultima volta di questa materia in occasione del trilogo sul bilancio del 18 ottobre. In tale occasione ho avuto modo di fornire alcune reazioni preliminari sui progetti di emendamento della commissione per i bilanci che saranno votati in plenaria, giovedì. Prima di presentare alcune questioni importanti per il Consiglio, desidero trattare di taluni aspetti relativi alla qualità, che sono rilevanti per l’operato dell’Unione europea nel suo insieme.

E’ mia intenzione parlare francamente e senza giri di parole. Ritengo che la commissione per i bilanci, sotto la guida degli onorevoli Elles e Grech, abbia lavorato senza pregiudizi, concentrandosi anche su quanto si può realizzare con il denaro dei cittadini e dei contribuenti. Speriamo che anche la Commissione sarà coinvolta in questo processo.

L’ottimizzazione delle risorse derivanti dalle tasse dell’Unione europea deve diventare una prassi sistematica. Questo concetto dell’ottimizzazione delle risorse deve arrivare a informare l’intera procedura di bilancio.

Dal mio punto di vista, la prima lettura del bilancio dovrebbe concentrarsi su fatti e cifre. Non penso che le autorità di bilancio debbano formulare dichiarazioni politiche in prima lettura.

Quando il progetto di bilancio è stato presentato al Consiglio il 5 settembre 2006, ho dichiarato che la procedura di bilancio dell’UE deve essere rinnovata. Senza soluzioni di bilancio innovative non possiamo promuovere la competitività dell’Unione europea né rendere più efficiente l’amministrazione delle Istituzioni. Le autorità di bilancio devono adottare azioni concrete per realizzare i propri obiettivi nel bilancio 2007.

Dal punto di vista del Consiglio, l’intenzione del Parlamento di aumentare in modo significativo gli stanziamenti di pagamento, quando questa esigenza non è dimostrata, non è il modo migliore di gettare un ponte tra l’UE e l’opinione pubblica. Un aumento di una simile scala produrrebbe soltanto un’enorme eccedenza nel primo anno. Il bilancio 2007 dovrebbe basarsi su un fabbisogno realistico e giustificato in termini di stanziamenti.

Dimezzare il bilancio per la politica estera e di sicurezza comune è semplicemente inaccettabile. Nell’accordo interistituzionale concluso cinque mesi or sono, il Parlamento ha approvato un importo medio annuo di 250 milioni di euro. Così stando le cose, ritengo che i 159 milioni di euro richiesti dal Consiglio e dalla Commissione siano una cifra ragionevole. Pertanto desidero chiedere come possa essere giustificato il suggerimento del Parlamento di 73 milioni di euro. Spero che la sessione plenaria agirà in modo responsabile rispetto a questi due ambiti.

Le autorità di bilancio devono mettere a punto una procedura per l’utilizzo delle riserve nell’immediato futuro. Gli stanziamenti non devono essere collocati nella riserva puramente per motivi tattici. Anche in questo senso le disposizioni del regolamento finanziario devono essere rispettate alla lettera.

Come ben sappiamo, il bilancio 2007 è il primo a essere interessato dal nuovo accordo interistituzionale. E’ molto importante che tutti i suoi vecchi aspetti familiari, come i margini adeguati e i massimali, siano rispettati fin dal principio. Il nuovo accordo contiene anche nuove disposizioni, ad esempio in materia di progetti pilota e azioni preparatorie. Desidero sottolineare quanto siano importanti tali regole, che affermano chiaramente che i progetti pilota e le azioni preparatorie non devono essere diritto esclusivo di un’autorità di bilancio. Tanto il Parlamento quanto il Consiglio devono rispettare questo aspetto del contenuto del nuovo accordo interistituzionale.

Il bilancio 2007 è un pacchetto. E’ importante che le autorità di bilancio stabiliscano il pacchetto concordato congiuntamente nel contesto della procedura di bilancio. Gli elementi cruciali del pacchetto complessivo sono intercorrelati.

Infine, vorrei tornare alla revisione del regolamento finanziario. Si tratta di un tema che ha suscitato forte ansietà nel Parlamento e nella Commissione, che hanno invitato il Consiglio ad accelerare i tempi. Il Presidente Borrell ha sollevato da ultimo la questione il 17 ottobre nelle sue discussioni con il Primo Ministro Vanhanen. E’ un piacere per me poter dichiarare che il 19 ottobre il Consiglio ha adottato una posizione comune sulla revisione del regolamento finanziario. Pertanto potremo tenere un negoziato con il Parlamento sul regolamento finanziario il 21 novembre. Mi rammarico che non sia stato possibile mantenere la tabella di marcia proposta dal Commissario competente per il bilancio nella sua lettera di giugno. La Commissione aveva sperato che la riunione si tenesse la settimana scorsa. Penso, tuttavia, che il calendario cui ho fatto riferimento garantirà a tutti il tempo sufficiente per formulare una soluzione complessiva generale.

Spero che questi miei brevi commenti siano serviti a chiarire le opinioni del Consiglio. Credo onestamente che il Parlamento e il Consiglio possano addivenire a una buona soluzione comune sul bilancio 2007 nelle discussioni che si svolgeranno nelle settimane a venire.

 
  
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  Dalia Grybauskaitė, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, desidero esprimere l’apprezzamento della Commissione per il lavoro svolto dalla commissione per i bilanci e dal suo relatore, che hanno esaminato oltre 1 200 proposte delle altre commissioni per preparare la prima lettura. Sappiamo cosa significa un’impresa simile e come è stata realizzata. In termini generali la reazione della Commissione alla proposta presentata dal Parlamento per la votazione di domani è positiva. Tuttavia vorrei indicare tre punti sensibili che vorremmo risolvere insieme al Parlamento prima della seconda lettura.

Il primo punto riguarda le riserve orizzontali pari al 30 per cento delle linee di bilancio per i programmi a valore aggiunto. Nutriamo qualche apprensione in merito alla prima applicazione del programma, non nel senso dell’idea politica, che abbiamo sostenuto fin dall’inizio, ma della sua prima applicazione all’importo generale e di alcune condizionalità che stanno delineandosi. Tuttavia la Commissione e il suo Segretariato sono disponibili a presentarsi a metà novembre per le audizioni cui il Parlamento ci ha invitati per fornire tutte le informazioni possibili e per consentire al Parlamento di sbloccare la maggior parte possibile di tali riserve prima della seconda lettura.

Il secondo elemento attiene alle agenzie, in particolare le tre nuove agenzie che dovrebbero nascere nel 2007. La commissione per i bilanci stava sopprimendone i preparativi. Comprendiamo che questo aspetto riguarda il paragrafo 47 del nuovo accordo interistituzionale. La relazione tra i due rami dell’autorità di bilancio va chiarita e vanno definite nuove procedure – motivo per il quale nel prossimo futuro chiederemo di tenere riunioni tecniche tra le tre Istituzioni per fare luce sulla situazione di modo che le tre agenzie possano vedere la luce nel gennaio 2007.

Il terzo aspetto è la riserva di 50 milioni di euro per le retribuzioni del personale della Commissione a titolo della rubrica 5. Desideriamo ringraziare il Parlamento per aver reintegrato i tagli apportati dal Consiglio, ma le riserve sono per noi motivo di inquietudine perché le condizionalità sono numerose e di ampia portata. Come dicevo all’inizio, cercheremo di rendere disponibile il maggior numero possibile di informazioni entro il 15 novembre e prima della conciliazione definitiva con i due rami dell’autorità di bilancio, così da poter sbloccare tutto il possibile. Se la riserva non sarà sbloccata almeno parzialmente a partire dal 1° gennaio, non potremo avviare nessuna assunzione, nemmeno dai nuovi Stati membri, né la sostituzione del personale andato in pensione.

In generale siamo positivi. Siamo pronti a lavorare in stretto rapporto con il Parlamento per sbloccare le riserve e rispettare tutte le condizioni che ci sono state proposte per la prima lettura. Speriamo che entro il 21 novembre sia possibile giungere a un accordo che sia valido e accettabile per tutte e tre le Istituzioni.

 
  
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  István Szent-Iványi (ALDE), relatore per parere della commissione per gli affari esteri. – (HU) Il capitolo sugli affari esteri è stato forse il vero perdente nel quadro finanziario settennale, il che getta immediatamente un’ombra sulla capacità dell’Unione europea di svolgere il proprio ruolo come partner globale. E’ particolarmente deplorevole che nella procedura annuale di bilancio il Consiglio abbia apportato tagli ancora più significativi alle risorse finanziarie destinate alle azioni esterne. Per questo motivo la commissione per gli affari esteri ha deciso di ripristinare il progetto preliminare di bilancio in vari punti e dunque di ristabilire gli importi originari.

Abbiamo fissato le priorità del Parlamento europeo in materia di azioni esterne nel modo che abbiamo reputato necessario per attribuire maggiori risorse ai paesi candidati e candidati potenziali, per investire di più in questi paesi alle frontiere orientali della politica europea di vicinato e per offrire più assistenza umanitaria alla Palestina.

La commissione per i bilanci non ha condiviso tutte le nostre proposte, e quindi le ripresentiamo nuovamente a nome della commissione per gli affari esteri. Nell’interesse di una politica estera responsabile e coerente, vi invitiamo ad accettare la proposta della commissione per gli affari esteri.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. ANTONIOS TRAKATELLIS
Vicepresidente

 
  
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  Jürgen Schröder (PPE-DE), relatore per parere della commissione per lo sviluppo. – (DE) Signor Presidente, mi consenta di esprimere, innanzi tutto, le mie congratulazioni al collega James Elles per le sue riflessioni strategiche, in particolare riguardo a Cina e India. Si tratta di una novità ed è nostro dovere prenderla molto sul serio.

Come commissione per lo sviluppo abbiamo ottenuto che fossero ripristinati gli stanziamenti del progetto preliminare di bilancio, per mantenere la trasparenza del bilancio ed elaborare una relazione in linea con la relazione Mitchell sugli strumenti di cooperazione allo sviluppo. Ciononostante ho presentato in plenaria due emendamenti, che la commissione per i bilanci, però, non ha approvato.

Si tratta dell’emendamento n. 250, che riguarda un progetto pilota per le piccole e medie imprese nei paesi in via di sviluppo, che, mi permetto di ricordare all’Aula, sono state oggetto di una relazione approvata quest’anno. Se vogliamo contribuire al consolidamento del settore del lavoro autonomo e delle piccole imprese nei paesi in via di sviluppo, dobbiamo rafforzare il ruolo delle PMI. Sarebbe davvero increscioso non poter concretizzare un progetto pilota che voleva testimoniare il nostro invito a rafforzare le PMI nei paesi in via di sviluppo.

L’altro emendamento cui facevo riferimento era quello n. 253, relativo agli scambi con altri parlamenti. L’emendamento si riferisce al bilancio del nostro Parlamento europeo e alla possibilità di mantenere legami con altri parlamenti, quali il parlamento panafricano o il parlamento dell’Afghanistan. Il Parlamento europeo in questo modo potrà davvero esercitare un’influenza positiva sul processo di democratizzazione nel mondo. Pertanto vi invito caldamente a votare a favore anche di tale emendamento giovedì.

 
  
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  Ona Juknevičienė (ALDE), relatore per parere della commissione per l’occupazione e gli affari sociali. – (LT) Il bilancio riguarda essenzialmente la realizzazione di progetti che sono importanti e utili per la Comunità e i suoi cittadini. Un tale progetto è il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, che ha una dotazione di 500 milioni di euro.

Ho suggerito di iscrivere gli stanziamenti nella riserva dell’esercizio finanziario successivo della commissione per l’occupazione e gli affari sociali. Su questo punto voteremo a dicembre. Tuttavia, onorevoli colleghi, desidero ancora una volta attirare la vostra attenzione, e specialmente l’attenzione della Commissione, sulle regole che devono disciplinare l’utilizzo di tali fondi. Il punto è se il denaro arriverà davvero a un particolare disoccupato. Il denaro non può essere oggetto di appropriazione indebita come spesso è accaduto con gli aiuti dei donatori a favore delle imprese in fase di ristrutturazione.

Prevedo un considerevole rischio di uso improprio dei fondi della Commissione. I membri della commissione per i problemi economici e monetari hanno votato proprio contro questa possibilità. Non possiamo accettare queste regole, a meno che non siano modificate sostanzialmente. Pertanto vi esorto ad assumere una posizione ferma e a chiedere alla Commissione la garanzia dell’uso trasparente ed efficace delle risorse.

 
  
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  Jutta Haug (PSE), relatore per parere della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, siamo quasi all’inizio del primo esercizio finanziario delle prospettive finanziarie negoziate in aprile e approvate da noi in maggio. Il quadro finanziario è rigido e ci rende difficile raggiungere i nostri obiettivi politici.

Nella stesura del progetto preliminare di bilancio per il 2007 la Commissione è stata molto cauta. Il Consiglio, come sempre imperturbabile di fronte a quello che gli esperti possono opinare, lo ha decurtato ulteriormente. La commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare ha cercato di salvare il salvabile, ripristinando le cifre del progetto preliminare di bilancio e aumentando in modo responsabile gli importi di alcune linee.

La commissione per i bilanci ha approvato tutti gli emendamenti della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare e di questo sono molto grata ai colleghi che ne sono membri. Tuttavia la situazione globale non ci soddisfa, tanto più che nel bilancio 2007 rimangono irrisolti i problemi di LIFE+ e del programma d’azione per la salute.

L’unico settore che ci consente di guardare al futuro con ottimismo, grazie al fatto che lo sviluppo e il livello dei finanziamenti che lo riguardano sono positivi, è quello delle agenzie, e intendo tutte le agenzie, non soltanto quelle per le quali la commissione di cui faccio parte è la commissione specializzata competente. La cooperazione con le agenzie negli ultimi due anni si è molto rafforzata. Entro la fine dell’anno riceveremo addirittura informazioni sull’organico e sullo sviluppo del personale. La mia valutazione positiva riguarda tutte le agenzie.

In merito alle tre nuove, tuttavia – l’Istituto per l’uguaglianza di genere, l’Agenzia per i diritti fondamentali e l’Agenzia dei prodotti chimici – sussistono difficoltà che non sono soltanto di natura tecnica, come invece ha appena lasciato intendere la Commissione, poiché per nessuna delle tre agenzie abbiamo ancora una base giuridica. Come Parlamento siamo ancora in attesa che siano avviati i negoziati con il Consiglio ai sensi del paragrafo 47 dell’accordo interistituzionale in merito alle fonti a partire dalle quali finanziare le tre agenzie. Desidero sollecitare la Presidenza del Consiglio ad accelerare la procedura in tal senso.

 
  
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  Neena Gill (PSE), relatore per parere della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia. – (EN) Signor Presidente, desidero formulare tre osservazioni. Innanzi tutto, desidero ringraziare il relatore per aver aumentato gli stanziamenti di pagamento per i programmi prioritari collegati all’agenda di Lisbona, come il programma per la competitività e l’innovazione e il settimo programma quadro di ricerca. Si tratta di iniziative chiave, che non soltanto offrono lavoro agli scienziati europei esperti e altamente qualificati, ma preparano altresì l’UE ad affrontare le future sfide come attore globale di primo piano. Non dovremmo trascurare gli effetti positivi e significativi che hanno sulle nostre regioni e sui loro abitanti.

Secondo, desidero elogiare la relazione per la preoccupazione che esprime in merito al programma GALILEO, che ha ricevuto una dotazione inadeguata nel progetto di bilancio generale per il 2007. Questo programma è una vetrina per l’UE, un’enorme sfida tecnologica, economica e politica e dobbiamo davvero esserne certi. Non capisco perché si vogliano apportare tagli in questo ambito. Sarebbe imbarazzante per l’UE se questo progetto dovesse arenarsi o fallire a causa di un finanziamento insufficiente.

Terzo, poiché molti settori, come quelli che ho appena citato, richiedono un aumento di fondi, non capisco perché quando la commissione ITRE chiede un bilancio inferiore, questo non venga dal programma di ricerca per la sicurezza e lo spazio, dove i pagamenti andrebbero ridotti e non incrementati.

Per passare a questioni più generali che non riguardano la commissione ITRE, in merito ai Fondi strutturali sostengo la richiesta contenuta nella relazione di aumentare gli stanziamenti di pagamento. Si tratta di uno degli ambiti nei quali i normali cittadini vedono la differenza che le politiche dell’UE producono nella loro vita di ogni giorno. La mia regione, le West Midlands, è un caso paradigmatico: i fondi comunitari hanno agito da catalizzatore per ridare energie al potenziale e allo sviluppo delle comunità locali.

In ordine alle relazioni esterne, l’Asia è una delle regioni più grandi e più popolose del mondo: in essa vive il 60 per cento della popolazione mondiale. Per tale motivo sono stupefatta che la Commissione abbia ridotto la copertura finanziaria. L’anno scorso i fondi per lo tsunami erano stati prelevati da altri programmi per l’Asia senza nessun incremento e quest’anno, poiché i finanziamenti per lo tsunami sono diminuiti, la Commissione ha nuovamente ridotto i fondi. La Commissione ha dimenticato che i programmi per l’Asia, che sono stati sacrificati, hanno disperatamente bisogno di fondi, considerato che l’UE ha assunto l’impegno di realizzare gli Obiettivi di sviluppo del Millennio? Chiedo alla Commissione di fornirci giustificazioni.

Apprezzo la richiesta di trasparenza nell’attribuzione dei fondi per l’informazione e la comunicazione contenuta nella relazione. E’ necessaria una trasparenza a 360 gradi per consentire la totale tracciabilità e la pubblicazione su Internet del denaro dei contribuenti europei speso per le politiche dell’UE. In questo modo si potrà vedere esattamente a chi e in quale misura vengono destinati i fondi. Lo stesso vale per i membri di questo Parlamento e specialmente per l’agricoltura.

Infine, desidero congratularmi con i due relatori, onorevoli Elles e Grech, per le loro eccellenti relazioni e li ringrazio per il loro grande impegno.

 
  
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  Bill Newton Dunn (ALDE), relatore per parere della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori. – (EN) Signor Presidente: un minuto, due punti. La commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori ha semplicemente votato per mantenere la spesa proposta dalla Commissione per la protezione dei consumatori, non i tagli ingenti proposti dal Consiglio. Pertanto voteremo a favore dello statu quo come proposto dalla Commissione.

Secondo, desidero accennare al bilancio del Parlamento per la comunicazione con i cittadini. Ogni anno i membri del Congresso americano possono inviare quattro giornali di quattro pagine a ciascuno dei propri elettori per raccontare loro gli straordinari successi che hanno ottenuto. Propongo un emendamento per consentire a ciascuno di noi deputati di inviare un giornale gratuito di quattro pagine a ciascuno dei nostri elettori ogni anno per informarli in merito alle nostre attività. Spero che i colleghi sosterranno tale emendamento, che contribuirebbe a colmare il deficit di comunicazione. Nella tribuna dei visitatori sono presenti alcuni elettori, ma fuori da questo Emiciclo ve ne sono milioni che ignorano il nostro operato e con i quali dobbiamo comunicare.

 
  
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  Anne E. Jensen (ALDE), relatore per parere della commissione per i trasporti e il turismo. – (DA) Signor Presidente, signora Commissario, signora Presidente in carica del Consiglio, nelle prospettive finanziarie l’importo per le reti transeuropee, i trenta progetti prioritari nel settore dei trasporti, è stato ridotto a un terzo di quello che la Commissione aveva ritenuto in origine necessario. Non abbiamo ancora la base giuridica per il finanziamento, né sappiamo come l’importo decurtato dovrà essere ripartito nei prossimi anni. Pertanto abbiamo deciso di iscrivere nella riserva tutto l’importo per il 2007, quasi 800 milioni di euro, fino a quando tutto sarà chiarito. Non possiamo eseguire il bilancio del primo anno senza avere un’idea chiara in merito alla situazione nei prossimi esercizi. Non si può costruire un ponte a metà: o lo si costruisce tutto o non lo si costruisce per niente.

In merito alle tre agenzie per la sicurezza marittima, per i trasporti aerei e ferroviari, vogliamo che siano ripristinati in bilancio gli importi proposti dalla Commissione. Si tratta di agenzie nuove, in fase di creazione, che hanno bisogno di margini per lavorare.

Ultima osservazione, ma non meno importante, desidero porre in rilievo il progetto pilota per le piazzole di sosta sicure lungo le autostrade europee. Parallelamente alle regole più severe per i tempi di guida e di riposo per gli autisti, è importante che gli autisti europei possano riposarsi in condizioni adeguate e sicure.

 
  
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  Marian Harkin (ALDE), relatore per parere della commissione per lo sviluppo regionale. – (EN) Signor Presidente, desidero complimentarmi con il relatore: ha sicuramente dato prova di fermezza. A livello generale, i pagamenti previsti nel bilancio 2007 devono raggiungere l’1,04 per cento dell’RNL dell’UE se vogliamo davvero realizzare programmi efficaci per i cittadini. E’ altrettanto cruciale adottare un approccio qualitativo, ispirato all’ottimizzazione delle risorse di cui disponiamo. Alcuni hanno osservato che è il Consiglio che paga. In realtà non è così: sono i cittadini a pagare. Si tratta di denaro dei contribuenti, che ce lo hanno affidato e giustamente si aspettano risultati positivi nel contesto dell’ottimizzazione generale.

In qualità di relatrice per la commissione REGI esorto caldamente a reinserire gli stanziamenti previsti nel progetto preliminare di bilancio e a considerare la coesione una delle priorità politiche dell’UE.

Infine, invito la Commissione a chiarire la base giuridica del programma di pace e a consentire l’assegnazione di risorse al Fondo internazionale per l’Irlanda. In qualità di deputato irlandese sono lieta di avere l’opportunità di ringraziare l’UE per il suo continuo sostegno per la pace e per il Fondo internazionale per l’Irlanda. Ben oltre un miliardo di euro è stato destinato a promuovere la pace, la comprensione e la tolleranza. Avete sostenuto le comunità e dimostrato fiducia nella gente comune che vive nelle regioni frontaliere dell’Irlanda. Avete svolto il vostro ruolo e ciò torna a vostro merito.

 
  
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  Marc Tarabella (PSE), relatore per parere della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale. – (FR) Signor Presidente, onorevole Elles, onorevoli colleghi, con qualche eccezione tutti gli emendamenti della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale sono stati accettati dalla commissione per i bilanci.

Innanzi tutto, mi rallegro che siano stati approvati gli emendamenti che mirano a ripristinare il progetto preliminare di bilancio. A maggior ragione mi compiaccio per l’adozione degli emendamenti relativi all’aumento degli aiuti a favore dei meno abbienti: l’aiuto alimentare, le restituzioni per il latte, la distribuzione gratuita di ortofrutticoli, le azioni di promozione, la distribuzione di latte alle scuole e l’aiuto all’apicoltura. Avremmo voluto che si tenesse conto in maggiore misura segnatamente dei premi per le vacche nutrici, vitali nelle zone sfavorite, dell’aiuto per le colture energetiche, dei progetti pilota per l’efficienza energetica. Ci riserviamo di ripresentare emendamenti in tal senso in plenaria.

Globalmente riteniamo che la commissione per i bilanci sia stata attenta agli emendamenti che abbiamo proposto, al di là delle nostre aspettative, e ringraziamo il Presidente, onorevole Elles, e i colleghi per lo spirito costruttivo che ha caratterizzato le loro scelte.

 
  
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  Rosa Miguélez Ramos (PSE), relatore per parere della commissione per la pesca. – (ES) Signor Presidente, la nostra commissione ha formulato alcune osservazioni in relazione ai tagli introdotti dal Consiglio rispetto alle proposte della Commissione europea.

Il più indicativo di tali tagli riguarda 10 milioni di euro iscritti nella riserva per gli accordi internazionali che sono annullati, sono scomparsi, sia per gli stanziamenti d’impegno sia per gli stanziamenti di pagamento. La commissione per la pesca ritiene che ciò potrebbe addirittura creare problemi in termini di obblighi giuridici dell’Unione europea in tale ambito, e pertanto chiediamo il ripristino degli importi originari.

Le altre riduzioni introdotte dal Consiglio attengono ai pagamenti a titolo del Fondo europeo per la pesca: 23 milioni di euro per le regioni della convergenza e 7 milioni di euro per quelle non incluse in tale categoria. La commissione per la pesca reputa che, se fossero mantenute simili decurtazioni, sarebbe impossibile corrispondere gli anticipi del 7 per cento previsti dal regolamento del Fondo.

Onorevoli colleghi, la dotazione generale assegnata alla pesca è già tanto modesta da rendere tali tagli inaccettabili. Oltre ad essere arbitrari e ingiustificati, lanciano un segnale molto negativo in un momento critico per il settore, e per tale motivo la commissione per la pesca chiede che siano ripristinati gli importi proposti dalla Commissione nel progetto preliminare di bilancio.

 
  
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  Helga Trüpel (Verts(ALE), relatore per parere della commissione per la cultura e l’istruzione. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, condivido in linea di massima il principio dell’ottimizzazione delle risorse, perché ciò che conta è una gestione finanziaria efficace e parsimoniosa. D’altro canto – e in questo consiste il nostro conflitto di obiettivi – l’Europa ha bisogno di risorse se vogliamo entusiasmare la gente e far progredire il progetto europeo. Senza un’adeguata copertura finanziaria non ci riusciremo.

Ricordo agli onorevoli colleghi le discussioni di questa mattina sul programma e sulla politica per la cultura dell’Europa e penso alla discussione che si terrà questa sera sull’apprendimento permanente, sulla politica per i giovani nei prossimi anni, e sull’“Europa per i cittadini”. La critica espressa stamani, e che sarà ribadita stasera, riguarda l’inadeguatezza della spesa in questo ambito, che tocca davvero le persone e i cittadini europei e li mette in contatto con l’Europa.

Condividiamo il grande problema di trovare un modo non solo per far accettare l’Europa ai cittadini, ma anche per suscitare in loro entusiasmo per l’Europa. Per questo motivo, invece di ridimensionare questi programmi, bisognerebbe investire di più nel futuro dell’Europa. Pertanto la commissione per la cultura e l’istruzione, dando prova di grande coerenza, ha respinto i tagli che il Consiglio auspicava per tali programmi.

 
  
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  Gérard Deprez (ALDE), relatore per parere della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni. – (FR) Signor Presidente, signora Presidente Wideroos, signora Commissario Grybauskaitė, onorevoli colleghi, a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, vorrei innanzi tutto esprimere un meritato ringraziamento al relatore generale, il nostro collega e amico onorevole Elles, e alla commissione per i bilanci nel suo insieme, per il modo in cui ha tenuto conto delle priorità della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni.

Tra tali priorità ne figurano due che, ovviamente, meritavano uno sforzo tutto particolare in termini di bilancio. La prima priorità riguardava un migliore controllo delle frontiere esterne dell’Unione europea, che sono attualmente oggetto di pressioni migratorie permanenti e considerevoli, in particolare tutta la parte meridionale. Per convincersene basta guardare la televisione e leggere i giornali tutti i giorni. In tale contesto, era d’obbligo rafforzare i mezzi operativi dell’Agenzia FRONTEX, che abbiamo istituito ai fini del controllo delle frontiere esterne. Fortunatamente, i mezzi dell’Agenzia sono stati rafforzati, grazie al sostegno in particolare del relatore generale e dei colleghi spagnoli che ci hanno aiutato a correggere – esito, signora Presidente Wideroos, tra il termine stupidità e incoerenza, ma opterò per stupidità – la stupidità del Consiglio che, dal canto suo, aveva ridotto i finanziamenti per l’Agenzia FRONTEX nonostante le attuali circostanze.

Avevamo una seconda priorità, anch’essa riconosciuta dall’intero Parlamento ed entusiasticamente sostenuta dai cittadini europei, stando ai risultati di tutti i sondaggi disponibili. Tale priorità riguarda il rafforzamento degli strumenti consacrati alla lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata che, come ben sapete, si fanno beffa delle frontiere interne dell’Unione. Anche a tale riguardo, il nostro messaggio è stato ascoltato dalla commissione per i bilanci, in particolare in merito all’incremento delle risorse destinate a Eurojust, anch’esse decurtate nel progetto di bilancio del Consiglio, e lascio a lei, signora Ministro, un modo per qualificare tale riduzione.

In tutta franchezza, nel settore “libertà, sicurezza e giustizia”, il Consiglio non è all’altezza delle sfide, né delle attese dei cittadini, e il Parlamento potrà avere l’onore di correggere con il suo voto le incongruenze della posizione del Consiglio, i cui membri abusano di dichiarazioni incantatorie, ma rifuggono dall’agire insieme per far fronte a problemi gravi e comuni. E’ davvero desolante!

 
  
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  Carlos Carnero González (PSE), relatore per parere della commissione per gli affari costituzionali. – (ES) Signor Presidente, si suole dire che il sapere non occupa spazio, ma in questo caso credo che la discussione e la riflessione sul futuro dell’Europa debbano trovare spazio nel bilancio.

Quando ci siamo riuniti nel mese di luglio con il relatore generale, a nome della commissione per gli affari costituzionali gli dissi che forse ciò poteva sembrare l’aspetto meno importante in questo dibattito, ma che in realtà non era così.

Infatti, stiamo discutendo proprio di come vogliamo che sia l’Europa in futuro, e per realizzare i nostri sogni abbiamo bisogno di risorse, soprattutto per informare i cittadini, rafforzare le istituzioni che si occupano dei rapporti tra la società civile e le Istituzioni europee e promuovere il dibattito.

Otterremo questo scopo con il bilancio di cui disponiamo?

Gli emendamenti presentati dalla commissione per gli affari costituzionali sono stati in certa misura recepiti dalla commissione per i bilanci. Saremo pertanto in grado di promuovere un’adeguata riflessione su questi temi e anche di fare in modo che i cittadini possano seguire, seppure limitatamente, il dibattito che si sta svolgendo in quest’Aula e sapere in cosa consiste il bilancio dell’Unione.

 
  
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  Piia-Noora Kauppi (PPE-DE), relatore per parere della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere. – (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare i miei colleghi, onorevoli Elles e Grech, per il notevole lavoro che hanno svolto sul bilancio dell’UE per il 2007.

In generale, pur sostenendo l’approccio dei relatori, nell’analisi finale dobbiamo garantire una copertura finanziaria sufficiente per la politica estera e di sicurezza comune e dobbiamo trovare una soluzione per il finanziamento delle agenzie. Tuttavia, i negoziati in corso possono fondarsi unicamente sulla reciproca intesa che tutte le parti rispettino gli impegni pregressi. Rivolgo tale osservazione in particolare al Consiglio, che ha ripetutamente proposto ingenti tagli di bilancio in ambiti di grande rilevanza per il Parlamento europeo.

A nome della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, vorrei sollevare alcune questioni che purtroppo si ripresentano ogni anno. Il principio dell’integrazione trasversale della dimensione di genere è sancito dal Trattato di Amsterdam, che richiede che la prospettiva di parità di genere sia applicata non soltanto alle misure specificatamente volte a promuovere le pari opportunità, ma sia anche integrata in tutte le politiche e a tutti i livelli del processo di bilancio tramite il gender budgeting. Dal 2003, quando il Parlamento ha approvato una risoluzione sul gender budgeting – cioè la definizione dei bilanci pubblici secondo la prospettiva di genere – si è tenuto conto del fatto che i bilanci pubblici, incluso il bilancio UE, non sono neutrali dal punto di vista del genere e hanno effetti diversi sulle donne e sugli uomini.

Per valutare e ristrutturare tutti i programmi, le misure e le politiche pertinenti di bilancio, come pure per determinare in quale misura le risorse sono assegnate nel rispetto o meno dell’uguaglianza di genere e in ultima analisi ottengono una neutralità di genere, in base a considerazioni di equità a prescindere dal genere, dovrebbe essere utilizzato un approccio di gender budgeting.

Quando il ministro finlandese per gli Affari sociali e la sanità, Tuula Haatainen, si è presentata dinanzi alla nostra commissione all’inizio di ottobre, ha posto in rilievo l’integrazione delle politiche per l’uguaglianza nella pianificazione del bilancio e ha evocato l’esempio finlandese inteso a garantire che tutte le voci, non soltanto nel bilancio nazionale, ma anche in quello dell’UE, tengano conto delle politiche per l’uguaglianza di genere. Spero evidentemente che la Presidenza finlandese riesca in tale intento.

 
  
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  Alexandra Dobolyi (PSE), relatore per parere della commissione per le petizioni. – (HU) Desidero intervenire, a nome della commissione per le petizioni, sul bilancio per il Mediatore europeo. Si parla spesso di avvicinare l’Europa ai cittadini, di aiutare i cittadini a comprendere meglio in che cosa l’Unione europea consiste realmente.

L’Ufficio del Mediatore europeo è una piccola istituzione che svolge un lavoro considerevole in questo senso. Pertanto è molto importante che il Mediatore disponga di risorse di bilancio sufficienti per adempiere i suoi doveri in modo efficace e con successo. Nell’aprile di quest’anno abbiamo parlato molto positivamente del Mediatore europeo durante la procedura di discarico. Desidero ricordare a tutti che abbiamo parlato del suo Ufficio come di un modello (per altre Istituzioni, con competenze chiaramente definite) e di un bilancio ben amministrato.

Il Mediatore europeo risparmia sui costi di traduzione e non desidera aggiungere nuove voci, ed è proprio per questo motivo che, a nome della mia commissione, chiedo che, dovendo tenere conto del prossimo allargamento, si sostenga un moderato aumento del bilancio richiesto dal Mediatore europeo, sottolineando al contempo che è necessario rispettare la disciplina di bilancio e offrire ai cittadini un livello elevato di servizi.

 
  
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  Ville Itälä, a nome del gruppo PPE-DE. – (FI) Signor Presidente, desidero ringraziare l’onorevole Grech, relatore per il bilancio per il Parlamento. E’ stato un piacere lavorare con lui e raggiungere compromessi comuni nel mio ruolo di relatore ombra. Mi congratulo con lui per l’eccellente risultato finale che ha ottenuto. Soprattutto, dobbiamo ricordare i principi in base ai quali è stilato il bilancio. Primo, dobbiamo essere precisi in merito a come intendiamo spendere il denaro dei contribuenti. Un altro criterio è spendere laddove è necessario. Non dobbiamo imbarcarci in qualunque attività amena e interessante, ma intraprendere solo quelle davvero necessarie.

Il principio del massimale del 20 per cento è terribilmente datato. Talvolta conduce alla follia, come la proposta della Web TV. L’idea alla base della televisione via Internet è che il Parlamento abbia un proprio canale televisivo. Il denaro speso a tale scopo non può essere giustificato ai contribuenti. Ad esempio, mi permetto di citare il discorso pronunciato a Bruxelles dal sottosegretario alle Finanze finlandese all’inizio del semestre di Presidenza finlandese. Il discorso è stato trasmesso per televisione via Internet a tutti in Europa, ma in tutta Europa ci sono stati soltanto 14 spettatori interessati, la metà dei quali assistenti dello stesso sottosegretario. Se dobbiamo investire decine di milioni a beneficio di un ristretto gruppo di persone, il denaro sicuramente sarà mal utilizzato. Sarebbe meglio, dal punto di vista dell’efficacia dei costi, impiegarlo, ad esempio, per portare qui i giornalisti delle piccole testate locali e regionali, così potrebbero scrivere articoli sul Parlamento e sugli eventi che qui si svolgono. Il pubblico legge questi giornali con molta attenzione, ma non seguirà le trasmissioni via Internet.

Tutte le rubriche di bilancio devono essere valutate e controllate con attenzione, e questo vale in particolare per la politica immobiliare. Sono contento che si sia trovata una visione comune, perché l’edificio di Strasburgo è diventato uno scandalo e non abbiamo bisogno di altra pubblicità del genere. Pertanto dobbiamo essere molto più attenti a come viene speso il denaro.

 
  
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  Catherine Guy-Quint, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signor Presidente, signora Presidente Wideroos, signora Commissario Grybauskaitė, onorevoli colleghi, innanzi tutto desidero ringraziare i due relatori, onorevoli James Elles e Louis Grech, che grazie al loro impegno e alla loro tenacia sono riusciti a orientare i nostri lavori per questa prima lettura del bilancio.

Questo primo esercizio finanziario del periodo di programmazione 2007-2013 è assai modesto: rappresenta soltanto l’1,04 per cento del PIL. Questo bilancio non è soltanto assai modesto, ma probabilmente inadeguato rispetto alle sfide che attendono l’Unione europea: crisi energetica, crisi di fiducia, conflitti mondiali, aumento della povertà e della precarietà del lavoro, e tutto questo in un momento in cui gli europei manifestano aspettative sempre maggiori nei confronti dell’Unione europea. Tale quadro limitato ci costringe a un’ambizione molto modesta. Il bilancio 2007 è dunque caratterizzato da un approccio qualitativo, e non soltanto quantitativo.

Il bilancio ci ha altrettanto costretti ad adottare una strategia ibrida. Infatti, non soltanto le nostre basi giuridiche per le nuove politiche non sono pronte, ma nemmeno noi siamo pronti a difendere e a mettere in atto la totalità delle politiche auspicate dagli europei. Vogliamo essere ambiziosi come i cittadini si attendono, ma dobbiamo anche essere realisti, perché non sappiamo se potremo realizzare tali politiche. Per il gruppo socialista al Parlamento europeo, il minimo consiste nel ripristinare il progetto preliminare di bilancio per tutte le politiche di nostro interesse, e specialmente per gli obiettivi di Lisbona e le politiche di Göteborg, senza dimenticare l’occupazione, la solidarietà, l’ambiente e lo sviluppo rurale.

Il 2007 dovrebbe essere l’anno della riforma della politica della comunicazione, dato che i cittadini sono stati veramente molto trascurati fino ad oggi. Invoco anche una gestione equilibrata nella politica estera, in particolare in relazione alle frontiere dell’Unione, perché non possiamo accontentarci di un approccio unilaterale che si basi solo sull’ordine pubblico. Vorrei insistere su due punti importanti: innanzi tutto il ruolo che deve svolgere nell’ambito della specifica rubrica del bilancio il cofinanziamento della Banca europea per gli investimenti, ai fini del rilancio della strategia di Lisbona e di quella di Göteborg, e secondo, il ruolo dei progetti pilota e delle azioni preparatorie che hanno sempre favorito l’emergere di nuove idee e che dovrebbero essere realizzati.

In effetti, sono profondamente inquieta in merito all’esecuzione del bilancio. Il nostro relatore ha optato per un orientamento qualitativo della spesa, il che equivale a difendere il finanziamento tradizionale delle nostre priorità, ma costituisce anche un appello alla Commissione affinché rispetti pienamente le scelte politiche compiute dal Parlamento. Se il Parlamento può formulare critiche sul modo in cui sono amministrate le politiche da parte delle altre Istituzioni, è perché il Trattato, gli accordi istituzionali e la prassi lo autorizzano a farlo. Il Parlamento è uno dei rami dell’autorità di bilancio e non vogliamo essere privati del nostro potere cedendo qualunque autorità relativa al modo in cui è realizzato ciò che noi abbiamo votato. E’ giusto tuttavia che in nome di tale potere intralciamo queste stesse Istituzioni nell’esercizio delle loro prerogative? No, sarebbe pericoloso, addirittura controproducente, cercare di intervenire troppo nella pratica amministrativa. Mi rivolgo al Consiglio: la Commissione non potrebbe lavorare meglio se allo stesso tempo accettassimo di congelare le assunzioni in quest’Istituzione. Tuttavia il nostro margine di manovra diventa limitato se tutte le nostre priorità sono rettificate in funzione delle carenze nell’attuazione delle politiche da parte della Commissione europea, come ci fa temere l’ultima linea proposta.

Infine, e concludo, volevo dire, signor Presidente, che il Consiglio si deve ricordare che non può imporre il suo punto di vista, perché dobbiamo sostenere insieme le priorità del progetto politico europeo, e se riduciamo troppo il bilancio non potremo più sviluppare nessuna delle politiche tanto attese dagli europei.

 
  
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  Anne E. Jensen, a nome del gruppo ALDE. – (DA) Signor Presidente, il bilancio che presentiamo oggi è un bilancio responsabile e ragionevole. Non abbiamo accettato i tagli indiscriminati del Consiglio alla spesa amministrativa, ma d’altro canto abbiamo collocato nella riserva 50 milioni di euro per il bilancio amministrativo della Commissione, chiedendo migliori spiegazioni sull’andamento di alcune voci di spesa. Non dobbiamo chiudere gli occhi di fronte ai fatti quando stiliamo il bilancio, ma dobbiamo esaminare il dettaglio e garantire che siano disponibili proprio le risorse necessarie.

A tale riguardo desidero ringraziare il relatore, onorevole Elles, per l’impostazione che ha scelto di seguire nel lavoro di quest’anno sul bilancio. Mi riferisco al concetto di “ottimizzazione delle risorse”, sulla scia delle critiche della Corte dei conti, delle analisi costi-benefici e di altre relazioni. Desidero porre in rilievo, in particolare, le analisi costi-benefici, che sono un’innovazione costruttiva che ci offre una panoramica di gran lunga migliore, ad esempio dell’evoluzione della politica di informazione e di comunicazione della Commissione e dello sviluppo della politica estera e di sicurezza comune.

A nome del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, desidero insistere in particolare sulla necessità di rendere disponibili risorse adeguate per la politica in materia di giustizia e asilo e per la politica estera. Esiste un forte contrasto tra le belle parole pronunciate dai capi di governo dell’UE nei discorsi ufficiali e le risorse che i ministri delle Finanze sono disposti a stanziare. Mentre i capi di governo sottolineano che l’UE deve avere un fronte unito in materia di politica per i profughi e rafforzare FRONTEX, l’Agenzia comune per la gestione delle frontiere esterne, i ministri delle Finanze tagliano i fondi a tale scopo. Non è coerente. Sono lieta tuttavia che si sia raggiunto un accordo per correggere la rotta.

Quanto alle prospettive finanziarie, la politica estera dell’UE ha decisamente ottenuto un pessimo trattamento. Il bilancio che presentiamo oggi è chiaramente responsabile. Lo dimostra il fatto che il Parlamento non ha cercato di uscire dal quadro sull’accordo interistituzionale. Abbiamo stabilito un bilancio nei limiti dell’accordo. La politica estera è un ambito che richiederà una grande attenzione nei prossimi anni. Soprattutto rispetto ai vicini nell’Europa centrale e orientale, penso che abbiamo il dovere di promuovere uno sviluppo economico migliore e di incoraggiare una prospettiva che favorisca lo sviluppo democratico come una speranza e come qualcosa di positivo. Le risorse finanziarie devono essere utilizzate bene e pertanto pretendiamo che la Commissione si adoperi per fare in modo che i nuovi programmi tengano conto delle critiche della Corte dei conti in merito agli aiuti alla Russia.

In merito al bilancio per il Parlamento e le altre Istituzioni, il mio gruppo ha seguito la linea del relatore, onorevole Grech, che desidero altresì ringraziare per il suo lavoro, costruttivo e valido. Ciò significa che il bilancio si colloca leggermente al di sotto della proposta iniziale delle Istituzioni, ma dopo un esame approfondito di ciascuna Istituzione abbiamo preso posizione sul fabbisogno reale e dunque creato un margine adeguato. Abbiamo tenuto una serie di discussioni sulla reale necessità per il Parlamento di destinare il 20 per cento alla spesa amministrativa, e siamo arrivati a una cifra leggermente inferiore. Il mio gruppo sostiene la politica che il Parlamento porta avanti da qualche anno di acquistare gli edifici che occupiamo, ma dobbiamo ottenere un quadro generale più chiaro sulle risorse necessarie per gli edifici per i prossimi anni.

 
  
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  Helga Trüpel, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, le discussioni sul bilancio del Parlamento europeo non avranno proprio la fama di essere affascinanti, tuttavia sono molto importanti perché – anche nel bilancio 2007 – determiniamo le priorità del nostro lavoro per il prossimo anno.

Come è noto, il gruppo Verde/Alleanza libera europea non ha votato a favore delle prospettive finanziarie 2007-2013 perché riteniamo che tale quadro finanziario risolva ben pochi problemi. Siamo dello stesso parere riguardo al bilancio 2007 e ci chiediamo se con questo bilancio possiamo tenere fede ai nostri obblighi.

Ad esempio, non siamo d’accordo sulla politica agricola e sulle sovvenzioni troppo elevate versate per le esportazioni agricole. I nostri polli congelati costano sui mercati africani soltanto la metà dei polli prodotti dagli africani, e poi ci lamentiamo di avere troppi profughi dall’Africa, mentre siamo noi, con questa politica agricola a dare il nostro contributo a questo problema.

Vi è poi la politica della pesca: le quote di cattura continuano a essere troppo elevate e così minacciamo gli stock ittici. L’Unione europea dovrebbe modificare anche questa politica.

Per non parlare della politica sul tabacco, visto che continuiamo a sovvenzionare i produttori di tabacco, mentre vietiamo la pubblicità del tabacco. Anche questo mi sembra incoerente e non la definirei una politica intelligente da adottare da parte dell’Europa.

A fronte della paura della globalizzazione diffusa in tanti paesi europei – pensiamo al referendum in Francia – dovremmo praticare una politica della globalizzazione più corretta. Dovremmo difendere con maggiore enfasi il commercio equo e prendere più sul serio il nostro impegno a favore degli Obiettivi di sviluppo del Millennio. Siamo molto indietro rispetto al resto del mondo in termini di finanziamenti per combattere la povertà.

L’Europa dovrebbe anche fare di più per una politica energetica orientata al futuro. Dobbiamo investire di più nella ricerca sulle energie rinnovabili che ci renderebbero meno dipendenti da Putin e ci offrirebbero la possibilità di criticare più chiaramente il suo regime autocratico.

Che cosa dobbiamo fare invece? Dobbiamo investire di più nell’istruzione, nella ricerca, nella cultura, nei media e nell’industria della cultura come pilastro importante della strategia di Lisbona. In questo modo potremmo anche sviluppare la strategia di Lisbona in modo più preciso e orientato al futuro. Abbiamo bisogno di uno spirito politico più comune in Europa. Solo così potremo sviluppare una politica estera comune responsabile, che sia proattiva, che diffonda la civilizzazione, che rafforzi la società civile attraverso la politica di vicinato, che, però sia anche interventista quando è strettamente necessario. Se questo è ciò che vogliamo, non stiamo investendo abbastanza. E’ un mio grande desiderio che l’ottimizzazione delle risorse diventi il nostro metro di misura, ma il nostro lavoro deve basarsi anche sull’ottimizzazione di risorse qualitative per l’Europa. Se ogni Stato membro spende per l’Europa soltanto l’1 per cento del suo prodotto nazionale lordo, non sarà disponibile denaro sufficiente per politiche europee che siano importanti e giuste da perseguire.

 
  
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  Esko Seppänen, a nome del gruppo GUE/NGL. – (FI) Signor Presidente, signora Commissario, stavo per dire signora Ministro, ma non lo farò. Questa lettura è una sorta di versione virtuale del bilancio dell’UE. Dopo la lettura del Consiglio, il livello degli stanziamenti di pagamento era pari all’1 per cento dell’RNL combinato degli Stati membri. Il Parlamento, nella sua prima lettura sta innalzando tale cifra all’1,04 per cento, aumentando gli stanziamenti per il progetto di bilancio, che potrebbe essere definito virtuale in quanto il Parlamento abitualmente non persevera fino all’ultimo negli incrementi che propone.

Il Consiglio regolarmente l’ha spuntata nei negoziati. La credibilità del Parlamento subirà un duro colpo se ciò accadrà di nuovo. Il nostro gruppo chiede che il Parlamento tenga ferme le proprie priorità.

Il relatore, James Elles, in modo innovativo, è andato alla ricerca degli stanziamenti per i quali la Commissione non ha eseguito il bilancio negli esercizi precedenti. Sosteniamo il suo approccio di voler iscrivere nella riserva certe risorse e sbloccarle soltanto dopo che è stata presentata una documentazione adeguata.

Il nostro gruppo appoggia il diritto dei nuovi Stati membri di reclamare posti di funzionari nella Commissione per i propri cittadini. Di conseguenza non possiamo approvare i tagli al personale della Commissione proposti dal Consiglio.

Le autorità pubbliche, inclusa l’Unione europea, possono svolgere il ruolo di catalizzatori in vari processi economici. D’altro canto, gli stessi fondi possono essere utilizzati per progetti amministrativi guidati da eurocrati, erodendo così la fiducia della gente nell’Unione europea. Il programma PRINCE ne è stato un esempio, un altro sarà il progetto 3DGENOME, il Piano D. Vi è il rischio che lo stesso possa accadere al canale televisivo del Parlamento via Internet. Il nostro gruppo non è favorevole all’utilizzo di stanziamenti della Commissione e del Parlamento per produrre euro-propaganda, e non vogliamo la militarizzazione dell’UE con i soldi della politica estera e di sicurezza comune.

 
  
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  Wojciech Roszkowski, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, a nome del gruppo “Unione per l’Europa delle nazioni”, desidero congratularmi con i relatori e ringraziarli per tutto il loro lavoro. Quest’anno ci troviamo di fronte a una situazione alquanto curiosa. Il magro bilancio della Commissione ha subito tagli soltanto leggeri dal Consiglio, mentre la commissione per i bilanci del Parlamento sta proponendo un aumento degli impegni di spesa e finanziari al di sopra dei limiti proposti dalla Commissione europea. Ovviamente questa è una posizione meritevole di essere sostenuta, in quanto l’Unione non può essere all’altezza delle sfide che l’attendono senza un bilancio più sostanzioso. Mi riferisco all’imminente allargamento e alla crescente concorrenza a livello mondiale.

Possiamo semplicemente sperare che in novembre si raggiunga un compromesso adeguato e che il bilancio europeo sarà più vicino alla proposta del Parlamento che a quella del Consiglio. Posto che il Consiglio auspica una riduzione delle spese, come è solito fare, è stato più che giusto che l’onorevole Elles abbia suggerito l’approccio dell’ottimizzazione delle risorse. Tale metodo comporta che si lavori in modo più efficace per conseguire i nostri obiettivi. Tenuto presente che il bilancio 2007 è il primo del nuovo quadro finanziario, c’è da sperare che sia di buon augurio per i prossimi esercizi.

Desidero approfittare di questa opportunità per ribadire a tutti quanti hanno a cuore i diritti umani il mio appello di sostenere gli emendamenti presentati dal gruppo UEN, nei quali chiediamo di interrompere il sostegno finanziario dell’Unione europea ai programmi che promuovono l’aborto forzoso nei paesi terzi. Mi sia consentito sottolineare che la questione in gioco è l’aborto forzoso, non l’aborto in sé.

Bocciare tali emendamenti equivarrà a sostenere le pratiche che violano i diritti umani fondamentali, rivelando l’ipocrisia di tutti quanti invocano costantemente i diritti umani, ma allo stesso tempo li calpestano.

 
  
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  Dariusz Maciej Grabowski, a nome del gruppo IND/DEM. – (PL) Signor Presidente, devo come prima cosa ringraziare i relatori. Nonostante ciò, il bilancio 2007 è un bilancio scadente. la maggior parte dei deputati ne è consapevole, ma solo una piccola minoranza ha il coraggio di dichiararlo apertamente. E’ un bilancio scadente perché non riesce a risolvere, o almeno ad affrontare, alcuno dei principali problemi dell’Unione europea, tra cui l’economia stagnante e le crescenti differenze dei livelli di sviluppo tra i paesi della vecchia e della nuova Unione europea. Il bilancio 2007 è scadente anche perché non risponde alle nuove sfide con cui la società e le economie degli Stati membri devono confrontarsi. C’è un problema di destabilizzazione del mercato delle materie prime e in particolare il drastico aumento dei prezzi delle fonti energetiche, come pure la questione seria dell’immigrazione economica dai nuovi Stati membri ai paesi della vecchia Unione europea e il conseguente rapido aumento dei costi sociali ed economici nei paesi poveri.

Se gli emendamenti presentati dal gruppo Indipendenza/Democrazia fossero stati approvati, il bilancio 2007 avrebbe potuto servire per introdurre un nuovo approccio al finanziamento del settore agricolo. In considerazione della forte resistenza a questi emendamenti emersa nelle riunioni della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale e della commissione per i bilanci, ci aspettiamo che il Parlamento li respinga. Questa è una dimostrazione del potere dell’industria agroalimentare e dei grandi proprietari terrieri. Rivela inoltre i reali rapporti di fedeltà di questo Parlamento, in quanto esso è ben disposto a difendere gli interessi di una ricca minoranza contro la larga maggioranza degli agricoltori che sono poveri. Occorre sottolineare che le risorse risparmiate potrebbero essere utilizzate per sostenere l’imprenditorialità, la ricerca e lo sviluppo e gli investimenti nelle infrastrutture. Il bilancio 2007 accresce la spesa amministrativa e prevede la creazione di nuovi uffici e agenzie. Siamo fermamente contrari a tutto ciò.

Concludendo, il gruppo IND/DEM voterà contro il bilancio 2007 e confidiamo che altri deputati di questo Parlamento facciano altrettanto.

 
  
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  Sergej Kozlík (NI). (SK) In ordine alle passività, il progetto di bilancio dell’Unione europea presentato dal Consiglio è totalmente coerente con i parametri percentuali delle prospettive finanziarie a lungo termine approvate per periodo 2007-2013. Gli stanziamenti per la competitività e la coesione sono significativamente aumentati nel settore della crescita e dell’occupazione come pure della libertà, sicurezza, giustizia, società civile e status dell’Unione in quanto partner globale.

Conformemente alle prospettive finanziarie, la quota di spesa destinata ai pagamenti diretti per l’agricoltura è diminuita, mentre è aumentata la quota di spesa a favore dello sviluppo rurale.

Purtroppo, a causa degli sforzi del Consiglio volti a ridurre in modo consistente il volume complessivo dei finanziamenti, la tendenza positiva relativa agli stanziamenti di pagamento si è in larga misura attenuata. Le riserve del Consiglio in merito alla capacità dei beneficiari di attingere alle spese di bilancio hanno avuto alcune implicazioni negative. Poiché il Consiglio ha la chiave del successo dell’utilizzo dei fondi, mi pare che le riserve del Consiglio siano rivolte a se stesso. Tuttavia, la convinzione del Parlamento che le risorse disponibili saranno utilizzate bene e in modo efficiente trascende le aspettative del Consiglio. Per tale motivo voterò a favore degli emendamenti che allineano maggiormente i parametri relativi ai pagamenti alle prospettive finanziarie di lungo termine.

 
  
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  Janusz Lewandowski (PPE-DE).(PL) Signor Presidente, in questa fase cruciale della procedura sul bilancio 2007, mi pare che il Parlamento europeo stia tenendo conto, più di quanto faccia il Consiglio, delle priorità, delle cifre e dei principi della cooperazione interistituzionale concordata per il periodo delle prospettive finanziarie pluriennali 2007-2013. In quanto eletti dal popolo, comprendiamo bene le preoccupazioni che si percepiscono negli Stati membri. Si nutre il timore che la nuova generazione dei programmi pluriennali non inizierà in tempo. Questo sarà uno dei criteri principali sulla base dei quali sarà valutato l’esercizio 2007. Condividiamo inoltre il desiderio comune di un nuovo regolamento finanziario, pertanto esercitiamo pressioni sulla Presidenza finlandese per garantire che si possa lavorare sulla base di un nuovo regolamento finanziario nel 2007.

Il ritornello ricorrente della razionalizzazione del bilancio quest’anno andrà al di là delle semplici parole. Il relatore, onorevole Elles, ha proposto una posizione di grande coerenza che il Parlamento ha sostenuto. Ciò comporta un forte sostegno finanziario alle linee di bilancio prioritarie, mentre colloca nella riserva il 30 per cento delle linee di bilancio che non sembrano essere state eseguite integralmente. A tale riguardo dovremmo esprimerci all’unisono. Invece ci sarà certamente divergenza di opinioni sulla questione dei posti e delle retribuzioni del personale dell’amministrazione. Riteniamo che le nuove funzioni dell’Unione europea richiedano motivazione, un personale amministrativo stabile e assunzioni dai nuovi Stati membri. Su questo punto non vi è dubbio che vi sarà disaccordo tra noi nella procedura di conciliazione a novembre.

A titolo personale non sono pienamente soddisfatto della concentrazione geografica, in quanto il nostro impegno principale investe il continente europeo. Quanto più l’Unione europea è grande, tanto più è grande la sua responsabilità nei confronti dell’Europa. Questo dovrebbe riflettersi nella concentrazione geografica applicata alla distribuzione dei fondi. Tuttavia, i margini sono rispettati e lo strumento di flessibilità rimane inutilizzato. Dovrebbe anche essere possibile raggiungere un compromesso quest’anno, e la nostra argomentazione dovrebbe essere la forza del voto di giovedì in seno al Parlamento europeo.

 
  
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  Giovanni Pittella (PSE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio i relatori Elles e Grech e saluto la signora Commissario e tutti i colleghi. Desidero fare due brevissime considerazioni.

La prima riguarda ciò che ha detto l’on. Guy-Quint. Chi voleva una prova dell’inadeguatezza delle prospettive finanziarie 2007-2013 è servito. Il primo bilancio del nuovo quadro finanziario dimostra chiaramente che la coperta è troppo stretta. Il relatore ha fatto i salti mortali, di cui alcuni sono stati giustamente corretti dai gruppi politici, ma nulla ha potuto fare di fronte ai limiti angusti del quadro finanziario pluriennale.

Dopo questa prima prova dovrebbe essere evidente, anche a chi sostiene che l’1 per cento del reddito nazionale lordo basti ad alimentare il bilancio comunitario, che occorre invece una svolta, una revisione di metà periodo. Invito pertanto il Parlamento a iniziare già oggi a preparare questa sfida.

La seconda riflessione sarà telegrafica. L’on. Elles ha fatto bene a proporre un’operazione di controllo della spesa, che noi abbiamo accolto e sostenuto. E’ giusto dare la massima trasparenza, ma è anche giusto non compromettere le politiche fondamentali dell’Unione europea.

 
  
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  Kyösti Virrankoski (ALDE).(FI) Signor Presidente, signora Commissario, innanzi tutto desidero ringraziare il relatore generale sul bilancio, onorevole Elles, per il suo eccellente lavoro preparatorio. Ha dimostrato una profonda conoscenza del funzionamento dell’UE e dell’amministrazione dei suoi fondi. La sua impostazione è stata ben argomentata e audace. Al contempo desidero congratularmi con l’onorevole Grech per il lavoro eccellente e responsabile che ha svolto e l’onorevole Lewandowski per l’abilità con cui ha presieduto la commissione per i bilanci.

Il bilancio 2007 è il primo esercizio del quadro delle nuove prospettive finanziarie. Inoltre rappresenta la fonte iniziale di finanziamento per i nuovi programmi e l’ultimo esercizio per i vecchi impegni. Il progetto di bilancio è moderato. Rimane nell’ambito delle prospettive finanziarie e non propone nemmeno di ricorrere allo strumento di flessibilità. Ciò non di meno le sue priorità sono chiare. Dal mio punto di vista, è giusto che gli stanziamenti per la formazione, la ricerca e lo sviluppo siano stati aumentati. La strategia di Lisbona va supportata con qualcosa di più che semplici pile di carta. Per tale motivo dobbiamo continuare a promuovere un contesto favorevole alle imprese, il che significa competitività a titolo del programma CIP e una chiara spinta a favore dell’innovazione. Tutti questi elementi figurano tra gli obiettivi del nostro gruppo.

La dimensione nordica e la cooperazione nella regione del Mar Baltico sono sull’agenda da lungo tempo e si è ritenuto importante promuoverle. Il mio gruppo ha presentato due progetti di emendamento, nn. 492 e 493, nei quali si completa la motivazione relativa alle voci di bilancio che riguardano le reti transeuropee per i trasporti e il gas, affermando che i fondi possono anche essere utilizzati per finanziare progetti che realizzano le strategie di riferimento. Spero che questi progetti di emendamento siano sostenuti.

 
  
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  Gérard Onesta (Verts/ALE).(FR) Signor Presidente, concentrerò il mio intervento sul bilancio del Parlamento europeo. Il bilancio del Parlamento europeo è presentato in modo definitivo nella relazione Grech e ringrazio calorosamente il relatore per la qualità del suo lavoro e soprattutto per il clima di dialogo che ha saputo creare. Per tutto il prossimo anno – e un anno è lungo da passare – il relatore dovrà gestire tutte le decisioni per sbloccare i fondi e le riserve. Non temete: avremo in lui un interlocutore aperto, coerente e leale.

Per la seconda volta nella sua storia il Parlamento non raggiungerà la mitica barra del 20 per cento. E’ utile riflettere in termini di un bilancio che sia operativo, ma occorre essere molto attenti e reattivi se si vuole, in caso di necessità, come propone la relazione Grech, mobilitare più denaro per l’acquisizione di immobili, posto che le procedure sono assai lunghe: bisogna che si pronunci l’Ufficio di Presidenza, che la commissione per i bilanci presenti un parere e che il Consiglio ci dia l’autorizzazione a procedere. Se, ad esempio, nei prossimi giorni dovessi acquistare un immobile a Londra o a Parigi, non sono sicuro che nel giro di qualche settimana si potrebbero sbloccare i fondi che pure avevamo previsto nell’esercizio precedente. Pertanto è un’ottima idea restare al di sotto del massimale del 20 per cento, ma è opportuno rimanere in allerta nel caso in cui si offrisse un’opportunità.

Il secondo elemento molto importante della relazione Grech è aver posto il cittadino al centro dei nostri obiettivi. Per la prima volta l’anno prossimo avvieremo un nuovo processo attraverso la realizzazione del progetto di Web TV parlamentare, l’avvio dei lavori nel Centro per i visitatori e la riunione del primo “Agora civico” che assocerà i cittadini al nostro lavoro legislativo. Penso che abbiamo compiuto ogni possibile sforzo per porre il cittadino al centro, e prima di concludere vorrei sottolineare – poiché abbiamo appreso ieri sera che lascerà il servizio – che Julian Priesley, il nostro Segretario generale, per i dieci anni nei quali è stato alla guida dell’amministrazione, si è adoperato attivamente a favore della modernizzazione, del rigore e della trasparenza nella nostra procedura di bilancio.

 
  
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  Diamanto Manolakou (GUE/NGL).(EL) Signor Presidente, il progetto di bilancio è al totale servizio della politica reazionaria e antipopolare dell’Unione europea.

Questo bilancio si colloca nel nuovo quadro finanziario per il periodo 2007-2013, ritagliato su misura per rafforzare il capitale europeo. Il bilancio 2007 promuove il mercato unico e la strategia di Lisbona contro il lavoro e al contempo chiude il rubinetto delle risorse a molte regioni, come la Grecia, esacerbando le disparità e le misure ineguali, con la possibilità che tali regioni siano addirittura escluse dal misero Fondo di coesione. Riduce drasticamente la spesa nel settore agricolo, completando la realizzazione della riforma antiagricoltori della PAC, tagliando fuori altre piccole e medie imprese agricole e sopprimendo centinaia di posti di lavoro.

Questo è lo spirito moderno dell’Unione europea: intensificazione del lavoro, disoccupazione di massa, salari e pensioni a livelli di povertà e, ovviamente, tagli drastici e ulteriore privatizzazione nella sanità pubblica e nei sistemi di sicurezza sociale. Ciononostante, aumentano del 98 per cento le risorse a favore della competitività, della politica dell’innovazione industriale e dell’imprenditorialità, come pure i finanziamenti per le misure relative all’impiegabilità, al lavoro temporaneo e alla cooperazione di classe. Lo chiamano dialogo sociale. Questo è un bilancio classista e ingiusto e dovrebbe essere condannato dalle classi popolari perché porta disuguaglianza, ingiustizia, povertà, maggiore sfruttamento dei lavoratori e maggiori profitti per il capitale. Per questo motivo è giusta la sua reiezione.

 
  
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  Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk (UEN).(PL) Signor Presidente, non soltanto il bilancio 2007 è il primo bilancio delle nuove prospettive finanziarie 2007-2013, ma è anche il primo bilancio per 27 Stati membri, incluse Bulgaria e Romania. Anche soltanto per questi due motivi, le cifre relative alla spesa dovrebbero essere le più alte possibili. Il quadro finanziario 2007-2013 indica che gli stanziamenti di pagamento possono ammontare al massimo all’1,06 per cento del PNL dell’Unione europea. Purtroppo nel progetto relativo ai pagamenti la Commissione europea propone stanziamenti di pagamento per un importo totale di appena 116 milioni di euro, cioè soltanto lo 0,99 per cento del PNL dell’UE. Dal canto suo il Consiglio dell’Unione europea ha proposto un ulteriore taglio di 1,75 miliardi di euro.

A fronte di ciò dovremmo accogliere con favore la posizione della commissione per i bilanci del Parlamento, che ha proposto per gli stanziamenti di pagamento un importo di 121,9 miliardi di euro, cioè l’1,04 per cento del PNL, ovvero circa 5,1 miliardi di euro in più rispetto alla proposta della Commissione.

Pertanto nutro la forte speranza che il Parlamento avalli le proposte della commissione per i bilanci e che queste siano difese con successo nel corso dei negoziati con la Commissione europea e il Consiglio.

 
  
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  Michael Henry Nattrass (IND/DEM). (EN) Signor Presidente, nella sua relazione l’onorevole Elles afferma che è indispensabile che i responsabili politici si concentrino sulle future sfide che attendono l’UE negli anni a venire. L’anno scorso, durante la campagna per conquistare la guida del partito di cui l’onorevole Elles è membro, David Cameron dichiarò al Daily Telegraph: “Dobbiamo sfidare la cultura dell’UE, lasciando che si concentri sul suo vero compito: fare in modo che il mercato unico funzioni adeguatamente e promuovere il libero commercio”. Invece le priorità politiche dell’onorevole Elles includono la politica estera e di sicurezza comune, la politica europea di vicinato, le minacce terroristiche, i controlli alle frontiere sull’immigrazione, l’ambiente e la comunicazione.

Questa è l’agenda nascosta dei Tory ed è molto diversa da quella presentata da David Cameron quando aveva bisogno dei voti dei membri più euroscettici del partito. Ovviamente questo è lo stesso Cameron che faceva finta che avrebbe lasciato il PPE-DE. A un anno di distanza l’onorevole Elles è libero di continuare a promuovere l’agenda del PPE-DE. Il suo vero leader, l’onorevole Poettering, sicuramente ne sarà deliziato.

 
  
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  Hans-Peter Martin (NI). (DE) Signor Presidente, desidero ringraziare la Presidenza finlandese per aver avuto il coraggio di intervenire finalmente, anche se in modo marginale, sulla casta intoccabile della funzione pubblica nell’Unione europea.

Mi pare assolutamente increscioso che il tentativo di tagliare almeno 200 posti e di proseguire su questa strada sia bocciato nella forma che figura al paragrafo 29 della relazione Elles. E’ davvero un modo errato di procedere. Per dimostrare perché, desidero citare l’onorevole Guy-Quint che ha presentato l’emendamento e ha dichiarato di non avere ancora sentito argomentazioni razionali per giustificare i tagli, dietro i quali si nasconderebbero soltanto calcoli personali, vanità ferita, intrighi e aggressività. Questo ha affermato in sede di commissione. Ovviamente è vero il contrario! L’UE è stata così ragionevole da eliminare già un buon numero di posti e invierebbe il segnale giusto se per una volta anche noi operassimo qualche risparmio.

 
  
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  Ingeborg Gräßle (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, il bilancio 2007 prende le mosse senza soluzione di continuità dal bilancio 2005. E’ doveroso un ringraziamento al relatore per aver realizzato qualcosa che non ha precedenti. Nell’esecuzione del bilancio dobbiamo combattere con maggiore fermezza lo spreco di risorse dell’UE nel senso degli effetti di dispersione e della scarsa efficienza.

La soppressione di posti nella Commissione rimane altamente controversa. Noi ci opponiamo, anche se con qualche riserva. Per noi la prova decisiva è la seguente: quali guadagni in termini di efficienza il Consiglio è disposto ad ammettere che la Commissione abbia ottenuto, ad esempio negli uffici a Lussemburgo? Quanto è organizzata la Commissione stessa per svolgere i futuri compiti che riguarderanno meno l’emanazione di norme e più il controllo dell’applicazione del diritto comunitario. Per il controllo della legislazione comunitaria in materia ambientale, che rappresenta comunque il 40 per cento della nostra legislazione, sono previsti solo due posti.

Nel bilancio del Parlamento dobbiamo anche prevedere le risorse necessarie per contrastare l’ulteriore perdita di credibilità dell’Europa. Nel 2007 assumeremo nove traduttori e interpreti di lingua irlandese, sebbene otto deputati irlandesi su tredici non la parlino. Sessanta deputati si recheranno in missione con la nuova Assemblea parlamentare EUROLAT senza attenersi ad alcuna delle prassi consuetudinarie delle assemblee parlamentari, come ad esempio gli accordi intergovernativi. Nel 2007 si svolgeranno lavori edili in tutte e tre le sedi del Parlamento europeo, e mi risulta sempre più difficile spiegarlo ai gruppi di visitatori e agli elettori in patria.

Si tratta di ottimi temi, senza eccezioni, tramite i quali possiamo dimostrare che prendiamo sul serio le critiche della Corte dei conti e che intendiamo seriamente migliorare l’esecuzione del bilancio dell’UE.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. SARYUSZ-WOLSKI
Vicepresidente

 
  
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  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE).(PL) Signor Presidente, il 2007 sarà il primo anno delle nuove prospettive finanziarie settennali. Pertanto a questo punto è particolarmente importante per le Istituzioni dell’Unione europea definire chiaramente le effettive esigenze e priorità per i prossimi anni.

Lavorando sulla base della disciplina di bilancio e di una maggiore efficacia, dovremmo, al contempo, prendere le distanze dalla pratica di accettare margini di spesa elevatissimi. In passato, questo ha spesso comportato uno spreco di risorse. Sembra anche opportuno mantenere l’attuale strategia di acquistare gli edifici che utilizziamo. Questa politica comporterà risparmi nel lungo termine e renderà disponibili risorse per altre finalità. Pare altrettanto fondamentale rivedere la politica di gestione del personale, particolarmente in termini di esternalizzazione dell’esecuzione delle attività, che produce un effetto deleterio sulla continuità e la stabilità e potrebbe pertanto avere ripercussioni negative sul funzionamento delle Istituzioni.

Quanto alla politica di occupazione, i posti che risultano dall’allargamento devono essere la nostra priorità del momento. Questo processo deve includere informazioni sulla sistemazione del nuovo personale. I tagli ai bilanci delle singole Istituzioni proposti dal Consiglio non devono essere fini a se stessi. Tenuto conto dell’allargamento nel 2004 e del prossimo allargamento, che è ormai imminente, l’obiettivo prevalente deve essere soprattutto garantire l’efficacia del funzionamento di tutte le Istituzioni dell’Unione.

Concludendo, desidero congratularmi sentitamente con i due relatori per aver preparato un ottimo documento e con noi tutti per aver raggiunto un solido compromesso e un bilancio ambizioso.

 
  
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  Nathalie Griesbeck (ALDE).(FR) Signor Presidente, signora Commissario, innanzi tutto desidero congratularmi con i relatori, onorevoli Elles e Grech, per il loro instancabile lavoro e ringraziare e congratularmi con tutti i colleghi per l’enorme lavoro svolto dalla commissione per i bilanci che ha esaminato 1 200 emendamenti, allo scopo di andare incontro alle aspettative di 450 milioni di europei.

Innanzi tutto, per quanto mi riguarda, desidero ancora una volta sottolineare che mi rammarico dello scarso contributo degli Stati membri al bilancio europeo nel contesto delle prospettive finanziarie. Tale contributo chiaramente non è sufficiente per realizzare quelle politiche che ora spetta all’Unione europea tradurre in qualcosa che gli europei vogliono.

Il Parlamento pertanto ha un margine di manovra relativamente limitato in questo ambito. Se vogliamo che la nostra ambizione sia realistica – anzi modesta – cerchiamo almeno di essere quanto più possibile chiari. Questa è la proposta della commissione per i bilanci ed è questo che dobbiamo esaminare oggi e nelle prossime settimane, attribuendo la priorità alle politiche più efficaci per conseguire tali obiettivi e per realizzare l’economia basata sulla conoscenza più potente del mondo. Ecco perché accolgo favorevolmente gli sforzi incentrati specificamente, tramite le proposte, sulla ricerca, le politiche di innovazione e di sviluppo, l’aiuto alle PMI, i progetti pilota, la destinazione di stanziamenti alle politiche culturali che, sulla base delle raccomandazioni della collega, onorevole de Sarnez, sono considerate dagli europei una parte fondamentale del nostro progetto comune.

Infine, nel rispetto dell’immagine umanista e realistica del processo d’integrazione europeo, accolgo con favore l’aumento sostanziale degli stanziamenti destinati alla politica a favore dei più poveri in Europa.

Concludendo, sono lieta che in materia di politica esterna, sia stato raggiunto un equilibrio che tiene conto del processo di pace in Palestina, anche se le riserve formulate ci consentiranno, dal mio punto di vista, di inviare un segnale forte al Consiglio nelle prossime settimane, trattandosi della prima lettura.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL).(PT) Sebbene sia un miglioramento rispetto allo 0,99 per cento dell’RNL comunitario proposto dalla Commissione, e allo 0,98 per cento in termini di volume dei pagamenti proposto dal Consiglio, non è una sorpresa che la proposta del Parlamento per il bilancio comunitario per il 2007, fissato all’1,04 per cento, già nel primo anno rimanga al di sotto della cifra concordata nelle prospettive finanziarie, ovvero sia l’1,06 per cento, che dal nostro punto di vista è comunque inadeguato per promuovere un’autentica coesione economica e sociale, particolarmente date le esigenze dell’UE allargata.

Posto che ciò fa parte di un processo negoziale, speriamo che, diversamente dal passato, il Parlamento quanto meno cerchi di assicurare che gli importi minimi previsti dalle prospettive finanziarie per il 2007 siano rispettati nella misura del possibile e che tali risorse siano utilizzate allo scopo di perseguire una politica di coesione sociale ed economica efficace e un’effettiva politica di cooperazione e sviluppo.

Pur rallegrandoci per l’approvazione in sede di commissione per i bilanci degli emendamenti specifici che abbiamo presentato, siamo molto delusi che altre proposte importanti da noi avanzate siano state respinte, cioè le seguenti: creazione di pacchetti compensativi per ovviare all’aumento dei prezzi dei carburanti nel settore della pesca; creazione di un programma comunitario per sostenere la pesca costiera tradizionale su piccola scala come risposta ai problemi specifici del settore, conformemente alle posizioni precedentemente adottate dal Parlamento, e un aumento dei fondi destinati alla convergenza nel Fondo europeo di sviluppo regionale per compensare pienamente le “regioni colpite dall’effetto statistico”, come l’Algarve, poiché i tagli quest’anno hanno raggiunto il 20 per cento.

 
  
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  Liam Aylward (UEN).(EN) Signor Presidente, desidero fare riferimento a una questione di bilancio particolare. La Commissione sta finalizzando il programma per la sanità pubblica per il periodo 2007-2013. Sappiamo tutti che nel recente passato la Commissione ha condotto campagne informative assai efficaci sui pericoli del tabacco e dell’AIDS nell’Unione europea.

La Commissione ha un bilancio di 56 milioni di euro l’anno per mettere in rilievo i pericoli per la salute pubblica e per condurre campagne pubbliche di informazione in tutta Europa. Credo sia giunto il momento per la Commissione di promuovere campagne di sensibilizzazione sui problemi e sui pericoli della depressione nell’Unione europea e sulle terapie per combatterla. Ho anche scritto a molti governi europei per chiedere il loro sostegno a favore di questa iniziativa politica.

Un europeo su quattro sperimenta almeno una volta nella vita un episodio significativo di disagio psicologico e fino a 18 milioni di persone nell’Unione europea di età compresa tra i 16 e i 25 anni soffrono di una grave forma di depressione. La depressione e i disturbi ansiosi costituiscono i problemi di salute mentale più comuni in Europa. Secondo le stime tratte da alcuni studi svolti in materia, entro il 2020 la depressione diventerà la prima malattia nel mondo sviluppato. I livelli di depressione sono ancora più elevati nell’Europa centrale e orientale.

Abbiamo identificato il problema, abbiamo le risorse finanziarie per metterlo in evidenza: andiamo dunque avanti e affrontiamo questa sfida.

 
  
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  Hélène Goudin (IND/DEM).(SV) Signor Presidente, innanzi tutto la Lista di giugno ritiene che la politica agricola comune dell’Unione europea dovrebbe essere smantellata. Come ho reiteratamente sottolineato in quest’Aula, la politica agricola dell’UE è reprensibile perché il denaro viene accordato ai beneficiari sbagliati, e spesso a beneficiari che sono molto abbienti. Inoltre, tale politica nega ai paesi più poveri del mondo l’opportunità onesta di vendere i propri prodotti agricoli sul mercato dell’UE perché noi sovvenzioniamo un’agricoltura non competitiva.

Secondo, la Lista di giugno ritiene che la politica strutturale dovrebbe essere restituita alla competenza nazionale. Le risorse dell’UE che tornano alla Svezia sono soggette a un’enorme quantità di condizioni e nella maggior parte dei casi sono inadeguate alle esigenze svedesi.

L’anno prossimo il contributo della Svezia al bilancio dell’UE arriverà a toccare ben 3 miliardi di euro, di cui riusciremo a riottenere approssimativamente 1 miliardo di euro. Terzo, la Lista di giugno ritiene pertanto che il contributo della Svezia dovrebbe essere dimezzato alla luce delle distorsioni e delle ingiustizie della politica agricola e commerciale dell’UE.

 
  
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  Jean-Claude Martinez (NI).(FR) Signor Presidente, il bilancio europeo è come il teatro di Bertolt Brecht. “Aspettando Godot”, aspettando il 2014 e le risorse proprie, gestiamo la modestia degli stanziamenti: 116 miliardi di euro in stanziamenti di pagamento, cioè nemmeno l’1 per cento del reddito nazionale lordo. Qui si sta giocando. Ad esempio, si modifica la nomenclatura passando da otto a sei rubriche. Si fa dell’umorismo: nell’Europa dei 17 milioni di disoccupati nella rubrica 1 si fa riferimento a “crescita e occupazione”. Il bilancio della PAC, che distrugge l’agricoltura e il comparto ortofrutticolo e fa uscire dalla produzione 400 000 ettari di terreni, alla rubrica 2 si intitola “Preservazione delle risorse”.

Eccezion fatta per tali cambiamenti formali, si tratta di un classico bilancio sotto tutti i punti di vista. Innanzi tutto, ritroviamo un quadro finanziario per il 2007-2013, contenuto nell’accordo interistituzionale – il quarto del genere – del 17 maggio scorso. Ritroviamo le somme maltusiane, ad esempio per l’agricoltura: infatti, la spesa di mercato sarà ostinatamente decurtata di oltre 500 milioni di euro. Ritroviamo anche i grandi classici: 7 miliardi di euro per giocare alla politica estera nel mondo, 5 miliardi di euro per un programma quadro di ricerca che non ricercherà poi molto, 850 milioni di euro per le reti transeuropee.

Tutto questo in attesa della revisione del 2008-2009 in occasione della quale si discuterà di tutto, della correzione per il Regno Unito, ma anche e soprattutto dell’agricoltura e del bilancio agricolo. Il grande dibattito finanziario dunque si svolgerà tra il 2010 e il 2014. In attesa di parlare di pesca, di ERASMUS, di cittadinanza, durante la discussione sul bilancio di questo pomeriggio, se non possiamo prendere il tè, visto che presto saranno le cinque, preferiamo scambiare i biscottini con cui il nostro relatore ha assortito la sua magnifica relazione. Anche questo è piacevole.

 
  
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  Antonis Samaras (PPE-DE). (EL) Signor Presidente, l’Unione europea è l’impresa più ambiziosa della storia. Tuttavia stiamo finanziando questa impresa con appena l’1 per cento del PIL. Il problema non è soltanto l’esiguità delle risorse stanziate, ma anche che il Consiglio e la Commissione non vogliono nemmeno che gli importi minimi impegnati siano utilizzati.

Nel progetto preliminare di bilancio la Commissione ha previsto soltanto l’1 per cento. Il Consiglio ha ulteriormente ridotto questa cifra allo 0,98 per cento e noi l’abbiamo portata all’1,04 per cento. Il Consiglio sta facendo del suo meglio per ridurre i finanziamenti per l’Unione europea, la Commissione non sta facendo del suo meglio per difenderli e dunque questo ruolo ricade esclusivamente sul Parlamento europeo.

Molti hanno proposto anche di iscrivere la spesa agricola nella riserva. Abbiamo respinto tale proposta. Distruggere gli agricoltori europei non è una politica di sviluppo o di unificazione dell’Europa: è soltanto una politica disastrosa.

Passo ora a un tema politico sensibile: abbiamo ripristinato l’emendamento per il restauro delle chiese cristiane nella parte settentrionale di Cipro. Un voto a favore di tale emendamento sarà una dimostrazione di rispetto da parte dell’Europa verso il suo patrimonio culturale e rafforzerà l’applicazione dei principi europei per la coesistenza pacifica tra diverse religioni e gruppi etnici.

Infine, finora siamo stati informati a posteriori delle decisioni del Consiglio in materia di PESC. Non si può continuare così. E’ necessario un previo dibattito con il Consiglio su tutte le opzioni basilari, prima che siano adottate le decisioni che poi noi siamo chiamati a finanziare. Allo scopo di inviare il nostro messaggio al Consiglio, abbiamo decurtato del 50 per cento la spesa per la PESC nel 2007. A questo punto vorrei dire che, pur convenendo in merito al fatto che ovviamente l’onorevole Elles ha ragione, la signora Ministro commetterebbe un errore se credesse davvero che la nostra mossa sia stata solo “tattica”, come l’ha definita. Spero che adesso il Consiglio riveda la posizione che ha sostenuto fino ad oggi.

 
  
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  Vladimír Maňka (PSE).(SK) Una delle priorità politiche delle nuove prospettive finanziarie e del bilancio dell’Unione europea per il 2007 è la sicurezza energetica, che è parte del programma per la competitività e l’innovazione ed è oggetto di un programma di ricerca separato nel settimo programma quadro.

I nostri obiettivi in questo ambito sono ambiziosi: trasformare il sistema energetico non sostenibile fondato sui combustibili fossili in un sistema sostenibile basato su una gamma di fonti energetiche, migliorare l’efficienza energetica, la sicurezza dell’approvvigionamento, prevenire i cambiamenti climatici, aumentare la competitività delle imprese europee prima nel settore dell’energia e quindi in altri settori.

La strategia dell’Unione europea e il bilancio europeo sono fattori importanti per contribuire a far fronte alle fosche prospettive per i cittadini europei in materia di fornitura di energia sostenibile, stabile ed economicamente accessibile.

Senza dubbio il bilancio per il 2007, cioè il primo esercizio del nuovo periodo di programmazione, ha un’importanza strategica. Tuttavia è necessario sottolineare che le risorse sono limitate e che molto dipenderà dall’efficienza con cui saranno utilizzate.

 
  
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  Markus Ferber (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signora Commissario, signora Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, l’esercizio finanziario 2007 è molto stimolante perché si tratta di concretizzare per la prima volta le priorità politiche decise dai capi di Stato e di governo nel dicembre dell’anno scorso e concordate tra Parlamento e Consiglio nel maggio di quest’anno.

Vi sono alcuni aspetti che stanno già suscitando in me serie preoccupazioni. Questa stessa settimana adotteremo una serie di basi giuridiche per i programmi pluriennali che dovrebbero essere avviati il 1° gennaio dell’anno prossimo. In questa fase gli Stati membri stanno definendo i propri piani di riferimento per l’esecuzione della politica strutturale e li stanno sottoponendo alla Commissione. Ciò che realmente mi inquieta è che il bilancio 2007 diventerà un bilancio di austerità a causa dell’impossibilità di avviare molti programmi, per quanto siano urgenti.

Mi preme fare un’affermazione molto chiara: venendo da un paese che ha l’onore di contribuire a un quinto dei finanziamenti dell’Unione europea, ciò che ci sta a cuore, quando sono in causa cifre tanto cospicue – anche se il reddito nazionale lordo non ha subito alcun incremento rispetto al passato in termini percentuali, ricordo, per inciso, che esso è aumentato in virtù dell’allargamento – è che vi sia un controvalore corrispondente.

Pertanto sono molto lieto che il relatore, onorevole Elles, abbia dichiarato che l’intento è finanziarie più programmi e meno amministrazione. La Commissione in tal senso deve anche dimostrare di poter realizzare i programmi correttamente senza che tutto sia assorbito dai costi di amministrazione. Dobbiamo anche risolvere la questione delle agenzie, poiché pare che ne saranno create altre tre.

In merito al bilancio del Parlamento, vorrei dire che dobbiamo anche raccogliere i frutti del successo della nostra politica immobiliare. E’ intollerabile continuare a gonfiare il bilancio del Parlamento soltanto perché i fondi sono disponibili, e finanziare progetti che potrebbero non essere davvero necessari, come ad esempio la Web TV.

Pertanto il principio dell’ottimizzazione delle risorse è il punto cruciale. Alla luce della relazione della Corte dei conti presentata questa mattina ritengo che ci sia ancora un notevole margine di miglioramento.

 
  
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  Szabolcs Fazakas (PSE).(HU) Desidero associarmi all’onorevole Ferber per dire che il bilancio 2007 effettivamente riveste un significato particolare per tutta l’Europa e in particolare per i nuovi Stati membri, Ungheria inclusa. Si tratta del primo esercizio delle prospettive finanziarie 2007-2013 che abbiamo contribuito a definire e che dunque ci si applicano in toto. Di conseguenza, soprattutto data la lungaggine della procedura per metterle a punto, una procedura non sempre scorrevole, è molto importante che il 2007 costituisca un buon punto di partenza per gli anni seguenti.

Questo ci offre un’opportunità eccezionale e rappresenta anche una responsabilità. E’ un’opportunità nel senso che, utilizzando le risorse approvate nelle prospettive finanziarie, possiamo avviare non soltanto il nostro processo di recupero, ma lanciare anche le politiche strutturali e di coesione che servono come fondamento per il futuro dell’Europa e la sua competitività. Al medesimo tempo, dobbiamo assumerci la responsabilità di superare l’egoismo nazionale che, purtroppo, è diventato un luogo comune nei vecchi e nei nuovi Stati membri al momento di stilare il bilancio. Non trascuriamo i valori comuni dell’Europa nel complesso e il ruolo internazionale dell’UE.

 
  
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  Simon Busuttil (PPE-DE).(MT) Il bilancio che il Parlamento approverà l’anno prossimo, per la prima volta stanzierà risorse per un nuovo Fondo denominato Fondo per le frontiere esterne, istituito precipuamente per aiutare gli Stati membri a rafforzare le proprie frontiere allo scopo di ridurre il flusso ininterrotto d’immigrazione illegale. In considerazione di quanto sia seria l’emergenza dell’immigrazione illegale, ha quasi dell’incredibile che sia solo la prima volta che l’Unione europea stabilisce un fondo specifico per le frontiere esterne, ma ci siamo riusciti. Grazie a questo Parlamento, il bilancio per il Fondo sarà maggiore di quello richiesto dalla stessa Commissione. Parlo di un bilancio di 170 milioni di euro, pensato per proteggere le frontiere in modo più efficace e per ridurre l’afflusso. La mia seconda osservazione riguarda FRONTEX, l’Agenzia europea per le frontiere esterne. Fino a questo momento l’Agenzia, che è operativa soltanto da un anno, non ha ricevuto risorse sufficienti per svolgere il suo lavoro. Basti dire che mentre, fino alla settimana scorsa, FRONTEX coordinava il pattugliamento del Mediterraneo, ieri ho visto un avviso sui giornali in cui si annunciava che FRONTEX cerca un direttore responsabile per i pattugliamenti in mare. Ciò significa che non dobbiamo abbandonare l’Agenzia a se stessa, credendo che risolverà tutto. Pertanto, anche da questo punto di vista, è gratificante che il Parlamento voterà un bilancio più cospicuo di quello richiesto dalla Commissione, quasi 35 milioni di euro, per rafforzare l’Agenzia e per aiutarla a svolgere i propri compiti in modo più efficace. E’ deplorevole, signor Presidente, che alcuni governi europei, invece di fare altrettanto, abbiano cercato con somma meschinità di decurtare il bilancio di FRONTEX. Vorremmo che sapessero che il Parlamento europeo farà del suo meglio per garantire che FRONTEX riceva tutti i mezzi necessari per espletare i suoi compiti.

 
  
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  Katerina Batzeli (PSE).(EL) Signor Presidente, le priorità in questo bilancio avrebbero dovuto essere chiare e adeguate in termini di finanziamenti, così da promuovere l’integrazione dei nuovi Stati membri. Invece in seno al Consiglio è prevalso un atteggiamento ispirato a criteri contabili per ridurre gli stanziamenti e in seno alla Commissione un atteggiamento spaurito.

Come sarà realizzata la strategia di Lisbona? Come saranno completati i programmi dei Fondi strutturali? Con 425 milioni di euro in meno? Come sarà attuata la politica di sviluppo rurale? Con gli storni fittizi dal primo pilastro tramite il meccanismo di modulazione volontaria o – come proposto – iscrivendo nella riserva i fondi per lo sviluppo rurale fino a quando la Commissione deciderà e fornirà garanzie per la modulazione volontaria? Come sarà rafforzato il ruolo dell’Unione europea nelle azioni esterne, nei Balcani, in Palestina, nel settore dell’immigrazione? Riducendo la PESC del 50 per cento? L’Unione europea come competerà con l’America nell’ambito della ricerca e della competitività?

Non possiamo fissare priorità politiche e non fornire gli strumenti finanziari necessari per realizzarle. Stiamo perdendo credibilità e ciò sta minando il futuro dell’Unione europea.

 
  
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  László Surján (PPE-DE). (HU) Desidero condividere con voi quattro riflessioni e commentare un problema. Le proposte della Commissione per il bilancio dell’anno prossimo sono inferiori alle risorse previste nelle prospettive finanziarie. La competitività dell’UE si sta deteriorando anziché migliorare. Secondariamente, è un incubo che il Consiglio abbia cercato di ridimensionare anche questa proposta moderata. Terzo, nella sua attuale forma non vi è spazio per lo sviluppo, si tratta soltanto di un tentativo di sopravvivenza malriuscito. Quarto: è una buona notizia per i nuovi Stati membri che la grande corsa ai tagli non riguardi il sostegno al Fondo di coesione o comunque abbia un effetto minimo su di esso.

Il problema, senza dubbio significativo, è che, mentre una delle caratteristiche dell’UE è espressa come “unità nella diversità”, siamo attualmente lontani dal soddisfare questo requisito. Le traduzioni delle proposte o non sono disponibili in tempo oppure sono preparate all’ultimo momento e talvolta soltanto in modo sommario. Siamo costretti a partecipare a tante riunioni nelle quali sono disponibili interpreti soltanto per alcune delle lingue madri dei deputati. L’allargamento dell’Unione europea a gennaio aumenterà ulteriormente le richieste in questo ambito. La diversità linguistica è un valore cui non possiamo assolutamente rinunciare.

 
  
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  Herbert Bösch (PSE).(DE) Signor Presidente, come già affermato da alcuni oratori precedenti, discutiamo del primo esercizio del nuovo periodo finanziario, un bilancio, come si dice, improntato al risparmio, anche se il risparmio riguarda esclusivamente gli interessi dei cittadini europei. Si tratta di una politica di bilancio interpretata in modo errato dagli Stati membri dell’Unione europea.

Così nei prossimi sette anni, nell’ambito delle reti transeuropee invece dei 20 miliardi di euro che sono effettivamente necessari dovremo accontentarci di soli 8 miliardi di euro. Il Consiglio dei ministri torna volentieri ad avvalersi del vecchio mezzo di pressione: se il Parlamento non decide il bilancio tempestivamente, i programmi che dovrebbero partire nel 2007 non potranno essere avviati in tempo. Il Consiglio prenderà come capro espiatorio il Parlamento e altri organi, anche se talvolta procrastina il proprio processo decisionale per mesi e mesi e su questo staremo bene in guardia.

Vorrei cogliere l’occasione per ricordare alla Commissione che è il Parlamento, non certo il Consiglio, a difendere sempre la posizione della Commissione. Sarebbe bello una volta tanto che la Commissione se ne rendesse conto invece di umiliarsi costantemente al ruolo di notaio del Consiglio.

Questa settimana dovremo anche decidere in merito a una proposta totalmente inaccettabile, presentata per tappare un buco nel bilancio del secondo pilastro, vale a dire agricoltura e sviluppo rurale: gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di trasferire volontariamente al secondo pilastro, ossia le aree rurali, fino al 20 per cento dei fondi del primo pilastro. E’ una proposta mal ponderata, contraria alle prerogative del Parlamento e dunque va respinta. Che cos’anno in comune le reti transeuropee e le aree rurali? Primo, entrambi i settori sono vittime di una politica d’austerità irresponsabile del Consiglio. Secondo, in entrambi i casi la Commissione si è distanziata dalla sua posizione di partenza e si è supinamente piegata al Consiglio. Terzo, nei due casi dobbiamo cercare di esercitare pressioni sul Consiglio e sulla Commissione iscrivendo gli stanziamenti nella riserva, per salvare il salvabile.

 
  
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  Salvador Garriga Polledo (PPE-DE).(ES) Signor Presidente, signora Commissario, desidero innanzi tutto congratularmi con i due relatori, onorevoli Elles e Grech, che hanno dato prova di prudenza nei rispettivi progetti di bilancio.

La prudenza non significa necessariamente un accordo con il Consiglio, perché non significa essere necessariamente d’accordo con i tagli indiscriminati che il Consiglio ha apportato alle linee di bilancio che non gli interessavano, cioè a tutte quelle che non riguardano la politica estera e di sicurezza comune, che è un settore in cui il Parlamento invece ha inserito alcune riduzioni.

Condividiamo decisamente il principio dell’ottimizzazione delle risorse che il relatore per il bilancio generale difende, particolarmente in un momento come quello attuale di straordinario rigore finanziario. L’ideologia imperante nell’Unione europea, che alcuni di noi non condividono, di applicare al bilancio l’1 per cento, richiede, comunque e obbligatoriamente, un’analisi attenta delle linee di bilancio, del loro tasso di esecuzione e del valore aggiunto europeo. Probabilmente non diamo al concetto dell’ottimizzazione delle risorse la stessa interpretazione del Consiglio, però, in ogni caso, è positivo che venga accettato come principio di bilancio.

Desidero cogliere l’occasione per ringraziare la signora Presidente in carica del Consiglio per aver presenziato a gran parte della discussione sul bilancio: non è usuale e per questo le sono grato.

Questioni come la lotta al terrorismo, il finanziamento di un’autentica politica comune in materia di immigrazione e la realizzazione delle politiche legate alla strategia di Lisbona sono contemplate come priorità dal Parlamento europeo in prima lettura. Siamo d’accordo sulla strategia per gli stanziamenti di pagamento proposta dal relatore, come pure approviamo l’attenzione focalizzata sul finanziamento della politica estera e di sicurezza comune.

Da ultimo, signor Presidente, riteniamo le riserve di bilancio uno strumento molto utile, non soltanto per il negoziato e la buona gestione finanziaria, bensì per il fatto che, in qualità di autorità di bilancio, possiamo ottenere le informazioni che molte volte, per motivi pratici, la Commissione ha difficoltà a trasmetterci.

 
  
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  Presidente. La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà giovedì, alle 11.30.

(La seduta, sospesa alle 17.05, riprende alle 17.30)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. DOS SANTOS
Vicepresidente

 

15. Composizione del Parlamento: vedasi processo verbale

16. Tempo delle interrogazioni (interrogazioni alla Commissione)
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  Presidente. L’ordine del giorno reca il Tempo delle interrogazioni (B6-0437/2006).

Saranno prese in esame le interrogazioni rivolte alla Commissione.

Prima parte

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 40 dell’onorevole Robert Evans (H-0809/06):

Oggetto: Sovraprenotazione nei trasporti aerei

Considerando il regolamento (CE) n°261/2004(1) che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato, intende la Commissione scoraggiare maggiormente la pratica della sovraprenotazione tra le compagnie aeree?

 
  
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  Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Signor Presidente, negli ultimi tempi è diminuito il numero di reclami che pervengono alla Commissione in merito all’overbooking rispetto all’epoca antecedente all’aumento dei livelli di compensazione previsto dal regolamento (CE) n. 261/2004. Attualmente solo l’8 per cento dei reclami ricevuti dalla Commissione e concernenti i diritti dei passeggeri del trasporto aereo si riferisce a casi di overbooking o di negato imbarco, mentre il 60 per cento riguarda i ritardi e le cancellazioni di volo. Questa tendenza dipende, tra gli altri fattori, anche dallo sviluppo delle linee a basso costo e a un maggiore impiego delle compagnie charter, che non sono solite adottare l’overbooking quale metodo di lavoro nell’ambito della rispettiva politica aziendale.

A seguito dell’entrata in vigore del suddetto regolamento, le compagnie aeree hanno dato prova di una maggiore elasticità nella ricerca di volontari disposti a rinunciare alla prenotazione in cambio di determinati benefici concordati. Questa pratica stimola le compagnie aeree a risolvere il problema con effetto immediato.

Ciò detto, desidero comunicare all’onorevole Evans che, all’inizio del 2007, in conformità di quanto previsto dall’articolo 17 del regolamento, la Commissione presenterà al Parlamento e al Consiglio una relazione in merito al funzionamento e all’applicazione dello stesso. Tale comunicazione si baserà su uno studio realizzato da un consulente esterno. E’ stata inoltre pubblicata una gara relativa alla prestazione di tale consulenza esterna.

L’overbooking è uno dei punti che saranno affrontati in questo studio e, com’è ovvio, la Commissione attenderà di prendere conoscenza dei risultati prima di decidere se sussistono i motivi che giustificano l’adeguamento della legislazione. Ebbene, onorevole Evans, se si vuole pensare a un effetto tangibile di questa nuova normativa sui diritti dei passeggeri, questo è la diminuzione dell’overbooking, che ha finito per trasformarsi in alcuni casi, occorre ammetterlo, in un’abitudine fortemente sfavorevole per i passeggeri.

 
  
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  Gary Titley (PE).(EN) Desidero ringraziare il Commissario per la risposta chiara ed esauriente. Sta di fatto, tuttavia, che i cittadini continuano a presentare reclami riguardo merito all’overbooking.

Un altro mio motivo di preoccupazione è che a tutt’oggi alcune compagnie aeree ignorano il regolamento sui diritti dei passeggeri e dicono ai rispettivi clienti che non li riguarda. La Commissione è intenzionata ad agire con forza contro quanti tra questi soggetti sembrano convinti di poter operare violando il diritto e i regolamenti dell’Unione europea?

 
  
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  Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Onorevole Titley, è assolutamente necessario garantire che questi diritti dei passeggeri siano applicati. Devo anche ammettere che al momento sto esortando tutti gli aeroporti ad esporre al pubblico i diritti dei passeggeri, perché sia ben chiaro che tutti i passeggeri devono essere informati del fatto che non possono subire le conseguenze di un overbooking senza ricevere come contropartita l’offerta di un’adeguata compensazione, come previsto dal regolamento. In sostanza, le parole chiave sono tre riguardo a questo aspetto: informazione, indagine e revisione, come ho in precedenza affermato. In seguito valuteremo l’ipotesi di infliggere sanzioni, o più precisamente, di portare dinanzi alla Corte di giustizia quegli Stati membri che non hanno controllato effettivamente l’applicazione di questi diritti dei passeggeri.

Ecco la mia risposta, onorevole Titley. Le sono grato per questa interrogazione, che sottolinea l’importanza dell’applicazione del diritto europeo.

 
  
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  Reinhard Rack (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, il Vicepresidente della Commissione ha sottolineato giustamente che insieme siamo riusciti a risolvere il problema dell’overbooking, o, in ogni caso, a migliorare la situazione. All’epoca dell’adozione di questa direttiva, nel 2004, avevamo stabilito parametri molto bassi per i ritardi dopo che le compagnie aeree ci avevano riferito che, a seguito del disastro dell’11 settembre, l’applicazione di regole rigide avrebbe reso loro la vita praticamente impossibile. Queste compagnie utilizzano la pratica di lasciare semplicemente accumulare i ritardi, di modo che, in seguito alle numerose manovre di decollo e atterraggio che si susseguono durante il corso della giornata, questi ritardi possono arrivare ad ammontare anche a diverse ore, senza che sia prevista alcuna compensazione finanziaria. Abbiamo disposto regole severe a vantaggio dei passeggeri ferroviari, che hanno diritto al totale rimborso del biglietto, ma i passeggeri del trasporto aereo...

(Il Presidente interrompe il relatore)

 
  
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  Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Desidero far brevemente presente all’onorevole Rack che riceviamo un numero considerevole di reclami a causa degli eccessivi ritardi e che, proprio per tale ragione, abbiamo voluto procedere a questa revisione al fine di determinare con esattezza come possiamo garantire che i nuovi diritti dei passeggeri siano applicati con maggiore efficacia. Concordo riguardo alla sua constatazione: in quanto cittadini europei abbiamo il diritto di essere trattati dignitosamente come passeggeri del trasporto aereo e, in futuro, come passeggeri di quello ferroviario. Pertanto, onorevole Rack, posso rassicurarla affermando che obiettivo del Commissario per i trasporti è sorvegliare che l’applicazione dei diritti dei passeggeri avvenga in modo sempre più rigoroso.

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE). – (DE) Signor Presidente, signor Vicepresidente, sono lieto che il numero di reclami sia relativamente basso, ma io stesso – e a noi capita di volare piuttosto sovente – ho vissuto l’esperienza dell’overbooking, praticato sugli ultimi tre voli che ho preso.

A questo punto vorrei sapere se questa circostanza si produce più di frequente nel caso di certe compagnie aeree in particolare. E’ lecito sostenere che esistano compagnie aeree che fanno dell’overbooking una pratica professionale? Non sarebbe possibile, in certe circostanze, considerare l’ipotesi di intraprendere azioni, oltre ai procedimenti per violazione di contratto, contro queste compagnie, non solo per ottenere una compensazione, ma contro le società in sé? In che misura possiamo sperare in un impegno maggiore sul fronte delle relazioni pubbliche per portare a conoscenza dei passeggeri la possibilità di ricevere un indennizzo?

(Il Presidente interrompe il relatore)

 
  
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  Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Signor Presidente, posso confermare che i reclami relativi all’overbooking sono diminuiti. Nel 2001 superavano il 16 per cento e oggi si attestano al 7 per cento. Nondimeno, sono assolutamente convinto, come lei, che le vittime di questa pratica debbano rivolgersi, nei singoli Stati membri, agli organismi preposti a indagare sui reclami. In seguito, come ho fatto presente, questa revisione ci permetterà di avere una visione decisamente più globale di tali problemi. Saremo così in grado di stabilire quali compagnie aeree ricorrano regolarmente a questa pratica e quali necessitino di un vigoroso monito.

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 41 dell’onorevole Michl Ebner (H-0812/06)

Oggetto: Tutela dei minori nell’accesso alle chat room in Internet

I forum di discussione su Internet e le chat room sono utilizzati soprattutto dai giovani per un rapido scambio di opinioni in tutta semplicità. Sostanzialmente è apprezzabile l’utilizzo di nuovi media, tuttavia la tutela dei minori in rete si rivela oltremodo difficile. Tutti possono iscriversi a qualunque chat room e a tal fine sono tenuti a fornire alcuni dati personali, che molto spesso non sono tuttavia verificabili. I minori e i giovani non possono pertanto sapere con chi sono concretamente in contatto: ad esempio potrebbe trattarsi di criminali, che si inseriscono in una chat room indicando false generalità.

Intende la Commissione intervenire a favore della tutela dei minori e dei giovani nell’accesso alle chat room? Esiste al riguardo una strategia di cui la Commissione intende avvalersi per contrastare l’utilizzo abusivo dei forum di discussione destinati ai minori e ai giovani?

 
  
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  Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. Signor Presidente, onorevoli deputati, la comunicazione che la Commissione europea ha adottato, su mia proposta, lo scorso mese di luglio affronta il tema generale di una strategia europea per la protezione dei diritti dei bambini. E’ chiaro che in questa strategia europea viene prestata una particolare attenzione al pericolo che i giovani e i giovanissimi possano essere vittime dell’azione di criminali pedofili che usano la rete Internet.

Noi sosteniamo un’azione molto forte per la prevenzione. In particolare, siamo favorevoli alla creazione di una banca dati internazionale che possa raccogliere tutti i dati principali relativi ai criminali e a coloro che operano attraverso la rete Internet per fini di pedofilia, in modo che si possa anzitutto bloccare la diffusione delle immagini che colpiscono, ovviamente per ragioni di sfruttamento sessuale, i giovani e i giovanissimi, e si possano prevenire e colpire i colpevoli, vale a dire coloro i quali usano la rete per tali scopi.

Abbiamo altresì deciso di finanziare un programma che si chiama “Internet più sicuro”, che consiste in una rete europea di linee telefoniche e soprattutto di comunicazione Internet, finalizzata a consentire ai frequentatori della rete Internet di cooperare con le forze di polizia. Attraverso questo sistema di Internet più sicuro, che si chiama Safer Internet plus, i navigatori su Internet potranno comunicare alle autorità di polizia o ai provider di Internet le eventuali frequentazioni pericolose, quindi la presenza di coloro che usano la rete per finalità pornografiche.

Inoltre, recentemente abbiamo approvato una comunicazione sul traffico di esseri umani che comprende un capitolo specificamente dedicato ai bambini e alla violenza nei loro confronti. Io sto riflettendo sull’applicazione della decisione quadro per combattere lo sfruttamento sessuale dei minori e dei fanciulli e la pornografia contro i fanciulli. Nell’ambito dell’applicazione di questa decisione quadro credo che si potranno trovare delle misure per rafforzare ulteriormente il quadro legislativo e per colpire ancora più severamente lo sfruttamento sessuale attraverso la rete Internet ai danni dei bambini. Riferirò su questo tema, prima della fine dell’anno, con una comunicazione della Commissione.

Infine, il tema generale della criminalità informatica verrà affrontato all’inizio del prossimo anno con un documento strategico che conterrà un capitolo dedicato in modo specifico alla protezione dei fanciulli. L’onorevole Ebner saprà che abbiamo rifinanziato il programma Daphne. Il programma Daphne II è dedicato a iniziative europee contro la violenza ai danni dei bambini ma anche delle donne e avrà una dotazione di cinquanta milioni di euro per il nuovo periodo di funzionamento. Attraverso questo sistema noi pensiamo di diffondere le pratiche migliori di prevenzione della violenza ai danni dei bambini e di attuare campagne di comunicazione volte a promuovere un uso più responsabile di Internet da parte dei giovani e dei giovanissimi.

 
  
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  Michl Ebner (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio il Commissario Frattini per la sua risposta molto esauriente. Devo prendere atto che il suo operato in questo settore è molto vasto e credo che riuscirà a portare quella serenità e quella protezione che noi auspichiamo per i bambini.

Io spero che questo programma e la sua attività producano dei frutti e, per quanto mi riguarda, auspico che il Parlamento sostenga fermamente il suo operato.

 
  
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  Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. Signor Presidente, onorevoli deputati, ringrazio davvero l’onorevole Ebner.

In questo momento ci troviamo nella fase dell’applicazione. Il piano strategico europeo vedrà comunque altri passi importanti. Pensiamo di varare entro breve tempo una linea telefonica di emergenza europea per i bambini in difficoltà, che avrà tre numeri comuni per tutta l’Europa – 116 – seguiti da una cifra nazionale per ciascun paese, e aiuterà i bambini che sono rapiti, smarriti o in difficoltà.

Sto inoltre valutando, assieme alle principali compagnie internazionali che gestiscono le carte di credito, la possibilità di disconnettere le carte di credito di coloro che accedono a siti pedofili per comprare materiale pedopornografico. Tutti comprenderanno che una minaccia di questo genere è già di per sé un segnale di forte scoraggiamento nei confronti di questo tipo di criminali.

 
  
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  Alexander Stubb (PPE-DE).(EN) Le pongo questa domanda in qualità di padre di Emily, che venerdì compirà cinque anni, e di Oliver, che ne ha quasi due e mezzo. Oliver non naviga ancora su Internet, ma Emily sì.

Le opinioni espresse dal Commissario e dai precedenti oratori in merito alla protezione dei bambini sono pienamente condivisibili, ma può il Commissario garantirci che non stiamo iniziando ad imporre restrizioni sull’uso di Internet in generale? Quanto di peggio possiamo augurarci è un titolo sul sospetto che l’Unione europea stia tentando di inibire l’uso libero di Internet.

 
  
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  Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. Signor Presidente, onorevoli deputati, ovviamente nessuno immagina una limitazione dell’uso di Internet, che rappresenta uno dei più straordinari mezzi di comunicazione che mette in contatto giovani e giovanissimi di ogni parte del mondo.

Tuttavia, è evidente che dobbiamo preoccuparci di prevenire e di colpire i criminali che usano la rete per arrivare a un contatto più ravvicinato con i giovani, che debbono ovviamente essere protetti. Non è quindi limitando l’uso di Internet, ma rafforzando la prevenzione e il controllo, che si possono aiutare i ragazzi a fare un uso assolutamente sicuro della rete.

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 42 dell’onorevole Paulo Casaca (H-0827/06):

Oggetto: Lapidazione di sette donne in Iran

Stando al comunicato MDE 13/111/2006 di Amnesty International, sette donne iraniane, Parisa Akbari, Iran Eskandari, Khayrieh Valania, Shamameh Ghorbani, Kobra Najjar, Soghra Mola’i e Fatemeh sono in procinto di essere lapidate in Iran.

Nonostante le reiterate promesse – di frequente trasmesse alle autorità comunitarie – di moratoria o sospensione di tale pratica barbara da parte del regime iraniano, da quando l’Unione europea ha avviato con lo stesso il suo "dialogo sui diritti umani", non cessano di moltiplicarsi le notizie su condanne ed esecuzioni di donne.

Potrebbe la Commissione esporre i motivi per cui si sono risolti in un fiasco totale gli obiettivi in materia di diritti umani contestuali alla sua politica di dialogo con il regime iraniano? Potrebbe la Commissione altresì riferire sui passi concreti da essa compiuti per impedire l’assassinio delle succitate donne iraniane?

 
  
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  Peter Mandelson, Membro della Commissione. – (EN) La Commissione ribadisce la sua forte preoccupazione per la situazione dei diritti umani in Iran e considera la pratica della condanna a morte per lapidazione particolarmente deprecabile. L’Esecutivo è perfettamente a conoscenza delle relazioni di Amnesty International sulle sentenze di lapidazione cui fanno riferimento gli onorevoli deputati. La lapidazione è una forma di punizione crudele, disumana e degradante, che la Commissione giudica del tutto inaccettabile. L’Unione europea ha ripetutamente esortato l’Iran a ridurre progressivamente il ricorso alla pena di morte e ha insistito sulla necessità di applicarla in conformità delle norme minime stabilite dalle Nazioni Unite, tra cui la disposizione che prevede il ricorso alla pena capitale solo per i crimini più gravi.

Nel dicembre 2002, l’Unione europea ha avviato un dialogo sui diritti umani con le autorità iraniane, cui hanno partecipato i rappresentanti della società civile. Uno dei risultati pratici ottenuti all’epoca è stata la conferma da parte iraniana di una moratoria della lapidazione. Purtroppo il dialogo si è interrotto a partire dall’estate 2004 a causa della resistenza da parte delle autorità iraniane. Sono state tuttavia fissate le date provvisorie per un nuovo ciclo di discussioni sui diritti umani per la metà di dicembre.

 
  
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  Paulo Casaca (PSE).(PT) Signor Presidente, le autorità iraniane hanno dunque promesso una moratoria e non hanno rispettato l’impegno. Non è una novità.

Vorrei piuttosto chiederle, signor Commissario, il motivo per cui la Commissione insiste nel dialogare con una banda di fanatici che sta tiranneggiando l’Iran, anziché confrontarsi con la grande maggioranza degli iraniani, che la pensano diversamente. Mi permetto di raccomandarle un libro, scritto nella sua lingua, intitolato We are Iran, una raccolta di testimonianze di un nutrito gruppo di iraniani che la pensano in modo diverso e con cui la Commissione dovrebbe parlare.

 
  
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  Peter Mandelson, Membro della Commissione. – (EN) Ci confrontiamo con tutti gli elementi della società civile in Iran. E’ contraddittorio il fatto che l’onorevole deputato ci chieda, da un lato, di rilasciare dichiarazioni, di avviare un’inchiesta presso le autorità iraniane, di intervenire in difesa dei diritti umani e contro questa pratica abominevole, e, al tempo stesso, esprima critiche nei nostri confronti per avere avviato un dialogo. Senza questo strumento è difficile, se non impossibile, comunicare le proprie opinioni.

A mio avviso l’approccio europeo è adeguato. La Commissione, in stretta collaborazione con le ambasciate dell’Unione europea a Teheran, segue la situazione sul campo molto da vicino, soprattutto per quanto riguarda la pena di morte. Ogni volta che viene a conoscenza di una sentenza di morte pronunciata contro minori o donne che rischiano la lapidazione, l’UE presenta immediatamente una protesta formale presso le autorità giudiziarie e altri organi competenti. Pertanto l’Unione europea non si affida solamente al dialogo. Palesa il proprio punto di vista direttamente e in modo inequivocabile ogniqualvolta si verifica un caso di questo genere, e proseguirà in tale direzione.

 
  
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  Piia-Noora Kauppi (PPE-DE).(EN) Signor Commissario, se afferma che l’Unione europea tiene in seria considerazione la situazione dei diritti umani in Iran, ci può indicare in quali altre occasioni di dialogo con il paese viene discusso questo tema? Al momento è in corso un dialogo sul programma nucleare in Iran. Il tema in questione viene affrontato nell’ambito di quei negoziati o delle consultazioni su aspetti commerciali? E’ un problema serio e non credo sia sufficiente affermare che stiamo tentando di tornare al tavolo dei negoziati sui diritti umani. E’ un tema che va inserito nel programma di tutti i colloqui con l’Iran. Quando intendete procedere in tal senso?

 
  
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  Peter Mandelson, Membro della Commissione. – (EN) La Commissione segue i casi di diritti umani attraverso vari canali. Non si affida solamente al dialogo, la cui ultima sessione si è svolta nel giugno 2004 e di cui un’altra avrà luogo tra breve. Per le nostre dichiarazioni diplomatiche ci avvaliamo di una serie di canali diversi, oltre al dialogo in corso, ed è nostra intenzione di continuare ad agire in questo senso.

 
  
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  Edite Estrela (PSE). – (PT) Facendo seguito a quanto affermato dai precedenti oratori, desidero conoscere la posizione della Commissione riguardo al rapimento di bambini e di donne incinte come mezzo per ridurre al silenzio l’opposizione in Iran. E’ una violazione dei diritti delle donne e dei diritti umani, e gradirei sapere se la Commissione è a conoscenza di questo fenomeno e qual è la sua posizione in merito.

 
  
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  Peter Mandelson, Membro della Commissione. – (EN) Ci occupiamo di casi singoli. Sappiamo di alcune donne che rischiano la morte per lapidazione. Le nostre posizioni sono ben note e vengono manifestate frequentemente; non vi è alcun dubbio rispetto alla nostra opposizione. In casi specifici, considerati singolarmente, posso garantire che utilizzeremo ogni mezzo a nostra disposizione per esprimere il nostro punto di vista ed esercitare la massima pressione possibile.

 
  
  

Seconda parte

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 43 dell’onorevole Lambert van Nistelrooij (H-0831/06):

Oggetto: Proposta della Commissione per un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al "roaming" sulle reti mobili pubbliche all’interno della Comunità

Nel testo della proposta di regolamento relativo al roaming sulle reti mobili pubbliche (COM(2006)0382 def.), pubblicato dalla Commissione, figurano soltanto scarne informazioni sulle conseguenze in materia di costi di roaming dovute alla situazione specifica degli abitanti e delle imprese che si trovano ai confini interni degli Stati membri dell’Unione europea.

Dispone la Commissione di informazioni sui costi connessi alle chiamate in roaming nelle regioni situate alle frontiere interne?

Quali iniziative intende adottare la Commissione affinché i gestori telefonici tengano conto delle esigenze specifiche degli abitanti e delle attività economiche nelle regioni situate alle frontiere interne dell’UE?

 
  
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  Viviane Reding, Membro della Commissione. – (EN) Ringrazio l’onorevole deputato per aver posto la presente interrogazione, che mi offre l’opportunità di fornire una risposta che so rivestire grande importanza per il Parlamento, in quanto negli ultimi anni quest’Assemblea ha riservato particolare attenzione all’argomento del roaming internazionale.

Come sapete, i cittadini si trovano di fronte a due problemi, il primo dei quali riguarda le elevate tariffe di attraversamento delle frontiere, mentre il secondo concerne il roaming involontario su una rete estera nel caso di utenti che non valicano alcuna frontiera, ma risiedono in prossimità di confini nazionali. Nel contesto di mercati competitivi sarebbe auspicabile una convergenza di prezzi e costi, ma nel caso del roaming non si riscontrano da anni elementi attestanti una relazione effettiva tra i prezzi imposti e i costi soggiacenti. Questo punto era stato evidenziato molto chiaramente nella valutazione d’impatto che accompagnava il regolamento che ho presentato.

La domanda è semplice. Perché un utente francese che effettua una chiamata locale appena oltrepassato il confine con l’Italia si vede addebitata una cifra che va dai 50 centesimi a oltre un euro al minuto, mentre per un utente italiano nella stessa situazione l’addebito sarà compreso tra i 10 e i 13 centesimi al minuto? D’accordo, introdurre un telefono cellulare in un paese confinante comporta alcuni costi aggiuntivi, ma ciò non giustifica assolutamente simili differenze di prezzo.

In tutti gli altri campi delle telecomunicazioni, come la telefonia fissa e la banda larga, i consumatori europei sono testimoni di un significativo miglioramento dei prezzi, della scelta e della qualità, tendenza, questa, che solo per il roaming internazionale non si è potuta osservare. Da diversi anni milioni di cittadini sono oltremodo insoddisfatti per le elevate tariffe che vengono applicate. Stimiamo che siano circa 99 milioni gli europei residenti in regioni situate entro 50 chilometri dai confini, e 11 milioni quelli che vivono entro 5 chilometri. Sono i soggetti maggiormente interessati dalle tariffe di roaming eccessivamente alte.

Il regolamento da me presentato, attualmente oggetto di discussione in Parlamento e presso il Consiglio, propone sostanziali riduzioni delle tariffe di roaming per tutti i cittadini europei, sia per i consumatori che per quanti si spostano per lavoro. E’ implicito che nel momento in cui la normativa verrà attuata, coloro che vivono e utilizzano il roaming nelle regioni frontaliere interne saranno tra i principali destinatari a beneficiarne.

Da un punto di vista tecnico, a causa della natura stessa delle reti di telefonia mobile, gli utenti che risiedono in tali zone dovranno sopportare alcuni costi di roaming, ma se approvato, il regolamento garantirà tariffe molto più ragionevoli rispetto alle attuali.

Esiste poi la questione del roaming involontario, fenomeno che può verificarsi ovunque siano disponibili servizi di telefonia mobile ed esistano confini nazionali. Anche per questo motivo è importante per i soggetti interessati che le tariffe siano commisurate ai costi.

Molto spesso muovo critiche nei confronti degli operatori per la loro tendenza ad applicare tariffe elevate. D’altro canto, devo anche dire che quando questi compiono i giusti passi nelle opportune direzioni ne riconosco giustamente il merito. Mi fa piacere notare, per citare un caso, che gli operatori irlandesi e britannici hanno cominciato a proporre tariffe valide per tutto il territorio delle isole. Ciò significa, ad esempio, che i cittadini dell’Irlanda e dell’Irlanda del nord oggi pagano un’unica tariffa, a prescindere dal luogo in cui si trovano. Questo è un buon esempio di miglior prassi. Sarei lieta di vedere incoraggiato e seguito questo genere di iniziative anche in altre zone dell’Europa.

 
  
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  Lambert van Nistelrooij (PPE-DE).(NL) Signor Presidente, i costi di roaming, e in particolare quelli relativi alle zone di confine, ammontano a circa 5 000 milioni di euro all’anno, una spesa inaccettabile e, a conti fatti, inutile sia per le imprese che per i residenti. Per tale motivo quindi ringrazio il Commissario Reding per il suo energico intervento dei mesi scorsi e di oggi, ma ritengo che una soluzione spontanea tra operatori nelle regioni frontaliere riguardo al problema del roaming, che sfugge al controllo dell’utente o che sposta la comunicazione da una rete all’altra più volte al giorno, rappresenti un grosso problema. Temo pertanto che le questioni non si risolvano in tempi brevi se saranno affrontate su base spontanea. Domando dunque al Commissario e a tutta la Commissione, se sono disposti a riferire sui progressi che verranno realizzati sull’argomento. Penso che dovremmo intensificare i nostri sforzi, perché so che anche le regioni di confine desidererebbero intervenire sull’argomento.

 
  
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  Viviane Reding, Membro della Commissione.(EN) Purtroppo le autorità di regolamentazione nazionali non hanno poteri espliciti al fine di evitare o ridurre l’eventuale roaming involontario. Come ha dimostrato il problema del roaming internazionale, non esiste ancora un mercato interno in tale settore. Questo è il motivo per cui è necessario seguire questo fenomeno molto da vicino, per individuare buoni esempi e porli in evidenza. In Irlanda, per esempio, Comreg e Ofcom hanno stabilito di creare un gruppo di lavoro congiunto incaricato di valutare la portata del problema del roaming involontario da parte degli utenti di telefonia mobile, iniziativa, questa, che approviamo e incoraggiamo. Ma non è ancora possibile affrontare il problema su più ampia scala tramite il normale processo di regolamentazione.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI) – (DE) Signora Commissario, le soprattasse estere sulla nuova tecnologia UMTS sono ancora maggiori rispetto a quelle relative ai telefoni cellulari convenzionali; per navigare all’estero, anche se solo con una rete partner, si spendono in poco tempo grosse cifre, e la bolletta generalmente non dichiara se il prezzo sia calcolato a tempo o a volume.

La Commissione prevede di garantire maggiore trasparenza in questo settore grazie al regolamento relativo al roaming?

 
  
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  Viviane Reding, Membro della Commissione. – (EN) Sono stata incaricata dal Parlamento di occuparmi, tra gli altri argomenti, della specifica questione delle tariffe di roaming internazionale per i telefoni cellulari. Quando ho affrontato il tema in oggetto non esisteva l’esigenza per un’azione specifica in materia di servizi di trasmissione di dati, come gli SMS, e quando le autorità nazionali di regolamentazione hanno richiesto l’intervento della Commissione, l’unico aspetto che le preoccupava era il livello eccessivo delle tariffe di roaming internazionale per la telefonia vocale. Dagli scambi che ho avuto, in particolare con gli onorevoli parlamentari e con i cittadini, ho appreso che sussiste un problema riguardante anche la trasmissione dei dati. Il Parlamento, che sta procedendo all’esame del regolamento, ha ora l’opportunità di porsi obiettivi più ambiziosi rispetto alla Commissione. Desidero poi rivolgermi alle imprese, dal momento che il settore non perde occasione per lamentare il nostro intervento sulla regolamentazione dei prezzi. Gli operatori hanno ora la possibilità di dimostrare che sono in grado di abbassare i prezzi autonomamente, evitando l’intervento delle autorità di regolamentazione o dei politici.

 
  
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  Justas Vincas Paleckis (PSE).(EN) Signora Commissario, ci ha offerto esempi convincenti riguardo all’assurda situazione dei prezzi di roaming in paesi diversi, ma non ha nominato i nuovi Stati membri dell’Unione europea, dove la situazione è anche peggiore. La Commissione intende prestare particolare attenzione ai nuovi Stati membri dell’Unione europea al fine di eliminare gli enormi divari che si riscontrano in generale nell’ambito delle tariffe di telefonia mobile e di roaming?

 
  
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  Viviane Reding, Membro della Commissione. – (EN) Il regolamento proposto, relativo ai costi di roaming internazionale, riguarda tutti gli Stati membri europei, compresi quelli di più recente adesione. Nell’ottobre 2005, la Commissione ha creato un sito web in cui venivano pubblicati tutti i prezzi nell’interesse della trasparenza, tra cui quelli applicati nei nuovi Stati membri. Le tariffe devono essere riesaminate su base annua, al fine di valutarne l’evoluzione nei vari Stati membri. Come ho fatto presente in precedenza, elaborerò il regolamento con la collaborazione del Parlamento europeo e del Consiglio, nella loro qualità di legislatori. Nell’arco di alcune settimane, quindi, il sito web sarà aggiornato e sarà possibile verificare se i prezzi generali nei diversi paesi siano diminuiti e quali siano state le tendenze lo scorso anno.

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 44 dell’onorevole Stavros Arnaoutakis (H-0840/06):

Oggetto: Utilizzo della rete a banda larga (broadband)

Stando ai recenti dati forniti dalla Commissione europea e, in particolare, dalla Direzione generale "Società dell’informazione e mezzi di comunicazione di massa", soltanto il 13 per cento delle scuole in Grecia ha una connessione Internet a banda larga. Questa percentuale pone la Grecia all’ultimo posto tra i 27 paesi d’Europa. La conoscenza e l’uso del computer sono ormai indispensabili, mentre un collegamento ad alta velocità ad Internet può costituire uno strumento fondamentale per lo sviluppo e la competitività, come ha dichiarato il Commissario competente, sig.ra Viviane Reding, il 29 settembre 2006.

Quali misure intende prendere la Commissione europea per incoraggiare gli Stati membri, ad es. la Grecia, a introdurre nelle scuole i computer che consentono una connessione Internet a banda larga? In che modo intende sostenere le azioni volte a introdurre i mezzi informatici nelle scuole come pure in altre istituzioni e organismi ubicati in regioni remote, specie nelle isole e nelle zone montane?

 
  
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  Viviane Reding, Membro della Commissione. – (EN) L’onorevole deputato ha ragione: il mercato greco delle comunicazioni elettroniche purtroppo ha subito le conseguenze negative di un eccessivo ritardo nel recepimento del quadro normativo, che doveva entrare in vigore nel 2003 e in Grecia è stato completato solo nel giugno 2006. Abbiamo visto con chiarezza che dove il quadro non è stato attuato non c’è concorrenza. Dove non c’è concorrenza ci sono meno investimenti. Questo è uno dei problemi della Grecia.

Tra gli aspetti positivi, invece, c’è l’assistenza strutturale dell’UE che in Grecia contribuisce in misura sostanziale a cofinanziare gli investimenti volti a promuovere un’adozione più rapida delle TIC in Grecia e, in particolare, di Internet a banda larga nelle scuole e nelle organizzazioni pubbliche nelle zone remote, insulari o di montagna. Inoltre, i fondi di coesione in Grecia rendono possibili progetti per l’acquisizione di attrezzature informatiche nelle scuole o nelle organizzazioni pubbliche nelle zone remote, insulari o di montagna.

Come sapete, la Grecia ha iniziato a realizzare un grande progetto per estendere l’accesso alla banda larga in quelle regioni circostanti Atene e Salonicco che non dispongono ancora della connessione e che, in circostanze normali, non la otterrebbero.

Il governo greco ha, inoltre, lanciato il progetto DIODOS, che ha creato una rete educativa via Internet ad alta capacità, grazie alla quale alcuni fornitori di accesso a Internet offrono servizi Internet avanzati a centri di ricerca, alle comunità scientifiche e ai centri di istruzione a tariffe che dovrebbero essere inferiori del 50 per cento rispetto ai prezzi correnti al dettaglio.

Saprete anche che la Commissione si sta impegnando a fondo per colmare il divario digitale. Per questo motivo l’Esecutivo ha di recente pubblicato una comunicazione su come colmare il divario nella banda larga, in cui si evidenzia il forte impegno a garantire l’accesso alla banda larga a tutti gli europei tramite politiche, aiuti finanziari e strumenti normativi. Tra questi, figurano i Fondi strutturali, ma anche – e questa è una novità – i fondi per lo sviluppo rurale, nel pieno rispetto delle norme in materia di aiuti di Stato. La comunicazione propone un’azione volta a potenziare le attuali politiche, le strategie nazionali per la banda larga e a intensificare gli scambi delle migliori prassi tramite un sito web. Riteniamo che sia molto importante che le regioni capiscano cosa hanno fatto le altre regioni, per vedere cosa potrebbero copiare o adattare alle loro specifiche esigenze. A questo proposito, auspichiamo che molti dei problemi che persistono in alcune regioni, e specialmente in Grecia, possano essere gradualmente risolti.

 
  
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  Stavros Arnaoutakis (PSE).(EL) Signor Presidente, desidero ringraziare la signora Commissario per la risposta che mi ha pienamente soddisfatto. In particolare, desidero ringraziarla anche per avere visitato Cipro e l’ENISA, contribuendo così a risolvere numerosi problemi nell’interesse dell’organizzazione. A nome della Grecia e di Cipro la ringraziamo per la sua visita a Heraklion.

 
  
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  Viviane Reding, Membro della Commissione. – (EN) Oltre ad essere un’isola meravigliosa, Creta è anche una regione che si sta impegnando per colmare il divario nella banda larga e so che l’onorevole deputato sta contribuendo, nella sua funzione di rappresentante di Creta, a realizzare questo obiettivo. Qualsiasi aiuto possiamo fornire, deve necessariamente passare per il governo greco perché, nel caso dei Fondi strutturali o per lo sviluppo rurale, è il governo a dover prendere l’iniziativa. La Commissione è disposta a offrire il suo aiuto, in modo tale che l’ampio divario che ancora esiste nelle aree non urbane della Grecia possa essere ridotto.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE).(EN) Desidero ringraziare la signora Commissario. In Irlanda le scuole se la passano meglio e gli studenti stanno bene finché sono a scuola. Quando sono a casa, invece, la situazione è molto triste: il 25 per cento della popolazione non può accedere alla banda larga. La Commissione ha riflettuto seriamente su come colmare il divario con le nuove tecnologie, come WiMAX, sebbene ciò richieda la presenza dello spettro e delle frequenze? Ci avete pensato e avete una risposta? Molti dei miei elettori non riescono ad avere accesso alla banda larga e gli studenti sono privati di questa tecnologia quando rientrano a casa.

 
  
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  Viviane Reding, Membro della Commissione. – (EN) E’ chiaro che esistono diverse tecniche e tecnologie per colmare il divario nella banda larga. La Commissione è sempre stata molto coerente affermando che abbiamo bisogno della neutralità tecnologica. Non possiamo privilegiare una tecnologia rispetto a un’altra e a volte la soluzione migliore è una miscela di tecnologie. Le fibre non sempre sono la risposta migliore; a volte i satelliti possono essere più efficaci. Nei paesi nordici, ad esempio, dove molti sono i problemi geografici e relativi alle distanze, la soluzione è stata trovata con un mix di più tecnologie. So dalle statistiche sulle scuole con l’accesso a Internet a banda larga che l’Irlanda non se la passa benissimo. Il che è stupefacente perché so che l’istruzione sulle nuove tecnologie in Irlanda è molto sviluppata. Spero, quindi, che il divario nella banda larga in Irlanda possa essere colmato e che in futuro tutte le scuole possano raggiungere il mondo grazie alle nuove tecnologie.

 
  
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  Malcolm Harbour (PPE-DE). – (EN) Sono lieto che la signora Commissario, nella sua prima risposta, abbia reiterato l’importanza di sostenere la concorrenza e gli obblighi di accesso nel quadro sulla realizzazione della banda larga. Mi chiedo se possa confermare a quest’Assemblea che resisterà alle richieste di una tolleranza normativa da parte di taluni operatori e anche di certe autorità di regolamentazione per alcuni livelli di investimento nella banda larga. In secondo luogo, sapendo che la signora Commissario e il sottoscritto la settimana prossima saranno al forum mondiale sulla governance di Internet, può confermare che si unirà a noi nel promuovere le virtù della concorrenza su scala mondiale per aumentare il livello di connessione alla banda larga in tutto il mondo e ridurre i costi?

 
  
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  Viviane Reding, Membro della Commissione. – (EN) Posso rispondere in modo affermativo a entrambe le domande. La prima risposta è molto chiara. Non permetterò tolleranze normative, nemmeno nei grandi paesi, perché queste vanno contro gli interessi dei nostri cittadini, che hanno accesso a un solo provider senza concorrenza. Ciò porterebbe a prezzi elevati e non è nell’interesse del settore in generale. Quindi mi batterò contro le tolleranze normative.

Anche la seconda risposta è affermativa. La settimana prossima sarò ad Atene alla conferenza mondiale sulla governance di Internet. Mi incontrerò con parlamentari e sono lieta che il Parlamento europeo invii una delegazione a questa importante conferenza, perché lì si dovrà sentire la voce dei cittadini europei.

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 45 dell’onorevole Jim Higgins (H-0855/06):

Oggetto: Registro europeo dei nomi a dominio

Potrebbe la Commissione confermare quante domande per i nomi a dominio ".eu" sono state presentate a EURid fino all’inizio del periodo Sun-Rise 2? Di tutte le domande quale è la media del tasso di rifiuto UE (in percentuale) e più in particolare il tasso di rifiuto per i richiedenti irlandesi? Potrebbe la Commissione fornire un parere che spieghi la ragione della differenza tra le cifre della media UE e le cifre per i richiedenti irlandesi? È la Commissione al corrente del fatto che il conservatore non ha fornito i registri irlandesi dei mezzi necessari per soddisfare pienamente la procedura di domanda? Nel caso concordi sul fatto che l’informazione non era disponibile, ritiene che il metodo ADR sarebbe un metodo giusto per correggere i problemi incontrati dai richiedenti irlandesi? Infine, considera la Commissione che tutta l’informazione necessaria sia ora resa disponibile ai registri da parte del conservatore?

 
  
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  Viviane Reding, Membro della Commissione. – (EN) Posso rispondere all’onorevole deputato che Higgins: secondo i dati del registro, il numero delle domande presentate durante il periodo Sun-Rise è stato 346 218, di cui 181 306 depositate durante la prima fase e 164 912 durante la seconda.

L’attuale tasso di rifiuto delle domande provenienti dall’Irlanda è pari al 46 per cento, mentre il tasso di rifiuto globale a livello comunitario è del 34 per cento. La tabella completa con l’analisi di tutte le domande per diritto di priorità e per paese del richiedente è consultabile sul sito web del registro.

Il tipo di prova documentale che un richiedente deve fornire dipende dal diritto nazionale dello Stato membro in cui viene stabilito il diritto di priorità. Ci sono differenze enormi tra i sistemi giuridici degli Stati membri; queste differenze si riflettono sulle modalità più o meno complesse necessarie per dimostrare l’esistenza di un diritto di priorità. Tale situazione si traduce in un tasso più o meno alto di rifiuto delle domande in alcuni paesi come l’Irlanda.

Per quanto riguarda il problema di stabilire se il registro abbia fornito o meno i conservatori irlandesi degli strumenti per soddisfare pienamente la procedura di domanda, la Commissione non è al corrente di alcuna specifica discriminazione a tale riguardo. A partire dall’ottobre 2005 – ovvero due mesi prima che fosse avviato il periodo Sun-Rise – il registro ha pubblicato sul proprio sito e in tutte le lingue ufficiali una descrizione dettagliata di tutte le misure tecniche e amministrative riguardanti le procedure di registrazione. Questa informazione, tra l’altro, è ancora disponibile in linea per tutte le parti interessate. Durante quello stesso periodo, il registro ha anche istituito un call center da cui i richiedenti hanno potuto ottenere risposte rapide alle proprie domande nelle 20 lingue ufficiali.

Per quanto riguarda la procedura alternativa di risoluzione delle controversie, la sua finalità consiste nel risolvere tempestivamente le controversie fra i titolari del nome di dominio su questioni come il cybersquatting o i diritti di proprietà intellettuale, nonché riguardo a singole decisioni del registro. Se un richiedente irlandese pensa di rientrare in una di queste due categorie, la Commissione è dell’avviso che la procedura alternativa di risoluzione delle controversie sia senz’altro un metodo equo per ovviare al problema.

Concludendo, la Commissione ritiene che i dati resi disponibili dal pubblico registro siano sufficienti ai richiedenti e ai conservatori per procedere alla registrazione di nomi di dominio durante e dopo il periodo di registrazione.

 
  
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  Jim Higgins (PPE-DE). – (EN) Signora Commissario, la ringrazio per la risposta. Nonostante la nostra performance su banda larga, fa piacere sentire la Commissione ammettere quanto è avvenuto in Irlanda e in Irlanda del Nord riguardo al roaming, che spero servirà da esempio per altri paesi.

Nella sua risposta, il Commissario Reding ha risolutamente criticato i governi nazionali per le loro normative inadeguate. Questo è vero non solo per l’Irlanda, ma anche per il Regno Unito. Patrik Lindén, responsabile delle comunicazioni di EURid, lo ha affermato molto recisamente. Riferirò il suo messaggio e di certo spiegherò che, se a livello nazionale e locale abbiamo accumulato ritardo rispetto al resto d’Europa, la responsabilità spetta in gran parte al nostro governo e alla nostra normativa.

 
  
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  Viviane Reding, Membro della Commissione. – (EN) Conformemente al quadro giuridico stabilito per il registro del dominio “.eu”, non spetta alla Commissione decidere come interpretare la legge nazionale per quanto riguarda la convalida dei diritti di priorità. Tale compito è stato assegnato all’agente di convalida scelto dal registro, PriceWaterhouse Coopers. Questo è un fatto.

Il secondo fatto è che si è anche deciso, in collaborazione col Parlamento, di osservare la legislazione nazionale in tal senso; e poiché esistono enormi differenze tra le normative nazionali, non è mia intenzione sostenere che una è migliore dell’altra. Il diritto nazionale è legato alle abitudini nazionali, alla diversità culturale dei nostri paesi, per cui spetta ai governi nazionali cambiare questa legge o lasciarla nella sua forma attuale.

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 46 dell’onorevole Sarah Ludford (H-0784/06):

Oggetto: Commercio equo e solidale

Nella risposta data alla relazione del Parlamento europeo su commercio equo e sviluppo nel mese di luglio, la Commissione ha sottolineato che l’Unione europea necessita di un quadro operativo coerente e collegiale sul commercio equo e ha iniziato a riflettere sulla maniera in cui la Commissione potrebbe sostenere i diversi regimi di certificazione e garanzia e aiutare i consumatori a conseguire un’informazione precisa e trasparente. Quali sono le conclusioni ulteriori su una politica UE di sostegno al commercio equo e solidale?

In particolare, mentre per i prodotti alimentari si sono attuati regimi avanzati di distribuzione ed etichettatura per il commercio equo, questo non si è verificato per i prodotti di abbigliamento. Si constata per esempio che le donne del Bangladesh lavorano talvolta settimane di 80 ore in impianti tessili per un salario di appena 10 euro al mese, nella produzione di abiti da vendere nelle strade centrali dell’Unione europea a prezzi molto bassi. Come intende la Commissione cooperare con le ONG nel lavoro di fissare per il commercio equo e solidale norme internazionali e di certificazione per i prodotti di abbigliamento?

 
  
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  Peter Mandelson, Membro della Commissione. (EN) Il commercio equo e solidale ha compiuto enormi progressi grazie all’offerta di prodotti certificati negli scaffali dei supermercati e nelle tradizionali abitudini e pratiche di consumo. Non si può dire lo stesso per quanto riguarda i prodotti artigianali e i capi d’abbigliamento. La Commissione esaminerà, nell’ambito del seguito da dare alla relazione del Parlamento, l’opportunità di intervenire in questo ambito.

Quando a luglio ho affermato in Parlamento che “per combattere la povertà e promuovere lo sviluppo occorre un quadro politico coerente ed equo”, non mi riferivo soltanto al commercio equo e solidale – pur riconoscendo il prezioso ruolo che svolgeva la relazione sul commercio equo e solidale e lo sviluppo. Pertanto, sebbene la Commissione stia esaminando le modalità per trarre ulteriori vantaggi dal movimento commercio equo e solidale, è possibile adottare una serie di misure più ampie.

In cooperazione con i paesi in via di sviluppo, possiamo promuovere condizioni di lavoro dignitose e norme internazionali di lavoro, nonché l’interazione tra lavoro dignitoso e altre politiche. Il nuovo programma tematico che riguarda l’investimento sulle persone, che contempla campagne di sensibilizzazione, formazione professionale, condivisione di informazioni e lo sviluppo di una serie di indicatori atti a controllare i progressi compiuti, costituirà uno strumento importante.

Lo stretto legame tra condizioni di lavoro dignitose e riduzione della povertà appare sempre più evidente nell’Unione europea. Nel “Consenso europeo sullo sviluppo” – un documento pubblicato nel 2005 – l’occupazione e la coesione sociale vengono riconosciute come una delle nove aree dell’azione comunitaria. Occupazione, condizioni di lavoro dignitose e coesione sociale sono aspetti essenziali anche della strategia UE-Africa.

La Commissione, nel maggio 2006, ha adottato una comunicazione sul lavoro dignitoso per tutti, che sarà presentata a dicembre durante la Conferenza della Commissione sul lavoro dignitoso e la globalizzazione, in cui le questioni verranno affrontate nell’ambito di un quadro globale.

Stiamo inoltre contribuendo all’adozione di norme e standard internazionali applicabili a tutti i prodotti, tra cui quelli tessili, attraverso le attività in corso relative al commercio a livello regionale e bilaterale. Un esempio di ciò è un programma di sostegno alla qualità in Bangladesh, che riguarda il miglioramento delle norme di qualità, della metrologia e dei sistemi di accreditamento nel paese volto ad aiutare i laboratori nazionali a garantire il riconoscimento multilaterale e regionale e l’accettabilità dei certificati di valutazione della conformità. Inoltre, l’Istituto del Bangladesh per la valutazione e la normazione sarà rafforzato nella sua capacità di base quale ente preposto all’elaborazione di norme e competente per il settore della metrologia.

Il programma offrirà al Bangladesh gli strumenti per far fronte ai requisiti di carattere multilaterale, nonché a rafforzare la competitività del comparto delle esportazioni. Il progetto mira a creare partenariati tra il settore pubblico e quello privato, a promuovere in particolare la conoscenza dei sistemi di gestione ambientale e della qualità, e delle norme sociali – le aziende certificate ISO 14 000 e SA 8000 sono aumentate –, nonché a potenziare l’associazione dei consumatori, attraverso la quale esercitare pressione per procedere al cambiamento e al controllo.

 
  
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  Sarah Ludford (ALDE).(EN) La ringrazio per la risposta, signor Commissario. Concordo pienamente riguardo al fatto che il commercio e lo sviluppo pongono questioni di ampia portata e non si limitano al solo commercio equo e solidale. Tuttavia, gradirei anche sentire dalla Commissione che verrà fornito un sostegno specifico per lo sviluppo di criteri chiari atti a valutare i programmi di assicurazione del commercio equo e solidale. Desidero inoltre che l’Esecutivo rifletta sugli eventuali interventi volti a migliorare la trasparenza dei prezzi, affinché i consumatori possano verificare se i supermercati applicano il prezzo maggiore garantito per il commercio equo, nonché sapere che se comprano un vestito da dieci sterline o quindici euro, il loro acquisto potrebbe andare a scapito di condizioni di vita dignitose per i lavoratori del settore tessile.

 
  
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  Peter Mandelson, Membro della Commissione. – (EN) Sono d’accordo con quanto suggerito dall’onorevole deputato. Ritengo che l’informazione dei consumatori, il potere dei consumatori in tale contesto, sia effettivamente fondamentale. Il commercio equo e solidale si basa sui consumatori che sono venuti a conoscenza delle difficoltà incontrate dai produttori poveri e desiderano fare qualcosa al riguardo. Possiamo contribuire principalmente aiutando i consumatori ad avere ben chiaro ciò che è in offerta, ma stiamo valutando opportunità per sostenere il movimento del commercio equo e solidale una volta che avrà avanzato richieste specifiche. Attendo con interesse di esaminarle per poter valutare quali ulteriori misure intraprendere al fine di sostenere tale movimento nelle settimane e nei mesi a venire.

 
  
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  Paul Rübig (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, il commercio equo e solidale non riguarda unicamente l’industria tessile, ma anche quella dell’energia. Le imprese ad alta intensità energetica della Russia vengono rifornite di petrolio al prezzo di 8 dollari al barile, e il gas è disponibile ad un prezzo fortemente competitivo. In quest’ottica, come giudica le possibilità di sopravvivenza delle nostre imprese a elevato impiego di energia, e quali ripercussioni ritiene che ciò avrà sull’adesione della Russia all’OMC?

 
  
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  Peter Mandelson, Membro della Commissione. – (EN) Si tratta di un argomento interessante, che senza dubbio si allontana di gran lunga dall’oggetto dell’interrogazione iniziale che mi è stata rivolta, e infatti probabilmente ne esula quasi del tutto. Nonostante ciò lo trovo affascinante.

Ritengo che il modo migliore per progredire, rafforzare, approfondire, rendere più soddisfacente il rapporto in termini di domanda e offerta di energia tra Europa e Russia sia, prima di tutto, sollecitare la Russia ad adottare altre e più trasparenti politiche di libero transito disciplinate dalle regole in materia di scambi a livello mondiale. Non vedo il motivo per cui i beni attinenti all’energia non debbano essere soggetti alle regole sul commercio mondiale al pari di qualsiasi altra merce. Tuttavia, ritengo anche che il modo migliore per potenziare i rapporti tra Russia e Unione europea in materia di energia sia inserire tali relazioni in una serie più ampia di negoziati e accordi sul commercio, al fine di dare vita all’integrazione dell’economia russa ed europea determinata da regole di mercato eque e trasparenti, nonché da norme e standard stabiliti.

E’ in tale contesto che auspico di perseguire tale obiettivo nell’ambito di negoziati commerciali più ampi cui spero si darà avvio dopo l’adesione della Russia all’OMC.

 
  
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  Philip Bushill-Matthews (PPE-DE).(EN) Signor Commissario, uno degli ostacoli principali allo sviluppo del commercio equo e solidale è costituito dal tentativo occasionale messo in atto da altri paesi di vendere prodotti sottocosto sui mercati europei, e le calzature non sono altro che l’ultimo esempio. Il mio quesito non riguarda la correttezza o meno della decisione sulle calzature, ma il processo da cui è scaturita tale decisione. Sono venuto a conoscenza che 12 paesi hanno votato contro, 9 hanno votato a favore e 4 si sono astenuti. Signor Commissario, potrebbe esprimere un’opinione sulla logica di questo processo?

 
  
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  Peter Mandelson, Membro della Commissione. (EN) Credo che l’onorevole parlamentare si sia ora offerto spontaneamente di tornare in questa Aula e prendere parte al nostro dibattito, intorno a mezzanotte o poco dopo, sulla relazione Moscardini di questo Parlamento, concernente misure di difesa commerciale. Di certo auspico di vederlo domattina presto nel corso della discussione in questione. Purtroppo non figura nell’elenco dei partecipanti, per cui vorrà senza dubbio essere presente per ascoltare e seguire il dibattito dando impulso ai temi in altro modo.

Rispondo brevemente alla sua domanda ricordando che il nostro compito nella Commissione è far rispettare le regole, sia che si tratti delle regole dell’OMC che delle nostre norme comunitarie. Dovremmo farlo in maniera obiettiva e trasparente; tuttavia, come ho affermato in precedenti occasioni, sono fermamente convinto che coloro tra noi che credono nel libero commercio dovrebbero, ogniqualvolta necessario, sostenere il commercio equo e solidale; e tale approccio si rifletterà nel Libro verde che riesaminerà l’uso delle misure di difesa commerciale nella Comunità e che sarà pubblicato nei prossimi mesi. Attendo con fiducia di potermi impegnare con lei, di ascoltare le sue opinioni e i suoi contributi al dibattito relativo al Libro verde.

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 47 dell’onorevole Seán Ó Neachtain (H-0790/06):

Oggetto: Negoziati sul commercio mondiale

Può la Commissione fare una dichiarazione completa e precisa sulla situazione attuale dei negoziati sul commercio mondiale?

 
  
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  Peter Mandelson, Membro della Commissione. (EN) Il 5 settembre 2006, ho pronunciato una dichiarazione completa ed esaustiva dinanzi al Parlamento sullo stato di avanzamento dell’agenda di sviluppo di Doha. Mi rincresce affermare che non si sono registrati particolari sviluppi da allora; i negoziati sono ancora sospesi.

Tuttavia, è importante rilevare che da allora, sia al Vertice dei G-20 di Rio, a cui ho partecipato, che al Vertice del Cairns Group in Australia, in cui ero rappresentato, tenutisi entrambi a settembre, tutti gli attori fondamentali delle trattative hanno ribadito il loro impegno nei confronti del Doha Round e la loro volontà di riprendere i negoziati appena le circostanze politiche lo permettano. Nondimeno, verranno presi ulteriori provvedimenti al fine di rilanciare la DDA. Tutte le parti dovranno dimostrare flessibilità e realismo e avanzare proposte che rappresentino sforzi effettivi in tutti i settori nel quadro dei negoziati.

Esiste una finestra esigua di opportunità per riprendere le trattative tra le elezioni americane di metà mandato del 7 novembre e l’inizio della primavera 2007, quando il Congresso statunitense inizierà i lavori relativi alla nuova legge sull’agricoltura.

Sono andato a Washington a fine settembre per esplorare la posizione americana riguardo all’agenda di sviluppo di Doha, per sondare le politiche statunitensi del Congresso in materia e spiegare il nostro punto di vista. Ho incontrato responsabili politici del governo, diverse autorità di regolamentazione centrali del Congresso, e gruppi locali quali il National Farm Bureau e la National Association of Manufacturers.

La situazione politica degli Stati Uniti appare difficile. Tuttavia, i miei contatti con l’Amministrazione mi hanno fatto ben sperare, in quanto vi ho percepito una volontà reale di concludere il Round nel corso del mandato del Presidente Bush, sebbene questo richiederà l’impiego di notevole capitale politico, anche per ottenere la proroga del Congresso dell’autorità competente per la promozione del commercio del Presidente, la Trade Promotion Authority.

Pertanto, nelle prossime settimane la nostra strategia dovrà chiarire le condizioni politiche per il rinnovo delle consultazioni e preparare il terreno per il movimento – che manca di nuove proposte. Inoltre, i nostri obiettivi rimangono saldamente radicati al mantenimento delle questioni relative allo sviluppo, per il momento nel contesto dell’impresa unica.

Se l’agenda di sviluppo di Doha dovesse fallire, o se la sospensione si protrarrà per un periodo di tempo eccessivamente lungo, il mio giudizio definitivo è che andiamo incontro a seri rischi politici ed economici. Nella DDA sussistono molte proposte in termini di riduzione delle sovvenzioni all’agricoltura, riduzioni delle tariffe sui prodotti agricoli ed industriali, norme migliori e sviluppo, per cui sarebbe una grave perdita nel caso in cui le trattative dovessero arenarsi. Non dobbiamo sottovalutare le ampie implicazioni strutturali di un fallimento del sistema multilaterale nel suo insieme. L’agenda di sviluppo di Doha deve pertanto continuare a essere la nostra principale area di attenzione – come sarà – e l’UE intende ed è pronta a ritornare al tavolo dei negoziati dell’OMC in tempi realisticamente più brevi possibili.

 
  
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  Seán Ó Neachtain (UEN).(EN) Le ho ribadito spesso in quest’Aula che il 5 per cento del commercio mondiale è quello relativo ai prodotti agricoli e che il 95 per cento è bloccato dal 5 per cento dei negoziati sul commercio equo e solidale. Non sarebbe opportuno rimuovere tale blocco? Non è forse giunto il momento, signor Commissario, di procedere con la maggior parte del commercio mondiale e occuparsi separatamente dell’agricoltura?

Se concedete maggiore sostegno all’agricoltura europea, sarete venuti meno all’accordo che gli Stati membri hanno stipulato riguardo alle sovvenzioni e al sostegno a tale settore. Pertanto, non è forse ora di occuparsi della stragrande maggioranza del commercio mondiale e lasciare da parte quello agricolo?

 
  
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  Peter Mandelson, Membro della Commissione. (EN) Non mi è possibile accogliere questo punto di vista, poiché ritengo che abbiamo un chiaro impegno, per ragioni obiettive e perché era previsto dal mandato di Doha originale, che stabiliva di attuare una ristrutturazione del commercio agricolo concordata e negoziata.

Siamo tenuti a farlo in quanto la riforma dell’agricoltura è rimasta indietro rispetto ai progressivi cambiamenti che hanno interessato il resto del sistema degli scambi internazionali, e che hanno avuto un impatto favorevole e vantaggioso sulle tariffe industriali. Nel caso dell’agricoltura, invece, si beneficia, in via eccezionale, di un sistema di sostegno agricolo e, in alcuni casi, di sovvenzioni all’esportazione che crea notevoli distorsioni negli scambi.

Grazie alle nostre riforme in Europa stiamo ponendo rimedio all’impatto della distorsione degli scambi imputabile ai nostri meccanismi di sostegno agricolo. Non è questo il caso, soprattutto negli Stati Uniti. Ritengo importante non abbandonare questo ciclo senza avere esaurito ogni possibilità di giungere alla progressiva riforma del sostegno agricolo e del commercio che si rivelerà oltremodo vantaggiosa per i paesi in via di sviluppo.

 
  
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  David Martin (PSE).(EN) Signor Commissario, è preoccupato che la pletora di accordi commerciali bilaterali – e non mi riferisco solo agli accordi bilaterali sul commercio dell’Unione – che si sta sviluppando attualmente rappresenti una minaccia per il rilancio delle consultazioni dell’OMC?

 
  
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  Peter Mandelson, Membro della Commissione. (EN) Non credo si tratti di una minaccia, ma sono consapevole del rischio di una deviazione dell’energia e della capacità negoziale. Ci sono sempre scelte da parte di paesi e negoziatori diversi riguardo a quale forma di accordo prediligere, quello multilaterale o bilaterale. Tuttavia, mi ritengo pienamente soddisfatto che, considerata la natura a lungo termine dei negoziati che stiamo avviando e la serie evidente di iniziative che intendiamo intraprendere, non esistano circostanze in cui permetterei che i nostri sforzi negoziali e l’impegno nei confronti dell’OMC vengano sminuiti o pregiudicati da una ricerca di accordi bilaterali di libero scambio.

 
  
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  Georgios Papastamkos (PPE-DE).(EL) Signor Presidente, desidero formulare un’osservazione e porre una domanda.

L’insistenza dei partner commerciali terzi nei negoziati agricoli continua a suscitare sorpresa, considerata la quantità esigua di prodotti agricoli commerciati a livello mondiale.

Signor Commissario, ritiene che le economie emergenti siano davvero disposte in questo ciclo di negoziati a contribuire con impegni sostanziali riguardo ai prodotti e ai servizi industriali o queste ultime prevedono semplicemente di usufruire in maniera unilaterale dei vantaggi provenienti dai paesi industrializzati?

 
  
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  Peter Mandelson, Membro della Commissione. (EN) Ritengo che dal punto di vista economico le economie emergenti possano senza dubbio accettare il genere di richieste che stiamo avanzando, non solo perché sono tenute a contraccambiare in forma analoga e proporzionale, poiché questo è il principio su cui si basano il sistema del commercio mondiale e i relativi negoziati, ma anche perché ne trarrebbero vantaggio. Beneficerebbero della progressiva apertura dei loro settori industriali grazie a una ragionevole riduzione delle tariffe industriali applicate. Sottolineo “applicate” in quanto i dazi consolidati verranno abbassati. In molti casi nelle economie emergenti si stanno già riducendo in maniera autonoma. Non sottovaluto il vantaggio complessivo per l’economia mondiale nel suo complesso, nonché per noi in Europa, derivante dal consolidarsi di tali riduzioni autonome delle tariffe mediante un aumento graduale tale da impedire l’inversione del processo di liberalizzazione.

Ritengo che i nostri partner negoziali abbiamo compreso che, a prescindere dall’economia, la politica impone reciprocità, flessibilità e cambiamenti nel settore dei servizi e delle tariffe industriali se desideriamo essere in grado di dimostrare chiaramente ai nostri elettori la presenza concreta di un ritorno utile per le enormi spese che stiamo sostenendo nell’ambito di questo ciclo al fine di giungere a una conclusione positiva dei negoziati.

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 52 dell’onorevole Bernd Posselt (H-0807/06):

Oggetto: Introduzione dell’euro in Svezia

Quali misure intende adottare la Commissione per indurre finalmente la Svezia a introdurre l’euro, conformemente agli obblighi assunti da questo paese nel quadro del Trattato?

Come si ripercuote l’esempio negativo della Svezia sui dibattiti in materia in corso in Polonia e nella Repubblica Ceca?

 
  
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  Joaquín Almunia, Membro della Commissione. (ES) La Svezia è attualmente uno degli undici Stati membri con deroghe per quanto riguarda l’adozione della moneta unica. Gli Stati membri con deroghe sono tenuti ad adottare l’euro quale propria valuta, e a tal fine devono adoperarsi per soddisfare i criteri di convergenza stabiliti nel Trattato, il quale, tuttavia, non stabilisce per gli Stati membri limiti di tempo precisi entro i quali rispettare tale obbligo.

Nella relazione sulla convergenza del 2004, la Commissione era pervenuta alla conclusione che la Svezia soddisfaceva il criterio di stabilità dei prezzi, il criterio relativo alla situazione del bilancio pubblico e il criterio sulla convergenza dei tassi di interesse a lungo termine. Tuttavia, nello stesso documento, la Commissione aveva concluso che la Svezia non soddisfaceva il criterio relativo al tasso di cambio, che richiede al paese in questione di rimanere nei normali margini di fluttuazione stabiliti dal meccanismo di cambio del sistema monetario europeo senza gravi tensioni e per almeno due anni prima della valutazione.

Inoltre, nella relazione sulla convergenza del 2004, la Commissione aveva rilevato che la legislazione svedese non era pienamente compatibile con gli articoli 108 e 109 del Trattato. Alla luce di tale valutazione, la Commissione ha concluso che non era necessario modificare lo status della Svezia quale Stato membro con deroga in questo settore.

In conformità di quanto previsto dal Trattato, la Commissione e la Banca centrale europea pubblicheranno la prossima relazione sulla convergenza entro fine anno. I nuovi Stati membri si sono impegnati ad adottare l’euro appena si conformeranno con i criteri stabiliti nel Trattato. A questo proposito, la Slovenia entrerà a far parte della zona dell’euro il 1° gennaio 2007. Cipro e Malta desiderano aderire il 1° gennaio 2008 e la Slovacchia il 1° gennaio 2009, e altri Stati membri, che avevano fissato in precedenza obiettivi specifici, li stanno modificando.

In ogni caso, come ho ricordato inizialmente, ad eccezione di due Stati membri cui si applica la clausola opt-out, Regno Unito e Danimarca, gli altri membri dell’Unione europea che devono ancora introdurre la moneta unica, e per i quali è in atto la deroga, sono tenuti ad adottarla e ad adoperarsi per soddisfare i criteri, ma non esiste una data entro la quale conformarsi a tali parametri.

 
  
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  Bernd Posselt (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, gradirei ricevere ancora due informazioni, piuttosto specifiche.

In primo luogo, vorrei sapere se la Commissione, quando uno Stato membro quale la Svezia, in assenza di accordi previsti dai Trattati, evita di introdurre l’euro, per anni, intende avviare azioni legali nei confronti del paese, per esempio, portandolo dinanzi alla Corte di giustizia europea, o se intende consentire che il problema permanga per altri venti anni.

In secondo luogo, desidero sapere cosa accade in Polonia, Repubblica ceca, e Ungheria. Ci sono segnali che dimostrano che tali paesi – in particolare l’Ungheria – stiano realmente facendo qualcosa?

 
  
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  Joaquín Almunia, Membro della Commissione. (ES) Onorevole Posselt, non dobbiamo fare confusione tra l’obbligo a prepararsi per l’adozione della moneta unica e le azioni che la Commissione e il Consiglio possono avviare – e stanno in effetti avviando – nei confronti degli Stati membri che non rispettano le disposizioni del Trattato, in materia di disciplina di bilancio, per esempio, come nel caso dell’Ungheria e di altri Stati membri.

I lavori preparatori per l’introduzione della moneta unica riguardano la disciplina di bilancio, ma anche la stabilità dei tassi di cambio e lo sviluppo dei tassi di interesse, che vengono decisi dai mercati in base alla situazione economica degli Stati membri. Essi implicano inoltre riforme giuridiche che devono conformare lo status della banca centrale dello Stato membro in questione alle norme stabilite nel Trattato per il Sistema europeo delle banche centrali, e riguardano lo sviluppo dell’inflazione.

Pertanto, i fattori per soddisfare i criteri per l’adozione della moneta unica dipendono in parte dalle decisioni politiche direttamente adottate dai governi o dai parlamenti degli Stati membri, e in parte da fattori che non sempre sono sotto il controllo degli Stati membri. Di conseguenza, sebbene in teoria sarà possibile in futuro applicare procedure di infrazione nei confronti degli Stati che non avviano i lavori preparatori, attualmente non lo riteniamo necessario né auspicabile.

 
  
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  Danutė Budreikaitė (ALDE). (LT) Signor Commissario, se una nazione ricca e solida dal punto di vista economico quale la Svezia non è in grado di introdurre l’euro, non posso fare altro che mettere in dubbio il futuro del progetto dell’area dell’euro. Appare evidente che la maggior parte dei membri della zona dell’euro non riescono a soddisfare uno o più di uno dei criteri di Maastricht. Per esempio, la Lituania non ha soddisfatto il criterio dell’inflazione dello 0,07 per cento.

Quale ritiene sarà lo sviluppo dell’area dell’euro in futuro? Secondo alcune previsioni, l’euro scomparirà nell’arco di 15 anni. Quali misure preventive andrebbero intraprese?

 
  
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  Joaquín Almunia, Membro della Commissione. (ES) Onorevole Budreikaitė, non credo che il futuro dell’euro sia in discussione. Assolutamente. A pochi anni di distanza dal suo avvio, nel 1999, e cinque anni dopo che più di 300 milioni di persone ne hanno disposto per la prima volta sottoforma di moneta e banconote, l’euro è al momento una realtà che chiunque ne faccia uso considera un successo.

A mio parere, pertanto, la questione non verte sul futuro dell’euro, ma sulle conseguenze che potrebbero subire un domani i paesi che non si stanno preparando adeguatamene ad adottare l’euro. Questo è il vero problema. Ogniqualvolta vengo in contatto con le autorità dei paesi che introdurranno l’euro in futuro, ma che non hanno ancora soddisfatto i criteri stabiliti nel Trattato, li esorto a mettere in atto una strategia credibile ed efficace per conformarsi a tali parametri e adottare la moneta unica.

Da alcuni anni godiamo di abbondante liquidità nei mercati finanziari, i tassi di interesse sono bassi e si sta affievolendo in Europa il ricordo di crisi monetarie e tassi di cambio volatili. Tuttavia, non c’è alcuna garanzia che le situazioni di cui siamo stati testimoni in passato, prima dell’avvento dell’euro, non riemergeranno in futuro. Auspichiamo che questo non avvenga, ma potrebbe accadere. Siamo stati testimoni dei vantaggi per 311 milioni di europei dovuti al fatto di avere una moneta unica, e anche dei vantaggi per tutti gli Stati membri dell’Unione grazie all’adozione della valuta unica da parte di dodici di loro.

Pertanto, ci sono ragioni più che sufficienti affinché gli Stati membri che non hanno ancora adottato l’euro si convincano ad avviare i preparativi e a prendere decisioni di politica economica volte al soddisfacimento di tali criteri e al rafforzamento di una valuta che, a sette anni dalla sua nascita, è già la seconda maggiore valuta mondiale.

 
  
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  Hélène Goudin (IND/DEM).(SV) In un referendum, i cittadini svedesi hanno rifiutato a grande maggioranza la partecipazione all’unione economica e monetaria. L’onorevole Posselt intende calpestare i risultati di una simile consultazione. Questo atteggiamento è incompatibile con una visione democratica del mondo. L’economia svedese non è stata danneggiata dal fatto che non abbiamo adottato la valuta unica.

Sollecito il signor Commissario a dichiarare il suo pieno sostegno al risultato del referendum svedese e a prendere le distanze dalla deplorevole e antidemocratica visione del mondo dell’onorevole Posselt.

 
  
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  Joaquín Almunia, Membro della Commissione. (ES) Onorevole Goudin, sono perfettamente a conoscenza che nel 2003 in Svezia si è svolto un referendum, e sono perfettamente a conoscenza del risultato ottenuto. Purtroppo l’esito è stato negativo, ma, al pari di tutti i membri di quest’Assemblea, l’onorevole deputato saprà che tutti gli Stati membri devono conformarsi al Trattato e che, sebbene l’esistenza di un referendum crei ovvie difficoltà politiche in termini di compatibilità con il Trattato, gli obblighi in esso stabiliti continuano tuttavia a persistere.

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 53 dell’onorevole Justas Vincas Paleckis (H-0823/06):

Oggetto: Adesione alla zona euro

Come è noto, tutti i nuovi Stati membri entrati nell’Unione europea nel 2004 si sono impegnati ad aderire all’Unione monetaria europea. L’anno scorso è stato rilevato che un numero sempre maggiore di nuovi Stati membri rinvia tale adesione a un futuro sempre più lontano e spesso non prevede nemmeno quando sarà in grado di soddisfare ai criteri di convergenza. È difficile negare che, a motivo del rapido sviluppo economico dei nuovi Stati membri, ci vorrà del tempo prima che possano essere soddisfatte talune condizioni stabilite nel quadro dei criteri di convergenza (per esempio il tasso di inflazione). Non è certo che, data la situazione, per ridurre l’inflazione sia indispensabile adottare misure artificiali rigorose che ostacolerebbero il processo economico.

I paesi candidati ad aderire alla zona euro apprezzano le consultazioni della Commissione, che aiutano gli Stati membri dell’UE a soddisfare quanto prima i criteri stabiliti per aderire all’Unione monetaria senza penalizzare i processi economici in atto in tali paesi. Può la Commissione indicare quali azioni supplementari intende adottare, accanto alle sue consultazioni, dato che risulta sempre più evidente che, per diversi motivi, taluni nuovi Stati membri potranno attuare le condizioni di adesione alla zona euro, se applicate rigorosamente, soltanto con un forte ritardo? Come valuta la Commissione le prospettive di un allargamento della zona euro nei prossimi anni? In che maniera potrebbe reagire qualora taluni nuovi Stati membri tentassero di differire l’introduzione dell’euro successivamente al 2013?

 
  
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  Joaquín Almunia, Membro della Commissione. (ES) Onorevole Paleckis, con la firma al trattato di adesione, i dieci Stati membri che hanno aderito all’Unione nel maggio 2004 hanno concordato di adottare l’euro appena avessero soddisfatto le condizioni necessarie. Tali paesi, e la Svezia, di cui abbiamo appena discusso, dovrebbero attuare politiche volte a garantire la conformità con tali condizioni. Tuttavia, come ho affermato nella risposta precedente, il trattato di adesione non stabilisce limiti di tempo per il conseguimento dell’obiettivo in questione.

Molti dei nuovi Stati membri hanno stabilito date di scadenza e adottato strategie per l’introduzione dell’euro, dando in tal modo una forma concreta al loro impegno politico attraverso solide politiche di convergenza.

La responsabilità dell’attuazione di tali piani programmatici spetta agli Stati membri, per i quali l’applicazione di politiche di stabilità contribuisce al raggiungimento di un obiettivo più ampio della semplice conformità ai criteri di convergenza per l’adozione della moneta unica. Tali politiche sono inoltre necessarie per garantire una crescita elevata e costante, nonché la stabilità finanziaria nel medio termine.

Nonostante la Commissione sostenga gli sforzi degli Stati membri con deroghe riguardo all’adesione alla zona dell’euro, non è possibile prevedere a quale ritmo avrà luogo l’allargamento di tale area. La Commissione ritiene che il raggiungimento di un alto grado di convergenza sostenibile, in conformità di quanto previsto dal Trattato, sia una condizione necessaria al fine di rendere un successo l’adozione dell’euro, sia per gli attuali membri dell’area che per quelli futuri.

 
  
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  Justas Vincas Paleckis (PSE).(EN) Ringrazio il signor Commissario per la sua risposta esaustiva. Lei si è recato di recente in Lituania, che ha sperimentato un tentativo infelice di introdurre l’euro dato che l’inflazione nel paese era attestata allo 0,07 per cento al di sopra dell’obiettivo stabilito. A suo parere, sarebbe auspicabile che la Lituania pensasse in futuro di entrare nell’area dell’euro autonomamente o insieme agli altri due Stati baltici, Lettonia ed Estonia?

 
  
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  Joaquín Almunia, Membro della Commissione. (ES) Onorevole Paleckis, quando, nel primo semestre dell’anno, la Lituania, in parallelo alla Slovenia, ha chiesto alla Commissione e alla Banca centrale europea di formulare un parere riguardante i loro livelli di conformità con i criteri stabiliti nel Trattato per l’adesione all’unione monetaria, la risposta della Commissione, in seguito sostenuta dal Consiglio, è stata purtroppo negativa nel caso della Lituania e positiva nel caso della Slovenia. Per quanto riguarda la Lituania è stata negativa poiché, all’epoca, il paese non soddisfaceva il criterio relativo all’inflazione.

Lei ha citato la differenza che esisteva in un particolare momento tra l’inflazione media della Lituania negli ultimi dodici mesi e il valore di riferimento, calcolato conformemente al protocollo al Trattato di Maastricht, con riferimento all’inflazione massima ammissibile per essere accolto quale nuovo membro della zona dell’euro. E’ vero che la differenza all’epoca era irrisoria, meno dello 0,1 per cento. Al momento, purtroppo, a pochi mesi di distanza dagli ultimi dati disponibili pubblicati da Eurostat relativi all’inflazione di settembre, l’inflazione media della Lituania negli ultimi dodici mesi risulta differire dal valore di riferimento dello 0,7 per cento; in soli pochi mesi si è moltiplicata per sette.

Come ho avuto modo di dire alle autorità lituane nella mia recente visita nel paese, ciò che conta ora non è discutere le piccole differenze del passato; dal mio punto di vista, non è neanche importante discutere in principio la data o le condizioni per l’accesso. Ciò che conta al momento per la Lituania, e per gli altri Stati membri che desiderano aderire all’area dell’euro nel più breve tempo possibile, è decidere quale strategia economica e quali misure, nell’ambito di una strategia di politica economica coerente, si dovranno adottare e attuare al fine di rispettare i criteri del Trattato.

Alla luce del fatto che l’inflazione media in Lituania si è allontanata sempre più dal valore di riferimento massimo, che attualmente è attestato al 2,8 per cento, ho esortato le autorità lituane a definire tale strategia e ho offerto ancora una volta la cooperazione della Commissione europea per lavorare insieme alle autorità di tale Stato membro al fine di individuare la strategia più adeguata, la più efficace, al fine di controllare l’inflazione senza pregiudicare l’eccellente crescita economica della Lituania o gli splendidi risultati che l’economia lituana sta conseguendo sotto molti altri aspetti.

Ritengo che non si tratti solo dell’atteggiamento della Commissione europea, ma anche di tutti gli Stati membri che auspicano che la Lituania rispetti le condizioni nel più breve tempo possibile e diventi un nuovo membro dell’area dell’euro, come accadrà alla Slovenia il 1° gennaio. Se alla Lituania si affiancheranno altri Stati membri, gli altri paesi baltici, la situazione sarà ottimale. Non possiamo cambiare le condizioni per valutare se le disposizioni del Trattato vengano o meno osservate, tuttavia, malgrado tutto desideriamo che la nostra valutazione di conformità con tali criteri risulti positiva.

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE-DE).(EN) Signor Commissario, ha accennato al fatto che la Slovenia entrerà a far parte dell’eurozona il 1° gennaio 2007, Malta e Cipro nel 2008, e la Slovacchia nel 2009. Nel corso della sua recente visita in Lituania, ha proposto una data definitiva entro cui il paese potrebbe entrare nella zona dell’euro? E ha già ricevuto dal governo un piano di azione, che contempli la lotta alla corruzione?

 
  
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  Joaquín Almunia, Membro della Commissione. (ES) L’unica data sicura è il 1° gennaio 2007 per la Slovenia, nonostante sia pur vero che, a giugno, il Consiglio europeo ha sostenuto la proposta della Commissione e il Consiglio ECOFIN ha confermato che la Lituania soddisfa quasi tutte le condizioni previste per l’adesione all’area dell’euro.

Ho ricordato nella mia risposta che Cipro e Malta desiderano entrare nell’area a partire dal 1° gennaio 2008, ma l’analisi e la valutazione di conformità con i criteri non sono tuttora state condotte. Nella mia risposta ho anche affermato che la Slovacchia desidera aderire alla zona dell’euro dal 1° gennaio 2009, e al momento opportuno dovremo valutare se soddisfa o meno le condizioni.

Nella nostra prossima relazione sulla convergenza, che sarà adottata dalla Commissione e presentata a quest’Assemblea in dicembre, valuteremo fino a che punto, in questo preciso momento, i paesi con deroga rispettano le condizioni. Tuttavia, gli Stati membri in questione devono soddisfare tali condizioni prima della data in cui intendono aderire all’area dell’euro.

Le autorità lituane avevano previsto una scadenza e ora devono stabilirne una nuova. Quando sono andato in Lituania a settembre, tale data non era ancora stata fissata. Dalle informazioni a mia disposizione, da allora non ne è ancora stata definita alcuna.

Ho insistito con le autorità lituane, e con le autorità di altri Stati che si trovano in una posizione analoga, affinché adottino una strategia prima della scadenza, in quanto, in assenza di una strategia, le date stabilite dovranno essere modificate nel tempo, dal momento che la decisione della data non è di per sé sufficiente per soddisfare i criteri necessari.

 
  
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  David Martin (PSE).(EN) Signor Commissario, sostengo pienamente quanto ha affermato riguardo al rispetto dei criteri di convergenza da parte dei paesi candidati. Tuttavia, non crede che sia alquanto frustrante per loro combattere per soddisfare tali parametri e, al contempo, assistere alla sistematica violazione degli obblighi da parte degli attuali Stati membri dell’area dell’euro? Sono a conoscenza del fatto che ha sollevato la questione con il Consiglio. Ma quali sforzi continuerete a compiere per garantire che gli attuali Stati membri della zona euro rispettino i loro obblighi giuridici?

 
  
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  Joaquín Almunia, Membro della Commissione. (ES) Onorevole Martin, comprendo la frustrazione dei candidati all’adozione della moneta unica la cui richiesta non ha avuto esito positivo perché, ad esempio, non rispettano il criterio relativo all’inflazione, quando, nel contempo, vedono che alcuni Stati membri dell’area dell’euro, che sono entrati a farne parte dal 1999 o dal 2001, sono tuttora membri nonostante non rispettino, in alcuni casi, il criterio relativo all’inflazione, in altri casi, il criterio concernente il disavanzo e, in altri ancora, il criterio del debito.

Nel caso degli Stati membri che non osservano i criteri relativi alla disciplina di bilancio – disavanzo e debito – gli strumenti stabiliti nel Trattato vengono applicati attraverso il meccanismo del Patto di stabilità e di crescita. Mi preme dire a coloro i quali hanno sostenuto che il nuovo Patto di stabilità stesse diventando inefficace ed eccessivamente flessibile, che esso viene attualmente applicato in maniera rigorosa e completa. Dal momento in cui il nuovo Patto è entrato in vigore, non c’è stata alcuna divergenza nel Consiglio riguardo all’accettazione e al sostegno delle proposte della Commissione, e tra gli Stati membri dell’area dell’euro non c’è stata la minima lamentela in merito all’osservanza delle raccomandazioni adottate dal Consiglio, su proposta della Commissione, volte a ristabilire la disciplina di bilancio. Le rimostranze ci sono state al di fuori dell’area dell’euro, ma non al suo interno.

Tuttavia, in alcuni Stati membri dell’area dell’euro l’inflazione si attesta al 2,8 per cento al di sopra del valore di riferimento che ho citato precedentemente. Non esistono strumenti atti a intraprendere azioni quando l’inflazione è maggiore del valore di riferimento. Esiste uno strumento molto efficace, ma non è sotto il controllo della Commissione, né del Parlamento e neppure del Consiglio. Si tratta di uno strumento di mercato, dal momento che quegli Stati membri perdono competitività, e i cittadini e le loro imprese ne subiscono le conseguenze, perché la perdita di competitività, per definizione, non si può più recuperare modificando i tassi di cambio, in quanto tali Stati membri hanno adottato la moneta unica.

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 54 dell’onorevole Gay Mitchell (H-0846/06):

Oggetto: Effetti derivanti con l’adesione in Europa

A giudizio della Commissione, quali effetti prevede possano verificarsi con l´adesione nella zona Euro della Bulgaria e della Romania il prossimo anno?

 
  
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  Joaquín Almunia, Membro della Commissione. – (ES) Onorevole Mitchell, la Commissione non crede che l’adesione della Bulgaria e della Romania all’Unione europea sortirà alcun effetto immediato sulla composizione della zona euro.

A seguito della loro adesione, che avrà luogo il prossimo 1° gennaio, entrambi i paesi prenderanno parte all’Unione economica e monetaria in qualità di Stati membri con deroga e parteciperanno interamente al controllo multilaterale delle politiche economiche, secondo quanto previsto dal Trattato, esattamente come gli Stati membri dell’Unione non appartenenti alla zona euro.

Dal momento della loro adesione all’Unione europea, e in conseguenza al fatto che non saranno membri della zona euro, né beneficeranno della clausola di esenzione, la Bulgaria e la Romania dovranno raggiungere la conformità ai criteri di convergenza al fine di una futura adozione dell’euro. Riguardo agli altri Stati membri della zona euro, comunque, non vedo altri effetti immediati se non il grande vantaggio che l’Unione europea conterà due nuovi Stati membri.

 
  
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  Gary Mitchell (PPE-DE).(EN) Grazie per avere risposto alla mia interrogazione. Concordo con il Commissario sul fatto che l’euro abbia garantito la trasparenza dei prezzi e agevolato gli spostamenti. Ma, soprattutto, la moneta unica ha realizzato un’unità d’intenti per i cittadini europei maggiore rispetto a ogni altro progetto comune. Questo merita la nostra approvazione.

Sebbene l’economia europea sembri subire un indebolimento, nel 2006 è prevista una crescita del 2,5 per cento, la maggiore registrata dal 2000. Tale risultato deve essere accolto con favore, ma il rallentamento della crescita globale e l’aumento dei tassi di interesse significano che la crescita economica dell’Europa può essere ostacolata. Può il Commissario comunicare a quest’Assemblea se prevede ulteriori evoluzioni nella crescita economica a seguito dell’imminente allargamento e indicarci quali saranno gli effetti relativi a tale evento?

 
  
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  Joaquín Almunia, Membro della Commissione. – (ES) Onorevole Mitchell, è vero che la zona euro e l’Unione europea nel complesso mostrano una tendenza di crescita nel 2006 e che stiamo assistendo a una nuova e netta ripresa economica. Ciononostante, ci troviamo ora di fronte a dati di crescita inferiori rispetto a quelli previsti quando l’Unione economica e monetaria è entrata nella terza fase e, in un certo senso, alcuni studi tentano di stabilire una relazione tra questo basso tasso di crescita rispetto ad altre aree dell’economia mondiale e l’esistenza di una moneta unica o della stessa Unione economica e monetaria.

Ritengo che le analisi più rigorose, non solo quelle condotte della Commissione, ma anche da altre istituzioni al di fuori dell’Unione europea, giungano, come noi, alla conclusione che gli ostacoli alla crescita dell’Europa e, in particolare, delle economie più significative della zona dell’euro, sono, in primo luogo, di natura fondamentalmente strutturale. Di conseguenza è necessario porre l’accento non solo sul rispetto delle norme operative o delle regole in materia di disciplina finanziaria, o ancora sull’autonomia della Banca centrale europea nel delineare l’Unione economica e monetaria, ma anche sulle politiche in materia di crescita strutturale, che, in altre parole, sono quelle che in gergo chiamiamo politiche della strategia di Lisbona. Ne consegue che ciò di cui le nostre economie necessitano è una combinazione di politiche macroeconomiche sane, atte a garantire stabilità, e di politiche in materia di riforme strutturali dagli obiettivi ambiziosi.

Da questo punto di vista l’allargamento, l’adesione di dieci nuovi Stati membri nel maggio 2004, ha agito da incoraggiamento, incentivo e stimolo positivo alle economie europee nel complesso. Alcuni mesi fa, nel maggio 2006, in coincidenza con il secondo anniversario dell’ingresso dei dieci nuovi Stati membri, la Commissione ha pubblicato, sotto la mia responsabilità, una comunicazione sulle conseguenze economiche dell’allargamento. Le nostre valutazioni in merito a tali conseguenze sono state molto positive, sia per i nuovi Stati membri che per i vecchi, ossia per l’Unione europea dei Quindici, perché, tra le altre cose, i nuovi Stati membri, in linea generale, stanno dimostrando una maggiore capacità nell’attuazione delle riforme strutturali e delle modifiche strutturali necessarie. E’ indiscutibile che essi partono da una situazione meno avanzata. Hanno anche introdotto un certo dinamismo, una pressione positiva che stimola anche l’ex Unione europea dei Quindici ad accelerare l’attuazione di politiche strutturali.

E’ mia opinione, infatti, che alcuni segnali dell’impatto positivo delle riforme strutturali finalizzate a una maggiore crescita potrebbero emergere durante questa fase di ripresa. E’ ancora presto per giudicare fino a che punto i miglioramenti registrati nella produttività durante i primi due trimestri dell’anno in corso siano esclusivamente dovuti a fattori legati al ciclo economico. La Banca centrale europea tende ad attribuire praticamente tutta la crescita della produttività registrata negli ultimi trimestri al ciclo economico, ma ritengo che alcuni elementi stiano ad indicare che le riforme strutturali adottate in tempi recenti, e che procedono a un ritmo sempre più sostenuto grazie all’impatto positivo dell’allargamento, stanno anche cominciando ad assumere un ruolo positivo in termini di rafforzamento della produttività.

 
  
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  Presidente. Le interrogazioni che, per mancanza di tempo, non hanno ricevuto risposta, la riceveranno per iscritto (vedasi allegato).

Con questo si concludono le interrogazioni rivolte alla Commissione.

(La seduta sospesa, alle 19.15, riprende alle 21.00)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. ONYSZKIEWICZ
Vicepresidente

 
  

(1) GU L 46 del 17.2.2004, pag. 1.


17. Programma “Gioventù in azione” (2007-2013) (discussione)
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  Presidente. L’ordine del giorno reca la raccomandazione per la secondo lettura (A6-0341/2006), della commissione per la cultura e l’istruzione, relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell’adozione della decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma “Gioventù in azione” per il periodo 2007-2013 [06236/3/2006 C6-0273/2006 2004/0152(COD)] (Relatore: onorevole Gröner).

 
  
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  Lissy Gröner (PSE), relatore. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, la presenza in Aula non è certo indicativa dell’importanza dell’argomento di cui ci occupiamo oggi. Il programma “Gioventù in azione” per il periodo 2007-2013 è una pietra miliare per i nostri giovani europei. Ringrazio la Commissione e il Consiglio per la cooperazione molto costruttiva.

In prima lettura abbiamo esaminato 58 emendamenti, che sono stati sostanzialmente ripresi nel testo e, con il risultato dei negoziati informali, giungiamo ora alla posizione comune che stiamo adottando e sulla quale ci sarà un accordo in seconda lettura.

Tutte le tre Istituzioni si sono impegnate molto per trovare una soluzione con e per i giovani, il principale gruppo obiettivo dai 15 ai 18 anni nell’Unione europea – circa 170 milioni di cittadini – rendendo l’Europa tangibile per loro, riducendo la burocrazia e facilitando l’accesso al programma per i giovani svantaggiati.

Nell’ambito del programma abbiamo perseguito i seguenti obiettivi: innanzitutto la promozione del senso civico. Vogliamo semplificare la cooperazione civica per i giovani, offrendo al contempo la possibilità di lavorare insieme a livello europeo, ad esempio, aumentando l’affluenza elettorale e risvegliando l’interesse per la politica.

In secondo luogo, vogliamo promuovere la solidarietà e la tolleranza tra i giovani, soprattutto per potenziare la coesione sociale nell’UE. In questo quadro potranno essere sviluppati nuovi stili di vita e modelli di convivenza tra i giovani.

Vogliamo promuovere la comprensione reciproca tra i giovani e la diversità multiculturale, che è la ricchezza dell’Europa. Vogliamo inoltre sostenere i sistemi a favore delle organizzazioni giovanili, nonché le organizzazioni della società civile attive nell’ambito giovanile, e vogliamo favorire la coesione tra i giovani anche al di là dei confini europei. Per questi obiettivi abbiamo negoziato un bilancio di 885 milioni di euro.

In qualità di relatrice ho proposto di presentare un bilancio minimo per le seguenti cinque linee d’azione, di cui “Gioventù per l’Europa” – il classico scambio studentesco – otterrà il 30 per cento dei finanziamenti.

Per quanto riguarda il “Servizio volontario europeo”, si tratta di esercitare un’attività di interesse comune e senza fini di lucro in un paese che non sia quello di residenza per un periodo compreso tra due e dodici mesi. Questa azione rappresenterà almeno il 23 per cento dell’intero pacchetto.

“Gioventù per il mondo” è un nuovo progetto che, in uno spirito di apertura, mira a favorire la comprensione per altri popoli. Questo è importante a molti livelli. A questa linea dovrebbe essere assegnato il 6 per cento della dotazione complessiva.

I “sistemi di sostegno per i giovani” dovrebbero ricevere almeno il 15 per cento. Tra gli altri, aiuteremo il Forum europeo dei giovani e la rete delle organizzazioni giovanili e degli operatori del settore.

Il sostegno a favore della cooperazione europea in ambito giovanile riceverà il 4 per cento dei fondi. In totale ciò corrisponde a una suddivisione del 76 per cento delle linee d’azione, il che offre alla Commissione una flessibilità sufficiente per essere ancora più attiva in funzione delle esigenze.

E’ giusto affrontare le sfide che ci si presentano. Abbiamo i mezzi per promuovere l’azione specifica “Settimana europea dei giovani”. Vogliamo dare vita al patto per la gioventù europea varato dal Consiglio nel 2005.

Non possiamo assistere inerti alle tensioni tra i giovani o alla mancanza di lavoro e di prospettive per la gioventù nell’Unione europea. Dobbiamo fare in modo che i giovani abbiano una prospettiva e vogliamo che gli Stati membri appoggino con decisione questa azione. Da soli non possiamo risolvere il problema.

Per questo motivo mi rivolgo agli Stati membri, affinché si impegnino. Raccomando all’Aula di votare a favore del compromesso cui siamo pervenuti e di adottare la posizione comune senza emendamenti.

 
  
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  Ján Figel’, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, non capita spesso di trovare un consenso così ampio come in questo caso. Desidero ringraziare coloro che l’hanno reso possibile, perché non è automatico. Sono sicuro che grazie a questa intesa nelle prossime settimane saremo in grado di adottare, nel vero senso del termine giuridico, il programma “Gioventù in azione”. In particolare, desidero ringraziare l’onorevole Gröner, la relatrice del programma, nonché la commissione per la cultura e l’istruzione, che durante l’intera procedura ha sempre assunto un atteggiamento molto costruttivo. Estendo i miei ringraziamenti alla commissione e al suo presidente, l’onorevole Sifunakis, per il sostegno.

Il consenso e i progresso registrati durante i lavori renderanno possibile la totale continuità tra l’attuale programma e il successivo, evitando così interruzioni. Rispetto a sette anni fa la situazione ora è molto diversa, perché all’epoca il programma era stato sospeso per vari mesi.

Il nuovo programma è una risposta, parziale ma importante, alle priorità dell’Unione: la cittadinanza, la crescita e la pace. In primo luogo, in termini di cittadinanza, permetterà ai giovani europei di realizzarsi come cittadini volonterosi di aiutare, responsabili, attivi e tolleranti nelle società pluraliste. Coinvolgere maggiormente i giovani nella vita delle comunità locali, nazionali ed europei e promuovere la cittadinanza attiva costituiscono sfide importanti per le nostre società. Occorre anche favorire la consapevolezza dei giovani della loro appartenenza all’Europa per svilupparne la percezione della cittadinanza europea.

In secondo luogo, è altrettanto importante rispondere alle aspirazioni dei giovani offrendo loro l’opportunità di arricchirsi in termini di istruzione e formazione in modo meno formale. Le attività educative non formali meritano di essere sostenute e riconosciute a livello europeo perché contribuiscono alla crescita europea. Per questo motivo sono molto lieto del fatto che ci riserverà maggiore spazio al servizio volontario in Europa.

Infine, la propensione dei giovani a sviluppare nuove relazioni con altri giovani, europei e di tutto il mondo, la loro voglia di comprensione reciproca, uno spirito di tolleranza e apertura sono contributi importanti per la pace nel mondo.

I progressi nei negoziati su questo programma dipendevano dall’accordo sulle prospettive finanziarie lo scorso maggio. Dopo l’approvazione di questo quadro finanziario e la decisione di stanziare 885 milioni di euro, ai prezzi attuali, per il programma “Gioventù in azione”, le Istituzioni hanno dimostrato di saper reagire in modo rapido e costruttivo affinché il nuovo programma potesse essere adottato senza ulteriori ritardi. Ritengo che questo oggi sia un messaggio molto forte da parte delle Istituzioni europee ai giovani.

 
  
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  Rolf Berend, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, la raccomandazione concernente la posizione comune include numerosi emendamenti presentati da quest’Assemblea in prima lettura.

I finanziamenti per il programma “Gioventù in azione” per il periodo 2007-2013 – come ha già detto l’onorevole Gröner – ammontano a 885 milioni di euro. La base è l’Accordo interistituzionale sulle prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013. Vorrei tuttavia ricordare che la proposta iniziale della Commissione prevedeva 913 milioni di euro. Il Parlamento europeo ha chiesto di aumentare la dotazione a 1,1 miliardi di euro. Ora con la posizione comune siamo arrivati a 885 milioni di euro. Ciò non corrisponde assolutamente alle nostre aspirazioni, ma ci garantisce la sicurezza di pianificazione per i prossimi anni, ed è positivo che si voti oggi o domani.

Il principale gruppo obiettivo di “Gioventù in azione” è la fascia d’età compresa tra i 15 e i 28 anni, anche se alcune azioni sono rivolte ai tredicenni e ai trentenni. Il mio gruppo si compiace, perché è stato possibile mettere in risalto aspetti importanti della posizione comune grazie all’iniziativa di quest’Assemblea, come ad esempio la partecipazione dei giovani alla vita democratica, la promozione di valori fondamentali quali la dignità umana, i diritti umani, la tolleranza, la non discriminazione, un’adeguata protezione dei partecipanti – punto molto importante –, la settimana europea dei giovani, seminari e dialoghi strutturati tra i giovani, possibilità di scambio per i giovani in Europa e nei paesi vicini e, non da ultimo, il sostegno finanziario al Forum europeo della gioventù con due milioni di euro.

Ringraziando l’onorevole Gröner, vorrei anche aggiungere che speriamo che la posizione comune del Consiglio domani in Parlamento trovi un’ampia maggioranza e venga approvata senza emendamenti.

 
  
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  Christa Prets, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, di fronte al dibattito sulle sfide demografiche del ventunesimo secolo, alle proteste dei giovani in Francia e alla crescente tendenza verso i partiti nazionalisti, è estremamente importante coinvolgere i giovani per sviluppare la comprensione verso altre mentalità e culture, creando così la base per rafforzare la solidarietà in Europa.

Proprio per quei giovani che non possono sfruttare la mobilità nel quadro dell’istruzione formale tramite programmi come ERASMUS, COMENIUS o LEONARDO, deve sussistere l’opportunità di fare esperienze preziose di dialogo interculturale. In questo quadro, l’istruzione informale deve godere di un maggiore riconoscimento e di una maggiore importanza. Sono convinta che sia stata attribuita la giusta priorità nell’ambito dell’azione “Gioventù per l’Europa”, che promuove gli scambi tra giovani e le iniziative giovanili. Dobbiamo, inoltre, invitare il Forum europeo della gioventù a presentare regolarmente le sue attività nelle commissioni parlamentari, affinché tutti i deputati possano venire a conoscenza e trarre vantaggio da questo prezioso lavoro.

Durante varie discussioni con le organizzazioni giovanili sono stati affrontati molteplici problemi, tra cui, ad esempio, anche le diverse modalità per il rilascio dei visti e la scarsa riflessione su queste differenze. A tale proposito, chiedo di coinvolgere maggiormente i giovani.

 
  
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  Jolanta Dičkutė, a nome del gruppo ALDE. – (LT) Accolgo con favore la relazione dell’onorevole Gröner e la posizione comune che abbiamo concordato. Sono lieta che i giovani dei paesi confinanti con l’Unione europea – la Russia, la Bielorussia, l’Ucraina e i paesi del Caucaso settentrionale – potranno beneficiare del nuovo programma già dall’anno prossimo.

L’adesione all’Unione europea ha un impatto positivo su molti aspetti della vita negli Stati membri. I giovani, con le loro sfide e i loro problemi presenti e futuri, non fanno eccezione. I 75 milioni di giovani che vivono nell’Unione europea sono fortunati da molti punti di vista. Godono della libera circolazione, dell’opportunità di studiare e lavorare in vari paesi dell’UE, possono migliorare la conoscenza delle lingue straniere, partecipare agli scambi interculturali, e così via. Ciononostante, questi vantaggi costituiscono al contempo le sfide e i problemi che devono essere risolti da una popolazione che invecchia costantemente in Europa. Il mio riferimento all’Europa che invecchia non è casuale. E’ un riferimento al fatto che dobbiamo essere perfettamente consapevoli e non sottovalutare l’importanza dei giovani. Dobbiamo compiere ogni sforzo per coinvolgerli attivamente nei processi politici e di sviluppo dell’Unione europea.

Il conseguimento degli obiettivi della strategia di Lisbona viene eccessivamente evidenziato come un fattore di enorme importanza per i giovani. Noi, però, non dobbiamo dimenticare che gli stessi giovani svolgono un ruolo fondamentale per il raggiungimento di questi obiettivi. Investire nei giovani è fondamentale al fine di conoscere uno sviluppo più rapido e aumentare il livello di occupazione in Europa. Chiaramente è molto importante che gli Stati membri, da parte loro, diano un adeguato sostegno alle raccomandazioni del Consigli e adottino misure specifiche. Conosciamo numerosissimi esempi di programmi validi, eppure molti di questi non sono stati attuati. Ciò richiede un dialogo e una cooperazione più stretti tra giovani e politici, sia a livello nazionale che a livello europeo. Dobbiamo vedere i giovani come una fonte di energia positiva, e non come un onere.

Il nostro obiettivo è accrescere la fiducia dei giovani negli obiettivi di questa importante Istituzione europea e degli Stati membri al fine di fugare qualsiasi dubbio concernente il tanto citato ruolo dei giovani nella crescita, lo sviluppo e la stabilità dell’Unione europea.

 
  
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  Helga Trüpel, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, in primo luogo desidero ringraziare l’onorevole Gröner per l’impegno profuso nella presente relazione. Tutti noi siamo convinti del fatto che l’Europa deve rappresentare un’opportunità per i giovani, affinché possano circolare liberamente sul territorio europeo, allargando gli orizzonti e imparando lingue diverse, migliorando la loro istruzione e formazione e, nel complesso, diventando persone più affidabili e responsabili in una società europea aperta.

Ovviamente è altrettanto importante che l’Europa sia accettata dai giovani. Dobbiamo ricordare che saranno i giovani a portare avanti la costruzione europea e a garantirne lo sviluppo futuro. In altre parole, la cosa più importante è che essi capiscano che Europa vogliono in futuro.

Questo compito di migliorare le opportunità per i giovani non potrà essere svolto separatamente dalle altre aree politiche, tra cui la politica economica è fondamentale, al pari della politica in materia di istruzione e in ambito sociale, unitamente alle questioni connesse con la strategia di Lisbona, alla quale è già stato accennato. Vorrei che si prendesse seriamente questo contesto politico, anziché trascurarlo, perché i giovani sono la chiave per il futuro dell’Europa.

 
  
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  Ljudmila Novak (PPE-DE). – (SL) La relazione “Gioventù in azione” è molto importante per rafforzare il senso europeo e la cittadinanza europea tra i giovani. Sappiamo tutti che a volte per i nostri cittadini è difficile identificarsi nella dimensione europea e che le Istituzioni europee di Bruxelles sembrano molto distanti da loro.

Attraverso il presente testo abbiamo cercato di rendere la cittadinanza europea più tangibile, promuovendo la solidarietà, l’iniziativa e la creatività. Poiché i giovani sono i più ricettivi di fronte alle nuove idee, ci siamo concentrati sulla fascia d’età compresa tra i 13 e i 30 anni. I giovani sempre più assumono posizioni responsabili in politica, ed è giusto garantire loro gli strumenti e le condizioni che ne indirizzino l’attenzione verso l’obiettivo comune dell’Europa.

Tra le cinque azioni previste dal programma, mi soffermerò sulla seconda: il “servizio volontario europeo”. Il lavoro volontario riveste un’enorme importanza per lo sviluppo e il futuro della società. Contribuisce all’evoluzione dei sistemi esistenti, ai valori coesivi, al progresso sociale e ad altri sviluppi nella società, e pertanto deve essere incentivato e deve ottenere il giusto riconoscimento. I giovani attivi in questo settore sono chiari esempi in merito, soprattutto per una società del consumo che si preoccupa troppo del denaro e della realizzazione personale e troppo poco delle persone che ci circondano e la cui vita potrebbe essere nettamente migliorata con un minimo sforzo.

Anche la politica è una sorta di lavoro volontario, se non altro all’inizio. Quando molti di noi erano giovani, il lavoro volontario era il modo più rapido per entrare in politica. Sono favorevole a questa relazione e spero che i giovani possano trarre i massimi benefici dalle aspirazioni e dalla realizzazione degli ideali che essa contiene, per la loro crescita personale e nell’interesse della società.

 
  
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  Piia-Noora Kauppi (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, in primo luogo desidero ringraziare la nostra relatrice, l’onorevole Gröner, per l’eccellente lavoro svolto con questa relazione. Sono certa che siamo tutti d’accordo sul fatto che i giovani sono essenziali per plasmare il futuro dell’Europa. Non penso che si debba discutere se i giovani devono essere aiutati tramite i programmi europei. Esistono molte prove che dimostrano che i programmi per i giovani e gli studenti sono la migliore azione dell’UE a favore della vera integrazione a livello di cittadini. Ciononostante, devo sollevare alcune questioni.

Innanzitutto, i fondi stanziati per il programma sembrano ancora insufficienti. So quanto ha lavorato il Commissario, ma spero ancora che nel bilancio definitivo per i prossimi anni si apportino miglioramenti negli importi.

In secondo luogo, sono decisamente favorevole all’abbassamento dell’età a 13 anni. Fornire opportunità a persone molto giovani favorisce l’iniziativa nell’età successiva. Non penso che i tredicenni siano troppo giovani per partecipare a “Gioventù in azione”.

Un’altra cosa che favorirebbe il programma è l’estensione dell’elenco dei paesi con i quali possono collaborare le organizzazioni giovanili, per includere quanti più paesi possibile. Paesi come la Cina e la Russia sono attori importanti nella politica e nell’economia mondiali. Instaurare stretti legami con queste regioni in giovane età può solo portare benefici.

Un altro fattore da prendere in considerazione è l’importanza di promuovere la mobilità. Una tappa fondamentale sarebbe l’abolizione delle attuali norme sui visti per i paesi che non fanno parte di Schengen. Troppo spesso gli scambi tra studenti, i programmi di lavoro all’estero e le gite scolastiche devono essere annullati a causa delle difficoltà per ottenere i visti. A volte le procedure complesse e i costi elevati scoraggiano addirittura il lancio di un progetto. Al fine di migliorare la situazione chiedo un documento standard in tutti i paesi dell’UE per ottenere i visti. Dovremmo anche appoggiare la campagna “Get visible”, che propone un tipo di visto apposito per i rappresentanti delle ONG. Ciò offrirebbe ai giovani molte più possibilità di partecipare ai programmi di lavoro volontario, ai programmi di scambio e alle attività delle organizzazioni giovanili.

Il programma “Gioventù in azione” si concluderà nel 2013. Non sarebbe lungimirante da parte mia dire che il periodo previsto sarà sufficiente. E’ comunque un buon inizio. La ringrazio sinceramente, signor Commissario, per tutto il suo profondo impegno per questo tema.

 
  
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  Ján Figeľ, Membro della Commissione. (SK) Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno contribuito al dibattito, che proseguirà, in un modo leggermente diverso, durante le fasi successive, soprattutto quando si arriverà all’attuazione del programma. Penso che il consenso sia evidente. Non voglio dilungarmi troppo nelle risposte, ma ritengo che sia molto importante che l’intensità e il livello di cooperazione e impegno per i giovani nell’UE stiano crescendo, non solo come reazione alle questioni demografiche, ma anche riguardo alle prospettive per la cooperazione, la solidarietà e l’integrazione europee.

Il Patto europeo per la gioventù è stato approvato recentemente, molti anni dopo il Libro bianco. Ora abbiamo l’opportunità di lanciare un nuovo programma per i giovani che apporterebbe miglioramenti in termini di quantità e di qualità. Ciò è importantissimo perché, tra l’altro, la fascia d’età interessata è stata estesa e i finanziamenti sono aumentati notevolmente.

Com’è ovvio, abbiamo proposto di più, ma la questione deve essere vista anche in termini di limiti e portata delle prospettive finanziarie. Inoltre, il programma sull’apprendimento lungo tutto l’arco della vita e il programma di cittadinanza e cooperazione civica, unitamente ad alcuni programmi e azioni esterne della Comunità, offre ulteriori opportunità per i giovani. Ad esempio, sono stato in Canada per discutere di un accordo bilaterale tra l’UE e questo paese che riguarderà non solo la cooperazione universitaria, ma anche i giovani.

Queste linee specifiche di cooperazione con paesi partner in ambito giovanile si stanno moltiplicando e stanno crescendo. Sono fermamente convinto che daranno i loro frutti.

In terzo luogo, non basta formulare politiche per i giovani, dobbiamo elaborarle con loro, perché così saranno più efficaci, avranno più successo e saranno più mature per la società civile nell’Europa comune del futuro.

 
  
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  Presidente. La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì, alle 12.30.

Allegato – Dichiarazione della Commissione

La Commissione desidera richiamare l’attenzione dell’autorità legislativa sulla necessità che, al più tardi al momento della pubblicazione definitiva sulla Gazzetta ufficiale, il pacchetto finanziario citato nell’atto di base sia espresso secondo i prezzi correnti. Ciò corrisponde all’abituale prassi di bilancio e permette di garantire nella piena chiarezza il rispetto della decisione dell’autorità legislativa. Per il programma “Gioventù in azione” l’importo in base ai prezzi correnti ammonta a 885 milioni di euro.

 

18. Programma d’azione nel campo dell’apprendimento permanente (discussione)
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  Presidente. L’ordine del giorno reca la raccomandazione per la seconda lettura (A6-0344/2006), della commissione per la cultura e l’istruzione, relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell’adozione della decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma d’azione integrato nel campo dell’apprendimento permanente [06237/3/2006 C6-0274/2006 2004/0153(COD)] (Relatore: onorevole Pack).

 
  
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  Doris Pack (PPE-DE), relatore. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, il nuovo programma di apprendimento permanente voleva essere, nel quadro del processo di Lisbona, una risposta adeguata alle sfide attuali, perché l’istruzione – come tutti noi, insieme agli altri, continuiamo a ripetere – è l’aspetto più importante degli sforzi comuni che i nostri paesi hanno compiuto per risultare primi nella concorrenza globale.

I tagli operati dal Consiglio al bilancio generale hanno, purtroppo, comportato riduzioni anche a questo programma pluriennale. Il Commissario non ha potuto fare nulla contro questo ridimensionamento; era dalla nostra parte, ha lottato per avere di più. E’ stato un peccato non potere contare sull’appoggio degli Stati membri. L’importo finale al quale siamo arrivati era di 14,37 miliardi di euro per sette anni, ma in seguito ai negoziati nelle prospettive finanziarie ci sono rimasti esattamente 6,97 miliardi di euro. In ogni caso desidero ringraziare tutti i colleghi che si sono battuti insieme a noi permettendoci di ottenere un aumento di 800 milioni di euro rispetto ai fondi originariamente stanziati nella prospettiva finanziaria a favore di questo programma.

Basta così con i nobili obiettivi e il difficile ritorno con i piedi per terra.

Il programma di apprendimento permanente si fonda sui due programmi SOCRATES e LEONARDO, li sviluppa e consente di operare in sinergia. Abbiamo imparato dagli ultimi programmi: le varie agenzie nazionali dei nostri paesi ci hanno informato dei problemi che hanno incontrato in tal senso e, in effetti, si è tenuto conto del loro punto di vista. Il programma di apprendimento permanente è costituito dal programma COMENIUS, per l’istruzione scolastica, dal programma ERASMUS, suo omologo per quanto riguarda l’istruzione universitaria, dal programma LEONARDO per l’istruzione professionale e dal programma GRUNDTVIG per gli adulti, nonché dai programmi Jean Monnet per la promozione dell’integrazione europea e le misure orizzontali.

Ho insistito affinché il programma COMENIUS potesse usufruire di più fondi rispetto a quelli originariamente previsti dalla Commissione in quanto, a mio avviso, è alla base di tutti gli altri programmi nel settore dell’istruzione; inoltre, ho sottolineato l’esigenza di garantire maggiore cooperazione nelle regioni di confine mediante la creazione di un nuovo Comenius Regio. Il programma pone l’accento sulla mobilità degli studenti di età compresa tra gli 11 e i 16 anni, che possono fare la preziosa esperienza di trascorrere un anno scolastico in un istituto di un altro paese dell’UE. Al suo interno, abbiamo anche pensato alle esigenze dei figli dei lavoratori migranti.

Il programma LEONARDO promuove la mobilità dei lavoratori e partenariati con modalità che, in passato, erano possibili solo con ERASMUS. Le borse di studio concesse da ERASMUS agli studenti universitari vengono aumentate a 200 euro al mese, perché le vecchie borse erano a malapena sufficienti per sopravvivere. All’inizio avevamo proposto 300 euro, ma sarebbe stato possibile erogare questo importo solo riducendo drasticamente il numero dei partecipanti, e quindi abbiamo dovuto abbandonare l’idea. ERASMUS prevede fondi anche per corsi di lingue propedeutici e spese di viaggio.

Rispetto a prima sono stati previsti più stanziamenti per il programma GRUNDTVIG, che ora include anche scambi individuali. Il programma è concepito per rispondere alla situazione attuale del mercato del lavoro e alle tendenze demografiche.

Pur continuando a concedere sovvenzioni al Collegio d’Europa di Bruges, all’Istituto universitario europeo di Firenze, all’Istituto europeo di amministrazione pubblica di Maastricht e all’Accademia di diritto europeo di Treviri, il Parlamento ha anche previsto finanziamenti straordinari a favore dell’Agenzia europea per lo sviluppo dell’istruzione per gli allievi con bisogni speciali di Middelfart e del Centro internazionale di formazione europea di Nizza.

Sono molto felice che la partecipazione a questi programmi sia ancora aperta a tutti i membri del SEE, alla Svizzera e alla Turchia, e che i paesi dei Balcani occidentali siano stati recentemente invitati ad aderirvi. Questa osservazione mi induce a rilevare che è, a dir poco, giunta l’ora di mettere in pratica l’accordo sulla procedura facilitata per l’ottenimento dei visti per l’Europa sudorientale.

Per riassumere, vorrei dire che il programma di apprendimento permanente contribuirà a migliorare i programmi comunitari di istruzione e formazione, dare più mobilità alle persone, sostenere i partenariati e le iniziative di cooperazione tra regioni, organizzare la condivisione delle migliori pratiche e incoraggiare lo studio delle lingue straniere. E’ un programma che aiuterà le persone a meglio capire l’Unione europea, facilitando la coesistenza, il dialogo interculturale e la tolleranza. Si tratta, in realtà, della migliore strategia di comunicazione possibile per l’UE.

 
  
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  Ján Figeľ, Membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, come dicono i nostri amici tedeschi Bildung ist mehr, l’istruzione è quel che più conta. E’ fondamentale perché nella vita permette di dare molte più risposte rispetto a quelle che sarebbe possibile fornire senza istruzione, e perché consente agli individui e alle società di cercare un futuro economico, sociale, culturale e politico migliore. Ecco perché sono convinto che un programma integrato di apprendimento permanente possa offrire molte nuove opportunità a livello qualitativo e quantitativo, perché se lo associamo a quanto stiamo facendo tutti insieme in Europa rappresenta molto più di un semplice programma. Siamo d’accordo sulla messa a punto di strategie di apprendimento permanente negli Stati membri entro la fine dell’anno.

Abbiamo un programma che diventerà operativo a partire da gennaio 2007, e nella nostra cooperazione abbiamo un punto di riferimento per aumentare la partecipazione degli adulti nei sistemi di apprendimento permanente degli Stati membri. Come ha affermato l’onorevole Pack, l’apprendimento permanente non è lusso bensì una necessità, e sono convinto che possa offrire alle persone esperienze che arricchiscono la vita e migliorano le possibilità occupazionali.

L’apprendimento agevola il trasferimento di conoscenze tra le varie istituzioni europee, aiutandole a innovare, migliorare e modernizzare. Inoltre aumenta la trasparenza dei sistemi degli Stati membri, perché quando c’è cooperazione i sistemi si evolvono e diventano sempre più compatibili. In poche parole, si tratta di un prezioso strumento europeo a diretto servizio dei nostri cittadini.

Il nuovo programma aumenterà le opportunità e, ne sono certo, apporterà addirittura più benefici. Sono quindi lieto che Parlamento, Consiglio e Commissione siano riusciti, subito dopo il completamento del quadro finanziario degli scorsi mesi, a raggiungere un accordo sul testo della decisione del programma. So che non è stato facile, ma se il Parlamento lo approverà senza emendamenti, come proposto dalla relatrice, il programma potrà essere attuato con tempestività dall’inizio del 2007.

Vista la complessità del programma, ci troviamo dinanzi a un risultato importante. Se paragoniamo il programma passato a quello attuale, molto complesso, possiamo renderci conto del duro lavoro svolto. Desidero esprimere un particolare ringraziamento all’onorevole Pack, la relatrice, per essersi avvalsa della sua grande esperienza e competenza nel settore, consentendoci di addivenire rapidamente a un accordo in seconda lettura.

Per quanto riguarda il testo, la Commissione concorda pienamente sul fatto che non dovrebbe essere emendato. La dotazione finanziaria si avvicinerà ai 7 miliardi di euro per sette anni ai prezzi attuali. Tuttavia, dobbiamo analizzare le cose a livello più generale, per vedere se esistono opportunità di sviluppo. Non voglio entrare nei dettagli, ma spesso incoraggio i ministri a esaminare i Fondi strutturali per vedere come potrebbero essere usati per la mobilità degli studenti: come, ad esempio, altri programmi quali Erasmus Mundus potrebbero contribuire a creare uno spazio europeo dell’istruzione più stimolante.

I nostri servizi hanno lavorato a pieno regime per preparare gli accordi di attuazione e potere pubblicare entro la fine dell’anno il primo invito a presentare proposte nel quadro del programma di apprendimento permanente, e per garantire un programma più facile e più accessibile agli utenti. Grazie per averci dato la possibilità di essere in fase così avanzata in questo momento.

 
  
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  Ivo Belet, a nome del gruppo PPE-DE. – (NL) Signor Presidente, signor Commissario, chiaramente è un bene potere dare via libera a questi importanti programmi di apprendimento perché, come lei dice molto giustamente, Bildung ist mehr, l’istruzione è quel che più conta.

Tuttavia anch’io, come la relatrice, ho sentimenti confusi. Come l’onorevole Pack ha affermato prima di me, ritengo che gli Stati membri non avrebbero mai dovuto ridimensionare questi programmi, e comunque non così drasticamente com’è stato fatto. Questi sono programmi che ci possono aiutare a trasformare i giovani in cittadini europei, gli europei del futuro. Perché mai abbiamo apportato tagli così severi ai fondi? E’ una mossa imprevidente e, comunque, un’occasione mancata per il futuro dell’UE. Credo che gli Stati membri abbiano dato un esempio perfetto di come rompersi le uova nel paniere da soli.

Sicuramente il Commissario sarà d’accordo con me nel dire che ogni studente ERASMUS, ogni studente COMENIUS – e ne ho incontrati molti nel corso degli anni – ogni studente alla fine fa un’esperienza molto formativa. E’ un’esperienza che amplia gli orizzonti, che aumenta le possibilità di trovare lavoro, che li porta a contatto con altri; sperimentano la diversità e imparano ad affrontarla. Così facendo questi programmi contribuiscono anche alla tolleranza e, inutile dirlo, alla cittadinanza europea.

L’Assemblea, in realtà, avrebbe dovuto bocciare una dotazione finanziaria tanto limitata, ma ovviamente questo è un altro discorso. Avrebbe dovuto farlo se non altro per ragioni sociali, perché molti studenti provenienti da ambienti e contesti socialmente vulnerabili ora avranno molte più difficoltà a partecipare al progetto ERASMUS. Tuttavia, come ha già detto qualcuno, è inutile piangere sul latte versato. Ormai è troppo tardi: ora dobbiamo mettercela tutta per sfruttare al massimo le risorse di cui disponiamo.

Credo che le scuole siano abbastanza fantasiose nel cercare, e trovare, altre fonti di reddito per finanziare questi programmi. L’industria, soprattutto se appoggiata dall’Unione europea o dai governi nazionali, può essere d’aiuto. Le imprese non potrebbero forse sponsorizzare i progetti di scambio? Un’industria della mia zona – la Ford – potrebbe, ad esempio, invitare gli studenti dell’ultimo anno a visitare le proprie filiali nei diversi paesi oltreconfine. E’ solo un’idea, ma potrebbe essere una possibilità.

E’ di vitale importanza promuovere lo scambio di scuole e studenti facendo del nostro meglio. Spero che, in questa fase iniziale, il Consiglio e gli Stati membri si rendano conto che i tagli al prossimo programma pluriennale avranno un impatto su programmi come questi e a lei, signor Commissario, auguro ogni bene nei suoi sforzi di attuazione del prossimo programma 2007-2013.

 
  
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  Christa Prets, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, sono lieta che oggi sia veramente un gran giorno per la cultura, con cinque importantissimi programmi su cui dobbiamo discutere e anche votare; non è una cosa che succede molto spesso in Aula. Ciò, tuttavia, illustra l’importanza e la necessità di rendere operativi programmi di questo tipo.

Nel complesso, poco più dell’uno per cento del bilancio complessivo dell’Unione europea per il 2007-2013 ci è stato messo a disposizione per i cinque programmi: istruzione, gioventù, cultura, media e cittadinanza attiva. Ciò ridimensiona le cose e ci riporta un po’ alla realtà. Si tratta di programmi ambiziosi, e sicuramente avremmo potuto destinare maggiori risorse finanziarie a loro favore; com’è già stato ricordato, avevamo previsto tutti somme più ingenti, ma gli Stati membri ci stanno ostacolando in tal senso.

In generale, tuttavia, credo che il programma di apprendimento permanente stia andando nella giusta direzione con uno snellimento, somme forfettarie e maggiore decentralizzazione in linea con quanto avevamo richiesto. La spesa deve essere proporzionata al sostegno finanziario, e sarebbe valsa la pena puntare anche all’integrazione orizzontale in altri programmi di assistenza comunitari; tuttavia, esorto anche la Commissione a semplificare le cose per le agenzie nazionali, oltre che per i candidati. Le agenzie nazionali sono in fase di ristrutturazione, un processo che indubbiamente richiederà ancora più tempo e, anche in questo caso, sono necessari il dialogo e il sostegno della Commissione. Anche noi dovremmo dedicarci maggiormente al dialogo, perché rimangono alcuni problemi da risolvere.

Speriamo continui la tendenza verso una maggiore mobilità, perché noi ci siamo posti come obiettivo tre milioni di studenti entro il 2012, e quindi dobbiamo fare molti più sforzi e chiedere che vengano apportati molti miglioramenti. Anche i sistemi scolastici devono essere analizzati a livello di qualità, che deve essere garantita non solo dall’UE ma anche dagli Stati membri, e noi dobbiamo chiedere che lo facciano.

 
  
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  Jolanta Dičkutė, a nome del gruppo ALDE. – (LT) Desidero iniziare ringraziando l’onorevole Pack per l’eccellente relazione. L’apprendimento permanente è parte integrante di qualsiasi società moderna in fase di sviluppo, perché il benessere della nazione si basa sull’istruzione, sull’esperienza e sulle competenze acquisite dalla sua popolazione. In molti casi il livello di istruzione e alfabetizzazione determina la salute e il benessere di una persona, oltre a essere una fonte di reddito e a fornire maggiori occasioni di partecipare alla vita sociale, politica e culturale.

Attualmente l’istruzione degli adulti, la formazione e lo sviluppo professionale dei lavoratori acquisiscono sempre più importanza in Lituania, proprio come in tutta l’Unione europea, benché questa non sia ancora diventata la regola. Purtroppo, in base ai dati del 2004, il nostro paese è molto indietro rispetto alla media europea nell’istruzione permanente delle persone comprese nella fascia d’età tra i 24 e i 65 anni – il 28 per cento in Lituania rispetto al 42 per cento dell’Unione europea. Molti cittadini del nostro paese concordano sul fatto che i principali motivi che spingono le persone a studiare sono le crescenti richieste del mercato del lavoro e la possibilità di migliorare e di esprimersi al meglio. Tuttavia, l’età è diventata un ostacolo per la metà dei nostri cittadini, che ritengono di essere troppo vecchi per studiare. In Lituania permane un atteggiamento negativo nei confronti degli anziani che vogliono acquisire conoscenze. In alcuni casi, infatti, alcuni gruppi sociali sono oggetto di discriminazione.

In realtà, sta già prendendo piede l’idea secondo cui solo un lavoratore capace può raggiungere buoni risultati, contribuire alla competitività dell’impresa e, fattore ancora più importante, accrescere la propria autostima e guadagnare fiducia in se stesso. Ciononostante, sono normalmente le istituzioni pubbliche e non i datori di lavoro privati a prendersi maggiormente cura della formazione dei propri dipendenti. E’ un problema enorme, perché le imprese private occupano quasi il 70 per cento dei lavoratori. Le tecnologie in continuo sviluppo e le sfide della concorrenza richiedono personale qualificato, e questo deve essere un processo continuo.

Ecco perché i finanziamenti diventano una questione estremamente importante. Credo che questo programma e gli aiuti concessi dai Fondi strutturali dell’Unione europea aiuteranno a ridurre le differenze esistenti tra i vari Stati membri, e che la strategia di apprendimento permanente sarà effettivamente realizzata.

 
  
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  Helga Trüpel, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, anch’io inizierò ringraziando l’onorevole Pack per l’eccellente lavoro svolto con questa relazione. Si è già detto che la collega è una dei massimi esperti dell’Assemblea in materia di politica dell’istruzione, e ciò risulta evidente dalle priorità e dall’importanza che ha voluto attribuire al documento.

L’Europa è povera di materie prime – questo è un dato di fatto – e quindi è ancor più importante sviluppare il potenziale delle persone che vi vivono. La crescita raggiunta dalla Cina e dall’India è straordinaria, così come il numero di laureati che producono questi due paesi. Se l’Europa vuole avere una possibilità di riuscita nell’economia globalizzata, occorre fare di più per l’istruzione, la ricerca e lo sviluppo. In realtà non credo che il bilancio europeo si concentri sul futuro: si investe ancora troppo nelle politiche agricole tradizionali e troppo poco nell’istruzione, nello sviluppo e nella ricerca.

I precedenti oratori si sono già lamentati del fatto che, in questo settore, abbiamo stanziato un bilancio troppo esiguo, con la ridicola somma dell’uno per cento per i prossimi sette anni. Per me si tratta di un risultato molto deludente: speravo davvero in un importo maggiore. Dovremmo cercare di permettere a ogni studente in Europa di partecipare al programma ERASMUS, che rappresenta una grande opportunità per i giovani, perché l’esperienza di studiare in Stati membri diversi dal loro ne farà dei veri cittadini europei. Per tutta la vita godranno dei vantaggi di ciò che hanno imparato in quella circostanza e, ovviamente, trasferiranno le proprie conoscenze alla propria cerchia di amici, ai propri conoscenti e nella vita lavorativa. Questo è ciò che rende così preziose queste esperienze, non solo per loro come individui ma anche per la società intera. 200 euro, ovviamente, sono preferibili a 150 euro, ma non è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno per attuare una politica dell’istruzione efficace.

Sono convinta, però, che l’onorevole Pack abbia ragione nel dire che occorre iniziare dai giovani e investire di più in tal senso. Lo dimostrano tutti gli studi. Ecco perché investire di più su COMENIUS, nell’ambito dell’apprendimento permanente, è la cosa giusta da fare.

 
  
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  Věra Flasarová, a nome del gruppo GUE/NGL. – (CS) Signor Commissario, onorevoli colleghi, accolgo con favore l’approccio a più livelli adottato dall’onorevole Pack nella stesura di questa relazione. Mi limiterò a evidenziare alcuni aspetti.

Uno dei pericoli del mondo moderno è che le persone non sono in grado di adeguarsi in maniera dinamica a causa della natura eccessivamente specialistica e settoriale dell’istruzione, che dà loro una visione limitata delle cose e impedisce di mettere a frutto il proprio potenziale nel mercato del lavoro. Il mondo è cambiato così radicalmente che l’idea tradizionale secondo cui basta ricevere un’istruzione una sola volta nella vita, che garantisce un’occupazione a lungo termine e una carriera continua fino all’età della pensione, è scomparsa per sempre. Le persone devono essere in grado di reagire più rapidamente all’evoluzione dell’ambiente in cui vivono, e i singoli programmi europei nel settore dell’istruzione devono permettere loro di farlo.

L’apprendimento permanente aiuta le persone a stare al passo con lo sviluppo della scienza e della tecnologia, aiutandole a capire il mondo in generale. Oltre allo sviluppo di programmi per l’istruzione, è necessario fare il possibile per garantire che l’apprendimento permanente non sia solo un lusso per pochi eletti, ma sia accessibile a tutti i livelli della società, a prescindere dal genere o dalla posizione sociale.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, l’obiettivo di questa decisione è la messa a punto di un programma integrato nel settore dell’apprendimento permanente da parte del Consiglio e del Parlamento, da attuare nel periodo 2007-2013. In particolare, il programma mira a sviluppare una cooperazione internazionale tra scuole e istituti di insegnamento superiore oltre a promuovere la mobilità degli studenti, del personale, degli alunni e degli insegnanti. Esso si compone di quattro programmi settoriali, ovverosia COMENIUS per le scuole, ERASMUS per l’istruzione superiore, Leonardo da Vinci per l’istruzione e la formazione professionale e GRUNDTVIG per l’istruzione degli adulti.

L’importo originariamente previsto dal bilancio del programma è stato ridimensionato. Ciò ha comportato tagli quantitativi alle singole componenti del programma e alla suddivisione percentuale delle risorse. Essendo ora disponibili meno fondi, molte delle azioni precedentemente previste non saranno portate avanti. Tra queste si segnala la promozione della mobilità degli insegnanti a breve e lungo termine nel quadro di ERASMUS, insieme alla visite di studio e ai progetti sperimentali e innovativi nel quadro del programma intersettoriale. In base alle disposizioni della nuova prospettiva finanziaria 2007-2013, lo stanziamento di bilancio per la realizzazione del programma di apprendimento permanente è stato quasi dimezzato, con una riduzione da 13,62 miliardi di euro originariamente previsti a 7,171 miliardi di euro. Ciò comporterà una diminuzione delle borse di studio a disposizione dei progetti e minori opportunità di studiare in istituti stranieri per gli studenti meno abbienti.

Per concludere, desidero ringraziare di cuore l’onorevole Pack per tutto il lavoro svolto.

 
  
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  Andrzej Tomasz Zapałowski, a nome del gruppo IND/DEM. – (PL) Signor Presidente, il programma di apprendimento permanente è un’ottima iniziativa, e tutti gli scopi previsti nelle sue disposizioni sono importanti. Questo programma è volto a realizzare uno dei pilastri dell’Unione, la politica sociale comune. Tuttavia, come è successo per analoghe iniziative di eccellenza, il programma si è visto tagliare i fondi.

Una delle disposizioni del programma riguarda il sostegno al contributo dell’apprendimento a favore della coesione sociale, che dovrebbe migliorare i rapporti tra le società della Comunità. Vi chiedo, onorevoli colleghi, come può essere vero quando i nuovi Stati membri sono ancora vincolati dai periodi transitori previsti per l’accesso al mercato del lavoro, e viene loro negato pari accesso alla conoscenza e alla tecnologia? Ciò compromette anche un altro obiettivo chiave, ovvero l’aumento della competitività, della mobilità e dell’innovazione in questo mercato. Come si può parlare di simili valori, quando non esiste un reciproco riconoscimento dell’equipollenza dei diplomi, mettendo così le persone in condizioni di svantaggio proprio all’inizio della loro carriera?

Per concludere voglio sottolineare che, per l’ennesima volta, si considera valido uno splendido e nobile programma, i cui scopi e le cui disposizioni si applicano principalmente ai paesi della vecchia Unione.

 
  
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  Erna Hennicot-Schoepges (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, l’onorevole Pack è stata colei che ha stimolato lo sviluppo dei programmi oggetto del dibattito odierno, che verte sul programma d’azione integrato. Senza la sua passione non avremmo mai compiuto i progressi realizzati.

ERASMUS è sicuramente il programma più popolare. Nonostante l’aumento dei fondi, la nuova versione continuerà a dipendere dalla condizioni generali di mobilità come la trasferibilità delle borse di studio, la sicurezza sociale e il riconoscimento dei diplomi. Se da una parte la mobilità non garantisce l’integrazione degli studi nel curriculum vitae di una persona, dall’altra scegliere ERASMUS significa, con molta probabilità, che la persona dovrà studiare un anno in più. Signor Commissario, vorrei chiederle dov’è prevista l’integrazione di un anno ERASMUS nel processo di Bologna.

Per quanto riguarda il programma LEONARDO, la mobilità dei dipendenti che intraprendono un percorso di formazione professionale è di primaria importanza per i settori dell’artigianato e delle piccole e medie imprese, che devono essere sensibilizzati sui temi della mobilità. Dare mobilità alla nostra forza lavoro: ecco il potenziale contributo del programma LEONARDO. A tal fine, la Commissione dovrebbe lanciare campagne di sensibilizzazione delle imprese e, al contempo, garantire l’effettiva spesa delle risorse finanziarie disponibili.

Vi ricordo che i nostri antenati viaggiavano molto volentieri. Artisti e artigiani erano quelli che viaggiavano di più: sono loro che hanno fatto progredire la società. Gli scambi transfrontalieri sono il miglior modo per far dimenticare i confini ai nostri concittadini, e per dimostrare che possiamo fare di più.

Infine non smetterò di ripetere, signor Commissario, che, vista l’importanza attribuita dal Presidente Barroso alla cultura, dovremmo avere il coraggio di trasformarla in politica europea. Chi vuole più finanziamenti, peraltro, deve essere in grado di proporre progetti politici importanti, riconosciuti come tali. Rilanciare il dibattito sul miglior modo per far progredire la Commissione sarebbe, per noi, una buona occasione per esprimerci chiaramente a favore di una simile politica.

 
  
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  Maria Badia i Cutchet (PSE). – (ES) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, mi unisco alle congratulazioni espresse alla relatrice, onorevole Pack, per il buon lavoro svolto e a tutti i membri della commissione per la cultura e l’istruzione, i cui contributi hanno arricchito questo testo.

Tuttavia, vorrei esprimere la mia preoccupazione per l’attuazione del programma di apprendimento permanente. Mi ricordo come, all’inizio, ci siamo fatti in quattro per migliorare il sistema della mobilità degli studenti in Europa. Tutti noi abbiamo votato a favore dell’aumento dei fondi per i programmi ERASMUS, LEONARDO, COMENIUS eccetera, convinti che fosse un investimento estremamente produttivo a lungo termine. Fornire ai partecipanti i mezzi economici e, al tempo stesso, semplificare l’ottenimento delle borse di studio ci ha avvicinato agli obiettivi previsti nella strategia di Lisbona.

Con il passare del tempo, però, mi è più difficile rimanere ottimista. Dagli studi emerge che gli alunni europei di quindici anni hanno scarse capacità di lettura, che molti non tengono fede agli obblighi scolastici e che molti giovani non completano gli studi nel tempo prestabilito. Alla luce di questi dati, mi chiedo come potremo affrontare le sfide della globalizzazione. Se vogliamo creare una società della conoscenza, uno sviluppo economico sostenibile e una maggiore coesione sociale, dobbiamo costruire una buona base sin dall’inizio, obiettivo che si può raggiungere solo con un’istruzione efficace. In poche parole, per far fronte alle sfide del futuro, è fondamentale investire di più nell’istruzione.

Si può migliorare il funzionamento dei programmi esistenti e creare nuovi programmi. Se ci sforzeremo in tal senso i numeri ci daranno poco a poco ragione, ma tutti noi dobbiamo cercare di convincere gli Stati membri che occorre stanziare più fondi per l’istruzione e la formazione.

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE). – (LT) Signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei ribadire che il programma oggetto del dibattito offre ai cittadini migliori opportunità di accedere alla formazione continua e diventare protagonisti della società della conoscenza.

Credo che la versione iniziale del documento proposto dalla Commissione europea a cui siamo tornati renderà più facile l’attuazione di un programma che integra tutte le iniziative in corso nel settore dell’istruzione. Un sistema unico garantirà chiarezza e, cosa ancora più importante, la possibilità di evitare ridondanze in alcuni settori.

Gli Stati in grado di partecipare ai programmi di apprendimento permanente sono stati chiaramente avvantaggiati da questa iniziativa dell’Unione europea. I programmi ERASMUS, Leonardo da Vinci o Jean Monnet, ad esempio, sono molto noti tra la popolazione lituana, a testimonianza del fatto che le iniziative dell’Unione europea nel campo dell’istruzione vengono attuate con molta efficacia.

Spero sosterrete la mia tesi secondo cui il programma di apprendimento permanente è di vitale importanza, sia per promuovere la concorrenza e l’imprenditorialità sia per creare un sentimento comune di cittadinanza europea, basato sui valori dell’Unione europea, come la comprensione reciproca e il rispetto dei diritti dell’uomo e della democrazia.

 
  
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  Jerzy Buzek (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, appoggio pienamente il programma di apprendimento permanente dell’Unione.

Diciamo sempre che l’Europa deve diventare più competitiva. La competitività deve basarsi sul triangolo della conoscenza: istruzione, ricerca e innovazione. L’istruzione è fondamentale in questa struttura. Sebbene i sistemi scolastici dell’Unione siano di competenza degli Stati membri, siamo molto favorevoli a un programma europeo dell’istruzione maggiormente integrato. Ora abbiamo il settimo programma quadro di ricerca, mentre di recente è stato lanciato un nuovo programma comunitario sulla competitività e l’innovazione. Gli angoli del triangolo della conoscenza dell’Unione sono stati delineati con chiarezza. Ora emergono interrogativi sui lati del triangolo: questi programmi sono adeguatamente collegati e si sostengono a vicenda? Non dobbiamo pensare a tre programmi separati, a tre scopi distinti per l’Unione europea, ma a un unico obiettivo comune, vale a dire una società della conoscenza.

Apprezzo molto le modifiche proposte all’apprendimento permanente, ad esempio quella che si intende apportare al programma Leonardo da Vinci per agevolare il trasferimento dell’innovazione, e quella di cui sarà oggetto il programma GRUNDTVIG, volta a facilitare la mobilità innovativa degli studenti più anziani. Troppo spesso, però, il programma introduce metodi innovativi di apprendimento invece di aprire nuovi spazi alle innovazioni stesse e ai futuri ricercatori. Non esiste un sistema per attirare persone di grande talento, soprattutto se partecipanti ai programmi ERASMUS e COMENIUS per i giovani, e far loro continuare il percorso formativo nel quadro del programma Marie Curie. Il programma di apprendimento permanente, inoltre, deve essere in linea con le priorità di ricerca del settimo programma quadro. Tutte le nostre azioni devono mirare a garantire continuità nel triangolo della conoscenza, dalla scuola sino all’Istituto europeo di tecnologia.

Mi congratulo con il Commissario per questo programma, e lo esorto a far sì che si tenga conto di questi commenti in fase di attuazione.

 
  
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  Ján Figeľ, Membro della Commissione. (SK) Sono convinto di non dovere aggiungere molto; piuttosto, dovremmo impegnarci maggiormente per realizzare ciò che più volte abbiamo già concordato. L’istruzione non è solo un periodo nella vita di una persona. Possiamo affrontare i temi dell’occupazione e della crescita adottando un approccio molto più coerente, ed è proprio questo l’intento della strategia di Lisbona. Non si può separare l’istruzione dalla ricerca e dall’innovazione che, a sua volta, presuppone creatività e promozione della conoscenza. Occorre anche utilizzare la conoscenza a livello pratico, in maniera innovativa.

Credo che la Commissione stia procedendo in questa direzione, come dimostra la proposta di creare l’Istituto europeo di tecnologia, avanzata al Vertice di Lahti della scorsa settimana. Tale orientamento emerge anche dall’intero programma e dalla politica che colloca l’istruzione al centro della strategia di Lisbona, volta a preparare l’Europa e a generare conoscenza per la crescita e l’occupazione.

I quattro pilastri del programma di apprendimento permanente hanno nomi molto attraenti: COMENIUS (Jan Amos Comenius), Leonardo da Vinci, Erasmus da Rotterdam e GRUNDTVIG. Credo sia un segnale importante. Non riusciremo a risolvere tutti i problemi finanziari con questo programma, ma potremo essere fonte d’ispirazione, soprattutto per le misure a livello nazionale, di modo che l’istruzione, che rientra nelle competenze degli Stati membri, diventi l’obiettivo delle strategie nazionali o della strategia di Lisbona. Avremo così molti più soldi a disposizione, e sicuramente saremmo felici di avere più fondi a favore della mobilità e della cooperazione nel settore dell’istruzione.

Credo che l’imminente ventesimo anniversario di ERASMUS, il programma più popolare dell’Unione europea, sia una grande opportunità per fare il punto della situazione, ma anche una sfida per impegnarci di più, insieme, a favore dell’istruzione, dei giovani e del futuro.

Per quanto riguarda i visti e la cooperazione con altri paesi, a partire dal 1° gennaio 2007 gli Stati membri dovrebbero applicare o recepire la decisione sulle agevolazioni per l’ottenimento dei visti per studenti, professori e ricercatori in tutta l’Unione europea, ad eccezione del Regno Unito, dell’Irlanda e della Danimarca.

Quanto alla nostra eventuale necessità di armonizzazione o di una politica di altra natura, vorrei dire che ci occorrono complementarità e compatibilità, non armonizzazione dei nostri sistemi scolastici, e stiamo gradualmente procedendo in tal senso grazie a varie misure come il processo di Bologna.

Chiediamo costantemente non solo più investimenti, ma anche migliori investimenti. La priorità assoluta è la qualità degli investimenti, mentre la quantità degli investimenti viene al secondo posto. “Qualità” significa anche riuscire a raccogliere fondi pubblici e privati, obiettivo che spesso è legato al finanziamento dell’istruzione o della mobilità da parte delle imprese e delle industrie.

Ecco qui le mie riflessioni per rispondere ad alcuni punti sollevati. Desidero nuovamente ringraziare la relatrice, onorevole Pack, l’intera commissione parlamentare e tutti coloro che hanno contribuito per l’impegno profuso e l’ampio consenso raggiunto.

 
  
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  Presidente. La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì, alle 12.30.

Dichiarazione scritta (articolo 142 del Regolamento)

 
  
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  Alyn Smith (Verts/ALE). – (EN) Signor Presidente, mi congratulo con la relatrice per l’orientamento impresso a questa importante relazione in Parlamento. Il prossimo anno ERASMUS celebrerà il suo ventesimo anniversario, dopo essere stato creato da uno dei miei predecessori, Winnie Ewing, quando era alla presidenza della commissione per la cultura e l’istruzione. Sono molti i motivi per cui merita di essere ringraziata. Dal 1987, più di 1,2 milioni di studenti hanno completato scambi presso università straniere. Nell’anno accademico 2004-2005, oltre 144 000 studenti hanno colto l’opportunità rappresentata dal programma ERASMUS per continuare gli studi in un paese diverso dal loro. Il vantaggio e l’incomparabile esperienza linguistica e culturale che gli studenti possono acquisire in questo modo non hanno eguali. In qualità di ex studente ERASMUS, lo posso garantire.

ERASMUS è stato uno dei successi dell’UE, che ne ha dimostrato l’importanza. Tuttavia, mentre il numero di studenti arrivati in Scozia è stato incoraggiante, vale a dire 2 163 persone nell’anno 2004-2005, il numero di studenti scozzesi recatisi all’estero è stato di molto inferiore, solo 1 018 persone. Vorrei che più scozzesi partecipassero a questo programma e usufruissero dell’opportunità di studiare all’estero. ERASMUS è un modo per incoraggiare i nostri giovani ad acquisire una mentalità internazionale.

 
  
  

Allegato – Dichiarazione della Commissione

La Commissione desidera attirare l’attenzione dell’autorità legislativa sulla necessità di esprimere ai prezzi attuali la dotazione finanziaria menzionata nel provvedimento di base entro e non oltre la pubblicazione finale sulla GU. Ciò corrisponde alla normale procedura di bilancio e permette di garantire, con la massima trasparenza, il rispetto della decisione dell’autorità legislativa. Per il “Programma d’azione nel campo dell’apprendimento permanente”, l’importo ai prezzi attuali ammonta a 6 970 milioni di euro.

 

19. Programma “Europa per i cittadini” (2007-2013) (discussione)
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  Presidente. L’ordine del giorno reca la raccomandazione per la seconda lettura (A6-0342/2006), della commissione per la cultura e l’istruzione, relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell’adozione della decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, per il periodo 2007-2013, il programma “Europa per i cittadini” mirante a promuovere la cittadinanza europea attiva [09575/1/2006 – C6-0316/2006 2005/0041(COD)] (Relatore: onorevole Takkula).

 
  
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  Hannu Takkula (ALDE), relatore. – (FI) Signor Presidente, signor Commissario, vorrei innanzi tutto ringraziare tutti coloro che hanno partecipato alle delibere relative a questa relazione, soprattutto i relatori ombra e i membri delle altre commissioni che hanno presentato le loro osservazioni. In particolare, vorrei ringraziare le mie stimate colleghe e coordinatrici, le onorevoli Pack e Prets, perché, essendo membro del gruppo più piccolo, senza il loro sostegno non sarei stato in grado di produrre questa relazione. Sono anche grato per lo spirito di squadra e per l’ottima collaborazione offerta dalla loro commissione.

Il programma prevede quattro azioni. La prima è un’Europa di cittadini attivi, che comprende il gemellaggio di città e i progetti dei cittadini. Il gemellaggio di città si è già rivelato un successo, e mi auguro che tale successo prosegua e si consolidi con il nuovo programma. Anche i progetti dei cittadini sono molto importanti. Un’idea centrale, nella definizione del programma, è stata che l’Unione europea può realmente avere un programma di base, che non sia elitario e in cui le persone, i cittadini dell’Unione europea, possano riconoscersi.

La seconda azione è “Una società civile attiva in Europa”. Questa azione può contribuire a fornire sostegno strutturale ai centri di ricerca sulle politiche dell’Unione (gruppi di riflessione), alle ONG a livello europeo e a progetti promossi da tali ONG. Ritengo sia fondamentale che i centri educativi per adulti, le scuole professionali e le organizzazioni che non rilasciano un diploma svolgano un ruolo più incisivo, perché sono proprio queste le organizzazioni più idonee a raggiungere i comuni cittadini a livello di base. Si auspica che il programma possa così aprire le sue porte ai cittadini di tutta l’Unione europea e che essi comprendano l’importanza di questa iniziativa.

La terza azione è “Insieme per l’Europa”, a sostegno di eventi di grande visibilità, studi e strumenti di informazione e di diffusione. Come sappiamo, è importante promuovere l’Unione europea nel modo appropriato e ravvicinarla ai cittadini, perché vi sono carenze anche nel campo dell’informazione e delle comunicazioni. Le persone si sentono molto lontane dal processo decisionale e quindi percepiscono i programmi dell’Unione europea come iniziative remote. Abbiamo molto lavoro da svolgere per ravvicinare l’Unione ai cittadini, fornendo informazioni e organizzando varie manifestazioni.

Al programma è stata aggiunta una quarta azione, ovvero la conservazione della “Memoria europea attiva”. Abbiamo discusso a lungo dell’argomento in seno alla nostra commissione. Siamo infine giunti alla conclusione che, quando quest’azione è stata trasferita dal programma Cultura 2000, si doveva conservare solo la memoria del nazismo e dello stalinismo, affinché orrori del genere non si ripetano mai più in Europa. Consideriamo fondamentale far sì che anche le generazioni future possano comprendere che cos’è l’identità europea, che cos’è la pace e che cos’è la stabilità, ed è quindi importante garantire anche la memoria attiva.

E’ ovvio che, quando è stato messo a punto il programma, sarebbe stato preferibile aggiornare la dotazione finanziaria. Sappiamo tuttavia che, per qualche motivo, i progetti culturali non trovano ancora sufficiente adesione in seno al Parlamento europeo, o almeno in seno alla Commissione europea e al Consiglio, e non vi è un riconoscimento adeguato della loro importanza. Personalmente, ritengo che la cultura e la società civile creino una base su cui si può costruire anche un’economia dinamica e prospera. Noi della commissione per la cultura e l’istruzione, da persone colte quali siamo, dovremo garantire una dotazione finanziaria più efficace in futuro. Questa volta siamo stati in certa misura obbligati a ridurla rispetto alla proposta iniziale della Commissione, a causa delle pressioni esercitate dal Consiglio. Mi auguro tuttavia che il programma possa essere avviato e che abbia successo.

Vorrei infine esprimere la mia gratitudine per la cooperazione e l’intesa generale raggiunta tra la Commissione, il Consiglio e il Parlamento. In particolare, sono lieto che le ONG, le università aperte e le organizzazioni sportive dilettantistiche siano state incluse nel programma. Mi auguro che quando sarà avviato, all’inizio del 2007, possa avere grande successo.

(Applausi)

 
  
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  Ján Figeľ, Membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, non più di sei mesi fa, mi trovavo in quest’Aula a parlare dello stesso programma, chiedendo un rapido accordo. All’epoca, la proposta aveva un titolo diverso: “Cittadini per l’Europa”. Ora, a sei mesi di distanza, siamo di nuovo qui, a un passo dalla decisione finale, che recherà il nuovo titolo, “Europa per i cittadini”, grazie al vostro contributo. Tuttavia, penso sia stato un progresso notevole, sia in termini di consenso sia per la prontezza con cui si è proceduto al perfezionamento del programma.

Il programma è molto importante per i cittadini e per le organizzazioni della società civile. Sono molto soddisfatto della qualità e della profondità dei negoziati tra le Istituzioni riguardo al programma. In particolare, vorrei esprimere i miei sinceri ringraziamenti alla commissione per la cultura per gli sforzi compiuti al fine di accelerare la procedura, e al relatore, onorevole Takkula, per l’ottimo lavoro svolto e per la sua collaborazione.

Questi progressi nelle procedure interistituzionali sono stati accompagnati da riunioni informali trilaterali e sono sfociati in un compromesso accettabile per tutte e tre le Istituzioni, frutto di quattro emendamenti sui quali voterete domani.

Per quanto riguarda la dotazione finanziaria, abbiamo deciso di stanziare 190 milioni di euro ai prezzi 2004, il che significa 215 milioni di euro ai prezzi attuali. L’importo è inferiore a quello previsto dalla proposta iniziale della Commissione, ma ci permette di conservare la struttura del programma, riducendo solo il numero di azioni.

Vorrei esprimere ancora una volta il mio rammarico per l’introduzione, da parte del Consiglio, di una fase supplementare nella procedura di comitatologia. Ciò rallenterà la procedura di selezione per alcune categorie di progetti. Tuttavia, nell’ottica di raggiungere un rapido accordo, la Commissione ha accettato la posizione adottata dal Consiglio e sostenuta dal Parlamento. Oggi prevedete di adottare quattro emendamenti: due di essi riguardano la ripartizione della dotazione finanziaria tra le varie azioni, uno è di ordine tecnico e accelererà l’entrata in vigore del programma e l’ultimo aggiunge la promozione della tolleranza agli obiettivi del programma. Tali emendamenti sono pienamente in linea con la filosofia del programma.

Consentitemi di ribadire che la Commissione sostiene pienamente il compromesso raggiunto e incoraggia quindi il Parlamento ad approvare i quattro emendamenti. Se li adotterete, il Consiglio si è impegnato ad approvare rapidamente il testo concordato e il programma dovrebbe quindi poter entrare in vigore il 1° gennaio 2007.

Posso assicurarvi che, una volta adottato il programma, la Commissione prenderà tutti i provvedimenti necessari per attuarlo con la massima efficienza ed efficacia possibile. In realtà, i miei servizi si sono già attivati per predisporne l’entrata in vigore. Lavoreremo in stretta collaborazione con il comitato del programma e manterremo un dialogo regolare con le organizzazioni partecipanti.

Vorrei concludere riprendendo ciò che ha affermato l’onorevole Takkula, ovvero che la cultura costituisce la base delle nostre società, motivo per cui abbiamo definito la base giuridica per questo programma in combinazione con l’articolo 151 del Trattato, relativo alla cultura. Questa decisione è stata oggetto di numerose discussioni, ma ritengo sia la proposta corretta e la linea giusta da seguire, affinché la cultura e la cittadinanza in futuro procedano di pari passo verso l’assunzione, a tutti i livelli, della responsabilità dei nostri impegni pubblici e privati nella nostra vita personale, nonché nel contesto dell’allargamento e del futuro dell’Unione.

 
  
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  Rolf Berend, a nome del gruppo PPE-DE.(DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, permettetemi di cominciare ringraziando il relatore, onorevole Takkula, per l’ottima relazione sul programma “Europa per i cittadini”. Ora che, a causa della mancanza di intesa con il Consiglio, l’importo complessivo è stato ridotto a 190 milioni di euro, rispetto ai 235 milioni originariamente decisi dall’Assemblea e dalla Commissione, dovremo riuscire a farlo bastare.

Sosteniamo i due emendamenti del relatore, uno dei quali prevede una riduzione del 2 per cento, e l’altro un aumento della stessa cifra. Siamo lieti, in particolare, che la nuova azione 4, che riguarda i siti e i monumenti commemorativi, tenga viva la memoria non solo dei crimini commessi dal regime nazista, ma anche dal regime stalinista.

Tuttavia, signor Commissario, vorrei affrontare un altro problema, che è stato sollevato dai beneficiari dei programmi e da coloro che li gestiscono. L’Assemblea desidera rilevare che la sua risoluzione del 5 aprile 2006 menzionava sia le conferenze sia i seminari. I seminari bilaterali – gruppi di lavoro e riunioni di esperti – sono componenti essenziali dello sforzo di collaborazione, in termini di qualificazione dei programmi e delle persone che vi lavorano, e si dovrebbero mettere a loro disposizione sovvenzioni analoghe a quelle disponibili per le conferenze multilaterali.

L’Assemblea dà inoltre per scontato che la Commissione, nel corso della procedura di esame delle domande, accorderà pari trattamento alle autorità locali e alle organizzazioni della società civile. Lo scopo è evitare che la Commissione faccia ciò che era stato originariamente previsto, cioè imponga requisiti supplementari – per esempio cauzioni e garanzie bancarie speciali – a troppe organizzazioni sociali diverse, che difficilmente sarebbero in grado di soddisfarli.

 
  
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  Emine Bozkurt, a nome del gruppo PSE. – (NL) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto ringraziare il relatore, onorevole Takkula, per l’ottima relazione e l’eccellente cooperazione. Accolgo questo programma a braccia aperte, perché gioverà ai cittadini, a noi parlamentari e all’Unione europea nel suo insieme. Dopo tutto, il programma “Europa per i cittadini” indica infine che non sono i cittadini a esistere per l’Europa, bensì il contrario: l’Europa esiste per i cittadini. Soltanto se l’Unione europea ottiene risultati concreti per i suoi cittadini possiamo contare sul loro sostegno all’Unione. Va da sé che si può tentare di migliorare il processo che lega i cittadini all’Unione, organizzando programmi di scambio e manifestazioni, ma è sempre meglio che siano essi stessi a proporre le loro iniziative, e qui entra in ballo il programma.

Sono grata all’onorevole Takkula, agli onorevoli colleghi di tutti i gruppi, nonché alla Commissione e al Consiglio, per l’ottima relazione di lavoro che si è instaurata durante l’esame di questo dossier. Tuttavia, devo togliermi un peso dallo stomaco. L’Unione europea ha riconosciuto che esiste un abisso tra i cittadini e le Istituzioni. Questo programma dà espressione a tale riconoscimento e tenta di porre rimedio alla situazione. Perché, dunque, abbiamo fatto economie su questo e altri programmi di importanza fondamentale? Parlare di partecipazione dei cittadini senza prevedere fondi a tal fine è un chiaro spreco di tempo.

In ogni caso, farò tutto il possibile per promuovere il programma presso i cittadini dei Paesi Bassi. Mi auguro che altri colleghi richiameranno l’attenzione dei cittadini su questo programma anche nei loro paesi. Se riusciremo tutti a trasformarlo in un grande successo, la prossima volta il Consiglio e la Commissione forse non avranno altra scelta se non quella di aumentare la dotazione finanziaria per il programma “Europa per i cittadini” a un livello accettabile.

Il programma “Europa per i cittadini” può senz’altro avere successo. In Europa, molte persone sono disposte a lavorare attivamente a favore dell’integrazione europea. Questo programma permette loro di partecipare al processo e di organizzarsi. E’ quindi estremamente importante che i cittadini europei si sentano partecipi dello sviluppo dell’Unione, e ciò è reso possibile da questo programma. L’appello che rivolgo ai cittadini d’Europa è quindi di cogliere questa opportunità.

 
  
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  Marian Harkin, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, mi congratulo con il relatore per l’ottimo lavoro svolto nell’elaborare questa relazione sulla promozione di una cittadinanza europea attiva.

Molti di noi, cui sta sinceramente a cuore il futuro dell’Europa, ritengono che la cittadinanza attiva svolgerà un ruolo importante nel proseguimento del progetto europeo. L’Unione è un lavoro in corso, un continuo procedere da secoli di divisione verso un’era di cooperazione reciproca. Questa cooperazione reciproca è vantaggiosa per tutti i nostri cittadini. Altrimenti, l’Unione europea non avrebbe ragione d’essere.

E’ altrettanto importante comprendere che questa cooperazione reciproca non si instaura solo tra gli Stati membri. Ciò è senz’altro importante, ma non basta. Vi deve essere cooperazione reciproca anche tra i nostri cittadini, in modo che siano anch’essi parte integrante del processo: non come spettatori, ma come attori, non come osservatori, ma come partecipanti. Stiamo parlando di democrazia partecipativa affiancata alla democrazia rappresentativa, un’alleanza a volte scomoda da entrambe le parti, ma che va promossa, perché altrimenti non saranno altro che parole e i nostri cittadini meritano di meglio.

Sono lieta che nella relazione siano stati inclusi i programmi di istruzione informale. Forse si può estendere tale disposizione al riconoscimento delle attività di volontariato, tramite l’introduzione di un passaporto europeo per i volontari. Il volontariato svolge un ruolo importante nella cittadinanza attiva, perché molte attività previste dalla relazione, tra cui i gemellaggi di città, le organizzazioni della società civile e le organizzazioni sportive dilettantistiche, comportano la partecipazione di volontari. Si deve sostenere anche il dialogo interculturale. Abbiamo tutti pregiudizi, idee sbagliate sugli altri, e solo lavorando insieme possiamo cominciare a riconoscere l’umanità degli uni e degli altri; questa è la base della cooperazione reciproca e del rispetto reciproco.

Il mio unico rammarico è che la dotazione finanziaria prevista non sarà sufficiente per realizzare l’enorme e importante compito che abbiamo assunto. Tuttavia, concordo con l’oratrice che mi ha preceduta: rimbocchiamoci le maniche e procediamo.

 
  
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  Helga Trüpel, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, vorrei anch’io ringraziare innanzi tutto il relatore, onorevole Takkula.

Sono lieta che sia stato ripensato il nome del programma, originariamente intitolato “Cittadini per l’Europa” e ora divenuto “Europa per i cittadini”. Ciò significa che l’onere grava anche sull’Europa e deve essere esteso ai cittadini. L’obiettivo è raggiungere e coinvolgere i cittadini, incontrarli a livello locale, prenderli sul serio, ascoltare le loro preoccupazioni e persuaderli ad aderire all’Europa e interessarsi al dibattito sul suo futuro.

Le attività di gemellaggio tra città sono un buon strumento per realizzare tale obiettivo. Tuttavia, anche una discussione generale sull’inquietudine creata dalla globalizzazione europea e sul modo in cui trovare l’equilibrio tra neoliberalismo eccessivo, da un lato, e statalismo o protezionismo eccessivo, dall’altro, figurerà tra i dibattiti condotti nel quadro del programma.

Vorrei menzionare un altro aspetto, cioè l’inclusione dei campi di sterminio – stalinisti o nazisti – nel programma. Ritengo che un’ulteriore rivalutazione della storia di questo totalitarismo specifico europeo, che ha distrutto l’Europa e creato enorme infelicità nel mondo intero, sia politicamente appropriata. Trarne i corretti insegnamenti e costruire un’Europa realmente aperta e democratica rimane una delle nostre sfide per il futuro. Il programma intende contribuire anche a questo.

 
  
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  Miguel Portas, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) Condividiamo le preoccupazioni e gli obiettivi del programma “Europa per i cittadini” e siamo quindi favorevoli alla sua adozione. La verità è che nell’Unione europea non mancano né una “Europa per le imprese” né una “Europa per il mercato”, anzi. Abbiamo pochissima “Europa per i cittadini”, pochissimo sostegno a una cittadinanza europea che abbia voce in capitolo sui grandi temi della costruzione del nostro spazio comune. In questo ambito, le decisioni sono timide, la legislazione è debole e il sostegno è quasi inesistente. Il programma di per sé non cambierà questa realtà. Sosteniamo il programma, ma ne critichiamo la debolezza finanziaria. Una riduzione del 60 per cento rispetto alla proposta iniziale è chiaramente eccessiva, ma decisamente in linea con la norma restrittiva e superata, secondo la quale tutti i programmi nel settore dell’istruzione, della cultura e della gioventù sono sottofinanziati. La mancanza cronica di finanziamenti non è dovuta alla carenza di risorse, ma è frutto di una strategia politica intenzionale sul tipo di Unione che gli Stati membri vogliono costruire, riemersa quando sono state adottate le prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013, a spese, tra l’altro, del settore della cultura.

Non esistono politiche efficaci senza finanziamenti adeguati. Le parole e le buone intenzioni vanno sempre bene, ma le politiche devono spingersi ben oltre.

Signor Presidente, onorevole Takkula, siamo d’accordo con lei riguardo alla sua preferenza per la trasparenza nella concessione dei finanziamenti per i progetti. La selezione dovrebbe basarsi su criteri chiari, con bandi di gara aperti e giudici imparziali. Purtroppo, non è così. Siamo lieti di constatare che sarà possibile porre gradualmente fine allo scandalo dei finanziamenti concessi al di fuori del sistema di presentazione delle domane a organizzazioni che si collocano al di sopra della concorrenza leale e continuano a percepire sovvenzioni cospicue a lungo termine. Ciò danneggia l’immagine dell’Unione. Il fatto che queste organizzazioni siano spesso associate ai nomi di persone importanti, che hanno fatto carriera nelle Istituzioni europee, non fa che aggravare la situazione. Provengo da un paese dell’Europa meridionale e posso dire che vedo con grande favore l’aria fresca che soffia dal nord in questo ambito.

Infine, per quanto riguarda la nuova linea di finanziamento per i siti e i monumenti commemorativi concernenti le dittature, vorrei esprimere ancora una volta il nostro totale disaccordo sui criteri adottati. L’esclusione dei siti e dei monumenti commemorativi riguardanti le dittature che per decenni hanno oppresso vari popoli dell’Europa meridionale rivela una mancanza di rispetto per le migliaia di vittime di tali dittature. Senza la vittoria sui regimi fascisti del sud, oggi le frontiere dell’Unione europea sarebbero ben diverse e il suo territorio meno esteso. L’esclusione di queste dittature, di questa memoria, trasmette ai cittadini un messaggio sbagliato, ossia che vi sono dittature la cui memoria non può essere trascurata e altre dittature meno perniciose o persino accettabili. Trasmette un messaggio errato anche al mondo. Il pragmatismo nei confronti delle dittature, con politiche che prevedono due pesi e due misure, avvelena e discredita la politica estera dell’Unione europea. Un criterio basato su principi democratici chiari sarebbe stato preferibile a un criterio mediocre e meschino, incapace di andare oltre la scarsità di fondi.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, svolgiamo tutti il nostro ruolo nella creazione dell’Unione europea, ma portiamo con noi le nostre prospettive, esperienze e osservazioni specifiche. Ciò evidenzia che, pur avendo molto in comune, siamo anche molto divisi.

Molti cittadini europei sono scettici sull’Unione e dubbiosi sull’integrazione europea. Di conseguenza, se alcuni cercano soluzioni per realizzare rapidamente l’integrazione europea, altri ritengono che, se è proprio necessario, questo processo deve essere lento e accuratamente pianificato; ritengono che debba essere un processo a lungo termine, che rispetti le tradizioni nazionali e tenga conto dell’esperienza contemporanea.

Sono lieto che il programma “Europa per i cittadini” contenga molte proposte avanzate dai parlamentari europei, in particolare la parte riguardante i siti e i monumenti commemorativi delle vittime della dittatura. E’ disponibile un sostegno finanziario per i luoghi legati al regime nazista e per i siti e i monumenti commemorativi delle vittime del regime stalinista. Durante la discussione sul programma, si è detto molto su quanto poco i cittadini si identifichino con il processo di integrazione europea. E’ stata giustamente operata una distinzione tra cittadini dei vecchi, nuovi e futuri Stati membri. Tuttavia, non è stata prestata sufficiente attenzione al fatto che, se un gruppo mira a creare il più rapidamente possibile un modello unico europeo di identità nazionale, un altro è propenso a creare un’Europa delle nazioni, in cui sia rispettato il senso di identità nazionale. Quest’ultimo gruppo determinerebbe i valori culturali comuni sulla base della diversità e del dialogo culturale.

 
  
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  Witold Tomczak, a nome del gruppo IND/DEM. – (PL) Signor Presidente, il progetto di documento sul programma “Europa per i cittadini” è un esempio di pii desideri elencati in dettaglio. A qualcuno è balenata l’idea che, se si investissero più fondi in campagne di sensibilizzazione, informazione e coinvolgimento dei cittadini europei nelle attività dell’Unione, i cittadini si avvicinerebbero all’Unione e parteciperebbero all’integrazione europea.

Veniva addotto un argomento analogo nella sfera di influenza sovietica, in cui la nostra vita era dominata dall’ideologia socialista ortodossa. Si riteneva che, elargendo fondi per eventi pubblici, si sarebbe garantito lo sviluppo della cosiddetta coscienza socialista. Il sistema sovietico fece di tutto per creare un’unica identità sovietica ortodossa nelle menti di russi, ucraini, georgiani e altre popolazioni. Le nazioni furono private del diritto di avere una propria identità distinta.

Alcuni hanno ora deciso che sarà più facile integrare gli europei se il documento pertinente sarà intitolato “Europa per i cittadini” anziché “Cittadini per l’Europa”. Abbiamo già visto tutto questo. Non si pensava che i cittadini sovietici dovessero esistere per l’Unione sovietica. Era l’Unione sovietica a esistere per i suoi cittadini. In realtà, per Lenin, Stalin e altri, le persone che pensavano e agivano da russi, polacchi o ungheresi costituivano un ostacolo. Le persone allevate nel multiculturalismo sovietico erano più malleabili e più accondiscendenti a diventare schiavi al servizio dell’impero.

Faremmo bene a ricordare che la vera libertà degli individui e delle nazioni deriva dalle culture nazionali da cui trae origine. Per questo motivo, il documento in esame si può consegnare al bidone dell’immondizia, insieme con il retaggio dell’ex Unione Sovietica.

 
  
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  Roger Helmer (NI).(EN) Signor Presidente, il nostro senso di cittadinanza, come il nostro senso di identità, trae origine dalla nostra storia, dalla nostra cultura, dalla nostra lingua e dalla nostra esperienza di vita. Parte dal basso. Questo programma sulla cittadinanza va dall’alto verso il basso. Tenta di creare un senso di cittadinanza là dove non esiste. Di conseguenza, è destinato a fallire ed è del tutto sconveniente.

Sono nato cittadino britannico. Non ho mai chiesto di essere un cittadino europeo. Non voglio la cittadinanza europea e la respingo e ripudio in toto. La Costituzione europea, che incorpora il concetto di cittadinanza dell’Unione, è stata energicamente respinta in Francia e nei Paesi Bassi, e sarebbe respinta se fosse messa al voto nel Regno Unito. La promozione di questo concetto fallimentare è quindi altamente controversa. Usiamo il denaro dei contribuenti per promuovere una sola parte di un dibattito acceso e incerto, il che è sbagliato, antidemocratico e scandaloso. Invito gli onorevoli colleghi a respingere senza indugi la relazione.

 
  
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  Christopher Beazley (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, è un risultato molto importante avere una posizione comune del Consiglio sul programma “Europa per i cittadini”, e mi congratulo con il relatore, onorevole Takkula, per il suo lavoro e il suo impegno e, in particolare, per aver migliorato il campo di applicazione del programma.

Vorrei soffermarmi su due aspetti del programma: il gemellaggio di città e i siti e monumenti commemorativi delle vittime delle dittature gemelle di Hitler e Stalin. Esorto il Commissario Figeľ a coordinare il suo lavoro con quello della sua collega, il Commissario Wallström, responsabile dell’informazione e delle relazioni pubbliche, al fine di valorizzare al massimo l’impatto di questa relazione e di questo programma estremamente importante.

In primo luogo, per quanto riguarda il gemellaggio di città, non potrei essere più in disaccordo con l’oratore precedente. Nel mio paese, vi sono associazioni di gemellaggio di città fondate 50 anni fa e altre di nuova fondazione. Mi auguro che i Commissari – che sono gli unici a poterlo fare – diano equa, libera e gratuita pubblicità all’impegno e all’opera di volontariato di queste organizzazioni. Sentir cantare nella mia città, Hertford, gli inni tedesco, francese, britannico ed europeo dai cittadini e dai bambini delle scuole locali è infinitamente più eloquente dell’assurda propaganda antieuropea che buona parte della nostra stampa popolare ci obbliga a digerire. Lottiamo per conquistare il favore dell’opinione pubblica e non possiamo assolutamente permettere agli scettici di avere la meglio. Abbiamo noi le argomentazioni migliori, ma dobbiamo proclamarle.

In secondo luogo, per quanto riguarda i siti e monumenti commemorativi, sono lieto che l’onorevole Takkula abbia incluso le vittime dei crimini stalinisti, perché metà dell’Unione europea ha subito tale dittatura. Provate solo a immaginare l’incredulità dei nuovi cittadini dell’Unione europea se le loro sofferenze dovessero essere ignorate, e si commemorassero soltanto quelle di chi ha subito le angherie del Terzo Reich.

Raccomando quindi la relazione e il programma al Parlamento e all’intera Unione europea e mi auguro che questa volta avremo la meglio.

 
  
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  Gyula Hegyi (PSE).(EN) Signor Presidente, l’Ungheria ha commemorato il cinquantesimo anniversario dell’insurrezione del 1956. Le donne e gli uomini anziani ricordano gli eventi rivoluzionari cui hanno assistito e i giovani cercano di immaginare che cosa accadde 50 anni fa, quando la rivoluzione antistalinista unì gli ungheresi, i comunisti riformisti e i democratici. Tuttavia, ieri sera alcune migliaia di facinorosi di estrema destra hanno cambiato tutto. Hanno attaccato la polizia, bruciato negozi, alcuni di loro hanno tirato pietre e bottiglie contro una sinagoga, urlando slogan antisemiti sotto lo stendardo del movimento nazista ungherese.

Questi tragici fatti dimostrano quanto sia importante ricordare, e permetterci di ricordare, le tragedie e i crimini del XX secolo. La relazione dell’onorevole Takkula ci invita giustamente a commemorare le vittime dei regimi nazista e stalinista. Tuttavia, le commemorazioni non sono sufficienti: dobbiamo combattere le ideologie estremiste anche oggi. Lo stalinismo è finito, grazie a Dio; ma il pericolo degli estremisti neonazisti è ancora vivo. Ogni partito democratico deve condannare le ideologie di estrema destra e la violenza. Dobbiamo imparare la lezione della Repubblica di Weimar. La minima concessione all’estrema destra può sfociare in enormi tragedie.

 
  
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  Maria da Assunção Esteves (PPE-DE).(PT) Signor Presidente, onorevoli colleghi, i dati dell’Eurobarometro sono molto preoccupanti. La maggioranza dei cittadini europei non conosce il sistema istituzionale dell’Unione. Il ruolo della Commissione europea è percepito come vago o molto vago. Il Consiglio è praticamente sconosciuto come Istituzione. Le percezioni dei cittadini sono estremamente confuse. Molti sono incapaci di esprimere un’opinione fondata sull’Europa. Tuttavia, da questi dati emerge un fatto saliente: i cittadini chiedono più informazioni e hanno scelto la televisione quale mezzo privilegiato per riceverle.

Constatiamo che una cittadinanza teorica o blanda, un vago senso di appartenenza, indebolisce l’Europa. L’Europa è vista più come un’astrazione che come una presenza importante nella nostra vita quotidiana.

Ciò di cui abbiamo bisogno non è una cittadinanza teorica o blanda, ma una cittadinanza europea concreta e forte, un senso di lealtà e di identificazione degli europei con una comunità il cui destino è determinato dai suoi valori universali. Senza questo senso di lealtà e di identificazione, nessun progetto politico può avere successo.

La cittadinanza è la più grande sfida cui deve rispondere una società postnazionale qual è quella europea. La cittadinanza europea è un prodotto della ragione, non della tradizione. Deve essere costruita, non nasce spontaneamente. Questa è una nuova era politica, caratterizzata dalla condivisione e da nuove forme di governo. In realtà, è un’era di transizione dalla sovranità degli Stati alla sovranità dei popoli.

Comunque sia, per quale ironia della sorte la politica non incoraggia le persone a identificarsi con un progetto che conferisce loro un ruolo centrale?

Il programma “Cittadini per l’Europa” non fornisce un sostegno finanziario adeguato né una strategia di informazione incisiva. Dare pubblicità alle Istituzioni, soprattutto alla televisione, illustrare le Istituzioni e il progetto europeo, è un compito che non si può rinviare.

E’ necessario spiegare l’Europa per formare un senso di Europa.

 
  
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  Ljudmila Novak (PPE-DE). – (SL) Il più grande risultato ottenuto finora dall’Unione europea è stato garantire la pace e la coesistenza tra le nazioni d’Europa. Tuttavia, i detrattori dell’Unione europea spesso lamentano che il lavoro svolto dalle Istituzioni europee è troppo costoso e troppo distante dai cittadini.

Il programma “Europa per i cittadini” offre nuove iniziative che contribuiranno a ravvicinare i cittadini europei tra loro, compresi quelli che non sono iscritti a una scuola formale, ma desiderano acquisire nuove conoscenze ed esperienze e creare contatti con altri cittadini dell’Unione europea. La partecipazione a questo programma è aperta ai gemellaggi di città e, pertanto, il programma sarà accessibile anche alle persone che non prendono quotidianamente parte a importanti progetti dell’Unione europea. Tuttavia, i contatti indiretti e l’esperienza personale possono favorire notevolmente la comprensione dell’Unione, come ho potuto constatare quando ho incontrato gruppi provenienti dalla Slovenia, in visita al Parlamento europeo.

Anche lo sport ha un grande potere unificante ed è in grado di comunicare al di là delle barriere linguistiche. La partecipazione a manifestazioni sportive di alto livello sta rapidamente diventando una prerogativa di una categoria sempre più ristretta di persone. Questo programma sostiene una partecipazione internazionale di gran lunga più ampia. I grandi progetti apportano grandi benefici, ma i progetti più piccoli offrono grandi soddisfazioni a molti individui.

I programmi avranno maggiore successo, se i cittadini potranno accedervi facilmente e non dovranno compilare montagne di moduli per presentare una domanda. I nostri cittadini sono spesso delusi dall’Unione europea, proprio perché incontrano troppi ostacoli amministrativi quando tentano di ottenere finanziamenti. Per questo dobbiamo tentare, quando offriamo programmi meritevoli, di snellire le procedure e garantire una maggiore conoscenza dei fondi disponibili e un più agevole accesso a essi, sia a livello europeo sia a livello nazionale.

 
  
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  Ján Figeľ, Membro della Commissione. (SK) Vorrei ringraziare tutti i presenti per i contributi offerti, in particolare per l’impegno dimostrato dal Parlamento riguardo all’importanza di lavorare insieme come concittadini dell’Unione quando si affrontano alcune questioni o idee.

Il programma stesso costituisce la base giuridica per l’attuazione e definirà le condizioni che anche la Commissione dovrà rispettare. E’ importante che tali condizioni siano note e applicate quanto prima possibile. Il Parlamento sarà coinvolto tramite il comitato direttivo e la valutazione del programma.

Per quanto riguarda il volontariato e il migliore riconoscimento dell’istruzione informale, siamo interessati a compiere progressi in questi ambiti e ci sforziamo di farlo, in particolare nella prospettiva dei giovani. Ciò avverrà tramite il passaporto per la gioventù, che dovrebbe rafforzare la trasparenza e il valore del volontariato.

Concordo sulla necessità di avviare campagne di sensibilizzazione sui risultati conseguiti finora e sui successi e sulla natura di questa cooperazione, per esempio nell’ambito della cooperazione tra paesi e città. Oltre 10 000 comuni nell’Unione europea cooperano nel quadro del programma civico. Tre settimane fa abbiamo assegnato 11 stelle d’oro per i migliori progetti, cioè quelli che ispirano e aiutano le persone reali a risolvere problemi reali nei paesi e nelle città in tutta l’Unione europea. Tali progetti potrebbero essere trasferiti e diffusi maggiormente, se le persone li conoscessero meglio. Al riguardo, concordo con l’onorevole Beazley.

Il programma offrirà anche opportunità di organizzare manifestazioni specifiche. Posso menzionare, a titolo di esempio, la commemorazione del venticinquesimo anniversario del movimento polacco Solidarność, celebrata l’anno scorso e finanziata da una linea di bilancio e una rubrica specifica. Sarà possibile seguire questo approccio nei prossimi sette anni, nel quadro del programma “Europa per i cittadini”.

Per concludere, oltre a un’Europa favorevole alle imprese o favorevole al mercato, sussiste anche la necessità concreta di un’Europa favorevole ai cittadini, che sia utile e ben disposta verso i cittadini e trovi le sue basi nella società civile e in un certo grado di maturità. Vorrei anche sottolineare che il nome del programma è solo un lato della medaglia, in quanto la relazione tra cittadini per l’Europa ed Europa per i cittadini è molto importante. L’Europa è il nostro spazio e al tempo stesso è al nostro servizio. Dobbiamo modellare e sviluppare questo spazio e assumercene la responsabilità.

Ancora una volta, vorrei ringraziare il relatore e tutto il Parlamento per avere adottato una linea molto costruttiva nei riguardi del programma.

 
  
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  Presidente. La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì, alle 12.30.

Dichiarazione scritta (articolo 142 del Regolamento)

 
  
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  Katalin Lévai (PSE).(HU) Signor Presidente, onorevoli colleghi, permettetemi di esprimere le mie congratulazioni per la creazione del programma “Europa per i cittadini” (2007-2013) e di congratularmi con l’onorevole Takkula per l’ultima versione della relazione.

Le relazioni istituzionali, sociali e politiche in Europa oggi formano una fitta rete, i cui fili si sono intrecciati in modo sempre più stretto in seguito all’allargamento. La formazione di cittadini europei attivi svolge un ruolo fondamentale in questo processo e la presenza di tali cittadini è indispensabile per assicurare lo sviluppo continuo, democratico ed equilibrato dell’Unione europea.

Se vogliamo che i cittadini europei si assumano la responsabilità di se stessi e della loro società, dobbiamo sottolineare quelli che oggi sono considerati valori “perduti”, come la libertà, l’equità, la tolleranza e la solidarietà, che costituiscono i valori fondamentali e il legame coesivo della società europea. Considero importante anche l’integrazione equilibrata dei cittadini, ma, soprattutto, sono convinta della necessità di promuovere il dialogo tra diverse culture e visioni del mondo. Solo così possiamo lavorare insieme verso un obiettivo comune, formare le nostre visioni, accettare le differenze degli altri e rispettare la nostra diversità. Solo la comprensione reciproca, la solidarietà e un senso di appartenenza possono dare ai cittadini d’Europa un senso di identità. Sostengo gli sforzi volti a formare una cittadinanza europea basata su valori, storia e cultura comuni.

E’ importante promuovere ed esaltare i valori e le conquiste dei cittadini di oggi, senza permettere che la nostra memoria del passato sprofondi nell’oblio. Se continueremo a valorizzare il nostro patrimonio culturale comune, rafforzeremo le basi del nostro futuro comune.

A mio parere, cittadinanza europea non significa altro che assumerci la responsabilità di noi stessi, del nostro paese e dell’Unione europea ed esercitare liberamente i nostri diritti, nel pieno rispetto dei diritti degli altri. Dobbiamo anche trovare il giusto equilibrio tra diritti e doveri democratici.

Questa è una cittadinanza comune europea cui sarei felice di prendere parte.

 
  
  

Allegato – Dichiarazione della Commissione

La Commissione desidera richiamare l’attenzione dell’autorità legislativa sulla necessità che, al più tardi all’atto della pubblicazione finale sulla Gazzetta ufficiale, la dotazione finanziaria indicata nell’atto di base sia espressa in prezzi correnti. Ciò corrisponde alla prassi abituale in materia di bilancio e permette di garantire, con la dovuta trasparenza, il rispetto della decisione dell’autorità legislativa. Per il programma in questione, l’importo ai prezzi correnti è pari a 215 milioni di euro.

 

20. Restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso dei perfluorottano sulfonati (discussione)
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  Presidente. L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0251/2006), presentata dall’onorevole Schlyter a nome della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso dei perfluorottano sulfonati (modifica della direttiva 76/769/CEE) [COM(2005)0618 C6-0418/2005 2005/0244(COD)].

 
  
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  Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, vorrei innanzi tutto ringraziare il relatore, onorevole Schlyter, per il duro lavoro svolto su questa proposta, che ha permesso di raggiungere un accordo con il Consiglio in prima lettura.

Questa è una direttiva importante. Riguarda le restrizioni all’immissione sul mercato e all’uso dei perfluorottano sulfonati (PFOS) e di sostanze di tipo PFOS. Queste sostanze, che sono persistenti, bioaccumulative e tossiche, possono potenzialmente esporre a rischi inaccettabili la salute umana e lo stato dell’ambiente.

La direttiva proposta si basa su specifiche valutazioni dei rischi e valutazioni d’impatto di possibili misure, tenendo conto delle approfondite discussioni svolte con tutte le parti interessate. In linea di principio la direttiva vieta, con deroghe molto limitate, l’immissione sul mercato e l’uso dei perfluorottano sulfonati e delle sostanze di tipo PFOS. Sono previste deroghe per applicazioni essenziali che utilizzano tali sostanze in piccole quantità, in quanto il comitato scientifico dei rischi sanitari e ambientali della Commissione ritiene che in questo caso i rischi posti non siano inaccettabili.

Le applicazioni su vasta scala – ad esempio nel campo dei tessuti e dei tappeti – sono già state abbandonate dall’industria, e questa direttiva ne impedirà in maniera affidabile la reintroduzione.

La direttiva proposta non garantirà solo la protezione della salute umana e dell’ambiente, ma contribuirà anche a rafforzare il mercato interno, poiché introdurrà norme armonizzate a livello comunitario per l’immissione sul mercato e l’uso dei perfluorottano sulfonati e delle sostanze di tipo PFOS.

Per quanto riguarda le deroghe contenute nella proposta, convengo che si debba continuare a permettere l’uso dei perfluorottano sulfonati e delle sostanze di tipo PFOS nei fotoresist e nei materiali fotografici, nel caso di cromatura con cromo esavalente e altri metalli, e nei fluidi idraulici, in quanto i rischi che tali applicazioni comportano sono accettabili in assenza di alternative equivalenti e di prove che dimostrino la maggiore affidabilità dei profili tossicologici delle alternative.

Quanto alle schiume antincendio, convengo che si debbano vietare l’immissione sul mercato e l’uso di nuove schiume e che venga concesso un periodo di 54 mesi affinché sia possibile continuare a utilizzare le riserve esistenti.

D’altra parte, però, al momento non sono disposto a sostenere l’estensione delle restrizioni previste ad altri composti alchilici perfluorurati quali il PFOA; si tratterebbe infatti di una misura prematura, data l’assenza di una valutazione dei rischi completa e di dati sufficienti sugli utilizzi e le alternative attualmente disponibili. Potremo però ritornare sull’argomento.

Per concludere, vorrei dire che il processo di trasformazione ha tratto grandi benefici dalla stretta collaborazione tra Parlamento, Consiglio e Commissione. La Commissione può pertanto accogliere tutti gli emendamenti di compromesso proposti dal relatore, onorevole Schlyter.

 
  
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  Carl Schlyter (Verts/ALE), relatore. – (SV) Signor Presidente, vorrei iniziare ringraziando tutti i relatori ombra per la valida e costruttiva collaborazione, grazie alla quale è stato possibile giungere a una soluzione in prima lettura con il Consiglio, che a sua volta ha svolto un ottimo lavoro sulla questione.

Questa soluzione migliora la proposta originale della Commissione, e sono lieto di constatare che ora anche l’Esecutivo è favorevole al compromesso. I perfluorottano sulfonati e le sostanze di tipo PFOS hanno un alto contenuto di fluoro e sono estremamente difficili da distruggere. Hanno inoltre un’elevata tendenza al bioaccumulo. Ci siamo resi conto che i composti clororganici sono velenosi e provocano danni all’ambiente e abbiamo osservato che i composti bromorganici sono pericolosi. I prodotti ignifughi sono più pericolosi degli incendi che hanno il compito di prevenire.

Veniamo ora ai composti fluororganici. Sono estremamente stabili e il legame fluoro-carbonio è il più forte della chimica organica. I PFOS sono divenuti una sostanza chimica molto ricercata grazie a proprietà quali la stabilità e l’attività di superficie. Come ha rilevato il Commissario, i perfluorottano sulfonati sono stati utilizzati per molti anni nel trattamento di superficie dei prodotti chimici e tessili. L’azienda leader nella produzione di queste sostanze si è resa conto dei rischi esistenti per i suoi lavoratori e per i consumatori dei suoi prodotti. Dopo aver rilevato la presenza di livelli elevati di questa sostanza chimica nell’organismo dei suoi dipendenti, ha deciso di ritirare dal commercio il prodotto PFOS Scotchguard.

Con questa proposta la Commissione intendeva impedire la reintroduzione dei PFOS, ma il compromesso va oltre. Disponiamo ora di regolamenti più severi per quanto riguarda le concentrazioni e fissiamo allo 0,005 per cento la soglia per i preparati. Si tratta di una misura ragionevole, poiché le stesse proprietà di cui sono dotati come agenti di superficie indicano che i PFOS sono utilizzati in piccole concentrazioni. Se avessimo fissato la soglia allo 0,1 per cento, il rischio che molte altre applicazioni scivolassero attraverso le maglie della rete legislativa sarebbe stato maggiore. La definizione delle superfici a 1 microgrammo per metro quadrato è finalizzata al raggiungimento dello stesso obiettivo.

Conformemente al compromesso raggiunto con il Consiglio, i PFOS sono vietati anche nelle schiume antincendio. E’ assolutamente logico che sia così. Sul mercato esistono già alternative che non contengono composti fluororganici. E’ altresì opportuno eliminare gradualmente le riserve esistenti e, nel compromesso, il Parlamento ha esteso questa fase di eliminazione progressiva a 54 mesi. Tutti hanno interesse ad accelerare l’eliminazione graduale di queste sostanze. L’incendio da combustibile verificatosi nel Regno Unito, in seguito al quale milioni di litri d’acqua sono risultati inquinati dai PFOS, ha dimostrato quanto sia costoso utilizzare queste sostanze. L’unico modo di distruggere i perfluorottano sulfonati è la combustione ad alta temperatura. Ognuno può capire da sé quanto lavoro comporti bruciare milioni di litri d’acqua a temperature elevate.

La cromatura è l’altra grande area in questione. In quest’ambito, la proposta limita l’uso della cromatura rigida non decorativa che utilizza il cromo esavalente come agente del processo. Questa deroga, inoltre, va rivista dopo un inventario degli usi essenziali esistenti, che gli Stati membri dovranno preparare nell’arco di due anni. Anche in quest’area esistono alternative, quali sistemi chiusi e più grandi, una migliore ventilazione e in futuro, spero, anche altri processi. Per quanto riguarda altre deroghe quali i processi fotolitografici, i rivestimenti antiriflesso e i trattamenti industriali per le pellicole fotografiche, si tratta di quantità molto ridotte. Ciononostante, anche queste deroghe decadranno quando esisteranno alternative valide a livello tecnico e finanziario.

Vorrei inoltre parlare dell’acido perfluoroctanoico (PFOA), che riguarda gli acidi e i sali dello stesso gruppo di sostanze. In Germania, molte persone della regione della Ruhr sanno cosa significhi dover fare i conti con l’acqua inquinata. Ora la gente deve rifornirsi di acqua potabile dalle autocisterne, soluzione costosa e insostenibile. Possiamo cercare di eliminare l’uso di questi inquinanti tramite il codicillo che è stato aggiunto al compromesso sul PFOA, secondo cui la Commissione ha il compito di analizzare le alternative e fare costantemente il punto dei progressi realizzati a tale proposito. Quando esisteranno alternative affidabili, sostituiranno il PFOA. Credo che al riguardo stiamo precorrendo i tempi. Dobbiamo affrontare il problema perché la prossima grande questione ambientale potrebbe essere la chimica fluororganica nelle sue varie forme. Si tratta di un primo passo per proteggere i cittadini e l’ambiente da molte di queste sostanze.

Vorrei altresì rilevare che si tratta di un accordo in prima lettura e che, se ora il Parlamento sostenesse il compromesso, il Consiglio farebbe altrettanto e noi potremmo essere pronti prima dell’entrata in vigore di REACH. Questo accordo costituirebbe dunque un allegato a REACH. Se domani non riusciremo a pronunciarci a favore di tale accordo, la proposta semplicemente decadrà e REACH avrà la meglio.

 
  
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  Avril Doyle, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, mi auguro che sia possibile raggiungere un accordo in prima lettura. Vorrei ringraziare il relatore, onorevole Schlyter, per l’ottima collaborazione prestata durante il lavoro svolto su questa relazione. Ho appreso con piacere che la Commissione condivide tutti gli emendamenti di compromesso presentati dal nostro relatore; questa è davvero una notizia incoraggiante in vista di un accordo in prima lettura.

I perfluorottano sulfonati (PFOS) sono composti clorurati che trovano numerose applicazioni nei prodotti al consumo quali i tessuti e la carta, sono noti, tra l’altro, per le loro proprietà repellenti e vengono utilizzati quotidianamente in molti prodotti al consumo. I perfluorottano sulfonati trovano anche alcune specifiche applicazioni industriali in prodotti di grande diffusione come i microchip, le schiume antincendio, la cromatura e i fluidi idraulici per l’aviazione. E’ risaputo che queste sostanze chimiche sono molte tossiche, altamente persistenti e hanno un’elevata tendenza al bioaccumulo.

Abbiamo apportato varie modifiche importanti al progetto di proposta, che garantirà una maggiore protezione per la salute umana e l’ambiente, soprattutto nell’area in cui la soglia massima per la quantità di PFOS che possono essere immessi sul mercato come sostanze o preparati è stata notevolmente ridotta rispetto alla proposta originale della Commissione.

Sono favorevole all’inclusione del PFOA – l’acido perfluoroctanoico – nell’ambito di questa direttiva. Secondo una recente inchiesta dell’OCSE, questa sostanza ha una struttura e una tossicità simili a quelle dei PFOS e va quindi eliminata gradualmente. L’industria ha volontariamente proposto di limitare l’impiego del PFOA entro il 2014, il che dimostra chiaramente che il nostro istinto ci ha giustamente portati a insistere sull’inclusione di questa sostanza nella direttiva.

Le modifiche introdotte dall’Assemblea hanno migliorato la proposta, e la relazione dell’onorevole Schlyter è equilibrata e obiettiva. La relazione riconosce che sono necessarie deroghe limitate per usi specifici nel caso di applicazioni cruciali di sostanze per cui attualmente non esistono alternative; i PFOS, ad esempio, sono indispensabili in quantità minime nel settore dei semiconduttori e nei fluidi idraulici per l’aviazione. Il fatto che la loro graduale eliminazione verrà definita caso per caso, tenendo conto delle nuove informazioni sui particolari d’impiego e su processi alternativi più sicuri, è un modo costruttivo e realistico di incoraggiare le industrie interessate a cercare attivamente alternative.

In conclusione, sembra che la direttiva sarà approvata durante la Presidenza finlandese e potremo così evitare di allungare l’elenco delle sostanze contemplate dalla direttiva REACH con questi prodotti tossici.

 
  
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  Gyula Hegyi, a nome del gruppo PSE. – (HU) Accolgo con favore il pacchetto di compromesso elaborato dal Consiglio e dal Parlamento europeo, che per molti versi rafforza la proposta della Commissione. E’ positivo constatare la compattezza del Parlamento sulla questione del divieto o della limitazione di una sostanza pericolosa.

La salute, la tutela dell’ambiente e il desiderio di una vita sana sono molto più importanti degli interessi ristretti dell’industria. Ormai non vi sono più dubbi sul problema posto dalle sostanze chimiche. E’ necessaria una normativa più severa nel campo delle sostanze chimiche e di fatto questo è l’obiettivo di REACH, che cerca di disciplinare non solo una sostanza particolare, ma circa 30 000 composti. Per quanto riguarda la proposta odierna, è stato scientificamente dimostrato che i perfluorottano sulfonati sono sostanze pericolose. Mettono a rischio la salute umana e sono sostanze persistenti, non biodegradabili e bioaccumulative, in altre parole si insediano nelle cellule dell’organismo. Occorre quindi limitarne l’uso.

A mio avviso abbiamo ottenuto un risultato importante facendo sì che tali sostanze siano vietate in molti più ambiti rispetto a quelli contemplati nella proposta originale e che in altre aree possano rimanere in uso solo per un periodo di transizione. Nel caso di incendi pericolosi, le schiume antincendio possono ancora essere utilizzate per qualche tempo. Quando si tratta di salvare vite umane, dobbiamo ovviamente utilizzare tutti gli strumenti a nostra disposizione. Nel lungo periodo, tuttavia, è indispensabile che i prodotti chimici siano sostituiti da sostanze non nocive per il corpo umano. Inserire il principio di sostituzione in questa direttiva è stata a mio parere una mossa molto avveduta; questo significa – come senz’altro tutti sapranno – che la sostanza chimica tossica deve essere sostituita da una sostanza diversa e innocua, e che spetta al fabbricante individuare e introdurre tale sostanza. Nel lungo periodo, pertanto, i PFOS potranno essere utilizzati solo qualora sia impossibile sostituirli e non entrino in contatto diretto con il corpo umano.

Mi auguro che chi ora si esprimerà a favore del principio di sostituzione in questa direttiva voterà a favore di questo stesso principio anche nel caso di altri composti contemplati dalla direttiva REACH.

 
  
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  Holger Krahmer, a nome del gruppo ALDE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto ringraziare il relatore, onorevole Schlyter, per la costruttiva collaborazione. E’ risaputo che noi due non siamo sempre dello stesso parere, ma sono lieto che domani si voti su un compromesso che permetterà di giungere a un accordo in prima lettura.

Sono altrettanto lieto che il compromesso ignori diverse richieste formulate dalla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare quali l’inclusione affrettata del PFOA senza una previa valutazione dei rischi. Nessuno mette in discussione la tossicità dei PFOS, nemmeno l’industria. Dopo tutto, l’industria si è assunta la responsabilità di eliminare l’impiego dei PFOS in applicazioni particolarmente critiche come i prodotti al consumo.

Alcuni settori al vertice della catena del valore aggiunto, quali l’industria aerospaziale, dell’aviazione e dei semiconduttori, attualmente non possono tuttavia fare a meno di utilizzare i PFOS. Un divieto sui PFOS o una deroga volta a imporre rigidi limiti temporali impedirebbe ad alcuni settori ad alta tecnologia di pianificare la propria sicurezza. La proposta della Commissione definisce già deroghe appropriate a tal fine ed è fondamentale che queste vengano mantenute finché non verrà individuato un prodotto sostitutivo adeguato.

Il problema dei PFOS, tuttavia, non è l’impiego di tali sostanze in questi settori, ma il fatto che i perfluorottano sulfonati rimangono presenti in prodotti tessili di vecchia fabbricazione come i tappeti e l’abbigliamento e raggiungono l’ambiente tramite essi.

Vorrei formulare alcune osservazioni conclusive sulla politica comunitaria in materia di sostanze chimiche a proposito dell’imminente dibattito su REACH. La legislazione comunitaria in materia di prodotti chimici deve trovare un equilibrio tra un uso socioeconomicamente appropriato di certe sostanze ed elevati standard ambientali. Come nel caso dei perfluorottano sulfonati, si devono sempre potere contemplare eventuali deroghe qualora non esistano alternative adeguate. In ultima analisi, l’obiettivo della politica sui prodotti chimici deve essere la gestione sicura e attenta ai rischi di tali sostanze e non la politica ideologica di divieti assoluti sulle sostanze chimiche.

Mi auguro che il Commissario mantenga il proprio impegno nei confronti di una solida politica sui prodotti chimici anche in futuro.

 
  
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  Jens Holm, a nome del gruppo GUE/NGL. – (SV) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, stiamo per pronunciarci sulla restrizione all’uso dei pericolosi e dannosi perfluorottano sulfonati (PFOS) e sullo strettamente correlato acido perfluoroctanoico (PFOA).

Sono particolarmente soddisfatto dell’ampio consenso riscosso dall’ottimo lavoro svolto dal mio connazionale, onorevole Schlyter. Congratulazioni, Carl!

Penso che dovremo ricordare questa visione comune quando, ad autunno inoltrato, prenderemo un’altra decisione estremamente importante – sia per l’ambiente sia per la nostra salute – ossia quella relativa alla legislazione sui prodotti chimici nota come REACH. Mi auguro che in quell’occasione otterremo di nuovo un grande sostegno da ogni parte dello spettro politico, da sinistra a destra e dalla Commissione al Consiglio dei ministri.

Come si è già affermato, i PFOS sono una sostanza pericolosa. Sono bioaccumulativi, il che significa che rimangono nell’ambiente e nei nostri organismi per molto tempo. Uno studio condotto dal WWF per la rivista Nature su soggetti provenienti da 17 paesi ha evidenziato la presenza di PFOS e di altre sei sostanze perfluorinate nell’organismo dei partecipanti. E’ pertanto giunto il momento di provvedere a una restrizione. Sono quindi lieto che l’onorevole Schlyter e la commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, con un approccio in linea di principio unanime, abbiano abbassato la soglia per la commercializzazione dei PFOS. Avrei inoltre gradito che la commissione introducesse date più specifiche per la graduale eliminazione dei PFOS dal mercato. A parte questa riserva, la relazione Schlyter è a mio avviso eccellente e il gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica attende con ansia di potersi esprimere a favore del testo in esame.

Vorrei concludere ricollegandomi all’inizio del mio intervento. E’ positivo che il Parlamento imponga restrizioni alle sostanze che sono pericolose per la salute e per l’ambiente. E’ anche assolutamente meraviglioso che tali misure godano di un sostegno tanto vasto. Mi auguro quindi che ce ne ricorderemo quando quest’autunno decideremo su REACH. Facciamo in modo che in quella occasione l’efficace legislazione sui prodotti chimici riceva un sostegno altrettanto ampio.

 
  
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  Peter Liese (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei associarmi anch’io ai ringraziamenti rivolti al relatore dai precedenti oratori.

Onorevoli colleghi, immaginate di essere la madre o il padre di un bambino piccolo e che l’autorità sanitaria della vostra regione vi dica che l’acqua potabile che avete bevuto per mesi, o addirittura anni, non deve più essere utilizzata per preparare il cibo di neonati e bambini a causa delle altissime concentrazioni di perfluorottano sulfonati. Immaginate di essere il sindaco di una cittadina di medie dimensioni e di dover spendere diversi milioni di euro di fondi pubblici – denaro dei contribuenti – per eliminare i PFOS dall’acqua potabile. In questo caso vi trovereste sicuramente alle prese con un grave problema.

Quanto ho appena descritto è ciò che è accaduto alcune settimane fa nel mio distretto elettorale, la Westfalia meridionale. Dobbiamo affrontare gravi problemi per quanto riguarda i PFOS e la causa non va ricercata a livello locale. Abbiamo infatti scoperto che le tracce di questo inquinamento su vasta scala portano ad altri Stati membri, probabilmente il Belgio e i Paesi Bassi.

A ben guardare, è quindi altamente probabile che il genere di problemi che devono attualmente affrontare genitori e funzionari dei governi locali della mia regione si verifichi anche in molte altre regioni d’Europa. Pertanto, ora dobbiamo individuare la causa precisa all’origine di questo problema specifico e, qualora le dichiarazioni siano state alterate illegalmente, dobbiamo fare luce sulla questione. Dobbiamo tuttavia anche affrontare il problema alla radice, poiché in questo caso la concentrazione è particolarmente elevata. Sono state trovate tracce di queste sostanze anche in Antartide e alla sorgente del Reno, dove non esiste alcun tipo di industria.

Dobbiamo esaminare molto attentamente questa situazione. Sono pertanto lieto che siamo riusciti a elaborare e migliorare la proposta della Commissione, e che abbiamo eliminato un numero di deroghe ingiustificate – come quella per le schiume antincendio, per le quali esistono alternative. Ora abbiamo raggiunto un buon compromesso e dobbiamo sostenerlo.

 
  
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  Marios Matsakis (ALDE).(EN) Signor Presidente, signor Commissario, l’onorevole Schlyter merita giustamente le nostre congratulazioni per l’ottima relazione, che sostengo appieno. Probabilmente l’aspetto più importante di questa proposta legislativa è che la storia dei PFOS è purtroppo disonorevole per l’UE e la protezione internazionale dei consumatori e dobbiamo fare assolutamente in modo che non abbia mai a ripetersi. Benché fosse risaputo che i PFOS sono composti persistenti, bioaccumulativi e tossici, per decenni sono stati abbondantemente impiegati in diversi prodotti al consumo e in varie applicazioni industriali. Ne è scaturito un inquinamento irreversibile dell’ambiente e degli esseri umani e degli animali indistintamente.

Auguriamoci tutti che la direttiva in esame sia pienamente applicata il più presto possibile, ma al contempo ricordiamo anche che occorreranno normative appropriate per disciplinare le centinaia di altri composti perfluorinati che sono a loro volta molto tossici e che oggi sono più o meno liberi di avvelenarci e continueranno a farlo nel prossimo futuro.

 
  
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  Thomas Ulmer (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, in primo luogo vorrei rivolgere i miei sinceri ringraziamenti all’onorevole Schlyter per la sua relazione, in cui ha dato prova di grande impegno. I PFOS, idrocarburi alogenati, sono tossici per gli esseri umani, nonché cancerogeni e mutagenici.

Non esistono soglie scientifiche per questa categoria di prodotti, solo soglie empiriche. Queste sostanze non sono biodegradabili, sono liposolubili e, una volta prodotte, persistono pressoché all’infinito nell’ambiente. Inoltre, una volta assorbite dal corpo umano, l’organismo non ha praticamente alcuna possibilità di eliminarle.

E’ altamente probabile che il PFOA abbia un effetto molto simile o identico in termini medici e tossicologici, anche se l’insieme dei dati scientifici sulla questione non ha ancora fornito un valore probatorio conclusivo. Probabilmente la questione verrà affrontata nell’ambito di REACH, e il principio di sostituzione svolgerà un ruolo decisivo a tale proposito, anche se, personalmente, nutro sempre riserve in materia. Nonostante tutto il mio entusiasmo per l’economia e il valore aggiunto, come cristiano non voglio mettere il valore aggiunto sullo stesso piano della vita umana.

Sono allarmato dai valori di questi prodotti chimici che sono stati riscontrati nei pesci sia di mare sia di acqua dolce. Ora – a ragione e in maniera consapevole – stiamo andando oltre la proposta originale della Commissione e del Consiglio. La soglia è stata nettamente abbassata di almeno cento volte. Il numero di deroghe per la cromatura è stato notevolmente ridotto. Ovviamente, la deroga per le schiume antincendio è stata eliminata, poiché queste ultime possono essere rilasciate nell’ambiente in quantità infinite. E’ stata eliminata anche la deroga per i sistemi chiusi, poiché difficilmente è possibile dimostrare che sono sigillati.

Nel complesso, vorrei esprimere i miei ringraziamenti per la costruttiva collaborazione su cui ho potuto fare affidamento, e soprattutto per la velocità con cui è stata affrontata la questione, poiché siamo riusciti a raggiungere un compromesso valido in meno di tre mesi.

 
  
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  Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, vorrei soffermarmi brevemente sulla questione del PFOA per poi fare una precisazione fondamentale.

Sul PFOA non è stata ancora adottata una decisione definitiva. Non è stato possibile inserire un divieto su queste sostanze nella direttiva, poiché non siamo in possesso di una valutazione dei rischi o di una valutazione d’impatto soddisfacente. Tuttavia, attualmente è in corso una valutazione internazionale dei rischi a livello di OCSE. Naturalmente, esamineremo con cura i risultati e, se del caso, formuleremo le proposte necessarie.

Vivo nello stesso Land tedesco da cui proviene l’onorevole Liese e io stesso ho seguito con grande interesse il caso da lui descritto. Tutto ciò che posso dire oggi è che, sebbene le indagini delle autorità tedesche non siano terminate, ho la netta sensazione che si tratti di un puro e semplice caso di reato ambientale. Sono state introdotte sostanze tossiche nell’ambiente violando la legge in vigore. Stabilire se queste direttive avrebbero potuto impedire quanto accaduto è un’altra questione. Tuttavia, è a mio avviso importante che l’onorevole Liese abbia fatto riferimento a questo caso, poiché si tratta dell’ennesima conferma esplicita del genere di rischi descritti.

In una società industriale moderna, è inevitabile dover convivere con determinati rischi. Dobbiamo nuovamente stabilire quali rischi riteniamo accettabili e quali no. Possiamo prendere questa decisione basandoci su diversi parametri di valutazione.

Vorrei menzionare un rischio che non accetto, e in questo caso parlo in veste di Commissario per l’industria. Non accetto le argomentazioni di chi sostiene che, in virtù degli investimenti effettuati, dobbiamo accettare il rischio che nel nostro ambiente siano presenti sostanze altamente tossiche. Non accetto le argomentazioni di chi sostiene che dobbiamo accettare tali sostanze perché generano entrate. Non accetto nemmeno la teoria – anche se così facendo non mi procuro degli amici – secondo cui dobbiamo utilizzare queste sostanze per non perdere posti di lavoro. Ritengo assolutamente fuori luogo mettere in correlazione i posti di lavoro nell’industria e l’uso di sostanze tossiche per le quali esistono alternative. In una situazione come questa, l’unica decisione può essere solo quella di proteggere incondizionatamente gli esseri umani e l’ambiente da rischi evitabili.

Questa è la linea sottesa alla mia politica, per lo meno su tutti i temi elencati. L’Assemblea potrà constatarlo quando tra non molto in plenaria discuteremo della più importante, estesa e moderna normativa in materia di prodotti chimici al mondo: REACH.

 
  
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  Presidente. La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì, alle 12.30.

 

21. Misure antidumping, antisovvenzioni e di salvaguardia adottate dai paesi terzi nei confronti della Comunità (relazione annuale della Commissione – 2004) (discussione)
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0243/2006), presentata dall’onorevole Muscardini a nome della commissione per il commercio internazionale, sulla relazione annuale della Commissione al Parlamento europeo sulle misure antidumping, antisovvenzioni e di salvaguardia adottate dai paesi terzi nei confronti della Comunità (2004) [2006/2136(INI)].

 
  
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  Cristiana Muscardini (UEN), relatrice. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Commissario, la relazione annuale 2004 sulle misure antidumping, antisovvenzioni e di salvaguardia adottate dai paesi terzi nei confronti della Comunità, presentata dai servizi della Commissione, ha fatto emergere un dato che ha destato più di una preoccupazione in seno alla nostra commissione parlamentare. Da essa risulta un incremento anormale dei casi di difesa commerciale, sia da parte di utilizzatori tradizionali di tali misure, sia da parte degli Stati membri dell’OMC di più recente sviluppo. In molti casi, le regole e la giurisprudenza dell’OMC sono state parzialmente o totalmente disattese, causando un danno per l’industria comunitaria.

Per i paesi sviluppati, con in testa gli Stati Uniti, sorgono problemi principali di un’applicazione unilaterale e comunque poco attenta alle regole dell’OMC. Per alcuni paesi emergenti, l’applicazione di diritti compensativi non è intesa a contrastare pratiche illegali, bensì ad assicurare alle industrie locali una protezione supplementare contro le importazioni europee. In molti casi, gli standard investigativi sono bassi e sono tali da suscitare più di un dubbio circa la loro piena conformità alle regole dell’OMC.

La relazione della Commissione riporta alcuni di questi casi significativi, vale a dire il caso “Zeroing” con gli Stati Uniti, i casi antidumping indiani, i casi agricoli sudamericani e australiani e, in generale, l’uso estensivo e scorretto delle salvaguardie. In molti dei contenziosi intrapresi contro la Comunità europea, quest’ultima riesce a ottenere un’adeguata soddisfazione per la risoluzione delle controversie in sede di OMC.

Tuttavia, tale successo è spesso troppo tardivo e il danno per l’industria europea è irreparabile. Di fronte al quadro che ci è stato presentato dalla Commissione esecutiva nella sua relazione, la commissione per il commercio internazionale avrebbe potuto suggerire, rispondendo a una reazione d’istinto, di adottare la stessa metodologia e di usare lo stesso comportamento dei partner commerciali che violano le norme in materia di antidumping, antisovvenzione e salvaguardia, ma non lo ha fatto. Siamo infatti convinti che il rispetto delle regole in materia commerciale, stabilite a livello internazionale e in un quadro multilaterale, costituisca un principio base per la crescita economica e, più in generale, per la convivenza pacifica fra le nazioni. Due errori non fanno mai una ragione. Ciò premesso, vogliamo ribadire che le regole devono essere applicate e che alla loro mancata applicazione devono corrispondere sanzioni che garantiscano il diritto entro termini brevi. Se non vi sono termini brevi, il danno rimane irreparabile.

A difesa della legalità e di quella parte dell’industria europea che si sente ingiustamente colpita da misure illegittime, invitiamo la Commissione a proseguire con decisione i negoziati in sede di OMC, volti a rendere meno arbitraria l’applicazione di misure di difesa commerciale da parte di altri membri dell’OMC, facendosi promotrice di un’azione mirata a rendere più rapida ed efficace l’applicazione delle decisioni dell’organo di risoluzione delle dispute all’interno dell’OMC. Questi punti dovrebbero essere inseriti nell’Agenda di sviluppo di Doha qualora tali negoziati dovessero – come ci auguriamo – ripartire.

Invitiamo pertanto la Commissione a dare la giusta rilevanza a questa materia nell’ambito delle iniziative volte ad accrescere la competitività esterna dell’industria europea, che sono state recentemente annunciate dal Commissario Mandelson dinanzi alla commissione per il commercio internazionale.

Infine, formuliamo alla Commissione la raccomandazione di astenersi dal concedere trattamenti preferenziali o trattamenti di favore a quei partner commerciali che, ripetutamente e con gravi ripercussioni economiche per l’industria europea, non agiscono in linea con le regole e la giurisprudenza dell’OMC.

La commissione per il commercio internazionale è del parere che di fronte a situazioni gravi non si possa restare completamente inerti. Se vogliamo raccogliere il consenso dei cittadini nei confronti delle nuove regole del commercio internazionale, occorre adoperarsi per una maggiore trasparenza, coerenza e rispetto della legalità da parte di tutti gli attori, attuando misure cha vanno dal controllo alle frontiere all’applicazione di sanzioni comuni nei confronti di coloro i quali commerciano merci contraffatte o comunque illegali sul territorio europeo.

Non possiamo non legare le conclusioni di questa relazione alla recente iniziativa della Commissione per una riforma della politica antidumping e antisovvenzione della Comunità europea, volta a limitare l’uso di tali strumenti da parte della Commissione nel quadro di una considerazione più attenta e più estesa dell’interesse comunitario.

 
  
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  Peter Mandelson, Membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare la relatrice, onorevole Muscardini, e la commissione per il commercio internazionale per l’eccellente lavoro svolto sull’importante tema in questione.

L’Unione europea è un esportatore rilevante a livello mondiale, fattore che ci espone alle azioni di difesa commerciale intraprese dai paesi terzi. Quando tali azioni vengono promosse nel rispetto delle norme dell’OMC, non possiamo né dobbiamo lamentarci, e non lo facciamo. Tuttavia, non sempre le cose vanno così, e le azioni in questione possono facilmente diventare un ostacolo grave e ingiustificato alle nostre opportunità legittime di accedere al mercato.

Dobbiamo pertanto tenere sotto stretto controllo le azioni intraprese dai paesi terzi contro le nostre esportazioni e intervenire per ridurre al minimo le loro ripercussioni negative sulle nostre aziende. Inoltre, dobbiamo stare in guardia. Ogniqualvolta sia possibile privilegiamo le vie diplomatiche, il modo più rapido ed efficiente di risolvere tali questioni se le nostre controparti desiderano arrivare a una soluzione. Tuttavia, quando la diplomazia fallisce, non esitiamo a rivolgerci agli organi dell’OMC, come è nostro diritto fare.

Sia l’approccio diplomatico sia quello contenzioso hanno riscontrato notevole successo. Si prendano per esempio i casi indiani citati nella relazione. La diplomazia ha comportato l’abolizione di addirittura 12 misure. Auspichiamo inoltre che i casi relativi ai prodotti agricoli da voi individuati vadano a buon fine.

E’ noto a tutti che gli Stati Uniti rappresentano un problema ricorrente per noi in tale contesto. Sono a favore del libero scambio, ma il loro impiego dello strumento della difesa commerciale è considerato da molti irragionevole per determinate questioni; il problema è emerso in maniera accentuata nel settore dell’acciaio, in cui da anni tentiamo di opporci a determinate pratiche che riguardano moltissime delle loro misure in materia di dumping e sovvenzioni. A Ginevra abbiamo ottenuto risultati considerevoli ma, sinceramente, è un processo lungo e faticoso anche convincerli ad attuare le risoluzioni delle controversie da cui sono usciti sconfitti.

Non possiamo risolvere tutto con le armi della diplomazia o del contenzioso, pertanto accogliamo con favore il vostro sostegno alle proposte da noi presentate nel ciclo di negoziati di Doha per rafforzare regole e discipline che regolano il ricorso a misure antidumping e di compensazione.

Il ciclo è stato sospeso, un provvedimento che deploro profondamente e di cui mi rammarico, ma ci stiamo impegnando assiduamente per una sua ripresa. Per quanto riguarda la difesa commerciale, ciò ci consentirebbe di andare alla ricerca di discipline migliori sulla falsariga della pratica comunitaria nel settore, ostacolando l’abuso del sistema da parte degli altri paesi, alcuni dei quali non attendono altro, a mio avviso. Occorrono discipline più severe nel sistema antidumping.

Serve una maggiore trasparenza nell’utilizzo degli strumenti di difesa commerciale. Dobbiamo ridurre l’arbitrarietà dei governi, in quanto tali comportamenti non fanno che minare la credibilità delle norme, danneggiare la reputazione del sistema e screditare il regime commerciale bilaterale e la sua istituzione principale, l’OMC.

Concordiamo con voi sul fatto che il meccanismo di risoluzione delle controversie rappresenta una caratteristica essenziale del sistema dell’OMC, che deve essere protetto, ma ci stiamo impegnando a fondo per migliorarlo al fine di mettere a punto rimedi più tempestivi.

Coglieremo ogni opportunità di accordo commerciale bilaterale con i paesi terzi per assicurarci che i nostri partner nazionali si assumano obblighi specifici sull’impiego corretto degli strumenti di difesa commerciale. Non rappresenta un’alternativa al rafforzamento e al miglioramento delle norme dell’OMC: al contrario, ne costituisce la base. E’ un modo per garantirci la possibilità di utilizzare tutti i metodi a nostra disposizione per far sì che l’uso di tali strumenti avvenga all’insegna della ragionevolezza e della disciplina, un aspetto che vale in maniera particolare per i paesi che abusano maggiormente di tali misure.

Le buone pratiche sono importanti tanto quanto le buone regole. Per tale ragione i servizi della Commissione dedicano molto tempo e risorse a fornire assistenza tecnica ai paesi che utilizzano per la prima volta gli strumenti di difesa commerciale. Il nostro obiettivo è far sì che li applichino in maniera equa ed equilibrata e in linea con i nostri standard elevati.

Tali sforzi sembrano essere fruttuosi. Alla fine del 2005 abbiamo assistito a un cambiamento gradito rispetto alla tendenza degli anni precedenti, con un calo significativo del numero di cause in materia di difesa commerciale avviate contro gli esportatori comunitari, dalle 33 del 2004 alle 19 del 2005. L’accesso al mercato, oltre a un’attuazione equa e adeguata degli strumenti di difesa commerciale dell’OMC da parte dei nostri partner commerciali, figura tra i primi posti nella nostra lista delle priorità, e continueremo a prendere tutti i provvedimenti necessari a garantire che le nostre esportazioni non vengano penalizzate ingiustamente.

Ovviamente è difficile seguire ogni singola causa con le nostre risorse attuali, e vorrei fare di più per i nostri esportatori, in particolare per le piccole e medie imprese, che spesso non hanno molta esperienza in tale settore. L’UE deve continuare a essere un esempio per gli altri.

Come citato nella relazione, siamo considerati utilizzatori “moderati” degli strumenti di difesa commerciale. Tale reputazione è meritata e deve restare tale. E’ in tale spirito che ho recentemente lanciato un processo di riflessione su come agiscono gli strumenti europei di difesa commerciale quali l’antidumping nell’economia globale moderna. All’inizio del 2007 si svolgerà un’ampia consultazione pubblica, basata su un Libro verde atteso nei prossimi mesi.

La consultazione consentirà alla Commissione di attingere a un’ampia gamma di pareri e di capire se esiste un margine di ulteriore miglioramento delle nostre regole e pratiche. I nostri strumenti di difesa commerciale possono offrire un contributo importante per garantire un commercio contemporaneamente libero ed equo, stimolando anche la nostra competitività. Occorrerà una forte e stretta collaborazione con tutte le parti interessate, compresi i paesi membri e l’industria e, aggiungerei, il sostegno e la partecipazione del Parlamento europeo.

 
  
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  Syed Kamall, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, accolgo con favore il tono generale delle relazioni sia della Commissione sia dell’onorevole Muscardini, che ambiscono a un sistema mondiale di scambi che sia quanto più possibile aperto ed equo. Tuttavia, quando consideriamo le misure antidumping dei paesi terzi, noi della Comunità dobbiamo dar prova di leadership morale ed evitare l’ipocrisia.

Conveniamo sul fatto che i meccanismi di difesa commerciale vengono spesso accampati come scusa per proteggere i mercati nazionali dalla concorrenza; dovremmo tuttavia ammettere che anche l’UE a volte ricorre a tali meccanismi per proteggere le imprese non competitive dai fornitori terzi – le calzature e il tessile sono gli esempi più recenti. Fortunatamente, continuiamo a essere utilizzatori moderati di tali meccanismi.

Alla luce del potenziale fallimento dei negoziati di Doha per lo sviluppo, dobbiamo collaborare con i nostri partner commerciali per garantire che la loro legislazione e le loro pratiche siano quanto più possibile conformi alle regole dell’OMC. Tuttavia, per acquisire autorità morale nel settore, le nostre indagini in materia di antidumping e antisovvenzioni devono essere trasparenti e imparziali.

Mi preoccupa la richiesta di un approccio comunitario per difendere le PMI dedite all’esportazione dal protezionismo estero. Durante le “guerre dei reggiseni” dello scorso anno, è stato un cosiddetto approccio comunitario a sospendere le importazioni dalla Cina e a causare alle PMI londinesi del settore della moda la perdita di contratti e la necessità di compensare i clienti per gli ordini inevasi. Se questo è un esempio di approccio comunitario, noi a Londra vogliamo averci a che fare il meno possibile.

In materia di arbitrato, ritengo di esprimere l’opinione di tutti quando affermo che un eventuale gruppo arbitrale ad hoc debba essere composto da esperti del settore. Dobbiamo tuttavia garantire che gli esperti che partecipano a tali gruppi siano effettivamente competenti nel settore oggetto dell’arbitrato e comprendano la struttura dell’industria e i costi associati, e non siano semplicemente esperti in questioni commerciali più generali.

Nel complesso, vorrei congratularmi con la Commissione e con la relatrice per la relazione presentata.

 
  
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  Francisco Assis, a nome del gruppo PSE. – (PT) Signor Presidente, l’intensificazione degli scambi internazionali degli ultimi anni ha portato tra le altre cose a un acuirsi della concorrenza e ha indotto molti paesi a cedere alla tentazione di avvalersi dei meccanismi di difesa commerciale come forma di protezione dei loro mercati. Non deve pertanto sorprendere che siano aumentati i casi di adozione di misure antidumping, antisovvenzioni e di salvaguardia.

Le esportazioni europee, come dimostra chiaramente la relazione in oggetto, sono state spesso bersaglio di tali misure da parte di paesi terzi. Tali casi sono aumentati in maniera allarmante. Oltre ai paesi tradizionali, sono coinvolti anche alcuni dei nuovi protagonisti dei rapporti commerciali internazionali.

Tale fenomeno, che potrebbe pregiudicare significativamente molti settori dell’economia europea, deve pertanto essere affrontato seriamente. Un approccio del genere comporta innanzi tutto una separazione attenta dei casi in cui l’impiego di tali strumenti è la conseguenza legittima dell’applicazione dei principi dei rapporti di libero scambio dalle eventualità in cui il loro utilizzo è semplicemente un artificio legale per mascherare misure protezionistiche illegali nel peggior senso del termine. Tale distinzione può essere chiarita definitivamente soltanto se ci impegneremo a rafforzare la trasparenza dei processi tesi a valutare se le misure di difesa commerciale vengano utilizzate o meno legittimamente. Lo scopo consiste pertanto nel garantire un rispetto assoluto delle norme e della giurisprudenza dell’Organizzazione mondiale del commercio. A tal fine, la Commissione deve incanalare i propri sforzi nel miglioramento di tali procedure, scoraggiando nel contempo l’utilizzo illecito di tali strumenti.

Detto ciò, è opportuno ricordare l’importanza dell’assistenza della Commissione agli Stati membri e all’industria europea nelle cause di protezione commerciale promosse da paesi terzi. Tale sostegno è particolarmente importante per le PMI, che per natura sono meno attrezzate per gestire situazioni del genere.

Infine, accogliamo con favore il fatto che la Commissione sia pronta ad assumere un ruolo attivo in seno all’OMC per la revisione congiunta delle disposizioni che regolano l’adozione degli strumenti di protezione commerciale, al fine di sottolineare il valore del multilateralismo. Nel corso di tale dibattito non va tuttavia mai dimenticato che l’UE rappresenta l’area di scambio più aperta del mondo e che anche gli europei hanno interessi legittimi da salvaguardare.

 
  
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  Daniel Caspary (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei congratularmi con l’onorevole Muscardini per una relazione ottimamente riuscita.

La libertà di accesso ai mercati esteri è vitale per moltissime imprese europee. Oggi tale libertà in molti casi non esiste, in quanto i paesi terzi ostacolano l’accesso al mercato delle imprese europee, in palese violazione degli accordi o contravvenendo alle norme dell’OMC. Così facendo, tali paesi terzi sfruttano abilmente a proprio vantaggio e a nostro discapito l’intero spettro di barriere tariffarie e non tariffarie al commercio. La competitività dell’economia europea, e quindi del mercato del lavoro comunitario, viene penalizzata enormemente a causa di tali problemi. Un comportamento del genere da parte di alcuni dei nostri partner commerciali è inaccettabile.

Signor Commissario, l’Unione europea non può permettere agli altri paesi di trattarci così. Tutti i partecipanti al commercio mondiale devono attenersi alle regole. Ovviamente vale anche il contrario, cioè l’UE non deve ripagare i paesi terzi con la stessa moneta. Anche noi dobbiamo rispettare tutte le regole per adottare misure credibili contro i trasgressori, senza lasciare scoperto il fianco. Un commercio mondiale libero ed equo è realizzabile solamente se ci sono regole vincolanti e rispettate da tutte le parti, senza eccezioni.

E quindi che cosa dobbiamo fare? Esorterei la Commissione a impegnarsi per far rispettare le regole a noi europei. Mi rivolgo alla Commissione affinché adotti misure per proteggere le nostre imprese, se si è appurato che singoli partner commerciali hanno violato le norme. Invito la Commissione a utilizzare in maniera coerente la procedura esistente – o un’eventuale versione migliorata – per la risoluzione delle controversie se, in casi specifici, non è stata trovata alcuna soluzione nel breve termine.

Dobbiamo concentrare i nostri sforzi futuri sulla garanzia che tutti i partner commerciali rispettino le regole. Solamente in quel caso, e senza alcuna eccezione, i cittadini potranno trarre vantaggi a lungo termine dal commercio mondiale.

 
  
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  Małgorzata Handzlik (PPE-DE).(PL) Signor Presidente, vorrei ringraziare la relatrice per una relazione davvero esauriente sulle azioni di salvaguardia intraprese dai paesi terzi contro l’Unione europea. Purtroppo, l’esame della relazione dell’onorevole Muscardini e del documento della Commissione conferma che la politica commerciale europea presta un’attenzione ingiustificata alla protezione dei produttori a discapito dei consumatori. Ciò vale in particolare per il settore agricolo.

Le quote di importazione, i dazi antidumping e gli ostacoli amministrativi per i prodotti agricoli costano a ogni famiglia europea circa 1 500 dollari USA l’anno. Vi sono ovviamente occasioni in cui è permesso imporre misure protettive, ma solo in casi molto limitati e chiaramente definiti. Le circostanze in cui tali misure possono essere applicate devono essere chiarite in anticipo, e ogni decisione va pianificata in tempo utile e ampiamente pubblicizzata, per consentire agli imprenditori di prendere i debiti accordi per i propri ordini o forniture.

Gli operatori del mercato stanno purtroppo pagando un prezzo ancora eccessivo per politiche commerciali malamente pianificate e per decisioni improvvise di applicazione di tariffe protettive, fattori che causano incertezza giuridica e commerciale e impediscono a chi opera nel commercio di adeguarsi rapidamente ai cambiamenti. E’ pertanto molto importante che la politica commerciale sia stabile e prevedibile. Le tariffe preferenziali devono essere comprensibili e facilmente applicabili. La loro attuazione deve essere dibattuta approfonditamente e anticipatamente con tutti i partner commerciali, in modo da informare gli imprenditori e consentire loro di avere delle certezze sul proprio futuro e sui propri ordinativi.

Vorrei concludere con qualche osservazione sul commercio con i paesi in via di sviluppo, sull’Organizzazione mondiale del commercio e sull’Unione europea. I paesi in via di sviluppo dovrebbero poter sfruttare tutte le opportunità che derivano dall’adesione all’OMC. Tali paesi andrebbero trattati da pari. Non è pertanto accettabile che i paesi industrializzati proteggano gli interessi delle grandi aziende dislocate principalmente nell’UE e negli USA.

 
  
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  Georgios Papastamkos (PPE-DE).(EL) Signor Presidente, dopo aver rivolto le mie congratulazioni alla relatrice, onorevole Muscardini, e i miei ringraziamenti al Commissario per la dichiarazione dettagliata, vorrei premettere che il mantenimento e il rafforzamento della competitività dell’Unione europea nel nuovo ambiente globalizzato richiedono, in primo luogo, un intervento europeo più deciso nei mercati dei paesi terzi e, in secondo luogo, una protezione efficace da pratiche commerciali inique da parte dei nostri partner.

La Comunità – è già stato ricordato – rimane un utilizzatore moderato degli strumenti di difesa commerciale. D’altro canto, l’incremento costante degli strumenti di difesa commerciale contro la Comunità sta assumendo proporzioni preoccupanti.

L’Unione è e deve rimanere un mercato aperto alla concorrenza internazionale. Siamo contrari al protezionismo. Nel contempo, tuttavia, ci opponiamo alla distorsione della concorrenza e al fatto che i nostri partner conseguano vantaggi competitivi affidandosi a pratiche scorrette in violazione delle norme commerciali internazionali.

Non ha senso che l’Unione pratichi il disarmo unilaterale. Il “pacifismo” commerciale funziona solo se applicato da tutte le parti in causa. Tutti convengono che l’impiego di strumenti di difesa commerciale ai danni della Comunità sia in aumento. Alla luce di ciò, la Commissione dovrebbe vigilare con attenzione e assicurare il ritiro delle misure abusive e trasgressive, mediante consultazioni e/o mediante il ricorso agli organi giudiziari dell’OMC, laddove necessario.

Stiamo inoltre assistendo a un numero relativamente elevato di casi di utilizzo di strumenti di difesa commerciale contro i prodotti agricoli europei. E’ pertanto compito della Commissione garantire che le riforme radicali della PAC vengano prese in debita considerazione dai nostri partner commerciali al momento dell’attivazione delle misure antisovvenzioni.

 
  
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  Peter Mandelson, Membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, non sono mai stato un fautore del disarmo unilaterale in nessuna fase della mia carriera politica, in nessun contesto. Sono sempre stato un multilateralista, rispetto sia al disarmo, sia alla fissazione di regole internazionali per creare istituzioni di governance globale, sia all’elaborazione di sistemi per creare accordi o dirimere controversie nel mondo. Tali principi e tale approccio li applico a questo tema come ho fatto in molti altri casi per tutta la mia carriera politica.

Stasera qualcuno ha fatto appello alla leadership morale. La moralità che applico al tema del commercio è la mia fiducia nel libero commercio. Secondo me è morale perché ritengo che il libero scambio rappresenti il modo migliore per determinare la crescita economica, elevare gli standard di vita, creare opportunità per le persone e combattere la povertà nel mondo: questo è ciò che io definisco “morale”.

Tuttavia, uno dei modi in cui perseguiamo “moralmente” il libero commercio è difendendo il commercio equo. Quando mi guardo attorno e noto l’inquietudine, l’incertezza e l’infelicità dei cittadini per quello che sta accadendo all’economia mondiale, e avverto che le persone si sentono sempre più insicure e minacciate dai cambiamenti drammatici che si stanno verificando nell’architettura e nel panorama dell’economia globale, mi accorgo che qualcuno sta iniziando a mettere in dubbio la bontà del concetto di libero scambio. Vedo che i cittadini iniziano a chiedersi se non sia meglio mettersi al riparo dall’economia mondiale, se erigere barriere tra noi e i nostri partner commerciali non possa essere un metodo più efficace per mettere al sicuro i nostri posti di lavoro e il nostro sostentamento.

Sono fermamente contrario a tale reazione e istinto, ma non potrò mai combattere il protezionismo se darò prova di debolezza quando si tratta di difendere il mantenimento e l’attuazione di norme commerciali internazionalmente concordate che si oppongono ai comportamenti anticoncorrenziali, agli interventi statali o alle distorsioni del commercio mirati a conferire a un partner commerciale un vantaggio sleale, irragionevole e inaccettabile negli scambi con la controparte. Per tale motivo è appropriato e opportuno applicare strumenti di difesa commerciale nell’ambito delle norme create dalle nostre istituzioni multilaterali.

Tuttavia, non vorrei mai che tali regole venissero utilizzate come arma contro la concorrenza altrui a basso costo o contro l’uso legittimo altrui di vantaggi competitivi. Non è giusto né accettabile, e assicuro all’onorevole Kamall che nel caso dei prodotti tessili o delle calzature il caso era diverso. Per quanto riguarda le calzature, si è trattato effettivamente di una misura antidumping, promulgata dopo infinite indagini, analisi, raccomandazioni, discussioni, dibattiti e decisione finale da parte dei nostri Stati membri, come è giusto che sia. Difendo l’obiettività e la trasparenza con le quali si è giunti a tale decisione, che certamente non è stata adottata per fini protezionistici.

Tuttavia, nel caso del tessile, non ho mai detto che si trattava di commercio scorretto. Non ho mai affermato che l’aspra concorrenza che dovevamo affrontare nel caso dei prodotti tessili era il risultato di distorsioni di prezzo o di mercato da parte dei cinesi. Ho semplicemente rilevato che, con l’abolizione definitiva delle quote, noi europei ci trovavamo improvvisamente e inaspettatamente di fronte a una specie di valanga che, se non fosse stata fermata, avrebbe presumibilmente travolto il nostro mercato e distorto gravemente la produzione, i sistemi di vendita, i profitti, i mezzi di sostentamento e, di conseguenza, i posti di lavoro dei cittadini, il tutto in modo così repentino che ho ritenuto opportuno – e, alla fine, anche i nostri partner cinesi hanno convenuto sull’adeguatezza del provvedimento – adottare misure cooperative volontarie per rallentare il rapido incremento delle esportazioni tessili cinesi.

Avete ragione sul fatto che in ogni momento, evento e circostanza dovremmo essere imparziali, trasparenti e veritieri nell’analisi che presentiamo, nelle conclusioni che traiamo e nel modo in cui cerchiamo di giustificare le misure da noi richieste.

E’ vero, come ha detto l’onorevole Handzlik, che qualsiasi intervento di sorta nel mercato – legittimo, antidumping o in base ad altri impieghi degli strumenti di difesa commerciale – creerà inevitabilmente una certa incertezza e indebolirà l’incapacità delle aziende di pianificare. L’onorevole Kamall ha sollevato un punto analogo. Prendo tale tema con molta serietà, perché non voglio che le mie azioni, concordate dagli Stati membri, abbiano l’effetto di peggiorare la situazione pregiudicando o danneggiando ulteriormente la capacità delle imprese di pianificare e organizzare la produzione, che ovviamente ne risente se le catene di fornitura e produzione vengono compromesse o danneggiate da interventi del genere. Dobbiamo pertanto ridurre al minimo gli effetti dirompenti. Una delle cose che voglio prendere molto seriamente nel contesto del nostro Libro verde e del nostro esame della questione, è come riuscire a ridurre al minimo gli effetti dirompenti e offrire la massima prevedibilità possibile alle aziende eventualmente interessate.

Vorrei solo sollevare quest’ultimo punto: l’onorevole Caspary ha dichiarato – se posso riprendere e integrare in certa misura le sue parole – che dovremmo attenerci alle regole e cercare costantemente di rafforzarle e migliorarle. Sono d’accordo. E’ esattamente quello che stiamo facendo nell’agenda di sviluppo di Doha, ed è per questo che abbiamo un sistema e un processo multilaterali che disciplinano tali norme, e un’istituzione che ci consente di negoziare proprio il rafforzamento e il miglioramento da voi auspicati. Per tale ragione il sistema dell’OMC è di vitale importanza.

Vorrei soltanto aggiungere in conclusione che, indipendentemente dalle interruzioni, dagli interventi, dalle distrazioni o deviazioni della nostra agenda commerciale molto ampia e molto complessa, terrò sempre sotto stretto controllo l’agenda di sviluppo di Doha, l’importanza degli obiettivi che stiamo perseguendo in seno alla medesima e la rilevanza vitale di portare felicemente a termine tali negoziati. Lo voglio fare rispetto non soltanto all’accesso al mercato, ma anche alle norme commerciali e al loro rafforzamento, obiettivi a cui la Commissione rimane votata.

 
  
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  Presidente. La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì, alle 12.30.

 

22. Ordine del giorno della prossima tornata: vedasi processo verbale

23. Chiusura della seduta
  

(La seduta termina alle 23.50)

 
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