Bernat Joan i Marí (Verts/ALE). – (EN) Signor Presidente, purtroppo la votazione sul processo di pace nei Paesi baschi è stata leggermente guastata dalle misure procedurali, ma a mio avviso si tratta di una giornata positiva per il processo perché il Parlamento lo ha sostenuto e vi ha preso parte. Questo è fondamentale per risolvere il conflitto politico in cui sono attualmente coinvolti i Paesi baschi e lo Stato spagnolo.
Ora si dovranno adottare misure per risolvere i problemi nei Paesi baschi. Da un lato, è necessario porre fine a tutte le attività armate e smantellare l’organizzazione terroristica ETA; dall’altro, però, occorre affrontare e risolvere il conflitto politico. Se non si insisterà sulla soluzione della questione politica, in futuro potrebbe verificarsi una situazione terribile.
La partecipazione del Parlamento europeo è molto importante, poiché ora abbiamo un’arena concreta in cui risolvere il conflitto e questa potrebbe rappresentare l’unica via d’uscita. L’Europa è il luogo in cui si deve trovare una soluzione a questo problema politico. Abbiamo trovato l’arena giusta.
Nella soluzione del problema occorre coinvolgere anche la comunità basca, i partiti politici, i sindacati e l’Unione europea.
Josu Ortuondo Larrea (ALDE). – (ES) Signor Presidente, in veste di rappresentante politico dei Paesi baschi, non credo di sbagliare affermando che, per la grande maggioranza dei cittadini baschi, di Euskadi o di Euskal Herria, oggi è un gran giorno, un giorno storico, nel quale l’Istituzione che rappresenta tutti gli europei, questo Parlamento, si accinge finalmente a rivolgere l’attenzione a una parte del suo territorio interno che è da tempo martoriata da un conflitto, un conflitto che, non essendo stato affrontato nel momento e nel modo opportuno, negli ultimi anni ha indotto un gruppo di estremisti a ricorrere alla violenza, seminando morte e dolore.
Oggi la società basca rifiuta il ricorso alla violenza a scopi politici e, per fortuna, sembra sinceramente orientata verso una soluzione democratica del conflitto.
A chi non ha voluto che a parlare fossero i cittadini e non le bombe vorrei chiedere di dare prova di riflessione e lungimiranza e, dopo che il Parlamento avrà votato a maggioranza, di accettare democraticamente la risoluzione approvata e permettere al processo di avanzare.
Infine, a nome della maggior parte del popolo basco, vorrei esprimere la mia gratitudine a tutti gli eurodeputati che, votando a maggioranza a favore di questa proposta di risoluzione, ci offriranno un’opportunità di pace.
Sono certo che non li deluderemo.
Gérard Onesta (Verts/ALE). – (FR) Signor Presidente, prendo la parola in quest’Aula in veste di rappresentante dei Paesi baschi, in quanto la mia circoscrizione comprende l’Ipar Euskadi, ovvero la parte settentrionale dei Paesi baschi. Questo è un giorno molto importante per il nostro Parlamento, poiché abbiamo deciso, da bravi europei, di applicare il metodo comunitario, che fa del dialogo l’unica soluzione alla violenza.
Gli ingredienti del processo applicato ai Paesi baschi sono i seguenti: innanzi tutto, la cessazione della violenza; in secondo luogo, l’avvio di un dibattito da cui nessuno sia escluso, in quanto si fa pace con i nemici, non con gli amici; in terzo luogo, il corretto svolgimento di un dibattito leale il cui esito non sia predeterminato e, infine, un risultato che, qualunque forma assuma, dovrà essere sancito dalla democrazia.
Vorrei esortare la Francia a impegnarsi a sua volta nel processo. Dobbiamo infatti smettere di essere ipocriti, in quanto i Paesi baschi si trovano proprio a cavallo dei Pirenei. Vorrei concludere con una splendida frase che ho letto su un muro nei Paesi baschi e che credo sia stata pronunciata da Gandhi: “Non c’è una strada che porta alla pace, la pace è la strada”.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE). – (ES) Signor Presidente, come i precedenti oratori, vorrei congratularmi con il Parlamento europeo per avere posto una nuova pietra miliare sulla strada che porta alla pace nei Paesi baschi.
Non è stato un compito facile, come abbiamo visto e constatato sulla nostra pelle, ma nei processi di pace le cose non sono mai semplici. In questi giorni abbiamo assistito a certi gesti e a certi atteggiamenti che non contribuiscono in alcun modo alla soluzione del conflitto basco, ma ciò non deve farci desistere dall’impegno di trovare una via d’uscita ragionevole, che permetta di incanalare la complessità della situazione verso un quadro di discussione politica dal quale sia esclusa ogni forma di violenza.
In ultima analisi, infatti, oggi abbiamo votato e approvato proprio questo: la denuncia della violenza, la solidarietà nei confronti di tutte le vittime e il sostegno della pace. E’ triste constatare che non tutti sono disposti ad assumersi questo impegno, ma siamo abbastanza numerosi da credere che siamo davvero all’inizio della fine.
Spero che chi oggi non ci ha appoggiato votando contro la risoluzione capisca che, alla fine, è questa la strada giusta da seguire.
Pál Schmitt (PPE-DE). – (HU) Vorrei rilevare che gli sforzi compiuti dal governo spagnolo nel tentativo di avviare un dialogo con l’organizzazione terroristica ETA non sono affatto una novità. In veste di ex ambasciatore ungherese, ho appreso che ogni governo democratico ha condotto negoziati con i rappresentanti di questa organizzazione. Lo avevano fatto il governo Suárez, diversi governi guidati da Felipe González e anche il governo di José María Aznar. Perché ho parlato e parlo ora a nome dei 13 deputati ungheresi del Partito popolare europeo? Perché per noi la questione del rispetto dei diritti delle minoranze è estremamente importante. Molti ungheresi, nostri connazionali, vivono come minoranze al di fuori dei confini dell’Ungheria. Dobbiamo ribadire un concetto: i diritti delle minoranze vanno protetti nel quadro dello Stato di diritto e delle norme europee. Ci tengo a precisare che, a prescindere dal voto espresso da ogni singolo deputato, noi continueremo a batterci per i diritti dell’uomo e delle minoranze e che condanniamo l’uso della forza e del terrore in ogni sua forma.
Frank Vanhecke (NI). – (NL) Signor Presidente, in qualità di deputati non iscritti, non abbiamo potuto esprimere le nostre critiche o aggiungere alcunché ai testi e, pertanto, non abbiamo potuto votare a favore di alcuna delle risoluzioni in esame. In un caso, non potevamo esprimerci a favore perché non possiamo assolutamente accettare una risoluzione in cui si afferma che, in linea di principio, i Paesi baschi non possono essere indipendenti. Nell’altro caso, siamo stati altrettanto impossibilitati a esprimere il nostro consenso, poiché siamo del parere che, in un mondo politico normale, si possano condurre negoziati solo con chi denuncia senza mezzi termini la violenza – che spesso non è altro che criminalità – e decisamente la condanna.
In ultima analisi, tuttavia, questo significa che l’Unione europea in quanto tale, e di conseguenza le sue Istituzioni, non dovrebbero affatto interferire negli affari interni della Spagna e dei Paesi baschi, per evitare che la separazione dei Paesi baschi dalla Spagna, o la parte che ne rimane, diventi ancora più complicata di quanto, a livello democratico, desideri l’elettorato. Dobbiamo lasciare che la Spagna e i Paesi baschi prendano autonomamente le proprie decisioni attraverso negoziati pacifici e in maniera democratica.
Rosa Díez González (PSE). – (ES) Signor Presidente, anch’io sono una rappresentante politica basca. Basca e spagnola.
Vorrei affermare in quest’Aula che la società basca è sempre stata contraria al terrorismo, non solo ora. Vorrei affermare in quest’Aula che l’organizzazione terroristica ETA non è un gruppo estremista, ma un’organizzazione terroristica, che per quarant’anni ha ucciso violando la democrazia spagnola. Vorrei affermare in quest’Aula che in Spagna non vi è alcun conflitto politico diverso da quelli che deve affrontare qualsiasi paese democratico dell’Unione europea, ossia i conflitti politici propri della democrazia. Ciò che esiste in Spagna, in Euskadi, è un’organizzazione terroristica che si chiama ETA, che da quarant’anni uccide violando la democrazia.
Signor Presidente, non ho votato a favore di alcuna delle risoluzioni perché volevo dimostrare politicamente la mia contrarietà a un dibattito intitolato “sul processo di pace in Spagna”, perché io, signor Presidente, ho cinquantaquattro anni, non ho mai vissuto in guerra, ho vissuto tutta la vita in Euskadi e in Euskadi non ci manca la pace, ci manca la libertà.
Pertanto la sfida è la libertà e parlare del processo di pace può incoraggiare alcune persone ad avere l’ardire di affermare che il terrorismo è il prodotto di un conflitto politico, quando nel nostro paese non esiste alcun conflitto di questo tipo.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della risoluzione presentata dalla collega Grossetête a nome del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei sul processo di pace in Spagna riguardo ai problemi con cui sono confrontati i Paesi baschi. Vorrei congratularmi con il Parlamento europeo perché è riuscito a parlare con una sola voce nel condannare l’uso della violenza, nel rendere omaggio alle vittime del terrorismo e nell’invocare un completo ritorno alla pace. Mi spiace molto che i gruppi politici non siano riusciti a pervenire a un testo comune su una questione tanto seria, senza però dimenticare che la gestione del problema è essenzialmente di competenza degli Stati membri interessati, ovvero di Spagna e Francia e delle forze politiche di questi paesi. Mi auguro che prevalga il buonsenso e sono lieto di aver aggiunto la mia voce al coro di chi è convinto che questa situazione debba essere risolta pacificamente, con mezzi democratici.
Frieda Brepoels (PPE-DE), per iscritto. – (NL) Ci spiace che sia stato impossibile elaborare una risoluzione comune a causa delle enormi differenze esistenti tra i partiti politici nazionali sull’argomento in questione. Ciononostante, conveniamo tutti che il dialogo è la sola risposta possibile per giungere a una soluzione pacifica. A tal fine, tutte le forze democratiche dovranno unirsi per favorire una soluzione politica tra tutti i popoli della Spagna. E’ dunque inammissibile che ogni processo democratico, che comporti la modifica delle frontiere interne dell’Unione europea, sulla base del diritto all’autodeterminazione, venga condannato fin dall’inizio. In questo modo si condannerebbero immediatamente anche tutti i processi pacifici e democratici che porterebbero a una maggiore autonomia e indipendenza in altri Stati membri europei. Si pensi al Belgio, in cui l’appello all’indipendenza fiamminga sta diventando sempre più forte. Credo che la regionalizzazione e l’europeizzazione possano andare di pari passo.
Il mio partito, il N-VA – la nuova alleanza fiamminga – è favorevole a un’Europa pacifica in cui tutti i popoli abbiano la possibilità di svilupparsi, sulla base del diritto all’autodeterminazione e in uno spirito di “unità nella diversità”. Ecco perché questo dibattito su una possibile soluzione pacifica non può ridursi esclusivamente a un dibattito sul terrorismo.
Bairbre de Brún (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Da quando a marzo di quest’anno l’ETA ha proclamato il cessate il fuoco, il Sinn Féin sostiene che tale annuncio costituisca un’occasione unica per risolvere il conflitto nei Paesi baschi. Tutte le forze politiche che ritengono che questo sia un importante obiettivo politico, compresa l’Unione europea, devono fare tutto il possibile per non sprecare una simile opportunità.
E’ un peccato che nessuna delle due risoluzioni presentate al Parlamento oggi affronti i nodi centrali della questione né fornisca informazioni sullo stato attuale del processo di pace. La risoluzione del PPE-DE si opponeva al processo di pace. La risoluzione comune, benché migliore di quella del PPE-DE, ha evidentemente rappresentato un’opportunità mancata. Abbiamo dunque votato contro la risoluzione del PPE-DE e ci siamo astenuti sulla risoluzione comune.
E’ urgentemente necessario avviare colloqui in cui siano coinvolte tutte le parti, nonché rispettare tutti i mandati politici, compreso quello di Batasuna; occorre altresì porre fine ai processi politici farsa di cui sono costantemente oggetto gli attivisti politici nazionalisti della sinistra basca.
Il Sinn Féin continuerà a sostenere il processo di pace basco e a incontrare tutti i partiti politici della regione, offrendo loro l’aiuto che riterranno appropriato.
Christine De Veyrac (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Non intendo giudicare a priori la fondatezza e la validità dell’approccio adottato dal governo del Primo Ministro Zapatero, ma ritengo che non spetti alle Istituzioni europee prendere posizione su una questione che, per sua stessa natura – giacché si riferisce allo status e al futuro di una provincia – è di competenza della politica interna di uno Stato membro, a maggior ragione se, come in questo caso, il dibattito interno tra la maggioranza parlamentare e l’opposizione è molto acceso. Giacché la risoluzione comune chiede al Consiglio e alla Commissione di adottare misure appropriate, esiste ovviamente il rischio che se ne faccia un uso improprio. La logica di alcuni gruppi politici che hanno firmato la risoluzione e che ambiscono a internazionalizzare il conflitto è pericolosa e controproducente. Occorre lasciare che gli spagnoli gestiscano e risolvano questo conflitto da soli.
Date le circostanze, una risoluzione alternativa del gruppo PPE-DE era pienamente giustificata. Avrei tuttavia preferito se la logica ad essa sottesa fosse imperniata sul rifiuto di principio dell’esame di una questione interna a uno Stato membro. Per questo mi sono astenuta dal voto su entrambe le risoluzioni.
Gérard Deprez (ALDE), Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) Oggi il Parlamento europeo è stato a tutti gli effetti preso in ostaggio dai socialisti spagnoli, promotori di questo dibattito, e pertanto in un primo tempo abbiamo pensato di astenerci dal voto su entrambe le risoluzioni ora all’esame.
Se alla fine abbiamo sostenuto la risoluzione del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei è perché ribadisce la nostra convinzione, ossia che l’ETA non ha rispettato le condizioni alle quali era tenuta ad attenersi per diventare un partner negoziale credibile. Non occorre ricordare che l’ETA non si è scusata in alcun modo con le famiglie delle 1 000 vittime degli attentati e che non ha mai rinunciato al conflitto armato. Il 23 settembre si è nuovamente impegnata a continuare lo spargimento di sangue con la lotta armata.
Abbiamo votato contro la risoluzione presentata dal gruppo socialista al Parlamento europeo e da altri gruppi non per il suo contenuto – blando e inutile –, ma perché, a tutti gli effetti, è dettata da Batasuna. L’ETA ha sempre cercato di internazionalizzare il processo di pace. Attraverso gli sforzi della sua ala politica e grazie ai socialisti spagnoli, questo obiettivo è stato adesso raggiunto in seno a un Parlamento europeo profondamente diviso da un dibattito che non avrebbe mai dovuto avere luogo qui e ora.
Finché l’ETA non rinuncerà al conflitto armato, resterà una organizzazione terroristica da combattere e non un interlocutore politico.
Mathieu Grosch (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Non è giusto che questo tipo di problemi – relativi agli affari interni di uno Stato membro – vengano iscritti all’ordine del giorno del Parlamento europeo. A differenza dei nostri colleghi spagnoli, noi non abbiamo la possibilità di svolgere un dibattito esaustivo sulla questione, che – sebbene sia indubbiamente importante – si riduce in questo modo a nient’altro che a una disputa tra partiti politici; sarebbe infatti assurdo se i deputati di altri paesi non avessero piena fiducia nei colleghi spagnoli del loro gruppo riguardo a questo tema.
In linea di principio, tuttavia, ritengo che, nella lotta per l’autonomia, nessuna regione o minoranza dovrebbe fare ricorso alla violenza, perché tale modo di agire è in contrasto con i valori europei che difendiamo da oltre sessant’anni e dico questo nella piena consapevolezza di essere qui come rappresentante della comunità di lingua tedesca del Belgio.
Kartika Tamara Liotard ed Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. – (NL) I baschi si trovano in una posizione eccezionale rispetto alla maggior parte degli altri popoli europei. All’inizio del diciannovesimo secolo, l’Europa era suddivisa tra una manciata di grandi Stati multietnici. Nel 1815 il Congresso di Vienna aveva creduto di poter mantenere per sempre questa suddivisione di Stati e le loro rispettive frontiere. Dal 1830, con mezzi violenti o pacifici, si sono formati due terzi degli Stati europei odierni a seguito della lotta democratica per il governo e l’istruzione nella lingua della popolazione. Dei rimanenti Stati multilinguistici, la Spagna e il Belgio hanno adottato una forma federale la cui amministrazione riconosce le differenze linguistiche e culturali. Purtroppo, nel territorio spagnolo, i Paesi baschi sono tuttora suddivisi tra le tre principali province basche che formano un’unica regione, insieme alla regione della Navarra, di cui solo la parte occidentale ha una maggioranza basca.
Le richieste dei baschi sono paragonabili a quelle della Catalogna, che ora sono state ampiamente soddisfatte. La risposta alle loro richieste non deve essere il genere di oppressione militare o giudiziaria che è stata inflitta dai precedenti governi spagnoli e invocata dall’attuale opposizione di destra. Siamo lieti di constatare che il movimento per l’indipendenza e lo Stato spagnolo stanno alfine cercando insieme una soluzione pacifica e che la maggior parte dei gruppi di quest’Assemblea sostiene tale processo.
Gerard Batten, Graham Booth, Nigel Farage, Roger Knapman, Jeffrey Titford, John Whittaker e Thomas Wise (IND/DEM), per iscritto. – (EN) Il partito per l’indipendenza del Regno Unito si è astenuto sulla risoluzione B6-0526/2006 partendo dal presupposto che si tratta evidentemente di un problema nazionale e, pertanto, è assolutamente illogico che l’UE interferisca nella questione o esprima il proprio giudizio in merito. L’integrità territoriale di uno Stato membro e il suo approccio alla lotta al terrorismo devono essere lasciati alla discrezione dello Stato, che rappresenta in maniera appropriata i cittadini direttamente interessati dalla questione ed è responsabile nei loro confronti. L’UKIP aborrisce e respinge il terrorismo in ogni sua forma.
Proinsias De Rossa (PSE), per iscritto. – (EN) Sono contrario a questa risoluzione del PPE che critica gli sforzi compiuti dal governo spagnolo nei negoziati di pace.
Se i criteri che cerca di applicare il PPE fossero stati inizialmente applicati al processo irlandese, l’IRA sarebbe ancora alle prese con la sua campagna omicida.
Come sappiamo, a distanza di dieci anni, continuano a permanere dubbi sull’impegno dell’IRA. Le strutture si sono però evolute in modo tale da esercitare pressioni su questo movimento e controllarne le attività, facendo sì che l’IRA procedesse al proprio disarmo e si dedicasse interamente alla politica. Possiamo affermare che, se non fosse stato avviato il processo di pace, nell’arco di questi anni in Irlanda del Nord si sarebbero potute contare altre 1 000 vittime.
Il governo spagnolo è alle prese con uno dei compiti più ardui: come porre fine alla violenza interna di matrice politica. La posizione che ci viene chiesto di approvare è quella del partito all’opposizione in Spagna, che è contraria al parere del governo attuale, democraticamente eletto dal popolo spagnolo. Nel Regno Unito e in Irlanda il sostegno al processo di pace irlandese è transpartitico, benché di tanto i tanto i partiti abbiano espresso critiche su alcuni particolari. Questa è una delle ragioni che finora hanno permesso la buona riuscita di tale processo.
Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Il voto su questa risoluzione ha messo la delegazione irlandese del PPE-DE in una posizione difficile. Il processo di pace irlandese è stato un successo e riconosciamo il sostegno fornito dall’UE a tale proposito. Dopo oltre quarant’anni di terrorismo, violenza e conflitto, tutte le parti stanno ora lavorando per una pace duratura in Irlanda.
Vorremmo che anche in Spagna il processo di pace andasse a buon fine e si ponesse termine all’uso della violenza a fini politici. Tuttavia, è rischioso fare paragoni tra il processo di pace irlandese e la situazione che esiste attualmente in Spagna. Tanto per cominciare, il processo di pace irlandese ha il sostegno di due governi sovrani e l’appoggio dell’ampia maggioranza dei partiti politici su entrambe le isole. In Spagna regna ancora una profonda divisione riguardo al modo migliore di procedere.
E’ un peccato che il Parlamento europeo sia costretto a dividersi su un tema di importanza tanto fondamentale per la Spagna. Tuttavia, la profonda diversità di vedute dei deputati spagnoli sulla risoluzione in esame ha impedito al resto del Parlamento di formulare un parere unanime su una questione che non dovrebbe affatto dividerci.
Fondamentalmente, noi tutti siamo favorevoli alla fine della violenza politica in Spagna.
(Testo abbreviato conformemente all’articolo 163, paragrafo 1, del Regolamento)
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore questa risoluzione sul processo di pace in Spagna e mi dispiace molto che la destra del Parlamento europeo non abbia aderito alla coalizione che si è espressa a favore del processo di pace. E’ triste che i colleghi abbiano voltato le spalle alle sagge parole pronunciate dal loro ex Primo Ministro, José María Aznar, che nel 1998 disse: “Per la pace, e per il diritto alla pace, dobbiamo aprire i nostri cuori alla speranza e al perdono. Nella lotta per la pace, faremo del nostro meglio con l’aiuto e la speranza di tutti”. E’ un peccato che nel dibattito odierno il PPE non abbia saputo cogliere lo spirito di quelle parole.
Alexander Lambsdorff (ALDE). – (DE) Signor Presidente, i deputati al Parlamento europeo del partito liberaldemocratico tedesco non hanno votato sulla proposta di risoluzione B6-0527/2006. La proposta di risoluzione si intitola “risoluzione del Parlamento europeo sul processo di pace in Spagna”. Si tratta di un problema da risolvere a livello nazionale; a nostro avviso, l’Unione europea non deve occuparsi di questioni nelle quali non ha competenze né responsabilità. In particolare, critichiamo il paragrafo della risoluzione in cui si chiede a Consiglio e Commissione di agire di conseguenza: ciò è contrario al principio di sussidiarietà. Per tale motivo, ci siamo astenuti dal voto.
Koenraad Dillen (NI). – (NL) Signor Presidente, ho votato contro la proposta di risoluzione congiunta di stampo socialista sul cosiddetto processo di pace in Spagna. Ero così ingenuo da credere che i Trattati europei avessero introdotto il principio di sussidiarietà, ma non è così, l’Europa vuole intromettersi in questioni puramente interne della Spagna. Ero così ingenuo da credere che i democratici non si sarebbero seduti al tavolo delle trattative con assassini e terroristi per cedere ai loro ricatti, ma non è così, sembra che questa sia una prassi che l’Europa, d’ora in poi, intende incoraggiare.
Questo, però, crea un pericoloso precedente. Sembra che gli esponenti di sinistra dell’Assemblea, seguiti da un nutrito numero di “utili idioti” del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, considerino normale che il governo di uno degli Stati membri debba negoziare con un’organizzazione terrorista, che non è nemmeno disposta a scusarsi con le famiglie di tutte le persone che, assurdamente, ha ucciso negli anni.
Se poi si pensa che, in passato, alcuni presidenti dei gruppi dell’Assemblea che oggi propongono questa risoluzione hanno personalmente offerto rifugio a terroristi ricercati, tra cui Hans-Joachim Klein della Rote Armee Fraktion, non ci si deve sorprendere di quanto arriva dalla sinistra e dall’estrema sinistra, sempre pronte a ritenersi moralmente superiori agli altri su qualsiasi altra questione. “Chassez le naturel, il revient au galop”.
Jean-Louis Bourlanges (ALDE). – (FR) Signor Presidente, vorrei intervenire a titolo personale e chiedere al deputato che ha appena parlato di porgere le sue scuse. I deputati che non votano come lei non meritano l’appellativo di idioti.
(Rispondendo all’onorevole Martinez, che lo interpella)
Che sia stato detto idiota “utile” o “inutile” poco importa, lo so, anch’io ho letto Lenin come lei, onorevole Martinez.
Detto questo la prego, signor Presidente, di chiedere al parlamentare di cui parlavo di porgere le sue scuse. Poi presenterò la mia dichiarazione di voto.
(Applausi)
(Rispondendo all’onorevole Martinez, che lo interpella di nuovo)
Conosco Lenin. Non è perché Lenin usa gli insulti che lei deve fare lo stesso…
Presidente. – Solo un momento, per favore, onorevole Dillen. Immagino che non volesse chiamare gli onorevoli colleghi idioti. Le chiedo quindi di rettificare o chiarire esattamente quanto detto.
Koenraad Dillen (NI). – (NL) Signor Presidente, non ho usato la parola “idioti”, in realtà ho detto “utili idioti”, un termine usato di frequente in politica da oltre un secolo che, come l’onorevole Martinez ci ha appena ricordato, è stato coniato da Lenin. E’ una tipica espressione politica, spesso utilizzata nel dibattito politico che, certamente, non voleva essere rivolta contro la persona. Se così ha inteso l’oratore, allora porgo le mie scuse. Era semplicemente un attacco politico, sicuramente non personale.
Jean-Louis Bourlanges (ALDE). – (FR) Signor Presidente, accetto le scuse del collega, ma non credo che l’aggiunta di un aggettivo stemperi il significato del sostantivo che qualifica. Un “grande” imbecille rimane comunque un imbecille, non è vero?
Ora passo alla mia dichiarazione di voto. Come i colleghi dell’Unione per la democrazia francese (UDF), ho votato a favore della risoluzione a sostegno dell’iniziativa di pace nei Paesi baschi, adottata dal parlamento spagnolo. Con questo voto, abbiamo voluto dimostrare la nostra solidarietà alle autorità democratiche spagnole, mentre assistiamo all’inizio di un delicato processo teso a eliminare la violenza e ristabilire l’ordine civile nei Paesi baschi. Tuttavia, abbiamo votato a favore della risoluzione solo perché la nuova formulazione del paragrafo 6 – che l’onorevole Vidal-Quadras ha giustamente definito una modifica sostanziale al testo iniziale – evidenzia molto chiaramente che la questione rientra nell’ambito delle competenze esclusive della Spagna. Non sarebbe stato giusto se il Parlamento europeo si fosse eretto ad autorità di vigilanza del parlamento spagnolo in un affare che compete alla sovranità nazionale.
Il Parlamento e il Consiglio europeo, tuttavia, stanno pienamente adempiendo al proprio ruolo concedendo alle autorità spagnole il sostegno morale e politico che hanno il diritto di pretendere. A tale proposito, è quantomeno paradossale che il Parlamento senta il partito popolare spagnolo denunciare un’ingerenza internazionale negli affari interni del proprio paese proponendo una risoluzione che condanna, chiaramente e inequivocabilmente, il voto delle Cortes. Appoggiando le decisioni adottate dalle autorità giuridiche spagnole, il Parlamento sta sicuramente mostrando più rispetto per la sovranità spagnola di quanto non avrebbe fatto condannando queste decisioni, come lo invitava a fare l’opposizione spagnola. Invece che cercare di intimidire gli eurodeputati francesi del centro, come ha fatto nel Le Figaro di questa mattina, Mariano Rajoy avrebbe fatto meglio a interrogarsi sulla coerenza del proprio approccio e di quello del suo partito a Strasburgo.
Proinsias De Rossa (PSE), per iscritto. – (EN) Il processo di pace spagnolo è un’iniziativa coraggiosa e necessaria. Mentre il governo spagnolo sta cercando di porre fine al massacro dell’ETA attraverso il dialogo e la negoziazione, è doveroso che tutti i partiti democratici, dentro e fuori la Spagna, appoggino questo processo. Ciò non ci impedisce di mantenere una visione critica sulla serietà dell’impegno dell’ETA nel raggiungere i compromessi necessari.
Gli episodi come il sequestro nel sudovest della Francia da parte dell’organizzazione ETA sono, per questo processo, una sorta di test. Potrebbero verificarsi episodi analoghi prima della conclusione del processo. In tali circostanze, spetta al governo spagnolo giudicare se simili episodi costituiscano un’aperta violazione del cessate il fuoco dell’ETA e agire di conseguenza.
Durante il processo e nelle sue fasi conclusive non dobbiamo dimenticare le vittime del terrorismo e la sensibilità delle loro famiglie. Tuttavia, l’obiettivo del processo è, innanzi tutto, prevenire altri omicidi e distruzioni. Dobbiamo congratularci con le vittime del terrorismo che appoggiano l’attuale processo di pace per il loro coraggio e la loro generosità. Nonostante il dolore, hanno scelto di impegnarsi per impedire che altri siano vittime degli stessi traumi in futuro.
Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. (SV) Il terrorismo, in tutte le sue forme, è un fenomeno detestabile che, il più delle volte, colpisce civili innocenti. Un vero democratico deve, in qualsiasi situazione, respingere e condannare atti di simile natura.
Oggi il Parlamento ha discusso proposte di risoluzione sul processo di pace in Spagna presentate dalla maggioranza dei gruppi politici. Purtroppo, il rifiuto del terrorismo e la posizione assunta a favore del processo di pace sono stati permeati da una lotta di potere politica che, in realtà, appartiene alla politica spagnola.
Il problema discusso è una questione che, in definitiva, deve essere risolta nello Stato sovrano del Regno di Spagna. E’ quindi molto deprimente vedere l’opportunismo con cui le diverse forze politiche del Parlamento europeo cercano di sfruttare questo tragico capitolo della storia spagnola.
In base a questo ragionamento, oggi mi sono astenuta dal voto su tutte le proposte di risoluzione riguardanti il processo di pace in Spagna.
Willy Meyer Pleite (GUE/NGL), per iscritto. (ES) Oggi ci pronunciamo su una proposta di risoluzione che sostiene il processo di pace in Spagna. Il contenuto di questa risoluzione implica un appoggio incondizionato al processo di pace e alla lotta contro la violenza terrorista nel nostro paese nei termini stabiliti dal congresso dei deputati nel maggio 2005. In quella dichiarazione, il congresso ha dato il proprio sostegno ai piani del governo di Zapatero per avviare i processi di dialogo con chi desidera abbandonare la violenza, sempre nel rispetto della legalità e dei principi democratici.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. (PT) Ho votato contro la risoluzione approvata per vari motivi.
Innanzi tutto, ritengo inaccettabile che si dia il nome “processo di pace” a iniziative (queste o altre) tese a porre fine alle attività terroriste dell’ETA. La scelta delle parole è tendenziosa e fatta in malafede. Non c’è nessuna guerra. Piuttosto, da una parte c’è un paese libero e democratico che rispetta le autonomie e, dall’altra, un popolo vittima della violenza indiscriminata e ingiustificata di un gruppo terrorista.
In secondo luogo, non posso votare una risoluzione che non riconosce chiaramente l’impossibilità di negoziare con un gruppo terrorista che si rifiuta, prima dei negoziati, di rinunciare apertamente alla violenza.
Per concludere, credo che la Spagna e gli spagnoli siano liberi di risolvere la questione del terrorismo basco come meglio credono, ma mi rifiuto di appoggiare una risoluzione del Parlamento su questo tema che non faccia riferimento alle motivazioni ingiustificate e insostenibili dell’ETA. Oltre ai metodi che utilizza, vale a dire il terrorismo, questa organizzazione merita la nostra condanna totale e senza riserve. In questo caso dobbiamo condannare i contenuti delle rivendicazioni terroriste, e non dar loro alcun aiuto in termini di voto democratico.
José Ribeiro e Castro (PPE-DE), per iscritto. (PT) I termini in cui la proposta di risoluzione è stata presentata al dibattito sono offensivi per gran parte degli spagnoli e, soprattutto, per le vittime del terrorismo in Spagna. Ciò è stato ampiamente spiegato dall’associazione che rappresenta la stragrande maggioranza delle vittime, che ha definito il processo iniziato dal governo spagnolo una resa.
Il titolo stesso della risoluzione erroneamente suggerisce l’esistenza di due parti legittime coinvolte in un processo di pace mentre, in realtà, stiamo parlando di trattative tra un governo e un gruppo terrorista responsabile della morte, della persecuzione e dell’estorsione di centinaia di cittadini spagnoli rimasti vittime della violenza.
E’ importante ricordare che, dopo il cessate il fuoco dichiarato dall’ETA, i membri dell’organizzazione hanno lanciato minacce, non hanno consegnato le armi e si sono diffuse notizie di tentativi di riarmo.
Aprire un dialogo incondizionato con terroristi che non solo non condannano ma giustificano la lotta armata e che non mostrano alcun rimorso per gli innocenti trucidati rappresenta una resa incredibile da parte del potere politico di uno Stato democratico. Non c’è alcun motivo per festeggiare.
Sono sbigottito dall’opportunismo mostrato dal governo di Zapatero, che ha cercato di ottenere a livello internazionale quello che non è riuscito a ottenere dai suoi cittadini.
Marc Tarabella (PSE), per iscritto. – (FR) Ho deciso di votare a favore della risoluzione sul processo di pace in Spagna dei quattro gruppi politici, tra cui il gruppo socialista al Parlamento europeo. Con questo documento il Parlamento sostiene la lotta al terrorismo, nonché l’iniziativa di pace intrapresa dal governo spagnolo nei Paesi baschi.
In effetti, ritengo importante che il Parlamento europeo esprima un parere sulla questione. Il problema del terrorismo non è circoscritto alla Spagna e, in qualità di deputati al Parlamento europeo, abbiamo l’obbligo di sostenere questo processo in grado di fornire una soluzione al conflitto che ha causato profondo dolore al popolo spagnolo.
Tuttavia, insisto sul fatto che riconoscere e accettare il processo di pace iniziato in Spagna non ci fa dimenticare le 800 vittime del terrorismo dell’ETA. Pur incoraggiando questa iniziativa, continuo a condannare fermamente qualsiasi atto di violenza perpetrato dall’ETA. A tale proposito, apprezzo la suddetta relazione e auspico fortemente che possa contribuire positivamente alla continuazione del processo in corso.
Mairead McGuinness (PPE-DE), per iscritto. (EN) Nonostante abbia votato insieme al PPE e alla relatrice a favore della presente relazione, desidero richiamare la vostra attenzione sul caso European City Guide, in cui singoli individui, piccole imprese e addirittura scuole sono stati raggirati rimanendo coinvolti in un programma che ha indebitamente estorto loro soldi senza prevedere alcun meccanismo di rimborso. Benché creda che questa relazione vada generalmente a vantaggio delle imprese europee, faccio notare che potrebbe lasciare campo libero a un’intensificazione di pratiche simili a quelle perpetrate dalla European City Guide.
Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. (SV) I contenuti del programma possono essere discutibili. Nella sua giustificazione in prima lettura, la relatrice ha scritto che esso “fornisce un valido contributo alla cittadinanza attiva dei giovani nella società e al rafforzamento del loro sentimento di appartenenza all’Europa, creando così un importante valore aggiunto per l’Europa stessa”. Dubitiamo che il programma possa veramente dare un contributo sostanziale a questo obiettivo. Gli scambi internazionali tra giovani sono una buona cosa, ma devono essere finanziati dagli sforzi della società civile o dagli Stati membri. A nostro avviso, l’UE non deve interessarsi a questo tipo di attività.
Sérgio Marques (PPE-DE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della relazione Gröner sul programma “Gioventù in azione” per il periodo 2007-2013, su cui oggi si è espresso il Parlamento. In particolare, approvo la proposta di garantire il finanziamento delle attività inerenti ai giovani in tutta Europa.
Questo nuovo programma prevede cinque tipi di azioni: Gioventù per l’Europa, Servizio volontario europeo, Gioventù per il mondo, Animatori socioeducativi e sistemi di sostegno, Sostegno alla cooperazione politica.
In tal modo, l’Europa continuerà a investire in una politica per i giovani come strumento per rafforzare il senso di appartenenza all’Europa dei cittadini e contribuire allo sviluppo dei giovani, in base ai principi di solidarietà e di comprensione reciproca tra tutti.
David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Accolgo con favore il programma “Gioventù in azione” teso a promuovere esperienze di cittadinanza europea tra i giovani. Ciò dovrebbe contribuire alla solidarietà e alla comprensione reciproca tra giovani in tutta l’Unione europea. A livello individuale, il programma dovrebbe aiutare a incoraggiare la creatività, lo spirito di iniziativa e lo spirito imprenditoriale. Esso, infine, deve contribuire a promuovere le organizzazioni e le attività giovanili in tutti gli Stati membri.
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. (EN) Desidero mettere a verbale il mio sostegno a favore della presente relazione.
Proinsias De Rossa (PSE), per iscritto. (EN) Accolgo con favore queste proposte che mettono insieme gli attuali programmi interni in materia di istruzione e di formazione, migliorano la coerenza e la complementarità dei programmi comunitari e dovrebbero comportare una maggiore efficienza e flessibilità nelle azioni comunitarie in questo settore.
Questi programmi hanno riscosso un successo evidente durante la loro attuazione e hanno contribuito alla modernizzazione dei sistemi scolastici e formativi in Europa. Essendo aperto ad alcuni paesi terzi (Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Bulgaria, Romania, Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Serbia e Montenegro, Svizzera), il nuovo programma integrato ha ottime possibilità di contribuire alla comprensione interculturale.
Purtroppo, però, il programma integrato non è aperto a tutti i paesi confinanti con l’Unione. Credo sia di cruciale importanza stabilire e mantenere contatti con i popoli dei paesi vicini a est e a sud dell’Unione mediante attività di istruzione e di formazione. Chiedo quindi che il programma sia gradualmente aperto a tutti i paesi che aderiscono alla politica di vicinato dell’UE. Inoltre vorrei che, dopo il completamento del programma in corso, Erasmus Mundus fosse incluso nel programma integrato a partire dal 2009.
Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. (SV) Colgo l’opportunità per ribadire la posizione contraria della Lista di giugno in prima lettura nell’ottobre 2005.
E’ vero che la Lista di giugno è un sostenitore, ad esempio, del programma ERASMUS, ma vi sono altre parti delle proposte sui singoli programmi che dobbiamo esaminare attentamente per decidere se siano giustificate in base al fatto che, come previsto dal Trattato, ogni Stato membro è responsabile dell’organizzazione e dei contenuti dei sistemi di istruzione e di formazione professionale.
Nel complesso, sono stati stanziati troppi soldi a favore di troppi progetti. Ci chiediamo il perché dell’esistenza di alcuni progetti, e perché debbano essere finanziati dall’UE.
David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore di questa relazione e approvo l’idea di sostituire gli attuali SOCRATES, Leonardo da Vinci, eLEARNING e altri programmi associati che terminano alla fine del 2006 con un nuovo programma integrato di apprendimento permanente per il periodo 2007-2013. Approvo la creazione di quattro filoni – COMENIUS per l’istruzione generale nelle scuole, ERASMUS per l’istruzione superiore, Leonardo da Vinci per l’istruzione e la formazione professionale e GRUNDTVIG per l’istruzione degli adulti. Credo che questo programma si occupi di aspetti importanti legati alla modernizzazione e all’adattamento dei sistemi di istruzione e di formazione alla luce degli obiettivi di Lisbona.
Philip Claeys (NI). – (NL) Signor Presidente, ho votato contro gli emendamenti alla relazione sul programma “Cittadini per l’Europa” perché esso, come i suoi innumerevoli predecessori, è inutile quanto mettere un cerotto su una gamba di legno. Si tenta di avvicinare i cittadini alle Istituzioni europee, ma non vi saranno buoni risultati fintantoché, in alcuni settori, saranno adottate politiche diametralmente opposte a ciò che chiede la maggioranza delle persone. Esempio ne è la politica di allargamento e, nello specifico, la possibile adesione della Turchia. Un programma come “Cittadini per l’Europa” può essere credibile a patto che l’Unione europea si occupi del deficit democratico e della mancanza di responsabilità verso i cittadini europei. Quanto ora approvato dal Parlamento non fa nulla per cambiare la sostanza del problema, ed è quindi l’ennesimo modo per sprecare soldi.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Anche questo programma indica la scarsa attenzione dell’UE per i propri cittadini. In primo luogo, gli importi finanziari previsti sono molto bassi, circa il 60 per cento in meno rispetto alle somme originariamente stanziate. E’ anche vero che il programma è ambiguo. Pur essendoci obiettivi interessanti – ad esempio il gemellaggio delle città, i progetti di partecipazione civica, vari studi e indagini, manifestazioni artistiche e conferenze – ve ne sono altri che rivelano un’influenza politica inaccettabile, come escludere dagli aiuti i reati fascisti nella nuova azione 4 – Memoria europea attiva.
Per quanto riguarda gli emendamenti agli stanziamenti di bilancio nell’ambito del programma, si accoglie con favore il consolidamento delle misure legate all’istruzione, pur sperando che tali progetti saranno integrati onde garantire il pluralismo delle politiche e delle opinioni sull’UE, senza trasformarlo in un’ennesima piattaforma di propaganda.
Inoltre, accogliamo con favore l’inclusione delle organizzazioni sportive dilettantistiche e speriamo che sia applicata su vasta scala.
Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. (SV) Colgo l’opportunità per ribadire la posizione contraria della Lista di giugno in prima lettura nell’aprile 2006.
Siamo nettamente contrari ad alcune posizioni adottate dalla commissione per la cultura e l’istruzione del Parlamento su questo programma.
Questo lavoro deriva essenzialmente da un’incomprensione per la bassa affluenza alle urne alle elezioni al Parlamento europeo del 2004 e per la bocciatura del Trattato costituzionale nei referendum in Francia e nei Paesi Bassi. Il programma “Cittadini per l’Europa” non può contribuire a cambiare la situazione politica.
Il lavoro che coinvolge nel programma le organizzazioni sportive dilettantistiche locali è una sorta di oltraggio agli europei. Inoltre, è importante che i popoli europei non trascurino il ricordo delle dittature e delle tragedie che hanno segnato la storia dei loro paesi. Questo, tuttavia, deve essere fatto a livello nazionale, non è una questione in cui si devono immischiare gli eurocrati di Bruxelles.
La Lista di giugno ha quindi respinto gli emendamenti proposti dalla commissione per la cultura e l’istruzione durante i dibattiti parlamentari in materia.
Carl Lang (NI), per iscritto. – (FR) Già in prima lettura, nell’aprile 2006, ci eravamo pronunciati contro questa relazione tanto erano grandi le assurdità che conteneva. Questa proposta in seconda lettura non è peggiore, è semplicemente inaccettabile.
Con un budget complessivo di 190 milioni di euro, questo programma è in effetti un nuovo strumento di propaganda a servizio dell’Unione europea. Sicuramente potremmo trovare modi migliori per sfruttare questa somma – penso, in particolare, al settore sociale, agli aiuti all’agricoltura e alla creazione di imprese – piuttosto che stanziarla a favore di questo concetto vago e artificiale di cittadinanza europea.
Mettendo tutto nero su bianco, questo documento ci dà la perfetta dimostrazione di ciò che è bene, essere un fanatico dei valori europei attivi, di ciò che è male, essere un cittadino passivo, e di ciò che è peggio, essere un euroscettico.
Qualsiasi cosa succeda dopo l’inevitabile approvazione di questo documento e lo spreco di tutti questi soldi in varie associazioni, noi tutti resteremo, soprattutto, cittadini dei nostri paesi, e fieri di esserlo.
Sérgio Marques (PPE-DE), per iscritto. (PT) Il programma “Cittadini per l’Europa” vuole colmare il divario tra cittadini e UE, e sarà dotato di strumenti per promuovere una cittadinanza europea attiva. Esso incoraggia la cooperazione tra cittadini e organizzazioni di diversi paesi per far sì che si incontrino, lavorino insieme e sviluppino le proprie idee in un contesto europeo che si spinge oltre una dimensione puramente nazionale, rispettoso delle diversità.
Ho votato a favore della relazione che, con l’introduzione dei due emendamenti di seguito presentati, aiuterà a migliorare il programma “Cittadini per l’Europa”.
In primo luogo, una riduzione del budget stanziato per l’azione 1 “Cittadini attivi per l’Europa” dal 47 al 45 per cento permetterà di aumentare l’impegno di spesa per l’azione 2 “Società civile in Europa”, particolarmente adatta a finanziare i progetti sull’Europa, i suoi valori e le sue culture.
Per concludere, riguardo all’obiettivo generale del programma, approvo l’idea del relatore di aggiungere l’elemento del rafforzamento della tolleranza per garantire che i progetti finanziati mediante il programma in questione contribuiscano a una cittadinanza attiva che promuova il rispetto reciproco e il dialogo interculturale e lotti contro il razzismo, la xenofobia e la discriminazione.
David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore di questa relazione che cerca di affrontare una grande sfida dell’UE: come legare l’UE ai suoi cittadini. Il programma “Cittadini per l’Europa” garantisce la continuità del programma di partecipazione civile previsto per il periodo 2004-2006. Il programma fornisce all’Unione uno strumento per promuovere la cittadinanza europea attiva. Esso risponde all’esigenza di migliorare la partecipazione dei cittadini nella costruzione dell’Europa, e incoraggia la cooperazione tra cittadini e organizzazioni di diversi paesi per far sì che si incontrino, agiscano insieme e sviluppino le proprie idee in un ambiente europeo che si spinge oltre la dimensione nazionale. Accolgo con favore questa idea.
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. (EN) Desidero mettere a verbale il mio sostegno a favore di questa iniziativa.
Vasco Graça Moura (PPE-DE), per iscritto. (PT) I perfluorottano sulfonati (PFOS) sono sostanze tossiche, persistenti e bioaccumulative presenti in applicazioni quali cromatura, impermeabilizzazione e dispositivi antincendio.
Questa relazione, contrariamente alla proposta originale della Commissione, propone la graduale eliminazione dei PFOS dal mercato al fine di abolirne l’uso, oltre che la cancellazione di alcune deroghe inizialmente previste (casi di cromatura di metalli e di schiume antincendio per i quali attualmente esistono alternative valide e più sicure).
Tramite un emendamento di compromesso, la soglia amministrativa è stata ridotta dallo 0,1 per cento proposto dalla Commissione a una nuova soglia dello 0,005 per cento.
La relazione, inoltre, propone che ogni Stato membro stili inventari di tutti i prodotti contenenti PFOS per impedire il rilascio nell’ambiente di queste sostanze.
In particolare, concordo con l’emendamento che propone di mantenere le attuali deroghe solo nel caso in cui non esistano sostanze o tecnologie più sicure tecnicamente ed economicamente valide, e nel caso in cui siano state applicate le migliori tecniche disponibili per ridurre al minimo le emissioni di PFOS.
I deputati al Parlamento europeo del partito socialdemocratico portoghese approvano gli emendamenti volti a difendere la qualità dell’ambiente e, di conseguenza, sostengono la relazione dell’onorevole Schlyter.
David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore di questa proposta relativa alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso dei perfluorottano sulfonati (PFOS), sostanze ampiamente usate in materiali quali prodotti tessili, tappeti, carta e rivestimenti in genere. Gli studi effettuati dall’OCSE, dalle autorità britanniche e dal comitato scientifico dei rischi sanitari e ambientali hanno rivelato che i PFOS sono persistenti, bioaccumulativi e tossici. E’ giusto che l’UE agisca per eliminare un’altra sostanza altamente pericolosa.
Oldřich Vlasák (PPE-DE). – (CS) Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono passati più di due anni dalla nostra adesione all’UE. Ciononostante, esistono ancora i controlli di frontiera interni, e ciò è per noi motivo di grande insoddisfazione.
Come rappresentante del popolo ceco, non sono particolarmente interessato ai problemi tecnici e giuridici legati all’introduzione del sistema SIS II, a cui la Commissione ha di recente fatto riferimento. I nuovi Stati e i loro cittadini devono al più presto diventare membri a pieno titolo dell’UE, e godere di pari diritti. In tal senso, qualsiasi ritardo nella nostra adesione allo spazio Schengen è totalmente ingiustificata.
Ho quindi votato a favore dell’approvazione della relazione Coelho sul sistema d’informazione Schengen, perché la sua agevole e rapida adozione porterà alla realizzazione delle quattro libertà fondamentali che stanno alla base dell’UE.
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, sebbene voglia vedere miglioramenti nel sistema d’informazione Schengen, ho comunque votato contro la relazione Coelho convinto che una soluzione di emergenza all’immediato ampliamento dello spazio Schengen – proposta dai nuovi Stati membri dell’UE – debba essere fermamente respinta.
Lo dico perché la sicurezza della popolazione deve avere la precedenza sulle rivendicazioni dell’Ungheria, della Polonia e della Repubblica ceca che, come sappiamo, esercitano forti pressioni in tal senso, perché la capacità dei nuovi Stati membri di difendere il confine esterno orientale dell’UE è messa seriamente in dubbio, anche a causa del gran numero di immigrati clandestini fermati sul confine orientale dell’Austria, paese da cui provengo. Una partecipazione prematura dei nuovi Stati membri incoraggerebbe enormemente l’immigrazione clandestina e il turismo criminale e quindi, a mio avviso, deve essere respinta.
David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Anche se il Regno Unito non rientra nel sistema d’informazione Schengen (SIS), approvo questo pacchetto di tre relazioni per due motivi. Innanzi tutto, è l’esistenza stessa del SIS che ha permesso di eliminare i confini interni nello spazio Schengen. Questo nuovo SIS II permetterà ai nuovi Stati membri di connettersi al sistema e, successivamente, di smantellare i propri confini interni consentendo ai propri cittadini di usufruire dei vantaggi di una circolazione veramente libera. In secondo luogo, credo sia favorevole al mio paese perché, pur non facendo parte del regolamento, spero che il Regno Unito potrà comunque avere accesso alle sue informazioni per motivi di sicurezza.
Hubert Pirker (PPE-DE), per iscritto. (DE) L’adozione delle relazioni Coelho ha posto la base giuridica per la realizzazione pratica del sistema d’informazione Schengen di seconda generazione. Grazie alla nuova rete di intercettazione elettronica sui nuovi confini orientali, SIS II rende l’Unione europea un luogo più sicuro. Tra le nuove caratteristiche di SIS II, la memoria è stata aumentata per accogliere 27 Stati membri; esso facilita l’archiviazione di dati biometrici, il mandato d’arresto europeo, la correlazione tra dati e persone, oltre a garantire il miglioramento delle norme sulla tutela dei dati.
SIS II offre nuove possibilità alla polizia e al sistema giudiziario nelle indagini sulle persone ricercate, e crea le condizioni necessarie alla libera circolazione dei cittadini europei in un più ampio spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia. Per tutti questi motivi, ho votato a favore dell’adozione delle relazioni dell’onorevole Coelho.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore delle relazioni dell’onorevole Coelho perché ritengo che siano di fondamentale importanza per proteggere gli interessi e la sicurezza dei nostri cittadini.
Il sistema SIS II consentirà di allargare lo spazio Schengen ai nuovi Stati membri il più rapidamente possibile aggiornandolo, potenziando le sue capacità e introducendo le nuove possibilità offerte dai più recenti sviluppi tecnologici.
La cosa più importante, comunque, è che questo sistema offra maggiore sicurezza nella gestione e nel controllo dei dati personali senza perdere di vista i diritti fondamentali delle persone e, così facendo, garantisca ai nostri cittadini l’adozione di misure efficaci per combattere la criminalità organizzata, l’immigrazione clandestina e altri crimini che minacciano la loro sicurezza e i loro interessi.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Il Sistema d’informazione Schengen (SIS) è uno strumento di cooperazione di polizia volto a centralizzare e facilitare lo scambio delle informazioni relative alle persone e ai veicoli o altri oggetti ricercati congiuntamente dai servizi di polizia degli Stati membri.
Oggigiorno circa 13 milioni di informazioni sono conservate nel sistema attuale. Ci è stato proposto di creare una seconda generazione di SIS, la SIS II, da estendere ai nuovi Stati membri, ma noi non possiamo aderirvi, tanto più che abbiamo aderito a Schengen I, con il quale abbiamo organizzato la libera circolazione delle persone eliminando le frontiere interne degli Stati membri.
Il problema non è avere un super computer in grado di registrare ogni persona o bene ricercato dalla polizia, ma di fare in modo che ciascun territorio nazionale possa costituire uno spazio di sicurezza. Ogni giorno, l’elevato numero di immigranti che giungono sulle coste europee è la prova che occorre proteggere le frontiere e far fronte all’immigrazione illegale e alla mancanza di sicurezza proprio per il fatto che queste sono così “porose”.
Ciò significa che tutti i computer del mondo potrebbero pertanto raccogliere tanti dati personali quanti disponibili senza alterare il fatto che la fonte principale dei problemi dell’immigrazione illegale, dell’insicurezza e del traffico di vario genere è la mancanza di un controllo efficace delle frontiere interne ed esterne dell’Unione europea.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Lo scopo della relazione in questione è di ampliare le caratteristiche della portata iniziale del SIS, cercando di svilupparne di nuove, estendendone l’accesso a nuove autorità, collegando gli allarmi tra queste autorità e introducendo nuove categorie di dati, quali il mandato d’arresto e i dati biometrici, nonché il sistema d’informazione dei visti, vale a dire una piattaforma tecnica per la condivisione delle informazioni. L’ampliamento del sistema precedente comporta ulteriori rischi per i diritti, le libertà e le garanzie dei cittadini, dato che sono stati aggiunti nuovi elementi a una banca dati che è anche condivisa da più enti ed è accessibile a più persone, senza garantire che questi dati rimangano riservati.
In questa proposta ci sono altri aspetti preoccupanti. Per esempio “i registri possono essere tenuti più a lungo se sono necessari per procedure di controllo in corso”. La domanda che pertanto sorge è chi definisce che cosa è “necessario” e la vaga nozione di “procedure di controllo in corso”. Un altro settore troppo incerto è quello della condivisione dei dati con i paesi terzi, come previsto dalla proposta.
Lo scopo fondamentale è rendere compatibile il SIS con le nuove circostanze derivanti dall’allargamento e dagli obiettivi pericolosi e inaccettabili dell’attuale crociata di sicurezza nell’UE.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La relazione, come elaborata nell’accordo dei portavoce politici del capitale (gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, socialdemocratici e liberali), adotta come acquis comunitario la creazione di un enorme meccanismo di controllo e di schedatura di ogni cittadino europeo o straniero all’interno e all’esterno dei confini dell’UE.
Il sistema SIS II annulla qualsiasi garanzia di protezione per i dati personali dei cittadini garantendo il diritto di registrare dati personali, fra cui dati biometrici quali fotografie, impronte digitali e segni distintivi, e il diritto di mettere sotto sorveglianza coloro i quali, secondo le informazioni fornite dai servizi segreti, rappresentano una minaccia per la sicurezza nazionale. Tali dati personali possono essere conservati per un periodo di tempo indeterminato sulla base di una decisione delle autorità responsabili dell’azione penale e saranno accessibili, oltre che alla polizia e alle autorità giudiziarie, ai servizi segreti, a Europol e a Eurojust, che avranno il diritto di passarle a paesi terzi o a organizzazioni come la CIA.
Il famoso spazio di libertà e sicurezza dell’UE sta adesso rivelando la sua forma terribile e ripugnante in quanto spazio in cui i diritti umani e le libertà fondamentali sono soffocati, spazio di azione privo di controllo da parte delle forze di repressione volte a proteggere il potere dei monopoli unificatori d’Europa dalla resistenza delle persone e dal movimento dei lavoratori e del popolo.
Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) L’istituzione del SIS II è vista dalle forze critiche nei confronti dell’UE come un ulteriore passo verso la creazione di una forza di polizia europea comune e come parte della rete che, operando in un settore specializzato dopo l’altro, sta formando un superstato europeo. L’UE sta diventando quel supremo Stato chiuso stile “grande fratello” che, all’epoca dell’adesione della Svezia, molti svedesi temevano sarebbe diventato. Ciò avviene con la benedizione dei politici sia di destra che di sinistra i quali, mediante messaggi populisti riguardanti, per esempio, il controllo delle frontiere esterne e la lotta contro la criminalità, favoriscono la costruzione di una vera e propria società orwelliana.
La Lista di giugno è favorevole alla cooperazione di polizia transfrontaliera. E’ necessario far fronte alla criminalità internazionale contemporanea, anche se tale compito viene svolto con successo da decenni dal corpo di polizia internazionale, l’Interpol. Sarebbe pertanto superfluo trovare i fondi per un nuovo sistema informativo che sia valido all’interno dell’Unione europea.
La Lista di giugno è molto scettica riguardo al fatto di permettere agli organismi degli Stati membri responsabili del rilascio di certificati di registrazione per i veicoli di avere accesso a dati personali molto sensibili. Questo tipo di dati dovrebbe essere gestito dai singoli Stati nazionali. Tutti gli Stati membri devono poter garantire ai propri cittadini una tutela contro l’accesso non autorizzato ai loro dati personali.
La Lista di giugno vota pertanto contro tutte le tre relazioni sul SIS II e sull’accesso al sistema.
– Relazioni tra l’Unione europea e la Russia dopo l’uccisione della giornalista Anna Politkovskaja (B6-0531/2006)
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) L’assassinio di Anna Politkovskaja ha disonorato la Russia e spero che le autorità russe facciano tutto il possibile a tutti i livelli per assicurare i responsabili alla giustizia.
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. – (EN) L’omicidio di Anna Politkovskaja dovrebbe essere condannato, così come tutte le uccisioni di giornalisti, attivisti per i diritti umani e altre persone che cercano di denunciare la verità. La “libertà di espressione” è ancora causa di morte in troppe parti del mondo. La Russia è ancora un paese in cui la libertà di espressione è un’utopia. Le autorità russe devono assicurare alla giustizia i responsabili di questo crimine. E’ necessario esercitare una maggiore pressione sulle autorità russe al fine di garantire la libertà dei media e delle organizzazioni per i diritti umani operanti sul territorio russo.
Proinsias De Rossa (PSE), per iscritto. – (EN) Appoggio pienamente questa proposta e aborro il fatto che, sebbene le linee guida comunitarie per lo screening del cancro al seno siano state adottate per la prima volta nel 1992, lo screening mammografico è attualmente offerto a livello nazionale soltanto da 11 Stati membri (Belgio, Repubblica ceca, Estonia, Finlandia, Francia, Ungheria, Lussemburgo, Paesi Bassi, Svezia, Spagna e Regno Unito). A mio parere è davvero inaccettabile che ogni anno in Irlanda, un paese che di recente ha registrato il più alto tasso di crescita economica, circa 600 donne siano vittime del cancro al seno e che un elevato numero di decessi avrebbe potuto essere evitato se lo screening e la diagnosi periodica avessero identificato il problema tempestivamente.
E’ una vergogna che in Irlanda stiamo ancora aspettando il lancio ufficiale del programma nazionale per lo screening mammografico. Tuttavia, si ritiene che il lancio avverrà nel 2007, sebbene il programma per lo screening del cancro al collo dell’utero non sarà portato a termine prima del 2008, con circa 15 anni di ritardo!
Tutti gli Stati membri devono introdurre con urgenza lo screening mammografico su scala nazionale. La Commissione dovrebbe ora collaborare con i nuovi Stati membri e con i paesi aderenti al fine di assisterli nell’impiego del Fondo europeo di sviluppo regionale e dei fondi di preadesione al fine di creare un’infrastruttura sanitaria completa.
Nigel Farage, Roger Knapman, Jeffrey Titford, John Whittaker e Thomas Wise (IND/DEM), per iscritto. – (EN) I membri della delegazione UKIP considerano tutte le iniziative dell’UE un abuso di potere antidemocratico e non voteranno per esse in nessun caso, neppure quando sembrano contenere buoni propositi. In questo caso, l’UE sta cercando di imporre la sua influenza nell’ambito dell’erogazione dei servizi sanitari che, come tutti i settori soggetti all’interferenza dell’UE, dovrebbero rimanere sotto il controllo dei governi eletti democraticamente, un controllo che possono fornire solo le singole nazioni.
Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) I provvedimenti comunitari per combattere il cancro al seno sono più efficaci di misure analoghe nell’ambito delle organizzazioni con vaste competenze istituite e riconosciute a livello internazionale, quali l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS)? La risposta della Lista di giugno a questa domanda è “no”.
Il Parlamento europeo non deve determinare in quale misura gli Stati membri devono attuare provvedimenti significativi quali lo screening senologico, campagne informative sul cancro al seno, ricerche riguardanti tale malattia, la creazione di registri oncologici e l’apertura di centri atti a fornire informazioni circa il cancro al seno. E’ preferibile che il coordinamento urgente e la cooperazione transfrontaliera avvengano nell’ambito di un’organizzazione come l’OMS piuttosto che nell’UE.
Ho pertanto votato contro l’attuale risoluzione.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ogni anno nell’UE viene diagnosticato un cancro al seno a 275 000 donne e la notevole diversità degli standard di assistenza e di cura che esse ricevono è del tutto inaccettabile.
Questa è la ragione per cui ho votato a favore di questa risoluzione che richiede norme europee per la diagnosi e la cura precoci della malattia. Le pazienti affette da cancro al seno vengono spesso discriminate sul posto di lavoro e spero che, in seguito al voto schiacciante del Parlamento, la Commissione elabori una carta per la protezione sul posto di lavoro delle pazienti colpite da tale malattia.
Ritengo che se questa relazione venisse attuata pienamente, potremmo migliorare la qualità della vita per le pazienti sopravvissute al cancro al seno e ridurre forse addirittura del 35 per cento gli 88 000 decessi all’anno previsti nell’UE causati da cancro al seno, pertanto salvando la vita a 30 000 donne all’anno.
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. – (EN) Il cancro al seno è la causa principale della morte di donne tra i 35 e i 59 anni. Prima viene diagnosticato, più si hanno possibilità di sopravvivenza. La maggior parte delle donne affette da cancro al seno non vuole essere compatita, bensì desidera un’azione concertata volta a migliorare le cure e a fronteggiare le cause della malattia. Un semplice provvedimento che potrebbe essere preso è ridurre al minimo il tempo di attesa che intercorre tra i test e la diagnosi. Parlando con le donne affette da cancro al seno risulta che l’attesa è il fattore più preoccupante. Dobbiamo fare tutto il possibile per contribuire a migliorare il trattamento delle donne in quel lasso di tempo di maggiore preoccupazione. Gli Stati membri devono adoperarsi al fine di favorire lo scambio delle migliori pratiche. Il lavoro di Europa Donna è fondamentale per aiutare tutte le donne europee e io desidero dichiarare il mio sostegno a favore di questa organizzazione paneuropea.
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, anche se devo dire che fare una dichiarazione di voto in un’Aula vuota per me è un’esperienza nuova, vorrei comunque dichiarare perché mi sono astenuto nella votazione sulla relazione Muscardini.
Dopo l’abbandono del sistema dei contingentamenti, applicato per dieci anni, dal 2005 si è verificato un marcato aumento della quantità di calzature in cuoio esportate dalla Cina in Europa, come tutti ben sappiamo; ora, comprensibilmente, piovono critiche sui dazi doganali punitivi da parte della Cina e degli imprenditori che traggono vantaggio dalle forniture cinesi.
Può darsi che davvero – come suggeriscono i critici dei dazi doganali punitivi – dovremo rassegnarci a perdere l’industria calzaturiera europea, che nel corso degli anni ha occupato sempre meno lavoratori e ha trasferito sempre più fabbriche in paesi fuori dell’UE, ma nonostante questo certamente non possiamo restare a guardare senza fare nulla, mentre un intero settore industriale si sta avviando verso la distruzione.
Quindi, nei due anni di applicazione delle tariffe punitive dovremmo sfruttare l’occasione per cercare soluzioni a questo grave problema per l’occupazione europea.
Presidente. – Siamo qui ad ascoltarla perché una dichiarazione di voto offre a un deputato l’opportunità di fornire spiegazioni che vanno al di là di un “sì” o di un “no”. Il suo punto di vista è più per il verbale che per gli altri deputati. E’ comprensibile, ma noi siamo qui per ascoltare tutte le dichiarazioni di voto fino all’ultima.
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, sono totalmente d’accordo con lei e la ringrazio per la sua attenzione.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) La globalizzazione è stata imposta ai popoli europei con l’assicurazione che, alla fine, ne trarranno vantaggio perché promuove l’esportazione e apre i mercati dei nostri concorrenti così come fa con i nostri. Tuttavia, è abbastanza chiaro che questa globalizzazione è ben lontana dall’essere una situazione vincente per tutti e che la cosiddetta “fortezza Europa” è piena di crepe, mentre si stanno costruendo reali fortezze nel resto del mondo, in particolare nei mercati più promettenti.
Il problema, come spiega la relazione della collega Muscardini, è che le risposte dell’Unione europea alle pratiche commerciali scorrette di certi paesi terzi nei confronti dell’UE, che non sono nient’altro che protezionismo sleale e mascherato, sono deboli, inadeguate o completamente inesistenti.
L’onorevole Muscardini sottolinea molto giustamente l’esigenza di rafforzare le difese commerciali dell’UE, ma le soluzioni specifiche proposte non sono all’altezza delle sfide, visto che la fede delle persone nei vantaggi della globalizzazione ultraliberale e nelle virtù del multilateralismo è un dogma incrollabile. Questo sistema ha ormai raggiunto i suoi limiti: l’OMC non è più la soluzione, bensì il problema.
Intendiamo astenerci su questa relazione proprio perché le proposte non rispecchiano l’accuratezza dell’analisi.
Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La Lista di giugno ritiene che il libero commercio sia una buona cosa perché promuove l’aumento della prosperità per tutti gli interessati. Vale la pena di notare che, fino all’adesione all’UE, la Svezia era uno dei paesi del mondo più favorevoli al libero commercio.
L’UE talvolta segue una politica fortemente protezionistica, al fine di proteggere quei settori che non sono competitivi nel mercato internazionale. Questo approccio è esemplificato dagli aiuti all’agricoltura, che prevedono sovvenzioni per i prodotti agricoli con il risultato che prodotti analoghi provenienti da altri paesi – in molti casi paesi in via di sviluppo – non possono essere venduti nel mercato dell’UE.
Un sistema commerciale mondiale efficiente è estremamente importante se un giorno il libero commercio deve diventare una realtà. Tuttavia, la relazione Muscardini è intrisa di protezionismo, ed è per questo che oggi ho votato contro.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Questa relazione promuove la liberalizzazione del commercio e il principio di reciprocità, e propone l’imposizione di misure di rappresaglia, nello spirito di una battaglia per le quote di mercato in nome della concorrenza, piuttosto che in uno spirito di cooperazione, dove il commercio ha un ruolo da svolgere nello sviluppo ma non è il fine supremo.
Le misure antidumping e antisovvenzioni equivalgono a un’interferenza nelle decisioni interne di ciascun paese e a minacce che potrebbero essere imposte dall’OMC. Chi ci rimette sono i paesi in via di sviluppo e quelli meno sviluppati.
La relazione inoltre difende l’OMC e il meccanismo di risoluzione delle controversie, e mira ad accelerare tutti i meccanismi di difesa commerciale più offensivi (antidumping) e difensivi (salvaguardia). Il fatto di accelerare il meccanismo di risoluzione delle controversie, dotandolo di maggiori poteri, servirà ad accrescere l’influenza delle maggiori potenze all’interno dell’OMC, che hanno la forza di imporre le regole.
Il nodo della questione è che la liberalizzazione del commercio si scontra con l’idea di uno sviluppo equo. Ogni Stato membro dovrebbe avere il diritto di decidere il proprio modello di sviluppo economico e sociale, di industrializzarsi e di proteggere le proprie industrie. Si tratta di un diritto inalienabile e sovrano, che mette in discussione il modello della promozione delle esportazioni e del libero commercio.
Carl Lang (NI), per iscritto. – (FR) L’Unione europea è preoccupata perché potenze industriali come la Cina e l’India adottano misure protezionistiche nei confronti delle nostre esportazioni ricorrendo a strumenti di difesa commerciale. Dunque, gli Stati Uniti non sono più l’unico concorrente economico dell’Europa – siamo alle prese anche con il Brasile, altri paesi dell’America meridionale e l’Australia. L’OMC, che dovrebbe garantire una regolamentazione a livello mondiale, non solo è impotente, ma è anche complice.
Quindi, la bolla di sapone della globalizzazione ultraliberale sta per scoppiare. La speculazione senza limiti e senza regole su beni, materie prime e persone ha ormai raggiunto il limite. Dopo una crescita economica spettacolare, le economie emergenti ora si stanno consolidando e proteggendo, nell’intento di sopraffarci un giorno, se non reagiamo abbastanza rapidamente.
Durante questo periodo, gli europeisti di Bruxelles raccomandano di aprire sempre di più i nostri confini e di continuare ad aiutare l’intero mondo ciecamente, senza controllo, trascurando i nostri concittadini. Dobbiamo seguire l’esempio delle nuove potenze mondiali, adottando misure di protezione e la preferenza comunitaria in Europa e misure di protezione e la preferenza nazionale in Francia.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione, che fa un’analisi dell’utilizzo di misure di difesa commerciale da parte dei paesi terzi nei confronti dell’UE e propone raccomandazioni sensate su come dovrebbe reagire la Comunità, soprattutto quando tali misure sono una forma mascherata di protezionismo, inteso a limitare illegalmente l’accesso dei prodotti UE ai mercati esteri.