Presidente. L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione su Moldova (Transnistria) e Georgia (Ossezia del Sud).
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, i recenti sviluppi della situazione geografica e politica della Moldova hanno avuto effetti sulle condizioni fondamentali del conflitto in Transnistria. L’iniziativa dell’Ucraina volta a risolvere il conflitto in Transnistria dopo la rivoluzione arancione, il coinvolgimento dell’Unione europea e degli Stati Uniti nei negoziati di pace e le attività della missione dell’Unione europea di assistenza frontaliera (EUBAM) hanno rafforzato l’unità della Moldova. La Transnistria ha reagito tenendo un referendum il 17 settembre. Secondo le autorità transnistriane, il referendum ha dimostrato che i cittadini propendono in numero schiacciante per l’indipendenza e l’unione con la Russia.
La comunità internazionale, tra cui anche l’Unione europea, non ha riconosciuto né questo né i precedenti referendum in Transnistria. Lo si è espresso chiaramente nella dichiarazione della Presidenza a nome dell’Unione europea del 18 settembre, nonché nei pareri dell’Unione enunciati nel corso dell’incontro della commissione ministeriale del Consiglio d’Europa di settembre e nel quadro dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa a luglio. Nella sua dichiarazione, l’Unione europea ha condannato il referendum, considerandolo contrario all’integrazione regionale della Moldova e alla sua sovranità, riconosciuta a livello internazionale. L’Unione europea ha inoltre messo apertamente in dubbio il fatto che l’esito del referendum in Transnistria riflettesse veramente la volontà dei cittadini.
L’Unione europea ha altresì discusso del referendum con la Russia in diverse occasioni. Benché le sue dichiarazioni pubbliche abbiano dato origine ad altre interpretazioni, la Russia ha assicurato all’Unione il proprio rispetto dell’integrità territoriale della Moldova e ha negato il proprio sostegno al referendum.
Le attività della missione di assistenza frontaliera dell’Unione europea sono un esempio del modo migliore in cui l’Unione può offrire un vero sostegno al processo di risoluzione del conflitto in Transnistria e all’avvicinamento del controllo della frontiera moldavo-ucraina agli standard europei in generale. Sia la Moldova che l’Ucraina hanno dato prova di gratitudine per il trasferimento di know-how alle loro autorità di frontiera. E’ essenziale per gli sforzi a favore della risoluzione del conflitto che l’EUBAM abbia aiutato a volgere la supervisione del commercio estero della Transnistria nella direzione delle autorità moldave. Anche questo contribuisce all’unità nazionale della Moldova. La decisione dell’Ucraina di avviare a marzo il protocollo di cooperazione doganale ucraino-moldavo ha contribuito molto al miglioramento delle prospettive della missione EUBAM.
Sono le stesse parti in causa a svolgere ruoli chiave nel processo di pace in Transnistria. L’Unione europea si augura che i partecipanti al processo di pace ritornino al tavolo negoziale. A sostegno delle possibilità comunitarie di dare un contributo efficace al processo vi è il rappresentante speciale dell’Unione, che partecipa alla risoluzione del conflitto in Transnistria in accordo con gli obiettivi strategici comunitari concordati e in stretto coordinamento con l’OSCE.
Il piano d’azione della politica europea di prossimità tra Unione europea e Moldova è lo strumento che permetterà all’Unione di dare un sostegno pianificato e duraturo al paese. La recente evoluzione della Moldova verso la condizione di Stato stabile dal punto di vista politico ed economico può rappresentare la chiave per la soluzione del conflitto in Transnistria. A tal fine, la Moldova deve ad esempio migliorare le proprie capacità amministrative, eliminare la corruzione e promuovere un clima adatto agli investimenti. La Moldova deve rendersi appetibile sia per gli investitori esteri che per le imprese della Transnistria. L’Unione europea s’impegna a sostenere la Moldova in questi sforzi.
Passo ora all’altro tema del dibattito. Va detto che l’Unione europea è estremamente preoccupata per le tensioni tra Russia e Georgia. Tale crisi influenza anche la situazione nelle zone di conflitto separatiste in Georgia, Ossezia meridionale e Abkhazia. Nel corso dell’incontro informale di venerdì scorso a Lahti, il Presidente Putin ha persino avvertito del fatto che la situazione potrebbe aggravarsi e condurre allo spargimento di sangue. Ha deplorato la Georgia per i suoi preparativi bellici. Nelle conclusioni del 17 ottobre, l’Unione europea si è rivolta sia alla Russia che alla Georgia affinché facciano tutto il possibile non solo per migliorare le reciproche relazioni bilaterali, ma anche per concentrare le energie sulla ricerca di una soluzione pacifica ai conflitti. L’Unione ha altresì invitato le parti in causa a osservare appieno gli accordi precedenti.
L’attuale situazione dell’Ossezia meridionale è tesa. Il 12 novembre nella regione si terrà un referendum allo scopo di consolidarne l’indipendenza. Come è accaduto per quello sull’indipendenza in Transnistria, l’Unione europea non riconosce questo referendum, che potrebbe aumentare ulteriormente la tensione nella regione.
L’Unione europea e la comunità internazionale contribuiscono alla soluzione dei conflitti in Georgia in svariati modi. Grazie alla sua condizione di osservatore, la Commissione europea ha un ruolo importante da svolgere in seno alla commissione congiunta di controllo, il meccanismo di risoluzione dei conflitti per l’Ossezia meridionale. In molte occasioni la Georgia ha espresso il desiderio che il ruolo dell’Unione europea venisse ulteriormente rafforzato. Vorrebbe inoltre che l’impostazione della commissione congiunta di controllo venisse modificata coinvolgendo l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America secondo il modello 5+2 del processo di pace in Transnistria. Più di recente, la Georgia ha chiesto che i negoziati di pace proseguano in modo bilaterale tra Georgia e Ossezia meridionale.
La Georgia chiede inoltre che le forze di pace della CSI, costituite in pratica di soli russi, vengano sostituite da un’operazione internazionale sia nell’Ossezia meridionale che in Abkhazia, con un’enfasi particolare sull’attività di polizia. E’ opinione del parlamento e del governo georgiani che tali milizie non adempiano al proprio mandato e che la loro continua presenza sia discutibile.
Al momento l’Unione europea discute al proprio interno della questione di rafforzare il proprio ruolo, ma forse la Georgia nutre speranze poco realistiche riguardo all’UE, che incoraggia i leader georgiani a dar prova di contegno. Meglio evitare decisioni affrettate sui processi di pace nell’Ossezia meridionale e in Abkhazia, poiché potrebbero mettere a rischio la presenza delle Nazioni Unite e dell’OSCE nella regione, il che a sua volta creerebbe un vuoto nelle regioni. La Georgia deve impegnarsi a non ricorrere alla forza.
Gli Stati membri dell’Unione e la Commissione hanno dato un contributo significativo in seno alla Conferenza dei donatori sulla riabilitazione economica dell’Ossezia meridionale, che si è tenuta a Bruxelles a giugno. La Conferenza si è svolta sulla base di una valutazione dei bisogni condotta dall’OSCE. Un importante programma internazionale sulla riabilitazione economica partirà questo autunno nell’Ossezia meridionale, utilizzando i fondi raccolti alla Conferenza.
La Russia ha un ruolo importante da svolgere sia nell’Ossezia meridionale che in Abkhazia. Il suo sostegno è necessario per ottenere risultati nei processi di pace. L’ultimo scandalo spionistico ha però esacerbato nettamente le già tese relazioni tra Georgia e Russia. In diverse occasioni l’Unione europea ha inviato ai leader dei due paesi forti messaggi sull’importanza di normalizzare le relazioni, come ha fatto ultimamente con il Presidente Putin a Lahti, e si è altresì offerta di contribuire alla riapertura del dialogo.
Alla fine di ottobre, l’Unione europea discuterà internamente dei progressi del suo ruolo nell’ambito della risoluzione dei conflitti in Georgia. Il rappresentante speciale Semneby avrà una parte importante nel mantenimento del dialogo politico tra Unione europea e Georgia. Potrebbe inoltre essere in grado di promuovere la ripresa dei contatti tra Georgia e Russia. Durante la sua visita a Tblisi del 2 ottobre, la troika comunitaria ha altresì dichiarato che l’Unione europea è disposta ad aiutare la Georgia a risolvere i conflitti mediante la politica europea di prossimità. E’ appena stato elaborato un piano d’azione comune nell’ambito di tale politica tra Unione europea e Georgia, che il Consiglio di cooperazione UE-Georgia adotterà ufficialmente nel corso della riunione che si terrà a Bruxelles il 14 novembre. Il piano d’azione della politica europea di prossimità comprende inoltre una sezione distinta in merito alla risoluzione dei conflitti in Georgia.
Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, dalla nostra ultima discussione si sono registrati sviluppi sostanziali, cui il Presidente Lehtomäki ha accennato poc’anzi.
Ho visitato il Caucaso meridionale in qualità di membro della troika all’inizio di ottobre, quando sono stati completati i piani d’azione nell’ambito della politica europea di prossimità con tutti e tre i paesi, che a novembre verranno ufficialmente sottoscritti e adottati. Questa mi pare la base per una forte cooperazione operativa.
Prima di parlare del sostegno comunitario, penso sia importante ricordare anche l’impatto delle nostre relazioni con la Russia. Negli ultimi mesi, abbiamo assistito all’aumento del prezzo del gas per la Moldova, all’imposizione di divieti d’importazione per vino e acqua moldavi e georgiani, al sostegno di fatto accordato alla Transnistria nei referendum e alla forte reazione all’espulsione degli ufficiali militari russi da parte della Georgia.
Tali questioni sono state affrontate con il Presidente Putin a Lahti, e io ne ho personalmente sollevate alcune con il ministro degli Esteri Lavrov solo pochi giorni fa a Mosca. L’imminente Consiglio di partenariato permanente dei ministri degli Esteri del 3 novembre e il Vertice UE-Russia di Helsinki del 24 novembre permetteranno di discutere ulteriormente di tali questioni.
Vorrei inoltre menzionare il fatto che l’OSCE è stata molto utile nel rifiutare l’osservazione e il riconoscimento del referendum in Transnistria, nonché nel riportare gli ufficiali russi dalla Georgia alla Russia.
Spenderò ora qualche parola specificamente per la Moldova e la Transnistria, e poi per la Georgia. Vorrei altresì sottolineare il grande successo della missione dell’Unione europea di assistenza frontaliera, che ha svolto un ruolo molto importante nell’introduzione di un nuovo regime doganale tra Moldova e Ucraina. A tale programma sono stati assegnati 20 milioni di euro per due anni e più di 70 funzionari di dogana e guardie di frontiera sono stati mandati dai nostri Stati membri. Tutte le principali società della Transnistria si sono ormai registrate a Chisinau e operano con questo nuovo regime. La lotta alle frodi doganali ridurrà dunque in modo cruciale i proventi illeciti che attualmente vanno alla leadership della Transnistria.
Pur essendo lieti del fatto che negli ultimi tempi siano ripresi i colloqui ad alto livello tra Russia e Moldova, siamo preoccupati per il sostegno che la Russia ha accordato alla leadership della Transnistria. In una recente dichiarazione, il Ministro Lavrov ha chiesto “il riconoscimento politico degli esiti” del referendum in Transnistria, che né l’Unione europea né l’OSCE hanno accordato. Credo che questo potrebbe complicare il compito di trovare una soluzione al conflitto.
Ci preoccupa inoltre l’insistenza da parte della Transnistria e della Russia sull’esigenza di un cosiddetto protocollo di transito tra Moldova e Transnistria che riconoscerebbe quest’ultima quale attore economico internazionale indipendente. La questione rappresenta il principale ostacolo nei colloqui per la risoluzione del conflitto, ripresi dopo un silenzio lungo più di sei mesi, anche se non nel formato 5+2 vero e proprio, ma solo alla presenza dei mediatori, con ciascuna delle due parti presa separatamente: in altre parole un 5+1.
Un simile approccio è inaccettabile, come abbiamo spiegato alla Russia in diverse occasioni. Per di più, gli sviluppi pratici, per cui tutte le maggiori società della Transnistria ora lavorano legalmente con Chisinau, provano che tale approccio è sempre più distante dalla realtà. Ci preoccupava altresì che il nuovo governo ucraino cambiasse orientamento al riguardo. Mi ha fatto molto piacere che il Primo Ministro Yanukovich mi abbia assicurato la continuità del sostegno da parte dell’Ucraina. Continueremo a sottolineare l’importanza della cooperazione ucraina nel corso dell’imminente Vertice di Helsinki, che si svolgerà tra pochi giorni.
Alcuni hanno indicato nella continua discussione in merito alle questioni ferroviarie tra Moldova e Ucraina un’ulteriore prova del fatto che l’Ucraina potrebbe abbandonare la precedente posizione. I fatti, tuttavia, non lo confermano. Pertanto invitiamo caldamente entrambe le parti a trovare quanto prima una soluzione reciprocamente vantaggiosa alla situazione.
La nostra presenza sul campo per mezzo della missione dell’Unione europea di assistenza frontaliera ci offre un ottimo strumento per seguire la situazione e prestare consiglio e assistenza a entrambe le parti. Vorrei aggiungere che con il nuovo strumento della politica europea di prossimità la Moldova vedrà un aumento sostanziale dei nostri finanziamenti. Riceverà inoltre una sovvenzione nell’ambito del programma di assistenza macrofinanziaria per aiutarla ad affrontare i dissesti provocati dall’aumento del prezzo dell’energia e dal divieto russo ai vini moldavi.
Siamo molto in ansia circa la crisi delle relazioni tra Georgia e Russia, soprattutto per le continue tensioni tra i due paesi. Ci preoccupano in particolare l’espulsione di un gran numero di georgiani dal territorio russo, il che appare in contrasto diretto con gli impegni presi dalla Russia nell’ambito della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e all’Atto finale di Helsinki del 1975. Di recente ho anche sollevato la questione con il Ministro Lavrov.
Anche la Georgia ha la sua parte di responsabilità. Nel corso della nostra recente visita in Georgia per la missione della troika, ho invitato il Presidente Saakashvili a dimostrare moderazione e l’ho incoraggiato a ricostruire la fiducia.
Vorrei dire qualche parola conclusiva in merito all’Ossezia meridionale. Penso sia deludente che il recente incontro della commissione congiunta di controllo per l’Ossezia meridionale sia stato inconcludente. Comprendiamo il desiderio della Georgia di rinnovare e rivedere la composizione della commissione congiunta di controllo, ma i meccanismi di pace esistenti andrebbero sfruttati appieno finché non ne entreranno in vigore altri e finché il recente studio per la valutazione dei bisogni e la Conferenza internazionale dei donatori del giugno 2006 non mostreranno che vi è spazio per un dialogo costruttivo. Siamo lieti che questo programma di riabilitazione prosegua malgrado la crisi.
Abbiamo dato un contributo finanziario significativo a favore di una soluzione pacifica, tra cui un programma di riabilitazione economica nell’Ossezia meridionale da 9,5 milioni di euro. Sono stati stanziati finanziamenti per la riabilitazione anche nell’ambito del programma comunitario di assistenza finanziaria per il periodo 2007-2010.
Credo che l’Unione europea nel suo complesso abbia un ruolo molto importante nel sostenere qualsiasi soluzione pacifica. La necessità più immediata, tuttavia, è riportare le relazioni tra Russia e Georgia sulla via della normalità e della diplomazia. Senza dubbio proseguiremo i nostri sforzi per raggiungere tale obiettivo.
Laima Liucija Andrikienė, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, domani esprimeremo il nostro voto in merito alla risoluzione sulla Transnistria, regione della Moldova. Sappiamo che la Moldova è il paese più povero d’Europa. A settembre un cosiddetto referendum si è svolto nella regione moldava della Transnistria, che mirava a una possibile unificazione della regione con la Federazione russa. Tale referendum e il suo esito non sono stati riconosciuti dalla comunità internazionale, e il conflitto tra l’autorità separatista della Transnistria e il governo centrale della Moldova ha contribuito ampiamente all’instabilità dell’intero paese e del suo sviluppo economico e sociale.
Quest’anno abbiamo anche assistito al fallimento dei negoziati riguardanti le condizioni della Transnistria nel formato 5+2, in quanto le autorità transnistriane si sono ritirate da tali negoziati. Sappiamo inoltre che le cosiddette forze di pace russe si trovano ancora in Transnistria.
In questo contesto, noi, il Parlamento europeo, dovremmo denunciare il cosiddetto referendum tenutosi nella regione della Transnistria, il quale è in contrasto con la sovranità e l’integrità territoriale della Moldova, riconosciute a livello internazionale, e può essere considerato una provocazione, che aumenta le tensioni esistenti e mette a rischio la possibilità di una soluzione pacifica del problema.
Dobbiamo inoltre rivolgerci alla Russia affinché smetta di sostenere il regime della Transnistria, che minaccia l’integrità territoriale della Moldova, adempiendo così alla decisione del Vertice OCSE del 1999 di ritirare le truppe e gli armamenti dal territorio della Moldova.
Deploriamo soprattutto la mancanza di progressi significativi in seno ai colloqui comunitari sulle agevolazioni per il rilascio dei visti e sull’accordo di riammissione con la Moldova. Consiglio e Commissione devono accelerare le procedure in vista della conclusione di un accordo sulle agevolazioni per il rilascio dei visti con la Moldova e garantirne l’attuazione, in quanto l’attuale situazione è ingiusta e discriminatoria quando i cittadini della Transnistria in possesso di passaporto russo beneficiano della possibilità di entrare nell’Unione europea con maggiore facilità rispetto agli abitanti della Moldova.
Jan Marinus Wiersma, a nome del gruppo PSE. – (NL) Signor Presidente, ci troviamo di fronte a numerosi conflitti congelati in corso nei paesi del vicinato che l’Unione europea condivide con la Russia. Purtroppo è per noi evidente che, dopo anni, non ci siamo per nulla avvicinati a una risoluzione, nonostante l’impegno comunitario verso una soluzione politica negoziata in un quadro multilaterale.
Guardiamo ai recenti sviluppi nella regione con grande preoccupazione, poiché non si può escludere un’eventuale escalation. Il 17 settembre nella Transnistria è stato svolto un referendum sulla separazione dalla Moldova, mentre la settimana scorsa le tensioni tra Georgia e Russia intorno allo status dell’Ossezia del Sud hanno visto un’escalation sfociata in una crisi diplomatica di primaria rilevanza. Entrambi gli episodi erano incompatibili con l’impegno volto a trovare una soluzione politica ai conflitti nel quadro dell’OSCE. Penso che l’Unione europea debba attenersi strettamente a un piano negoziale in un quadro multilaterale secondo cui l’integrità territoriale di Moldova e Georgia andrebbero date per certe.
Condanniamo aspramente le azioni unilaterali quali l’organizzazione di un referendum, se così lo si vuole chiamare, perché non abbiamo visto alcun segno di una votazione democratica in un ambiente libero e aperto. L’utilizzo diffuso di una retorica politica di minacce o l’annuncio unilaterale di sanzioni sono altrettanto controproducenti. Non ci avvicinano per nulla a una soluzione e ostacolano gli sforzi che la comunità internazionale sta compiendo per incoraggiare i partiti a lavorare su una base comune. A tutte le parti in causa dev’essere chiaro che una soluzione sostenibile si può fondare solo su un dialogo politico, con il rispetto della democrazia nei paesi e nelle regioni coinvolte.
Per l’Unione europea si tratta di un investimento necessario per dare una boccata d’ossigeno a questo processo. L’Unione europea non può risolvere questi conflitti da sola. Fintanto che decidiamo a favore di una strategia multilaterale, possiamo ragionevolmente aspettarci che le altre parti coinvolte si muovano entro questi limiti e aderiscano agli accordi precedenti, come quello di Istanbul del 1999. Inoltre possiamo aspettarci che la Russia usi un certo grado di prudenza, poiché svolge un ruolo cruciale in ciascuno di questi conflitti. Il sostegno attivo che la Russia sta accordando al regime in Transnistria e ai referendum, come pure il sostegno ai movimenti separatisti nell’Ossezia del Sud e in Abkhazia, purtroppo non rientrano in questa categoria.
Jelko Kacin, a nome del gruppo ALDE. (SL) In quanto vicepresidente della delegazione per la Moldova, seguo da vicino gli sviluppi in questa parte del mondo. Il referendum incostituzionale e non riconosciuto a livello internazionale sull’indipendenza della Transnistria che si è tenuto di recente in quella provincia è stato un grave passo indietro per tutte le parti coinvolte.
Il 10 ottobre la Transnistria ha respinto un piano di compromesso presentato dall’OSCE sotto la guida del ministro degli Esteri belga, Karel de Gucht. Il piano proposto prevedeva di concedere all’intera Transnistria lo status di relativa indipendenza o semiautonomia all’interno di una Federazione moldava. Personalmente deploro che tale compromesso sia stato respinto perché si è persa un’occasione per creare pace e stabilità su tutto il territorio di questa instabile regione. La situazione di stallo tra Transnistria e Moldova, invece, continuerà a minacciare la stabilità sia politica che economica in questa parte d’Europa.
Con l’adesione della Romania all’Unione europea nel 2007, le frontiere dell’Unione europea si estenderanno fino alla Moldova, e perciò è nostro cruciale interesse investire il tempo, l’energia e l’impegno necessari nei futuri negoziati.
Vorrei infine rivolgermi al Consiglio e alla Commissione affinché facciano valere il proprio peso politico nei nuovi negoziati. Analogamente mi rivolgo a Tiraspol affinché ritorni al tavolo negoziale e ponga fine alla tattica procrastinatoria. Nel contempo, chiedo anche a Mosca di sposare politiche più progressiste nel risolvere questa disputa, poiché un approccio più costruttivo da parte sua dimostrerebbe che la Russia vuole seriamente istituire un partenariato responsabile e affidabile con l’Unione europea.
Marie Anne Isler Béguin, a nome del gruppo Verts/ALE. (FR) Signor Presidente, non molto tempo fa guardavamo con favore alla rivoluzione pacifica in Georgia e incoraggiavamo i suoi giovani leader a istituire un’autentica democrazia nel loro paese. Oggi, come sappiamo, la Georgia ha difficoltà a risolvere i conflitti con le regioni separatiste, e l’escalation di provocazioni da entrambe le parti di certo non contribuisce alla risoluzione pacifica di tali conflitti. Quel che è peggio, l’intervento armato potrebbe essere causa di discordia per l’intero Caucaso, cosa di cui tutti siamo consapevoli. Per questo motivo dobbiamo invitare caldamente le autorità georgiane ad adottare un orientamento conciliante e a rilanciare con atteggiamento costruttivo il processo di pace nell’Ossezia meridionale.
Vi sono tuttavia circostanze attenuanti in Georgia: il suo vicino, la Russia, non fa il gioco della conciliazione. Ad esempio, quando la scorsa settimana a Lahti ha paragonato l’Ossezia meridionale al Kosovo, il Presidente Putin ha aggiunto esca al fuoco nel Caucaso, proprio nel momento in cui ci si aspettava che ristabilisse la fiducia normalizzando le relazioni con i vicini in Georgia. Qualunque cosa possa dire la Russia, senza dubbio è coinvolta nel conflitto. Non ha rilasciato passaporti russi alla popolazione georgiana dell’Ossezia meridionale? Quale validità può avere un referendum se l’80 per cento dei partecipanti è costituito da cittadini russi? Quale grado di neutralità possiamo presumere per le forze di pace nell’Ossezia meridionale se sono in prevalenza russe? Non farò neppure menzione dell’embargo unilaterale russo né delle continue deportazioni di georgiani in Russia, segno della volontà di destabilizzare la Georgia.
Pertanto la politica di prossimità e una maggiore cooperazione con la Russia sono indubbiamente strumenti a nostro favore, ma mi perdonerete se non posso condividere la posizione del Consiglio in merito alla sostituzione delle forze di pace. Credo, onorevoli colleghi, che dobbiamo davvero chiederci quanto la neutralità e l’imparzialità di tali forze possa essere garantita. Dobbiamo forse o meglio certamente essere preparati a dare un contributo, se dovesse dimostrarsi necessario, alla sostituzione delle forze di pace.
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Helmuth Markov, a nome del gruppo GUE/NGL. (DE) Signor Presidente, ciò che serve sopra ogni cosa quando sono in gioco la sicurezza e la stabilità di un paese o di una regione è che tutte le parti coinvolte, con i loro interessi diversi, non facciano nulla che possa peggiorare la situazione, e se la costituzione moldava non prevede alcun referendum, è ovvio che qualunque referendum che venga effettivamente portato a termine non può essere riconosciuto. Fin qui è tutto molto chiaro.
Dal momento che la Transnistria è sempre stata una parte della Repubblica moldava, ne consegue che sia assolutamente giustificato chiedere ai nostri partner russi con cui le relazioni sono tutt’altro che scarse di ritirare le truppe dalla regione.
Se non vogliamo che le cose peggiorino, naturalmente dobbiamo promuovere il commercio e con esso il cambiamento anziché imporre divieti alle esportazioni o alle importazioni. La Commissione e l’Unione europea hanno assunto la posizione di insistere sul pieno proseguimento dei negoziati 5+2 o, di fatto, sulla loro ripresa, posizione dalla quale non dobbiamo scostarci.
Un partenariato equo e mi riferisco a quello tra noi e la Russia implica anche la possibilità di dire apertamente al partner ciò che va o non va bene. Può ben darsi che, in passato, pensando ad alcuni degli interessi comunitari, non lo abbiamo sempre fatto con la fermezza necessaria.
Michał Tomasz Kamiński, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, l’Unione europea in cui crediamo, l’Unione europea dei nostri sogni, l’Unione europea che i cittadini d’Europa vogliono deve certamente essere un’Unione che difende alcuni valori specifici, e che lo fa sulla scena internazionale. In linea di principio, pertanto, dobbiamo condannare il comportamento della Russia nei confronti della Georgia delle ultime settimane. Vorrei rivolgermi a tutti gli organismi comunitari competenti affinché rilascino dichiarazioni, intervengano nella questione e difendano l’indipendenza della Georgia. Mi rivolgo inoltre a tali organismi affinché si battano per i principi fondamentali del diritto internazionale, quali l’indipendenza e la non interferenza nei reciproci affari.
Siamo consapevoli che la Russia incita al separatismo in Georgia, ma i fatti delle ultime due settimane sono particolarmente preoccupanti, in quanto abbiamo osservato un aumento straordinario delle dichiarazioni scioviniste, nazionalistiche e antigeorgiane in Russia. Negli ultimi giorni abbiamo appreso che le opere degli artisti georgiani esposte a Mosca subiscono danneggiamenti. Le esagitate invettive rivolte dai media moscoviti ai georgiani che vivono in Russia fanno sì che non si sentano al sicuro sul territorio della Federazione russa. Mi appello all’Unione europea e a quest’Assemblea affinché diano prova di un sostegno inequivocabile a una Georgia indipendente e autonoma, che ha tutto il diritto di sentirsi sicura in un’Europa unita.
Alessandro Battilocchio (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, parlo a nome del nuovo PSI.
Le tensioni nel Caucaso meridionale non fanno che avvalorare la tesi che sostiene l’avvio urgente di un negoziato multilaterale per risolvere la questione dei territori di Abkhazia e Ossezia del Sud. Il messaggio di apertura che l’Unione europea ha recentemente lanciato alla Federazione russa per quanto riguarda l’intensificarsi delle relazioni ai vari livelli non è, e non deve essere, disgiunto da un invito al dialogo e all’attuazione di tutte le misure possibili per cercare di risolvere, senza causare vittime, la peggior crisi dell’epoca post-sovietica.
Le dichiarazioni di Putin sulla presunta preparazione di un intervento militare georgiano, così come l’embargo sui prodotti agricoli provenienti da Georgia e Moldavia e l’interruzione dei principali servizi, dai trasporti ai servizi bancari, non possono non ricadere sul popolo georgiano, sia sulle persone emigrate in Russia, di cui una buona parte è stata indebitamente e forzatamente rimpatriata negli ultimi giorni, sia sulle persone che si trovano in territorio georgiano e che spesso dipendono economicamente dai familiari emigrati. L’Europa in questo caso non deve limitarsi a svolgere la funzione di arbitro.
Vytautas Landsbergis (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, ero membro della delegazione lituana all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa nel 1996, anno in cui la Russia ha si è impegnata solennemente a ritirare le truppe dalla Moldova nel 1997. Pertanto, il 2007 ci offre l’opportunità di festeggiare il decimo anniversario di tale impegno europeo non rispettato da parte della Russia – uno dei tanti, senza dubbio. Potrebbe essere un buon momento per scrivere e pubblicare un libro corposo sugli impegni internazionali che la Russia non ha mantenuto. Questa è la mia prima proposta all’Assemblea che sta tentando di fargliene pronunciare di nuovi.
Le politiche di smembramento dei vicini più piccoli da parte della Russia hanno causato perdite e sofferenza alle persone e numerose nazioni ci chiedono tuttora di aiutarle. Possiamo continuare a pronunciare parole vuote al modo delle Nazioni Unite, mentre ci laviamo le mani delle orde di rifugiati espulsi dall’Abkhazia dagli invasori russi?
Vale la pena notare a questo proposito la piccola annotazione nella risoluzione del Consiglio di sicurezza n. 1666 del 31 marzo 2006, sulle future modifiche al mandato delle forze di pace della CSI in Georgia. In realtà tali forze sono russe e hanno poco a che spartire con il mantenimento della pace, e contribuiscono invece all’annessione di una popolazione cui vengono rilasciati in massa passaporti di un paese straniero prima di passare a incorporare il territorio. Se davvero si vuole la pace in quella parte d’Europa, occorrono vere forze di pace, possibilmente europee, nell’Ossezia meridionale e in Abkhazia. L’alternativa dovrebbe essere ribattezzare le attuali forze di pace “forze di criminalità”. Questa è la mia seconda proposta al Parlamento: compiere una scelta tra veri pacificatori e “forze di criminalità” ufficiali.
Hannes Swoboda (PSE). (DE) Signor Presidente, in Russia vi sono persone in particolare ufficiali che ad ascoltarci si faranno l’idea che in quest’Aula vogliamo solo accanirci contro la Russia. Non è questo che vogliamo, bensì spiegare bene alla Russia che dobbiamo cercare di risolvere i problemi che ci si presentano, dall’energia ai paesi vicini che abbiamo in comune, che dobbiamo farlo insieme e che la Russia deve ribadirci il proprio impegno a favore del multilateralismo.
Quando si critica l’America, spesso concordiamo a proposito dell’unilateralismo delle sue azioni, ma quando un paese interviene in casa propria, deve farlo in modo multilaterale, e la Russia di recente ha optato per un approccio diverso, il che è inaccettabile.
Innanzi tutto, naturalmente, ci serve l’aiuto dei paesi coinvolti. Come abbiamo detto durante la nostra ultima visita, vorremmo che la Georgia firmasse l’impegno alla non violenza. Senza dubbio non basta dire “vogliamo avere la possibilità di difenderci”, perché naturalmente è una cosa cui tutti hanno diritto.
In secondo luogo, vorremmo che si avanzasse un’offerta precisa per quanto riguarda il reinserimento nella società georgiana dei cittadini dell’Ossezia meridionale, nonché dell’Abkhazia, perché, pur impegnandoci a favore del principio di una Georgia unita e indivisa, crediamo che questo debba implicare che a questi settori della popolazione vengano rivolte offerte specifiche.
Ciononostante, la responsabilità principale, esattamente com’è accaduto in precedenza, è nelle mani della Russia. Reputo incomprensibile che la Russia non abbia ancora compreso che gli amici non si fanno sostenendo piccoli movimenti separatisti, in alcuni dei quali si sono infiltrati criminali, ma piuttosto aiutando i paesi vicini a mantenere la stabilità, cosa che la Georgia sarebbe di certo altrettanto disposta a fare.
Ciò che dobbiamo però respingere nel modo più assoluto è l’espulsione dei georgiani dalla Russia. Le argomentazioni fondate sul principio “sì, ma sono clandestini” suonano ciniche. Espellere i georgiani soprattutto in un momento come questo, considerato quello che è accaduto è assolutamente inopportuno come scelta dei tempi quanto gli aumenti di prezzo dell’energia in Ucraina prima delle elezioni e in Bielorussia subito dopo. E’ del tutto insostenibile e inaccettabile.
Annemie Neyts-Uyttebroeck, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, quello in Ossezia del Sud è uno di quei conflitti “congelati” molto problematici, e mi ricordo di essermene occupata io stessa, signora Presidente in carica del Consiglio, quando mi trovavo proprio al posto che lei ora occupa, non meno di cinque anni fa.
Tale conflitto congelato, tuttavia, ora corre il rischio di diventare rovente. Occorre ripristinare con urgenza la calma, e il mio gruppo sostiene l’appello rivolto sia alla Russia che alla Georgia affinché moderino il linguaggio e le azioni. Ciò che è stato fatto ai cittadini della Georgia è totalmente inaccettabile, come pure, naturalmente, la decisione russa di interrompere ogni forma di comunicazione con la Georgia.
Il fatto che il Presidente Putin abbia messo in guardia dal pericolo di un massacro alla presenza di Matti Vanhanen, Presidente in carica del Consiglio, e di José Barroso, Presidente della Commissione, dev’essere stato profondamente imbarazzante e, in ogni caso, del tutto inaccettabile, come pure il fatto che la Russia continui a rilasciare passaporti ai cittadini dell’Ossezia meridionale. Anche il fatto che la Georgia abbia minacciato di ricorrere alla violenza è inaccettabile.
Se l’Unione europea affronta la questione con serietà, dev’essere disposta, in caso di necessità, a sostituire le forze di pace russe. Non è un impegno da poco e va valutato molto seriamente. Innanzi tutto, però, sfruttiamo tutti i meccanismi di pace multilaterali ed europei già esistenti.
Elisabeth Schroedter (Verts/ALE). (DE) Signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, signora Commissario, onorevoli colleghi, in quanto membro del gruppo UE-Moldova di quest’Assemblea, vorrei ritornare al relativo problema e mettere bene in chiaro che tale conflitto non riguarda le minoranze. Il sistema sociale nella Repubblica moldava è aperto dal punto di vista sia politico che sociale, e caratterizzato dalla coesistenza e dalla tolleranza. Se i conflitti con le minoranze vengono proposti come spiegazioni, lo si fa solo con l’intento di legittimare il sostegno a un regime stalinista, il che vorrei ribadirlo al governo russo e al Presidente Putin è problematico sul piano politico e molto discutibile.
Quello per la Transnistria è un conflitto tra Russia e Unione europea. Non credo che si ristabilirà la pace nella regione senza il ritiro delle truppe, e perciò la Commissione e il Consiglio devono esercitare pressioni molto maggiori sul governo russo per spingerlo proprio a quest’azione. Il conflitto in Moldova non va sacrificato per il bene delle nostre trattative con la Russia in materia di energia.
Konrad Szymański (UEN). – (PL) Signor Presidente, la situazione nell’Ossezia meridionale e in Transnistria rivela con estrema chiarezza che la Russia non ha smesso di pensare in termini di sfere d’influenza. Sono passati sedici anni, ma la Russia ancora non è al corrente dell’esigenza di rispettare l’integrità territoriale e la sovranità dei paesi indipendenti lungo i suoi confini. Ricorre a inganni, spionaggio, ricatti per l’energia e al rilascio di passaporti russi al fine d’indebolire la Georgia e la Moldova, i suoi vicini indipendenti, e di privarli di parte del loro territorio. Contrariamente alle nostre aspettative, la Russia non svolge un ruolo stabilizzante nella regione. In effetti è vero il contrario. Più la Russia ha potere politico, più vi sono conflitti, tensioni e persino guerre. Tutto questo rappresenta una politica accettabile per l’Unione europea? E’ possibile costruire un partenariato strategico senza condizioni con un paese che si abbassa a usare simili metodi? Confido che non sia questo il caso, e pertanto invito l’Assemblea a sostenere la risoluzione comune, insieme agli emendamenti presentati dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei e dal gruppo “Unione per l’Europa delle nazioni”.
Bernd Posselt (PPE-DE). (DE) Signor Presidente, tra nove settimane e mezzo la Repubblica moldava diventerebbe uno Stato membro dell’Unione europea se non fosse stato per il patto tra Hitler e Stalin con cui è stata separata dalla Romania, il che dimostra proprio quanto tutta la questione ci riguardi da vicino. La Georgia, che è membro del Consiglio d’Europa, è caduta vittima del colonialismo russo o sovietico in due occasioni, la prima volta sotto gli zar e la seconda negli anni ’20, quando le truppe sovietiche soffocarono sul nascere le nazioni del Caucaso.
Quella che abbiamo oggi è una situazione postcoloniale in cui la Russia è poco propensa a fare ammenda per ciò che ha fatto alla regione nel periodo in cui era una potenza coloniale o quando era l’Unione Sovietica totalitaria, ed è invece impegnata in una politica postcoloniale di dominio delle nazioni e di estorsione delle loro materie prime, il che fa sì che sfrutti i conflitti tra nazioni o, in certa misura, che li crei artificiosamente.
E’ per questo motivo che esiste solo una risposta; come ha affermato l’onorevole Landsbergis, dobbiamo essere pronti ad avere una presenza pacificatrice strutturata sia essa internazionale o europea ovunque al mondo scoppino conflitti, che si tratti della Transnistria o dell’Abkhazia, dell’Ossezia meridionale o della Cecenia, in modo che la situazione possa essere portata sotto il controllo internazionale una volta per tutte.
Se la Russia ha interesse a far prevalere la trasparenza, allora questa è la soluzione giusta, ma non è questo che la Russia vuole. Ora come in passato, ciò che vuole è che la sua politica di predominio venga portata avanti nell’ombra, ed è per questo che anch’io reputo deplorevole che la relazione venga presentata dopo il Vertice anziché prima, come avremmo voluto. Ciò che il Presidente Putin voleva era essere al centro dei riflettori mentre alimentava illusioni, e ora, all’ombra del Vertice, raccogliamo i pezzi.
Tutto ciò che posso fare è rivolgermi al Consiglio e alla Commissione affinché riusciamo finalmente a parlare di politica russa in modo inequivocabile, franco e razionale, facendo riferimento esplicito ai diritti umani. Non ci si faccia scrupolo per il fatto che un simile parlar chiaro è l’unica lingua che la Russia comprende. A questo proposito abbiamo materiale sufficiente non solo per un Libro bianco sulle promesse mancate della Russia, come ha detto l’onorevole Landsbergis, ma anche per un Libro bianco sull’autoinganno dell’Occidente.
Marianne Mikko (PSE). (ET) Onorevoli colleghi, la questione della Transnistria è perlopiù una questione di relazioni tra l’Unione europea e la Russia. Il problema attraversa una fase di stallo, ma la Russia ha la facoltà di risolverlo; se però vuole farlo, deve mettere in pratica la promessa fatta in seno al vertice dell’OSCE a Istanbul nel 1999, cioè ritirare le truppe dal territorio della Moldova. E’ un gesto che avrebbe dovuto compiere già nel 2002.
I buoni amici devono essere audaci e schietti. In Russia tali amici vengono stimati. In questo caso siamo stati timorosi e abbiamo menato il can per l’aia. E così, già dal 1° gennaio 2007, acquisiremo una grave fonte d’instabilità proprio accanto all’Unione europea.
Vorrei ribadire tre fatti in merito alla Transnistria. Innanzi tutto, il regime della Transnistria non vuole l’indipendenza, ma piuttosto l’unione con la Russia, che si trova a 800 km di distanza. La regione è appartenuta alla Moldova e all’Ucraina, ma mai alla Russia.
In secondo luogo, gli abitanti della Transnistria non sono un gruppo etnico uniforme. La maggioranza è composta da moldavi, che costituiscono il 40 per cento della popolazione, con gli ucraini intorno al 28 per cento e il gruppo etnico russo in terza posizione.
In terzo luogo, gli abitanti della Transnistria godrebbero senza dubbio di maggiore democrazia e libertà sotto il governo di Chisinau rispetto a ora. Chisinau non ha mai perseguitato la popolazione non moldava della Transnistria.
La Russia non compirà alcun passo senza pressioni da parte nostra. Non dobbiamo avere paura di esercitare pressioni. E le nostre relazioni con la Russia dovrebbero essere una strada a doppio senso reciprocamente proficua per entrambe le parti. Noi avremo bisogno dell’energia russa, ma anche la Russia ha bisogno dei nostri favori, per non parlare del mercato europeo.
E’ tempo di ricordare alla Russia ciò che abbiamo dato e domandare favori in cambio. In conclusione, i negoziati 5+2 devono proseguire ad ogni costo. Abbiamo una buona risoluzione, dunque adottiamola.
Tatjana Ždanoka (Verts/ALE). – (EN) Signor Presidente, a mio avviso, tra tutte le possibili considerazioni politiche citate nel presente testo, vi è un’importante omissione: le situazioni reali dei singoli cittadini che vivono nelle aree interessate. Coloro che condannano il rilascio di passaporti russi ai residenti di tali regioni farebbero bene a ricordare le circostanze in cui tali persone si sono trovate in quanto cittadini o non cittadini di Stati di recente indipendenza nati dalle ex repubbliche sovietiche. Si tratta di repubbliche i cui confini, nel caso del Caucaso, sono stati tracciati arbitrariamente da Stalin o, nel caso della Transnistria, sono stati modificati dal patto Molotov-Ribbentrop.
Dopo la dissoluzione dello Stato federale, l’URSS, non è stato disposto alcun periodo di transizione sequenziale durante il quale i cittadini potessero risolvere problemi quali il ricongiungimento familiare, la cittadinanza e così via. A queste persone servono perlopiù passaporti russi per recarsi in Russia, non nell’Unione europea, com’è stato sostenuto.
Inese Vaidere (UEN). (LV) Onorevoli colleghi, la volontà della Russia d’influenzare il destino degli Stati limitrofi che si sono convertiti al modello occidentale di sviluppo è evidente sia nel suo intervento negli affari interni ucraini che nel caso della Moldova e della Georgia. L’Unione europea ha interesse a trovare una soluzione pacifica al conflitto tra Russia e Georgia. A tale scopo, innanzi tutto, poiché le forze di pace della CSI nell’Ossezia meridionale non sono in grado di svolgere il proprio compito, andrebbero sostituite con forze di pace internazionali. In secondo luogo, la Russia dovrebbe astenersi dall’esercizio militare nelle immediate vicinanze del territorio georgiano. In terzo luogo, va posta immediatamente fine alle violazioni dei diritti dei cittadini della Georgia, che rasentano la pulizia etnica, nonché il blocco delle merci georgiane. La quarta considerazione riguarda l’integrità del territorio della Georgia: la legittimità del rilascio di passaporti russi in Abkhazia e Ossezia meridionale va rivista onde evitare che si ripeta la situazione della Transnistria. In conclusione, entrambi gli Stati devono astenersi da attività e dichiarazioni che possano favorire il peggioramento delle relazioni.
Tunne Kelam (PPE-DE). (EN) Signor Presidente, per quanto riguarda il background di questo dibattito, occorre un impegno comunitario molto forte per mezzo di forze di pace al fine di tentare di prevenire la diffusione di tali conflitti pericolosi.
Siamo chiari: queste regioni sull’orlo della rottura, in altre parole i conflitti congelati, vengono sistematicamente usate da leva da parte del governo russo per conservare il proprio potere sui paesi vicini post-sovietici. Senza la continua presenza di truppe russe come ha affermato la mia collega, onorevole Mikko i conflitti che ora dobbiamo affrontare sarebbero probabilmente scomparsi. Parte del problema sembra il timore della possibile diffusione di “rivoluzioni delle rose” e di un’autentica svolta democratica nella stessa Russia, che attendiamo da molto tempo. Pertanto occorre rispondere alle azioni del governo russo che sfidano tutte le norme di comportamento internazionale, quali l’interruzione delle comunicazioni, i blocchi economici e l’avvio di ondate di xenofobia nella stessa Russia. L’Unione dei 25 deve dichiarare l’assoluta inaccettabilità di tali atti, soprattutto da parte del paese attualmente alla Presidenza del Consiglio.
Nella risoluzione del Parlamento europeo ci rivolgiamo alla Russia affinché accetti finalmente le nuove situazioni emerse dopo la fine della guerra fredda e smetta di pensare e di agire in termini di zone d’influenza esclusive.
Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN). – (PL) Signor Presidente, vorrei parlare della Moldova. Si tratta di un paese i cui problemi si devono a fattori storici, alla posizione geopolitica e all’attuale situazione, sorta in conseguenza dell’equilibrio di potere all’interno del paese e d’influenze esterne. Va compreso con chiarezza che per risolvere i problemi legati alla sicurezza della Moldova nel suo senso più ampio, nonché al suo sviluppo, non bastano solo gli sforzi del paese. Occorre un impegno comune, che coinvolga non solo i vicini della Moldova, quali Ucraina e Romania, ma che implichi anche un aiuto vitale da parte dell’Unione europea e degli Stati Uniti. Senza dubbio è essenziale anche la buona volontà della Russia. E’ chiaro che l’imposizione di un embargo sull’importazione di prodotti agricoli e i problemi di approvvigionamento energetico sono legati senza dubbio alla decisa presa di posizione della Moldova in merito all’integrazione con l’Unione europea. Non possiamo pertanto abbandonarla. Dal punto di vista morale ha diritto al nostro aiuto, e certamente possiamo permetterci di offrirglielo.
Ryszard Czarnecki (NI). – (PL) Signor Presidente, sostengo appieno il progetto di risoluzione elaborato dal gruppo “Unione per l’Europa delle nazioni” in merito alla Transnistria, che fa parte della Moldova. Vorrei esprimere la mia ammirazione per la nazione georgiana, che desidera decidere autonomamente la direzione della propria politica estera. Al riguardo, dovrebbe e deve contare sulla solidarietà degli Stati membri dell’Unione europea. Le autorità georgiane giustamente chiedono che i diritti della loro piccola nazione vengano rispettati dalla grande Russia. Sarebbe tuttavia positivo, e qui mi discosto parecchio dai precedenti oratori, se tali autorità rivolgessero la propria attenzione anche alla difesa dei diritti delle minoranze all’interno del loro stesso paese. Penso alle minoranze religiose, per esempio.
Vorrei parlare dei recenti attacchi ai danni dei cattolici a Tbilisi. Non vi è altro modo di descrivere l’assalto da parte di 60 individui in una nuovissima chiesa costruita per gli assiri, ossia la comunità cattolica caldea. Tale attacco è stato opera degli appartenenti alla chiesa ortodossa, che s’identificano perlopiù con la cultura russa. In un’altra zona di Tbilisi, i membri della Chiesa ortodossa stanno esercitando pressioni sulle autorità per evitare l’apertura di una chiesa cattolica.
Purtroppo si sono verificati molti casi di intolleranza religiosa in Georgia negli ultimi anni. Tra le vittime vi sono stati non solo cattolici, ma anche battisti, pentecostalisti e testimoni di Geova. Confido che le autorità georgiane intraprendano azioni decise contro tali atti di violenza che danneggiano la reputazione della Georgia sulla scena internazionale. Sono certo che l’opinione della maggior parte dei gruppi politici in seno all’Assemblea sarà simile alla mia.
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. (FI) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei ringraziare per questo ampio dibattito. Oggi, in quest’Aula, da stamani parliamo delle relazioni tra l’Unione europea e la Russia. La mera portata di tali relazioni si riflette nel fatto che ora, anche a questo punto della procedura, sono i rapporti UE-Russia ad essere emersi con maggior rilievo dai discorsi dei deputati.
Le relazioni tra Unione europea e Russia hanno un aspetto importante: in questi giorni siamo in grado di discutere tutto intorno a un tavolo, comprese le aree problematiche e gli impegni presi dalla Russia. La prossima e ottima opportunità per tenere tali discussioni sarà a novembre, in occasione della riunione del Consiglio per i partenariati permanenti dei ministri degli Esteri comunitari e russi; dopodiché sarà alla fine di novembre, in seno al Vertice UE-Russia. Il Vertice UE-Ucraina che si terrà dopodomani a Helsinki senza dubbio comprenderà colloqui intorno a questi temi.
Come ho detto nel mio discorso di apertura, l’azione comunitaria per la Moldova e la Transnistria mira specificamente ad assistere e consolidare l’unità della Moldova. La politica europea di prossimità è uno strumento cruciale al riguardo. In quanto parte di tale cooperazione, in seno al Consiglio ci aspettiamo una proposta della Commissione per l’avvio dei colloqui sulla flessibilità dei visti prima della fine dell’anno.
Delle relazioni tra la Georgia e la Russia si è parlato ieri in seno al comitato CPS in riferimento alle proposte del Rappresentante speciale per trovare nuove risorse per sostenere nel miglior modo possibile una soluzione pacifica a tale difficile situazione. Fortunatamente vi sono segnali positivi del fatto che il dialogo tra Georgia e Russia stia per incominciare, in quanto i ministri degli Esteri dei due paesi intendono incontrarsi a Mosca ai primi di novembre. Si tratta di un inizio molto positivo di quella che ci auguriamo sia la ripresa dei colloqui.
Il principio fondamentale che l’Unione europea tenterà di promuovere una soluzione pacifica della crisi tra Georgia e Russia e che possa farlo in molti modi si applica alla crisi precisamente allo stesso modo in cui si applica a molte altre crisi in tutto il mondo. Se però non sono le stesse parti in causa a impegnarsi effettivamente per una soluzione pacifica, non le si può costringere dall’esterno.
Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, la discussione è stata molto interessante per entrambi i temi. Ringrazio i deputati per le loro osservazioni, di cui senza dubbio terremo conto il più possibile.
Penso che il Parlamento possa intensificare i propri sforzi, e così completare e integrare ciò che stiamo facendo per la Moldova con le sue controparti in seno al Comitato di cooperazione parlamentare UE-Moldova. Dobbiamo continuare a incoraggiare la Moldova a insistere con le fondamentali riforme in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti umani e a migliorare il clima economico. Dobbiamo aiutare la Moldova a offrire maggiore attrattiva per la popolazione, anche in Transnistria.
Per quanto riguarda la questione dell’assistenza macrofinanziaria, abbiamo appena preparato un pacchetto di 45 milioni di euro che verranno destinati alla Moldova, poiché è molto importante darle un’assistenza particolare. Vorrei dire che dal 1991 a questa parte l’intero programma di assistenza ammonta a circa 230 milioni di euro. Il nostro bilancio annuale per l’assistenza è aumentato negli ultimi anni e aumenterà ulteriormente ai sensi dell’ENPI.
Per quanto concerne le agevolazioni per il rilascio dei visti per la Moldova, stiamo proprio lavorando alle proposte di negoziazione di direttive nonché di accordi di riammissione. Abbiamo incoraggiato gli Stati membri a istituire un centro comune per la richiesta del visto a Chisinau. Una volta avviato, dovrebbe rappresentare un efficace meccanismo di agevolazione per i cittadini moldavi, che non avrebbero più bisogno di recarsi nei paesi limitrofi per richiedere il visto.
Vorrei inoltre dire che se esiste una possibilità di presentare un mandato alla fine dell’anno, la tassa sui visti resterebbe a 35 euro e non salirebbe a 60, il che sarebbe molto importante per i cittadini molto poveri della Moldova.
Quanto alla Georgia, abbiamo intrattenuto una lunga discussione con il ministro degli Esteri Lavrov. La cosa più importante è che entrambe le parti innanzi tutto abbassino i toni della retorica pubblica, e poi tentino di arrivare a dialoghi diplomatici ancora una volta, un ritorno alla normalità. La leadership georgiana deve evitare qualunque azione possa accrescere la tensione. Questo è quanto abbiamo detto al Presidente Saakashvili. Con l’aiuto dei nostri rappresentanti speciali e naturalmente di noi tutti, ci auguriamo che la situazione ritorni alla normalità.