Presidente. L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0334/2006), presentata dall’onorevole De Keyser a nome della commissione per gli affari esteri, contenente la raccomandazione del Parlamento europeo al Consiglio relativa alla conclusione di un accordo euromediterraneo di associazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica araba siriana dall’altra [2006/2150(INI)].
Véronique De Keyser (PSE), relatore. – (FR) Signor Presidente, ringrazio la signora Commissario della sua presenza in Aula oggi. L’accordo di associazione tra l’UE e la Siria rappresenta il tassello mancante del processo di Barcellona, ma è anche il Godot del Parlamento europeo: annunciato di continuo, ma mai concluso.
I negoziati sull’accordo in questione sono stati avviati nel 1996, prima che la Siria si ritirasse dal Libano. Sono stati difficili, ma sono comunque sfociati in una bozza oggetto di molte revisioni che sanciva, ad esempio, la non proliferazione delle armi di distruzione di massa e la lotta contro il terrorismo. L’accordo è stato sottoscritto in sede di Consiglio nell’ottobre 2004, ma il processo di ratifica è stato interrotto dall’orrendo omicidio dell’ex Primo Ministro Hariri il 14 febbraio 2005. Sappiamo tutti cos’è accaduto dopo. Il popolo libanese e i cittadini di tutto il mondo hanno puntato immediatamente il dito contro il governo di Damasco. E’ stata condotta un’inchiesta sul posto, guidata inizialmente dal giudice Mehlis e ora dal collega Brammertz, e con la risoluzione 1559 si è chiesto il ritiro delle truppe e dei servizi segreti siriani dal Libano.
La presunzione di innocenza è un pilastro dei nostri sistemi legali, ma dobbiamo anche tener conto del principio di precauzione. Benché la Siria si sia affrettata a ritirare le truppe dal Libano, all’inizio è stata restia a collaborare col giudice Mehlis. Di conseguenza, l’Europa ha preso cautamente le distanze dal governo di Damasco. Tale prudenza è ancora accettabile oggi, visto che diversi eventi accaduti sia sul palcoscenico mondiale sia nel sistema politico interno siriano dovrebbero incoraggiarci a riaprire il dialogo? Spetterà al Consiglio esprimere un giudizio ma io, da parte mia, sono a favore del dialogo, e la commissione per gli affari esteri mi ha appoggiato enormemente in tal senso. Tale dialogo potrebbe portare in ultima analisi alla firma dell’accordo, ma la questione è ancora prematura e non è il fine della raccomandazione.
Allora, quali sono questi eventi? Innanzi tutto, vi è la ripresa di una collaborazione efficace con l’inchiesta del giudice Brammertz, come attestato nella sua ultima relazione. Si è poi constatato che l’isolamento della Siria da parte nostra è stata una mossa controproducente per la democrazia del paese, con la quale non siamo riusciti a indebolire un governo forte. La nostra politica della sedia vuota ha contribuito a destabilizzare una tendenza alla riforma che stava emergendo timidamente. Per di più, la voce dell’Europa, che in passato si era fatta sentire per difendere attivisti e prigionieri politici, ora non si sente quasi più. Infine, ed è il mio terzo punto, la tragedia in Libano è stata una lezione terribile. La guerra tra Israele e Libano ha dimostrato, se ce ne fosse stato bisogno, i pericoli e l’inutilità del ricorso alla forza. Ha dato prova della necessità di collaborare politicamente con tutte le parti coinvolte nel conflitto, e sappiamo bene che alle spalle dei due attori principali sono all’opera altre influenze: indubbiamente gli Stati Uniti, ma anche l’Iran e la Siria. Quando l’Europa ha chiuso le porte, la Siria ha trovato altri alleati, segnatamente l’Iran, che non solo ha fornito il petrolio, ma si è fatto anche portatore di un’ideologia di guerra che non fa nulla per promuovere la pace in Medio Oriente.
Oggi l’Europa ha assunto un impegno forte in Medio Oriente, e le missioni diplomatiche si sono succedute a un ritmo sostenuto. Il sostegno alla riapertura del dialogo con la Siria circa l’accordo di associazione fa parte di tale strategia preventiva, in quanto un altro conflitto nella regione potrebbe essere ancor più devastante. Non facciamoci illusioni. La Siria non romperà i ponti con l’Iran a livello commerciale, ma le sue massime autorità sostengono di essere disposte a prendere le distanze dall’Iran per quanto riguarda il processo di pace in Medio Oriente. E’ un passo importante. Stiamo parlando di un paese con un governo forte e sostenitore della linea dura, in cui i diritti umani non vengono rispettati a sufficienza, e la mia relazione affronta tali problemi senza alcuna ambiguità. Detto ciò, la Siria è un grande paese civilizzato che va trattato con rispetto, dignità e onestà. Potrebbe essere un elemento stabilizzante in Medio Oriente e ne abbiamo bisogno. Quando Siniora è venuto in visita qui, ha ipotizzato lo scenario di una soluzione al problema delle fattorie di Shebaa, e vi sono altri possibili elementi di conciliazione. Chiedo di tenere aperte tutte le porte. Vorrei ringraziare i colleghi di tutti i partiti per l’aiuto prezioso che mi hanno fornito nell’elaborazione della raccomandazione.
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, a nome del Consiglio vorrei ringraziare l’onorevole De Keyser per una relazione importante che analizza in maniera eccellente la situazione siriana. Il Consiglio condivide molte delle preoccupazioni espresse nel documento per quanto riguarda la Siria.
Come ha affermato l’onorevole De Keyser nella sua relazione, la Siria potrebbe avere un ruolo rilevante da svolgere in Vicino e Medio Oriente “quale collegamento tra le parti del processo di pace e di catalizzatore per una soluzione del conflitto regionale”. Per tale ragione, anche il Consiglio ha deciso lo scorso agosto di autorizzare l’Alto rappresentante Javier Solana e la Presidenza finlandese a prendere contatto con tutte le parti rilevanti che potrebbero contribuire a individuare una soluzione alla crisi in Libano e, più in generale, alla situazione in Medio Oriente. Tra tali interlocutori si situa indubbiamente anche la Siria.
Dai drammatici eventi della scorsa estate è diventato essenziale stabilizzare la situazione in Libano e nelle regioni limitrofe. Quando il ministro degli Esteri finlandese Erkki Tuomioja ha incontrato l’omologo siriano alla fine di agosto, il messaggio per la Siria era molto chiaro. Ci aspettiamo che tale paese si impegni ad attuare le risoluzioni 1559, 1680 e 1701. La Siria dovrebbe sostenere il processo di ricostruzione nazionale in Libano e fare il possibile per stabilizzare la situazione politica in seno a tale paese. L’allestimento di eserciti diversi da quello libanese e il persistere del contrabbando di armi esercitano un impatto fondamentale sulla possibilità di imporre un coprifuoco durevole. Rimangono inoltre altre questioni irrisolte, tra cui la definizione del confine tra Siria e Libano e l’instaurazione di rapporti diplomatici. Anche la soluzione del problema complesso associato all’area di Shebaa richiederà la cooperazione della Siria, che deve anche continuare a mostrarsi ben disposta nei confronti della cooperazione con la commissione Brammertz che sta indagando sull’omicidio di Hariri.
Una questione che esula dalla risoluzione 1701 ma che riveste una certa importanza per la stabilità della regione è l’attività delle organizzazioni palestinesi con sede centrale a Damasco e il sostegno siriano ad esse offerto. Inoltre, i rapporti della Siria con Iraq e Iran e le sue attività con tali paesi hanno ripercussioni dirette sulla situazione generale in Medio Oriente.
Il Consiglio sta inoltre monitorando da vicino i progressi della Siria nel campo dei diritti umani. Particolarmente preoccupanti sono stati gli arresti avvenuti la scorsa primavera ai danni di coloro che si erano fatti promotori dei diritti umani e avevano sottoscritto la dichiarazione Beirut-Damasco. Il fatto che alcuni di essi di recente siano stati rilasciati è ovviamente un’ottima notizia. Ad esempio, l’UE osserverà con attenzione se nel paese siano garantite la libertà di riunione in luogo pubblico e la libertà di espressione. La Siria deve ovviamente agire nel rispetto dei diritti umani internazionali. La riapertura del Centro di formazione della società civile, che gode dell’appoggio dell’Unione, è un obiettivo importante. Tale centro è stato chiuso la scorsa primavera a una sola settimana di distanza dalla sua inaugurazione.
Si stanno mantenendo legami continui con la Siria, soprattutto mediante la cooperazione euro-mediterranea. La riunione dei ministri degli Esteri che si terrà a Tampere a novembre, cui è stata invitata anche la Siria, costituirà un foro eccellente per avviare il dibattito.
La Siria è un attore importante in Medio Oriente. Può scegliere se essere un partner problematico o costruttivo. I legami storicamente saldi che intrattiene con il Libano le conferiscono un ruolo particolarmente importante nell’attuazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU rispetto alla situazione libanese. L’Unione ha sottolineato ripetutamente che va rispettato il diritto del Libano all’autodeterminazione, all’inviolabilità territoriale e all’indipendenza politica. Per portare stabilità in Libano e in tutta la regione è essenziale prevenire il contrabbando di armi in Libano. A tal fine, la Siria deve vigilare sui propri confini.
Il Consiglio si è dichiarato disposto a migliorare le relazioni con la Siria se il comportamento di quest’ultima andrà in tale direzione. Adesso tocca alla Siria. Ad esempio, determinate circostanze potrebbero indurre l’Unione a riconsiderare l’opportunità di firmare l’accordo di associazione. Tale accordo promuoverebbe ovviamente la cooperazione tra UE e Siria, soprattutto finanziariamente, e agevolerebbe le riforme essenziali per lo sviluppo della Siria, ipotesi formulata anche nella relazione.
Benita Ferrero-Waldner , Membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, in primo luogo ritengo che il dibattito odierno sia molto tempestivo. Grazie per averlo iscritto all’ordine del giorno.
Ho seguito da vicino le discussioni che si sono svolte in seno alla commissione AFET sulla relazione chiara e concreta dell’onorevole De Keyser, che rappresenta un resoconto puntuale delle sfide interne e regionali che si trova a dover affrontare la Siria. Accolgo con favore la riflessione del Parlamento europeo sui prossimi passi da compiere nei confronti di tale paese. Dopo il conflitto in Libano e nel nuovo contesto della risoluzione 1701 (2006) del Consiglio di sicurezza dell’ONU, è effettivamente il momento giusto per valutare a che punto siamo con la nostra politica attuale.
La Siria è un partner di lunga data nel processo di Barcellona, ed è un candidato potenziale per la politica europea di vicinato nel medio termine. Convengo con voi che è nostro interesse avvicinare tale paese all’Europa. La Siria, come tutti sappiamo, è un attore essenziale per la stabilità in Medio Oriente. E’ un tassello fondamentale del mosaico quando si tratta di trovare una soluzione a lungo termine ai conflitti nella regione e anche per la piena attuazione della risoluzione 1701. In un momento cruciale per il processo di pace, Damasco ha il potere di essere parte della soluzione, e non del problema. Ci aspettiamo pertanto che la Siria, come avete precisato nella proposta di risoluzione, trasmetta i messaggi giusti a Hezbollah e Hamas, per prevenire la consegna di armi in Libano, come ha ricordato la collega del Consiglio, e per dirimere la controversia delle fattorie di Shebaa. Come ho sottolineato, ritengo che la ripresa dei negoziati con la Siria debba essere parte della nostra strategia. Diverso è ovviamente decidere se e in che modo attuare tale ripresa dei rapporti nella situazione attuale. La prima condizione che deve avverarsi a tal fine è la dimostrazione da parte dei leader del loro impegno e interesse a guardare avanti e a compiere passi positivi su una serie di questioni.
Come ben sapete, ultimamente i nostri rapporti con la Siria hanno conosciuto qualche difficoltà. La relazione dell’onorevole De Keyser affronta numerose divergenze politiche. Il superamento della fase di ristagno politico dipende dalla capacità della leadership di tradurre alcune delle parole pronunciate in gesti che ne dimostrino la buona volontà. In questo momento cruciale per il processo di pace, alla Siria è stata concessa una nuova possibilità di dimostrare la propria serietà nel contribuire positivamente alla stabilità regionale.
In assenza di un accordo di associazione, non abbiamo molto margine di manovra per affrontare le questioni più scottanti. Abbiamo tuttavia fatto il possibile laddove abbiamo ritenuto di agire nell’interesse della popolazione siriana. Abbiamo tentato di portare avanti i programmi nelle aree che recano un beneficio diretto ai cittadini siriani. Ad esempio, nel campo dei diritti umani, l’Unione europea sfrutta i canali diplomatici per affrontare le violazioni più gravi, compreso il caso dei prigionieri di coscienza, tanto per citare un esempio. Abbiamo inoltre reagito alle limitazioni della libertà di espressione e all’ondata di arresti che hanno accompagnato la pubblicazione della dichiarazione Beirut-Damasco lo scorso maggio. Ma non è interrompendo i contatti che faremo grandi progressi. Senza dialogo, non potremo esercitare alcuna influenza.
Dovremmo quindi capovolgere la situazione, dare un taglio positivo alle nostre relazioni con la Siria e definire le aree in cui ci attendiamo progressi. In parte realizziamo tale obiettivo attraverso i nostri programmi di cooperazione. Al momento la Siria sembra aver imboccato la strada della transizione economica e accogliamo con soddisfazione l’approvazione dell’agenda nazionale siriana per le riforme sostenuta dal vice Primo Ministro Dardari lo scorso maggio. L’appoggio all’attuazione del processo di riforma, comprese le misure progressive verso l’apertura politica, potrebbe essere il fulcro della nostra azione nei prossimi anni, se le cose andranno per il verso giusto.
La cooperazione nell’ambito dell’ENPI – lo strumento europeo di vicinato – ci consentirà di offrire alla Siria la prospettiva a medio termine di una piena partecipazione alla politica di vicinato. L’ENP si tradurrà poi in ulteriori vantaggi e, ci auguriamo, in un pacchetto più vantaggioso per il paese, quando i tempi saranno maturi.
Per quanto riguarda l’accordo di associazione, è ancora un’ipotesi al vaglio. Abbiamo finalizzato tutti i preparativi tecnici e abbiamo siglato l’accordo. La decisione sulla firma dipende ora dal Consiglio. La firma è un processo. Fino ad ora, le circostanze politiche non sono state favorevoli. Gli Stati membri si attendono ancora dalla Siria passi più positivi e credibili per poter passare alla firma, tra cui la risoluzione di questioni regionali quali il Libano e la Palestina.
Le recenti dichiarazioni della Siria, volte ad agevolare l’attuazione della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza, potrebbero essere segnali incoraggianti in tal senso, così come l’invito del Presidente Assad a riprendere i colloqui di pace, che ha avuto riscontri positivi in Israele.
Come il Parlamento europeo, la Commissione è fermamente votata al dialogo. Di conseguenza, spero vivamente che i messaggi positivi giunti recentemente da Damasco vengano tradotti in fatti e che riusciremo a ripristinare un rapporto forte con quel paese.
José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra, a nome del gruppo PPE-DE. – (ES) Signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, signora Commissario, onorevoli colleghi, vorrei esordire congratulandomi con l’onorevole De Keyser per il progetto di raccomandazione da lei presentato e per tutto il lavoro svolto per quanto riguarda i rapporti con la Siria.
Credo che per noi sia importante riflettere sul presente dibattito collocandolo nel contesto più opportuno, signor Presidente. Come ha detto giustamente la signora Commissario, ciò significa valutare la situazione, lungo la strada che conduce all’accordo di associazione, senza dimenticare che dobbiamo anche promuovere il dialogo con la Siria, nel nostro caso un dialogo parlamentare, alla luce dell’importanza strategica – rilevata da altri oratori – che tale paese riveste nel complesso contesto della regione.
Ritengo tuttavia che sia anche importante sottolineare – e il testo della risoluzione espone tale concetto in maniera molto chiara – che non è il momento per un giudizio positivo del Parlamento sull’accordo di associazione. La risoluzione – il progetto di raccomandazione – sancisce in tutta chiarezza che le condizioni non sono ancora state soddisfatte: devono essere realizzati progressi evidenti in numerose aree.
La stipulazione di un accordo di difesa tra Siria e Iran non è una buona notizia. Si devono compiere progressi sostanziali per quanto riguarda il rispetto della dottrina tradizionale dell’Unione europea nel campo della democrazia e dei diritti umani. Le risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU e l’integrità del Libano sono condizioni imprescindibili, e la Siria deve cooperare nel fare luce sull’assassinio dell’ex Primo Ministro Hariri. Progressi devono essere compiuti anche in relazione all’abolizione della pena capitale, al rispetto delle minoranze religiose, eccetera.
Ritengo pertanto, signor Presidente, che la strada da percorrere sia ancora molto lunga. C’è qualche buona notizia, quale la nomina di Dardari alla carica di vice Primo Ministro. Ho avuto l’onore di conoscerlo dopo una missione in Libano. Credo che solamente sulla base di tali premesse, come ha precisato or ora la signora Commissario, potremo trasformare tale catalogo di buone intenzioni in azioni concrete, cosicché l’Unione europea possa dare l’assenso all’importante accordo di associazione tra l’Unione e la Siria.
Hannes Swoboda, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, vorrei esordire ringraziando l’onorevole De Keyser per l’eccellente relazione, e anche l’onorevole Salafranca per la preziosa collaborazione, grazie alla quale è stato possibile adottare una relazione come questa a grande maggioranza.
La Siria non è un paese facile, bensì una nazione problematica in una regione altrettanto complessa. Tuttavia, se vogliamo instaurare la stabilità e la pace in quest’area difficile del mondo, abbiamo bisogno della cooperazione della Siria. Per quanto riguarda il Libano, la Siria dovrebbe rendersi conto una volta per tutte che un Libano politicamente stabile ed economicamente forte va a suo vantaggio e non rappresenta un pericolo.
Per passare all’Iran, l’esistenza di rapporti amichevoli tra tale paese e la Siria non suscita alcuna obiezione da parte nostra, perché è più che giusto che tra paesi vicini s’instaurino relazioni di questo tipo, ma tale amicizia dovrebbe concretizzarsi in un contributo costruttivo, in un processo di pace, e non in un blocco.
Mi rendo perfettamente conto che la Siria pretende da Israele la restituzione delle alture del Golan, ma la Siria deve riconoscere che Israele ha degli interessi in termini di sicurezza ai quali non può rinunciare, e dovrebbe pertanto facilitare sviluppi pacifici in Palestina e in particolare nella striscia di Gaza, non solo tra i palestinesi, bensì anche tra palestinesi e israeliani.
E’ d’importanza vitale scegliere la via del dialogo, e a tale proposito vorrei ricordare all’Assemblea un’espressione utilizzata dalla signora Commissario, vale a dire “capacità di leadership”. Vorrei che il Presidente della Siria desse meno retta alle voci che negli ultimi anni hanno condotto la Siria all’isolamento, e prestasse invece attenzione alle parole dei suoi consiglieri che vogliono riportare il paese sulla via del dialogo con la comunità internazionale, soprattutto con l’Unione europea.
PRESIDENZA DELL’ON. KAUFMANN Vicepresidente
Hélène Flautre, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signora Presidente, è emerso un ostacolo cruciale lungo il percorso che conduce alla ratifica, vale a dire il continuo peggioramento della situazione dei diritti umani in Siria. Gli osservatori denunciano regolarmente arresti arbitrari, torture, eclatanti discriminazioni ai danni delle minoranze, limitazioni alla libertà di espressione e di associazione, e abusi e incarcerazioni di persone che operano pacificamente per migliorare le libertà in Siria.
Penso in particolare a Michel Kilo, Anwar al-Bunni e Mahmoud Issa, che sono tuttora in carcere per aver firmato a maggio la dichiarazione Beirut-Damasco che chiedeva la normalizzazione dei rapporti tra Libano e Siria. Michel Kilo avrebbe dovuto essere rilasciato il 19 ottobre, ma un ulteriore capo d’accusa ha avuto come effetto la proroga del suo periodo di detenzione. Mahmoud Issa è stato rilasciato il 25 settembre, ma è stato nuovamente arrestato appena due giorni fa. Tali esempi dimostrano tra le altre cose l’assenza di un desiderio autentico, da parte delle autorità siriane, di intraprendere le necessarie riforme democratiche.
In tali circostanze – come ha affermato l’onorevole De Keyser – è impensabile che l’Unione europea sottoscriva un accordo di associazione con la Siria. Come si legge nella risoluzione, il miglioramento della situazione dei diritti umani e il rispetto dei valori democratici devono essere requisiti essenziali per la conclusione di qualsiasi accordo. Inoltre, è importante istituire un meccanismo di controllo efficace nel quadro dell’applicazione della clausola sui “diritti umani”. Tale approccio andrebbe anche adottato, inter alia, nel caso della Russia e del Turkmenistan, e di molti altri paesi. Lo stesso dicasi per la coerenza delle posizioni adottate dal Parlamento.
Miguel Portas, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) Signora Presidente, la relazione De Keyser si pone come obiettivi il dialogo e la normalizzazione futura dei nostri rapporti con la Siria.
Consideriamo l’accordo di associazione come parte di tale processo politico. Sottolineo il termine “politico” in quanto, da una prospettiva economica, l’accordo è molto più vantaggioso per l’Europa che non per la Siria. Il congelamento dei rapporti con Damasco è stato un errore politico. L’Europa non dovrebbe possedere liste nere né dovrebbe seguire pedissequamente le idee nordamericane sull’asse del male. Indipendentemente dal suo regime, la Siria è un paese essenziale per la pace nella regione. L’Europa deve imparare a rispettare la complessità della società siriana e la pluralità delle sue opinioni. Il regime è politicamente autoritario, ma mostra un’attitudine liberale nei confronti di economia, religione e costumi. Il pluralismo viene soffocato e oppresso, eppure esiste nella società e nelle istituzioni. Minore sarà l’ingerenza delle potenze occidentali nella regione, più fiorirà il pluralismo.
E’ un peccato che la versione finale della relazione presenti in svariati punti tracce dell’era coloniale. Ad esempio, non spetta a noi decidere chi sia o meno meritevole di fiducia, perché noi stessi non accettiamo – a ragione – che tali giudizi vengano formulati su di noi da terzi. Sarebbe anche meglio evitare di esternare sospetti immaginari su rapporti inesistenti tra Damasco, Al-Qaeda e il fondamentalismo sunnita. Tale ignoranza non ci porta vantaggi, e lo dobbiamo a noi stessi di essere coerenti. I rapporti diplomatici non possono basarsi sull’esito di un’indagine penale. Le prove del reato concernenti l’orrendo assassinio di Rafiq Hariri devono essere ascoltate in tribunale, altrimenti le nostre politiche rischiano di violare il principio di presunzione di innocenza.
In ogni caso, la relazione tratta con chiarezza il tema essenziale; chiede una normalizzazione dei rapporti, un gesto positivo. E’ lodevole che la questione dei diritti umani debba essere al centro di tale processo di normalizzazione, ma l’Europa deve applicare la stessa politica a tutti gi altri paesi, Israele compreso. Infine, appoggia la restituzione a Damasco delle alture del Golan, un’area che la Siria non ha mai tentato di riprendersi in maniera violenta; si tratta di una proposta sostenuta dalle risoluzioni dell’ONU.
Bastiaan Belder, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) Signora Presidente, analogamente alla commissione per gli affari esteri, anch’io voterò con convinzione contro la relazione De Keyser in occasione della votazione in plenaria. Chiunque dei presenti in Aula raccomandi al Consiglio di concludere un accordo di associazione con la Siria appoggia un regime di minoranza spietato, a proposito del quale è sufficiente ricordare che le uniche entità che considera partner strategici nella regione sono la Repubblica islamica dell’Iran ed Hezbollah. La risoluzione in questione ha frainteso ancora una volta la vera natura del regime di Assad, dove praticamente tutto ruota attorno alla volontà di mantenimento del potere. Di conseguenza, la relatrice è caduta vittima delle illusioni di possibili ripercussioni positive dell’accordo di associazione sulla politica interna ed estera di Damasco.
Se posso avere la sua attenzione, onorevole De Keyser, vorrei trasmetterle l’opinione di un mio connazionale, noto esperto di questioni siriane, che ha visitato più volte quel paese nel corso degli anni; qualche giorno fa mi ha detto, in poche parole, che “chi è al potere considera la democrazia una minaccia mortale”, una riflessione che negli ultimi anni è emersa con sempre maggior chiarezza nelle discussioni con le fonti vicine al regime, incluso il “liberalissimo” Dardari. La cosa assurda di questa relazione è che trabocca di parole prudenti contro la scelta della falsa pista diplomatica che conduce a Damasco. Tali affermazioni sono materiale per la satira, non per la politica.
Paweł Bartłomiej Piskorski, a nome del gruppo ALDE. – (PL) Signora Presidente, il dibattito odierno ha come oggetto un accordo di associazione con un paese la cui importanza dev’essere chiara a tutti i membri di questa Assemblea. Nei confronti di tale paese nutriamo numerose obiezioni e riserve. Indubbiamente sussiste un coinvolgimento diretto o indiretto della Siria nel traffico di armi dirette alle organizzazioni terroristiche. Indubbiamente la Siria intrattiene rapporti stretti con l’Iran. E’ incontestabile che nutriamo gravi preoccupazioni sugli standard siriani di rispetto dei diritti umani e civili. La questione è quali strumenti siano più opportuni per il Parlamento europeo e l’Unione europea. L’accordo in oggetto promuoverà la democrazia? Renderà più efficienti gli strumenti a nostra disposizione per esercitare pressione sul governo, o indebolirà la nostra posizione?
A mio parere, la comprensione reciproca e la possibilità di esercitare pressioni rafforzeranno la nostra posizione; credo inoltre che l’accordo in oggetto vada appoggiato. Ritengo che dovrebbe poggiare sulla premessa che la nostra posizione e la nostra opinione in qualità di Parlamento europeo richiedono il rispetto dei diritti umani e civili, un concetto che va chiarito e ribadito in ogni occasione. L’interruzione dell’appoggio alle attività terroristiche dev’essere una conditio sine qua non. E’ essenziale applicare pressioni del genere, altrimenti violeremmo i nostri principi fondamentali.
Elmar Brok (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, signora Presidente in carica del Consiglio, dobbiamo essere perfettamente consapevoli del fatto che la crisi in Medio Oriente – non solo quella che riguarda il Libano, bensì il problema mediorientale nel suo complesso – può essere risolta solamente se viene coinvolta la Siria. Al momento, tale paese intrattiene rapporti con l’Iran ed Hezbollah, e va considerata l’opportunità o meno di spezzare tali legami, e in maniera tale da agire nell’interesse nella Siria. La Siria è uno Stato sunnita e laico, che ideologicamente ha ben poco in comune con i fondamentalisti sciiti.
Per tale ragione potremmo trarre vantaggio da un accordo di associazione, a patto che vengano messi a segno miglioramenti nel rispetto dei diritti umani e venga trovata una soluzione per la lotta congiunta al terrorismo. Le forniture di armi al Libano non possono sicuramente essere interrotte completamente senza il consenso della Siria, un fattore che va tenuto in considerazione. Un’ulteriore condizione è anche rappresentata dalla soluzione del problema delle fattorie di Shebaa: si tratta di una questione estremamente importante per impedire ad Hezbollah di accampare la scusa di dover disporre di armi in quell’area in quanto si tratta di territori soggetti all’occupazione israeliana. Per tali ragioni, occorre migliorare sia la situazione interna alla Siria sia le relazioni del paese con l’Unione europea.
L’iniziativa promossa dall’onorevole De Keyser e dalla commissione per gli affari esteri – che suscita il plauso sia del Consiglio sia della Commissione, se non erro – rappresenta un passo importante per dare alla Siria l’opportunità di difendere i propri interessi e, nel contempo, contribuire in maniera costruttiva al processo di pace nella regione. E’ evidente che il regime siriano non è amico della democrazia, che viola i diritti umani, che i cittadini – sia siriani sia stranieri – devono essere rilasciati, e che bisogna porre fine alla cooperazione con gli eserciti militari di Hezbollah e Hamas; sono tuttavia convinto che un dialogo del genere sia possibile, e che l’offerta di un accordo di associazione, in tali circostanze, possa essere un mezzo efficace per raggiungere tale fine.
Pierre Schapira (PSE). – (FR) Signora Presidente Lehtomäki, vorrei esordire ringraziando l’onorevole De Keyser per la sua eccellente relazione. La sottoscrizione di un accordo di associazione tra la Comunità europea e la Siria costituirebbe un segnale politico molto incoraggiante per instaurare la pace in Medio Oriente, un desiderio che tutti nutriamo. Gli accordi di associazione sono un ottimo sistema per esercitare pressione sui paesi. Pertanto, in cambio della nostra cooperazione economica e commerciale, dobbiamo chiedere alla Siria di diventare un paese democratico che rispetta le libertà fondamentali, di non interferire negli affari dei paesi vicini, di definire in maniera rigorosa il proprio confine col Libano, e di smettere di appoggiare le milizie di Hezbollah o i fondamentalisti di Hamas cui offre rifugio. La Siria deve liberare gli intellettuali, i difensori dei diritti umani e i prigionieri politici che tiene rinchiusi nelle sue carceri. Deve inoltre rispettare il diritto delle minoranze che vivono nel suo territorio, in particolare i curdi, ai quali deve offrire la cittadinanza che ancora non hanno.
Se la Siria rinunciasse al suo progetto della “grande Siria” e si cercasse alleati diversi dall’Iran, ne beneficerebbe l’intera regione. La Siria, più di qualsiasi altro paese della regione, è in grado di svolgere il ruolo di governatore e pacificatore, soprattutto in relazione alle questioni irachena e palestinese. L’Europa deve compiere ogni sforzo possibile per includere la Siria tra i suoi alleati strategici in Medio Oriente. Se in Siria iniziasse a soffiare il vento del cambiamento e il paese praticasse una politica dell’apertura, tutte le popolazioni mediorientali potrebbero finalmente iniziare a liberarsi del giogo della dittatura e del populismo teocratico.
Gerard Batten (IND/DEM). – (EN) Signora Presidente, la relazione in oggetto afferma che un accordo euro-mediterraneo conferirebbe un impulso decisivo alle riforme politiche, economiche e sociali necessarie in Siria, ma la relazione deplora anche la sottoscrizione di un accordo militare tra Siria e Iran, che secondo i siriani intensificherà la cooperazione contro quella che viene da loro definita la minaccia comune rappresentata da Israele e USA.
Dal 1995 l’Unione europea ha erogato a favore della Siria 259 milioni di euro. L’UE spende milioni di euro per sostenere il regime tirannico della Siria, nella speranza di trasformare in un modo o nell’altro tale popolo in fautore della democrazia, delle libertà civili, dei diritti umani, eccetera. I siriani, da parte loro, si rendono ora conto di avere da parte fondi sufficienti per permettersi un’alleanza militare con l’Iran, che inevitabilmente renderà il mondo un luogo più pericoloso.
I soldi dei contribuenti comunitari non dovrebbero essere spesi per sostenere regimi tirannici e sanguinari che sono nemici della democrazia, della libertà e della pace.
Charles Tannock (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, l’interesse strategico dell’Unione europea nei confronti della Siria consiste nel mantenere la pace nella regione del Medio Oriente per garantire le forniture petrolifere, e nel guidare la controversia tra Israele e i palestinesi verso una soluzione durevole a due Stati, come indicato dettagliatamente nella relazione dell’onorevole De Keyser.
La Siria, un paese isolato, aiuta da tempo l’Iran a lanciare un’offensiva panislamica comune contro Israele, e tenta di mantenere debole il governo libanese offrendo un forte sostegno agli Hezbollah, mandatari dell’Iran, nella speranza di ristabilire la propria influenza in Libano.
La Siria ha tuttavia una caratteristica positiva: si tratta di un paese laico che rifugge dal fondamentalismo islamico, e una parte dell’élite Ba’ath al governo è preoccupata per l’intensificarsi dell’alleanza di difesa con il teocratico Iran e gli estremisti Hezbollah. La Siria non ha più bisogno di ingraziarsi l’Iran nella vecchia alleanza contro il comune nemico, l’Iraq di Saddam Hussein.
Purtroppo, la speranza che l’UE possa trattare direttamente con i palestinesi sta svanendo a causa dell’intransigenza di Hamas, che si rifiuta di riconoscere Israele o di rinunciare alla violenza. E’ pertanto tempo di rassicurare la Siria sul fatto che bloccare il riarmo degli Hezbollah, impedire il passaggio dei combattenti della jihad in Iraq e migliorare la situazione raccapricciante dei diritti umani in Siria porterebbero preziosi vantaggi, compresa la ratifica di un accordo di associazione rafforzato con l’UE.
L’UE, quale membro del Quartetto, può anche fare da mediatore per il raggiungimento di un accordo di pace accettabile tra Israele e Siria a proposito delle alture del Golan e delle fattorie di Shebaa, mentre gli USA potrebbero mostrare scarsa disponibilità ad agire in tal senso. Israele trarrebbe notevoli vantaggi da un dialogo col suo nemico, la Siria. Consapevole della sua vulnerabilità ad attacchi missilistici, Israele sa di aver bisogno di uno Stato che si possa difendere, al riparo da aggressioni esterne. Eliminare la minaccia della Siria è un elemento chiave per il raggiungimento di tale obiettivo strategico. Appoggio le conclusioni della relazione e auspico che ora l’Unione europea sfrutti la notevole influenza che ha sulla Siria per conseguire tali obiettivi.
Panagiotis Beglitis (PSE). – (EL) Signora Presidente, anch’io vorrei congratularmi con l’onorevole Véronique De Keyser per l’importante relazione che ci ha presentato.
A mio parere, sulla base della nuova situazione geopolitica che è emersa in Medio Oriente, l’Unione europea dovrebbe formulare una sua strategia indipendente.
La Siria è un dato di fatto e il suo ruolo continua a essere essenziale per la stabilità e sicurezza della regione. L’Europa deve parlare con la Siria e deve portare avanti un dialogo istituzionale e politico coordinato con il regime di Damasco. Sono pienamente d’accordo con l’intero contenuto della relazione e con le affermazioni dei miei onorevoli colleghi. Tuttavia, nessuno ha saputo dirci come riusciremo a convincere la Siria a cambiare condotta né come contribuiremo al processo di democratizzazione. Nessuno è stato in grado di rispondere a tale domanda.
A mio avviso, in assenza dei meccanismi dell’accordo di associazione e del dialogo politico, il potenziale contributo dell’Unione europea alla democratizzazione della Siria è inesistente. Per questo ritengo che l’Unione europea debba sottoscrivere senza indugio l’accordo.
Per i sostenitori dell’isolamento della Siria, delle sanzioni o persino del rovesciamento del regime, la risposta alle loro illusioni fallaci è rappresentata dalla guerra civile in Iraq.
Jana Hybášková (PPE-DE). – (CS) Signora Presidente, signora Commissario, la decisione di riprendere la ratifica dell’accordo di associazione con la Siria è una mossa strategica. La situazione mediorientale è un bicchiere mezzo vuoto, più che mezzo pieno.
La carenza di democratizzazione in Egitto ha incoraggiato la proliferazione di forze radicali; il Libano sta precipitando nel caos, e le possibilità di creare uno Stato in Palestina sono svanite per ragioni interne. Dagli attacchi contro il Libano della scorsa estate i rapporti tra l’UE e Israele sono precipitati. Non esiste una politica né europea né israeliana, e Israele sta sprofondando sempre più nel regionalismo, incapace di risolvere i problemi da una prospettiva più ampia. Per di più, come ha evidenziato l’ultima decisione sull’Iraq, nemmeno gli USA dispongono di una politica seria per la regione. La politica dell’istigazione di una parte contro l’altra è indubbiamente servita a rafforzare l’Iran, che è l’unico attore con un una politica attiva e rilevante. L’intermediario dell’Iran è la Siria. Il Parlamento non può adottare provvedimenti rilevanti in relazione all’Iran, in quanto ciò richiederebbe un approccio congiunto da parte di UE, USA e Federazione russa.
Ciò che possiamo fare come Parlamento europeo è tentare di dissuadere la Siria dal ricoprire il ruolo remissivo di intermediario. E’ questa la strategia. La tattica consiste nell’offrire incentivi di natura economica o internazionale, all’insegna di una politica europea chiara, comune e scevra da compromessi. Dobbiamo esporre in maniera chiara e univoca le nostre richieste alla Siria. Non è una politica di acquiescenza. La priorità per la Siria è accettare una graduale abolizione della legge marziale, creare una società civile con piena libertà di espressione, rispettare i diritti delle minoranze e passare a un sistema politico democratico basato su un’economia di mercato aperta.
La Siria deve ovviamente cooperare sull’inchiesta per l’assassinio di Hariri. Deve compiere passi costruttivi verso la soluzione del processo di pace. Deve smetterla di fornire armi a Hezbollah e di sostenere i gruppi armati palestinesi, deve conformarsi alle risoluzioni 1559 e 1701 e deve anche portare a termine il ritiro delle forze armate dal Libano e stabilire relazioni diplomatiche.
L’accordo di associazione non è una nostra responsabilità esclusiva. Anche la Siria deve assumersene la responsabilità. Nostro compito è definire, attraverso l’accordo, una tabella di marcia siriana verso la transizione. Vorrei rivolgere un appello alla Commissione e soprattutto al Consiglio affinché concedano sostegno attivo sia alla nostra strategia, sia alla nostra tattica.
Jamila Madeira (PSE). – (PT) Signora Presidente, onorevoli colleghi, la dichiarazione di Barcellona sancisce l’obiettivo di stabilire un’area comune di pace, stabilità e prosperità mediante il rafforzamento del dialogo politico e della sicurezza, del partenariato economico e finanziario, nonché di quello sociale, culturale e umano.
Tale obiettivo è stato attuato con successo negli ultimi anni, e sono stati sottoscritti accordi di associazione con quasi tutti i paesi del bacino mediterraneo, tranne ovviamente la Siria, per vari motivi comprensibili. L’UE ha sempre tenuto conto degli eventi degli ultimi mesi. Deve assumere un impegno autentico per avviare negoziati adeguati con la Siria, allo scopo di realizzare la ferma volontà del paese di stipulare l’accordo, che auspichiamo possa trasformare il paese in una democrazia che rispetta i diritti umani e la libertà religiosa, che partecipa alla lotta contro il terrorismo, e che promuove il dialogo e la pace durevole nella regione. A tal fine, il governo siriano deve intervenire quanto prima per porre fine allo stato di emergenza, e l’UE deve fornire tutto l’aiuto possibile.
La Siria si trova in una posizione geostrategicamente vitale e ha un ruolo cruciale da svolgere nel processo di pace in Medio Oriente. E’ indispensabile chiarire una volta per tutte che per l’UE il rafforzamento della democrazia non può essere conseguito mediante una politica dei bombardamenti o dell’isolamento.
Patrick Gaubert (PPE-DE). – (FR) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, la Siria è un paese che non può essere ignorato nel contesto della crisi mediorientale. Interrompere il dialogo significa isolare il paese e correre il rischio di radicalizzare il regime. Vuol dire spingere ancor più la Siria tra le braccia dell’Iran, la cui unica aspirazione è distruggere Israele e destabilizzare la regione.
Se ora vogliamo riprendere i negoziati con la Siria, dobbiamo tuttavia essere molto cauti e stabilire anticipatamente condizioni rigorose. Dobbiamo esigere dalla Siria il rispetto della sovranità libanese e delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza che le impongono di intensificare i controlli al confine con il Libano, e di cessare la fornitura di armi a Hezbollah. Dobbiamo inserire il rispetto dei diritti umani e delle libertà civili tra i prerequisiti per la sottoscrizione di qualsiasi accordo. Occorre esigere misure concrete nel seguito da dare alle conclusioni dell’inchiesta sull’assassinio dell’ex Primo Ministro Rafiq Hariri. Ricordo che si tratta anche di un requisito imprescindibile per il proseguimento dei negoziati. Infine, la Siria deve illustrare chiaramente alla comunità internazionale le misure che sta adottando per combattere efficacemente e concretamente la proliferazione delle armi e del terrorismo nella regione. Intendo dire che deve anche interrompere qualsiasi forma di sostegno alle milizie di Hezbollah e Hamas.
Se l’Unione europea intende riaprire i negoziati con la Siria, deve farlo solamente se quest’ultima accetta e rispetta tali condizioni. Ad oggi non sono state soddisfatte le condizioni per la ratifica di alcun accordo di associazione, una situazione che deploro. Dobbiamo esortare la Siria ad abbandonare la sua mentalità chiusa e metterla di fronte alle sue responsabilità in una regione in cui tutti gli attori devono collaborare per stabilire la pace e la stabilità.
Richard Howitt (PSE). – (EN) Signora Presidente, vorrei esprimere il mio sostegno alle raccomandazioni contenute nella relazione dell’onorevole De Keyser, in particolare quella riguardante la necessità da parte dell’Europa e del mondo di rivedere il proprio impegno con la Siria e di non accettare compromessi sui nostri principi, bensì di promuoverli. Occorre inviare un messaggio forte alla Siria per quanto riguarda i diritti umani e il miglioramento della situazione della libertà di espressione, delle torture e dell’abolizione della pena di morte. L’avvocato attivista nel campo dei diritti umani Anwar al-Buni, che, insieme a centinaia di altri, ha firmato la petizione per il rispetto della sovranità libanese, deve essere liberato immediatamente, analogamente a centinaia di prigionieri di coscienza.
Tacciare la Siria di coinvolgimento in un presunto asse del male non ha sortito alcun risultato. Sono lieto che nell’ultimo mese la signora Commissario abbia autorizzato i propri rappresentanti a intrattenere colloqui con i ministri siriani degli Esteri e dell’Economia, e che questa settimana il Parlamento europeo offra la prospettiva di una ratifica dell’accordo di associazione subordinata alla volontà autentica della Siria di collaborare con l’Europa per il raggiungimento della pace in Medio Oriente.
Albert Jan Maat (PPE-DE). – (NL) Signora Presidente, vorrei ringraziare la relatrice, onorevole De Keyser, per l’arduo lavoro svolto, e vorrei cogliere l’occasione per esprimere la mia preoccupazione in tal senso. Siamo onesti: ci risulta molto difficile immaginare l’Unione europea, un’Unione di valori e di norme, che conclude un accordo di cooperazione con uno Stato canaglia come la Siria. Eppure questa è la realtà, se si considerano i legami con Hezbollah e l’Iran.
L’unica opzione consiste nell’utilizzare un accordo di cooperazione e i negoziati associati quale opportunità per imporre una serie di condizioni minime nell’area dei diritti umani, in quanto l’oppressione ai danni di sindacati, giornalisti e minoranze religiose in Europa è in crescita. I cittadini siriani che appartengono a minoranze religiose, oltre che i cristiani assiri che rientrano in Siria, vengono rinchiusi in carcere praticamente senza eccezioni. Sono quindi tutte ottime ragioni per allineare finalmente la politica comunitaria dell’immigrazione alla politica del rientro in Siria, e sospendere per il momento la politica dei rientri in Siria. Potrebbe essere un primo passo.
In secondo luogo, dobbiamo pretendere garanzie rigorose per la libertà religiosa; il governo siriano deve smetterla di interferire con le minoranze religiose nella stessa Siria, in quanto le varie comunità religiose e gruppi etnici stanno attraversando un periodo molto difficile a causa del modo in cui la Siria sta gestendo i loro interessi.
A tale proposito, è in gioco la reputazione europea, in quanto le chiese europee derivano dalle primissime congregazioni che dalla Siria hanno diffuso la loro fede anche in direzione dell’Europa. Questo significa che, qualora un accordo di cooperazione dovesse dimostrarsi l’unica soluzione possibile nel frangente attuale, l’Unione europea avrebbe l’arduo compito di assicurare che vengano richieste rigorose garanzie di miglioramento in tutte le aree in questione.
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signora Presidente, onorevoli deputati, prima di tutto vi ringrazio per il prezioso dibattito. Nel corso della discussione è emerso chiaramente che in quest’Aula, come nella comunità internazionale e anche tra i paesi arabi moderati, si assiste al medesimo fenomeno, vale a dire il fatto che esistono opinioni leggermente divergenti quando si tratta di stabilire quale genere di politica sia la migliore e la più efficace per ritrasformare la Siria in un membro costruttivo della comunità internazionale.
L’Unione europea è giunta alla conclusione che l’isolamento trascinerà la Siria nella direzione sbagliata, e il Consiglio ha dibattuto questo punto specifico e ha elaborato una nuova politica in tal senso all’inizio di agosto, per consentirci di prendere contatto con tutti gli attori rilevanti al fine di risolvere la questione mediorientale. La Siria fa parte di tale gruppo. Di conseguenza, in risposta alla speranza espressa dall’onorevole Swoboda, il quale ha manifestato l’auspicio che la Presidenza presti particolare ascolto a coloro che si propongono di costruire un dialogo forte con la Siria, posso dire che l’abbiamo già fatto. L’imminente Conferenza euromediterranea dei ministri degli Esteri di Tampere, cui è stata invitata anche la Siria, ne è un esempio.
Altrettanto lodevole è l’iniziativa di costruire e attivare un dialogo tra i parlamenti, citata dall’onorevole Salafranca nel suo intervento. Per rinfocolare tali rapporti è importante scegliere le circostanze giuste e il momento opportuno. Ovviamente, nelle misure che stiamo adottando ci prefiggeremo specificamente di dare alla Siria l’occasione di svolgere un ruolo positivo.
Dal dibattito è emerso con chiarezza che, nella ricerca di una soluzione per la situazione mediorientale, tutti gli aspetti sono interconnessi. Di conseguenza, negli ultimi mesi abbiamo tentato attivamente di trovare una soluzione completa, a lungo termine e duratura alla questione mediorientale. La ricerca è stata molto attiva. Di fatto oggi l’Alto rappresentante Javier Solana si trova nella regione e ha intenzione di visitare non soltanto Israele e i territori palestinesi, ma anche Beirut, la Giordania e possibilmente anche altri luoghi. In altre parole, il contatto con le varie parti in causa è essenziale.
Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, onorevoli deputati, vi ringrazio per aver portato avanti il processo di riflessione su questo paese dall’importanza strategicamente vitale in Medio Oriente. Si tratta di un dibattito molto importante.
Consentitemi di rispondere a qualche domanda molto specifica. Una riguardava i diritti umani. In assenza di un accordo di associazione, l’Unione europea non ha alcuna piattaforma per un dialogo approfondito sui diritti umani con la Siria in cui discutere anche di questioni cruciali – e ce ne sono molte in sospeso – quali l’abrogazione della norma sull’emergenza, gli emendamenti alle leggi sulle ONG politicamente schierate, la concessione della cittadinanza ai curdi privi di una nazione, o l’istituzione di un consiglio nazionale sui diritti umani.
A mio parere, non dovremmo considerare il progresso totale sui diritti umani una condizione imprescindibile per la ratifica. Tuttavia, noi – mi riferisco soprattutto ai rappresentanti della Commissione e degli Stati membri a Damasco – utilizziamo i nostri strumenti politici quali manifestazioni e dichiarazioni politiche per denunciare gli abusi più gravi in materia di diritti umani. Ad esempio, solleviamo con le autorità siriane la questione dei prigionieri di coscienza, regolarmente incarcerati, e molto spesso assistiamo come osservatori ai processi celebrati presso la corte di sicurezza nazionale. Inoltre, attraverso i programmi di cooperazione, sosteniamo l’emergere di una società civile aperta in Siria.
In gennaio la Commissione ha pertanto lanciato sei microprogetti nel quadro dell’iniziativa europea per la democrazia e i diritti umani. Tali progetti si rivolgono ad avvocati arabi, organizzazioni femminili, organizzazioni di profughi, alla minoranza curda e ai mezzi di comunicazione, e promuovono inoltre i diritti delle donne e dei bambini. Tuttavia, nella situazione attuale di un controllo crescente da parte dei servizi di sicurezza, tali progetti e la maggioranza delle attività di formazione hanno avuto qualche difficoltà a decollare. Le autorità contestano la legalità di tali progetti in Siria, le ONG politiche a volte vengono tollerate ma non sempre autorizzate, e pertanto stiamo studiando possibili soluzioni a tali problemi. Abbiamo ovviamente anche sollevato casi singoli direttamente presso il governo siriano.
Quanto alle questioni di assistenza, l’assistenza finanziaria dell’Unione non è andata a sostegno del regime, come hanno affermato prima alcuni deputati. E’ stata devoluta, ad esempio, al sostegno del settore privato e anche delle piccole e medie imprese. Abbiamo aiutato direttamente i cittadini, ad esempio tramite programmi sanitari, e abbiamo orientato gli aiuti all’ottenimento di riforme per aprire l’economia e il commercio, la concorrenza e gli investimenti – voci che si riveleranno molto importanti per lo sviluppo futuro del paese.
Vorrei infine reiterare un punto da me già sollevato in precedenza. Siamo a favore di un dialogo con la Siria con una prospettiva politica ed economica. Stiamo cercando di mantenere una prospettiva positiva, sulla base dei progressi che sono già stati realizzati, ad esempio nel sostegno delle riforme che il governo sta adottando per aprire l’economia, come già menzionato, e per decentrare i poteri. Contemporaneamente, come stavo dicendo, esamineremo possibili interventi pratici su questioni regionali, quali l’attuazione della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza, e l’assunzione di un ruolo positivo, ad esempio in Palestina. In base a ciò decideremo a quale velocità procedere per quanto riguarda il nostro impegno futuro, e constato che una grande maggioranza dei partecipanti al dibattito odierno sembra orientata nella medesima direzione.