Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione presentata dall’on. Elisabeth Schroedter, a nome della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, sull’applicazione della direttiva 96/71/CE sul distacco dei lavoratori (2006/2038(INI)) (A6-0308/2006).
Elisabeth Schroedter (Verts/ALE), relatore. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, la direttiva sui servizi è una delle direttive più importanti per quanto concerne la libertà di prestazione di servizi, che rende possibile da un lato la concorrenza leale tra imprese di servizi in tutta Europa, mentre dall’altro contiene anche delle norme chiare sulla protezione dei lavoratori distaccati, e inoltre definisce norme minime applicabili a tutti, pur garantendo comunque una sufficiente flessibilità per consentire l’applicazione di tali norme nei vari sistemi nazionali. E’ centrale il principio dello stesso salario minimo, o delle stesse condizioni minime, per lo stesso lavoro nello stesso luogo, che consente di creare le condizioni per un’equa concorrenza delle imprese sul campo. Tuttavia, l’attuazione efficace della direttiva relativa al distacco dei lavoratori richiede l’impegno e lo sforzo di tutti – di tutte le parti e a tutti i livelli.
Vorrei cogliere l’occasione per ringraziare i deputati che hanno lavorato con me su questa relazione per il loro impegno e soprattutto per la loro inesauribile pazienza nel processo di negoziazione, e anche il personale della segreteria della commissione, del Tabling office, dei gruppi e degli uffici privati dei deputati, per il loro impegno e le innumerevoli ore di lavoro straordinario che hanno dovuto svolgere.
Questa relazione è il risultato di uno sforzo congiunto, che gode del sostegno trasversale dei gruppi, perché tutti gli interessati si sono incontrati a metà strada e sono arrivati a compromessi nell’interesse della materia trattata. Proprio per il suo impegno nei confronti della direttiva sul distacco dei lavoratori, quest’Assemblea respinge i tentativi della Commissione di definire orientamenti che limitano le possibilità degli Stati membri di esercitare un controllo; infatti gli Stati membri hanno la funzione particolare di garantire, mediante le rispettive misure di controllo, che le condizioni di lavoro minime per i lavoratori distaccati vengano effettivamente rispettate, e dovranno essere in grado di continuare a farlo anche in futuro, senza eccezioni.
Le nostre critiche agli orientamenti non saranno una sorpresa per la Commissione, perché li sta utilizzando esclusivamente allo scopo di far rientrare dalla porta di servizio la sostanza degli articoli 24 e 25 del progetto originario della direttiva sui servizi. Il nostro Parlamento aveva cancellato tali articoli a larga maggioranza e con il consenso del Consiglio, perché né le associazioni dei datori di lavoro e dei dipendenti, né i governi e i parlamentari vogliono la libertà di fornire servizi a spese dei diritti fondamentali dei lavoratori. E’ vero il contrario: esiste un’ampia alleanza di persone convinte che questa nostra Unione europea può riuscire a combinare le due cose, e che così facendo realizzerà ciò che noi chiamiamo Europa sociale.
Ci aspettiamo che la Commissione consideri seriamente il chiaro voto di febbraio su questa relazione come un’indicazione sulla direzione nella quale procedere. Questo significa inoltre che ci aspettiamo che essa tenga conto dell’opinione di quest’Assemblea nel valutare i questionari che ha inviato ieri agli Stati membri. E’ inaccettabile che la Commissione metta in discussione delle richieste degli Stati membri con l’obiettivo ultimo di compromettere l’osservanza delle condizioni minime di lavoro.
Vorrei aggiungere che la Corte di giustizia ha chiarito che i requisiti necessari per garantire le condizioni minime di lavoro non sono in contrasto con la libertà di prestazione di servizi e proprio questo è precisamente ciò che viene chiarito nella relazione. Per esempio, è stato dimostrato nella pratica che, contrariamente all’interpretazione della Commissione, per garantire il diritto dei lavoratori al salario minimo possono essere necessari anche i documenti relativi alla retribuzione oltre ai certificati delle ore di lavoro; e in futuro sarà indispensabile un consulente legale in quanto parte nei negoziati sulle retribuzioni descritti all’articolo 3, paragrafo 8 della direttiva sul distacco dei lavoratori, o in quanto rappresentante, per rendere possibili tali negoziati con la disponibilità all’effettiva consegna di documenti ufficiali. Se vogliamo attuare la direttiva occorre adottare misure per chiarire in anticipo le questioni e fornire informazioni sul rispetto delle condizioni minime di lavoro.
In considerazione di tutto questo, mi auguro che l’impegno profuso da tanti nella preparazione di questa relazione venga ripagato e che la Commissione consenta adesso, senza riserve, che il principio “della stessa retribuzione per lo stesso lavoro nello stesso luogo” venga sancito chiaramente in tutta l’Unione europea.
Vladimír Špidla, Membro della Commissione. – (CS) Onorevoli parlamentari, la direttiva sul distacco dei lavoratori si prefigge lo scopo di conciliare il diritto delle imprese di fornire servizi transfrontalieri e i diritti dei lavoratori distaccati per incarichi temporanei. L’obiettivo è quello di garantire che il principio fondamentale della libertà di circolazione venga salvaguardato per i lavoratori e per i servizi, e che venga rispettata la legislazione sociale intesa a tutelare i lavoratori.
A dieci anni dall’adozione di questa direttiva permangono delle difficoltà nell’applicarla. Innanzi tutto, i lavoratori non sono sufficientemente informati in merito ai propri diritti e doveri. Un ulteriore problema è la mancanza di cooperazione amministrativa tra paesi d’origine e paesi ospitanti, che a sua volta potrebbe essere considerata in qualche modo come una mancanza di fiducia reciproca. Infine, le misure di ispezione imposte da alcuni Stati membri hanno suscitato timori di misure protezionistiche.
Alle autorità nei paesi ospitanti sono stati concessi alcuni diritti di ispezione, benché anche questo abbia i suoi limiti. Le ispezioni devono essere effettuate in modo adeguato, senza discriminazioni e senza ostacolare la libertà di fornire servizi nell’ambito del mercato interno. Nel chiarire questo punto, la Commissione ha ritenuto opportuno adottare i principi fondamentali il 4 aprile.
Gli organi nazionali devono fornire ai lavoratori distaccati e ai prestatori di servizi degli strumenti efficaci per ottenere informazioni sulle condizioni di lavoro vigenti nel paese ospitante. Inoltre, devono collaborare lealmente. A questo proposito, la Commissione sente di dover ricordare agli Stati membri i loro obblighi e li invita a mettere in atto risorse più efficaci.
Sono consapevole che il dibattito parlamentare sul distacco dei lavoratori è stato complesso e che sono state espresse opinioni assai diverse. Questo dimostra la difficoltà di trovare un equilibrio tra la salvaguardia della tutela dei lavoratori da un lato e la libertà di fornire servizi dall’altro.
Sono lieto di aver trovato nella relazione votata dal Parlamento molti punti di convergenza con le posizioni espresse dalla Commissione nella sua comunicazione del 4 aprile. Tuttavia, vorrei dedicare una particolare attenzione a una serie di punti sui quali occorrerebbe adottare una posizione chiara.
Non posso essere d’accordo con l’idea che la Commissione, con la sua comunicazione, voglia tentare di riproporre gli articoli 24 e 25 già eliminati dalla originaria direttiva sui servizi. Non è affatto così. Nella sua comunicazione, la Commissione interpreta la legge sulla materia, ma non introduce nuove norme, perché le comunicazioni della Commissione non sono preposte a farlo, nemmeno formalmente, visto che si tratta di una competenza del processo legislativo. Questa asserzione non corrisponde alla realtà dell’interpretazione della Commissione. Tengo a sottolineare ancora una volta che nella sua comunicazione la Commissione non stabilisce una nuova legislazione sulla quale basare questi articoli, bensì interpreta la legislazione vigente, che comprende sentenze significative della Corte di giustizia di Lussemburgo.
Le sentenze della Corte di giustizia, a cui si fa riferimento nella comunicazione della Commissione, vietano agli organi nazionali di esigere che i fornitori di servizi distaccati in altri Stati membri dispongano di un ufficio o di una rappresentanza nel loro paese. In base alla giurisprudenza, uno Stato membro che ospiti prestatori di servizi stranieri può, nel rispetto del principio della solidarietà, stabilire che nel luogo di lavoro dev’essere disponibile la documentazione concernente direttamente il lavoro interessato, e in particolare relazioni operative o documenti relativi alla tutela della salute, della sicurezza e del lavoro nel luogo di lavoro.
Nella sua interpretazione, la Commissione non limita in alcun modo la capacità degli Stati membri di effettuare ispezioni efficaci, e nessuno degli articoli sopra citati è inteso in tal senso. A mio parere, la Commissione nella sua interpretazione si è impegnata a fondo per cercare di individuare e comprendere la vera sostanza e lo spirito delle singole sentenze della Corte. La Commissione considera estremamente importante la corretta attuazione della direttiva, e ne ha ampliato la portata al di là dell’attuazione stessa. Ha già cominciato a lavorare su una relazione che valuti la situazione un anno dopo la pubblicazione degli orientamenti. A questo proposito, la Commissione ha inviato un questionario agli organismi nazionali e alle parti sociali; ha anche creato un sito Internet concernente gli aspetti legali e pratici relativi al distacco di lavoratori, sul quale recentemente ha creato un forum dove ogni cittadino europeo può offrire suggerimenti e commenti.
Inoltre, sotto l’egida della Commissione, un gruppo di esperti nazionali ha formulato principi di migliori prassi, definendo una serie di norme in materia di cooperazione amministrativa, e un modulo unico che ci consente di semplificare lo scambio di informazioni tra punti di contatto. Naturalmente, la Commissione tiene conto di tutte le opinioni espresse dal Parlamento e questa relazione è un documento di notevole importanza per la Commissione.
Małgorzata Handzlik (PPE-DE), relatore per parere della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori. – (PL) Signor Presidente, vorrei ringraziare l’onorevole Schroedter per la sua relazione. Tuttavia, sono spiacente di constatare che purtroppo la commissione per l’occupazione e gli affari sociali non ha tenuto conto di quelle che, a mio avviso, erano le principali conclusioni approvate nel mio parere a nome della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori. Inoltre, nel gruppo B non abbiamo avuto l’opportunità di scambiare informazioni su questioni importanti, né di discuterne.
Nella sua relazione, la relatrice ha incluso molti elementi preoccupanti e spesso contraddittori. Oggi mi concentrerò sui problemi più significativi. Non si tratta di problemi nuovi, e se ne è già discusso ampiamente durante i lavori sulla direttiva sui servizi. Purtroppo si è deciso che le soluzioni a questi problemi non sarebbero state contenute nella direttiva, ma solo negli orientamenti della Commissione relativi al distacco di lavoratori. A mio parere, questi orientamenti sono utili perché trattano dei problemi incontrati ogni giorno da migliaia di imprenditori nel distaccare i loro dipendenti.
Uno dei problemi è l’obbligo imposto dal paese ospitante di istituire una rappresentanza legale, invece di limitarsi a distaccare un lavoratore che potrebbe agire in qualità di rappresentante del datore di lavoro. Quest’imposizione presenta implicazioni di vasta portata, poiché la costituzione della rappresentanza legale rientra nel principio della libertà di stabilimento e non in quello della libertà di prestare servizi. Inoltre, comporta un notevole esborso finanziario per i datori di lavoro.
E’ un problema anche il fatto che il paese ospitante richieda di presentare una certa quantità di documenti. In pratica, gli imprenditori lamentano che le autorità del paese ospitante abusano di quest’obbligo, insistendo sulla presentazione di documenti che non sono pertinenti all’attività svolta.
Anche l’obbligo concernente la presentazione di dichiarazioni informative sul distacco di lavoratori rappresenta un problema. Alcuni paesi insistono per ricevere le informazioni molti mesi prima dell’inizio del periodo di distacco, e spesso capita che queste dichiarazioni vengano trattate alla stregua di autorizzazioni. Queste prassi sono molto onerose per i prestatori di servizi.
Infine, un aspetto importante sul quale vorrei richiamare l’attenzione e che è spesso segnalato dagli imprenditori è il controllo molto rigoroso delle imprese polacche…
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Raymond Langendries, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signor Presidente, mi permetta innanzi tutto di ringraziare l’onorevole Schroedter per l’eccellente e lungo lavoro svolto nella preparazione di questa relazione e in particolare per il suo impegno nella ricerca del più ampio consenso possibile su un testo che è importante per una serie di motivi.
Ella inoltre ha ricordato l’utile lavoro svolto da una grande maggioranza dei deputati di questo Parlamento durante la discussione e la votazione sul progetto di direttiva sui servizi. E’ stato utile perché nel votare a favore di emendamenti cruciali che garantiscono l’assoluto rispetto per le competenze e le materie coperte dalla direttiva sul distacco dei lavoratori, il Parlamento ha salvaguardato il ruolo vitale che questa direttiva deve svolgere mentre, nell’Unione dei 25, stiamo assistendo e continueremo ad assistere a un notevole aumento delle prestazioni di servizi e della mobilità dei lavoratori. Il testo inoltre tutelava – e penso che fosse l’opinione unanime dei membri della commissione per l’occupazione e gli affari sociali – i nostri poteri su materie che ci competono di diritto.
Una direttiva che sia pienamente compresa, applicata correttamente e i cui effetti siano adeguatamente controllati dovrebbe garantire il giusto equilibrio tra l’equa concorrenza e la garanzia del rispetto dei diritti dei lavoratori. Le regole fondamentali devono essere rigorose ed eque e devono garantire la trasparenza e la sicurezza per i lavoratori, in termini di prestazione di servizi e libertà di circolazione.
Per un’adeguata comprensione di una direttiva occorre un notevole sforzo in termini di spiegazioni e informazioni, nonché di semplificazione degli aspetti amministrativi. Una direttiva che venga applicata correttamente deve chiaramente garantire che siano rispettati il diritto alla libera circolazione e i principi della parità di trattamento, e deve perseguire obiettivi di armonizzazione delle condizioni di lavoro e dei sistemi sociali. Una direttiva i cui effetti siano adeguatamente controllati è uno strumento prezioso nella lotta contro i sentimenti antieuropei che possono essere alimentati dalla presenza, all’interno della popolazione, di lavoratori trattati come semplici merci, trasferiti a piacere e sfruttati nella maniera più vergognosa.
Anne Van Lancker, a nome del gruppo PSE. – (NL) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, innanzi tutto desidero ringraziare la nostra relatrice per il suo lavoro e per la sua disponibilità ad ascoltare. Posso dirvi in questa fase che il mio gruppo considera la relazione un documento equilibrato. Signor Commissario, con questa relazione il mio gruppo intende innanzitutto incoraggiarla a prendere iniziative affinché la direttiva sul distacco dei lavoratori venga rispettata. Non chiediamo una revisione della direttiva, perché la legislazione di per se stessa è piuttosto valida, ma tutti noi sappiamo che nella pratica i dipendenti che lavorano temporaneamente in altri paesi spesso sono brutalmente sfruttati e riteniamo che questo sfruttamento vada fermato.
Per questo gli ispettorati dei diversi Stati membri dovrebbero collaborare maggiormente. Chiediamo quindi alla Commissione che siano collegati in una rete ben organizzata. Anche la trasmissione di informazioni su diritti e obblighi ai lavoratori e alle imprese, signor Commissario, dovrebbe migliorare e il nostro gruppo apprezza il suo impegno per la realizzazione di un sito Internet ben documentato, la pubblicazione di moduli uniformi e lo scambio di buone prassi operative.
Vorrei anche sollevare l’argomento degli orientamenti varati dalla Commissione in risposta al tentativo riuscito di quest’Assemblea di impedire che la direttiva sui servizi erodesse la direttiva sul distacco dei lavoratori. Invito il Commissario Špidla a non creare confusione tra, da un lato, il tentativo di semplificare l’amministrazione, che ha il nostro pieno sostegno e, dall’altro, il fatto di mettere in discussione richieste che sono necessarie per il monitoraggio e il controllo; per questo motivo, signor Commissario, sosteniamo che gli Stati membri debbano mantenere il diritto a richiedere che le imprese in questione nominino dei rappresentanti, ma anche a imporre obblighi di documentazione e di registrazione. Occorre unire le forze per mettere fine alla burocrazia e allo sfruttamento.
Ona Juknevičienė, a nome del gruppo ALDE. – (LT) In certi paesi della Comunità si sta radicando uno spirito di protezionismo e nazionalismo economico che ostacola il commercio internazionale e la libera circolazione dei capitali e della manodopera. I protezionisti hanno un atteggiamento negativo non solo nei confronti della concorrenza asiatica, ma anche nei confronti di qualsiasi fonte di concorrenza straniera. E’ un atteggiamento miope. Sappiamo bene che la concorrenza è il motore del progresso economico, mentre l’esclusione porta al declino economico e sociale.
Il fatto di ostacolare l’attuazione e l’applicazione della direttiva sul distacco dei lavoratori con artificiosi vincoli burocratici è una delle manifestazioni del protezionismo.
Questa situazione non danneggia solo i nostri interessi, ma anche quelli dell’intera Comunità e viola i diritti fondamentali dei cittadini; innanzi tutto, la libertà di prestare servizi e la libertà di stabilimento. Questi diritti sono parte integrante del Trattato CE e della direttiva sul distacco dei lavoratori, ma vengono ignorati dagli Stati membri. Un simile comportamento minaccia la nostra Comunità.
Intendo votare per l’eliminazione degli ostacoli burocratici, affinché i confini nazionali non frenino lo sviluppo economico nella Comunità e le persone siano libere di scegliere dove lavorare. Inoltre, chi lavora all’estero deve avere la certezza di non essere sfruttato o soggetto a discriminazioni.
Ilda Figueiredo, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) E’ risaputo che molti lavoratori di Stati membri dell’UE, come il Portogallo, continuano a subire discriminazioni quando lavorano in altri paesi che sono anch’essi Stati membri dell’UE, ma dove gli stipendi sono più alti. In base alla direttiva sul distacco dei lavoratori, spetta esclusivamente al paese ospitante garantire la protezione e i diritti dei lavoratori distaccati. A tal fine, al paese interessato viene richiesto di adottare misure atte a impedire che le norme minime vengano eluse, dando origine a un’effettiva discriminazione che interessa tutti i lavoratori, quelli distaccati e quelli del paese ospitante.
La realtà ci ha dimostrato che questa direttiva viene ignorata per molti aspetti, nonostante gli innumerevoli reclami del Parlamento o le denunce di casi specifici, presentate in diverse occasioni. Esistono ancora esempi di non osservanza che vanno risolti e pertanto non accettiamo la proposta della Commissione di limitare, in alcune aree importanti, i requisiti minimi imposti dagli Stati membri alle imprese, che hanno fatto seguito alla proposta di direttiva sulla creazione di un mercato interno dei servizi.
Di conseguenza sosteniamo la relazione, ma dobbiamo esprimere il nostro disappunto per la pressione esercitata e le proposte presentate dal gruppo PPE-DE, dopo i tentativi di bloccare il chiarimento di importanti aspetti dell’attuazione della direttiva. Per esempio, hanno presentato numerosi emendamenti tesi a eliminare una serie di punti della relazione, e sono stati particolarmente gravi i tentativi di eliminare il punto 13 e parti dei punti 26 e 29. Per quanto ci riguarda, intendiamo difendere il lavoro della relatrice e invitiamo quest’Aula ad adottare una serie di altre proposte mirate all’applicazione della direttiva.
Konrad Szymański, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, quando si è raggiunto il debole compromesso sulla direttiva sui servizi, era evidente che lo si era ottenuto a spese dei nuovi Stati membri dell’Unione europea, il cui principale vantaggio competitivo sul mercato dell’Unione è proprio nel settore dei servizi. Con questo compromesso è suonata la campana a morto per tutte le speranze di pari opportunità nel mercato interno, come delineate nel progetto iniziale della direttiva. Gli orientamenti della Commissione europea relativi al distacco dei lavoratori sono un elemento della questione che avrebbe potuto infondere qualche speranza nei nuovi paesi. Nel presentarci la relazione di oggi, la commissione per l’occupazione e gli affari sociali intende eliminare completamente anche quella piccola opportunità non vincolante. Con questa relazione, la commissione per l’occupazione e gli affari sociali mira a preservare il totale status quo nel mercato dei servizi, benché in tale mercato dilaghino il protezionismo e un evidente sciovinismo.
Secondo la Confederazione dei sindacati europei, per esempio, questo sciovinismo offre il vantaggio di riguardare i lavoratori e di essere istituito sotto l’egida dei sindacati. Personalmente, dubito che abbia a che vedere con il bene dei lavoratori. Sostanzialmente, obblighi amministrativi e sociali rigorosi servono solo a eliminare posti di lavoro. Questo è quanto è successo nel caso Vaxholm e anche nel caso dell’azienda polacca Zojax. Entrambe le aziende sono state costrette a sospendere l’attuazione di progetti, con la conseguenza di perdite ed esuberi. Tuttavia, i sindacati svedesi erano comunque soddisfatti, perché i lavoratori in esubero erano stranieri, precisamente lettoni e polacchi. Vorrei ricordare ai sindacalisti svedesi e alla commissione per l’occupazione e gli affari sociali che questi stranieri sono cittadini e aziende che hanno pieno titolo ai propri diritti, e che nel momento dell’adesione avevano ricevuto promesse di pari diritti all’interno del mercato comune.
E’ vero che i requisiti definiti nell’articolo 3 della direttiva sono minimi, ma la commissione per l’occupazione e gli affari sociali non crede che sia ormai il momento di stabilire limiti più elevati per tali requisiti, sia quando si basano sul diritto che quando si basano su contratti collettivi? La commissione non crede che questi requisiti spesso non siano altro che cortine di fumo per nascondere un effettivo atteggiamento di protezionismo? Gli obblighi di registrarsi, di istituire una rappresentanza legale nel paese ospitante e di rendere disponibile la documentazione societaria in situ sono tutti utilizzati dalle autorità come pretesto per complicare le cose. Servono a un unico scopo, e precisamente quello di proteggere il mercato nazionale da muratori, fornai, lucidatori di legno e molte altre categorie di lavoratori che ora, giustamente, si sentono tradite. Le loro aspettative in merito ai pari diritti nel mercato dell’Unione stanno andando in frantumi di fronte alla dura realtà.
L’adozione della relazione della commissione per l’occupazione e gli affari sociali così com’è invierà un chiaro segnale agli Stati membri, e precisamente che possono prendere qualsiasi iniziativa sul mercato comune dei servizi. E significherà anche un passo indietro rispetto al delicato compromesso raggiunto sulla direttiva sui servizi. Per questo motivo vi invito a sostenere gli emendamenti presentati da alcuni deputati del gruppo PPE-DE e del gruppo UEN, perché questa relazione non merita il nostro sostegno senza questi emendamenti.
Derek Roland Clark, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, quando le persone lavorano con contratti a termine in paesi diversi dal loro, esistono ovvi vantaggi per tutte le parti interessate. Quindi sono certamente favorevole al distacco dei lavoratori, ma non in questo modo. Al punto 19 della relazione si legge che si vuole evitare una pesante burocrazia ma, su 49 punti, circa 35 includono riferimenti a leggi, norme, procedure d’infrazione, cause dinanzi alla Corte di giustizia e sanzioni.
Se dobbiamo basarci su questa proposta, non mi sorprende che il Commissario per le Imprese sia in ritardo sul programma nella sua iniziativa di semplificazione della legislazione UE! Perché ancora una volta siamo di fronte a una proposta contenente una grande quantità di norme e regolamenti, sostenuta da riferimenti così numerosi a sanzioni e procedure d’infrazione che la relatrice probabilmente non aveva più risorse per cercare di presentare una proposta semplice da attuare, equa per tutti, ma efficace.
Quando la questione è stata discussa qualche tempo fa, in seno alla commissione per l’occupazione e gli affari sociali, i deputati si sono indignati di fronte ai casi di eclatante sfruttamento di lavoratori distaccati. Sono fatti che non devono più accadere; occorre opporsi a questa deriva, ma che cosa hanno fatto gli Stati membri? Che cosa hanno fatto i sindacati? Tutto sommato, è fortemente probabile che anche i lavoratori locali fossero soggetti ad abusi. Si sono impiegati lavoratori distaccati perché i locali si rifiutavano di accettare le condizioni offerte?
La chiave si trova al punto L a pagina 5 della relazione, in cui si espongono le modalità per impedire l’elusione delle norme nazionali. Visto che le norme nazionali sono enfatizzate in questo modo, perché occorre una direttiva UE? Perché non si lascia la responsabilità agli Stati membri, visto che sono le rispettive norme a controllare la situazione? Una direttiva UE è un onere per tutte le parti interessate e provoca ritardi, mentre il nostro obiettivo è quello di incoraggiare l’occupazione. Tutto sommato non si tratta di una situazione nuova. I lavoratori distaccati non sono comparsi con l’UE. Esistevano anche prima dell’istituzione dell’UE. Mio fratello, inglese come me, era un disegnatore tecnico. Si mise in proprio, firmò un contratto con la Volkswagen e lavorò in Germania per diversi anni. Non ebbe alcun problema, ma era prima che il Regno Unito aderisse a quella che era allora la Comunità europea.
Quindi, ripeto, non c’è bisogno di questa direttiva. Gli Stati membri sono perfettamente in grado di gestire i loro affari nell’ambito della normativa vigente dell’Unione europea – insomma, il principio della sussidiarietà. Ve lo ricordate?
Milan Cabrnoch (PPE-DE). – (CS) Signor Commissario, onorevoli colleghi, desidero ringraziare tutti coloro che hanno contribuito a questa relazione. Il distacco dei lavoratori è uno dei problemi importanti che l’UE deve risolvere se vuole realizzare il suo obiettivo di completare il mercato interno con la libera circolazione delle persone e la libera prestazione di servizi su base transfrontaliera. Sono onorato di prendere la parola di fronte a centinaia di colleghi parlamentari in questo momento significativo.
La comunicazione della Commissione è intesa a liberalizzare la prestazione di servizi e il distacco di lavoratori, eliminando inutili restrizioni e protezionismi prevalenti in alcuni Stati membri. Tuttavia, la relazione dell’onorevole Schroedter segue l’impostazione contraria. La relatrice pone un accento eccessivo sulla protezione dei lavoratori e stabilisce a sua volta delle misure protezionistiche, contrarie alla libertà di distaccare all’estero i lavoratori. La situazione attuale presenta evidenti svantaggi per i lavoratori dei nuovi Stati membri. Alle imprese dei vecchi Stati membri è consentito fornire servizi ovunque nell’Unione europea, anche nel loro paese d’origine. Le imprese dei nuovi Stati membri, invece, non godono di una simile libertà di accesso, e sono soggette a limitazioni di tempo e a una serie di barriere amministrative e di misure protezionistiche che in realtà impediscono ai loro lavoratori distaccati di essere competitivi e di fornire liberamente servizi sul mercato, alle stesse condizioni dei lavoratori del paese ospitante. In quest’Aula si sono espressi ancora timori sull’idraulico polacco e su tutto ciò che simboleggia.
La relazione dell’onorevole Schroedter calpesta i valori fondamentali sui quali è stata fondata l’Unione europea, e non favorisce in alcun modo la realizzazione del nostro obiettivo comune, che è quello di completare il mercato interno. Quindi vi invito, onorevoli colleghi, a votare contro la relazione.
Jan Andersson (PSE). – (SV) Signor Presidente, signor Commissario, innanzi tutto desidero ringraziare la relatrice per il suo lavoro molto costruttivo.
Com’è già stato ricordato più volte, si tratta di una direttiva importante, non solo per la libera circolazione ma anche per la protezione dei lavoratori. Ma si rilevano numerose carenze – e lo sappiamo dai sondaggi – in fatto di informazione, collaborazione tra Stati membri e capacità di effettuare controlli.
Consentitemi di dichiarare che noi non siamo a favore del protezionismo, ma dell’apertura delle frontiere. Siamo a favore della concorrenza su basi paritarie tra le imprese, ma siamo anche a favore della parità di trattamento dei lavoratori. Questo è ciò che ci interessa in questo momento: la parità di trattamento. Alcuni dei deputati che hanno fatto riferimento al caso Vaxholm sono già usciti dall’Aula. Quel caso specifico riguardava il diritto dei lavoratori lettoni di non essere trattati peggio dei colleghi svedesi. Dovevano godere esattamente dello stesso trattamento, non di un trattamento peggiore, ma esattamente dello stesso.
Un aspetto su cui siamo in disaccordo con la Commissione è l’importanza di disporre di un rappresentante legale. Secondo voi, sarebbe sufficiente avere un collegamento con qualcuno nell’altro paese, con il quale negoziare. Ma creerebbe un’incredibile mole di burocrazia e difficoltà enormi. Un rappresentante dev’essere in grado di fungere da canale di comunicazione nei paesi interessati dai negoziati, quindi sarebbe necessario disporre di qualcuno con un mandato negoziale, che sia anche in grado di comunicare, per esempio, con le autorità competenti per la salute e la sicurezza sul lavoro. Sarebbe assolutamente impossibile fare altrimenti. Non esistono casi di giurisprudenza che contraddicano quello che sto dicendo. Il caso Arblade riguardava un altro aspetto, ossia la documentazione da conservare per cinque anni ai sensi delle leggi belghe, e pertanto è irrilevante ai fini di quanto afferma la Commissione.
Mi auguro comunque che riusciremo ad applicare con successo nella nostra società questa direttiva sul distacco dei lavoratori. Ma in tal caso dovrà comprendere le parti a cui ho fatto riferimento.
Marian Harkin (ALDE). – (EN) Signor Presidente, desidero congratularmi con la relatrice per il suo lavoro. Visto che il tempo è limitato, mi concentrerò solo sull’esperienza irlandese, che tuttavia è certamente pertinente in questo dibattito.
Il Commissario Špidla ha affermato che l’Irlanda non ha adottato specifiche misure di recepimento e non si sta conformando ai criteri stabiliti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Quindi, a parte tutte le altre difficoltà evidenziate dalla relatrice – e mi manca il tempo di elencarle – pare che in Irlanda non esista la necessaria certezza giuridica per applicare questa direttiva nella sua totalità.
Eventi recenti in Irlanda hanno dimostrato quanto abbiamo bisogno di una piena attuazione della direttiva: il caso della GAMA, un’impresa edile turca, che ha truffato alcuni dei suoi lavoratori stranieri; lo scandalo della Irish Ferries, che ha sostituito i lavoratori locali con lavoratori stranieri a stipendio dimezzato e condizioni di lavoro meno favorevoli (potrei aggiungere che questo è uno dei motivi per cui sostengo una direttiva sui traghetti); e oggi in Irlanda, nel settore della coltivazione e della lavorazione dei funghi, si permette ad alcune aziende di pagare ai lavoratori stranieri la metà del salario minimo.
In conclusione, non sono solo i lavoratori distaccati a soffrire: sono tutti i lavoratori, compresi gli irlandesi, che pagheranno il prezzo fino in fondo, perché si lavorerà al di sotto dei salari minimi e la diffidenza sostituirà la solidarietà tra i lavoratori. Il Commissario ha detto poc’anzi che è difficile proteggere i lavoratori garantendo la libera circolazione dei servizi; ma, per quanto sia difficile, bisogna farlo.
Gabriele Zimmer (GUE/NGL). – (DE) Signor Presidente, anch’io vorrei innanzi tutto esprimere il mio apprezzamento per il lavoro della relatrice. La direttiva sul distacco dei lavoratori in passato è stata causa di continue controversie ed è rimasta tale anche oggi. Il paese da cui provengo non è stato il solo a non voler estendere la portata della direttiva a tutto il complesso dell’economia; in Germania essa si applica ancora esclusivamente nel settore edile e nelle professioni affini.
Vorrei indirizzare la discussione verso tre aspetti della relazione. Il primo riguarda l’enfasi posta dalla relatrice sull’esigenza di rafforzare le parti sociali se non si vogliono minare le norme definite negli accordi salariali. Tuttavia, questo non sta a significare che gli accordi raggiunti tra gli Stati membri e le due parti dell’industria garantiscano effettivamente salari di sussistenza. Occorre verificare in che misura le norme minime effettivamente rispondano all’esigenza di un “lavoro decente” nei singoli Stati membri.
L’onorevole Schroedter, non senza motivo, rileva inoltre che è difficile distinguere tra lavoratori dipendenti e autonomi ma, per quanto sia necessario definirli e chiarire lo status di coloro che sono definiti “presunti lavoratori autonomi”, non dobbiamo comunque dimenticare che stiamo parlando di persone che sono per lo più ai margini della società e guadagnano meno di chiunque altro, alle quali occorre conferire uno status che garantisca dei diritti, ivi compreso il diritto a un salario equo che consenta una vita dignitosa.
Il ricorso alle direttive pertinenti per l’attuazione della libera prestazione dei servizi viene sempre giustificato – tra l’altro – con l’argomento che alla fine anche il consumatore deve trarne un vantaggio. Di primo acchito, la direttiva sul distacco dei lavoratori sembrerebbe avere poco a che fare con la protezione dei consumatori, ma sono sicura che i collegamenti appariranno chiari guardando da una prospettiva più ampia, perché il consumatore non è più interessato solo alla qualità dei beni; è per questo che oggi i consumatori vengono tutelati nei confronti di merci d’importazione prodotte ricorrendo al lavoro minorile.
Lo scambio di beni e servizi presenta anche una dimensione sociale e coloro che vi contribuiscono devono avere diritto a norme minime che garantiscano condizioni di lavoro adeguate e la tutela dei loro mezzi di sussistenza.
Thomas Mann (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, in febbraio quest’Assemblea, insieme al Consiglio e alla Commissione, è giunta a un compromesso sulla direttiva sui servizi, con l’eliminazione degli articoli 24 e 25 motivata dal fatto che prevedevano solo una verifica superficiale delle imprese distaccanti e dei rispettivi lavoratori. Così facendo, abbiamo potuto garantire una lotta più efficace contro il lavoro illegale, ma anche contro il dumping dei salari.
Negli ultimi mesi la Commissione ha subito alcune sconfitte e ora sta cercando di utilizzare la direttiva sul distacco dei lavoratori per far rientrare dalla finestra le posizioni respinte, in certi casi andando al di là di quanto ha stabilito la Corte di giustizia, con la pubblicazione di orientamenti sui quali non possiamo fare altro che esprimere un’opinione. E’ disonesto, ed equivale a derubare dei loro poteri i rappresentanti dei cittadini. E’ indubbio che la Corte di giustizia nelle sue sentenze farà riferimento agli orientamenti, che diverranno così legalmente vincolanti.
Il governo federale tedesco, i nostri partiti politici, le parti sociali, le associazioni delle imprese e dei lavoratori non tollereranno le limitazioni previste alla nostra legislazione sul distacco dei lavoratori, e altri paesi europei nutrono timori analoghi. In Polonia, per esempio, nei cantieri edili non lavorano quasi più i polacchi, sostituiti da masse di lavoratori provenienti da paesi non appartenenti all’Unione europea. Per quanto sia necessario consentire la mobilità all’interno del mercato europeo, è soprattutto necessario che prevalgano la giustizia e l’equità, rese possibili da controlli efficaci.
Ciascun paese ospitante deve avere il diritto di richiedere documenti e verificare le condizioni di impiego – aspetti quali reddito, orario lavorativo, periodi di riposo, sicurezza e tutela della salute. Chi afferma che occorrerebbero meno moduli e documenti e che la burocrazia va evitata, in realtà non vuole che vengano effettuati controlli, per consentire l’illegalità; dev’essere possibile anche inviare notifiche a chi infrange la legge, per cui le imprese che distaccano i lavoratori devono essere rappresentate da persone pienamente autorizzate ai sensi delle leggi del paese ospitante.
Accolgo con favore la relazione dell’onorevole Schroedter, che ha ripreso le mie proposte di emendamento nei compromessi. Tuttavia, non sono d’accordo su un punto, per quanto concerne la definizione di “lavoratori” che viene adeguata in modo tale da far rientrare i lavoratori autonomi economicamente dipendenti nella categoria dei falsi lavoratori autonomi. Mi auguro che domani questa posizione ottenga il sostegno della maggioranza.
Ieke van den Burg (PSE). – (NL) Signor Presidente, a nome del gruppo socialista al Parlamento europeo, ho discusso questo dossier con l’onorevole Handzlik nella commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori – la collega purtroppo non partecipa più attivamente al dibattito. Vorrei sottolineare che abbiamo analizzato a fondo i problemi affrontati dai nuovi Stati membri, citati da lei e da molti colleghi del gruppo, e ovviamente riconosciamo la necessità di rimuovere barriere burocratiche inutili alla libera circolazione dei servizi e dei lavoratori. Tuttavia, dispongo anche di una sufficiente esperienza in merito a quanto sta accadendo nel mercato del lavoro – legalmente, illegalmente o in modo parzialmente legale – per sapere che le persone vengono effettivamente sfruttate e che si ricorre al distacco dei lavoratori oltre confine per eludere le regole.
Per questo motivo vorrei riaffermare che non dobbiamo gettare il bambino con l’acqua sporca, bensì cercare di trovare un equilibrio efficace; vorrei insistere nuovamente con l’onorevole Clark, che a quanto pare è ignaro di come funzionano queste regole, che esiste qualcosa come il principio di sussidiarietà, che nel diritto del lavoro si applicano le regole del paese ospite, che gli Stati membri dispongono di completa autonomia in materia e che questa direttiva sul distacco dei lavoratori è intesa esclusivamente come eccezione alla regola, al fine di coprire le situazioni nelle quali i dipendenti vengono distaccati oltre confine e possono lavorare temporaneamente alle proprie condizioni, purché sussistano un certo numero di disposizioni minime di tutela.
E’ proprio a causa delle procedure di controllo e per la loro complessità che occorrono delle regole per creare un margine di manovra per il monitoraggio e migliori possibilità di collaborazione tra gli ispettorati del lavoro, e questo significa che occorre un equilibrio. Anche nel quadro della direttiva sui servizi, vorrei sottolineare nuovamente che non esiste una gerarchia di norme per questa legislazione sul lavoro, che gli Stati membri sono autonomi a questo proposito e che non prevalgono le regole per la libera circolazione dei servizi.
Jacek Protasiewicz (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, la possibilità di distaccare i lavoratori è intrinsecamente collegata alle libertà fondamentali dell’Unione europea. Le più importanti sono la libera circolazione di persone, servizi e capitali. La direttiva sul distacco dei lavoratori è dunque una conseguenza logica del funzionamento del mercato interno dell’Unione europea. E’ indubbio che lo stato dell’economia dell’Unione viene valutato in base alla situazione delle sue imprese, in particolare le piccole e medie. La direttiva del 1996 era intesa innanzi tutto per le PMI e mirava a semplificare i principi che consentono loro di competere e di svolgere la loro attività economica al di fuori del paese di origine. La concorrenza interna è essenziale se l’Unione intende affrontare con successo la concorrenza a livello mondiale, dove si confronta con la concorrenza delle economie di Stati Uniti, Cina e Giappone.
Desidero ringraziare l’onorevole Schroedter per avere avuto il coraggio di affrontare una questione così importante per il futuro dell’Europa. Ho studiato attentamente la sua relazione e, purtroppo, mi trovo costretto ad affermare che temo che il documento non sia in linea con la mia visione della libera prestazione dei servizi sul mercato interno, che mi è tanto cara. Leggendo il progetto di relazione dell’onorevole Schroedter mi è venuto il sospetto che il suo obiettivo sia de facto quello di rendere difficile il distacco dei lavoratori per lo svolgimento di un incarico specifico, e quindi di sancire le pratiche protezionistiche adottate dai governi degli Stati membri per proteggersi dagli effetti della concorrenza. Vorrei chiarire che mi sto riferendo agli effetti positivi della concorrenza. Nel contempo, appoggio gli sforzi della Commissione europea e l’impegno personale del Commissario, tesi a garantire una migliore attuazione della direttiva nella pratica. Mi auguro che non vi siano motivi di modificarla, né di sostituirla con una nuova legge. Confido che il Commissario Špidla sia dello stesso parere.
Proinsias De Rossa (PSE). – (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare l’onorevole Schroedter per la sua ottima relazione.
Occorre una direttiva efficace per proteggere i lavoratori distaccati temporaneamente in uno Stato dell’Unione europea. E’ essenziale per impedire una corsa al ribasso. Tuttavia, abbiamo una direttiva piena di buchi neri sul piano legale e che non viene affatto applicata in alcuni Stati.
Nonostante i migliori sforzi del Commissario Špidla, non credo che gli orientamenti risolveranno queste mancanze. Molti dei nostri Stati oppongono resistenza alle necessarie modifiche legislative. Le conseguenze sono scandali del genere citato poc’anzi, come il disastro di Irish Ferries. Gli equipaggi delle navi sono esclusi dalla direttiva sul distacco dei lavoratori, ma il governo irlandese si oppone anche all’attuazione di una direttiva sui traghetti, che proteggerebbe quei lavoratori.
Occorre urgentemente un quadro giuridico che impedisca con efficacia la corsa al ribasso, la concorrenza sleale e, certamente, lo spettro della xenofobia. Occorre chiarezza e certezza in merito alle definizioni dei lavoratori e all’eliminazione del falso lavoro autonomo. Occorre il diritto di applicare norme minime più elevate e definite chiaramente, un numero sufficiente di ispettori per garantirne il rispetto e sanzioni applicabili per la mancata osservanza della legislazione UE. Inoltre, a mio parere occorre la protezione per i cosiddetti whistleblower, ossia coloro che denunciano gli abusi che si verificano nel regime esistente.
Vorrei ricordare a chi intende criticare la commissione per l’occupazione e gli affari sociali e la mia persona su questo argomento, che io rappresento uno Stato che ha aperto i suoi confini a tutti e dieci i nuovi Stati membri, completamente e volontariamente. Ora siamo stati costretti a chiudere i confini a Bulgaria e Romania a causa dell’abuso di lavoratori migranti e dei conseguenti effetti sui lavoratori irlandesi. Non è un problema di facile soluzione e certamente non è un tentativo di creare protezionismo nei 15 “vecchi” Stati membri.
José Albino Silva Peneda (PPE-DE). – (PT) Signor Presidente, signor Commissario, la natura dinamica del mercato interno ha offerto una maggiore mobilità ai lavoratori e ha aiutato le imprese europee a sviluppare le loro attività al di là dei confini nazionali.
La possibilità per le imprese di distaccare alcuni lavoratori in altri Stati membri dell’UE per svolgere un’attività temporanea ha contribuito ulteriormente a questa crescente mobilità. Tuttavia, l’esperienza fatta finora lascia molto a desiderare. Nel caso del Portogallo, il distacco di lavoratori non è stato positivo, soprattutto nel settore edile. Sono venuti alla luce molti casi di lavoratori portoghesi sfruttati in Spagna, Francia, Regno Unito e Paesi Bassi. Questo è potuto succedere perchè c’è un enorme abisso tra la direttiva del 1999, che trova un compromesso tra la libera prestazione di servizi e la garanzia dei diritti dei lavoratori distaccati, e l’attuazione pratica di tale direttiva.
Oltre al fatto che gli Stati membri hanno fornito diverse interpretazioni della direttiva, si sono evidenziate differenze anche nella sua attuazione pratica, che hanno portato a un aumento delle barriere e della burocrazia e a un rallentamento del processo. E’ chiaro che non esiste un monitoraggio dell’attuazione di questa direttiva. Il subappalto è un terribile esempio di situazioni molto comuni che tuttavia non sono coperte dalla direttiva. Questo ha determinato un inaccettabile annacquamento delle responsabilità che sempre – e ripeto, sempre – va a discapito dei lavoratori distaccati.
Appoggio la relazione dell’onorevole Schroedter perché ritengo che spetti allo Stato membro ospitante, in stretta collaborazione con le autorità del paese di origine, garantire che le condizioni di lavoro definite nella direttiva siano rigorosamente rispettate, al fine di aumentare l’efficacia del monitoraggio e di combattere le pratiche illegali.
Occorrono quindi una maggiore trasparenza e maggiori informazioni sui diritti e sugli obblighi da rispettare quando le imprese ricorrono al distacco dei lavoratori. Inoltre, sono a favore della relazione dell’onorevole Schroedter perché è ormai necessario adottare alcuni correttivi per garantire che la direttiva venga sostenuta, monitorata e attuata meglio e più sistematicamente.
Françoise Castex (PSE). – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, dobbiamo prendere atto della reale esistenza di un mercato del lavoro europeo, soprattutto nel settore dei servizi, che più di ogni altro implica il distacco di lavoratori. Siamo a favore di questa evoluzione, ma non a qualsiasi condizione e non a costo di incoraggiare il dumping sociale. Il lavoro umano non è una merce e non può essere assoggettato alle regole della libera concorrenza. Abbiamo espresso questa preoccupazione durante la discussione sulla direttiva “Servizi” e – com’è stato ricordato – il Parlamento ha respinto gli articoli 24 e 25 della direttiva, che prevedevano appunto agevolazioni per il distacco dei lavoratori. E’ inaccettabile che la Commissione rimetta in causa questa posizione e ignori le critiche espresse dal Parlamento.
La direttiva sul distacco dei lavoratori viene scarsamente applicata negli Stati membri e non soddisfa i suoi obiettivi. Se è così, la conseguenza dovrebbe essere il rilassamento della legislazione o, al contrario, bisognerebbe impegnarsi per incoraggiare gli Stati membri ad applicarla? Non credo che gli obblighi di fornire dichiarazioni, di eseguire controlli efficaci e di conservare la documentazione comportino un inutile eccesso di burocrazia quando è in gioco la protezione dei diritti sociali dei lavoratori, distaccati o locali. Un atteggiamento lassista sulla questione avvantaggia solo gli impostori. Inoltre, maggiori limitazioni e la minaccia reale di sanzioni finanziarie dovrebbero fungere da deterrente.
Per questo sostengo la relazione e invito con urgenza la Commissione e gli Stati membri a superare le difficoltà nell’attuazione della direttiva, che non intendiamo modificare a questo stadio.
Csaba Őry (PPE-DE). – (HU) Diversi oratori hanno rilevato che la direttiva sul distacco dei lavoratori e la direttiva sui servizi sono strettamente interconnesse. Quindi mi dispiace che non le tratteremo insieme in novembre, anche se sarebbe stato logico e sensato.
Quanto al nostro punto di vista, esiste un’importante differenza filosofica rispetto all’approccio espresso dai deputati socialisti e del gruppo Verts/ALE. Noi puntiamo l’attenzione sul rafforzamento e sull’accelerazione dell’economia, perché senza un’accelerazione dello sviluppo non è possibile creare nuovi posti di lavoro e garantire il finanziamento a lungo termine dei principali sistemi di assistenza sociale, né salvaguardare i valori sociali europei. Sarà impossibile progredire nel tentativo di equilibrare lavoro e vita familiare, o nel miglioramento della competitività di piccole e medie imprese. Di conseguenza, non avremo risorse adeguate per gestire a livello europeo la massiccia contrazione provocata dalla delocalizzazione delle aziende.
Quindi, la domanda è se vogliamo ostacolare o rafforzare le prestazioni dell’economia. Nel corso della discussione sulla direttiva sul distacco dei lavoratori, mi è sembrato che vogliamo ostacolarle, cosa che non è un buon segno per il futuro. Per citare solo il problema più evidente, l’obbligo relativo alla costituzione di una rappresentanza contrasta completamente con la libera prestazione dei servizi. In pratica, rappresenta un grave svantaggio competitivo. Imporrebbe di istituire una struttura locale, che è costosa, inutile e poco pratica. Per questo motivo vorrei richiamare la vostra attenzione sul fatto che consideriamo cruciale l’emendamento n. 7. Se non sarà approvato non sosterremo l’adozione della direttiva. Vi prego di tenerne conto nel momento della votazione.
Harald Ettl (PSE). – (DE) Signor Presidente, vorrei che la direttiva sul distacco dei lavoratori non fosse più necessaria e sono certo che il Commissario la pensa in modo analogo. Né sono sicuro che questa legge possa effettivamente proteggere in modo adeguato i lavoratori dallo sfruttamento, ma non abbiamo altri strumenti a disposizione – o comunque nessuno che sia adeguato – per prevenire i problemi sul mercato del lavoro europeo.
E’ chiaro che le componenti principali della direttiva sul distacco dei lavoratori funzionano solo in misura limitata – e non parlo solo dell’imposizione transfrontaliera di sanzioni amministrative, ma anche della cooperazione tra le autorità. Inoltre, il fatto di non tenere conto dei bonus in quanto componente spesso essenziale della retribuzione contribuisce al dumping dei salari.
Indubbiamente, il requisito minimo per il funzionamento della direttiva sul distacco dei lavoratori sarà la presenza di un soggetto che agisca in qualità di rappresentante dell’impresa che distacca il lavoratore e garantisca l’applicazione della direttiva.
Vladimír Špidla, Membro della Commissione. – (CS) Onorevoli deputati, sarò molto breve perché la mezzanotte è già passata da cinque minuti e penso che dobbiamo attenerci rigorosamente a normative quali la direttiva sull’orario di lavoro e altre, in vigore nell’Unione europea.
Molto brevemente, dunque. Una questione cruciale, sollevata due volte nella discussione, è il fatto che nella sua comunicazione la Commissione abbia cercato di reintrodurre gli articoli 24 e 25, che erano stati eliminati dalla direttiva sui servizi. Vorrei chiarire che si tratta di un’idea sbagliata, perché gli articoli 24 e 25 si basano sul principio del paese di origine, ossia il principio che il paese di origine è responsabile delle ispezioni. Questo non compare nella comunicazione, che è basata essenzialmente sull’attuale situazione giuridica, secondo la quale la responsabilità dell’ispezione spetta ai paesi nei quali i lavoratori vengono distaccati, ossia i paesi ospitanti.
Vorrei dire inoltre che nella discussione ho notato che siamo d’accordo sull’idea che la direttiva è in grado di funzionare in qualsiasi momento, ma che è fondamentale accelerare gli sforzi per garantirne l’applicazione coerente. Il problema principale attualmente è il fatto che viene applicata in modo incoerente, soprattutto nella cooperazione transfrontaliera tra singoli Stati membri. Nella sua comunicazione, la Commissione propone alcune misure per affrontare la questione – e ritengo che sia nostro compito farlo nel modo più incisivo e rapido possibile. Non voglio esprimere opinioni sui singoli casi che sono stati citati per criticare la direttiva o la Commissione, non perché sia impossibile, ma piuttosto perché rispetto l’orario di lavoro degli interpreti.
Concludo con una osservazione generale. Nella sua comunicazione, la Commissione ha interpretato innanzi tutto la giurisprudenza della Corte di Lussemburgo, e l’ha fatto correttamente. Poi, nel rispetto dei suoi obblighi di custode dei Trattati, ha formulato una posizione su una serie di questioni. Terzo, ha proposto e continua a proporre misure da prendere per migliorare l’attuazione della direttiva.
A questo punto vorrei fare un’ultima osservazione. E’ un principio basilare di regolare procedura ai sensi dello Stato di diritto che una legge – in questo caso la direttiva – si possa utilizzare esclusivamente allo scopo per il quale è stata formulata. Lo scopo di questa direttiva è quello di proteggere i lavoratori distaccati, non di limitare la libera prestazione dei servizi. Di conseguenza, in base a questo principio generale e dal punto di vista della proporzionalità, la comunicazione non limita la capacità degli Stati membri di effettuare le ispezioni; né limita la loro capacità di svolgere i propri compiti. Si applica naturalmente la norma fondamentale della proporzionalità, per cui gli obblighi imposti devono essere adeguati all’obiettivo, e i casi devono essere trattati singolarmente, come in effetti indica la comunicazione.
Onorevoli deputati, desidero ringraziarvi per l’attenzione dedicata dal Parlamento alla questione. Sono convinto che si tratti di una delle direttive più importanti sul mercato del lavoro dell’Unione europea. E’ nostro compito interpretarla correttamente e con accuratezza e metterla in pratica nel modo più rapido ed efficace possibile. Vorrei ringraziare l’onorevole Schroedter per la sua relazione, che indubbiamente segna un passo avanti nel processo che ho citato poc’anzi, vale a dire la piena attuazione della direttiva in modo tale che possa rispondere al suo obiettivo. Onorevoli deputati, vi ringrazio molto.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà giovedì, alle 11.30.
Dichiarazione scritta (articolo 142)
John Attard-Montalto (PSE). – (EN) Questa sera discutiamo sulla relazione concernente l’applicazione di una direttiva sul distacco dei lavoratori; come sappiamo, la direttiva sul distacco dei lavoratori si riferisce innanzi tutto alla garanzia della libera circolazione delle persone e dei servizi e in secondo luogo alla necessità che i lavoratori distaccati godano di termini e condizioni vigenti nello Stato membro ospitante in materia di tariffe salariali minime, condizioni di lavoro, salute e sicurezza.
Il problema principale della direttiva è la sua applicazione. Uno dei principali ostacoli è l’esigenza di adeguare la definizione di “lavoratore dipendente” in modo da operare una distinzione chiara con lo status di “lavoratore autonomo” ai fini della legislazione nazionale sul lavoro. Un’altra difficoltà è data dal fatto che la direttiva non è stata recepita da tutti gli Stati membri, né è applicata nella pratica da un certo numero di Stati membri. E’ anche evidente che questi lavoratori non conoscono neppure i loro diritti e pertanto l’obiettivo della direttiva non viene raggiunto. Mi è capitato di incontrare numerosi maltesi che lavorano in altri Stati membri e che non hanno idea dei diritti loro spettanti ai sensi della direttiva. Se vogliamo che la direttiva abbia un significato, non dobbiamo essere ambigui.