– Progetto di bilancio generale dell’Unione europea – Esercizio 2007
Gerard Batten, Nigel Farage, Jeffrey Titford e Thomas Wise (IND/DEM), per iscritto. – (EN) Lo United Kingdom Independence Party ha votato a favore di tutte le riduzioni o cancellazioni di pagamenti, soprattutto quelli relativi a sussidi e propaganda, richiamandosi al principio per cui quei fondi non si sarebbero dovuti utilizzare a tale scopo.
Per quanto riguarda Euronews, si tratta di spudorata propaganda; a nostro avviso i media dovrebbero mantenere la propria indipendenza.
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. – (EN) Ogni anno nell’Unione europea il fumo uccide mezzo milione di persone. Il fumo è la causa principale di malattie e patologie che sarebbe possibile evitare. E’ perciò deprimente constatare che gli emendamenti nn. 376, 489 e 529 sono stati respinti (con 232 voti favorevoli e 333 contrari). Dobbiamo porre fine alle sovvenzioni al settore della coltivazione del tabacco nell’Unione europea.
Marian Harkin (ALDE). – (EN) Mi sono astenuta sulla votazione in merito all’emendamento n. 3 perché non ero certa dell’intento dello studio proposto dal paragrafo 23, ma sostengo comunque senza riserve il paragrafo 23.
Jan Andersson, Anna Hedh e Inger Segelström (PSE), per iscritto. – (SV) Vogliamo che il bilancio contribuisca a un sostenibile sviluppo sociale, economico e ambientale dell’Unione europea, conformemente alla strategia di Lisbona. Abbiamo quindi deciso di votare a favore di quegli emendamenti che danno la priorità alla ricerca, allo sviluppo, all’istruzione e alla formazione. Non intendiamo tuttavia sostenere gli emendamenti che garantiscono ulteriori finanziamenti agli aiuti diretti all’agricoltura e alle sovvenzioni alle esportazioni di prodotti agricoli, giacché tali aiuti sono già eccessivi e sono la causa di un’agricoltura inefficiente che danneggia l’ambiente e che, con il dumping delle eccedenze, contribuisce ad aggravare il divario tra i ricchi e i poveri del mondo.
Né intendiamo finanziare le sovvenzioni alla coltivazione del tabacco, che contribuisce direttamente a problemi di salute pubblica. Riteniamo opportuno tagliare rapidamente questi aiuti, e abolirli del tutto quanto prima. Il denaro così risparmiato potrebbe essere utilizzato, per esempio, per finanziare misure volte a ridurre l’uso del tabacco e la relativa dipendenza.
Brigitte Douay (PSE), per iscritto. – (FR) Giovedì 26 ottobre il Parlamento europeo ha adottato in prima lettura il bilancio 2007 dell’Unione europea. Esso ammonta a 120 miliardi di euro, ed è il primo esercizio delle nuove prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013, che sono state adottate nel maggio scorso e che i socialisti francesi non hanno approvato ritenendo che esse non permettano di raccogliere le grandi sfide del futuro.
In tale contesto, il bilancio 2007 risulta assai modesto, giacché corrisponde all’1,04 per cento del reddito nazionale lordo dell’Unione europea.
I numerosi limiti che sono stati imposti sia sul piano interno che su quello internazionale, e che pesano sull’Unione europea, hanno spinto il Parlamento a individuare quelle priorità che offrirebbero ai cittadini una migliore percezione del valore aggiunto derivante dall’appartenenza all’Unione.
Il gruppo PSE ha quindi deciso di votare a favore del bilancio 2007, dopo aver ottenuto soddisfazione per le priorità che aveva posto in relazione alle strategie di Lisbona e di Göteborg; mi riferisco in particolare all’istruzione, alla formazione, alla ricerca e allo sviluppo sostenibile. Il rinnovamento della politica di comunicazione e l’istituzione di nuovi progetti pilota sono fattori ugualmente positivi per il futuro dell’Unione europea.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato contro l’emendamento n. 811 concernente i programmi di sviluppo rurale della commissione per i bilanci e contro l’emendamento n. 3 al paragrafo 23 perché limitano il finanziamento allo sviluppo rurale e impediscono l’applicazione della modulazione volontaria secondo i termini proposti dalla Commissione.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Con questo bilancio, ancora una volta, non siamo riusciti a reperire le risorse finanziarie necessarie a rispettare i nostri impegni, soprattutto per quanto riguarda la nostra politica estera e di sicurezza comune, ancora in nuce, e la nostra politica per lo sviluppo. La capacità dell’Unione europea di svolgere un ruolo globale è inficiata dai “contabili” di Londra, che si assumono così una grave responsabilità.
Su due punti in particolare voterò contro l’emendamento presentato dai cattolici polacchi ultranazionalisti e fondamentalisti che invita a opporsi agli aborti forzati o “coercitivi”. Ovviamente sono contrario a quest’idea, ma l’Unione europea non sostiene un simile programma; assistiamo piuttosto al tentativo di introdurre la bigotta mentalità cristiano-evangelica statunitense nella politica di sviluppo dell’Unione europea, tentativo a cui dobbiamo opporci proprio per questa ragione.
In secondo luogo chiedo un adeguato controllo della spesa e l’ottimizzazione delle risorse, pur rendendomi conto che alcuni avanzano queste richieste come un modo per vincolare il personale della Commissione con normative eccessivamente burocratiche che ne ostacolano il lavoro, invece di facilitarlo.
Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La Lista di giugno ritiene che il bilancio dell’Unione europea debba essere limitato all’1 per cento del RNL medio degli Stati membri. Ho quindi deciso di votare contro tutti gli aumenti proposti dal Parlamento europeo, e contemporaneamente la Lista di giugno ha accolto i pochi risparmi proposti sotto forma di emendamenti dalla commissione per i bilanci o da singoli deputati.
Vi sono alcune linee di bilancio inopportune, e la Lista di giugno contesta in particolare i cospicui aiuti destinati alla politica agricola dell’Unione europea, al Fondo di coesione e all’industria della pesca, nonché le linee di bilancio nell’ambito delle quali saranno finanziate varie forme di campagne d’informazione.
La Lista di giugno ritiene inoltre necessario agire in merito ai costanti spostamenti dei deputati del Parlamento europeo tra Strasburgo e Bruxelles, e chiudere sia il Comitato economico e sociale che il Comitato delle regioni.
Nel corso di questa settimana (iniziata il 23 ottobre 2006), la Corte dei conti dell’Unione europea, per la tredicesima volta consecutiva, si è dichiarata in grado di garantire che soltanto una piccola parte del bilancio dell’Unione sia stata usata correttamente o per gli scopi voluti.
Come possiamo permettere che questa follia continui, anno dopo anno, riuscendo a garantire che soltanto una piccola parte delle risorse stanziate venga usata per gli scopi previsti?
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Riaffermando la nostra critica agli aspetti principali della strategia negoziale e delle priorità definite dal Parlamento europeo per il bilancio comunitario 2007, ci sembra importante mettere in risalto l’approvazione di alcune nostre proposte, che hanno i seguenti obiettivi:
– l’incremento della dotazione finanziaria prevista per la convergenza del Fondo sociale europeo;
– la promozione della cooperazione e dell’associazionismo tra microimprese, piccole e medie imprese;
– la protezione e la tutela delle foreste, mediante misure e azioni specifiche di vigilanza e prevenzione degli incendi forestali;
– la promozione, la conservazione e la protezione del patrimonio culturale, come l’itinerario cistercense e i luoghi classificati come patrimonio mondiale dall’UNESCO;
– la promozione della cooperazione tra organizzazioni agricole e altri operatori del mondo rurale, al fine di rivitalizzare la realtà delle compagne, così come quella delle aziende agricole a conduzione familiare o delle piccole e medie imprese rurali, nonché quella dei giovani agricoltori;
– la realizzazione di studi o relazioni sui seguenti temi: il lavoro dei minori nell’Unione europea; delocalizzazioni e impiego; moneta unica, prezzi dei beni essenziali e imposte e commissioni bancarie; impatto delle nuove tecnologie sugli ambienti di lavoro e sulle patologie professionali;
– l’informazione e l’offerta di chiarimenti in merito ai diritti dei lavoratori stagionali che esercitano la propria attività fuori dal paese d’origine.
Jens Holm, Kartika Tamara Liotard, Erik Meijer e Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Ci opponiamo alla continua espansione del bilancio dell’Unione europea, che già oggi è troppo ampio e caratterizzato da cospicui stanziamenti a favore di politiche sbagliate. Sembra che vi sia un’interazione tra i nuovi obiettivi dell’Unione e le richieste di finanziamento attraverso l’Unione stessa. Questo implica nuove richieste di pagamenti da parte degli Stati membri, ma anche il trasferimento di nuovi fondi a un sistema che si è dimostrato burocratico, inefficiente e complicato. Esistono tuttavia numerose iniziative da noi condivise che vengono finanziate dal bilancio, e sosteniamo quindi ragionevoli modifiche dei mezzi attualmente disponibili. Ma la nostra opposizione a un bilancio che registra aumenti costanti è ferma e risoluta, e abbiamo perciò deciso di votare contro la relazione nel corso della votazione finale.
Marie-Noëlle Lienemann (PSE), per iscritto. – (FR) Questa votazione si colloca in un quadro di bilancio pluriennale inaccettabile. L’esame dettagliato delle linee di bilancio mostra la palese insufficienza degli stanziamenti in numerosi settori come la ricerca, l’innovazione, i grandi progetti tecnologici come GALILEO o le grandi reti transeuropee. Questo bilancio non promuoverà il rilancio della crescita in Europa.
Gli aiuti europei destinati ai paesi del sud, all’Africa e al Maghreb, sono lontani anni luce da una politica di sviluppo che invece sarebbe urgentemente necessaria per far fronte agli squilibri migratori e all’estrema povertà.
Dobbiamo istituire con urgenza un’imposta europea che garantisca un alto livello di risorse proprie per un bilancio europeo che finalmente sia all’altezza dei nostri obiettivi.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ancora una volta ci apprestiamo ad approvare un bilancio che non rispetta gli impegni assunti dalle Istituzioni dell’Unione europea. Questo vale soprattutto per la politica estera e di sicurezza e la politica di sviluppo. Di conseguenza si diffonderà in tutto il mondo l’impressione che l’Unione europea abbia grandi difficoltà quando deve dimostrare, con i fatti, di credere alle proprie dichiarazioni.
Detto questo, apprezzo l’attenzione che questo bilancio rivolge alla necessità di effettuare controlli adeguati e di ottimizzare le risorse.
Astrid Lulling (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, purtroppo i paragrafi 18 e 44 della relazione Grech non sono stati sottoposti a una votazione per parti separate; se così fosse stato, avrei votato contro. Alcuni membri della commissione per i bilanci continuano una battaglia di retroguardia contro la decisione dei capi di Stato e di governo sulle tre sedi di lavoro del nostro Parlamento. E’ vero: queste tre sedi generano costi. Pur tuttavia, mi sembra per lo meno inopportuno annoverare queste spese tra le spese “superflue”. Questo decentramento ha anche effetti molto positivi per i deputati e per l’Istituzione stessa. D’altronde, rimettere in discussione la necessità della presenza dei funzionari a Strasburgo nel corso delle sedute plenarie è un vero affronto all’amministrazione, che notoriamente sceglie con accortezza i funzionari inviati in missione.
Avrei anche votato contro il paragrafo 44, che esprime parere negativo sulla “esperienza di Strasburgo”. Mi levo con sdegno di fronte a tale insinuazione. In effetti, acquistando i tre edifici di Strasburgo di cui non era proprietario, il Parlamento ha fatto un affare d’oro – una spesa delle più oculate, che consentirà di realizzare considerevoli risparmi alle finanze pubbliche rispetto alle spese di affitto. Avrei auspicato, da parte di alcuni membri della commissione per i bilanci, un giudizio più obiettivo, dal momento che essi sono tenuti a rispettare le decisioni relative alla sede del Parlamento, volenti o nolenti.
Bastiaan Belder (IND/DEM), per iscritto. – (NL) Gli onorevoli Grech ed Elles, nella loro relazione sul bilancio 2007, optano giustamente a favore di una maggiore efficienza.
Anche la definizione delle priorità è una componente necessaria e ragionevole nella strategia dell’onorevole Elles. Ciò non significa necessariamente, però, che si debbano rendere disponibili maggiori fondi per le linee di bilancio prioritarie. Al contrario, le linee di bilancio non prioritarie si dovranno valutare con maggior spirito critico. Purtroppo invece, gran parte degli emendamenti mira ad aumentare gli stanziamenti.
Per quanto riguarda il multilinguismo, mi compiaccio del fatto che anche in questo settore si cerchi di accrescere l’efficienza; le misure volte a ridurre i costi, però, non devono minacciare il multilinguismo.
A conti fatti, è positivo che, sulla scorta della posizione del Consiglio, sia rivolta ora maggiore attenzione a una politica di bilancio efficiente e più economica. Per questo motivo sono favorevole alla risoluzione dell’onorevole Grech.
Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. – (SV) Oggi abbiamo votato a favore delle relazioni sul bilancio dell’Unione europea per il 2007. Condividiamo gli sforzi volti a ottimizzare la spesa del denaro dei contribuenti. Sosteniamo inoltre gli investimenti in ricerca e sviluppo, e l’ambizione di rafforzare il ruolo dell’Unione come attore globale. Respingiamo però le proposte di aumentare gli stanziamenti a favore degli aiuti all’agricoltura e degli aiuti regionali. Come sempre, consideriamo con scetticismo le campagne di sensibilizzazione e le operazioni di orientamento dell’opinione pubblica concepite a livello centrale.
Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione sugli stanziamenti concernenti il Parlamento europeo, ma purtroppo i paragrafi 18 e 44 non sono stati sottoposti a votazione per parti separate, perché avrei votato contro.
Un certo numero di membri della commissione per i bilanci si ostina a combattere una battaglia di retroguardia contro le decisioni dei capi di Stato e di governo sulle tre sedi di lavoro del nostro Parlamento, ossia Strasburgo, Lussemburgo e Bruxelles. E’ vero: queste tre sedi generano costi. Pur tuttavia, mi sembra per lo meno rischioso annoverare queste spese tra le spese “superflue”. Sebbene questo decentramento abbia ricadute assai positive sia per i deputati che per il Parlamento, una maggioranza della commissione per i bilanci lo definisce ingiustamente una dispersione geografica. Mettere in dubbio la necessità della presenza dei funzionari a Strasburgo per le sedute plenarie è un vero affronto per l’Ufficio di presidenza e soprattutto per l’amministrazione, che notoriamente sceglie con accortezza i funzionari inviati in missione.
Avrei anche votato contro il paragrafo 44 che invita l’amministrazione, dopo “l’esperienza di Strasburgo” – di cui parla attribuendole un’accezione negativa – “ad applicare procedure più rigorose, sicure e trasparenti all’atto di acquistare edifici”....
(Testo abbreviato conformemente all’articolo 163 del Regolamento)
– Proposta di regolamento (C6-0295/2006)
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La situazione strutturale, economica e sociale del settore della pesca nelle regioni ultraperiferiche e l’adozione del nuovo Fondo europeo per la pesca richiedono l’estensione delle deroghe previste dal regolamento (CE) n. 639/2004 sui criteri e le condizioni che regolano le azioni strutturali relative alla conservazione e allo sfruttamento sostenibile delle risorse alieutiche nell’ambito della politica comune della pesca.
La proposta di regolamento del Consiglio, che prevede un’estensione di tali deroghe per le regioni ultraperiferiche fino al 31 dicembre 2006 e l’attuazione pratica delle misure adottate nel frattempo fino al 2008, dovrà naturalmente essere adottata quanto prima affinché possa avere l’effetto desiderato sul campo.
Sono d’accordo con lo spirito generale della proposta e con il contenuto di questo documento, ma sono molto deluso dal fatto che il piano d’attuazione per il rinnovamento e l’ammodernamento delle flotte nelle regioni ultraperiferiche non potrà diventare operativo fino alle prossime prospettive finanziarie, a differenza del limite temporale fissato per il 2008.
Nonostante ciò, giacché questa deroga rappresenta una discriminazione positiva a favore delle regioni ultraperiferiche, voterò a favore di questa proposta di regolamento.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) L’obiettivo di questa proposta è di estendere le deroghe concesse alle flotte pescherecce delle regioni ultraperiferiche fino al 31 dicembre 2006, e successivamente fino al 31 dicembre 2007. Tali deroghe riguardano i piani di entrata/uscita della capacità della flotta e la concessione di aiuti pubblici per l’ammodernamento e il rinnovo delle flotte pescherecce.
Era estremamente urgente che questa proposta venisse adottata, considerando la specifica realtà strutturale, sociale ed economica del settore della pesca nelle regioni ultraperiferiche, per esempio nelle Azzorre e a Madeira, nonché le difficoltà e i limiti costanti di queste regioni, come per esempio l’esiguità dei loro mercati e la loro insularità.
L’elemento cruciale della questione sta nel fatto che le attuali attività economiche – in questo caso la pesca – di molte di queste regioni sono di grande importanza socioeconomica, per esempio per garantire l’approvvigionamento di pesce fresco alla popolazione.
Data la necessità di tali deroghe, e in considerazione del fatto che la situazione delle flotte dipende da fattori strutturali più che da fattori economici, com’è stato riconosciuto da Commissione e Consiglio, le deroghe dovrebbero essere rese permanenti ed essere incluse nel Fondo europeo per la pesca per il periodo 2007-2013.
Margie Sudre (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Il Parlamento europeo vota quest’oggi, con procedura d’urgenza, un regolamento del Consiglio relativo alla gestione delle flotte pescherecce registrate nelle regioni ultraperiferiche, che proroga di un anno il regolamento attualmente in vigore.
Le principali deroghe autorizzate riguardano l’introduzione dei pescherecci nella flotta, gli aiuti pubblici per il rinnovamento delle navi e gli aiuti all’ammodernamento.
Tale regolamento tiene conto della situazione del settore della pesca nelle regioni ultraperiferiche, che dispone ancora di un importante potenziale di sviluppo e di risorse alieutiche abbondanti. Sarebbe quindi impensabile e controproducente impedire alle flotte pescherecce di queste regioni di beneficiare di tali accordi!
Spero che gli operatori della pesca che vivono nelle regioni ultraperiferiche sappiano approfittare di queste nuove proroghe per sviluppare e ammodernare la loro flotta.
Purtroppo però la Commissione europea finora non ha proposto alcun orientamento per il lungo termine. Ho già chiesto a più riprese che tali deroghe siano prorogate oltre il 2006. Sarebbe stato più ragionevole accettare tale proposta fin dall’inizio, piuttosto che sollecitare ogni anno il nostro Parlamento a prorogare all’anno successivo deroghe che sono assolutamente indispensabili per la pesca nelle nostre regioni!
Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Voterò a favore di questa risoluzione. La tragedia del fallimento di questa rivoluzione, che fu soffocata brutalmente dalle truppe imperiali dell’Unione sovietica e provocò la morte di decine di migliaia di persone, sta nel fatto che essa pose fine a un percorso evolutivo che avrebbe dovuto condurre ad abbandonare l’oppressione sovietica per approdare a una fase di impegno con il resto del mondo, in un lento ma sicuro percorso verso il pluralismo e la democrazia. Al contrario, si sono contate decine di migliaia di profughi.
Ho ancora vivo il ricordo di quando, ad appena sei anni, fui mandato a prendere, per il suo primo giorno di scuola, un bambino profugo ungherese che avrebbe frequentato la mia stessa classe, nella mia scuola del Gloucestershire. Vedendo l’angoscia e lo smarrimento di quel bambino e della sua famiglia, compresi probabilmente per la prima volta quali possono essere le conseguenze dell’oppressione sulla vita e sul futuro della gente comune. Non l’ho mai dimenticato.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Noi, deputati al Parlamento europeo del partito comunista greco, ci siamo rifiutati di partecipare alla votazione sul cinquantesimo anniversario della rivoluzione ungherese, che ha scatenato un’ondata di isteria anticomunista.
La risoluzione finale, firmata congiuntamente e sostenuta dai gruppi PPE-DE e PSE, nonché dai neoliberali e da altri gruppi, a eccezione del gruppo GUE/NGL, adotta il memorandum anticomunista del Consiglio d’Europa che è stato reintrodotto nel Parlamento europeo.
Eventi sostenuti e finanziati dagli imperialisti per rovesciare i regimi socialisti, vengono definiti insurrezioni popolari e movimenti democratici. Tutti coloro che si sono battuti con violenza contro il socialismo vengono considerati democratici e combattenti della resistenza. E’ ormai evidente che le forze politiche che sostengono l’Unione europea sono le stesse che, moralmente e politicamente, sostengono la rinascita del fascismo negli Stati baltici e altrove e chiedono a gran voce di mettere al bando il movimento comunista, come sta avvenendo nella Repubblica ceca e come è avvenuto in altri paesi in passato.
L’appello dei servi della barbarie capitalistica riportato al paragrafo 3 della risoluzione, in cui si legge che “la comunità democratica deve respingere inequivocabilmente l’ideologia comunista repressiva e antidemocratica” è la palese espressione dei loro timori.
Vorremmo ricordare a tutti coloro che si augurano il successo finale del barbarico sistema di sfruttamento capitalistico, che dall’ideologia comunista hanno avuto origine le maggiori rivolte sociali, e altre ancora più importanti ne verranno, proprio perché il comunismo lotta per una società libera dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Uno degli aspetti più positivi del recente allargamento dell’Unione europea è stato l’allargamento della nostra memoria. Per molti di noi la rivoluzione ungherese del 1956 è un ricordo lontano sia in termini temporali che in termini geografici e politici. L’adesione all’UE di paesi come la Polonia, gli Stati baltici, la Slovenia e la stessa Ungheria ha portato con sé l’assimilazione attiva di un’altra memoria, una memoria che, ormai da un anno e mezzo, è parte integrante della nostra coscienza. Da tutto questo deriva una nuova percezione geostrategica del nostro ruolo nel mondo, che dobbiamo integrare e attualizzare, e che implica una diversa comprensione delle lotte per la democrazia che hanno contrassegnato il ventesimo secolo.
D’altra parte, come è evidente, questo momento deve aiutarci a ricordare che nel comunismo non c’era niente di romantico, né di utopistico. La storia del comunismo è una storia di repressione, violenza e disumanità, e non dobbiamo dimenticarlo.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione nell’Ossezia meridionale è la dimostrazione dei piani imperialisti dell’Unione europea nella regione. Sappiamo che la Georgia sta per aderire alla NATO, mentre il governo di Saakashvili, lacchè degli imperialisti, ha già acconsentito all’installazione di una base americana sul suo territorio.
Le ambizioni dell’Unione europea, che intende accerchiare e incalzare la Russia, mirando al mercato russo e in particolare a quello dell’energia – nell’ambito di lotte spietate e intestine fra gli stessi imperialisti – si nascondono dietro ipocrite dichiarazioni sul rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale della Georgia e sulla condanna dei movimenti indipendentisti in Abhasia e nell’Ossezia meridionale.
Con la stessa facilità con cui l’Unione europea oggi dichiara di difendere l’integrità territoriale della Georgia, essa potrà minarla domani sostenendo i movimenti secessionisti che oggi condanna, se gli interessi strategici dei grandi monopoli nella regione lo rendessero necessario. Le popolazioni locali hanno ormai acquisito una ricca esperienza della politica interventista condotta dalla Comunità, che incita e sostiene ogni forma di “ribellione interna” ricorrendo alla politica del bastone e della carota. Dovranno quindi trarre le proprie conclusioni; dovranno opporsi e resistere alla politica dell’Unione europea e delle altre forze e dei governi imperialisti che si prestano ai suoi fini.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore la votazione sull’esportazione di rifiuti tossici in Africa. L’incidente che ha coinvolto recentemente un’azienda olandese, colpevole di aver scaricato rifiuti in Costa d’Avorio, dimostra che ancora oggi molti considerano l’Africa alla stregua di una discarica.
Mi auguro che le autorità olandesi faranno ogni sforzo per assicurare i responsabili alla giustizia.
– Relazione Hieronymi (A6-0337/2006) (votazione del martedì, 24 ottobre)
Luca Romagnoli (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione Hieronymi muove da una lodevole finalità, vale a dire quella di sostenere la produzione audiovisiva europea a fronte della schiacciante concorrenza esercitata dalle produzioni transatlantiche e non solo.
Per raggiungere lo scopo si vuole incoraggiare la coproduzione, sostenere strategie coordinate di commercializzazione e promuovere la distribuzione dei prodotti dell’Unione nel mercato interno ed esterno. Tuttavia, la dotazione finanziaria sembra assai contenuta. Inoltre, proprio in considerazione della limitatezza delle risorse non pare affatto utile aprire il programma anche alla partecipazione di Stati extraeuropei.
Credo che il sostegno pubblico al settore, sia a livello nazionale che europeo, dovrebbe essere indirizzato alle produzioni audiovisive destinate a informare e a formare, a educare strictu sensu, e a quanto è realmente utile a non mantenere l’attuale regime che fa dell’Europa una colonia culturale degli USA. Non ritengo che a tale riguardo la relazione sia sufficiente.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione. E’ evidente che molte aziende e individui violano costantemente le leggi volte a proteggere l’ambiente; spesso infatti trovano più economico pagare sanzioni che rispettare la legge sullo scarico o sul trasporto di rifiuti tossici. Se vogliamo proteggere l’ambiente, dobbiamo prendere in considerazione la possibilità di intraprendere azioni penali, oltre che civili, nei confronti degli autori di tali reati.
Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La Lista di giugno ritiene che l’Unione europea non debba interferire negli affari interni degli altri paesi. Per motivi di principio è importante perseguire la politica per la quale ci siamo recati alle urne. Non vi sono dubbi: la Siria deve migliorare i propri rapporti con Israele.
La Lista di giugno si oppone incondizionatamente a qualunque regime totalitario, e condanna tutti i paesi che decidono di sostenere il terrorismo in ogni sua forma. Ovviamente, la politica estera dell’Unione europea è guidata dagli specifici interessi di alcuni Stati membri in diverse parti del mondo; si tratta di una politica sbagliata e distruttiva, come risulta evidente dalla relazione. L’Unione europea sta cercando di influenzare i rapporti della Siria con i paesi vicini, e questo è inaccettabile.
Ho deciso quindi di astenermi dal voto per ragioni di principio.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Naturalmente non mettiamo in discussione la conclusione di un accordo di associazione con la Siria che, com’è noto, è l’unico paese della regione con il quale l’Unione europea non abbia sottoscritto un accordo di questo tipo. Ci opponiamo con forza, tuttavia, ad alcuni punti della relazione.
La relazione è caratterizzata da un approccio basato sull’interventismo e sulle interferenze in un’ampia gamma di questioni, per le quali spetterebbe al popolo siriano decidere nell’ambito della propria sovranità. Inoltre, il Parlamento ritiene la Siria responsabile della situazione in Medio Oriente, e avanza accuse nei confronti di questo paese, ma non nei confronti di Israele e degli Stati Uniti, che sono i primi responsabili della pericolosa e tragica situazione di quella regione. Tra i vari punti, gli obiettivi della relazione comprendono la transizione del sistema politico in Siria e la creazione di “un’economia di mercato aperta”. Si vuole così costringere la Siria a rispettare le risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU sul Libano, senza ricordare però che Israele continua a occupare parte del territorio siriano, attacca il Libano e continua a perseguire la propria politica di terrorismo di Stato contro la Palestina. La relazione inoltre critica la politica siriana e chiede al paese di rivedere “la sua politica estera e il suo allineamento regionale”.
Lo riteniamo inaccettabile.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Sono favorevole a questo accordo. La Siria ha molta strada da fare per migliorare il rispetto dei diritti umani, i suoi rapporti con i paesi vicini e il trattamento delle minoranze. Tuttavia, credo che un accordo costruttivo sia il modo giusto per progredire su questa strada.
Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. – (NL) L’Europa deve tenere la Siria a distanza, non perché questo paese faccia parte dell’asse del male, come afferma il Presidente Bush, ma perché opprime il suo popolo e costituisce un peso inutile per gli altri. Ormai da molti anni la Siria è guidata da un regime dittatoriale a capo del quale ci sono gli El-Assad, padre e figlio. Molti cittadini siriani sono stati costretti a fuggire all’estero, per scongiurare il rischio di essere arrestati o fatti sparire, e non è ammessa alcuna forma di opposizione organizzata. Non solo gli oppositori politici ma anche i curdi e i cristiani si sentono in pericolo. Nel vicino Libano, la Siria è stata responsabile di anni di occupazione militare, assassini politici e forniture di armi agli Hezbollah. Un altro dei paesi vicini, Israele, ritiene la sua politica del tutto irragionevole e accusa la Siria di non aver mai voluto la pace né la riconciliazione, sicché le sue azioni possono essere addotte come giustificazione per non favorire in modo attivo un accordo di pace con la vicina Palestina. Di recente la Siria ha segretamente concesso l’estradizione di un olandese di origine iraniana in Iran. La posizione dell’Unione europea nei confronti della Siria è troppo sbilanciata a favore di buoni rapporti con i paesi del Mediterraneo a scapito della democrazia e del rispetto dei diritti umani.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Le dichiarazioni rese dal Consiglio e dalla Commissione e la risoluzione del Parlamento europeo altro non sono che un flagrante e ingiustificato attacco alla Siria, a cui si chiede una dichiarazione di scuse per la sua politica e il totale asservimento all’imperialismo.
Approfittando del dibattito su un accordo di associazione euromediterraneo, si lanciano minacce al paese a causa della sua posizione contro la guerra in Iraq, la sua solidarietà con i popoli palestinese e libanese e il suo rifiuto di piegarsi ai piani imperialisti.
Il graduale aumento dell’aggressività politica da parte dell’Unione europea rivela la vera natura della risoluzione dell’ONU n. 1701, annunciando preventivamente il ruolo che le forze d’occupazione militare degli Stati membri dell’Unione europea svolgeranno in quell’area.
La relazione rappresenta la versione europea della propaganda americana, che attacca la Siria definendola un paese dell’asse del male.
Abbiamo votato contro la relazione per manifestare la nostra solidarietà ai popoli della Siria e del Medio Oriente che gli imperialisti americani ed europei hanno preso di mira.
L’Unione europea, gli Stati Uniti e la NΑΤΟ sostengono congiuntamente l’applicazione del piano NATO per il Medio Oriente nel tentativo di soggiogare popoli e paesi. Riteniamo politicamente inaccettabile che questa relazione venga approvata da forze politiche che si dicono di sinistra, perché in questo modo esse finiscono per schierarsi con la politica imperialista dell’Unione europea e degli Stati Uniti, offrendo quindi un alibi allo scoppio di nuove guerre.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) In linea generale questa relazione, nella versione negoziata dal gruppo PPE-DE, è essenzialmente equilibrata, ma nutro comunque alcune riserve sulla sua approvazione.
L’Unione europea, a causa di difficoltà sostanziali e logistiche, non ha né il potere né la capacità di agire come potenza su scala mondiale. Peraltro, non ha neanche le risorse finanziarie e militari per farlo, e soprattutto non dispone di un mandato. Ciò non significa tuttavia che l’Unione europea debba essere un membro passivo della comunità internazionale. La dimensione dell’Europa come mercato, come fornitore di aiuti finanziari, come rifugio per gli immigrati e come vicino, fanno – o dovrebbero fare – dell’Unione europea un partner di politica estera. Non si tratta del consueto riferimento alle virtù del soft power né del dibattito sulla necessità di poli alternativi. Penso piuttosto che, proprio per le sue dimensioni, l’Unione europea dovrebbe riuscire a influenzare e modificare la politica del Mediterraneo – regione fra le più importanti del mondo.
Nel medio termine, l’Unione europea dovrà mostrarsi capace di esercitare sui vicini lo stesso effetto che ha avuto sui paesi che hanno gradualmente aderito all’Unione. Dobbiamo quindi indurre, nei nostri vicini mediterranei, gli effetti delle aspettative di preadesione. Purtroppo, questo accordo non trasmette tale ambizione.
Anne Ferreira (PSE), per iscritto. – (FR) La Conferenza delle parti, che si è tenuta a Montreal l’anno scorso, si è conclusa con una decisione minima, ossia quella di portare avanti le discussioni sul Protocollo di Kyoto e i suoi obiettivi dopo il 2012.
Alla vigilia della nuova conferenza annuale, la situazione resta ancora incerta, e dunque gravida di pesanti minacce per il futuro del Protocollo di Kyoto, soprattutto in seguito alle dichiarazioni rilasciate dal nuovo governo canadese.
Questa situazione non è comprensibile né accettabile, poiché i segnali di allarme continuano a moltiplicarsi e le previsioni stimano un aumento del 50 per cento delle emissioni di CO2 da qui al 2030, contrariamente agli obiettivi in materia che la nostra Istituzione ricorda con regolarità.
Nell’Unione europea esiste un diffuso consenso; la CES (Confederazione europea dei sindacati) ha infatti offerto il proprio appoggio a obiettivi molto ambiziosi nella lotta al cambiamento climatico.
Dobbiamo agire con urgenza, e adottare decisioni e misure che siano all’altezza delle sfide lanciate all’Europa e all’intero pianeta. Affrontare tali sfide imprimerà un forte impulso alla ricerca e all’innovazione tecnologica, e favorirà l’ammodernamento del nostro apparato produttivo.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Una delle questioni più importanti che il mondo deve affrontare ai nostri giorni è il cambiamento climatico e il modo di farvi fronte – un problema che non possiamo più rinviare. Sta a noi agire adesso, come risulta da tutti i dati scientifici pubblicati, sebbene l’amministrazione Bush stia mentendo, nel tentativo di imbavagliare i propri esperti affinché non possano contribuire al dibattito.
Il problema sta appunto nell’approccio assunto dall’amministrazione statunitense. Tutti si dichiarano inorriditi nel constatare le conseguenze della seconda guerra del Golfo per la gente comune in Iraq – secondo le stime più recenti infatti si contano ormai più di 650 000 morti tra la popolazione civile. Eppure la decisione di non firmare l’accordo di Kyoto mette a repentaglio miliardi di persone in tutto il mondo, e minaccia la stessa sopravvivenza di nazioni come il Bangladesh e le Maldive. Questa sarà l’eredità dell’amministrazione Bush, a meno che gli Stati Uniti non decidano di rivedere la questione. Ma purtroppo non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.
Bruno Gollnisch (NI). – (FR) Signor Presidente, il programma NAIADES sullo sviluppo delle vie navigabili interne e la relazione dell’onorevole Wortmann-Kool si contraddistinguono per il loro ottimo contenuto. Vorrei quindi cogliere l’occasione per insistere sulla necessità di realizzare il collegamento Reno-Rodano. Si tratta di un asse estremamente importante, che consentirà di connettere il sud della Francia e il Mediterraneo occidentale con i bacini del Reno, del Meno e del Danubio, e in tal modo con i nuovi mercati emergenti dei paesi dell’Europa centrale e orientale, fino al mar Nero. Credo che si tratti di un programma prioritario, e spero che proprio alla realizzazione di tale collegamento – di cui non esito a riconoscere le difficoltà tecniche e ambientali, che mi sembrano tuttavia superabili – siano destinati in primo luogo i mezzi reperiti nell’ambito di tale programma.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La relazione Wortmann-Kool auspica l’attiva promozione del trasporto sulle vie navigabili interne, che oggigiorno è scarsamente sviluppato.
Questo modo di trasporto sicuro, ecologico e con infrastrutture lungi dall’essere utilizzate nella loro piena capacità potrà contribuire al trasferimento modale e ad alleggerire i problemi di congestione che affliggono altri modi di trasporto.
Inoltre l’aumento che è stato osservato negli scambi commerciali in seguito all’allargamento contribuirà a sviluppare nuovi mercati, come per esempio questo tipo di trasporto.
L’adozione di misure volte a riequilibrare i rapporti tra le diverse forme di trasporto è estremamente importante per il futuro di una politica dei trasporti sostenibile. Di conseguenza, sono favorevole allo sviluppo di una rete di trasporto sulle vie navigabili interne che possa, superata la fase di sviluppo, abbracciare tutte le aree strategiche importanti per la crescita ottimale di questo mercato.
Di conseguenza, tenendo conto delle diverse caratteristiche del territorio europeo, è vitale realizzare un quadro giuridico adeguato che consenta lo sviluppo dei mercati, in grado di contribuire, a sua volta, al trasferimento del traffico su forme alternative di trasporto. Nella mia veste di deputato portoghese al Parlamento europeo, sostengo quindi questo programma che non favorisce gli interessi nazionali e, credo, avrà un impatto positivo sul mercato dei trasporti in Portogallo.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) I partenariati pubblico-privati sono molto diffusi negli Stati membri dell’Unione europea e, forse inevitabilmente, il Regno Unito fa la parte del leone in questo settore. Purtroppo però essi sono un eufemismo per privatizzare, o prepararsi a privatizzare, beni e servizi pubblici che, nel lungo periodo, saranno messi in vendita agli investitori privati affinché questi ne traggano profitto. I fautori di tali partenariati sostengono che essi garantiranno una migliore gestione dei rischi, trascurando però il fatto che alle aziende private vanno i profitti e lo Stato rimane l’unico responsabile quando il partenariato non funziona o non assicura i profitti che le aziende private auspicavano. Questo vale sempre, nei settori più diversi, dalla concessione delle autostrade alla gestione di scuole e ospedali fino alla partecipazione a progetti di investimento nell’ambito dei Fondi strutturali.
Si tratta di un sistema per esternalizzare le responsabilità statali, cosa che riteniamo inaccettabile. Per di più quest’iniziativa pretende un regime giuridico a livello comunitario. Non abbiamo scelta, quindi: dobbiamo votare contro la relazione.
Jean-Claude Fruteau (PSE), per iscritto. – (FR) La relazione Weiler su cui votiamo quest’oggi apporta alcuni contributi positivi al futuro dei partenariati pubblico-privati, in particolare per quanto riguarda il Libro verde e la comunicazione della Commissione europea COM(2005)0569.
In questo senso mi congratulo per la chiara distinzione proposta tra appalti pubblici e concessioni, e la richiesta di un’iniziativa legislativa in questo settore.
Mi rammarico del fatto che il Parlamento europeo abbia deciso di non prorogare questa misura per quanto riguarda i partenariati pubblico-privati istituzionali, ma gli emendamenti adottati in seduta plenaria segnano un considerevole progresso verso una definizione futura dei servizi in house, ossia verso un consolidamento della situazione delle autorità locali europee.
Sebbene sia ancora imperfetto, questo testo intermedio presenta a mio avviso una serie di progressi che giustificano il mio voto finale favorevole; spetterà quindi alla Commissione integrare tali progressi nelle sue future proposte in materia.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, il quadro giuridico comunitario dei partenariati pubblico-privati (PPP) ha effettivamente bisogno di un chiarimento – chiarimento però che deve rispettare alcuni principi, e in particolare: riguardare effettivamente i soli partenariati tra pubblico e privato, fondarsi su una distinzione tra partenariati/contratti da un lato e partenariati/concessioni dall’altro, rispettarne le particolarità e quindi rinunciare a ogni nuova e specifica regolamentazione dei PPP, non rimettere in discussione la regola della procedura negoziata applicata alle concessioni, rispettare la libertà di scelta del tipo di organizzazione (fondazione di una società a capitale misto o di altre forme giuridiche, assunzione di controllo di una società privata da parte di una struttura pubblica, esternalizzazione, eccetera) da parte delle autorità pubbliche nazionali, e infine vigilare sulla coerenza di ogni iniziativa comunitaria con le priorità del servizio pubblico e le scelte nazionali in materia.
Verosimilmente tutto ciò non rende necessario adottare nuovi atti giuridici vincolanti. Dal momento che l’intervento dell’Unione europea sembra ineluttabile in questi campi, facciamo almeno in modo che esso non conduca a elaborare uno di quei meccanismi burocratici di cui l’Europa di Bruxelles detiene il segreto.
Diamanto Manolakou (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) I partenariati pubblico-privati sono la porta di servizio attraverso la quale si può penetrare nel servizio pubblico per consegnarlo al capitale privato; sono quindi la strada più diretta che consente al capitale europeo di appropriarsi di servizi e infrastrutture pubbliche, aggirando gli ostacoli e le difficoltà che incontra sul percorso.
Essi costituiscono il meccanismo più efficace per mettere a tacere la coscienza, per disorientare il movimento popolare e limitare il sostegno al settore pubblico, con la graduale privatizzazione e commercializzazione dei servizi di interesse pubblico, soprattutto a livello di governo locale, al fine di accrescere i profitti delle grandi imprese e intensificare lo sfruttamento.
Qualsiasi tentativo si riscontri nella relazione di promuovere un uso condizionato dei PPP esercitando su di essi un controllo democratico non è che un alibi, un elenco di desideri che alla fin fine favorisce il generale ed esponenziale trasferimento dei servizi al controllo del capitale privato, con conseguenze dannose per i lavoratori, che già traspaiono nella relazione stessa.
Il punto fondamentale non riguarda le modalità di applicazione della normativa sugli appalti pubblici e la configurazione dei contratti di concessione. Ciò che conta è che alla gestione e al trasferimento del denaro pubblico si associa l’attacco ai diritti dei lavoratori a vantaggio del capitale.
Abbiamo votato contro la relazione e chiediamo ai cittadini di opporsi all’attacco frontale condotto dal capitale e dalla politica dell’Unione europea.
Marian Harkin (ALDE). – (EN) Signor Presidente, vorrei rendere la mia dichiarazione di voto in merito al paragrafo 4 della relazione Schroedter sul distacco dei lavoratori.
Sostengo la proposta di direttiva sulle condizioni richieste per i traghetti che forniscono servizi regolari per passeggeri e merci tra gli Stati membri, e ho quindi notato con piacere che anche l’Assemblea si è dichiarata favorevole.
La mia posizione si giustifica con la nostra esperienza in Irlanda per quanto riguarda il personale dei traghetti e i nuovi lavoratori – soprattutto stranieri – che sono stati assunti dall’Irish Ferries. Signor Presidente, abbiamo prove documentate di un caso recente, in cui un lavoratore riceveva una retribuzione oraria pari a un euro circa. Vorrei far notare che il salario orario minimo in Irlanda supera gli otto euro.
I licenziamenti sono stati forzati e non volontari, giacché l’offerta alternativa prevedeva significativi tagli salariali e un peggioramento delle condizioni di lavoro. I posti liberatisi in seguito ai licenziamenti forzati sono stati occupati soprattutto da lavoratori stranieri, molti dei quali retribuiti con metà del salario minimo irlandese. Tale situazione conduce allo sfruttamento di tutti i lavoratori, non offre alcuna garanzia, fomenta la xenofobia e viene perfettamente descritta dall’espressione “corsa verso il peggio”.
Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) I principi fondamentali dell’Unione europea che sanciscono la libertà di circolazione di persone e servizi all’interno dell’Unione europea vietano qualsiasi discriminazione per motivi di nazionalità nei confronti dei lavoratori di altri Stati membri in materia di impiego, salario o qualsiasi altra questione concernente l’occupazione.
Ma qual è la realtà? Alcuni Stati membri continuano a ricorrere ai periodi di transizione che si applicano alla creazione dei mercati del lavoro. La direttiva sul distacco dei lavoratori è strettamente correlata alla direttiva sui servizi, e nonostante una lotta intensa e giustificabile condotta dai deputati al Parlamento europeo dei nuovi Stati membri, il Parlamento, in prima lettura, ha eliminato gli articoli nn. 24 e 25 dalla proposta di direttiva sui servizi nel mercato interno.
Riteniamo cruciali tali articoli, giacché le idee fondamentali della direttiva sul distacco dei lavoratori vengono interpretate diversamente nei diversi Stati membri, e i lavoratori generalmente non sono consapevoli dei diritti che la direttiva garantisce loro. Purtroppo devo osservare che un orientamento della Commissione non può rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla libertà di circolazione dei lavoratori e dei servizi, e quindi non può risolvere i problemi con cui si scontrano le imprese e i lavoratori degli Stati membri in seguito all’inadeguata applicazione della direttiva sul distacco dei lavoratori.
Ho votato contro la relazione Schroedter poiché essa non comprende gli emendamenti fondamentali che mirano a garantire una maggiore mobilità nel mercato del lavoro dell’Unione europea. Temo che la posizione assunta dalla relatrice finirebbe col frapporre inutili ostacoli alla creazione di posti di lavoro e farebbe fallire il nostro tentativo di rendere del tutto operativo il mercato interno dei servizi.
Richard Corbett (PSE). – (EN) Signor Presidente, forse può rivestire un certo interesse sapere che ho votato a favore della risoluzione da noi approvata sulla base della relazione Schroedter della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, perché ritengo che il suo obiettivo essenziale – una migliore attuazione della legislazione esistente piuttosto che l’introduzione di nuova legislazione – sia il più opportuno in questo momento.
Credo tuttavia che a tempo debito, dopo aver valutato se saremo effettivamente riusciti a garantire una migliore applicazione di questa legislazione nel prossimo futuro, dovremo tornare a discutere per decidere se la direttiva originale debba essere emendata, aggiornata o migliorata in altri modi.
Philip Bushill-Matthews (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Se le aziende di un paese desiderano distaccare legalmente i propri lavoratori in un altro paese dell’Unione europea, tale procedura dovrebbe essere semplificata, e non gravata da ulteriore burocrazia. Il Parlamento non deve approvare pratiche che siano ritenute illegali dalla Corte di giustizia delle Comunità europee e sproporzionate dalla Commissione. La relazione Schroedter sul distacco dei lavoratori richiede l’introduzione di ulteriori meccanismi burocratici, come le dichiarazioni preventive delle aziende che intendano distaccare i lavoratori e l’obbligo di tenere fogli di presenza dettagliati, e così via. Tali pratiche sono sproporzionate, favoriscono il protezionismo e mettono a repentaglio la direttiva sui servizi. Se l’Unione europea inviasse un messaggio di questo tipo, metterebbe a rischio il proprio impegno a favore della strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione.
Il testo della Commissione è ragionevole e pratico. Questa relazione socialista cerca di modificare il testo nella direzione sbagliata. In tale contesto, i conservatori britannici non hanno potuto approvare questa relazione.
Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La relazione mette in evidenza che la direttiva sul distacco dei lavoratori non viene integralmente applicata da tutti gli Stati membri. E’ perciò necessario adottare alcune misure per consentire agli Stati membri di garantire veramente standard minimi di protezione e condizioni di occupazione per i lavoratori che operano temporaneamente in un altro paese dell’Unione europea. La Lista di giugno è favorevole ad applicare la legislazione del paese ospite ai cittadini che lavorano in altri Stati membri. Questo è uno dei punti che abbiamo definito con chiarezza nelle discussioni sulla direttiva sui servizi. Sulla base di queste considerazioni, ho deciso di votare a favore dell’intera relazione.
Marian Harkin (ALDE), per iscritto. – (EN) Vorrei fare un breve intervento chiarificatore sul paragrafo 4 del testo originario della relazione Schroedter, concernente l’applicazione della direttiva 96/71 sul distacco dei lavoratori. Sostengo la proposta di direttiva sulle condizioni richieste per i traghetti che forniscono servizi regolari per passeggeri e merci tra gli Stati membri. La mia posizione si giustifica con la nostra esperienza in Irlanda per quanto riguarda il personale irlandese dei traghetti e i nuovi lavoratori – soprattutto stranieri – che sono stati assunti dall’Irish Ferries. Abbiamo prove documentate di un caso recente, in cui un lavoratore riceveva una retribuzione oraria pari a un euro circa come parrucchiere, e vorrei far notare che il salario orario minimo in Irlanda supera gli otto euro. Dopo i licenziamenti – licenziamenti forzati e non volontari, giacché l’offerta alternativa prevedeva significativi tagli salariali e un peggioramento delle condizioni di lavoro – i posti liberatisi sono stati occupati soprattutto da lavoratori stranieri, molti dei quali retribuiti con metà del salario minimo irlandese. Tale situazione conduce allo sfruttamento di tutti i lavoratori, non offre alcuna garanzia, fomenta la xenofobia e viene descritta alla perfezione dall’espressione “corsa verso il peggio”.
Marie-Noëlle Lienemann (PSE), per iscritto. – (FR) Legittimamente la relatrice vuole contrastare le derive liberali, ahimè croniche, della Commissione europea.
E’ inaccettabile che nella sua comunicazione la Commissione abbia cercato di reintrodurre il principio del paese d’origine, benché questo fosse stato respinto dal Parlamento europeo in occasione del voto sulla direttiva concernente i servizi. Mi unisco dunque alla relatrice, che esige l’applicazione e il controllo rigorosi di quella direttiva nel più breve tempo possibile, nonché l’istituzione di sanzioni pecuniarie.
La Commissione deve accettare la giurisprudenza della Corte di giustizia, che distingue tra lavoratori autonomi e lavoratori distaccati, e garantisce a questi ultimi l’applicazione della normativa sociale più favorevole.
Diamanto Manolakou (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Tutto ciò che era stato escluso dalla prima risoluzione sulla direttiva Bolkestein, viene ripristinato con gli orientamenti della Commissione europea sull’applicazione della direttiva 96/71 sul distacco dei lavoratori, per portare a termine l’azione criminosa intrapresa contro la classe lavoratrice. Sulla base della giurisprudenza della Corte, la Commissione punta adesso a capovolgere perfino le norme carenti e limitate sulla protezione concessa ai lavoratori, e ad abolire tutti i controlli sul distacco dei lavoratori da parte del paese ospite, mettendo quindi a repentaglio i contratti collettivi e i diritti sociali dei lavoratori in generale.
I portavoce politici del capitale europeo (il gruppo PPE-DE insieme a socialdemocratici e liberali) che hanno votato a favore della direttiva Bolkestein in seno al Parlamento europeo nel febbraio 2006, con il nuovo inaccettabile compromesso contenuto nella relazione sulla comunicazione della Commissione esprimono confuse e tiepide raccomandazioni, favorendo i tentativi dell’Unione europea di dirigere il movimento dei lavoratori. Ancora una volta si prestano alle ambizioni dei gruppi monopolistici per aumentarne i profitti a danno della classe operaia.
E’ urgentemente necessario che la classe operaia e i lavoratori in generale intensifichino la lotta contro la politica antipopolare dell’Unione europea; è questo l’unico modo per soddisfare le attuali esigenze delle famiglie della classe operaia e dei ceti popolari.
Claude Moraes (PSE), per iscritto. – (EN) Il partito laburista al Parlamento europeo (PLPE) ha votato a favore della relazione Schroedter sulla direttiva sul distacco dei lavoratori perché è necessario migliorare l’applicazione di questo importante strumento legislativo per favorire la libera circolazione dei lavoratori.
Tuttavia il PLPE riconosce l’esistenza di diversi meccanismi attuativi nei singoli Stati membri e quindi la possibilità che vi siano differenze, per esempio, nei requisiti di informazione che si applicano tra gli Stati membri. Qualsiasi requisito dovrà essere proporzionato e giustificato. E’ importante che questo strumento legislativo non aggiunga inutili oneri che graverebbero sulle aziende e interferirebbero con il diritto dei fornitori stranieri di servizi di distaccare i propri lavoratori.
Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. – (NL) La direttiva sul distacco dei lavoratori 96/71/CE è una pietra miliare nella legislazione europea sul lavoro. La relazione Schroedter mette in evidenza i problemi derivanti dall’applicazione della direttiva, rispondendo così a una comunicazione della Commissione – promessa già nel 2004 ma comparsa soltanto nell’aprile 2006 – in cui la Commissione, facendo riferimento alle sentenze della Corte di giustizia, ha cercato di limitare le misure di controllo cui possono far ricorso gli Stati membri.
La relazione Schroedter ripristina l’equilibrio tra la liberalizzazione economica e la protezione sociale. Di conseguenza, alcune misure amministrative (per esempio i servizi d’ispezione sul finto lavoro autonomo, i contratti di lavoro collettivo) non potranno più essere considerati limitativi della libertà di circolazione dei lavoratori all’interno dei mercati del lavoro dell’Unione europea; anche la Corte di giustizia condivide quest’opinione.
Le condizioni relative al salario minimo, le condizioni di lavoro, sanità e sicurezza sul lavoro, nonché il principio del paese ospite, sono strumenti importanti per prevenire il dumping sociale e la concorrenza sleale. Allo stesso tempo esse garantiscono un trattamento equo a dipendenti e fornitori di servizi. Grazie a questa relazione, la tendenza neoliberista che l’Europa segue da anni assume una dimensione più sociale. Il Parlamento europeo deve assumersi le proprie responsabilità in materia di protezione sociale dei lavoratori; per questo motivo sostengo la relazione Schroedter.
Konrad Szymański (UEN), per iscritto. – (PL) La relazione Schroedter relativa all’attuazione della direttiva sul distacco dei lavoratori mette a repentaglio tutte le preziose disposizioni previste dagli orientamenti della Commissione europea sul distacco dei lavoratori, in seguito al compromesso raggiunto sulla direttiva sui servizi. Da un punto di vista politico, questo equivale a un passo indietro rispetto a un compromesso ottenuto con tanta fatica.
La Commissione europea ha dichiarato (in un documento non vincolante) che vi sono limiti massimi alla protezione sociale e alla regolamentazione amministrativa del mercato, e che questi non possono essere superati dagli Stati membri per non violare il principio della libertà di fornitura di servizi (fin quando non entrerà in vigore la direttiva sui servizi, la direttiva sul distacco dei lavoratori rimarrà la principale base giuridica del mercato dei servizi).
La relazione presentata dalla commissione per l’occupazione e gli affari sociali rappresenta un rischio per tutte le principali disposizioni dei suddetti orientamenti sul distacco dei lavoratori. Essa difende il vergognoso status quo del mercato dei servizi, grazie al quale le aziende dei nuovi Stati membri sono sistematicamente perseguitate dall’amministrazione per limitare la concorrenza. Si tratta di un semplice ed evidente caso di protezionismo, che si realizza però in nome dei lavoratori e della protezione sociale.
Bernadette Vergnaud (PSE), per iscritto. – (FR) Come abbiamo potuto constatare, la direttiva sul distacco dei lavoratori, male applicata in alcuni Stati membri, non soddisfa i suoi obiettivi; questo si spiega con le diverse interpretazioni di alcuni concetti chiave (il lavoratore, il salario minimo e il subappalto), e con la difficoltà di controllare il rispetto della direttiva e di accedere alle informazioni, sia per i lavoratori che per le PMI.
Un sistema efficace di cooperazione tra gli Stati membri deve rafforzare la partecipazione delle parti sociali, informare i lavoratori distaccati in merito ai loro diritti, e le aziende – soprattutto le PMI e le aziende artigiane – sugli interlocutori da contattare.
Infine, è ormai essenziale che la Commissione europea esamini soluzioni costruttive che possano prevenire ed eliminare la concorrenza sleale – di cui sono un esempio le società prestanome – o ancora i doppi distacchi da uno Stato all’altro, nonché il dumping sociale che deriva dal distacco illegale di lavoratori, soprattutto con il ricorso a falsi lavoratori autonomi.
Non si tratta di modificare l’acquis della direttiva, ma di migliorarlo. Per questo motivo ho votato a favore della relazione d’iniziativa dell’onorevole Schroedter.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il Parlamento ha celebrato il suo rituale come ogni anno, ratificando la politica monetaria della Banca centrale europea (BCE). Sebbene la relazione inviti alla prudenza in materia di aumenti dei tassi d’interesse e di investimenti, le sue principali priorità sono la stabilità dei prezzi e il consolidamento di bilancio, che continueranno a minare la crescita economica, l’occupazione e il potere d’acquisto dei cittadini. Quando invece si devono mettere in primo piano le preoccupazioni economiche e sociali – in contrasto con gli obiettivi fondamentali della BCE – la ricetta non cambia, aumentano soltanto le dosi: riforme strutturali del mercato del lavoro e della sicurezza sociale, e questo non è certo sorprendente.
Dicendo che il sistema di nomine del comitato esecutivo ha funzionato bene, e che i suoi membri non devono essere scelti sulla base della nazionalità, la relazione trascura il fatto che questo sistema opera sempre sulla base della rotazione tra le nazionalità delle maggiori potenze dell’Unione europea. Di conseguenza, con un sistema a rotazione per il Consiglio dei governatori adottato nel 2003, si escludono i paesi piccoli dalle votazioni sulle decisioni monetarie. Il Parlamento ha dichiarato di opporsi a una simile situazione, ritenendola eccessivamente complessa e ingiusta, e ha proposto un Consiglio dei governatori di soli nove membri. Non è difficile prevedere chi sarà incluso e chi no. Per tutti questi motivi, siamo costretti a votare contro.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione dell’onorevole Berès, a mio avviso, è una constatazione del fallimento della politica monetaria della BCE. A dire il vero, le uniche notizie davvero positive che essa ci reca riguardano i profitti prodotti dalla Banca, nonché il fatto che essa, se non altro, è riuscita a creare posti di lavoro al suo interno, dal momento che il suo organico (chissà quali sono le sue mansioni) è aumentato dell’86 per cento in sette anni.
Ormai la situazione è tale che, per fare amare l’euro ai cittadini europei, la relatrice chiede di modificare le banconote per sostituire le immagini di quei ponti inesistenti con personaggi, paesaggi e monumenti reali che siano radicati nella cultura nel nostro continente.
I colleghi del Fronte nazionale e io abbiamo dichiarato in diverse occasioni, in questa sede, la nostra avversione per tale politica, il suo effetto disastroso sull’occupazione e sul potere d’acquisto degli europei, la sua eccessiva attenzione agli obiettivi finanziari ma non economici, la dannosa assenza di una politica dei cambi e, attualmente, la sua politica di aumento dei tassi d’interesse che frenerà ulteriormente la crescita. La nostra opinione non è mutata.
Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Con un referendum i cittadini svedesi hanno respinto, con un’ampia maggioranza, la possibilità di introdurre l’euro, e io sostengo incondizionatamente questa posizione. La relazione è un’opera di propaganda a favore dell’euro, che non posso certo sostenere. Nel paragrafo 26 si propongono misure da adottare affinché gli europei non prendano le distanze dall’euro. Nel paragrafo 27 si fa propaganda a favore della Costituzione. Mi oppongo a formulazioni di questo tipo, e ho votato contro l’intera relazione.
Timothy Kirkhope (PPE-DE), per iscritto. – (EN) La politica del partito conservatore in relazione all’euro è chiara: siamo fermamente decisi a tenerci la sterlina. Tuttavia, dal momento che l’Unione europea in generale e la zona dell’euro in particolare rappresentano i nostri maggiori partner commerciali, vigiliamo attentamente sulla stabilità dell’euro, giacché essa influisce direttamente sulla prosperità del Regno Unito. Ci riserviamo perciò il diritto di levare la nostra voce quando riteniamo che l’indipendenza della Banca centrale europea sia soggetta a ingiustificate pressioni politiche. L’anno scorso, quando i tassi d’interesse sono stati aumentati dopo aver registrato un minimo senza precedenti, la BCE ha subito attacchi politici, e si è anche cercato di sfruttare questa relazione per interferire nella sua gestione. Fortunatamente, la versione finale della relazione rispetta l’indipendenza della BCE, e abbiamo quindi deciso, in via eccezionale, di sostenerla per rendere noto il nostro impegno a favore di una sana politica monetaria.
Carl Lang (NI), per iscritto. – (FR) Con l’introduzione dell’euro, ormai da sette anni, il potere d’acquisto degli europei è sensibilmente diminuito. Nella zona dell’euro abbiamo effettivamente potuto constatare un aumento dei prezzi reali per i beni di consumo e il tempo libero, e una tendenza ancora più marcata nel settore immobiliare a causa di scarsi controlli sui fondi speculativi. Quindi, anche senza menzionare l’eccessivo indebitamento, la classe operaia e la classe media sono state quelle più duramente colpite.
Anche la crescita economica della zona dell’euro è diminuita. In effetti, il volume del PIL è aumentato dell’1,8 per cento nel 2004, ma solo dell’1,4 per cento nel 2005. Le prospettive per il periodo 2007-2013 sono ancora più inquietanti, poiché l’euro minerà ulteriormente la crescita europea non appena il tasso di cambio rispetto al dollaro diverrà troppo favorevole.
E’ opportuno ricordare che questa banca, che si distingue per la sua filosofia e i suoi principi europeisti, è caratterizzata da scarsa trasparenza e deficit democratico, e che inoltre nessuno degli obiettivi economici e sociali dell’Unione europea sarà raggiunto. Tali indicatori ci devono far capire che bisogna uscire dalla zona dell’euro, e che le nazioni devono recuperare le proprie competenze in materia di decisioni economiche, sociali e monetarie, in un’Europa libera in cui domineranno la protezione e la preferenza nazionale e comunitaria.
Peter Skinner (PSE), per iscritto. – (EN) In linea di massima condivido lo spirito generale della relazione, soprattutto in materia di controllo e trasparenza, ma su un punto specifico ritengo opportuno intervenire con estrema cautela: i fondi speculativi.
Ogni autorità monetaria centrale deve esercitare un vigile controllo sui fondi speculativi. Tuttavia, mi sembra prematuro effettuare analisi per promuovere la regolamentazione del settore. La necessità di regolamentarlo infatti potrebbe rivelarsi sproporzionata rispetto a qualsiasi minaccia si possa percepire in relazione a tali fondi.
Sahra Wagenknecht (GUE/NGL), per iscritto. – (DE) Ancora una volta la BCE afferma che la stabilità dei prezzi è il suo contributo alla creazione di posti di lavoro e alla crescita. Nella zona dell’euro la stabilità dei prezzi è una realtà; in diversi settori, in verità, i tassi aggregati di aumento dei prezzi inferiori al due per cento stanno spianando la strada alla deflazione, e non appena si manifestano i più piccoli segnali di ripresa economica nella zona dell’euro, la BCE – con la sua cieca fissazione sulla stabilità dei prezzi – non fa altro che aumentare i tassi d’interesse. E lo fa senza che vi sia alcun segnale di tendenze inflazionistiche, sebbene non si registrino mutamenti nell’alto tasso di disoccupazione e nonostante i salari stiano aumentando molto più lentamente della produttività: cosa che, nel lungo periodo, provocherà necessariamente gravi squilibri nelle economie nazionali. Lo fa sebbene perfino i mercati dei capitali, con i loro tassi d’interesse di lungo periodo estremamente bassi, non prevedano per il futuro né un aumento sostanziale dei prezzi, né una persistente ripresa economica, e uno sguardo oltre Atlantico dimostra che hanno pochi motivi per farlo.
Nella sua versione originale, la relazione era abbastanza coraggiosa da adottare un atteggiamento critico. Purtroppo però rimane poco di tale atteggiamento in seguito al voto in seno alla commissione per i problemi economici e monetari, anche se sembrerebbe necessario esprimere perlomeno alcuni dubbi.
Ciò di cui l’Europa ha veramente bisogno è una diversa politica monetaria, che sia guidata non dai dogmi monetaristi, ma dalla responsabilità sociale; una politica che rappresenti gli interessi della vasta maggioranza degli europei piuttosto che quelli degli squali della finanza e dell’élite finanziaria europea.
Presidente. – Con questo si concludono le dichiarazioni di voto.