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Resoconto integrale delle discussioni
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Giovedì 26 ottobre 2006 - Strasburgo Edizione GU
1. Apertura della seduta
 2. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
 3. Banca centrale europea (2005) (discussione)
 4. Sostegno allo sviluppo rurale a titolo del FEASR - Modulazione volontaria dei pagamenti diretti nell’ambito della PAC (discussione)
 5. Benvenuto
 6. Turno di votazioni
  6.1. Progetto di bilancio generale dell’Unione europea - Esercizio 2007 (votazione)
  6.2. Progetto di bilancio generale 2007 (sezione III) (votazione)
  6.3. Progetto di bilancio generale 2007 (sezioni I, II, IV, V, VI, VII, VIII) (votazione)
  6.4. Flotte pescherecce delle regioni ultraperiferiche (votazione)
  6.5. Commemorazione dell’insurrezione ungherese del 1956 (votazione)
  6.6. Moldova (Transnistria) (votazione)
  6.7. Georgia (Ossezia del Sud) (votazione)
  6.8. Esportazione di rifiuti tossici in Africa (votazione)
  6.9. Protezione penale dell’ambiente (votazione)
  6.10. Accordo euromediterraneo di associazione UE/Siria (votazione)
  6.11. Strategia dell’Unione europea in vista della Conferenza di Nairobi sul cambiamento climatico (votazione)
  6.12. Trasporto sulle vie navigabili interne (votazione)
  6.13. Partenariati pubblico-privati (votazione)
  6.14. Distacco dei lavoratori (votazione)
  6.15. Banca centrale europea (2005) (votazione)
 7. Dichiarazioni di voto
 8. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
 9. Composizione delle commissioni e delle delegazioni: vedasi processo verbale
 10. Comunicazione delle posizioni comuni del Consiglio: vedasi processo verbale
 11. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
 12. Discussioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto
  12.1. Tibet
  12.2. Processo a Rios Montt
  12.3. Uzbekistan
 13. Turno di votazioni
  13.1. Tibet (votazione)
  13.2. Processo a Rios Montt (votazione)
  13.3. Uzbekistan (votazione)
 14. Decisioni concernenti taluni documenti: vedasi processo verbale
 15. Dichiarazioni scritte che figurano nel registro (articolo 116 del Regolamento): vedasi processo verbale
 16. Trasmissione dei testi approvati nel corso della presente seduta: vedasi processo verbale
 17. Calendario delle prossime sedute: vedasi processo verbale
 18. Interruzione della sessione
 ALLEGATO (Risposte scritte)


  

PRESIDENZA DELL’ON. SARYUSZ-WOLSKI
Vicepresidente

 
1. Apertura della seduta
  

(La seduta inizia alle 10.05)

 

2. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale

3. Banca centrale europea (2005) (discussione)
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  Presidente. L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0349/2006), presentata dall’onorevole Berès a nome della commissione per i problemi economici e monetari, sulla relazione annuale 2005 della Banca centrale europea [2006/2206(INI)].

 
  
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  Pervenche Berès (PSE), relatore. – (FR) Signor Presidente, signor Presidente della Banca centrale europea, onorevoli colleghi, la relazione annuale della Banca centrale europea offre sempre al Parlamento europeo l’opportunità di esaminare la politica monetaria e integrare il lavoro svolto dalla commissione per i problemi economici e monetari attraverso il dialogo monetario condotto quattro volte all’anno con il Presidente della Banca centrale europea. Voi certo ricorderete che lo scorso anno abbiamo respinto la relazione poiché non corrispondeva agli orientamenti sostenuti da questo Parlamento.

Il 2005 è stato un anno inconsueto nel corso del quale la Banca centrale ha intrapreso una serie di cinque rialzi dei tassi di interesse, di cui il primo attuato il 1° dicembre. Tali aumenti consecutivi si sono verificati in un contesto economico inusuale, determinato sia dall’aumento dei corsi petroliferi sia da un tasso di cambio sfavorevole per le esportazioni della zona euro, nel quadro di una ripresa della crescita economica considerata fragile dai più attenti osservatori.

In tali circostanze, la presente relazione invita espressamente la Banca centrale europea ad analizzare con cura le condizioni in cui attua la propria politica monetaria. Sono lieta che la relazione sottolinei anche l’importanza della parità euro-dollaro per la crescita dell’Unione europea e da ciò tragga una serie di conclusioni, formulate in uno spirito di compromesso, sempre tenendo presente la necessità che ogni autorità monetaria eserciti pienamente le proprie responsabilità a livello di tassi di cambio. Spero che tale compromesso non venga meno al momento della votazione.

Vorrei nondimeno esprimere il mio rammarico per il fatto che, nella relazione, non sia stato possibile includere il tema dell’indebitamento delle famiglie né la necessità di migliorare il coordinamento delle politiche economiche. Ciò premesso, mi consenta, signor Presidente, di citare alcuni punti in merito ai quali ritengo che la presente relazione fornisca indicazioni originali e interessanti.

Mi riferisco, per esempio, all’invito rivolto alla Banca centrale europea affinché vagli attentamente l’uso delle banconote da 500 euro e la possibilità di congelarne l’emissione, ma soprattutto al tema fondamentale per questo Parlamento, ossia le condizioni in cui viene esercitato il controllo democratico e il modo in cui la Banca centrale europea opera come Istituzione. Da questo punto di vista, abbiamo voluto, prima del prossimo rinnovo di un membro del Comitato esecutivo, offrire il nostro apporto a quel dibattito indispensabile che deve aver luogo tra le Istituzioni affinché i membri del Comitato esecutivo possano rappresentare gli interessi della zona euro nella maniera migliore possibile. Riteniamo che, in tal senso, l’approccio più valido consista nell’applicare alla Banca centrale europea la soluzione adottata per i comitati esecutivi di tutte le altre banche centrali, vale a dire una diversità di profili e un equilibrio di portafogli. Siamo d’accordo, in seno al Parlamento, per richiedere che l’equilibrio tra nazioni non sia considerato uno status quo immutabile e siamo peraltro persuasi che la diversità di profili permetta di migliorare il livello dei contributi e la pluralità all’interno del Comitato esecutivo.

Spero inoltre che questo Parlamento si pronunci affinché il Consiglio, nel momento in cui si esprime al fine di convalidare una nomina al Comitato esecutivo, eserciti pienamente il proprio potere decisionale operando la scelta sulla base di una rosa di candidati. Conosco bene l’argomentazione spesso addotta dal Presidente della Banca centrale europea, e anche dallo stesso Jean-Claude Trichet: una pluralità di candidature nuocerebbe alla carriera di coloro che non sono scelti per ricoprire l’incarico.

Lasciatemi dire che, in qualità di osservatori delle procedure di designazione internazionali, la nostra valutazione è diametralmente opposta. A livello internazionale, l’unico incarico che viene ricoperto senza competizione o pluralità di candidature – e provengo da un partito che, come sapete, sta attualmente vivendo questo processo e apprezzandone tutte le qualità – è la presidenza della Banca mondiale. Il processo non si applica invece nel caso del Fondo monetario internazionale né dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico o dell’Organizzazione mondiale del commercio. Riteniamo pertanto che, da questo punto di vista, la zona euro come spazio integrato dovrebbe prevedere tale pluralità di candidature.

Come è ovvio, chiediamo altresì che il Parlamento europeo abbia finalmente il potere di approvare la designazione dei membri del Comitato esecutivo, cosa che, a mio giudizio, ne rafforzerebbe l’autorità, la legittimità e la capacità di esprimere una voce forte per la zona euro, anche sulla scena internazionale. Questo è l’obiettivo primario del Parlamento, il quale desidera che, a livello globale, la Banca centrale europea, unitamente al Consiglio e all’Eurogruppo, rappresenti quell’interlocutore principale e legittimo di cui abbiamo bisogno affinché la voce dell’Europa si senta forte e chiara su temi importanti che lei, signor Presidente, ha accettato di affrontare e in merito ai quali il Parlamento vorrebbe offrire il proprio apporto. Penso naturalmente alla questione dei fondi speculativi (hedge fund), sulla quale spero che il compromesso formulato in seno alla commissione per i problemi economici e monetari sia appoggiato da tutti i gruppi al momento del voto.

 
  
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  Jean-Claude Trichet, Banca centrale europea. (FR) Signor Presidente, onorevoli parlamentari, sono onorato e particolarmente lieto di intervenire oggi dinanzi a questo consesso. Sono qui per presentare al Parlamento europeo la relazione annuale 2005 della Banca centrale europea. Tuttavia, come sapete, i rapporti tra Parlamento e Banca centrale vanno ben oltre gli obblighi specifici imposti dal Trattato. Di fatto, come rammentava poc’anzi l’onorevole Berès, nel corso degli anni abbiamo stabilito un dialogo molto intenso che, mi preme sottolinearlo, non ha mai cessato di rinsaldarsi, anche quest’anno. E’ infatti la terza volta, onorevoli parlamentari, che intervengo dinanzi a voi questo mese, e parimenti i miei colleghi in seno al Comitato esecutivo della Banca centrale sono stati in stretto contatto con il Parlamento europeo in merito a diverse questioni come la riforma del Fondo monetario internazionale, i sistemi di pagamento e i meccanismi di compensazione e liquidazione. Da parte nostra, attribuiamo la massima importanza ai contatti intrattenuti su tali temi.

(DE) Vorrei esordire passando brevemente in rassegna gli sviluppi della politica economica e monetaria avvenuti nel 2005, per poi delineare le misure della Banca centrale europea in materia di politica monetaria, concludendo infine con alcuni commenti sugli aspetti da voi sollevati e sulle proposte da voi formulate nel progetto di risoluzione sulla relazione annuale 2005 della Banca centrale europea.

(EN) Signor Presidente, in primo luogo, vorrei esprimere il mio apprezzamento per la valutazione della commissione per i problemi economici e monetari in merito alla politica monetaria della Banca centrale europea nel 2005 e oltre. Come viene riconosciuto nel progetto di relazione, la politica monetaria della Banca centrale, volta al conseguimento del nostro principale obiettivo, che consiste nel mantenimento della stabilità dei prezzi, ha efficacemente continuato ad ancorare le aspettative di inflazione a livelli compatibili con la stabilità dei prezzi, nonostante una serie di sfide citate dall’onorevole Berès, riguardanti in particolare il sensibile aumento dei corsi petroliferi proseguito ininterrottamente fino a pochissimo tempo fa.

Come già ribadito in varie occasioni, tale ancoraggio è un prerequisito indispensabile affinché la politica monetaria possa costantemente contribuire a supportare una crescita economica sostenibile e la creazione di posti di lavoro nella zona euro, in piena coerenza con l’articolo 105 del Trattato CE.

In proposito, vorrei sottolineare che la comunicazione aperta e trasparente dalla Banca centrale è un elemento fondamentale per orientare le aspettative del mercato. In particolare, la mia dichiarazione introduttiva in occasione della conferenza stampa che si tiene dopo la prima riunione del Consiglio direttivo mensile, fornisce un quadro chiaro, da parte del Consiglio direttivo, della situazione corrente della politica monetaria in tempo reale. Rendiamo dunque pubblico l’esito delle nostre deliberazioni e, in quest’ottica, la dichiarazione introduttiva è paragonabile a ciò che le altre banche centrali chiamano “resoconto sintetico”.

Nel 2005, la politica monetaria della Banca centrale ha operato in un ambiente caratterizzato da condizioni economiche in costante miglioramento. Sebbene, nella prima metà dell’anno, la crescita reale del PIL sia rimasta moderata in un contesto di maggiori incertezze per la domanda interna, nella seconda metà, il ritmo dell’attività economica si è gradualmente intensificato, passando, nel corso dell’anno, dall’1,2 per cento annuo circa in media nel primo semestre all’1,7 per cento annuo circa in media nel secondo semestre. Nel complesso, il PIL reale nella zona euro è cresciuto dell’1,4 per cento.

Per quanto concerne l’andamento dei prezzi, nel 2005, l’inflazione annua misurata in base all’indice IAPC ha registrato in media il 2,2 per cento rispetto al 2,1 per cento in ciascuno dei due anni precedenti e, sebbene sia calata al 2,0 per cento nella prima metà del 2005, rispecchiando soprattutto effetti di base, nel secondo semestre ha subito un’accelerazione raggiungendo livelli considerevolmente superiori al 2 per cento, con un picco del 2,6 per cento in settembre, soprattutto sulla scorta di aumenti sostanziali dei prezzi dell’energia.

Pertanto, per esaminare le decisioni prese dalla Banca centrale in materia di politica monetaria nel 2005 e all’inizio del 2006, è opportuno dividere il periodo in due. Nella prima metà del 2005, nel contesto di un andamento inflazionistico controllato e con aspettative di inflazione per la zona euro saldamente ancorate a livelli in linea con la stabilità dei prezzi, il Consiglio direttivo ha concluso era ancora opportuno mantenere i tassi di interesse su livelli storicamente bassi, vigilando però sempre, nel contempo, sull’eventuale comparsa di rischi di rialzo per la stabilità dei prezzi, segnalati dall’analisi sia economica che monetaria della Banca centrale.

Nella seconda metà del 2005 e all’inizio del 2006, la probabilità che l’inflazione annua media misurata in base all’indice IAPC potesse restare al di sopra del 2 per cento a medio termine è aumentata e occorreva evitare ripercussioni sulle aspettative di inflazione. Tale scenario di tassi di inflazione elevati era sempre soggetto ai rischi di rialzo precedentemente identificati, ossia a ulteriori aumenti di corsi petroliferi e imposte indirette, e, più specificamente, a potenziali effetti mediati nella fissazione di retribuzioni e prezzi, come ha anche confermato l’analisi monetaria alla luce della forte crescita monetaria, della sostenuta espansione del credito e dell’ampia liquidità.

Di conseguenza, alla fine del 2005, il sistematico raffronto incrociato tra l’analisi economica e quella monetaria della Banca centrale europea ha chiaramente indicato la necessità di un aggiustamento dell’approccio molto accomodante adottato dalla politica monetaria della Banca centrale per contenere i rischi di rialzo gravanti sulla stabilità dei prezzi e preservare la solidità dell’ancoraggio delle aspettative di inflazione a lungo termine nella zona euro. Il Consiglio direttivo della Banca centrale ha dunque deciso, in dicembre, di aumentare i principali tassi di interesse della Banca centrale europea di 25 punti base dopo che, per due anni e mezzo, tali tassi erano stati mantenuti su livelli storicamente bassi. Da allora, il Consiglio direttivo ha continuato a ridurre l’accomodamento monetario, fissando così il tasso di offerta minimo delle principali operazioni di rifinanziamento dell’Eurosistema all’attuale 3,25 per cento.

Passando agli sviluppi recenti, tutti i principali indicatori dell’attività economica nella zona euro resisi disponibili nel corso del 2006 confermano la valutazione del Consiglio direttivo secondo cui la crescita economica si è rafforzata, divenendo peraltro più generalizzata e sostenuta, soprattutto grazie al supporto della domanda interna.

Quanto ai prezzi al consumo, i tassi di inflazione annui misurati in base all’indice IAPC, nonostante il calo degli ultimi mesi, rimarranno alti, attestandosi in media nel 2006 a livelli superiori al 2 per cento.

Per il 2007, i rischi inflazionistici restano al rialzo, rischi che comprendono, in particolare, un aumento retributivo superiore al previsto sulla scorta del miglioramento dei mercati del lavoro e un’incidenza dei passati aumenti dei corsi petroliferi anch’essa superiore al previsto. La valutazione dei rischi di rialzo prevalenti è confermata dal raffronto incrociato con l’analisi monetaria, visto l’attuale dinamismo della crescita monetaria e creditizia, l’ampia liquidità e, in una prospettiva a medio termine, una persistente tendenza al rialzo del tasso sottostante all’espansione monetaria, come si osserva nella relazione della Commissione. L’andamento monetario va dunque maggiormente sorvegliato, soprattutto nel contesto di un miglioramento delle condizioni economiche e di forti sviluppi del mercato immobiliare in molte aree della zona euro.

Come ho affermato pubblicamente per conto del Consiglio direttivo dopo la nostra ultima decisione, qualora le nostre ipotesi e il nostro scenario di partenza dovessero essere confermati, sarà ancora necessaria un’ulteriore riduzione dell’accomodamento monetario. Il Consiglio direttivo, pertanto, continuerà a seguire molto da vicino tutti gli sviluppi in maniera da garantire la stabilità dei prezzi a medio e più lungo termine.

Per quel che riguarda la politica fiscale, l’andamento di bilancio nel 2005 e nel 2006 e i piani per il 2007 indicano ulteriori, per quanto lenti, miglioramenti negli equilibri di bilancio. Questo, però, non deve indurre all’autocompiacimento. Rimane essenziale rafforzare il consolidamento di bilancio nell’attuale fase congiunturale ascendente ed evitare politiche procicliche che creerebbero un’eccessiva fiducia nei mercati e nel pubblico.

In merito alle riforme strutturali, condivido la posizione del Parlamento europeo secondo il quale occorrono riforme strutturali radicali per incrementare il tasso di crescita potenziale della zona euro e sostenere lo slancio dell’attuale ripresa economica. In tal senso, gli interventi di riforma intrapresi nel quadro della strategia di Lisbona rinnovata sono stati un ulteriore passo apprezzabile nella giusta direzione. Riforme nazionali volte a eliminare rigidità e inefficienze nei paesi della zona euro, portate con successo a compimento, migliorerebbero infatti il regolare funzionamento dell’unione economica e monetaria e agevolerebbero la gestione della politica monetaria unica della Banca centrale europea.

Nella vostra proposta di risoluzione sollevate una serie di temi rilevanti per la Banca centrale europea e mi preme assicurarvi che li analizzeremo con grande attenzione. Vorrei tuttavia condividere immediatamente con voi la nostra valutazione di due aspetti, vista la loro importanza e gli scambi di opinioni intervenuti al riguardo tra voi, i miei colleghi del Comitato esecutivo e me personalmente.

Nella proposta di risoluzione, la Banca centrale viene esortata a svolgere un’ulteriore analisi nel campo degli hedge fund, punto da voi sottolineato. Nel quadro della crescente attenzione prestata alle attività degli hedge fund, ritengo che sarebbe ingiusto non citare il loro ruolo in termini di miglioramento della liquidità del mercato, offerta di notevoli opportunità di diversificazione agli investitori e promozione dell’innovazione finanziaria. Ciò premesso, è chiaro che il rapido sviluppo della loro presenza all’interno del sistema finanziario pone potenzialmente rischi per la stabilità finanziaria e va ancora appurato se potrebbero amplificare la volatilità del mercato o presentare maggiori rischi di controparte in un ambiente dei mercati finanziari meno propizio. In tale contesto, la Banca centrale europea sicuramente raccoglierà il vostro invito a svolgere un’ulteriore analisi. E’ possibile che si giunga alla conclusione che occorre realmente migliorare l’attuale quadro, essenzialmente basato sulla vigilanza degli istituti finanziari che sono essi stessi sotto controllo per quanto concerne i loro rischi di controparte sugli hedge fund. Vorrei tuttavia rilevare che un siffatto miglioramento dovrebbe essere concordato a livello di comunità internazionale e, in particolare, sulla base di un’opportuna discussione transatlantica.

Per quanto concerne pagamento e regolamento, vorrei in primo luogo ringraziare il Parlamento europeo per il sostegno espresso all’attuazione, entro il novembre 2007, del sistema TARGET2. Trattandosi di un sistema di pagamento integrato per grandi importi, TARGET2 permetterà alle banche di migliorare la propria efficienza e la gestione della liquidità. In tale ambito inserirei anche la crescente pressione esercitata per ottenere una piattaforma integrata per il regolamento delle transazioni con titoli in euro. L’Eurosistema sta dunque attualmente analizzando, in coordinamento con la Commissione europea e in stretta collaborazione con il mercato, la fattibilità dell’introduzione di un’infrastruttura dell’Eurosistema che offra servizi di regolamento di titoli nella moneta della banca centrale. Si deciderà se offrire tale servizio, denominato “TARGET2-Securities”, presumibilmente all’inizio del 2007. Nel campo dei pagamenti al dettaglio, sosteniamo fortemente gli sforzi profusi per istituire la SEPA, un’area di pagamento unica in euro. Accogliamo inoltre con favore l’iniziativa della Commissione europea riguardante una direttiva sui servizi di pagamento e io personalmente apprezzo molto il contributo offerto dal Parlamento europeo per una rapida adozione di detta direttiva che assisterà il sistema bancario nell’introduzione degli strumenti di pagamento SEPA dal 1° gennaio 2008.

Vi ringrazio sentitamente per l’attenzione e resto a vostra disposizione per rispondere a eventuali domande.

(Applausi)

 
  
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  Kurt Joachim Lauk, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, vorrei esordire dicendo che, come si evince dalla relazione, in generale avalliamo l’operato della Banca centrale europea durante lo scorso anno. E’ particolarmente importante che l’indipendenza della Banca centrale sia stata assicurata e resti tale.

E’ stato dimostrato che la politica dei tassi di interesse moderati adottata dalla Banca ha contribuito a rinvigorire l’economia, anche se quella stessa politica è stata molto spesso criticata negli ultimi anni. Stando così le cose, riteniamo che sarebbe assolutamente corretto innalzare di poco l’attuale livello dei tassi di interesse, molto basso in termini storici, nel caso in cui la situazione dovesse richiederlo, per controllare le tendenze inflazionistiche.

Apprezziamo inoltre i commenti espressi della Banca centrale europea in merito alle riforme strutturali necessarie negli Stati membri, riforme che la Banca centrale sta costantemente invocando. E’ sicuramente giusto agire in tal senso perché l’inflazione colpirebbe soprattutto le fasce di reddito medio-basso. Una maggiore inflazione impoverirebbe tali fasce e noi siamo contrari a una simile prospettiva.

Accogliamo altresì con favore la dichiarazione inequivocabile del Presidente della Banca centrale europea in merito allo sviluppo delle borse valori europee. E’ fondamentale garantire che le borse valori europee siano consolidate all’interno dell’Europa e non semplicemente cedute all’estero, agli Stati Uniti, per esempio. E’ l’unico modo per impedire che i regolamenti della Commissione della borsa valori statunitense e la legge Sarbanes-Oxley siano applicati in Europa passando per la porta posteriore. In Europa disponiamo di normative solide e trasparenti per la regolamentazione del mercato, adeguate alla situazione europea, che non vanno indebolite.

Per quanto concerne la relazione, ci siamo fermamente schierati per una non politicizzazione della Banca centrale europea. Noi, gruppo PPE-DE, siamo dunque apertamente contrari alla pubblicazione dei risultati delle votazioni della Banca centrale europea, che significherebbe una politicizzazione, in quanto i risultati sarebbero poi discussi. Del pari siamo contrari a una procedura di nomina discussa pubblicamente, poiché ciò comporterebbe infinite discussioni sui candidati qualificati. Non riteniamo dunque di poter sostenere questi due elementi, perché si tradurrebbero in una politicizzazione della Banca centrale europea.

D’altro canto, vorremmo sottolineare che, se la Banca centrale europea dovesse diventare un operatore del mercato nel campo del regolamento e della compensazione di pagamenti e rate nell’ambito di TARGET2, essa dovrà anche sottostare a un’idonea forma di governo aziendale, forma ancora da sviluppare. In tal modo, si garantirebbe l’indipendenza della Banca centrale e si darebbe vita a una politica economica stabile che condurrebbe alle necessarie riforme strutturali in Europa.

 
  
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  Ieke van den Burg, a nome del gruppo PSE. – (NL) Signor Presidente, eviterò di soffermarmi, a nome del mio gruppo, sulla prima parte dell’intervento del Presidente Trichet o su quanto affermato poc’anzi dall’onorevole Lauk. Mi limiterò a dire che apprezzo questo ininterrotto dialogo politico – visto che il punto di vista dell’onorevole Lauk è anche, evidentemente, un punto di vista politico – con la Banca centrale. Noi stessi abbiamo intrapreso un siffatto dialogo, benché solo di recente, e ritengo che dovremmo proseguire in tal senso. La relazione sottoposta alla nostra attenzione rispecchia, a mio giudizio, proprio la maturità raggiunta da questo dialogo, toccando, come tocca, temi molto seri tra cui il legame esistente tra politica monetaria e politica macroeconomica, argomento di grande rilevanza per il nostro gruppo. Vorrei ora indicare due o tre punti che sono stati oggetto di discussione.

In primo luogo, accolgo con favore quanto affermato dal Presidente Trichet in merito agli hedge fund, all’impegno assunto per una migliore analisi di tali fondi e all’adozione di un approccio più serio al riguardo. Sebbene avessimo espresso tali idee in termini molto chiari poche settimane fa durante il dialogo, allora il Presidente Trichet era parso un po’ più esitante. Sono dunque lieta che adesso si sia espresso in maniera decisamente più esplicita – in un’altra occasione ho definito gli hedge fund il “buco nero” dei mercati finanziari – perché il “buco nero” si sta continuamente allargando e va tappato con grande determinazione monitorando i mercati finanziari, non da ultimo in un’ottica di stabilità.

Il secondo aspetto è la nomina dei membri del Comitato esecutivo della Banca centrale europea. In primavera, abbiamo discusso proprio questo tema in seguito alla nomina del signor Stark. Allora dicemmo con estrema chiarezza – poiché non avevamo nulla contro il signor Stark personalmente, perfettamente qualificato per l’incarico, ma desideravamo parlare della procedura – che non intendevamo soffermarci sulla procedura di designazione e saremmo ritornati sull’argomento nella presente relazione, il che è esattamente ciò che ora stiamo facendo.

Mi dispiace che il gruppo PPE-DE neghi il proprio aiuto per migliorare tale procedura di nomina sviluppandola al meglio, nonché il ruolo che noi, in quest’Aula, possiamo svolgere al riguardo. Apprezzo invece il fatto che almeno i liberali e altri gruppi siano pronti ad offrire il proprio sostegno e spero che si possano compiere i progressi necessari in tempo per la prossima nomina che, a quanto pare, non avverrà prima del 2009/2010. Tale aspetto è estremamente importante perché non è accettabile che i paesi maggiori godano di una posizione privilegiata e che, come nel caso citato, si decida solo nella Cancelleria federale di Berlino chi sia un candidato idoneo.

In conclusione, vorrei passare alla questione di TARGET2. Abbiamo chiaramente rinunciato a parlare di tale argomento, come anche del codice di condotta che la Commissione sta predisponendo al riguardo, scegliendo invece di seguire da vicino la vostra prossima mossa. In questa fase, ciò che possiamo dire è che, se, e ribadisco se, vogliamo che la Banca centrale europea e l’Eurosistema abbiano un ruolo decisionale attivo in proposito, occorrerà un idoneo monitoraggio e un processo decisionale democratico, punto sul quale tutti concordiamo.

 
  
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  Jules Maaten, a nome del gruppo ALDE. – (NL) Signor Presidente, la presente relazione costituisce in tutti i casi, come già sottolineato, un’opportunità effettiva per analizzare nuovamente in maniera approfondita non solo la relazione annuale della Banca centrale europea, ma anche la nostra posizione, in quanto Parlamento, all’interno del dibattito sulla politica monetaria. Devo dire che questa volta, come è già accaduto in anni recenti, il mio gruppo ha sposato una linea tradizionale. In primo luogo, il nostro punto di vista sulla politica monetaria è inequivocabile. L’indipendenza della Banca centrale europea non va toccata, non si possono esercitare pressioni politiche e dobbiamo evitare che la politica monetaria nella zona euro sia politicizzata.

Riteniamo che occorra rinsaldare la fiducia nella Banca centrale europea. Nel settembre 2005, quando il tasso di inflazione è arrivato al 2,6 per cento, la Banca centrale europea ha risposto correttamente aumentando il tasso di interesse storicamente molto basso. La stabilità dei prezzi è la massima priorità della Banca centrale europea e tale deve restare, come sancito dal Trattato. Ciò premesso, siamo anche del parere che sia possibile una maggiore trasparenza, cosa che ribadiremo anche in futuro. Questo aspetto è stato peraltro sollevato ben sei anni fa dall’onorevole Huhne, che all’epoca elaborò una relazione in proposito. Apprezzo altresì l’impegno profuso dalla Banca centrale europea al riguardo e l’odierna presenza in Aula del suo Presidente è una cosa ben diversa – sebbene le persone coinvolte siano le stesse – dalle sue visite in seno alla commissione per i problemi economici e monetari, una partecipazione sicuramente elogiabile che, ritengo, rappresenti un’innovazione rispetto al passato.

Ciononostante, il processo decisionale della Banca centrale si svolge, in gran parte, in quelle che ci paiono recondite stanze oscure. Non intendiamo ovviamente sostenere che l’intero Parlamento europeo e la BBC presenzino alle riunioni del Comitato esecutivo della Banca centrale, ma vorremmo conoscere le argomentazioni pro e contro una decisione presa e sapere se le decisioni sono state prese all’unanimità o meno, in modo che il mercato possa avere un quadro più chiaro della politica monetaria.

Vorremmo infine chiedere che la procedura di designazione dei membri del Comitato esecutivo della Banca centrale sia rivista. Riteniamo che il principio che attualmente presiede de facto alla ripartizione degli incarichi della Banca centrale in base alle dimensioni degli Stati membri debba essere abbandonato. Anziché intraprendere un dibattito pubblico generalizzato sull’argomento, riteniamo che a tal fine la possibilità di scelta tra vari candidati effettivamente costituisca un sistema migliore.

 
  
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  Jacky Henin, a nome del gruppo GUE/NGL. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, giacché stiamo discutendo sulla relazione della Banca centrale europea, vorrei rivolgere qualche parola al suo Presidente.

Signor Presidente Trichet, lei è realmente il restauratore di un pessimo sistema per tutti i popoli europei e, in quanto tale, lei è probabilmente – e involontariamente, perché altrimenti ne saremmo venuti a conoscenza – il miglior promotore del “no” dei popoli francese e olandese al Trattato costituzionale europeo, e per questo la ringraziamo.

I principi fondatori della Banca centrale europea sono già, essi stessi, un ostacolo alla crescita nella zona euro, ma quando, nonostante il suo intervento, comunque vi è crescita, questa crea pochi posti di lavoro, o non ne crea affatto, e si manifesta unicamente a beneficio dei più ricchi. La Banca centrale europea asserisce di aver arginato l’inflazione. In realtà, i ceti medio-bassi hanno visto dissolversi il proprio potere di acquisto, mentre i ricchi non lo sono mai stati tanto. La Banca centrale difende il peggiore dei capitalismi, quello dei benestanti e dell’impoverimento delle classi medio-basse. La sua inerzia di fronte alla politica del dollaro debole condotta dagli Stati Uniti distrugge, di giorno in giorno, migliaia di posti di lavoro industriali qualificati che creano valore aggiunto nella zona euro. Lei rappresenta la banca del malcontento e della disoccupazione di massa.

Per tutti questi motivi, occorre farla finita con una Banca centrale europea agli ordini dei mercati finanziari e completamente avulsa dalla volontà dei popoli dell’Unione. Serve urgentemente un nuovo Trattato che affidi una missione alla Banca centrale europea in materia di occupazione, formazione e ricerca sotto lo stretto controllo del nostro Parlamento e dei parlamenti nazionali, un nuovo Trattato che dovrà imperativamente sostituire il patto di stabilità finanziaria, un patto di progresso sociale per l’occupazione e la crescita in grado di rilanciare, in tutta l’Unione, la spesa pubblica per la salute, la formazione, l’istruzione, l’edilizia popolare, la cultura, i trasporti e le infrastrutture.

Solo prendendo tali decisioni riusciremo a riconquistare la fiducia del popolo europeo, altrimenti la distanza tra le nostre Istituzioni e i vari popoli continuerà ad aumentare aggravando il divario in termini di ricchezza tra popoli dell’Unione e tra cittadini di uno stesso paese, e favorendo l’escalation di estremismi e nazionalismi antieuropei.

 
  
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  John Whittaker, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, stiamo di nuovo insegnando alla Banca centrale europea come svolgere il proprio lavoro! Questo atteggiamento non solo è contrario allo spirito del Trattato, il quale dichiara che la Banca centrale europea è indipendente, ma è anche una gran perdita di tempo perché, come sempre, la Banca centrale europea ascolterà educatamente ma, come è ragionevolmente ipotizzabile, ne terrà poco conto. Infatti, la Banca centrale europea ha abbastanza problemi già da sola, senza ascoltare questo Parlamento, nel fissare un tasso di interesse che vada bene per 12 economie diverse, che presto saranno ben più numerose.

La difficoltà a trovare un’unica soluzione adatta a tutti permane. Al momento, le economie della zona euro allargata stanno assistendo a una crescita leggermente superiore ma, come conferma il Presidente Trichet, si tratta di una crescita fragile. Nel momento in cui questo delicato equilibrio vacillerà, il suo problema nella scelta del tasso di interesse giusto diventerà ancora più complesso. La Banca centrale sarà infatti costretta a scegliere tra inflazione in Germania o recessione in Europa meridionale, con tutte le infauste implicazioni per l’indebitamento dei governi che ciò inevitabilmente comporterà.

Mi domando quale consiglio elargirà il Parlamento in quel momento.

 
  
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  Jean-Claude Martinez (NI).(FR) Signor Presidente, signor Presidente della Banca centrale europea, ieri abbiamo discusso in questa sede del cancro al seno e nessuno pareva preoccupato per la lotta all’inflazione. Questo significa che, quando si tratta di vita o di morte, la gerarchia delle priorità cambia: capiamo cosa è veramente importante!

Orbene, la lotta all’inflazione è davvero l’elemento essenziale della vita economica? Esordire nella nostra risoluzione con un riferimento al Padre – l’indipendenza della Banca centrale – e al Figlio – la stabilità dei prezzi – sperando che lo Spirito Santo – la prosperità – discenda dagli Stati Uniti, forse è buona cosa per l’indipendenza della Banca centrale, ma non lo è per i popoli! Personalmente, signor Presidente Trichet, capisco perfettamente che lei sia vincolato dagli aggregati monetari uno, due e tre, dal fine tuning e dalla necessità di indirizzare i tassi di interesse. Tuttavia, anche nel paese di Milton Friedman si lascia il Cile praticare un avanzo di bilancio dell’1 per cento mentre gli stessi Stati Uniti scelgono la via dell’overdose di bilancio. Occorre dunque porsi il vero interrogativo: se la nonna tedesca ha avuto il diabete inflazionistico negli anni Venti, è davvero necessario che, 80 anni dopo, tutta l’Europa segua una dieta senza zucchero di bilancio e senza zucchero monetario?

 
  
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  Alexander Radwan (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signor Presidente della Banca centrale europea, il gruppo PPE-DE avalla la posizione della Banca centrale europea in merito alla stabilità monetaria. Non dovremmo cedere alla tentazione di aggiungere alle responsabilità della Banca centrale settori in cui gli Stati nazione si rifiutano di agire, ossia quelli delle riforme economiche e sociali. La Banca centrale non può pagare da sola per queste riforme né può permettersi di farlo. In questo caso, è essenziale che gli Stati nazione assolvano infine i propri obblighi.

Sosteniamo inoltre l’indipendenza della Banca centrale europea, la sua indipendenza politica e l’indipendenza della sua politica monetaria, e tutto questo sin dalla procedura di selezione dei suoi membri. Non so quali saranno gli esiti delle votazioni odierne. Posso soltanto dirvi che il PPE-DE appoggia l’idea della non politicizzazione, a partire dalla procedura di selezione, e ritiene che la forma di trasparenza proposta non sia utile. La Banca centrale europea dispone di diversi altri strumenti nel suo dialogo e li utilizza, proprio come altre banche centrali nel mondo. Vi è un ampio consenso in merito all’interno di quest’Aula.

Per quel che concerne l’indipendenza, vorrei aggiungere che stiamo combattendo per l’indipendenza della politica monetaria; spero anche, però, che la Banca centrale non insista troppo su questo tema. Da anni, ormai, intratteniamo con essa una discussione in merito a “compensazione e regolamento”, soprattutto con la signora Tumpel-Gugerell, e vorrei semplicemente ricordare al Parlamento che la Banca centrale europea ha avviato un dialogo sull’argomento con il Comitato delle autorità europee di regolamentazione dei valori mobiliari (CESR) e ora sta aprendo un dialogo con gli operatori del mercato.

Non siamo contrari al dialogo, voglio dirlo con chiarezza. Forse la via che la Banca centrale sta proponendo e intraprendendo sarà, alla fine, quella giusta. Per noi non si tratta di una valutazione materiale, ma la via attraverso la quale la Banca centrale diventa parte del mercato non può essere scelta senza supervisione e prescindendo dalla politica. Per questo l’abbiamo chiesto con estrema urgenza e speriamo che oggi la votazione proceda come tutti auspichiamo. Abbiamo bisogno di un buon governo nonché di un quadro normativo per quest’area.

Non possiamo trovarci in una situazione in cui Parlamento e Commissione deliberano sull’eventualità di formulare una direttiva e tracciare un quadro idoneo per poi sentirsi dire dalla Banca centrale che nulla di tutto questo la riguarda e che intraprenderà la via che ritiene appropriata. Non esageriamo dunque. In materia di politica monetaria, siamo dalla vostra parte.

 
  
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  Robert Goebbels (PSE).(FR) Signor Presidente, dalla sua creazione, la Banca centrale ha assolto la sua principale missione, ossia la lotta all’inflazione, e di fatto il tasso di inflazione della zona euro è rimasto al di sotto di quello degli Stati Uniti e del Regno Unito. I nostri concittadini si sbagliano quando pensano che l’euro ha fatto salire i prezzi alle stelle. Certo, si è avuta una spinta inflazionistica quando siamo passati all’euro, soprattutto nel campo della ristorazione e del commercio, dove i prezzi hanno subito un eccessivo arrotondamento al rialzo. Detto questo, da quella febbre iniziale, l’inflazione di fondo è rimasta generalmente sotto controllo. Il boom dei prezzi sul mercato del petrolio e del gas è uno sconvolgimento esterno sul quale l’Unione ha ben poca influenza. Tuttavia, poiché l’euro si è rivalutato rispetto al dollaro, che resta la valuta nella quale sono quotate le materie prime, l’impatto è stato meno forte per la zona euro di quanto lo sia stato per gli americani.

L’euro è infatti uno scudo che ha protetto tutta l’Europa in occasione di avvenimenti quali la guerra in Iraq, la guerra in Afghanistan o addirittura l’11 settembre 2001. Senza l’euro, molte valute europee sarebbero state sotto pressione e avrebbero rischiato di provocare il crollo del mercato interno. Come ha affermato il Presidente Zapatero, la Spagna non avrebbe mai potuto ritirare le proprie truppe dall’Iraq se la sua valuta fosse stata la peseta anziché l’euro. Tuttavia, nonostante l’ottimo servizio reso dall’euro all’Europa, e mi congratulo con la Banca centrale europea per il lavoro svolto, resto comunque del parere che la Banca centrale europea potrebbe fare di meglio. Il Presidente Trichet e i suoi colleghi attribuiscono troppa importanza alla lotta all’inflazione, mentre i rischi inflazionistici restano molto limitati.

Viceversa, la Banca centrale si rifiuta di offrire il proprio sostegno alle politiche economiche generali dell’Unione e giustifica la propria posizione affermando che il Trattato costituzionale stabilisce che il mantenimento della stabilità dei prezzi è l’unico sostegno possibile alla politica economica generale dell’Europa. La Banca centrale è indipendente e lo resterà, anche senza l’appoggio dell’onorevole Radwan, ragione di più per dimostrare apertura al dialogo. Quando si è indipendenti, signor Presidente, ci si può permettere di intrattenere una concertazione più attiva con l’Eurogruppo, per esempio al fine di ottenere uno sviluppo economico più sostenuto dell’Europa. Crescita e stabilità sono i due piedi che fanno avanzare l’Europa.

 
  
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  Wolf Klinz (ALDE).(DE) Signor Presidente, vorrei ringraziare il Presidente Trichet e i suoi colleghi per l’intensa collaborazione sinora dimostrata. La relazione annuale della Banca centrale è un documento importantissimo per quest’Aula, in quanto costituisce la base per discutere temi fondamentali di politica monetaria. Non per niente il presidente della commissione per i problemi economici e monetari ha assunto personalmente l’incarico di relatore su tale argomento.

Le discussioni in merito alle nomine in seno alla Banca centrale e al suo compito principale sfociano però sempre in controversie; ne abbiamo avuta l’ennesima dimostrazione. Non sorprende dunque che solo attraverso innumerevoli proposte di compromesso sia stato possibile giungere a un risultato vagamente simile a una posizione comune in seno alla commissione. A titolo personale, mi rammarica il fatto che il gruppo PSE si sia astenuto dalla votazione finale in commissione, nonostante tutti questi compromessi. La sua decisione denuncia le difficoltà che il gruppo socialista ancora incontra con una serie di punti della relazione. Il gruppo ALDE ha invece appoggiato l’indipendenza della Banca centrale senza ulteriori ipotesi e obiezioni.

Compito principale della Banca è e resta garantire la stabilità dell’euro, compito sinora assolto egregiamente. Non possiamo in alcun caso essere accondiscendenti sul tema dell’indipendenza o della stabilità dei prezzi. Anche in futuro, pertanto, non si dovranno esercitare pressioni politiche e i membri del Comitato esecutivo dovranno essere scelti unicamente sulla base delle loro competenze e non della loro nazionalità.

 
  
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  Ashley Mote (NI).(EN) Signor Presidente, ancora una volta pare necessario richiamare l’attenzione sul fatto che la Banca centrale europea continua a stampare in grandi quantità banconote da 500 euro, utili soltanto a quanti accumulano ricchezze discutibili o riciclano danaro sporco. In realtà, ultimamente il volume dell’emissione di questo tipo di banconote è addirittura salito. Eppure il Sunday Times di Londra ha recentemente pubblicato un lungo articolo contenente molte prove in merito all’uso di tali banconote in Spagna, Italia e Grecia, direttamente a fini di riciclaggio. L’unica conclusione che possiamo trarne è che la Banca centrale europea assiste e spalleggia attivamente tali manovre.

 
  
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  Dariusz Rosati (PSE).(PL) Signor Presidente, vorrei esprimere un parere favorevole sulle attività condotte dalla Banca centrale europea nel 2005. Vorrei anche categoricamente ribadire che il gruppo PSE sostiene appieno e rispetta l’indipendenza della Banca centrale, ritenendo che essa sia una condizione sine qua non per condurre una politica monetaria appropriata nell’unione economica e monetaria, che peraltro garantisce il valore della nostra moneta comune.

Vorrei ora sottolineare tre aspetti di cui si è discusso a lungo in questo Parlamento. In primo luogo, resta poco chiara l’importanza relativa dei due pilastri della politica monetaria adottata dalla Banca centrale. Mi riferisco all’offerta monetaria rispetto ad altre informazioni sulla futura inflazione. Non sappiamo, pertanto, se o in quale misura gli sviluppi dell’offerta monetaria costituiscano un fattore decisivo per la Banca centrale quando fissa i tassi di interesse. Stabilire regole chiare al riguardo migliorerebbe la trasparenza e l’efficacia della politica monetaria.

In secondo luogo, occorre urgentemente un’interpretazione chiara del mandato della Banca centrale europea previsto dall’articolo 105, paragrafo 1, del Trattato. In particolare, la Banca centrale deve dichiarare come intende assolvere gli obblighi, previsti dal Trattato, di sostenere la politica economica dell’Unione europea mantenendo, nel contempo, la stabilità dei prezzi, e di quali risorse intende avvalersi a tal fine. Ribadirei in proposito che il Trattato opera una chiara distinzione tra questi due obiettivi, che pertanto non possono considerarsi interscambiabili. Se la Banca centrale avesse adottato una posizione chiara in merito, sarebbe stato possibile evitare equivoci circa l’eventuale responsabilità della Banca centrale nel raggiungimento di obiettivi diversi dalla stabilità dei prezzi.

In terzo luogo, la Banca centrale interpreta erroneamente il criterio di inflazione applicato per valutare il grado di preparazione dei nuovi Stati membri all’ingresso nella zona euro. Il Trattato stabilisce chiaramente che il punto di riferimento dovrebbe essere il tasso medio di inflazione, e cito: “dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi”. Il Trattato non parla di prezzi più bassi. La Banca centrale ha definito la stabilità dei prezzi come equivalente ad un tasso di inflazione inferiore, ma prossimo al 2 per cento. Tuttavia, nel momento in cui valuta il livello di preparazione dei paesi candidati, la Banca centrale applica un’altra definizione, vale a dire la media dei tre paesi con l’inflazione più bassa. Non possono sussistere due diverse interpretazioni della stessa disposizione del Trattato, e dunque chiedo alla Banca centrale di chiarire la situazione.

 
  
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  Antolín Sánchez Presedo (PSE).(ES) Signor Presidente, signor Presidente Trichet, onorevoli colleghi, la presentazione e la discussione in Parlamento della relazione annuale 2005 della Banca centrale europea è quella fase di rendicontazione annuale che rende l’indipendenza della Banca centrale compatibile con il suo controllo democratico.

Vorrei formulare tre brevi commenti sull’impatto della politica monetaria, la necessità di un’integrazione finanziaria e la futura composizione del Comitato esecutivo.

Gli obiettivi della politica monetaria sono controllare l’inflazione e contribuire agli obiettivi economici di carattere generale. Alla fine del 2005, trascorsi due anni e mezzo durante i quali non è stata intrapresa alcuna azione, la Banca centrale europea ha aumentato i tassi di interesse, l’inflazione si è attestata a 2 decimi di punto al di sopra del 2 per cento e si è avuta una modesta crescita dell’1,4 per cento nella zona euro.

Questi sono dati macroeconomici, ma i risultati della politica monetaria impongono l’adozione di un approccio più preciso che, a mio parere, deve prevedere due azioni: da un lato, occorre esaminare le divergenze interne, che sono considerevoli, in termini di inflazione e crescita, tra gli Stati membri della zona euro, e questo è un aspetto importante al fine di valutare l’impatto della politica monetaria e, soprattutto, di garantire che non vi siano squilibri persistenti; dall’altro, occorre anche conoscere l’effetto che tali condizioni della politica monetaria esercitano sul mercato e, in particolare, sulle piccole e medie imprese.

Nel corso del 2005, la Banca centrale europea ha pubblicato la prima relazione sull’integrazione finanziaria nella zona euro, una relazione che offre un contributo molto importante, e per questo le rivolgo le mie congratulazioni. La globalizzazione accelerata sta producendo cambiamenti nei prodotti e sui mercati finanziari che comportano nuove sfide. Quando è stata creata la moneta unica, i rischi del sistema potevano essere affrontati con strumenti della politica monetaria. Ora abbiamo bisogno di nuove iniziative ed è per questo che è importante continuare a progredire sul versante dell’unione economica e monetaria per conseguire nuovi obiettivi, ma anche per mantenere l’efficienza della politica monetaria di fronte a nuove sfide.

Infine, in merito alla composizione del Comitato esecutivo, sono favorevole a un maggior controllo parlamentare per ottenere più professionalità e competenza, ma anche una maggiore integrazione della dimensione di genere, signor Presidente. Nella foto di gruppo dell’organo direttivo della Banca compare una sola donna.

 
  
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  Jean-Claude Trichet, Banca centrale europea. (FR) Signor Presidente, vorrei formulare qualche osservazione, visto che sono state sollevate diverse questioni.

In primo luogo, vorrei ringraziare gli onorevoli parlamentari. Sono rimasto infatti molto colpito dalla perspicacia delle osservazioni, dei commenti e delle raccomandazioni che ci sono stati rivolti.

In merito all’indipendenza, vorrei confermare, a nome di tutti i membri del Comitato esecutivo e del Consiglio direttivo della Banca centrale europea, quanto sia importante sentire tantissimi parlamentari sostenere che l’indipendenza della Banca centrale è un aspetto del massimo rilievo. Vi confesso che non saremmo stati assolutamente in grado di offrire all’economia europea l’ambiente monetario e finanziario che le è proprio senza la credibilità che tale principio di indipendenza riconosciuto dal vostro Parlamento, dal mondo intero e da tutti gli operatori del mercato, ovunque si trovino, ci assicura. Tale indipendenza è sancita dal Trattato, è un elemento riconosciuto ed è una carta vincente fondamentale dell’Europa.

Ringrazio dunque, ancora una volta, tutti i parlamentari che si sono espressi con estrema chiarezza al riguardo.

Vorrei ora affrontare alcuni ulteriori punti sollevati, sicuramente importanti agli occhi di diversi parlamentari. Devo dire che la questione della nomina dei membri del Comitato esecutivo è un tema che dovrebbe essere affrontato con gli organi esecutivi, primo tra tutti il Consiglio, perché sono loro i responsabili di tali aspetti. Noi siamo nominati secondo le disposizioni del Trattato e, come sapete, non solo il Parlamento esprime la propria valutazione in merito alla qualità delle varie persone interessate, ma la stessa cosa facciamo noi all’interno del Consiglio direttivo. So bene che il Parlamento vorrebbe non solo avere un ruolo consultivo, ma essere anche responsabile della decisione stessa, e rispetto tale desiderio. Mi rendo conto che la Banca centrale deve lasciare che Parlamento e Consiglio discutano la questione, a condizione che vengano imprescindibilmente garantite piena indipendenza e non politicizzazione; è infatti chiaro che se l’Istituzione dovesse essere politicizzata non sarebbe in grado di offrire ciò che è chiamata a offrire, ossia la stabilità dei prezzi, che dipende anche da una sua solida credibilità, in maniera che le aspettative di inflazione possano essere saldamente ancorate.

Per quel che riguarda i vari commenti sul dialogo tra Parlamento e Banca centrale europea, a mio parere, tale dialogo è migliorato in termini sia di frequenza sia di interazione, e terrò debitamente conto di tutte le osservazioni formulate in questa sede, ivi comprese quelle in merito alla gestione dell’eventuale sistema TARGET2-Securities. Su questo tema, che le è caro, onorevole Radwan, come è caro ad altri parlamentari, vorrei dire che la nostra aspirazione – aspetto sul quale stiamo effettivamente ancora lavorando – era massimizzare i vantaggi dell’integrazione europea a seguito della riuscita introduzione dell’euro, poiché è chiaro che la disponibilità di un unico sistema di regolamento per i titoli denominati in euro rappresenterebbe indubbiamente un progresso.

Il secondo obiettivo sarebbe massimizzare l’efficienza del regolamento, cosa che probabilmente richiederebbe il regolamento in contanti e titoli con la stessa piattaforma informatica, secondo quanto tecnicamente è noto come “modello integrato”.

Il terzo aspetto, importante anche dalla prospettiva della Banca centrale, è come massimizzare il controllo della Banca sui conti delle banche aperti presso di noi. In proposito, siamo molto determinati, in quanto riteniamo che soluzioni che evitino alle banche centrali l’obbligo di ricorrere a risorse esterne per la gestione dei loro conti non siano valide.

Questi sono i tre motivi principali per i quali siamo lavorando sull’argomento attraverso un dialogo con il mercato, che è importantissimo, e, ovviamente, con il Parlamento.

Sono stati evocati diversi altri punti. Non ritornerò sulla questione degli hedge fund, sollevata in particolare dall’onorevole van den Burg. Riguardo al nostro livello di trasparenza e apertura in materia di comunicazione, ribadisco che non prendiamo decisioni da soli a porte chiuse. Il Commissario e il Presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, sono invitati a tutte le riunioni del Consiglio direttivo e ogni quindici giorni alle nostre discussioni e delibere, in modo che possano essere il più vicino possibile alle decisioni prese. Io personalmente ho il privilegio di presentarmi ogni mese dinanzi all’Eurogruppo. Mensilmente vi sono dunque tre occasioni per scambiarsi pareri e capire il più possibile come funziona realmente il processo decisionale. Mi pare che, da questo punto di vista, disponiamo del sistema di contatti meglio organizzato al mondo, e non è una novità, in quanto era già tradizione della Bundesbank, della Banque de France e di varie altre banche centrali. Non sottovalutiamone il significato. Alcuni commenti non ne hanno tenuto debitamente conto.

Per quel che riguarda la trasparenza del nostro concetto di politica monetaria, siamo in una posizione in cui diciamo che il nostro obiettivo principale è la stabilità dei prezzi perché è esattamente quanto stabilisce il Trattato. Noi diamo una definizione aritmetica della stabilità dei prezzi come tasso di inflazione inferiore e prossimo al 2 per cento. Lo sanno tutti. Abbiamo una strategia fondata su due pilastri estremamente chiara e, al riguardo, siamo molto più trasparenti e precisi, offriamo un metro di misura molto più circostanziato con il quale valutare le nostre prestazioni, rispetto ad altre banche centrali nostre consorelle. Non voglio riferirmi a nessuna in particolare, ma oltreoceano una banca centrale consorella, per motivi propri sicuramente più che giustificati, adotta un approccio diverso alla definizione della stabilità dei prezzi per quel che riguarda la chiarezza di tale obiettivo. Da questo punto di vista, dunque, siamo molto trasparenti. Tutto il mondo sa che siamo trasparenti, e questa è una delle ragioni per le quali le aspettative di inflazione sono ancorate in linea con la nostra definizione di stabilità dei prezzi, il che è un risultato fondamentale.

Ancora qualche parola, signor Presidente, in risposta ad alcuni parlamentari. Il fatto che siamo credibili e che le nostre previsioni di inflazione coincidano con la nostra definizione di stabilità dei prezzi offrono all’economia europea un ambiente finanziario particolarmente favorevole.

Ai parlamentari che hanno criticato la nostra politica monetaria rimproverandole di essere troppo ortodossa, domanderei semplicemente di ripensare ai tassi di interesse dei mercati a medio e lungo termine nei loro paesi prima dell’introduzione dell’euro. In realtà, le previsioni di inflazione presupponevano un’inflazione molto superiore a quella che noi oggi personalmente possiamo garantire agli europei. Va peraltro osservato che un’inflazione bassa rappresenta soprattutto un fattore fondamentale per gli strati più poveri della società, in quanto ne preserva il potere di acquisto. Ho rilevato, per inciso, che parecchi parlamentari ci pregavano di restare estremamente vigili al riguardo. Sono dunque profondamente convinto che sussista un rapporto molto diretto tra il nostro primo obiettivo, assegnatoci dal Trattato, e l’articolo 105.

Il conseguimento del primo obiettivo è un prerequisito necessario ma non sufficiente per andare nella direzione auspicata da tutti in questo Emiciclo, vale a dire, come è ovvio, crescita e occupazione. La stabilità dei prezzi è una condizione indispensabile per una crescita sostenibile e la creazione di posti di lavoro duraturi.

Se ho ancora del tempo a disposizione, vorrei formulare altre due o tre osservazioni. Per quanto concerne le banconote da 500 euro, non posso ovviamente condividere l’osservazione in cui si ventilava l’idea che staremmo appoggiando attivamente il riciclaggio di danaro sporco. Come sapete, l’emissione di banconote di grosso taglio era tradizione consolidata di molti paesi che fanno parte della zona euro e abbiamo deciso di non intervenire drasticamente sulle diverse tradizioni. Questo tipo di banconote, pertanto, viene utilizzato in alcuni paesi, ma non in altri. Resta un’alternativa e abbiamo scelto di non abolirla per quei paesi e quelle economie abituati ad avvalersi di tali tagli.

Se, come credo, ho affrontato tutti gli altri aspetti emersi nel corso della discussione, concluderei soffermandomi un istante sull’angolazione proposta dall’onorevole Whittaker, vale a dire quella di un’unica soluzione adatta a tutti. L’Europa è una vasta economia continentale e, dal 1° gennaio del prossimo anno, con l’adesione della Slovenia, la zona euro conterà 315 milioni di cittadini. In questo modo l’entità della nostra popolazione sarà dunque simile ai 300 milioni di persone che vivono negli Stati Uniti e, pertanto, l’UE sarà un’economia dello stesso ordine di grandezza degli USA. Misurando la dispersione, ossia la deviazione standard della crescita e dell’inflazione a livello di vari Stati di dimensioni diverse, ci si rende conto che il valore è grossomodo lo stesso per entrambe le economie, fatto non molto risaputo, ma che vale la pena di sottolineare, in quanto pare essere una caratteristica di una grande economia continentale.

Ciò non significa che dobbiamo alimentare differenze persistenti, ed è uno degli aspetti che abbiamo discusso, soprattutto nell’ambito dell’Eurogruppo. Dobbiamo riflettere sulla questione, ma, lo ribadisco, sarebbe probabilmente sbagliato dimenticare che alle dimensioni dell’economia in questione è sempre associato un elemento di dispersione.

Signor Presidente, ritengo di aver sviscerato la maggior parte dei temi sollevati, ma ovviamente resto a disposizione del Parlamento per qualsiasi ulteriore chiarimento.

 
  
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  Presidente. – La ringrazio, Presidente Trichet.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà oggi, alle 11.30.

Dichiarazione scritta (articolo 142 del Regolamento)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE).(FR) La relazione della collega Berès sulla relazione annuale 2005 della Banca centrale europea è deludente in quanto non mette sufficientemente in rilievo la necessità di una riflessione politica sull’utilizzo dell’euro a sostegno della crescita e dell’occupazione.

In un mondo sempre più complesso, caratterizzato da una guerra economica e sociale di una violenza estrema, non condurre un ampio dibattito politico di qualità su un tema del genere è oggi un errore che, domani, può trasformarsi in una colpa. La Banca centrale europea e il suo Presidente, Jean-Claude Trichet, non devono perdere di vista il fatto che l’articolo 105 del Trattato che istituisce la Comunità europea indica chiaramente che, fermo restando l’obiettivo della stabilità dei prezzi, il sistema europeo di banche centrali deve offrire il proprio supporto alle politiche economiche dell’Unione. In un momento in cui il rialzo dei prezzi delle materie prime e dell’energia genera tensioni inflazionistiche naturali in tutto il mondo, dobbiamo riflettere sull’impatto che tale situazione genera sul nostro mercato interno e sulla nostra moneta comune domandandoci seriamente se non sia giunto il momento di far evolvere l’euro in modo che, oltre a un pregevole successo tecnico, diventi anche una moneta politica.

 

4. Sostegno allo sviluppo rurale a titolo del FEASR - Modulazione volontaria dei pagamenti diretti nell’ambito della PAC (discussione)
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  Presidente. L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta:

– la relazione (A6-0319/2006), presentata dall’onorevole Mulder a nome della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, sulla proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1698/2005 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) [COM(2006)0237 C6-0237/2006 2006/0082(CNS)];

– la relazione (A6-0315/2006), presentata dall’onorevole Goepel a nome della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, sulla proposta di regolamento del Consiglio recante norme per la modulazione volontaria dei pagamenti diretti, di cui al regolamento (CE) n. 1782/2203 che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell’ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori, e recante modifica del regolamento (CE) n. 1290/2005 [COM(2006)0241 (C6-0235/2006 2006/0083(CNS)].

 
  
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  Lutz Goepel (PPE-DE), relatore.(DE) Signor Presidente, l’ordine del giorno prevedeva per questa mattina la discussione congiunta e la conseguente conclusione e approvazione delle relazioni Mulder e Goepel.

Ora mancano appena diciotto minuti alla votazione. E’ assolutamente ingiusto nei confronti dei nostri agricoltori e coltivatori cominciare adesso una discussione su un tema tanto importante come quello della modulazione volontaria del venti per cento, con cui si stabilisce la ridistribuzione o la riduzione di un quinto dei pagamenti diretti spettanti agli agricoltori, per terminare probabilmente nel pomeriggio con una votazione affrettata.

Chiedo pertanto che la discussione sia aggiornata a novembre.

(Applausi)

 
  
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  Presidente. – Mi sta chiedendo di posticipare la discussione o la votazione?

 
  
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  Lutz Goepel (PPE-DE), relatore. – (DE) Signor Presidente, quando avremmo il tempo per discutere? Certo non adesso, nei quindici minuti che ci rimangono! A nome del mio gruppo e dei miei colleghi chiedo pertanto che anche la discussione sia rimandata. Mi rendo conto che, ai sensi del Regolamento, avrei dovuto notificare questa richiesta almeno 24 ore prima della discussione, ma 24 ore fa non sapevo che il Parlamento non si sarebbe attenuto all’ordine del giorno.

(Applausi)

 
  
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  Katerina Batzeli (PSE).(EL) Signor Presidente, a nome del gruppo socialista al Parlamento europeo manifesto la nostra totale adesione alla proposta del relatore Goepel di rimandare la discussione e la votazione alla plenaria di novembre.

 
  
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  Niels Busk (ALDE).(DA) Signor Presidente, intervengo oggi in sostituzione dell’onorevole Mulder, che non può essere presente in Aula per motivi personali, ed esprimo anch’io il vivo auspicio, anche a nome del mio gruppo, che la proposta dell’onorevole Goepel sia accolta. Nel contempo vorrei rivolgere una critica alla Presidenza. E’ assolutamente scandaloso che un tema tanto importante – che avrebbe dovuto essere affrontato questa settimana, in parte per motivi di tempistica – sia affrontato in maniera così impropria e sommaria. Sono pertanto favorevole alla proposta dell’onorevole Goepel di rimandare sia la discussione sia la votazione.

 
  
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  Neil Parish (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, sottoscrivo quanto richiesto dagli onorevoli Batzeli, Goepel e Busk. La discussione verte su un tema cruciale, poiché riguarda l’intero avvenire della politica agricola comune e interessa tutti i paesi dell’Unione europea, e il Regno Unito più di ogni altro. Considerato che questo pomeriggio dobbiamo tutti prendere l’aereo, è praticamente impossibile sviluppare la discussione adesso. E’ indispensabile rimandarla insieme alla relativa votazione al mese di novembre. Spero che capisca la situazione.

 
  
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  Friedrich-Wilhelm Graefe zu Baringdorf (Verts/ALE).(DE) Signor Presidente, anch’io desidero appoggiare la richiesta del relatore a nome del mio gruppo. Leggendo questa relazione, persino i profani si renderebbero conto che si tratta di una questione puramente formale. Tuttavia, come ha già sottolineato il collega Parish, tra le sue righe si nasconde una riconsiderazione fondamentale del sistema di finanziamento della politica agricola nei prossimi anni e anche della posizione del Parlamento in questa materia. Alla luce di ciò, diventa indispensabile discuterne in un momento propizio e con sufficiente tempo a disposizione. Nelle condizioni attuali non possiamo procedere a una disamina della questione.

Appoggio la richiesta e la invito ad accoglierla, nonché a comunicare all’Ufficio di Presidenza l’importanza di questo confronto, in quanto ho l’impressione che non fosse consapevole della sua portata.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL).(PT) Signor Presidente, intervengo semplicemente per manifestare il mio accordo con la proposta di posticipare la discussione e la relativa votazione a novembre esattamente per le medesime ragioni già enumerate, poiché il tema è troppo importante per essere affrontato nell’arco di 15 minuti o poco più.

 
  
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  Hannes Swoboda (PSE).(DE) Signor Presidente, innanzi tutto la pregherei di effettuare una votazione su questa richiesta, affinché sia esplicitata in tal modo anche la raccomandazione di quest’Aula. Inoltre preciso che possiamo votare soltanto in merito al deferimento, ma la decisione in merito alla seduta in cui ripresentare il tema all’ordine del giorno è di competenza della Conferenza dei presidenti e in ultima analisi dell’intero Emiciclo. Ad ogni modo, personalmente sarei favorevole a rimandare sia la discussione che la relativa votazione. Forse è opportuno votare la proposta, perché solo così potrà emergere chiaramente la volontà dei deputati.

 
  
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  Reimer Böge (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, mi esprimo a sostegno della richiesta del relatore e di quanto proposto dall’onorevole Swoboda. In qualità di relatore sulla pianificazione finanziaria desidero ricordare che questa malaugurata proposta è basata sulle conclusioni del Consiglio europeo, in seguito alle quali la Commissione ha dovuto elaborare una proposta per la cosiddetta modulazione volontaria.

Nel corso dei negoziati per la pianificazione finanziaria abbiamo riservato espressamente la nostra posizione per la procedura legislativa ed è proprio questo che il relatore ha rilevato. In considerazione della portata di questo tema ritengo opportuno invitare il Consiglio a essere presente alla discussione eventualmente deferita e a darci conferma della sua presenza in tale occasione.

 
  
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  Janusz Wojciechowski (UEN).(PL) Volevo solo dire a nome del gruppo “Unione per l’Europa delle nazioni” che condivido appieno il suggerimento dell’onorevole Goepel. Queste relazioni sono fondamentali e meritano di essere discusse in un contesto appropriato che non coincide con quello odierno. Sono perfettamente d’accordo con l’onorevole Goepel.

 
  
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  Presidente. – Le vostre argomentazioni mi hanno convinto. In qualità di Presidente della presente seduta, vi propongo di modificare l’ordine del giorno ritirando la discussione congiunta sulle relazioni degli onorevoli Mulder e Goepel.

(Il Parlamento accetta di ritirare le due relazioni dall’ordine del giorno odierno)

 
  
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  Lutz Goepel (PPE-DE), relatore.(DE) Signor Presidente, desidero esprimere un ringraziamento sincero a tutti i partiti e raggruppamenti politici.

(Applausi e ilarità)

 
  
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  Presidente. – Abbiamo trovato una soluzione ragionevole. La discussione avrà luogo in un momento più idoneo e in condizioni più favorevoli.

(La seduta, sospesa alle 11.20, riprende alle 11.40.)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. BORRELL FONTELLES
Presidente

 

5. Benvenuto
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  Presidente. – Onorevoli colleghi, prima di procedere alla votazione del progetto di bilancio, desidero comunicarvi che in tribuna d’onore siede oggi Antonio Leal Labrín, Presidente della Camera dei deputati del Cile.

(Applausi)

Antonio Leal Labrín è accompagnato dai deputati cileni Gonzalo Duarte Leiva e Germán Becker Alvear. Diamo loro il benvenuto e li ringraziamo per questa visita.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI).(FR) Signor Presidente, intervengo per una mozione di procedura e un richiamo all’articolo 188 del Regolamento. Abbiamo appena appreso, dopo la riunione dell’Ufficio di presidenza, che il governo israeliano intende escludere dalle discussioni politiche della delegazione israeliana l’onorevole Marine Le Pen, che è entrata a fare parte della delegazione in uno spirito di confronto, dialogo e apertura.

Desidero ringraziare l’onorevole Brok per il suo comportamento perfettamente corretto e ribadisco con la massima chiarezza che, quando l’onorevole Krivine fu a suo tempo escluso in seguito a una decisione del governo statunitense, noi fummo tutti d’accordo, a prescindere dalle differenze d’opinione che ci dividono, nel ritenere che non spetta al governo ospite stabilire la composizione della delegazione del Parlamento europeo.

Mi permetto di sperare che lei, signor Presidente, in qualità di garante dei diritti di tutti i deputati di questo Parlamento, si premurerà di evidenziare questo punto alle autorità israeliane.

 
  
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  Martin Schulz (PSE).(DE) Signor Presidente, dovrebbe dare prima la parola all’onorevole Brok, che desidera dire qualcosa a questo proposito. In seguito vorrei esprimere il mio parere. Chiedo pertanto di avere la parola dopo l’onorevole Brok.

 
  
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  Presidente. – La Conferenza dei presidenti ha deciso di rimandare la visita della delegazione ad hoc in Libano, Israele e Palestina e con questo spero di avere dato risposta alle preoccupazioni espresse.

Vi ringrazio per avere richiamato l’attenzione dell’Aula su questo tema.

 
  
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  Carlos Carnero González (PSE).(ES) Signor Presidente, come lei sa, intervengo sempre con la massima serietà e richiamo la vostra attenzione sul fatto che, seppure il Regolamento preveda che i documenti presentati ufficialmente in quest’Aula siano disponibili in tutte le lingue ufficiali, oggi siamo chiamati a votare sugli emendamenti presentati soltanto in tre lingue: inglese, francese e tedesco. Tre lingue molto degne di rispetto, come tutte le altre, del resto.

Visto che ciò potrebbe creare problemi in futuro, sottolineo che il testo non è disponibile in tutte le lingue ufficiali e in particolare nella mia.

 
  
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  Presidente. – I servizi del Segretariato mi segnalano che i testi sono sicuramente disponibili in tutte le lingue, compresa la sua e la mia. Se ho capito bene, lei non si riferisce ai testi presentati per la votazione, ma alla lista di voto. Tale lista è disponibile in tre lingue, come di consueto, ma i testi su cui voteremo sono disponibili in tutte le lingue, nel pieno rispetto del nostro Regolamento. Nondimeno, prenderemo in considerazione la questione per le successive sedute plenarie.

 
  
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  Elmar Brok (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, mi consenta solo un appunto, perché desidero rispondere alle affermazioni del gruppo seduto nelle file posteriori: i diritti di tutti i deputati di quest’Aula sono garantiti in uguale misura. Per intraprendere un viaggio in una regione come quella, è necessario un atteggiamento equilibrato e un’organizzazione professionale del viaggio in tutti i suoi aspetti.

Per motivi di ordine tecnico questa volta non è stato possibile partire alla data fissata. Il viaggio sarà tuttavia effettuato con ogni probabilità in un secondo tempo. Non dobbiamo permettere al gruppo della Le Pen di fare della dietrologia con illazioni infondate. Respingo con forza quanto da loro asserito.

 
  
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  Presidente. – I fatti si sono svolti come segue: la Conferenza dei presidenti, dopo averla ascoltata, ha deciso di rimandare la visita della delegazione ad hoc. Questa è la procedura fondamentale che è stata seguita, tutte le altre sono considerazioni e interpretazioni soggettive.

 

6. Turno di votazioni
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca il turno delle votazioni.

(Per i risultati e ulteriori dettagli sulle votazioni: cfr. processo verbale)

 

6.1. Progetto di bilancio generale dell’Unione europea - Esercizio 2007 (votazione)
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  Presidente. – Onorevoli deputati desidero sottolineare che, in conformità alle disposizioni dei Trattati, gli emendamenti relativi alle spese definite non obbligatorie possono essere approvati soltanto con il voto favorevole della maggioranza dei deputati che compongono il Parlamento europeo, ovvero con 367 voti. Per gli emendamenti che si riferiscono alle spese obbligatorie è invece sufficiente la maggioranza dei voti espressi.

Prima di procedere alla votazione, l’onorevole Elles desidera proporre alcuni emendamenti tecnici.

 
  
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  James Elles (PPE-DE), relatore. – (EN) Signor Presidente, sono lieto che siano state avviate le votazioni relative al progetto di bilancio per il 2007.

Prima che il Parlamento voti in prima lettura, vorrei puntualizzare che occorre effettuare un modesto numero di adeguamenti tecnici. Piuttosto che leggere ad alta voce un elenco infinito di cifre, abbiamo preferito allegare l’elenco degli adeguamenti di ordine tecnico alle liste di voto. Tali modifiche saranno apportate successivamente alla votazione dai servizi competenti e inclusi nel Processo verbale della seduta odierna.

 
  
  

(Il Parlamento approva gli adeguamenti tecnici proposti dall’onorevole Elles)

(Prima della votazione sulla sezione I)

 
  
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  Louis Grech (PSE), relatore. – (EN) Signor Presidente, desidero informarla che la risoluzione sarà modificata in sintonia con il risultato della votazione sugli emendamenti di bilancio. Tutte le correzioni tecniche del caso saranno pertanto effettuate a cura dei servizi operativi durante la seduta.

 
  
  

(Il Parlamento manifesta il suo assenso)

 

6.2. Progetto di bilancio generale 2007 (sezione III) (votazione)

6.3. Progetto di bilancio generale 2007 (sezioni I, II, IV, V, VI, VII, VIII) (votazione)
  

Prima della votazione sul paragrafo 31

 
  
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  Jacky Henin (GUE/NGL).(FR) Signor Presidente, non essendo mai stato dimostrato che, a parità di effettivi e di ore di lavoro, la soluzione Manpower per gli ausiliari di sessione sia meno costosa, e considerato l’impegno con cui il Parlamento si sforza di fare economia, proponiamo di coadiuvarlo aggiungendo, alla fine del paragrafo 31, la seguente frase: “respinge, in quanto troppo costosa, la soluzione di avvalersi di un’agenzia di lavoro interinale al posto degli ausiliari di sessione”.

(Applausi)

 
  
  

(Il Parlamento respinge l’emendamento orale)

Prima della votazione sull’emendamento n. 7

 
  
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  Louis Grech (PSE), relatore.(EN) Signor Presidente, propongo che il testo del paragrafo 58 della relazione sia sostituito dal seguente testo: “prende atto dei miglioramenti intervenuti nel monitoraggio dell’esecuzione del bilancio dell’UE in sede di votazione del bilancio; chiede alle commissioni competenti di mettere a punto una struttura e una procedura per lo svolgimento di tale azione di monitoraggio per il 2007 con le commissioni specializzate, aiutando così a preparare la revisione del bilancio nel 2008/2009; invita il Segretario generale ad agevolare la logistica necessaria per organizzare regolari riunioni di monitoraggio, sulla base delle priorità che saranno definite dalle commissioni interessate”.

 
  
  

(Il Parlamento approva l’emendamento orale)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. VIDAL-QUADRAS
Vicepresidente

 

6.4. Flotte pescherecce delle regioni ultraperiferiche (votazione)

6.5. Commemorazione dell’insurrezione ungherese del 1956 (votazione)
  

Prima della votazione sul considerando J

 
  
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  Michael Cramer (Verts/ALE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, seppure la risoluzione associ la rivoluzione ungherese alle altre forme di resistenza sviluppatesi in Europa orientale, non viene fatta menzione alcuna della rivolta del 17 giugno 1953 nella RDT, quando furono organizzati scioperi e manifestazioni in oltre 700 città e comuni, poi soffocati dai carri armati sovietici. Al considerando J desidero pertanto che sia aggiunta la seguente dicitura:

(EN) “riconoscendo il legame storico e politico tra la rivoluzione ungherese dell’ottobre 1956 e varie altre forme di resistenza e movimenti di resistenza, quali le manifestazioni di massa in Germania dell’est nel giugno 1953, le manifestazioni di massa di Poznań in Polonia nel giugno 1956, la primavera di Praga nel 1968, la nascita del movimento Solidarność in Polonia nel 1980 e i movimenti per la democrazia nella ex URSS, in particolare quelli dei popoli baltici;”

(Applausi)

 
  
  

(Il Parlamento approva l’emendamento orale)

 

6.6. Moldova (Transnistria) (votazione)

6.7. Georgia (Ossezia del Sud) (votazione)

6.8. Esportazione di rifiuti tossici in Africa (votazione)

6.9. Protezione penale dell’ambiente (votazione)

6.10. Accordo euromediterraneo di associazione UE/Siria (votazione)

6.11. Strategia dell’Unione europea in vista della Conferenza di Nairobi sul cambiamento climatico (votazione)

6.12. Trasporto sulle vie navigabili interne (votazione)

6.13. Partenariati pubblico-privati (votazione)
  

Sul paragrafo 45

 
  
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  Charlotte Cederschiöld (PPE-DE).(FR) Mi scusi, ma purtroppo è stato dimenticato il testo originale del paragrafo 45.

 
  
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  Presidente. – Grazie per questa osservazione costruttiva, ma abbiamo votato l’emendamento corrispondente e pertanto non occorre votare sul testo cui lei si riferisce.

 

6.14. Distacco dei lavoratori (votazione)
  

Prima della votazione sull’emendamento n. 7

 
  
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  Ria Oomen-Ruijten (PPE-DE).(NL) Signor Presidente, il relatore aveva concordato con i relatori ombra che nel testo sarebbe stata adottata la seguente dicitura: “ritiene che, per assicurare”, eccetera.

 
  
  

(Il Parlamento approva l’emendamento orale)

 

6.15. Banca centrale europea (2005) (votazione)
  

Prima della votazione sull’emendamento n. 7

 
  
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  Alexander Alvaro (ALDE).(DE) Signor Presidente, Una brevissima osservazione di sfuggita, visto che stiamo parlando di una relazione non esattamente secondaria: è garantita la legittimità di una votazione che avviene in presenza di meno della metà dei deputati? Non voglio che perdiamo altro tempo, visto che ne abbiamo sprecato già a sufficienza con il Presidente precedente.

 
  
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  Presidente. – Si, onorevole Alvaro, prendo atto della sua preoccupazione, ma abbiamo constatato che sussiste il quorum previsto dal Regolamento e le votazioni sono pertanto valide.

Prima della votazione sull’emendamento n. 11

 
  
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  Pervenche Berès (PSE), relatore. – (FR) Signor Presidente, vorremmo apportare un emendamento orale all’emendamento n. 12 presentato dal gruppo del Partito popolare europeo (democratico-cristiano) e dei Democratici europei concernente il post-market.

Lo dico in inglese. Al posto di “its own settlement infrastructure” dovremmo dire “a settlement infrastructure”.

(Il Parlamento approva l’emendamento orale)

 
  
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  Presidente. – Con questo si conclude il turno di votazioni.

 
  
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  Neil Parish (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, voglio solo ringraziarla di cuore per la celerità e l’efficienza con cui ha organizzato il nostro lavoro da quando ha assunto l’incarico.

 
  
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  Presidente. – Questi sono i commenti che qualsiasi Presidente di turno ama sentire!

(Si ride)

 
  
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  Brian Crowley (UEN).(EN) Signor Presidente, voglio solo comunicarle che ho commesso un errore nella mia ultima votazione. Pensavo che stessimo votando l’emendamento mentre si trattava del voto finale alla relazione Berès. Ho votato contro mentre era mia intenzione dare un voto favorevole. Chiedo che sia messo agli atti. La ringrazio per la sua efficienza.

 

7. Dichiarazioni di voto
  

– Progetto di bilancio generale dell’Unione europea – Esercizio 2007

 
  
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  Gerard Batten, Nigel Farage, Jeffrey Titford e Thomas Wise (IND/DEM), per iscritto. (EN) Lo United Kingdom Independence Party ha votato a favore di tutte le riduzioni o cancellazioni di pagamenti, soprattutto quelli relativi a sussidi e propaganda, richiamandosi al principio per cui quei fondi non si sarebbero dovuti utilizzare a tale scopo.

Per quanto riguarda Euronews, si tratta di spudorata propaganda; a nostro avviso i media dovrebbero mantenere la propria indipendenza.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. (EN) Ogni anno nell’Unione europea il fumo uccide mezzo milione di persone. Il fumo è la causa principale di malattie e patologie che sarebbe possibile evitare. E’ perciò deprimente constatare che gli emendamenti nn. 376, 489 e 529 sono stati respinti (con 232 voti favorevoli e 333 contrari). Dobbiamo porre fine alle sovvenzioni al settore della coltivazione del tabacco nell’Unione europea.

 
  
  

– Relazione Elles (A6-0358/2006)

 
  
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  Marian Harkin (ALDE).(EN) Mi sono astenuta sulla votazione in merito all’emendamento n. 3 perché non ero certa dell’intento dello studio proposto dal paragrafo 23, ma sostengo comunque senza riserve il paragrafo 23.

 
  
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  Jan Andersson, Anna Hedh e Inger Segelström (PSE), per iscritto. (SV) Vogliamo che il bilancio contribuisca a un sostenibile sviluppo sociale, economico e ambientale dell’Unione europea, conformemente alla strategia di Lisbona. Abbiamo quindi deciso di votare a favore di quegli emendamenti che danno la priorità alla ricerca, allo sviluppo, all’istruzione e alla formazione. Non intendiamo tuttavia sostenere gli emendamenti che garantiscono ulteriori finanziamenti agli aiuti diretti all’agricoltura e alle sovvenzioni alle esportazioni di prodotti agricoli, giacché tali aiuti sono già eccessivi e sono la causa di un’agricoltura inefficiente che danneggia l’ambiente e che, con il dumping delle eccedenze, contribuisce ad aggravare il divario tra i ricchi e i poveri del mondo.

Né intendiamo finanziare le sovvenzioni alla coltivazione del tabacco, che contribuisce direttamente a problemi di salute pubblica. Riteniamo opportuno tagliare rapidamente questi aiuti, e abolirli del tutto quanto prima. Il denaro così risparmiato potrebbe essere utilizzato, per esempio, per finanziare misure volte a ridurre l’uso del tabacco e la relativa dipendenza.

 
  
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  Brigitte Douay (PSE), per iscritto. – (FR) Giovedì 26 ottobre il Parlamento europeo ha adottato in prima lettura il bilancio 2007 dell’Unione europea. Esso ammonta a 120 miliardi di euro, ed è il primo esercizio delle nuove prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013, che sono state adottate nel maggio scorso e che i socialisti francesi non hanno approvato ritenendo che esse non permettano di raccogliere le grandi sfide del futuro.

In tale contesto, il bilancio 2007 risulta assai modesto, giacché corrisponde all’1,04 per cento del reddito nazionale lordo dell’Unione europea.

I numerosi limiti che sono stati imposti sia sul piano interno che su quello internazionale, e che pesano sull’Unione europea, hanno spinto il Parlamento a individuare quelle priorità che offrirebbero ai cittadini una migliore percezione del valore aggiunto derivante dall’appartenenza all’Unione.

Il gruppo PSE ha quindi deciso di votare a favore del bilancio 2007, dopo aver ottenuto soddisfazione per le priorità che aveva posto in relazione alle strategie di Lisbona e di Göteborg; mi riferisco in particolare all’istruzione, alla formazione, alla ricerca e allo sviluppo sostenibile. Il rinnovamento della politica di comunicazione e l’istituzione di nuovi progetti pilota sono fattori ugualmente positivi per il futuro dell’Unione europea.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato contro l’emendamento n. 811 concernente i programmi di sviluppo rurale della commissione per i bilanci e contro l’emendamento n. 3 al paragrafo 23 perché limitano il finanziamento allo sviluppo rurale e impediscono l’applicazione della modulazione volontaria secondo i termini proposti dalla Commissione.

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. (EN) Con questo bilancio, ancora una volta, non siamo riusciti a reperire le risorse finanziarie necessarie a rispettare i nostri impegni, soprattutto per quanto riguarda la nostra politica estera e di sicurezza comune, ancora in nuce, e la nostra politica per lo sviluppo. La capacità dell’Unione europea di svolgere un ruolo globale è inficiata dai “contabili” di Londra, che si assumono così una grave responsabilità.

Su due punti in particolare voterò contro l’emendamento presentato dai cattolici polacchi ultranazionalisti e fondamentalisti che invita a opporsi agli aborti forzati o “coercitivi”. Ovviamente sono contrario a quest’idea, ma l’Unione europea non sostiene un simile programma; assistiamo piuttosto al tentativo di introdurre la bigotta mentalità cristiano-evangelica statunitense nella politica di sviluppo dell’Unione europea, tentativo a cui dobbiamo opporci proprio per questa ragione.

In secondo luogo chiedo un adeguato controllo della spesa e l’ottimizzazione delle risorse, pur rendendomi conto che alcuni avanzano queste richieste come un modo per vincolare il personale della Commissione con normative eccessivamente burocratiche che ne ostacolano il lavoro, invece di facilitarlo.

 
  
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  Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. (SV) La Lista di giugno ritiene che il bilancio dell’Unione europea debba essere limitato all’1 per cento del RNL medio degli Stati membri. Ho quindi deciso di votare contro tutti gli aumenti proposti dal Parlamento europeo, e contemporaneamente la Lista di giugno ha accolto i pochi risparmi proposti sotto forma di emendamenti dalla commissione per i bilanci o da singoli deputati.

Vi sono alcune linee di bilancio inopportune, e la Lista di giugno contesta in particolare i cospicui aiuti destinati alla politica agricola dell’Unione europea, al Fondo di coesione e all’industria della pesca, nonché le linee di bilancio nell’ambito delle quali saranno finanziate varie forme di campagne d’informazione.

La Lista di giugno ritiene inoltre necessario agire in merito ai costanti spostamenti dei deputati del Parlamento europeo tra Strasburgo e Bruxelles, e chiudere sia il Comitato economico e sociale che il Comitato delle regioni.

Nel corso di questa settimana (iniziata il 23 ottobre 2006), la Corte dei conti dell’Unione europea, per la tredicesima volta consecutiva, si è dichiarata in grado di garantire che soltanto una piccola parte del bilancio dell’Unione sia stata usata correttamente o per gli scopi voluti.

Come possiamo permettere che questa follia continui, anno dopo anno, riuscendo a garantire che soltanto una piccola parte delle risorse stanziate venga usata per gli scopi previsti?

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Riaffermando la nostra critica agli aspetti principali della strategia negoziale e delle priorità definite dal Parlamento europeo per il bilancio comunitario 2007, ci sembra importante mettere in risalto l’approvazione di alcune nostre proposte, che hanno i seguenti obiettivi:

– l’incremento della dotazione finanziaria prevista per la convergenza del Fondo sociale europeo;

– la promozione della cooperazione e dell’associazionismo tra microimprese, piccole e medie imprese;

– la protezione e la tutela delle foreste, mediante misure e azioni specifiche di vigilanza e prevenzione degli incendi forestali;

– la promozione, la conservazione e la protezione del patrimonio culturale, come l’itinerario cistercense e i luoghi classificati come patrimonio mondiale dall’UNESCO;

– la promozione della cooperazione tra organizzazioni agricole e altri operatori del mondo rurale, al fine di rivitalizzare la realtà delle compagne, così come quella delle aziende agricole a conduzione familiare o delle piccole e medie imprese rurali, nonché quella dei giovani agricoltori;

– la realizzazione di studi o relazioni sui seguenti temi: il lavoro dei minori nell’Unione europea; delocalizzazioni e impiego; moneta unica, prezzi dei beni essenziali e imposte e commissioni bancarie; impatto delle nuove tecnologie sugli ambienti di lavoro e sulle patologie professionali;

– l’informazione e l’offerta di chiarimenti in merito ai diritti dei lavoratori stagionali che esercitano la propria attività fuori dal paese d’origine.

 
  
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  Jens Holm, Kartika Tamara Liotard, Erik Meijer e Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Ci opponiamo alla continua espansione del bilancio dell’Unione europea, che già oggi è troppo ampio e caratterizzato da cospicui stanziamenti a favore di politiche sbagliate. Sembra che vi sia un’interazione tra i nuovi obiettivi dell’Unione e le richieste di finanziamento attraverso l’Unione stessa. Questo implica nuove richieste di pagamenti da parte degli Stati membri, ma anche il trasferimento di nuovi fondi a un sistema che si è dimostrato burocratico, inefficiente e complicato. Esistono tuttavia numerose iniziative da noi condivise che vengono finanziate dal bilancio, e sosteniamo quindi ragionevoli modifiche dei mezzi attualmente disponibili. Ma la nostra opposizione a un bilancio che registra aumenti costanti è ferma e risoluta, e abbiamo perciò deciso di votare contro la relazione nel corso della votazione finale.

 
  
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  Marie-Noëlle Lienemann (PSE), per iscritto. – (FR) Questa votazione si colloca in un quadro di bilancio pluriennale inaccettabile. L’esame dettagliato delle linee di bilancio mostra la palese insufficienza degli stanziamenti in numerosi settori come la ricerca, l’innovazione, i grandi progetti tecnologici come GALILEO o le grandi reti transeuropee. Questo bilancio non promuoverà il rilancio della crescita in Europa.

Gli aiuti europei destinati ai paesi del sud, all’Africa e al Maghreb, sono lontani anni luce da una politica di sviluppo che invece sarebbe urgentemente necessaria per far fronte agli squilibri migratori e all’estrema povertà.

Dobbiamo istituire con urgenza un’imposta europea che garantisca un alto livello di risorse proprie per un bilancio europeo che finalmente sia all’altezza dei nostri obiettivi.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Ancora una volta ci apprestiamo ad approvare un bilancio che non rispetta gli impegni assunti dalle Istituzioni dell’Unione europea. Questo vale soprattutto per la politica estera e di sicurezza e la politica di sviluppo. Di conseguenza si diffonderà in tutto il mondo l’impressione che l’Unione europea abbia grandi difficoltà quando deve dimostrare, con i fatti, di credere alle proprie dichiarazioni.

Detto questo, apprezzo l’attenzione che questo bilancio rivolge alla necessità di effettuare controlli adeguati e di ottimizzare le risorse.

 
  
  

– Relazione Grech (A6-0356/2006)

 
  
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  Astrid Lulling (PPE-DE).(FR) Signor Presidente, purtroppo i paragrafi 18 e 44 della relazione Grech non sono stati sottoposti a una votazione per parti separate; se così fosse stato, avrei votato contro. Alcuni membri della commissione per i bilanci continuano una battaglia di retroguardia contro la decisione dei capi di Stato e di governo sulle tre sedi di lavoro del nostro Parlamento. E’ vero: queste tre sedi generano costi. Pur tuttavia, mi sembra per lo meno inopportuno annoverare queste spese tra le spese “superflue”. Questo decentramento ha anche effetti molto positivi per i deputati e per l’Istituzione stessa. D’altronde, rimettere in discussione la necessità della presenza dei funzionari a Strasburgo nel corso delle sedute plenarie è un vero affronto all’amministrazione, che notoriamente sceglie con accortezza i funzionari inviati in missione.

Avrei anche votato contro il paragrafo 44, che esprime parere negativo sulla “esperienza di Strasburgo”. Mi levo con sdegno di fronte a tale insinuazione. In effetti, acquistando i tre edifici di Strasburgo di cui non era proprietario, il Parlamento ha fatto un affare d’oro – una spesa delle più oculate, che consentirà di realizzare considerevoli risparmi alle finanze pubbliche rispetto alle spese di affitto. Avrei auspicato, da parte di alcuni membri della commissione per i bilanci, un giudizio più obiettivo, dal momento che essi sono tenuti a rispettare le decisioni relative alla sede del Parlamento, volenti o nolenti.

 
  
  

– Relazioni Elles (A6-0358/2006), Grech (A6-0356/2006)

 
  
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  Bastiaan Belder (IND/DEM), per iscritto. – (NL) Gli onorevoli Grech ed Elles, nella loro relazione sul bilancio 2007, optano giustamente a favore di una maggiore efficienza.

Anche la definizione delle priorità è una componente necessaria e ragionevole nella strategia dell’onorevole Elles. Ciò non significa necessariamente, però, che si debbano rendere disponibili maggiori fondi per le linee di bilancio prioritarie. Al contrario, le linee di bilancio non prioritarie si dovranno valutare con maggior spirito critico. Purtroppo invece, gran parte degli emendamenti mira ad aumentare gli stanziamenti.

Per quanto riguarda il multilinguismo, mi compiaccio del fatto che anche in questo settore si cerchi di accrescere l’efficienza; le misure volte a ridurre i costi, però, non devono minacciare il multilinguismo.

A conti fatti, è positivo che, sulla scorta della posizione del Consiglio, sia rivolta ora maggiore attenzione a una politica di bilancio efficiente e più economica. Per questo motivo sono favorevole alla risoluzione dell’onorevole Grech.

 
  
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  Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. (SV) Oggi abbiamo votato a favore delle relazioni sul bilancio dell’Unione europea per il 2007. Condividiamo gli sforzi volti a ottimizzare la spesa del denaro dei contribuenti. Sosteniamo inoltre gli investimenti in ricerca e sviluppo, e l’ambizione di rafforzare il ruolo dell’Unione come attore globale. Respingiamo però le proposte di aumentare gli stanziamenti a favore degli aiuti all’agricoltura e degli aiuti regionali. Come sempre, consideriamo con scetticismo le campagne di sensibilizzazione e le operazioni di orientamento dell’opinione pubblica concepite a livello centrale.

 
  
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  Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della relazione sugli stanziamenti concernenti il Parlamento europeo, ma purtroppo i paragrafi 18 e 44 non sono stati sottoposti a votazione per parti separate, perché avrei votato contro.

Un certo numero di membri della commissione per i bilanci si ostina a combattere una battaglia di retroguardia contro le decisioni dei capi di Stato e di governo sulle tre sedi di lavoro del nostro Parlamento, ossia Strasburgo, Lussemburgo e Bruxelles. E’ vero: queste tre sedi generano costi. Pur tuttavia, mi sembra per lo meno rischioso annoverare queste spese tra le spese “superflue”. Sebbene questo decentramento abbia ricadute assai positive sia per i deputati che per il Parlamento, una maggioranza della commissione per i bilanci lo definisce ingiustamente una dispersione geografica. Mettere in dubbio la necessità della presenza dei funzionari a Strasburgo per le sedute plenarie è un vero affronto per l’Ufficio di presidenza e soprattutto per l’amministrazione, che notoriamente sceglie con accortezza i funzionari inviati in missione.

Avrei anche votato contro il paragrafo 44 che invita l’amministrazione, dopo “l’esperienza di Strasburgo” – di cui parla attribuendole un’accezione negativa – “ad applicare procedure più rigorose, sicure e trasparenti all’atto di acquistare edifici”....

(Testo abbreviato conformemente all’articolo 163 del Regolamento)

 
  
  

– Proposta di regolamento (C6-0295/2006)

 
  
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  Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La situazione strutturale, economica e sociale del settore della pesca nelle regioni ultraperiferiche e l’adozione del nuovo Fondo europeo per la pesca richiedono l’estensione delle deroghe previste dal regolamento (CE) n. 639/2004 sui criteri e le condizioni che regolano le azioni strutturali relative alla conservazione e allo sfruttamento sostenibile delle risorse alieutiche nell’ambito della politica comune della pesca.

La proposta di regolamento del Consiglio, che prevede un’estensione di tali deroghe per le regioni ultraperiferiche fino al 31 dicembre 2006 e l’attuazione pratica delle misure adottate nel frattempo fino al 2008, dovrà naturalmente essere adottata quanto prima affinché possa avere l’effetto desiderato sul campo.

Sono d’accordo con lo spirito generale della proposta e con il contenuto di questo documento, ma sono molto deluso dal fatto che il piano d’attuazione per il rinnovamento e l’ammodernamento delle flotte nelle regioni ultraperiferiche non potrà diventare operativo fino alle prossime prospettive finanziarie, a differenza del limite temporale fissato per il 2008.

Nonostante ciò, giacché questa deroga rappresenta una discriminazione positiva a favore delle regioni ultraperiferiche, voterò a favore di questa proposta di regolamento.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) L’obiettivo di questa proposta è di estendere le deroghe concesse alle flotte pescherecce delle regioni ultraperiferiche fino al 31 dicembre 2006, e successivamente fino al 31 dicembre 2007. Tali deroghe riguardano i piani di entrata/uscita della capacità della flotta e la concessione di aiuti pubblici per l’ammodernamento e il rinnovo delle flotte pescherecce.

Era estremamente urgente che questa proposta venisse adottata, considerando la specifica realtà strutturale, sociale ed economica del settore della pesca nelle regioni ultraperiferiche, per esempio nelle Azzorre e a Madeira, nonché le difficoltà e i limiti costanti di queste regioni, come per esempio l’esiguità dei loro mercati e la loro insularità.

L’elemento cruciale della questione sta nel fatto che le attuali attività economiche – in questo caso la pesca – di molte di queste regioni sono di grande importanza socioeconomica, per esempio per garantire l’approvvigionamento di pesce fresco alla popolazione.

Data la necessità di tali deroghe, e in considerazione del fatto che la situazione delle flotte dipende da fattori strutturali più che da fattori economici, com’è stato riconosciuto da Commissione e Consiglio, le deroghe dovrebbero essere rese permanenti ed essere incluse nel Fondo europeo per la pesca per il periodo 2007-2013.

 
  
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  Margie Sudre (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Il Parlamento europeo vota quest’oggi, con procedura d’urgenza, un regolamento del Consiglio relativo alla gestione delle flotte pescherecce registrate nelle regioni ultraperiferiche, che proroga di un anno il regolamento attualmente in vigore.

Le principali deroghe autorizzate riguardano l’introduzione dei pescherecci nella flotta, gli aiuti pubblici per il rinnovamento delle navi e gli aiuti all’ammodernamento.

Tale regolamento tiene conto della situazione del settore della pesca nelle regioni ultraperiferiche, che dispone ancora di un importante potenziale di sviluppo e di risorse alieutiche abbondanti. Sarebbe quindi impensabile e controproducente impedire alle flotte pescherecce di queste regioni di beneficiare di tali accordi!

Spero che gli operatori della pesca che vivono nelle regioni ultraperiferiche sappiano approfittare di queste nuove proroghe per sviluppare e ammodernare la loro flotta.

Purtroppo però la Commissione europea finora non ha proposto alcun orientamento per il lungo termine. Ho già chiesto a più riprese che tali deroghe siano prorogate oltre il 2006. Sarebbe stato più ragionevole accettare tale proposta fin dall’inizio, piuttosto che sollecitare ogni anno il nostro Parlamento a prorogare all’anno successivo deroghe che sono assolutamente indispensabili per la pesca nelle nostre regioni!

 
  
  

– Proposta di risoluzione (B6-0548/2006)

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. (EN) Voterò a favore di questa risoluzione. La tragedia del fallimento di questa rivoluzione, che fu soffocata brutalmente dalle truppe imperiali dell’Unione sovietica e provocò la morte di decine di migliaia di persone, sta nel fatto che essa pose fine a un percorso evolutivo che avrebbe dovuto condurre ad abbandonare l’oppressione sovietica per approdare a una fase di impegno con il resto del mondo, in un lento ma sicuro percorso verso il pluralismo e la democrazia. Al contrario, si sono contate decine di migliaia di profughi.

Ho ancora vivo il ricordo di quando, ad appena sei anni, fui mandato a prendere, per il suo primo giorno di scuola, un bambino profugo ungherese che avrebbe frequentato la mia stessa classe, nella mia scuola del Gloucestershire. Vedendo l’angoscia e lo smarrimento di quel bambino e della sua famiglia, compresi probabilmente per la prima volta quali possono essere le conseguenze dell’oppressione sulla vita e sul futuro della gente comune. Non l’ho mai dimenticato.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Noi, deputati al Parlamento europeo del partito comunista greco, ci siamo rifiutati di partecipare alla votazione sul cinquantesimo anniversario della rivoluzione ungherese, che ha scatenato un’ondata di isteria anticomunista.

La risoluzione finale, firmata congiuntamente e sostenuta dai gruppi PPE-DE e PSE, nonché dai neoliberali e da altri gruppi, a eccezione del gruppo GUE/NGL, adotta il memorandum anticomunista del Consiglio d’Europa che è stato reintrodotto nel Parlamento europeo.

Eventi sostenuti e finanziati dagli imperialisti per rovesciare i regimi socialisti, vengono definiti insurrezioni popolari e movimenti democratici. Tutti coloro che si sono battuti con violenza contro il socialismo vengono considerati democratici e combattenti della resistenza. E’ ormai evidente che le forze politiche che sostengono l’Unione europea sono le stesse che, moralmente e politicamente, sostengono la rinascita del fascismo negli Stati baltici e altrove e chiedono a gran voce di mettere al bando il movimento comunista, come sta avvenendo nella Repubblica ceca e come è avvenuto in altri paesi in passato.

L’appello dei servi della barbarie capitalistica riportato al paragrafo 3 della risoluzione, in cui si legge che “la comunità democratica deve respingere inequivocabilmente l’ideologia comunista repressiva e antidemocratica” è la palese espressione dei loro timori.

Vorremmo ricordare a tutti coloro che si augurano il successo finale del barbarico sistema di sfruttamento capitalistico, che dall’ideologia comunista hanno avuto origine le maggiori rivolte sociali, e altre ancora più importanti ne verranno, proprio perché il comunismo lotta per una società libera dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Uno degli aspetti più positivi del recente allargamento dell’Unione europea è stato l’allargamento della nostra memoria. Per molti di noi la rivoluzione ungherese del 1956 è un ricordo lontano sia in termini temporali che in termini geografici e politici. L’adesione all’UE di paesi come la Polonia, gli Stati baltici, la Slovenia e la stessa Ungheria ha portato con sé l’assimilazione attiva di un’altra memoria, una memoria che, ormai da un anno e mezzo, è parte integrante della nostra coscienza. Da tutto questo deriva una nuova percezione geostrategica del nostro ruolo nel mondo, che dobbiamo integrare e attualizzare, e che implica una diversa comprensione delle lotte per la democrazia che hanno contrassegnato il ventesimo secolo.

D’altra parte, come è evidente, questo momento deve aiutarci a ricordare che nel comunismo non c’era niente di romantico, né di utopistico. La storia del comunismo è una storia di repressione, violenza e disumanità, e non dobbiamo dimenticarlo.

 
  
  

– Proposta di risoluzione (B6-0537/2006)

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) La risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione nell’Ossezia meridionale è la dimostrazione dei piani imperialisti dell’Unione europea nella regione. Sappiamo che la Georgia sta per aderire alla NATO, mentre il governo di Saakashvili, lacchè degli imperialisti, ha già acconsentito all’installazione di una base americana sul suo territorio.

Le ambizioni dell’Unione europea, che intende accerchiare e incalzare la Russia, mirando al mercato russo e in particolare a quello dell’energia – nell’ambito di lotte spietate e intestine fra gli stessi imperialisti – si nascondono dietro ipocrite dichiarazioni sul rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale della Georgia e sulla condanna dei movimenti indipendentisti in Abhasia e nell’Ossezia meridionale.

Con la stessa facilità con cui l’Unione europea oggi dichiara di difendere l’integrità territoriale della Georgia, essa potrà minarla domani sostenendo i movimenti secessionisti che oggi condanna, se gli interessi strategici dei grandi monopoli nella regione lo rendessero necessario. Le popolazioni locali hanno ormai acquisito una ricca esperienza della politica interventista condotta dalla Comunità, che incita e sostiene ogni forma di “ribellione interna” ricorrendo alla politica del bastone e della carota. Dovranno quindi trarre le proprie conclusioni; dovranno opporsi e resistere alla politica dell’Unione europea e delle altre forze e dei governi imperialisti che si prestano ai suoi fini.

 
  
  

– Proposta di risoluzione (B6-0545/2006)

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Accolgo con favore la votazione sull’esportazione di rifiuti tossici in Africa. L’incidente che ha coinvolto recentemente un’azienda olandese, colpevole di aver scaricato rifiuti in Costa d’Avorio, dimostra che ancora oggi molti considerano l’Africa alla stregua di una discarica.

Mi auguro che le autorità olandesi faranno ogni sforzo per assicurare i responsabili alla giustizia.

 
  
  

– Relazione Hieronymi (A6-0337/2006) (votazione del martedì, 24 ottobre)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione Hieronymi muove da una lodevole finalità, vale a dire quella di sostenere la produzione audiovisiva europea a fronte della schiacciante concorrenza esercitata dalle produzioni transatlantiche e non solo.

Per raggiungere lo scopo si vuole incoraggiare la coproduzione, sostenere strategie coordinate di commercializzazione e promuovere la distribuzione dei prodotti dell’Unione nel mercato interno ed esterno. Tuttavia, la dotazione finanziaria sembra assai contenuta. Inoltre, proprio in considerazione della limitatezza delle risorse non pare affatto utile aprire il programma anche alla partecipazione di Stati extraeuropei.

Credo che il sostegno pubblico al settore, sia a livello nazionale che europeo, dovrebbe essere indirizzato alle produzioni audiovisive destinate a informare e a formare, a educare strictu sensu, e a quanto è realmente utile a non mantenere l’attuale regime che fa dell’Europa una colonia culturale degli USA. Non ritengo che a tale riguardo la relazione sia sufficiente.

 
  
  

– Proposta di risoluzione (B6-0544/2006)

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore di questa relazione. E’ evidente che molte aziende e individui violano costantemente le leggi volte a proteggere l’ambiente; spesso infatti trovano più economico pagare sanzioni che rispettare la legge sullo scarico o sul trasporto di rifiuti tossici. Se vogliamo proteggere l’ambiente, dobbiamo prendere in considerazione la possibilità di intraprendere azioni penali, oltre che civili, nei confronti degli autori di tali reati.

 
  
  

– Relazione De Keyser (A6-0334/2006)

 
  
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  Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. (SV) La Lista di giugno ritiene che l’Unione europea non debba interferire negli affari interni degli altri paesi. Per motivi di principio è importante perseguire la politica per la quale ci siamo recati alle urne. Non vi sono dubbi: la Siria deve migliorare i propri rapporti con Israele.

La Lista di giugno si oppone incondizionatamente a qualunque regime totalitario, e condanna tutti i paesi che decidono di sostenere il terrorismo in ogni sua forma. Ovviamente, la politica estera dell’Unione europea è guidata dagli specifici interessi di alcuni Stati membri in diverse parti del mondo; si tratta di una politica sbagliata e distruttiva, come risulta evidente dalla relazione. L’Unione europea sta cercando di influenzare i rapporti della Siria con i paesi vicini, e questo è inaccettabile.

Ho deciso quindi di astenermi dal voto per ragioni di principio.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Naturalmente non mettiamo in discussione la conclusione di un accordo di associazione con la Siria che, com’è noto, è l’unico paese della regione con il quale l’Unione europea non abbia sottoscritto un accordo di questo tipo. Ci opponiamo con forza, tuttavia, ad alcuni punti della relazione.

La relazione è caratterizzata da un approccio basato sull’interventismo e sulle interferenze in un’ampia gamma di questioni, per le quali spetterebbe al popolo siriano decidere nell’ambito della propria sovranità. Inoltre, il Parlamento ritiene la Siria responsabile della situazione in Medio Oriente, e avanza accuse nei confronti di questo paese, ma non nei confronti di Israele e degli Stati Uniti, che sono i primi responsabili della pericolosa e tragica situazione di quella regione. Tra i vari punti, gli obiettivi della relazione comprendono la transizione del sistema politico in Siria e la creazione di “un’economia di mercato aperta”. Si vuole così costringere la Siria a rispettare le risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU sul Libano, senza ricordare però che Israele continua a occupare parte del territorio siriano, attacca il Libano e continua a perseguire la propria politica di terrorismo di Stato contro la Palestina. La relazione inoltre critica la politica siriana e chiede al paese di rivedere “la sua politica estera e il suo allineamento regionale”.

Lo riteniamo inaccettabile.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Sono favorevole a questo accordo. La Siria ha molta strada da fare per migliorare il rispetto dei diritti umani, i suoi rapporti con i paesi vicini e il trattamento delle minoranze. Tuttavia, credo che un accordo costruttivo sia il modo giusto per progredire su questa strada.

 
  
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  Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. – (NL) L’Europa deve tenere la Siria a distanza, non perché questo paese faccia parte dell’asse del male, come afferma il Presidente Bush, ma perché opprime il suo popolo e costituisce un peso inutile per gli altri. Ormai da molti anni la Siria è guidata da un regime dittatoriale a capo del quale ci sono gli El-Assad, padre e figlio. Molti cittadini siriani sono stati costretti a fuggire all’estero, per scongiurare il rischio di essere arrestati o fatti sparire, e non è ammessa alcuna forma di opposizione organizzata. Non solo gli oppositori politici ma anche i curdi e i cristiani si sentono in pericolo. Nel vicino Libano, la Siria è stata responsabile di anni di occupazione militare, assassini politici e forniture di armi agli Hezbollah. Un altro dei paesi vicini, Israele, ritiene la sua politica del tutto irragionevole e accusa la Siria di non aver mai voluto la pace né la riconciliazione, sicché le sue azioni possono essere addotte come giustificazione per non favorire in modo attivo un accordo di pace con la vicina Palestina. Di recente la Siria ha segretamente concesso l’estradizione di un olandese di origine iraniana in Iran. La posizione dell’Unione europea nei confronti della Siria è troppo sbilanciata a favore di buoni rapporti con i paesi del Mediterraneo a scapito della democrazia e del rispetto dei diritti umani.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) Le dichiarazioni rese dal Consiglio e dalla Commissione e la risoluzione del Parlamento europeo altro non sono che un flagrante e ingiustificato attacco alla Siria, a cui si chiede una dichiarazione di scuse per la sua politica e il totale asservimento all’imperialismo.

Approfittando del dibattito su un accordo di associazione euromediterraneo, si lanciano minacce al paese a causa della sua posizione contro la guerra in Iraq, la sua solidarietà con i popoli palestinese e libanese e il suo rifiuto di piegarsi ai piani imperialisti.

Il graduale aumento dell’aggressività politica da parte dell’Unione europea rivela la vera natura della risoluzione dell’ONU n. 1701, annunciando preventivamente il ruolo che le forze d’occupazione militare degli Stati membri dell’Unione europea svolgeranno in quell’area.

La relazione rappresenta la versione europea della propaganda americana, che attacca la Siria definendola un paese dell’asse del male.

Abbiamo votato contro la relazione per manifestare la nostra solidarietà ai popoli della Siria e del Medio Oriente che gli imperialisti americani ed europei hanno preso di mira.

L’Unione europea, gli Stati Uniti e la NΑΤΟ sostengono congiuntamente l’applicazione del piano NATO per il Medio Oriente nel tentativo di soggiogare popoli e paesi. Riteniamo politicamente inaccettabile che questa relazione venga approvata da forze politiche che si dicono di sinistra, perché in questo modo esse finiscono per schierarsi con la politica imperialista dell’Unione europea e degli Stati Uniti, offrendo quindi un alibi allo scoppio di nuove guerre.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) In linea generale questa relazione, nella versione negoziata dal gruppo PPE-DE, è essenzialmente equilibrata, ma nutro comunque alcune riserve sulla sua approvazione.

L’Unione europea, a causa di difficoltà sostanziali e logistiche, non ha né il potere né la capacità di agire come potenza su scala mondiale. Peraltro, non ha neanche le risorse finanziarie e militari per farlo, e soprattutto non dispone di un mandato. Ciò non significa tuttavia che l’Unione europea debba essere un membro passivo della comunità internazionale. La dimensione dell’Europa come mercato, come fornitore di aiuti finanziari, come rifugio per gli immigrati e come vicino, fanno – o dovrebbero fare – dell’Unione europea un partner di politica estera. Non si tratta del consueto riferimento alle virtù del soft power né del dibattito sulla necessità di poli alternativi. Penso piuttosto che, proprio per le sue dimensioni, l’Unione europea dovrebbe riuscire a influenzare e modificare la politica del Mediterraneo – regione fra le più importanti del mondo.

Nel medio termine, l’Unione europea dovrà mostrarsi capace di esercitare sui vicini lo stesso effetto che ha avuto sui paesi che hanno gradualmente aderito all’Unione. Dobbiamo quindi indurre, nei nostri vicini mediterranei, gli effetti delle aspettative di preadesione. Purtroppo, questo accordo non trasmette tale ambizione.

 
  
  

– Proposta di risoluzione (B6-0543/2006)

 
  
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  Anne Ferreira (PSE), per iscritto. (FR) La Conferenza delle parti, che si è tenuta a Montreal l’anno scorso, si è conclusa con una decisione minima, ossia quella di portare avanti le discussioni sul Protocollo di Kyoto e i suoi obiettivi dopo il 2012.

Alla vigilia della nuova conferenza annuale, la situazione resta ancora incerta, e dunque gravida di pesanti minacce per il futuro del Protocollo di Kyoto, soprattutto in seguito alle dichiarazioni rilasciate dal nuovo governo canadese.

Questa situazione non è comprensibile né accettabile, poiché i segnali di allarme continuano a moltiplicarsi e le previsioni stimano un aumento del 50 per cento delle emissioni di CO2 da qui al 2030, contrariamente agli obiettivi in materia che la nostra Istituzione ricorda con regolarità.

Nell’Unione europea esiste un diffuso consenso; la CES (Confederazione europea dei sindacati) ha infatti offerto il proprio appoggio a obiettivi molto ambiziosi nella lotta al cambiamento climatico.

Dobbiamo agire con urgenza, e adottare decisioni e misure che siano all’altezza delle sfide lanciate all’Europa e all’intero pianeta. Affrontare tali sfide imprimerà un forte impulso alla ricerca e all’innovazione tecnologica, e favorirà l’ammodernamento del nostro apparato produttivo.

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. (EN) Una delle questioni più importanti che il mondo deve affrontare ai nostri giorni è il cambiamento climatico e il modo di farvi fronte – un problema che non possiamo più rinviare. Sta a noi agire adesso, come risulta da tutti i dati scientifici pubblicati, sebbene l’amministrazione Bush stia mentendo, nel tentativo di imbavagliare i propri esperti affinché non possano contribuire al dibattito.

Il problema sta appunto nell’approccio assunto dall’amministrazione statunitense. Tutti si dichiarano inorriditi nel constatare le conseguenze della seconda guerra del Golfo per la gente comune in Iraq – secondo le stime più recenti infatti si contano ormai più di 650 000 morti tra la popolazione civile. Eppure la decisione di non firmare l’accordo di Kyoto mette a repentaglio miliardi di persone in tutto il mondo, e minaccia la stessa sopravvivenza di nazioni come il Bangladesh e le Maldive. Questa sarà l’eredità dell’amministrazione Bush, a meno che gli Stati Uniti non decidano di rivedere la questione. Ma purtroppo non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.

 
  
  

– Relazione Wortmann-Kool (A6-0299/2006)

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI).(FR) Signor Presidente, il programma NAIADES sullo sviluppo delle vie navigabili interne e la relazione dell’onorevole Wortmann-Kool si contraddistinguono per il loro ottimo contenuto. Vorrei quindi cogliere l’occasione per insistere sulla necessità di realizzare il collegamento Reno-Rodano. Si tratta di un asse estremamente importante, che consentirà di connettere il sud della Francia e il Mediterraneo occidentale con i bacini del Reno, del Meno e del Danubio, e in tal modo con i nuovi mercati emergenti dei paesi dell’Europa centrale e orientale, fino al mar Nero. Credo che si tratti di un programma prioritario, e spero che proprio alla realizzazione di tale collegamento – di cui non esito a riconoscere le difficoltà tecniche e ambientali, che mi sembrano tuttavia superabili – siano destinati in primo luogo i mezzi reperiti nell’ambito di tale programma.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La relazione Wortmann-Kool auspica l’attiva promozione del trasporto sulle vie navigabili interne, che oggigiorno è scarsamente sviluppato.

Questo modo di trasporto sicuro, ecologico e con infrastrutture lungi dall’essere utilizzate nella loro piena capacità potrà contribuire al trasferimento modale e ad alleggerire i problemi di congestione che affliggono altri modi di trasporto.

Inoltre l’aumento che è stato osservato negli scambi commerciali in seguito all’allargamento contribuirà a sviluppare nuovi mercati, come per esempio questo tipo di trasporto.

L’adozione di misure volte a riequilibrare i rapporti tra le diverse forme di trasporto è estremamente importante per il futuro di una politica dei trasporti sostenibile. Di conseguenza, sono favorevole allo sviluppo di una rete di trasporto sulle vie navigabili interne che possa, superata la fase di sviluppo, abbracciare tutte le aree strategiche importanti per la crescita ottimale di questo mercato.

Di conseguenza, tenendo conto delle diverse caratteristiche del territorio europeo, è vitale realizzare un quadro giuridico adeguato che consenta lo sviluppo dei mercati, in grado di contribuire, a sua volta, al trasferimento del traffico su forme alternative di trasporto. Nella mia veste di deputato portoghese al Parlamento europeo, sostengo quindi questo programma che non favorisce gli interessi nazionali e, credo, avrà un impatto positivo sul mercato dei trasporti in Portogallo.

 
  
  

– Relazione Weiler (A6-0363/2006)

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) I partenariati pubblico-privati sono molto diffusi negli Stati membri dell’Unione europea e, forse inevitabilmente, il Regno Unito fa la parte del leone in questo settore. Purtroppo però essi sono un eufemismo per privatizzare, o prepararsi a privatizzare, beni e servizi pubblici che, nel lungo periodo, saranno messi in vendita agli investitori privati affinché questi ne traggano profitto. I fautori di tali partenariati sostengono che essi garantiranno una migliore gestione dei rischi, trascurando però il fatto che alle aziende private vanno i profitti e lo Stato rimane l’unico responsabile quando il partenariato non funziona o non assicura i profitti che le aziende private auspicavano. Questo vale sempre, nei settori più diversi, dalla concessione delle autostrade alla gestione di scuole e ospedali fino alla partecipazione a progetti di investimento nell’ambito dei Fondi strutturali.

Si tratta di un sistema per esternalizzare le responsabilità statali, cosa che riteniamo inaccettabile. Per di più quest’iniziativa pretende un regime giuridico a livello comunitario. Non abbiamo scelta, quindi: dobbiamo votare contro la relazione.

 
  
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  Jean-Claude Fruteau (PSE), per iscritto. (FR) La relazione Weiler su cui votiamo quest’oggi apporta alcuni contributi positivi al futuro dei partenariati pubblico-privati, in particolare per quanto riguarda il Libro verde e la comunicazione della Commissione europea COM(2005)0569.

In questo senso mi congratulo per la chiara distinzione proposta tra appalti pubblici e concessioni, e la richiesta di un’iniziativa legislativa in questo settore.

Mi rammarico del fatto che il Parlamento europeo abbia deciso di non prorogare questa misura per quanto riguarda i partenariati pubblico-privati istituzionali, ma gli emendamenti adottati in seduta plenaria segnano un considerevole progresso verso una definizione futura dei servizi in house, ossia verso un consolidamento della situazione delle autorità locali europee.

Sebbene sia ancora imperfetto, questo testo intermedio presenta a mio avviso una serie di progressi che giustificano il mio voto finale favorevole; spetterà quindi alla Commissione integrare tali progressi nelle sue future proposte in materia.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, il quadro giuridico comunitario dei partenariati pubblico-privati (PPP) ha effettivamente bisogno di un chiarimento – chiarimento però che deve rispettare alcuni principi, e in particolare: riguardare effettivamente i soli partenariati tra pubblico e privato, fondarsi su una distinzione tra partenariati/contratti da un lato e partenariati/concessioni dall’altro, rispettarne le particolarità e quindi rinunciare a ogni nuova e specifica regolamentazione dei PPP, non rimettere in discussione la regola della procedura negoziata applicata alle concessioni, rispettare la libertà di scelta del tipo di organizzazione (fondazione di una società a capitale misto o di altre forme giuridiche, assunzione di controllo di una società privata da parte di una struttura pubblica, esternalizzazione, eccetera) da parte delle autorità pubbliche nazionali, e infine vigilare sulla coerenza di ogni iniziativa comunitaria con le priorità del servizio pubblico e le scelte nazionali in materia.

Verosimilmente tutto ciò non rende necessario adottare nuovi atti giuridici vincolanti. Dal momento che l’intervento dell’Unione europea sembra ineluttabile in questi campi, facciamo almeno in modo che esso non conduca a elaborare uno di quei meccanismi burocratici di cui l’Europa di Bruxelles detiene il segreto.

 
  
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  Diamanto Manolakou (GUE/NGL), per iscritto. (EL) I partenariati pubblico-privati sono la porta di servizio attraverso la quale si può penetrare nel servizio pubblico per consegnarlo al capitale privato; sono quindi la strada più diretta che consente al capitale europeo di appropriarsi di servizi e infrastrutture pubbliche, aggirando gli ostacoli e le difficoltà che incontra sul percorso.

Essi costituiscono il meccanismo più efficace per mettere a tacere la coscienza, per disorientare il movimento popolare e limitare il sostegno al settore pubblico, con la graduale privatizzazione e commercializzazione dei servizi di interesse pubblico, soprattutto a livello di governo locale, al fine di accrescere i profitti delle grandi imprese e intensificare lo sfruttamento.

Qualsiasi tentativo si riscontri nella relazione di promuovere un uso condizionato dei PPP esercitando su di essi un controllo democratico non è che un alibi, un elenco di desideri che alla fin fine favorisce il generale ed esponenziale trasferimento dei servizi al controllo del capitale privato, con conseguenze dannose per i lavoratori, che già traspaiono nella relazione stessa.

Il punto fondamentale non riguarda le modalità di applicazione della normativa sugli appalti pubblici e la configurazione dei contratti di concessione. Ciò che conta è che alla gestione e al trasferimento del denaro pubblico si associa l’attacco ai diritti dei lavoratori a vantaggio del capitale.

Abbiamo votato contro la relazione e chiediamo ai cittadini di opporsi all’attacco frontale condotto dal capitale e dalla politica dell’Unione europea.

 
  
  

– Relazione Schroedter (A6-0308/2006)

 
  
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  Marian Harkin (ALDE).(EN) Signor Presidente, vorrei rendere la mia dichiarazione di voto in merito al paragrafo 4 della relazione Schroedter sul distacco dei lavoratori.

Sostengo la proposta di direttiva sulle condizioni richieste per i traghetti che forniscono servizi regolari per passeggeri e merci tra gli Stati membri, e ho quindi notato con piacere che anche l’Assemblea si è dichiarata favorevole.

La mia posizione si giustifica con la nostra esperienza in Irlanda per quanto riguarda il personale dei traghetti e i nuovi lavoratori – soprattutto stranieri – che sono stati assunti dall’Irish Ferries. Signor Presidente, abbiamo prove documentate di un caso recente, in cui un lavoratore riceveva una retribuzione oraria pari a un euro circa. Vorrei far notare che il salario orario minimo in Irlanda supera gli otto euro.

I licenziamenti sono stati forzati e non volontari, giacché l’offerta alternativa prevedeva significativi tagli salariali e un peggioramento delle condizioni di lavoro. I posti liberatisi in seguito ai licenziamenti forzati sono stati occupati soprattutto da lavoratori stranieri, molti dei quali retribuiti con metà del salario minimo irlandese. Tale situazione conduce allo sfruttamento di tutti i lavoratori, non offre alcuna garanzia, fomenta la xenofobia e viene perfettamente descritta dall’espressione “corsa verso il peggio”.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE).(SK) I principi fondamentali dell’Unione europea che sanciscono la libertà di circolazione di persone e servizi all’interno dell’Unione europea vietano qualsiasi discriminazione per motivi di nazionalità nei confronti dei lavoratori di altri Stati membri in materia di impiego, salario o qualsiasi altra questione concernente l’occupazione.

Ma qual è la realtà? Alcuni Stati membri continuano a ricorrere ai periodi di transizione che si applicano alla creazione dei mercati del lavoro. La direttiva sul distacco dei lavoratori è strettamente correlata alla direttiva sui servizi, e nonostante una lotta intensa e giustificabile condotta dai deputati al Parlamento europeo dei nuovi Stati membri, il Parlamento, in prima lettura, ha eliminato gli articoli nn. 24 e 25 dalla proposta di direttiva sui servizi nel mercato interno.

Riteniamo cruciali tali articoli, giacché le idee fondamentali della direttiva sul distacco dei lavoratori vengono interpretate diversamente nei diversi Stati membri, e i lavoratori generalmente non sono consapevoli dei diritti che la direttiva garantisce loro. Purtroppo devo osservare che un orientamento della Commissione non può rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla libertà di circolazione dei lavoratori e dei servizi, e quindi non può risolvere i problemi con cui si scontrano le imprese e i lavoratori degli Stati membri in seguito all’inadeguata applicazione della direttiva sul distacco dei lavoratori.

Ho votato contro la relazione Schroedter poiché essa non comprende gli emendamenti fondamentali che mirano a garantire una maggiore mobilità nel mercato del lavoro dell’Unione europea. Temo che la posizione assunta dalla relatrice finirebbe col frapporre inutili ostacoli alla creazione di posti di lavoro e farebbe fallire il nostro tentativo di rendere del tutto operativo il mercato interno dei servizi.

 
  
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  Richard Corbett (PSE).(EN) Signor Presidente, forse può rivestire un certo interesse sapere che ho votato a favore della risoluzione da noi approvata sulla base della relazione Schroedter della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, perché ritengo che il suo obiettivo essenziale – una migliore attuazione della legislazione esistente piuttosto che l’introduzione di nuova legislazione – sia il più opportuno in questo momento.

Credo tuttavia che a tempo debito, dopo aver valutato se saremo effettivamente riusciti a garantire una migliore applicazione di questa legislazione nel prossimo futuro, dovremo tornare a discutere per decidere se la direttiva originale debba essere emendata, aggiornata o migliorata in altri modi.

 
  
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  Philip Bushill-Matthews (PPE-DE), per iscritto. (EN) Se le aziende di un paese desiderano distaccare legalmente i propri lavoratori in un altro paese dell’Unione europea, tale procedura dovrebbe essere semplificata, e non gravata da ulteriore burocrazia. Il Parlamento non deve approvare pratiche che siano ritenute illegali dalla Corte di giustizia delle Comunità europee e sproporzionate dalla Commissione. La relazione Schroedter sul distacco dei lavoratori richiede l’introduzione di ulteriori meccanismi burocratici, come le dichiarazioni preventive delle aziende che intendano distaccare i lavoratori e l’obbligo di tenere fogli di presenza dettagliati, e così via. Tali pratiche sono sproporzionate, favoriscono il protezionismo e mettono a repentaglio la direttiva sui servizi. Se l’Unione europea inviasse un messaggio di questo tipo, metterebbe a rischio il proprio impegno a favore della strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione.

Il testo della Commissione è ragionevole e pratico. Questa relazione socialista cerca di modificare il testo nella direzione sbagliata. In tale contesto, i conservatori britannici non hanno potuto approvare questa relazione.

 
  
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  Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La relazione mette in evidenza che la direttiva sul distacco dei lavoratori non viene integralmente applicata da tutti gli Stati membri. E’ perciò necessario adottare alcune misure per consentire agli Stati membri di garantire veramente standard minimi di protezione e condizioni di occupazione per i lavoratori che operano temporaneamente in un altro paese dell’Unione europea. La Lista di giugno è favorevole ad applicare la legislazione del paese ospite ai cittadini che lavorano in altri Stati membri. Questo è uno dei punti che abbiamo definito con chiarezza nelle discussioni sulla direttiva sui servizi. Sulla base di queste considerazioni, ho deciso di votare a favore dell’intera relazione.

 
  
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  Marian Harkin (ALDE), per iscritto. (EN) Vorrei fare un breve intervento chiarificatore sul paragrafo 4 del testo originario della relazione Schroedter, concernente l’applicazione della direttiva 96/71 sul distacco dei lavoratori. Sostengo la proposta di direttiva sulle condizioni richieste per i traghetti che forniscono servizi regolari per passeggeri e merci tra gli Stati membri. La mia posizione si giustifica con la nostra esperienza in Irlanda per quanto riguarda il personale irlandese dei traghetti e i nuovi lavoratori – soprattutto stranieri – che sono stati assunti dall’Irish Ferries. Abbiamo prove documentate di un caso recente, in cui un lavoratore riceveva una retribuzione oraria pari a un euro circa come parrucchiere, e vorrei far notare che il salario orario minimo in Irlanda supera gli otto euro. Dopo i licenziamenti – licenziamenti forzati e non volontari, giacché l’offerta alternativa prevedeva significativi tagli salariali e un peggioramento delle condizioni di lavoro – i posti liberatisi sono stati occupati soprattutto da lavoratori stranieri, molti dei quali retribuiti con metà del salario minimo irlandese. Tale situazione conduce allo sfruttamento di tutti i lavoratori, non offre alcuna garanzia, fomenta la xenofobia e viene descritta alla perfezione dall’espressione “corsa verso il peggio”.

 
  
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  Marie-Noëlle Lienemann (PSE), per iscritto. (FR) Legittimamente la relatrice vuole contrastare le derive liberali, ahimè croniche, della Commissione europea.

E’ inaccettabile che nella sua comunicazione la Commissione abbia cercato di reintrodurre il principio del paese d’origine, benché questo fosse stato respinto dal Parlamento europeo in occasione del voto sulla direttiva concernente i servizi. Mi unisco dunque alla relatrice, che esige l’applicazione e il controllo rigorosi di quella direttiva nel più breve tempo possibile, nonché l’istituzione di sanzioni pecuniarie.

La Commissione deve accettare la giurisprudenza della Corte di giustizia, che distingue tra lavoratori autonomi e lavoratori distaccati, e garantisce a questi ultimi l’applicazione della normativa sociale più favorevole.

 
  
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  Diamanto Manolakou (GUE/NGL), per iscritto. (EL) Tutto ciò che era stato escluso dalla prima risoluzione sulla direttiva Bolkestein, viene ripristinato con gli orientamenti della Commissione europea sull’applicazione della direttiva 96/71 sul distacco dei lavoratori, per portare a termine l’azione criminosa intrapresa contro la classe lavoratrice. Sulla base della giurisprudenza della Corte, la Commissione punta adesso a capovolgere perfino le norme carenti e limitate sulla protezione concessa ai lavoratori, e ad abolire tutti i controlli sul distacco dei lavoratori da parte del paese ospite, mettendo quindi a repentaglio i contratti collettivi e i diritti sociali dei lavoratori in generale.

I portavoce politici del capitale europeo (il gruppo PPE-DE insieme a socialdemocratici e liberali) che hanno votato a favore della direttiva Bolkestein in seno al Parlamento europeo nel febbraio 2006, con il nuovo inaccettabile compromesso contenuto nella relazione sulla comunicazione della Commissione esprimono confuse e tiepide raccomandazioni, favorendo i tentativi dell’Unione europea di dirigere il movimento dei lavoratori. Ancora una volta si prestano alle ambizioni dei gruppi monopolistici per aumentarne i profitti a danno della classe operaia.

E’ urgentemente necessario che la classe operaia e i lavoratori in generale intensifichino la lotta contro la politica antipopolare dell’Unione europea; è questo l’unico modo per soddisfare le attuali esigenze delle famiglie della classe operaia e dei ceti popolari.

 
  
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  Claude Moraes (PSE), per iscritto. (EN) Il partito laburista al Parlamento europeo (PLPE) ha votato a favore della relazione Schroedter sulla direttiva sul distacco dei lavoratori perché è necessario migliorare l’applicazione di questo importante strumento legislativo per favorire la libera circolazione dei lavoratori.

Tuttavia il PLPE riconosce l’esistenza di diversi meccanismi attuativi nei singoli Stati membri e quindi la possibilità che vi siano differenze, per esempio, nei requisiti di informazione che si applicano tra gli Stati membri. Qualsiasi requisito dovrà essere proporzionato e giustificato. E’ importante che questo strumento legislativo non aggiunga inutili oneri che graverebbero sulle aziende e interferirebbero con il diritto dei fornitori stranieri di servizi di distaccare i propri lavoratori.

 
  
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  Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. – (NL) La direttiva sul distacco dei lavoratori 96/71/CE è una pietra miliare nella legislazione europea sul lavoro. La relazione Schroedter mette in evidenza i problemi derivanti dall’applicazione della direttiva, rispondendo così a una comunicazione della Commissione – promessa già nel 2004 ma comparsa soltanto nell’aprile 2006 – in cui la Commissione, facendo riferimento alle sentenze della Corte di giustizia, ha cercato di limitare le misure di controllo cui possono far ricorso gli Stati membri.

La relazione Schroedter ripristina l’equilibrio tra la liberalizzazione economica e la protezione sociale. Di conseguenza, alcune misure amministrative (per esempio i servizi d’ispezione sul finto lavoro autonomo, i contratti di lavoro collettivo) non potranno più essere considerati limitativi della libertà di circolazione dei lavoratori all’interno dei mercati del lavoro dell’Unione europea; anche la Corte di giustizia condivide quest’opinione.

Le condizioni relative al salario minimo, le condizioni di lavoro, sanità e sicurezza sul lavoro, nonché il principio del paese ospite, sono strumenti importanti per prevenire il dumping sociale e la concorrenza sleale. Allo stesso tempo esse garantiscono un trattamento equo a dipendenti e fornitori di servizi. Grazie a questa relazione, la tendenza neoliberista che l’Europa segue da anni assume una dimensione più sociale. Il Parlamento europeo deve assumersi le proprie responsabilità in materia di protezione sociale dei lavoratori; per questo motivo sostengo la relazione Schroedter.

 
  
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  Konrad Szymański (UEN), per iscritto. – (PL) La relazione Schroedter relativa all’attuazione della direttiva sul distacco dei lavoratori mette a repentaglio tutte le preziose disposizioni previste dagli orientamenti della Commissione europea sul distacco dei lavoratori, in seguito al compromesso raggiunto sulla direttiva sui servizi. Da un punto di vista politico, questo equivale a un passo indietro rispetto a un compromesso ottenuto con tanta fatica.

La Commissione europea ha dichiarato (in un documento non vincolante) che vi sono limiti massimi alla protezione sociale e alla regolamentazione amministrativa del mercato, e che questi non possono essere superati dagli Stati membri per non violare il principio della libertà di fornitura di servizi (fin quando non entrerà in vigore la direttiva sui servizi, la direttiva sul distacco dei lavoratori rimarrà la principale base giuridica del mercato dei servizi).

La relazione presentata dalla commissione per l’occupazione e gli affari sociali rappresenta un rischio per tutte le principali disposizioni dei suddetti orientamenti sul distacco dei lavoratori. Essa difende il vergognoso status quo del mercato dei servizi, grazie al quale le aziende dei nuovi Stati membri sono sistematicamente perseguitate dall’amministrazione per limitare la concorrenza. Si tratta di un semplice ed evidente caso di protezionismo, che si realizza però in nome dei lavoratori e della protezione sociale.

 
  
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  Bernadette Vergnaud (PSE), per iscritto. (FR) Come abbiamo potuto constatare, la direttiva sul distacco dei lavoratori, male applicata in alcuni Stati membri, non soddisfa i suoi obiettivi; questo si spiega con le diverse interpretazioni di alcuni concetti chiave (il lavoratore, il salario minimo e il subappalto), e con la difficoltà di controllare il rispetto della direttiva e di accedere alle informazioni, sia per i lavoratori che per le PMI.

Un sistema efficace di cooperazione tra gli Stati membri deve rafforzare la partecipazione delle parti sociali, informare i lavoratori distaccati in merito ai loro diritti, e le aziende – soprattutto le PMI e le aziende artigiane – sugli interlocutori da contattare.

Infine, è ormai essenziale che la Commissione europea esamini soluzioni costruttive che possano prevenire ed eliminare la concorrenza sleale – di cui sono un esempio le società prestanome – o ancora i doppi distacchi da uno Stato all’altro, nonché il dumping sociale che deriva dal distacco illegale di lavoratori, soprattutto con il ricorso a falsi lavoratori autonomi.

Non si tratta di modificare l’acquis della direttiva, ma di migliorarlo. Per questo motivo ho votato a favore della relazione d’iniziativa dell’onorevole Schroedter.

 
  
  

– Relazione Berès (A6-0349/2006)

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il Parlamento ha celebrato il suo rituale come ogni anno, ratificando la politica monetaria della Banca centrale europea (BCE). Sebbene la relazione inviti alla prudenza in materia di aumenti dei tassi d’interesse e di investimenti, le sue principali priorità sono la stabilità dei prezzi e il consolidamento di bilancio, che continueranno a minare la crescita economica, l’occupazione e il potere d’acquisto dei cittadini. Quando invece si devono mettere in primo piano le preoccupazioni economiche e sociali – in contrasto con gli obiettivi fondamentali della BCE – la ricetta non cambia, aumentano soltanto le dosi: riforme strutturali del mercato del lavoro e della sicurezza sociale, e questo non è certo sorprendente.

Dicendo che il sistema di nomine del comitato esecutivo ha funzionato bene, e che i suoi membri non devono essere scelti sulla base della nazionalità, la relazione trascura il fatto che questo sistema opera sempre sulla base della rotazione tra le nazionalità delle maggiori potenze dell’Unione europea. Di conseguenza, con un sistema a rotazione per il Consiglio dei governatori adottato nel 2003, si escludono i paesi piccoli dalle votazioni sulle decisioni monetarie. Il Parlamento ha dichiarato di opporsi a una simile situazione, ritenendola eccessivamente complessa e ingiusta, e ha proposto un Consiglio dei governatori di soli nove membri. Non è difficile prevedere chi sarà incluso e chi no. Per tutti questi motivi, siamo costretti a votare contro.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione dell’onorevole Berès, a mio avviso, è una constatazione del fallimento della politica monetaria della BCE. A dire il vero, le uniche notizie davvero positive che essa ci reca riguardano i profitti prodotti dalla Banca, nonché il fatto che essa, se non altro, è riuscita a creare posti di lavoro al suo interno, dal momento che il suo organico (chissà quali sono le sue mansioni) è aumentato dell’86 per cento in sette anni.

Ormai la situazione è tale che, per fare amare l’euro ai cittadini europei, la relatrice chiede di modificare le banconote per sostituire le immagini di quei ponti inesistenti con personaggi, paesaggi e monumenti reali che siano radicati nella cultura nel nostro continente.

I colleghi del Fronte nazionale e io abbiamo dichiarato in diverse occasioni, in questa sede, la nostra avversione per tale politica, il suo effetto disastroso sull’occupazione e sul potere d’acquisto degli europei, la sua eccessiva attenzione agli obiettivi finanziari ma non economici, la dannosa assenza di una politica dei cambi e, attualmente, la sua politica di aumento dei tassi d’interesse che frenerà ulteriormente la crescita. La nostra opinione non è mutata.

 
  
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  Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto.(SV) Con un referendum i cittadini svedesi hanno respinto, con un’ampia maggioranza, la possibilità di introdurre l’euro, e io sostengo incondizionatamente questa posizione. La relazione è un’opera di propaganda a favore dell’euro, che non posso certo sostenere. Nel paragrafo 26 si propongono misure da adottare affinché gli europei non prendano le distanze dall’euro. Nel paragrafo 27 si fa propaganda a favore della Costituzione. Mi oppongo a formulazioni di questo tipo, e ho votato contro l’intera relazione.

 
  
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  Timothy Kirkhope (PPE-DE), per iscritto. – (EN) La politica del partito conservatore in relazione all’euro è chiara: siamo fermamente decisi a tenerci la sterlina. Tuttavia, dal momento che l’Unione europea in generale e la zona dell’euro in particolare rappresentano i nostri maggiori partner commerciali, vigiliamo attentamente sulla stabilità dell’euro, giacché essa influisce direttamente sulla prosperità del Regno Unito. Ci riserviamo perciò il diritto di levare la nostra voce quando riteniamo che l’indipendenza della Banca centrale europea sia soggetta a ingiustificate pressioni politiche. L’anno scorso, quando i tassi d’interesse sono stati aumentati dopo aver registrato un minimo senza precedenti, la BCE ha subito attacchi politici, e si è anche cercato di sfruttare questa relazione per interferire nella sua gestione. Fortunatamente, la versione finale della relazione rispetta l’indipendenza della BCE, e abbiamo quindi deciso, in via eccezionale, di sostenerla per rendere noto il nostro impegno a favore di una sana politica monetaria.

 
  
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  Carl Lang (NI), per iscritto.(FR) Con l’introduzione dell’euro, ormai da sette anni, il potere d’acquisto degli europei è sensibilmente diminuito. Nella zona dell’euro abbiamo effettivamente potuto constatare un aumento dei prezzi reali per i beni di consumo e il tempo libero, e una tendenza ancora più marcata nel settore immobiliare a causa di scarsi controlli sui fondi speculativi. Quindi, anche senza menzionare l’eccessivo indebitamento, la classe operaia e la classe media sono state quelle più duramente colpite.

Anche la crescita economica della zona dell’euro è diminuita. In effetti, il volume del PIL è aumentato dell’1,8 per cento nel 2004, ma solo dell’1,4 per cento nel 2005. Le prospettive per il periodo 2007-2013 sono ancora più inquietanti, poiché l’euro minerà ulteriormente la crescita europea non appena il tasso di cambio rispetto al dollaro diverrà troppo favorevole.

E’ opportuno ricordare che questa banca, che si distingue per la sua filosofia e i suoi principi europeisti, è caratterizzata da scarsa trasparenza e deficit democratico, e che inoltre nessuno degli obiettivi economici e sociali dell’Unione europea sarà raggiunto. Tali indicatori ci devono far capire che bisogna uscire dalla zona dell’euro, e che le nazioni devono recuperare le proprie competenze in materia di decisioni economiche, sociali e monetarie, in un’Europa libera in cui domineranno la protezione e la preferenza nazionale e comunitaria.

 
  
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  Peter Skinner (PSE), per iscritto. (EN) In linea di massima condivido lo spirito generale della relazione, soprattutto in materia di controllo e trasparenza, ma su un punto specifico ritengo opportuno intervenire con estrema cautela: i fondi speculativi.

Ogni autorità monetaria centrale deve esercitare un vigile controllo sui fondi speculativi. Tuttavia, mi sembra prematuro effettuare analisi per promuovere la regolamentazione del settore. La necessità di regolamentarlo infatti potrebbe rivelarsi sproporzionata rispetto a qualsiasi minaccia si possa percepire in relazione a tali fondi.

 
  
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  Sahra Wagenknecht (GUE/NGL), per iscritto. (DE) Ancora una volta la BCE afferma che la stabilità dei prezzi è il suo contributo alla creazione di posti di lavoro e alla crescita. Nella zona dell’euro la stabilità dei prezzi è una realtà; in diversi settori, in verità, i tassi aggregati di aumento dei prezzi inferiori al due per cento stanno spianando la strada alla deflazione, e non appena si manifestano i più piccoli segnali di ripresa economica nella zona dell’euro, la BCE – con la sua cieca fissazione sulla stabilità dei prezzi – non fa altro che aumentare i tassi d’interesse. E lo fa senza che vi sia alcun segnale di tendenze inflazionistiche, sebbene non si registrino mutamenti nell’alto tasso di disoccupazione e nonostante i salari stiano aumentando molto più lentamente della produttività: cosa che, nel lungo periodo, provocherà necessariamente gravi squilibri nelle economie nazionali. Lo fa sebbene perfino i mercati dei capitali, con i loro tassi d’interesse di lungo periodo estremamente bassi, non prevedano per il futuro né un aumento sostanziale dei prezzi, né una persistente ripresa economica, e uno sguardo oltre Atlantico dimostra che hanno pochi motivi per farlo.

Nella sua versione originale, la relazione era abbastanza coraggiosa da adottare un atteggiamento critico. Purtroppo però rimane poco di tale atteggiamento in seguito al voto in seno alla commissione per i problemi economici e monetari, anche se sembrerebbe necessario esprimere perlomeno alcuni dubbi.

Ciò di cui l’Europa ha veramente bisogno è una diversa politica monetaria, che sia guidata non dai dogmi monetaristi, ma dalla responsabilità sociale; una politica che rappresenti gli interessi della vasta maggioranza degli europei piuttosto che quelli degli squali della finanza e dell’élite finanziaria europea.

 
  
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  Presidente. – Con questo si concludono le dichiarazioni di voto.

 

8. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
  

(La seduta, sospesa alle 13.50, riprende alle 15.05)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. ONESTA
Vicepresidente

 

9. Composizione delle commissioni e delle delegazioni: vedasi processo verbale

10. Comunicazione delle posizioni comuni del Consiglio: vedasi processo verbale

11. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale

12. Discussioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto.

 

12.1. Tibet
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione su sei proposte di risoluzione sul Tibet(1).

 
  
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  Adam Jerzy Bielan (UEN), autore. – (PL) Signor Presidente, il Tibet è sotto l’occupazione cinese da oltre cinquant’anni. Le autorità cinesi praticano una politica di discriminazione e persecuzione mirata a emarginare i tibetani nel loro stesso paese. Di recente l’esercito cinese ha compiuto un altro barbaro assassinio uccidendo un’indifesa suora tibetana mentre attraversava il confine con il Nepal. La Cina nega che siano stati sparati colpi di arma da fuoco contro rifugiati tibetani che cercavano di riparare in Nepal, però l’intero incidente è stato filmato.

Il Parlamento europeo non può tacere e rimanere indifferente di fronte a questi ultimi avvenimenti. La politica di forza e repressione imposta ai tibetani dalle autorità cinesi non può più essere tollerata.

Mi rivolgo quindi al governo della Repubblica popolare cinese affinché cessi di violare i diritti umani della nazione tibetana e di altre minoranze. Lancio inoltre un appello al governo cinese affinché fornisca assicurazioni sulla sua volontà di rispettare il diritto internazionale, le norme internazionali in materia di diritti umani e la libertà di culto. Al Tibet dev’essere garantita un’autonomia effettiva e al popolo tibetano dev’essere concessa libertà di religione e di istruzione.

Sollecito infine il governo della Repubblica popolare cinese ad accelerare il dialogo avviato con i rappresentanti del Dalai Lama al fine di trovare senza ulteriori ritardi una soluzione della questione tibetana che sia accettabile per entrambe le parti.

 
  
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  Eva Lichtenberger (Verts/ALE), autore. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, secondo la versione data dai cinesi dell’incidente di confine del 30 settembre scorso, una banda di tibetani avrebbe compiuto un attacco e costretto quindi i cinesi a difendersi, peraltro con grande difficoltà.

Questo evento, a differenza di molti altri del genere, è documentato da un video dal quale risulta chiaramente che è successo esattamente il contrario. Il video rivela infatti che i rifugiati tibetani non hanno attaccato e che il gruppo di persone che cercavano di attraversare il confine era formato da giovani, bambini, suore e monaci. L’Unione europea deve respingere con fermezza la versione dei fatti fornita dalla Cina e pretendere un chiarimento della vicenda.

Deve chiedere precisazioni anche sulla sorte riservata ai bambini presi in custodia dall’esercito cinese, sulle condizioni e sul luogo in cui i bambini e i rifugiati si trovano adesso, nonché sui modi in cui vengono abitualmente affrontati simili incidenti di confine. Come Unione europea dobbiamo dire con la massima chiarezza che al Tibet deve essere concessa l’autonomia – all’interno dei confini cinesi, ma pur sempre un’autonomia reale, in linea con la “via di mezzo” proposta dal Dalai Lama.

 
  
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  Thomas Mann (PPE-DE), autore. – (DE) Signor Presidente, al confine tra Cina e Nepal si è verificato un altro incidente dalle conseguenze mortali. Quando, il 30 settembre scorso, un gruppo di tibetani – tutti civili disarmati – ha cercato di fuggire in Nepal attraverso il passo Nangpa, le guardie di frontiera cinesi hanno aperto il fuoco. Kelsang Namtso, una suora di 17 anni, è stata uccisa, molte persone sono rimaste ferite e trenta – tra cui numerose donne e nove bambini – sono state arrestate.

Mi associo a quanto hanno detto gli oratori precedenti. Di questa tragedia non si sarebbe mai avuto notizia se un gruppo di rumeni muniti di telecamera non si fosse trovato sul luogo per puro caso e non avesse filmato quanto è successo. Le immagini registrate sono state trasmesse dalla televisione olandese nell’ora di massimo ascolto. Nonostante questa documentazione, Pechino sostiene che ci sono stati feriti ma nessun morto e, oltre tutto, che sono stati i tibetani ad aprire il fuoco, mentre i cinesi si sono visti costretti a difendersi.

Condanniamo quest’atto brutale compiuto dalle forze di sicurezza cinesi e invitiamo le autorità a riservare ai prigionieri un trattamento umano e conforme agli accordi internazionali, considerato che la Cina ha sottoscritto la Carta dei diritti del fanciullo delle Nazioni Unite, la quale vieta l’arresto e il trattamento arbitrario di minori da parte dello Stato.

Occorre condurre quanto prima un’indagine sui fatti accaduti al passo di Nangpa, e i responsabili della vicenda devono essere chiamati a rispondere del loro comportamento. Questi attacchi contro civili indifesi dovranno essere posti all’ordine del giorno dei prossimi incontri nell’ambito del dialogo UE/Cina sui diritti umani.

Sollecito vivamente i rappresentanti della Commissione ad accertarsi di persona di quanto sta accadendo e a recarsi al Tibetan Welfare Centre di Katmandu, come ha fatto la delegazione ad hoc del Parlamento europeo in luglio durante la visita in Nepal, per chiedere ai rifugiati che vi vengono accolti cosa hanno dovuto sopportare. Fate qualcosa!

(Applausi)

 
  
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  Erik Meijer (GUE/NGL), autore. – (NL) Signor Presidente, il Parlamento europeo fa bene ad esprimere nuovamente la propria indignazione, ma temo che dovrà farlo ancora molte altre volte. La situazione in Tibet sta peggiorando invece di migliorare, e probabilmente la colpa è nostra. Già prima del 1951 i paesi europei accettarono il fatto che il Tibet diventasse parte della Cina, anche se dalle carte geografiche ciò non risultava. Questa era la situazione negli anni ’50, quando la Repubblica popolare cinese portò effettivamente, manu militari, quell’inospitale regione sotto il suo controllo, e il Dalai Lama si rifugiò in India.

Ora il Tibet è diventato più accessibile dalla Cina grazie alla linea ferroviaria più alta del mondo. Di recente, alpinisti stranieri hanno potuto assistere di persona all’uccisione con armi da fuoco di cittadini tibetani che cercavano di scappare dal paese. Il governo e probabilmente la maggioranza dell’opinione pubblica cinesi considerano il Tibet soprattutto come una regione ancora virtualmente vuota, che necessita quindi di essere colonizzata da cittadini cinesi provenienti dalle regioni più densamente abitate. Poiché ora l’economia cinese è più che mai legata a quella europea, l’Europa ha un potente strumento su cui far leva; il punto è se siamo disposti a utilizzare questa leva. L’oppressione continuerà finché non decideremo di esercitare pressione.

 
  
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  Marios Matsakis (ALDE), autore. – (EN) Signor Presidente, l’occupazione comunista del Tibet da parte della Cina è un’offesa alla democrazia che dura da lungo tempo, nonché una ferita aperta per i principi di giustizia e libertà. Una volta di più abbiamo fermamente condannato il modo assolutamente insostenibile e brutale in cui il regime cinese tratta una piccola nazione pacifica, isolata sul tetto del mondo.

In quest’ultimo incidente, le forze di occupazione cinesi hanno aperto il fuoco contro un gruppo di civili disarmati e indifesi che, in un tentativo disperato, stavano cercando di scappare dal loro paese attraverso il passo di Nangpa, posto in mezzo ai ghiacci a quasi 6 000 metri di altezza. Del gruppo facevano parte molte donne e molti bambini. Una suora di 17 anni è stata uccisa, un giovane di vent’anni è stato gravemente ferito, vi sono alcuni dispersi e altre 29 persone, tra cui 14 bambini, sono state arrestate. Alcuni sono riusciti a fuggire nel vicino Nepal. Fortunosamente e fortunatamente, all’incidente ha assistito un gruppo di alpinisti stranieri, i cui resoconti obiettivi e affidabili, supportati anche da riprese video, sono in palese contraddizione con la ridicola e bugiarda versione dei fatti data dalle autorità cinesi in una dichiarazione ufficiale.

Noi europei non ci tiriamo indietro quando si tratta di condannare i comportamenti di regimi totalitari e oppressivi; nella pratica, però, la severità delle nostre parole non è pari a quella delle nostre azioni. Oltre a essere deplorevole, questo nostro atteggiamento è, a mio modo di vedere, anche oltremodo ipocrita. L’occupazione di stampo colonialista del Tibet da parte della Cina – come, peraltro, qualsiasi occupazione colonialista di un paese da parte di un altro – deve cessare immediatamente. Per dimostrare che facciamo sul serio, dobbiamo adottare misure tangibili contro la Cina. E’ vero che abbiamo imposto un embargo sulle forniture di armi a quel paese, però è un provvedimento di scarso impatto; invece, un embargo sulle importazioni commerciali dalla Cina sarebbe molto più efficace, metterebbe effettivamente in gravi difficoltà i leader comunisti di Pechino e produrrebbe qualche risposta assennata alla nostra domanda di libertà per il Tibet.

(Applausi)

 
  
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  Piia-Noora Kauppi, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, è evidente che c’è bisogno di un’azione decisa per migliorare la situazione dei diritti umani in Cina. L’incidente di cui stiamo discutendo dimostra chiaramente perché questo punto dovrebbe essere per l’Unione europea di importanza prioritaria. Trovo sconvolgente che l’agenzia statale di stampa Xinhua abbia riportato la sparatoria come un caso di autodifesa, mentre la documentazione video rivela senza ombra di dubbio che ai rifugiati tibetani è stato sparato alle spalle e da grande distanza. Nessuna forza, minaccia o resistenza è stata opposta alle guardie di frontiera cinesi. Nessuno dei rifugiati era in possesso di un’arma di alcun tipo, nemmeno di un coltello.

Desidero ringraziare la Presidenza finlandese e richiamare la vostra attenzione sul lavoro da essa svolto nell’ambito del dialogo sui diritti umani. La settimana scorsa, il 20 ottobre, la Presidenza finlandese ha reso nota una dichiarazione ufficiale in cui condannava l’incidente. Ringrazio la Presidenza per averlo fatto.

Infine, come si afferma nella risoluzione congiunta sul Tibet, dobbiamo continuare a incoraggiare colloqui ad alto livello tra il Dalai Lama e il governo cinese. Ribadisco che questo è l’unico modo per trovare una soluzione pacifica e sostenibile e per dare alla nazione tibetana una reale autonomia.

 
  
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  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg, a nome del gruppo PSE. – (PL) Signor Presidente, nonostante la ripresa delle relazioni ufficiali tra il governo cinese e il Dalai Lama nel 2002, in Tibet i diritti umani continuano a essere violati ripetutamente. Si calcola che ogni anno 2 500 persone decidano di sfuggire alla repressione e intraprendano un pericoloso viaggio di molti giorni per raggiungere il Nepal. Gli atti di violenza compiuti ai danni di civili disarmati sono stati motivo di particolare preoccupazione; l’ultimo di tali atti è la sparatoria ingaggiata contro rifugiati tibetani dalle guardie di frontiera cinesi al passo Nangpa La lo scorso settembre. Il gruppo di fuggiaschi che cercava di superare il confine comprendeva donne, bambini e monaci. A tutt’oggi le autorità cinesi non si sono assunte la responsabilità dell’incidente, durante il quale è stata uccisa una persona, mentre rimane tuttora ignoto il destino di molti bambini fatti prigionieri dai militari.

Alle istituzioni internazionali spetta il compito di fare passi decisivi ed efficaci per costringere il governo della Repubblica popolare cinese a porre fine alla repressione contro il popolo tibetano, al suo disumano trattamento dei prigionieri, all’uso della tortura e alle esecuzioni extragiudiziali. Ancora una volta, da quest’Assemblea lanciamo un appello a favore del rispetto dei diritti umani in Tibet, diritti che comprendono la libertà di espressione e di associazione. Sollecitiamo altresì l’avvio di un dialogo sincero tra le due parti, volto a trovare un accordo e a garantire il rispetto dei diritti religiosi, politici e culturali del popolo tibetano.

(Applausi)

 
  
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  Raül Romeva i Rueda, a nome del gruppo Verts/ALE. – (ES) Signor Presidente, nei due anni e mezzo dacché sono membro del Parlamento europeo questa è la terza volta, se non mi sbaglio, ma forse ce ne sono state anche di più, che ci vediamo costretti ad affrontare la questione delle violazioni dei diritti umani in Tibet. E temo che non sarà l’ultima. A differenza delle volte precedenti, in questa circostanza disponiamo di documenti filmati che smascherano i tentativi delle autorità cinesi di negare i fatti accaduti e dimostrano, allo stesso tempo, che la versione data dall’agenzia di stampa Xinhua, secondo cui la vicenda sarebbe stata un caso di autodifesa, è del tutto priva di fondamento.

Ci troviamo pertanto di fronte a un evento su cui è assolutamente necessario indagare, come già osservato da altri oratori. Concordo con loro e appoggio tale richiesta, però fatti del genere meritano anche di essere esaminati come una questione di fondamentale importanza nel quadro del dialogo Unione europea-Cina. Ribadisco che oggi non è la prima volta che parliamo di questo tema, ma è veramente triste che, pur avendo l’opportunità di mantenere aperto il dialogo con la Cina, e alla vigilia dei Giochi olimpici del 2008, noi non approfittiamo di ogni circostanza per sottolineare che la situazione in Tibet potrebbe essere risolta se solo vi fosse un po’ di sincera volontà politica in tal senso da parte delle autorità cinesi. Finora di una simile volontà non abbiamo visto neppure l’ombra.

 
  
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  Michał Tomasz Kamiński, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, oggi discutiamo della situazione dei diritti umani in Cina. Lo facciamo sulla scia di un tragico, terribile incidente di frontiera. In questo caso, tutto il mondo ha potuto vedere come la Cina tratta cittadini indifesi che non costituiscono alcuna minaccia per le autorità comuniste. Senza pensarci troppo e senza provare alcun rimorso, le guardie di frontiera cinesi hanno aperto il fuoco contro quella povera gente.

L’incidente, che ha giustamente determinato questa discussione al Parlamento europeo, ci ricorda un’amara verità: in Cina, i diritti umani vengono violati sistematicamente in quasi tutti gli aspetti della vita. I diritti umani, economici e religiosi dei cittadini della Repubblica popolare cinese sono calpestati. Purtroppo, dobbiamo riconoscere la triste e sgradevole verità che, troppo spesso, i governi degli Stati membri dell’Unione europea restano in un ipocrita silenzio di fronte agli accadimenti in Cina. E lo stesso vale per le Istituzioni dell’Unione. Se i valori comuni che ci uniscono in quest’Aula e in tutta Europa fossero realmente condivisi, sarebbe nostro dovere invocare a gran voce il rispetto dei diritti umani nella Repubblica popolare cinese.

 
  
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  Kathy Sinnott, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, sono molto lieta che il Parlamento dimostri tanto interesse per il popolo tibetano. Non metto in dubbio la sincerità di questo atteggiamento, metto però in dubbio la sincerità della risposta del Parlamento europeo a tale interesse. Oggi, durante il voto sul bilancio, abbiamo respinto tre emendamenti che avrebbero escluso i finanziamenti comunitari per lo sviluppo dai programmi dei governi e delle organizzazioni che prevedono l’aborto coatto, la sterilizzazione non volontaria e l’infanticidio.

Perché i tibetani cercano di fuggire dalla Cina? Proprio a causa di quelle pratiche brutali, oltre che a causa delle persecuzioni religiose e politiche. Questo è il triste destino riservato a tutte le minoranze e ai popoli sottomessi dalla Cina nei territori che ora si arroga il diritto di governare.

Signora Commissario, le chiedo – e vorrei avere risposta – quale ruolo svolgono i nostri aiuti allo sviluppo in questo genere di sofferenze.

 
  
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  Robert Evans (PSE).(EN) Signor Presidente, desidero anzitutto dire all’onorevole Sinnott che sollevare questioni come quelle da lei citate, del tutto avulse dal tema ora in discussione, serve solo a confondere le acque.

Circa 2 500 tibetani – forse anche di più – fuggono ogni anno in esilio attraverso il confine dell’Himalaya. Sicuramente scappano dalla brutalità dell’occupazione cinese, ma le cose non stanno necessariamente come sostiene l’onorevole Sinnott.

E’ difficile sapere quanti di loro vengono catturati o uccisi dalle guardie di frontiera cinesi, perché di norma le accuse non sono oggetto di indagini. L’incidente di confine del 30 settembre è particolarmente orrendo e costituisce una violazione dei principi fondamentali delle Nazioni Unite sull’uso della forza e delle armi da fuoco da parte delle forze dell’ordine. Vale la pena ricordare che vi sono linee guida che stabiliscono quando le forze dell’ordine sono autorizzate a sparare; secondo quelle stesse linee guida, è permesso sparare contro esseri umani solo per autodifesa o per difendere terze persone da un imminente pericolo di morte o di ferimento grave. Chi di noi ha visto le registrazioni filmate dell’incidente sa che quella situazione non era tale da comportare un serio pericolo di vita; sembra invece che si sia trattato di un attacco non provocato.

Ecco perché la risoluzione che ci è stata sottoposta è così importante; in particolare, lo è il paragrafo 8, in cui si invitano il Consiglio e la Commissione a ribadire le loro posizioni sul dialogo tra le autorità competenti. Questa è una posizione che anche noi oggi dobbiamo sostenere: c’è bisogno del dialogo per risolvere la situazione in Tibet.

 
  
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  Filip Kaczmarek (PPE-DE).(PL) Signor Presidente, la risoluzione che ci apprestiamo a votare riguarda gli eventi del 30 settembre, quando poliziotti cinesi hanno sparato contro un gruppo di rifugiati tibetani che fuggivano dalla Repubblica popolare cinese in cerca di libertà. Certamente non è stato il primo incidente di questo tipo; insolito è invece il fatto che il barbaro comportamento delle guardie sia stato documentato in un filmato. La televisione e Internet hanno consentito a tutti noi, e a milioni di altre persone in tutto il mondo, di vedere con i nostri occhi quali sono gli effetti concreti della politica cinese per quanto riguarda il Tibet.

Il destino del popolo tibetano è particolarmente sfortunato; è infatti uno dei popoli più pacifici del mondo. Il Dalai Lama non rivendica l’indipendenza per il Tibet; i tibetani sono disposti a vivere all’interno del quadro previsto dalla costituzione cinese. Com’è possibile sparare a persone come queste? Come possono essere perseguitate e uccise semplicemente a causa del loro desiderio di godere di un briciolo di libertà e di preservare il loro patrimonio culturale? E’ possibile mettere fine a questa tragica serie di eventi? Sì, è possibile: basta ordinare di smettere di sparare a persone in fuga da un paese nel quale non vogliono vivere. Cose del genere sono accadute in passato, in luoghi più vicini a noi, al confine tra Germania est e Germania ovest. Le grandi nazioni non possono e non devono fondare la loro autorità sul massacro di rifugiati indifesi.

 
  
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  Józef Pinior (PSE).(PL) Signor Presidente, oggi molto è stato detto in quest’Aula sulla situazione in Tibet. Le autorità cinesi sostengono di rispettare l’autonomia di quella regione, ma le loro azioni sono in palese contraddizione con le loro parole.

Desidero cogliere quest’occasione per richiamare l’attenzione del Parlamento sul rapporto di Human Rights Watch pubblicato il 9 ottobre scorso, nel quale si riporta la notizia della chiusura di un blog creato su Internet da una eminente intellettuale tibetana di nome Woeser. Il blog era una delle novità politiche e culturali più importanti della Cina contemporanea; vi si raccontava in termini veridici com’è la situazione in Tibet, vi si descrivevano i danni arrecati all’ambiente e alla cultura tibetana. Woeser è una delle figure intellettuali più rilevanti della Cina odierna, e il suo blog forniva un resoconto fedele degli attuali eventi in Tibet.

Non possiamo tollerare passivamente una situazione in cui le autorità cinesi sostengono di aver concesso l’autonomia a una determinata provincia, ma poi nella pratica chiudono i principali blog di intellettuali.

 
  
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  Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, la Commissione condivide pienamente le preoccupazioni manifestate dagli onorevoli deputati al Parlamento europeo sul recente incidente in cui l’Esercito di liberazione popolare cinese ha sparato contro un gruppo di rifugiati tibetani al confine tra Cina e Nepal, uccidendone uno e facendone prigionieri alcuni.

La questione è stata affrontata ufficialmente dall’Unione europea durante l’ultima sessione del dialogo UE-Cina sui diritti umani, svoltasi a Pechino il 19 ottobre, come correttamente ricordato dalla deputata finlandese. In quell’occasione, l’Unione europea ha confutato la versione della Cina secondo cui la sparatoria è avvenuta a titolo di autodifesa, ha sollecitato il governo cinese a compiere un’accurata indagine dell’incidente e ha insistito affinché i rifugiati fatti prigionieri siano trattati in conformità delle norme umanitarie internazionali.

Più in generale, la Commissione è molto preoccupata per la situazione dei diritti umani in Tibet, in special modo per la tutela dell’identità culturale, religiosa e linguistica del popolo tibetano. Questo tema è stato affrontato regolarmente durante il dialogo bilaterale sui diritti umani nonché al massimo livello in occasione di vertici bilaterali.

L’Unione europea è preoccupata soprattutto per il gran numero di religiosi tibetani che sono stati imprigionati per motivi politici, e ne ha chiesto ripetutamente l’immediato rilascio. Molti di essi sono compresi nell’elenco dei casi particolari che viene regolarmente sottoposto alle autorità cinesi in margine a questo dialogo.

La Commissione ritiene che la politica cinese per il Tibet non sia conforme alle disposizioni del Patto internazionale sui diritti civili e politici. Una pronta ratifica del Patto da parte della Cina è tra le priorità dell’Unione europea nel campo dei diritti umani. Alla Cina abbiamo detto a chiare lettere che deve assolutamente rispettare lo spirito del Patto dopo averlo firmato e prima ancora di averlo ratificato.

Nell’ambito della sua politica complessiva nei confronti del Tibet, l’Unione europea ha coerentemente sostenuto che l’avvio di un dialogo diretto tra il Dalai Lama e le autorità cinesi è l’unico modo realistico per giungere a una soluzione pacifica e duratura della questione tibetana. In tale ottica, abbiamo accolto con favore e controllato da vicino i cinque cicli di colloqui svoltisi finora tra gli inviati speciali del Dalai Lama e del governo cinese.

La Commissione invita entrambe le parti a continuare tale dialogo e a profittare dei colloqui per cercare di compiere progressi sostanziali.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà oggi, al termine della discussione.

 
  

(1) Cfr. Processo verbale.


12.2. Processo a Rios Montt
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione su cinque proposte di risoluzione relative al processo a Rios Montt(1).

 
  
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  Luis Yáñez-Barnuevo García (PSE), autore. – (ES) Signor Presidente, a differenza del Tibet, questa Assemblea non ha discusso spesso del Guatemala, almeno da quando sono qui. Comunque si tratta di un piccolo paese centroamericano che per molti anni ha subito una durissima repressione e una brutale dittatura, i cui responsabili, finora, sono sfuggiti a qualsiasi forma di pena.

L’Audiencia Nacional spagnola ha emesso un mandato di arresto internazionale e quello che facciamo oggi in questa sede è appoggiare l’estradizione del Generale Ríos Montt, il principale responsabile, e di altri cinque generali, alcuni dei quali furono presidenti di fatto, o per meglio dire dittatori, durante il trentennio che ha visto l’assassinio di 200 000 persone, la scomparsa di altre 45 000 e lo sfollamento di un decimo della popolazione; la stragrande maggioranza dei rifugiati (l’83 per cento) apparteneva alla comunità Maya. Ma vi furono anche vittime europee, belgi e spagnoli, soprattutto sacerdoti.

Ritengo, signor Presidente, che proprio come questa Assemblea appoggiò a suo tempo l’estradizione di Pinochet e di Fujimori, sia giusto ora appoggiare, se possibile all’unanimità, l’estradizione del Generale Ríos Montt e dei suoi complici.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), autore. – (ES) Signor Presidente, ovviamente concordo con quanto ha appena detto il mio collega, l’onorevole Yáñez-Barnuevo, perché a dieci anni dalla firma degli accordi di pace in Guatemala, quel paese, che aspira a entrare nel Consiglio di sicurezza e con cui si sta negoziando un accordo di associazione, deve ancora attuare l’accordo globale sui diritti umani. Ciò è veramente preoccupante in un paese che, come è stato sottolineato, è stato vittima di dittature, genocidi, crimini contro l’umanità e, cosa ancora più grave, i cui responsabili la fanno da padroni nel paese e girano per il mondo impuniti.

Dobbiamo pertanto accogliere con favore, come facciamo in questa risoluzione, il fatto che il 7 luglio l’Audiencia Nacional spagnola abbia emesso questo mandato di arresto internazionale. Ciò consentirà, in qualche modo, di iniziare a porre fine a questa impunità e a far realmente scontare ai responsabili le proprie colpe.

Tuttavia, occorre fare di più: dobbiamo anche chiedere una fattiva collaborazione delle autorità guatemalteche in questo ambito. Dobbiamo naturalmente chiedere loro, nel contesto di una maggiore collaborazione, di cooperare il più possibile, in modo che, in virtù di questa decisione internazionale, possano contribuire all’arresto, alla consegna e al processo di questi individui. Dobbiamo anche chiedere la collaborazione delle autorità finanziarie, che hanno tenuto al sicuro i profitti e la ricchezza di cui hanno goduto quelle persone, affinché facciano in modo che queste ultime si assumano le proprie responsabilità civili e finanziarie.

Vorrei dire infine che sarebbe molto proficuo se l’Europol e l’Interpol collaborassero il più strettamente possibile in questo sforzo.

 
  
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  Bernd Posselt (PPE-DE), autore. – (DE) Signor Presidente, il Guatemala ha alle spalle una lunga e sanguinosa storia di violenze, ed è meglio non essere parziali nei nostri giudizi, perché, se è vero che vi erano terribili dittature e repressioni, vi era anche un movimento rivoluzionario ugualmente crudele e sanguinario: i Tupamaros.

Sono passati più di trent’anni da quando gli occhi di tutta la Germania erano puntati su quella parte del Centroamerica: mi riferisco al rapimento e all’assassinio dell’ambasciatore tedesco Karl Graf Spreti, il cui figlio fa parte del mio staff. Karl Graf Spreti era una delle grandi personalità che hanno spianato la strada all’Europa; era anche deputato al Bundestag tedesco per il mio partito, ma è stato in qualità di innocente diplomatico che fu rapito e crudelmente giustiziato nella foresta vergine. Da allora, il paese ha attraversato un periodo di terribili crisi. E’ per questo che dobbiamo fare molta attenzione, ma anche essere molto risoluti, nel sostenere il processo di pace in quel paese, denunciando senza ambiguità coloro che, ricoprendo posizioni di potere, fecero ricorso alla violenza, e coloro che abusarono della parola “libertà” per giustificare le medesime azioni.

Il Guatemala è stato più volte lo scenario di raccapriccianti atti di genocidio, e dobbiamo essere grati che la risoluzione parli chiaro riguardo all’espulsione di circa il 10 per cento dei Maya, una popolazione dall’antica cultura, e all’assassinio di decine di migliaia di loro.

Dobbiamo anche cogliere l’opportunità per precisare la nostra definizione di genocidio. Più volte si è detto che il termine “genocidio” può essere utilizzato soltanto quando un gruppo viene sistematicamente sterminato. Non è così: genocidio è anche privare un gruppo etnico della base di sussistenza derubandolo della sua terra, facendo ricorso alle espulsioni e alla violenza omicida. Ciò è accaduto a molti gruppi etnici in Guatemala, non solo ai Maya, ma anche a gruppi minori. Non esiste prescrizione per tali crimini, ed è per questo che non dobbiamo lasciare nulla di intentato e chiederne conto ai responsabili invece di far finta di non vedere e passare al prossimo argomento all’ordine del giorno.

 
  
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  Bairbre de Brún (GUE/NGL), autore. –

(L’oratore si esprime in irlandese)

(EN) Negli anni ’80 e ’90, il Guatemala era costantemente sulle pagine della cronaca internazionale. Trent’anni di conflitti e un processo di pace decennale hanno fatto sì che tutto il mondo, anche i deputati al Parlamento europeo, fosse al corrente. I colleghi hanno ricordato alcune delle cifre più crude di quel periodo: 200 000 persone uccise, altre migliaia sfollate, interi villaggi e comunità distrutte per sempre. Le indagini del governo hanno confermato che il 93 per cento di tutti gli omicidi sono stati perpetrati dalle stesse forze armate governative.

La dittatura militare di Rios Montt nei primi anni ’80 è stata ritenuta uno dei periodi più brutali del conflitto. Dopo la firma degli accordi di pace si respirava grande ottimismo ma, dieci anni dopo, la realtà è cambiata ben poco per la popolazione di quel paese, in cui l’80 per cento degli abitanti vive nella povertà. Dieci anni dopo, i responsabili delle politiche di genocidio attuate negli anni ’80 non solo non sono stati processati, ma continuano a ricoprire ruoli di primo piano nella vita pubblica. Le vittime e i sopravvissuti al conflitto non hanno ricevuto né adeguati aiuti finanziari, né hanno visto riconosciute le proprie sofferenze. Infatti, in grande maggioranza gli scomparsi non sono stati ritrovati. Molti dei rifugiati non sono ancora tornati alle proprie case.

Vedo con favore la richiesta contenuta nella risoluzione di sostegno da parte del governo guatemalteco, degli altri governi centroamericani, del governo spagnolo e di quello statunitense, affinché agevolino l’ordine di arresto europeo, con riferimento all’ordine internazionale di cattura, affinché coloro che sono menzionati nel mandato spiccato il 7 luglio 2005, tutti accusati di genocidio, compreso Rios Montt, possano essere assicurati alla giustizia.

Vorrei anche invitare i deputati a riconoscere che per la gente ben poco è cambiato: per la maggior parte dei guatemaltechi, le attuali condizioni differiscono di poco da quelle del 1996. L’amministrazione di pace prometteva una smilitarizzazione della società e una riforma agraria e fiscale quanto mai necessaria, volta a costruire una società più giusta ed equa. Oggi dobbiamo ricordare queste promesse e, anche se il Guatemala non è più così spesso in prima pagina, dobbiamo ugualmente continuare a esigere una società giusta e paritaria.

Pertanto accolgo positivamente e sottolineo l’impegno della risoluzione nei confronti del principio di giustizia universale e di tutela dei diritti umani. La nostra esperienza in Irlanda ci ha insegnato che è possibile costruire la pace soltanto sulla giustizia e sul rispetto dei diritti di tutti.

 
  
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  Presidente. – Vorrei spiegare ai nostri amici presenti in tribuna d’onore, che forse si sono stupiti della breve mancanza del servizio di interpretazione, che ciò è dovuto al fatto che l’onorevole de Brún si è espressa in irlandese, che non fa ancora parte delle lingue di lavoro ufficiali del Parlamento, ma lo diventerà a partire dal 1° gennaio.

 
  
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  Marios Matsakis (ALDE), autore. – (EN) Signor Presidente, Signor Commissario, è molto triste e scandaloso concludere che, nella stragrande maggioranza dei casi, coloro che si macchiano di atroci e spregevoli crimini contro l’umanità, compreso il genocidio, restano impuniti. In effetti, la maggior parte di questi assassini senza cuore di civili, in gran parte innocenti e indifesi, non sono mai assicurati alla giustizia. Ancora più vergognoso è il fatto che, in realtà, molti di questi brutali e inumani criminali non solo sfuggono al braccio della legge, ma godono perfino di un elevato livello di vita e di importanza politica.

Numerosi esempi di questo ignobile stato di cose si incontrano in tutto il mondo, lungo tutta la storia e nella maggior parte dei sistemi politici e delle ideologie, il che sta a dimostrare che, in realtà, una vera e propria amministrazione della giustizia è un sogno irrealizzabile e un inganno. Sappiamo tutti che questa osservazione si applica al nostro mondo, ma molti di noi hanno troppa paura per ammetterlo pubblicamente.

La storia recente in Guatemala conferma in pieno ciò che ha appena affermato. Nel periodo compreso tra il 1960 e il 1996, oltre 200 000 persone furono assassinate nel corso di violenze appoggiate dallo Stato e orchestrate da un famigerato generale dell’esercito diventato dittatore, Efraín Rios Montt, aiutato da una serie di alti funzionari e militari di alto grado tristemente noti. Nessuno di questi personaggi è stato mai punito. Rios Montt oggi è ancora in politica in qualità di leader del Fronte repubblicano guatemalteco, uno dei partiti politici più potenti della nazione. E’ stato presidente del Congresso nazionale soltanto due anni fa.

Dovremmo naturalmente osservare che Rios Montt fu addestrato dagli Stati Uniti, e la sua ascesa al potere fu resa possibile dal coinvolgimento della CIA e dal pieno appoggio politico e finanziario dei governi statunitensi succedutisi al potere. Onestamente, a volte viene da chiedersi quanto può essere ridicola la politica estera degli Stati Uniti. Possibile che nessuno dotato di coerenza di pensiero e di giudizio, oltreché di un QI medio, abbia lavorato al Dipartimento di Stato USA negli ultimi decenni?

Vi invito ad appoggiare questa risoluzione, che mira a sostenere gli attuali tentativi delle autorità guatemalteche di assicurare alla giustizia Rios Montt e vari altri spregevoli criminali.

 
  
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  Karin Scheele, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, il conflitto armato in Guatemala è durato decenni, in cui sono stati perpetrati terribili crimini contro l’umanità, con 200 000 persone assassinate, 45 000 allontanate dalle loro case, e alcune comunità indigene completamente spazzate via.

Quest’anno, a dicembre, sarà commemorato il decimo anniversario degli accordi di pace. L’accordo globale sui diritti umani non è ancora stato attuato in Guatemala, e le vittime del genocidio non hanno ricevuto alcun indennizzo, né materiale, né simbolico. Il mandato spiccato dalla Corte suprema spagnola nel luglio del 2006 per l’arresto di Efrain Rios Montt è un segnale che ci fa ben sperare che i colpevoli non resteranno impuniti.

Chiediamo alle autorità del Guatemala di collaborare incondizionatamente e di fare tutto ciò che è in loro potere per indagare sui crimini contro l’umanità, oltreché arrestare e consegnare l’ex dittatore del paese e gli altri sette imputati.

 
  
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  Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. –? (EN) Signor Presidente, mentre il Guatemala si prepara a celebrare il decimo anniversario della firma degli accordi di pace che posero fine a 36 anni di guerra civile, la Commissione è d’accordo sul fatto che occorra fare tutto il possibile per rendere giustizia a coloro che hanno subito violazioni dei diritti umani nelle ore più buie del conflitto. In tale ambito, la Commissione prende nota dei procedimenti giudiziari istituiti contro gli ex ufficiali e gli ex funzionari politici per il presunto ruolo svolto all’epoca dei fatti. La Commissione invita nuovamente tutte le parti a contribuire seriamente alla ricerca della verità e al conseguimento della giustizia e a lottare contro l’impunità, laddove perdura.

La Commissione vede positivamente la disponibilità dell’attuale governo, benché timida, a riconoscere le responsabilità dello Stato nelle passate violazioni dei diritti umani e a garantire indennizzi alle vittime. Inoltre riconosce l’impegno del paese a consolidare l’attuazione degli accordi di pace, come è stato confermato dal Congresso nell’agosto del 2005 con una votazione su una legge quadro che fissa procedure e meccanismi volti a garantire l’effettivo raggiungimento degli obiettivi fissati dieci anni fa.

Infine, la Commissione si compiace per il lavoro svolto dal Difensore civico per i diritti umani e giudica favorevolmente la creazione di un Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani nel luglio del 2005.

Purtroppo, però, il paese continua a essere contrassegnato dall’impunità non solo per i crimini passati, ma anche per quelli presenti. Questo riguarda tutti i cittadini, compresi i difensori dei diritti umani che, come è noto, sono impegnati nell’assistenza alle vittime della guerra civile. Il governo concorda che questa situazione è inaccettabile, ma deve ancora intraprendere un’azione decisiva di rafforzamento dello Stato di diritto. Attualmente un programma europeo sta offrendo sostegno alla magistratura, ma saranno necessari ulteriori finanziamenti pubblici e riforme strutturali per compiere progressi duraturi. La Commissione attende anche con impazienza la creazione di una “commissione di inchiesta sui gruppi armati e sull’apparato di sicurezza clandestino”. Speriamo che il Congresso guatemalteco fornisca il necessario appoggio a questo processo, oltre che all’attesa ratifica dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale.

La Commissione ritiene che l’Unione europea debba ricercare il dialogo con il Guatemala sui principali temi relativi all’attuazione degli accordi pace, in particolar modo ora che il paese si prepara alle elezioni politiche previste per la fine del 2007. La Corte costituzionale ha, a tale proposito, dichiarato di recente il Generale Rios Montt ineleggibile in tali elezioni in relazione al colpo di Stato da lui guidato nel 1982. Il tema dell’impunità per i crimini passati e presenti deve assumere un’importanza centrale in tale contesto.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione avrà luogo oggi, al termine della discussione.

 
  

(1) Cfr. Processo verbale.


12.3. Uzbekistan
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione su sei proposte di risoluzione concernenti l’Uzbekistan(1).

 
  
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  Józef Pinior (PSE), autore.(PL) Signor Presidente, quest’Assemblea ha discusso a lungo della situazione in Uzbekistan, che non mostra alcun segno di miglioramento; al contrario, la repressione sta crescendo d’intensità.

Il più recente rapporto di Human Right Watch, pubblicato il 3 ottobre 2006, descrive la situazione nei dettagli. Nessuno è ancora stato chiamato a rispondere del massacro di Andijan, qualunque voce critica viene messa a tacere, e non vi è rispetto per la libertà religiosa. Né vige alcuna forma di cooperazione con le istituzioni internazionali in materia di rispetto dei diritti umani e dei diritti fondamentali. Nel mese di settembre in Uzbekistan sono scomparsi due giornalisti, Djamshid Karimov e Ulugbek Khaidarov; entrambi erano noti per il loro spirito indipendente e per le critiche al regime. Alla fine Karimov è stato trovato in un ospedale psichiatrico, e Khaidarov in una prigione.

La strategia del Parlamento europeo dovrebbe mirare a favorire il ritorno dell’Uzbekistan nella comunità dei paesi democratici che hanno deciso di attuare un processo di riforme. Non dobbiamo intraprendere alcuna azione che possa interferire con tale processo.

 
  
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  Alyn Smith (Verts/ALE), autore.(EN) Signor Presidente, è insolito per noi, ma attualmente stiamo imponendo sanzioni all’Uzbekistan. Le sanzioni vanno usate con parsimonia e soltanto se non vi sono alternative, tuttavia al momento il Parlamento non deve esitare a invocarle e applicarle, giacché sono l’unico strumento efficace per incoraggiare cambiamenti all’interno di questo paese.

E’ importante che l’Unione europea parli con voce sola, e la proposta di risoluzione costituisce appunto un tentativo in questo senso. In primo luogo, dobbiamo concordare sull’opportunità di accertare la situazione reale. Nel considerando C affermiamo che: “il governo dell’Uzbekistan non ha ancora rispettato le condizioni stabilite dal Consiglio al momento dell’applicazione delle sanzioni”. Quindi, qualsiasi decisione di rimuovere le sanzioni attualmente applicate sarebbe illogica e assurda: un assurdo incentivo, per non dire una ricompensa per la decisione dell’Uzbekistan di ignorarci.

Eppure, come si legge nel considerando B, il Consiglio “Affari generali e Relazioni esterne” dovrà decidere il 13 novembre 2006 se prorogare le sanzioni adottate l’anno scorso. Ci risulta che siano in corso tentativi di rimuovere le sanzioni; il mio gruppo è contrario e ci auguriamo che l’Assemblea sia d’accordo con noi. Riteniamo opportuno rinnovare e ampliare le sanzioni, soprattutto in considerazione del continuo rifiuto dell’Uzbekistan di autorizzare un’inchiesta indipendente in merito agli avvenimenti di Andijan.

Vorremmo che il paragrafo 2 prevedesse l’ampliamento delle sanzioni e lo specifico rifiuto di concedere il visto ad alcune persone. In tal modo ribadiremmo la nostra crescente frustrazione per la mancanza di progressi che abbiamo osservato, senza danneggiare il popolo uzbeko.

E’ importante continuare a esercitare pressioni, e ci auguriamo che l’Assemblea rimanga ferma e risoluta. Sono certo che la signora Commissario condivide le nostre preoccupazioni, e nutriamo viva la speranza che ella terrà fede al nostro impegno.

 
  
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  Elisabeth Jeggle (PPE-DE), autore. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, come dimostrano i tragici eventi che si sono verificati ad Andijan, in Uzbekistan, nel maggio 2005, è importante che quest’Assemblea, lungi dal distogliere lo sguardo dalle violazioni dei diritti umani, ovunque esse avvengano, risponda adottando iniziative pratiche; la nostra è un’Istituzione democratica, e in quanto tale non deve consentire che i diritti umani vengano calpestati e soffocati in nessuna regione del mondo. Né deve permettere che la cooperazione tra quest’Assemblea e altri parlamenti metta a rischio i rapporti diplomatici. Discutendo dell’attuale situazione in Uzbekistan, è opportuno considerare anche il passato di quel paese, ed è proprio su questo che la risoluzione deve basarsi.

Il mese scorso, la delegazione per le relazioni con i paesi dell’Asia centrale – di cui faccio parte – aveva deciso di recarsi in Uzbekistan. Il fatto che il piano sia rimasto lettera morta non è da attribuirsi alla mancanza di cooperazione da parte delle autorità uzbeke, ma al fatto che ben pochi deputati di quest’Aula hanno dimostrato interesse per questo viaggio. Di conseguenza, non abbiamo potuto farci un’opinione dell’attuale stato di cose in Uzbekistan per quanto riguarda i diritti umani, la democratizzazione e l’istituzione di un sistema giudiziario indipendente, e siamo stati costretti a basarci su informazioni fornite da terzi.

Non fraintendetemi: anch’io ritengo che spesso in Uzbekistan i diritti umani e i tentativi di democratizzazione vengano repressi, e che occorra considerare con attenzione l’opportunità di mantenere le sanzioni nei confronti dell’Uzbekistan, in particolare l’embargo sulle forniture di armi. Non credo però che l’ampliamento delle sanzioni, fino a includere il rifiuto di concedere il visto per entrare nell’Unione europea al Presidente uzbeko Islam Karimov, ci farebbe avvicinare al nostro obiettivo; servirebbe soltanto a interrompere le relazioni diplomatiche, e non è certo questo il nostro scopo. Nessuno degli eventi in corso giustificherebbe una risposta politica così forte, quindi devo chiedervi di sostenere con urgenza l’emendamento che ho presentato e di votare a favore della sua approvazione. Se non riuscissi in questo tentativo di compromesso, mi vedrei costretta a votare contro la risoluzione.

 
  
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  Tobias Pflüger (GUE/NGL), autore. – (DE) Signor Presidente, ho notato con interesse che nella relazione di “Giornalisti senza frontiere” l’Uzbekistan compare al centocinquantottesimo posto, dopo paesi come la Bielorussia e la Russia. La situazione dei diritti umani in Uzbekistan è stata oggetto di frequenti dibattiti in quest’Aula, soprattutto dopo gli eventi di Andijan. Ma il nodo da sciogliere nella discussione è il seguente: quale sarà la risposta dell’Unione europea?

Come abbiamo detto, se ci devono essere sanzioni, queste dovranno applicarsi soprattutto ai movimenti di armi e truppe. E’ essenziale chiudere la base militare tedesca, ubicata a Termes in Uzbekistan; infatti, se le sanzioni non verranno rispettate integralmente, sarà necessaria una deroga importante, e quindi riteniamo che questo punto sia il banco di prova della nostra politica sui diritti umani, soprattutto in quest’Aula.

Per tale ragione abbiamo presentato questo emendamento al fine di chiudere la base militare tedesca a Termes. Questa base viene utilizzata da tutti gli Stati membri della NATO, e quindi anche da Stati membri dell’Unione europea, e perciò deve essere chiusa.

 
  
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  Marios Matsakis (ALDE), autore.(EN) Signor Presidente, l’Uzbekistan è uno Stato autoritario, che in passato faceva parte dell’Unione Sovietica e che, per raggiungere la stabilità economica e politica, viola brutalmente i diritti umani dei propri cittadini.

Il ricordo del massacro di Andijan, perpetrato nel maggio 2005, è ancora vivo nella nostra mente, tanto più che, a quanto pare, le numerose richieste di condurre un’indagine indipendente, avanzate dall’ONU, dall’Unione europea e da altri, sono state ignorate. Inoltre, nonostante alcuni recenti tentativi di migliorare il rispetto dei diritti umani nel paese, la situazione delle libertà civili rimane profondamente anacronistica. Secondo i dati forniti da affidabili ONG che operano a tutela dei diritti umani, come Amnesty International, le più preoccupanti violazioni dei diritti umani riguardano casi di tortura, arresti arbitrari e restrizioni della libertà di religione e di parola, e colpiscono soprattutto i membri di organizzazioni religiose, i giornalisti, le attività dei diritti umani e gli attivisti politici, fra cui si annoverano i membri dei partiti di opposizione attualmente al bando.

Nonostante le sanzioni oggi vigenti, il processo di riforma democratica nel paese è lentissimo ed estremamente limitato. Quindi, con questa proposta di risoluzione chiediamo al Consiglio non solo di prorogare di un anno le sanzioni esistenti, ma anche di ampliare le sanzioni fino a includere il rifiuto dell’Unione europea di concedere visti e il congelamento dei beni posseduti nell’UE da parte di alcuni funzionari di alto grado del governo uzbeko. Lo facciamo con rammarico, ma riteniamo di non avere altra alternativa se non quella di ricorrere alle maniere forti per poter manifestare poi la nostra benevolenza.

Ci auguriamo che il governo uzbeko comprenda la nostra determinazione, quando si tratterà di affrontare i problemi dei diritti umani, e ponga rapidamente rimedio all’ampio deficit democratico che ancora esiste in questo paese.

 
  
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  Adam Jerzy Bielan (UEN), autore.(PL) Signor Presidente, poco è cambiato in Uzbekistan dall’ultima risoluzione del Parlamento europeo concernente la situazione di quel paese e le repubbliche dell’Asia centrale. Il governo uzbeko non ha ancora acconsentito allo svolgimento di un’indagine indipendente sugli eventi verificatisi il 13 maggio 2005 ad Andijan, quando le truppe inviate dal Presidente Karimov hanno soffocato nel sangue una sommossa popolare. Quel bagno di sangue si è concluso con la morte di varie centinaia di persone, che il governo ha definito terroristi. Gran parte dei giornalisti indipendenti e degli attivisti dei diritti umani subiscono intimidazioni da parte dei servizi di sicurezza, e alcuni sono stati esiliati dal paese.

La recente scomparsa di Djamshid Karimov e Ulugbek Khaidarov è stata fonte di gravi preoccupazioni per i futuri sviluppi dell’Uzbekistan. Si dice che Karimov e Khaidarov fossero gli ultimi giornalisti rimasti nel paese che abbiano osato criticare il governo e il suo capo negli ultimi 17 anni. Quando questi due uomini sono stati individuati alcuni giorni più tardi, uno era stato condannato a un periodo di detenzione con l’accusa di ricatto, l’altro era stato ricoverato in un ospedale psichiatrico.

La società civile uzbeka chiede una società più aperta, in cui si rispettino le libertà personali e i diritti umani. Il popolo uzbeko vorrebbe anche vedere progressi reali sulla strada verso la democrazia. La guerra al terrorismo non deve violare le convenzioni internazionali, e non dev’essere presa a pretesto per distruggere l’opposizione politica, calpestando i diritti umani o limitando le libertà civili.

 
  
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  Tadeusz Zwiefka, a nome del gruppo PPE-DE. (PL) Signor Presidente, sono passati 15 anni dal giorno in cui crollò l’impero del male – una definizione senz’altro puntuale dell’Unione Sovietica – e la situazione è ormai abbastanza chiara. Soltanto le repubbliche dell’ex Unione Sovietica che hanno deciso di costruirsi un futuro secondo il modello occidentale democratico possono garantire che creeranno una società civile sul proprio territorio e rispetteranno i diritti umani.

Al contrario, i paesi che hanno cercato rifugio sotto l’ala protettrice di Mosca, e in cui restano al potere governi guidati da ex comunisti, sono fonte di allarme e preoccupazione. Vorrei comunque attirare la vostra attenzione sul fatto che tendiamo a discutere singoli casi. Oggi, in particolare, stiamo discutendo di una delle numerose tragedie verificatesi in Uzebekistan. I tempi sono ormai maturi per dichiarare con fermezza che l’unico motivo per cui tali eventi si verificano è che questi regimi possono contare sul consenso di Mosca; essi godono della protezione della dirigenza russa, e possono quindi agire in questo modo. E’ giunto il momento di dire basta.

 
  
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  Ana Maria Gomes, a nome del gruppo PSE. – (PT) Perfino in una regione soffocata da dittature autocratiche, il massacro di Andijan è riuscito a isolare l’Uzbekistan di Karimov. Secondo il governo sarebbero morte 169 persone, mentre l’opposizione stima che vi siano state 745 vittime. Indipendentemente dalle cifre, i responsabili dovranno essere identificati e portati davanti alla giustizia. L’Unione europea lo ha fatto, sebbene solo parzialmente e con sei mesi di ritardo. Nel mese di novembre, il Consiglio ha adottato un embargo sulle armi e altre sanzioni restrittive; a distanza di un anno, quali sono stati gli sviluppi?

La repressione si è intensificata, mettendo a tacere le ONG e i giornalisti. Nel mese di marzo, l’Alto Commissario per i rifugiati è stato espulso dal paese e, cosa ancora peggiore, tra novembre e luglio, con un esercizio di rara ipocrisia, più di 250 persone, accusate di aver provocato il massacro di maggio, sono state condannate dopo processi sommari e grotteschi, ripresi con grande enfasi da tutti i media.

Tutto questo sta a dimostrare non soltanto l’estrema necessità di prorogare le attuali sanzioni per altri 12 mesi, ma anche di estenderle, congelando le transazioni finanziarie e i visti per entrare in Europa ai principali torturatori di Tashkent, ed ampliandole fino a includere il loro capobanda, il Presidente Karimov.

 
  
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  Daniel Strož, a nome del gruppo GUE/NGL.(CS) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, è giusto e necessario monitorare il rispetto dei diritti umani, che si parli del Tibet, del Guatemala o dell’Uzbekistan, perché si tratta di diritti inalienabili nell’era della globalizzazione. Alla luce delle discussioni e delle iniziative promosse e portate avanti dal Parlamento europeo, tuttavia, credo che quest’Istituzione preferisca occuparsi delle violazioni dei diritti umani e dei problemi a esse correlati in qualsiasi parte del mondo, eccezion fatta per lo stesso territorio dell’Unione europea.

Ci lascia del tutto indifferenti, per esempio, la tragica situazione dei cosiddetti non cittadini russi che vivono in Lettonia, la prostituzione e il lavoro minorile che interessano alcuni Stati membri, la terrificante situazione dei media e la criminalizzazione e persecuzione della sinistra nella Repubblica ceca, nonché la clamorosa crescita della povertà e dell’estremismo di destra in Germania.

Una ragione di più, forse, per affrontare i problemi dell’Uzbekistan e del Tibet, o ancora della Bielorussia e della Cina, e simili. Mi arrischierei a dire, tuttavia, che la maggioranza conservatrice sta deliberatamente e astutamente trasformando il Parlamento in una sorta di fedele cane da guardia che è ben lieto di rimanere al di qua dello steccato e abbaiare ai vicini.

Dovremmo in primo luogo concentrarci sui problemi che interessano direttamente gli Stati membri dell’Unione europea.

 
  
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  Michał Tomasz Kamiński, a nome del gruppo UEN.(PL) Signor Presidente, in primo luogo devo dire che sono rimasto sbigottito nell’ascoltare l’intervento appena pronunciato dal rappresentante dell’estrema sinistra al Parlamento europeo. La situazione in Uzbekistan non è comparabile con la situazione di nessun paese europeo. Ci sono indubbiamente molti paesi afflitti da diversi problemi, ma confrontarli con la situazione in Uzbekistan, dove la gente muore e viene perseguitata per le proprie opinioni politiche, è veramente oltraggioso.

Mi rattrista constatare che, in materia di difesa dei diritti umani, vi sono persone in quest’Aula che riescono ad annullare il diffuso consenso che prevale sulla difesa e la promozione dei valori fondamentali europei, come i diritti umani, la democrazia e la libertà d’espressione – consenso che dovrebbe estendersi dalla sinistra alla destra di quest’Assemblea.

Sosterrò la risoluzione in cui chiediamo di ampliare le sanzioni contro il regime uzbeko, poiché l’Unione europea è qualcosa di più di un semplice organo politico tenuto insieme da comuni interessi economici. Credo fermamente nell’Unione europea come comunità di valori e, in quanto tale, l’Unione deve dare l’esempio, condannando senza alcuna ambiguità tutte le violazioni dei diritti umani, ovunque esse si compiano.

(Applausi)

 
  
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  Urszula Krupa, a nome del gruppo IND/DEM.(PL) Signor Presidente, esattamente un anno fa stavamo discutendo la situazione in Uzbekistan, sulla scia della sanguinosa repressione di una manifestazione contro il regime totalitario del Presidente Karimov e le violazioni dei diritti umani da questo perpetrate.

Anche l’indipendenza dell’Uzbekistan è messa a repentaglio dall’aspra lotta condotta dalle grandi potenze per conquistare la propria sfera d’influenza. Nonostante le sanzioni che sono state imposte e le successive risoluzioni del Parlamento, in Uzbekistan si continuano a imprigionare e torturare gli attivisti dei diritti umani. Lo stesso destino è riservato a coloro che si battono per riferire la verità, e sappiamo tutti che la verità non può essere cancellata per decreto, con leggi o sentenze detentive.

Il pugno di ferro del regime si fa sentire non solo sui rappresentanti dell’opposizione, ma sulla nazione tutta, nella sua lotta per l’indipendenza e i cambiamenti democratici. Soprattutto le donne vengono colpite. Benché, nel contesto delle pari opportunità, abbiano ottenuto il diritto al divorzio, molto spesso esse devono affrontare ogni sorta di problemi da sole, giacché è su di loro che ricade l’onere dei bambini e della famiglia. Ovviamente auspichiamo il rispetto dei diritti umani e un voto favorevole su questa risoluzione.

 
  
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  Ryszard Czarnecki (NI). (PL) Signor Presidente, un solo minuto certo non basta per discutere delle violazioni dei diritti umani commesse in Uzbekistan. Possiamo solamente ricordare che deve ancora aver luogo un’inchiesta indipendente sui fatti accaduti 18 mesi fa a Andijan; quegli avvenimenti hanno poi indotto le autorità di Tashkent a dichiarare guerra ai giornalisti indipendenti e ai difensori dei diritti umani.

Secondo le Nazioni Unite in Uzbekistan si pratica ancora la tortura; è vero che in quel paese l’estremismo islamico si sta rafforzando, ma ciò non può costituire un pretesto per violare i diritti umani. Il ruolo guida che l’Uzbekistan svolge in Asia centrale rappresenta un motivo ancor più forte per chiedere che vi siano rispettati lo Stato di diritto, le norme democratiche e i diritti umani.

A molte migliaia di chilometri dall’Uzbekistan si trova un altro paese che viola i diritti umani senza il minimo scrupolo: la Bielorussia. Sanzioni in materia di visti sono state imposte sia all’Uzbekistan che alla Bielorussia; l’estensione di queste sanzioni sembra una misura ragionevole che merita il nostro sostegno. Forse questo cosiddetto ricatto dei visti farà capire all’Uzbekistan in che cosa consistono gli standard europei.

(Applausi)

 
  
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  Bernd Posselt (PPE-DE). (DE) Signor Presidente, la mia stessa presenza qui serve a saldare un mio debito personale nei confronti del popolo uzbeko. Mio nonno, infatti, soldato austriaco nella prima guerra mondiale, fu preso prigioniero dai russi e soltanto grazie alla solidarietà degli uzbeki riuscì a sopravvivere al gelido inverno dei dintorni di Tashkent.

Noi tutti, credo, nutriamo vivissima simpatia per il popolo uzbeko, e proprio per questo condanniamo le violazioni dei diritti umani che avvengono in quel paese, stigmatizzando la presenza al potere di un regime che non soddisfa minimamente i nostri standard in materia di diritti umani. Desidero che tali violazioni vengano denunciate con forza, e auspico pure un’estensione delle sanzioni.

Mi sembra però inutile aggiungere ulteriori divieti d’ingresso, del tipo previsto nel paragrafo 2. Non mi pare che si possano risolvere i problemi esibendo un atteggiamento servile nei confronti del Presidente Putin in occasione di un vertice, e magari invitando il Presidente cinese a quello successivo, per poi fare la voce grossa con i mini-Putin o i tirannelli da due soldi; suggerisco perciò di adottare standard ragionevoli. Estendere le sanzioni? Sono d’accordo. Denunciare le violazioni dei diritti umani? Sono d’accordo anche su questo. Ma se si tratta di passare il giovedì pomeriggio a imporre divieti di ingresso nell’Unione a tutti i capi di Stato che ci vengono in mente, devo dire che questa mi sembra demagogia piuttosto che una credibile iniziativa politica.

 
  
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  Karin Scheele (PSE). (DE) Signor Presidente, come tutti sanno il giovedì pomeriggio noi non imponiamo assolutamente nulla. In relazione ai vari problemi di diritti umani che si registrano nelle diverse parti del mondo, il nostro Parlamento si limita a formulare richieste di un tipo o dell’altro. Con la risoluzione odierna noi chiediamo al Consiglio di estendere la politica di sanzioni, includendovi alcuni settori di cui abbiamo già discusso. Il governo dell’Uzbekistan continua a non consentire lo svolgimento di un’inchiesta indipendente sui morti di Andijan – inchiesta del tipo che numerose istituzioni internazionali hanno già sollecitato in passato e continuano a invocare. L’Uzbekistan dovrebbe invece lavorare per giungere allo svolgimento di tale inchiesta, insieme all’OSCE e alle Nazioni Unite.

I rapporti tra Unione europea e Uzbekistan sono per noi una questione importantissima, ma tali rapporti devono fondarsi sul rispetto della democrazia, sullo Stato di diritto e sui diritti umani.

 
  
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  Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione.(EN) Signor Presidente, è passato ormai un anno e mezzo dal massacro di Andijan del 13 maggio 2005, ma il ricordo è ancora vivo nella nostra mente. Le autorità uzbeke hanno respinto le richieste internazionali di condurre un’indagine indipendente, e non c’è stata alcuna inchiesta affidabile sulla strage. I processi contro coloro che hanno preso parte alle dimostrazioni, che sono state la causa scatenante del massacro, sono stati condannati dall’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti dell’uomo dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa e giudicati palesemente iniqui.

Anche i successivi sviluppi non danno adito a grandi speranze. A giudicare dalle informazioni in nostro possesso, la tortura è ancora diffusa. Nessun organismo internazionale ha potuto contattare i rifugiati ritornati in Uzbekistan. L’Uzbekistan si rifiuta di cooperare con l’Ufficio per le procedure speciali delle Nazioni Unite. La società civile e i difensori dei diritti dell’uomo sono soggetti a continue persecuzioni, e infatti molti difensori dei diritti dell’uomo sono stati incarcerati.

La Commissione ha notato con particolare preoccupazione che numerosi dei principali attivisti per i diritti dell’uomo sono stati condannati a lunghi periodi di detenzione, e Mukhtabar Todjibaeva rimane in prigione. Siamo a conoscenza di vari casi di questo tipo.

Nonostante questo quadro così tragico, riteniamo che non sia opportuno interrompere ogni canale di comunicazione con l’Uzbekistan. Sapete bene che, in risposta al massacro di Andijan, l’Unione europea ha adottato sanzioni nei confronti dell’Uzbekistan, e in particolare, come è stato ricordato in precedenza, l’embargo sulle forniture di armi, il rifiuto di concedere visti ai responsabili del massacro di Andijan e la sospensione delle riunioni tecniche con l’Uzbekistan. Il 14 novembre si deciderà se prorogare o ampliare la portata di queste sanzioni.

Per consentire agli Stati membri di ottenere un quadro esaustivo e completo della situazione in Uzbekistan, all’inizio di novembre si terrà il Consiglio di cooperazione Unione europea-Uzbekistan, che peraltro consentirà all’Unione europea di dar voce alle nostre numerose preoccupazioni su Andijan e le sue conseguenze direttamente con le autorità uzbeke, a livello ministeriale.

In considerazione dei risultati raggiunti dal Consiglio di cooperazione, gli Stati membri decideranno se prorogare o ampliare le sanzioni.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà oggi, alla termine della discussione, ossia tra breve.

 
  

(1)Cfr. Processo verbale.


13. Turno di votazioni
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.

(Per i risultati e ulteriori dettagli sulle votazioni: cfr. Processo verbale )

 

13.1. Tibet (votazione)

13.2. Processo a Rios Montt (votazione)

13.3. Uzbekistan (votazione)
  

Prima della votazione sul paragrafo 2

 
  
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  Józef Pinior (PSE).(EN) Signor Presidente, nel mio emendamento orale propongo di cancellare la prima parte del paragrafo 2 della risoluzione comune sull’Uzbekistan.

 
  
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  Presidente. – Vi sono obiezioni a questo emendamento orale?

 
  
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  Bernd Posselt (PPE-DE). (DE) Signor Presidente, mi permetta di rilevare che noi abbiamo presentato un emendamento al paragrafo 2, il quale va votato prima dell’originale, anche se sull’originale è stato presentato un emendamento orale. Dobbiamo anzitutto votare sull’emendamento che modificherebbe la formulazione originale.

 
  
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  Presidente. – Onorevole Posselt, credo che lei abbia ragione. Chiediamo dunque all’onorevole Pinior di fornire le precisazioni necessarie.

 
  
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  Józef Pinior (PSE).(EN) Signor Presidente, propongo di cancellare la prima parte del secondo punto. A quanto mi risulta, la proposta è stata avanzata dai membri del gruppo PPE-DE.

 
  
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  Presidente. – Si tratta quindi di un emendamento orale concernente il paragrafo 2 e mirante a ridurre il testo.

(L’emendamento orale è accolto)

Prima della votazione sull’emendamento n. 1

 
  
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  Elisabeth Jeggle (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, vorrei sostituire l’espressione “una decisione giudiziosa orientata verso il futuro” con “una decisione ponderata mirante a migliorare le future relazioni”. Si tratta di una formulazione più specifica.

 
  
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  Marios Matsakis (ALDE).(EN) Signor Presidente, mi oppongo all’emendamento orale perché affievolisce l’impatto della nostra risoluzione. Ci sono prove evidenti del fatto che le sanzioni, seppure lentamente, si sono dimostrate efficaci; quindi dobbiamo ampliarle ulteriormente e non indebolirle, come sembra voler fare l’onorevole Jeggle con il suo emendamento.

 
  
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  Presidente. – La ringrazio per il chiarimento, onorevole Matsakis, ma lei deve trovare trentasei colleghi che, insieme a lei, facciano trentasette – il numero necessario per opporsi all’emendamento. La migliore delle argomentazioni non è sufficiente a respingere un emendamento orale se la seduta plenaria non si oppone, e mi sembra che nessuno dei suoi colleghi si sia alzato.

(L’emendamento orale è accolto)

Il turno di votazioni è così terminato.

 
  
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  Manuel Medina Ortega (PSE). (ES) Signor Presidente, mi trovavo nel mio ufficio quando alcuni funzionari del Parlamento mi hanno fatto uscire, dicendomi che era in corso un’esercitazione antincendio. Quando sono giunto in Aula, mi sono accorto che la risoluzione sul Tibet era già stata votata insieme a un’altra; vorrei ora informare il Segretariato del modo in cui avrei votato, se avessi potuto partecipare a queste votazioni, cosa che mi è stata impossibile perché i servizi mi hanno allontanato dal mio ufficio e non sono riuscito a raggiungere l’Aula.

 
  
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  Presidente. – Non si preoccupi, i servizi ne terranno conto.

 

14. Decisioni concernenti taluni documenti: vedasi processo verbale

15. Dichiarazioni scritte che figurano nel registro (articolo 116 del Regolamento): vedasi processo verbale

16. Trasmissione dei testi approvati nel corso della presente seduta: vedasi processo verbale

17. Calendario delle prossime sedute: vedasi processo verbale

18. Interruzione della sessione
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  Presidente. – Dichiaro interrotta la sessione del Parlamento europeo.

(La seduta termina alle 16.25)

 

ALLEGATO (Risposte scritte)
INTERROGAZIONI AL CONSIGLIO (La Presidenza in carica del Consiglio dell’Unione europea è la sola responsabile di queste risposte)
Interrogazione n. 12 dell'on. Bernd Posselt (H-0806/06)
 Oggetto: Situazione delle minoranze in Vojvodina
 

Come valuta la Presidenza finlandese del Consiglio la situazione delle diverse minoranze presenti nella provincia serba della Vojvodina - ungherese, rumena, croata, rutena, ceca, slovacca, tedesca, e altre - e quali misure intende essa adottare per rafforzare colà i diritti delle minoranze, l'autonomia della provincia, la democrazia e lo stato di diritto?

Sa il Consiglio che, a seguito dell'insediamento sistematico di rifugiati serbi, in località intere si sono create delle maggioranze etniche e si sono registrati e si continuano a registrare atti di violenza contro giovani appartenenti alle minoranze?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nell’ottobre 2006.

Durante il mandato della Presidenza finlandese è preciso impegno del Consiglio monitorare gli eventi in Serbia. Il paese è in procinto di dotarsi di una nuova costituzione che il parlamento nazionale ha approvato all’unanimità il 30 settembre 2006. Ai cittadini della Serbia verrà data l’opportunità di esprimersi in merito all’adozione della costituzione con il referendum che si svolgerà il 28 e 29 ottobre. Il Consiglio seguirà da vicino la situazione. Il principale strumento dell’Unione europea che riguarda i Balcani occidentali è il processo di stabilizzazione e di associazione, il cui quadro di riferimento è costituito dai criteri di Copenaghen, quali, ad esempio, i criteri politici che contemplano i diritti delle minoranze. Maggiore è l’avvicinamento dei paesi della regione all’Unione europea, tanto più occorre soddisfare le condizioni per aderirvi. La missione di vigilanza dell’Unione europea (EUMM) segue lo sviluppo della situazione in loco. Anche altri attori internazionali, quali l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa e il Consiglio d’Europa, sono impegnati nel monitoraggio della situazione in Vojvodina e scambiano informazioni con l’UE al riguardo. E’ precisa intenzione del Consiglio osservare gli avvenimenti nella regione in attesa di una relazione periodica che la Commissione elaborerà sui progressi compiuti nella prospettiva dell’allargamento. Il testo verrà pubblicato l’8 novembre e fornirà una valutazione della situazione in Serbia riguardo ad aspetti quali la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani e la tutela delle minoranze. Il Consiglio proseguirà l’attenta analisi degli avvenimenti che si susseguiranno sul terreno.

 

Interrogazione n. 14 dell'on. Chris Davies (H-0813/06)
 Oggetto: Legislazione sulle emissioni di CO2 dei veicoli nuovi
 

Intende il Consiglio invitare la Commissione a introdurre disposizioni legislative che impongano all'industria automobilistica di ridurre le emissione di CO2 dei veicoli nuovi?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nell’ottobre 2006.

Il Consiglio è stato informato che la Commissione intende presentare entro la fine del 2006 una proposta intesa a modificare la strategia comunitaria sulla riduzione delle emissioni di CO2 prodotte dagli autoveicoli. Il Consiglio riserverà particolare attenzione all’esame di questa e di altre proposte avanzate dalla Commissione in materia.

 

Interrogazione n. 15 dell'on. Danutė Budreikaitė (H-0815/06)
 Oggetto: Proroga dell'attività della centrale nucleare di Ignalina
 

Contestualmente all'atto di adesione all'Unione europea la Lituania ha firmato il protocollo n. 4 relativo alla centrale nucleare di Ignalina, impegnandosi a chiudere definitivamente il primo reattore della centrale entro il 2005 e il secondo reattore nel 2009. Salvo tale impegno, la clausola di salvaguardia di cui all'articolo 37 dell'atto di adesione è applicabile fino al 31 dicembre 2012 in caso di difficoltà di approvvigionamento energetico in Lituania.

La crisi energetica verificatasi l'anno scorso tra l'Ucraina e la Russia, la sospensione nel mese di luglio delle forniture di petrolio russo alla Lituania - attribuita a problemi tecnici concernenti unicamente la Lituania, senza individuare una soluzione favorevole alle due parti -, il progetto di collegamento elettrico tra la Lituania e la Polonia in fase di stallo, l'assenza di una politica energetica comune dell'UE e di reti energetiche comuni (elettricità, gas), nonché la mancanza di solidarietà tra gli Stati membri dell'UE costituiscono per la Lituania altrettanti rischi di ritrovarsi isolata dai fornitori di energia. Nel contempo cresce la dipendenza nei confronti della Russia, che minaccia di esportare le proprie risorse energetiche verso altri paesi.

Vista l'incertezza della situazione, potrebbe la Lituania avvalersi dell'articolo 37 dell'Atto di adesione per prolungare l'attività della centrale di Ignalina finché le norme di sicurezza lo consentono e finché i problemi energetici del paese non saranno risolti?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nell’ottobre 2006.

L’articolo 4 del Protocollo n. 4 allegato all’Atto di adesione, in combinato disposto con l’articolo 37 di quest’ultimo, indica le condizioni a cui la Lituania può chiedere l’autorizzazione ad applicare, fino al 2012, la clausola generale di salvaguardia di cui all’articolo 37 in caso di perturbazione dell’approvvigionamento energetico nel paese.

L’articolo 37 dell’Atto di adesione prevede che, al fine di valersi di tale opportunità, lo Stato membro in questione debba innanzi tutto presentare alla Commissione una richiesta di autorizzazione ad adottare misure di salvaguardia, corredata dei pertinenti dati informativi. La Commissione stabilisce quindi le misure di salvaguardia che ritiene necessarie. Essa deve pertanto valutare se accordare o meno l’autorizzazione ad adottare l’azione cui si riferisce l’onorevole parlamentare.

Il Consiglio desidera inoltre invitare l’onorevole deputato a tener presente che il Consiglio stesso considera la sicurezza dell’approvvigionamento di energia un elemento essenziale della politica europea in materia di energia. Tale approccio trova conferma nelle conclusioni adottate nella riunione del Consiglio “Trasporti, telecomunicazioni e energia” svoltasi nel marzo 2006 (“Una nuova politica energetica per l’Europa) e in quelle del Consiglio europeo del marzo 2006 (“Una politica energetica per l’Europa”).

L’Unione ha dichiarato a tale proposito di essere disposta a fornire alla Lituania l’ulteriore assistenza comunitaria necessaria per la chiusura e la disattivazione della centrale nucleare di Ignalina, secondo quanto stabilito nel Protocollo n. 4 dell’Atto di adesione. L’aiuto in questione è stato contemplato nei quadri finanziari per il periodo 2007-2013. Inoltre, secondo quanto stabilito all’articolo 2, paragrafo 3, del Protocollo, il programma Ignalina comprende, tra l’altro, misure a sostegno della disattivazione della centrale nucleare di Ignalina, misure per il miglioramento ambientale in linea con l’acquis e misure di ammodernamento della capacità di produzione convenzionale per sostituire la capacità di produzione dei due reattori della centrale nucleare di Ignalina, altre misure conseguenti alla decisione di chiudere e disattivare detta centrale e che contribuiscono alla necessaria ristrutturazione, al miglioramento ambientale e all’ammodernamento dei settori della produzione, trasmissione, distribuzione dell’energia in Lituania nonché all’accrescimento della sicurezza dell’approvvigionamento energetico e al miglioramento dell’efficienza energetica nel paese.

Quale ulteriore esempio, mi permetto di ricordare che nella recente decisione che stabilisce orientamenti relativi alle reti transeuropee nel settore dell’energia, tra i progetti di interesse europeo figuravano il collegamento Polonia-Lituania, compresi i necessari potenziamenti della rete elettrica polacca e del profilo PL-DE, nonché il cavo sottomarino tra la Finlandia e l’Estonia (Estlink). La realizzazione dei due progetti consentirà di entrare a far parte di un mercato interno dell’energia e garantirà l’affidabilità e la sicurezza del funzionamento delle reti energetiche.

Il Consiglio ha avviato una stretta collaborazione con il Parlamento europeo al fine di elaborare una politica comune in materia di energia e ha iniziato la graduale adozione di una normativa relativa a tale settore. I relativi provvedimenti e documenti offriranno una base per uno stabile approvvigionamento di energia nell’Unione. Fungeranno altresì da riferimento per le decisioni attuali e future inerenti alla politica energetica. La sicurezza degli approvvigionamenti, insieme agli altri due obiettivi della politica in materia di energia, vale a dire competitività e sostenibilità, rappresenterà anche un valido strumento ai fini della realizzazione di un’analisi strategica del settore, che la Commissione europea intende sottoporre all’attenzione di Consiglio e Parlamento europeo nel 2007.

 

Interrogazione n. 16 dell'on. Agustín Díaz de Mera García Consuegra (H-0818/06)
 Oggetto: Crisi migratoria nelle isole Canarie
 

Dinanzi alla flagrante, sistematica e quotidiana violazione delle frontiere esterne dell'Unione, perché Javier Solana non delinea una visibile azione esterna dell'Unione europea, esercitando la diplomazia preventiva nei confronti dei paesi di origine e transito degli immigranti?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nell’ottobre 2006.

Sin dalle prime fasi dello sviluppo della cooperazione in materia di giustizia e affari interni l’Unione non ha avuto il minimo dubbio sul fatto che nelle relazioni con i paesi in via di sviluppo è fondamentale tener conto della politica comunitaria adottata in materia di immigrazione.

Il Consiglio europeo ha costantemente sottolineato l’importanza delle relazioni esterne, e per questo motivo la cooperazione con i paesi del terzo mondo riguardo a immigrazione e problematiche correlate è un elemento che caratterizza le relazioni bilaterali e multilaterali dell’Unione. La questione dell’immigrazione è stata anche oggetto di dibattito in occasione del pranzo di lavoro alla riunione informale dei capi di Stato o di governo dell’UE svoltosi il 20 ottobre 2006.

Al momento l’Unione è impegnata nel processo di attuazione dell’approccio globale sull’immigrazione adottato dal Consiglio europeo nel dicembre 2005, che propone un’azione prioritaria per l’Africa e la regione del Mediterraneo.

Ai fini della realizzazione di tale strategia è essenziale rafforzare la cooperazione e il partenariato tra i paesi di destinazione, origine e transito che riguardano gli immigranti, in quanto una gestione sistematica dei flussi migratori può tradursi in un vantaggio per tutti i paesi interessati e per gli immigranti stessi. Un simile dialogo globale deve estendersi a tutti gli aspetti dell’immigrazione e, inoltre, promuovere le opportunità offerte dall’immigrazione in termini di contributo allo sviluppo. Nell’ambito del dialogo, l’UE riserverà anche particolare attenzione alla cooperazione effettiva intesa a prevenire e contrastare l’immigrazione illegale.

L’UE ha svolto un ruolo fondamentale nell’organizzazione della Conferenza afro-europea a livello ministeriale in materia di migrazione e sviluppo svoltasi il 10 e 11 luglio 2006 a Rabat. In occasione dell’incontro di Rabat sono stati adottati un piano d’azione comune e una dichiarazione, i paesi di origine, transito e destinazione hanno avuto per la prima volta l’opportunità di confrontarsi e, in uno spirito di partenariato, hanno affrontato il tema dell’immigrazione e questioni riguardanti tutte le parti in causa. L’attuazione del piano d’azione dovrebbe iniziare in tempi brevi. Esso prevede anche misure volte a verificare e a rafforzare la cooperazione nel settore della migrazione legale e illegale.

A livello regionale vengono avviate iniziative nel tentativo di intensificare il dialogo e la cooperazione con le organizzazioni internazionali di varie parti dell’Africa. L’Unione europea e l’Unione africana sono attualmente impegnate nei lavori preparatori di una conferenza ministeriale sull’emigrazione e sullo sviluppo che riguarderà l’intera Africa. L’evento si svolgerà entro la fine dell’anno e offrirà ai partecipanti l’opportunità di dare risalto ad aree che sono per loro motivo di preoccupazione e che interessano tutte le parti, e nell’ambito delle quali si potrebbe rafforzare la cooperazione. Si sta organizzando anche un’altra conferenza ministeriale incentrata su immigrazione e sviluppo, che, però, prevede un confronto con i paesi del partenariato euro-mediterraneo, in perfetta sintonia con la linea globale che si sta adottando.

Sul versante delle relazioni bilaterali, il piano deve migliorare il dialogo sull’immigrazione cui fa riferimento l’articolo 13 dell’accordo di Cotonou con i nostri partner africani che sono parti contraenti dell’accordo ACP di Cotonou, nonché proseguire i colloqui sugli accordi di riammissione con alcuni paesi del terzo mondo.

Alla Commissione è stato conferito un mandato per negoziare un accordo di riammissione con due paesi africani, segnatamente Marocco e Algeria. Il Marocco è un paese di transito di importanza cruciale, e sono già stati registrati risultati positivi nelle consultazioni svolte. Le discussioni formali con l’Algeria devono essere avviate il più presto possibile. Gli accordi di riammissione rappresentano un’espressione dell’impegno che l’UE condivide con i paesi africani nella lotta all’immigrazione clandestina.

In occasione del Vertice del 5 e 6 ottobre 2006 il Consiglio ha adottato le sue conclusioni sul rafforzamento della frontiera esterna marittima meridionale (13559/06).

 

Interrogazione n. 17 dell'on. Mihael Brejc (H-0819/06)
 Oggetto: Nuovo calendario per l'introduzione del Sistema d'informazione Schengen di seconda generazione (SIS II)
 

Secondo quanto comunicato, è in corso di stesura un nuovo calendario per l'introduzione del Sistema d'informazione Schengen di seconda generazione (SIS II). Ciò significa che la Slovenia, pur soddisfacendo tutti i criteri per essere inclusa in SIS II, potrà aderire al sistema soltanto molto più tardi di quanto previsto in origine. Se ciò è vero, si chiede al Consiglio di rispondere alle seguenti domande.

Significa tale ritardo che i criteri di Schengen già soddisfatti dovranno essere sottoposti a una nuova valutazione e, più precisamente, qual è stato lo scopo delle valutazioni precedenti?

Poiché tale ritardo è dovuto a ragioni imputabili all'UE e non all'attività degli Stati membri, in che modo l'Unione interverrà per coprire i costi causati da tale ritardo (stipendi, strutture già installate per la sicurezza dei confini di Schengen, ecc.)?

Con riferimento al piano che prevede che i vecchi Stati membri siano i primi a dare esecuzione a SIS II per essere poi seguiti dagli altri, per quale motivo non si procede sulla base dell'effettiva capacità di ogni Stato membro di attuare il sistema, indipendentemente dal fatto che si tratti di un vecchio o nuovo Stato membro?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nell’ottobre 2006.

Desideriamo richiamare l’attenzione dell’onorevole deputato sulle conclusioni relative al SIS II e al SIS I+ adottate a seguito del Vertice del Consiglio del 5 e 6 ottobre 2006.

In quelle conclusioni il Consiglio si è espresso dichiarando che il calendario di attuazione, contenuto nel documento di lavoro dei servizi della Commissione 12379/06 SIRIS 158 appariva fattibile e realistico. Secondo il calendario riveduto, il SIS II sarebbe operativo entro e non oltre il giugno 2008 negli Stati membri che partecipano attualmente al SIS I+, consentendo l’integrazione degli Stati membri che non partecipano ancora al SIS I+.

Il Consiglio ha confermato il calendario riveduto e ha esortato i suoi competenti gruppi di lavoro e gli organi della Commissione interessati ad adoperarsi al massimo affinché il SIS II sia operativo il più presto possibile.

Occorre garantire che il passaggio al SIS II negli Stati membri che aderiscono al SIS I+ avvenga senza interrompere il funzionamento del sistema. Solo quando tale fase sarà giunta al termine e il nuovo sistema avrà dimostrato di essere perfettamente operativo, sarà possibile incorporare gli Stati membri che non ne facevano parte in precedenza.

In linea di principio, i criteri di Schengen già soddisfatti non devono essere sottoposti a una nuova valutazione per verificarne il rispetto.

Nel mese di dicembre il Consiglio affronterà in dibattito una serie di questioni riguardanti il sistema d’informazione Schengen e l’abolizione dei controlli alle frontiere interne. Nel corso delle prossime settimane verranno presi in considerazione gli aspetti tecnici, economici, giuridici e organizzativi in materia.

 

Interrogazione n. 18 dell'on. James Elles (H-0820/06)
 Oggetto: Richiesta di proroga dell'esonero dal pieno addebitamento dell'accisa sul diesel con piombo per le imbarcazioni private da diporto ai sensi della direttiva 2003/96/CE del Consiglio
 

Le deroghe ai sensi della direttiva 2003/96/CE(1) che consentono a cinque paesi, tra cui Finlandia, Irlanda, Malta e Regno Unito di imporre aliquote di accisa ridotte sul diesel con piombo, dovrebbero giungere a scadenza dopo il 31 dicembre 2006. Può il Consiglio far sapere se è consapevole dell'impatto potenzialmente devastante dell'abolizione di tali deroghe sugli sport acquatici, sul turismo e sul settore marittimo nei suddetti paesi? Conviene il Consiglio nel sostenere che le

 
 
 

(1) GU L 283 del 31.10.2003, pag. 51.

 

Interrogazione n. 19 dell'on. Simon Busuttil (H-0834/06)
 Oggetto: Richiesta di proroga dell'esenzione dell'applicazione dell'aliquota piena di accisa sul gasolio rosso per imbarcazioni da diporto ai sensi della direttiva 2003/96/CE del Consiglio
 

Le deroghe ai sensi della direttiva 2003/96/CE(1), che consentono a cinque paesi, tra i quali Finlandia, Irlanda, Malta e il Regno Unito, di applicare aliquote ridotte di accisa sul gasolio rosso utilizzato per le imbarcazioni private da diporto, giungeranno a scadenza il 31 dicembre 2006. È il Consiglio consapevole dell’impatto potenzialmente devastante che l’abolizione di tali deroghe produrrebbe sugli sport acquatici, sul turismo e sul settore marittimo in suddetti paesi? Concorda il Consiglio con la valutazione secondo cui i risultati della cessazione dell'esenzione sarebbero di fatto nettamente in contrasto con il fine primario della direttiva, consistente nell’armonizzazione dei livelli fiscali applicabili ai prodotti energetici al fine di ridurre le distorsioni nel mercato interno? Intende pertanto il Consiglio appoggiare il rinnovo della deroga qualora i governi in questione ne facciano richiesta?

 
 
 

(1) GU L 283 del 31.10.2003, pag. 51

 

Interrogazione n. 20 dell'on. Alexander Stubb (H-0843/06)
 Oggetto: Richiesta di mantenimento dell'esenzione dall'imposizione della totalità delle accise sul gasolio rosso per le imbarcazioni da diporto ai sensi della direttiva del Consiglio 2003/96/CE
 

Le deroghe ai sensi della direttiva 2003/96/CE(1) che consentono a cinque paesi, tra cui la Finlandia, l'Irlanda, Malta e il Regno Unito, di applicare aliquote ridotte di accisa sul gasolio rosso scadranno il 31 dicembre 2006. E' il Consiglio consapevole dell'impatto potenzialmente devastante dell'abolizione di tali deroghe sugli sport acquatici, il turismo e l'industria nautica in tali paesi?

Conviene il Consiglio che la cessazione dell'esenzione sarebbe in realtà del tutto contraria all'obiettivo principale della direttiva, ovvero l'armonizzazione della tassazione dei prodotti energetici al fine di ridurre le distorsioni in seno al mercato interno? Intende di conseguenza il Consiglio appoggiare il rinnovo della deroga qualora i governi interessati ne chiedano il rinnovo?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nell’ottobre 2006.

Ai sensi dell’articolo 18 della direttiva 2003/96/CE, gli Stati membri sono autorizzati a continuare ad applicare le riduzioni nei livelli di tassazione o le esenzioni fissate negli allegati II e III della direttiva in questione, citata dall’onorevole deputato. Tale autorizzazione scadrà il 31 dicembre 2006 o alla data specificata negli allegati II e III, a meno che dette scadenze siano modificate dal Consiglio in base a un’autorizzazione della Commissione.

Nel luglio 2006 il Consiglio ha preso atto di una comunicazione della Commissione che sottolinea, inter alia, che i singoli Stati membri che ancora necessitino di una deroga alla direttiva per motivi politici possono presentarne richiesta alla Commissione, in conformità di quanto previsto dall’articolo 19 della direttiva in parola.

 
 

(1) GU L 283 del 31.10.2003, pag. 51.

 

Interrogazione n. 21 dell'on. Elena Valenciano Martínez-Orozco (H-0821/06)
 Oggetto: Abusi in Iraq
 

I diritti dell'uomo e il diritto umanitario internazionale, e in concreto la Convenzione di Ginevra relativa al trattamento dei prigionieri di guerra, costituiscono norme internazionali fondamentali, che devono essere rispettate in ogni caso. Mantenere i prigionieri in un vuoto giuridico dà luogo ad abusi e a gravi violazioni dei diritti dell'uomo, come quelli denunciati nella relazione dell'organizzazione Human Rights Watch, pubblicata nel mese di luglio, sul maltrattamento dei detenuti in Iraq.

Nello stesso mese di luglio è stata lanciata l'operazione Compact, stabilendo un impegno internazionale per la costruzione di un Iraq sicuro, unito e democratico, al quale l'UE è già preparata a partecipare attivamente.

Ritiene opportuno il Consiglio mantenere il dialogo con le autorità statunitensi affinché avviino un'inchiesta indipendente sulla vera portata degli abusi in Iraq, avvenuti con la possibile complicità di ufficiali di grado superiore, e affinché i responsabili di tali abusi siano giudicati?

Non ritiene il Consiglio che l'accertamento delle responsabilità degli ufficiali statunitensi implicati negli abusi a detenuti in Iraq rappresenti una condizione essenziale per costruire un Iraq sicuro e democratico?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nell’ottobre 2006.

L’Unione europea ritiene che sia estremamente importante rispettare il diritto umanitario internazionale in tutte le fasi di un conflitto armato. Tale principio è evidenziato negli orientamenti dell’Unione europea per favorire l’osservanza del diritto internazionale umanitario adottati nel dicembre 2005. L’articolo 3 di tali orientamenti stabilisce quanto segue: “L'Unione europea è fondata sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e sullo Stato di diritto. Questo include l’obiettivo di promuovere l’osservanza del diritto internazionale umanitario”.

L’UE attribuisce un grande valore al dialogo con gli Stati Uniti d’America in merito al diritto internazionale e alla lotta contro il terrorismo, tema nell’ambito del quale sono oggetto di discussione i contesti giuridici generali. Il Consiglio non ha affrontato la questione di condurre un’inchiesta indipendente volta ad accertare gli abusi in Iraq.

Il Consiglio segue da vicino gli sviluppi nel paese, tra cui la situazione del rispetto dei diritti umani e in termini umanitari. Anche nell’ambito dell’International Compact, in fase di elaborazione da parte del governo iracheno, sono oggetto di disamina aspetti che riguardano gli arresti, oltre ad altre problematiche afferenti i diritti umani. L’Unione europea sta svolgendo un ruolo attivo nello sviluppo di tale piano e, a questo proposito, ha sottolineato che il Compact dovrebbe contemplare anche le riforme politiche e in termini di sicurezza, nonché la protezione e la tutela dei diritti umani e il rafforzamento dello Stato di diritto in Iraq.

L’UE si avvale di una missione integrata dell’Unione europea sullo Stato di diritto per l’Iraq (EUJUST LEX), grazie alla quale offrirà un valido sostegno all’Iraq nello sviluppo dei requisiti essenziali per instaurare lo Stato di diritto nel paese. Finora quasi 800 giudici, magistrati del pubblico ministero e alti funzionari delle forze di polizia e delle autorità carcerarie hanno ricevuto formazione nell’ambito di EUJUST LEX. Il mandato della missione è stato esteso fino al dicembre 2007 e nella sua seconda fase sono previsti corsi di formazione specifica in un numero sempre maggiore di settori.

 

Interrogazione n. 22 dell'on. Zita Pleštinská (H-0822/06)
 Oggetto: Rinvio dell'adesione dei nuovi Stati membri all'area di Schengen
 

Nel 2004 la Commissione ha dichiarato che l'allargamento dell'area di Schengen ai nuovi Stati membri sarebbe stato possibile dopo l'adozione di importanti misure per rendere sicure le frontiere esterne dell'area. La data di adesione provvisoria era stata fissata per ottobre 2007.

Il 21 settembre 2006, in occasione di una riunione informale dei ministri della Giustizia e degli Affari esteri, la Presidenza finlandese ha comunicato che la data di adesione sarà con ogni probabilità rinviata ulteriormente, a seguito di problemi tecnici e giuridici connessi con la creazione e il lancio del Sistema di informazione Schengen (SIS II).

Ha il Consiglio esaminato soluzioni alternative all'introduzione di SIS II, ad esempio quella di includere i nuovi Stati membri nel sistema attuale (SIS I+)? In caso di risposta negativa, perché no? In caso di risposta affermativa, quali sono i risultati raggiunti?

Quali azioni ha il Consiglio intrapreso per rispettare lo scadenzario iniziale per l'adesione dei nuovi Stati membri all'area di Schengen?

Rafforzare la fiducia dei cittadini nell'UE è estremamente importante. La libera circolazione delle persone è una delle libertà fondamentali garantite dai trattati. Quando potranno i cittadini dei nuovi Stati membri viaggiare senza incorrere in controlli di frontiera?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nell’ottobre 2006.

In conformità dell’Atto di adesione del 2003, è possibile adottare una decisione volta ad abolire i controlli alle frontiere interne dopo aver dimostrato di aver soddisfatto le precondizioni necessarie per l’applicazione delle norme di Schengen. Il Sistema di informazione Schengen (SIS), operativo in tutti gli Stati membri, è appunto una di tali condizioni fondamentali.

Tutti i gruppi delle parti interessate stanno espressamente compiendo ogni possibile sforzo per far sì che il SIS II entri in funzione al più presto. Le delegazioni, tra cui quelle dei nuovi Stati membri, hanno valutato e respinto vari scenari alternativi relativi all’introduzione del SIS II.

In occasione di una riunione svoltasi il 5 ottobre 2006 a Lussemburgo, organizzata al fine di affrontare aspetti legati all’abolizione definitiva dei controlli alle frontiere con i nuovi Stati membri, il Consiglio ha discusso una soluzione proposta dalla delegazione portoghese secondo cui questi ultimi potrebbero aderire al SIS nella sua forma attuale (SIS I+). L’idea alla base della proposta è che i nuovi Stati membri potrebbero essere integrati nel sistema prima della fase in cui il progetto SIS II sarà verosimilmente portato a termine.

Come indicato nelle conclusioni adottate il 5 ottobre, il Consiglio intende prendere una decisione sulla data o le date di eliminazione di tali controlli interni alle frontiere nella riunione del dicembre 2006, in occasione della quale si pronuncerà anche in merito alla proposta portoghese, che prenderà in considerazione nelle prossime settimane.

 

Interrogazione n. 23 dell'on. Paulo Casaca (H-0825/06)
 Oggetto: Cittadino europeo scomparso a Al Zubair
 

L'operatore dell'emittente televisiva ITN Fred Nérac, cittadino francese, è scomparso dopo che l'automobile in cui viaggiava, contraddistinta come appartenente a un gruppo di giornalisti, è stata colpita dal fuoco incrociato nei pressi della città irachena di Al Zubair a sud di Bassora il 22 marzo 2003. L'incidente ha avuto come testimoni decine di persone, molte delle quali sono state identificate e potrebbero deporre ufficialmente ove richieste.

Successivamente sono state realizzate quattro indagini, non tutte concluse, comprese due eseguite dalle truppe britanniche e danesi in loco, i cui risultati hanno sollevato numerose questioni, ma anche evidenziato piste diverse, non del tutto esplorate per mancanza di sicurezza o di volontà politica.

il Comitato Fred Nérac, composto da familiari, amici e cittadini sensibilizzati per il dramma, rivendica trasparenza e rapidità nell'accertamento dei fatti, sollecitando il pieno accesso alle relazioni riservate presentate dagli investigatori del Regno Unito e della Danimarca.

Secondo detto comitato, il Consiglio, durante la Presidenza britannica e quella austriaca, aveva dichiarato che avrebbe sviluppato il massimo degli sforzi presso le autorità francesi, britanniche, nordamericane e irachene affinché facessero il possibile per, dal punto di vista concreto, trovare il giornalista o la sua salma.

Può il Consiglio riferire in merito a detti sforzi?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nell’ottobre 2006.

Sia le Nazioni Unite che l’Austria, durante il suo mandato di Presidenza, hanno fatto ogni possibile sforzo al fine di ottenere, attraverso le autorità irachene e di altri paesi, dettagli precisi in merito a che cosa fosse avvenuto all’operatore dell’emittente televisiva ITN Fred Nérac, scomparso. Inoltre, alla famiglia di Nérac è stato offerto tutto il sostegno necessario. Purtroppo, queste azioni non hanno sortito finora alcun risultato concreto.

 

Interrogazione n. 24 dell'on. Mairead McGuinness (H-0828/06)
 Oggetto: Diritto di voto dei cittadini UE alle elezioni nazionali
 

Potrebbe il Consiglio chiarire la sua posizione in relazione alla partecipazione di cittadini UE alle elezioni nazionali del paese in cui risiedono? Ho già sollevato questo argomento in un'interrogazione scritta al Consiglio (E-1756/06), tuttavia la risposta del Consiglio non ha affrontato la questione principale.

Il TCE contempla che i cittadini dell'UE residenti in un altro Stato membro dell'UE possono votare alle elezioni locali e a quelle europee, tuttavia analoghe disposizioni non si applicano per le elezioni nazionali.

Vista l'ampia gamma di misure e di iniziative che sono state adottate per agevolare la libera circolazione, lo stabilimento e l'integrazione dei cittadini europei in altri Stati membri UE, potrebbe il Consiglio considerare l'opportunità di emendare la vigente legislazione per agevolare la piena partecipazione dei cittadini UE alle elezioni nazionali del paese in cui essi risiedono?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nell’ottobre 2006.

La cittadinanza dell’Unione è contemplata all’articolo 17 del Trattato CE, che stabilisce che i cittadini dell’Unione “godono dei diritti e sono soggetti ai doveri previsti dal [presente] trattato”.

Come l’onorevole deputato sottolinea a ragione, ai sensi dell’articolo 19 del Trattato CE ogni cittadino dell’Unione residente in uno Stato membro di cui non è cittadino ha diritto di voto, sebbene tale diritto si estenda solo alle elezioni amministrative e a quelle europee. Date queste premesse, conformemente a quanto previsto dal Trattato CE la Comunità europea non ha alcun potere di formulare disposizioni che disciplino il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni parlamentari, in quanto sono aspetti di diritto nazionale.

Circa il fatto che le disposizioni giuridiche nazionali in materia di elezioni parlamentari possano contribuire a restringere la libertà di circolazione sancita nel Trattato CE, il Consiglio fa presente che l’applicazione dei principi del diritto comunitario è parte integrante dell’attuazione del TCE.

Come già indicato nella risposta all’interrogazione E-1756/06, il Consiglio non ha finora affrontato il problema di estendere il diritto di voto e di eleggibilità dei cittadini dell’Unione alle elezioni nazionali.

 

Interrogazione n. 25 dell'on. Zsolt László Becsey (H-0833/06)
 Oggetto: Responsabilità della Presidenza del Consiglio in carica per la preservazione del carattere multietnico della Vojvodina
 

Il Parlamento europeo, su proposta dell’interrogante, in una risoluzione e in una relazione si è espresso a favore della difesa della multietnicità della Vojvodina. Ciò premesso, può la Presidenza finlandese riferire se le questioni attinenti a suddetta provincia continuano a figurare nel suo ordine del giorno e, in caso affermativo, mediante quali misure concrete contribuisce a mantenervele, soprattutto tenendo conto della grave situazione vigente in Vojvodina, che si manifesta non solo con maltrattamenti fisici o comunque manifesti ai danni di individui o gruppi etnici o nazionali minoritari, ma anche con una dimostrabile discriminazione negli ambiti dell’istruzione, della pratica religiosa, dell’accesso alla giustizia, della partecipazione alle istituzioni dello Stato e dell’accesso alla proprietà e all’occupazione?

 
  
 

La presente risposta elaborata dalla Presidenza, che di per sé non è vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nell’ottobre 2006.

Durante la Presidenza finlandese il Consiglio ha seguito attivamente gli eventi verificatisi in Serbia. La missione di controllo dell’Unione europea sta osservando la situazione sul posto, e anche altri organi internazionali, come l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa e il Consiglio d’Europa, seguono la situazione in Vojvodina e forniscono informazioni all’UE. Il principale strumento dell’UE che riguarda la politica relativa ai Balcani occidentali è il processo di stabilizzazione e associazione. Il suo quadro di riferimento è costituito dai criteri di Copenaghen, che comprendono criteri politici quali i diritti delle minoranze. Il Consiglio valuterà la situazione sulla base di una relazione periodica della Commissione sui progressi compiuti dalla Serbia. Tale relazione dovrebbe essere presentata l’8 novembre e fornirà una valutazione della situazione in Serbia per quanto riguarda aspetti come la democrazia, il rispetto dello Stato di diritto, i diritti umani e la protezione delle minoranze.

 

Interrogazione n. 26 dell'on. Marian Harkin (H-0837/06)
 Oggetto: Accordo "cieli aperti" UE-USA
 

Può il Consiglio illustrare le implicazioni della conclusione di un accordo bilaterale sull'aviazione tra Irlanda e Stati Uniti prima di un accordo "cieli aperti" UE-USA?

Può il Consiglio approvare, in linea di principio, un siffatto accordo tra gli USA e uno qualsiasi dei 25 Stati membri dell'Unione?

 
  
 

La presente risposta elaborata dalla Presidenza, che non è vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nell’ottobre 2006.

Nel marzo 2005 si sono conclusi i negoziati sull’accordo relativo al settore dell’aviazione tra Unione europea e Stati Uniti. L’UE è ora in attesa di conoscere l’esito delle procedure interne che devono essere messe in atto dalle autorità statunitensi. Lo scopo di tali procedure è aggiornare le “disposizioni modificate” che disciplinano la gestione dei dati relativi a cittadini stranieri da parte di compagnie aeree statunitensi. Nel frattempo, tutti i partecipanti alla discussione hanno sottolineato l’importanza di attenersi all’accordo negoziato, in quanto offre a tutti gli Stati membri dell’UE un accordo “cieli aperti” con gli Stati Uniti e chiarisce come si potranno eliminare in futuro le restrizioni ai voli transatlantici. Le relazioni tra l’Irlanda e gli Stati Uniti vengono prese in esame solo come una componente dell’accordo generale tra UE e Stati Uniti che dovrà essere concluso nel prossimo futuro. In ogni caso, le discussioni non prenderanno in considerazione la possibilità di un accordo bilaterale tra Irlanda e Stati Uniti.

 

Interrogazione n. 27 dell'on. Panagiotis Beglitis (H-0839/06)
 Oggetto: Zona di libero scambio nell'area del Mediterraneo
 

Il 21 e 22 settembre scorso si è tenuta a Rodi la sesta Conferenza euromediterranea dei ministri dell'industria. Tra le altre cose è stato riconfermato l'obiettivo di creare entro il 2010, nell'area del Mediterraneo, una zona di libero scambio implicante la libera circolazione dei prodotti industriali.

Dato che molti dei paesi della Cooperazione euromediterranea sono anche membri dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), nel cui ambito si svolgono negoziazioni in vista della liberalizzazione del mercato dei prodotti industriali, peraltro con diverse clausole per i paesi in via di sviluppo, può il Consiglio precisare se ha accertato le ripercussioni che un eventuale accordo in ambito OMC sul commercio di beni industriali avrà per gli scambi di questi prodotti nell'area euromediterranea? La zona di libero scambio, che sarà creata nell'area del Mediterraneo, dovrà prevedere per i paesi mediterranei norme particolari a seconda del loro livello di sviluppo, e ciò affinché questi paesi possano trarre gli stessi vantaggi dei paesi europei? In caso affermativo, di quali paesi si tratta?

 
  
 

La presente risposta elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nell’ottobre 2006.

Gli scambi commerciali costituiscono una parte importante del processo di Barcellona, che avvicina i partner dell’UE e del Mediterraneo nell’ambito degli accordi di associazione bilaterali dell’UE e attraverso lo stimolo per il commercio e l’industria fornito dalle riunioni ministeriali euromediterranee periodiche a livello regionale. Lo scopo è accrescere l’integrazione economica e istituire una zona di libero scambio regionale entro il 2010.

La liberalizzazione degli scambi nell’area euromediterranea è conforme alle regole dell’OMC, in quanto le zone di libero scambio bilaterali istituite nell’ambito degli accordi di associazione costituiscono progetti ammissibili al trattamento preferenziale ai sensi dell’articolo XXIV del GATT. Inoltre, la loro creazione e le politiche che ad esse si applicano sono state ispirate dalla dimensione dello sviluppo regionale. A ciò si aggiunga che, nel corso della quinta riunione euromediterranea svoltasi di recente a Marrakech su questioni legate al commercio, i ministri hanno deciso di accrescere la cooperazione in modo compatibile con i sistemi commerciali preferenziali dell’UE al fine di ottenere un risultato equilibrato dal punto di vista dell’agenda di Doha per lo sviluppo nell’ambito dell’OMC, tra l’altro aprendo l’accesso ai mercati dei prodotti agricoli di base e creando mercati allettanti per i paesi in via di sviluppo.

Per quanto riguarda i partner mediterranei, l’UE si sta adoperando nel quadro del processo di Barcellona e degli accordi di associazione euromediterranei per abolire i dazi sui prodotti industriali ed eliminare gli squilibri derivanti dagli impegni relativi agli accordi commerciali agricoli preferenziali, invocando tuttavia la reciprocità in relazione all’OMC quale condizione imprescindibile per una zona di libero scambio comune. Gli squilibri riguardano, ad esempio, il periodo di transizione massimo di dodici anni per la graduale abolizione dei dazi sui prodotti industriali per un certo numero di prodotti, che si applica anche se negli accordi di cooperazione conclusi alla fine degli anni ’70 erano già previste importazioni esenti da dazi dei prodotti industriali mediterranei verso l’UE. La strategia regionale il cui obiettivo è creare una zona di libero scambio euromediterranea comprende anche accordi di libero scambio conclusi con i paesi della regione mediterranea per incoraggiare la promozione degli scambi sud-sud, come l’accordo di Agadir tra Tunisia, Marocco, Egitto e Giordania, e un’applicazione più flessibile delle norme di origine per favorire gli scambi e le opportunità di esternalizzazione (l’accordo sul sistema paneuromediterraneo del cumulo di origine, che dovrebbe contribuire a espandere gli scambi nella più ampia area euromediterranea).

 

Interrogazione n. 28 dell'on. Manuel António dos Santos (H-0842/06)
 Oggetto: Democrazia in Iran
 

Il Consiglio ha comunicato al Parlamento la sua intenzione di analizzare, in breve tempo, la questione dell'inclusione del movimento Moudjahiddin del popolo (che lotta per la democrazia in Iran) nella lista delle organizzazioni terroriste, mirante alla sua eventuale repressione.

Potrebbe il Consiglio europeo rendere noto lo stato attuale della situazione?

 
  
 

La presente risposta elaborata dalla Presidenza, che di per sé non è vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nell’ottobre 2006.

L’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931/PESC relativa all’elenco di persone, gruppi ed entità coinvolti in atti terroristici stabilisce che i nomi delle persone ed entità riportati nell’elenco sono riesaminati a intervalli regolari, almeno una volta per semestre. L’ultima versione riesaminata dell’elenco è stata pubblicata il 29 maggio 2006 e allegata alla posizione comune 2006/380/PESC (GU L 144 del 31 maggio 2006, pag. 25).

 

Interrogazione n. 29 dell'on. Gay Mitchell (H-0845/06)
 Oggetto: La Corea del Nord
 

Potrebbe il Consiglio esprimere un parere riguardo alla recente dichiarazione della Corea del Nord che intende testare una bomba nucleare?

 
  
 

La presente risposta elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nell’ottobre 2006.

Dopo l’annuncio da parte della Corea del Nord dell’intenzione di effettuare un test nucleare l’UE ha subito risposto inviando chiari avvertimenti al governo di Pyongyang, e i suoi principali partner hanno fatto altrettanto.

Il 17 ottobre, a seguito dell’annuncio della Corea riguardo al test nucleare, il Consiglio “Affari generali e Relazioni esterne” ha approvato le seguenti conclusioni.

“Il Consiglio condanna fermamente il test di un ordigno esplosivo nucleare annunciato dalla Repubblica popolare democratica di Corea (RPDC) il 9 ottobre 2006. Il test, svolto malgrado gli appelli della comunità internazionale, costituisce un pericolo per la stabilità regionale e rappresenta una chiara minaccia per la pace e la sicurezza internazionali. Esso costituisce un’ulteriore violazione degli obblighi di non proliferazione da parte della RPDC, aggrava l’isolamento di questo paese e non giova minimamente alla misera situazione del popolo nordcoreano.

L’UE applicherà in pieno le disposizioni di tutte le pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, segnatamente la risoluzione 1718 adottata il 14 ottobre 2006, e la risoluzione 1695 del 15 luglio 2006. Il Consiglio prende immediatamente le disposizioni necessarie a tal fine.

Il Consiglio esorta fortemente la RPDC, in conformità delle risoluzioni 1718 e 1695 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, a riprendere immediatamente i colloqui a sei, a lavorare per la tempestiva attuazione della dichiarazione comune del settembre 2005, e soprattutto ad abbandonare tutte le armi nucleari e i programmi nucleari esistenti, nonché a conformarsi ai propri obblighi a norma del Trattato di non proliferazione, in cui è stipulato che tutte le sue attività nucleari siano sottoposte alla verifica dell’AIEA. Inoltre l’UE esorta la RPDC a firmare e ratificare il Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari, ad astenersi dal procedere a ulteriori test nucleari o lanci di missili, e a ripristinare i propri impegni in merito a una moratoria sul lancio di missili.

L’agire della RPDC aumenta i rischi della proliferazione a livello mondiale. Il Consiglio chiede di raddoppiare gli sforzi per rafforzare tutti gli aspetti del sistema internazionale contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa”.

 

Interrogazione n. 30 dell'on. Catherine Stihler (H-0848/06)
 Oggetto: Forza europea di protezione civile
 

Può il Consiglio comunicare la propria posizione in merito al progetto "Europe Aid" per una forza europea di protezione civile?

 
 

Interrogazione n. 31 dell'on. Eugenijus Gentvilas (H-0849/06)
 Oggetto: Sistema europeo comune di protezione civile
 

Michel Barnier, ex Commissario europeo, ha presentato una relazione dettagliata intitolata "Per una forza europea di protezione civile: Europe Aid". Il Consiglio europeo prevede di prendere in esame tale relazione in dicembre, ma gli Stati membri non sono unanimi nel sostenere la realizzazione di un nuovo centro operativo a Bruxelles e sottoscrivere ulteriori impegni finanziari.

E' disposto il Consiglio e prendere in esame le prospettive di una politica comunitaria atta a creare un sistema europeo comune di protezione civile preposto alla lotta contro le catastrofi? Quale proposta intende presentare la Finlandia al Consiglio in relazione ai principi per il finanziamento di questo sistema? Può il Consiglio indicare quali impegni finanziari dovranno contrarre gli Stati membri, se le proposte contenute nella relazione del signor Barnier saranno adottate?

 
  
 

La presente risposta elaborata dalla Presidenza, che non è vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nell’ottobre 2006.

Nella riunione del 15 e 16 giugno 2006, il Consiglio europeo ha accolto con favore la relazione dal titolo “Per una forza europea di protezione civile: Europe Aid”(1), presentata da Michel Barnier nel maggio 2006, quale “importante contributo al dibattito”. Il Consiglio europeo ha anche approvato la relazione della Presidenza sul rafforzamento delle capacità di risposta dell’Unione europea in caso di emergenza e di crisi(2). Tale documento illustra le molte misure concrete e decisioni adottate per migliorare il coordinamento e la fornitura dei mezzi disponibili, per far sì che l’assistenza giunga rapidamente dove è necessaria e per prestare un’assistenza consolare più efficace ai cittadini dell’UE nei paesi terzi.

Attualmente i servizi competenti del Consiglio stanno valutando il modo per migliorare la capacità di risposta dell’Unione europea in caso di emergenza, di crisi e di gravi catastrofi.

 
 

(1) 9558/06.
(2) 10551/06.

 

Interrogazione n. 32 dell'on. Pedro Guerreiro (H-0850/06)
 Oggetto: Situazione di cinque cittadini cubani detenuti negli USA - I cinque di Miami
 

Il 12 settembre 2006, segna l'ottavo anno di ingiusta detenzione, in prigioni degli Stati Uniti d'America, di Antonio Guerriero, Fernando Gonzalez, Gerardo Hernández, Ramon Sabañino e René González, patrioti cubani che si sono mobilitati per evitare che il loro paese continuasse ad essere vittima di azioni terroristiche, promosse e perpetrate da organizzazioni con sede a Miami.

Si ricorda che, il 27 maggio 2005, il gruppo di lavoro delle Nazioni Unite su tali cinque cittadini cubani detenuti negli Stati Uniti d'America, aveva osservato che il processo contro di loro "non si era svolto in un clima di oggettività ed imparzialità" per cui, il 9 agosto 2005, la Corte d'appello dell'11° distretto di Atlanta aveva deciso all'unanimità di annullare il processo di Miami.

Si sottolinea altresì che i trascorsi otto anni sono stati caratterizzati da illegalità, inammissibili punizioni, pressioni e ricatti e da violazioni dei diritti umani quali, per esempio, autorizzazioni negate o parzialmente concesse dall'amministrazione degli USA circa il diritto di visita da parte di familiari dei detenuti.

Ciò premesso, potrebbe la presidenza in carica del Consiglio far sapere come intenda attivarsi affinché siano rispettati i più elementari diritti di tali cinque cittadini cubani detenuti in prigioni negli USA, fra cui il diritto di ricevere la visita dei loro familiari, la revoca delle sentenze nonché un equo processo?

 
  
 

La presente risposta elaborata dalla Presidenza, che di per sé non è vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nell’ottobre 2006.

La questione sollevata dall’onorevole parlamentare rientra nella giurisdizione dei tribunali statunitensi. Il Consiglio pertanto non può esprimersi al riguardo.

 

Interrogazione n. 33 dell'on. Rodi Kratsa-Tsagaropoulou (H-0852/06)
 Oggetto: Attuazione della Convenzione sul lavoro marittimo da parte degli Stati membri
 

Il 23 febbraio 2006 l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) ha adottato la Convenzione sui modelli di lavoro marittimo, testo questo che unifica e attualizza circa 65 modelli internazionali di lavoro marittimo e concerne argomenti quali le condizioni di occupazione e di lavoro dei marittimi, la salute, la sicurezza, l'ingaggio, gli orari di lavoro, la sicurezza sociale, ecc. Il 16 giugno la Commissione ha invitato gli Stati membri a ratificare nel più breve tempo possibile la convenzione in questione (entro dicembre 2008) a seguito di una concertazione con le parti sociali.

Come giudica il Consiglio il testo della Convenzione dell'OIL sotto il profilo della rivalutazione della professione marittima, la sicurezza dell'equipaggio, la sicurezza in mare e la garanzia di condizioni di concorrenza più eque per le imprese marittime? Ha esso chiesto alla Commissione di stabilire un calendario per l'avvio delle consultazioni delle parti sociali a livello europeo, come pure quanto alla concertazione sui modelli comuni di lavoro marittimo? Dispone esso di dati qualitativi e quantitativi riferiti ai modelli esistenti di lavoro marittimo oggi applicabili al settore e al loro rapporto con l'acquis comunitario?

 
  
 

La presente risposta elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nell’ottobre 2006.

Gli Stati membri e la Commissione hanno negoziato la Convenzione consolidata sul lavoro marittimo dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) in quanto rientra nella sfera della responsabilità condivisa della Comunità e degli Stati membri. Lo scopo della Convenzione adottata è garantire condizioni di vita e di lavoro dignitose sulle navi (termini di occupazione e condizioni di lavoro per la gente di mare, fra cui salute, sicurezza, età minima, orario di lavoro, alloggio a bordo e previdenza sociale).

Attualmente il Consiglio sta valutando una proposta di decisione del Consiglio che autorizza gli Stati membri a ratificare la Convenzione consolidata sul lavoro marittimo(1), che comprende questioni che rientrano nella sfera di responsabilità comunitaria. Lo scopo è raggiungere un accordo nel dicembre 2006. Il Parlamento non ha ancora espresso il suo parere.

Riguardo all’approvazione della Convenzione, la Commissione ha intrapreso l’iniziativa di presentare una comunicazione relativa al rafforzamento della normativa sul lavoro marittimo(2), in cui dichiara la sua volontà di consultare le parti sociali ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 2, del Trattato CE.

La Commissione ha avviato una valutazione d’impatto al fine di stabilire in quale modo le disposizioni della Convenzione, una volta entrate in vigore, influiranno sul diritto comunitario.

 
 

(1) Proposta di decisione del Consiglio che autorizza gli Stati membri a ratificare, nell’interesse della Comunità europea, la Convenzione consolidata sul lavoro marittimo del 2006 dell’Organizzazione internazionale del lavoro (documento 10900/06 MAR 64 SOC 331).
(2) Comunicazione della Commissione ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 2, del Trattato CE relativa al rafforzamento della normativa sul lavoro marittimo (documento 10901/06 MAR 65 SOC 332).

 

Interrogazione n. 34 dell'on. Eija-Riitta Korhola (H-0856/06)
 Oggetto: Chiusure all'impianto nucleare di Kozloduy
 

Nel 1999 la Bulgaria è stata obbligata a chiudere 4 dei suoi 6 reattori nucleari a Kozloduy, come precondizione per le discussioni di adesione. Due unità sono state chiuse in base all'accordo e altre due devono chiudere prima della fine del 2006. In seguito a un considerevole investimento e a una ispezione indipendente, tali unità sono ora in conformità con i criteri di sicurezza e il gruppo sulle questioni nucleari del Consiglio ritiene che non sia necessario ulteriore monitoraggio. Se si procederà alla chiusura delle rimanenti unità come concordato, la regione soffrirà di black-out, il limitato impianto di sostituzione è alimentato a lignite e ne risulterà un aumento delle emissioni di gas ad effetto serra. Inoltre aumenterà la dipendenza da fonti energetiche esterne. Potrebbe il Consiglio ritardare la chiusura e prendere il tempo di considerare questa decisione già datata?

 
  
 

La presente risposta elaborata dalla Presidenza, che di per sé non è vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nell’ottobre 2006.

I negoziati di adesione con la Bulgaria si sono ufficialmente conclusi nel 2004. Nei colloqui sul capitolo relativo all’energia, la Bulgaria si è impegnata a chiudere i reattori 1 e 2 della centrale nucleare di Kozloduy entro il 2003 e ha mantenuto tale impegno chiudendo i reattori in questione alla fine del 2002. La Bulgaria ha ribadito il suo impegno a chiudere i reattori 3 e 4 e a disattivarli nel 2006. Questo impegno è menzionato all’articolo 30, paragrafo 1, del protocollo del trattato di adesione di Bulgaria e Romania(1). Il miglioramento dei livelli di sicurezza nucleare dei reattori 3 e 4 non modifica gli impegni assunti dalla Bulgaria nei negoziati di adesione.

Come l’onorevole parlamentare saprà, l’Unione europea, attraverso i negoziati di adesione con la Bulgaria, ha sottolineato l’importanza di rigorosi requisiti di sicurezza nucleare e di un alto livello di protezione dell’ambiente. Lo stesso vale per i negoziati di adesione con altri paesi del quinto processo di allargamento.

L’Unione europea ha dichiarato di essere disposta a concedere aiuti comunitari sufficienti per consentire alla Bulgaria di intervenire per chiudere e disattivare i reattori 1-4 a Kozloduy. Il contributo totale fornito dall’UE per il periodo 2000-2009 raggiungerà 550 milioni di euro. Sono già stati concessi aiuti per i preparativi per l’adesione pari a un importo totale di 340 milioni di euro. In base all’articolo 30, paragrafo 2, del protocollo, devono essere impegnati altri 210 milioni di euro, e la stessa sezione stabilisce che l’assistenza contempla misure a sostegno della disattivazione delle unità 1-4 della centrale nucleare di Kozloduy, misure per il miglioramento ambientale in linea con l’acquis, misure di ammodernamento dei settori di produzione, trasmissione e distribuzione dell’energia convenzionale in Bulgaria, misure per migliorare l’efficienza energetica, potenziare l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili e migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico.

La Bulgaria inoltre può chiedere di avvalersi della clausola di salvaguardia generale, ai sensi dell’articolo 36. La sezione in questione stabilisce quanto segue: “Entro un periodo massimo di tre anni dalla data di adesione, in caso di difficoltà gravi di un settore di attività economica suscettibili di protrarsi, come anche in caso di difficoltà che possano arrecare grave perturbazione alla situazione economica di una data regione, la Bulgaria o la Romania possono chiedere di essere autorizzate ad adottare misure di salvaguardia che consentano di ristabilire la situazione e di adattare il settore interessato all’economia del mercato interno”.

L’articolo 36 del protocollo chiarisce che, per poter usufruire di questa opzione, lo Stato membro interessato deve innanzi tutto chiedere alla Commissione l’autorizzazione ad adottare misure protettive. La richiesta deve essere accompagnata dalle pertinenti informazioni di riferimento. Quando riceve la richiesta, la Commissione decide in merito alle misure di salvaguardia che ritiene necessarie. Spetta pertanto alla Commissione stabilire se concedere o meno l’autorizzazione ad adottare le misure cui l’onorevole parlamentare fa riferimento.

Il Consiglio desidera anche rammentare all’onorevole parlamentare che ritiene davvero che la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, la competitività e la sostenibilità ambientale siano i fondamenti della politica energetica europea, come ribadito nelle conclusioni adottate dal Consiglio europeo nel marzo 2006 su una politica energetica europea.

La recente decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce orientamenti per le reti transeuropee nel settore dell’energia(2) e il Trattato che istituisce la Comunità dell’energia contribuiranno a creare un mercato integrato a livello regionale per le reti dell’energia elettrica e del gas naturale nell’Europa sudorientale e le collegheranno ai più ampi mercati dell’UE. Si tratta di un importante passo avanti verso la garanzia della sicurezza, della competitività e della sostenibilità nel settore dell’energia per la regione. La Bulgaria è inoltre una delle parti aderenti al Trattato che istituisce la Comunità dell’energia, di recente entrato in vigore. Tra i compiti della Comunità dell’energia sono compresi il miglioramento della situazione relativa all’ambiente e un aumento dell’uso di energie rinnovabili. Ne consegue che si devono esaminare le strategie e i metodi che potrebbero essere applicati in tale quadro operativo. In questo modo la Bulgaria, quale Stato membro dell’UE a pieno titolo, disporrà di maggiori possibilità di cercare soluzioni alla questione sollevata dall’onorevole parlamentare.

La sicurezza dell’approvvigionamento energetico, la competitività e la sostenibilità serviranno anche quale base per un’indagine strategica sull’energia, che la Commissione europea intende presentare al Consiglio e al Parlamento europeo nel 2007.

 
 

(1) GU L 157 del 21.6.2006, pagg. 29-45.
(2) Decisione n. 1364/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 settembre 2006 che stabilisce orientamenti per le reti transeuropee nel settore dell’energia e abroga la decisione 96/391/CE e la decisione n. 1229/2003/CE, GU L 262 del 22.9.2006, pag. 1.

 

Interrogazione n. 35 dell'on. Ryszard Czarnecki (H-0859/06)
 Oggetto: Croazia - Preparazione all'adesione
 

Dato che la Croazia potrebbe diventare il ventottesimo membro dell'UE, come valuta il Consiglio la preparazione del paese all'adesione all'UE?

 
  
 

La presente risposta elaborata dalla Presidenza, che di per sé non è vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nell’ottobre 2006.

Per quanto riguarda i preparativi per l’adesione della Croazia all’Unione europea, la Commissione ha da poco completato quella che è nota come analisi dell’acquis, per spiegare l’acquis alle autorità croate e valutare a che punto sono i preparativi per l’avvio dei negoziati su alcuni settori. L’acquis è stato diviso in trentacinque capitoli per la valutazione e i futuri negoziati, ciascuno dei quali riguarda un determinato settore di politica.

Attualmente il Consiglio sta esaminando le relazioni di valutazione della Commissione e ha svolto una buona parte di lavoro in materia. Il Consiglio ha dovuto esaminare sedici relazioni di valutazione sui capitoli di negoziato. Il Consiglio ha inviato lettere su tredici capitoli di negoziato, alcune delle quali stabiliscono le condizioni per l’avvio dei negoziati. Attualmente il Consiglio sta esaminando altri tre capitoli, per i quali, se necessario, potrebbero essere imposte condizioni per l’avvio dei negoziati.

La Croazia ha presentato la sua posizione di negoziato per i negoziati di adesione per i primi sette capitoli (ossia scienza e ricerca, istruzione e cultura, dogane, diritto di stabilimento e libertà di prestazione dei servizi, diritti di proprietà intellettuale, politica economica e monetaria e politica imprenditoriale e industriale). Il 12 giugno 2006 si è svolta a Lussemburgo una Conferenza ministeriale sull’adesione con la Croazia, ed è apparso chiaro che si stavano compiendo progressi nell’avvio dei negoziati quando il dibattito sul capitolo relativo a scienza e ricerca iniziato in tale occasione è stato temporaneamente chiuso. Altri capitoli saranno esaminati nei prossimi mesi.

L’8 novembre la Commissione dovrebbe presentare la prossima relazione sui progressi compiuti dalla Croazia, in cui i progressi compiuti dal paese nei preparativi per l’adesione saranno valutati in relazione a tutti i capitoli dell’acquis. Il Consiglio intende effettuare un approfondito esame della relazione.

 

Interrogazione n. 36 dell'on. Diamanto Manolakou (H-0860/06)
 Oggetto: Tentata soppressione dell'azione sindacale nel settore pubblico
 

Il ministro greco dell'ambiente ha chiesto, attraverso una sua dichiarazione del 27 settembre 2006, di interdire le organizzazioni che svolgono azione sindacale e politica nell'amministrazione pubblica motivando tale richiesta con il fatto che il sindacalismo nel settore pubblico è "causa di disgregazione". Si tratta di un attacco diretto contro l'azione sindacale e politica dei lavoratori e contro il diritto fondamentale e la libertà dei partiti che operano in modo indipendente, attacco che entra in aperto contrasto con la Costituzione.

Condanna il Consiglio le dichiarazioni del ministro greco quale forma di aggressione contro il diritto alla libertà di espressione e di azione dei lavoratori?

 
  
 

La presente risposta elaborata dalla Presidenza, che di per sé non è vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nell’ottobre 2006.

Non spetta al Consiglio esprimersi in merito a dichiarazioni pubbliche rilasciate da politici degli Stati membri dell’Unione europea.

 

Interrogazione n. 37 dell'on. Athanasios Pafilis (H-0862/06)
 Oggetto: Licenziamento di un professore universitario in Turchia
 

Il 29 settembre 2006 Izge Gunal, docente dell'università Dokuz Eylul in Turchia, è stato licenziato con decisione del consiglio di disciplina dell'istituto per essersi opposto al licenziamento di 213 lavoratori del servizio di pulizia dell'ospedale universitario – che è di proprietà dello stesso istituto – e aver capeggiato la campagna per la loro riassunzione per la quale erano state raccolte 4.000 firme. Già diverse organizzazioni sindacali hanno espresso in Turchia la loro solidarietà con il docente licenziato e la loro avversione al trasferimento di interi dipartimenti a imprese che procedono a licenziamenti in massa degli addetti.

Condanna il Consiglio tale azione che costituisce un attacco contro i diritti sindacali e il diritto alla libertà di espressione?

 
  
 

La presente risposta elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nell’ottobre 2006.

Il Consiglio non è a conoscenza del caso cui l’interrogante fa riferimento. E’ chiaro tuttavia che esso è legato alle questioni più ampie della libertà di espressione e dei diritti sindacali. Vorrei ancora una volta sottolineare a questo proposito che l’Unione europea ritiene che siano questioni importanti. Il Consiglio ha ribadito la sua asserzione, in particolare per quanto riguarda la libertà di espressione, secondo cui occorre proseguire gli sforzi per allineare la pratica della libertà di espressione in Turchia al livello stabilito dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dalla pertinente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. In merito ai diritti sindacali, è necessario un intervento risoluto per garantirne il pieno rispetto conformemente alle norme comunitarie e alle pertinenti convenzioni dell’OIL. Questo vale soprattutto per il diritto di associazione, il diritto di sciopero e il diritto alla libertà di contrattazione collettiva. Questi aspetti sono inclusi nel quadro di negoziato con la Turchia, approvato dal Consiglio il 3 ottobre 2005, e sono tra gli obiettivi prioritari a breve termine del partenariato di adesione riveduto. L’Unione europea solleva costantemente a tutti i livelli tali questioni, che rientrano nel processo di riforma in corso in Turchia, e le ha ribadite in occasione dell’ultima riunione del Consiglio di associazione UE-Turchia, svoltasi a Lussemburgo il 12 giugno 2006, nonché della riunione della troika ministeriale UE-Turchia, svoltasi anch’essa a Lussemburgo il 16 ottobre 2006.

L’interrogante può pertanto stare certo che, nel valutare i progressi compiuti dalla Turchia verso l’adesione, continueremo a seguire con estrema attenzione gli sviluppi in entrambi i settori menzionati in precedenza. E’ chiaro che gli sviluppi in questi settori influiranno sui progressi dei negoziati.

 

Interrogazione n. 38 dell'on. Proinsias De Rossa (H-0864/06)
 Oggetto: Trasporto di prigionieri statunitensi attraverso gli aeroporti dell'Unione europea
 

Può il Consiglio rivedere la sua risposta all'interrogazione H-0570/06(1) alla luce della presente interrogazione? Il prigioniero in questione non era un sospetto terrorista e il suo trasferimento non è avvenuto nel contesto della "lotta contro il terrorismo". L'interrogazione non intende accusare nessuno Stato membro di violazione dei diritti umani. Il suo scopo è invece quello di sapere se il Consiglio ha la certezza che qualsiasi prigioniero trasportato attraverso gli aeroporti dell'Unione europea è trattato nel rispetto della dignità umana in conformità del diritto internazionale. Può il Consiglio indicare quali misure intende adottare, al fine di garantire che il paese ospitante sia adeguatamente informato e che siano rispettati tutti i regolamenti di tale paese nonché il diritto internazionale?

 
  
 

La presente risposta elaborata dalla Presidenza, che non è vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nell’ottobre 2006.

E’ chiaro che in ogni caso gli accordi relativi al trasporto di prigionieri devono essere coerenti con le disposizioni giuridiche pertinenti. La Presidenza desidera sottolineare che il Consiglio non ha la responsabilità di garantire che gli Stati membri applichino in maniera corretta il diritto nazionale o internazionale. Nel caso di una possibile violazione del diritto comunitario, spetta alla Commissione adottare misure ai sensi degli articoli 211 e 226 del Trattato CE.

 
 

(1) Risposta scritta del 6.7.2006.

 

Interrogazione n. 39 dell'on. Laima Liucija Andrikienė (H-0869/06)
 Oggetto: Nuovo accordo di partenariato e di cooperazione tra l'Unione europea e la Russia
 

L'accordo di partenariato e di cooperazione (APC) tra l'Unione europea e la Russia costituisce il principale documento su cui si basano le relazioni tra le due parti. L'attuale APC, che è di ampia portata, rimarrà in vigore fino alla fine del 2007. Al momento si stanno già costituendo nuove forme di cooperazione volte a migliorare la collaborazione tra l'Unione europea e la Russia.

Può il Consiglio indicare quali priorità e obiettivi principali sono stati inclusi dall'Unione europea nel nuovo accordo? Il nuovo APC copre anche il settore dell'energia?

 
  
 

La presente risposta elaborata dalla Presidenza, che di per sé non è vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di ottobre I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nell’ottobre 2006.

Purtroppo per il momento il Consiglio non può fornire informazioni riguardo al nuovo accordo in fase di negoziato con la Federazione russa, in quanto gli organi del Consiglio coinvolti nel processo attualmente stanno discutendo le direttive di negoziato.

Il Consiglio può tuttavia dire che i partecipanti al Vertice UE-Russia svoltosi a Sochi il 25 maggio 2006 hanno deciso che il nuovo accordo venga negoziato in base al seguente quadro di riferimento.

Le relazioni tra UE e Russia continueranno a essere basate sugli accordi.

Lo scopo del nuovo accordo giuridicamente vincolante è fornire un quadro duraturo e globale per le relazioni tra le due parti.

Il nuovo accordo dovrebbe anche riguardare le prospettive di rafforzamento degli scambi e di integrazione economica quando la Russia aderirà all’Organizzazione mondiale del commercio.

Nessuna delle due parti dell’accordo si dissocerà dall’attuale accordo di partenariato e cooperazione prima dell’entrata in vigore del nuovo quadro, per evitare una situazione giuridicamente non regolamentata.

 

INTERROGAZIONI ALLA COMMISSIONE
Interrogazione n. 48 dell'on. Caroline Lucas (H-0797/06)
 Oggetto: Cambiamento di priorità nei negoziati commerciali
 

Attualmente l'Unione europea sta conducendo negoziati commerciali bilaterali con paesi asiatici, latino-americani, americani e del Golfo persico. Sebbene la Commissione rimanga persuasa del fatto che un accordo commerciale multilaterale sia auspicabile, il direttore generale per il commercio della Commissione europea ha dichiarato che questi negoziati bilaterali proseguiranno indipendentemente dall'esito del ciclo di Doha dell'OMC.

Nell'European Voice del 27 luglio 2006 il direttore generale afferma che gli Stati membri avrebbero la tendenza a voler utilizzare i futuri accordi di libero scambio più con l'intento di ottenere un maggiore accesso al mercato e vantaggi economici aggiuntivi, che per puri motivi politici, di sviluppo e di vicinato.

Può la Commissione spiegare cosa sottende questa dichiarazione e in particolare se sono gli Stati membri o la DG Commercio a volere passare da una politica di sviluppo a una che privilegia solo l'Europa? Se sono effettivamente gli Stati membri a volerlo, quali di essi sono stati i maggiori fautori di un tale cambiamento?

 
  
 

Il 4 ottobre 2006 la Commissione ha adottato un nuovo “documento strategico sull’Europa globale”. Il messaggio centrale di questo riesame della politica commerciale è che l’UE deve cercare di consolidare e integrare il proprio impegno nei confronti del sistema commerciale multilaterale basato sull’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) attraverso la conclusione di una nuova generazione di accordi di libero scambio bilaterali (FTA) relativi ad alcuni dei principali mercati in espansione. L’UE intraprenderà inoltre nuove iniziative riguardanti il rafforzamento della protezione dei diritti di proprietà intellettuale, il riesame e la possibile riforma degli strumenti comunitari di difesa commerciale e un’approfondita valutazione della strategia dell’UE in relazione alla Cina.

Questa politica non è un’alternativa alla liberalizzazione multilaterale degli scambi che attualmente si sta cercando di conseguire attraverso i negoziati dell’OMC sull’agenda di Doha per lo sviluppo. L’OMC deve restare la piattaforma fondamentale su cui basare la liberalizzazione globale e l’UE continuerà a fare tutto il possibile per riavviare i negoziati sull’agenda di Doha per lo sviluppo, il cui positivo completamento continua a essere il suo obiettivo principale.

Innanzi tutto l’OMC non significa la sola OMC. Dobbiamo anche andare oltre gli FTA bilaterali esistenti concludendone di nuovi che consentano di ottenere mercati più aperti e condizioni commerciali più eque in nuove zone di crescita, in particolare in Asia. Tali FTA possono essere basati sulla liberalizzazione multilaterale promossa dall’OMC.

Gli accordi commerciali bilaterali continueranno a svolgere un ruolo importante per l’Europa che deve far fronte alle sue responsabilità nei confronti del mondo in via di sviluppo, come ad esempio nel caso degli accordi di partenariato economico. Lo sviluppo resterà uno degli elementi fondamentali nella politica comunitaria in materia di scambi internazionali a livello multilaterale e bilaterale. La Commissione è convinta che le disposizioni che intende negoziare con i paesi in via di sviluppo favoriranno l’ulteriore sviluppo e la crescita di tali scambi. E’ vero tuttavia che, quando si decide di concludere nuovi accordi di libero scambio relativi a mercati maturi o emergenti, si rivolge particolare attenzione alla competitività e pertanto in questo contesto attribuiamo maggiore importanza che in passato alle considerazioni relative all’economia e alla competitività.

La nuova strategia è un’iniziativa della Commissione, intrapresa nell’ambito della sua responsabilità complessiva di conduzione della politica commerciale dell’UE. Tale strategia risponde alle aspirazioni e alle preoccupazioni espresse dagli Stati membri, dal Parlamento e da vari collegi elettorali, e attualmente si sta discutendo della sua ulteriore attuazione con gli Stati membri e il Parlamento.

 

Interrogazione n. 49 dell'on. Sajjad Karim (H-0800/06)
 Oggetto: Incentivi UE agli scambi come misure per rialimentare la fiducia tra India e Pakistan
 

Nella relazione sulle relazioni economiche e commerciali dell'Unione europea con l'India (A6-0256/2006) si invitano "l'India e il Pakistan a ridurre ulteriormente gli ostacoli amministrativi che si frappongono all'applicazione di misure che alimentino fiducia connesse con gli scambi e l'UE ad offrire eventualmente assistenza tecnica al riguardo". Anche nel "Documento di strategia e programma indicativo dei programmi multipaese per l'Asia nel periodo 2005-2006" della CE si pone l'accento sull'importanza di sostenere la cooperazione regionale nell'Asia meridionale e di farlo attraverso la SAARC, al fine di creare stabilità nella regione e promuovere lo sviluppo economico.

Secondo la Commissione, quale ruolo possono avere gli scambi nell'avvicinare l'India e il Pakistan ad una soluzione pacifica della questione del Kashmir? Può illustrare i programmi, o le proposte di programmi, che sosterrebbero misure volte ad alimentare la fiducia in materia commerciale tra India e Pakistan, con riferimento specifico al Kashmir e alla ricostruzione dopo il terremoto, nonché al sostegno di una più stretta integrazione economica nell'ambito della SAARC, in generale?

 
  
 

Le agevolazioni commerciali sono un fattore importante per promuovere il commercio e contribuire a creare un effetto positivo per la crescita economica e lo sviluppo, anche a livello regionale. L’UE svolge pertanto un ruolo di primo piano nei negoziati su un nuovo accordo dell’OMC in materia di agevolazioni commerciali nel quadro dell’agenda di Doha per lo sviluppo. La promozione di agevolazioni commerciali regionali costituisce parte integrante di tali negoziati multilaterali. Questa resta una priorità per l’UE e le agevolazioni commerciali continuano a essere prese in considerazione nell’ambito delle strategie multilaterali e bilaterali.

L’UE in generale sostiene iniziative regionali come l’Associazione dell’Asia meridionale per la cooperazione regionale (SAARC), in particolare l’Accordo di libero scambio dell’Asia meridionale (SAFTA) concluso di recente. La Commissione europea sostiene il SAFTA attraverso la sua richiesta di status di osservatore in seno alla SAARC e i suoi programmi di assistenza in materia di scambi. Un’ulteriore misura di sostegno è costituita inoltre dal cumulo regionale della SAARC nell’ambito del sistema delle preferenze generalizzate (SPG).

Per quanto riguarda l’assistenza tecnica, la Commissione europea ha elaborato con l’Associazione dell’Asia meridionale per la cooperazione regionale un programma di cooperazione economica che riguarda le agevolazioni commerciali (doganali), le norme e la cooperazione tra imprese nella regione. L’obiettivo di questo programma è promuovere gli scambi interregionali sostenendo l’attuazione dell’Accordo di libero scambio dell’Asia meridionale, che a sua volta dovrebbe favorire un miglioramento delle relazioni politiche nella regione. Il programma non è ancora stato presentato agli Stati membri dell’UE in quanto si è in attesa dell’approvazione da parte della SAARC. Si prevede che l’argomento verrà discusso nella riunione della SAARC di novembre.

 

Interrogazione n. 50 dell'on. Glenys Kinnock (H-0817/06)
 Oggetto: Dimensione di sviluppo degli APE
 

Concorda la Commissione sul fatto che il nucleo centrale di qualunque dimensione di sviluppo nei negoziati APE non dovrebbe riguardare soltanto un migliore accesso al mercato per le esportazioni tradizionali dai paesi ACP, ma anche l'aiuto all'attuazione di politiche mirate a trasformare le loro economie, diversificare la produzione e garantire un'attività economica di valore aggiunto? In caso affermativo, come risponde la Commissione alle critiche dei paesi ACP sul fatto che non fosse preparata ad assisterli per far fronte al mancato guadagno risultato dall'abolizione delle tariffe doganali e da altri costi di ristrutturazione?

 
  
 

La Commissione condivide appieno l’opinione secondo cui gli accordi di partenariato economico (APE) non riguardano soltanto l’accesso al mercato. La dimensione dello sviluppo è al centro degli APE e comprende incentivi per la riforma politica, in particolare promuovendo l’integrazione regionale e un quadro giuridico per gli scambi e gli investimenti.

La CE e gli Stati membri sono disposti ad aiutare i paesi ACP ad adeguarsi al processo di riforma. Forniremo sostegno per quanto riguarda i costi di transizione e siamo disposti a introdurre progressivamente la liberalizzazione nel momento in cui verrà avviata la realizzazione della riforma e del mercato regionale. Aiuteremo inoltre i partner ACP a rafforzare le capacità commerciali e a far fronte alle restrizioni sul lato dell’offerta. Siamo anche pronti ad aiutarli ad affrontare i possibili effetti sugli introiti delle misure tariffarie.

La risposta della Commissione alle richieste di specifici impegni iniziali in materia di finanziamenti e di programmazione è chiara: gli strumenti finanziari sono pronti. Le dotazioni finanziarie fissate nel quadro del decimo Fondo europeo di sviluppo sono davvero molto elevate, tuttavia dobbiamo discutere il contenuto degli APE prima di poter individuare in modo adeguato le esigenze di sostegno. Dobbiamo integrare questo aspetto nell’assistenza allo sviluppo complessiva. La Commissione potrà quindi programmare correttamente i finanziamenti e, insieme agli Stati membri e ad altri, garantire che nessuno si assuma impegni in materia di APE che non possono essere mantenuti. Gli Stati membri si sono impegnati a concentrare sul finanziamento degli APE una parte considerevole di questo ulteriore sforzo a favore del programma di aiuti in campo commerciale.

 

Interrogazione n. 51 dell'on. Laima Liucija Andrikienė (H-0868/06)
 Oggetto: Proposta della Commissione europea di inserire il commercio energetico mondiale nel quadro delle disposizioni OMC
 

Nel giugno 2006, la Commissione europea ha proposto di inserire il commercio energetico mondiale nel quadro delle disposizioni OMC e di incentrare sull’energia il nuovo ciclo di negoziati commerciali mondiali, al fine di regolamentare il commercio del petrolio e del gas naturale secondo le stesse norme che disciplinano le altre merci. Affinché il commercio energetico sia sottoposto alle disposizioni e alle procedure dell’OMC, i produttori dovranno fornire libero accesso al transito. Può dire la Commissione se questa è la sua attuale posizione? Può dire, inoltre, quali progressi sono stati realizzati per quanto riguarda la sua proposta di inserire il commercio energetico mondiale nel quadro delle disposizioni OMC?

 
  
 

Nel Libro verde su una strategia europea per un’energia sostenibile, competitiva e sicura pubblicato in marzo, la Commissione illustra le nuove realtà energetiche con cui l’Europa deve confrontarsi, in un mondo di scambi e di interdipendenza globali. Come il Commissario responsabile per l’energia ha detto con chiarezza, la politica energetica esterna dell’Unione europea costituisce una parte fondamentale del dibattito che si svolge nell’ambito del riesame strategico della politica energetica dell’UE e le disposizioni in materia di scambi e investimenti ne rappresentano un elemento importante. In particolare, sono quattro i settori su cui è necessario concentrarsi.

Primo, è indispensabile una politica chiara e proattiva in materia di sicurezza e diversificazione dell’approvvigionamento energetico, e in particolare delle forniture di gas. Secondo, occorre instaurare efficaci partenariati nel settore energetico con i fornitori di energia dell’UE, comprese Russia e Ucraina, sulla base del riconoscimento della nostra interdipendenza, della certezza delle condizioni di investimento e della reciprocità in termini di accesso ai mercati e alle infrastrutture. Terzo, è necessario creare uno spazio di regolamentazione del settore dell’energia effettivamente paneuropeo attorno all’UE, basato progressivamente sul commercio comune, sul transito e sulle norme ambientali nonché sull’armonizzazione e l’integrazione dei mercati. La Comunità dell’energia dell’Europa sudorientale potrebbe servire quale base in questo contesto. Quarto, se nonostante l’esistenza di norme comuni si verificano comunque situazioni di crisi, dobbiamo essere pronti a reagire in modo rapido e efficace.

E’ ovvio che questi obiettivi di politica esterna integrano gli obiettivi della politica energetica interna, ossia il completamento del mercato interno dell’energia, la promozione dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili, lo sviluppo dello sfruttamento sostenibile del carbone e la creazione di interconnessioni e infrastrutture energetiche in tutta l’UE.

Nel quadro del riesame del rafforzamento della politica esterna dell’UE nel settore energetico nei confronti dei paesi produttori e di transito dell’energia, dobbiamo esaminare gli strumenti a nostra disposizione, fra cui quelli legati all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC).

Le regole dell’OMC esistenti in materia di libertà di transito contribuiscono già ad assicurare un flusso commerciale transnazionale regolare e non discriminatorio, anche per quanto riguarda l’energia. Nella pratica il transito può tuttavia essere ancora compromesso. I negoziati di Doha sulle agevolazioni commerciali hanno offerto l’opportunità di affrontare questo aspetto. Nel giugno 2006 le Comunità europee, in associazione con altri membri dell’OMC, e sulla base di precedenti osservazioni, hanno presentato all’OMC proposte sulle agevolazioni commerciali. Tali proposte, tra l’altro, chiariscono che i membri dell’OMC devono accordare alle merci in transito, fra cui ovviamente l’energia, un trattamento non meno favorevole di quello riservato alle merci nazionali. Tale chiarimento conferma l’applicazione del principio fondamentale dell’OMC del trattamento nazionale al transito.

Purtroppo i negoziati sull’agenda di Doha per lo sviluppo sono stati sospesi subito dopo che la proposta di giugno sul transito era stata distribuita ai membri dell’OMC, tuttavia la Commissione desidera sottolineare che le regole dell’OMC riguardano già globalmente il transito, anche in relazione all’energia. La Commissione auspica che si possano portare avanti le nostre proposte sulle agevolazioni commerciali nel complesso con la ripresa dei negoziati sull’agenda di Doha.

Parallelamente all’agenda di Doha per lo sviluppo, stiamo anche valutando altri strumenti commerciali che possono essere utilizzati per perseguire i nostri obiettivi nel campo dell’energia. Anche se la Russia non ha ratificato il trattato sulla Carta dell’energia, lo hanno fatto altri quarantasei paesi, fra cui ventuno paesi non facenti parte dell’UE. In questo accordo sono comprese varie disposizioni sul transito, che includono quelle previste dalle regole dell’OMC, sebbene non sia stato possibile concludere un protocollo aggiuntivo sul transito che fornisse ulteriori disposizioni per la conclusione di accordi di transito.

La Commissione ha anche integrato gli obiettivi nel settore dell’energia nel quadro generale dell’UE per i negoziati di adesione all’OMC. In questo modo, stiamo definendo una strategia integrata in materia di energia attraverso le regole dell’OMC esistenti, i negoziati sull’agenda di Doha per lo sviluppo e i negoziati di adesione all’OMC.

 

Interrogazione n. 55 dell'on. Ryszard Czarnecki (H-0857/06)
 Oggetto: Ingresso nella zona euro dei "nuovi Stati membri" dell'Unione
 

Condivide la Commissione il parere di un gran numero di economisti che ritengono che la maggioranza dei Paesi della "nuova Unione" disporranno della capacità economica di aderire alla zona euro nel periodo 2011-2012?

 
  
 

Con la firma del trattato di adesione, i dieci Stati membri che sono entrati a far parte dell’UE nel maggio 2004 hanno accettato di adottare l’euro quando soddisferanno le precondizioni necessarie, come stabilito dal Trattato. Molti dei nuovi Stati membri hanno recepito le date e le strategie per l’adozione dell’euro, assumendo pertanto concretamente un impegno politico nei confronti di sane politiche di convergenza. Il calendario finale per l’allargamento della zona dell’euro dipenderà dai progressi compiuti dai singoli paesi verso il conseguimento di un alto grado di convergenza sostenibile e pertanto non può essere specificato in anticipo.

Almeno una volta ogni due anni o a richiesta di uno Stato membro con deroga, la Commissione e la Banca centrale europea (BCE) riferiscono al Consiglio sui progressi compiuti dagli Stati membri nell’adempimento degli obblighi relativi alla realizzazione dell’Unione economica e monetaria. Le prossime relazioni periodiche sulla convergenza saranno pubblicate dalla Commissione e dalla BCE nel dicembre 2006, offrendo l’opportunità di valutare i progressi compiuti dai paesi e le sfide con cui devono confrontarsi nel conseguimento di una convergenza sostenibile.

 

Interrogazione n. 56 dell'on. Dimitrios Papadimoulis (H-0824/06)
 Oggetto: Calcolo del PIL greco
 

Stando a taluni articoli apparsi sulla stampa greca il governo ellenico sta esaminando la possibilità di inserire l'economia sommersa nel calcolo del prodotto interno lordo (PIL) al fine di ottenere una riduzione del disavanzo di bilancio e far uscire il paese dal sistema di sorveglianza comunitaria. Gli articoli in questione insistono sul fatto che tale metodo di calcolo del PIL definito come "contabilità creativa" è stato già discusso assieme a Eurostat ed è all'attenzione del Commissario competente Almunia.

È la Commissione al corrente di un tale eventuale calcolo del PIL? Condivide essa il metodo in questione? Ritiene che l'eventuale aggiunta al PIL di una percentuale relativa all'economia sommersa comporterà aumenti "artificiosi" del PIL delle regioni greche?

 
  
 

Tutti gi Stati membri hanno l’obbligo di assicurare che il prodotto interno lordo (PIL) e altri conti nazionali utilizzati a fini comunitari siano completi e prendano in considerazione tutta l’attività economica. Questo requisito è stabilito dal sistema europeo dei conti (SEC 95) e dalla decisione 94/168 della Commissione del 22 febbraio 1994.

Il 22 settembre 2006 la Grecia ha trasmesso alla Commissione dati sul PIL rivisti dai quali risulta una revisione del 25 per cento. Si tratta della prima revisione presentata dalla Grecia dal 1993.

Eurostat sta esaminando i dati trasmessi dalla Grecia secondo le procedure previste. Il Commissario responsabile per gli affari economici e finanziari ha infatti chiesto a Eurostat di occuparsi della questione in via prioritaria. A questo proposito va sottolineata l’importanza di una stretta collaborazione da parte delle autorità statistiche greche e in particolare la fornitura di un elenco completo e pienamente rivisto dei dati sorgente e dei metodi usati per i calcoli del nuovo reddito nazionale lordo (RNL).

Il lavoro di verifica iniziale è già stato avviato e il Comitato RNL esaminerà i dati per la prima volta alla fine di ottobre. Eurostat, tenendo conto del parere e delle osservazioni del Comitato RNL, intraprenderà pertanto una missione relativa all’RNL nel paese interessato, nel corso della quale esaminerà in modo approfondito l’attendibilità e la qualità delle indagini, dei censimenti e di altre fonti di dati utilizzate, valuterà i metodi statistici impiegati e l’integrazione di dati sorgente nei conti nazionali e verificherà la conformità dei trattamenti statistici al SEC 95. Come nel caso di altri paesi dell’UE, gli esperti di altri Stati membri saranno invitati a partecipare alla missione al fine di garantire piena trasparenza. Potranno essere necessarie ulteriori missioni prima che possa essere effettuata una verifica completa. Come nel caso di tutte le missioni di questo genere, i risultati saranno discussi innanzi tutto con l’Istituto di statistica nazionale greco e si terrà conto delle sue osservazioni.

Alla fine di questo processo, Eurostat fornirà una valutazione indicando se i dati greci rivisti sono adeguati per i vari usi da parte della Commissione e del Consiglio o se sono necessari correzioni e ulteriori miglioramenti.

Nel frattempo, tenuto conto dell’elevata incertezza statistica esistente riguardo ai dati rivisti, la serie di dati pertinente per la sorveglianza economica e di bilancio multilaterale, che dovrà essere fornita da Eurostat e utilizzata dalla Commissione e dal Consiglio nelle loro valutazioni e decisioni, resterà quella che comprende conti nazionali non rivisti.

 

Interrogazione n. 57 dell'on. Georgios Papastamkos (H-0826/06)
 Oggetto: Relazione tra la politica economica europea e quella nazionale
 

Gli Stati membri, specie quelli dell'eurozona, hanno ceduto alle istanze sovrannazionali europee importantissime prerogative a carattere economico. Allo stesso tempo, i cittadini chiedono alle autorità nazionali di fornire beni pubblici e di assolvere alla loro missione economica così come si è venuta a costituire nel corso della storia.

Esercita l'UE le competenze ad essa cedute, con la stessa intensità e misura con cui erano esercitate precedentemente dagli stati nazionali? Esiste un divario tra l'offerta di politiche e risultati a livello europeo e la corrispondente domanda a livello dei cittadini? Se la possibilità di condurre una politica economica è istituzionalmente limitata a livello nazionale e carente a livello europeo, in che modo è possibile superare questa sperequazione?

 
  
 

La distribuzione delle responsabilità tra il livello comunitario e quello nazionale degli Stati membri è disciplinata dal principio di sussidiarietà. Le politiche vengono trasferite al livello comunitario o dell’eurozona quando se ne può trarre un chiaro vantaggio, in quanto ciò consente di tenere conto degli effetti di ricaduta, ovvero delle economie esterne. Allo stesso modo, la competenza politica viene trasferita al livello europeo in relazione alla fornitura di beni pubblici indivisibili che non possono essere forniti dai singoli Stati membri in maniera efficace. Esiste pertanto una chiara motivazione alla base dell’assegnazione di politiche come quelle monetaria, commerciale o di concorrenza al livello europeo.

L’introduzione dell’euro e l’eliminazione delle svalutazioni competitive, un’effettiva stabilità dei prezzi e una convergenza dei tassi di interesse ai livelli più bassi mai registrati per alcuni dei paesi dell’eurozona costituiscono la prova che le politiche comunitarie consentono di ottenere concreti vantaggi economici per i cittadini dell’eurozona. D’altro canto, tenuto conto che la competenza per la maggior parte delle politiche economiche resta fermamente nelle mani degli Stati membri, la Commissione non ritiene che le possibilità di definire adeguate politiche economiche a livello nazionale siano eccessivamente limitate. I requisiti di coordinamento a livello europeo apportano valore aggiunto nel senso che servono a garantire che le politiche nazionali rivolgano la necessaria attenzione agli obiettivi comunitari complessivi. Tale coordinamento consente l’apprendimento delle politiche attraverso lo scambio delle migliori prassi e può essere vantaggioso e fonte di ispirazione nel processo di definizione delle politiche a livello nazionale, anche se si può fare certamente di più per migliorare i risultati economici dell’eurozona e dell’UE nel complesso.

 

Interrogazione n. 58 dell'on. Cristobal Montoro Romero (H-0830/06)
 Oggetto: Importanza dell'economia europea per la crescita economica mondiale
 

In un contesto economico mondiale caratterizzato dall'aumento dei tassi d'interesse, sorgono dubbi sulla continuità della crescita economica degli Stati Uniti per il prossimo anno e sugli effetti di tale circostanza sui tassi di cambio. Infatti se la crescita americana l'anno prossimo rallentasse, l'Unione europea sarebbe in grado di sostituire gli USA come motore della crescita mondiale? Il cambiamento delle aspettative in Germania è stato determinato da queste incertezze?

 
  
 

Attualmente la Commissione sta preparando le previsioni d’autunno che saranno pubblicate il 6 novembre 2006. Nel contesto di tali previsioni sarà effettuata un’approfondita valutazione delle prospettive per l’economia degli Stati Uniti. La valutazione prenderà anche in considerazione gli effetti dei passati aumenti dei tassi di interesse sull’economia statunitense, in particolare sul mercato edilizio statunitense, che manifesta segni di un rapido rallentamento.

Secondo le previsioni intermedie della Commissione pubblicate il 6 settembre 2006, nel 2006 la crescita economica nell’UE dovrebbe raggiungere il 2,7 per cento. Si tratta di una revisione al rialzo di 0,4 punti percentuali rispetto alle previsioni di primavera della Commissione. Anche se le previsioni intermedie non aggiornano le proiezioni per il 2007, la revisione al rialzo per l’economia dell’UE nel 2006 indicherebbe anche per il 2007 una crescita più elevata di quanto previsto in precedenza (in base alle previsioni di primavera avrebbe dovuto essere del 2,2 per cento). Insieme al fatto che l’Asia dovrebbe continuare a registrare una forte crescita, nel 2007 si verificherà un certo riequilibrio della crescita mondiale dagli Stati Uniti verso l’Europa e l’Asia.

Anche se il previsto rallentamento dell’economia statunitense è un fattore alla base del recente indebolimento di alcuni degli indicatori delle indagini condotte in Germania, è probabile che vi abbiano contribuito anche altri fattori. In particolare, a seguito dell’aumento dell’aliquota dell’imposta sul valore aggiunto di 3 punti percentuali il 1o gennaio 2007, molti osservatori in Germania si aspettano un rallentamento della spesa delle famiglie all’inizio dell’anno (che in parte riflette un cambiamento dei consumi e delle spese edili anticipato al 2006). A seguito di questo possibile effetto sull’economia della Germania nel primo trimestre del 2007, gli indicatori delle indagini previsionali si sono indeboliti negli ultimi mesi, mentre gli indicatori relativi alla situazione economica attuale si sono ulteriormente rafforzati.

 

Interrogazione n. 59 dell'on. Katerina Batzeli (H-0858/06)
 Oggetto: Conseguenze del nuovo aumento dei tassi d'interesse
 

Il 5 ottobre 2006 la BCE ha operato il quinto aumento consecutivo dei tassi d'interesse dell'ordine dello 0,25%, portando così il tasso di base dell'euro al 3,25% e motivandolo con l'esigenza di un inasprimento di fronte alle pressioni inflazionistiche e del mantenimento della stabilità dei prezzi. Di converso, l'ultima relazione trimestrale della Commissione per l'eurozona ha registrato un ritmo di sviluppo dell'economia dell'ordine del 3,4%, il più alto cioè degli ultimi sei anni, e mostrato ottimismo per le prospettive a breve termine dell'economia dell'eurozona.

In che misura la relazione della Commissione si concilia con le valutazioni della BCE riguardo ai forti rischi inflazionistici e alla probabilità di una destabilizzazione dei prezzi? Ritiene la Commissione che la decisione della BCE circa l'aumento dei tassi d'interesse in questo preciso momento sia tale da mettere in pericolo la recente e ancor fragile ripresa del ritmo di sviluppo dell'eurozona?

A suo giudizio, l'ampia diversificazione dei tassi d'interesse tra gli Stati membri si concilia con un funzionamento soddisfacente del mercato interno dell'eurozona, stante che vi sono Stati membri che hanno i più elevati tassi di interesse per i mutui e i più bassi per i depositi, il che comporta un aggravio per i mutuatari e un ostacolo per l'intensificazione degli investimenti? Intende essa prendere provvedimenti nel senso di un riequilibrio dei vari tassi d'interesse praticati nell'eurozona?

 
  
 

Tutti i principali indicatori dell’attività economica confermano che la ripresa economica è in ampia misura basata sulla domanda interna e principalmente sostenuta da questa. La Banca centrale europea (BCE) e la Commissione ritengono che le prospettive economiche siano favorevoli. Ad esempio, nelle previsioni intermedie di settembre della Commissione la crescita del prodotto interno lordo (PIL) nell’area dell’euro nel 2006 è stata rivista al rialzo dal 2,1 al 2,5 per cento.

Si prevede che nel 2006 il tasso di inflazione complessiva rimarrà in media al di sopra del 2 per cento ed è probabile che continuerà a mantenersi tale nel 2007. Al fine di contenere i rischi al rialzo per la stabilità dei prezzi e mantenere il saldo ancoraggio delle aspettative di inflazione, dal dicembre 2005 la BCE ha revocato l’adeguamento monetario. Anche dopo l’ultimo aumento, i tassi di interesse restano storicamente bassi in termini nominali e reali e la liquidità è ampia, come dimostrano gli elevati tassi di espansione degli aggregati monetari e del credito. Mantenere la stabilità dei prezzi e ancorare le aspettative di inflazione a livelli bassi garantisce tassi di interesse a lungo termine contenuti, favorendo gli investimenti e creando le condizioni per una crescita più elevata.

Per quanto riguarda la domanda dell’onorevole parlamentare sulle differenze dei tassi di interesse, la politica monetaria unica garantisce che i tassi di interesse a breve termine sul mercato monetario siano gli stessi in tutta l’area dell’euro. Nel corso degli ultimi anni è stata constatata una sostanziale convergenza dei tassi di interesse al dettaglio. Le restanti differenze dei tassi di interesse di mutui/depositi dipendono da vari fattori, fra cui le differenze statistiche, i determinanti normativi e fiscali e altri determinanti strutturali e ciclici(1).

La continua integrazione finanziaria transnazionale dovrebbe favorire l’ulteriore riduzione delle differenze dei tassi di interesse di mutui/depositi bancari tra gli Stati membri dell’area dell’euro. In questo contesto, va sottolineato che nel Libro bianco sulla politica dei servizi finanziari per il periodo 2005-2010 la Commissione ha individuato nell’integrazione dei servizi bancari al dettaglio una priorità di intervento. Le iniziative proposte o prese in considerazione comprendono un Libro bianco sull’integrazione del mercato del credito ipotecario dell’UE, una proposta di direttiva relativa al credito al consumo e una proposta di direttiva riguardante i servizi di pagamento per favorire la creazione dell’area europea unica dei pagamenti. Attualmente la Direzione generale della Concorrenza della Commissione sta inoltre conducendo un’indagine sul settore dei servizi bancari al dettaglio dell’UE.

 
 

(1) Per maggiori informazioni si invita a far riferimento al Bollettino mensile della BCE di luglio 2005 e alla relazione della BCE di settembre 2006 sulle differenze fra i tassi di interesse applicati dalle IFM nei paesi dell’area dell’euro (documento statistico).

 

Interrogazione n. 60 dell'on. Marie Panayotopoulos-Cassiotou (H-0780/06)
 Oggetto: Consultazione elettronica e Strategia europea per la protezione del minore
 

La recente comunicazione della Commissione "Verso una strategia dell'UE sui diritti dei minori", pubblicata il 4 luglio 2006, prevede, tra le misure specifiche a favore della protezione dei minori, la creazione di un numero di telefono unico a sei cifre come linea telefonica di emergenza per bambini, di una hot-line telefonica per i minori scomparsi o vittime di sfruttamento sessuale nonché la creazione di una piattaforma di discussione in linea.

Quali sono il calendario e i fondi previsti per conseguire tali obiettivi? In quale modo intende concretamente la Commissione differenziare la linea telefonica di emergenza dalla hot-line telefonica? Esiste un piano concreto e realizzabile per sviluppare un meccanismo di coordinamento e discussione (Forum europeo sui diritti dell'infanzia e piattaforma di discussione in linea)? Come verranno valutati i pareri espressi e in che modo si eviterà che i partecipanti alla consultazione elettronica siano oggetto di intrighi di qualsiasi genere organizzati da malfattori?

 
  
 

La piattaforma di discussione in linea verrà gradualmente realizzata a partire dalla fine del 2006, dopo la progressiva istituzione dei vari gruppi legati alla comunicazione sui diritti dei minori.

Lo strumento della piattaforma in linea sarà il sistema “SINAPSE” creato dalla Commissione europea. Questo sistema è del tutto sicuro e ad esso possono accedere soltanto i membri debitamente registrati. E’ inoltre possibile organizzare vari livelli di membri in modo tale che possano svolgersi discussioni private soltanto tra un numero limitato di persone predefinite.

Attualmente, in seno al Comitato per le comunicazioni, è in fase di discussione con gli Stati membri il progetto di decisione della Commissione relativa all’assegnazione della serie di numerazioni nazionali che inizia con <116> a numeri armonizzati per servizi armonizzati di valore sociale per i cittadini europei. Si prevede che nell’autunno 2006 i servizi della Commissione chiederanno il parere del Comitato per le comunicazioni attraverso una procedura di regolamentazione e che agli inizi del 2007 la Commissione adotterà la decisione.

Con tale decisione, la Commissione chiederà agli Stati membri di riservare una serie di numeri di telefono nazionali, tutti inizianti con 116, per servizi europei armonizzati con valore sociale, a vantaggio dei cittadini europei, fra cui i viaggiatori.

I numeri inizianti con 116 saranno riservati a livello di UE (attraverso la decisione della Commissione) per un servizio specifico (NON per un fornitore di servizi(1)) a seguito di una richiesta delle parti interessate. L’assegnazione del numero ai fornitori di servizi ammissibili è una responsabilità nazionale. Gli Stati membri dovranno consentire che vengano offerti i servizi elencati nella decisione della Commissione, ma non saranno obbligati in alcun modo a garantire che tali servizi vengano forniti.

Come l’onorevole parlamentare ha sottolineato nella sua interrogazione orale, attualmente vengono esaminati due tipi di servizi:

hotline telefonica per i minori scomparsi;

linea telefonica di assistenza ai minori.

Una hotline telefonica è una linea di emergenza cui fanno ricorso nella misura dell’80 per cento i genitori in caso di scomparsa di minori, mentre una linea telefonica di assistenza offre ascolto e assistenza ai minori e viene utilizzata nell’80 per cento dei casi da minori. E’ pertanto necessario avere due diversi numeri di telefono per tipi di servizi così diversi.

Dopo l’adozione della decisione in questione, la Commissione inviterà a manifestare interesse nei confronti dell’assegnazione di numeri 116 specifici a servizi specifici. Le organizzazioni che offrono una hotline telefonica per i minori scompari o una linea telefonica di assistenza ai minori potranno chiedere di poter disporre di numeri inizianti con 116 da riservare ai rispettivi servizi.

Quando sarà operativo, questo sistema consentirà ai cittadini europei di accedere a servizi di valore sociale come quelli descritti utilizzando lo stesso numero in ciascuno Stato membro.

 
 

(1) L’espressione “fornitore di servizi” si utilizza per far riferimento all’entità che fornisce questo servizio (= fornitore di “contenuti”) e NON al fornitore di servizi di comunicazione elettronica.

 

Interrogazione n. 61 dell'on. Manuel Medina Ortega (H-0782/06)
 Oggetto: Rimpatrio di minori
 

Tenuto conto del fatto che fra i numerosi immigranti illegali che giungono oggi nell'Unione europea vi sono molti minori i quali non possono essere rimandati nei rispettivi paesi di provenienza per via della mancanza, nella maggior parte di detti paesi, di istituti che si prendano cura di essi, intende la Commissione intraprendere azioni che facilitino il loro rimpatrio?

 
  
 

Nella proposta di direttiva recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente(1), attualmente in fase di discussione da parte del Parlamento e del Consiglio nel quadro della procedura di codecisione, la Commissione ha sottolineato che, in linea con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989, “l’interesse superiore del minore” deve costituire una considerazione preminente degli Stati membri quando applicano la direttiva in questione.

Questo principio generale si riflette in molte disposizioni della proposta di direttiva.

L’articolo 5 della proposta obbliga espressamente gli Stati membri a tenere conto dell’interesse superiore del minore conformemente alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989 quando applicano la direttiva.

L’articolo 6, paragrafo 4, prevede che la decisione di rimpatrio non è presa quando gli Stati membri sono soggetti ad obblighi derivati dai diritti fondamentali, in particolare dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, come il principio di non respingimento, il diritto all’istruzione e il diritto all’unità familiare. Qualora sia stata già presa, la decisione di rimpatrio è revocata.

L’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), obbliga gli Stati a differire l’esecuzione di un provvedimento di allontanamento se non è garantito che il minore non accompagnato possa essere consegnato al punto di partenza o di arrivo a un familiare, rappresentante equivalente, tutore o funzionario competente del paese di ritorno, in base a una valutazione delle condizioni di rimpatrio di quel minore.

L’articolo 13 propone di rendere applicabili l’articolo 18 (relativo al trattamento dei minori) e l’articolo 19 (relativo al trattamento dei minori non accompagnati) della direttiva 2003/9/CE recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti asilo ai minori per i quali sia stata differita l’esecuzione della decisione di rimpatrio o che non possano essere allontanati.

L’articolo 15 riguarda le condizioni della custodia temporanea e prevede che gli Stati membri dispongano che i minori non siano tenuti sotto custodia temporanea nei normali istituti penitenziari e che i minori non accompagnati siano separati dagli adulti, salvo se ritenuto contrario all’interesse superiore del minore.

 
 

(1) COM (2005) 391 del 1o settembre 2005.

 

Interrogazione n. 62 dell'on. Roberta Angelilli (H-0785/06)
 Oggetto: Aggiramento delle quote sul tessile cinese
 

Nel mese di settembre la stampa italiana ha riportato la notizia della scoperta di navi officina che salpano dal porto di Shangai cariche di semilavorati tessili di produzione cinese destinati al mercato europeo. Si tratta spesso di prodotti contraffatti che riproducono note griffe europee.

Al fine di eludere le quote e i dazi, tale merce prodotta in Cina viene lavorata e assemblata a bordo. Successivamente, essa viene portata a terra in alcuni porti della Malesia, come anche in quello di Singapore, nei quali non è richiesto il certificato di non manipolazione a bordo e viene qui etichettata con false indicazioni di provenienza, come ad esempio "Made in India". La merce viene poi caricata su navi portacontainer con etichette di comodo e documentazione di provenienza contraffatta per raggiungere i porti di Napoli e Valencia attraverso i porti di Gedda e Dubai, senza dover sottostare alle quote previste per le merci cinesi. È la Commissione al corrente di tale traffico illegale di merci? Quali azioni intende intraprendere per assicurare il rispetto delle quote sul tessile fissate per l'export di prodotti cinesi in Europa?

 
  
 

Negli Stati membri, le quote e le altre misure di politica commerciale comunitaria sono applicate dalle autorità doganali nazionali in base alla provenienza dichiarata nella dichiarazione d’importazione e non all’etichetta applicata sull’articolo.

Le quote europee sono gestite secondo il cosiddetto sistema “a duplice controllo”: nel paese terzo (in questo caso la Cina) l’esportatore deve chiedere una licenza di esportazione all’ufficio licenze di tale paese. La licenza è rilasciata all’importatore dell’UE, e parallelamente la Commissione è informata del rilascio dal paese terzo tramite un sistema informatizzato di sicurezza (“SIGL” - sistema integrato di gestione delle licenze). Una volta che le merci sono pervenute in territorio europeo, l’importatore dell’UE deve poi richiedere una licenza d’importazione all’ufficio licenze del proprio Stato, che è rilasciata previa verifica del fatto che le quote europee non siano esaurite. Se non lo sono, la licenza d’importazione è rilasciata e l’importatore autorizzato a sdoganare le merci. A questo punto le autorità doganali degli Stati membri effettuano ulteriori controlli (validità delle licenze, provenienza delle merci, ecc.).

In assenza d’informazioni sulla provenienza dichiarata e sulle precise operazioni che avvengono nei diversi luoghi, non si può fornire alcun parere sul fatto che si tratti o meno di un caso di “traffico illegale”.

Le autorità doganali negli Stati membri d’importazione hanno a disposizione strumenti giuridici per richiedere le prove della provenienza dichiarata delle merci, allo scopo di applicare correttamente le quote e le altre misure (certificato di provenienza, articolo 26 del codice doganale comunitario - regolamento (CEE) n. 2913/92(1), ecc.).

Inoltre, in alcuni Stati membri vigono norme nazionali che consentono, in accordo con i rispettivi standard e procedure, di verificare la correttezza del marchio di provenienza, ove produttori o importatori decidano di esporre tali informazioni geografiche sulle merci.

Benché gli Stati membri siano in primo luogo responsabili di garantire il rispetto delle quote sull’importazione di merci all’interno dell’UE, essi possono, se hanno prove o sospetti sufficientemente seri di irregolarità, chiedere alla Commissione (OLAF) di fornire assistenza/coordinamento o di aprire inchieste in conformità dell’accordo CEE/Cina sulla cooperazione doganale e sulla mutua assistenza amministrativa, o in base alla legislazione comunitaria. Finora nessuna richiesta è stata avanzata in merito a questo caso particolare.

Il fatto che le merci possano essere contraffatte mentre si trovano a bordo delle navi non ha alcuna ripercussione sui controlli doganali applicati in conformità del regolamento (CEE) n. 1383/2003 del Consiglio per evitare la violazione dei diritti di proprietà intellettuale. Tali controlli avvengono quando le merci sono introdotte per la libera circolazione, l’esportazione o la riesportazione, a prescindere dal luogo di produzione.

 
 

(1) GU L 302 del 19.10.1992.

 

Interrogazione n. 63 dell'on. Liam Aylward (H-0788/06)
 Oggetto: Politica europea dello sport
 

Può la Commissione illustrare quali iniziative ha preso o intende prendere in Europa al fine di promuovere la necessità che i giovani pratichino attività sportive?

 
  
 

La Commissione condivide l’opinione secondo cui la pratica regolare e attiva dello sport è fondamentale per il benessere fisico e psicologico dei giovani in Europa. Si tratta tuttavia di materie che rientrano in primo luogo nella sfera di competenza degli Stati membri.

Nel quadro delle sue competenze, la Commissione ha intrapreso varie iniziative. L’importanza dello sport e dell’attività fisica per mantenersi in buone condizioni di salute è nota e ben documentata. Da uno studio finanziato dalla Commissione, condotto da un consorzio guidato dalle Università di Paderborn e Duisburg-Essen e pubblicato il 3 gennaio 2005, risulta l’urgente necessità di praticare un’attività fisica per evitare l’obesità, e che l’obesità costituisce un allarmante rischio per la salute per di bambini e giovani, oltre ad avere un’incidenza più elevata delle tipiche patologie delle persone anziane come il diabete di tipo 2 o le malattie cardiovascolari.

I risultati dello studio sono stati accolti con estremo interesse in molti campi diversi ed è stato istituito un gruppo di lavoro volontario sullo sport e la salute, che comprende numerosi Stati membri. Il gruppo di lavoro ha il compito di scambiare esempi di migliori prassi e di creare nuovi modelli in tale campo, e ha contribuito alla consultazione pubblica relativa al Libro verde della Commissione dal titolo “Promuovere le diete sane e l’attività fisica”(1).

Nel 2005 la Commissione ha intrapreso un’iniziativa specifica di istituzione di una piattaforma d’azione europea per l’alimentazione, l’attività fisica e la salute con l’obiettivo di creare legami tra tutti i tipi di azioni necessari per lottare contro l’obesità. Tale iniziativa rientra nel quadro della politica in materia di sanità pubblica che attualmente è in fase di passaggio dal tradizionale approccio curativo a un approccio intersettoriale basato sulla prevenzione sanitaria. Anche se i rappresentanti dei consumatori e del settore sono numerosi nell’ambito di questa piattaforma, insieme a nutrizionisti accademici, la Commissione auspica che altri attori si uniscano alla piattaforma, fra cui organizzazioni giovanili e sportive.

Circa 15 progetti finanziati nell’ambito di vari inviti a presentare proposte del programma Gioventù usano lo sport come strumento di educazione non formale. Tali progetti si avvalgono dello sport per raggiungere altri obiettivi come l’integrazione dei giovani nella società, il rafforzamento della fiducia in se stessi, il potenziamento dello spirito di gruppo e la creazione di interazioni tra le varie culture. I progetti sono incentrati sullo sport e l’educazione alla vita all’aria aperta quali strumenti di integrazione sociale e di educazione non formale dei giovani.

Il 18 luglio 2006 la Commissione ha inoltre pubblicato un bando di gara per uno studio il cui obiettivo è individuare le possibilità di miglioramento del contesto giuridico e politico al fine di tutelare e sviluppare una formazione di qualità degli sportivi, in particolare dei giovani, in Europa(2).

Infine, la Commissione ha svolto intense consultazioni in vista dell’elaborazione di un Libro bianco sullo sport nel 2007. Nelle consultazioni sono state coinvolte organizzazioni giovanili e sportive e la Commissione terrà pieno conto del loro contributo.

 
 

(1) COM (2005) 637 dell’8.12.2005.
(2) Gara d’appalto n. EAC/14/06: “Studio sulla formazione degli sportivi in Europa”.

 

Interrogazione n. 64 dell'on. Brian Crowley (H-0794/06)
 Oggetto: Liberalizzazione dei servizi postali in Europa
 

Può chiarire la Commissione europea quali sono i suoi piani riguardo alla possibilità di intensificare la liberalizzazione del settore dei servizi postali in Europa?

 
  
 

La politica della Commissione in questo settore ha seguito il principio dell’apertura graduale e controllata del mercato, attraverso varie fasi che si sono svolte nel 2002, nel 2004 e nel 2006. I risultati di tale politica sono stati finora molto positivi, come riconosciuto dallo stesso Parlamento nella risoluzione del 2 febbraio 2006.

La direttiva postale(1) stabilisce che la Commissione presenterà, entro il 31 dicembre 2006, una proposta che dovrà confermare la data del 2009 per il completamento del mercato postale interno o determinare un’altra eventuale fase nello stesso senso.

Il 18 ottobre 2006 la Commissione ha adottato una proposta di direttiva che modifica la direttiva 97/67/CE relativa al pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari insieme a uno studio prospettivo sull’incidenza della piena apertura del mercato sul servizio universale e una relazione sull’applicazione della direttiva 97/67/CE. La proposta di direttiva sarà oggetto di una procedura di codecisione.

 
 

(1) Direttiva 97/67/CE, modificata dalla direttiva 2002/39/CE.

 

Interrogazione n. 65 dell'on. Eoin Ryan (H-0796/06)
 Oggetto: Strategie per combattere l'abuso di droga nell'Unione europea
 

Può la Commissione europea fare una dichiarazione esaustiva su tutte le nuove strategie che intende seguire per combattere l'abuso di droga nell'Unione europea?

 
  
 

Il fondamento della politica dell’UE in materia di lotta contro la droga è un giusto equilibrio tra la riduzione della domanda e dell’offerta di droga, ossia tra prevenzione, educazione, riduzione dei danni e accesso a servizi di trattamento, fra cui il reinserimento, da un lato, e l’applicazione rigorosa di misure di contrasto contro la produzione e il traffico di droga, dall’altro lato. Questo equilibrio tra salute pubblica e aspetti sociali e azioni di contrasto riflette il parere secondo cui in qualsiasi società civile è indispensabile trovare un equilibrio tra diritti individuali e sicurezza pubblica.

Il Consiglio ha approvato due principali documenti politici. Sulla base di una proposta della Commissione, il Consiglio ha adottato il piano d’azione dell’UE in materia di lotta contro la droga per il periodo 2005-2008(1). Tale piano traduce la strategia dell’UE in materia di droga per il periodo 2005-2012 in più di ottanta azioni specifiche, individuandone i responsabili e i termini di attuazione. Il piano d’azione comprende sezioni relative al coordinamento delle politiche, alla riduzione della domanda, alla riduzione dell’offerta, alla cooperazione internazionale e a informazione, ricerca e valutazione.

Per citare il piano d’azione, il suo obiettivo è “… ridurre in maniera significativa la grande diffusione del consumo di droga nella popolazione, nonché i danni sociali e per la salute causati dall’uso e dal traffico di sostanze stupefacenti illecite”.

Il piano d’azione menziona specifiche parti interessate per ciascuna azione, fissa scadenze e indicatori di realizzazione con i quali misurare il grado di attuazione di ciascuna azione. Tali indicatori saranno utilizzati dalla Commissione, che ha il compito di effettuare una valutazione annuale dei progressi compiuti. Questa valutazione assumerà la forma di una relazione al Consiglio, accompagnata, se necessario, da raccomandazioni sul modo di migliorare o adeguare l’attuazione o lo stesso piano d’azione.

La base della nostra strategia è l’obiettività. Tutto ciò che facciamo dev’essere basato su un’analisi obiettiva della situazione, sui dati sempre più attendibili provenienti dagli Stati membri e dall’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze.

Il problema della droga è una delle massime preoccupazioni che riguardano milioni di europei.

La droga è un problema mondiale e costituisce una minaccia per l’intera comunità internazionale. Questo significa non solo che l’UE deve affrontare il problema al suo interno, ma che le sue politiche e i finanziamenti nel resto del mondo devono prestare particolare attenzione alla situazione relativa alla droga in qualsiasi paese o regione. Riconoscendo l’importanza di questo aspetto, l’Unione europea sta intensificando le iniziative di cooperazione internazionale in materia di droga e la lotta contro la criminalità organizzata in Europa e altrove.

Nel 2005, nel quadro delle prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013, la Commissione ha presentato una proposta di programma specifico di lotta contro la violenza (DAPHNE) e di prevenzione e informazione in materia di droga. La proposta, che riflette il riconoscimento politico dell’importanza della questione della droga, è stata modificata nel maggio 2006 allo scopo di separare il programma DAPHNE e il programma di prevenzione e informazione in materia di droga. Gli obiettivi del programma in materia di droga sono prevenire e ridurre l’uso di stupefacenti, la dipendenza e i danni legati al consumo di droga e promuovere le azioni transnazionali e di sensibilizzazione nel campo degli stupefacenti. L’adozione della proposta entro la fine del 2006 dovrebbe consentire di avviare il programma nel 2007. Questo nuovo programma prevede il finanziamento di alcune parti del piano d’azione in materia di lotta contro la droga per il periodo 2005-2008 e le sue azioni saranno coordinate con quelle dei programmi esistenti, come il programma comunitario nel settore della sanità pubblica che prende in esame i fattori che determinano lo stato di salute, fra cui la prevenzione della tossicodipendenza.

Per quanto riguarda le relazioni esterne, i singoli Stati membri e la Commissione hanno destinato considerevoli risorse ai progetti relativi alla lotta contro la droga nei paesi e nelle regioni in via di sviluppo e in fase di transizione. Nel complesso l’assistenza dell’UE è quasi raddoppiata negli ultimi tre anni. La Commissione è diventata uno dei maggiori donatori al mondo, fornendo più di 300 milioni di euro di aiuti per progetti legati alla lotta contro la droga.

 
 

(1) GU C 168 dell’8.7.2005, pag. 1.

 

Interrogazione n. 66 dell'on. Margarita Starkevičiūtė (H-0798/06)
 Oggetto: Collegamento della rete di trasporto lituana alla rete di trasporto dell'UE
 

Quali iniziative intende adottare la Commissione per accelerare il collegamento delle reti di trasporto lituane (TEN-T) a quelle dell'UE?

Secondo la Commissione quali sono i problemi concernenti l'attuazione dei progetti di trasporto europei in Lituania e quando prevede che verranno portati a conclusione?

 
  
 

1. La rete transeuropea dei trasporti in Lituania è basata sui risultati del cosiddetto processo TINA (Transport Infrastructure Needs Assessment - Valutazione del fabbisogno di infrastrutture di trasporto). La relazione relativa a tale processo di valutazione (ottobre 1999) era basata sui principi e sui criteri degli orientamenti comunitari per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti(1). A questo proposito, uno degli obiettivi principali era integrare le future reti transeuropee nel settore dei trasporti nella rete transeuropea dei trasporti dell’UE a 15.

I nuovi orientamenti per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti, adottati dal Parlamento e dal Consiglio il 29 aprile 2004, hanno individuato trenta progetti prioritari per i quali i lavori dovrebbero iniziare entro il 2010.

Uno di questi progetti prioritari è quello relativo all’asse ferroviario nord-sud dai paesi baltici a Varsavia, in Polonia, denominato “Rail Baltica”. La Commissione, previa consultazione del Parlamento, ha nominato un Coordinatore europeo per portare avanti/promuovere questo progetto.

Un altro progetto prioritario importante per la Lituania è quello n. 21 relativo alle autostrade del mare, il cui scopo è incentivare la navigazione marittima a corto raggio e quindi promuovere l’interconnessione all’interno dell’UE.

La Lituania ha ricevuto aiuti per un importo di 411 milioni di euro a titolo di ISPA(2) e del Fondo di coesione per lo sviluppo del settore dei trasporti.

Nel 2006 la Lituania ha presentato due proposte da cofinanziare a titolo del bilancio annuale RTE-T (bilancio 2006 per progetti non previsti nel PIP). Le richieste relative a queste due proposte sono state approvate questo mese (per un finanziamento comunitario totale di 4,3 milioni di euro) dal Comitato per l’assistenza finanziaria relativa alla rete transeuropea dei trasporti.

2. La Lituania è ammissibile al Fondo di coesione e ai Fondi strutturali. Il contributo previsto per il periodo 2007-2013 in Lituania è pari a 2 034 milioni di euro a titolo del Fondo di coesione e a 3 965 milioni di euro nell’ambito dell’obiettivo di convergenza, di cui una parte dovrebbe essere assegnata a progetti nel settore dei trasporti.

Va sottolineato che lo sviluppo delle reti transeuropee dei trasporti resta una priorità per la Lituania in quanto è già stato inserito nel progetto di quadro strategico di riferimento nazionale del giugno 2006, che definisce le priorità cui dovrebbero essere destinati gli strumenti di coesione (Fondo di coesione, Fondo europeo di sviluppo regionale e Fondo sociale europeo) nel periodo di programmazione 2007-2013. Il quadro strategico di riferimento nazionale definitivo dovrebbe essere presentato all’inizio del novembre 2006.

 
 

(1) Decisione n. 1692/96/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 luglio 1996 sugli orientamenti comunitari per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti, GU L 228 del 9.9.1996.
(2) Strumento per le politiche strutturali di preadesione.

 

Interrogazione n. 67 dell'on. Robert Atkins (H-0801/06)
 Oggetto: Sicurezza negli aeroporti
 

Potrebbe la Commissione spiegare la ragione per cui alcuni Stati membri rifiutano di fornire dati personali riguardanti loro cittadini, da usare nell'ambito del controllo di sicurezza, quando aeroporti britannici li richiedono ed illustrare le misure che sta prendendo per risolvere la questione?

 
  
 

La Commissione ritiene che l’interrogazione dell’onorevole parlamentare faccia riferimento all’applicazione del regolamento (CE) n. 2320/2002 che istituisce norme comuni per la sicurezza dell’aviazione civile, in base al quale tutto il personale che deve accedere alle aree sterili negli aeroporti deve essere sottoposto a un controllo dei precedenti personali.

Qualora i controlli dei precedenti personali comportino lo scambio di dati personali, si applicano le disposizioni nazionali adottate ai sensi della direttiva 95/46/CE. Per quanto riguarda l’accesso al casellario giudiziario, la direttiva prevede che i trattamenti riguardanti i dati relativi a infrazioni o condanne penali possono essere elaborati solo sotto controllo dell’autorità pubblica, fatte salve le deroghe che possono essere fissate dallo Stato membro in base a una disposizione nazionale che preveda garanzie appropriate e specifiche. Entro questo margine di manovra, in alcuni casi i legislatori nazionali hanno adottato limiti rigorosi di accesso al casellario giudiziario, ad esempio rendendo possibile il rilascio di certificati del casellario giudiziario soltanto su richiesta della persona interessata, che può poi decidere se consegnarli o meno a terzi, per esempio all’eventuale datore di lavoro. Le autorità dell’aviazione civile del Regno Unito devono pertanto adempiere l’obbligo di effettuare controlli dei precedenti personali entro i limiti del quadro giuridico esistente in materia di accesso e uso del casellario giudiziario. Questo si può ottenere, ad esempio, chiedendo agli interessati di presentare certificati recenti del casellario giudiziario.

Lo scambio di informazioni sulle condanne penali è disciplinato dalla Convenzione europea di assistenza reciproca in materia penale del 1959 (Consiglio d’Europa), secondo la quale lo Stato di nazionalità viene tenuto informato delle condanne emesse contro suoi cittadini negli altri Stati. I meccanismi di scambio esistenti in base a tale Convenzione non funzionano tuttavia in modo adeguato e le informazioni sulle condanne penali non circolano con efficacia tra le specifiche autorità incaricate di trasmettere e ricevere informazioni estratte dal casellario giudiziario.

Si sta lavorando per migliorare la situazione: nel maggio 2006 è entrata in vigore una decisione del Consiglio relativa allo scambio di informazioni estratte dal casellario giudiziario. La decisione ha lo scopo di accelerare lo scambio di informazioni tra le autorità competenti e prevede l’uso di un modulo uniforme per le richieste e le risposte. La Commissione sta inoltre elaborando un pacchetto di misure per migliorare ulteriormente, in particolare, lo scambio di dati estratti dal casellario giudiziario tra Stati membri, e sta lavorando alla creazione di un formato standardizzato a livello di UE per lo scambio di informazioni.

 

Interrogazione n. 68 dell'on. Josu Ortuondo Larrea (H-0802/06)
 Oggetto: Necessità di un trattato internazionale per l'asse ferroviario ad alta velocità del Sud-ovest
 

Il 26 luglio del 2005 è stata costituita, con sede a Bordeaux, l'Associazione europea di interesse economico (AEIE) Vitoria-Dax, con l'obiettivo di preparare la decisione per l'inizio dei lavori della sezione (Vitoria)-Vergara-Irún-Bayonne-(Dax) che può considerarsi il tratto tranfrontaliero atlantico dell'asse ferroviario ad alta velocità del sud-ovest dell'Europa.

Tuttavia, non esiste ancora una Commissione intergovernativa per tale settore né un trattato internazionale che impegni lo Stato francese e quello spagnolo a concludere la totalità di tale ramo prima del 2020.

È la ragione per cui si chiede alla Commissione se può appoggiare e promuovere la firma del summenzionato trattato tra questi due Stati membri e, in tal caso, quali iniziative sta attuando o ha intrapreso in proposito.

 
  
 

Nel luglio 2005 la Commissione ha nominato un Coordinatore europeo, Etienne Davignon, con il compito di individuare gli ostacoli di carattere amministrativo o finanziario o in termini di priorità che possono influire sullo sviluppo del corridoio ferroviario del sud-ovest dell’Europa, di cui fa parte la sezione (Vitoria)-Vergara-Irún-Bayonne-(Dax) menzionata dall’onorevole parlamentare. Il Coordinatore ha effettuato un’analisi approfondita i cui risultati sono stati presentati sotto forma di una relazione annuale pubblicata il 13 settembre 2006. Nella relazione il Coordinatore afferma che non esiste una Commissione intergovernativa che coordini le attività dell’Associazione europea di interesse economico e che “la firma di un trattato internazionale sembra un obiettivo a breve-medio termine che dovrebbe contribuire a sancire l’impegno assunto dai due Stati membri di completare l’intera sezione al massimo entro il 2020”. L’assenza di un trattato non influisce tuttavia sul completamento di infrastrutture transfrontaliere di questo tipo. La sovranità riguardo alla conclusione di tale atto, che deve essere ratificato dai parlamenti nazionali, spetta agli Stati membri.

 

Interrogazione n. 69 dell'on. Jacek Protasiewicz (H-0804/06)
 Oggetto: Violazione dell'articolo 49 del trattato CE a danno di un'impresa che opera nel mercato comune UE
 

Alla Commissione è stata presentata una protesta concernente il trattamento ingiusto e discriminatorio subito dall'impresa polacca WESTBUD da parte dei servizi doganali tedeschi. È estremamente probabile che questo comportamento sia avvenuto in violazione dell'articolo 49 del trattato CE e in seguito a ciò l'impresa polacca non ha potuto svolgere i lavori su cui si era accordata con un appaltatore tedesco.

Cosa ha fatto la Commissione a tale riguardo e come procedono le relative indagini?

 
  
 

La Commissione ha ricevuto varie lettere e interrogazioni parlamentari che citano presunte violazioni del diritto comunitario che sarebbero state commesse nel corso di controlli e ispezioni effettuati dalle autorità tedesche, tra l’altro, in imprese polacche. A questo proposito, la Commissione invita l’onorevole parlamentare a far riferimento alla posizione della Commissione espressa nelle risposte all’interrogazione scritta dell’onorevole Szymanski (E-4639/05) e all’interrogazione orale dell’onorevole Kúzmiuk (H-0625/06).

Per quanto riguarda il caso specifico sollevato dall’onorevole parlamentare, la Commissione sta analizzando i fatti e la situazione giuridica a seguito della denuncia relativa a un presunto trattamento discriminatorio contro l’impresa edile polacca Westbud. Su tale base, la Commissione valuterà se le misure adottate dalle autorità doganali tedesche sono in linea con l’acquis comunitario.

 

Interrogazione n. 70 dell'on. Véronique De Keyser (H-0805/06)
 Oggetto: Dovere di riservatezza
 

Nelle precedenti legislature i commissari erano tenuti a rispettare il dovere di riservatezza in occasione delle elezioni nel proprio paese. Attualmente, in diversi paesi membri dell'Unione - tra cui il Belgio - sono in corso o in fase preparatoria le elezioni.

Può dire la Commissione se i commissari sono sempre tenuti a rispettare il loro dovere di riservatezza o possono partecipare alle campagne elettorali per sostenere un partito o dei candidati? Quali sono le norme applicabili nella fattispecie?

 
  
 

Oltre all’articolo 213, paragrafo 2, del Trattato che stabilisce gli obblighi generali che i membri della Commissione devono rispettare per quanto riguarda l’indipendenza e la protezione degli interessi comunitari nel loro complesso, il Codice di condotta dei Commissari(1) contiene disposizioni specifiche relative alle attività politiche dei Commissari e alla loro partecipazione a campagne elettorali.

“I Commissari possono essere membri attivi di partiti politici o di organizzazioni sindacali, a condizione che tale attività non comprometta la loro disponibilità al servizio della Commissione.

I Commissari informano il Presidente della loro intenzione di partecipare a una campagna elettorale e del ruolo che prevedono di svolgere in tale campagna. Il Presidente, tenendo conto delle specifiche circostanze del caso, decide se la prevista partecipazione alla campagna elettorale è compatibile con l’esercizio delle funzioni di Commissario.

Anche i Commissari candidati a una carica pubblica informano il Presidente del livello al quale prevedono di partecipare alla campagna elettorale. Se intendono svolgere un ruolo attivo nella campagna elettorale, devono astenersi dal partecipare ai lavori della Commissione per la durata della campagna”.

 
 

(1)http://ec.europa.eu/commission_barroso/code_of_conduct/code_conduct_en.pdf.

 

Interrogazione n. 71 dell'on. Simon Busuttil (H-0810/06)
 Oggetto: Pattugliamento delle frontiere marittime
 

Come valuta la Commissione il primo pattugliamento da parte dell'UE delle frontiere marittime presso le isole Canarie? Quanto si sono dimostrate efficaci queste pattuglie nel contenere il flusso migratorio?

Cosa propone la Commissione per migliorarne l'efficacia? Gli Stati membri dell'UE che si sono impegnati nell'appoggio a tali pattuglie hanno onorato i loro impegni?

Quali piani intende seguire la Commissione in merito alle nuove pattuglie nel mar Mediterraneo e quando inizieranno i pattugliamenti? Quali sono gli Stati membri dell'UE che hanno dato il loro appoggio a tale missione, e quali mezzi intendono fornire?

 
  
 

L’11 agosto è stata avviata al largo delle coste africane l’operazione HERA II riguardante l’immigrazione illegale via mare dall’Africa alle Isole Canarie. Questa fase delle operazioni dovrebbe concludersi entro il 15 novembre, e pertanto è troppo presto per dire qualcosa di definitivo sull’efficacia di tale iniziativa. Spetterà tuttavia a FRONTEX, che ha il compito di coordinare l’operazione, e non alla Commissione, effettuare un’approfondita valutazione al riguardo, per poter verificare i risultati e, se necessario, accrescere l’efficacia di future operazioni di questo tipo.

La Commissione desidera tuttavia sottolineare che l’Agenzia FRONTEX è un organo di coordinamento e in quanto tale non dispone di guardie di frontiera né di mezzi operativi. Spetta agli Stati membri fornire il personale e i mezzi per le operazioni. In generale gli Stati membri forniscono effettivamente il sostegno promesso; esiste tuttavia ancora un margine di miglioramento in termini di pianificazione interna per tutti gli Stati membri coinvolti nelle operazioni.

Il 5 ottobre l’Agenzia FRONTEX ha avviato l’operazione NAUTILUS nel Mediterraneo centrale allo scopo di porre sotto controllo l’immigrazione illegale via mare dall’Africa settentrionale e di ridurre in misura considerevole la perdita di vite umane in mare dovuta all’uso da parte degli immigranti di modi e mezzi di trasporto non sicuri.

Italia, Grecia, Malta, Francia e Germania contribuiscono all’operazione con personale e mezzi, fra cui navi, aerei ed elicotteri da ricognizione.

 

Interrogazione n. 73 dell'on. Chris Davies (H-0814/06)
 Oggetto: Impegni finanziari a favore dell'Autorità palestinese
 

Può la Commissione indicare qual è l'entità degli impegni finanziari a favore dell'Autorità palestinese?

 
  
 

Per il periodo 2000-2005 gli aiuti comunitari totali a favore del popolo palestinese sono stati pari a 1,5 miliardi di euro provenienti da varie linee di bilancio e forniti attraverso una serie di canali.

Circa il 55 per cento di tali aiuti è stato erogato senza alcun coinvolgimento del governo palestinese. Il restante 45 per cento ha riguardato il sostegno finanziario diretto (35 per cento) e una cooperazione che ha comportato un rapporto sia giuridico che finanziario con il governo palestinese (5 per cento) o soltanto un rapporto giuridico (5 per cento).

Il 10 aprile 2006, a seguito dell’insediamento del nuovo governo guidato da Hamas, il Consiglio ha annunciato che, a causa del mancato rispetto delle condizioni del Quartetto, doveva essere riesaminata tutta l’assistenza fornita dall’UE ai palestinesi. Sono stati pertanto sospesi i progetti della CE firmati in precedenza che prevedevano un rapporto giuridico e/o finanziario con il governo palestinese.

Dall’aprile 2006 non sono stati pertanto assunti nuovi impegni finanziari che implichino rapporti giuridici o finanziari con il governo palestinese. L’importo totale di 329 milioni di euro finora impegnato nel 2006 a favore della popolazione palestinese viene utilizzato per soddisfare necessità umanitarie e socioeconomiche, compresa la necessità di aiuti alimentari, che sono aumentate a seguito della crisi in corso. Tale assistenza viene fornita attraverso organizzazioni internazionali o gestita direttamente dalla Commissione, ad esempio tramite il meccanismo internazionale temporaneo.

 

Interrogazione n. 74 dell'on. Philip Bushill-Matthews (H-0816/06)
 Oggetto: Diritti speciali (golden shares)
 

Per quale motivo la Commissione non ha intentato un'azione in giudizio contro la Francia per avere proposto di conservare un golden share nella fusione Gaz de France - Suez? Non sarebbe stato utile ottenere certezza giuridica su una questione così importante?

 
  
 

Quale osservazione preliminare, la Commissione desidera sottolineare che non può avviare procedure di infrazione, come previsto dall’articolo 226 del Trattato CE, sulla base della semplice espressione di un’intenzione sotto forma di progetto di misure legislative. Si può far ricorso alle procedure di infrazione solo contro misure statali effettivamente in vigore.

La Commissione ha ripetutamente ribadito la sua determinazione a far rispettare il diritto comunitario. In particolare, la Commissione è impegnata a mantenere il mercato interno libero da diritti specifici incompatibili con il Trattato che potrebbero essere introdotti dai governi per controllare le imprese private, creando in tal modo ostacoli alla libera circolazione di capitali.

Va tuttavia rammentato che il Trattato prevede alcune eccezioni alla libera circolazione di capitali. La Corte di giustizia delle Comunità europee ha fornito la sua interpretazione delle circostanze nelle quali tali eccezioni possono essere legittimamente applicate per limitare le libertà stabilite dal Trattato. La Commissione ha avuto l’opportunità di esaminare un progetto di decreto francese relativo a Gaz de France, il quale ricalca molto strettamente le disposizioni di un regio decreto applicabile alle imprese belghe Distrigaz e SNTC, che nel 2002 sono state esaminate dalla Corte di giustizia. La Commissione non ritiene pertanto che, se approvate nella forma originaria, le misure francesi in questione debbano essere messe in discussione in base all’articolo 56 del Trattato.

La Commissione si riserva tuttavia il diritto di intervenire se il meccanismo finale adottato sarà considerevolmente diverso dal progetto di misure trasmesso alla Commissione, se una nuova giurisprudenza fornirà nuovi motivi di intervento, o se gli sviluppi legislativi relativi al settore del gas successivi alla sentenza emessa nel caso menzionato in precedenza renderanno le disposizioni in questione non necessarie e pertanto non giustificate.

 

Interrogazione n. 75 dell'on. Mairead McGuinness (H-0829/06)
 Oggetto: Impatto dei negoziati OMC sull'agricoltura europea
 

La più recente presentazione fatta dalla Commissione al Parlamento europeo di valutazione del probabile impatto dei negoziati dell'Organizzazione mondiale del commercio sull'economia europea fa esplicitamente riferimento alla necessità di ridurre il settore dell'agricoltura europea al fine di garantire un accordo in sede di OMC.

Potrebbe la Commissione illustrare con maggiori dettagli quale quota dell'attuale settore pensa che rimarrebbe qualora si raggiungesse un accordo a livello di OMC e quale sarebbe l'impatto di un tale accordo sugli agricoltori europei?

 
  
 

Un risultato ambizioso dei negoziati dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) sulla liberalizzazione degli scambi attualmente interrotti offrirà senza dubbio opportunità in termini di apertura dei mercati di esportazione, soprattutto per i prodotti industriali e i servizi, ma comporterà anche sfide, in particolare per l’agricoltura dell’UE. L’offerta agricola dell’UE all’OMC dal 28 ottobre 2005 include un’ambiziosa proposta relativa all’accesso al mercato, una graduale eliminazione dei rimborsi all’esportazione subordinata a determinate condizioni e considerevoli riduzioni degli aiuti nazionali che distorcono il funzionamento del commercio.

L’applicazione di tariffe più basse sarà particolarmente problematica per i settori agricoli in cui già oggi si sta verificando una rapida crescita delle importazioni in ingresso nell’UE per le quali si deve pagare il dazio doganale pieno, come nel caso della carne bovina e del pollame. Qualsiasi riduzione delle tariffe, anche se questi settori sono da considerarsi sensibili e dovranno confrontarsi con una riduzione delle tariffe inferiore, comporterà un aumento delle importazioni.

L’impatto di un possibile accordo a livello di OMC si farà anche sentire su quei settori che dipendono in maggior misura dai rimborsi all’esportazione per le proprie esportazioni, come i settori lattiero-caseario, del pollame e dei cereali secondari.

In caso di aumento delle importazioni e riduzione delle esportazioni si prevede una pressione al ribasso sui prezzi nazionali, con effetti negativi sui redditi dei produttori, un’accelerazione della ristrutturazione in corso del settore agricolo, a seguito dell’uscita dal settore degli agricoltori meno efficienti, con conseguenti maggiori opportunità per quelli più efficienti.

Dalle analisi effettuate dalla Commissione risulta che i redditi più bassi previsti nel quadro dell’offerta dell’UE all’OMC possono comportare nel medio termine una riduzione della produzione per alcuni settori, con diminuzioni comprese tra il 10 per cento per il settore della carne bovina e il 4 per cento per il settore dei cereali.

Al contempo, un accordo a livello di OMC potrebbe tuttavia aprire nuove opportunità di mercato anche per le esportazioni agricole dell’UE verso i mercati dei paesi terzi, soprattutto per i prodotti di qualità e ad alto valore aggiunto.

 

Interrogazione n. 76 dell'on. Georgios Karatzaferis (H-0832/06)
 Oggetto: Programma INTERREG IIIA Grecia-Turchia
 

Nel rispondere alla nostra interrogazione E-2320/06, il Commissario Hübner ci invitava a rivolgerci alle autorità greche in ordine all'attuazione del programma "INTERREG IIIA Grecia-Turchia" il quale non avanza per il fatto che i turchi hanno sollevato un problema di territorialità transfrontaliera, non riconoscendo le frontiere internazionali nell'Egeo. Il problema era stato riconosciuto anche dall'ex ministro degli esteri greco, sig. Moliviatis, rispondendo a un'interpellanza nella Vouli, nel dicembre 2005. E' strano quindi che la Commissione, che finanzia il programma, si accontenti semplicemente di esprimere auspici circa l'avvio della fase attuativa di questo programma (cfr. interrogazione E-2320/06).

Ciò premesso, può la Commissione dire finalmente se c'è stata una reazione ufficiale da parte greca alla contestazione delle frontiere greche e quindi europee, contestazione che ha avuto luogo durante la riunione della commissione di controllo del suddetto programma svoltasi ad Ankara il 23 novembre 2005 quando per l'appunto la Turchia ha sollevato la questione relativa al carattere transfrontaliero di detto sottoprogramma?

 
  
 

La Commissione non è a conoscenza di uno scambio di lettere ufficiale tra le autorità greche e quelle turche in relazione al programma menzionato dall’onorevole parlamentare. Né esiste alcun documento della riunione cui si fa riferimento.

Va sottolineato che il programma INTERREG(1) IIIA Grecia-Turchia è gestito in modo decentrato. L’autorità di gestione del programma, che è responsabile della gestione quotidiana e dell’attuazione, è pertanto l’organo appropriato cui porre domande relative all’attuazione del programma, fra cui quelle inerenti alle riunioni della commissione di controllo. La Commissione raccomanda all’onorevole parlamentare di contattare il capo dell’autorità di gestione di Salonicco tramite posta elettronica (interreg@mou.gr), telefono ((+30)2310 469600) o fax ((+30)2310 469602). Ulteriori informazioni sono anche disponibili sul sito www.interreg.gr.

La Commissione desidera sottolineare che i problemi di attuazione non riguardano la struttura né il contenuto del programma. Il quadro generale del programma (documento di programmazione e complemento di programmazione) è infatti soddisfacente e del tutto coerente con i regolamenti relativi ai Fondi strutturali. La Commissione desidererebbe che l’attuazione del programma potesse iniziare in modo da finanziare progetti congiunti di effettiva cooperazione a favore dello sviluppo socioeconomico dei partner partecipanti di Grecia e Turchia.

Detto questo, la Commissione è consapevole delle differenze di punti di vista esistenti tra i due paesi partecipanti al programma per quanto riguarda la terminologia utilizzata nel programma, e auspica che l’attuale battuta d’arresto possa essere presto superata.

La Commissione incoraggia fortemente lo sviluppo della cooperazione tra Grecia e Turchia, che continuerà nell’ambito dell’attuale programma INTERREG e del futuro obiettivo di cooperazione territoriale europea nel periodo 2007-2013.

 
 

(1) Iniziativa comunitaria relativa alla cooperazione transeuropea intesa a incoraggiare lo sviluppo armonioso ed equilibrato del territorio europeo.

 

Interrogazione n. 77 dell'on. Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (H-0835/06)
 Oggetto: IVA sulle donazioni in Polonia
 

L'adeguamento della normativa polacca sull'IVA alla legislazione dell'UE ha comportato, tra l'altro, l'introduzione dell'IVA sulle donazioni. In passato i contribuenti che effettuavano donazioni ai bisognosi calcolavano la tassa da pagare in base al valore effettivo del bene donato, mentre adesso devono calcolarla in base al suo prezzo d'acquisto. Questa disposizione è molto meno favorevole per le imprese che desiderano, ad esempio, regalare alimenti che stanno per scadere o computer di qualche anno fa.

Come pensa la Commissione di incoraggiare i potenziali donatori a fare più donazioni ai bisognosi se la tassa da pagare sulle donazioni è spesso più elevata del valore di mercato dei beni donati?

 
  
 

Quando un soggetto passivo preleva un bene dalla propria impresa per trasferirlo a titolo gratuito, tale prelievo è assimilato a un cessione sottoposta all’IVA in base all’articolo 5, paragrafo 6, della sesta direttiva IVA(1), quando detto bene o gli elementi che lo compongono hanno consentito una deduzione totale o parziale dell’imposta sul valore aggiunto.

Si tratta di un meccanismo correttivo che garantisce il rispetto del principio generale che disciplina l’IVA, ossia che i beni destinati alla realizzazione di un’attività economica sottoposta all’IVA giungano allo stadio di consumo finale gravati dell’IVA, salvo nel caso in cui la direttiva preveda espressamente un’esenzione.

Pertanto, i beni oggetto di una deduzione dell’IVA pagata all’acquisto saranno in linea di principio sottoposti all’IVA qualora vengano venduti o siano trasferiti a titolo gratuito.

Quando un bene viene venduto, la base imponibile è costituita dal prezzo di vendita di tale bene (articolo 11, punto A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva IVA).

Quando il bene è prelevato alle condizioni stabilite dall’articolo 5, paragrafo 6, della sesta direttiva menzionate in precedenza, la sua base imponibile è costituita dal prezzo di acquisto del bene o di beni similari, o, in mancanza del prezzo di acquisto, dal costo, determinati nel momento in cui si effettua tale operazione (articolo 11, punto A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva IVA).

La formulazione di questa disposizione non sembra impedire che venga presa in considerazione la condizione dei beni nel momento in cui sono prelevati.

Infine, si rammenta all’onorevole parlamentare che le cessioni di beni a organismi riconosciuti che li esportano nell’ambito delle loro attività umanitarie, filantropiche o educative al di fuori della Comunità sono esonerate dall’IVA alle condizioni fissate dagli Stati membri sulla base dell’articolo 15, paragrafo 12, della sesta direttiva IVA.

Attualmente la Commissione non prevede di modificare queste disposizioni.

 
 

(1) Sesta direttiva del Consiglio del 17 maggio 1977 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, 77/388/CE, GU L 145 del 13.6.1977.

 

Interrogazione n. 78 dell'on. Johan Van Hecke (H-0836/06)
 Oggetto: Predisposizione di un piano di base ecologico transfrontaliero tra le Fiandre e i Paesi Bassi
 

Il 27 giugno 2006, si è svolta a Mol una riunione informativa sulla predisposizione di un piano di base ecologico transfrontaliero. La procedura fiamminga è stata presentata quale componente della strategia olandese, nonostante che nei Paesi Bassi il concretarsi di un siffatto progetto non è affatto all'ordine del giorno salvo che per la zona frontaliera di Postel. Se, nella fattispecie, dovesse trattarsi di un intervento europeo, verrebbe a configurarsi una violazione della legislazione europea poiché i progetti europei devono essere posti in atto in parallelo nei vari Stati membri interessati.

Stando ad informazioni provenienti dalle amministrazioni comunali olandesi della zona interessata, un siffatto piano di base non é pressoché menzionato da nessuna parte. Il ministro olandese non è affatto al corrente dell'esistenza di un fascicolo in corso nei Paesi Bassi e tanto meno lo è la giunta del comune fiammingo di Mol. È noto alla commissione un siffatto progetto? Esercita essa un controllo sufficiente sull'andamento di tale fascicolo? Quali garanzie sono state fornite circa la sopravvivenza dell'agricoltura?

 
  
 

I piani di base ecologici transfrontalieri sono uno strumento utilizzato dai paesi del Benelux per la loro cooperazione in materia di gestione integrata degli ecosistemi transfrontalieri come gli ecosistemi fluviali e le zone protette. Tali piani consentono ai paesi interessati di gestire zone transfrontaliere di particolare interesse per la biodiversità e di definire azioni comuni. I piani possono affrontare obiettivi di conservazione di carattere regionale, nazionale o internazionale. I piani non possono essere considerati “progetti europei”.

A seconda delle sue caratteristiche, il piano di base ecologico transfrontaliero potrebbe rientrare nel campo di applicazione della direttiva 2001/42/CE(1) del 27 giugno concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente. La Commissione non dispone di informazioni relative all’istituzione del piano di base ecologico transfrontaliero menzionato dall’onorevole parlamentare.

 
 

(1) GU L 197 del 21.7.2001.

 

Interrogazione n. 79 dell'on. Panagiotis Beglitis (H-0841/06)
 Oggetto: Applicazione del Protocollo di Kyoto
 

I mutamenti climatici sono una delle minacce più gravi che affliggono il pianeta. Tra gli scienziati c'è concordanza di vedute sul fatto che se non verranno adottate precise misure, il fenomeno avrà effetti catastrofici sull'ambiente e creerà gravi problemi economici e sociali. Quale primo passo per risolvere il problema, il 16 febbraio 2005 si è proceduto ad applicare il protocollo di Kyoto che obbliga 30 paesi industriali a ridurre le emissioni di sei gas pericolosi del 5,2% entro il 2012, rispetto al 1990.

Dato che circa il 14% delle emissioni di gas ad effetto serra è imputabile all'Unione europea, a che punto si è per quanto riguarda l'azione volta a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra dell' 8% nel periodo 2008-2012 rispetto al livello del 1990? Quali misure hanno adottato gli Stati membri che si sono assunti precisi impegni per ridurre i gas ad effetto serra nello stesso periodo di tempo? A che punto si trovano i colloqui in vista della formulazione di una strategia per far fronte ai mutamenti climatici dopo il 2012, quando verrà a scadere il Protocollo di Kyoto?

 
  
 

In base alle ultime informazioni, gli Stati membri dell’UE a 15 hanno ridotto le emissioni di gas a effetto serra dello 0,9 per cento rispetto ai livelli dell’anno di riferimento. La Commissione è fiduciosa che l’UE possa conseguire l’obiettivo dell’8 per cento stabilito nel quadro del Protocollo di Kyoto. A tale scopo sono tuttavia necessari la rapida attuazione delle misure già concordate a livello di UE e di Stati membri e l’uso del meccanismo di flessibilità previsto dagli Stati membri. Maggiori informazioni sono fornite nell’ultima relazione sui progressi compiuti(1) presentata a norma della decisione n. 280/2004/CE(2).

Attualmente a livello europeo viene attuata la maggior parte delle politiche e delle misure previste dal programma europeo per il cambiamento climatico (ECCP I). Nell’ottobre 2005 la Commissione ha avviato l’ECCP II allo scopo di valutare le riduzioni effettive delle emissioni a seguito delle misure concordate e di individuare nuove iniziative per l’ulteriore riduzione delle emissioni. Maggiori informazioni su tale valutazione sono state pubblicate sul sito web http://ec.europa.eu/environment/climat/eccp_review.htm.

Per quanto riguarda il sistema europeo di scambio di quote di emissione, la maggior parte degli Stati membri ha già presentato il secondo piano di assegnazione nazionale (PAN) che riguarderà il periodo 2008-2012. Nell’anno che precede l’avvio del primo periodo di impegno di Kyoto, è di fondamentale importanza che gli Stati membri applichino il rispettivo PAN in modo rigoroso per poter rispettare i propri obblighi di riduzione.

La comunicazione della Commissione dal titolo “Vincere la battaglia contro i cambiamenti climatici”(3) delinea la strategia generale per i negoziati nell’ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC). Nel corso dell’undicesima Conferenza delle parti firmatarie dell’UNFCCC svoltasi nel dicembre 2005 è stato concordato di avviare un dialogo con tutte le parti sulle opzioni di politica climatica per il periodo successivo al 2012. Questo dialogo proiettato verso il futuro verrà condotto nel corso di quattro seminari che si svolgeranno in un periodo di due anni. Il secondo seminario avrà luogo nel corso della dodicesima Conferenza delle parti che si terrà a Nairobi dal 6 al 17 novembre 2006.

A Montreal le parti firmatarie dell’UNFCCC hanno anche deciso di discutere ulteriori riduzioni delle emissioni per i paesi sviluppati nell’ambito del Protocollo di Kyoto per il periodo successivo al 2012. Nel quadro del Protocollo di Kyoto è stato istituito un gruppo di lavoro ad hoc delle Nazioni Unite che terrà anch’esso la sua seconda riunione a Nairobi in novembre. Tale gruppo porterà a termine il proprio lavoro il più presto possibile e in tempo per garantire che non vi siano interruzioni tra il primo e il secondo periodo di impegno di Kyoto. Il prossimo mese inizierà inoltre a Nairobi un riesame del Protocollo di Kyoto, come previsto all’articolo 9 dello stesso Protocollo, al fine di migliorare il quadro per ottenere le necessarie riduzioni delle emissioni.

Le discussioni sugli ulteriori provvedimenti da adottare dovrebbero essere finalizzate a intraprendere un’azione forte e globale di lotta contro i cambiamenti climatici. L’UE ha proposto l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 2°C e a tale scopo le emissioni globali dovranno raggiungere il massimo entro i prossimi due decenni e diminuire in misura considerevole successivamente, se possibile fino al 50 per cento in meno rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050. Per questo sarà indispensabile un deciso intervento da parte di tutti i paesi sviluppati, fra cui gli Stati Uniti. Dobbiamo definire strategie che garantiscano una riduzione delle emissioni da parte dei paesi sviluppati entro il 2020 in una misura compresa tra il 15 e il 30 per cento rispetto al 1990.

Tenuto conto dell’elevato aumento delle emissioni previsto nel resto del mondo, dovremo anche trovare il giusto modo di coinvolgere i principali paesi in via di sviluppo le cui emissioni sono in rapida crescita. Dobbiamo capire in quale modo possiamo collaborare con loro per far sì che scelgano un percorso di sviluppo sostenibile che consenta di conseguire l’obiettivo dei 2°C. Molte azioni, come un aumento dell’efficienza energetica, sono anche vantaggiose per i paesi in via di sviluppo, in quanto promuovono il loro sviluppo sostenibile, diminuiscono gli effetti sull’ambiente e aumentano la loro sicurezza energetica.

E’ importante sottolineare che il dialogo che si svolgerà il prossimo mese a Nairobi nell’ambito dell’UNFCCC si concentrerà sulle azioni che promuovono lo sviluppo sostenibile e l’uso di meccanismi basati sul mercato. Si tratta di due aspetti in merito ai quali l’UE ha dato prova di autorevolezza. Anche dopo Nairobi l’Europa dovrà continuare a esercitare tale autorevolezza allo scopo di garantire la riuscita della discussione internazionale sul futuro quadro per la lotta contro i cambiamenti climatici.

 
 

(1) COM (2005) 655 def., relazione della Commissione “Progressi verso il conseguimento dell’obiettivo comunitario di Kyoto”.
(2) Decisione n. 280/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 febbraio 2004 relativa a un meccanismo per monitorare le emissioni di gas a effetto serra nella Comunità e per attuare il protocollo di Kyoto, GU L 49 del 19.2.2004.
(3) COM (2005) 35 def.

 

Interrogazione n. 80 dell'on. Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk (H-0844/06)
 Oggetto: Revisione delle quote latte degli Stati membri dell'Unione Europea
 

La Commissione ha deciso di sanzionare la Polonia con un'ammenda di 91 milioni di euro per aver superato i massimali di produzione del latte nel corso dell'esercizio finanziario da aprile 2005 a giugno 2006. In seguito ad una proposta avanzata alla Commissione dal governo polacco, la Commissione potrebbe ridurre questa cifra a condizione che la Polonia trasferisca 88 000 tonnellate di latte dalle quote per le vendite dirette a quelle per le vendite all'ingrosso.

Può la Commissione indicare quanto tempo sarà necessario all'esame di tale proposta? E' disposta la Commissione a ridurre le sanzioni finanziarie imposte agli agricoltori polacchi? Intende la Commissione provvedere ad una revisione delle quote latte assegnate ai singoli Stati membri visto che al momento esse sono palesemente sproporzionate? La Germania, ad esempio, dispone di quote latte pari a 27,8 milioni di tonnellate per una popolazione di circa 82 milioni di abitanti, circa 0,33 tonnellate per abitante all'anno. La Francia ha una popolazione di 60,5 milioni di abitanti e quote latte pari a 23,9 milioni di tonnellate, o meglio 0,39 tonnellate per abitante. I Paesi Bassi, con una popolazione di 16,5 milioni di persone, dispongono di quote latte pari a 11 milioni di tonnellate, ovvero 0,67 tonnellate per abitante. La Polonia invece, con una popolazione di 38 milioni di abitanti, ha una quota pari a sole 8,6 tonnellate, cioè solamente 0,23 tonnellate per abitante. Una quota così bassa è di ostacolo allo sviluppo dell'industria casearia in Polonia, con la conseguenza che essa diventerà presto un importatore netto di prodotti caseari.

 
  
 

Nel corso del 2006 la Commissione ha prestato grande attenzione alla situazione del settore lattiero in Polonia.

L’ammenda totale dovuta per aver superato i massimali di produzione per il periodo dal 2005 al 2006 sarà ridotta da 91,5 a 64,4 milioni di euro a seguito di un trasferimento nazionale dalle quote per le vendite dirette alle quote per le consegne conformemente al regolamento (CE) n. 1406/2006 del Consiglio. Per quanto riguarda questo trasferimento nazionale, nel prossimo futuro sarà pubblicato un regolamento della Commissione in modo che l’amministrazione polacca possa intervenire a tempo debito.

In effetti, dall’adesione nel 2004 all’anno contingentale 2006/2007, la quota di latte polacco per le consegne è aumentata da 8,5 milioni di tonnellate a 9,142 milioni di tonnellate, che corrisponde a un aumento del 7,55 per cento.

In relazione alla fissazione del livello delle quote per Stato membro, tutti i nuovi Stati membri sono stati trattati allo stesso modo durante il negoziato di Copenaghen del 2002. Le quote dovevano riflettere le consegne e le vendite dirette medie degli ultimi anni di produzione. Lo stesso metodo è stato seguito per i vecchi Stati membri quando nel 1984 è stato istituito il sistema delle quote.

Il regime delle quote è un sistema di regolamentazione della produzione nell’ambito del quale il numero di consumatori non deve essere usato come parametro decisivo. Nel contesto delle quote va tuttavia rammentato che, in base al compromesso di Lussemburgo, la Commissione presenterà una relazione sulle prospettive del mercato dopo la piena attuazione della riforma del 2003, in base alla quale in seno alle varie Istituzioni comunitarie si potrà svolgere una discussione sui futuri livelli delle quote.

 

Interrogazione n. 81 dell'on. Marian Harkin (H-0847/06)
 Oggetto: Divario retributivo tra uomini e donne
 

Può la Commissione esprimere un parere riguardo la recente sentenza emessa dalla Corte di giustizia, C17/05, in data 3 ottobre 2006 riguardo alla causa tra B.F. Cadman e Health & Safety Executive?

Nel contesto di questa decisione e nel più ampio contesto del divario retributivo tra i sessi, quali iniziative concrete intende adottare la Commissione per garantire la riduzione di tale divario nella retribuzione?

 
  
 

Per quanto riguarda la prima domanda, la Commissione non ha alcun parere da esprimere sulla sentenza cui l’onorevole parlamentare fa riferimento. La Commissione non si esprime sulle sentenze emesse dalla Corte di giustizia nello svolgimento del suo compito di interpretazione del diritto comunitario.

In merito alla questione generale del divario retributivo tra uomini e donne, la Commissione desidera formulare le seguenti osservazioni.

L’articolo 141 del Trattato CE sancisce il principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.

Il principio della parità di retribuzione tra uomini e donne è sancito anche dal diritto secondario in alcune direttive. La direttiva 75/117/CE(1) stabilisce che il principio della parità delle retribuzioni tra uomini e donne, implica, per uno stesso lavoro o per un lavoro al quale è attribuito un valore uguale, l’eliminazione di qualsiasi discriminazione basata sul sesso in tutti gli elementi e le condizioni delle retribuzioni. L’articolo 3 della direttiva 2002/73/CE(2) prevede che l’applicazione del principio della parità di trattamento tra uomini e donne significa che non vi deve essere discriminazione diretta o indiretta in base al sesso nei settori pubblico o privato per quanto attiene in particolare all’occupazione e alle condizioni di lavoro, compresa la retribuzione.

Nonostante questo considerevole corpus legislativo comunitario, le disparità di retribuzione tra donne e uomini restano a livelli alti nell’Unione europea. In media le donne guadagnano il 15 per cento in meno degli uomini per ogni ora lavorata(3). L’eliminazione di tali disparità richiede una strategia globale in quanto esse sono dovute sia alla discriminazione diretta contro le donne sia a una serie di ineguaglianze strutturali.

Nella tabella di marcia per la parità tra uomini e donne(4), la Commissione individua l’eliminazione della disparità retributiva tra uomini e donne come uno degli ambiti prioritari di intervento.

Nel 2007 la Commissione presenterà una comunicazione sul divario retributivo tra i sessi, che esaminerà i vari aspetti della questione e proporrà le misure necessarie per l’eliminazione di tale divario.

 
 

(1) Direttiva 75/117/CEE del Consiglio del 10 febbraio 1975 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all’applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile, GU L 45 del 19.2.1975, pagg. 19-20.
(2) Direttiva 2002/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 settembre 2002 che modifica la direttiva 76/207/CEE del Consiglio relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro, GU L 269 del 5.10.2002, pagg. 15-20.
(3) Cfr., tra l’altro, la relazione della Commissione del 2006 sulla parità tra donne e uomini - COM(2006)71 def., punto 2.2.
(4) Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni dal titolo “Una tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010”, COM(2006) 92 def.

 

Interrogazione n. 82 dell'on. Pedro Guerreiro (H-0851/06)
 Oggetto: Regione ultraperiferica delle Azzorre, interventi degli enti locali e politica strutturale
 

In occasione di una recente visita a Lajes das Flores, nell'arcipelago delle Azzorre, Portogallo, l'interrogante si è visto ribadire dalle autorità locali la rilevanza che esse annettono allo sviluppo socioeconomico dell'isola, e, con specifico riguardo a tale comune, il complesso di investimenti in attrezzature e opere infrastrutturali effettuati dall'amministrazione locale per dare un'adeguata risposta alle esigenze delle popolazioni, promuovendo l'occupazione e dinamizzando il tessuto produttivo locale.

Stanti i forti vincoli e le molteplici necessità specifiche di tale regione ultraperiferica e delle popolazioni delle varie isole, potrebbe la Commissione far conoscere le misure e le iniziative che intende promuovere per appoggiare e potenziare l'azione diretta dei comuni di tale regione ultraperiferica per risolvere i problemi nei quali si dibattono le popolazioni, segnatamente nell'ambito della politica strutturale per il periodo 2007-2013?

 
  
 

Conformemente ai regolamenti relativi ai Fondi strutturali e al Fondo di coesione approvati dal Parlamento e dal Consiglio il 5 e l’11 luglio 2006(1) e agli orientamenti strategici per il periodo 2007-2013 adottati dal Consiglio il 6 ottobre 2006(2), gli ambiti di priorità di intervento del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per il periodo 2007-2013 per la regione delle Azzorre dovranno essere stabiliti nel programma operativo attualmente in corso di definizione da parte delle autorità portoghesi. Tali ambiti di priorità saranno oggetto nei prossimi mesi di negoziati tra lo Stato membro interessato e la Commissione.

La Commissione ritiene estremamente importante che le autorità locali siano coinvolte nella definizione e nella realizzazione degli obiettivi fissati nei programmi operativi, tuttavia desidera sottolineare che le autorità nazionali e regionali devono definire le modalità e le condizioni per disciplinare tale coinvolgimento e garantire il rispetto di principi quali la buona e sana gestione finanziaria delle azioni cofinanziate a titolo dei Fondi strutturali.

Va sottolineato che, in riconoscimento delle caratteristiche specifiche delle regioni ultraperiferiche, l’Unione europea ha integrato nella politica di coesione per il periodo 2007-2013 varie misure a favore di queste regioni con l’obiettivo, in particolare, di ridurre la difficoltà di accessibilità alle regioni ultraperiferiche, rafforzare la competitività delle loro imprese e accrescere la loro integrazione regionale.

 
 

(1) GU L 210 del 31.7.2006.
(2) COM(2006) 386 def.

 

Interrogazione n. 83 dell'on. Rodi Kratsa-Tsagaropoulou (H-0853/06)
 Oggetto: Sicurezza dei voli: efficacia delle nuove misure
 

La Commissione ha adottato il 5 ottobre nuove misure a tutela della sicurezza dei voli che concernono in primo luogo restrizioni alla detenzione di sostanze liquide, di calcolatori elettronici portatili e di altre apparecchiature elettroniche da parte dei passeggeri nel corso del volo. Nei prossimi sei mesi verranno ulteriormente ridotte le dimensioni dei bagagli al seguito (56 x 45 x 25 cm) trasportabili a bordo.

Ha la Commissione consultato il settore del trasporto aereo riguardo a queste misure? Dispone essa di uno studio di fattibilità quanto all'adozione delle misure in questione e al costo della loro applicazione?

Per scongiurare ritardi ha la Commissione stabilito misure intese a facilitare il lavoro del personale addetto ai controlli di modo che svolta velocemente e efficacemente il proprio compito? Poiché il regolamento in questione dovrebbe entrare in vigore agli inizi di novembre, ritiene essa che vi sia tempo sufficiente per far sì che il settore e l'industria aeronavale si adeguino alle nuove disposizioni e condizioni previste dal regolamento? In che modo ha essa previsto, come suggeriscono le informazioni destinate ai viaggiatori, di promuovere le nuove misure presso le compagnie aeree, le associazioni e gli aeroporti?

 
  
 

Subito dopo quanto accaduto il 10 agosto 2006 nel Regno Unito, la Commissione ha iniziato a valutare le possibili misure legislative da adottare per far fronte alla nuova minaccia di esplosivi liquidi, in merito alle quali il settore del trasporto aereo è stato pienamente e regolarmente consultato fin dall’inizio.

Tenuto conto della gravità della minaccia, la Commissione, gli Stati membri e le organizzazioni delle parti interessate hanno tutti concordato che la definizione rapida, ma equilibrata, di misure legislative era l’azione più adeguata da intraprendere. Poiché è stato anche riconosciuto che non poteva essere condotto alcuno studio sul rapporto costi-benefici a causa dell’urgenza di affrontare questa nuova minaccia, è stato deciso di dichiarare esplicitamente nel regolamento adottato al riguardo che le misure introdotte avrebbero dovuto essere riesaminate ogni sei mesi alla luce degli sviluppi tecnici, delle implicazioni operative negli aeroporti e degli effetti sui passeggeri.

Per quanto riguarda l’applicazione del regolamento, gli Stati membri, gli aeroporti e le compagnie aeree avranno tempo fino all’inizio di novembre per prepararsi per la sua introduzione. Le misure sono state inoltre definite in modo da ridurre al minimo gli effetti operativi delle restrizioni. La Commissione si aspetta pertanto che gli aeroporti non incontreranno grosse difficoltà ad adeguarsi ai nuovi requisiti stabiliti nel regolamento.

In base al regolamento gli Stati membri hanno il compito di assicurare che le informazioni sulle nuove misure siano rese pubbliche. La Commissione sta assistendo gli Stati membri, gli aeroporti e le compagnie aeree nelle loro campagne di informazione prima che il regolamento entri in vigore.

 

Interrogazione n. 84 dell'on. Hélène Goudin (H-0854/06)
 Oggetto: Euronews
 

La Commissione finanzia con cospicue somme il canale televisivo Euronews che viene messo in onda in 121 paesi con l'obiettivo di trasmettere notizie in una, per così dire, prospettiva europea. A Euronews è stato rinfacciato di essere parziale e di riferire sull'UE principalmente in chiave positiva e non critica. In un comunicato stampa del 2.10.2006, Euronews faceva sapere che gli utenti televisivi degli USA avevano ora accesso a Euronews tramite un servizio televisivo basato su Internet. Reputa la Commissione corretto e responsabile utilizzare le imposte dei cittadini dell'UE per finanziare notiziari negli USA? Quali sono i motivi concreti che inducono la Commissione a finanziare Euronews? A quanto ammontano i finanziamenti annui della Commissione a tale discusso canale televisivo?

 
  
 

Per quanto riguarda la diffusione tramite Internet di programmi del canale televisivo EuroNews negli Stati Uniti, la Commissione tiene a precisare che il denaro dei contribuenti europei non viene utilizzato per finanziare nuovi mezzi di diffusione di programmi.

La Commissione desidera rammentare che, a seguito di una procedura di gara di appalto, il 21 febbraio 2005 ha concluso con EuroNews un contratto di servizi riguardante la produzione e la diffusione in sette lingue, nei 25 Stati membri dell’UE, nei paesi candidati e in paesi terzi, di programmi di informazione sull’Unione europea.

Tale contratto riguarda soltanto la produzione e la trasmissione di questi programmi utilizzando i mezzi di diffusione di cui EuroNews disponeva al momento della conclusione del contratto. Non prevede il finanziamento di mezzi supplementari di diffusione. In queste condizioni, la comunicazione dell’Unione europea beneficia gratuitamente di questa ulteriore estensione della copertura di EuroNews e dell’aumento della sua visibilità.

In merito ai motivi del suo sostegno finanziario a EuroNews, la Commissione desidera sottolineare che il canale televisivo EuroNews è stato scelto come contraente a seguito di una procedura di gara di appalto. In altre parole, la Commissione non sostiene EuroNews finanziariamente, ma è legata a tale canale televisivo da un contratto di fornitura di servizi.

Infine, il valore annuale massimo di questo contratto, concluso per un periodo iniziale di un anno, rinnovabile mediante modifica fino a un massimo di quattro volte per lo stesso periodo, è pari a 5 milioni di euro e comprende tutte le attività svolte.

 

Interrogazione n. 85 dell'on. Diamanto Manolakou (H-0861/06)
 Oggetto: Commercio illegale di alimenti contenenti organismi geneticamente modificati
 

Prodotti contenenti organismi geneticamente modificati non indicati sulla confezione e prodotti contenenti organismi geneticamente modificati non autorizzati circolano sul mercato di dieci paesi europei, tra cui la Grecia, all'insaputa e contro i desideri dei consumatori. Si tratta di prodotti ottenuti da soia geneticamente modificata, come pure da riso geneticamente modificato, e recanti le diciture commerciali "parboiled", "castano genius", "parboiled con riso selvatico" e "riziana parboiled" che non hanno ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio neppure da parte delle autorità USA, in quanto sospettati di provocare allergie e coltivati a scopi unicamente sperimentali.

Quali provvedimenti ha adottato la Commissione per intensificare i controlli e vietare la circolazione di alimenti contenenti organismi geneticamente modificati, al fine di proteggere la salute pubblica dalle azioni speculative incontrollate delle società?

 
  
 

La legislazione dell’UE in materia di organismi geneticamente modificati (OGM) prevede che gli alimenti e i mangimi geneticamente modificati possono essere immessi sul mercato solo se autorizzati ed etichettati in maniera adeguata. Gli Stati membri sono i principali responsabili dell’applicazione di questi requisiti e della verifica del loro rispetto da parte degli operatori commerciali.

Entro i limiti della sua sfera di competenza, la Commissione è fermamente determinata ad assistere gli Stati membri al riguardo. Tale determinazione è stata dimostrata nel recente caso di contaminazione di riso a grani lunghi degli Stati Uniti da parte dell’organismo geneticamente modificato non autorizzato LL RICE 601.

Nonostante il deplorevole ritardo con cui le autorità statunitensi hanno reso noto l’incidente, la Commissione ha immediatamente chiesto agli Stati membri di adottare misure per evitare che il riso geneticamente modificato non autorizzato entrasse nell’UE e per garantire l’immediato ritiro dal mercato dei prodotti a base di riso risultati positivi quanto alla presenza dell’OGM LL RICE 601.

Entro cinque giorni è stata adottata una decisione di emergenza per consentire l’ingresso nel mercato dell’UE soltanto a partite di riso a grani lunghi certificato come esente da riso non autorizzato.

Quando la Commissione è venuta a conoscenza dei risultati divergenti tra le analisi eseguite negli Stati Uniti e le controanalisi effettuate sul riso certificato importato nel porto di arrivo dell’UE, la misura originaria è stata ulteriormente rafforzata.

In breve tempo l’UE ha dimostrato di avere gli strumenti e la volontà di imporre il rispetto della propria legislazione.

E’ tuttavia innegabile che, in una situazione in cui un crescente numero di OGM viene coltivato o sperimentato in tutto il mondo, non si può escludere la possibilità di incidenti di questo genere. Ciò è ancor più rilevante per l’UE, che è uno dei maggiori importatori di prodotti alimentari del mondo. Per questo motivo, attualmente la Commissione sta esaminando in quale modo i meccanismi esistenti, e in particolare quelli relativi ai controlli preventivi, possano essere ulteriormente potenziati nel rispetto delle competenze degli Stati membri, che, è opportuno rammentare, sono direttamente responsabili dei controlli.

In questo contesto, una delle possibilità che attualmente la Commissione sta valutando è migliorare gli strumenti di controllo esistenti attraverso l’ulteriore definizione di metodi di rilevazione per gli OGM autorizzati e non autorizzati e imporre un livello di controllo rafforzato e uniforme per i prodotti di origine non animale in modo da verificare l’eventuale presenza di OGM.

La nostra legislazione in materia di OGM è già tra le più rigorose del mondo e la Commissione adotterà ogni possibile provvedimento per garantirne il rispetto e la piena attuazione. Compirà ogni possibile sforzo per non mettere a repentaglio in nessun caso la protezione e la fiducia dei cittadini e dei consumatori.

 

Interrogazione n. 86 dell'on. Athanasios Pafilis (H-0863/06)
 Oggetto: Rete greca per la responsabilità sociale d'impresa
 

Nel giugno del 2000 è stata fondata la Rete greca per la responsabilità sociale d'impresa, di cui a tutt'oggi fanno parte più di 60 società greche, che vi hanno aderito per poter fruire di vari programmi di finanziamento. L'Associazione delle industrie greche (SEB) e le imprese che fanno parte della Rete procedono quotidianamente a licenziamenti, violenze e minacce contro i lavoratori in aperto dispregio delle disposizioni della legislazione greca e internazionale sul lavoro. Lo stesso presidente del SEB, D. Daskalopoulos, ha licenziato alcuni lavoratori della sua impresa Vivartia (ex Delta) che non dispone di alcuna rappresentanza dei lavoratori in quanto ne viene impedita l'attività sindacale. I "programmi strategici" di detta Rete in materia di "sviluppo sostenibile", "ambiente", "condizioni di igiene e sicurezza dei lavoratori", "pari e opportunità di occupazione" costituiscono una vera e propria provocazione nei confronti dei lavoratori.

Può la Commissione dire quali programmi della Rete in questione riguardanti imprese greche stabilite in Grecia ha finanziato e attraverso quali fondi?

 
  
 

La Commissione non è a conoscenza dei problemi specifici individuati nell’interrogazione dell’onorevole parlamentare, tuttavia è ovvio che si aspetta che la legislazione europea riguardante i tipi di questioni cui si fa riferimento sia applicata e fatta rispettare in maniera corretta.

La Commissione ha concluso un accordo di sovvenzione con la Rete greca per la responsabilità sociale d’impresa (RSI) per il progetto di “integrazione di principi e pratiche di responsabilità sociale nelle PMI”. Lo scopo del progetto è aiutare le PMI greche a integrare la RSI nella loro strategia aziendale. Il progetto avrà una durata di due anni, da giugno 2006 a maggio 2008. Il contributo dell’UE sarà pari a un massimo di 205 629 euro su un bilancio totale del progetto di 274 172 euro. Il finanziamento viene effettuato a titolo del programma pluriennale a favore dell’impresa e dell’imprenditorialità (linea di bilancio 02.020301).

 

Interrogazione n. 87 dell'on. Proinsias De Rossa (H-0865/06)
 Oggetto: Patenti di guida provvisorie
 

A seguito della sua risposta del 13 giugno 2006 all’interrogazione E-1815/06, presentata dal sottoscritto, può riferire la Commissione in merito alla situazione dell’esame relativo al regime irlandese in materia di patenti provvisorie? Può dire, altresì, quando ha contattato le autorità irlandesi sull’argomento in oggetto e quando ha ricevuto risposta? Può dire, infine, quale iniziativa intende adottare al riguardo?

 
  
 

Per quanto riguarda la questione del rilascio di patenti di guida provvisorie in Irlanda, che autorizzano la persona interessata a fare pratica di guida senza la presenza di un supervisore nel veicolo, il 23 maggio 2006 la Commissione ha chiesto informazioni in merito alle autorità irlandesi, che hanno risposto il 23 giugno 2006.

Il governo irlandese, consapevole dei problemi di sicurezza stradale che un sistema di formazione di questo genere può comportare, ha dichiarato che intende rivedere la sua posizione sull’argomento, nel più ampio contesto di un programma di miglioramento della sicurezza stradale.

Tuttavia, tenuto conto che l’Irlanda non è l’unico Stato membro ad avere introdotto questa specifica procedura di formazione dei conducenti, attualmente la Commissione sta esaminando in modo approfondito il tipo di risposta che è opportuno fornire al problema, alla luce della legislazione comunitaria in vigore.

 

Interrogazione n. 88 dell'on. Leopold Józef Rutowicz (H-0866/06)
 Oggetto: Protezione dei consumatori di fronte all'aumento dei prezzi delle merci e dei servizi
 

Ogni giorno siamo confrontati con l'aumento dei prezzi dei servizi e delle merci in vendita sul mercato. In detto contesto, potrebbe la Commissione comunicare le azioni che essa realizza per proteggere meglio i consumatori da simili aumenti ingiustificati dei prezzi?

 
  
 

La politica di concorrenza della Commissione ha lo scopo di promuovere e mantenere mercati e comportamenti concorrenziali che offrano i massimi vantaggi ai consumatori in termini di qualità e prezzo di prodotti e servizi.

La politica di concorrenza agisce pertanto contro pratiche illecite come i cartelli o le intese con cui i concorrenti concordano di fissare i prezzi, limitare la produzione o spartirsi mercati o consumatori, in quanto tali pratiche tendono a costringere i consumatori a pagare un prezzo più alto per una qualità inferiore. Inoltre, il controllo sulle concentrazioni esercitato dalla Commissione assicura che imprese e consumatori siano tutelati contro prezzi più elevati o una scelta più limitata di beni o servizi.

La Commissione ha anche promosso l’apertura di taluni mercati alla concorrenza, come ad esempio nei settori del trasporto aereo e delle telecomunicazioni, consentendo ai consumatori di trarre vantaggio dalla riduzione dei prezzi e da nuovi servizi.

Nel campo della legislazione relativa alla protezione dei consumatori, la Commissione si adopera in vari modi per rafforzare la posizione dei consumatori e rendere più facile per le imprese commercializzare e vendere prodotti in altri Stati membri. Ad esempio, la direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali(1) offrirà ai consumatori la stessa protezione contro pratiche commerciali aggressive o ingannevoli, a prescindere dal fatto che acquistino prodotti a livello locale o in altri Stati membri.

Verso la fine del 2006 la Commissione presenterà un Libro verde organizzando un’ampia consultazione allo scopo di individuare ed evitare possibili lacune o incongruenze nella legislazione comunitaria esistente in materia di protezione dei consumatori o nella sua applicazione da parte degli Stati membri.

Come osservazione finale, la Commissione desidera richiamare l’attenzione dell’onorevole parlamentare sulla Rete dei centri europei dei consumatori istituita dalla Commissione e dagli Stati membri per fornire consulenza e aiutare i consumatori europei a far fronte ai problemi relativi agli acquisti transfrontalieri. Nel caso in cui tali problemi siano legati alla concorrenza, i consumatori possono contattare il responsabile delle relazioni con i consumatori nominato dalla Commissione in seno alla Direzione generale della concorrenza.

 
 

(1) Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 maggio 2005 relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno.

 
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