Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, gli esperti concordano nell’affermare che nei prossimi anni la fuga dalle campagne si accelererà ulteriormente e l’alto tasso di mortalità degli agricoltori concorre a ciò. Anche la nostra maldiretta politica di sostegno, dalla quale, di norma, traggono beneficio solo le grosse aziende, ha favorito questa tendenza allarmante, per non parlare dei lunghi anni in cui le aree rurali sono state trascurate.
Ne consegue che dobbiamo assicurare la sopravvivenza della piccola agricoltura e di quella nelle zone di montagna, ricreando condizioni di vita equivalenti in città e in campagna, e che dobbiamo accelerare l’ampliamento delle infrastrutture nelle singole regioni e la creazione di reti che le uniscano. Per questa ragione ho votato affinché venga adottata la relazione Daul.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La proposta della Commissione sullo sviluppo delle colture energetiche e di quelle per la produzione di biomassa tenta di mitigare gli impasse creati dalla nuova politica agricola comune all’economia rurale, sia per chi lavora nell’industria di trasformazione dei prodotti agricoli che per le proprietà piccole e medie, impasse che si verificheranno fin dal suo primo anno di applicazione e che s’intensificheranno una volta che questa politica verrà perfezionata.
Tuttavia, dagli incentivi contenuti nella proposta e dai prerequisiti per erogarli traggono profitto le grandi aziende agricole dei paesi comunitari settentrionali, relativamente avvantaggiati dalle loro dimensioni, dalle condizioni del suolo e del clima, ma non ne beneficiano i paesi con un clima estivo secco e piccole proprietà, perché sono a carattere orizzontale e trascurano deliberatamente queste differenze.
Nel nostro paese, per esempio, non vi sono aree che siano state inserite nel programma di riconversione per essere destinate a colture energetiche, cosicché non si trarranno benefici da questo provvedimento, mentre l’aiuto per superficie pari a 4,5 euro ogni dieci are è insignificante e pertanto non costituisce affatto un incentivo.
Ecco perché non concordiamo col regolamento proposto, anche se in linea di principio consideriamo positiva la proposta della Commissione per i nuovi Stati membri per quanto riguarda le colture energetiche, dal momento che la proposta va nella direzione della parità di trattamento, benché non la realizzi.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione della mia stimata collega, l’onorevole Descamps, sulla proposta di decisione del Consiglio europeo in merito alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e il governo canadese che istituisce un quadro per la cooperazione nei settori dell’istruzione superiore, della formazione e della gioventù. La relazione è del tutto in linea con una tradizione di cooperazione assai consolidata ed è logico che dobbiamo stabilire legami privilegiati tramite i giovani dell’Unione europea e del Canada, che sono i figli dell’Europa.
Marie-Hélène Descamps (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Questi accordi hanno l’obiettivo di consolidare la nostra cooperazione nei settori dell’istruzione superiore e della formazione, da una parte col Canada e dall’altra con gli Stati Uniti.
Pertanto i testi rinnovano, per un periodo di otto anni – dal 2006 al 2013 – i programmi di cooperazione conclusi in precedenza con l’Unione europea nel 1995 e nel 2000.
L’accordo di cooperazione negoziato col Canada mira a consolidare e ampliare la portata dell’accordo precedente, fornendo un nuovo quadro per la cooperazione nel settore della gioventù.
Rinnovando in parte il programma precedente, il nuovo accordo concluso con gli Stati Uniti stabilisce programmi innovativi che portano all’istituzione di diplomi transatlantici e mira a favorire programmi di scambio per studenti e insegnanti, a consolidare il programma Schuman-Fulbright e a incoraggiare una collaborazione istituzionale più stretta per quanto riguarda l’istruzione superiore.
Questi due accordi hanno dimostrato la propria utilità in passato. La loro attuazione dovrebbe migliorare, nell’avvenire, l’apertura e la competitività dei nostri sistemi d’istruzione superiore, avvicinando al contempo i nostri popoli e favorendo la comprensione reciproca.
Mi compiaccio che il nostro Parlamento abbia votato a favore della conclusione di questi accordi, permettendo così di rafforzare i rapporti che legano i nostri due continenti.
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, la gente sta diventando sempre più mobile: lavorare, studiare o passare gli anni del pensionamento in un altro Stato dell’Unione non è più un fatto eccezionale e pertanto sorgono una serie di questioni complesse e di situazioni problematiche relative alla sicurezza sociale che non siamo ancora riusciti a risolvere. Anche se qualcosa si è mosso da quando, oltre trent’anni fa, sono state emanate le prime norme e regolamentazioni comunitarie in questo settore, c’è ancora bisogno di intervenire al riguardo, un’esigenza alla quale non credo che la relazione Matsouka renda giustizia; per questo motivo mi sono astenuto dal votarla.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Le aziende che operano nel settore dell’acquacoltura, in seguito al rapido sviluppo del settore delle specie indigene di pesci e molluschi, vogliono occuparsi anche della coltivazione delle specie non indigene.
La proposta di regolamento fissa alcune procedure di sicurezza perché c’è chiaramente il pericolo di turbare la biodiversità naturale di una zona una volta che vengano introdotte e rilasciate specie non indigene.
Tuttavia, non ci può essere piena garanzia, soprattutto perché i dati necessari sono stati richiesti alle parti interessate, com’è avvenuto per gli OGM.
Storicamente, è ovvio, per specie come le carpe, le trote e così via, è dimostrato che non ci sono state ripercussioni nelle zone in cui sono state rilasciate. Nondimeno, non c’è garanzia che questo precedente storico si ripeta, quali che siano gli sforzi e le valvole di sicurezza.
D’altra parte, la facilità di importare tali organismi e i possibili vantaggi economici che ne deriveranno possono essere controbilanciati dalla pesca e/o dalla coltivazione di tali specie nei paesi in cui costituiscono la popolazione naturale – in altre parole, senza che ci siano rischi per gli ecosistemi naturali. Ciò permetterebbe inoltre a questi paesi di svilupparsi, anche a vantaggio dei loro abitanti, in misura inversamente proporzionale rispetto a qualunque risultato economico che si registrerebbe negli Stati membri dell’Unione. In altre parole, ci guadagnerebbero le grandi aziende commerciali, ma [non] a scapito delle popolazioni dei paesi originari delle specie non indigene.
Lars Wohlin (PPE-DE), per iscritto. – (SV) Sono dell’opinione che gli aiuti finanziari dell’Unione al settore della pesca vadano aboliti il prima possibile e che gli Stati membri responsabili del depauperamento delle risorse ittiche debbano compensare di tasca propria i paesi in via di sviluppo danneggiati dagli accordi comunitari in materia di pesca. Una compensazione simile non dev’essere pagata dal bilancio dell’Unione.
Ho deciso, malgrado tutto, di votare a favore della relazione, perché riduce la possibilità che gli specifici interessi nazionali influiscano su tali aiuti.
Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione è, in effetti, il primo strumento globale destinato a prevenire e a combattere la corruzione.
L’obiettivo è pertanto quello di creare una strategia e un quadro globale, con un complesso di norme di minima, ma importanti, che vanno applicate a tutti i paesi firmatari della Convenzione. Le norme dovranno servire nella prevenzione, nelle indagini e nella repressione della corruzione, nonché nel congelamento, nel sequestro, nella confisca e nella restituzione dei proventi di queste attività illecite.
La Commissione ha negoziato quest’accordo che si fonda sugli elementi della Convenzione che rientrano nella sfera di competenza della Comunità, e ha concluso i negoziati nel settembre del 2005 a nome dell’Unione.
Pertanto mi rallegro per la conclusione dell’accordo. Sono tuttavia molto deluso che tre Stati membri – Svezia, Slovenia ed Estonia – non abbiano ancora sottoscritto la Convenzione.
Spero che il processo di ratifica compiuto non solo dalla Comunità, ma anche dagli Stati membri che devono ancora farlo, venga concluso alla prima occasione. Vorrei sottolineare che è d’importanza vitale che questa Convenzione entri in vigore quanto prima, in modo che si possa intervenire con un’azione più efficace per prevenire e combattere questo tipo di crimine.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) E’ inaccettabile che ora l’Unione tenti di vincolare a terzi tutti i suoi Stati membri in un trattato internazionale. Tutto il progetto anticorruzione della Convenzione delle Nazioni Unite si basa sulla partecipazione volontaria e sul rispetto del diritto nazionale all’autodeterminazione. Il relatore, onorevole Catania, ha scelto di citare nella sua relazione 26 articoli assortiti a sostegno della proposta. Nessuno di questi articoli concede alla Comunità la facoltà o la competenza di aderire a un trattato giuridicamente vincolante con terze parti. La Comunità deve invece concentrarsi sulla corruzione assai diffusa all’interno delle sue stesse Istituzioni. La corruzione interna all’Unione è un problema in crescita che sta erodendo la fiducia dei cittadini in tutto il progetto europeo.
La Lista di giugno ritiene che l’Unione stia andando oltre i suoi poteri e pertanto voterà contro la proposta nel suo complesso.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Questa è ovviamente una delle relazioni a favore delle quali ho votato. La lotta contro la corruzione a livello globale è un obiettivo fondamentale per il buon governo di tutti i membri della comunità internazionale e, a sua volta, un fattore essenziale per la pace e lo sviluppo.
Al di là delle considerazioni di carattere etico ed economico, c’è un punto saliente che trasforma la lotta contro la corruzione su scala globale in un fattore chiave nelle relazioni internazionali. Paesi con governi corrotti si reggono su regole, criteri e interessi che sono incompatibili con quelli dello sviluppo sostenibile, della cooperazione e della pace. Combatterli significa combattere una delle cause dei conflitti e della povertà.
Non basta, tuttavia, che noi ci limitiamo a sottoscrivere simili convenzioni; è necessario che, a livello internazionale, questa lotta faccia parte dei nostri criteri di azione, anche nel campo della cooperazione, in cui la Comunità svolge un ruolo così importante. Ecco perché ho votato a favore.
Emanuel Jardim Fernandes (PSE), per iscritto. – (PT) La proposta della Commissione, su cui si basa la relazione, mira ad armonizzare il regolamento (CE) n. 1698/2005 con l’accordo del Consiglio europeo del 15/16 dicembre 2005 sulle prospettive finanziarie 2007-2013, relativamente al limite massimo degli stanziamenti dal Fondo di coesione e anche all’esenzione del Portogallo dall’applicazione dell’obbligo di cofinanziamento per un importo di 320 milioni di euro.
Secondo i termini di quest’accordo, l’importo di 320 milioni di euro da assegnare al Portogallo non sarebbe “soggetto al requisito del cofinanziamento nazionale”, “in considerazione delle specifiche difficoltà dell’agricoltura portoghese”.
La previsione di una “dotazione nazionale” nel contesto di uno stanziamento globale previsto dal nuovo strumento di sviluppo rurale (FEASR) e il raddoppio del valore proposto inizialmente, accresciuto a causa di questa esenzione che riconosce le difficoltà con cui si confronta l’agricoltura portoghese, erano, per il Portogallo, tra gli aspetti più positivi dell’accordo politico raggiunto durante la Presidenza britannica nell’ambito degli ardui e lunghi negoziati sul quadro finanziario per il prossimo periodo 2007-2013.
Pertanto ho votato a favore della relazione Mulder, che sostiene l’adozione della proposta della Commissione in esame.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La Lista di giugno ritiene che la politica agricola comune (o “sviluppo rurale”, come lo chiameremo dal 2007 in poi) vada abolita.
Questa settimana – la settimana che comincia il 23 ottobre 2006 – la Corte dei conti europea ha osservato per la tredicesima volta consecutiva di non potere garantire che più di una piccola parte dei 105 miliardi di euro tratti dal bilancio comunitario sia stata utilizzata correttamente o per gli obiettivi prefissati. Gli aiuti previsti dalla politica agricola costituiscono uno dei settori più problematici da monitorare e ci sono grandi difficoltà nella sorveglianza di alcuni settori come quello degli aiuti alla produzione dell’olio d’oliva.
Non si può andare avanti così. Il finanziamento comunitario, questo rubinetto gocciolante, va chiuso. Pertanto abbiamo votato contro la relazione.
Neil Parish (PPE-DE), per iscritto. – (EN) La relazione approva la proposta della Commissione di apportare due modifiche al meccanismo di finanziamento dello sviluppo rurale, conformemente all’accordo di finanziamento dello sviluppo rurale per il periodo 2007-2013 sottoscritto dal Consiglio europeo nel dicembre 2005. I deputati conservatori al Parlamento europeo hanno bocciato quest’accordo e dunque non possono appoggiare le proposte che ne conseguono.
Il governo britannico ha sprecato un’occasione d’oro per ottenere una più equa distribuzione dei finanziamenti destinati allo sviluppo rurale e ha permesso ad alcuni Stati membri, anche in quella fase iniziale, di stanziare per sé quote considerevoli dell’ammontare già ridotto. In definitiva, il Regno Unito ha finito per avere solo il 3,5 per cento dei finanziamenti disponibili per l’Europa dei Quindici. La proposta in questione consente al Portogallo di esimersi dall’obbligo di cofinanziare le somme che si è assicurato in occasione del Consiglio di dicembre. I Conservatori ritengono che ciò costituisca un precedente pericoloso.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Oltre alle considerazioni generali sulla necessità di adeguare progressivamente agli obiettivi di sviluppo rurale la politica agricola e i fondi assegnati agli agricoltori, un’altra delle ragioni per le quali ho votato a favore della relazione è il fatto che sia stata riconosciuta l’eccezionalità della situazione con cui è alle prese il Portogallo e che conseguentemente sia stato eliminato il requisito del cofinanziamento nazionale.
Come risulta chiaramente dall’interrogazione che ho posto alla Commissione, gli agricoltori portoghesi, l’agricoltura portoghese e lo sviluppo rurale potenziale sono stati recentemente pregiudicati dall’incapacità o dalla mancanza di volontà del governo portoghese di agire, con cospicue risorse che restano inutilizzate. Pertanto questo caso particolare è pienamente giustificato.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione Lienemann (A6-0373/2006) sulla proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nel campo della politica per l’ambiente marino, perché questa direttiva sulla strategia per l’ambiente marino metterà in pratica adeguatamente le proposte del sesto programma di azione ambientale sulla promozione dello sfruttamento sostenibile dei mari e degli ecosistemi marini.
Una parte significativa dei cittadini europei vive in regioni costiere e dipende dal mare per il proprio sostentamento, mentre per altri il mare rappresenta un luogo di svago. Lo sviluppo di strategie marine nazionali – finalizzate al conseguimento di un buono stato ecologico, alla tutela e al mantenimento degli ecosistemi marini più vulnerabili e della biodiversità – consentirà di mantenere le attività marittime entro livelli sostenibili, in modo che non compromettano gli utilizzi e le attività delle generazioni future né la capacità degli ecosistemi marini di reagire ai cambiamenti naturali e indotti dall’uomo.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Approviamo l’iniziativa di istituire un quadro d’azione nel campo della politica per l’ambiente marino con mezzi finanziari adeguati. Considerata la sua importanza strategica, gli Stati membri devono definire strategie di valutazione e obiettivi ambientali per il proprio ambiente marino, in collaborazione con gli altri Stati membri o con paesi terzi, considerando che in questo ambito le azioni di un paese possono ingenerare un effetto a catena in altri paesi.
C’è una questione fondamentale in tutto questo processo e consiste in chi detiene la proprietà e gestisce le acque marine cui si applica questa direttiva. Sia la proposta di direttiva che gli emendamenti alla relazione Lienemann che sono stati adottati oggi cominciano con la definizione di “acque marine europee” senza chiarire quale sia la nostra zona economica esclusiva e il ruolo di ciascuno Stato membro in quest’ambito.
Quanto alla creazione di organismi sopranazionali, non viene indicato se si tratti di una decisione che si può adottare solo all’unanimità, in base al principio della sovranità degli Stati con eguali diritti, o se, al contrario, potrà essere imposta a maggioranza, come previsto dalla cosiddetta Costituzione europea. Considerando la mancanza di chiarezza in merito a tali questioni, ci siamo astenuti dal voto finale.
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Lo scopo della “direttiva per l’ambiente marino” è quello di istituire un elevato livello di protezione per i mari e gli oceani d’Europa, di ampliare la nostra conoscenza di questo patrimonio, del quale c’è ancora tanto da scoprire, e definire una strategia di gestione basata su un approccio integrato, con obiettivi qualitativi e quantitativi finalizzati a ridurre la pressione sulle risorse marittime e sui loro ecosistemi.
Vorrei sottolineare il riferimento alla necessità che l’Unione europea cofinanzi le misure da adottare per far rispettare la direttiva e la loro inclusione nei bilanci a partire dal 2007. Questo provvedimento è molto importante per il Portogallo, perché è un paese con una grandissima zona economica esclusiva (la più vasta dell’Unione) che, pertanto, comporta costi elevati.
L’approvazione della modifica della data di scadenza – il 2017 invece del 2021 – per il conseguimento degli obiettivi enunciati, come proposto dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, dimostra l’ambizione del Parlamento in merito a questo tema e la misura del suo impegno nel raggiungimento di un “buono stato ecologico” per l’ambiente marino.
Le misure previste restanti – anche queste proposte dal PPE-DE – volte ad assicurare la sostenibilità delle attività economiche che riguardano mari e oceani, la tutela della biodiversità e la prevenzione dell’inquinamento, rivestono anch’esse un’estrema importanza, migliorando sostanzialmente la proposta della Commissione...
(Testo abbreviato conformemente all’articolo 163, paragrafo 1, del Regolamento)
Ambroise Guellec (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Approvo l’adozione in prima lettura della relazione dell’onorevole Lienemann in merito alla direttiva sulla strategia per l’ambiente marino, un documento essenziale conforme alla direttiva quadro sulle acque (FWD). Vorrei però esprimere il mio scetticismo per quanto riguarda la fattibilità del calendario appena adottato. Infatti non conosciamo ancora abbastanza l’ambiente marino per giungere, in un periodo abbreviato, a valutare effettivamente la situazione ambientale dei mari europei. Come stiamo vedendo con l’attuazione della direttiva quadro sull’acqua, la fase di preparazione e di analisi è sempre difficile e più lunga del previsto. Inoltre, l’ambiente marino non è affatto caratterizzato da mutamenti repentini. Mi sembra dunque che il calendario proposto dalla Commissione sia già sufficientemente ambizioso.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Apprezziamo l’iniziativa di una politica per l’ambiente marino in quanto parte della cooperazione e del coordinamento necessari tra i vari paesi, salvaguardando al contempo la piena sovranità di ogni paese sul territorio e sulle risorse, tenendo anche conto di aspetti economici, sociali e ambientali.
La conservazione delle risorse alieutiche è messa in pericolo, in particolare, dall’inquinamento marino e dall’intenso traffico marittimo che influiscono entrambi sull’attività di pesca. La pesca stessa è soltanto uno dei fattori principali, e certamente non il più importante.
Le risorse alieutiche e la loro rigenerazione sono elementi indispensabili per garantire il futuro della pesca: senza pesce non c’è pesca. Pertanto i pescatori sono i primi a interessarsi della tutela e della rigenerazione dell’ambiente marino. In questo scenario, i provvedimenti per il recupero delle risorse devono, con un finanziamento adeguato, prevedere le necessarie compensazioni economiche e sociali per il settore e per chi ci lavora.
La questione centrale è il rispetto della sovranità degli Stati membri, soprattutto riguardo al loro spazio economico esclusivo e alla loro capacità di attuare misure autonome per difendere le loro risorse alieutiche.
Infine, anche se dev’esserci uno stretto collegamento fra la strategia marittima e la politica comune della pesca, quest’ultima non può imporre le sue strutture a quelle della pesca.
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. – (EN) L’ambiente marino richiede di essere tutelato e conservato. La conclusione del buono stato ecologico va apprezzata. Tuttavia, appoggiando l’emendamento n. 91, noi facciamo presente che si può continuare a sfruttare il petrolio e il gas nell’ambiente marino in conformità con le norme internazionali. E’ importante riconoscere il contributo dell’industria petrolifera e del gas a favore dell’economia scozzese.
Richard Corbett (PSE). – (EN) Signor Presidente, il mercurio è una sostanza altamente tossica e pericolosa. La sua eliminazione da tutti gli impieghi, soprattutto quelli domestici, per cui ci sono adeguate alternative, è una proposta assolutamente ragionevole, sostenuta da tutti e 25 i governi al Consiglio.
Tuttavia il gruppo PPE-DE, incitato dai conservatori britannici, ha votato a favore di esenzioni aggiuntive proprio per i prodotti destinati molto probabilmente ad un uso domestico, il loro uso più pericoloso. E questo non coincide con quello che racconta David Cameron nel Regno Unito, né con quello che si legge sul sito web del partito conservatore in merito al suo impegno ad eliminare progressivamente le sostanze chimiche pericolose.
Spero almeno che i conservatori britannici, dopo settimane di campagne contro i cosiddetti “diktat” di Bruxelles, ora smettano di utilizzare questo linguaggio. Oggi vedranno che i risultati della legislazione europea sono determinati dal voto democratico qui al Parlamento, piuttosto che da “diktat” della Commissione europea.
Anche se non sono minimamente pentiti di quello che hanno fatto oggi, spero che almeno desistano dall’utilizzare questo tipo di vocabolario, quando fanno campagna su questo tema.
Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Questa proposta costituisce il seguito della “Strategia comunitaria sul mercurio” approvata nel gennaio 2005 e ha l’obiettivo di ridurre l’uso dei prodotti contenenti mercurio, vietando la commercializzazione dei dispositivi contenenti mercurio.
Quando questa relazione sarà approvata, la commercializzazione di tutti i dispositivi di misura sarà vietata e la proposta originale della Commissione sarà emendata affinché la nuova normativa possa entrare in vigore il più presto possibile.
Da questo regolamento sono esclusi i prodotti già sul mercato, i dispositivi considerati pezzi di antiquariato e articoli da collezione, e i barometri, la cui fabbricazione dovrebbe essere adeguatamente autorizzata, e che possono essere eliminati gradualmente.
L’uso di barometri tradizionali in Europa è molto limitato, così come la quantità totale di mercurio che utilizzano. L’esclusione dalla proposta dei barometri e delle apparecchiature di misura che hanno più di 50 anni è una misura importante, in quanto protegge i piccoli produttori e perchè il mercurio spesso è riciclato e riutilizzato. Se fossero stati inclusi – e sarebbe stato il colpo di grazia definitivo per l’industria dei barometri tradizionali – si sarebbero potute verificare contaminazioni e flussi inattesi di mercurio...
(Testo abbreviato conformemente all’articolo 163, paragrafo 1, del Regolamento)
Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione Sornosa Martínez (A6-0287/2006) sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva del Consiglio 76/769/CEE per quanto riguarda le restrizioni alla commercializzazione di alcune apparecchiature di misura contenenti mercurio. In ragione dell’elevata tossicità di questa sostanza per gli esseri umani, gli ecosistemi e la natura, sono necessarie restrizioni alla commercializzazione di questi prodotti. Tale restrizioni contribuiranno a impedire che quantità sostanziali di mercurio entrino nel flusso dei rifiuti e a stabilire un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana.
I dispositivi contenenti mercurio devono essere sostituiti ogniqualvolta esistano sul mercato alternative più sicure. Si possono tuttavia autorizzare eccezioni, nei casi in cui non si disponga ancora di soluzioni alternative sul mercato nonché nei rari casi di conservazione di barometri tradizionali, collezioni museali e patrimonio industriale.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione volta a limitare l’uso del mercurio – una sostanza estremamente pericolosa. Sono rimasto allibito nel vedere che gli eurodeputati conservatori britannici hanno votato contro il divieto. Tutto questo è contrario all’esplicito impegno preso dal loro leader David Cameron di vietare le sostanze chimiche pericolose. E’ triste constatare che i conservatori prendono così alla leggera la salute e la sicurezza delle generazioni future. Ancora una volta in patria dicono una cosa e all’estero il suo contrario.
Linda McAvan (PSE), per iscritto. – (EN) Un servizio pubblicato da Lancet nel Regno Unito la scorsa settimana ha evidenziato i pericoli delle sostanze chimiche tossiche per la salute del feto e dei neonati. Il mercurio è estremamente tossico, bioaccumulativo e persistente nell’ambiente. Non ci sono livelli di esposizione sicuri, ma nonostante questo, il mercurio entra nel nostro flusso di rifiuti a partire da prodotti di uso domestico contenenti mercurio che vengono eliminati. Per questo, gli eurodeputati laburisti sono d’accordo con i 25 governi dell’Unione europea e con il Consiglio nell’affermare che il mercurio dovrebbe essere progressivamente eliminato in tutti i suoi impieghi, salvo quelli essenziali. Siamo contrari ad un’esenzione permanente per i barometri a mercurio, perché sono disponibili alternative, ma abbiamo proposto e sosterremo un periodo più lungo, due anni, per l’eliminazione progressiva dei barometri a mercurio, per consentire all’industria di adeguarsi alla nuova normativa.
Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) Nel gennaio 2005, il Parlamento europeo aveva approvato a larghissima maggioranza la mia relazione sul piano d’azione europeo per l’ambiente e la salute 2004-2010. Tra le raccomandazioni formulate c’era il progressivo divieto di utilizzo di certe sostanze chimiche che, come il mercurio utilizzato negli amalgami dentali e negli apparecchi di misura e di controllo non elettronici, sono estremamente pericolosi per la salute umana. Si impone ora la loro sostituzione con alternative più sicure.
In effetti, le 33 tonnellate di mercurio utilizzato ogni anno nell’Unione europea sono, come altri metalli pesanti, all’origine di malattie neurologiche che colpiscono in particolare i bambini.
Nelle nostre società, in cui la chimica è onnipresente, la salute pubblica deve d’ora in poi essere la prima delle nostre preoccupazioni. Per questo motivo, deploro che – nonostante il parere della nostra relatrice, onorevole Sornosa – 327 dei miei colleghi abbiano ritenuto opportuno limitare i divieti all’immissione nel mercato di apparecchiature quali termometri e barometri contenenti mercurio e destinate al grande pubblico.
Domani, tuttavia, dovremo fare di più ed esigere che i 25 Stati membri adottino misure ambiziose perché il mercurio in tutte le sue forme scompaia dai luoghi pubblici vulnerabili, quali i reparti di maternità, gli asili nido, gli ospedali e le scuole.
Richard Corbett (PSE). – (EN) Signor Presidente, questa votazione mostra che la riforma della politica agricola comune si scontra ancora, ad ogni suo passo, con l’inflessibile resistenza degli interessi costituiti.
Malgrado tale resistenza, passo dopo passo la riforma ha già consentito un certo contenimento delle spese della PAC e il passaggio dalla spesa per il sostegno dei prezzi al sostegno alle migliorie ambientali, al sostegno al reddito e allo sviluppo rurale. Anche i sussidi all’esportazione saranno progressivamente eliminati. Tuttavia sono ancora necessari ulteriori passi su questa strada. E saranno compiuti, nonostante la resistenza emersa nelle votazioni odierne.
Hynek Fajmon (PPE-DE). – (CS) Onorevoli colleghi, gli eurodeputati del partito democratico civile ceco oggi si sono rifiutati di appoggiare la relazione Goepel sulla proposta di regolamento del Consiglio recante norme per la modulazione volontaria dei pagamenti diretti. La relazione respinge la proposta presentata dalla Commissione, sulla base di un accordo con il Consiglio, con l’obiettivo di accrescere la flessibilità della politica agricola comune (PAC), legandola in modo più diretto alle effettive condizioni nazionali.
E’ ridicolo che il Parlamento assuma una posizione di questo tipo, una posizione che non possiamo sostenere in nessun caso. La PAC attualmente discrimina tutti i nuovi Stati membri, compresa la Repubblica ceca. Il riferimento del relatore al principio del divieto di discriminazione si fa beffa di tutti gli agricoltori nei nuovi Stati membri. La discriminazione a danno di questi agricoltori c’è già. Quest’anno hanno ricevuto il 35 per cento degli stanziamenti sotto forma di pagamenti diretti, rispetto al 100 per cento percepito dagli agricoltori dei vecchi Stati membri, e questo spiega le ragioni del nostro voto.
Michl Ebner (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, mi scuso per non aver prestato sufficiente attenzione in precedenza.
Volevo dire che sono assolutamente d’accordo con l’impostazione e la posizione del relatore, onorevole Goepel, e che non capisco come mai la Commissione insista così ostinatamente sulla sua posizione. Spero che nei prossimi due mesi, ora previsti dai nuovi accordi sulle scadenze, troveremo i modi e i mezzi necessari per evitare qualsiasi forma di rinazionalizzazione della politica agricola in un momento in cui sono necessarie risorse in tutta la Comunità. Cercherò di lavorare in tale senso.
Credo che dovrebbe essere concesso un margine di manovra negoziale e spero che la Commissione europea assuma a questo riguardo una posizione più ragionevole.
Thijs Berman (PSE), per iscritto. – (NL) Va da sé che i deputati olandesi del gruppo socialista al Parlamento europeo sono a favore di una maggiore modulazione, al trasferimento dei fondi dal primo al secondo pilastro del bilancio agricolo. Dal punto di vista dei socialdemocratici, la modulazione costituisce un miglioramento rilevante rispetto all’ingiustizia degli attuali sostegni al reddito. Infatti, gli agricoltori più grandi ricevono importi sproporzionatamente più elevati degli altri. Inoltre, i sostegni al reddito sono inefficaci, in quanto non aumentano in misura sufficiente il potere d’acquisto degli agricoltori.
Lo sviluppo rurale offre più opportunità per tutti coloro che vivono in campagna. Giovani e vecchi hanno bisogno di strutture efficienti, di un’infrastruttura forte e di un’economia diversa. Lo sviluppo rurale è anche nell’interesse della maggior parte degli agricoltori.
Sebbene alla modulazione volontaria sia preferibile la modulazione obbligatoria, in ragione della possibile distorsione delle relazioni concorrenziali tra gli agricoltori europei, il partito laburista olandese può comunque accettarla, perché rappresenta un passo nella giusta direzione. Il Consiglio ha tuttavia preso una decisione, senza percorrere prima la più fondamentale via democratica. Il Parlamento europeo non è stato consultato in merito a questo importante intervento sul bilancio.
Purtroppo, in ragione di questo deficit democratico, è per noi impossibile sostenere la proposta di risoluzione e ci siamo pertanto astenuti dal voto.
Luis Manuel Capoulas Santos, Fausto Correia, Edite Estrela, Emanuel Jardim Fernandes, Elisa Ferreira, Ana Maria Gomes, Jamila Madeira, Manuel António dos Santos e Sérgio Sousa Pinto (PSE), per iscritto. – (PT) Abbiamo votato contro la posizione del relatore e quindi a favore della proposta legislativa della Commissione perché la “modulazione” – ossia la possibilità di trasferire fino al 20 per cento degli stanziamenti concessi agli agricoltori che ricevono più di 5 000 euro all’anno dal primo al secondo pilastro della PAC – costituisce uno strumento fondamentale per garantire giustizia in termini di distribuzione degli aiuti agricoli.
Desideriamo sottolineare che in Portogallo solo il 5 per cento degli agricoltori riceve più di 5 000 euro all’anno. Non riusciamo a capire come l’attuale situazione possa essere preferibile alla proposta alternativa della “modulazione volontaria”.
Noi, firmatari di questa dichiarazione di voto, sosteniamo, come soluzione ideale, una “modulazione obbligatoria”, che riteniamo sia inevitabile a breve e medio termine. Considerata l’alternativa presentata, reputiamo incomprensibile la sua reiezione da parte del Parlamento.
Nel caso del Portogallo, le modalità applicative proposte consentirebbero di accrescere gli aiuti per lo sviluppo rurale di circa 50 milioni di euro all’anno, e questo andrebbe a vantaggio di molti agricoltori che sono attualmente esclusi da qualsiasi forma di aiuto.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il messaggio centrale di questa relazione è che la proposta della Commissione non è una vera proposta di modulazione. Una proposta di questo tipo aumenterebbe gli aiuti per coloro che ricevono poco o nulla, riducendoli a coloro che ricevono molto, in modo da garantire una maggiore giustizia nella distribuzione degli aiuti tra i produttori, i paesi e le aziende e da aiutare le piccole e medie aziende agricole e le aziende agricole a conduzione familiare.
A nostro avviso, la Commissione dovrebbe presentare una proposta nuova tesa a creare una vera modulazione, che possa garantire una maggiore giustizia e liberare risorse finanziarie introducendo un tetto massimo agli aiuti ricevuti da ogni azienda (capping) e un aumento percentuale degli aiuti agli agricoltori che ricevono meno fondi dalla PAC (modulazione), per esempio, proponendo un aumento del 15-20 per cento per gli agricoltori che ricevono aiuti inferiori a 5 000 euro e, tenendo conto, oltre che della cifra, delle varie circostanze.
Diversamente, si corre il rischio di esacerbare le disuguaglianze già esistenti. Esortiamo pertanto la Commissione a riformulare la proposta per evitare che una decisione su questo tema porti in definitiva alla rinazionalizzazione della PAC. Abbiamo pertanto votato contro la relazione, nella speranza di poter spianare la strada a una proposta nuova.
Jean-Claude Fruteau (PSE), per iscritto. – (FR) Nel momento in cui l’Unione assiste alla recrudescenza degli egoismi nazionali, la proposta della Commissione di introdurre una modulazione volontaria dei pagamenti diretti nell’ambito della politica agricola comune segna una nuova tappa della disintegrazione della solidarietà comunitaria.
Di fronte a questo pericolo, il Parlamento doveva reagire e fare sentire la propria voce, per riaffermare l’impegno dei rappresentanti dei popoli europei in vista della difesa del carattere “comune” delle politiche pubbliche dell’Unione, di cui la PAC è il simbolo più forte e il risultato più compiuto.
In quest’ottica, ho votato a favore della relazione Goepel, oggi presentata in plenaria, e in particolare a favore dell’esplicita richiesta di reiezione pura e semplice della proposta della Commissione europea.
Questa posizione, che esprime il parere della maggioranza dei deputati oggi presenti, traduce la volontà chiara e priva di ambiguità del Parlamento europeo di non tradire la sua visione dell’Europa futura, e di non trasformare la PAC in una variabile di adeguamento destinata a tamponare le debolezze riprovevoli di un bilancio europeo paralizzato dalla scarsa ambizione degli Stati membri dell’Unione.
Esprime l’esigenza di conservare un sistema di aiuti ai produttori, fondato sul principio di equità, l’unico in grado di garantire in futuro la sopravvivenza di un’agricoltura europea sana, competitiva e solidale.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Votiamo contro la relazione, ma ci asteniamo dal voto sulla proposta della Commissione in materia.
La motivazione della relazione contiene una serie di pareri, come per esempio una posizione critica nei confronti della rinuncia ovvero della rinazionalizzazione della politica agricola comune – cosa che la Lista di giugno troverebbe auspicabile – e l’opinione secondo cui essa viola il diritto di partecipazione del Parlamento europeo, che la Lista di giugno non condivide.
Inoltre, la motivazione sostiene che il “controllo dello stato di salute” o “la revisione intermedia”, come preferiamo chiamarlo, del bilancio a lungo termine previsto per il periodo 2008-2009 dovrebbe costituire la base delle proposte per il periodo di finanziamento solo a partire dal 2013. La Lista di giugno non condivide assolutamente questa posizione. Riteniamo che la revisione intermedia debba condurre a tagli del bilancio per lo sviluppo agricolo/rurale, già nel periodo di cui stiamo discutendo, 2007-2013.
Christa Klaß (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Il Consiglio ha proposto agli Stati membri la possibilità di attuare una modulazione volontaria del 20 per cento dei pagamenti diretti per l’agricoltura dal primo al secondo pilastro, elemento che è stato integrato nella proposta della Commissione e che condurrà indubbiamente ad una riduzione degli aiuti agricoli. Consiglio, Parlamento e Commissione avevano convenuto, nell’ambito delle prospettive finanziarie, di verificare nuovamente le spese dell’Unione europea, e tra le altre anche quelle per la PAC, solo a partire dal 2013. I nostri agricoltori hanno bisogno di sicurezze per quanto riguarda la programmazione, se vogliono rimanere competitivi. Per questo ora dobbiamo fare in modo che le somme stanziate per il bilancio agricolo fino al 2013 rimangano invariate e che siano spese effettivamente per l’attività agricola. E’ inaccettabile che le famiglie di agricoltori, in ragione dei pagamenti compensativi, ricevano un sostegno finanziario migliore in uno Stato membro rispetto ad un altro. L’obiettivo della politica agricola europea è quello di garantire agli agricoltori europei condizioni comparabili in un mercato unico. Dato che la proposta della Commissione non è stata preceduta da una valutazione di impatto che avrebbe potuto rivelare eventuali disparità di trattamento, non può essere assolutamente sostenuta dal Parlamento europeo.
Ho espresso un voto contrario, nella speranza che le richieste degli agricoltori siano ascoltate.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La Commissione, nella sua proposta tesa a ridurre del 20 per cento i pagamenti diretti, sta preparando un nuovo attacco nei confronti delle aziende agricole medie e piccole. Il trasferimento del 20 per cento delle risorse dal primo pilastro, in altri termini dai pagamenti diretti, a quelle del secondo pilastro che sono per la maggior parte raccolte da grandi aziende e imprese, determina una riduzione del sostegno al reddito per le piccole e medie aziende agricole.
Il risultato sarà un’accelerazione dello sradicamento delle piccole aziende e la concentrazione della produzione agricola in meno mani. In numerosi casi, si assisterà addirittura ad un calo della produzione e dell’occupazione agricola, compensato dallo sviluppo delle attività del secondo pilastro.
Per quanto concerne la proposta di applicare tale trasferimento su base volontaria, da una parte questo creerà un’agricoltura a doppio binario, e dall’altra, la prospettiva nell’immediato futuro sarà il passaggio da un trasferimento volontario ad un trasferimento obbligatorio. Questo tipo di modus operandi è stato usato nel passato.
Gli agricoltori greci stanno subendo le conseguenze negative della nuova PAC. La produzione di tabacco è diminuita del 70 per cento e quella di barbabietola da zucchero del 40 per cento. Il completamento della PAC avrà lo stesso effetto negativo su altre colture di base nel mio paese. La proposta odierna costituisce un nuovo colpo ai numerosi e gravi problemi degli agricoltori, ed è per questo che la respingiamo.
Poul Nyrup Rasmussen, Ole Christensen, Dan Jørgensen, Britta Thomsen e Christel Schaldemose (PSE) , per iscritto. – (DA) I socialdemocratici danesi hanno votato a favore della proposta della Commissione in virtù della quale gli Stati membri avrebbero la possibilità di applicare una modulazione volontaria nell’ambito della politica agricola e abbiamo pertanto votato contro la relazione del Parlamento, che respinge la proposta della Commissione.
E’ opportuno sottolineare che i socialdemocratici danesi preferirebbero una modulazione completa e obbligatoria, ma poiché non è stato possibile pervenire ad un accordo in merito, consideriamo la modulazione volontaria un’alternativa percorribile. Occorre tuttavia precisare che l’obiettivo rimane quello di una modulazione obbligatoria, che preveda a lungo termine l’abolizione degli aiuti diretti.
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. – (EN) La PAC esige riforme costanti. E’ deludente constatare che la proposta della Commissione volta ad introdurre la modulazione volontaria della PAC sia stata respinta. L’introduzione di una modulazione volontaria della PAC avrebbe offerto un approccio sostenibile allo sviluppo rurale. Spero che tutti i deputati che hanno interessi diretti nel settore agricolo abbiano dichiarato tali interessi e non abbiano votato.
Geoffrey Van Orden (PPE-DE), per iscritto. – (EN) La delegazione dei conservatori ha votato a favore della reiezione della proposta di modulazione presentata dall’onorevole Goepel, per dare alla Commissione l’opportunità di avanzare una proposta migliore. Siamo fermamente contrari all’accordo che il Primo Ministro Blair ha raffazzonato lo scorso Natale al Consiglio europeo e che ha ridotto i pagamenti per singola azienda agricola erogati agli agricoltori britannici per finanziare i piani di sviluppo rurale.
I miei agricoltori nella regione di Witham e Maldon – attorno a Coggeshall, Terling, Teys e Tolleshunts – come anche in altre regioni dell’Inghilterra, vogliono essere trattati con giustizia e lealtà dalla politica agricola comune. La modulazione volontaria del 20 per cento e i tagli al pagamento per singola azienda agricola faranno sì che i nostri agricoltori probabilmente guadagneranno il 20 per cento in meno dei loro omologhi gallesi, scozzesi e dell’Ulster, per non parlare poi dei francesi. I miei agricoltori non credono che il governo britannico, attraverso il DEFRA o l’Agenzia per i pagamenti rurali, sia in grado di eseguire i pagamenti in modo puntuale, preciso e temono che non sia affatto in grado di eseguire i pagamenti a favore di molti agricoltori. Inoltre, c’è ora il rischio che il Regno Unito sia sanzionato dalla Commissione europea per la sua inettitudine, e saranno gli agricoltori a dover pagare il conto. La nostra comunità rurale ha bisogno di un accordo equo, mentre ora si trova ad essere ingannata da un governo incompetente.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) L’obiettivo della proposta della Commissione, come confermato nella relazione approvata oggi, è quello di costituire un partenariato pubblico-privato (PPP) per la creazione di un sistema europeo per la gestione del traffico aereo. Un PPP di questo tipo costituirebbe un precedente pericoloso, visto che sarebbe il primo PPP europeo con la partecipazione della Comunità europea.
Non intendiamo mettere in discussione la necessità di aggiornare e migliorare costantemente i sistemi di gestione del traffico aereo, per renderli più affidabili, più precisi e, soprattutto, più sicuri, vista la loro importanza per la sicurezza di tutti coloro che lavorano nello spazio e che lo usano. Riteniamo tuttavia che assoggettare questo obiettivo agli interessi e alle pressioni del settore privato non sia certo il modo migliore per realizzarlo, anzi.
Ci delude la reiezione della bozza di emendamento che abbiamo presentato in seno alla commissione per i trasporti e il turismo (la commissione competente per l’elaborazione di un parere), il cui obiettivo era quello di salvaguardare gli interessi degli organismi che rappresentano i lavoratori del settore della gestione del traffico aereo nell’ambito delle decisioni prese in seno al consiglio di amministrazione dell’impresa comune, e conseguentemente non abbiamo potuto appoggiare questa relazione.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. – (DE) Voto a favore del progetto comune per il sistema europeo di nuova generazione per la gestione del traffico aereo.
In particolare in qualità di relatore sull’ampliamento delle competenze dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea (EASA), appoggio senza riserve l’obiettivo dichiarato della Comunità, di garantire un’infrastruttura per la sicurezza aerea estremamente efficace, che consenta uno sviluppo sicuro, efficiente sotto il profilo energetico ed ecocompatibile del trasporto aereo e che sfrutti i progressi tecnologici di programmi come GALILEO.
Secondo le attuali previsioni, il volume del traffico aereo in Europa dovrebbe raddoppiare da qui al 2025. Alla luce di ciò, è necessario allineare alle norme tecniche più moderne la comunicazione tra piloti e controllori del traffico aereo, che al momento si svolge ancora via radio.
Sostengo inoltre un partenariato pubblico-privato con la partecipazione della Comunità europea, per garantire il successo a lungo termine del progetto SESAR.
– Relazione García-Margallo y Marfil (A6-0381/2006)
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Mi sono astenuto dal voto sulla relazione del mio stimato collega, onorevole García-Margallo y Marfil, concernente l’area dell’euro nel 2006 perché, sebbene introduca elementi molto interessanti, deploro il fatto che non ponga immediatamente il problema della trasformazione dell’euro da moneta tecnica a strumento politico, al servizio della crescita e dell’occupazione. La politica monetaria condotta dalla Banca centrale europea (BCE) sembra essere proprio il contrario della realtà: in condizioni normali, il tasso di cambio dovrebbe essere forte quando la crescita economica è forte, e dovrebbe invece presentare un deprezzamento, quando la crescita è debole. In Europa, in realtà, dall’inizio degli anni ’90, avviene il contrario. Mentre gli Stati membri attuano riforme, il perseguimento di un tasso di inflazione pari a zero, con una politica monetaria inadeguata, porta l’Europa a registrare risultati mediocri in termini di crescita economica. Se la tendenza continuerà, mentre in tutto il mondo il prezzo delle materie prime e dell’energia sale alle stelle, avremo inflazione zero e crescita zero, e gli industriali finiranno per insediare le loro aziende nell’area del dollaro. Con tutto quello che accade, è come se la BCE ignorasse la politica economica, mentre la sua omologa americana non pensa ad altro.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Come sappiamo, la creazione dell’euro è stata una decisione politica che non ha tenuto conto delle esigenze specifiche dei paesi membri dell’area dell’euro. Questa posizione è confermata dalle differenze, rispetto al 2005, tra gli Stati membri della zona euro in termini di crescita economia, tasso di disoccupazione e inflazione.
Abbiamo sempre affermato che, con una politica monetaria unica, viste le restrizioni di bilancio imposte dal Patto di stabilità e di crescita, i problemi legati all’adozione dell’euro sarebbero ricaduti sui lavoratori, per soddisfare gli interessi dei gruppi economici e finanziari. La relazione che ci è stata presentata lo chiarisce molto bene: “I mercati del lavoro dovrebbero diventare più flessibili e dovrebbero essere eliminati quegli aspetti della normativa sul lavoro a tempo indeterminato che possono costituire un ostacolo all’adeguamento del mercato del lavoro”. In altri termini, promuove la liberalizzazione degli esuberi e dei contratti a tempo determinato. Chiede anche “una più rapida reattività dei prezzi e dei salari ai mutamenti delle circostanze economiche”, o in altri termini che i salari siano ridotti in funzione dei cicli. Queste intenzioni non avrebbero potuto essere più chiare.
Non pago di ciò, il relatore promuove anche la liberalizzazione dei servizi e dell’energia, la rigorosa applicazione del Patto di stabilità e di crescita e il rispetto dell’agenda di Lisbona: ossia l’ABC del consenso neoliberale europeo.
Queste le ragioni del nostro voto contrario.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Anche se la Svezia ha deciso, con un referendum, di non partecipare all’Unione economica e monetaria (UEM), abbiamo scelto di votare contro la relazione e vorremmo cogliere questa opportunità per spiegare le ragioni del nostro voto.
La relazione fornisce un’immagine molto chiara di come l’UEM vada di pari passo con la creazione di uno Stato dell’Unione europea. Secondo la relazione, la politica macroeconomica tra gli Stati appartenenti all’area dell’euro deve essere coordinata, e l’area dell’euro deve parlare all’unisono nelle istituzioni e nei fora finanziari istituzionali. La relazione auspica un migliore coordinamento fiscale, soprattutto in termini di bilancio, e il coordinamento dei calendari fiscali nazionali. Inoltre, l’obiettivo dell’introduzione di una base imponibile comune consolidata per le società in Europa potrebbe essere realizzato attraverso il meccanismo della cooperazione rafforzata, se gli Stati membri riuscissero a pervenire ad un accordo unanime.
Non possiamo che concludere che le argomentazioni dei rappresentanti della campagna del “no” in occasione del referendum svedese sull’UEM nel 2003 erano assolutamente corrette quando segnalavano che l’UEM costituiva un passo significativo sulla strada che avrebbe condotto alla costituzione degli Stati Uniti d’Europa.
Timothy Kirkhope (PPE-DE), per iscritto. – (EN) La posizione del partito conservatore nei confronti dell’euro è chiara ed esplicita: siamo fermamente determinati a mantenere la sterlina.
Non intendiamo aderire alla moneta unica, ma non vogliamo nemmeno che il progetto fallisca, poiché riteniamo che sia nell’interesse del Regno Unito garantire la presenza di un’economia europea forte con una moneta stabile in grado di creare un ambiente commerciale positivo per l’impresa e l’industria britannica.
In linea con la nostra posizione di sempre sulle problematiche legate all’euro e all’area dell’euro, io ed i miei colleghi conservatori ci siano astenuti dal voto su questa relazione.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Sono un oceanografo e sono pertanto lieto di poter sostenere questa relazione sulla strategia per l’ambiente marino. L’Unione europea da troppo tempo ormai riduce la politica rurale alla sola politica agricola. Finalmente le cose stanno ora cominciando a cambiare nel verso giusto e si riconosce che l’agricoltura costituisce solo una parte minoritaria, per quanto importante, dell’economia rurale. Ci troviamo di fronte a un problema identico per quanto riguarda la politica marittima, che è sempre stata considerata la versione in scala ingrandita della politica per la pesca. Ora però, con il documento della Commissione sulla politica marittima, attualmente oggetto di consultazione – ho partecipato di recente a una conferenza in materia organizzata a Weymouth dall’agenzia di sviluppo regionale del South West in Inghilterra – questa relazione e la relazione Lienemann già votata oggi, sembra che finalmente ci stiamo spostando da una politica marittima unidimensionale ad una politica che comprende i nostri mari, i nostri oceani e le nostre coste in quanto elementi vitali per l’alimentazione e l’ambiente, i trasporti e il turismo.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) In questo commento sulla strategia sull’ambiente marino, il relatore affronta molti temi interessanti ed importanti. Un esempio è la sua affermazione secondo la quale la politica comune della pesca deve soddisfare i requisiti dello sviluppo sostenibile, mentre gli Stati membri che desiderano adottare misure più urgenti per proteggere un particolare stock dovrebbero avere la possibilità di farlo.
Tra gli aspetti negativi della relazione vi sono i commenti sul finanziamento; il relatore è preoccupato per la mancanza di risorse da destinare all’attuazione delle strategie; questo presuppone che dovrebbero essere utilizzate risorse del bilancio comunitario e che sarebbe una buona idea utilizzare per esempio le risorse dei Fondi strutturali.
Abbiamo giudicato che gli elementi positivi della proposta fossero superiori a quelli negativi e ci siamo pertanto espressi a favore della relazione nella votazione odierna.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Questa relazione di iniziativa è tesa a creare un mercato unico europeo per il credito ipotecario e a promuoverlo a livello transfrontaliero. Le banche e i mercati dei capitali hanno un interesse rilevante nel settore, visto che nel 2004 il volume dei finanziamenti pendenti è stato pari a 4,7 miliardi di euro, ossia il 45 per cento dell’RNL dell’Unione europea. E’ sicuramente un mercato in crescita.
La relazione segue la linea neoliberale. Prevede più concorrenza nel settore, mutui europei o transfrontalieri, un mercato secondario per il credito ipotecario e la possibilità di negoziare il credito ipotecario sui mercati dei capitali, fusioni ed acquisizioni transfrontaliere nel settore dei servizi finanziari, l’apertura del mercato ad istituti diversi dagli istituti di credito, la libertà di fornire servizi e la liberalizzazione di questi servizi, limitazioni al potere di intervento dello Stato, marketing on line del credito ipotecario e l’accesso per le organizzazioni straniere alle banche dati dei crediti dei clienti, compresi anche i casi di insolvenza.
Non è difficile intravedere i rischi di tutte queste proposte, in termini di volatilità dei mercati. E questo potrebbe mettere in pericolo i beni ipotecati, ossia i risparmi di molti lavoratori e di altri soggetti che acquistano beni immobiliari. Abbiamo pertanto votato contro la relazione.
Jules Maaten (ALDE), per iscritto. – (NL) Va da sé che noi del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa siamo favorevoli all’apertura dei mercati, compreso il mercato del credito ipotecario. Sono pertanto favorevolmente disposto nei confronti della relazione Purvis, che propone un’indagine delle varie azioni che potrebbero andare a vantaggio del consumatore, per esempio, la concorrenza tra i mutuanti ipotecari, ma non posso che esprimere un voto contrario, in quanto la relazione non è molto chiara sulle diverse soluzioni in termini di vantaggi fiscali quando i mutui sono conclusi, e in particolare armonizzati. E’ una prima proposta esplorativa in cui emerge soprattutto la richiesta di un’ulteriore analisi. La fase legislativa è ancora molto lontana.
Toine Manders (ALDE), per iscritto. – (NL) Poiché il mercato del credito ipotecario rientra nell’ambito della libera circolazione dei servizi, sono favorevole alla creazione di un mercato interno per il credito ipotecario. Mi rifiuto tuttavia di appoggiare l’armonizzazione del sistema della detrazione fiscale degli interessi dei mutui che si cerca di introdurre furtivamente qui a Bruxelles.
I politici sottolineano ripetutamente che l’Europa deve concentrarsi sui temi fondamentali e sulle problematiche transfrontaliere, ma questa dichiarazione del Parlamento europeo contraddice tale principio. La maggior parte dei suoi deputati non sembra essere preoccupata del fatto che la politica fiscale non rientra nelle competenze dell’Unione europea. Per questo la delegazione del partito popolare per la libertà e la democrazia olandese ha ritenuto di dover votare contro il paragrafo 45 della relazione Purvis e anche contro la relazione nella sua interezza. Reputo deplorevole che, dato che nessuno dei grandi gruppi ha osato chiedere una votazione per appello nominale su questo tema, il cittadino europeo debba accontentarsi di cercare di indovinare come hanno votato i singoli eurodeputati.
Eoin Ryan (UEN), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore il Libro verde sul credito ipotecario, che esamina come la concorrenza sul mercato comunitario dei mutui potrebbe accrescere le possibilità di scelta dei consumatori e ridurre i costi.
La fiducia dei consumatori nelle banche è di importanza fondamentale. Per questo, la disponibilità di un mutuatario a trattare con un mutuante straniero sarà determinata non solo dalla competitività del mutuo, ma anche dal livello di protezione dei consumatori assicurata dal mutuante straniero.
L’Irlanda vanta un mercato del credito ipotecario piuttosto sofisticato rispetto alla media dell’Unione europea, un mercato che offre accesso alla gamma completa di prodotti ipotecari a prezzi competitivi. L’espansione di questo mercato oltre le frontiere nazionali può avvenire in modo naturale attraverso la costituzione di una più diffusa rete di consociate e filiali all’estero, se il mercato sarà incoraggiato in altre aree. Credo pertanto che l’intervento legislativo dovrebbe essere utilizzato solo come ultima possibilità e in caso di palese fallimento del mercato.
Incoraggio la Commissione a creare registri immobiliari elettronici accessibili on-line, perché la realtà è che i mutuanti non possono entrare in altri mercati senza avere certezze assolute sulla sicurezza del loro collateral. Vista l’esperienza di molti cittadini che hanno acquistato proprietà all’estero, un registro on-line che riporti tutti i gravami sulle proprietà è di importanza vitale.
Bernadette Vergnaud (PSE), per iscritto. – (EN) Venticinque legislazioni nazionali, che presto saranno ventisette, in materia di credito ipotecario, ostacolano l’attuazione di una strategia europea comune. Questo Libro verde pubblicato dalla Commissione europea permetterà finalmente di condurre studi adeguati sul tema e di compiere scelte assennate.
Qualsiasi misura comunitaria concernente il mercato europeo del credito ipotecario deve, come prima cosa, andare a vantaggio dei cittadini. I consumatori si scontrano invece spesso con troppi ostacoli, che siano di natura giuridica o economica.
Votando a favore della relazione dell’onorevole Purvis, ho optato per un mercato del credito ipotecario accessibile ad un più elevato numero di potenziali mutuatari.
A questo riguardo avevo personalmente insistito, in seno alla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, perché il suo relatore, onorevole Medina Ortega, tenesse conto dei mutuatari con un profilo di credito debole e precario, dei lavoratori con contratto a tempo determinato e delle persone che effettuano un primo acquisto.