2. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
3. Discussioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto (comunicazione delle proposte di risoluzione presentate): vedasi processo verbale
4. Decisione sull’applicazione della procedura d’urgenza
Proposta di regolamento del Consiglio relativo alla conclusione di un accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Comunità europea e la Repubblica islamica di Mauritania [COM(2006)0506 — C6-0334/2006 — 2006/0168(CNS)]
Rosa Miguélez Ramos (PSE), relatore per parere della commissione per la pesca. – (ES) Signora Presidente, poiché il presidente della commissione per la pesca, onorevole Morillon, non è presente, vorrei semplicemente dire, a nome della commissione, che siamo favorevoli a questa procedura d’urgenza. Riteniamo che sia necessario accelerare la procedura, come richiesto dalla Commissione. La commissione per la pesca è pertanto favorevole all’applicazione della procedura d’urgenza.
(Il Parlamento approva la richiesta di applicazione della procedura d’urgenza)(1)
5. Illustrazione della relazione annuale della Corte dei conti – 2005 (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione annuale della Corte dei conti. Sono lieta di porgere il benvenuto in Parlamento al Presidente della Corte dei conti Weber.
Hubert Weber, Presidente della Corte dei conti. – (DE) Signora Presidente, signora Vicepresidente Kallas, onorevoli deputati, sono molto lieto di poter partecipare oggi alla discussione sulla 29a relazione annuale della Corte dei conti relativa all’esercizio finanziario 2005, dinanzi al Parlamento europeo riunito in sessione plenaria.
Ho già presentato questa relazione il 23 ottobre a Strasburgo alla commissione per il controllo dei bilanci e il 7 novembre a Bruxelles al Consiglio ECOFIN. Ciascuna relazione annuale della Corte costituisce l’elemento culminante di un complesso e minuzioso lavoro di revisione contabile svolto in loco dai nostri revisori, nell’arco dei dodici mesi precedenti, a tutti i livelli in cui vengono amministrati i fondi dell’Unione europea.
Conformemente ai principi delle norme internazionali in materia di revisione contabile, e come confermato da esperti esterni, gli elementi probatori della Corte sono basati sulla verifica approfondita di campioni di operazioni di ciascuna area del bilancio e sulle valutazioni del funzionamento dei sistemi di controllo interno concernenti le spese. Solo gli errori formali gravi e quelli aventi un impatto finanziario, dichiarazioni in eccesso, beneficiari e spese non ammissibili costituiscono la base della dichiarazione di affidabilità della Corte.
Uno dei compiti principali della Corte, conferitole dal Trattato, è quello di svolgere, sin dalla sua istituzione, analisi costi-benefici, pubblicandone i risultati in relazioni speciali. Inoltre, le valutazioni svolte dalla Corte sui sistemi di controllo interno, necessarie ai fini della dichiarazione di affidabilità annuale, costituiscono una base importante per le analisi costi-benefici.
Permettetemi ora di esporre le principali constatazioni della Corte relative al 2005. Per quanto riguarda gli ambiti in cui si sono registrati miglioramenti significativi, la Corte rende merito alla Commissione per aver gestito e attuato con successo il passaggio da una contabilità di cassa a una contabilità per competenza. La Corte è giunta alla conclusione che i conti annuali consolidati del bilancio generale dell’Unione europea per l’esercizio 2005, pari a 105 miliardi di euro, sono attendibili. Devo tuttavia formulare tale parere con riserva, a causa della sovradichiarazione dell’attivo netto e di un’applicazione non coerente delle procedure di separazione degli esercizi.
Per quanto riguarda la regolarità e la legittimità delle operazioni sottostanti, la Corte esprime nuovamente un parere senza riserve per le entrate, gli impegni, le spese amministrative dell’Unione europea e la strategia di preadesione, ad eccezione di SAPARD.
Un ulteriore messaggio positivo riguarda il funzionamento del sistema integrato di gestione e di controllo (SIGC) che copre il 56 per cento delle spese nel quadro della politica agricola comune. Come già nel 2004, la Corte conferma che l’SIGC, ove correttamente applicato, si è rivelato uno strumento efficace per limitare le spese agricole irregolari. In pratica, tale valutazione riguarda i 15 vecchi Stati membri, ad eccezione della Grecia. Nei nuovi Stati membri, l’attuazione dell’SIGC ha registrato progressi, benché tali sistemi non siano ancora completamente efficaci.
Come risulta dagli elementi probatori dettagliati forniti dalla Corte, la parte restante del settore riguardante le spese, che rappresenta, in termini di valore, la parte più cospicua del bilancio comunitario, presenta tuttora un livello significativo di errori, sotto il profilo della legittimità e regolarità, nelle operazioni sottostanti. In altri termini, la Corte ancora una volta non può approvare senza riserva il settore delle spese, in particolare per quanto concerne il settore delle spese agricole, considerato nel suo complesso, le azioni strutturali, le politiche interne e le azioni esterne. La riserva è dovuta a un elevato livello di irregolarità, per esempio dichiarazioni di spesa in eccesso, doppia imputazione di alcuni costi, beneficiari e/o progetti non ammissibili, spese non effettivamente sostenute e violazioni delle norme che disciplinano le procedure in materia di appalti pubblici.
Le irregolarità riscontrate hanno potuto verificarsi perché gli attuali controlli interni sulle spese dell’Unione europea sono inadeguati. In base al Trattato che istituisce la Comunità europea, spetta alla Commissione accertarsi che siano stati posti in essere i sistemi di controllo interno necessari e che funzionino in maniera efficace nella pratica a tutti i livelli dell’amministrazione comunitaria. Oltre ad aver riscontrato casi in cui i controlli dei pagamenti che rientrano nella gestione concorrente, ossia agricoltura e spese strutturali, non sono stati espletati in maniera adeguata, la Corte ha constatato che la Commissione stessa non ha dato il buon esempio per quanto attiene alle spese comunitarie da essa direttamente gestite (politiche interne e azioni esterne). Nel settore della ricerca, ad esempio, i controlli svolti dalla Commissione sulle dichiarazioni di spesa sono stati notevolmente ridotti nel 2005, benché persistessero in questo tipo di spesa un livello di errore e un rischio intrinseco elevati.
La Commissione sostiene che gli errori riscontrati e segnalati dalla Corte non sono importanti, in quanto i diversi meccanismi di rettifica pluriennale individuano e correggono errori ed irregolarità al momento della finalizzazione dei programmi.
Il lavoro di revisione contabile svolto dalla Corte dimostra che, nella pratica, tali rettifiche sono insufficienti e che non riguardano, in tutti gli ambiti, i beneficiari finali. Peraltro, sono state rilevate numerose carenze nelle procedure di recupero. Per esempio, nei settori soggetti a gestione concorrente con gli Stati membri, è stato rilevato quanto segue: per quanto riguarda le spese agricole, le procedure di liquidazione dei conti subiscono notevoli ritardi – l’ultimo esercizio finanziario per cui tale procedura è stata completata è il 1998 – e, a causa delle carenze dei sistemi, le decisioni di conformità comminano ammende unicamente alle autorità degli Stati membri. Considerato che, nella maggior parte dei casi, gli importi in eccesso versati ai beneficiari finali non vengono recuperati, l’onere grava sui contribuenti nazionali anziché sui beneficiari finali che presentano dichiarazioni in eccesso.
Per quanto concerne le azioni strutturali, le chiusure dei programmi del periodo 1994-1999 non sono state ancora completate e la Corte osserva che taluni programmi già chiusi presentano ancora un livello significativo di errori. Inoltre, la Commissione ha chiuso alcuni programmi senza apportare rettifiche finanziarie, nonostante fossero state formulate riserve significative sulle spese certificate. Ciò indica chiaramente che, in pratica, gli errori contenuti nelle richieste di pagamento intermedie non possono essere corretti.
Vorrei sottolineare che la Corte si compiace naturalmente per i recuperi effettuati a beneficio del bilancio dell’Unione europea. Occorre tuttavia rilevare che le rettifiche finanziarie forfetarie sono operate a seguito di carenze dei sistemi di controllo degli Stati membri e, di conseguenza, non determinano, in linea di principio, la rettifica degli errori di legittimità e regolarità nelle operazioni sottostanti a livello dei beneficiari finali.
La Corte ritiene che le carenze suddette vadano affrontate con le seguenti misure. E’ necessario disporre di una sequenza logica di controlli interni efficaci, basati su norme chiare e appropriate e principi comuni, che tenga conto della valutazione del rischio connesso alla natura delle operazioni e alle tipologie di gestione e che applichi, in tutte le aree del bilancio comunitario, sistemi di recupero e sanzionatori efficaci.
La Corte dei conti europea è impegnata da parte sua ad esplorare in maniera più approfondita aree di interesse comune insieme alle istituzioni nazionali di controllo. Alla riunione del comitato di contatto dei presidenti delle istituzioni superiori di controllo, che si terrà a Varsavia il mese prossimo, essa intende proporre di estendere l’attuale cooperazione alla valutazione dei sistemi di controllo interno negli Stati membri.
L’Unione europea si trova di fronte a nuove sfide, fra cui le regole operative, il completamento o la chiusura degli attuali programmi di spesa dei Fondi strutturali e l’apertura dei programmi per il periodo 2007-2013, cui si aggiunge l’imminente adesione di due nuovi Stati membri. Vorrei ora concludere spiegando come la gestione finanziaria dell’Unione europea dovrebbe raccogliere queste sfide.
La Commissione, unitamente alle amministrazioni degli Stati membri, deve garantire che vengano applicati sistemi di controllo interno efficienti e affidabili a tutti i livelli dell’amministrazione dell’Unione europea, che questi a loro volta, comprendano controlli sufficienti svolti in maniera adeguata, i cui risultati e seguito siano comunicati in modo trasparente, e che tali sistemi siano basati su norme semplificate applicabili alle spese dell’Unione europea.
Noi tutti dovremmo aspirare a un’Unione europea che eserciti un controllo efficace sul proprio bilancio, nell’interesse di tutti i suoi cittadini. Vi ringrazio per la cortese attenzione.
Siim Kallas, Vicepresidente della Commissione. – (ET) Signora Presidente, Presidente Weber, onorevoli deputati, il 23 ottobre ho presentato la mia posizione iniziale rispetto alla relazione annuale alla commissione per il controllo dei bilanci. La commissione parlamentare sta ora seguendo da vicino il lavoro sulla relazione, correggendo gli errori riscontrati. Il giorno successivo alla pubblicazione della relazione della Corte dei conti, la commissione ha trasmesso una lettera agli Stati membri in cui chiedeva loro di formulare osservazioni e fornire chiarimenti sugli errori riscontrati nei singoli paesi, e di eliminare tali errori.
Terremo pertanto completamente e solertemente in considerazione le conclusioni della commissione per il controllo dei bilanci. Come voi, tuttavia, la commissione ha anche riflettuto sul significato politico della relazione dopo la sua pubblicazione. E’ chiaro che la suddetta relazione non costituisce ancora una dichiarazione di affidabilità positiva generale.
Come ha affermato Hubert Weber, Presidente della Corte dei conti, la Corte presenta una dichiarazione di affidabilità riguardante la “legittimità e regolarità” delle spese, gli impegni, le spese per la strategia di preadesione, le spese amministrative e le spese per la politica agricola comune che fanno parte del sistema integrato di gestione e di controllo. La Corte dei conti non fornisce tuttavia una dichiarazione di affidabilità positiva per altri settori, per esempio i programmi di ricerca e i Fondi strutturali. Questo è principalmente dovuto al fatto che la Corte dei conti ha riscontrato troppi errori nel campionamento delle operazioni in questi settori. Come ha dichiarato il Presidente Weber, questi errori sono dovuti a “semplice negligenza o disattenzione, scarsa conoscenza di regole complesse e presumibilmente anche frodi a danno del bilancio dell’Unione europea”.
Ritengo che le critiche nel settore dei programmi di ricerca espresse a seguito dei controlli dello scorso anno siano purtroppo giustificate. C’è stata una riduzione quasi del 50 per cento del numero dei revisori in questo settore così delicato e le nostre procedure di recupero dovrebbero essere più rapide e più efficaci. E’ anche vero che non abbiamo individuato molti errori riscontrati poi dalla Corte dei conti.
Ritengo che sia in questo settore sia in altri, la scarsa conoscenza di regole complesse sia la principale causa di errori. Francamente, credo che la Commissione abbia fatto troppo poco per semplificare e chiarire le regole e le linee guida e che lo abbia fatto troppo lentamente. Stiamo affrontando tali questioni nell’ambito del piano d’azione e delle proposte per il nuovo periodo di programmazione. Apprezziamo la costante attenzione della Corte e i suoi consigli su come migliorare la situazione.
Vorrei inoltre esaminare il tema delle frodi. Qual è il numero di frodi a livello di esecuzione del bilancio dell’Unione europea? Qualsiasi sospetto di frode sarà esaminato in maniera approfondita dall’OLAF, come dimostrato dai due casi recentemente riferiti dai media in relazione al progetto Chernobyl e all’Ufficio infrastrutture e logistica di Bruxelles. Ma davvero tutto il bilancio dell’Unione europea è “infarcito di frodi”, come da anni vanno scrivendo alcuni giornalisti?
Vorrei ora riprendere alcune citazioni dalla relazione sulla gestione e la revisione contabile dei fondi dell’Unione europea pubblicata ieri dalla Camera dei Lord britannica. La relazione osserva che “gran parte degli articoli pubblicati dalla stampa lascia supporre la presenza di un’estesa cultura della corruzione nelle Istituzioni europee. La nostra indagine non ha rilevato alcuna prova a sostegno di tale affermazione”.
Sulla base dei dati forniti dagli Stati membri, la Commissione dispone ora di stime sulle frodi per i due settori in cui le spese sono più elevate – agricoltura e aiuti regionali. Tali stime mostrano che il 13-15 per cento delle irregolarità notificate riguarda casi di frodi sospette, pari allo 0,05 per cento delle spese dei Fondi agricoli, dei Fondi strutturali e del Fondo di coesione. Lo scorso anno la Commissione ha stornato 90 milioni di euro come perdite finanziarie irrecuperabili, pari a circa lo 0,09 per cento del bilancio. Il tasso di frodi è quindi marginale. Questo non significa naturalmente che non dobbiamo combattere seriamente ogni singolo caso.
Tutto questo sembra anche essere confermato dal lavoro di revisione contabile svolto dalla Corte nel 2005. Di tutte le informazioni, verifiche e circa novecento operazioni campionate che sono state esaminate dalla Corte nel 2005, solo in quattro casi la Corte ha avuto motivo di sospettare frodi o gravi violazioni delle regole e delle normative e ha informato l’OLAF, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode. Dopo aver svolto le analisi necessarie, l’OLAF non ha potuto tuttavia confermare alcuno dei casi di frode che gli erano stati sottoposti. Secondo la tradizione, la Corte ha comunque fornito ancora una volta dati utili all’OLAF per il suo lavoro operativo.
Presidente Weber, signora Presidente, ora che sono state espresse queste osservazioni sui nostri punti deboli, sulla necessità di semplificare e sul livello di frodi, presumo che l’autorità di discarico voglia altresì valutare l’impatto degli errori sul “rapporto qualità-prezzo”.
La relazione della Corte dei conti (pagina 138) precisa che la Corte ha sottoposto a verifica 95 progetti finanziati con i Fondi strutturali e ha riscontrato errori sostanziali in 60 di essi. Significa allora che due terzi dei Fondi strutturali sono stati persi o sprecati? Significa che gli obiettivi di questi progetti non sono stati realizzati? Assolutamente no. Significa che alcune ricerche estremamente innovative avrebbero potuto essere eseguite senza tutta la burocrazia richiesta, e viceversa, ci sono progetti eseguiti in modo brillante in termini di regole formali e di rispetto degli adempimenti burocratici, ma i cui obiettivi non sono stati realizzati.
Sfortunatamente la relazione non fornisce informazioni sull’effettivo impatto dei finanziamenti comunitari. Viene quindi da chiedersi quali conclusioni possono trarre il Parlamento e il cittadino comune negli Stati membri sulla base dell’esame degli errori nelle politiche strutturali condotto dalla Corte.
La Corte spesso afferma di essere semplicemente un ambasciatore e che il Trattato impone alla Corte di formulare una dichiarazione di affidabilità sul bilancio nel suo insieme, ogni anno. La Corte adempie a questo obbligo, servendosi dei campioni delle operazioni e di altre verifiche. Verifica la conformità con le regole. Questo lavoro è svolto dalla Corte in modo professionale, entro i limiti di quanto le è consentito sulla base delle risorse umane di cui dispone.
Ma chi valuta poi l’impatto di questi errori sulla realizzazione degli obiettivi politici? Su quale base il Parlamento dovrebbe poi svolgere tali valutazioni? Dopo tutto, insieme al Consiglio, voi siete l’autorità di bilancio e avete l’ultima parola sui futuri stanziamenti di bilancio. La relazione della Corte dovrebbe costituire per voi una base di valutazione dell’efficienza dei bilanci approvati nel passato.
In questa prospettiva, credo che si dovrebbe chiedere alla Corte di valutare quale sia stata la portata dell’impatto degli errori. Sappiamo che la Corte ha le competenze per farlo. Svolge questo tipo di valutazione “qualità-prezzo” in relazioni speciali che apprezziamo moltissimo. Perché nella relazione annuale manca quindi un’analisi di questo tipo?
Per la Commissione, una sana gestione finanziaria significa realizzare gli obiettivi politici in modo efficace e a costi ragionevoli. Tutto questo richiede necessariamente una visione pluriennale di ogni programma di aiuto, e garantisce che la spesa per il controllo del programma sia equilibrata rispetto ai costi e ai benefici.
La Commissione sa perfettamente che pochi docenti universitari che chiedono fondi per i programmi di ricerca sono contabili qualificati, e che alcuni di loro commettono sicuramente errori nelle richieste di fondi comunitari. Dovremmo per questo motivo smettere di finanziare la ricerca? Assolutamente no. Riduciamo il margine di errore, ma accettiamo quello che rimane. In termini di scelte, manca chiaramente un anello tra una DAS negativa e un discarico positivo.
Il Trattato – articolo 248, paragrafo 2, del Trattato che istituisce la Comunità europea – prevede che la Corte accerti la sana gestione finanziaria. Non potrebbe anche valutare se, in un dato anno, la Commissione ha effettivamente adottato le misure necessarie per assicurare che il denaro fosse speso in modo corretto? Non semplificherebbe il compito della Commissione, ma ci fornirebbe un quadro più chiaro!
Forse lo riterrete un approccio troppo radicale. Può essere che lo sia, ma la Camera dei Lord britannica si spinge oltre in una relazione molto seria pubblicata ieri. La Camera dei Lord dice che “sono necessari miglioramenti sostanziali della metodologia alla base della dichiarazione di affidabilità” e propone, tra le altre cose, che la Corte “distingua chiaramente tra irregolarità e frodi, pubblicando cifre separate per il livello di operazioni fraudolente ed errori amministrativi”, che “la dichiarazione di affidabilità si concentri sull’elaborazione di un riassunto dettagliato della gestione finanziaria in ognuna delle categorie di spesa e in ognuno degli Stati membri, elencando gli Stati membri che non gestiscono in modo corretto i fondi europei”. La Commissione esaminerà con attenzione questa interessante relazione.
Vorrei anche discutere del tema dei recuperi. Nella dichiarazione di affidabilità di quest’anno, la Corte sembra gettare qualche dubbio sulla pertinenza dei recuperi per la dichiarazione di affidabilità, sostenendo che i recuperi non correggono gli illeciti, e nemmeno dissuadono il beneficiario finale dal commettere errori.
La Commissione ritiene che non sia questa l’effettiva situazione. Ogni anno, importi molto significativi sono recuperati dalla Commissione a partire dagli Stati membri e dagli Stati membri a partire dai beneficiari finali. Questo sistema contribuisce a proteggere concretamente gli interessi finanziari dell’Unione. Ha una funzione preventiva, in quanto fornisce agli Stati membri un incentivo per migliorare i loro sistemi di gestione e di controllo, per evitare, individuare e recuperare pagamenti irregolari ai beneficiari finali.
Si dovrebbe renderne merito alla Commissione – anzi, piuttosto agli Stati membri – e gli effetti si dovrebbero sentire anche sulla DAS. Ora, signora Presidente, vorrei continuare su una nota più positiva. La Commissione ha instaurato rapporti di lavoro con molte autorità nazionali di controllo e ha riscontrato un atteggiamento positivo nei confronti della revisione contabile dei fondi dell’Unione europea nel quadro della gestione concorrente. Mi rassicura molto l’annuncio del Presidente Weber, che ci ha detto che la Corte intende proporre verifiche congiunte con le autorità nazionali di controllo, iniziando dai Fondi strutturali e dalle correzioni finanziarie eseguite negli Stati membri.
Potremmo in effetti convincere più facilmente gli Stati membri ad assumersi più responsabilità in termini di spesa a titolo del bilancio dell’Unione europea, se la Corte fosse disposta a lavorare con i risultati delle revisioni e dei controlli prodotti a livello nazionale e poi ad utilizzarli.
Vorrei concludere con un commento su alcune delle buone notizie contenute nella relazione della Corte. Il Presidente Weber ha segnalato che “la Commissione ha attuato con successo e rapidità il passaggio al nuovo sistema contabile ed ora fornisce ulteriori informazioni fondamentali, molto più complete rispetto a quanto si otteneva con il precedente sistema della contabilità di cassa”. Siamo fieri di questo risultato.
Per riassumere: la DAS è ancora una volta negativa. La Commissione se ne dispiace. Correggerà gli errori commessi e avvierà ulteriori azioni per correggere i punti deboli sistematici, come annunciato nel piano d’azione per il quadro di controllo interno integrato. Pur riconoscendo che c’è ancora molto lavoro da fare, la Commissione osserva tuttavia che ogni anno si compiono importanti progressi e che la gestione globale dei fondi dell’Unione europea è corretta. E’ sotto controllo, sebbene ci sia un ulteriore margine di manovra per la semplificazione delle regole, che ora sono piuttosto complesse. Insieme ai miei colleghi, attendo con impazienza le discussioni settoriali più dettagliate che si svolgeranno nelle imminenti audizioni per il discarico.
Infine, la Commissione desidera sottolineare nuovamente che c’è un anello mancante tra l’elenco di errori segnalati dalla Corte e la procedura di discarico. La Commissione sarebbe favorevole a un’impostazione della revisione contabile che tenga conto anche dell’efficienza, o in altri termini dell’ottimizzazione dell’uso delle risorse. Crediamo che l’autorità di discarico potrebbe così espletare più facilmente questa sua importante funzione.
Grazie dell’attenzione.
Salvador Garriga Polledo, a nome del gruppo PPE-DE. – (ES) Signora Presidente, Presidente Weber, signor Commissario, quest’anno ci viene ancora una volta presentata la relazione della Corte dei conti sulla gestione del bilancio comunitario, e quest’anno ancora una volta il Parlamento europeo presterà la massima attenzione possibile alla relazione, poiché rappresenta l’immagine più credibile ed affidabile dello stato dei conti pubblici europei. Come ha dichiarato ieri il Commissario per l’agricoltura, signora Fischer Boel, stiamo davvero per sottoporre le finanze dell’Unione a un vero e proprio controllo dello stato di salute.
Non intendo chiedere alle Istituzioni di assumersi responsabilità che vanno al di là delle loro competenze specifiche. La Corte dei conti svolge il suo ruolo, spesso con poca cooperazione da parte degli Stati membri e delle loro autorità nazionali di controllo. Spero che il Presidente Weber riesca a realizzare a Varsavia quello che noi non siamo riusciti a ottenere in tutti questi anni.
Nonostante i suoi difetti, la Commissione europea svolge un lavoro straordinario, un lavoro estremamente difficile, se si considerano le sue scarse risorse e l’enorme quantità di lavoro. Non vogliamo pertanto che questa relazione diventi oggetto di controversia, ma piuttosto uno strumento in grado di migliorare davvero i conti pubblici.
Anche il Consiglio e gli Stati membri hanno le loro responsabilità, in quanto, vista l’attuale architettura istituzionale, è difficile andare oltre nel controllo finanziario del bilancio e nell’esecuzione delle spese. Gli oratori precedenti lo hanno già detto: l’80 per cento delle spese si situa a livello degli Stati membri, ma dai ministri delle Finanze di questi Stati membri non riusciamo nemmeno a ottenere una dichiarazione di affidabilità per le spese.
Rimane quindi ancora molto da fare. Tra le altre cose, intendo utilizzare il principio del “value for money” come base per l’analisi costi-benefici. Il principio guida della nostra relazione sarà quello della corretta gestione finanziaria. Attribuiremo grande importanza alla gestione, alla gestione concorrente, così come alla gestione diretta e alla gestione decentrata, e al recupero dei fondi.
Infine, signora Presidente, vorremmo che ci fosse un nuovo approccio per quanto riguarda la dichiarazione di affidabilità, ma ne riparleremo nel corso dei prossimi mesi.
Dan Jørgensen, a nome del gruppo PSE. – (DA) Signora Presidente, anche noi del gruppo socialista al Parlamento europeo siamo naturalmente delusi per il fatto che, ormai da molti anni, la Corte dei conti non abbia potuto approvare senza riserve i conti dell’Unione europea e non abbia potuto formulare una dichiarazione di affidabilità positiva. Vorremmo iniziare sottolineando naturalmente questo aspetto, ma vorremmo allo stesso tempo dire che, malgrado le numerose critiche, stiamo lavorando in modo equilibrato, graduale e proattivo, proprio al fine di risolvere i problemi. Non si tratta solo di criticare, si tratta soprattutto di capire quali sono i problemi specifici ai quali siamo confrontati e come possiamo risolverli.
Riteniamo ci siano validi motivi per elogiare la Corte dei conti per una relazione estremamente dettagliata. Noi del gruppo socialista molte volte abbiamo chiesto maggiori dettagli. Abbiamo chiesto un maggiore grado di differenziazione rispetto ai diversi tipi di errori. Ora c’è, anche se non è ancora sufficiente. Ci sarebbe piaciuto per esempio che si distinguesse con maggiore chiarezza tra quelle che sono le frodi e quelli che sono gli errori.
Rivolgiamo un plauso alla Commissione per aver introdotto un nuovo sistema contabile: il sistema integrato di controllo finanziario per le spese agricole. In molti settori si sono compiuti progressi, ma ci sono anche aspetti che meritano critiche, in particolare le politiche interne, riguardo alle quali si sono addirittura fatti passi indietro rispetto all’anno scorso, come si evince dalla relazione della Corte dei conti. Ci serviremo naturalmente della procedura di discarico per analizzare con maggior precisione questi aspetti, per chiedere alcune risposte e probabilmente anche per guardare avanti e presentare proposte di soluzione migliori. Noi del gruppo socialista esortiamo seriamente il Commissario Kallas e la Corte dei conti a portare avanti la loro cooperazione al fine di risolvere questi problemi nel migliore modo possibile.
Jan Mulder, a nome del gruppo ALDE. – (NL) Signora Presidente, ormai da molti anni affrontiamo questo dibattito che presenta una serie di temi ricorrenti. Nemmeno questa volta c’è una dichiarazione di affidabilità, con grande insoddisfazione di tutti coloro che sono favorevolmente disposti alla cooperazione europea, e ancora una volta non si capisce perché.
Ogni anno, chiediamo alla Corte dei conti informazioni più dettagliate e ogni anno nella relazione ritroviamo le stesse frasi tipiche, e ne vorrei citare alcune. “La Corte dei conti conclude che la spesa a titolo della PAC, considerata globalmente, presenta ancora un livello di errori significativo”. Per quanto concerne i Fondi strutturali: “Per entrambi i periodi di programmazione (1994-1999 e 2000-2006), la Corte dei conti ha riscontrato che le spese non sono esenti da irregolarità rilevanti”. Noi in realtà chiediamo da anni componenti di bilancio ad alto rischio e a basso rischio. Non potrebbe la Corte dei conti essere un po’ più precisa e specificare anche quali percentuali di errore sarebbero accettabili? Ci permetterebbe così di misurare qualsiasi miglioramento realizzato.
Ho l’impressione che la Commissione stia diventando un po’ più assertiva, e lo trovo assolutamente giustificato. Non è solo una questione di contabilità, ma anche di efficienza. Per il Parlamento è deplorevole che né il Presidente della Corte dei conti né il Commissario Kallas abbiano minimamente citato le nuove prospettive finanziarie. C’è un elemento nuovo. Noi chiediamo che chi ha una responsabilità politica di un certo livello ogni anno pubblichi una dichiarazione di affidabilità. Per il Parlamento, la questione è fondamentalmente questa: come intende procedere la Commissione? E’ deplorevole che la Commissione non abbia fornito indicazioni in merito, e che nemmeno la Corte dei Conti, da parte sua, lo abbia citato. Visto che fa parte del bilancio pluriennale, spetta agli Stati membri e alla Commissione attuarlo.
Bart Staes, a nome del gruppo Verts/ALE. – (NL) Signora Presidente, Presidente Weber, Commissario Kallas, sono in particolare grato alla Corte dei conti per questa relazione che reputo molto valida. Ritengo che anche la qualità redazionale stia continuando a migliorare. La relazione è stata scritta in modo chiaro e, soprattutto, diffonde i nomi dei colpevoli di inadempienze, cosa che apprezzo moltissimo. Siamo di fronte a un discarico speciale, in quanto questo è il primo esercizio finanziario completo dell’Europa allargata a 25 Stati membri, e rientra completamente nell’attuale mandato della Commissione.
In questo senso, devo dire che sono un po’ sorpreso, addirittura allibito, dopo aver ascoltato l’intervento piuttosto difensivo pronunciato oggi dal Commissario Kallas. Sono allibito perché è stato proprio il Commissario Kallas, quando ha assunto il suo incarico, ad affermare da questa tribuna che, durante il suo mandato, avremmo finalmente assistito alla pubblicazione di una dichiarazione di affidabilità positiva. Invece a che cosa assistiamo ora? La critica della Corte dei conti alle componenti chiave del bilancio prosegue indisturbata, e il Commissario Kallas passa in difesa con una relazione redatta dalla Camera dei Lord che ho letto ieri sera e che merita davvero di essere letta. Non è certamente il corretto modo di procedere.
Avendo letto la relazione della Corte dei conti, posso dire al Commissario Kallas che contiene elementi molto specifici. Per esempio, il sistema integrato di gestione e di controllo per l’agricoltura funziona alla perfezione per gli Stati membri che lo applicano. La Grecia non lo fa. E’ un elemento che era stato già citato nella relazione della Corte dei conti dello scorso anno ed era stato una componente di rilievo nel discarico dell’onorevole Mulder lo scorso anno. Che cosa avete fatto da allora al riguardo? Come è stata richiamata all’ordine la Grecia? Secondo la stessa relazione della Corte dei conti, ci sono gravi problemi in materia di restituzioni alle esportazioni. In Danimarca e nei Paesi Bassi, gli esportatori possono semplicemente sigillare i loro autocarri senza che debbano necessariamente essere presenti i funzionari della dogana. Che cosa avete fatto per contrastare questo fenomeno? Sono dopo tutto questioni specifiche e non è necessario adottare una posizione difensiva.
Ho due domande specifiche per il Presidente Weber. La prima è: il 7 novembre, quando ha parlato al Consiglio ECOFIN, ha finalmente detto chiaramente ai ministri che è fondamentale che approvino i loro conti? Secondo, valuterà la richiesta della Camera dei Lord di redigere finalmente una lista nera degli Stati membri che non gestiscono in modo corretto i fondi europei? Vorrei una risposta a entrambe queste domande, Presidente Weber.
Kartika Tamara Liotard, a nome del gruppo GUE/NGL. – (NL) Oggi, il Parlamento ha il piacere di discutere dell’illuminante relazione della Corte dei conti europea sulla spesa dei fondi europei nel 2005. Ancora una volta, i revisori non sono favorevolmente colpiti. Ci sono ancora troppi errori troppo sostanziali e troppo strutturali nel modo in cui si spendono i fondi europei. In questo senso, la relazione non è molto diversa dalle undici che l’hanno preceduta. L’unica differenza è costituita dalla reazione al verdetto negativo della Corte dei conti.
Le Istituzioni europee, compresa la Commissione, in passato si abbandonavano a regolari esercizi di mea culpa e promesse di miglioramento. Questa volta invece la Commissione ha messo in piedi un’offensiva in piena regola, e la Corte dei conti è accusata di essere eccessivamente critica e di aver prodotto una relazione ambigua. Afferma addirittura che dobbiamo imparare a convivere con qualche errore.
E’ tuttavia un dato di fatto che l’Europa è la fiera proprietaria di 200 000 vacche virtuali che, sebbene non esistano, ricevono comunque sovvenzioni. E’ un dato di fatto che sono stati riscontrati ancora una volta errori rilevanti nei settori dell’olio di oliva, delle sovvenzioni alle esportazioni e dei Fondi strutturali. E’ un dato di fatto che, di conseguenza, i fondi non arrivano dove sono più necessari. E’ anche un dato di fatto che, conseguentemente, i cittadini europei stanno sempre più perdendo fiducia nell’Unione. Un’istituzione adulta dovrebbe essere in grado di usare le critiche a proprio favore. Le Istituzioni europee stanno dimostrando che, anche se ormai cinquantenni, non hanno ancora raggiunto questo livello di maturità.
Nils Lundgren, a nome del gruppo IND/DEM. – (SV) Signora Presidente, tutti noi in quest’Aula siamo d’accordo sul fatto che la Corte dei conti ha prodotto un’ottima relazione – è informativa e più chiara del solito. Che cosa ci dice la relazione? Ci dice che le anomalie continuano a essere presenti nella stessa misura del passato, e dobbiamo chiederci se vogliamo continuare a convivere con queste anomalie. L’approccio ai problemi è assolutamente irragionevole. Occorre capire come e perché le cose sono andate in questo modo e sono necessarie da parte della Commissione proposte chiare in merito a quello che occorre fare. Qualsiasi esame di questa natura ci porterebbe necessariamente a osservare che la maggior parte delle cose che non funzionano ha a che vedere con la politica agricola. Oltre a questo, ci sono molte altre ragioni per cambiare la politica agricola, o addirittura per eliminarla del tutto. Se ciò avvenisse, gran parte dei problemi che esistono in questo contesto scomparirebbero.
Vorrei tuttavia ricordare all’Aula che è in gran parte sua la colpa della perdita della buona reputazione dell’Unione europea tra i cittadini europei. Quest’Aula vota sempre per sostenere tutti, ma in pratica non insiste mai sulla responsabilità. E’ stato patetico assistere alla scena dei leader del gruppo socialista e del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei qui al Parlamento che, praticamente in lacrime, ci hanno detto che si vedevano costretti a rinviare la concessione del discarico al Parlamento stesso, a seguito dello scandalo relativo agli edifici qui a Strasburgo. Nonostante io avessi segnalato che non sarebbe stato opportuno concedere il discarico al Comitato delle regioni, è stato concesso comunque. Non possiamo continuare così.
Ashley Mote (NI). – (EN) Signora Presidente, la Corte dei conti ha confermato che non c’è alcuna verifica indipendente su alcuna parte di questi conti, compresa la tesoreria che talvolta arriva a disporre di importi dell’ordine di 20 miliardi di euro e oltre. Vorrei chiedere alla Corte di dirci con esattezza per quanti anni ha condotto una verifica completa e specifica della funzione di tesoreria, e vorrei anche una conferma sulla frequenza con cui intende svolgerla in futuro, una volta all’anno per esempio.
La Corte ha anche confermato che i fondi dell’Unione europea sono conservati nei singoli Stati membri prima della loro assegnazione. Il flusso di cassa e gli interessi prodotti sono importanti e finora sconosciuti. I contribuenti netti come il Regno Unito e la Germania si trovano in posizione svantaggiata, perché gran parte dei loro fondi è conservata nei paesi riceventi. I francesi, dall’altra parte, conservano sempre i fondi dei contribuenti netti e percepiscono regolarmente interessi sui mercati monetari overnight. Quanti soldi hanno perso i contribuenti britannici e tedeschi a causa dell’utilizzo di questo sistema?
Infine, vorrei fare notare che da oltre sei mesi rivolgo queste domande al Presidente Weber, e sto ancora aspettando una risposta.
Daniel Caspary (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, oltre che del controllo del bilancio della Commissione, il Parlamento è anche responsabile del controllo del bilancio di quelle che sono chiamate le ”altre” Istituzioni. Se vogliamo che a queste Istituzioni sia concesso un discarico positivo, deve essere evidente che hanno utilizzato correttamente il denaro dei contribuenti europei. Proprio su questo punto ci sono molti aspetti di cui dobbiamo discutere.
Se prendiamo sul serio la nostra funzione di controllo, dobbiamo anche verificare le voci di spesa che finora abbiamo trascurato, per esempio, la politica estera e di sicurezza comune del Consiglio – e mi dispiace che oggi il Consiglio non sia presente e non possa sentire le mie parole. Infatti, di comune accordo con il presidente della commissione per gli affari esteri, onorevole Brok, cito oggi volutamente questo settore di politica, chiedendo una cooperazione trasparente da parte del Consiglio.
Per quanto riguarda il Comitato delle regioni, occorre verificare con maggiore precisione varie questioni. Cito, a titolo d’esempio, la mancata applicazione delle raccomandazioni del revisore interno e l’uso discutibile della ponderazione, per non parlare poi dell’attenzione assolutamente insufficiente prestata a questo tema dallo stesso Comitato delle regioni.
Le politiche immobiliari del Comitato delle regioni, del Comitato economico e sociale europeo e della Corte di giustizia sollevano problemi che devono trovare una risposta, e molti altri punti restano da chiarire.
Anche l’OLAF, il nostro Ufficio per la lotta antifrode, negli ultimi anni ha esercitato un controllo efficace sulle Istituzioni, e mi chiedo perché finora né il Mediatore europeo né il Garante per la protezione dei dati abbiano concluso un accordo con l’OLAF. Anche questi organismi dovranno rispondere a questa domanda.
Esorto tutti gli interessati a rispondere a queste domande in modo trasparente, per contribuire a fare sì che il Parlamento riceva un quadro completo e che si possano individuare insieme possibilità di miglioramento. Solo su queste basi, potremo concedere il discarico per il 2005.
Szabolcs Fazakas (PSE). – (HU) Signora Presidente, la relazione della Corte dei conti europea che, come negli anni scorsi, è il risultato di un lavoro molto accurato e di elevata qualità, afferma che le spese del bilancio europeo sono state eseguite con legittimità e regolarità. Desidero sottolineare il significato di questa affermazione perché ancora una volta, quest’anno, come negli ultimi 12, la Corte non è in grado di fornire un parere positivo privo di riserve.
La ragione di tutto questo è che circa l’80 per cento del bilancio dell’Unione europea è speso secondo il sistema della responsabilità congiunta da parte degli Stati membri. Proprio a questo proposito, la Corte dei conti, attraverso i suoi controlli molto accurati, ha riscontrato un elevato livello di errori che hanno un impatto finanziario. Questo non significa assolutamente che tutte le spese del bilancio dell’Unione sono gravate da errori, e nemmeno è possibile interpretare questi errori come indice di frode.
Nella sua reazione iniziale, la Commissione europea manifesta obiezioni nei confronti della metodologia della Corte dei conti, ma continua a prefiggersi come obiettivo una dichiarazione di affidabilità positiva entro il 2009. A tale scopo, ha avviato un processo di riforma, nell’ambito del quale ha sviluppato un sistema di controllo interno integrato; anche l’introduzione di una gestione del bilancio basata sugli obiettivi può essere considerata un significativo passo avanti. Ora che gli Stati membri hanno riconosciuto, su richiesta del Parlamento europeo, che le dichiarazioni che vengono loro richieste sono necessarie, possiamo sperare nel successo della Corte dei conti.
Jeffrey Titford (IND/DEM). – (EN) Signora Presidente, sarei tentato di chiederle di rileggere l’intervento che avevo pronunciato lo scorso anno. Le osservazioni del Presidente della Corte dei conti lo riassumono con estrema precisione. Nel complesso, la situazione non è sostanzialmente cambiata dall’anno scorso. Infatti, il comunicato stampa della Corte dice a chiare lettere che non è cambiato nulla, con commenti come “a causa del permanere di elevati tassi di errore” e il piatto forte, “la frequenza con cui si riscontrano errori aventi un impatto finanziario non consente alla Corte di concludere che tutto funziona bene”. L’unica vera differenza di quest’anno è che la Commissione è stata più energica nel negare le sue responsabilità per questa grande confusione. Devo ringraziare il Commissario Kallas per avermi fornito la barzelletta dell’anno, quando ha detto che la percezione delle frodi ai danni delle finanze dell’Unione europea è “estremamente ingiusta” e che le spese nell’Unione europea sono oggetto di rigoroso controllo. Certo, e Babbo Natale scende davvero dal camino!
Accusare i singoli Stati della maggior parte delle frodi è una facile scappatoia. La Commissione dovrebbe applicare le regole e sorvegliare le spese. Per questo deve essere ritenuta responsabile di tutte le vacche invisibili in Slovenia, un paese che ha aderito solo due anni fa, ma che ha imparato subito come funziona il sistema. Le lezioni del passato non sono servite a nulla e si continuano a ripetere gli stessi errori.
José Javier Pomés Ruiz (PPE-DE). – (ES) Signora Presidente, come afferma la relazione della Corte dei conti, abbiamo compiuto progressi in molti settori. Vorrei ringraziare la Corte per la sua relazione. C’è però un settore in cui non c’è stato alcun progresso: la segnalazione dei nomi degli Stati membri. Siamo un gruppo di 25 e non possiamo semplicemente dare un voto a tutta la classe.
Le 300 pagine della relazione contengono riferimenti alla Grecia, ma non viene mai specificato quali Stati membri sono responsabili del mancato raggiungimento dell’obiettivo oppure – se la Corte non vuole fare il boia – quali Stati membri stanno ottenendo risultati positivi o significativi miglioramenti.
Altre Istituzioni lo fanno: la Banca centrale europea fa i nomi degli Stati membri. Non siete un’assemblea di diplomatici che difendono gli interessi nazionali. Nei vostri comunicati stampa, dovete, tra le altre cose, segnalare quali Stati membri procedono correttamente e quali no.
La Presidenza finlandese oggi non è nemmeno rappresentata, ma alla luce della relazione della Camera dei Lord, per la quale nutriamo il massimo rispetto, voglio chiedere a nome del gruppo che coordino, il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, una relazione di iniziativa che esamini la metodologia della Corte dei conti.
Ricordo bene che uno dei suoi membri, il belga Pinxten, aveva assunto il suo incarico senza rinunciare ad alcuna delle sue responsabilità economiche o politiche. Alla fine, quando è stato minacciato di essere portato in tribunale, ha dovuto scappare dalla porta di servizio. Questo episodio vergognoso non è stato purtroppo il momento più glorioso della Corte di cui lei è ora il degno Presidente.
Vorrei dire una cosa al Vicepresidente Kallas. Nel suo intervento dinanzi alla commissione per il controllo dei bilanci, il 23 ottobre, lei ha detto che sono stati recuperati 2 100 milioni. Ha duramente criticato il revisore – non so se sia stata la miglior cosa da fare – ma vorrei che precisasse, se possibile, a quali politiche, programmi e Stati membri si riferiscono questi 2 100 milioni recuperati.
Herbert Bösch (PSE). – (DE) Signora Presidente, desidero congratularmi con la Corte dei conti per l’ottima relazione che ci offre uno specchio in cui si possono vedere molte cose; il problema è che certe persone in questo specchio non vogliono guardare.
Devo dire al Commissario Kallas che non è accettabile che la nuova Commissione chiuda le orecchie per non sentire le brutte notizie provenienti da Lussemburgo, dimenticando che “ambasciator non porta pena”. Se rileggiamo i Trattati, vedremo che sanciscono che la Commissione – e nessun altro – è responsabile dell’esecuzione del bilancio europeo.
Tuttavia, Commissario Kallas, trovo ovunque riferimenti ad aspetti dei quali lei non è responsabile, le agenzie, come lei stesso afferma – e al riguardo avremo sicuramente altro da aggiungere – oppure, per esempio, la mancata applicazione da parte della Grecia del sistema integrato di gestione e di controllo (SIGC); la Commissione scompare ovunque dalla scena. E’ un punto del quale – visto che trattiamo per la prima volta con la nuova Commissione – dovremo discutere seriamente. Commissario Kallas, deve iniziare ad assumersi le sue responsabilità, altrimenti dobbiamo concludere che è nel posto sbagliato.
Hubert Weber, Presidente della Corte dei conti. – (DE) Signora Presidente, in primo luogo, vorrei esprimere il mio ringraziamento ai deputati che hanno pronunciato parole molto cortesi nei confronti della nostra relazione, in particolare gli onorevoli Staes, Lundgren, Pomés Ruiz e Bösch.
Vorrei tornare un attimo al Vicepresidente della Commissione Kallas, che ha lamentato il fatto che i media mettono sempre sotto i riflettori il tema delle frodi. La posso rassicurare: insieme ai numerosi deputati che sono intervenuti nel dibattito odierno – tra gli altri, gli onorevoli Jørgensen, Fazakas e Titford – diamo alla Commissione il nostro pieno appoggio. Non si può accettare che si continui a suonare sempre la stessa vecchia musica – “frodi, frodi e ancora frodi”. E’ ingiustificato, dannoso e superfluo. Abbiamo una normativa in materia.
Vorrei tornare ora al secondo aspetto, ossia la raccomandazione della Camera dei Lord britannica che, secondo quando affermato dal Commissario Kallas, dovremmo seguire. Abbiamo un sistema. La nostra relazione non può confermare che siano state commesse frodi. Spetta ai giudici, e non alla Corte dei conti, accertare i casi di frode. Leggeremo tuttavia con estrema attenzione la relazione della Camera dei Lord, che abbiamo ricevuto soltanto ieri verso mezzogiorno. Ho personalmente contribuito a un accordo che abbiamo raggiunto con la Commissione, in virtù del quale, se sospettiamo che sia in atto una frode, la questione viene deferita all’OLAF. Come ho già detto, c’è una procedura regolamentata.
Posso appoggiare senza alcuna riserva quanto ha affermato l’onorevole Garriga Polledo: la cooperazione con le autorità omologhe competenti è un aspetto estremamente importante e porteremo con noi a Varsavia i suoi auguri dei quali la ringraziamo.
L’onorevole Mulder ha chiesto perché i conti anche questa volta non stati approvati senza riserve. La risposta è molto semplice: le operazioni alle quali si riferiscono i conti non sono ancora in larga misura oggetto di una adeguata gestione del rischio. Solo quando e se sarà così, sarà possibile fornire una dichiarazione di affidabilità positiva. Anche in questo caso, il tasso di errori determinerebbe nuovamente un particolare risalto alle frodi da parte dei media.
Sono particolarmente grato all’onorevole Staes per aver fatto notare che solo se si migliorano i sistemi di controllo interno, sarà possibile avere una dichiarazione di affidabilità positiva e per aver citato anche alcuni esempi; non posso fare altro che confermare le sue parole. Dinanzi al Consiglio ECOFIN mi sono espresso in modo molto chiaro, e la Camera dei Lord ha evidenziato una serie di problemi, come per esempio la controfirma e la lista nera. Abbiamo ricevuto la relazione ieri e ora dobbiamo prima analizzarla con cura.
Risponderò alle osservazioni dell’onorevole Mote dicendo che oggi ci siamo concentrati sulla dichiarazione di affidabilità, anche se i temi a cui ha fatto accenno sono sicuramente molto importanti e sarei lieto di proseguire con lui il dialogo che abbiamo già avviato.
In questo modo ho risposto essenzialmente alla maggior parte delle domande che mi sono state rivolte.
Siim Kallas, Vicepresidente della Commissione. – (EN) Signora Presidente, desidero ringraziare tutti i deputati per le osservazioni espresse. Questa è solo una parte del processo e la prossima settimana assisteremo all’avvio di audizioni più dettagliate sull’esecuzione del nostro bilancio.
Per rispondere ad alcune delle osservazioni, vorrei precisare che la Commissione non sta puntando il dito contro nessuno. Sta cercando di comporre un quadro preciso che consenta una valutazione adeguata ed equilibrata dell’esecuzione del bilancio europeo. Siamo pienamente responsabili di tutto quello che facciamo e siamo pronti ad assumerci tale responsabilità.
Sarebbe tuttavia irrealistico aspettarsi, come risposta a un’analisi dell’esecuzione del bilancio europeo il cui messaggio è che la Commissione non si comporta bene, che la Commissione dica che non si comporta male, ma malissimo. Sarebbe ingiusto, anche se non abbiamo difficoltà ad ammettere i nostri punti deboli. Le tematiche legate alla politica interna costituiscono il settore più vulnerabile delle nostre attività del 2005. Durante le tre procedure di discarico a cui ho partecipato, ho assistito a progressi concreti e so che cosa si può fare per migliorare ulteriormente la situazione. Faremo tutto il possibile per migliorare le cose, e intendiamo procedere a una valutazione professionale completa e adeguata dell’esecuzione del bilancio dell’Unione europea in tutti i suoi aspetti, che si tratti di punti forti o punti deboli, errori o frodi, eccetera. E’ nostro auspicio e nostra intenzione dimostrare a tutti che, sebbene l’apparato sia grande e possa essere sicuramente migliorato, le cose non vanno poi così male. Conoscendo le esperienze degli Stati membri nel settore della pubblica amministrazione, e sapendo che cosa accade in vari Stati membri e in altre organizzazioni internazionali, mi sento di affermare che le cose non vanno assolutamente male. Vogliamo che anche i cittadini, i deputati e la Corte dei conti vedano questo lato delle nostre attività.
Per quanto riguarda la domanda dell’onorevole Mulder sulle prospettive finanziarie e sull’idea relativa a una maggiore partecipazione degli Stati membri a questo processo – la questione delle dichiarazioni nazionali – accolgo con favore il cambiamento di posizione. Quando abbiamo iniziato a discutere di questo tema, solo uno o due Stati membri condividevano la posizione secondo cui gli Stati membri potrebbero assumersi maggiore responsabilità. Tale atteggiamento sta cambiando, ma, sulla base della mia esperienza, ancora limitata, nell’ambito delle tematiche europee, so che ci vuole molto tempo. Ci fa piacere che gli Stati membri abbiano accettato di fornire una sintesi delle dichiarazioni degli organismi pagatori; è un passo avanti e stiamo lavorando con gli Stati membri per compiere progressi su questa strada.
Per quanto riguarda la dichiarazione, condivido in tutto e per tutto il parere della Corte dei conti secondo cui, da sola, non risolverà tutto. Va vista nell’ambito del tema molto più ampio del controllo e della verifica sistematici e strutturali, che dovrebbero portare i risultati attesi.
Discutiamo quindi di ogni aspetto, senza escludere nulla dall’ambito delle nostre discussioni. Discutiamo anche della questione della metodologia e delle nostre azioni e dei nostri punti deboli. Portiamo avanti una discussione completa, professionale e appropriata su questo tema, e saremo così tutti soddisfatti.
Ashley Mote (NI). – (EN) Signora Presidente, sono stato interrotto nel bel mezzo del mio intervento perché a quanto pare lei non era stata correttamente informata del tempo di parola di cui disponevo. Non ho pertanto potuto dire alcune cose che reputo molto importanti e attirare l’attenzione dell’Aula su altre parti della relazione della Camera dei Lord pubblicata ieri sera, in cui si sostiene – e il Commissario Kallas non lo ha citato – che la Commissione dovrebbe insistere e chiedere ai funzionari e agli organi di revisione contabile esistenti di assumersi la responsabilità dei propri sistemi e dei propri conti, e che questo processo dovrebbe culminare nell’obbligo per il Segretario generale della Commissione di firmare una dichiarazione in cui afferma che i conti annuali della Commissione sono esatti e veritieri. Mi sembra una delle dichiarazioni più importanti finora formulate nell’ambito del processo teso al miglioramento della qualità del lavoro in questo Parlamento, e desidero che sia compresa correttamente.
Presidente. – Lei è intervenuto a nome del suo gruppo, a cui era stato attribuito per questo dibattito un tempo di parola di un minuto. L’ho quindi interrotta al momento giusto, e ora non è corretto che lei cerchi, per così dire, di prolungare il suo tempo di parola attraverso richiami al Regolamento.
Jan Mulder (ALDE). – (EN) Signora Presidente, vorrei solo chiedere al Commissario Kallas una precisazione. E’ stato un po’ ambiguo nella risposta alla mia domanda, e pertanto vorrei nuovamente chiedergli: quando la Commissione ricorderà agli Stati membri gli obblighi in materia di prospettive finanziarie?
Siim Kallas, Vicepresidente della Commissione. – (EN) Signora Presidente, abbiamo già ricordato agli Stati membri questo obbligo nella nostra lettera a loro indirizzata e lo rifaremo nel corso della riunione del Consiglio quando ridiscuteremo di questi temi. Stiamo cercando di promuovere l’idea e facciamo tutto il possibile, ma, come per il Parlamento, in questo ambito il nostro margine di manovra è limitato.
Presidente. – La discussione è chiusa.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)
Richard Corbett (PSE). – (EN) Per quanto concerne le spese dell’Unione europea, ritroviamo gli stessi punti deboli che hanno molte grandi organizzazioni, governi, ministeri e organizzazioni internazionali: il denaro è speso per una gamma così ampia di attività e in così tanti luoghi, che i revisori non possono garantire che gli esatti importi siano sempre stati spesi correttamente. Il bilancio federale degli Stati Uniti da circa otto anni non ottiene una dichiarazione di affidabilità positiva, e sono quindici anni che il ministero britannico del Lavoro e della Previdenza sociale non riesce a ottenere la corrispondente dichiarazione – e il suo bilancio è più grande di quello di tutta l’Unione europea!
Come emerge dalla relazione pubblicata ieri dalla Camera dei Lord britannica, sembra che in realtà ci siano relativamente poche frodi ai danni del bilancio dell’Unione europea. I revisori hanno piuttosto riscontrato casi di irregolarità tecniche, che determinano in genere comunque una restituzione al bilancio dell’Unione europea, oppure ritardi di pagamento, o ancora documentazione incompleta di cui sarà richiesto successivamente il completamento. Gli articoli pubblicati dalla stampa in cerca di notizie sensazionali li classificano poi tutti come “frodi”, ma non lo sono.
Sono necessari ulteriori progressi per eliminare tali errori. Mi piacerebbe che ci fosse un sistema che prevedesse l’obbligo di formulare dichiarazioni di affidabilità annuali indirizzate alle unità della Commissione e ad ognuno dei 25 governi nazionali individualmente, piuttosto che un’unica dichiarazione per tutta l’Unione europea.
Véronique Mathieu (PPE-DE). – (FR) Nella sua relazione annuale, la Corte dei conti formula una dichiarazione di affidabilità positiva in merito ai conti 2005 dell’Unione europea e si congratula con la Commissione per aver applicato il nuovo sistema di contabilità per l’esercizio in questione. Tuttavia, per quanto riguarda la legittimità e la regolarità delle operazioni sottostanti – ossia i pagamenti da e verso le casse dell’Unione europea – la Corte constata che in importanti capitoli di spesa non è sempre garantita una gestione del rischio adeguata.
La maggior parte di questi errori è causata da una conoscenza insufficiente delle regole applicabili, spese inammissibili o tentativi di frode da parte dei beneficiari finali (agricoltori, autorità locali o responsabili dei progetti).
A chi deve essere imputata questa responsabilità? Innanzi tutto alla Commissione che, secondo i Trattati, è direttamente responsabile dell’esecuzione del bilancio europeo. Deve rafforzare la qualità del controllo interno, e le procedure devono essere semplificate per evitare il mancato rispetto dei criteri di ammissibilità, la doppia imputazione o la sovrastima dei costi. Infine, anche gli Stati devono assumersi le loro responsabilità, visto che il 76 per cento dei fondi è speso da amministrazioni nazionali o locali. E’ a mio avviso di importanza vitale che gli Stati membri si impegnino a fornire dichiarazioni annuali che illustrino come sono spesi i fondi dell’Unione europea che gestiscono.
6. Impresa comune per il sistema europeo di gestione del traffico aereo (SESAR) (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0382/2006), presentata dall’onorevole Hennicot-Schoepges a nome della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo alla costituzione di un’impresa comune per la realizzazione del sistema europeo di nuova generazione per la gestione del traffico aereo (SESAR) [COM(2005)0602 – C6-0002/2006 – 2005/0235(CNS)].
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Signora Presidente, onorevoli parlamentari, la relazione sulla quale siete chiamati a pronunciarvi è un testo esauriente, una relazione di grande pregio. Mi preme ringraziare l’onorevole Hennicot-Schoepges e la commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, nonché l’onorevole Bradbourn, la commissione per i trasporti e il turismo e la commissione giuridica per il sostegno offerto alla proposta della Commissione sul grande progetto europeo SESAR.
La sua relazione, onorevole Hennicot-Schoepges, coincide con la posizione della Commissione che appoggia gran parte dei suoi emendamenti. Non desidero entrare nel merito di tutti gli emendamenti presentati; mi limiterò piuttosto ad alcune osservazioni di natura generale.
Innanzi tutto, constato che il Parlamento e la Commissione condividono la medesima visione circa l’importanza di grandi programmi tecnologici e industriali quali SESAR o GALILEO. SESAR è un programma indispensabile per la competitività del settore aeronautico europeo e s’inserisce nello sforzo d’innovazione tecnologica della Comunità, che è il cuore della strategia di Lisbona.
E’ fondamentale che in un settore tanto critico per l’economia europea, gli organismi pubblici e il settore privato mettano in comune le proprie risorse per costruire insieme quella che sarà l’infrastruttura di controllo del traffico aereo più efficace, più affidabile e più sicura al mondo. Il partenariato pubblico/privato richiede una chiara ripartizione dei rispettivi ruoli e procedure trasparenti per prevenire potenziali conflitti d’interesse. La Commissione pertanto accoglie favorevolmente gli emendamenti proposti dal Parlamento che muovono in tale direzione.
In ordine a talune modalità d’intervento del Parlamento europeo, è in gioco una questione di principio: SESAR è un partenariato tra pubblico e privato e la condizione sine qua non per la partecipazione del settore privato è che il programma sia gestito secondo una logica d’impresa. Peraltro, e l’onorevole Hennicot-Schoepges lo ha perfettamente sottolineato nella sua relazione, i diritti di voto in seno al consiglio di amministrazione dell’impresa comune SESAR devono essere equilibrati e ponderati in proporzione al contributo finanziario, che è un principio di sana gestione di qualunque impresa privata.
Pertanto è difficile recepire l’emendamento proposto dal Parlamento inteso a ottenere una rappresentanza parlamentare in seno al consiglio di amministrazione. Il Parlamento, che è la principale istanza del controllo di bilancio nell’architettura comunitaria, non può al contempo garantire tale controllo e sedere, anche soltanto come osservatore, nel consiglio di amministrazione che è deputato a controllare.
Nello stesso ordine di idee, l’industria auspica che il direttore esecutivo sia nominato secondo criteri oggettivi di esperienza e competenze tecniche, piuttosto che in base a criteri politici. E’ importante riconoscere che l’impresa comune SESAR è uno strumento di gestione di un programma di ricerca e sviluppo tecnologico e non ha alcun ruolo di regolamentazione.
Di conseguenza, la partecipazione diretta del Parlamento al processo di selezione del direttore esecutivo dell’impresa comune SESAR non ha motivo di essere. La Commissione appoggia invece tutti gli emendamenti che mirano a garantire che il Parlamento sia informato correttamente e continuamente sul programma SESAR.
Signora Presidente, mi rallegro del lavoro del Parlamento. Sono convinto che queste piccole divergenze di opinione non ostacoleranno i nostri comuni sforzi per fare in modo che questo programma sia un successo per l’Unione europea. Aggiungo che la nostra politica ambientale riceverà un ulteriore impulso, in quanto SESAR significa aerei che possono decollare in orario, senza rimanere in volo in attesa, risparmiando così energia e evitando inutili emissioni di carbonio. Ecco perché SESAR è un progetto fondamentale da tutti i punti di vista: per la sicurezza dei passeggeri, per il risparmio energetico e per la qualità dell’ambiente.
PRESIDENZA DELL’ON. ONESTA Vicepresidente
Erna Hennicot-Schoepges (PPE-DE), relatore. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, esaminiamo oggi una relazione sulla costituzione di un’impresa comune per la realizzazione del sistema europeo di nuova generazione per la gestione del traffico aereo.
SESAR è il capitolo tecnico del cielo unico europeo e il suo compito è adattare il controllo del traffico aereo alle nuove tecnologie, garantire la sicurezza e la regolamentazione dei voli, organizzare i servizi di navigazione aerea e definire i rispettivi ruoli nonché le responsabilità delle autorità di sorveglianza e dei prestatori di servizi.
Come lei ha affermato, signor Commissario, il progetto riveste, a diversi livelli, un’importanza capitale per il futuro dell’aviazione civile europea. Si tratta peraltro di uno dei progetti comuni di infrastrutture individuati dal Consiglio europeo del 1994. Abbiamo già perso non poco tempo.
SESAR sarà indispensabile perché, secondo le previsioni, il traffico aereo, che contribuisce per un importo di circa 220 miliardi di euro al PIL europeo e occupa 3,1 milioni di persone, dovrebbe più che raddoppiare nei prossimi venti anni. Poiché la vetustà delle apparecchiature di controllo, la cui tecnologia risale, in alcuni casi, agli anni ’70, non permette più di garantirne l’affidabilità, l’impatto di SESAR in termini di sicurezza sarà notevole.
Lo stesso vale per l’ambiente. La realizzazione del progetto permetterà di ottenere notevoli risparmi di carburante, da un lato grazie all’ottimizzazione delle rotte e a una migliore utilizzazione dello spazio aereo, e dall’altro alla riduzione dei tempi d’attesa in volo prima dell’atterraggio. La Commissione stima la riduzione dei gas a effetto serra dal 4 al 6 per cento per volo. I passeggeri pertanto vedranno anche ridursi i tempi di attesa negli aeroporti.
La Commissione propone la costituzione di un’impresa comune che dovrà essere creata rapidamente, addirittura prima del termine della fase di definizione, che va dal 2005 al 2007 e per cui è previsto un cofinanziamento pari a 60 milioni di euro a titolo del bilancio comunitario e da Eurocontrol. Dal 2008 al 2013 l’impresa comune assicurerà la fase di sviluppo, con un bilancio annuo di 300 milioni di euro ripartiti tra i tre partner: Commissione, Eurocontrol e un consorzio di imprese. Seguirà la fase di spiegamento, di cui si farà carico l’industria e che secondo le previsioni dovrebbe durare dal 2014 al 2020.
Questo primo partenariato pubblico/privato nell’ambito dell’aviazione civile fornirà numerose opportunità di occupazione. Si tratterà altresì di un grande progetto di ricerca e sviluppo che potrà trovare sbocchi su mercati al di fuori dell’Unione, a condizione di non ritardarne l’entrata in vigore. La procedura di cooperazione rafforzata tra le nostre due commissioni parlamentari riflette il duplice interesse di questo progetto: la ricerca e le reti di trasporto.
La Commissione ha fondato il suo progetto sull’articolo 171, e in questo modo il Parlamento non è stato coinvolto nella codecisione. Vorrei comunque segnalare il buono spirito di collaborazione con la Commissione e dire che il Parlamento rimarrà molto vigile e sfrutterà tutti i mezzi a sua disposizione, anche se non è rappresentato nel consiglio di amministrazione.
Gli emendamenti che abbiamo inserito chiariscono il testo in merito ai potenziali conflitti d’interesse. Abbiamo altresì chiesto alla Commissione di produrre un nuovo documento che tratti esclusivamente della terza fase, in modo da sciogliere buona parte dei dubbi sollevati dal primo progetto.
SESAR è un progetto che servirà gli interessi dei cittadini, ponendo l’industria dell’aviazione civile all’avanguardia del progresso e migliorando la nostra competitività. L’interesse dell’industria a questo progetto giustifica la sua partecipazione finanziaria, e la distribuzione dei diritti di voto dovrà prevenire procedure amministrative gravose. Il Parlamento ha creduto di fare bene mantenendo aperta la possibilità di istituire un prelievo, poiché a tutt’oggi la partecipazione dell’industria, con cifre alla mano, non è ancora confermata.
E’ auspicabile, infine, signor Commissario, che SESAR non subisca i ritardi di Galileo né la debacle di Airbus e che dimostri che la ricerca europea, il know-how di Eurocontrol e le capacità delle industrie interessate possono associarsi nell’interesse del progresso. Infine, è ovvio, signor Commissario, che gli Stati membri dovranno prepararsi a organizzare la distribuzione del controllo del traffico aereo in base all’evoluzione tecnologica.
Per concludere, vorrei ringraziare tutti i colleghi e in primo luogo il mio correlatore, onorevole Bradbourn.
Philip Bradbourn (PPE-DE), relatore per parere della commissione per i trasporti e il turismo. – (EN) Signor Presidente, il progetto SESAR sarà proficuo non soltanto per i settori dell’aviazione europea, ma anche per il consumatore. Quando SESAR sarà lanciato, l’efficienza delle compagnie aeree migliorerà grazie alla definizione di rotte più dirette, alla riduzione della congestione nei cieli e a una maggiore affidabilità per i passeggeri. Anche l’ambiente beneficerà del sistema, perché le rotte saranno più brevi, si ridurranno i tempi di attesa in volo e dunque le emissioni di CO2 causate dall’aviazione.
Tuttavia, mi colpisce che, a fronte di un progetto tanto importante, posto che alla legislazione originaria “cielo unico” è stata applicata la procedura di codecisione, per il processo di attuazione sia prevista solo la procedura di consultazione, un fatto inaccettabile. Non si può fare a meno di chiedersi come mai la Commissione pensi di poter scegliere a suo piacimento quando coinvolgere nello sviluppo di tali proposte l’unica Istituzione democraticamente eletta dell’Unione europea. Fatto ancora più preoccupante, la Commissione e Eurocontrol stanno cercando di accaparrarsi il 60 per cento dei diritti di voto nel consiglio di amministrazione.
Il progetto SESAR dovrebbe essere gestito dall’industria, non dai burocrati. Non possiamo aspettarci che l’industria paghi lo sviluppo di un progetto sulla cui direzione avrà un controllo marginale. Per questo motivo la correlatrice della commissione competente per il merito e io, a nome del nostro gruppo, abbiamo presentato un emendamento per ridurre i diritti di voto, per dare all’industria e ai prestatori di servizi di navigazione aerea l’incentivo di essere coinvolti fin dall’inizio.
Il progetto SESAR può contribuire a disegnare il futuro dell’aviazione europea. Può essere una forza positiva per il cambiamento, se ottiene il sostegno generalizzato di tutti gli attori dei vari settori, su una base equa e giusta. Pertanto esorto il Parlamento a sostenere il nostro emendamento per dare a questo importante progetto proprio la direzione di cui ha bisogno.
Reinhard Rack, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, nei prossimi anni il traffico aumenterà, sulle strade, sull’acqua e soprattutto nei cieli. L’aumento del traffico significa più problemi e problemi nuovi. Questo incremento quantitativo deve essere gestito e le questioni legate all’ambiente e alla salute devono trovare una soluzione soddisfacente: tutto ciò avrà un costo ragguardevole.
Per le questioni di cui sopra abbiamo bisogno soprattutto di soluzioni intelligenti, nuove tecnologie e una logistica migliore. Sono proprio queste le tematiche sulle quali dovremmo concentrarci fin da oggi. Purtroppo non abbiamo ancora raggiunto questa fase. Alcuni progetti però hanno già visto la luce: mi riferisco a Galileo. Attualmente, però, ci stiamo ancora concentrando soltanto sui lavori preparatori, come per esempio la struttura dell’organizzazione amministrativa, il ruolo di Eurocontrol, il coinvolgimento nel nostro progetto del settore privato e tanti altri interrogativi ancora.
Sul tema del partenariato tra pubblico e privato (PPP) vorrei lanciare un monito. E’ corretto discutere e concentrare l’attenzione su possibili conflitti di interesse, tuttavia dovremmo anche impegnarci molto di più perché l’economia partecipi realmente al nostro progetto. E’ doveroso, tuttavia, ricordare che le esperienze realizzate fino a oggi in materia di modelli PPP non hanno registrato grandi successi. Un’eccezione che desidero segnalare è il programma Marco Polo, tra gli altri motivi perché tra qualche settimana avvieremo il programma che gli succederà. In questo caso abbiamo trovato la giusta miscela tra incentivi per il settore privato e l’interesse pubblico. Anche questa volta, più che mai, dovremmo concentrarci su un’impostazione simile.
Per il resto ringrazio sentitamente i due relatori per il lavoro che hanno svolto e spero che, nonostante la questione della codecisione o della consultazione del Parlamento europeo, ci si concentri sul tema e si lavori insieme per raggiungere l’obiettivo. Forse riusciremo addirittura ad accelerare un po’ la tabella di marcia. Ciò sarebbe assai positivo ai fini del progetto.
Britta Thomsen, a nome del gruppo PSE. – (DA) Signor Presidente, desidero ringraziare la relatrice per il suo lavoro ammirevole sul sistema comune europeo per la gestione del traffico aereo, SESAR. Anche a mio parere è necessario sviluppare un sistema europeo per la gestione del traffico aereo di nuova generazione, al fine di garantire la sicurezza e la fluidità del traffico aereo in Europa nei prossimi 20 anni. Gli attuali sistemi di controllo del traffico aereo sono obsoleti e troppo condizionati dalle situazioni locali specifiche, e pertanto inadatti a favorire uno sviluppo rapido, affidabile ed economicamente sostenibile del traffico aereo in Europa. Per tale motivo SESAR è fondamentalmente una buona iniziativa che renderà più efficace il sistema della gestione del traffico aereo in Europa. SESAR comporterà un trasporto più efficace e più sicuro rispetto agli attuali sistemi di controllo del traffico aereo e a un prezzo ragionevole.
In relazione alle considerazioni ambientali, invece, la proposta della Commissione non mette in sufficiente rilievo le sfide che l’aumento del traffico aereo implicherà nei prossimi anni in Europa. SESAR non deve soltanto garantire la sicurezza della gestione del traffico aereo, ma offrire anche dei vantaggi ambientali. Pertanto posso appoggiare gli emendamenti nei quali si sottolinea che SESAR deve portare a rotte aeree più efficienti dal punto di vista energetico, che risparmiano combustibili e proteggono l’ambiente.
Un altro importante aspetto riguarda la chiarezza in merito ai vantaggi che gli Stati membri otterranno da SESAR, cioè i diritti di proprietà sui beni materiali e immateriali creati dall’impresa comune di SESAR. Attualmente non è chiaro cosa succederà dei diritti di proprietà sui valori prodotti tramite l’impresa comune SESAR, una volta che la proprietà di SESAR passerà all’industria. Pertanto è assolutamente necessario che i membri costituenti abbiano costantemente accesso alle conoscenze e ai valori creati da SESAR per scopi propri, non commerciali, di sviluppo dei prodotti. Non vogliamo ritrovarci in una situazione in cui tutti gli Stati membri hanno messo a punto uno standard per la propria tecnologia in un sistema europeo di gestione del traffico aereo, mentre i diritti di proprietà della tecnologia in questione sono detenuti da un’impresa privata.
Ringrazio ancora una volta l’onorevole Hennicot-Schoepges per la relazione e spero che grazie al nostro comune impegno si possa varare SESAR secondo i tempi previsti.
Fiona Hall, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare la relatrice per il suo lavoro. Abbiamo bisogno di un sistema di gestione del traffico aereo di nuova generazione per l’Europa per migliorare la sicurezza e la prestazione ambientale del trasporto aereo. SESAR offrirà ciò che le attuali tecnologie del controllo del traffico aereo, arcaiche e frammentate, non sono in grado di offrire.
L’impresa comune SESAR deve essere costituita in modo tale da evitare problemi e ritardi superflui a valle. L’approccio basato su un’impresa comune pubblica/privata è ancora alquanto nuovo e spero che la Commissione sarà franca e trasparente in merito alle lezioni tratte dall’impresa comune Galileo. L’impresa comune SESAR ha bisogno di essere rivista periodicamente per garantire che i problemi iniziali di Galileo non si ripetano.
Il Parlamento, al pari del Consiglio, deve essere informato e consultato su questioni quali l’accesso di nuovi membri e la nomina del direttore esecutivo. La commissione parlamentare ha ritenuto con convinzione che la nomina del direttore esecutivo debba avvenire in seguito a un concorso pubblico e sulla base di criteri di competenza ed esperienza. Non deve assolutamente essere una nomina politica o un favoritismo.
La commissione parlamentare ha inoltre sottolineato che Eurocontrol continua a essere importante. Il suo coinvolgimento è fondamentale, vista la sua esperienza e la sua competenza.
Infine, in merito alla questione della sede dell’impresa comune, concordo con la proposta originaria della Commissione che per motivi pratici la sede sia Bruxelles. Mettere in discussione la questione della sede sarebbe un’inutile perdita di tempo e prolungherebbe la fase di spiegamento dell’impresa comune. Questo è un punto che non cadrà nel vuoto per quei deputati che deplorano lo spreco di tempo, denaro ed energia causato dal fatto di non essere riusciti a stabilire a Bruxelles la sede permanente del Parlamento.
Eva Lichtenberger, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, se sarà utilizzato correttamente e se diventerà operativo in tempi brevi, SESAR apporterà un contributo significativo alla riduzione dei gas dannosi per il clima. Grazie a una buona cooperazione con i servizi meteorologici e un adeguamento appropriato delle quote e delle velocità di volo, si potrà ridurre il numero di aerei che sorvolano le città in attesa di atterrare e quindi diminuire le scie di condensa, che gli studi più recenti sempre di più identificano come la causa dei problemi climatici.
Un presupposto per il funzionamento efficiente del sistema è la creazione di regioni di spazio aereo atte a contribuire al risparmio di carburante. Purtroppo il lavoro in questo ambito procede molto a rilento e anche l’Austria, come i suoi vicini a nord e a est, è carente al riguardo.
La forma organizzativa è stato un punto focale della discussione in seno alla nostra commissione e, a mio avviso, Eurocontrol non può assolutamente essere emarginato. L’interesse pubblico – in cui tra le altre cose rientra, e secondo noi deve rientrare, la protezione del clima – deve essere difeso da un’istituzione pubblica ed Eurocontrol forse è un organo più idoneo che non i semplici diritti di voto dell’industria, la cui partecipazione in questo settore può anche essere garantita diversamente.
Jaromír Kohlíček, a nome del gruppo GUE/NGL. – (CS) Onorevoli colleghi, il trasporto aereo sopra l’Europa sta cominciando a raggiungere i limiti determinati dalla grande concentrazione degli aeroporti e dalla necessità di risolvere i problemi collegati all’aumento del numero di aeromobili che decollano. Alcuni di tali problemi sono già stati risolti tramite l’accordo sull’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile, oppure tramite disposizioni legislative approvate a diversi livelli. Il problema del traffico aereo è gestito prevalentemente tramite una Convenzione internazionale sulla gestione del traffico aereo alle quote medie sopra l’Europa centrale, che finora non è ancora entrata pienamente in vigore. Il programma SESAR dovrebbe consentire progressi significativi in questo settore.
Desidero cogliere l’occasione per sollevare due questioni. La prima riguarda il finanziamento dei progetti. Penso che sia necessario procedere con molta cautela, quando si apre al capitale privato, perché questo è un progetto chiave nel settore. Ritengo importante che la parte del leone nel finanziamento non debba spettare al settore privato. Il finanziamento piuttosto dovrebbe provenire dai diritti d’utenza di Eurocontrol e dal bilancio dell’Unione.
Secondo elemento importante e da tempo irrisolto è la definizione delle componenti del parco aeromobili cui si applicherà il nuovo sistema di traffico aereo. La questione della diversificazione tra aeromobili e aerei ultraleggeri rimane aperta. La classificazione vigente in Europa è difforme rispetto a quella degli Stati Uniti. Raccomando perciò che nella carta dell’impresa comune il fattore determinante sia definito come peso standby dell’aeromobile pari a 600 kg. Credo che armonizzare la definizione in questo senso sia utile anche per altri futuri negoziati attinenti non soltanto al traffico aereo ma al trasporto aereo in generale. Concludendo desidero dire che il mio gruppo appoggia con determinazione il progetto SESAR.
Mieczyslaw Edmund Janowski, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, desidero ringraziare la relatrice per il suo lavoro. I problemi del traffico aereo, che attualmente cresce del 5 per cento circa ogni anno, richiedono una soluzione rapida, completa ed efficace, ma che contempli contestualmente la prospettiva di lungo termine. Se non saranno immediatamente intrapresi i passi necessari, lo spazio aereo europeo sarà presto congestionato. Pertanto la costituzione dell’impresa comune SESAR, che sarà al servizio della gestione del traffico e della sicurezza degli aeroporti europei, è un passo positivo. Mi rallegra la notizia che le misure in oggetto miglioreranno la puntualità dei collegamenti e la sicurezza aerea e avranno anche un impatto positivo sull’ambiente.
Quest’impresa dovrebbe offrire lavoro a molto personale altamente qualificato. Il cofinanziamento del progetto da parte dell’Unione europea e del settore privato è molto importante. Spero che il progetto sia approvato, in quanto merita di essere realizzato. Tuttavia, dovrebbe stimolare soluzioni compatibili in altre parti del mondo. Dovremmo anche continuare a cercare soluzioni radicalmente innovative, per esempio hub in quota.
Georgios Karatzaferis, a nome del gruppo IND/DEM. – (EL) Signor Presidente, signor Commissario, il SESAR è un’ottima idea, ma comunque sarà necessario che ci diciate direttamente qualcosa che nemmeno voi sapete: quale sarà il suo campo di applicazione? Dov’è lo spazio aereo europeo nella regione sudorientale? Lo sappiamo? Questo spazio deve essere determinato. Qualche mese fa un aereo militare turco ha abbattuto un aereo militare greco a sudovest di Rodi nello spazio aereo europeo, mentre un aereo passeggeri proveniente dall’Egitto viaggiava a distanza tanto ravvicinata da essere visibile a occhio nudo. Vi immaginate cosa sarebbe potuto accadere?
Come possiamo dunque determinarne la sfera d’azione, se quando si sorvola la parte settentrionale di Cipro, che pure è uno Stato membro dell’Unione europea, è competente il FIR turco e non quello di Nicosia? Prima bisogna determinarne la sfera d’azione e poi potremo rallegrarci per il SESAR che, in ogni caso, è stato progettato per accelerare i movimenti di passeggeri. Bene, in cielo sarà un successo, ma a terra accade che, per colpa di qualche bottiglietta di profumo o altro, i voli subiscano un ritardo di un’altra mezzora per evitare che qualcuno porti a bordo un grammo extra di deodorante. Tutto questo è stupido e ridicolo. Se si vuole fare qualcosa, bisogna agire su tutta la linea.
Emanuel Jardim Fernandes (PSE). – (PT) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, in considerazione del suo contributo all’occupazione e al raddoppiamento dell’RNL nei prossimi due decenni, il sistema di gestione del traffico aereo europeo di nuova generazione (SESAR) sarà una delle priorità dell’UE e dei suoi Stati membri e un fattore vitale per rispondere alle sfide dei decenni a venire. Offrirà sicurezza e fluidità nel trasporto aereo a livello europeo e mondiale e migliorerà il funzionamento del mercato, la competitività, la gestione d’impatto ambientale e la coesione europea.
Desidero citare alcuni punti importanti. Primo, la base giuridica non deve essere soltanto l’articolo 161, ma dovrebbe essere il congiunto disposto degli articoli 161 e 163, per migliorare e promuovere il coinvolgimento del Parlamento. In secondo luogo, come lei ha suggerito, signor Commissario, per offrire una gestione del traffico aereo e una tecnologia efficienti, senza gravare troppo sul contribuente, occorre garantire un ruolo nel modello amministrativo all’iniziativa privata, all’industria, agli operatori e alla comunità scientifica e un ruolo assolutamente centrale va attribuito alla Commissione e a Eurocontrol, che sono i partner con la maggiore responsabilità pubblica in termini di contributo finanziario e partecipazione al voto.
Seán Ó Neachtain (UEN). – (EN) Signor Presidente, l’Unione europea ha dovuto mettere a punto questo sistema di controllo del traffico aereo che riunisce le quaranta diverse reti attualmente in funzione nell’Unione europea, a causa del previsto aumento del volume del traffico aereo. Ecco perché ritengo che il sistema SESAR sia importantissimo e mi congratulo con i due relatori per il loro lavoro.
Tra parentesi, non credo che nel prossimo futuro sia possibile un accordo “cieli aperti” UE-USA, visto il risultato delle ultime elezioni negli Stati Uniti. I governi europei, pertanto, dovranno concludere accordi individuali con il governo statunitense in questo campo. Infatti, un esponente del governo irlandese ha segnalato che questa è la strada che bisognerà seguire per addivenire a un accordo sull’aviazione.
Vorrei inoltre dichiarare formalmente che qualunque accordo dovrebbe garantire il futuro dell’aeroporto di Shannon, nell’Irlanda occidentale, nella sua forma attuale, data la sua importanza per tale regione come perno vitale dell’economia.
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Signor Presidente, mi preme ringraziare gli oratori che hanno unanimemente manifestato l’interesse del Parlamento europeo per questo progetto SESAR che avrà un’incidenza molto vantaggiosa sul trasporto aereo, ma anche in termini di qualità ambientale e risparmio energetico.
Vorrei dire all’onorevole Bradbourn che abbiamo scelto la base giuridica che ci sembrava più adatta alla materia oggetto del presente regolamento. Si tratta di istituire un’impresa comune che sia incaricata di gestire un programma di ricerca e di sviluppo tecnologico. Questa base giuridica è l’articolo 171 del Trattato, come peraltro ha ricordato l’onorevole Fernández, e come del resto hanno confermato la commissione giuridica del Parlamento e la Commissione.
Desidero sottolineare, come ha affermato l’onorevole Rack, che siamo di fronte a un esempio di buon partenariato pubblico/privato (PPP), con il sostegno, ovviamente, non solo di Eurocontrol – sul quale avete insistito – ma anche di tutto il settore del trasporto aereo che sarà ovviamente il principale beneficiario e che è molto interessato alla realizzazione di SESAR. Evidentemente, anche se si tratta, nella fattispecie, di una procedura che prevede la consultazione del Parlamento e non la codecisione, va da sé, signor Presidente, che mi impegno a informare il Parlamento regolarmente e con la massima trasparenza, poiché, come ha sottolineato la relatrice Hennicot-Schoepges, è implicito che occorrerà vigilare per evitare qualunque ritardo nei programmi in questione.
Questo è quanto desideravo aggiungere nel ringraziare sentitamente il Parlamento per il prezioso contributo che ci ha offerto per portare a termine questo progetto che, lo ripeto, dovrà dotare l’Unione europea del miglior sistema possibile di navigazione aerea.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà oggi, alle 11.30.
7. Dispositivi di misura contenenti mercurio (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione sulla relazione (A6-0287/2006), presentata dall’onorevole Sornosa Martínez a nome della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 76/769/CEE del Consiglio per quanto riguarda le restrizioni alla commercializzazione di alcune apparecchiature di misura contenenti mercurio [COM(2006)0069 – C6-0064/2006 – 2006/0018(COD)].
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Signor Presidente, onorevoli parlamentari, desidero innanzitutto ringraziare la relatrice, onorevole Sornosa Martínez, per l’impegno che ha dedicato a questa proposta per una direttiva importante, che rientra nell’iniziativa della Comunità concernente il mercurio, ovvero la strategia comunitaria che è stata discussa in Parlamento soltanto di recente.
Si tratta del nostro comune auspicio teso a impedire l’ulteriore immissione di mercurio nell’ambiente. Per intenderci: non stiamo parlando di un vecchio veleno qualsiasi, bensì di una sostanza particolarmente pericolosa poiché il mercurio e i suoi composti sono altamente tossici per la salute umana e per l’ambiente. Nella direttiva oggi in esame si intende impedire che entrino in circolazione nuovi dispositivi di misura contenenti mercurio. In tal modo si eviterebbe l’immissione nell’ambiente di 30 tonnellate di mercurio, una quantità pericolosissima per la salute.
La direttiva proposta introduce il divieto assoluto di immettere in commercio i termometri clinici contenenti mercurio, perché ormai da tempo esistono alternative. Anche per tutti gli altri dispositivi di misura contenenti mercurio vigerà un divieto di vendita al grande pubblico. Le proposte sono state elaborate sulla base di una valutazione di rischio e di un’approfondita valutazione d’impatto predisposta per la strategia sul mercurio, seguita da consultazioni con l’industria e le altre parti in causa.
La direttiva non soltanto garantirà la protezione della salute umana e dell’ambiente, ma contribuirà al mantenimento e al rafforzamento del mercato interno, poiché le regole armonizzate per l’immissione in commercio degli apparecchi di misura contenenti mercurio si applicheranno in tutta la Comunità.
Gli onorevoli parlamentari hanno presentato una serie di emendamenti che mirano a introdurre alcune deroghe. Sono d’accordo: in effetti, dovrebbe ancora essere possibile la commercializzazione di strumenti di misura antichi, intendendo per “strumenti di misura antichi” quelli che hanno almeno cinquanta anni e che, essendo prevalentemente oggetti da collezione, in virtù del loro valore sono maneggiati con molta cura e commerciati in quantità molto limitate, e il rischio che questi pezzi finiscano nei rifiuti è basso.
Posso altresì appoggiare un’esenzione limitata nel tempo per i nuovi barometri contenenti mercurio fabbricati da alcune piccole imprese specializzate. Un periodo transitorio di due anni consentirà a tali imprese di adeguare la produzione alle nuove regole senza rappresentare un rischio esagerato per l’ambiente e la salute. Pur considerando due anni un periodo adeguato, è mio dovere indicare con chiarezza che non vi è motivo di utilizzare il mercurio negli apparecchi fabbricati da questi produttori, poiché essi sono in grado di ottenere lo stesso risultato senza mercurio, anzi a certe condizioni addirittura un risultato migliore. Non esistono argomentazioni a suffragio dell’utilizzo del mercurio nei dispositivi di nuova fabbricazione. Non è necessario sviluppare una nuova tecnologia: le alternative esistono già da tempo. Da questi produttori dobbiamo esigere che si attengano ai criteri della legislazione europea. Su questo punto sarò molto rigido: un periodo di adeguamento di due anni dovrebbe veramente bastare.
In ordine agli strumenti di misura nel settore della sanità, la situazione, in effetti, è alquanto diversa. In Parlamento è stato proposto di introdurre una deroga per gli apparecchi per la misurazione della pressione, fatta salva una verifica successiva. In effetti, sono del parere che si dovrebbe procedere in questo senso. Gli sfigmomanometri, in ogni modo, sono ancora adoperati soltanto in determinate applicazioni mediche e sono irrinunciabili in determinate situazioni cliniche, dove è importante la massima precisione. Abbiamo esaminato la questione approfonditamente. Gli esponenti della professione medica considerano gli sfigmomanometri di questo tipo imprescindibili, soprattutto in situazioni di rischio per la vita; dovremo quindi attendere fino a quando saranno sviluppate alternative altrettanto sicure e affidabili per valutare se estendere le disposizioni al settore sanitario. Pertanto non siamo al termine del processo, anzi in questo ambito bisognerà continuare a lavorare.
Concludendo vorrei osservare che il processo negoziale è stato caratterizzato dalla stretta cooperazione tra Parlamento, Consiglio e Commissione. La Commissione pertanto può accettare tutti gli emendamenti di compromesso – dal n. 12 al n. 18 – presentati dalla vostra relatrice. Spero molto che sia possibile approvare la direttiva in prima lettura.
María Sornosa Martínez (PSE), relatore. – (ES) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, in questo Parlamento tutti condividiamo l’idea che sia necessario ridurre la domanda di mercurio nella fabbricazione di prodotti e accelerarne la sostituzione. E’ opportuno introdurre restrizioni a livello comunitario sulla commercializzazione di apparecchi di misura e di controllo contenenti mercurio destinati al grande pubblico, con alcune eccezioni nel settore sanitario.
Occorre evitare che notevoli quantità di mercurio entrino nel flusso dei rifiuti. In tal modo contribuiremo a garantire un maggior livello di protezione dell’ambiente e della salute umana, come pure la tutela del mercato interno, ai sensi dell’articolo 95 del Trattato.
Il mercurio e i suoi composti sono estremamente tossici per l’uomo, gli ecosistemi e la fauna. L’inquinamento da mercurio, inizialmente ritenuto un problema diffuso a carattere locale, è ormai riconosciuto come un problema grave e cronico a livello planetario. Per quanto riguarda la possibilità di vietare totalmente l’uso del mercurio in tutti gli apparecchi di misura, che è l’oggetto della proposta in esame, occorre segnalare che gli esperti consultati dalla Commissione sono giunti alla conclusione che gli ospedali hanno bisogno di apparecchi estremamente accurati per trattare patologie potenzialmente letali come l’ipertensione, l’aritmia e la preeclampsia. Gli sfigmomanometri al mercurio offrono la precisione e l’affidabilità necessarie per garantire la sicurezza del paziente per cui, per il momento, in questa proposta chiediamo di esentare dal divieto tali strumenti fino a quando non sussistano garanzie assolute di funzionamento di eventuali strumenti alternativi.
D’altro canto, desidero ricordare alla Commissione che essa deve adottare, a breve termine, misure per garantire che tutti i prodotti contenenti mercurio attualmente in circolazione siano raccolti separatamente e smaltiti in modo sicuro, altrimenti la direttiva perderebbe ogni efficacia pratica.
Il deposito nelle discariche o lo smaltimento improprio fa sì che i residui di mercurio si infiltrino nelle acque reflue e si disperdano nell’ambiente. Si osserva così la presenza di mercurio in prodotti alimentari, con un rischio particolare per la catena alimentare ittica, il che rende particolarmente vulnerabili i consumatori di pesce e molluschi. Come lei ha affermato, signor Commissario, nelle discariche possono rimanere 30 tonnellate non smaltite in modo inadeguato.
Inoltre, esorto la Commissione a sensibilizzare la popolazione, tramite l’organizzazione di campagne d’informazione sui rischi sanitari che comporta l’esposizione al mercurio e sui problemi ambientali che tale sostanza può provocare, perché temo che i cittadini non siano sufficientemente informati sulla sua tossicità.
In merito agli emendamenti presentati, speravo, come la maggioranza dei gruppi politici, che ci fosse un accordo, così com’è avvenuto con il Consiglio e la Commissione, sui barometri. L’accordo cui siamo giunti si riferisce all’esenzione dagli obblighi che la direttiva comporterà per gli strumenti scientifici contenenti mercurio, come nel caso dei barometri che hanno più di cinquanta anni e sono destinati alla vendita o alla commercializzazione nel mercato internazionale dell’antiquariato.
Quanto alla produzione di mercurio per i nuovi barometri tradizionali, abbiamo proposto un accordo: un periodo transitorio per i fabbricanti perché si adeguino alle nuove norme. Purtroppo non tutti i gruppi politici lo hanno sottoscritto, anche se credo che ci sia in Aula una maggioranza sufficiente per approvarlo.
Da ultimo, spero che il Parlamento avalli, in prima lettura, l’accordo con il Consiglio perché questo possa entrare in vigore prima possibile e in tal modo si riduca la domanda industriale di mercurio, accelerandone la sostituzione con altri materiali non dannosi per la salute umana e la conservazione dell’ambiente.
Per riassumere, signor Commissario, sono assolutamente d’accordo con le sue parole. Ringrazio la Commissione per il suo lavoro e per la possibilità di giungere a un accordo in prima lettura. Ringrazio anche il Consiglio e i gruppi politici che hanno sostenuto la proposta.
Martin Callanan, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, desidero innanzi tutto rendere merito all’onorevole Sornosa Martínez per la sua relazione, anche se non ne condivido tutte le conclusioni. Tuttavia, abbiamo lavorato molto bene su questo testo.
Nel marzo scorso il Parlamento ha discusso la strategia sul mercurio della Commissione. In tale occasione il Parlamento ha chiesto alla Commissione di limitare la commercializzazione e l’utilizzo del mercurio in tutti gli apparecchi di misura e di controllo, ma di consentire alcune esenzioni. Inoltre ha invitato la Commissione a consentire l’uso del mercurio a un ristretto numero di imprese professionali nell’UE che producono barometri tradizionali. Tuttavia, mi dispiace dire che la Commissione ha completamente ignorato gli auspici del Parlamento in quella fase e ha proposto la direttiva oggi in esame.
Tale direttiva vieterà la produzione di tutti i nuovi barometri. Com’è noto ai parlamentari, la commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare ha adottato in seguito un emendamento, presentato a mio nome, che introduce un’esenzione per quest’arte europea di lunga tradizione. Insieme all’onorevole Blokland, abbiamo ripresentato l’emendamento in seduta plenaria. Desidero segnalare al Commissario che non stiamo parlando dell’introduzione generale di nuovo mercurio nell’ambiente: la grande maggioranza di questi fabbricanti, in effetti, per la produzione di questi nuovi strumenti utilizza mercurio riciclato estratto dall’ambiente. Sono pochissime le PMI in tutta Europa che continuano quest’arte tradizionale, prevalentemente in Belgio, Paesi Bassi, Francia, Portogallo e Regno Unito.
Se la direttiva fosse applicata secondo gli auspici del Consiglio, queste imprese quasi certamente sarebbero costrette a chiudere, cancellando così quei posti cui i consumatori possono rivolgersi per la manutenzione e la riparazione di tali strumenti. Non dimentichiamo che sulle pareti in tutta Europa sono appesi centinaia di migliaia di barometri tradizionali. La direttiva ovviamente non avrebbe ripercussioni a tale riguardo, ma potenzialmente potrebbe far scomparire i luoghi per la manutenzione e la riparazione di tali strumenti.
Il divieto di nuovi barometri non fermerà l’inquinamento, anzi esso potrebbe diffondersi in quanto il pubblico non saprebbe dove rivolgersi per portare i propri strumenti. Inoltre nella legislazione vi sono lacune enormi. Il divieto vale soltanto per l’immissione in commercio dei nuovi prodotti. Nulla impedisce ai produttori la vendita di nuovi barometri senza mercurio, insieme a un manuale d’istruzioni su come il consumatore può inserirlo. Ciò è potenzialmente più pericoloso che consentire di continuare la produzione in circostanze attentamente controllate e autorizzate.
Linda McAvan, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, credo che questa legislazione sia urgentemente necessaria. Il Commissario ha affermato che esistono alternative ai barometri contenenti mercurio e pertanto sostengo integralmente la posizione esposta dalla collega Sornosa Martínez.
Il mercurio è estremamente tossico. E’ una sostanza bioaccumulabile e persistente nell’ambiente e non esiste un livello di esposizione sicuro. Invito il gruppo PPE-DE a riconsiderare la sua posizione. All’onorevole Callanan e ai conservatori desidero dire che al vostro congresso di partito il vostro leader ha dichiarato che volete sostituire le sostanze chimiche pericolose con sostanze sicure. Il sito del partito Tory afferma che questo è un vostro programma. Dovete votare per cambiare le cose e non limitarvi a pronunciare delle intenzioni. Spero che il gruppo PPE-DE appoggerà questa misura molto ragionevole per eliminare progressivamente una sostanza chimica estremamente pericolosa dal nostro ambiente.
Abbiamo accordato una proroga di due anni alle imprese per eliminare progressivamente la produzione. Questa non era la volontà del Consiglio, ma abbiamo 25 governi, gli esperti di 25 paesi, la Commissione europea e la maggioranza dei gruppi politici e spero che questo Parlamento appoggerà la relazione e sarà coerente con il principio della sostituzione delle sostanze chimiche pericolose.
Marios Matsakis, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare l’onorevole Sornosa Martínez per l’eccellente relazione e per la sua cooperazione con tutti i relatori ombra. Desidero altresì segnalare la preziosissima assistenza della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, nonché della Commissione e del Consiglio nel formulare un piccolo numero di emendamenti di compromesso finali necessari.
Il mercurio, come tutti ormai saprete, è una sostanza altamente tossica che tutti vogliamo e dobbiamo eliminare dalla nostra vita e dalla vita delle generazioni future, quanto prima e quanto più efficacemente possibile. La proposta legislativa darà inizio all’attuazione della strategia sul mercurio che abbiamo approvato nel marzo scorso, e vieterà o ridurrà in modo significativo la presenza del mercurio in varie apparecchiature non elettriche e non elettroniche. Gli strumenti contenenti mercurio, come i termometri domestici, saranno sostituiti da apparecchi di misura più accurati e versatili, più rapidi e più sicuri, che non contengono mercurio.
Come per la gran parte degli atti legislativi, in sede di esame della proposta sono emerse alcune diversità di opinione. Fortunatamente è stato raggiunto un accordo di compromesso ragionevole tra la maggioranza dei gruppi, ma certamente sussistono obiezioni da parte di alcuni onorevoli deputati. Il problema nasce dall’insistenza, in particolare da parte di alcuni colleghi inglesi, olandesi e belgi, sul fatto che il mercurio dovrebbe essere ancora autorizzato nei barometri moderni di foggia antica, prodotti da un esiguo numero di PMI in Inghilterra, Paesi Bassi e Belgio. Tutto questo nonostante la concessione di una deroga per un periodo transitorio dopo l’entrata in vigore della direttiva, nonostante la revisione che la Commissione si è impegnata a svolgere, al termine del periodo transitorio di due anni, in merito alla disponibilità di alternative più sicure che siano economicamente e tecnicamente utilizzabili in tali strumenti, nonostante l’esenzione dalla direttiva per i barometri realmente antichi, cioè che hanno più di cinquanta anni, e nonostante il fatto che, se l’accordo di compromesso sui barometri venisse a cadere, l’intera proposta legislativa decadrebbe e bisognerebbe ricominciare dal punto di partenza.
Non prestatevi involontariamente al gioco di quanti forse coltivano il desiderio di affossare l’intera legislazione o di strumentalizzare la questione dei barometri per alimentare l’euroscetticismo. Vi esorto a votare a favore degli emendamenti di compromesso e a contribuire all’eliminazione del mercurio tossico nell’interesse della salute.
Carl Schlyter, a nome del gruppo Verts/ALE. – (SV) Signor Presidente, i termometri contenenti mercurio sono vietati in Svezia da ormai vent’anni. E’ giunta l’ora che l’UE faccia altrettanto. Gli strumenti di misurazione contenenti mercurio sono una tecnologia antiquata. Il mercurio è una sostanza chimica altamente pericolosa, che dobbiamo smettere di usare prima possibile. E’ assurdo sostenere che il mercurio non è pericoloso. Ancora più pericolose sono le infiltrazioni di mercurio che raggiungono impianti di combustione o che si diffondono in altri modi e si trasformano nell’ambiente in forme direttamente assorbibili vieppiù dannose per l’uomo e per gli animali. Non possiamo continuare a produrre, solo per nostalgia, barometri che sono pericolosi per l’ambiente. Chiunque lo desideri può acquistare una copia elettronica esattamente identica al barometro all’antica. In alternativa si può comprarne uno di seconda mano, in quanto la direttiva riguarda l’immissione in commercio dei barometri nuovi.
Nel compromesso i barometri hanno ricevuto una deroga di due anni che è assolutamente superflua dal punto di vista tecnico, come ha affermato il Commissario, ma purtroppo si è resa necessaria dal punto di vista politico per consentire un compromesso, a causa dell’eccessiva disponibilità a farsi persuadere dalla lobby del settore. Chiunque voterà a favore di qualche altra cosa che non sia il compromesso, saboterà l’intero provvedimento legislativo e impedirà del tutto l’eliminazione graduale dei termometri contenenti mercurio. A quel punto dovremmo ricominciare da capo nel contesto di REACH. La Commissione ha l’impegno di presentare, entro i prossimi due anni, proposte per l’eliminazione graduale, se possibile, di altri apparecchi di misura, in particolare i dispositivi per misurare la pressione sanguigna. Desidero ricordare alla Commissione che nel compromesso si legge: non appena siano disponibili alternative affidabili. Questo si applica in molti casi agli apparecchi per la misurazione della pressione sanguigna. Invito la Commissione, non appena rientrata a Bruxelles, a redigere in tempi brevissimi una relazione sulla restrizione all’immissione in commercio degli apparecchi per la misurazione della pressione sanguigna.
Adamos Adamou, a nome del gruppo GUE/NGL. – (EL) Signor Presidente, a mia volta desidero ringraziare l’onorevole Sornosa Martínez, congratulandomi con lei per il suo lavoro, e invitarvi a sostenere gli emendamenti di compromesso intesi a eliminare il mercurio dagli strumenti di misura utilizzati dai consumatori europei. Gli emendamenti di compromesso sono l’approccio minimo e il più realistico per proteggere i consumatori e riflettere l’accordo tra il Parlamento europeo e il Consiglio.
In merito alla proposta esenzione dalla direttiva per i barometri, vi esorto a votare contro. Una simile deroga mette a repentaglio l’ultima opportunità di limitare il mercurio nei dispositivi di misura per i quali esistono soluzioni alternative, prima che sia adottata la legislazione per il programma REACH. Quest’azione specifica è fondamentale perché la legislazione in materia di strumenti di misura contenenti mercurio possa essere adottata il prima possibile. Al contempo, desidero sottolineare che, se saranno approvati gli emendamenti sui barometri – a eccezione di quelli contenuti nel pacchetto – l’industria dei barometri non riuscirà a raggiungere nulla di concreto se non, forse, a guadagnare uno o due anni. E’ quasi certo che la Commissione, vuoi tramite REACH, vuoi tramite la comitatologia, tornerà alla sua posizione iniziale che non prevede alcuna deroga per i barometri.
Infine, desidero porre in rilievo che il pacchetto di emendamenti di compromesso è in linea con la nostra precedente, compatta risoluzione sul mercurio, di cui è stato relatore l’onorevole Marios Matsakis.
Il nostro obiettivo deve essere, ancora una volta, quello di proteggere l’ambiente, la salute pubblica e i consumatori europei.
Urszula Krupa, a nome del gruppo IND/DEM. – (PL) Signor Presidente, sebbene il mercurio e i suoi composti, in particolare il metilmercurio, siano altamente tossici, vietare la vendita di termometri contenenti mercurio, inclusi i termometri specializzati e altri strumenti di misurazione, introducendo un periodo transitorio di soli diciotto mesi è eccessivo e irragionevole, particolarmente per la Polonia e altri paesi nei quali i termometri contenenti mercurio sono universalmente utilizzati, non soltanto negli ospedali, ma per la diagnostica di base a livello domestico. Un periodo transitorio tanto breve potrebbe avere effetti negativi, compromettendo la diagnosi, con conseguenti rischi per la salute, e potrebbe imporre pressioni finanziarie supplementari sui bilanci degli ospedali e delle famiglie, in particolare quelle meno abbienti.
In Polonia abbiamo un proverbio che dice che “quando l’uomo si affanna, il diavolo se la ride”. Evidentemente il diavolo vuole arricchirsi con la vendita di strumenti di misura elettronici, riempiendosi la bocca di belle parole in merito alla salute delle persone. Siamo favorevoli a un periodo di transizione più lungo.
Irena Belohorská (NI). – (SK) A mia volta accolgo con favore la relazione sul mercurio nell’ambiente e sui modi per ridurlo.
Dobbiamo tutti convenire che laddove esiste un sostituto per gli strumenti di misura contenenti mercurio, tali strumenti devono essere eliminati dall’ambiente. Un singolo termometro contiene abbastanza mercurio da contaminare il pesce in un lago di venti ettari. Tuttavia, è altrettanto necessario rendersi conto che, in ambito sanitario, sono in uso altri strumenti che contengono mercurio per i quali non sono disponibili sostituti equivalenti – per esempio misuratori di pressione, barometri e manometri.
Gli sfigmomanometri contenenti mercurio utilizzati nella cura dell’ipertensione o dell’aritmia non hanno un sostituto equivalente altrettanto preciso e i metodi alternativi sarebbero estremamente costosi. Per tale motivo sostengo il parere della relatrice, secondo la quale la direttiva non dovrebbe applicarsi agli strumenti sanitari perché, pur riducendo il mercurio nell’ambiente, metteremmo a rischio la vita dei pazienti.
In questa proposta legislativa dobbiamo concentrarci sulla priorità di ridurre la quantità di mercurio nei rifiuti domestici. Probabilmente sarà difficile, in particolar modo nei nuovi Stati membri, chiedere alle famiglie di sostituire i termometri che utilizzano per misurare la temperatura corporea, tuttavia dovremmo riuscire a limitarne l’uso.
Avril Doyle (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, è giunta l’ora di riconoscere che il mercurio può causare, e di fatto causa, gravi problemi di salute. L’avvelenamento da mercurio tramite ingestione di cibo contaminato da mercurio – normalmente pesce – è la principale fonte di contaminazione della popolazione.
Il mercurio e i suoi composti non sono tossici soltanto per l’uomo: producono altresì effetti molto negativi sulla fauna e sugli ecosistemi. Pertanto la restrizione dell’uso del mercurio è altamente auspicabile.
Ammetto tuttavia che è necessario essere realistici quando si introducono limitazioni per determinati apparecchi di misura contenenti mercurio. Pertanto accolgo favorevolmente l’esclusione temporanea di alcuni apparecchi medicali dal campo di applicazione della direttiva. Gli esperti medici hanno indicato che in certi casi gli apparecchi non contenenti mercurio possono non essere totalmente accurati, per esempio per talune patologie cardiache o in caso di preeclampsia. E’ quindi preferibile continuare a utilizzare gli apparecchi al mercurio in quelle situazioni circoscritte, fino a quando alternative idonee non saranno state pienamente esaminate e avallate dalle professioni mediche, ma con una clausola di revisione a tempo per la corretta convalida delle alternative. In considerazione della tossicità del mercurio, questa richiesta nei confronti dell’industria è ragionevole e invito l’industria a raccoglierla.
Sostengo l’emendamento originariamente presentato dai colleghi che prevede una deroga per i barometri antichi e per gli strumenti destinati alla vendita o allo scambio nei mercati internazionali di antiquariato, nonché per la produzione e la manutenzione dei barometri tradizionali che utilizzano piccole quantità di mercurio in ambienti controllati e autorizzati. Vale la pena di notare che i fabbricanti di barometri tradizionali non introducono nuove quantità di mercurio nel mercato, ma riciclano il mercurio esistente e in tal mondo contribuiscono a controllare e a limitare la sostanza, per non menzionare il fatto che i barometri antichi solitamente sono oggetti di elevato pregio e dunque è alquanto improbabile che finiscano nella nostra catena dei rifiuti. Ricordate che lo scopo della direttiva è vietare l’immissione in commercio degli apparecchi contenenti mercurio. Sarà consentita la vendita di un barometro con una fiala di mercurio a parte, che il consumatore può aggiungere in seguito, se non avremo una deroga per questi barometri antichi, che dal mio punto di vista sono assai meno pericolosi.
Dorette Corbey (PSE). – (NL) Signor Presidente, innanzi tutto, desidero esprimere il mio sostegno all’onorevole Sornosa per la sua eccellente relazione. Come hanno affermato tutti gli oratori intervenuti prima di me, vista l’elevata tossicità del mercurio, dobbiamo vietarne l’uso in tutte le applicazioni non necessarie. Poiché sono disponibili alternative, è positivo che il termometro contenente mercurio, per esempio, sia relegato nel passato. I barometri sono assai controversi, come abbiamo verificato poc’anzi.
Nei Paesi Bassi l’uso del mercurio è vietato dal 2003, ma i barometri sono stati esentati fino al 2005 e poi, in attesa di una nuova regolamentazione europea, fino al 1° gennaio 2006. Il Parlamento ora sta presentando argomentazioni a favore di un rinvio di altri due anni per i barometri tradizionali, una posizione di un’indulgenza incredibile. Posso ben immaginare, ovviamente, che la volontà di introdurre un divieto assoluto per il mercurio sia una cattiva notizia per i produttori di barometri; tuttavia dobbiamo comunque vietarne l’uso nei prodotti di consumo soggetti a rotture o perdite che possono causare la dispersione del mercurio nell’ambiente. Spero che questa legislazione possa essere ultimata al fine di introdurre quanto prima il divieto sul mercurio.
James Hugh Allister (NI). – (EN) Signor Presidente, la produzione di barometri in Europa è parte di un’eredità vecchia di secoli. Spesso implica il riciclaggio di mercurio da vecchi strumenti. La minaccia per l’ambiente e la salute, secondo me, è talmente esigua da risultare sproporzionata rispetto al divieto draconiano che la direttiva imporrebbe alla futura produzione di barometri. Sarebbe la condanna a morte per un’abilità storica, in cambio di un vantaggio insignificante. Per tale motivo sostengo con convinzione l’emendamento n. 19 per esentare i fabbricanti di barometri dal campo di applicazione della direttiva.
Il tentativo di includere i barometri, in qualche modo, simbolizza il dogma fanatico e irrazionale che fin troppo spesso alimenta e copre di ridicolo proposte della Commissione che altrimenti sarebbero ragionevoli. Confido che, in nome del buon senso, diremo di no al divieto di produzione dei barometri.
Presidente. – La Commissione mi informa di non voler prendere nuovamente la parola. La discussione pertanto è chiusa.
La votazione si svolgerà oggi, alle 11.30.
8. Credito ipotecario (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione sulla relazione (A6-0370/2006), presentata dall’onorevole Purvis a nome della commissione per i problemi economici e monetari, sul credito ipotecario nell’Unione europea [2006/2102(INI)].
John Purvis (PPE-DE), relatore. – (EN) Signor Presidente, quello che stavo cercando di dirle prima è che l’intervento dell’onorevole Allister veniva diffuso sul canale inglese in una lingua straniera, dunque l’inglese era tradotto in un’altra lingua, ignoro quale. Mi dispiace per l’onorevole Allister, ma non abbiamo capito cosa stesse dicendo.
I mutui ipotecari in essere in Europa ammontano a circa 5 trilioni di euro, cioè il 45 per cento del PIL dell’UE, e i prestiti ipotecari sono cresciuti del 9,4 per cento negli ultimi cinque anni. La casa, abitualmente, è il maggiore acquisto che si effettua nel corso della vita e il mutuo sulla casa è il principale impegno finanziario per la maggior parte delle persone. Non è sorprendente, perciò, che la Commissione si sia concentrata su questo settore, mano a mano che sposta la sua attenzione verso i servizi finanziari al dettaglio.
Il mercato del credito ipotecario è frammentato a livello nazionale e l’apertura di questo mercato dovrebbe portare a condizioni più favorevoli e a una scelta più ampia di prodotti ipotecari per i consumatori. Potrebbe creare maggiori opportunità per quanti attualmente hanno difficoltà a ottenere un mutuo, come gli acquirenti della prima casa e i lavoratori con contratto a termine. Dovrebbe essere una facilitazione per coloro che si trasferiscono in un altro paese dell’Unione europea per motivi di lavoro, per il pensionamento o per acquistare una seconda casa all’estero.
Un mercato più integrato offrirebbe ai mutuanti maggiori economie di scala e ridurrebbe i costi e i tassi per i mutuatari. D’altro canto, la cultura e le tradizioni locali hanno forgiato i prodotti disponibili e i consumatori non vorranno una riduzione degli standard di protezione dei consumatori in vigore. L’armonizzazione totale sarebbe onerosa per l’industria e potrebbe limitare la gamma di prodotti in offerta. Il settore è altamente competitivo nella gran parte degli Stati membri, quindi non dobbiamo adottare misure pesanti che potrebbero danneggiare questo settore in crescita. Auspichiamo un mercato europeo del credito ipotecario con un’ampia gamma di prodotti a prezzi competitivi e qualunque cambiamento deve soprattutto andare a vantaggio dei mutuatari.
Pertanto siamo contrari a un atto legislativo improntato a un’armonizzazione spinta. Sarebbe negativo per i consumatori e per le imprese. Invece la commissione per i problemi economici e monetari è d’accordo che ci si debba concentrare su misure mirate ad abbattere gli ostacoli specifici ai mutui ipotecari transfrontalieri. Qualunque misura dovrebbe essere presa soltanto dopo che le valutazioni d’impatto avranno dimostrato che i benefici superano i costi. Laddove sia possibile, è opportuno preferire strumenti non legislativi.
La nostra prima priorità dovrebbe essere la realizzazione di un migliore mercato europeo dei finanziamenti. Esiste una serie di ostacoli. Pertanto mi piacerebbe che fosse istituita una base di dati sui vari mercati ipotecari e sui titoli garantiti da ipoteche, in modo che gli investitori possano valutare e quotare meglio i pool ipotecari. Proponiamo una gamma di pacchetti standardizzati di ipoteche europee da negoziare sui mercati di capitali. I broker ipotecari potrebbero svolgere un ruolo importante nell’aiutare i mutuatari ad accedere a crediti ipotecari da mutuanti nazionali e non nazionali. Sono lieto che la Commissione si sia impegnata a procedere a una valutazione degli eventuali problemi relativi a questi intermediari del credito.
In merito al tasso percentuale annuo, è necessario uno standard a livello di Unione europea. La maggioranza in sede di commissione parlamentare ha espresso l’auspicio di uno standard UE che comprenda tutti i costi imposti dal mutuante, fornendo però il maggior numero possibile di informazioni su eventuali altri costi. La relazione considera che le restrizioni sui tassi di interesse e sulle penali per il rimborso anticipato potrebbero limitare lo sviluppo di nuovi prodotti, soprattutto per i mutuatari a più alto rischio, come pure lo sviluppo del mercato dei finanziamenti.
Tra le altre questioni che sono state sollevate figura l’eliminazione degli ostacoli al trasferimento dei prestiti al di là delle frontiere e la valutazione del potenziale di un’Euroipoteca. La questione del diritto applicabile ai contratti di credito ipotecario dovrebbe essere affrontata contestualmente alla revisione della Convenzione di Roma del 1980. In merito alle basi di dati sui crediti ipotecari vorremmo un formato coerente e un accesso transfrontaliero non discriminatorio per i dati di credito positivi e negativi, sempre nel rispetto della privacy.
Nell’ambito delle vendite coatte, sosteniamo l’idea di un quadro di valutazione che confronti la durata e i costi delle procedure giudiziarie nei vari Stati membri. Vari organi professionali dovrebbero concordare norme europee comuni di valutazione della proprietà.
La relazione è favorevole a migliorare l’accesso alle informazioni standardizzate relative ai registri immobiliari, come pure a sostenere il potenziamento del Servizio europeo di informazione immobiliare.
Le barriere fiscali rimangono un problema e devono essere esaminate, anche se la soluzione di tale problema dipende dagli Stati membri ai sensi della sussidiarietà.
La Banca centrale europea e la Commissione hanno l’importante compito di monitorare i rischi potenziali dei livelli massicci e crescenti di debito ipotecario e del potenziale impatto sui mercati di capitali.
Apprezzo molto il sostegno e il contributo dei colleghi di tutti i gruppi politici in seno alla commissione per i problemi economici e monetari. La Commissione europea sembra orientata nella nostra direzione. Attendiamo con ansia il Libro bianco dell’anno prossimo e speriamo che saremo in grado di continuare l’eccellente cooperazione di cui abbiamo goduto fino a oggi su questo importante argomento.
Charlie McCreevy, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, onorevoli parlamentari, il Libro bianco sulla politica dei servizi finanziari 2005-2010 fissa una tabella di marcia per l’apertura dei mercati dei servizi finanziari al dettaglio europei che sono frammentati. Uno degli elementi centrali di tale strategia è la nostra iniziativa in corso sul credito ipotecario.
Le sfide dell’integrazione del mercato ipotecario europeo non vanno sottovalutate. Le differenze nelle caratteristiche dei prodotti, nei sistemi di distribuzione, nel comportamento dei consumatori e in molti altri fattori economici, strutturali e anche sociali producono un impatto significativo sul settore. Non dimentichiamo che per la maggioranza dei consumatori europei contrarre un mutuo è forse la decisione finanziaria più significativa della loro vita.
A fronte della rilevanza economica e sociale del credito ipotecario, la Commissione ha adottato un approccio consultivo e aperto. Le deliberazioni sono iniziate nel 2003 con la creazione di un forum sul credito ipotecario e nel luglio del 2005 è stato pubblicato il Libro verde. Nell’agosto del 2005 è stato presentato uno studio costi-benefici per individuare i benefici potenziali di eventuali iniziative nell’ambito del credito ipotecario.
La consultazione pubblica successiva alla pubblicazione del Libro verde ha confermato che la Commissione era sulla buona strada. Al contempo, tuttavia, ha identificato ambiti nei quali sono necessarie ulteriori analisi – per esempio sul finanziamento ipotecario – prima che la Commissione possa decidere in merito alle risposte politiche adeguate.
La relazione parlamentare giunge in un momento importante delle nostre deliberazioni. La fase di consultazione sta per concludersi e ci stiamo avvicinando al momento in cui la Commissione dovrà decidere come procedere.
Desidero ringraziare i relatori per il lavoro approfondito che hanno svolto per preparare ciò che, a mio avviso, è una relazione accuratamente ponderata e pragmatica. Vorrei concentrarmi su alcuni aspetti della relazione.
Sono lieto di leggere che anche voi credete che l’integrazione possa essere proficua. Questa posizione coincide con la nostra analisi e con le risposte che abbiamo raccolto nella consultazione sul Libro verde. Come tale consultazione illustra, si discute molto di quali siano gli strumenti giusti per ottenere dei vantaggi. Voi proponete un approccio pragmatico e graduato, che richiede misure mirate accompagnate da valutazioni di impatto complete. Come sapete, professo un forte impegno personale a favore del principio di legiferare meglio, con l’ausilio di una valutazione d’impatto minuziosa che identifichi i problemi e fissi gli obiettivi e le opzioni. In seno alla Commissione prenderemo in considerazione l’intera gamma di strumenti disponibili, non soltanto legislativi, per trovare la risposta politica più adeguata a ciascuna delle questioni trattate nel Libro verde.
Mi compiaccio che la relazione sottolinei i vantaggi che comporta promuovere la diversità dei prodotti e inviti la Commissione a garantire che le azioni non ostacolino l’innovazione e la concorrenza. Un’ampia gamma di prodotti è attualmente disponibile per i mutuanti nell’Unione europea. Comunque, in nessun paese i consumatori hanno accesso a una gamma completa di prodotti. In alcuni mercati certi gruppi di mutuatari – per esempio i lavoratori autonomi o i mutuatari con un profilo di credito basso o incompleto – trovano difficoltà a ottenere mutui o ne sono addirittura esclusi. Esistono altresì barriere che limitano gli incentivi per i mutuanti a operare oltre frontiera e ciò impedisce l’introduzione di prodotti e processi nuovi e innovativi in altri mercati europei. Da questo punto di vista credo che i nostri obiettivi coincidano pienamente con quelli indicati nella relazione.
Il credito ipotecario investe molti contesti e questioni tecniche che spaziano dalla protezione dei consumatori, attraverso il finanziamento ipotecario, alla valutazione della proprietà e alla registrazione catastale, per citare soltanto alcune delle questioni da affrontare.
Sono ansioso di proseguire il nostro dialogo molto proficuo con il Parlamento sul modo migliore per affrontare le sfide politiche che emergono, per favorire un autentico mercato unico per il credito ipotecario che crei nuove opportunità per i mutuanti e i mutuatari e garantisca un’adeguata protezione per quella che, per la maggioranza degli europei, rimane la decisione finanziaria più importante della vita.
Manuel Medina Ortega (PSE), relatore per parere della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori. – (ES) Signor Presidente, credo che la Commissione abbia adottato l’impostazione adeguata in materia di credito ipotecario, perché come ha detto il Commissario, si tratta probabilmente dell’impegno più importante che i cittadini europei devono assumersi nella loro vita: il prestito per comprarsi una casa di proprietà.
Di conseguenza, è necessario tenere presente che stiamo evolvendo verso un mercato unico, e che in questo mercato unico non ha molto senso che esistano 27 legislazioni nazionali diverse o 27 sistemi ipotecari differenti.
D’altro canto questo tema è collegato con gli elementi più essenziali del sistema giuridico di ogni Stato. Pertanto non sarà semplice né immediato ottenere dei risultati: ci vorrà tempo.
In ogni caso la commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori desidera segnalare quanto sia importante progredire in ambito legislativo. Non è possibile, ovviamente, adottare una regolamentazione completa dell’Unione europea in materia di credito ipotecario, però si possono compiere progressi in materia d’informazione, per esempio, sui tassi massimi autorizzati, sul rimborso del mutuo in un momento determinato, così che quando un cittadino si trasferisce da un paese dell’Unione europea all’altro, non debba far fronte a un quadro giuridico del tutto diverso rispetto a quello cui è abituato.
Kurt Lechner (PPE-DE), relatore per parere della commissione giuridica e per il mercato interno. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, il mercato del credito ipotecario continua a essere articolato secondo i diversi modelli nazionali. Per quale motivo? Forse a causa delle difficoltà linguistiche, delle diverse culture finanziarie, del quadro legislativo, oppure perché la gente si fida dei mutuanti che conosce e che sono a portata di mano? La Commissione europea propone di verificare se è possibile ottenere il potenziamento delle attività ipotecarie a livello transfrontaliero tramite l’armonizzazione legislativa.
Accogliamo con favore una simile disamina, come pure il fatto che il Libro verde reputi necessario svolgere ulteriori studi approfonditi prima di avanzare proposte di regolamentazione; e apprezziamo inoltre che lo stesso Libro verde riconosca la complessità della questione.
Le differenze giuridiche tra gli Stati membri non si limitano a un unico ambito, cioè il diritto in materia di credito ipotecario, ma riguardano molti ambiti giuridici come hanno ricordato il Commissario McCreevy e l’onorevole Medina Ortega: la registrazione fondiaria, le procedure notarili, la legislazione in materia di vendite coatte, il diritto contrattuale e la protezione dei consumatori. Tutti questi ambiti del diritto sono interrelati, e per alcuni di essi l’Unione europea non possiede alcuna competenza normativa; di conseguenza un’armonizzazione centralizzata in un ambito potrebbe comportare conseguenze molto negative a livello nazionale e creare più svantaggi che vantaggi.
Tuttavia è da considerarsi estremamente positiva l’ulteriore promozione dei mercati di rifinanziamento. Pertanto esprimo un sostegno incondizionato a favore dello studio e dell’analisi così come dell’impegno inteso a promuovere l’integrazione, anche se primariamente tramite la convergenza. Non escludo una regolamentazione europea, ma siamo piuttosto scettici rispetto a una legislazione europea perché può distruggere mercati funzionanti. In questo caso sono ancora necessari studi approfonditi. Occorre forse anche ammettere che questo è il punto limite di ciò che si può uniformare in Europa tramite una legislazione a livello europeo. Mi pare problematico anche il ruolo del Parlamento europeo come legislatore in quanto, in un momento in cui la stessa Commissione afferma di avere bisogno di altri studi circostanziati, il Parlamento dovrebbe in qualche modo rimanere sulle sue e non lanciarsi a chiedere iniziative legislative, cosa che, in effetti, non ha fatto. Nel merito sono d’accordo con la relazione.
Harald Ettl, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, ringrazio vivamente l’onorevole Purvis per il lavoro che ha svolto. Il Libro verde della Commissione europea sul credito ipotecario, pubblicato nel luglio 2005, ha suscitato un acceso dibattito sull’opportunità di avviare un’iniziativa legislativa dell’Unione europea e, in caso affermativo, in quali ambiti.
Le enormi differenze nei sistemi giuridici, e soprattutto nelle culture finanziarie, sembrano opporsi a un approccio normativo a livello europeo. L’acquisto di un immobile, tuttavia, per molte famiglie rappresenta la decisione di spesa più importante e quindi il mutuo ipotecario necessario per finanziare tale acquisto è altrettanto importante. Secondo alcuni studi il cliente privato, nonostante l’euro e il mercato interno, continua a rivolgersi al suo istituto di credito di fiducia, di norma la banca presso la quale ha un conto corrente. Ciò dipende, ovviamente, dal fatto che il mercato del credito ipotecario tra i mercati finanziari è quello più complesso. Pertanto la concessione dei mutui ipotecari continua a essere una questione nazionale, per non dire locale.
Solo una percentuale inferiore all’1 per cento dei prestiti ipotecari è accesa a livello transfrontaliero, probabilmente anche a causa delle barriere di mercato e fiscali. Un’ulteriore integrazione produrrebbe un guadagno netto stimabile all’1 per cento per i mercati ipotecari europei, una somma non trascurabile che si raggiungerebbe in meno di dieci anni. Se vogliamo un mercato interno per il credito ipotecario dobbiamo garantire che le nuove regole in questo settore determinino un valore aggiunto misurabile per i clienti privati.
La possibilità di un raffronto precontrattuale tra le diverse offerte di credito è tra le questioni più importanti per il consumatore, insieme alla possibilità di un rimborso parziale anticipato del prestito e alle condizioni in base alle quali sono concordati i tassi d’interesse fissi o variabili. Inoltre i metodi di calcolo dei vari costi aggiuntivi devono essere comparabili e trasparenti.
Le nuove regole devono essere vantaggiose anche per i mutuatari con un profilo di credito basso o incompleto e soprattutto devono fare in modo che tali persone possano permettersi di contrarre un mutuo ipotecario. Di questo gruppo fanno parte i lavoratori con contratti a tempo determinato e in particolare i giovani lavoratori. Questi potenziali mutuatari non dovrebbero essere esclusi dal mercato del credito ipotecario. L’esperienza ha dimostrato che il codice di condotta volontario, sottoscritto nel 2003 da 3 000 istituti, in realtà non è stato rispettato. Anche in questo senso è necessario che la Commissione verifichi e intervenga.
In ogni caso un’ulteriore integrazione del mercato del credito ipotecario nell’Unione europea potrebbe essere vantaggiosa non soltanto per i consumatori ma anche per l’economia.
Margarita Starkevičiūtė, a nome del gruppo ALDE. – (LT) Desidero ringraziare il relatore per la relazione ottimamente redatta e porre in rilievo l’importanza della discussione avviata su un mercato comune europeo del credito ipotecario. Nel settore ipotecario stanno emergendo nuove esigenze, dovute alla rapida integrazione dei mercati del lavoro e dei capitali dell’Unione europea, nonché allo sviluppo del mercato interno. Riteniamo che sia estremamente importante valutare debitamente le sfide emergenti.
Innanzi tutto è necessario ridurre i costi relativi all’aumento di capitali creando un mercato comune per il finanziamento ipotecario e offrendo prodotti d’investimento attraenti e sicuri. Secondo, è necessario creare condizioni propizie alla transizione dal mercato ipotecario di un paese a quello di un altro paese, in considerazione della mobilità crescente della forza lavoro. Terzo, è necessario organizzare in modo adeguato la rete di servizi di consultazione degli intermediari, per fornire alla popolazione scelte migliori e un migliore accesso a prodotti ipotecari più flessibili e moderni. Quarto, è molto importante promuovere la trasparenza del mercato, nonché la competitività, unificando le procedure di pagamento per i vari prodotti ipotecari e fornendo informazioni su tutti i costi legati all’acquisto di prodotti ipotecari.
L’acquisto di una casa è uno degli investimenti maggiori e più significativi della vita; pertanto l’impatto di tutte le proposte deve essere valutato e ponderato esaurientemente. Attualmente il credito ipotecario è prevalentemente sviluppato nei mercati nazionali ed è molto frammentato, mentre lo sviluppo di un mercato ipotecario comune è considerato una possibilità per le banche, che potranno così offrire i propri prodotti ipotecari tramite le loro filiali in altri paesi dell’Unione europea. Di conseguenza, la creazione di un nuovo mercato ipotecario sarà una sfida seria e impegnativa per tutti noi.
Marek Aleksander Czarnecki (NI). – (PL) Signor Presidente, in questo momento è difficile parlare di un mercato finanziario comune europeo. Il mercato finanziario è molto frammentato, il che determina problemi legali, fiscali e di regolamentazione. La maggioranza dei mutui ipotecari sul mercato sono finanziati con i risparmi dei piccoli risparmiatori. Meno del 40 per cento dei mutui ipotecari è finanziato dai mercati dei capitali, la cui quota aumenta lentamente, sebbene questa crescita non sia considerevole.
In Svezia e in Germania esistono mercati molto estesi di obbligazioni ipotecarie. In Danimarca, per esempio, gli istituti per il credito ipotecario emettono obbligazioni per un valore pari al credito ipotecario. Mentre il mercato delle obbligazioni basate sul credito ipotecario è forte in molti paesi dell’Unione europea, in alcuni paesi è totalmente inesistente.
Più o meno nell’ultimo decennio questo mercato è molto cresciuto anche in Polonia, con ripercussioni significative sulla crescita economica. Alla luce del forte impatto sui mercati dei nostri paesi, sono favorevole alla creazione di un quadro giuridico che consenta di realizzare efficaci transazioni di portafoglio.
Charlie McCreevy, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, stiamo completando il processo di consultazione lanciato con il Libro verde. Creare opportunità transfrontaliere per mutuanti e mutuatari solleva questioni politiche importanti ma anche molto complesse. Non vi sono soluzioni semplici e immediate.
Nel corso delle prossime settimane discuterò con i miei servizi le opzioni disponibili per proseguire. La relazione equilibrata del Parlamento rappresenta un importante contributo. Ringrazio l’onorevole Purvis e l’onorevole Medina Ortega.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà oggi, alle 11.30.
PRESIDENZA DELL’ON. MOSCOVICI Vicepresidente
9. Turno di votazioni
Presidente. – L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.
(Per i risultati e ulteriori dettagli: cfr. Processo verbale)
9.1. Regimi di sostegno diretto nel quadro della PAC e sostegno allo sviluppo rurale tramite il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) (votazione)
9.2. Accordo CE/Canada sulla cooperazione nei settori dell’istruzione superiore, della formazione e della gioventù (votazione)
9.3. Accordo CE/Stati Uniti nel settore dell’istruzione superiore e della formazione professionale (votazione)
9.4. Regimi di sicurezza sociale applicabili ai lavoratori e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità (votazione)
9.5. Acquacoltura: specie esotiche e localmente assenti (votazione)
9.6. Organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura (votazione)
9.7. Accesso all’informazione, partecipazione del pubblico al processo decisionale e accesso alla giustizia in materia di ambiente (votazione)
9.8. Esenzione dall’IVA e dalle accise delle merci importate da viaggiatori provenienti da paesi terzi (votazione)
9.9. Terzo contributo comunitario a favore del fondo “Struttura di protezione di Cernobyl” (votazione)
9.10. Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (votazione)
Prima della votazione
Giusto Catania (GUE/NGL), relatore. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei prioritariamente ringraziare i relatori ombra di questa relazione, in particolare le colleghe Mastenbroek e Kudrycka, che hanno contribuito alla stesura definitiva.
La corruzione rappresenta un problema serio per la gestione trasparente della cosa pubblica: essa mina la credibilità e aumenta la sfiducia nei confronti delle istituzioni democratiche e pregiudica i diritti umani e lo stato di diritto, consentendo al crimine organizzato di prosperare. La corruzione è un fenomeno antico con grandi testimonianze letterarie: ne parlava già Cicerone nel 70 a. C. Il cancro della corruzione si annida, purtroppo, anche nei meandri delle Istituzioni europee. E’ inquietante che la Corte dei conti dell’Unione europea si rifiuti di approvare il bilancio comunitario, perché nutre seri dubbi sul corretto utilizzo del denaro, ed è altrettanto imbarazzante che la magistratura belga abbia avviato procedimenti giudiziari contro dipendenti della Commissione per presunte tangenti per l’acquisizione dei fondi stanziati per il disastro nucleare di Cernobyl.
Assistiamo allo stesso modo al fenomeno di corruzione sull’utilizzo dei Fondi strutturali, gestendoli spesso in modo privatista o, come avviene nella mia regione, falsando le graduatorie, tanto che la Commissione europea ha dovuto infliggere multe di settantacinque milioni. Ecco perché riteniamo che i fenomeni corruttivi siano subdoli e anche pericolosi. La lotta alla corruzione deve essere una priorità per l’Unione europea e, a nostro avviso, questa Convenzione andrebbe firmata anche da tutti gli Stati membri dell’Unione europea. Chiediamo inoltre alla Commissione e al Consiglio di attivarsi perché, oltre alla firma di questa Convenzione, venga firmata anche la Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato. Credo si tratti di un contributo serio alla lotta alla criminalità organizzata che, purtroppo, sta ancora crescendo nell’Unione europea.
(Applausi)
9.11. Sostegno allo sviluppo rurale a titolo del FEASR (votazione)
9.12. Richiesta di difesa dell’immunità parlamentare di Gabriele Albertini (votazione)
9.13. Richiesta di difesa dell’immunità parlamentare di Gabriele Albertini (votazione)
9.14. Richiesta di difesa dell’immunità parlamentare di Gérard Onesta (votazione)
9.15. Politica comunitaria per l’ambiente marino (votazione)
9.16. Dispositivi di misura contenenti mercurio (votazione)
9.17. Modulazione facoltativa dei pagamenti diretti nell’ambito della PAC (votazione)
Prima della votazione
Presidente. – La commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale chiede al Parlamento di respingere la proposta di regolamento.
(Il Parlamento respinge la proposta di regolamento)
Dato che la proposta è stata respinta, do la parola al Commissario.
Charlie McCreevy, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, pur deplorando il risultato della votazione, la Commissione ha preso buona nota della posizione assunta dalla maggioranza dei deputati al Parlamento europeo.
In conformità dell’accordo quadro tra Parlamento e Commissione, quest’ultima affronterà la questione in esame onde valutare con attenzione la propria posizione alla luce di queste circostanze. La Commissione informerà il Parlamento a tempo debito e in maniera adeguata del risultato delle proprie deliberazioni.
Presidente. – Molto bene, signor Commissario. La relazione sarà dunque trasmessa alla commissione competente, in attesa delle proposte della Commissione.
9.18. Impresa comune per il sistema europeo di gestione del traffico aereo (SESAR) (votazione)
Presidente. – Interrompiamo ora il turno di votazioni per lo svolgimento della seduta solenne.
PRESIDENZA DELL’ON. BORRELL FONTELLES Presidente
10. Seduta solenne – Georgia
Presidente. – Signor Presidente della Repubblica di Georgia, signore e signori, a nome del Parlamento europeo le do il nostro più caloroso benvenuto.
Tre anni fa, dopo le elezioni parlamentari annullate dal regime allora in carica, nel suo paese c’è stata la Rivoluzione delle rose, e nei libri di storia il suo nome, Presidente Saakachvili, sarà per sempre associato a quella rivoluzione.
Sotto la sua guida, i suoi compatrioti hanno rivendicato elezioni corrette e la fine della corruzione e del malgoverno che stavano rovinando il paese.
(Applausi)
Sebbene il regime precedente si fosse rifiutato di accogliere le vostre richieste, è stato rovesciato senza spargimenti di sangue. E’ prevalso il “potere del popolo” e i georgiani in massa hanno potuto eleggere lei come nuovo presidente.
Signor Presidente, il Parlamento europeo ha sostenuto il cambiamento democratico nel suo paese. In occasione delle elezioni abbiamo inviato una missione di osservatori, mentre la nostra commissione per gli affari esteri ha avuto il piacere di riceverla subito dopo la sua proclamazione a presidente, non qui a Strasburgo bensì nella nostra sede di Bruxelles.
La Rivoluzione delle rose ha risvegliato le speranze che una democrazia reale e libera possa affermarsi anche nelle regioni ancora più a est del Baltico, dell’Europa centrale e orientale.
Un anno dopo, in Ucraina c’è stata la Rivoluzione arancione. A quell’epoca, il futuro sembrava pieno di promesse; ora, invece, dobbiamo constatare che sono sorti numerosi problemi e ostacoli lungo un percorso che certamente non è agevole.
Dalla Rivoluzione delle rose a oggi il suo paese ha compiuto molti progressi, però i conflitti nelle regioni secessioniste dell’Ossezia meridionale e dell’Abkhazia si sono aggravati.
E’ evidente che la Russia sta esercitando una forte pressione sul suo paese; in proposito, posso assicurarle che durante la cena con il Presidente Putin abbiamo discusso a lungo della Georgia. Ora, nel rivolgersi al Parlamento europeo, lei ha la grande opportunità di illustrare la situazione nel suo paese, consentendo così ai rappresentanti dei popoli europei di apprendere direttamente da lei in quali difficili circostanze viva oggi il suo popolo e quali siano i problemi connessi con la dipendenza energetica della Georgia dal potente vicino.
Il Parlamento europeo e l’Unione europea nel suo complesso appoggiano pienamente il diritto del suo paese alla sovranità e all’integrità territoriale: su questo punto non v’è dubbio alcuno. Abbiamo detto anche che i conflitti nell’Ossezia meridionale e in Abkhazia devono essere risolti al tavolo negoziale ed esclusivamente con mezzi pacifici: neppure questo problema può essere risolto militarmente.
In una risoluzione da noi approvata il mese scorso qui a Strasburgo, abbiamo invitato la Russia a porre fine a ogni atto di repressione e vessazione contro i cittadini di origine georgiana che vivono in Russia e a revocare tutte le misure adottate di recente contro il suo paese, tra cui la sospensione di tutti i trasporti e dei collegamenti postali. Nondimeno vorremmo invitare tutte le parti ad astenersi da qualsiasi commento verbale che possa accentuare inutilmente la tensione.
Crediamo che il Consiglio e la Commissione debbano trovare la strada per aiutare il suo paese a superare e a equilibrare gli effetti economici e sociali dei provvedimenti adottati dalla Russia contro la Georgia.
Signor Presidente, desideriamo manifestare il sostegno del Parlamento europeo all’approvazione da parte del consiglio di cooperazione UE-Georgia, riunitosi oggi a Bruxelles, del piano d’azione sulla politica europea di prossimità.
Le rinnoviamo il nostro benvenuto e mi auguro che la sua presenza qui oggi ci offra l’opportunità, attraverso il dialogo, di risolvere i problemi che il suo paese si trova ad affrontare e che ci riguardano tutti.
A lei la parola, signor Presidente.
(Applausi)
Mikhaïl Saakachvili, Presidente della Georgia. – (ES) Signor Presidente, la ringrazio vivamente per le sue parole e il suo invito, che sono molto importanti per il nostro paese.
Onorevoli deputati al Parlamento europeo, desidero ringraziarvi per il vostro cortese invito. Essere qui a Strasburgo è particolarmente importante per me. E’ stato infatti in questa città che, giovane studente, appena arrivato dall’Unione Sovietica, ho scoperto per la prima volta l’Europa in tutta la sua diversità e ricchezza. E’ stato qui che ho imparato cosa siano i diritti umani e il solenne dovere dello Stato di proteggere i cittadini, non di perseguitarli. Quale rivelazione! E sempre qui ho osato sognare che quanto andavo studiando si sarebbe potuto realizzare un giorno anche nel mio paese, che avrei potuto piantare quei semi che soltanto adesso, finalmente, sono germogliati. Era un sogno ardito e, forse, persino un po’ pericoloso per l’epoca, ma è un sogno che non ho mai dimenticato.
C’è anche un altro motivo per cui Strasburgo è importante per me. E’ la città in cui ho incontrato mia moglie Sandra, a un seminario sui diritti umani.
(Applausi)
Telefonai a mia madre dalla cabina pubblica dell’Orangerie, di fronte alla sede del Consiglio d’Europa, dove seguivo uno stage, per dirle che avevo incontrato una bella ragazza olandese. Bene, ora siedono l’una di fianco all’altra nella galleria del pubblico.
(Applausi)
Sono molto orgoglioso che la nostra famiglia multinazionale sia qui rappresentata da tre generazioni, tra cui mia nonna. Voglio quindi dire grazie a voi e dire grazie anche a questa città e alle sue istituzioni per avermi permesso sia di acquisire conoscenze sia di incontrare l’amore – due beni incommensurabili dai quali non mi separerò mai.
Permettetemi di iniziare il mio intervento con alcune parole in lingua georgiana. Non ci interessa intervenire nella discussione sul fatto se la Georgia appartenga all’Europa vecchia o a quella nuova. Credo che noi apparteniamo in realtà all’Europa più antica, e quindi ce ne stiamo in disparte ad osservare.
(L’oratore parla in georgiano. Il testo inglese è una traduzione)
A nome del mio paese, desidero esprimere la mia gratitudine a tutti voi – all’Unione europea e, in particolare, a voi in quanto parlamentari europei – perché esistete e operate.
L’Europa ha sempre ospitato molte nazioni diverse, grandi e piccole. I georgiani sono europei sin da quando Prometeo fu incatenato alle nostre montagne e gli Argonauti vennero nel nostro paese in cerca del vello d’oro. Quando si parla dell’identità europea, del fatto se i georgiani siano o meno europei, noi non interveniamo. Noi siamo un antico popolo europeo. I georgiani sono non soltanto europei ma anche europei convinti, e l’Europa è sempre stata per noi l’entità cui ci siamo rivolti in primis per chiedere aiuto e sostegno morale in tutti i momenti difficili che abbiamo vissuto.
Ciò che ci unisce è un legame comune e inscindibile, un legame fondato sulla cultura, sulla nostra storia comune e su valori comuni che hanno come fulcro la celebrazione della pace e la realizzazione di società giuste e prospere. Questa è la sostanza di ciò che spesso viene definito il “progetto europeo”. La mia nazione è orgogliosa di far parte di questo progetto e di contribuire alla sua stabilità, forza e resistenza. Perché, vi prego di prenderne atto, la Georgia è per voi un partner forte e affidabile, ora e in futuro, dato che abbiamo un destino comune.
(L’oratore riprende a parlare in inglese)
Vorrei soltanto chiedervi se avete mai considerato per un momento che ne sarebbe stato del mondo post-sovietico se non ci fosse stata l’Unione europea. In circostanze come questa, non posso fare a meno di pensare alla lungimiranza e alla leadership che portarono alla creazione di un’Europa unita, espresse in maniera così eloquente da Robert Schuman nel 1950. Mi chiedo cosa direbbe oggi Schuman osservando l’attuale cartina dell’Europa e le sfide che il nostro continente sta affrontando.
Dalle macerie della guerra avete innalzato un faro di giustizia, pace e prosperità. Da questo punto di vista, avete risposto con le vostre azioni, perché la visione di Schuman resiste tuttora.
In particolare, la vostra disponibilità ad accogliere come nuovi membri i paesi dell’ex area sovietica ha rafforzato in misura considerevole la pace e la democrazia in Europa. Il successo ottenuto da questi nuovi membri è d’incoraggiamento per altri paesi, come il mio, ad andare avanti, perché abbiamo beneficiato e continueremo a beneficiare della loro esperienza e conoscenza, nonché della vostra visione e prudenza.
Forse, il modo migliore per esprimere la mia gratitudine è affermare che desideriamo emularvi! Ma lasciatemi mettere bene in chiaro una cosa: non voglio allarmarvi chiedendo un’immediata adesione della Georgia all’Unione europea. No, l’adesione è un obiettivo lontano, non è all’ordine del giorno della nostra agenda a breve termine. Piuttosto, il nostro sviluppo ha come fondamento i principi su cui poggia l’Europa, e in proposito ho motivo di essere ottimista, sulla base di un potenziamento della nostra partnership. La Georgia che stiamo costruendo è fondata saldamente sullo Stato di diritto, sul rispetto dei diritti umani e sulla pace. Il cammino che abbiamo intrapreso verso l’Europa è stato scelto dal popolo georgiano in prima persona. Per i cittadini della Georgia e per me, tale scelta è la personificazione stessa della tenace identità europea del nostro paese. Ed è l’unica strada su cui possiamo andare avanti.
La mia visita odierna cade in un momento importante della nostra storia: tra breve celebreremo infatti il terzo anniversario della Rivoluzione delle rose.
Come molti di voi sanno, tre anni fa la Georgia era, sostanzialmente, uno Stato al collasso. Immaginate un paese in cui la sopravvivenza quotidiana era una dura lotta per tutti tranne per i pochi privilegiati, un paese in cui regnava l’insicurezza e dominava il disordine, in cui la sicurezza dello Stato era sottomessa agli interessi dei vicini più grandi. La Georgia era un paese dalla corruzione dilagante e dall’ingiustizia endemica, in cui lo Stato di diritto era sicuramente assente.
Oggi, a tre anni di distanza, la Georgia è cambiata al punto da essere irriconoscibile: stiamo attuando un processo di riforma delle istituzioni e dell’economia per dare maggiore prosperità e stabilità al nostro popolo e alla nostra regione. Senza i cambiamenti degli ultimi anni, oggi noi saremmo uno Stato completamente fallito – non solo nella nostra regione, ma anche nel contesto dei nostri vicini europei.
Credo invece che la Georgia di oggi possa affrontare la sfida di diventare un vicino modello per l’Europa, e questo è il messaggio che vi voglio trasmettere questo pomeriggio. Avanzo tale rivendicazione in questa sede perché negli scorsi tre anni abbiamo perseguito con costanza quattro obiettivi immediati: il ripristino della democrazia e dello Stato di diritto, l’eliminazione della corruzione, la creazione di reddito per i nostri cittadini e la tutela della nostra integrità territoriale.
Quegli obiettivi sono, come potete immaginare, collegati l’uno all’altro e hanno tutti come premessa il rafforzamento delle istituzioni e della responsabilità pubblica. Affinché tale progetto possa concretizzarsi, occorre essenzialmente che la poesia della democrazia sia sostenuta dalla prosa dello Stato di diritto. In buona sostanza, ciò significa attuare riforme fondate sull’assunto che nel paese deve regnare la giustizia, e quando dico giustizia intendo questo concetto nell’accezione europea: la democrazia dev’essere alimentata da un’infrastruttura di valori e istituzioni tali da dare protezione e offrire opportunità a tutti i cittadini. Lo Stato di diritto deve prevalere in modo trasparente, in maniera uguale per tutti. Certo, tutto questo è più facile a dirsi che a farsi, e accoglierò con piacere l’aiuto dell’Unione europea per tradurre in pratica tale visione.
Oggi in Georgia abbiamo riformato completamente le forze di polizia. Pertanto, gli automobilisti georgiani non temono più di essere fermati arbitrariamente dai poliziotti della stradale che chiedono bustarelle. Gli imprenditori georgiani non temono più di diventare vittime casuali di vessazioni. Secondo un sondaggio Gallup condotto in Georgia tre o quattro anni fa, il tasso di fiducia nelle forze di polizia era inferiore al 5 per cento; in pratica, la polizia era l’istituzione più odiata del paese. Oggi il tasso di fiducia ha superato il 75 per cento e la polizia è considerata una delle istituzioni più affidabili, sicuramente più affidabile delle polizie di tutti gli altri Stati ex sovietici. Si tratta di un cambiamento radicale.
Abbiamo assunto un impegno indissolubile a riformare il nostro sistema giudiziario e, attraverso una forte collaborazione con le Istituzioni europee, abbiamo creato e stiamo finanziando un programma pluriennale completo.
Vorrei commentare alcuni dei suoi punti qualificanti. Oggi stiamo rafforzando sia l’indipendenza sia la professionalità dei nostri giudici e dei professionisti del settore giudiziario e, allo stesso tempo, stiamo ridimensionando i poteri del presidente. A seguito delle nuove proposte di modifica della Costituzione, il presidente non potrà più nominare direttamente i giudici. Mi auguro che tali emendamenti siano approvati nel prossimo mese di dicembre.
Siamo impegnati altresì nella riforma del sistema scolastico e nel rafforzamento della tutela dei diritti umani mediante un’opera di riqualificazione delle forze di polizia. Si tratta di una questione d’importanza nazionale. Stiamo costruendo nuove prigioni conformi agli standard degli osservatori dei diritti umani e sveltendo le procedure giudiziarie per garantire il diritto a un processo equo in tempi giusti, allo scopo di dare attuazione ai diritti fondamentali. Continueremo a mettere mano al nostro sistema giudiziario perché, altrimenti, le riforme saranno prive di fondamenta.
Sono lieto di poter affermare oggi che il nostro parlamento esercita una funzione di controllo di livello mai visto prima. In quanto capo dell’esecutivo, posso attestare che i bilanci sono sottoposti ad attento scrutinio, che il controllo è severo e che nelle sue decisioni l’esecutivo tiene nella dovuta considerazione le osservazioni del parlamento.
Inoltre, la Georgia offre uno degli ambienti più liberali per l’attività della stampa libera e ospita una operosa comunità di ONG. La nostra legislazione in materia di libertà di stampa è tra le più liberali – se non la più liberale in assoluto. Purtroppo per i politici, la legge georgiana prevede che i media non possano mai essere citati in giudizio, per nessun motivo. E questo è un bene, perché così si creano maggiori opportunità.
Forse, uno dei principali rimpianti che mi rimangono è il fatto che la Georgia continua a non avere un’opposizione abbastanza forte da poter sfidare il governo. Non lo dico a cuor leggero; non è un fatto positivo, però non vi sarebbe nulla di più pericoloso per una democrazia alle prime armi che creare artificiosamente un’opposizione. E’ negativo per un aspirante governo non avere un’opposizione forte, più responsabile e più competente e capace di mettere il governo alla prova. Sono certo che questo tipo di opposizione si formerà a mano a mano che si svilupperà la società. E forse, presto o tardi – ma, mi auguro, non troppo presto –, l’opposizione vincerà in elezioni libere e corrette. Abbiamo senz’altro creato le condizioni politiche e giuridiche perché una simile ipotesi possa concretizzarsi. Spetta ora ai gruppi dell’opposizione compiere il prossimo passo.
Il nostro cammino di trasformazione è iniziato a partire da un’idea molto semplice: ogni cittadino deve sentirsi sicuro. A tal fine, è stato necessario sradicare la corruzione, e questo è stato il nostro obiettivo prioritario. Per creare una rete di sicurezza sociale, abbiamo attuato riforme economiche aggressive e creative. Oggi la Georgia attira molti investimenti. In quanto paese relativamente povero di risorse naturali, possiamo puntare soltanto sulla nostra ingegnosità e sul nostro senso di disciplina. Perciò abbiamo le aliquote fiscali più basse d’Europa, alcune delle leggi sul lavoro più flessibili e alcune delle procedure commerciali, doganali e di regolamentazione più semplici. Le riforme liberali si sono rivelate essere lo strumento migliore per contrastare la corruzione, garantendo al contempo la libertà delle imprese e la tutela dei diritti di proprietà. E si sono rivelate anche il modo migliore per produrre entrate, cosicché ora possiamo costruire più strade, scuole e ospedali. Sono orgoglioso del fatto che, se ancora due anni fa nessuna scuola georgiana aveva accesso a Internet, oggi ben l’80 per cento di esse dispongono di computer e collegamento a Internet, e l’anno prossimo arriveremo al 100 per cento. Stiamo costruendo nuove scuole che sono alla pari con le migliori scuole olandesi, tedesche o ceche. Quest’anno ne abbiamo costruite 340 – un bel numero, per un paese piccolo come il nostro. Inoltre, nel solo 2006 abbiamo costruito più strade che in tutti gli altri anni dal 1991, anno della nostra indipendenza. Nel corso della sua conferenza annuale a Singapore, la Banca mondiale ha classificato quest’anno la Georgia come il paese a economia riformata che ha ottenuto i risultati migliori al mondo e come uno dei posti migliori al mondo per fare affari. Nel corso di due anni siamo passati da una delle piazze peggiori a una delle piazze migliori per fare affari.
Quest’anno la crescita dell’economia georgiana sarà notevole dato che, stando alla Banca mondiale, siamo anche il paese che, tra quelli euroasiatici in transizione, ha registrato i risultati migliori nella lotta contro la corruzione. Non è un caso se la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo ci classifica fra le tre nazioni europee col minor tasso di corruzione. Vorrei ora citare altri dati che, forse, illustrano ancora meglio i risultati che abbiamo raggiunto.
Nel 2004, il primo anno dopo la Rivoluzione delle rose, per la prima volta dal 1991 abbiamo registrato un tasso di immigrazione e un tasso di natalità positivi. L’anno scorso, in un paese di poco meno di cinque milioni di abitanti, il bilancio tra i cittadini georgiani che sono emigrati e quelli che invece sono tornati in patria si è chiuso con un saldo positivo di quasi 100 000 unità. Hanno, per così dire, votato con i piedi. E’ un fatto sorprendente. Non penso, quindi, che l’Europa debba aver timore ad aprirci le sue porte, perché i georgiani non hanno alcuna intenzione di fuggire nottetempo dal loro paese – in realtà, ci stanno tornando.
(Applausi)
Un simbolo di questa nuova, sorprendente tendenza è l’ospedale centrale di Tbilisi. Aveva cessato di svolgere le funzioni di ospedale ed era stato occupato da profughi georgiani rifugiatisi lì a causa della guerra in Abkhazia. L’anno scorso un folto gruppo di eminenti professionisti georgiani, ritornati in patria dagli Stati Uniti, dalla Spagna, dalla Germania e dalla Russia, ha ripristinato l’ospedale. Li abbiamo aiutati ed eseguito le riparazioni; abbiamo fornito ai profughi gli aiuti necessari per andarsene e ora quella struttura è uno dei migliori ospedali al mondo. Alcuni europei hanno detto che in Europa c’è soltanto un altro ospedale come quello.
Un altro simbolo: georgiani come Nina Gedevanovna Ananiashvili, che è stata una delle migliori ballerine del Bolshoi, tornano nel paese di origine per ricostruirlo. Lei ha rinunciato a una carriera molto redditizia al Bolshoi per ricostruire da zero il corpo di ballo georgiano, che oggi è di altissimo livello, forse uno dei migliori della nostra regione, e presto andrà in tournée in giro per il mondo.
Il nostro obiettivo attuale è di concentrarci sulla creazione di posti di lavoro stabili. Insieme con il mio consulente per le questioni economiche Maklar, ex Primo Ministro dell’Estonia e come tale uno dei padri del miracolo economico estone, abbiamo definito programmi di formazione sul posto di lavoro che hanno dato ottimi risultati. Le nostre riforme nel settore dell’occupazione saranno completate soltanto quando tutti i cittadini georgiani avranno la sensazione che ognuno di loro può contare su opportunità di lavoro concrete.
La Georgia è un paese estremamente caloroso e ospitale, e anche molto bello. Poco fa ho mostrato al Presidente Borrell un album di fotografie della Georgia. E’ un paese che i viaggiatori europei hanno apprezzato in passato e stanno ora riscoprendo; da questo punto di vista, siamo invero uno dei segreti meglio conservati d’Europa.
Vorrei proporvi una breve citazione dal libro scritto da Sir Oliver Wardrop nel 1888 e intitolato The Kingdom of Georgia: “Non v’è ragione alcuna per cui la Georgia non debba diventare un luogo di vacanza popolare. Non è poi così lontana come si pensa. Ha il grande vantaggio di essere quasi sconosciuta ai turisti, non ci sono le sfrontate estorsioni che scatenano la nostra collera in paesi più vicini a casa nostra e, oltre a tutto, è più economica della Scozia”. Prego i deputati scozzesi di non aversela a male con me, sto solo citando – però è vero!
(Si ride)
Riconsiderando l’effetto combinato delle nostre riforme, credo si possa concludere obiettivamente che i passi compiuti ci hanno permesso di avvicinarci di più all’Europa dal punto di vista istituzionale e culturale. Con la vostra politica di prossimità, ci avete messo a disposizione un quadro di riferimento per aumentare la crescita. Oggi firmeremo il piano d’azione che traduce in fatti dettagliati molte delle nostre comuni priorità. Però, dobbiamo continuare a costruire nello spirito e nella lettera di quell’impegno, perché voglio che il mio paese lavori con l’Europa affinché l’Europa sappia che ha, nella Georgia, un partner e un amico assolutamente affidabili.
Per alcuni, tuttavia, la nostra strategia ha avuto effetti sgraditi, e sembra che il cammino di riforma della Georgia significhi il nostro distacco dalle sfere d’influenza di una volta – che, secondo loro, sarebbero ancora attuali. Come avete giustamente osservato nelle vostre dichiarazioni fondamentali di due settimane fa sul nostro paese, credo che l’epoca delle “sfere d’influenza” sia finita.
(Applausi)
Vi ringrazio per quelle dichiarazioni e per le espressioni affatto adeguate e pertinenti che avete usato. A ogni nazione dev’essere data l’opportunità di decidere liberamente come e con chi costruire il proprio futuro. La nostra strategia è fondata sulla nostra volontà di essere un partner sicuro e affidabile, non un satellite debole e sottomesso. Siamo una nazione che può vantare una lunga tradizione di indipendenza, interrotta 200 anni fa a seguito della violenta espansione dell’Impero russo. Per tre brevi anni, dal 1918 al 1921, abbiamo goduto di un altro momento di indipendenza, che poi però ci è stata rubata un’altra volta. In quali circostanze?
Nel 1921 l’esercito bolscevico, con il pretesto di proteggere una minoranza etnica in una delle nostre province, invase la Georgia e la riconquistò. In quel periodo, più di 500 000 georgiani morirono nei gulag, tra essi anche molti membri della mia famiglia. Abbiamo pagato un prezzo troppo alto, e non intendiamo pagarlo di nuovo. Non permetteremo, quindi, che la storia si ripeta, costi quel che costi. Dopo tutto, siamo nel 2006, non nel 1938, nel 1939, nel 1956 né nel 1968.
Fino a che punto le nazioni piccole sono chiamate a sacrificare le loro aspirazioni di libertà? Quante volte possiamo chiedere al più piccolo di abbassare la voce e di resistere alla tentazione di reagire alle provocazioni? Speriamo che non ci verrà chiesto mai più di soccombere e di dire che, in quest’epoca, la giustizia è una questione di dimensioni, numeri e forza, che è il potere a conferire diritti, e non viceversa. Speriamo non succeda mai più che, qualora l’una o l’altra nazione europea sia minacciata, quel famoso riferimento di uno statista degli anni ’30 a “dispute in un paese lontano tra popoli di cui non conosciamo nulla” venga considerato una risposta adeguata.
Fortunatamente quel tipo di politica – mi auguro – è stata relegata definitivamente al passato e spero che un giorno i georgiani, insieme con gli orgogliosi rappresentanti della Repubblica ceca, un paese allora così distante da noi, saranno considerati alla pari degli altri membri della famiglia europea.
(Applausi)
Oggi la Georgia viene punita perché ha scelto di avvicinarsi quanto più possibile all’Europa e di allinearsi alle istituzioni euro-atlantiche. Poiché siamo una democrazia, le pressioni cui siamo sottoposti non hanno prodotto altro se non un ulteriore consolidamento della nostra società. Coloro che le esercitano non capiscono che non è possibile mettere sotto pressione le democrazie, perché si ottiene l’esatto contrario dell’effetto voluto. La situazione si era già aggravata dopo che la Russia, come sapete, aveva chiuso il proprio mercato alle importazioni di merci dalla Georgia, cosicché ora gli apprezzati vini e l’acqua minerale georgiani – principale fonte di reddito per il nostro paese – sono banditi dal mercato russo, ed è ulteriormente peggiorata negli scorsi mesi a seguito dell’embargo totale sui trasporti e sui collegamenti postali con la Georgia imposto dalla Russia. Ancora pochi giorni fa la Gazprom ha annunciato che avrebbe più che raddoppiato, rendendolo così antieconomico, il prezzo che applica alle sue esportazioni di gas in Georgia. In parole semplici, l’insieme di questi provvedimenti può essere sintetizzato nell’espressione “blocco economico”.
Non intendo profittare di questa circostanza per inasprire ulteriormente le tensioni tra Georgia e Russia, né considerarla come un’opportunità per ingenerare un sentimento antirusso nel cuore dell’Europa. Ci sono già abbastanza tensioni e denigrazioni; questo genere di retorica non produrrebbe alcunché di costruttivo. Penso piuttosto che sia giunto il momento di ricorrere alla diplomazia, alla discussione, all’individuazione costruttiva delle zone di interesse comune e di responsabilità comune.
(Applausi)
A nome del mio governo e del mio popolo, sono pronto a impegnarmi su questa strada, perché è l’unica percorribile. Voglio che queste mie parole siano interpretate ancora una volta come un aperto invito ai nostri colleghi e a tutti i nostri interlocutori affinché, attraverso il dialogo, ritornino sulla via della normalità e dell’armonia. Credo che i leader di entrambi i paesi condividano la responsabilità di garantire che, sotto la nostra leadership, le relazioni tra i due paesi non peggiorino in maniera irreparabile. Andiamo avanti sollecitamente e in uno spirito di buona volontà. Come voi, il popolo georgiano non è e non sarà mai antirusso.
Permettetemi di citare un altro grande statista europeo, Konrad Adenauer, che nelle sue memorie così ricorda la situazione di allora: “Noi eravamo un paese piccolo e fortemente esposto. Con le nostre forze non saremmo riusciti a ottenere nulla. Non dobbiamo diventare una terra di nessuno tra Oriente e Occidente perché non avremmo amici da nessuna parte e avremmo invece un nemico molto pericoloso a Oriente”.
Oggi la situazione geografica è un po’ diversa, però ritengo che alcune di quelle parole si attaglino anche al mio paese. Le considerazioni del Cancelliere Adenauer sono valide ancora oggi. La nostra aspirazione europea è semplicemente quella di poter crescere in conformità delle nostre libere scelte e in armonia con tutti i nostri vicini, così come molti di voi hanno fatto decenni fa. In tale ottica, credo che le misure attuali abbiano carattere transitorio e che, con pazienza e buon senso, con il dialogo e il rispetto reciproco, saranno annullate e i nostri rapporti si normalizzeranno – si devono normalizzare.
Nel nutrire quest’auspicio ho l’appoggio di tutto il mio popolo. Tuttavia, se c’è oggi una cosa che mi crea qualche tentennamento nelle nostre relazioni con la Russia, è la questione sollevata in modo così puntuale dall’Unione europea a Lahti e a Lussemburgo qualche settimana fa: la questione della giustizia.
In proposito vorrei citare il grande scrittore russo Alexander Solženitzin, le cui opere, allora proibite, ho letto con molta passione quand’ero ragazzo. Egli ha scritto: “La giustizia è la coscienza, non la coscienza individuale bensì la coscienza dell’intera umanità. Coloro che sanno discernere con chiarezza la voce della loro coscienza di solito sanno discernere anche la voce della giustizia”.
Credo che la vostra solidarietà durante questo difficile periodo esprima in tutta evidenza proprio tale senso di giustizia. Perché, quando si espellono da scuola i bambini che hanno un nome georgiano, sono in pericolo tutti i nostri figli. Quando artisti, scrittori, attori, sportivi di fama sono perseguitati e costretti al silenzio, siamo tutti costretti al silenzio. Quando migliaia di cittadini vengono deportati con la forza dalle loro case e condotti in strada ammanettati, siamo tutti deportati.
Io e il popolo georgiano vi siamo grati per le vostre espressioni di sostegno al nostro paese. Quando abbiamo temuto di essere isolati, l’Europa ha tenuto alta la bandiera dei nostri valori. Invero, proprio questo Parlamento ha fatto sentire in Europa la voce della moralità. Non dimenticheremo mai la vostra solidarietà.
Questo è il risveglio dei valori fondamentali ai quali tutti aspiriamo. Vediamo che questi valori sono vivi in Europa, nella vostra dichiarazione.
Quando mi sono recato in Lituania dopo l’embargo russo sul vino georgiano, ho visto giovani volontari lituani, tra cui studenti delle università di Vilnius e Kaunas, andare in giro per i supermercati, insieme con i loro insegnanti, per convincere i clienti ad acquistare il vino georgiano dicendo che era il vino della libertà, che i georgiani stavano pagando il prezzo della loro libertà e avevano bisogno di aiuti immediati, e che pertanto era doveroso comprare quel vino in segno di solidarietà.
L’esercito polacco ha deciso che durante i ricevimenti degli ufficiali sarà servito esclusivamente vino georgiano, e noi gliene siamo profondamente grati. Non abbiamo bisogno di armi dell’esercito polacco, ci basta questo gesto, che di per sé ci è di grande aiuto.
Ma la più grande manifestazione di solidarietà ci è venuta dalla Russia stessa. Le voci più forti che abbiamo udito sono giunte, infatti, da quel paese. Sono rimasto commosso dai cittadini russi che hanno avuto il coraggio di far sentire la propria voce. Posso citare vari esempi: in molte parti della Russia, normali cittadini sono scesi in strada portando sugli abiti stelle gialle con le parole “Io sono georgiano”; a Mosca, i direttori di alcune scuole superiori hanno minacciato di licenziare gli insegnanti che avessero consegnato alla polizia elenchi di studenti dal nome georgiano, correndo il rischio di essere licenziati in tronco essi stessi; a San Pietroburgo, i tassisti si sono rifiutati di ubbidire agli ordini del consiglio municipale, che aveva detto loro di non trasportare persone anche semplicemente di aspetto georgiano e di non condurre i clienti nei numerosi ristoranti georgiani della città, e hanno minacciato di scioperare se fossero stati messi alle strette.
Il gesto di un singolo può fare una grande differenza. Sono rimasto molto impressionato dalle parole della famosa attrice russa Inna Churikova, la quale ha detto di recente: “Tutte le disgrazie che succedono sono colpa dei georgiani? Non sopporto quando cercano di farmi il lavaggio del cervello attraverso lo schermo della televisione. I risultati si vedono già: la gente odia i georgiani e tra non molto odierà anche gli armeni e gli altri. Tutto ciò è vergognoso e voglio domandare alla gente: cosa state facendo? Svegliatevi!”. Un grande esempio di coraggio e determinazione.
Vorrei ricordare un altro personaggio famoso, l’attore russo Alexander Saladasky, che oggi è l’eroe della Russia moderna perché, in segno di protesta, ha chiesto la cittadinanza georgiana.
Un altro eroe della Russia moderna e, invero, dell’Europa è Shurshadze, che una volta si chiamava Shurshin; è un giovane studente di San Pietroburgo di cui ho letto sui giornali. Insieme con alcuni compagni di studi, in segno di sfida verso la politica fondata sulla xenofobia e sull’odio, egli ha compiuto un gesto di grande audacia cambiando il suo cognome da Shurshin in Shurshadze, dandogli cioè un suffisso georgiano.
Credo che siamo tutti colpiti dall’esempio dei cittadini russi che hanno deciso di dissentire da una politica contraria a quelli che riconosciamo come valori europei. Oggi, da questa sede, dal Parlamento europeo, desidero ringraziare tutte quelle persone.
Sono venuto qui oggi con lo scopo di condividere con voi la visione europeista della Georgia. Tale visione comporta, tra l’altro, l’adozione delle soluzioni europee del XXI secolo per risolvere le sfide attuali. Noi siamo una piccola democrazia convinta del fatto che, solo attraverso e con l’Europa, il nostro paese e la nostra regione potranno diventare partner sicuri e duraturi. Siamo legati indissolubilmente.
Così, attraverso gli approcci europei alla conciliazione fondata su interessi comuni, ma anche su valori comuni, possiamo trovare soluzioni capaci di creare una società che non escluda nessuno, una società nella quale nessuno è perdente.
Riguardo al rispetto di questi requisiti, voglio darvi alcune rassicurazioni e alcuni chiarimenti. In molti ambienti la Georgia viene vista come un paese aggressivo, che cerca di ripristinare la sua integrità territoriale per mezzo della forza. Vi posso garantire nel modo più assoluto che non è così. Le nostre intenzioni sono pacifiche, esclusivamente pacifiche, perché sappiamo cos’è la guerra, sappiamo riconoscere le vittime perché oggi vivono in mezzo al nostro popolo, sappiamo che la guerra non può essere una soluzione.
Io stesso ho dedicato la mia carriera e la mia formazione allo studio dei diritti umani e mi sono specializzato in particolare nei diritti delle minoranze. Nella mia tesi universitaria, che ho discusso all’Istituto norvegese per i diritti umani, ho affrontato il tema dei diritti delle minoranze e, più nello specifico, quelli dei popoli dell’Ossezia meridionale e dell’Abkhazia. Oggi in Abkhazia vivono meno di 40 000 persone di etnia abcasa e nell’Ossezia meridionale vivono meno di 20 000 persone di etnia osseta. Voglio che abbiate presenti queste cifre perché talvolta sembra che si parli di centinaia di milioni di persone. I numeri di queste minoranze sono invece molto piccoli, e proprio per questo sono particolarmente sensibile alle loro esigenze. So quello che provano. Da un lato, questi piccoli gruppi sono diventati pedine di un gioco più grande di loro o, se volete, ostaggi di grossi interessi politici e di una visione miope, associata a rigurgiti imperialistici. Dall’altro lato, nutrono preoccupazioni reali, vere, che posso comprendere e che condivido nel profondo.
Conosco le loro preoccupazioni e stiamo cercando di ascoltare e soddisfare le loro esigenze. Purtroppo ci sono ancora molti che soffrono a causa di questi conflitti: più di 300 000 persone di etnia georgiana, insieme con ebrei, greci, russi e ucraini, sono state cacciate dall’Abkhazia. Ancora oggi le proprietà di quelle persone cacciate sono abitate da altri e spesso vengono persino vendute illegalmente. Pochissimo tempo fa, uno dei più famosi cineasti franco-georgiani, Otar Ioseliani, nel commentare la recente campagna, ha osservato che la storia sembra ripetersi, prendendo di mira una seconda volta le stesse vittime. Ha biasimato la comunità mondiale perché se ne sta in silenzio, esattamente come la prima volta.
Ha detto: “La prima volta che l’amministrazione russa ha compiuto la pulizia etnica in Abkhazia è stato nel 1993, trasformando in rifugiati 500 000 persone. Coloro che non sono potuti scappare attraversando a piedi le alte montagne sono stati massacrati per mano dei mercenari, che hanno devastato e distrutto il paese. E, a proposito, anche quella volta tutti se ne sono stati zitti”. Ora quelle stesse persone vengono arrestate nelle strade di Mosca. Stamattina, venendo qui al Parlamento europeo, ho incontrato due abcasi, i quali mi hanno raccontato di essere stati deportati dalla Russia e di aver pagato una bustarella a un poliziotto per essere mandati in Francia. Ora sta succedendo tutto un’altra volta: la prima è stata nel 1993, e oggi ci risiamo.
Ecco, questa è la dolorosa eredità che ci è stata riservata. Ma questa volta cerchiamo di non restare in silenzio. Oggi non ci meritiamo punizioni. I popoli osseto e abcaso sono nostri concittadini. Di nuovo non posso fare a meno di citare le sempre valide parole di Sir Oliver Wardrop, che nel suo libro The Kingdom of Georgia del 1888 così ha scritto: “Occorre prima di tutto togliere dalla mente del lettore un’idea che è diffusa quasi ovunque in Europa e che, forse, è la ragione principale dell’apatia con cui i politici sono soliti guardare al Caucaso. Si ritiene abitualmente, e la pensa così anche qualcuno di coloro che ci sono stati, che la Transcaucasia sia abitata da un gran numero di tribù, più o meno selvagge, che non hanno nulla in comune tranne i dubbi benefici del dominio russo. Nulla di più fuorviante. Gli studenti di etnografia possono anche divertirsi compiendo accurati studi sulle origini di khevsur, svan, pshav, osseti (e abcasi); a noi basti sapere che tutti quei popoli sono, quanto meno dal punto di vista politico, georgiani e hanno combattuto sotto i re di Cartveli sin dai tempi di Guglielmo il Conquistatore”.
La Georgia è uno Stato multietnico e credo che proprio questa diversità, questo mosaico, sia uno dei nostri principali punti di forza. Non un punto debole, bensì un punto di forza.
Sono stato molto orgoglioso, pochi giorni fa, di inaugurare una nuova scuola di lingua osseta al di fuori dell’Ossezia meridionale, che è il territorio sotto il nostro controllo; in tal modo vi è ora un numero doppio di scuole di lingua osseta al di fuori dell’Ossezia meridionale di quante ve ne siano al suo interno.
Siamo tuttora uno Stato unitario, però siamo sicuramente aperti a ogni tipo di accordo che consenta a tutte le minoranze di avere un proprio posto, e garantiamo a tutte le minoranze un alto grado di autonomia, simile a quella dell’Alto Adige e di molte altre regioni d’Europa. Per tali motivi, il nostro compito è quello di tendere la mano in uno spirito di pace, giustizia e riconciliazione per cercare di risolvere i nostri problemi attraverso negoziati e compromessi, affinché quelle zone e tutti i popoli che le considerano come la loro casa possano condividere e godere la stessa prosperità e le stesse garanzie di sicurezza di cui beneficia oggi il resto della Georgia.
Alcuni sostengono che i nostri problemi di separatismo siano semplicemente una questione di politica interna della Georgia; purtroppo le cose non stanno così. I conflitti sono continuati perché derivano da annose rivendicazioni territoriali – residui del periodo sovietico, quando un impero è crollato e le élite hanno cercato di conservare i propri privilegi e i propri feudi. I generali combattevano guerre per ottenere una dacia in Abkhazia, perché questa era la massima forma di proprietà privata concessa ai tempi dell’Unione Sovietica – e continuano a restare attaccati a quelle dacie.
In tale scenario, la tattica tanto applicata oggi è quella di dare sostegno a procuratori locali e di creare blocchi istituzionali per impedire discussioni e negoziati bilaterali. In tale scenario, a perdere sono le persone e le future generazioni, che cresceranno in un clima di odio e paura.
Il messaggio che voglio lanciare oggi pomeriggio è un messaggio di riconciliazione, di apertura, di riconoscimento e difesa dei diritti delle minoranze. Non possiamo ricorrere alle soluzioni del XIX o del XX secolo. Quando affrontate queste sfide, vi invitiamo a fare appello alla vostra obiettività, al vostro interesse e, soprattutto, al vostro senso di giustizia.
Onorevoli deputati, le mie osservazioni si fondano sul convincimento che oggi dobbiamo trovare soluzioni europee adatte al XXI secolo, per non dover sperimentare più le funeste soluzioni del XX secolo, quando vigeva il motto “il diritto deriva dalla forza” e gli Stati più piccoli erano inevitabilmente smembrati da quelli più grandi.
Mi auguro che il mio convincimento e la mia responsabilità in quanto leader democratico possano trovare riconoscimento. Non resterò mai in silenzio né inerte di fronte a gravi minacce alla democrazia e all’integrità territoriale del mio paese. No, in una situazione così difficile la Georgia deve dar prova di calma e di spirito costruttivo. Questo è esattamente quanto ci accingiamo a fare.
Il nostro scopo è portare avanti le riforme politiche, sociali ed economiche, per quanto difficili possano essere, nonché continuare a costruire partendo dai risultati che abbiamo ottenuto e dai progressi che abbiamo compiuto, per lanciare un segnale positivo.
Negli anni ’90 la Russia usò l’arma del blocco economico per impedire l’integrazione dei paesi baltici nell’Unione europea. Alla fine, però, quell’espediente non fece altro che accelerare il riorientamento delle economie baltiche da est verso ovest. Lo stesso avverrà nel caso della Georgia.
Oggi desidero cogliere l’opportunità offertami da questo forum per proporre un cammino mirato a una più stretta collaborazione tra l’Unione europea e la Georgia, in particolare attraverso il consolidamento della nostra collaborazione nella politica di prossimità e la ricerca di nuove strade per approfondire le nostre relazioni, affinché la Georgia possa essere per sempre un modello di ciò che l’esempio europeo può realizzare. Noi siamo pronti. Per raggiungere quest’obiettivo, tuttavia, abbiamo bisogno dei vostri giudici, dei vostri esperti di diritto, dei vostri economisti e dei vostri esperti di sicurezza.
Vogliamo costruire una Georgia che sia in grado di mettere in sicurezza i propri confini, affinché l’intera Europa sia più sicura. Con la vostra collaborazione, potremo superare le ripercussioni dell’attuale embargo, soprattutto se ci verrà data l’opportunità di commerciare liberamente con la Turchia e di realizzare progressi in tal senso con l’Unione europea.
Se ci darete la possibilità di commerciare con voi, ci eviterete di dover venire a chiedere il vostro aiuto. Lavoriamo insieme per superare le nostre dispute territoriali.
Ho proposto colloqui con Mosca e con i leader delle regioni separatiste, per trovare un terreno comune d’incontro. Abbiamo chiesto ai governi europei di partecipare a questo processo allo scopo di facilitarlo. E’ il momento di creare un clima di fiducia.
Insieme con l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, le Nazioni Unite e l’Unione europea abbiamo proposto all’Ossezia meridionale e all’Abkhazia la forma di indipendenza più ampia possibile, e oggi vi posso confermare che questa nostra proposta è tuttora valida.
Auspico che tutti coloro che in passato sono stati vittima della guerra possano oggi operare insieme per costruire un futuro migliore.
Non è nell’interesse dell’Europa, della Russia né dei paesi confinanti con l’Europa permettere che questa questione si trascini ancora nel tempo, senza che si crei un nuovo quadro di riferimento per affrontare le nuove sfide.
Se, dunque, vogliamo prevenire il separatismo dilagante, dobbiamo risolverci a un approccio di tipo nuovo, un approccio europeo capace di conciliare le fedi individuali con l’autodeterminazione e l’integrità territoriale. Ciò è d’importanza vitale per la nostra sicurezza collettiva, e lo potremo realizzare solo insieme.
E’ stato per me un privilegio condividere oggi con voi le mie osservazioni e riflessioni sulla scelta della Georgia a favore dell’Europa. Credo che il nostro cammino futuro – un cammino di impegno e reciproco beneficio – stia trovando maggiore attenzione nelle capitali e nelle Istituzioni europee, e questa tendenza va senz’altro incoraggiata.
Concludendo, desidero citare nuovamente le parole di Robert Schuman: “L’Europa non sarà costruita tutta in una volta sola, né sulla base di un unico progetto. Sarà costruita attraverso conquiste concrete che creeranno innanzi tutto una solidarietà de facto”. Credo che oggi abbiamo visto emergere un simile clima di solidarietà; esso è sicuramente presente in quest’Aula, è nei nostri cuori e nelle nostre azioni mentre ci incamminiamo insieme verso il futuro.
(L’Assemblea, in piedi, applaude lungamente)
Presidente. – (in georgiano) La ringrazio molto per le sue parole, signor Presidente.
(Applausi)
Come può notare, il mio georgiano è ben peggiore del suo spagnolo. Ad ogni modo, parlando nella sua lingua volevo farle sentire tutto il calore con cui il Parlamento europeo l’ha accolta.
Il Parlamento europeo è un amico della Georgia, come ha dimostrato nella sua recente risoluzione in cui chiede che cessino gli attacchi contro cittadini georgiani. Il Parlamento si augura inoltre che la sua presenza e le sue parole in quest’Aula contribuiscano a migliorare le relazioni tra il suo paese e la Russia.
Può contare su di noi, signor Presidente. Didi madloba.
Alain Lipietz (Verts/ALE). – (FR) D’intesa col relatore, il gruppo Verde/Alleanza libera europea è disposto a eliminare l’emendamento n. 7, a condizione che venga aggiunto in coda all’emendamento n. 13 un emendamento orale. Ciò indicherebbe esattamente le responsabilità di ciascuna parte in materia di politica di cambio. Passo ora a leggervi il testo dell’emendamento orale in inglese:
“Fatti salvi i rispettivi poteri e competenze per fare fronte agli squilibri internazionali.”
(L’emendamento orale è respinto)
11.2. Strategia per l’ambiente marino (votazione)
11.3. Credito ipotecario (votazione)
Presidente. – Con questo si conclude il turno di votazioni.
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, gli esperti concordano nell’affermare che nei prossimi anni la fuga dalle campagne si accelererà ulteriormente e l’alto tasso di mortalità degli agricoltori concorre a ciò. Anche la nostra maldiretta politica di sostegno, dalla quale, di norma, traggono beneficio solo le grosse aziende, ha favorito questa tendenza allarmante, per non parlare dei lunghi anni in cui le aree rurali sono state trascurate.
Ne consegue che dobbiamo assicurare la sopravvivenza della piccola agricoltura e di quella nelle zone di montagna, ricreando condizioni di vita equivalenti in città e in campagna, e che dobbiamo accelerare l’ampliamento delle infrastrutture nelle singole regioni e la creazione di reti che le uniscano. Per questa ragione ho votato affinché venga adottata la relazione Daul.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La proposta della Commissione sullo sviluppo delle colture energetiche e di quelle per la produzione di biomassa tenta di mitigare gli impasse creati dalla nuova politica agricola comune all’economia rurale, sia per chi lavora nell’industria di trasformazione dei prodotti agricoli che per le proprietà piccole e medie, impasse che si verificheranno fin dal suo primo anno di applicazione e che s’intensificheranno una volta che questa politica verrà perfezionata.
Tuttavia, dagli incentivi contenuti nella proposta e dai prerequisiti per erogarli traggono profitto le grandi aziende agricole dei paesi comunitari settentrionali, relativamente avvantaggiati dalle loro dimensioni, dalle condizioni del suolo e del clima, ma non ne beneficiano i paesi con un clima estivo secco e piccole proprietà, perché sono a carattere orizzontale e trascurano deliberatamente queste differenze.
Nel nostro paese, per esempio, non vi sono aree che siano state inserite nel programma di riconversione per essere destinate a colture energetiche, cosicché non si trarranno benefici da questo provvedimento, mentre l’aiuto per superficie pari a 4,5 euro ogni dieci are è insignificante e pertanto non costituisce affatto un incentivo.
Ecco perché non concordiamo col regolamento proposto, anche se in linea di principio consideriamo positiva la proposta della Commissione per i nuovi Stati membri per quanto riguarda le colture energetiche, dal momento che la proposta va nella direzione della parità di trattamento, benché non la realizzi.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione della mia stimata collega, l’onorevole Descamps, sulla proposta di decisione del Consiglio europeo in merito alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e il governo canadese che istituisce un quadro per la cooperazione nei settori dell’istruzione superiore, della formazione e della gioventù. La relazione è del tutto in linea con una tradizione di cooperazione assai consolidata ed è logico che dobbiamo stabilire legami privilegiati tramite i giovani dell’Unione europea e del Canada, che sono i figli dell’Europa.
Marie-Hélène Descamps (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Questi accordi hanno l’obiettivo di consolidare la nostra cooperazione nei settori dell’istruzione superiore e della formazione, da una parte col Canada e dall’altra con gli Stati Uniti.
Pertanto i testi rinnovano, per un periodo di otto anni – dal 2006 al 2013 – i programmi di cooperazione conclusi in precedenza con l’Unione europea nel 1995 e nel 2000.
L’accordo di cooperazione negoziato col Canada mira a consolidare e ampliare la portata dell’accordo precedente, fornendo un nuovo quadro per la cooperazione nel settore della gioventù.
Rinnovando in parte il programma precedente, il nuovo accordo concluso con gli Stati Uniti stabilisce programmi innovativi che portano all’istituzione di diplomi transatlantici e mira a favorire programmi di scambio per studenti e insegnanti, a consolidare il programma Schuman-Fulbright e a incoraggiare una collaborazione istituzionale più stretta per quanto riguarda l’istruzione superiore.
Questi due accordi hanno dimostrato la propria utilità in passato. La loro attuazione dovrebbe migliorare, nell’avvenire, l’apertura e la competitività dei nostri sistemi d’istruzione superiore, avvicinando al contempo i nostri popoli e favorendo la comprensione reciproca.
Mi compiaccio che il nostro Parlamento abbia votato a favore della conclusione di questi accordi, permettendo così di rafforzare i rapporti che legano i nostri due continenti.
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, la gente sta diventando sempre più mobile: lavorare, studiare o passare gli anni del pensionamento in un altro Stato dell’Unione non è più un fatto eccezionale e pertanto sorgono una serie di questioni complesse e di situazioni problematiche relative alla sicurezza sociale che non siamo ancora riusciti a risolvere. Anche se qualcosa si è mosso da quando, oltre trent’anni fa, sono state emanate le prime norme e regolamentazioni comunitarie in questo settore, c’è ancora bisogno di intervenire al riguardo, un’esigenza alla quale non credo che la relazione Matsouka renda giustizia; per questo motivo mi sono astenuto dal votarla.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Le aziende che operano nel settore dell’acquacoltura, in seguito al rapido sviluppo del settore delle specie indigene di pesci e molluschi, vogliono occuparsi anche della coltivazione delle specie non indigene.
La proposta di regolamento fissa alcune procedure di sicurezza perché c’è chiaramente il pericolo di turbare la biodiversità naturale di una zona una volta che vengano introdotte e rilasciate specie non indigene.
Tuttavia, non ci può essere piena garanzia, soprattutto perché i dati necessari sono stati richiesti alle parti interessate, com’è avvenuto per gli OGM.
Storicamente, è ovvio, per specie come le carpe, le trote e così via, è dimostrato che non ci sono state ripercussioni nelle zone in cui sono state rilasciate. Nondimeno, non c’è garanzia che questo precedente storico si ripeta, quali che siano gli sforzi e le valvole di sicurezza.
D’altra parte, la facilità di importare tali organismi e i possibili vantaggi economici che ne deriveranno possono essere controbilanciati dalla pesca e/o dalla coltivazione di tali specie nei paesi in cui costituiscono la popolazione naturale – in altre parole, senza che ci siano rischi per gli ecosistemi naturali. Ciò permetterebbe inoltre a questi paesi di svilupparsi, anche a vantaggio dei loro abitanti, in misura inversamente proporzionale rispetto a qualunque risultato economico che si registrerebbe negli Stati membri dell’Unione. In altre parole, ci guadagnerebbero le grandi aziende commerciali, ma [non] a scapito delle popolazioni dei paesi originari delle specie non indigene.
Lars Wohlin (PPE-DE), per iscritto. – (SV) Sono dell’opinione che gli aiuti finanziari dell’Unione al settore della pesca vadano aboliti il prima possibile e che gli Stati membri responsabili del depauperamento delle risorse ittiche debbano compensare di tasca propria i paesi in via di sviluppo danneggiati dagli accordi comunitari in materia di pesca. Una compensazione simile non dev’essere pagata dal bilancio dell’Unione.
Ho deciso, malgrado tutto, di votare a favore della relazione, perché riduce la possibilità che gli specifici interessi nazionali influiscano su tali aiuti.
Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione è, in effetti, il primo strumento globale destinato a prevenire e a combattere la corruzione.
L’obiettivo è pertanto quello di creare una strategia e un quadro globale, con un complesso di norme di minima, ma importanti, che vanno applicate a tutti i paesi firmatari della Convenzione. Le norme dovranno servire nella prevenzione, nelle indagini e nella repressione della corruzione, nonché nel congelamento, nel sequestro, nella confisca e nella restituzione dei proventi di queste attività illecite.
La Commissione ha negoziato quest’accordo che si fonda sugli elementi della Convenzione che rientrano nella sfera di competenza della Comunità, e ha concluso i negoziati nel settembre del 2005 a nome dell’Unione.
Pertanto mi rallegro per la conclusione dell’accordo. Sono tuttavia molto deluso che tre Stati membri – Svezia, Slovenia ed Estonia – non abbiano ancora sottoscritto la Convenzione.
Spero che il processo di ratifica compiuto non solo dalla Comunità, ma anche dagli Stati membri che devono ancora farlo, venga concluso alla prima occasione. Vorrei sottolineare che è d’importanza vitale che questa Convenzione entri in vigore quanto prima, in modo che si possa intervenire con un’azione più efficace per prevenire e combattere questo tipo di crimine.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) E’ inaccettabile che ora l’Unione tenti di vincolare a terzi tutti i suoi Stati membri in un trattato internazionale. Tutto il progetto anticorruzione della Convenzione delle Nazioni Unite si basa sulla partecipazione volontaria e sul rispetto del diritto nazionale all’autodeterminazione. Il relatore, onorevole Catania, ha scelto di citare nella sua relazione 26 articoli assortiti a sostegno della proposta. Nessuno di questi articoli concede alla Comunità la facoltà o la competenza di aderire a un trattato giuridicamente vincolante con terze parti. La Comunità deve invece concentrarsi sulla corruzione assai diffusa all’interno delle sue stesse Istituzioni. La corruzione interna all’Unione è un problema in crescita che sta erodendo la fiducia dei cittadini in tutto il progetto europeo.
La Lista di giugno ritiene che l’Unione stia andando oltre i suoi poteri e pertanto voterà contro la proposta nel suo complesso.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Questa è ovviamente una delle relazioni a favore delle quali ho votato. La lotta contro la corruzione a livello globale è un obiettivo fondamentale per il buon governo di tutti i membri della comunità internazionale e, a sua volta, un fattore essenziale per la pace e lo sviluppo.
Al di là delle considerazioni di carattere etico ed economico, c’è un punto saliente che trasforma la lotta contro la corruzione su scala globale in un fattore chiave nelle relazioni internazionali. Paesi con governi corrotti si reggono su regole, criteri e interessi che sono incompatibili con quelli dello sviluppo sostenibile, della cooperazione e della pace. Combatterli significa combattere una delle cause dei conflitti e della povertà.
Non basta, tuttavia, che noi ci limitiamo a sottoscrivere simili convenzioni; è necessario che, a livello internazionale, questa lotta faccia parte dei nostri criteri di azione, anche nel campo della cooperazione, in cui la Comunità svolge un ruolo così importante. Ecco perché ho votato a favore.
Emanuel Jardim Fernandes (PSE), per iscritto. – (PT) La proposta della Commissione, su cui si basa la relazione, mira ad armonizzare il regolamento (CE) n. 1698/2005 con l’accordo del Consiglio europeo del 15/16 dicembre 2005 sulle prospettive finanziarie 2007-2013, relativamente al limite massimo degli stanziamenti dal Fondo di coesione e anche all’esenzione del Portogallo dall’applicazione dell’obbligo di cofinanziamento per un importo di 320 milioni di euro.
Secondo i termini di quest’accordo, l’importo di 320 milioni di euro da assegnare al Portogallo non sarebbe “soggetto al requisito del cofinanziamento nazionale”, “in considerazione delle specifiche difficoltà dell’agricoltura portoghese”.
La previsione di una “dotazione nazionale” nel contesto di uno stanziamento globale previsto dal nuovo strumento di sviluppo rurale (FEASR) e il raddoppio del valore proposto inizialmente, accresciuto a causa di questa esenzione che riconosce le difficoltà con cui si confronta l’agricoltura portoghese, erano, per il Portogallo, tra gli aspetti più positivi dell’accordo politico raggiunto durante la Presidenza britannica nell’ambito degli ardui e lunghi negoziati sul quadro finanziario per il prossimo periodo 2007-2013.
Pertanto ho votato a favore della relazione Mulder, che sostiene l’adozione della proposta della Commissione in esame.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La Lista di giugno ritiene che la politica agricola comune (o “sviluppo rurale”, come lo chiameremo dal 2007 in poi) vada abolita.
Questa settimana – la settimana che comincia il 23 ottobre 2006 – la Corte dei conti europea ha osservato per la tredicesima volta consecutiva di non potere garantire che più di una piccola parte dei 105 miliardi di euro tratti dal bilancio comunitario sia stata utilizzata correttamente o per gli obiettivi prefissati. Gli aiuti previsti dalla politica agricola costituiscono uno dei settori più problematici da monitorare e ci sono grandi difficoltà nella sorveglianza di alcuni settori come quello degli aiuti alla produzione dell’olio d’oliva.
Non si può andare avanti così. Il finanziamento comunitario, questo rubinetto gocciolante, va chiuso. Pertanto abbiamo votato contro la relazione.
Neil Parish (PPE-DE), per iscritto. – (EN) La relazione approva la proposta della Commissione di apportare due modifiche al meccanismo di finanziamento dello sviluppo rurale, conformemente all’accordo di finanziamento dello sviluppo rurale per il periodo 2007-2013 sottoscritto dal Consiglio europeo nel dicembre 2005. I deputati conservatori al Parlamento europeo hanno bocciato quest’accordo e dunque non possono appoggiare le proposte che ne conseguono.
Il governo britannico ha sprecato un’occasione d’oro per ottenere una più equa distribuzione dei finanziamenti destinati allo sviluppo rurale e ha permesso ad alcuni Stati membri, anche in quella fase iniziale, di stanziare per sé quote considerevoli dell’ammontare già ridotto. In definitiva, il Regno Unito ha finito per avere solo il 3,5 per cento dei finanziamenti disponibili per l’Europa dei Quindici. La proposta in questione consente al Portogallo di esimersi dall’obbligo di cofinanziare le somme che si è assicurato in occasione del Consiglio di dicembre. I Conservatori ritengono che ciò costituisca un precedente pericoloso.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Oltre alle considerazioni generali sulla necessità di adeguare progressivamente agli obiettivi di sviluppo rurale la politica agricola e i fondi assegnati agli agricoltori, un’altra delle ragioni per le quali ho votato a favore della relazione è il fatto che sia stata riconosciuta l’eccezionalità della situazione con cui è alle prese il Portogallo e che conseguentemente sia stato eliminato il requisito del cofinanziamento nazionale.
Come risulta chiaramente dall’interrogazione che ho posto alla Commissione, gli agricoltori portoghesi, l’agricoltura portoghese e lo sviluppo rurale potenziale sono stati recentemente pregiudicati dall’incapacità o dalla mancanza di volontà del governo portoghese di agire, con cospicue risorse che restano inutilizzate. Pertanto questo caso particolare è pienamente giustificato.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione Lienemann (A6-0373/2006) sulla proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nel campo della politica per l’ambiente marino, perché questa direttiva sulla strategia per l’ambiente marino metterà in pratica adeguatamente le proposte del sesto programma di azione ambientale sulla promozione dello sfruttamento sostenibile dei mari e degli ecosistemi marini.
Una parte significativa dei cittadini europei vive in regioni costiere e dipende dal mare per il proprio sostentamento, mentre per altri il mare rappresenta un luogo di svago. Lo sviluppo di strategie marine nazionali – finalizzate al conseguimento di un buono stato ecologico, alla tutela e al mantenimento degli ecosistemi marini più vulnerabili e della biodiversità – consentirà di mantenere le attività marittime entro livelli sostenibili, in modo che non compromettano gli utilizzi e le attività delle generazioni future né la capacità degli ecosistemi marini di reagire ai cambiamenti naturali e indotti dall’uomo.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Approviamo l’iniziativa di istituire un quadro d’azione nel campo della politica per l’ambiente marino con mezzi finanziari adeguati. Considerata la sua importanza strategica, gli Stati membri devono definire strategie di valutazione e obiettivi ambientali per il proprio ambiente marino, in collaborazione con gli altri Stati membri o con paesi terzi, considerando che in questo ambito le azioni di un paese possono ingenerare un effetto a catena in altri paesi.
C’è una questione fondamentale in tutto questo processo e consiste in chi detiene la proprietà e gestisce le acque marine cui si applica questa direttiva. Sia la proposta di direttiva che gli emendamenti alla relazione Lienemann che sono stati adottati oggi cominciano con la definizione di “acque marine europee” senza chiarire quale sia la nostra zona economica esclusiva e il ruolo di ciascuno Stato membro in quest’ambito.
Quanto alla creazione di organismi sopranazionali, non viene indicato se si tratti di una decisione che si può adottare solo all’unanimità, in base al principio della sovranità degli Stati con eguali diritti, o se, al contrario, potrà essere imposta a maggioranza, come previsto dalla cosiddetta Costituzione europea. Considerando la mancanza di chiarezza in merito a tali questioni, ci siamo astenuti dal voto finale.
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Lo scopo della “direttiva per l’ambiente marino” è quello di istituire un elevato livello di protezione per i mari e gli oceani d’Europa, di ampliare la nostra conoscenza di questo patrimonio, del quale c’è ancora tanto da scoprire, e definire una strategia di gestione basata su un approccio integrato, con obiettivi qualitativi e quantitativi finalizzati a ridurre la pressione sulle risorse marittime e sui loro ecosistemi.
Vorrei sottolineare il riferimento alla necessità che l’Unione europea cofinanzi le misure da adottare per far rispettare la direttiva e la loro inclusione nei bilanci a partire dal 2007. Questo provvedimento è molto importante per il Portogallo, perché è un paese con una grandissima zona economica esclusiva (la più vasta dell’Unione) che, pertanto, comporta costi elevati.
L’approvazione della modifica della data di scadenza – il 2017 invece del 2021 – per il conseguimento degli obiettivi enunciati, come proposto dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, dimostra l’ambizione del Parlamento in merito a questo tema e la misura del suo impegno nel raggiungimento di un “buono stato ecologico” per l’ambiente marino.
Le misure previste restanti – anche queste proposte dal PPE-DE – volte ad assicurare la sostenibilità delle attività economiche che riguardano mari e oceani, la tutela della biodiversità e la prevenzione dell’inquinamento, rivestono anch’esse un’estrema importanza, migliorando sostanzialmente la proposta della Commissione...
(Testo abbreviato conformemente all’articolo 163, paragrafo 1, del Regolamento)
Ambroise Guellec (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Approvo l’adozione in prima lettura della relazione dell’onorevole Lienemann in merito alla direttiva sulla strategia per l’ambiente marino, un documento essenziale conforme alla direttiva quadro sulle acque (FWD). Vorrei però esprimere il mio scetticismo per quanto riguarda la fattibilità del calendario appena adottato. Infatti non conosciamo ancora abbastanza l’ambiente marino per giungere, in un periodo abbreviato, a valutare effettivamente la situazione ambientale dei mari europei. Come stiamo vedendo con l’attuazione della direttiva quadro sull’acqua, la fase di preparazione e di analisi è sempre difficile e più lunga del previsto. Inoltre, l’ambiente marino non è affatto caratterizzato da mutamenti repentini. Mi sembra dunque che il calendario proposto dalla Commissione sia già sufficientemente ambizioso.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Apprezziamo l’iniziativa di una politica per l’ambiente marino in quanto parte della cooperazione e del coordinamento necessari tra i vari paesi, salvaguardando al contempo la piena sovranità di ogni paese sul territorio e sulle risorse, tenendo anche conto di aspetti economici, sociali e ambientali.
La conservazione delle risorse alieutiche è messa in pericolo, in particolare, dall’inquinamento marino e dall’intenso traffico marittimo che influiscono entrambi sull’attività di pesca. La pesca stessa è soltanto uno dei fattori principali, e certamente non il più importante.
Le risorse alieutiche e la loro rigenerazione sono elementi indispensabili per garantire il futuro della pesca: senza pesce non c’è pesca. Pertanto i pescatori sono i primi a interessarsi della tutela e della rigenerazione dell’ambiente marino. In questo scenario, i provvedimenti per il recupero delle risorse devono, con un finanziamento adeguato, prevedere le necessarie compensazioni economiche e sociali per il settore e per chi ci lavora.
La questione centrale è il rispetto della sovranità degli Stati membri, soprattutto riguardo al loro spazio economico esclusivo e alla loro capacità di attuare misure autonome per difendere le loro risorse alieutiche.
Infine, anche se dev’esserci uno stretto collegamento fra la strategia marittima e la politica comune della pesca, quest’ultima non può imporre le sue strutture a quelle della pesca.
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. – (EN) L’ambiente marino richiede di essere tutelato e conservato. La conclusione del buono stato ecologico va apprezzata. Tuttavia, appoggiando l’emendamento n. 91, noi facciamo presente che si può continuare a sfruttare il petrolio e il gas nell’ambiente marino in conformità con le norme internazionali. E’ importante riconoscere il contributo dell’industria petrolifera e del gas a favore dell’economia scozzese.
Richard Corbett (PSE). – (EN) Signor Presidente, il mercurio è una sostanza altamente tossica e pericolosa. La sua eliminazione da tutti gli impieghi, soprattutto quelli domestici, per cui ci sono adeguate alternative, è una proposta assolutamente ragionevole, sostenuta da tutti e 25 i governi al Consiglio.
Tuttavia il gruppo PPE-DE, incitato dai conservatori britannici, ha votato a favore di esenzioni aggiuntive proprio per i prodotti destinati molto probabilmente ad un uso domestico, il loro uso più pericoloso. E questo non coincide con quello che racconta David Cameron nel Regno Unito, né con quello che si legge sul sito web del partito conservatore in merito al suo impegno ad eliminare progressivamente le sostanze chimiche pericolose.
Spero almeno che i conservatori britannici, dopo settimane di campagne contro i cosiddetti “diktat” di Bruxelles, ora smettano di utilizzare questo linguaggio. Oggi vedranno che i risultati della legislazione europea sono determinati dal voto democratico qui al Parlamento, piuttosto che da “diktat” della Commissione europea.
Anche se non sono minimamente pentiti di quello che hanno fatto oggi, spero che almeno desistano dall’utilizzare questo tipo di vocabolario, quando fanno campagna su questo tema.
Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Questa proposta costituisce il seguito della “Strategia comunitaria sul mercurio” approvata nel gennaio 2005 e ha l’obiettivo di ridurre l’uso dei prodotti contenenti mercurio, vietando la commercializzazione dei dispositivi contenenti mercurio.
Quando questa relazione sarà approvata, la commercializzazione di tutti i dispositivi di misura sarà vietata e la proposta originale della Commissione sarà emendata affinché la nuova normativa possa entrare in vigore il più presto possibile.
Da questo regolamento sono esclusi i prodotti già sul mercato, i dispositivi considerati pezzi di antiquariato e articoli da collezione, e i barometri, la cui fabbricazione dovrebbe essere adeguatamente autorizzata, e che possono essere eliminati gradualmente.
L’uso di barometri tradizionali in Europa è molto limitato, così come la quantità totale di mercurio che utilizzano. L’esclusione dalla proposta dei barometri e delle apparecchiature di misura che hanno più di 50 anni è una misura importante, in quanto protegge i piccoli produttori e perchè il mercurio spesso è riciclato e riutilizzato. Se fossero stati inclusi – e sarebbe stato il colpo di grazia definitivo per l’industria dei barometri tradizionali – si sarebbero potute verificare contaminazioni e flussi inattesi di mercurio...
(Testo abbreviato conformemente all’articolo 163, paragrafo 1, del Regolamento)
Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione Sornosa Martínez (A6-0287/2006) sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva del Consiglio 76/769/CEE per quanto riguarda le restrizioni alla commercializzazione di alcune apparecchiature di misura contenenti mercurio. In ragione dell’elevata tossicità di questa sostanza per gli esseri umani, gli ecosistemi e la natura, sono necessarie restrizioni alla commercializzazione di questi prodotti. Tale restrizioni contribuiranno a impedire che quantità sostanziali di mercurio entrino nel flusso dei rifiuti e a stabilire un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana.
I dispositivi contenenti mercurio devono essere sostituiti ogniqualvolta esistano sul mercato alternative più sicure. Si possono tuttavia autorizzare eccezioni, nei casi in cui non si disponga ancora di soluzioni alternative sul mercato nonché nei rari casi di conservazione di barometri tradizionali, collezioni museali e patrimonio industriale.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione volta a limitare l’uso del mercurio – una sostanza estremamente pericolosa. Sono rimasto allibito nel vedere che gli eurodeputati conservatori britannici hanno votato contro il divieto. Tutto questo è contrario all’esplicito impegno preso dal loro leader David Cameron di vietare le sostanze chimiche pericolose. E’ triste constatare che i conservatori prendono così alla leggera la salute e la sicurezza delle generazioni future. Ancora una volta in patria dicono una cosa e all’estero il suo contrario.
Linda McAvan (PSE), per iscritto. – (EN) Un servizio pubblicato da Lancet nel Regno Unito la scorsa settimana ha evidenziato i pericoli delle sostanze chimiche tossiche per la salute del feto e dei neonati. Il mercurio è estremamente tossico, bioaccumulativo e persistente nell’ambiente. Non ci sono livelli di esposizione sicuri, ma nonostante questo, il mercurio entra nel nostro flusso di rifiuti a partire da prodotti di uso domestico contenenti mercurio che vengono eliminati. Per questo, gli eurodeputati laburisti sono d’accordo con i 25 governi dell’Unione europea e con il Consiglio nell’affermare che il mercurio dovrebbe essere progressivamente eliminato in tutti i suoi impieghi, salvo quelli essenziali. Siamo contrari ad un’esenzione permanente per i barometri a mercurio, perché sono disponibili alternative, ma abbiamo proposto e sosterremo un periodo più lungo, due anni, per l’eliminazione progressiva dei barometri a mercurio, per consentire all’industria di adeguarsi alla nuova normativa.
Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) Nel gennaio 2005, il Parlamento europeo aveva approvato a larghissima maggioranza la mia relazione sul piano d’azione europeo per l’ambiente e la salute 2004-2010. Tra le raccomandazioni formulate c’era il progressivo divieto di utilizzo di certe sostanze chimiche che, come il mercurio utilizzato negli amalgami dentali e negli apparecchi di misura e di controllo non elettronici, sono estremamente pericolosi per la salute umana. Si impone ora la loro sostituzione con alternative più sicure.
In effetti, le 33 tonnellate di mercurio utilizzato ogni anno nell’Unione europea sono, come altri metalli pesanti, all’origine di malattie neurologiche che colpiscono in particolare i bambini.
Nelle nostre società, in cui la chimica è onnipresente, la salute pubblica deve d’ora in poi essere la prima delle nostre preoccupazioni. Per questo motivo, deploro che – nonostante il parere della nostra relatrice, onorevole Sornosa – 327 dei miei colleghi abbiano ritenuto opportuno limitare i divieti all’immissione nel mercato di apparecchiature quali termometri e barometri contenenti mercurio e destinate al grande pubblico.
Domani, tuttavia, dovremo fare di più ed esigere che i 25 Stati membri adottino misure ambiziose perché il mercurio in tutte le sue forme scompaia dai luoghi pubblici vulnerabili, quali i reparti di maternità, gli asili nido, gli ospedali e le scuole.
Richard Corbett (PSE). – (EN) Signor Presidente, questa votazione mostra che la riforma della politica agricola comune si scontra ancora, ad ogni suo passo, con l’inflessibile resistenza degli interessi costituiti.
Malgrado tale resistenza, passo dopo passo la riforma ha già consentito un certo contenimento delle spese della PAC e il passaggio dalla spesa per il sostegno dei prezzi al sostegno alle migliorie ambientali, al sostegno al reddito e allo sviluppo rurale. Anche i sussidi all’esportazione saranno progressivamente eliminati. Tuttavia sono ancora necessari ulteriori passi su questa strada. E saranno compiuti, nonostante la resistenza emersa nelle votazioni odierne.
Hynek Fajmon (PPE-DE). – (CS) Onorevoli colleghi, gli eurodeputati del partito democratico civile ceco oggi si sono rifiutati di appoggiare la relazione Goepel sulla proposta di regolamento del Consiglio recante norme per la modulazione volontaria dei pagamenti diretti. La relazione respinge la proposta presentata dalla Commissione, sulla base di un accordo con il Consiglio, con l’obiettivo di accrescere la flessibilità della politica agricola comune (PAC), legandola in modo più diretto alle effettive condizioni nazionali.
E’ ridicolo che il Parlamento assuma una posizione di questo tipo, una posizione che non possiamo sostenere in nessun caso. La PAC attualmente discrimina tutti i nuovi Stati membri, compresa la Repubblica ceca. Il riferimento del relatore al principio del divieto di discriminazione si fa beffa di tutti gli agricoltori nei nuovi Stati membri. La discriminazione a danno di questi agricoltori c’è già. Quest’anno hanno ricevuto il 35 per cento degli stanziamenti sotto forma di pagamenti diretti, rispetto al 100 per cento percepito dagli agricoltori dei vecchi Stati membri, e questo spiega le ragioni del nostro voto.
Michl Ebner (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, mi scuso per non aver prestato sufficiente attenzione in precedenza.
Volevo dire che sono assolutamente d’accordo con l’impostazione e la posizione del relatore, onorevole Goepel, e che non capisco come mai la Commissione insista così ostinatamente sulla sua posizione. Spero che nei prossimi due mesi, ora previsti dai nuovi accordi sulle scadenze, troveremo i modi e i mezzi necessari per evitare qualsiasi forma di rinazionalizzazione della politica agricola in un momento in cui sono necessarie risorse in tutta la Comunità. Cercherò di lavorare in tale senso.
Credo che dovrebbe essere concesso un margine di manovra negoziale e spero che la Commissione europea assuma a questo riguardo una posizione più ragionevole.
Thijs Berman (PSE), per iscritto. – (NL) Va da sé che i deputati olandesi del gruppo socialista al Parlamento europeo sono a favore di una maggiore modulazione, al trasferimento dei fondi dal primo al secondo pilastro del bilancio agricolo. Dal punto di vista dei socialdemocratici, la modulazione costituisce un miglioramento rilevante rispetto all’ingiustizia degli attuali sostegni al reddito. Infatti, gli agricoltori più grandi ricevono importi sproporzionatamente più elevati degli altri. Inoltre, i sostegni al reddito sono inefficaci, in quanto non aumentano in misura sufficiente il potere d’acquisto degli agricoltori.
Lo sviluppo rurale offre più opportunità per tutti coloro che vivono in campagna. Giovani e vecchi hanno bisogno di strutture efficienti, di un’infrastruttura forte e di un’economia diversa. Lo sviluppo rurale è anche nell’interesse della maggior parte degli agricoltori.
Sebbene alla modulazione volontaria sia preferibile la modulazione obbligatoria, in ragione della possibile distorsione delle relazioni concorrenziali tra gli agricoltori europei, il partito laburista olandese può comunque accettarla, perché rappresenta un passo nella giusta direzione. Il Consiglio ha tuttavia preso una decisione, senza percorrere prima la più fondamentale via democratica. Il Parlamento europeo non è stato consultato in merito a questo importante intervento sul bilancio.
Purtroppo, in ragione di questo deficit democratico, è per noi impossibile sostenere la proposta di risoluzione e ci siamo pertanto astenuti dal voto.
Luis Manuel Capoulas Santos, Fausto Correia, Edite Estrela, Emanuel Jardim Fernandes, Elisa Ferreira, Ana Maria Gomes, Jamila Madeira, Manuel António dos Santos e Sérgio Sousa Pinto (PSE), per iscritto. – (PT) Abbiamo votato contro la posizione del relatore e quindi a favore della proposta legislativa della Commissione perché la “modulazione” – ossia la possibilità di trasferire fino al 20 per cento degli stanziamenti concessi agli agricoltori che ricevono più di 5 000 euro all’anno dal primo al secondo pilastro della PAC – costituisce uno strumento fondamentale per garantire giustizia in termini di distribuzione degli aiuti agricoli.
Desideriamo sottolineare che in Portogallo solo il 5 per cento degli agricoltori riceve più di 5 000 euro all’anno. Non riusciamo a capire come l’attuale situazione possa essere preferibile alla proposta alternativa della “modulazione volontaria”.
Noi, firmatari di questa dichiarazione di voto, sosteniamo, come soluzione ideale, una “modulazione obbligatoria”, che riteniamo sia inevitabile a breve e medio termine. Considerata l’alternativa presentata, reputiamo incomprensibile la sua reiezione da parte del Parlamento.
Nel caso del Portogallo, le modalità applicative proposte consentirebbero di accrescere gli aiuti per lo sviluppo rurale di circa 50 milioni di euro all’anno, e questo andrebbe a vantaggio di molti agricoltori che sono attualmente esclusi da qualsiasi forma di aiuto.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il messaggio centrale di questa relazione è che la proposta della Commissione non è una vera proposta di modulazione. Una proposta di questo tipo aumenterebbe gli aiuti per coloro che ricevono poco o nulla, riducendoli a coloro che ricevono molto, in modo da garantire una maggiore giustizia nella distribuzione degli aiuti tra i produttori, i paesi e le aziende e da aiutare le piccole e medie aziende agricole e le aziende agricole a conduzione familiare.
A nostro avviso, la Commissione dovrebbe presentare una proposta nuova tesa a creare una vera modulazione, che possa garantire una maggiore giustizia e liberare risorse finanziarie introducendo un tetto massimo agli aiuti ricevuti da ogni azienda (capping) e un aumento percentuale degli aiuti agli agricoltori che ricevono meno fondi dalla PAC (modulazione), per esempio, proponendo un aumento del 15-20 per cento per gli agricoltori che ricevono aiuti inferiori a 5 000 euro e, tenendo conto, oltre che della cifra, delle varie circostanze.
Diversamente, si corre il rischio di esacerbare le disuguaglianze già esistenti. Esortiamo pertanto la Commissione a riformulare la proposta per evitare che una decisione su questo tema porti in definitiva alla rinazionalizzazione della PAC. Abbiamo pertanto votato contro la relazione, nella speranza di poter spianare la strada a una proposta nuova.
Jean-Claude Fruteau (PSE), per iscritto. – (FR) Nel momento in cui l’Unione assiste alla recrudescenza degli egoismi nazionali, la proposta della Commissione di introdurre una modulazione volontaria dei pagamenti diretti nell’ambito della politica agricola comune segna una nuova tappa della disintegrazione della solidarietà comunitaria.
Di fronte a questo pericolo, il Parlamento doveva reagire e fare sentire la propria voce, per riaffermare l’impegno dei rappresentanti dei popoli europei in vista della difesa del carattere “comune” delle politiche pubbliche dell’Unione, di cui la PAC è il simbolo più forte e il risultato più compiuto.
In quest’ottica, ho votato a favore della relazione Goepel, oggi presentata in plenaria, e in particolare a favore dell’esplicita richiesta di reiezione pura e semplice della proposta della Commissione europea.
Questa posizione, che esprime il parere della maggioranza dei deputati oggi presenti, traduce la volontà chiara e priva di ambiguità del Parlamento europeo di non tradire la sua visione dell’Europa futura, e di non trasformare la PAC in una variabile di adeguamento destinata a tamponare le debolezze riprovevoli di un bilancio europeo paralizzato dalla scarsa ambizione degli Stati membri dell’Unione.
Esprime l’esigenza di conservare un sistema di aiuti ai produttori, fondato sul principio di equità, l’unico in grado di garantire in futuro la sopravvivenza di un’agricoltura europea sana, competitiva e solidale.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Votiamo contro la relazione, ma ci asteniamo dal voto sulla proposta della Commissione in materia.
La motivazione della relazione contiene una serie di pareri, come per esempio una posizione critica nei confronti della rinuncia ovvero della rinazionalizzazione della politica agricola comune – cosa che la Lista di giugno troverebbe auspicabile – e l’opinione secondo cui essa viola il diritto di partecipazione del Parlamento europeo, che la Lista di giugno non condivide.
Inoltre, la motivazione sostiene che il “controllo dello stato di salute” o “la revisione intermedia”, come preferiamo chiamarlo, del bilancio a lungo termine previsto per il periodo 2008-2009 dovrebbe costituire la base delle proposte per il periodo di finanziamento solo a partire dal 2013. La Lista di giugno non condivide assolutamente questa posizione. Riteniamo che la revisione intermedia debba condurre a tagli del bilancio per lo sviluppo agricolo/rurale, già nel periodo di cui stiamo discutendo, 2007-2013.
Christa Klaß (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Il Consiglio ha proposto agli Stati membri la possibilità di attuare una modulazione volontaria del 20 per cento dei pagamenti diretti per l’agricoltura dal primo al secondo pilastro, elemento che è stato integrato nella proposta della Commissione e che condurrà indubbiamente ad una riduzione degli aiuti agricoli. Consiglio, Parlamento e Commissione avevano convenuto, nell’ambito delle prospettive finanziarie, di verificare nuovamente le spese dell’Unione europea, e tra le altre anche quelle per la PAC, solo a partire dal 2013. I nostri agricoltori hanno bisogno di sicurezze per quanto riguarda la programmazione, se vogliono rimanere competitivi. Per questo ora dobbiamo fare in modo che le somme stanziate per il bilancio agricolo fino al 2013 rimangano invariate e che siano spese effettivamente per l’attività agricola. E’ inaccettabile che le famiglie di agricoltori, in ragione dei pagamenti compensativi, ricevano un sostegno finanziario migliore in uno Stato membro rispetto ad un altro. L’obiettivo della politica agricola europea è quello di garantire agli agricoltori europei condizioni comparabili in un mercato unico. Dato che la proposta della Commissione non è stata preceduta da una valutazione di impatto che avrebbe potuto rivelare eventuali disparità di trattamento, non può essere assolutamente sostenuta dal Parlamento europeo.
Ho espresso un voto contrario, nella speranza che le richieste degli agricoltori siano ascoltate.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La Commissione, nella sua proposta tesa a ridurre del 20 per cento i pagamenti diretti, sta preparando un nuovo attacco nei confronti delle aziende agricole medie e piccole. Il trasferimento del 20 per cento delle risorse dal primo pilastro, in altri termini dai pagamenti diretti, a quelle del secondo pilastro che sono per la maggior parte raccolte da grandi aziende e imprese, determina una riduzione del sostegno al reddito per le piccole e medie aziende agricole.
Il risultato sarà un’accelerazione dello sradicamento delle piccole aziende e la concentrazione della produzione agricola in meno mani. In numerosi casi, si assisterà addirittura ad un calo della produzione e dell’occupazione agricola, compensato dallo sviluppo delle attività del secondo pilastro.
Per quanto concerne la proposta di applicare tale trasferimento su base volontaria, da una parte questo creerà un’agricoltura a doppio binario, e dall’altra, la prospettiva nell’immediato futuro sarà il passaggio da un trasferimento volontario ad un trasferimento obbligatorio. Questo tipo di modus operandi è stato usato nel passato.
Gli agricoltori greci stanno subendo le conseguenze negative della nuova PAC. La produzione di tabacco è diminuita del 70 per cento e quella di barbabietola da zucchero del 40 per cento. Il completamento della PAC avrà lo stesso effetto negativo su altre colture di base nel mio paese. La proposta odierna costituisce un nuovo colpo ai numerosi e gravi problemi degli agricoltori, ed è per questo che la respingiamo.
Poul Nyrup Rasmussen, Ole Christensen, Dan Jørgensen, Britta Thomsen e Christel Schaldemose (PSE) , per iscritto. – (DA) I socialdemocratici danesi hanno votato a favore della proposta della Commissione in virtù della quale gli Stati membri avrebbero la possibilità di applicare una modulazione volontaria nell’ambito della politica agricola e abbiamo pertanto votato contro la relazione del Parlamento, che respinge la proposta della Commissione.
E’ opportuno sottolineare che i socialdemocratici danesi preferirebbero una modulazione completa e obbligatoria, ma poiché non è stato possibile pervenire ad un accordo in merito, consideriamo la modulazione volontaria un’alternativa percorribile. Occorre tuttavia precisare che l’obiettivo rimane quello di una modulazione obbligatoria, che preveda a lungo termine l’abolizione degli aiuti diretti.
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. – (EN) La PAC esige riforme costanti. E’ deludente constatare che la proposta della Commissione volta ad introdurre la modulazione volontaria della PAC sia stata respinta. L’introduzione di una modulazione volontaria della PAC avrebbe offerto un approccio sostenibile allo sviluppo rurale. Spero che tutti i deputati che hanno interessi diretti nel settore agricolo abbiano dichiarato tali interessi e non abbiano votato.
Geoffrey Van Orden (PPE-DE), per iscritto. – (EN) La delegazione dei conservatori ha votato a favore della reiezione della proposta di modulazione presentata dall’onorevole Goepel, per dare alla Commissione l’opportunità di avanzare una proposta migliore. Siamo fermamente contrari all’accordo che il Primo Ministro Blair ha raffazzonato lo scorso Natale al Consiglio europeo e che ha ridotto i pagamenti per singola azienda agricola erogati agli agricoltori britannici per finanziare i piani di sviluppo rurale.
I miei agricoltori nella regione di Witham e Maldon – attorno a Coggeshall, Terling, Teys e Tolleshunts – come anche in altre regioni dell’Inghilterra, vogliono essere trattati con giustizia e lealtà dalla politica agricola comune. La modulazione volontaria del 20 per cento e i tagli al pagamento per singola azienda agricola faranno sì che i nostri agricoltori probabilmente guadagneranno il 20 per cento in meno dei loro omologhi gallesi, scozzesi e dell’Ulster, per non parlare poi dei francesi. I miei agricoltori non credono che il governo britannico, attraverso il DEFRA o l’Agenzia per i pagamenti rurali, sia in grado di eseguire i pagamenti in modo puntuale, preciso e temono che non sia affatto in grado di eseguire i pagamenti a favore di molti agricoltori. Inoltre, c’è ora il rischio che il Regno Unito sia sanzionato dalla Commissione europea per la sua inettitudine, e saranno gli agricoltori a dover pagare il conto. La nostra comunità rurale ha bisogno di un accordo equo, mentre ora si trova ad essere ingannata da un governo incompetente.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) L’obiettivo della proposta della Commissione, come confermato nella relazione approvata oggi, è quello di costituire un partenariato pubblico-privato (PPP) per la creazione di un sistema europeo per la gestione del traffico aereo. Un PPP di questo tipo costituirebbe un precedente pericoloso, visto che sarebbe il primo PPP europeo con la partecipazione della Comunità europea.
Non intendiamo mettere in discussione la necessità di aggiornare e migliorare costantemente i sistemi di gestione del traffico aereo, per renderli più affidabili, più precisi e, soprattutto, più sicuri, vista la loro importanza per la sicurezza di tutti coloro che lavorano nello spazio e che lo usano. Riteniamo tuttavia che assoggettare questo obiettivo agli interessi e alle pressioni del settore privato non sia certo il modo migliore per realizzarlo, anzi.
Ci delude la reiezione della bozza di emendamento che abbiamo presentato in seno alla commissione per i trasporti e il turismo (la commissione competente per l’elaborazione di un parere), il cui obiettivo era quello di salvaguardare gli interessi degli organismi che rappresentano i lavoratori del settore della gestione del traffico aereo nell’ambito delle decisioni prese in seno al consiglio di amministrazione dell’impresa comune, e conseguentemente non abbiamo potuto appoggiare questa relazione.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. – (DE) Voto a favore del progetto comune per il sistema europeo di nuova generazione per la gestione del traffico aereo.
In particolare in qualità di relatore sull’ampliamento delle competenze dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea (EASA), appoggio senza riserve l’obiettivo dichiarato della Comunità, di garantire un’infrastruttura per la sicurezza aerea estremamente efficace, che consenta uno sviluppo sicuro, efficiente sotto il profilo energetico ed ecocompatibile del trasporto aereo e che sfrutti i progressi tecnologici di programmi come GALILEO.
Secondo le attuali previsioni, il volume del traffico aereo in Europa dovrebbe raddoppiare da qui al 2025. Alla luce di ciò, è necessario allineare alle norme tecniche più moderne la comunicazione tra piloti e controllori del traffico aereo, che al momento si svolge ancora via radio.
Sostengo inoltre un partenariato pubblico-privato con la partecipazione della Comunità europea, per garantire il successo a lungo termine del progetto SESAR.
– Relazione García-Margallo y Marfil (A6-0381/2006)
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Mi sono astenuto dal voto sulla relazione del mio stimato collega, onorevole García-Margallo y Marfil, concernente l’area dell’euro nel 2006 perché, sebbene introduca elementi molto interessanti, deploro il fatto che non ponga immediatamente il problema della trasformazione dell’euro da moneta tecnica a strumento politico, al servizio della crescita e dell’occupazione. La politica monetaria condotta dalla Banca centrale europea (BCE) sembra essere proprio il contrario della realtà: in condizioni normali, il tasso di cambio dovrebbe essere forte quando la crescita economica è forte, e dovrebbe invece presentare un deprezzamento, quando la crescita è debole. In Europa, in realtà, dall’inizio degli anni ’90, avviene il contrario. Mentre gli Stati membri attuano riforme, il perseguimento di un tasso di inflazione pari a zero, con una politica monetaria inadeguata, porta l’Europa a registrare risultati mediocri in termini di crescita economica. Se la tendenza continuerà, mentre in tutto il mondo il prezzo delle materie prime e dell’energia sale alle stelle, avremo inflazione zero e crescita zero, e gli industriali finiranno per insediare le loro aziende nell’area del dollaro. Con tutto quello che accade, è come se la BCE ignorasse la politica economica, mentre la sua omologa americana non pensa ad altro.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Come sappiamo, la creazione dell’euro è stata una decisione politica che non ha tenuto conto delle esigenze specifiche dei paesi membri dell’area dell’euro. Questa posizione è confermata dalle differenze, rispetto al 2005, tra gli Stati membri della zona euro in termini di crescita economia, tasso di disoccupazione e inflazione.
Abbiamo sempre affermato che, con una politica monetaria unica, viste le restrizioni di bilancio imposte dal Patto di stabilità e di crescita, i problemi legati all’adozione dell’euro sarebbero ricaduti sui lavoratori, per soddisfare gli interessi dei gruppi economici e finanziari. La relazione che ci è stata presentata lo chiarisce molto bene: “I mercati del lavoro dovrebbero diventare più flessibili e dovrebbero essere eliminati quegli aspetti della normativa sul lavoro a tempo indeterminato che possono costituire un ostacolo all’adeguamento del mercato del lavoro”. In altri termini, promuove la liberalizzazione degli esuberi e dei contratti a tempo determinato. Chiede anche “una più rapida reattività dei prezzi e dei salari ai mutamenti delle circostanze economiche”, o in altri termini che i salari siano ridotti in funzione dei cicli. Queste intenzioni non avrebbero potuto essere più chiare.
Non pago di ciò, il relatore promuove anche la liberalizzazione dei servizi e dell’energia, la rigorosa applicazione del Patto di stabilità e di crescita e il rispetto dell’agenda di Lisbona: ossia l’ABC del consenso neoliberale europeo.
Queste le ragioni del nostro voto contrario.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Anche se la Svezia ha deciso, con un referendum, di non partecipare all’Unione economica e monetaria (UEM), abbiamo scelto di votare contro la relazione e vorremmo cogliere questa opportunità per spiegare le ragioni del nostro voto.
La relazione fornisce un’immagine molto chiara di come l’UEM vada di pari passo con la creazione di uno Stato dell’Unione europea. Secondo la relazione, la politica macroeconomica tra gli Stati appartenenti all’area dell’euro deve essere coordinata, e l’area dell’euro deve parlare all’unisono nelle istituzioni e nei fora finanziari istituzionali. La relazione auspica un migliore coordinamento fiscale, soprattutto in termini di bilancio, e il coordinamento dei calendari fiscali nazionali. Inoltre, l’obiettivo dell’introduzione di una base imponibile comune consolidata per le società in Europa potrebbe essere realizzato attraverso il meccanismo della cooperazione rafforzata, se gli Stati membri riuscissero a pervenire ad un accordo unanime.
Non possiamo che concludere che le argomentazioni dei rappresentanti della campagna del “no” in occasione del referendum svedese sull’UEM nel 2003 erano assolutamente corrette quando segnalavano che l’UEM costituiva un passo significativo sulla strada che avrebbe condotto alla costituzione degli Stati Uniti d’Europa.
Timothy Kirkhope (PPE-DE), per iscritto. – (EN) La posizione del partito conservatore nei confronti dell’euro è chiara ed esplicita: siamo fermamente determinati a mantenere la sterlina.
Non intendiamo aderire alla moneta unica, ma non vogliamo nemmeno che il progetto fallisca, poiché riteniamo che sia nell’interesse del Regno Unito garantire la presenza di un’economia europea forte con una moneta stabile in grado di creare un ambiente commerciale positivo per l’impresa e l’industria britannica.
In linea con la nostra posizione di sempre sulle problematiche legate all’euro e all’area dell’euro, io ed i miei colleghi conservatori ci siano astenuti dal voto su questa relazione.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Sono un oceanografo e sono pertanto lieto di poter sostenere questa relazione sulla strategia per l’ambiente marino. L’Unione europea da troppo tempo ormai riduce la politica rurale alla sola politica agricola. Finalmente le cose stanno ora cominciando a cambiare nel verso giusto e si riconosce che l’agricoltura costituisce solo una parte minoritaria, per quanto importante, dell’economia rurale. Ci troviamo di fronte a un problema identico per quanto riguarda la politica marittima, che è sempre stata considerata la versione in scala ingrandita della politica per la pesca. Ora però, con il documento della Commissione sulla politica marittima, attualmente oggetto di consultazione – ho partecipato di recente a una conferenza in materia organizzata a Weymouth dall’agenzia di sviluppo regionale del South West in Inghilterra – questa relazione e la relazione Lienemann già votata oggi, sembra che finalmente ci stiamo spostando da una politica marittima unidimensionale ad una politica che comprende i nostri mari, i nostri oceani e le nostre coste in quanto elementi vitali per l’alimentazione e l’ambiente, i trasporti e il turismo.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) In questo commento sulla strategia sull’ambiente marino, il relatore affronta molti temi interessanti ed importanti. Un esempio è la sua affermazione secondo la quale la politica comune della pesca deve soddisfare i requisiti dello sviluppo sostenibile, mentre gli Stati membri che desiderano adottare misure più urgenti per proteggere un particolare stock dovrebbero avere la possibilità di farlo.
Tra gli aspetti negativi della relazione vi sono i commenti sul finanziamento; il relatore è preoccupato per la mancanza di risorse da destinare all’attuazione delle strategie; questo presuppone che dovrebbero essere utilizzate risorse del bilancio comunitario e che sarebbe una buona idea utilizzare per esempio le risorse dei Fondi strutturali.
Abbiamo giudicato che gli elementi positivi della proposta fossero superiori a quelli negativi e ci siamo pertanto espressi a favore della relazione nella votazione odierna.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Questa relazione di iniziativa è tesa a creare un mercato unico europeo per il credito ipotecario e a promuoverlo a livello transfrontaliero. Le banche e i mercati dei capitali hanno un interesse rilevante nel settore, visto che nel 2004 il volume dei finanziamenti pendenti è stato pari a 4,7 miliardi di euro, ossia il 45 per cento dell’RNL dell’Unione europea. E’ sicuramente un mercato in crescita.
La relazione segue la linea neoliberale. Prevede più concorrenza nel settore, mutui europei o transfrontalieri, un mercato secondario per il credito ipotecario e la possibilità di negoziare il credito ipotecario sui mercati dei capitali, fusioni ed acquisizioni transfrontaliere nel settore dei servizi finanziari, l’apertura del mercato ad istituti diversi dagli istituti di credito, la libertà di fornire servizi e la liberalizzazione di questi servizi, limitazioni al potere di intervento dello Stato, marketing on line del credito ipotecario e l’accesso per le organizzazioni straniere alle banche dati dei crediti dei clienti, compresi anche i casi di insolvenza.
Non è difficile intravedere i rischi di tutte queste proposte, in termini di volatilità dei mercati. E questo potrebbe mettere in pericolo i beni ipotecati, ossia i risparmi di molti lavoratori e di altri soggetti che acquistano beni immobiliari. Abbiamo pertanto votato contro la relazione.
Jules Maaten (ALDE), per iscritto. – (NL) Va da sé che noi del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa siamo favorevoli all’apertura dei mercati, compreso il mercato del credito ipotecario. Sono pertanto favorevolmente disposto nei confronti della relazione Purvis, che propone un’indagine delle varie azioni che potrebbero andare a vantaggio del consumatore, per esempio, la concorrenza tra i mutuanti ipotecari, ma non posso che esprimere un voto contrario, in quanto la relazione non è molto chiara sulle diverse soluzioni in termini di vantaggi fiscali quando i mutui sono conclusi, e in particolare armonizzati. E’ una prima proposta esplorativa in cui emerge soprattutto la richiesta di un’ulteriore analisi. La fase legislativa è ancora molto lontana.
Toine Manders (ALDE), per iscritto. – (NL) Poiché il mercato del credito ipotecario rientra nell’ambito della libera circolazione dei servizi, sono favorevole alla creazione di un mercato interno per il credito ipotecario. Mi rifiuto tuttavia di appoggiare l’armonizzazione del sistema della detrazione fiscale degli interessi dei mutui che si cerca di introdurre furtivamente qui a Bruxelles.
I politici sottolineano ripetutamente che l’Europa deve concentrarsi sui temi fondamentali e sulle problematiche transfrontaliere, ma questa dichiarazione del Parlamento europeo contraddice tale principio. La maggior parte dei suoi deputati non sembra essere preoccupata del fatto che la politica fiscale non rientra nelle competenze dell’Unione europea. Per questo la delegazione del partito popolare per la libertà e la democrazia olandese ha ritenuto di dover votare contro il paragrafo 45 della relazione Purvis e anche contro la relazione nella sua interezza. Reputo deplorevole che, dato che nessuno dei grandi gruppi ha osato chiedere una votazione per appello nominale su questo tema, il cittadino europeo debba accontentarsi di cercare di indovinare come hanno votato i singoli eurodeputati.
Eoin Ryan (UEN), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore il Libro verde sul credito ipotecario, che esamina come la concorrenza sul mercato comunitario dei mutui potrebbe accrescere le possibilità di scelta dei consumatori e ridurre i costi.
La fiducia dei consumatori nelle banche è di importanza fondamentale. Per questo, la disponibilità di un mutuatario a trattare con un mutuante straniero sarà determinata non solo dalla competitività del mutuo, ma anche dal livello di protezione dei consumatori assicurata dal mutuante straniero.
L’Irlanda vanta un mercato del credito ipotecario piuttosto sofisticato rispetto alla media dell’Unione europea, un mercato che offre accesso alla gamma completa di prodotti ipotecari a prezzi competitivi. L’espansione di questo mercato oltre le frontiere nazionali può avvenire in modo naturale attraverso la costituzione di una più diffusa rete di consociate e filiali all’estero, se il mercato sarà incoraggiato in altre aree. Credo pertanto che l’intervento legislativo dovrebbe essere utilizzato solo come ultima possibilità e in caso di palese fallimento del mercato.
Incoraggio la Commissione a creare registri immobiliari elettronici accessibili on-line, perché la realtà è che i mutuanti non possono entrare in altri mercati senza avere certezze assolute sulla sicurezza del loro collateral. Vista l’esperienza di molti cittadini che hanno acquistato proprietà all’estero, un registro on-line che riporti tutti i gravami sulle proprietà è di importanza vitale.
Bernadette Vergnaud (PSE), per iscritto. – (EN) Venticinque legislazioni nazionali, che presto saranno ventisette, in materia di credito ipotecario, ostacolano l’attuazione di una strategia europea comune. Questo Libro verde pubblicato dalla Commissione europea permetterà finalmente di condurre studi adeguati sul tema e di compiere scelte assennate.
Qualsiasi misura comunitaria concernente il mercato europeo del credito ipotecario deve, come prima cosa, andare a vantaggio dei cittadini. I consumatori si scontrano invece spesso con troppi ostacoli, che siano di natura giuridica o economica.
Votando a favore della relazione dell’onorevole Purvis, ho optato per un mercato del credito ipotecario accessibile ad un più elevato numero di potenziali mutuatari.
A questo riguardo avevo personalmente insistito, in seno alla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, perché il suo relatore, onorevole Medina Ortega, tenesse conto dei mutuatari con un profilo di credito debole e precario, dei lavoratori con contratto a tempo determinato e delle persone che effettuano un primo acquisto.
13. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
(La seduta, sospesa alle 13.10, riprende alle 15.10)
PRESIDENZA DELL’ON. BORRELL FONTELLES Presidente
14. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
15. Programma legislativo e di lavoro della Commissione per il 2007 (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione sul programma legislativo e di lavoro della Commissione per il 2007.
José Manuel Barroso, Presidente della Commissione. – (EN) Signor Presidente, onorevoli deputati, il black out elettrico verificatosi in tutta Europa la scorsa settimana ha messo a nudo la nostra interdipendenza in quanto europei. In un baleno, la maggiore integrazione ha cessato di essere un’ideale astratto. Per milioni di cittadini è diventata una necessità. L’incidente – oso dirlo – è stato illuminante. L’argomento a favore di più Europa, più che essere riconosciuto, è diventato superfluo. E’ ormai chiaro a tutti che oggi dobbiamo confrontarci con più sfide comuni rispetto al passato, in parte dovute alle forze scatenate dalla globalizzazione. Le sfide comuni richiedono soluzioni comuni, che si tratti di crescita e occupazione in un mondo sempre più competitivo, di cambiamento climatico, sicurezza energetica, o terrorismo internazionale.
Possiamo essere fieri della nostra risposta finora a questo scenario in rapido mutamento. Innanzi tutto, abbiamo rinnovato l’agenda di Lisbona e posto l’accento direttamente sulla crescita e sull’occupazione. Di conseguenza, è stato possibile recuperare la fiducia nel Patto di stabilità e di crescita, ponendolo su basi più realistiche e praticabili.
I leader d’Europa hanno deciso di mettere la globalizzazione al centro dell’agenda politica. La Commissione si è adoperata per dotare l’Unione europea degli strumenti di cui ha bisogno e ha utilizzato tali strumenti per rispondere a un’intera serie di preoccupazioni condivise da tutti i cittadini europei. Per dare impulso alla crescita e all’occupazione, le Istituzioni europee hanno continuato a sforzarsi di liberare il potenziale del mercato unico. Al tempo stesso, abbiamo rinnovato il nostro impegno a favore della solidarietà sociale e istituito il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, un utile ammortizzatore per il potente motore della globalizzazione.
Per garantire che l’Europa prosperi nelle economie della conoscenza di domani, l’innovazione è diventata un elemento essenziale delle nostre strategie economiche e sociali ed è oggi al centro delle preoccupazioni dei leader europei. La creazione dell’Istituto europeo di tecnologia contribuirà a contrastare la frammentazione della ricerca, dell’istruzione e degli sforzi di innovazione, che finora ha arrestato il progresso.
Il documento “L’Europa nel mondo” affronta la necessità di sviluppare una voce globale all’altezza della nostra importanza economica nel mondo. In tal modo, si rinvigoriranno anche i nostri sforzi in settori in cui abbiamo già svolto un ruolo guida, in particolare nel dibattito su un futuro regime internazionale per il cambiamento climatico.
Abbiamo guidato con successo la Romania e la Bulgaria verso l’adesione all’Unione europea. Abbiamo proposto i due nuovi Commissari e assegnato i portafogli. Uno sarà responsabile dei problemi dei consumatori e l’altro del multilinguismo, al fine di difendere e rafforzare il pluralismo e la diversità culturale europea. Gli aspetti interculturali sono sempre più importanti nell’Europa di oggi. Sono molto fiero di questo nuovo progresso – l’adesione della Romania e della Bulgaria all’Unione – e del contributo significativo fornito dalla mia Commissione a tal fine. Dovremmo tutti essere fieri di ciò che abbiamo conseguito attraverso i successivi allargamenti. Non vi sono dubbi: nei secoli a venire, gli storici diranno che l’allargamento è stato il più importante strumento di pace, prosperità e stabilità della nostra generazione.
(Applausi)
In proposito, vorrei dire che è giunto il momento di smettere di parlare di “vecchi” e “nuovi” Stati membri. Oggi più che mai, formiamo una sola Europa, unita in tutta la sua diversità, e questo è un risultato che va festeggiato.
Abbiamo anche impostato i lavori in molti altri settori che interessano tutti noi: sviluppo sostenibile, politica marittima ed efficienza energetica, per citarne solo alcuni.
Molto resta da fare entro la fine dell’anno. Mi auguro che il Consiglio europeo approverà il pacchetto sull’allargamento che abbiamo adottato la scorsa settimana. Dobbiamo compiere progressi nella politica di immigrazione e di innovazione e vi sono ancora importanti proposte da adottare in settori quali il diritto del lavoro, la tassa sul diritto d’autore, la politica di vicinato, le emissioni di CO2 dei veicoli e gli scambi di emissioni.
I primi anni di attività di questa Commissione, che ha lavorato in uno spirito di collaborazione con il Parlamento, si sono quindi tradotti in un’opera di rinnovamento, riorientamento e riorganizzazione, volta a creare un’Europa dei risultati, un’Europa in grado di far fronte alle sfide comuni del XXI secolo. Questi sforzi stanno già dando frutti: la crescita è aumentata e ha raggiunto il suo livello più alto in sei anni e la disoccupazione è scesa al suo livello più basso dal 1998, quando abbiamo iniziato a raccogliere i dati per l’Unione a 25.
Il 2007 – anno in cui festeggeremo i 50 anni di costruzione europea – segnerà una svolta. Segnerà il momento in cui l’Europa a 27, dopo attenta preparazione, sfrutterà la piena potenza dei meccanismi comunitari ricalibrati per fornire soluzioni alle preoccupazioni comuni dei cittadini. Segnerà il momento in cui un nuovo quadro finanziario sbloccherà programmi di finanziamento ammodernati e orientati verso la nuova agenda dell’Europa.
Questo è dunque il contesto per il nostro programma di lavoro per il 2007. Si tratta di un nuovo tipo di programma, che ha beneficiato enormemente del contributo del Parlamento, del Consiglio e di altre Istituzioni: un contributo prezioso che continuerà con questa discussione e con la risoluzione che adotterete.
Il programma di lavoro integra molte preoccupazioni espresse dal Parlamento sia a me sia alla Commissione. Questo nuovo programma di lavoro è maggiormente politico e si concentra su un elenco più ridotto di 21 iniziative strategiche. La Commissione si impegna a realizzarle tutte entro il prossimo anno, senza sottoporle a revisione intermedia. Un secondo elenco di iniziative prioritarie completa il nostro lavoro in altri importanti settori.
Abbiamo inoltre risposto alla richiesta del Parlamento di includere nel programma di lavoro un elenco di misure di semplificazione e di ritiro di proposte legislative. Ciò evidenzia il messaggio che legiferare meglio fa ora parte dei compiti quotidiani della Commissione. Oggi, nella riunione del Collegio, abbiamo adottato l’esame strategico del programma per legiferare meglio nell’Unione europea, in cui si analizzano i progressi compiuti finora e si presenta un programma ambizioso di nuove iniziative. Sono previste nuove azioni nei seguenti ambiti: valutazione d’impatto, con la creazione di un comitato per la valutazione d’impatto; semplificazione, con l’aggiunta di nuove importanti iniziative al nostro programma modulato di semplificazione; oneri amministrativi, per i quali proporremo al Consiglio europeo di primavera del prossimo anno un obiettivo di riduzione del 25 per cento, a livello di Unione europea e di Stati membri, da conseguire entro il 2012. Parallelamente, entro due mesi proporremo un piano d’azione, in cui saranno definiti i settori di intervento prioritari.
Continuiamo anche a vagliare, e in diversi casi a ritirare, le proposte pendenti. Raccomandiamo alle future Commissioni di fare altrettanto all’inizio dei loro mandati, come espressione della mutata composizione politica di ogni nuova Commissione, al fine di riconoscere l’importanza della legittimità politica e della leadership politica. L’esame risponde in larga misura alle priorità del Parlamento europeo, espresse in varie relazioni adottate quest’anno. Mi auguro che accorderete la vostra piena approvazione a questo pacchetto, compresa la sua realizzazione pratica.
Che cosa figura quindi nel programma di lavoro per il 2007? Permettetemi di evidenziare alcuni elementi essenziali, che considero molto delicati sotto il profilo politico.
Innanzi tutto, l’energia. Sulla base del nostro Libro verde e delle misure a favore di una maggiore efficienza energetica, adottati all’inizio di quest’anno, presenteremo il primo esame strategico dell’energia per l’Europa. Il documento comprenderà gli elementi fondamentali per una politica integrata dell’Unione europea in materia di energia, per esempio misure volte a completare il mercato interno dell’elettricità e del gas, accelerare l’adozione di nuove tecnologie a basse emissioni di carbonio, diversificare e garantire la sicurezza delle forniture sia all’interno che all’esterno dell’Europa. L’obiettivo è una politica energetica comune europea, che garantisca la sicurezza dell’approvvigionamento e al tempo stesso sostenga la competitività dell’Europa e salvaguardi i nostri obiettivi ambientali.
Strettamente legata a questa iniziativa – in realtà potrei dire che sono due parti dello stesso programma – vi sarà l’azione sul cambiamento climatico. Presenteremo proposte per una politica dell’Unione europea sul cambiamento climatico e prospettive per la cooperazione internazionale post-Kyoto. Una revisione del regime di scambi di emissioni dell’Unione europea offrirà maggiore stabilità per gli investimenti e darà nuovo impulso alla riduzione dei gas a effetto serra.
Il calo demografico in Europa richiede maggiori sforzi volti ad attrarre migranti economici, soprattutto qualificati. Un regime europeo per l’immigrazione dei lavoratori conferirà ai migranti uno status giuridico sicuro, chiarendo i loro obblighi e i loro diritti. Per ridurre l’immigrazione clandestina e lo sfruttamento dei lavoratori, tale regime sarà accompagnato da un inasprimento delle sanzioni per i datori di lavoro privi di scrupoli, che sfruttano i cittadini di paesi terzi entrati clandestinamente in Europa.
La politica pubblica europea può avere un impatto reale sul modo in cui le persone vivono la loro vita. Per essere efficace, essa deve rispondere adeguatamente alle esigenze della società moderna. La Commissione svolgerà una valutazione fondamentale della società europea, che servirà da base per la definizione delle politiche europee nel prossimo decennio. Come ho detto più volte, l’Europa non è solo un mercato. Un’Europa senza l’idea di solidarietà non è una vera Unione europea.
(Applausi)
La nostra attività principale, in termini di competenze conferiteci dai Trattati, non sarà trascurata. La Commissione continuerà a difendere, ampliare e modernizzare il mercato unico. Un obiettivo essenziale per il 2007 sarà la difesa dei settori e dei mercati, da troppo tempo frammentati. Nelle prossime settimane presenteremo anche la linea da seguire per quanto riguarda i servizi di interesse economico generale.
Infine, un settore che preoccupa tutti i nostri cittadini è quello della sicurezza. La Commissione proporrà nuove misure volte a combattere il terrorismo, prestando particolare attenzione alla lotta contro la propaganda terroristica e la condivisione di conoscenze – per esempio sugli esplosivi – a fini terroristici.
Il 2007 segnerà una svolta anche nella nostra ricerca di una soluzione istituzionale. La dichiarazione di Berlino, che celebrerà il cinquantesimo anniversario del Trattato di Roma, permetterà ai leader europei di rinnovare il loro impegno a favore di un’Europa allargata, globale e competitiva, in cui la solidarietà sia un principio centrale. A mio parere, dovrà essere una dichiarazione politica breve e concisa, che affermi che cosa ci unisce e – soprattutto – chiarisca dove intendiamo andare e come vogliamo che l’Europa sia nei prossimi 50 anni. A seguito della mia proposta iniziale, sono lieto che tutto proceda ora nella direzione di una dichiarazione comune, una dichiarazione degli Stati membri, della Commissione europea e del Parlamento europeo, per dimostrare che l’impegno a favore dell’Unione europea è oggi un impegno comune delle principali Istituzioni politiche dell’Unione.
Sono lieto che la ricerca di una soluzione istituzionale costituisca una priorità anche per la Presidenza tedesca. Sono convinto che esistano i presupposti per compiere un importante passo avanti. Ciò è essenziale, perché l’Europa ha bisogno di una soluzione istituzionale. I costi derivanti dalla mancanza di un Trattato costituzionale sono davvero seri. Abbiamo bisogno del Trattato costituzionale, perché, nell’Unione europea, dobbiamo essere più efficaci nel processo decisionale, più coerenti nell’azione esterna e più trasparenti e democratici nei nostri metodi di lavoro. Siatene certi: la Commissione sarà un soggetto attivo nella ricerca delle soluzioni in questo ambito.
Quando questa Commissione è entrata in carica, vi erano questioni in sospeso da trattare e da rivedere. Con l’aiuto del Parlamento e del Consiglio, tali questioni sono state affrontate, abbandonate o rielaborate: abbiamo ora le prospettive finanziarie e il Patto di stabilità e di crescita rivisto. Per la verità, mi auguro che domani potremo dire di avere la direttiva sui servizi rivista, ora in attesa del voto del Parlamento. Tutto questo dimostra che stiamo risolvendo alcuni problemi e proposte di pianificazione.
E’ stato un lavoro faticoso, ma sta già dando frutti. Il programma di lavoro per il 2007 si fonda su queste nuove basi.
Possiamo quindi concludere i lavori relativi alle decisioni che erano già in cantiere, ma anche lanciare nuovi e importanti progetti per l’Europa, come la politica energetica. Per la prima volta, abbiamo la possibilità di adottare una vera strategia comune in materia di energia, essere più ambiziosi nella lotta contro il cambiamento climatico, esaminare l’intero settore della giustizia e la lotta all’immigrazione clandestina. Questa è una nuova frontiera per l’Europa e dobbiamo adottare una strategia europea. L’Europa è quindi in movimento. Vi sono problemi. Li conosciamo, ma esistono grandi possibilità e, oggi più che mai, emerge la necessità di un’Europa forte.
Il prossimo anno, quando festeggeremo il cinquantenario dell’Europa, potremo farlo con molta più fiducia. Come sempre, sono convinto che l’Europa sarà in grado di dimostrare la sua importanza, reinventandosi per il XXI secolo.
Per dimostrare il nostro impegno a conseguire risultati concreti e a lavorare sodo per un’Unione europea più forte, questo può essere un regalo di compleanno appropriato per il cinquantesimo anniversario dell’Europa, un regalo di compleanno per l’Europa e per tutti i suoi cittadini.
(Applausi)
– Orientamenti politici generali
Françoise Grossetête, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signor Presidente, signori Commissari, vorrei innanzi tutto congratularmi con la Commissione europea, per aver presentato un programma molto più politico che, per la prima volta, comprende anche la semplificazione e propone un numero limitato di settori prioritari nel suo programma legislativo e di lavoro per il 2007. Ciò sarà utile in un anno che si annuncia determinante per l’Unione europea, durante il quale festeggeremo il cinquantesimo anniversario del Trattato di Roma. Sarà infatti necessario infondere nuova vita nell’integrazione europea, rinnovando il legame con i nostri concittadini.
In realtà, presentate una serie di 21 iniziative strategiche – forse un po’ troppe per alcuni – che saranno al centro delle attività della Commissione nel 2007, nonché una serie di iniziative prioritarie che dovranno essere adottate nel corso dei prossimi 12-18 mesi.
Questa legittima esigenza di flessibilità sembra comportare, almeno per il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, due possibili inconvenienti. Da un lato, la definizione parallela di due elenchi di priorità crea inevitabilmente una certa confusione riguardo alla gerarchia dei tipi di obiettivi e ai legami esistenti tra le due categorie. Dall’altro, la programmazione su 18 mesi rischia di rallentare i lavori della Commissione. Il nostro gruppo ritiene quindi che sarebbe più opportuno mantenere una struttura annuale di 12 mesi e soprattutto imporci di rispettare le scadenze, il che al momento non sempre avviene.
Occorre anche rimanere vigili, in quanto diversi obiettivi ambiziosi annunciati dalla Commissione europea devono tenere conto delle disposizioni finanziarie in vigore. Dobbiamo smettere di creare continuamente strutture inutili. Penso, per esempio, alla creazione di nuove agenzie per risolvere l’uno o l’altro problema. Alla fine si ha l’impressione che, quando non si riesce a trovare soluzione a un problema, si decide di creare un’agenzia. Nondimeno, alcune agenzie continuano a dimostrare la loro efficacia, come nel caso dell’Agenzia europea per i medicinali.
Tuttavia, prima di creare altre strutture, facciamo innanzi tutto un bilancio di quelle esistenti, altrimenti prima o poi rischierete di proporci l’istituzione di una nuova agenzia che si occupi di ripartire le competenze e di controllare le agenzie in ogni Stato membro. Dobbiamo veramente avere 27 agenzie, perché abbiamo 27 Stati membri? I costi devono rimanere ragionevoli e permettere di ottenere ciò che i nostri amici anglosassoni chiamano un soddisfacente value for money, cioè un buon rapporto costi-benefici.
Il programma di lavoro della Commissione pone anche l’accento sull’importanza delle valutazioni d’impatto e ribadisce l’intenzione della Commissione di creare un nuovo organismo responsabile di sostenerne e controllarne la qualità. Il Parlamento rimarrà vigile su tali valutazioni d’impatto e insiste sulla necessità di garantire l’obiettività, in modo che siano svolte nella massima trasparenza.
Per migliorare la competitività europea, dobbiamo assicurare lo snellimento di tutte le forme di burocrazia e l’abrogazione della legislazione superflua. In questo ambito, è importante coinvolgere di più il Parlamento europeo e migliorare la valutazione ex post delle misure adottate.
Per questo motivo, signor Presidente, il nostro gruppo ritiene che occorra ridurre il numero di iniziative strategiche, onde evitare il pericolo che siano troppe. Si rischia infatti di allontanarsi da un programma di lavoro concreto, il che potrebbe danneggiare l’Unione europea.
Il nostro gruppo si compiace nondimeno dei sei settori prioritari individuati dalla Commissione per il 2007. Non intendo enumerare tali settori prioritari, ma vorrei insistere su alcuni punti, tra cui la questione dell’energia. La crescente dipendenza dell’Unione europea in campo energetico è un fattore di cui occorre ormai tenere conto, e ciò è tanto più vero dopo il black-out verificatosi la scorsa settimana. L’Unione dovrà cercare altri sistemi per ridurre gli effetti negativi legati alla dipendenza energetica. Il nostro gruppo ritiene che l’efficienza energetica, il maggiore impiego di fonti di energia rinnovabili e un dialogo strutturato con i paesi produttori e consumatori permetteranno di conseguire questo obiettivo.
Alcuni studi indicano che l’Unione europea potrebbe creare un milione di posti di lavoro diretti e indiretti nel settore dell’efficienza energetica. Quindi, la ricerca di una maggiore efficienza non solo permetterà all’economia dell’Unione europea di risparmiare somme considerevoli, ma potrebbe anche contribuire in modo significativo alla competitività e all’occupazione, che sono i principali obiettivi dell’agenda di Lisbona.
Chiediamo altresì alla Commissione di continuare a svolgere un ruolo guida nella lotta contro il riscaldamento globale, che ha conseguenze non solo sul piano strettamente ambientale, ma anche sul piano economico e sociale. L’Unione europea dovrà esercitare tutta la sua influenza per imporre l’impiego di prodotti migliori sotto il profilo ecologico.
Il 2007 sarà inoltre l’anno di un’importante nuova tappa nel processo storico di allargamento dell’Unione europea, in quanto vedrà l’adesione dei nostri amici bulgari e rumeni e lei stesso, signor Presidente, ci ha appena detto che l’allargamento dell’Unione è il più importante strumento di pace degli ultimi 50 anni.
E’ quindi evidente che questi settori prioritari rappresentano sfide da raccogliere, ma occorre anche comunicare di più con l’insieme dei cittadini europei. Il nostro gruppo accoglie con favore l’iniziativa della Commissione di inserire la comunicazione tra i suoi obiettivi strategici.
Per concludere, signor Presidente, le dirò che, essendo giunti a metà mandato, abbiamo quasi voglia di dire: smettiamo di parlare di programmi, i nostri concittadini detestano le sequele di promesse. La parola d’ordine è azione, più azione, sempre più azione. Signor Presidente, siamo pronti a sostenerla lungo questo percorso.
Martin Schulz, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, se leggete attentamente il programma della Commissione per il 2007, come ho fatto io, di fatto direte, con una certa soddisfazione, che è un buon programma. Se si trasformerà in realtà, potremo essere soddisfatti, fieri e contenti.
Nondimeno, leggendolo, si ha l’impressione di conoscerlo già, di averlo già letto. Dove l’ho letto, mi sono chiesto, così ho dato un’occhiata al mio archivio e ho tirato fuori il programma legislativo e di lavoro per il 2006. Ah, lo sapevo: lo avevo davvero già letto!
Sono poi giunto alla conclusione che ciò non interviene a sfavore del programma per il 2007. Al contrario, è una prova di continuità nelle idee che la Commissione ci presenta oggi, e non vi è niente di male; non è un aspetto negativo, perché gli obiettivi descritti nel programma di lavoro sono validi. E’ chiaro che il cambiamento climatico sarà la sfida principale ed è indubbio che la politica energetica dovrà essere al centro dell’attenzione il prossimo anno.
Poiché sono presenti in Aula tutti coloro che detengono il potere sotto di lei, signor Presidente della Commissione, mi permetta di dire loro, parlando da padre, che la sicurezza dei giocattoli per bambini è veramente importante, di vitale importanza. Eliminare le tariffe di roaming sarà una cosa formidabile; poiché uso molto il telefono, potete contare sul mio pieno sostegno. Ridurre la burocrazia è indispensabile per rendere più efficiente l’Unione. Tutti questi elementi sono importanti e potrei rivolgermi a uno qualsiasi dei suoi Commissari e dirgli: “il suo portafoglio è il più importante di tutti!”.
Nondimeno, mi chiedo perché, pur facendo tutte queste cose valide, giuste e importanti, non riusciamo a raggiungere le persone. Perché, nonostante tutto, le persone non sono entusiaste del progetto europeo? Penso di avere una spiegazione. Da tantissimi anni, i sostenitori radicali del libero mercato, non ultimo in seno alla Commissione, ci dicono che è sufficiente deregolamentare, farla finita con le norme e i regolamenti e lasciare al mercato il compito di risolvere tutto. Ci dicono che il mercato interno creerà il dinamismo economico necessario per creare posti di lavoro e garantire retribuzioni adeguate, che permettano alle persone di vivere in sicurezza, ma la realtà è diversa! Sì, avanti, applaudite!
Siete stati voi radicali del libero mercato a far sì che, con la deregolamentazione del mercato interno europeo, si raggiungesse il tasso di disoccupazione più alto che l’Europa abbia mai conosciuto. Questa è la realtà in cui si è trasformato il mercato interno.
(Applausi)
Per questo motivo, signor Presidente della Commissione, in questa discussione lei ha detto una cosa importante, per la prima volta da tanto tempo, una cosa forse più importante dell’intero programma di lavoro, e la dichiarazione importante che ha fatto è che senza solidarietà, senza responsabilità sociale, il mercato interno non si realizzerà. Se questa è la linea adottata dalla Commissione, se questo è lo spirito del suo programma di lavoro, avrete il nostro sostegno.
Con il suo applauso spontaneo, l’onorevole Poettering dimostra di essere cristiano e sociale, e penso che la sua dichiarazione, signor Presidente, sia una delle più importanti che lei abbia fatto in Aula da molto tempo. Quello che ci ha presentato oggi è quindi un buon approccio.
(Interruzione: “CDU, non CSU!”)
Parlando di questo programma di lavoro strategico, forse posso dire un’altra cosa al Presidente della Commissione sulla sua nuova Commissione, perché la Commissione presente in Aula è già vecchia, e sarà integrata da due nuovi Commissari. Ho letto, signor Presidente della Commissione, che intende affidare al candidato rumeno la funzione di Commissario per il multilinguismo. Sono certo che, durante l’audizione, scoprirò qualcosa di più su ciò che intende, ma devo dire che l’incarico mi sembra privo di sostanza. Il portafoglio del multilinguismo non è degno del signor Orban, né richiede l’impegno che si dovrebbe esigere da un Commissario, e quindi non capisco perché gli sia assegnato un portafoglio così inconsistente.
Suppongo che rifletta l’intenzione di vigilare sulla diversità dell’Europa, salvaguardare e sostenere il carattere multilinguistico dell’Unione europea, e riteniamo che sia assolutamente giusto farlo, ma perché non creare un portafoglio adeguato a tal fine?
Una questione di cui l’Assemblea ha dovuto discutere più volte nelle ultime sedute plenarie è quella delle minacce che le minoranze subiscono nell’Unione europea, tra cui un crescente potenziale estremistico: estremismo di destra, xenofobia e antisemitismo. Le minoranze, anche nell’Unione europea, sono sempre più spesso vittime di minacce e aggressioni e hanno un bisogno crescente di protezione. Le minoranze e, per esempio, le loro lingue, sono un segno precipuo della diversità che rende forte l’Europa.
Ho quindi una raccomandazione da farle: rifletta sulla possibilità di ampliare questo portafoglio e di includervi non solo il multilinguismo, ma anche la protezione delle minoranze in generale. Ciò renderebbe molto più chiaro lo scopo che intende perseguire e lei potrebbe quindi ottenere – o almeno così immagino – un sostegno ancora maggiore per la sua proposta in seno al Parlamento.
In generale, avrei gradito che la Presidenza del Consiglio fosse stata in Aula e avesse preso atto del programma strategico di lavoro della Commissione, perché moltissime cose che il Presidente della Commissione ci ha presentato assieme ai suoi Commissari possono essere realizzate soltanto se gli uomini e le donne dei singoli governi dell’Unione, rappresentati in seno al Consiglio, attueranno ciò che la Commissione propone e noi approviamo. L’assenza del Consiglio in questa discussione è sintomatica dell’atteggiamento dei governi nei confronti dell’Unione europea.
(Applausi)
Silvana Koch-Mehrin, a nome del gruppo ALDE. – (DE) Signor Presidente, signori Commissari, la settimana scorsa i ricercatori che studiano il tempo hanno scoperto che la seconda metà della vita passa molto più velocemente della prima. Ciò che è vero per la vita è vero anche per le legislature e quindi, poiché non le rimane molto tempo, la sua Commissione dovrà essere ancora più ambiziosa nel modo in cui affronta il suo lavoro. Ciò significa che il programma di lavoro avrebbe dovuto preannunciare lo sprint finale, mirare in alto e promettere rapidità. Ma lo si può dire di questo documento? I liberali e democratici ritengono di no, perché non annuncia niente del genere.
Permettetemi tuttavia di cominciare esaminando gli elementi positivi che abbiamo trovato nel programma, per esempio l’accento posto sulla riduzione della burocrazia, sulla valutazione dei costi comportati dalla legislazione, sulla semplificazione, in altre parole sulla necessità di legiferare meglio, e di sicuro meno. E’ un ottimo obiettivo e al riguardo potete contare sul nostro pieno sostegno. A coloro che temono che l’Unione si stia trasformando in un’economia di mercato neoliberale, totalmente deregolamentata, vorrei dire che – e dicendolo darò risalto anche all’applauso spontaneo dell’onorevole Poettering per un’affermazione dell’onorevole Schulz, quale esempio di ciò che la grande coalizione rappresenta – chi pensa che l’Unione sia un’economia di mercato neoliberale probabilmente pensa anche che Cuba sia una democrazia.
Passo ora alla mia seconda osservazione: avete dato priorità alla comunicazione con il pubblico e anche questo è un obiettivo che consideriamo valido. Lo accogliamo con favore, perché, se perde le sue basi e non riesce a costruire un’Europa dei cittadini, l’Unione non conseguirà alcun risultato che meriti menzionare. L’Unione ha bisogno dei cittadini come interlocutori permanenti. I cittadini sono la base su cui si fonda un’Unione europea comune.
Per quanto riguarda la struttura del documento – e l’onorevole Schulz dovrebbe leggerlo con maggiore attenzione – esiste una differenza sostanziale rispetto a quella dell’anno scorso, in quanto il testo e l’allegato sono chiaramente legati, mentre l’anno scorso non lo erano e abbiamo espresso critiche al riguardo. Vi abbiamo esortati a chiarire il collegamento tra i due testi e siete riusciti a farlo, e per questo vi ringraziamo. Il documento specifica persino la base giuridica per ogni iniziativa legislativa, e anche questa è una grande differenza; fornite inoltre spiegazioni per le iniziative, il che rende l’intera situazione molto più gestibile. Perché, tuttavia, gli atti giuridici esistenti, cui si darà seguito nel 2007, non figurano assieme alle nuove iniziative? Perché nella struttura non è ancora più chiaro che cosa sia legato alla legislazione e che cosa non lo sia? Perché, in sostanza, cambiate il quadro?
Permettetemi di aggiungere un’osservazione sul tema del multilinguismo. Presidente Barroso, ho sentito ventilare in Aula l’ipotesi che questo sia stato un suo modo sottile di segnalare che forse i Commissari sono troppi e che questo portafoglio sia inteso a fornire, per così dire, una dimostrazione simbolica.
Nel corso della discussione, i miei colleghi esamineranno i vari settori strategici, tra cui l’energia, il cambiamento climatico e la politica giuridica, ma vorrei cogliere l’occasione per spiegare l’impatto generale che il suo programma ha avuto sul nostro gruppo. Siamo convinti che il nostro ruolo sia quello di accompagnarvi nel vostro lavoro in uno spirito di critica costruttiva, il che naturalmente significa cooperare con voi, ma ponendo l’accento sulla critica costruttiva.
Questo programma ci sembra un puzzle con tantissimi pezzi, che in realtà non si possono mettere insieme per ricostruire il quadro completo. Non troviamo orientamenti politici precisi, né risposte, né tentativi di rispondere alle grandi questioni dell’Unione, cioè l’allargamento e il Trattato costituzionale. Non riusciamo a capire perché l’intero documento non contenga una parola sugli aiuti umanitari e sull’assistenza allo sviluppo, settori in cui l’Unione è il maggiore soggetto attivo a livello mondiale. Perché non sono menzionati? Anche se la sua Commissione non ha realizzato molto – per dirlo in modo educato – per quanto riguarda il completamento del mercato interno, continuate a seguire lo stesso percorso e non riusciamo a individuare alcun elemento di un approccio olistico e completo.
Anche l’innovazione – fondamentale per l’Europa e al centro della strategia di Lisbona – è menzionata quasi di sfuggita, in termini di Istituto europeo di tecnologia e di settimo programma quadro per la ricerca. A nostro parere, l’innovazione ha soprattutto bisogno di libertà e di condizioni favorevoli, non di istituzioni e nuove misure di sostegno, che tendono a portarci nella direzione sbagliata.
Il programma di quest’anno di fatto non ha un titolo. Perché? Si ha l’impressione che i pezzi del puzzle non siano solo difficili da mettere insieme, ma ne manchino addirittura alcuni.
Pierre Jonckheer, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, signor Presidente della Commissione, signori Commissari, elaborando queste poche righe sul vostro programma di lavoro, intendevo richiamare l’attenzione, nel breve tempo che mi è concesso, sul motto che figura nel progetto di Trattato costituzionale, l’Europa “unita nella diversità”, in quanto penso che, nell’attuale contesto politico internazionale ed europeo, vi sia più bisogno di unità che di diversità nell’Unione europea. Ci occorre unità e spetta soprattutto alla Commissione esserne l’alfiere, il portabandiera. Ritengo anche che, alla luce dell’attuale debolezza del Consiglio, dovuta alle sue divisioni − penso per esempio al fallimento della direttiva sull’orario di lavoro – non ci si attenda che la Commissione anticipi le divisioni del Consiglio, ma che sia energica nelle proposte che presenterà.
Se non si conseguono gli obiettivi e se non si rispettano gli obblighi assunti in termini di risultati, non si devono abbassare le mire o ridurre gli obiettivi. Al contrario, si devono chiedere più risorse e, in queste condizioni, ritengo che avrete il sostegno del Parlamento. In diversi campi che riguardano le priorità strategiche che condividiamo, vorrei citare l’esempio specifico delle tematiche sulle quali il mio gruppo probabilmente ha lavorato di più negli ultimi due anni e mezzo, cioè il clima, l’energia e i trasporti. Abbiamo trasmesso ai suoi servizi e ai servizi dei suoi colleghi uno scenario per la politica energetica che ci permetterebbe di raggiungere un tasso di emissioni di CO2 e di gas a effetto serra del 30 per cento entro il 2020.
Presidente Barroso, l’Unione europea deve rispettare i suoi impegni nel quadro del Protocollo di Kyoto, ma al momento non lo fa. Reputiamo quindi necessario introdurre disposizioni restrittive, analoghe a quelle che conosciamo nel contesto della disciplina di bilancio. Con questo intendo che l’Unione europea non deve solo assumersi obblighi in termini di risultati, ma anche dotarsi di risorse sufficienti. Questo è il motivo per cui riteniamo che il sistema di scambio di emissioni debba essere migliorato e coordinato dalla Commissione e debba prevedere la possibilità di infliggere sanzioni agli Stati membri che non rispettano i propri obiettivi.
Per quanto riguarda le energie rinnovabili, riteniamo che la Commissione debba proporre obiettivi settoriali, non solo obiettivi generali. In materia di efficienza energetica, attendiamo che la Commissione proponga una revisione della direttiva “Edifici”, al fine di includervi tutti gli edifici. Come ha rilevato l’onorevole Grossetête, e come lei ben sa, anche il settore dell’edilizia crea attività economica.
In altre parole, nel settore del clima, dell’energia e dei trasporti, dobbiamo ridurre le emissioni di gas, ridurre la dipendenza dalle importazioni di energia e ridurre i rischi. E’ a causa di questa preoccupazione che continuiamo a opporci all’energia nucleare. Infine, a Nairobi, dovremo preparare seriamente “Kyoto 2”.
Vorrei menzionare un altro esempio in cui l’unità europea deve essere manifesta: la necessità imperativa di introdurre norme sociali minime comuni a livello europeo. Non possiamo rinunciare a questo impegno. Questo è il motivo per cui chiediamo alla Commissione di proporre una direttiva quadro sui servizi di interesse generale.
Gabriele Zimmer, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, anche se non dubito che lo staff della Commissione, nell’elaborare il programma di lavoro per il 2007, abbia espletato il proprio compito con grande scrupolosità e precisione, devo dire che a mio parere le attività prioritarie da svolgere e le tendenze evidenziate nel documento non sono all’altezza delle esigenze di oggi.
Si tratta di settori problematici, che rientrano nelle responsabilità dell’Unione, ma vanno ben oltre i suoi limiti. Penso a priorità quali la povertà, l’esclusione sociale, le crescenti disparità e divisioni nella società, ma anche alla commercializzazione della vita sociale e alla distruzione della natura e della cultura, a questioni quali la perdita di democrazia, la repressione, la guerra, la militarizzazione o, più in generale, il modo in cui si affrontano i problemi globali e l’impegno a conseguire gli Obiettivi di sviluppo del Millennio, un tema che dovrebbe starci particolarmente a cuore, dal momento che le Nazioni Unite hanno di nuovo constatato che il numero di persone che soffrono la fame continua ad aumentare.
Il fatto è che questi problemi e conflitti non sono al centro del programma di lavoro, né la Commissione sta concentrando i suoi sforzi su di essi. Nonostante gli elementi positivi contenuti nel programma di lavoro, che senza dubbio approviamo, ritengo che la sua realizzazione aggraverà la situazione, perché la Commissione continua a concentrare i suoi sforzi sull’attuazione della strategia di Lisbona, il cui obiettivo è la competitività, e a mio parere ciò può solo acuire i problemi sociali ed economici globali.
La questione dei modelli sociali, di cui abbiamo discusso a lungo in seno al Parlamento, non trova spazio nel programma. In definitiva, nel lavoro della Commissione questo aspetto si riduce alla questione della maggiore flessibilità e, Presidente Barroso, devo dirle che, a mio parere, una visione così limitata non permetterà di trasformare la dimensione sociale dell’Unione europea da lei annunciata in realtà.
Vorrei affrontare un secondo settore prioritario. Nel programma si afferma che la vita economica richiede più mercato interno, anziché più regolamentazione, e il programma dà priorità alla creazione e allo sviluppo di un mercato interno europeo della difesa. Forse posso avere l’ardire di chiedere che mi si indichi almeno una lacuna nell’Unione europea che potrebbe essere colmata da questo mercato interno europeo della difesa, creato e introdotto dalla porta sul retro, e anche chi di fatto abbia autorizzato la Commissione a crearne uno.
In fondo, è stato proprio un motivo del genere a far fallire e respingere il progetto di Costituzione. Lo considero irresponsabile, e ritengo che siano necessari adeguamenti urgenti, se si vuole veramente sviluppare una politica nell’Unione europea, anziché limitarsi a proclamare slogan. Tali adeguamenti devono far sì che le persone riescano di nuovo a identificarsi fortemente con l’Unione europea.
Le generiche dichiarazioni sui timori dei cittadini per lo smantellamento dei servizi sociali sono inutili: dobbiamo intervenire attivamente per contrastare questa tendenza. Le persone hanno bisogno di progetti e di iniziative reali, e dobbiamo quindi affrontare le questioni reali. Esistono alternative, e a mio parere si possono riassumere in tre progetti: rendere l’Unione democratica, renderla sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale e trasformarla in una forza di pace, che tenti di risolvere i problemi globali in modo democratico e solidale.
Brian Crowley, a nome del gruppo UEN. – (EN) Signor Presidente, vorrei porgere il benvenuto in Aula al Presidente Barroso e ai membri della Commissione.
Due punti mi hanno immediatamente colpito negli interventi e nelle osservazioni che ho ascoltato. Innanzi tutto, da quando è diventato un peccato essere radicali? Quando è stato deciso che non dobbiamo tentare di creare qualcosa di nuovo e diverso, né, se vediamo errori, tentare di correggerli? In particolare, poiché viviamo in un mondo in rapido mutamento, prodotto dall’innovazione e dalla tecnologia, per essere sicuri di poter difendere nel miglior modo possibile gli interessi di tutti i cittadini europei, è necessaria una risposta più rapida da parte dell’Unione europea.
In secondo luogo, è ovvio che alcune questioni, sulle quali si deve ancora trovare l’accordo, saranno rinviate da un anno all’altro. Lo abbiamo già visto con la direttiva sui servizi negli ultimi sei anni, e anche ora siamo solo alla seconda lettura. Dovremo affrontare molte altre questioni analoghe.
Tuttavia, vorrei fare tre osservazioni. In primo luogo, per quanto riguarda l’agenda di Lisbona, vi sono ancora troppe carenze in termini di introduzione del quadro legislativo necessario per tradurre Lisbona in realtà. Parliamo continuamente di innovazione, ricerca e sviluppo, ma mancano ancora misure legislative concrete volte a proteggere disegni, modelli, brevetti e diritti d’autore e a permettere investimenti finanziari adeguati nelle attività di ricerca e sviluppo.
Ho parlato molte volte in Aula dell’Istituto europeo di tecnologia e del grande progresso e punto di riferimento che rappresenterebbe per l’eccellenza. Questo è l’aspetto positivo della situazione, in altri ambiti invece sembriamo regredire.
La Commissione parla di un sistema fiscale armonizzato, ma ovunque sia stata introdotta, l’armonizzazione fiscale ha ostacolato la concorrenza, la crescita economica e la creazione di posti di lavoro. La concorrenza fiscale all’interno dell’Unione europea ha favorito la crescita e ha avuto effetti positivi e giovevoli. E’ chiaro che si deve garantire la parità di condizioni per quanto riguarda gli aiuti di Stato e questioni analoghe, e questo aspetto è presente. E’ giusto riportare gli Stati membri sotto controllo quando si spingono oltre l’ammissibile in termini di sostegno alle industrie o di sostegno all’occupazione. Tuttavia, la fiscalità è una questione di interesse puramente nazionale. Richiede ancora l’unanimità, e ritengo sia nostro dovere opporci e affermare che le basi giuridiche dei Trattati non permettono alla Commissione di presentare una proposta di armonizzazione fiscale. Non le permettono di obbligare i paesi ad aumentare le tasse, né di costringerli ad abbassarle.
Infine, la politica estera e di sicurezza comune è uno dei principali successi dell’Unione europea. Prendiamo il Kosovo, l’Africa e altre situazioni nel mondo, in cui l’Unione europea ha risposto positivamente alla necessità di inviare forze di pace e di polizia e di promuovere sviluppi costruttivi sul campo. Dobbiamo continuare ad ampliare ed espandere questo ruolo.
Jens-Peter Bonde, a nome del gruppo IND/DEM. – (DA) Signor Presidente, signor Presidente della Commissione, è un bene che i Commissari non abbiano diritti di voto. Altrimenti, il Parlamento potrebbe presto essere sconfitto ai voti. E’ anche un bene che la Commissione proponga un coordinamento più volontaristico, attraverso le comunicazioni, anziché norme vincolanti, ma temo che la dimensione obbligatoria tutto sommato giungerà dalla Corte di giustizia e dall’applicazione, da parte della Commissione stessa, delle norme che disciplinano la concorrenza e gli aiuti di Stato. Come sappiamo, questo è ciò che la Commissione ha fatto, per esempio, con la sua comunicazione sui diritti musicali. Il Parlamento aveva adottato una posizione che alla Commissione non piaceva. La Commissione ha quindi affrontato le questioni riguardanti l’abuso di monopoli e ha adottato una comunicazione anziché una normativa, che forse sarebbe stato impossibile adottare. Il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali devono esigere la presentazione di tutti i progetti di comunicazioni. In tal modo, potremo rendere noto se vogliamo norme vincolanti o un cocktail di comunicazioni e di sentenze della Corte di giustizia.
Vorrei congratularmi con la Commissione per aver trasmesso agli Stati membri, ogni settimana dal 15 settembre, proposte da sottoporre al parametro di prossimità e necessità. Da quanto mi risulta, i parlamenti non hanno però risposto. Quanto pigri possono essere, in veste di rappresentanti dei cittadini? Lunedì e martedì, i parlamenti nazionali si incontreranno a Helsinki per la riunione della Conferenza delle commissioni per gli affari europei e dovrebbero cogliere l’occasione per mettere ordine nella giungla di atti legislativi adottati a Bruxelles. Propongo che tutte le commissioni competenti e le commissioni per gli affari europei attribuiscano un codice cromatico a ogni singola proposta: nero, se il parlamento nazionale vuole una legislazione europea vincolante; verde, se si vogliono disposizioni minime, con la possibilità di prevedere una migliore protezione, in materia di previdenza sociale, salute, ambiente, ambiente di lavoro, sicurezza, protezione dei consumatori e benessere degli animali; giallo, se si desidera solo un coordinamento volontaristico e non norme vincolanti; rosso, se l’Unione deve rimanere del tutto estranea alla questione. Con questo tipo di codifica, la Commissione potrebbe capire immediatamente e con grande facilità che cosa vogliano i parlamenti. Si potrebbe così ottenere una cooperazione europea dal basso verso l’alto, al posto dell’attuale centralismo.
Frank Vanhecke (NI). – (NL) Signor Presidente, dal programma di lavoro risulta che la Commissione – cito – deve ascoltare i cittadini, al fine di coinvolgerli maggiormente nel processo politico. Come direbbe il cabarettista olandese Wim Sonneveld, nou breekt m’n klomp, “questa le batte tutte”, o qualcosa del genere. Forse posso ricordare alla Commissione che i cittadini europei, ai quali si riferisce, hanno già reso il loro parere abbondantemente chiaro, per esempio sulla cosiddetta Costituzione europea, e attraverso un referendum hanno respinto il progetto nei Paesi Bassi e in Francia; nonostante tutto, la Commissione ha ribadito solo poche settimane fa che lo spirito di questa Costituzione – a prescindere da ciò che pensano i cittadini – in ogni caso rimarrà inalterato. Ascoltate ciò che ho da dire sul coinvolgimento dei cittadini, ma, qualsiasi cosa facciate, non giudicatemi dalle mie azioni.
Incidentalmente, nel documento non si fa alcun riferimento alla petizione di un milione di cittadini europei sul circo itinerante che assorbe milioni di euro, cioè il Parlamento europeo. So che, in senso stretto, il rimprovero andrebbe mosso al Consiglio, ma la Commissione – che interferisce comunque in Dio solo sa cosa e il cui bilancio è inoltre stroncato ogni anno dalla Corte dei conti – avrebbe potuto trasmettere un segnale sul fatto che i cittadini europei ne hanno piene le scatole dello sperpero di denaro e dei privilegi di cui godono gli eurocrati. Non dobbiamo più stare zitti al riguardo.
Poi si deve tenere conto dell’opinione pubblica. E’ innegabile che i cittadini europei respingano in massa i negoziati di adesione con la Turchia – che non è un paese europeo – eppure i negoziati proseguono, e di sicuro continueranno anche dopo dicembre. Ciò dimostra, di fatto, che la cosiddetta “conclusione aperta” dei negoziati è una vera e propria fandonia e l’eurocrazia, compresa la Commissione, ha deciso molto tempo fa che l’adesione turca dovrà essere ingoiata a ogni costo da questi cittadini europei cui si è prestato così tanto ascolto, o così si dice.
Vorrei concludere con un’ultima osservazione su una questione importante, cioè la cosiddetta migrazione economica e l’idea che si debbano attrarre nuovi immigrati, i quali, se dipendesse dalla Commissione, di sicuro non sarebbero solo un gruppetto di persone altamente qualificate. Questo parere è appena stato confermato dal Presidente della Commissione. L’assurdità dell’idea che l’immigrazione massiccia di cittadini extraeuropei sia economicamente vantaggiosa per alleviare gli effetti della situazione demografica in Europa è già stata dimostrata.
L’immigrazione di cui abbiamo esperienza diretta è un’immigrazione di persone che non sanno leggere o scrivere, associata a religioni e culture che non si possono assimilare. In tutta franchezza, stiamo importando sempre più disoccupazione, sempre più sradicamento, assieme agli effetti che tutto ciò produce, cioè criminalità, aree degradate e apartheid. Anche questo comporta costi economici enormi.
Per questi motivi, e per molti altri, concludo che possiamo solo disapprovare questo programma di lavoro pieno di banalità e buone intenzioni irrealizzabili, in cui le maggiori preoccupazioni dei cittadini europei sono totalmente ignorate.
Manuel Barroso, Presidente della Commissione. – (FR) Signor Presidente, ringrazio innanzi tutto gli onorevoli deputati per le loro osservazioni. Confermano infatti che si tratta di un programma più politico, come ha riconosciuto l’onorevole Grossetête, che ringrazio per il suo sostegno generale al programma. Il nostro obiettivo è infatti individuare meglio, insieme con le altre Istituzioni, in particolare il Parlamento, le priorità per ciascun anno e inserirle nel contesto dello sforzo globale dell’Europa.
Poiché non posso rispondere a tutte le questioni specifiche, risponderò almeno a quelle che considero particolarmente importanti, a partire dal principio di annualità. Questo principio non è messo in discussione, anzi. Stabiliamo con grande chiarezza le 21 iniziative strategiche per il prossimo anno e ci impegniamo a non ritirare alcuna di esse una volta in corso. Al tempo stesso, tuttavia, offriamo al Parlamento e alle altre Istituzioni la possibilità di prendere conoscenza, nel corso dei prossimi sei mesi, di ciò che intendiamo programmare e di trarre conclusioni in anticipo, se il lavoro è completo.
E’ un buon esempio di combinazione di flessibilità e sicurezza. Sapendo con certezza che cosa può essere attuato nel corso del prossimo anno, si ha una maggiore flessibilità, la quale a sua volta permette al Parlamento di migliorare il suo lavoro di programmazione. Questo è l’obiettivo che perseguiamo, e mi auguro che risponda anche alle esigenze del vostro lavoro.
L’onorevole Schulz ha riconosciuto alcuni elementi presenti in altri programmi. E’ vero, esiste una continuità. Vogliamo mantenere una linea coerente. Il lavoro svolto dalla Commissione e dalle altre Istituzioni europee non può consistere nell’inventare ogni anno la ruota. Un grande pensatore del mio paese diceva che quando si dice la verità, non si può essere sempre originali. E’ un po’ vero. Restiamo fedeli a questi obiettivi. Dobbiamo insistere e dimostrare grande determinazione. La realizzazione di gran parte di essi non dipende solo dalla Commissione e dal Parlamento. Dipende anche dagli Stati membri. Questo è il motivo per cui dobbiamo rimanere coerenti nel tempo, nell’interesse di un’Europa più competitiva, ma anche più solidale e più risoluta sulla scena internazionale. In quest’ottica, esiste effettivamente un elemento di continuità, che si ritrova anche nel motto “unita nella diversità”, ricordato dall’onorevole Jonckheer e da altri deputati.
Per rispondere specificamente all’onorevole Schulz, come ho già detto al signor Orban, la mia idea è che il Commissario designato dalla Romania sia responsabile non solo del multilinguismo, ma anche dell’interculturalismo in Europa, al fine di integrare il lavoro svolto, sotto la mia direzione, dall’Ufficio dei Consiglieri per le politiche europee (BEPA), che organizza riunioni su questo tema. E’ anche ciò che fa il Commissario Figel’ per quanto riguarda l’istruzione e la cultura.
Quando la sua nomina sarà stata confermata dalle Istituzioni, al signor Orban sarà affidata la responsabilità del multilinguismo, un tema molto importante per l’Europa. Non è affatto un portafoglio di “seconda classe”. Se si pensa al numero di lingue utilizzate nell’Unione, e se vogliamo veramente rispettare la diversità dell’Unione, una politica in materia di multilinguismo, ma anche di interculturalismo, è sempre più necessaria. Occorre stabilire un dialogo tra le diverse culture e compiere sforzi per integrare le varie comunità, naturalmente senza trascurare le comunità minoritarie presenti nell’Unione.
Ritengo quindi che il portafoglio che sarà affidato al signor Orban, quando la sua candidatura sarà stata approvata, sia di primaria importanza.
Riguardo alla questione sollevata dall’onorevole Koch-Mehrin, accetto soprattutto il punto sul quale il nostro accordo è maggiore, cioè la necessità di ridurre la burocrazia e aumentare l’efficacia. Non si tratta solo di una dichiarazione d’intenti. Alla riunione del Collegio svoltasi proprio oggi, la Commissione ha approvato una riduzione degli obblighi statistici a carico delle piccole e medie imprese europee. Anziché chiedere loro di presentare tutti i documenti previsti a fini statistici, chiederemo informazioni a campione e ci limiteremo a richiedere solo una parte delle informazioni disponibili. Ritengo sia una misura concreta per alleggerire gli oneri amministrativi a carico delle nostre aziende, in particolare le piccole e medie imprese.
Esamineremo con cura le proposte in materia di lotta al cambiamento climatico presentate dal gruppo Verde/Alleanza libera europea, per voce dell’onorevole Jonckheer. Siate certi che teniamo molto a conservare la nostra posizione di leader mondiali in questo campo e, in seno alla Commissione europea, ci siamo impegnati, in particolare, a rafforzare il sistema di scambio di quote di emissioni, dare maggiore importanza alle fonti di energia rinnovabili e sforzarci di conseguire migliori livelli di efficienza energetica. Forse vi saranno alcune differenze in termini di obiettivi concreti, ma ritengo che esista una convergenza di vedute tra le nostre Istituzioni sul senso delle azioni da adottare e sull’ambizione che le ispira.
Per quanto riguarda la questione del cambiamento climatico, vorrei dire che a nostro parere essa è strettamente legata a quella dell’energia. In questo contesto, vediamo i solidi contorni di un possibile accomodamento tra le preoccupazioni di coloro che, come voi, nutrono maggiori ambizioni sul piano ambientale e quelle di coloro che hanno maggiori ambizioni sul piano della competitività. Le due cose non si escludono a vicenda, anzi. Rappresentano opportunità economiche straordinarie per l’Europa di domani.
Analogamente, ritengo vi sia un’opportunità da cogliere sul piano dell’innovazione. Al riguardo, ringrazio, in particolare, l’onorevole Crowley per il sostegno accordato all’Istituto europeo di tecnologia, che a mio avviso sarà il laboratorio del futuro per l’Europa. Il lavoro da svolgere consiste sempre più nella lotta al cambiamento climatico, la lotta per una politica energetica coerente e la lotta per un’Europa più competitiva, un’Europa che tragga la sua forza da un’economia sostenibile e solidale, il che senza dubbio presuppone maggiori investimenti nell’innovazione.
Per concludere, cercherò di rispondere alla questione sollevata dall’onorevole Koch-Mehrin, che si chiedeva quale sia il filo conduttore, che cosa garantisca la coerenza. A prima vista, è difficile vedere il collegamento tra settori totalmente diversi. Tuttavia, il tema comune risiede nell’obiettivo di preparare gli europei all’era della globalizzazione, a non subirla, ma affrontarla, a non vederla come la fine dell’Europa, ma avere anzi il coraggio di affermare i nostri valori e i nostri interessi e contribuendo, con le nostre convinzioni, con i nostri valori democratici, i nostri valori di libertà e di solidarietà, a dare forma a questa globalizzazione e plasmare il futuro del XXI secolo. Qui si trova il filo conduttore che lega i settori dell’energia e del cambiamento climatico al settore della giustizia e degli affari interni, ma anche all’innovazione e all’istruzione. Questo è il nostro programma.
– Crescita – Occupazione– Competitività
Ria Oomen-Ruijten, a nome del gruppo PPE-DE. – (NL) Signor Presidente, anch’io apprezzo molto la dichiarazione politica del Presidente della Commissione Barroso e sono lieta che abbia ora la padronanza dell’olandese. Può comprendere l’olandese. Il Presidente della Commissione capisce l’olandese. Vorrei fare cinque osservazioni sulla sua dichiarazione.
Mi fa piacere che abbia affermato che l’Europa non è solo un mercato. Tuttavia, se lo afferma, deve anche dare seguito alla sua asserzione. Per noi, ciò significa – e inseriremo la richiesta nella risoluzione – che lei deve descrivere le conseguenze del mercato interno per i cittadini europei. Una volta individuate e descritte tali conseguenze, sarà possibile rispondere in modo adeguato.
Vorrei fare una seconda osservazione in via prioritaria. La conciliazione tra lavoro e famiglia, l’inserimento di un maggior numero di persone nel mercato del lavoro, sono priorità anche nel processo di Lisbona. Vogliamo vedere più azioni in questo ambito.
Terzo, attendiamo un Libro verde sul diritto del lavoro. E’ annunciato da molto tempo, ma precisamente quando sarà adottato?
Quarto, il Presidente Barroso ha parlato della necessità di attrarre immigrazione. Quando sento queste affermazioni, mi chiedo come giustificarle ai colleghi in Polonia, o in Bulgaria e Romania, che presto aderiranno all’Unione, dove la libera circolazione dei lavoratori non è ancora nemmeno cominciata. Gradirei una risposta al riguardo.
Quinto, vorrei che il Commissario responsabile degli affari sociali seguisse meglio tutte le questioni in sospeso in sede di Consiglio, cioè il distacco dei lavoratori e la legislazione sull’orario di lavoro, ma anche la mobilità delle pensioni; incidentalmente, so che crea gravi problemi e che si stanno ora introducendo miglioramenti in materia anche a livello di Commissione. Come gruppo parlamentare, saremo lieti di condurre ulteriori discussioni con lei su questi temi.
Hannes Swoboda, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, signor Presidente della Commissione, abbiamo preso atto di quanto ha affermato sulla nuova Commissione, in particolare riguardo al nuovo Commissario, signor Orban, e devo dirle che sono ancora necessari alcuni chiarimenti, non ultimo in consultazione con il Commissario Figel’, per quanto concerne, tra l’altro, la questione di chi sarà responsabile del dialogo tra culture e religioni, anche se va detto che questo tipo di ampliamento in qualche misura va incontro alle aspettative di noi socialdemocratici.
In secondo luogo, sempre sullo stesso tema, naturalmente sentiremo i nuovi Commissari in merito al loro impegno a favore del programma per un’Europa sociale e della solidarietà, cui lei ha fatto riferimento. Proprio perché la Commissione è un organo collegiale, sentiremo tutti i nuovi Commissari per accertare fino a che punto si riconoscano realmente in un’Europa sociale.
In terzo luogo, la crescita e la sicurezza sociale. Signor Presidente della Commissione, lei ha ragione a definire il documento un programma politico e sono stati compiuti passi importanti in questa direzione, ma mi permetta di citare due esempi riguardo ai quali riteniamo necessario compiere progressi. Il settore dell’energia, per esempio – anche se il Commissario Piebalgs non sembra essere in Aula – è un fattore importante in termini di crescita e creazione di posti di lavoro, ma quando un capo di governo chiede come dovremmo gestire un’unica politica energetica europea, quando tutto è orientato verso la liberalizzazione e nient’altro, spetta alla Commissione stabilire un quadro politico per la politica energetica europea.
Per quanto riguarda le reti transeuropee, oggi si è accennato indirettamente al fatto che una volta lei era molto favorevole a ricorrere a misure adottate dai singoli paesi, quale strumento per incoraggiare il coordinamento, ed è proprio questo ruolo di coordinamento che vorrei chiederle di svolgere. Vorrei anche ribadire che consideriamo la solidarietà come l’obiettivo principale dell’Unione europea.
Lena Ek, a nome del gruppo ALDE. – (SV) Signor Presidente, signori Commissari, onorevoli colleghi, intendo dedicare il mio tempo di parola a tre elementi del programma di lavoro della Commissione, cioè la competitività globale, la crescita ecologica e l’energia. Tutte e tre le questioni rappresentano dimensioni cruciali per un’Europa competitiva.
Innanzi tutto, la competitività globale. Il futuro dell’Europa risiede nel porsi all’avanguardia della ricerca e competere sulla base della qualità e delle competenze. Solo così potremo conservare il modello europeo. Per molti anni, il settimo programma quadro sarà quindi il documento più importante per la politica industriale. Mi spiace dire che questo programma di lavoro per certi versi è privo di mordente. E’ positivo e importante impegnarsi nell’esplorazione dello spazio, ma dove sono le ambizioni per l’industria medica? Perché le tecnologie dell’informazione sono menzionate solo nel contesto della criminalità informatica? Se dovessi esprimere un desiderio, chiederei un piano strategico più coesivo, che ci permetta di competere nel XXI secolo.
Secondo punto, l’ambiente e la crescita. Troppo spesso, quando vengono presentati documenti come questo, si ha l’impressione che per qualche motivo l’ambiente e la crescita siano in antagonismo. Sono convinta che non sia vero, e a mio parere ciò è dimostrato dal lavoro relativo a REACH. Nei prossimi decenni, il mondo sarà costretto a prendere provvedimenti sulla questione del clima. Saranno necessarie nuove tecnologie per il risparmio energetico, nuove tecnologie per alimentare i veicoli, eccetera. Vi sarà un enorme mercato per le tecnologie rispettose dell’ambiente e per i prodotti a efficienza energetica. E’ a questo mercato che devono mirare le imprese europee. Mi auguro quindi che, il prossimo anno, la Commissione possa dedicare più energie allo sviluppo di una crescita trainata dall’ambiente.
Terzo punto, l’energia. La competitività dell’Europa reggerà o crollerà a seconda se potrà contare o meno su un approvvigionamento energetico sicuro ed economicamente sostenibile.
E’ più facile lottare per i propri principi che dimostrarsi alla loro altezza, ma mi auguro che la Commissione sappia esserlo nei riguardi della competitività globale, della crescita ecologica e di un approvvigionamento energetico sicuro e sostenibile.
Jean Lambert, a nome del gruppo Verts/ALE. – (EN) Signor Presidente, vorrei far notare al Commissario che dovremo continuare a parlare di vecchi e nuovi Stati membri finché avremo i periodi transitori cui ha fatto riferimento la mia collega, onorevole Oomen-Ruijten.
Sono comunque molto lieta di aver sentito il Presidente Barroso rilevare la necessità di affrontare i datori di lavoro privi di scrupoli. Suppongo intenda i datori di lavoro che tengono le persone in condizioni di semischiavitù, le pagano malissimo e le sfruttano, il che naturalmente si applica non solo a quelli che impiegano cittadini di paesi terzi, ma anche cittadini dell’Unione, come abbiamo appreso di recente. Ritengo che la misura farà parte di uno sforzo volto a migliorare la qualità del lavoro, di cui abbiamo parlato spesso, eliminando i posti di bassa qualità e mal pagati, e mi attendo che ciò sia menzionato in modo più esplicito nel programma della Commissione.
Come hanno affermato altri oratori, siamo anche estremamente soddisfatti che si faccia continuo riferimento allo sviluppo sostenibile e al legame con il cambiamento climatico, cosa che sosteniamo da molto tempo, e concordo pienamente con su che ha affermato l’onorevole Ek riguardo alla crescita trainata dall’ambiente. Attendiamo quindi con fiducia il piano d’azione per la produzione e il consumo sostenibili il prossimo anno, che supponiamo rappresenterà un passo avanti in termini di efficienza ecologica e di descrizione precisa del modo in cui dovremo separare i danni ambientali dalla crescita.
Attendiamo con impazienza anche il documento relativo all’inventario della realtà sociale, di estrema importanza per i parametri di riferimento del benessere. Supponiamo che comprenderà anche i fattori ambientali, dal momento che sappiamo che i più poveri spesso vivono negli ambienti e negli alloggi più miseri e degradati, con le conseguenze che ciò comporta per la salute mentale.
Avremmo preferito una direttiva quadro sui servizi sociali, ma in ogni caso valuteremo se le proposte presentate tengono anche conto degli effetti della legislazione europea esistente sul futuro dei servizi.
Infine, avremmo accolto con favore un’iniziativa intesa a rafforzare la strategia per lo sviluppo sostenibile per quanto riguarda la questione della formazione mirata per le professioni che contribuiscono a soddisfare i requisiti relativi al cambiamento climatico. Se non si è in grado di installare pannelli solari e di riparare i sistemi energetici, non si conseguiranno gli obiettivi inerenti al cambiamento climatico.
(Applausi)
Ilda Figueiredo, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) Signor Presidente, leggendo il programma legislativo e ascoltando la presentazione del lavoro della Commissione per il 2007, possiamo solo concludere che si tratta del solito programma. Il solito neoliberalismo, che mette in discussione i diritti sociali e dei lavoratori, aumenta la precarietà del lavoro, riprende vecchi metodi di sfruttamento, promuove la liberalizzazione dei servizi, compresi i servizi pubblici, palesando le intenzioni alla base della cosiddetta strategia di Lisbona.
In nome della flessibilità, del completamento del mercato interno e della globalizzazione, si calpestano vincoli contrattuali e aumenta il pericolo di trasferimento delle multinazionali, come la GM Opel ad Azambuja, la Johnson Controls a Nelas e Portalegre e la Lear a Valongo, per citare solo alcuni dei casi più gravi che in questo momento minacciano migliaia di lavoratori in Portogallo, dove la disoccupazione è già molto elevata in seguito alle riduzioni di personale nel settore tessile, dell’abbigliamento e delle calzature.
Questi lavoratori disoccupati sono ora alla mercé delle agenzie di lavoro temporaneo e di altri datori di lavoro senza scrupoli, come nei casi recenti che abbiamo appreso dai media, di lavoratori portoghesi affamati, senza salario e senza pane, nel sud dei Paesi Bassi. E’ questa la responsabilità sociale delle imprese? Al tempo stesso, nel nome della moneta unica e della stabilità dei prezzi, la Banca centrale europea impone costanti aumenti dei tassi di interesse e i governi usano il Patto di stabilità e di crescita per indebolire la produzione, bloccare lo sviluppo sociale, mettere in crisi le piccole e microimprese e creare una cultura che favorisce il vergognoso sfruttamento dei lavoratori emigrati e immigrati e delle loro famiglie.
Dobbiamo quindi farla finita con queste politiche neoliberali. E’ ora di dare la priorità alle politiche di sviluppo sociale e al benessere della popolazione e di dimostrare solidarietà ai lavoratori portoghesi affamati e sfruttati, come quelli nel sud dei Paesi Bassi, il cui caso è appena stato reso di dominio pubblico.
Konrad Szymański, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, l’integrazione europea è solo una parte della soluzione alla questione della crescita economica in Europa. Gli Stati membri, prendendo decisioni in merito alle finanze pubbliche e alla riforma economica, hanno un ruolo fondamentale da svolgere in questo ambito.
Al riguardo, abbiamo molti esempi di buone pratiche. Il successo delle riforme nazionali ha consentito ad alcuni paesi di assorbire rapidamente l’allargamento nel 2004 e di adottare i principi del mercato comune in tutti i settori. Il successo di paesi come l’Irlanda, la Finlandia, i Paesi Bassi o il Regno Unito ha permesso loro di considerare la concorrenza mondiale con maggiore serenità.
D’altro canto, un modello sociale basato su un orario di lavoro rigido e breve e sull’evitare la concorrenza non solo a livello globale, ma anche a livello di mercato comune, è la via verso la crisi sociale ed economica.
Questo allineamento delle forze politiche ed economiche in Europa mi induce a dubitare fortemente che il Trattato costituzionale, spesso menzionato, sia una buona soluzione ai nostri problemi economici. Conferirà ai paesi meno abili a risolvere i loro problemi interni maggiore influenza sugli affari dell’Unione. Perderemo l’equilibrio tra i diversi modelli e limiteremo la concorrenza tra i sistemi. Questa diagnosi dell’allineamento delle forze è emersa in conseguenza delle discussioni sui servizi, sull’orario di lavoro e sulla rappresentanza dei lavoratori. In senso figurato, sono preoccupato da un Trattato che, per quanto riguarda le questioni legislative e normative, ci darà meno Gran Bretagna e più Germania e Francia.
Di tutte le attività che la Commissione prevede di svolgere nel 2007, a mio parere le più importanti sono quelle riguardanti il programma per legiferare meglio. E’ una vergogna che un’organizzazione che per 50 anni ha dato voce alle quattro libertà fondamentali sancite dai suoi Trattati, oggi costi alle imprese 600 miliardi di euro all’anno. Ed è una vergogna ancora maggiore che, nonostante gli accordi conclusi in quest’ultimo anno, sia stato impossibile ridurre la burocrazia e/o migliorare il diritto europeo.
Mi auguro che il 2007 segnerà una svolta in questo ambito. Tuttavia, ciò non si verificherà se non sapremo fornire una risposta onesta riguardo ai motivi di questa inadempienza nel 2006. Come mai le proposte di snellimento, codificazione e unificazione del diritto europeo incontrano resistenza? Chi oppone resistenza? Dove sono i nodi gordiani che non siamo riusciti a tagliare?
Gradirei moltissimo ricevere una risposta a queste domande oggi.
Nils Lundgren, a nome del gruppo IND/DEM. – (SV) Signor Presidente, certezza del diritto significa che l’esercizio del potere e l’amministrazione della giustizia possono essere anticipati sulla base di norme giuridiche. Dal suo programma legislativo e di lavoro per il 2007, è chiaro che la Commissione prevede che il progetto di Costituzione sarà attuato, nonostante il fatto che una grande maggioranza lo abbia respinto nei Paesi Bassi e in Francia. La lotta tra l’establishment politico e i cittadini d’Europa quindi prosegue.
Il progetto europeo ha preso una direzione pericolosa. La Corte di giustizia delle Comunità europee perderà la sua legittimità in conseguenza del suo atteggiamento arrogante nei confronti dei governi popolarmente eletti degli Stati membri. La Corte di giustizia, in realtà, è un potere autocostituitosi in Europa. Ha scelto di dichiararsi custode del principio della separazione dei poteri ancora prima del Vertice di Amsterdam del 1998. Lo ha fatto senza alcuna base democratica o politica. La Corte di giustizia ha anche chiarito che i tribunali nazionali non possono considerarsi indipendenti, ma rappresentano anzi il lungo braccio della Corte di giustizia, attraverso il quale essa pratica il suo attivismo giudiziario.
Invito quindi gli onorevoli colleghi a riflettere sulla situazione prima che sia troppo tardi. L’Unione non ha bisogno di una maggiore concentrazione di potere senza basi democratiche. L’Unione ha bisogno di concorrenza, non solo tra imprese sul mercato per creare prodotti migliori, ma anche tra paesi per proporre soluzioni politiche adeguate ai problemi di oggi.
Roger Helmer (NI). – Signor Presidente, la Commissione riesaminerà il funzionamento del mercato unico, ed è ora che lo faccia. Mi auguro che la Commissione leggerà la relazione del Conseil d’Analyse Economique, un comitato economico molto influente del governo francese, presieduto dal Primo Ministro Dominique de Villepin. La relazione afferma: “l’integrazione economica ristagna e non promuove più la crescita”; rileva che la creazione dell’euro non ha prodotto gli effetti di traino attesi. Poi si fa seria: “Siamo convinti che la situazione descritta sia rischiosa”. Afferma che gli scarsi risultati economici scoraggiano gli investimenti e danneggiano l’occupazione e le prestazioni sociali e parla di “un palese logoramento, con procedure comunitarie che minacciano di creare un circolo vizioso che sfilaccerà l’acquis communautaire”.
Mi auguro che la Commissione prenderà atto della stima fornita dal suo stesso Vicepresidente, Günter Verheugen, il quale afferma che i costi dell’eccessiva regolamentazione nel mercato unico ammontano a 600 miliardi di euro all’anno. Questa cifra è quasi il quadruplo della stima fornita dalla Commissione dei vantaggi commerciali derivanti dal mercato unico.
In un recente studio britannico, condotto tra più di 1 000 presidenti e direttori generali di imprese dal laboratorio di idee Open Europe, una netta maggioranza ha ritenuto che l’Unione creasse più danni che vantaggi e che il Regno Unito dovrebbe rinegoziare le sue relazioni con l’Europa, optando per una soluzione più vicina a un accordo di libero scambio. La situazione è molto chiara: la quota europea degli scambi mondiali sta diminuendo rapidamente. L’adesione all’Unione costa molto di più dei benefici che offre. La regolamentazione dell’Unione e il modello sociale dell’Unione stanno causando enormi danni economici. L’Unione ci rende più poveri, meno democratici e meno liberi: ne abbiamo abbastanza!
Paul Rübig (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signori Commissari, onorevoli colleghi, sono certo che l’onorevole Helmer difenderà il mercato interno britannico, che considera geograficamente limitato, senza mettere in discussione il principio dell’economia di mercato.
Onorevole Schulz, forse abbiamo un problema semantico. Per me, il mercato significa soddisfare le esigenze dei consumatori e offrire una gamma di servizi e di prodotti che i cittadini di fatto acquistino. Questa è la mia concezione di mercato. Per questo motivo, a mio parere, il suo intervento ha riscosso tutti quegli applausi. Non possiamo progettare il mercato interno europeo e stabilire che cosa offrirvi in futuro, senza tenere conto delle esigenze dei cittadini.
Il secondo punto – a mio parere molto importante – è la questione dell’energia. L’energia sarà uno dei grandi temi da affrontare, insieme con l’agricoltura. Saranno necessarie più iniziative sul versante delle energie rinnovabili. Sul fronte alimentare – considerato il modo in cui cresce la prosperità in Cina, in India e in molti altri paesi nel mondo – avremo bisogno di molta energia per nuovi alimenti di buona qualità. Consideriamo l’apertura dei mercati a livello internazionale una priorità assoluta. Dobbiamo offrire nuove possibilità ai nostri agricoltori e produttori alimentari, affinché possano vendere i loro prodotti in futuro.
Riguardo alla discussione sulle emissioni di CO2, vorrei chiedere che cosa dovremmo fare, se in Russia un barile di petrolio grezzo si vende a 8 dollari – anche all’industria pesante – mentre qui si devono pagare fino a 80 dollari e, attraverso gli scambi di emissioni, si deve anche pagare la tassa sulle emissioni di CO2, il che equivale a una doppia tassazione della nostra energia, e quindi delle nostre industrie di base. Così stando le cose, come dovremmo salvaguardare i posti di lavoro in Europa?
E’ urgentemente necessaria una discussione su queste disparità presenti sul mercato, anche nel campo della politica estera. Vedremo se la Russia permetterà ai suoi vicini di pagare gli stessi prezzi che applica in patria. La questione sarà argomento di vivaci discussioni in futuro.
PRESIDENZA DELL’ON. ROTH-BEHRENDT Vicepresidente
Stephen Hughes (PSE). – (EN) Dal punto di vista sociale e dell’occupazione, considero il programma molto deludente. Per l’ennesima volta, ci viene promesso poco più di una serie di Libri verdi e bianchi e di comunicazioni, che riciclano lo stesso vecchio materiale. Sta per essere presentato un Libro verde sul diritto del lavoro, che elenca domande poste e relative risposte fornite dieci anni fa da Allan Larsson, quando era Direttore generale per l’occupazione in seno alla Commissione.
La comunicazione proclama la “flessicurezza”, quale mezzo per realizzare le opportunità offerte dai mercati europei del lavoro. In realtà, è stato dimostrato che non ha alcun significato positivo per i lavoratori. Per milioni di persone, la “flessicurezza” è una parola subdola, un codice che significa sfruttamento, insicurezza e incertezza. Abbiamo bisogno di un quadro legislativo europeo per affrontare l’occupazione irregolare basata sullo sfruttamento e le relazioni di semioccupazione. Tutti i lavoratori in tutte le regioni meritano l’accesso a un lavoro dignitoso, che offra loro e alle rispettive famiglie la possibilità di vivere una vita dignitosa.
Nel contempo, l’Europa sociale è a un punto morto. L’ultimo atto legislativo dell’Unione in campo sociale è stato adottato più di tre anni fa. La mancanza di ambizione della Commissione riflette lo squilibrio della sua stessa prospettiva politica. Legiferare meglio significa nessuna legislazione in campo sociale, ma riflette anche le scarse prospettive di proposte in seno al Consiglio “Occupazione”. I ministri del Lavoro devono cominciare a svolgere un ruolo positivo e potrebbero cominciare col fare qualcosa di positivo riguardo all’orario di lavoro e alle agenzie di lavoro temporaneo. Lisbona ha promesso nuovi posti di lavoro di migliore qualità. Che cosa è stato fatto per mantenere tale promessa ai lavoratori? Ben poco.
Il mio messaggio alla Commissione e al Consiglio è quindi: facciamola finita con la retorica e cominciamo ad agire.
(Applausi)
Elizabeth Lynne (ALDE). – (EN) Il cambiamento demografico è una delle maggiori sfide per la competitività europea. Vogliamo che sia data priorità all’inserimento nel mercato del lavoro delle persone escluse, compresi gli anziani e i disabili. Questo è il motivo per cui la direttiva sul lavoro del 2000 dovrebbe essere pienamente applicata. Dobbiamo comunque fare di più, soprattutto perché il 2007 è l’Anno europeo delle pari opportunità.
Tuttavia, accolgo con favore l’impegno assunto dalla Commissione di ridurre la legislazione non necessaria. Per questo motivo, chiedo alla Commissione di riaffermare la sua intenzione di ritirare la direttiva sulle agenzie di lavoro temporaneo e di esaminare anche la possibilità di separare la questione del calcolo di quello che è considerato orario di lavoro nel caso del lavoro a chiamata, dalla clausola di esclusione individuale dall’applicazione della direttiva sull’orario di lavoro.
Se davvero vogliamo ottenere crescita e competitività, la legislazione in materia di lavoro deve essere proposta soltanto se non può essere adottata con successo a livello locale o nazionale. Nel settore della salute e della sicurezza, deve essere proposta soltanto se prove scientifiche e mediche ne dimostrano la necessità, come nel caso della modifica della direttiva sugli agenti biologici del 2000, volta a proteggere i lavoratori dal rischio di subire ferite da ago e di contrarre l’epatite o l’HIV. Può la Commissione comunicarci quando presenterà tale modifica della direttiva sugli agenti biologici, conformemente alla relazione d’iniziativa adottata dal Parlamento europeo?
Adamos Adamou (GUE/NGL). – (EL) Signora Presidente, vorrei fare alcune osservazioni su tre punti del programma della Commissione europea riguardanti l’occupazione. Il primo è la proposta della Commissione di incoraggiare l’adozione di principi comuni per rafforzare la flessibilità e la sicurezza del lavoro. La Commissione afferma che questa combinazione è stata riconosciuta come una necessità. Da chi? Ovviamente dai datori di lavoro, che approvano il quadro del puro mercato. Che nessuno citi i lavoratori, però, perché sono loro a subire l’orario minimo di lavoro, le violazioni dell’orario di lavoro e la flessibilità del mercato.
La mia seconda osservazione riguarda la questione dell’immigrazione. La Commissione afferma che, poiché le esigenze del mercato sono aumentate, è necessario attrarre immigrati. Questo è precisamente il messaggio che gli sfruttatori attendono per poter importare manodopera poco costosa e usarla per “stroncare” i mercati nazionali e ridurre i salari. Gli immigrati non devono essere usati come arieti, ma come persone cui sono riconosciuti gli stessi diritti dei lavoratori locali.
Infine, ciò che vale per la direttiva sulla liberalizzazione dei servizi, vale anche per il programma della Commissione: i lavoratori e i cittadini non hanno un problema di percezioni alterate, come alcuni hanno affermato; semplicemente non sono d’accordo, e nessuno deve travisare questo fatto.
Alessandro Battilocchio (NI). – Signora Presidente, onorevoli colleghi, parlo a nome del nuovo PSI. La Comunicazione della Commissione sulla competitività è un passo necessario verso l’attuazione di politiche mirate ad accrescere le prestazioni economiche dell’Unione nel contesto globale e nel quadro della strategia di Lisbona. E’ importante, come proposto, creare un quadro favorevole allo sviluppo tecnologico, all’innovazione e al sostegno di quella parte di industria che, tramite la ricerca e lo sviluppo, è in grado di ampliare la competitività dell’UE nei settori più innovativi.
Sostengo quindi le proposte per il Fondo di adeguamento alla mondializzazione, la nuova generazione di programmi di coesione e la guida all’innovazione proposti dal Commissario Hübner, che spronano le regioni a focalizzarsi maggiormente sullo sviluppo e spero che daranno indicazione e sostegno sufficienti, per permettere alle nostre imprese più piccole e vulnerabili di rispondere alle nuove sfide energetiche e commerciali in ambito internazionale. Ritengo, infatti, basilare stare al fianco di un fattore fondamentale dell’economia europea: le piccole e medie imprese, in particolare quelle manifatturiere, per natura meno sensibili all’innovazione e più vulnerabili alla globalizzazione dell’economia.
Se da una parte accolgo con favore l’adozione di buone pratiche interne, ritengo imprescindibile che le piccole e medie imprese debbano essere adeguatamente difese, anche soprattutto nell’ambito del commercio internazionale, in particolare nei confronti di mercati che sfruttano la concorrenza sleale e spesso non disdegnano pratiche che ledono i diritti dei lavoratori e, a volte, violano anche i diritti all’infanzia dei bambini.
Amalia Sartori (PPE-DE). – Signora Presidente, onorevoli colleghi, anch’io vorrei rivolgermi alla Commissione con alcune riflessioni ed alcuni suggerimenti. Poiché in Europa c’è voglia di Europa, credo che le risposte che ci si attendono sono quelle di un’Europa forte, capace di dare, di indirizzare e di proporre. Questo è il primo motivo per il quale credo che dovremmo riuscire a sintetizzare maggiormente le offerte veramente significative di un programma. Credo inoltre che la Commissione, il Parlamento, il Consiglio stiano procedendo abbastanza bene, essendo riusciti in questi anni a emanare una serie di direttive e di regolamenti che rispondono alle domande di qualità dell’ambiente, di qualità della vita e di maggiore integrazione.
Ci sono tuttavia degli importanti ambiti di politica europea e internazionale sui quali dobbiamo essere più coraggiosi. Tali ambiti ci sono stati indicati in molti degli interventi che mi hanno preceduta: ambiente, energia, lavoro, sicurezza, immigrazione e all’interno di questi temi si ravvisa un filo conduttore, che è quello delle pari opportunità per tutti: per i ragazzi che affrontano il mondo del lavoro e che hanno, nei diversi Stati membri, un livello di formazione troppo differenziato; e pari opportunità per le donne, che in questa vecchia Europa non sono ancora riuscite a raggiungere, neppure nel mondo del lavoro, quella parità che loro spetta.
Pervenche Berès (PSE). – (FR) Signora Presidente, signor Commissario, dovrebbe dire al Presidente Barroso che, al di là del suo discorso molto ambizioso, ci attendiamo che le sue parole siano tradotte in azioni e, di conseguenza, se vogliamo recuperare la fiducia dei nostri concittadini, dobbiamo legiferare meglio, il che non significa necessariamente minore regolamentazione e minore capacità di deliver, come dite in inglese.
Nel campo del partenariato ecologia-energia, che la Commissione è assai propensa ad attuare e che di sicuro sarà sostenuto dal Parlamento, dobbiamo prima riflettere sulle risorse necessarie a tal fine, e tali risorse non sono solo le capacità, in termini di competenze, che la Costituzione ci avrebbe dovuto conferire, ma anche le capacità in termini finanziari e fiscali. La Commissione deve quindi cominciare senza indugi il lavoro di revisione delle prospettive finanziarie, in modo che questo esercizio non sia soltanto compensativo, ma sia anche caratterizzato da ambizioni all’altezza delle sfide che attendono l’Unione europea del XXI secolo.
Delle 21 iniziative strategiche, soltanto una rientra nelle competenze della commissione per i problemi economici e monetari: l’idea di una comunicazione, l’ennesima, sui servizi sociali di interesse generale. Non una parola sulla proposta che avete ritirato dall’ordine del giorno della Commissione, decisione sulla quale il Parlamento ha espresso una condanna unanime. Mi riferisco al ritiro della proposta sulla reciprocità. Chiedete al Presidente Barroso che fine ha fatto l’iniziativa in questo campo. Il Parlamento attende una proposta.
Nel settore dei mercati finanziari, stiamo conducendo un dialogo tra le Istituzioni. Abbiamo avanzato alcune richieste precise e concrete riguardo ai microcrediti, ai fondi alternativi e alle agenzie di valutazione di affidabilità. Nelle proposte della Commissione non figura nemmeno una parola al riguardo.
Infine, vorrei chiedervi di adottare opportune misure nel campo della contabilità, per permettere all’Unione europea di essere all’altezza delle ambizioni che dobbiamo fare nostre.
Salvador Garriga Polledo (PPE-DE). – (ES) Signora Presidente, signora Vicepresidente della Commissione, signori Commissari, Commissario Almunia, per legiferare sempre meglio è necessario avere bilanci sempre migliori. Non vi sono né vi saranno una nuova legislazione e nuove iniziative il prossimo anno, senza una valutazione completa da parte delle Istituzioni comunitarie, in particolare della Commissione, delle disponibilità finanziarie e del modo in cui distribuire le risorse, secondo la volontà espressa dai cittadini dell’Unione.
In altre parole, l’Unione, e la Commissione europea, devono garantire che le priorità legislative e le priorità di bilancio vadano di pari passo. Al momento, l’attuale programma di lavoro della Commissione non è coerente con la risoluzione adottata dal Parlamento europeo per la strategia politica annuale né con la prima lettura del Parlamento europeo per il 2007.
Vorrei ricordare il paragrafo 47 della nostra risoluzione sulla strategia politica annuale, nel quale insistiamo affinché le Istituzioni europee giungano a un accordo su questo programma legislativo entro dicembre 2006, in coincidenza con il completamento della procedura di bilancio del 2007.
Concludo facendo riferimento ai principi di bilancio enunciati dal Parlamento europeo riguardo alle condizioni necessarie per sciogliere la riserva sui posti di lavoro presso la Commissione europea nel 2007. In questo contesto, l’alleato della Commissione europea è il Parlamento, non il Consiglio. Chiediamo soprattutto un impegno a migliorare la procedura di trasmissione al Parlamento europeo del programma legislativo e di lavoro della Commissione, che porti alla presentazione, nel febbraio 2007, di un programma legislativo e di lavoro per tale anno e tenga conto del voto che esprimeremo sul bilancio in dicembre.
Voi, in particolare il Commissario responsabile dei bilanci, conoscete perfettamente la situazione e ci auguriamo quindi che nella conciliazione prevista per il 21 di questo mese riusciremo a raggiungere un accordo.
Enrique Barón Crespo (PSE). – (ES) Signora Presidente, signori Commissari, il Presidente della Commissione, che ha scortesemente lasciato l’Aula, ha giustificato la correzione del suo programma in modo stupefacente, citando un anonimo filosofo del suo paese, che difendeva la verità. Poiché i Trattati non prevedono l’infallibilità della Commissione, ritengo che sarebbe più appropriato citare il vecchio proverbio rectificar es de sabios: correggersi è cosa da saggi.
La Commissione ha rettificato due punti importanti per il prossimo anno. In primo luogo, il Presidente della Commissione ha cominciato a parlare, non direi con passione, ma almeno con un certo entusiasmo, della Costituzione europea, fatto che accolgo con favore. In secondo luogo, la Commissione ha introdotto l’immigrazione come tema prioritario.
Vorrei tuttavia accennare a un tema specifico, trasversale e molto importante per tutto ciò di cui stiamo parlando, che il Presidente della Commissione non ha menzionato: la necessità di riorientare il ciclo di negoziati di Doha per lo sviluppo. E’ un tema assolutamente cruciale, che ha un’influenza diretta sulla politica europea nei riguardi della globalizzazione, sul quale non si è detta nemmeno una parola.
Intendiamo seguire la linea proposta dal Commissario Mandelson? Intendiamo dare priorità alle relazioni bilaterali rispetto a quelle multilaterali? In che modo coordineremo questa tematica con la politica ambientale e la politica in materia di diritti umani?
Ritengo si tratti di una questione di cui la Commissione deve tenere conto, e oggi non l’ha nemmeno menzionata.
José Javier Pomés Ruiz (PPE-DE). – (ES) Signora Presidente, anch’io deploro il fatto che il Consiglio non sia presente. L’assenza del Consiglio alle discussioni del Parlamento è diventata fin troppo frequente e penso sia utile ricordargli che dovrebbe essere qui in Aula e prendere buona nota di ciò che si afferma.
Non era presente nemmeno stamattina, quando è stata presentata la relazione della Corte dei conti. Anche se il signor Weber, Presidente della Corte dei conti, si è riunito con il Consiglio ECOFIN, il dibattito politico tra i rappresentanti dei cittadini si svolge in Aula. Pertanto, disapprovo l’assenza della Presidenza finlandese.
Stamattina abbiamo letto la relazione della Camera dei Lord, che ci ha dato una vera e propria bastonata: dice che facciamo male le cose, che non controlliamo la nostra spesa. Inoltre, abbiamo di nuovo ricevuto la relazione della Corte dei conti, una relazione che è sempre stata negativa, sin da quando sono stato eletto al Parlamento nel 1994. Da 12 anni, in tale documento la Corte dei conti afferma che la Commissione e il Consiglio compiono sforzi, ma non concede l’approvazione.
Come ha affermato l’onorevole Grossetête, il programma della Commissione è un programma politico e ritengo quindi che la Commissione faccia bene a mirare in alto, ma fa molto poco in termini di controllo della spesa.
Vorrei segnalare alla Commissione presente in Aula – purtroppo il vicepresidente della commissione per il controllo dei bilanci non è presente, e ringrazio il Commissario Almunia per la sua attenzione – che, se non spendiamo bene i fondi, il Consiglio continuerà a ridurre il bilancio e finiremo per non avere alcuna politica comunitaria.
Se nel vostro programma di lavoro non parlate del controllo del denaro degli europei, come andrà a finire? Non arriveremo nemmeno alla soglia dell’1 per cento. Il prossimo anno avremo lo 0,9 per cento di bilancio e in Europa finiremo per rimanere privi di politiche comunitarie.
Per favore, cercate di organizzarvi. Dichiarate che vogliamo spendere bene, meglio degli Stati membri, che vogliamo far sì che dichiarino di essere d’accordo sul modo in cui si effettua la spesa. I cittadini devono sapere che, se i fondi sono spesi male, la colpa non è solo della Commissione, ma anche degli Stati membri, degli agenti.
Cerchiamo di organizzarci, facciamo qualcosa non solo per la trasparenza, ma anche per spendere bene.
Evelyne Gebhardt (PSE). – (DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, innanzi tutto, vorrei unirmi al presidente del mio gruppo, onorevole Schulz, e dare risalto a una cosa che ha detto il Presidente Barroso, cioè che senza solidarietà, il mercato interno non si realizzerà. Ha assolutamente ragione, e si ritrova anche nel testo del programma di lavoro, nel quale la Commissione si impegna ad attuare, cito: “un programma politico volontaristico, che si concentri sulle attese e sulle esigenze dei cittadini”. Questo è proprio ciò che è necessario.
Tuttavia, non basta continuare a dirlo, bisogna anche farlo. Mi sembra evidente, esaminando le misure, che quelle realmente importanti nel mercato interno sono assenti, in particolare quelle necessarie per la protezione dei consumatori. L’espressione “protezione dei consumatori” non compare mai nel testo. Ora intendete nominare un nuovo Commissario cui affidarne la responsabilità. Significa che volete riflettere, svolgere un’analisi più approfondita e garantire che la protezione dei consumatori sia realmente posta al centro della politica? Se è così, senza dubbio raggiungerete i cittadini europei.
Rilevo anche la mancanza di progressi verso un’armonizzazione della politica europea, che sia espressione di una politica comune degli Stati membri, di un’apertura delle frontiere nel mercato dei servizi e in altri ambiti, perché queste questioni si devono affrontare con molto più vigore e su questi fronti vi è ancora tantissimo da fare.
Infine, l’aspetto più importante è il primato della politica. Parlate sempre di valutazioni d’impatto, ma che tipo di valutazione d’impatto si dovrebbe svolgere? Una valutazione d’impatto deve anche tenere conto della vita sociale, della politica di genere e di altre politiche.
– Coesione – protezione delle risorse naturali
Konstantinos Hatzidakis, a nome del gruppo PPE-DE. – (EL) Signora Presidente, tutti gli oratori tendono a considerare il tema che trattano come il più importante della discussione. Nel discutere il programma legislativo e di lavoro della Commissione europea – e parlerò di sviluppo regionale – vorrei dire che non vi saranno questioni molto importanti da discutere il prossimo anno.
Quest’anno abbiamo approvato la legislazione e la sfida principale per la Commissione europea è garantire che sia applicata correttamente. Dobbiamo cominciare ad attuare con prontezza i programmi, in modo che si possa fruire degli stanziamenti e, ancora più importante, che il denaro dei contribuenti europei sia usato a favore della coesione sociale ed economica. Questa è l’impresa principale e il Parlamento vuole partecipare attivamente a questa impresa, che va compiuta insieme con gli Stati membri e le regioni. Saremo quindi presenti, per controllare l’operato della Commissione europea. In questo contesto, anche la quarta relazione sulla coesione, della quale attendiamo la presentazione da parte della Commissione, sarà ovviamente importante.
Nel quadro dell’iniziativa puramente legislativa, vi è la questione del Fondo di solidarietà, cioè il fondo per i problemi derivanti dalle catastrofi naturali e tecnologiche. Abbiamo concluso la prima lettura, ma vi è un ritardo ingiustificato del Consiglio. Il vecchio regolamento è superato e l’Unione europea deve dimostrare la sua solidarietà alle zone colpite, soprattutto quando si tratta di grandi catastrofi, perché è così che ci si avvicina ai cittadini. La Commissione deve quindi sostenere il Parlamento. Dobbiamo persuadere insieme il Consiglio, il quale, per qualche motivo – forse perché i ministri delle Finanze, competenti in materia, non vogliono fornire altri fondi – non comprende la necessità di spingersi oltre. Attendiamo quindi una dimostrazione concreta da parte della Commissione europea.
Riitta Myller, a nome del gruppo PSE. – (FI) Signora Presidente, la legislazione che si applica nell’Unione europea nel suo insieme deve basarsi su un’analisi di dove siamo, quali misure già adottate sono state efficaci e quali nuove misure sono necessarie per conseguire gli obiettivi che ci siamo prefissi insieme. Questo tipo di approccio è fondamentale nella politica ambientale, per riuscire a concentrarsi sulle questioni che richiedono un’attenzione più urgente rispetto ad altre.
La Commissione europea aveva promesso di presentare una proposta di revisione del sesto programma d’azione ambientale nel 2006. Non l’abbiamo ricevuta, né è prevista dal piano d’azione per il prossimo anno. Sarebbe nondimeno uno strumento concreto per valutare specificamente dove siamo e che cosa occorre fare in futuro.
La Commissione afferma che, il prossimo anno, intende esaminare il piano d’azione per le tecnologie ambientali. E’ una buona notizia. Tuttavia, dobbiamo anche esaminare aspetti diversi dagli sviluppi nel settore delle tecnologie ambientali. Una sfida che ci attende è la legislazione sui prodotti chimici. I prodotti chimici nocivi devono essere sostituiti con prodotti nuovi e sicuri e a tal fine è necessaria la tecnologia. Abbiamo bisogno di tecnologie per trovare soluzione alla qualità dell’aria. Ci occorrono nuove tecnologie per aumentare l’efficienza dei materiali. In questo modo, saremo anche in grado di mantenere la promessa di migliorare la competitività.
(Applausi)
Jean Marie Beaupuy, a nome del gruppo ALDE. – (FR) Signora Presidente, signori Commissari, onorevoli colleghi, vi è un tempo per le parole e un tempo per le azioni. Ritengo che alcuni colleghi intervenuti oggi pomeriggio, su diversi argomenti, abbiano messo bene in evidenza l’assoluta necessità che la Commissione europea passi all’azione.
Vogliamo più innovazione, più sicurezza, più solidarietà e più competitività, e mi spiace constatare che, nel testo che la Commissione ci ha presentato, si dedichino solo poche righe a quella che di fatto è la prima voce del bilancio dell’Unione europea, dal momento che le prospettive finanziarie 2007-2013 stanziano 308 miliardi di euro per i Fondi strutturali. Tuttavia, se vogliamo fornire risposte concrete, per noi stessi e per i nostri concittadini, con gli Stati membri e con i diversi soggetti, dobbiamo fare buon uso degli strumenti forniti dalle misure finanziarie previste nel quadro dei Fondi strutturali, che, come ho detto, ammontano a 308 miliardi.
Qual è dunque la tematica per il 2007? Utilizzeremo i miliardi a nostra disposizione per dare ai nostri concittadini europei risposte reali nel contesto della normativa adottata in luglio in questa stessa Aula, o, impantanati nei meandri amministrativi e in vari e molteplici problemi, arriveremo al 31 dicembre 2007 senza aver compiuto alcun progresso? Io e i miei colleghi della commissione per lo sviluppo regionale abbiamo affrontato l’argomento con il Commissario Hübner; siamo delusi per il fatto che il documento oggi in esame quasi non presti attenzione al modo in cui la Commissione intende realizzare i suoi obiettivi.
Vogliamo che tali obiettivi tengano specificamente conto della situazione dei nuovi Stati membri, i quali riceveranno fondi, ma dovranno anche essere in grado di utilizzarli bene. Abbiamo presentato proposte, il Commissario Hübner le conosce. Attendiamo ora risposte concrete, per aiutare tali paesi a utilizzare correttamente i fondi loro destinati.
Vi è un altro punto che, in veste di presidente dell’intergruppo Urban-Logement, non posso assolutamente trascurare: in che modo i paesi e le città possono svolgere un ruolo trainante, in un’Europa che ha bisogno di essere più competitiva e più innovativa? Anche in questo ambito ci attendiamo nuove azioni da parte della Commissione.
Infine, a nome del mio collega Chris Davies, che non può intervenire perché impegnato in un’altra riunione, vorrei dire ai Commissari che il gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa è in parte soddisfatto delle proposte relative all’ambiente, ma che, come per l’osservazione precedente sui Fondi strutturali, ci attendiamo azioni concrete.
Per concludere, signore e signori Commissari, non abbiamo niente da ridire sulle vostre capacità di comunicazione, ma ora ci attendiamo azioni concrete.
Elisabeth Schroedter, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signora Presidente, signori Commissari, onorevoli colleghi, è evidente che la Commissione insiste sulla politica che l’anno scorso ha profondamente diviso la società europea. I disordini nei sobborghi di Parigi non sono stati un segnale sufficiente? Dopo avervi assistito, di sicuro in Europa non possiamo continuare a seguire una politica che esclude alcuni membri della nostra società. Dopo questa esperienza, com’è possibile che la Commissione, nel nuovo programma di lavoro, tenti di affrontare le questioni sociali in modo del tutto separato dalla strategia per la crescita? Perché abbandona il consenso esistito finora, sul fatto che la politica di inclusione sociale fa parte della strategia di Lisbona ed è quindi espressione di coesione sociale?
In futuro, ci troveremo in una situazione in cui non potremo più tutti, a prescindere dal luogo di residenza e dalle condizioni sociali, prendere parte ai successi economici e alla prosperità dell’Europa? Il nostro gruppo non lo accetta. Non accetta che persone come quelle che vivono nelle banlieue di Parigi non debbano più beneficiare della strategia dell’Europa per la prosperità, perché una politica di divisione sociale costerà cara a tutti.
Il programma di lavoro, purtroppo, perpetua questa tendenza generale. Oltre alla strategia unilaterale di Lisbona, anche la strategia di Göteborg sarà trattata separatamente, dando priorità alla crescita economica rispetto allo sviluppo sostenibile. E’ una politica totalmente retrograda, che si traduce nella svendita delle nostre risorse vitali e nell’esclusione delle zone rurali, e recide così i legami esistenti tra i nostri obiettivi economici, sociali e ambientali.
Come giustifica la Commissione l’utilizzo degli stanziamenti nel quadro dei Fondi strutturali per sottrarre fondi alla coesione territoriale e allo sviluppo sostenibile di tutte le regioni e l’adozione di politiche solo per le città prospere e i centri economici fiorenti, mentre molte regioni europee, i giovani nelle banlieue e le loro controparti nelle zone rurali sono trattati come se fossero meno importanti?
Non è ammissibile. Lo sviluppo sostenibile deve essere posto al centro delle politiche europee.
John Bowis (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, a nome della commissione per l’ambiente, ringrazio i Commissari per il lavoro che svolgono con noi: spesso positivo, spesso ben ponderato, spesso con critiche che mi auguro siano costruttive. Dico ai Commissari che attendiamo fiduciosi ciò che faranno il prossimo anno, anche se forse potrei cominciare da ciò che non faranno, perché sarebbe utile ricevere un nuovo elenco dei passi che non intendono compiere. Ne abbiamo avuto una prima tranche nell’ambito dell’agenda di Lisbona. Vorremmo avere qualche indicazione in più su ciò che la Commissione intende ritirare per potersi concentrare sugli aspetti realmente importanti.
In questo contesto, in termini di legiferare meglio, ci attendiamo lo sviluppo di valutazioni d’impatto sull’ambiente e sulla salute che mostrino di contenere, e di fatto contengano, un elemento di valutazione indipendente. Direi che è necessario un gruppo di esperti indipendenti, non un nuovo edificio o una nuova agenzia, ma persone alle quali chiedere di contribuire a garantire che le valutazioni d’impatto siano efficaci. Dovremmo anche assicurare che le agenzie delle quali siamo responsabili siano efficienti ed efficaci. Ve ne sono alcune importanti nei settori della salute, dei medicinali e della sicurezza alimentare, che hanno bisogno di sostegno. In gran parte sono nuove agenzie e svolgono un buon lavoro. Si dovrebbe definire un ordine di priorità tra le agenzie, oltre a fornire un valido sostegno a quelle che rientrano nelle nostre competenze. Dovremmo anche garantire un’attuazione adeguata. Forse il pacchetto è destinato a fare meno che in passato, ma ci permetterà di fare ancora meglio ciò che faremo.
In seno alla nostra commissione, ci occupiamo del settore sanitario. Abbiamo visto che la prosperità non è un’alternativa al benessere. Persone sane e un ambiente sano sono condizioni essenziali per una crescita economica sana, per la competitività e l’occupazione. Vogliamo che si faccia di più per migliorare la promozione della salute e la collaborazione tra servizi sanitari, non solo per la mobilità dei pazienti, la sicurezza dei pazienti e i nuovi settori della salute mentale, ma anche in ambiti tradizionali, come la necessità di essere preparati all’influenza.
L’ambiente va di pari passo con la crescita e l’occupazione. L’innovazione ecologica è un elemento importante per vincere la lotta contro il riscaldamento globale. Di sicuro invito la Commissione a lanciare iniziative nel processo post-Kyoto al di fuori dell’Unione europea, sviluppando il concetto di “diplomazia verde”.
Di recente sono stato a Gaza e ho visto la desolazione delle persone ricoverate in ospedale. Chiediamo che, con le opportunità che si aprono in seguito alla nomina del nuovo Primo Ministro dell’Autorità palestinese, l’Unione europea lavori in stretta cooperazione con tale Autorità e gli israeliani pongano fine a ciò che avviene a Gaza e promuovano una riconciliazione reale e la pace.
Catherine Guy-Quint (PSE). – (FR) Il programma legislativo oggi in esame non è altro che il tranquillo rinnovo di quello degli anni precedenti. Ciononostante, è incredibile che la Commissione non dica una parola su due grandi riforme alle quali lavora attualmente, cioè la revisione delle prospettive finanziarie e la revisione intermedia della politica agricola comune. Sono due punti molto difficili sotto il profilo politico, ma non possiamo ignorarli. La concomitanza, nel 2007, del dibattito costituzionale, del dibattito sul bilancio e del dibattito sull’agricoltura richiede una seria preparazione da parte delle Istituzioni.
Per quanto riguarda la riduzione dei costi amministrativi presentata dalla Commissione, essa si basa, in generale, su una visione molto semplicistica e contabile della politica europea, una visione a breve termine, della quale le nostre priorità politiche risentiranno. Dobbiamo invece riesaminare se le risorse fornite alla Commissione, in particolare in termini di personale, siano adeguate per l’attuazione delle politiche che intendiamo promuovere.
E’ vero, le soluzioni proposte dalla Commissione nel suo programma per i cittadini si basano sull’idea di un programma politico volontaristico, che si concentri sulle attese e le esigenze degli europei. Purtroppo, però, in questo documento non trovo alcuna proposta concreta o inedita atta a conseguire gli obiettivi di tale programma. Lo stesso vale per la strategia di Lisbona, che dite sia stata rilanciata. Non condivido il vostro ottimismo. Infine, non dobbiamo dimenticare che, ogni anno, il bilancio generale previsto contraddice il documento che presentate oggi e snatura la volontà politica espressa e approvata dal Parlamento. Il documento di oggi non si riduce forse a parole e pii desideri?
Reino Paasilinna (PSE). – (FI) Signora Presidente, signor Commissario, la nostra competitività e prosperità dipendono dalla nostra capacità di sviluppo sostenibile. La ricerca e l’innovazione sono quindi essenziali. Le nuove tecnologie a efficienza energetica, come l’idrogeno, la fusione, la luce a LED e l’energia solare ed eolica, sono importanti. Il consumo energetico in Europa è in crescita, anche se dovrebbe diminuire. Non possiamo vivere così. Il costo elevato dell’energia colpisce i più poveri. A mio parere, la Commissione deve creare un programma sociale per la fornitura di energia ai cittadini più poveri.
Si dice che senza solidarietà non ci sarà un’Unione. Propongo di introdurre un barometro per misurare la solidarietà in tutta l’Unione europea. Oltre ai risultati dei sondaggi di opinione e dei procedimenti relativi alle violazioni delle regole del mercato interno, l’Eurostat e la Commissione dovrebbero pubblicare una più ampia valutazione comparativa degli Stati membri. Dobbiamo sapere in modo semplice, trasparente e comparativo fino a che punto i paesi mantengono le loro promesse, in altre parole, quanta solidarietà esiste tra noi. Gli intrallazzatori devono essere penalizzati. La pubblicazione di un barometro della solidarietà è appropriata e necessaria? Che cosa ne pensa la Vicepresidente della Commissione Wallström? Forse potrebbe aiutare i cittadini a comprendere meglio che cosa succede. E’ importante approvare il programma quadro di ricerca e sviluppo, e anche alcuni altri programmi.
(Applausi)
Carmen Fraga Estévez (PPE-DE). – (ES) Signora Presidente, vorrei sottolineare quanto sia strana l’assenza di proposte legislative concrete per una politica comune quale è la politica comune della pesca. Il fatto che il documento della Commissione presenti una visione molto orizzontale delle priorità non può essere usato come scusa per la mancanza di impegno a favore di una politica che attraversa anche un periodo cruciale a livello sia interno che internazionale.
La gestione della pesca sarà colpita – lo è già – da tutta una serie di misure, programmi e politiche, che rispondono ai diversi impegni assunti dall’Unione europea nel quadro del diritto marittimo, del Vertice di Johannesburg, dello sviluppo sostenibile, delle strategie ambientali, del cambiamento climatico e della biodiversità, tra l’altro. In questo contesto, l’atteggiamento generale della Commissione nei confronti della politica della pesca è caratterizzato da una sorprendente inattività legislativa, da una mancanza di impulso politico e dall’assenza di ambizioni e di impegni in risposta a queste sfide.
L’attività legislativa nel settore della pesca è sempre più concentrata sulle questioni di routine e sulle piccole modifiche quotidiane e, nelle rare occasioni in cui si trattano le grandi questioni in sospeso, esse sono affrontate tramite semplici comunicazioni prive di efficacia normativa, come nel caso dei rigetti in mare, o che giungono con enorme ritardo, come nel caso dell’etichetta ecologica, o che corrono il rischio di cadere nel vuoto, come la proposta sul Mediterraneo.
Si ha l’impressione che, di fronte alle sfide che ho menzionato, la politica della pesca abbia scelto di rimanere al livello più basso possibile e di lasciarsi guidare dalle priorità di altre politiche, ignorando il fatto che il settore della pesca ha molto da dire.
Signora Presidente, per affrontare specificamente alcune questioni in sospeso della massima urgenza, chiediamo alla Commissione di presentare quanto prima proposte legislative rigorose e coordinate sulla pesca illegale non dichiarata e non regolamentata.
Affari interni
Martine Roure, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signora Presidente, finora l’Europa si è limitata a sviluppare misure per combattere l’immigrazione clandestina. Ha tentato di costruirsi l’immagine di un’Europa fortezza. La Commissione intende presentare due proposte decisive per quanto riguarda l’immigrazione di manodopera e di lavoratori altamente qualificati.
Siamo totalmente contrari ad accettare lavoratori non dichiarati e sfruttati. Dobbiamo quindi prevedere misure anche per l’immigrazione legale di persone in cerca di lavoro. E’ prevista la semplice consultazione del Parlamento europeo, ma noi vorremmo ottenere impegni, al fine di essere pienamente coinvolti e ascoltati nelle discussioni su queste due direttive fondamentali.
Accogliamo con favore anche la vostra proposta di fissare sanzioni minime per i datori di lavoro che sfruttano gli immigrati, obbligandoli a lavorare in nero.
Il mio gruppo si è recentemente recato in Puglia, in Italia, dove centinaia di immigrati sono ridotti in schiavitù nelle grandi aziende agricole. Sappiamo tutti che non si tratta di un problema esclusivamente italiano: la riduzione in schiavitù di migliaia di persone è un problema in tutta l’Unione europea. Chiediamo quindi disposizioni comuni volte a tutelare i diritti degli immigrati sul lavoro, sanzioni uniformi contro lo sfruttamento del lavoro nero e sostegno per i datori di lavoro che regolarizzano la situazione dei lavoratori che assumono. Vi ringrazio.
Sophia in ’t Veld, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signora Presidente, due anni fa il Parlamento europeo ha dato il via libera alla Commissione del Presidente Barroso, ma solo quando ha assunto l’impegno di attribuire la massima priorità ai diritti fondamentali. Tuttavia, sembra che il Presidente Barroso – che purtroppo non è più in Aula – abbia immediatamente dimenticato il suo impegno, perché i diritti fondamentali sono del tutto scomparsi dagli obiettivi strategici. In questo ambito, il programma di lavoro per il 2007 è privo di visione, ambizione e coraggio, il che è assai cinico nell’anno delle pari opportunità. Legiferare meglio è un buon proposito, ma di fatto abbiamo bisogno di più azioni nel campo dei diritti fondamentali, non meno.
Il Parlamento ha più volte chiesto una direttiva orizzontale, che vieti ogni forma di discriminazione. Abbiamo chiesto un’azione urgente contro la discriminazione nei confronti degli omosessuali e l’omofobia dilagante. Niente di tutto ciò figura nel programma di lavoro. Perché i diritti umani non sono l’elemento centrale delle politiche estere dell’Unione?
La sicurezza è senz’altro una priorità, ma non la rinuncia alla democrazia e alle libertà civili. Le misure sono adottate in accordi di corridoio, che non sono soggetti al controllo parlamentare o giurisdizionale. Non sono proporzionate né efficaci, e i cittadini sono sempre più indifesi contro gli abusi e gli errori commessi dalle autorità. Dove sono le proposte della Commissione volte a risolvere la questione e a ristabilire l’equilibrio?
Infine, riguardo alla democrazia e alla trasparenza, a una riunione informale dei ministri, la Commissione ha avanzato proposte per una politica europea in materia di dati di identificazione delle pratiche passeggeri e di positive profiling. Come mai queste proposte non figurano nel documento ufficiale? Perché la Commissione continua ad assecondare il Consiglio in riunioni informali sulla politica di sicurezza, come quelle del 16 agosto o della settimana scorsa con gli Stati Uniti?
Gradirei molto ricevere risposta a queste domande.
Kathalijne Maria Buitenweg, a nome del gruppo Verts/ALE. – (NL) Signora Presidente, il mio intervento consegue direttamente da ciò che ha affermato l’onorevole in ’t Veld. Forse ricorderete le discussioni animate in plenaria, che hanno accompagnato la nomina dell’attuale Commissione. Nell’intervento con cui il Presidente Barroso ha chiesto al Parlamento la fiducia per la sua squadra, riferendosi alla discussa nomina di Rocco Bottiglione, ha affermato, cito:
(EN) “Tuttavia, da questo sfortunato incidente è emersa una cosa positiva, vale a dire l’importanza che attribuiamo alla decisiva azione politica dell’Unione europea nella lotta a tutte le forme di discriminazione. La Commissione darà priorità ai diritti civili e alla lotta contro le discriminazioni”.
(NL) Era stato detto che un gruppo di Commissari sarebbe stato incaricato di organizzare un’azione comune contro le discriminazioni e vorrei sapere con quale frequenza questo gruppo si riunisce, quali punti figurano nel suo ordine del giorno e che cosa ha effettivamente realizzato finora. Perché non avete ancora avanzato una proposta, come è stato suggerito poco fa, per elevare il campo di applicazione della direttiva sulla parità di trattamento, a prescindere da tendenze sessuali, religione o credenze, età e handicap, al livello della direttiva sulla razza, dato che quest’ultima non si applica solo al mercato del lavoro, ma anche alla fornitura di prodotti e servizi?
Signora Presidente, forse lei può spiegarmi perché, secondo gli orientamenti europei, un eterosessuale nero non può subire discriminazioni se chiede un prestito in banca o prende in affitto un alloggio, ma, a tutti gli effetti, un omosessuale può subirle? Il 16 gennaio, il Commissario Frattini ha affermato che, pur volendo risolvere la situazione, la Commissione non lo avrebbe proposto, perché non avrebbe ottenuto la necessaria unanimità in seno al Consiglio dei ministri.
Signora Presidente, questa non è leadership. In futuro, la Commissione presenterà proposte soltanto se il Consiglio sarà già d’accordo? A mio parere, l’ordine è inverso. Dovremmo inoltre fare tesoro della maggiore apertura mostrata dal Consiglio dei ministri. Gli Stati membri dovrebbero ammettere che si oppongono alla parità di trattamento. Svolgiamo un dibattito pubblico transfrontaliero sull’argomento, perché sono curiosa di sapere se il Commissario Wallström è d’accordo con me sul fatto che solo così l’Europa può avvicinarsi ai cittadini.
Il 2007 è l’anno delle pari opportunità e mi sembra che, di conseguenza, non vi sia tempo da perdere. Dal momento che la Commissione non ha ancora fatto molto in questo ambito, ho deciso di renderle la vita un po’ più semplice. Ho già presentato una proposta per una nuova direttiva a vostro nome, così non avrete più scuse. Il Commissario Frattini dovrà ora tradurre in azioni le belle parole pronunciate dal Commissario Barroso nell’ottobre 2004 e io entro breve consegnerò la proposta di direttiva alla Commissione.
Giusto Catania, a nome del gruppo GUE/NGL. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, prendo atto del cambiamento di strategia della Commissione: prima avevamo tanto buoni propositi, ora neanche questi. Ciò che ci ha detto il Presidente Barroso ci lascia molto preoccupati: rispetto, infatti, alle priorità dell’azione della Commissione per il 2007, ci sembra che manchi la spinta propulsiva da parte della Commissione per far sì che concretamente si avvii una politica comune sull’immigrazione. Affermare semplicemente che bisogna coniugare sicurezza e solidarietà, non mi pare un buon principio legislativo per il 2007. Ci sembra un’affermazione un po’ vuota, priva di significato reale, che non va nella direzione di costruire una vera politica per l’immigrazione legale, che salvaguardi l’immigrazione economica e che abbandoni l’attuale impostazione proibizionista, che, in misura sempre crescente, sta portando la gente a morire nel Mediterraneo o nell’Oceano Atlantico, e che favorisce sempre di più la clandestinità dei migranti, che arrivano in modo illegale nel nostro territorio e vi rimangono da clandestini.
Credo che la Commissione debba dare una spinta reale, che vada nella direzione di proporre una politica per gli ingressi regolari nel nostro territorio. A mio avviso, non basta affermare che la sicurezza è una priorità, benché ciò possa essere vero: occorre anche intenderci su che cosa significa sicurezza. Io penso che i cittadini europei vadano rassicurati sul fatto che non vi saranno più i voli illegali della CIA in Europa, che non saranno più rapiti cittadini europei e richiedenti asilo, che verrà abbandonato il controllo sistematico dei cittadini europei – mi riferisco a SWIFT, al PNR, al data retention.
Dunque, se si parla di sicurezza, ritengo che in primo luogo vadano rassicurati i cittadini europei circa la tutela dei loro diritti. Non mi pare che la spinta della Commissione vada in questa direzione.
Michael Henry Nattrass, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signora Presidente, esaminando il programma della Commissione per il 2007, mi colpiscono non solo i nuovi settori in cui l’Unione tenta di sottrarre altro potere al mio paese e agli schiavi ed eunuchi extraeuropei che la gestiscono, ma anche la breve menzione del “Trattato costituzionale”. La mia tesi è che il programma occulto per il 2007 preveda la resurrezione della Costituzione, quel vampiro sgozzato, dopo una piccola trasfusione di sangue. I cittadini dei paesi che lo hanno respinto dovranno tornare a votare, perché non avevano capito che era obbligatoria.
La Commissione spera di oscurare la questione principale, cioè la sua ricerca di personalità giuridica o di sovranità dell’Unione. Intanto ogni anno l’Unione sottrae più poteri agli Stati.
Rifiuto l’idea di considerare i cittadini britannici favorevoli a tutte queste sottrazioni di potere, senza permettere loro di esprimere un voto in materia. Segnalo anche una proposta del Consiglio, volta a migliorare la cooperazione tra le forze di polizia e di sicurezza dell’Unione. Essa prevede la condivisione delle informazioni a livello europeo, compresa la condivisione con Europol. In passato, questa proposta è stata messa in discussione e ha incontrato resistenza. E’ una violazione dei diritti dei cittadini britannici, alcuni dei quali hanno già precedenti penali a livello di Unione per aver osservato il passaggio degli aerei. I miei connazionali vogliono una risposta onesta su che cosa pensi di essere l’Unione e che cosa sia successo al concetto di scambi commerciali.
Bert Doorn (PPE-DE). – (NL) Signora Presidente, vorrei innanzi tutto congratularmi con la Commissione per la sua intenzione di ridurre gli oneri amministrativi del 25 per cento. E’ un obiettivo molto importante, e vi consiglio di perseguirlo nel modo più pratico possibile.
Nei Paesi Bassi siamo riusciti a ottenere una riduzione del 25 per cento, ma la comunicazione con le imprese e i cittadini ha prodotto continui reclami sull’eccesso di burocrazia. I cittadini e le aziende non ne hanno percepito molto gli effetti, perché la riduzione è stata principalmente di macrolivello. A microlivello, invece, la burocrazia persiste. Posso proporre un modo molto semplice di risolvere il problema, per esempio innalzando la soglia minima nelle gare d’appalto.
Vivo in un paese di 25 000 abitanti, in cui è prevista la costruzione di una nuova piscina, la quale, secondo le norme europee, deve essere oggetto di una gara d’appalto, con tutta la burocrazia che ciò comporta. E’ davvero necessario, o si può innalzare leggermente il limite inferiore, in modo che soltanto i progetti veramente importanti, per i quali è necessaria una concorrenza internazionale reale, ricadano nel campo di applicazione di questa norma?
Passando alla valutazione d’impatto, l’abbiamo chiesta più volte in seno al Parlamento europeo e abbiamo chiesto che sia completa e comprenda la nuova legislazione, la comitatologia che interessa i cittadini e le imprese e il diritto non vincolante. Dopo tutto, sempre più questioni sono regolamentate tramite il diritto non vincolante, il che potrebbe di per sé creare un onere amministrativo.
In secondo luogo, abbiamo detto più volte che vorremmo che la qualità della valutazione d’impatto fosse sottoposta a esame indipendente. Finora, la Commissione ha fatto molto al riguardo, ma niente di soddisfacente. Vogliamo questo esame indipendente, perché può generare anche maggiore trasparenza. Naturalmente, è un passo nella giusta direzione che ciò sia fatto rientrare, sotto la Presidenza del signor Barroso, tra le competenze della Commissione, ma, considerata l’assenza di trasparenza in seno alla Commissione, temo che si scatenerà una guerra di trincea burocratica tra l’ufficio di competenza del Presidente Barroso e gli uffici della Commissione incaricati di elaborare le valutazioni d’impatto.
Maria Berger (PSE). – (DE) Signora Presidente, mi sono presa la libertà di svolgere una breve analisi statistica del programma legislativo e di lavoro della Commissione e ho contato 57 atti non legislativi e solo 37 di carattere legislativo, quindi una grande maggioranza di atti non legislativi. Ciò sembra confermare una tendenza emersa chiaramente negli ultimi tempi, cioè che la Commissione è più propensa a rifugiarsi in atti non legislativi, come i Libri verdi, i Libri bianchi, le comunicazioni, eccetera, e in tal modo in parte elude la propria funzione di legislatore.
Capisco che gli strumenti di diritto non vincolante, almeno a prima vista, si inseriscano meglio nel programma per legiferare meglio, ma va detto che tali strumenti non sono obbligatori e non hanno efficacia esecutiva, e finiranno per suscitare delusioni ancora maggiori tra i cittadini e le imprese.
Sulla base della mia esperienza di lavoro, vorrei segnalare alcuni elementi che a mio parere mancano nel programma legislativo e di lavoro, cioè le iniziative che la Commissione ha promesso in altri contesti, ma che non si trovano nel documento, per esempio la normalizzazione dell’acquis in materia di protezione dei consumatori, la durata della protezione del diritto d’autore, nuovi sviluppi nel diritto brevettuale e l’applicabilità del diritto comunitario allo sport. La Corte di giustizia ha emanato una nuova sentenza, che modifica sostanzialmente la posizione in questo ambito e crea maggiore incertezza del diritto.
Insieme con la prima serie di iniziative da ritirare, sono stati ritirati anche lo statuto per le società mutue e lo statuto per il diritto di associazione europeo. Nella discussione svolta all’epoca, il Vicepresidente Verheugen aveva promesso di riesaminare la questione e di valutare la necessità di migliori iniziative in questo ambito, ma non le vedo nel programma. Forse non sono considerate iniziative prioritarie. Mi è del tutto indifferente se lo siano o meno; ciò che conta è sapere se possiamo o meno attenderci che siano presentate.
Alexander Alvaro (ALDE). – (DE) Signora Presidente, vorrei fare alcune osservazioni su due punti di questo programma di lavoro: uno riguarda le libertà fondamentali e l’altro la partecipazione civica nell’Unione europea. Nella discussione, si è affermato più volte che la mancanza di preferenze o priorità da parte della Commissione nell’ambito delle libertà fondamentali e del terzo pilastro è un problema che dobbiamo risolvere rapidamente, per poi individuare la causa della mancanza di volontà politica.
Si è accennato al fatto che, all’inizio della legislatura, il Presidente Barroso ha creato un gruppo di lavoro costituito da Commissari e lo ha incaricato di affrontare la questione delle libertà fondamentali. Mi chiedo che cosa abbia fatto questo gruppo di lavoro negli ultimi due anni, dal momento che non abbiamo ricevuto alcuna relazione. Hanno quindi oziato? Bevuto caffè? Onestamente, se vogliamo essere seri sull’argomento, dobbiamo sapere che cosa si deve discutere in questo contesto.
Ciò che critico di questo programma di lavoro è il fatto che – parallelamente agli sforzi in materia di immigrazione legale compiuti dai paesi del G6 e dai pochi Stati attorno alla Repubblica federale tedesca, che hanno lanciato la Convenzione di Prüm – si stanno sviluppando strutture parallele in un terzo pilastro al di fuori del terzo pilastro, senza che la Commissione – il cui ruolo di custode dei Trattati va al di là del legiferare – intervenga o formuli una dichiarazione esplicita. Il fatto è che, se vogliamo agire sul fronte della cooperazione giudiziaria e di polizia, dobbiamo farlo nel quadro stabilito dai Trattati.
Sto esaurendo il mio tempo di parola e concluderò con una breve osservazione, cioè che, a pagina 10 del programma, riguardo al coinvolgimento dei cittadini, si legge quanto segue, cito:
(EN) “Ciò significa anche che la Commissione deve ascoltare i cittadini [e] realizzare gli obiettivi perseguiti”.
(DE) Noi lo abbiamo fatto. Abbiamo consegnato un milione di firme alla Commissione e al Consiglio per quanto riguarda la sede del Parlamento. A distanza di due mesi e mezzo, non abbiamo ancora ricevuto una risposta. Ritengo che, in termini di “ascoltare e realizzare”, la palla è ora passata alla Commissione.
Kyriacos Triantaphyllides (GUE/NGL). – (EL) Signora Presidente, una delle misure principali per il 2007 è il controllo delle frontiere. Tale controllo sarà realizzato con il sistema di informazione Schengen di seconda generazione, il VIS, il funzionamento di Frontex, l’uso più ampio di dati biometrici e la creazione di banche dati centrali.
Il pretesto per tutte queste misure è la sicurezza dei cittadini, nonché la gestione degli immigrati che entrano nell’Unione. Tuttavia, in realtà si sta creando una fortezza europea e ponendo l’accento sulle politiche volte a fermare gli immigrati, a dispetto della protezione e, al tempo stesso, si favorisce la creazione di uno Stato di polizia. Per quanto riguarda la collaborazione proposta tra i settori pubblico e privato nel campo della sicurezza, la questione che emerge è chi eserciterà il controllo dell’onesta funzione dei privati e come. La possibilità di intervento da parte di privati – con interessi spesso controllati politicamente – nella configurazione e nella gestione delle politiche di sicurezza è destabilizzante.
Inoltre, un’iniziativa proposta dalla Commissione riguarda la lotta contro la propaganda terroristica e ci domandiamo quali siano i limiti della libertà di opinione e chi li fissi, con imparzialità politica e ideologica, quando i movimenti di liberazione sono condannati e i partiti politici sono definiti organizzazioni terroristiche.
Malcolm Harbour (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, vorrei cominciare affrontando la questione del mercato interno. Penso di essere fuori contesto, perché il mercato interno è già stato discusso da alcuni colleghi. Tuttavia, a nome del mio gruppo, accolgo con favore la revisione della strategia per il mercato unico. Sono lieto che ora ci si concentri sulla definizione “mercato unico”, perché descrive in modo molto più preciso ciò per cui stiamo lavorando. Daremo quindi alla Commissione grande sostegno per tale revisione e anche per altre iniziative volte a migliorare il funzionamento del mercato unico.
Ciò mi porta a una preoccupazione più generale che nutro riguardo al programma di lavoro e alle priorità che sono state presentate. E’ un grande miglioramento rispetto a quello dello scorso anno, sul quale ero stato molto critico, che conteneva un elenco interminabile di proposte senza un ordine di priorità. L’elenco è ancora lungo. Se ben ricordo, sono previste 21 iniziative e, come ha affermato il collega, onorevole Grosch, la differenza tra iniziative strategiche e priorità non è del tutto chiara. Ribadisco che un elenco contenente più di cinque priorità non è un elenco di priorità.
Tuttavia, vorrei fare un’osservazione fondamentale, cioè che per la questione dell’attuazione, che sono lieto sia stata inclusa, si fornisce una descrizione pittoresca, “attuazione: un lavoro quotidiano”, come se fosse una questione di routine (abbiamo ancora le consegne quotidiane di latte in Inghilterra, e sono lieto di dire in bottiglie da una pinta). In ogni caso, non è una questione di routine, è una questione fondamentale! Vorrei davvero sapere quali risorse la Commissione sta destinando all’attuazione delle sue politiche. Sul mercato unico, sappiamo che il Commissario McCreevy stima che il 90 per cento della legislazione sia già in vigore. L’attuazione è fondamentale. Dove si trova scritto quali risorse la Commissione sta destinando alle sue iniziative? Dove si trova scritto quali risorse la Commissione sta destinando a un piano per la trasposizione della direttiva sui servizi che approveremo domani, che costituisce un atto fondamentale? Se la Commissione non stanzia risorse a tal fine, essa non sarà attuata.
Vorrei chiedere al Commissario Wallström, che dovrebbe essere responsabile della comunicazione, di raggruppare insieme il prossimo pacchetto. Non voglio che la politica relativa al mercato unico sia sparsa in tutto il documento: voglio che la priorità del mercato unico sia descritta insieme con le relative azioni, le risorse necessarie per l’attuazione e il piano di semplificazione della Commissione, e voglio che tutto questo sia raggruppato insieme, con la percentuale di risorse che la Commissione intende destinarvi. In tal modo si avrebbero un documento logico e preciso e una comunicazione chiara.
Infine, riguardo alla direttiva sui servizi, sono lieto che l’onorevole Schulz sia presente, perché ho letto in un comunicato stampa che ha rilasciato oggi che la direttiva sui servizi è un enorme successo del gruppo socialista. Bene, onorevoli colleghi di questa ala del Parlamento, è un enorme successo del Parlamento e di tutti noi che lavoriamo insieme. Mi auguro che si abbia l’umiltà di riconoscerlo. Tuttavia, ho notato che si è infine unito al nostro club liberale, perché nel comunicato stampa afferma di sostenere la flessibilità necessaria per le imprese e per la creazione di nuovi posti di lavoro. Benvenuto nel club della liberalizzazione del mercato, onorevole Schulz!
Jo Leinen (PSE). – (DE) Signora Presidente, il 2007 sarà di sicuro un anno importante per stabilire se i cittadini saranno persuasi a sostenere l’Europa o se continueranno ad allontanarsi da essa.
Vorrei fare tre osservazioni al riguardo. La prima è che la dichiarazione di Berlino offre una buona occasione per chiarire l’idea di Europa e di progetto europeo. Mi auguro che la dichiarazione si concentrerà più sul futuro che sul passato. L’Europa è cominciata con l’energia e forse questo stesso settore può offrire una visione per il futuro, per esempio, se fosse proposto un progetto energetico su larga scala, in grado di soddisfare tutti i criteri cui aspiriamo. Penso all’economia idrogeno-solare, che sarebbe una vera e propria sfida per questo continente e persino per la comunità internazionale.
La seconda osservazione è che dobbiamo compiere progressi nel processo costituzionale. Naturalmente, è una responsabilità delle Presidenze, ma anche delle altre Istituzioni. Mi auguro che la Commissione fornisca realmente un contributo per mostrare ai cittadini che cosa hanno da perdere se la Costituzione non sarà ratificata, e che presenti anche proposte per superare le crisi. Il Vertice di giugno ha parlato della necessità di sviluppare elementi supplementari e mi auguro che nel 2007 anche la Commissione rifletterà su che cosa ciò significhi nella pratica.
La terza osservazione, signora Vicepresidente, riguarda le infrastrutture democratiche. Abbiamo le iniziative dei cittadini europei. Un milione di firme non devono andare sprecate. Ritengo sia necessario elaborare un quadro per le modalità di ricevimento di petizioni di massa come questa da parte dell’Istituzione. Sono compiti importanti per il 2007.
PRESIDENZA DELL’ON. OUZKÝ Vicepresidente
Genowefa Grabowska (PSE). – (PL) Signor Presidente, ho accolto con vero piacere i punti che figurano nelle ultime due parti del programma presentato, cioè le parti contenenti le iniziative strategiche e le strategie prioritarie. Si affronta in modo specifico la comunicazione, e vorrei ringraziare il Commissario Wallström per aver preparato questa parte insolitamente importante, in particolare nel 2006, in quanto il 2007 sarà un anno cruciale. Nel 2007 si dovranno introdurre le riforme interne e si svolgeranno i preparativi per le riforme costituzionali, principalmente in direzione dell’introduzione della Costituzione europea.
Tuttavia, temo che il Commissario sia rimasto privo di sostegno in questo ambito e che la Commissione non dedichi sufficiente attenzione alla questione e non stia fornendo un’assistenza adeguata nei preparativi necessari per le riforme, anche se sono i propri. Vorrei chiedere alla Commissione quali provvedimenti ha adottato per permettere all’Istituzione di operare nelle nuove condizioni nel 2009, con un nuovo Trattato, e se il numero di Commissari aumenterà o meno.
L’ultima questione che vorrei sollevare riguarda gli affari interni dell’Europa, la quale dovrebbe essere un luogo migliore e più sicuro in cui vivere per tutti i cittadini. Questo è ciò che si attendono tutti i cittadini dell’Unione europea, ma i cittadini dei nuovi Stati membri sono in una situazione meno favorevole. Hanno meno diritti in molti settori e subiscono discriminazioni in settori quali i viaggi transfrontalieri, per quanto riguarda i sistemi SIS e Schengen, e vorrei che questo elemento fosse eliminato. Se fosse eliminato, non dovremmo più parlare di campi di lavoro forzati in Europa.
Affari esteri
Maria Martens, a nome del gruppo PPE-DE. – (NL) Signor Presidente, pur ringraziando calorosamente la Commissione per la sua comunicazione, devo cominciare con alcune osservazioni un po’ più preoccupanti. Sono spiacente di dover dire che ciò che manca nella comunicazione della Commissione è una posizione chiara in materia di sviluppo. Vorrei rammentare i tre obiettivi della politica di sviluppo europea, descritti nel Trattato, cioè lo sviluppo sostenibile, la lotta contro la povertà e la graduale integrazione dei paesi in via di sviluppo nell’economia globale. Pur meritando una speciale menzione nella comunicazione, essi non vi figurano.
Vorrei inoltre chiedere alla Commissione di affrontare in modo più efficace il problema della relazione tra le politiche in altri settori e la politica di sviluppo. Penso, in particolare, alla relazione con la pesca, il commercio e l’immigrazione. E’ un criterio importante per riuscire a conseguire i nostri obiettivi di sviluppo e per fornire un contributo significativo anche alla realizzazione degli Obiettivi di sviluppo del Millennio, che abbiamo tutti approvato.
Infine, chiedo alla Commissione di includere nell’elenco delle priorità una serie di comunicazioni sui seguenti aspetti: le informazioni più recenti relative al contributo dell’Unione europea agli obiettivi di sviluppo; secondo, gli eventuali progressi compiuti nella politica di sviluppo europea per quanto riguarda il ciclo di sviluppo dell’OMC; terzo, le implicazioni della proposta della Commissione riguardante gli immigrati altamente qualificati per la fuga di cervelli nei paesi in via di sviluppo. Per concludere, l’assenza degli Obiettivi di sviluppo del Millennio e della lotta contro la povertà, nel paragrafo che descrive l’Europa come un partner globale, sorprende e delude.
Véronique De Keyser, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signor Presidente, innanzi tutto mi congratulo con la Commissione per aver dato priorità a una politica di comunicazione e, in particolare, per averla già applicata all’interno del Parlamento. Posso dire che, nel campo degli affari esteri, abbiamo ora contatti costanti e costruttivi con la Commissione.
Tuttavia, ciò non fa che aggiungersi alla costernazione che proviamo esaminando il programma della Commissione sulla politica estera e sui diritti umani. A mio parere, la comunicazione in materia è ellittica e quasi subliminale. Vi è un silenzio radio sul Mediterraneo. Che fine hanno fatto lo spirito di Barcellona e il concetto di alleanza tra civiltà? Sulla politica nei confronti dell’Africa, al di là della politica di sviluppo, si dice poco o niente. Si usa un’estrema discrezione riguardo all’America Latina, anche se il Parlamento europeo è attualmente impegnato nella costruzione di Eurolat. Infine, ma non per questo meno importante, la totale mancanza di riferimenti alla nostra politica in materia di diritti umani, anche se è l’immagine del nostro marchio nel mondo esterno e abbiamo appena ottenuto uno strumento specifico per la sua attuazione. Al riguardo, merita ricordare che la conclusione dei programmi d’azione con Israele, la Moldova e l’Ucraina darà luogo a negoziati difficili sui quali la comunicazione tace.
Infine, la politica estera presentata nel documento in esame sembra basarsi sulle relazioni bilaterali dell’Unione europea con alcuni paesi più che su una politica regionale o una politica relativa alle grandi comunità. Tutto risulta quindi privo di ambizioni, attrattive e vigore, ed è un grande peccato per i cittadini d’Europa.
Andrew Duff, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, per tutti noi il 2007 sarà l’anno chiave per trovare una via d’uscita dalla crisi costituzionale, e sono molto lieto di apprendere che il Presidente Barroso prevede che la Commissione svolgerà un ruolo centrale in tale contesto.
La strategia della Commissione volta a introdurre un cambiamento trasversale in tutte le politiche deve essere inquadrata in un contesto costituzionale. La riforma delle politiche avrà un effetto pratico se sarà collegata alle questioni riguardanti le competenze, gli strumenti, i poteri e le procedure dell’Unione. Per quanto riguarda gli affari esteri, per esempio, all’Unione occorre personalità giuridica. L’opinione pubblica sostiene l’Unione quale soggetto globale. Dobbiamo completare con successo il ciclo di Doha per il commercio e lo sviluppo. Dobbiamo proseguire con determinazione l’allargamento, nonostante i problemi attuali, alcuni dei quali sono almeno chiaramente previsti e prevedibili.
La Commissione e il Parlamento devono essere risoluti nel sostenere lo spiegamento di ingenti forze europee, non ultimo nel sud del Libano, in quanto questo esercizio di sicuro costituisce la prova più ardua per lo sviluppo della nostra politica estera di sicurezza e difesa comune.
Angelika Beer, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, in veste di coordinatrice per la politica estera e di sicurezza del gruppo Verde/Alleanza libera europea, vorrei fare alcune osservazioni critiche.
Sono state sollevate alcune questioni. L’onorevole De Keyser ha espresso i miei stessi sentimenti quando ha chiesto a che punto siamo. Possiamo vedere l’arco della crisi sull’Iraq, l’Iran, la Libia: il Medio Oriente. L’Europa, un soggetto globale, formula dichiarazioni, ma presenta un programma di lavoro statico, che consiste, da un lato, in una descrizione dei problemi banale e priva di sostanza politica e, dall’altro, in strumenti che – per quanto riguarda quelli effettivamente nuovi – nemmeno la Commissione considera un balzo quantico.
A questo punto, vorrei esprimere la nostra delusione per il fatto che i cinque nuovi strumenti di politica estera, che dovrebbero entrare in vigore il 1° gennaio e che per la prima volta sosterranno la politica estera della Commissione, la prevenzione dei conflitti civili, la gestione delle crisi e le opere di ricostruzione, non ricevono l’attenzione che meritano e rappresentano solo un inciso nel programma di lavoro.
Vi è poi l’idea di “politica di vicinato”. La Commissione deve chiarire in termini politici che cosa intende quando parla di “politica di vicinato leggera”. Non si fornisce più una definizione politica per questo concetto. Si usa un termine qualsiasi e ho l’impressione che nella pratica si eviti di fornire una definizione politica.
Vorrei concludere con un’osservazione positiva. Accolgo con favore il fatto che la Commissione stia infine affrontando il mercato della difesa; il problema è che nel programma al riguardo si dicono le stesse cose che si affermano da anni. Il Parlamento ha dato il via libera e attende infine risultati. Di conseguenza, mi spiace, ma non siamo soddisfatti del documento.
Konrad Szymański, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, l’Unione europea ha fatto molto per aumentare la sua visibilità sulla scena internazionale negli ultimi anni. Per permettere lo sviluppo di questo processo di emancipazione, dobbiamo affrontare problemi significativi. In seguito all’allargamento del 2004, siamo vicini di una regione molto tormentata dell’Europa orientale, in cui negli ultimi anni abbiamo visto la Russia riprendere una politica di coercizione nei confronti dei suoi vicini, paesi che oggi sono anche vicini dell’Unione europea. Spesso tali paesi – per esempio la Georgia e l’Ucraina – sono compresi nella nostra politica di vicinato, che la Commissione giustamente ritiene debba essere rafforzata.
Tuttavia, non è sufficiente introdurre una valida riforma degli strumenti di assistenza finanziaria. Per svolgere un ruolo importante nel mondo, in particolare se pensiamo all’Unione europea come “potenza persuasiva”, ci vuole credibilità. La credibilità è una prova cruciale, e non possiamo essere un soggetto globale e nemmeno regionale se non proteggiamo la Bielorussia dall’annessione alla Russia, fatto che potrebbe avvenire entro pochi mesi.
Non diventeremo un soggetto globale se scambiamo i diritti umani in Russia con il gas, o se per viltà chiudiamo le porte alle politiche democratiche, filoeuropee e filoccidentali dell’Ucraina e della Georgia. Sono obiettivi fondamentali per i nostri strumenti di politica estera. Se non riusciamo a utilizzarli con successo, il mondo vedrà crescere l’abisso tra le nostre dichiarazioni spesso moralistiche e la realtà. Il mondo non ha bisogno di un’Unione europea del genere e il mondo di sicuro avrà poco rispetto di un’Unione europea del genere.
Georgios Karatzaferis, a nome del gruppo IND/DEM. – (EL) Signor Presidente, come finirà il 2006? Qual è la nostra politica estera? Lo abbiamo visto l’altro ieri in Finlandia. Malediciamo la Russia e accarezziamo la Turchia. Questa è la realtà. Malediciamo la Russia, con la quale abbiamo una relazione di dipendenza energetica, e accarezziamo la Turchia, che afferma provocatoriamente: “sono la Turchia e posso imporre ciò che voglio all’Europa”. Come sapete, fa pressioni affinché si tratti con lei e al tempo stesso non riconosce il 25° Stato membro dell’Unione europea, Cipro. Questa è la nostra politica. Non vediamo che cosa succede a Gaza. L’Unione europea quando vedrà infine che cosa succede in quella parte del mondo, dove tutti i giorni si uccidono bambini? Vi sono stati circa 500 000 morti in Iraq. Quando prenderemo infine un’iniziativa? Quando ci sarà stato un miliardo di morti?
Che cos’è dunque l’Europa? L’Europa è sul vagone americano che ci porta dove vuole. Bene, abbiamo ceduto il timone, ma almeno impossessiamoci dei freni, in modo da contare qualcosa. Altrimenti non saremo altro che servi della politica estera degli Stati Uniti, che ci portano dove vogliono, quando vogliono.
Quali sono le nostre relazioni con la Cina? Lo sappiamo? Sono ostili? Sono amichevoli? Come affrontiamo questo fattore? Si sta sviluppando un asse cino-russo. Che cosa saremo? Il prosciutto, il salame nel panino che gli Stati Uniti d’America vogliono preparare? Decidiamo noi stessi la nostra politica estera. Definiamo la nostra politica. Non la vediamo da nessuna parte. Non vediamo la politica dell’Europa da nessuna parte. Seguiamo la politica americana, e io non penso che ci porti nella giusta direzione, verso un corretto sviluppo democratico.
(Applausi)
Robert Sturdy (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, in veste di coordinatore del gruppo PPE-DE vorrei evidenziare i punti seguenti.
Comprendiamo l’importanza degli aspetti esterni legati alla competitività dell’agenda di Lisbona e il coordinamento delle azioni interne ed esterne, e ribadiamo il nostro impegno a favore della strategia multilaterale nella politica commerciale e di sostegno all’OMC quale sede principale per la gestione della globalizzazione. Deploriamo quindi la sospensione dei negoziati dell’OMC ed esortiamo la Commissione a reagire e lottare a favore di una soluzione per il ciclo di Doha nel 2007.
Accogliamo con favore la comunicazione dell’Unione sull’Europa globale in concorrenza nel mondo. Sottolineiamo tuttavia che gli accordi regionali bilaterali devono rimanere elementi integrativi, come ho detto, del sistema commerciale multilaterale. Tuttavia, su questo punto ho alcune preoccupazioni reali, e vorrei chiedere chiarimenti alla Commissione su tale aspetto specifico. Perché non abbiamo compiuto progressi con gli Stati Uniti sulle questioni normative tra Unione europea e Stati Uniti, completando il mercato unico transatlantico? Dobbiamo impegnarci a completarlo entro il prossimo decennio. Non possiamo avere un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti, che comprometta il multilateralismo. Tuttavia, possiamo avere un accordo sulle questioni normative escluse dal campo di applicazione dell’articolo 34.
Infine, un aspetto che mi sta particolarmente a cuore: vi è grave preoccupazione per il crescente senso di protezionismo e il tentativo di fissare obiettivi al di fuori dell’agenda di Lisbona. Gli Stati membri ricorrono sempre più a metodi protezionistici. Se vogliamo trovare una soluzione, dobbiamo abbandonare questo atteggiamento.
Per concludere, nutro serie preoccupazioni per gli accordi di partenariato economico e per i negoziati relativi ai partenariati economici e sostengo la proposta della Commissione. Dobbiamo procedere e promuoverla. E’ una vera opportunità, probabilmente l’ultima che avremo, di fare qualcosa per aiutare i paesi poveri. Se riusciremo a raggiungere un accordo al riguardo, sarà un ottimo risultato. Attendo fiducioso che lo si faccia il prossimo anno.
Margrietus van den Berg (PSE). – (NL) Signor Presidente, molti cittadini sono scettici riguardo all’Europa di oggi e la sua missione è ambigua. Si spendono troppi fondi per vecchie priorità, come l’agricoltura, mentre le nuove priorità, l’Europa del futuro, come l’istruzione, la politica di immigrazione e il libero scambio, sono trascurate. L’Europa deve essere sociale, non solo verso l’interno, è necessaria un’Europa sociale anche verso l’esterno. Come potenza persuasiva, un’Europa coesa e unita può fare la differenza nel mondo.
Non abbiamo bisogno di azioni unilaterali come l’invasione dell’Iraq, ma di un impegno attivo nel Darfur, con l’aiuto del Consiglio di sicurezza. Nessuna ricaduta negli accordi commerciali bilaterali, ma un accordo commerciale multilaterale in sede di Organizzazione mondiale del commercio, che rispetti i servizi pubblici nazionali come l’acqua, l’istruzione, la sicurezza sociale e le case popolari. Nessuna sovvenzione alle esportazioni che crei una concorrenza sleale per l’Africa. Si deve porre fine alle sovvenzioni agricole estremamente distorsive e al dumping prima del 2013. I fondi che in tal modo si renderanno disponibili potranno essere utilizzati per lo sviluppo di mercati agricoli regionali in Africa.
Dobbiamo anche aprire i nostri mercati ai prodotti con valore aggiunto provenienti dai paesi poveri. In termini di aiuti e commercio, presentate argomenti a favore di valide iniziative volte a rafforzare la coerenza e il coordinamento. Nei settori dell’immigrazione, dell’agricoltura e del commercio, continuano a esistere enormi incongruenze, che potrebbero seriamente ostacolare la conclusione degli accordi commerciali regionali attualmente in discussione. Riguardo all’immigrazione, avete posto l’accento sull’eliminazione del problema, ma non è prevista una soluzione efficace per prevenire la fuga di cervelli. Perché non optare per una carta verde?
Infine, avete accettato lo strumento di cooperazione allo sviluppo, ma non è stato fatto alcun tentativo analogo di snellire l’accordo di Cotonou. Inoltre, non vi sono energie né tempo per una reale attuazione nel 2007. Per i documenti strategici nazionali, ciò prevede la consultazione sul posto e qui. Significa lavorare con documenti pubblici. Significa creare una titolarità reale nei paesi in via di sviluppo con le ONG, i parlamenti e i governi locali. Come per lo strumento per la cooperazione allo sviluppo, il Parlamento deve avere un’influenza reale e un controllo analogo.
Il 2007 sarà l’anno della verità per la Commissione. Persisterà il pensiero unilaterale del mercato a livello globale europeo o prevarrà la concorrenza leale e la solidarietà? Noi europei dimostreremo all’Africa che gli obiettivi del Millennio dopo tutto sono realizzabili? La situazione in Africa continua a peggiorare. Il 2007 dovrà essere l’anno della svolta.
Chiusura della discussione
Margot Wallström, Vicepresidente della Commissione. – (EN) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei esprimere i più calorosi ringraziamenti, a nome dell’intera Commissione, per tutti i contributi importanti e costruttivi alla discussione sul programma di lavoro del prossimo anno, che ascolto dalle tre del pomeriggio. La mia prima osservazione sarà di carattere politico, poi vorrei dire qualcosa sul processo. Tuttavia, quello che ho sentito è veramente un appello comune a favore dello sviluppo sostenibile, il che significa che la maggioranza di voi ha menzionato la necessità di creare occupazione e crescita. Questo è l’inizio del dibattito, ma dobbiamo rispettare la risorsa più importante che abbiamo, le persone, e garantire che vi sia un sistema di sicurezza sociale e di previdenza sociale che raggiunga effettivamente tutti i cittadini.
La crescita deve essere sostenibile, il che significa che dobbiamo tenere conto delle risorse naturali, delle questioni energetiche e dei vincoli ambientali. Questo è precisamente ciò che s’intende per sviluppo sostenibile, ferme restando la scelta del metodo europeo e la garanzia che tutti e tre questi elementi siano compresi in una politica ambiziosa a favore dell’occupazione e della crescita in Europa.
Ho sentito gli appelli a favore di posti di lavoro di qualità e di investimenti nell’istruzione e nell’innovazione, nella ricerca e nello sviluppo. Come sapete, ciò fa parte della nostra agenda politica sin dal primo giorno della Commissione Barroso.
Proponiamo una risposta in materia, perché è totalmente in linea con le ambizioni politiche di questa Commissione, e proponiamo riforme. Proponiamo la coesione sociale, e ritengo che in questo contesto sia importante menzionare, in quanto si è anche svolto un dibattito sulla politica regionale, che ora abbiamo tutto ciò che serve – bilanci, normative, eccetera – per una politica regionale per il periodo 2007-2013 e stiamo negoziando i programmi con gli Stati membri.
Auspichiamo una stretta cooperazione con il Parlamento per l’attuazione. La Commissione prende molto sul serio la dimensione urbana. Gli stanziamenti tengono conto delle necessità delle regioni più e meno avanzate d’Europa, perché si è parlato di politica di coesione iniqua e noi affermiamo che tutte e tre le dimensioni della coesione devono essere prese sul serio. Ciò trova espressione anche nei nuovi regolamenti, in cui la cooperazione in linea di principio è obbligatoria e l’82 per cento dei Fondi strutturali è destinato alle regioni più povere. Gli investimenti nelle persone sono uno dei tre obiettivi della politica di coesione e penso sia bene segnalare questo aspetto nella discussione.
Proponiamo anche misure di sicurezza. La sicurezza comprende la garanzia di poter vivere liberi da minacce terroristiche, dalla criminalità e dall’inquinamento ambientale. Affermiamo che è necessario affrontare la questione con molto ottimismo e in cooperazione con tutte le parti interessate, ma impegnandosi con gli Stati membri.
Ciò è legato alla questione del diritto non vincolante. Molti di voi hanno parlato di diritto non vincolante, rispetto ad altre misure e atti legislativi. E’ importante dire che il programma di lavoro della Commissione per il 2007 contiene 34 proposte legislative, che rappresentano il 36 per cento del totale, 57 proposte non legislative e un mandato di negoziazione. Le cifre sono superiori alle 24 proposte legislative, 57 proposte non legislative e 5 mandati di negoziazione dell’anno scorso, e indicano che la percentuale di iniziative legislative è aumentata dal 27 al 36 per cento. Al tempo stesso, la percentuale di proposte non legislative è leggermente diminuita.
Con un’Europa più varia, dobbiamo anche investire di più nel lavoro con gli Stati membri, al fine di garantire di essere preparati alla sempre migliore regolamentazione e legislazione che sarà introdotta. E’ quindi necessaria una migliore consultazione e proposte preparate meglio per ottenere risultati migliori, e ciò vale anche per i metodi di lavoro.
L’onorevole Harbour ha chiesto chiarimenti sulle risorse. In alcuni casi, forse la Commissione dovrebbe chiedere al Parlamento europeo di darci le risorse di cui abbiamo bisogno. Come sapete, al momento stiamo discutendo il modo in cui poter disporre di risorse sufficienti per fare tutto ciò che il Parlamento ha iscritto nella sua lista dei desideri. Ho sentito molte proposte su cose che andrebbero aggiunte all’elenco e cose che mancano – iniziative o proposte legislative – da includere nella lista: iniziative in campo energetico, iniziative in materia di immigrazione, revisione del mercato unico, inventario della realtà sociale, regime di scambi di emissioni, strategia europea per i servizi sociali, quadro comunitario per servizi sanitari efficienti, eccetera. Questi 21 obiettivi strategici comprendono precisamente i tre pilastri dello sviluppo sostenibile. Se dovessimo aggiungere altre iniziative o altro lavoro, avremmo anche bisogno delle necessarie risorse e non possiamo fingere che non sia così. Siamo preoccupati per il bilancio della Commissione. Dobbiamo spiegare ai nostri revisori, al Parlamento europeo e alle altre Istituzioni come usiamo i nostri fondi. Tuttavia, possiamo discutere la struttura fino alle calende greche, ma alla fine dobbiamo scegliere e abbiamo scelto di adottare un documento più politico e spiegare le priorità della Commissione Barroso.
La diversa struttura che proponete è molto ragionevole, ma ritengo che questo sia il modo di garantire che si possa svolgere un vero dibattito politico sulle priorità. Questo è il nostro desiderio sin dall’inizio, quando ci siamo impegnati a discutere il programma di lavoro con il Parlamento europeo. Ciò riflette il tipo di dialogo che da tempo intratteniamo con il Parlamento europeo, con i contributi di tutte le singole commissioni. Penso di parlare a nome di tutti i miei colleghi se dico che abbiamo gradito e goduto tale dibattito e l’interazione con il Parlamento europeo.
Vorrei anche dire che quando diversi di voi chiedono cose che ritenete manchino, in un certo senso si tratta della punta dell’iceberg. Si fa sempre molto in seno alla Commissione e ai nostri servizi. Qui trovate gli obiettivi strategici, le iniziative strategiche, alle quali affermiamo che daremo priorità. Al tempo stesso, vi sono diverse cose in cantiere. Ha ragione al riguardo, onorevole Harbour: si deve decidere di dare priorità ad alcune di esse. Troverete anche un elenco di priorità in materia di comunicazione. Questa è una risposta ad alcune osservazioni molto importanti sui diritti umani e contro le discriminazioni.
Come sapete, il 2007 sarà l’Anno delle pari opportunità. Questa è una delle nostre priorità in materia di comunicazione, per la quale ci impegneremo di sicuro con le altre Istituzioni. Se si debba adottare o meno una direttiva sarà discusso regolarmente con il Parlamento europeo, ma possiamo solo presentare direttive quando siamo pronti e quando le circostanze lo permettono. Ciò sarà discusso in un secondo tempo con le varie commissioni. I diritti umani e la lotta contro la discriminazione sono parte di tutto ciò che facciamo e chiaramente costituiscono una priorità politica in tutte le nostre attività.
Vi siamo grati per i vostri contributi. Nelle vostre osservazioni, trovo sostegno per le grandi ambizioni della Commissione per il 2007 e accolgo con favore anche la vostra ferma intenzione di lavorare insieme per realizzarle. Ci siamo altresì impegnati ad ascoltare i cittadini, realizzare gli obiettivi perseguiti, rendere conto della nostra attività e diventare più trasparenti ed efficaci. Vi ringraziamo per il vostro sostegno ai nostri sforzi volti a migliorare la comunicazione.
La Commissione studierà ora il contenuto della risoluzione che adotterete in dicembre. La Commissione risponderà nel modo più appropriato e tempestivo. La presentazione della strategia politica annuale per il 2008 potrebbe essere il momento in cui la Commissione spiegherà come intende tenere conto della risoluzione sul programma di lavoro.
Vorrei ribadire che la Commissione attribuisce la massima importanza al nostro accordo quadro. Si è rivelato una solida base per relazioni di lavoro produttive tra le nostre due Istituzioni. Deve rimanere nostro obiettivo comune farne il miglior uso possibile.
Onorevole Duff, ci incontriamo regolarmente nelle discussioni sul Trattato costituzionale e, come ha già appreso dal Presidente Barroso, abbiamo grandi speranze anche per il prossimo anno. Cominceremo ora a prepararci ad affrontare le questioni istituzionali e ci auguriamo di presentare il Trattato costituzionale il prossimo anno. Dovremo lavorare con gli Stati membri e impegnarci in un dialogo con loro su come farlo in modo equilibrato ed efficace. Tuttavia, è chiaro che i problemi affrontati dalla Costituzione non sono scomparsi. Sono presenti e si accentueranno con l’allargamento del prossimo anno. Questo è il motivo per cui dobbiamo riprendere la questione. Dobbiamo impegnarci in un dibattito. Nondimeno, non è stata una diversione affermare che era necessario anche un periodo di riflessione e che dobbiamo impegnarci con i cittadini. Abbiamo ricevuto molto in cambio. E’ stato necessario, perché si può osservare un cambiamento nel dibattito e nel clima presente in molti Stati membri. E’ importante sapere che possiamo mobilitare sostegno cercando di trovare una soluzione alla questione costituzionale.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà nel corso della seduta plenaria di dicembre.
(La seduta, sospesa alle 16.10, riprende alle 16.30)
PRESIDENZA DELL’ON. KAUFMANN Vicepresidente
16. Tempo delle interrogazioni (interrogazioni alla Commissione)
Presidente. L’ordine del giorno reca il Tempo delle interrogazioni (B6-0445/2006).
Saranno prese in esame le interrogazioni rivolte alla Commissione.
Prima parte
Presidente. Annuncio l’
interrogazione n. 30 dell’onorevole Manolis Mavrommatis (H-0881/06):
Oggetto: Università europee
Dai risultati di uno studio intrapreso nel 2006 dal Times Higher Educational Supplement sulla classificazione delle università nei cinque continenti risulta che fra le prime cento università del mondo sono comprese quaranta università europee, principalmente britanniche. La maggior parte delle sessanta restanti si trova negli Stati Uniti, in Australia e in Cina. Lo studio precisa inoltre che il bilancio annuale dell’Università di Harvard, che anche nel 2006 mantiene il primo posto, ammonta a 26 miliardi di dollari.
Intende la Commissione prendere nuove misure per sostenere la competitività delle università europee, e in caso di risposta affermativa quali? Inoltre, intende la Commissione potenziare ulteriormente il cofinanziamento degli istituti superiori e pensa di elaborare ufficialmente una tabella da cui risulti la visibilità delle università europee?
Ján Figel’, Membro della Commissione. – (EN) In base al principio di sussidiarietà, nell’Unione europea ogni Stato membro si assume la piena responsabilità dell’organizzazione dei propri sistemi d’istruzione e del contenuto dei programmi. Sono appena tornato dal Consiglio “Istruzione”, che oggi ha completato il suo lavoro sotto la Presidenza finlandese. La Commissione ha svolto e continuerà a svolgere un ruolo nella definizione di una politica che modernizzi l’istruzione superiore in quanto parte dell’applicazione dell’importante strategia di Lisbona, mediante il dialogo politico e l’apprendimento reciproco, in particolare tramite il metodo aperto di coordinamento nell’istruzione e nella formazione, nonché nel campo della ricerca.
Come stabilito dalla comunicazione della Commissione sulla realizzazione di un’agenda di modernizzazione delle università, occorrono misure per l’istruzione superiore, che vanno dalla riforma dei programmi didattici alle riforme della governance e dei finanziamenti. La responsabilità principale, ovviamente, ricade sulle autorità nazionali e sulle università degli Stati membri.
Anche i programmi comunitari per l’istruzione e la ricerca prevedono un sostegno finanziario a favore dell’agenda di modernizzazione. E’ possibile ottenere un sostegno cospicuo a titolo dei Fondi strutturali nel quadro sia dell’obiettivo “competitività” sia dell’obiettivo “convergenza”.
Per quanto riguarda la ricerca universitaria, va osservato che l’imminente settimo programma quadro di ricerca e sviluppo aumenta sostanzialmente le opportunità per incrementare le attività di ricerca universitaria. Come lei sa, l’ammissibilità complessiva dei progetti sta salendo dal 50 al 75 per cento e i programmi previsti per i prossimi sette anni nell’ambito sia dell’apprendimento permanente che della ricerca registreranno un incremento ragguardevolissimo nei rispettivi bilanci per il periodo 2007-2013.
Penso che l’Istituto europeo di tecnologia costituisca un segnale molto importante. Non si tratta di un aspetto che esula da questa interrogazione; è un’iniziativa molto importante per contribuire al trasferimento della conoscenza da parte di chi intensifica gli investimenti nella creatività, nell’innovazione e nel miglioramento della nostra competitività. L’Istituto europeo di tecnologia (EIT) può migliorare la competitività europea in tutti e tre gli elementi del triangolo della conoscenza: istruzione, ricerca e innovazione.
Per quanto riguarda la graduatoria, che costituisce una parte importante dell’interrogazione presentata dall’onorevole Mavrommatis, esistono effettivamente diverse graduatorie internazionali nel mondo. Ciascuna ha i suoi punti di forza, ma ha anche i suoi difetti. Benché siano utili per dare un’idea della competitività degli atenei, le vocazioni delle università sono talmente varie che nessun complesso di criteri può essere considerato un metro obiettivo. Sistemi di graduatorie diversi attribuiscono pesi diversi a criteri diversi e di conseguenza pervengono a risultati diversi. Tuttavia, ammesso che i criteri siano precisi, possono costituire uno strumento utile sia per i politici che per i manager. A questo punto, per rispondere direttamente all’interrogazione, la Commissione non pensa di elaborare una tabella ufficiale.
Manolis Mavrommatis (PPE-DE). – (EL) Signora Presidente, signor Commissario, ritiene che molti degli istituti d’istruzione superiore nelle posizioni di vertice della graduatoria generale – secondo altre due nuove indagini successivamente svolte – debbano i loro progressi e i progressi dei loro corsi e dei loro studenti principalmente al fatto di avere norme che disciplinano l’insegnamento privato e, se sì, la Commissione intende forse sovvenzionare gli Stati membri che intraprenderanno uno sforzo simile, a prescindere dalle sovvenzioni private che ricevono molte università nel mondo?
Ján Figel’, Membro della Commissione. – (EN) Penso che l’onorevole Mavrommatis abbia ragione a puntare il dito contro l’insegnamento, perché quando questo è disgiunto da altre attività, segnatamente la ricerca o addirittura il trasferimento di conoscenza mediante l’innovazione nella pratica e nell’economia reale, allora tutti questi aspetti diventano deboli o mediocri, e noi perdiamo posizioni, retrocedendo in serie B.
La risposta migliore è dunque investire di più e meglio. La questione richiede maggiori investimenti nell’insegnamento e nella ricerca, mentre investire meglio significa efficienza e riguarda il modo in cui ci organizziamo, come trasferiamo la conoscenza e come creiamo partenariati fra interessi pubblici e privati e fra il mondo accademico e la società. Tutto ciò è suscettibile di miglioramento nell’ambito delle nostre varie politiche e dell’Istituto europeo di tecnologia, che ho citato come uno degli esempi d’integrazione possibile di questi aspetti. Secondariamente, sono anche necessari maggiori investimenti.
In questo caso non parlerei di sovvenzione comunitaria, bensì di sostegno alla cooperazione europea, perché raccogliamo fondi e li distribuiamo conformemente alle norme concordate, e tali norme devono farci conseguire l’eccellenza, il trasferimento di conoscenza, nonché il riconoscimento o la promozione della qualità, non solo della quantità, nelle nostre istituzioni accademiche. Questa è la nostra responsabilità condivisa e la nostra missione comune.
Reinhard Rack (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, posso collegarmi direttamente a ciò che il Commissario Figel’ ha appena affermato. La ricerca è importante, ma anche l’insegnamento e la formazione degli studenti figurano indubbiamente tra i massimi obiettivi delle università.
Quando facevo il professore, mi amareggiava constatare che alcune università, in particolare quelle che si trovano sempre ai primi posti delle graduatorie più importanti – le università britanniche d’élite come Oxford e Cambridge, ad esempio – erano molto diffidenti in merito al programma ERASMUS, a differenza di molti altri atenei. Si potrebbe annoverare tra i criteri la partecipazione a questo programma?
Ján Figel’, Membro della Commissione. – (EN) Le graduatorie che sono emerse e, che ci piaccia o no, saranno oggetto del nostro dibattito, si basano su una serie di criteri scelti dalle istituzioni che le redigono. Tra queste graduatorie sono celebri quella dell’Università di Shanghai e The Times Higher Education Supplement.
Ho affermato che i criteri di valutazione sono limitati. Non intendiamo organizzare la nostra graduatoria basandoci su ERASMUS, ma ERASMUS è un biglietto da visita o un sistema popolare ed estremamente importante per migliorare la mobilità in Europa. C’è concorrenza non solo in termini di ammissibilità, come attualmente avviene per la maggior parte degli atenei, ma anche di numeri e relativamente al contenuto dei programmi ERASMUS. Tre anni fa abbiamo istituito Erasmus Mundus. ERASMUS non è solo sinonimo di migliaia di persone che studiano in ogni parte del mondo. Negli anni ’90, il frutto di questa cooperazione è stato il sistema europeo di trasferimento dei crediti. In seguito, nel 1999, è cominciato il processo di Bologna, un processo logico per attribuire qualifiche ottenute o integrate con studi all’estero a un numero sempre maggiore di studenti e cittadini in Europa.
A mio avviso, non dobbiamo organizzare graduatorie, ma vogliamo celebrare e promuovere ERASMUS come strumento importante per internazionalizzare i nostri studi e rendere l’Europa e le università europee maggiormente attraenti a livello mondiale. Organizziamo molte azioni congiunte in paesi terzi lontani dall’Europa. Quando parlo con partner extraeuropei, mi accorgo che ERASMUS è molto conosciuto, specialmente ora che Erasmus Mundus è considerato uno strumento competitivo cui le università europee ricorrono per contribuire a cambiare l’immagine dell’Europa all’interno e all’esterno. Perciò preferirei non parlare di graduatorie, ma della nostra capacità di costruire uno spazio europeo dell’istruzione più allettante.
Presidente. Annuncio l’
interrogazione n. 31 dell’onorevole Chris Davies (H-0896/06):
Oggetto: Emissione di biossido di carbonio dei nuovi veicoli a motore
Può la Commissione fornire una stima aggiornata delle emissioni medie di biossido di carbonio dei nuovi veicoli a motore immessi nel mercato automobilistico europeo?
Günther Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Signora Presidente, onorevole Davies, la Commissione attribuisce grande importanza all’impegno, che l’industria automobilistica si è assunta volontariamente, di ridurre le emissioni di anidride carbonica delle automobili. Questo impegno ha consentito, nelle nuove automobili, di limitare considerevolmente i consumi. Nel 2004 la media delle emissioni di anidride carbonica nelle nuove automobili è stata di circa il 12,4 per cento più bassa rispetto al 1995, scendendo da 186 a 163 grammi di emissione al km.
E’ nell’interesse dell’industria automobilistica mantenere gli impegni che ha assunto. Fallire l’obiettivo dei 140 g/km minerebbe la credibilità degli impegni volontari come alternativa a regolamenti giuridicamente vincolanti. Finora tutte e tre le associazioni industriali hanno raggiunto gli obiettivi parziali fissati nell’ambito dei loro impegni volontari. Benché considerino l’obiettivo finale molto ambizioso, tutte hanno riaffermato la loro determinazione a conseguirlo.
Non nascondo, però, che sono molto preoccupato in proposito. Da quando è stato pubblicato il rapporto sui progressi conseguiti alla fine del 2004, mi preoccupo del fatto che nei prossimi anni la riduzione media annuale dovrà essere molto maggiore di quanto non lo sia stata finora, se si vuole conseguire l’obiettivo finale. Non abbiamo ancora alcun dato definitivo per quanto riguarda il 2005, ma non mi aspetto una riduzione di entità maggiore rispetto al 2004. Nel caso dovesse risultare che l’industria automobilistica non riuscirà ad assolvere i suoi impegni, la Commissione dovrà intervenire – come ho già fatto presente – e proporre normative per assicurare la riduzione delle emissioni di anidride carbonica entro il livello che si ritiene necessario.
La Commissione sta attualmente rivedendo la strategia comunitaria intesa a ridurre le emissioni di anidride carbonica delle autovetture. Il gruppo ad alto livello CARS 21 raccomanda come strategia per il futuro un approccio integrato che comprenda tutte le parti in causa e conseguentemente un’ampia gamma di provvedimenti. Ritengo tale approccio essenziale per conseguire un’ulteriore riduzione delle emissioni di CO2 delle auto a costi sostenibili.
Per la fine dell’anno la Commissione deve adottare una decisione sulla futura strategia, che certamente richiederà ulteriori progressi nel campo dell’ingegneria automobilistica. Stiamo anche prendendo in considerazione, per esempio, l’idea di fissare obiettivi vincolanti per l’efficienza del carburante dei veicoli a motore, ma occorre tener conto anche di altri aspetti, come le misure politiche per promuovere l’impiego di carburanti a basso tenore di carbonio e cambiare le abitudini di guida.
Per inciso, dovremmo anche prestare maggior attenzione alle altre due parti integranti della strategia: l’etichettatura delle automobili a bassa emissione di CO2 e le agevolazioni fiscali a favore di tali veicoli. Purtroppo occorre dire che finora l’impatto di entrambe queste parti della strategia è stato estremamente modesto, ma credo che al riguardo esista un potenziale di miglioramento.
Chris Davies (ALDE). – (EN) Mi fa piacere che il Commissario Verheugen sia preoccupato, com’è giusto che sia, perché l’industria automobilistica ha ampiamente violato gli accordi che aveva sottoscritto con l’Unione in vista di tali riduzioni. Ciò è avvenuto in gran parte per ragioni di profitto, perché si possono guadagnare somme ingenti con i SUV a trazione integrale, o “trattori di Chelsea”, come si usa chiamarli nel Regno Unito.
Tre settimane fa, in questa stessa identica sede, il Commissario Dimas ha affermato che ovviamente sarebbe stata necessaria una normativa. Il Commissario Verheugen può indicare quale sarà la data più vicina per potere introdurre questa normativa, una volta che la Commissione abbia svolto la sua revisione da pubblicare a dicembre?
Günther Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Vorrei innanzi tutto rispondere al giudizio dell’onorevole Davies sul mercato automobilistico europeo. In effetti una delle ragioni per cui gli obiettivi non sono stati raggiunti – ma è solo una delle ragioni – è costituita dal mutamento di abitudini del mercato europeo, che ha registrato una crescita particolarmente rapida in uno dei suoi segmenti che non è esattamente d’ausilio alla questione dell’anidride carbonica. Si tratta del segmento dei SUV, i grandi, presunti fuoristrada che consumano moltissimo carburante. Sorprendentemente, questi veicoli grossi e particolarmente inquinanti hanno goduto finora di un trattamento di favore nella normativa vigente. La proposta della Commissione per lo standard Euro 5 prevede che si ponga fine al trattamento preferenziale riservato a questi veicoli particolarmente ingombranti e inquinanti. Questo è un punto importantissimo. La questione viene discussa proprio in questi giorni in Parlamento.
Per quanto riguarda le tempistiche, per ragioni di equità e affidabilità occorre dare all’industria automobilistica il tempo che le abbiamo concesso, ovvero fino al 2008. Se, tuttavia, risultasse – ed è quello che sta avvenendo – che gli obiettivi non sono stati raggiunti, l’anno prossimo la Commissione dovrà cominciare a preparare una normativa in modo da poterla presentare nel 2008.
Reinhard Rack (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, signor Vicepresidente della Commissione, le emissioni di particolato dei veicoli diesel sono un tema di attualità. Il Parlamento, assieme con il Consiglio, stabilisce valori elevati per l’inquinamento. Quali azioni sono previste per quanto riguarda le emissioni? Esistono norme pertinenti per i veicoli diesel e mirate all’industria automobilistica?
Günther Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Certamente, onorevole Rack. Nella proposta presentata dalla Commissione alla fine dell’anno scorso, relativa all’introduzione di una norma Euro 5 per i veicoli, si riducono le emissioni di particolato sia per i veicoli commerciali leggeri che per le autovetture. La nostra proposta riduce il valore limite per le particelle di fuliggine emesse dalle vetture diesel a 5 mg/km a partire dal 2009. Non possiamo fissare questo valore più in basso perché in tal caso diventerebbe impossibile misurarlo. Nel 2009 entrerà dunque in vigore il valore limite di 5 mg, il che significa che, per allora, i veicoli diesel privi di filtri per il particolato saranno un ricordo del passato.
Quanto agli ossidi di azoto, la situazione è più complessa perché, per la larga maggioranza degli autoveicoli, la specifica tecnologia non è ancora disponibile, almeno al momento. La proposta della Commissione prevede una riduzione fino a 200 mg/km ed è attualmente oggetto di dibattito parlamentare. Una seconda misura, a sua volta oggetto delle discussioni attuali, è la mia proposta di ridurre da 200 a 80 mg le emissioni di ossidi di azoto per i veicoli diesel. Questa norma entrerebbe in vigore nel 2014 o nel 2015.
Jörg Leichtfried (PSE). – (DE) Signor Commissario, le emissioni di anidride carbonica hanno un impatto su scala mondiale e naturalmente delle omissioni globali di CO2 risente anche l’Europa. Per questo motivo vorrei sapere se la Commissione è a conoscenza di eventuali dati sulla situazione in cui versano altri centri industriali per ciò che riguarda la riduzione delle emissioni e, in secondo luogo, se la Commissione sta cercando di intervenire in tal senso.
Günther Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Sono molto grato all’onorevole Leichtfried per aver posto questa domanda, perché mi offre l’opportunità di dissipare un equivoco relativamente diffuso. Ovviamente disponiamo di questi dati e, a mio avviso, è positivo che il livello delle emissioni delle nuove automobili europee sia nettamente inferiore alle emissioni medie prodotte dalle auto in altre parti del mondo e sia significativamente più basso rispetto a quello dei paesi produttori di petrolio, tra cui gli Stati Uniti e il Giappone. E’ interessante osservare in questa sede che tali paesi, che registrano valori peggiori dei nostri per quanto riguarda le emissioni, hanno emanato regolamenti giuridicamente vincolanti per tutti i settori.
Seconda parte
Presidente. Poiché vertono sullo stesso argomento, annuncio congiuntamente l’
interrogazione n. 41 dell’onorevole Bernd Posselt (H-0898/06):
Oggetto: Imposte sulla birra
Qual è la posizione della Commissione rispetto al progettato aumento dell’imposta sulla birra?
e l’interrogazione n. 42 dell’onorevole Justas Vincas Paleckis (H-0925/06):
Oggetto: Metodo di calcolo inerente all’aumento delle accise sull’alcool
Le Istituzioni dell’Unione europea stanno esaminando la proposta della Commissione relativa all’aumento delle accise sull’alcool. Considerata l’inflazione nel periodo dal 1993, anno in cui sono entrati in vigore i vigenti tassi minimi di accisa sull’alcool, fino al 2005, si propone di aumentare del 31% i tassi minimi di accisa.
I nuovi Stati membri tuttavia hanno aderito all’UE il 1° maggio 2004 sottoscrivendo, a decorrere da tale data, gli impegni relativi ai tassi minimi di accisa applicabili alle bevande alcoliche. In base alla succitata proposta della Commissione, tali Stati saranno tenuti ad aumentare i loro tassi di accisa in funzione dei livelli di inflazione riscontrati negli altri Stati membri in un momento in cui i nuovi Stati membri non avevano ancora aderito all’UE.
Reputa la Commissione equo e logico un siffatto meccanismo? Conviene essa sull’opportunità di applicare, ai nuovi Stati membri, un altro metodo di calcolo delle accise sull’alcool?
László Kovács, Membro della Commissione. (EN) Desidero informare gli onorevoli parlamentari che l’8 settembre 2006 la Commissione ha adottato una proposta volta ad adeguare le aliquote minime di accisa sull’alcole e sulle bevande alcoliche per tener conto dell’inflazione dal 1993, data in cui sono state stabilite le aliquote attuali. La proposta trae origine da un invito presentato unanimemente dal Consiglio il 12 aprile 2005.
La proposta prevede che gli aumenti proposti entrino in vigore dal 1° gennaio 2008. Tuttavia, al fine di ridurre le difficoltà cui alcuni Stati membri potrebbero andare incontro aumentando le loro aliquote nazionali per rispettare i valori minimi rivalutati, sono stati proposti periodi transitori fino al 1° gennaio 2011.
L’espansione inflazionistica è del 31 per cento, secondo i dati Eurostat e dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo. Per quanto riguarda la birra, ciò significa che l’attuale aliquota minima di 74,8 centesimi di euro per ettolitro/grado salirà a 98 centesimi di euro. In altre parole, l’attuale aliquota minima sulla base di mezzo litro di birra di un titolo alcolometrico del 5 per cento salirà da 4,5 a 6 centesimi di euro, un aumento di circa 1,5 centesimi di euro.
Tale proposta non riguarda la maggioranza degli Stati membri, in quanto le loro aliquote nazionali si attestano già al di sopra dei valori minimi rivalutati proposti. Tuttavia, l’impatto sugli Stati membri coinvolti dipenderà chiaramente dal livello delle loro attuali aliquote nazionali. La Germania, per esempio, dovrà aumentare l’aliquota nazionale sulla birra del 24,5 per cento per rispettare i valori minimi rivalutati. Ciò corrisponde ad un aumento dell’accisa di poco più di 1 centesimo di euro per mezzo litro di birra. Inoltre, nel periodo transitorio proposto, la Germania avrà tempo fino al 1° gennaio 2011 per apportare l’aumento necessario. Gli onorevoli deputati avranno modo di verificare che l’effetto dell’adeguamento proposto all’inflazione sarà alquanto modesto e non giustifica le proteste sollevate in alcuni Stati membri.
In risposta alla questione specifica sollevata dall’onorevole Paleckis, la Commissione ha sottolineato che lo scopo dell’applicazione di aliquote minime è di limitare distorsioni del mercato interno mediante livelli di imposte diversi stabiliti dagli Stati membri. Pertanto, è opportuno che l’aliquota minima sia la stessa in tutta l’Unione europea.
Ad avviso della Commissione non ha senso avere aliquote minime diverse a seconda del momento in cui l’uno o l’altro Stato membro è entrato a far parte dell’Unione. Come indicato sopra, la proposta della Commissione contiene periodi transitori adeguati.
Infine, desidero aggiungere che la proposta è attualmente oggetto di discussioni in seno al Consiglio. Queste dimostrano che la questione è più difficile del previsto considerando che la proposta stabilisce un semplice adeguamento matematico, che sortisce soltanto un effetto marginale in alcuni Stati membri.
Desidero informare gli onorevoli parlamentari che il 7 novembre, solo una settimana fa, quando abbiamo discusso per la prima volta la questione al Consiglio ECOFIN, tre Stati membri – Germania, Repubblica ceca e Lituania – si sono opposti alla proposta. Essa non ha, pertanto, ottenuto il sostegno unanime richiesto, per questo motivo abbiamo rimandato la decisione finale e il dibattito al prossimo incontro ECOFIN previsto per il 28 novembre. Come gli onorevoli parlamentari certamente sapranno, la questione sarà inoltre oggetto di discussioni in Parlamento.
Bernd Posselt (PPE-DE). – (DE) Signor Commissario, è a conoscenza del fatto che, quando la Baviera è entrata a far parte del Reich tedesco nel 1871, lo ha fatto solo a condizione che la birra fosse riconosciuta quale prodotto alimentare di base il cui consumo era permesso anche durante il servizio militare? Pertanto, in Baviera la birra è un prodotto alimentare di base. Inoltre, occorrerebbe forse fare una distinzione più chiara tra la birra e le bevande gasate alcoliche – vale a dire, tra un prodotto naturale e sano e uno molto meno sano? La seconda domanda che rivolgo al Commissario è se non sia forse il caso di tenere in maggiore considerazione le tradizioni regionali e nazionali. In particolare, desidero chiederle se un’idea migliore potrebbe essere quella di ridurre l’IVA e la tassazione sulla birra per il settore della ristorazione, al fine di garantire la sopravvivenza della pregiata qualità delle nostre imprese di ristorazione – fondamentali per la salute. Più sano è il settore della ristorazione, più sani sono i cittadini.
László Kovács, Membro della Commissione. (EN) Comprendo questo punto di vista e lo condivido. Io stesso apprezzo la birra. Ma questa posizione non è condivisa né dalla Commissione né dal Consiglio.
Danutė Budreikaitė (ALDE). – (LT) Ad oggi, è stata applicata una accisa minima sulle bevande alcoliche più popolari quali il vino e la birra, con un’aliquota zero applicata al vino ma non alla birra; al momento, ci sono iniziative volte ad aumentare l’accisa sulla birra. La Commissione è in grado di spiegare tali differenze relative all’accisa su tipi diversi di bevande alcoliche, soprattutto ora, in vista del negoziato della Francia per l’esenzione di un particolare tipo di vino?
László Kovács, Membro della Commissione. (EN) Lo scorso anno, quando l’aumento dell’accisa sull’alcole e sulle bevande alcoliche è stato discusso dal Consiglio ECOFIN, alcuni Stati membri hanno sollevato la questione della differenza tra le imposte sulla birra e le imposte sul vino. Come gli onorevoli parlamentari probabilmente sapranno, dal 1992, quando furono stabilite le aliquote attuali, non esistono aliquote di accisa positive sul vino. In quel momento, è stato concordato definitivamente che al vino si sarebbe applicata un’aliquota zero. Fino a quando non venga presa una decisione diversa per rivalutare l’accisa, un’aliquota zero rimane a zero, anche con la proposta di aumentarla del 31 per cento.
Comprendo le opinioni di chi sostiene che fondamentalmente non c’è molta differenza tra il vino e la birra, ed è anche vero che vino e birra sono in concorrenza sul mercato destinato ai consumatori. Tuttavia, cambiare la legislazione richiederebbe l’unanimità e, dalle informazioni di cui dispongo, almeno dieci Stati membri porrebbero certamente un veto sulle aliquote positive sul vino.
Justas Vincas Paleckis (PSE). – (LT) Purtroppo, a causa di cambiamenti nell’ordine di presentazione dei Commissari, non sono riuscito ad ascoltare parte della risposta alla mia interrogazione; pertanto, desidero chiedere ancora una volta al signor Commissario se può garantire che i nuovi Stati membri dell’Unione europea non saranno discriminati in materia di bevande alcoliche.
László Kovács, Membro della Commissione. (EN) Ho già dichiarato nella mia risposta che, secondo la Commissione, non avrebbe senso avere due aliquote di accisa diverse per i nuovi e i vecchi Stati membri.
Per ciò che concerne la questione del punto di partenza, e se esso debba essere o meno rappresentato dalle aliquote stabilite nel 1992 ed entrate in vigore nel 1993, queste possono essere il punto di partenza, come prevede la proposta attuale.
Se il Consiglio ECOFIN è d’accordo, potremmo individuare altre date di inizio, ma tale punto non è ancora ufficialmente nell’agenda del prossimo incontro ECOFIN, che avrà luogo il 28 novembre. La Commissione sta, certamente, facendo del suo meglio per trovare una soluzione universale e uguale per tutti gli Stati membri, nuovi e vecchi, e auspico che il 28 novembre giungeremo finalmente ad una decisione accettabile per tutti gli Stati membri.
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, sebbene tradizionalmente gli europei amino bere, da anni il consumo di alcool sta diminuendo anche senza l’applicazione di tasse e avvertenze per la salute. In realtà, l’esempio americano è la dimostrazione di ciò che accade quando il consumo di alcool viene criminalizzato: i giovani passano alle droghe di sintesi. Non sarebbe forse meglio che la Commissione intensificasse la lotta contro le droghe illegali piuttosto che demonizzare e aumentare sempre le tasse sull’alcool, la droga prediletta dalla cultura europea?
László Kovács, Membro della Commissione. (EN) La Commissione non ha certamente proposto di aumentare le imposte sull’alcool, in quanto ciò che stiamo facendo è solo una rivalutazione.
Le attuali aliquote sull’accisa sono state stabilite nel 1992 e sono entrate in vigore a partire dal 1° gennaio 1993. Nell’arco di tempo trascorso da allora fino ad oggi hanno perso il 31 per cento del loro valore. La proposta rivaluta semplicemente l’accisa, che però non è stata aumentata di un solo centesimo.
Richard Corbett (PSE). – (EN) Signor Commissario, conviene che ci troviamo di fronte a una duplice distorsione nel mercato unico, una distorsione tra birra e vino, gravemente iniqua, una distorsione che trae origine dal fatto che ci sono aliquote di imposta e di accisa profondamente diverse tra gli Stati membri? Nel mio paese, questo comporta che centinaia di furgoncini bianchi si dirigono a Calais, si riforniscono e rientrano nel Regno Unito per vendere sul mercato nero, a grande detrimento dell’industria della birra britannica, delle birrerie e dei dettaglianti. Sono sicuro che succeda lo stesso anche altrove.
László Kovács, Membro della Commissione. (EN) Quale parlamentare rappresentante del Regno Unito sarà certamente a conoscenza del fatto che diversi Stati membri si sono opposti fermamente all’armonizzazione in generale e in linea di principio.
Ciò che l’Unione europea ha già ottenuto è l’armonizzazione delle aliquote minime di accisa, e gli Stati membri sono liberi di fissare un’aliquota nazionale molto più elevata del valore minimo. Attualmente abbiamo un’aliquota minima di accisa sulla birra e sul vino pari a zero; ammetto che questa situazione conduca a distorsioni, ma, come ho detto, cambiare tale normativa richiede una decisione unanime al Consiglio ECOFIN, un risultato che non si può sperare di raggiungere al momento.
Inoltre, alcuni Stati membri applicano esclusivamente le aliquote minime, mentre altri applicano aliquote molto maggiori. Per esempio, per ciò che concerne le acquaviti, mi risulta che in alcuni Stati membri scandinavi l’aliquota di accisa reale sia oltre dieci volte il minimo obbligatorio. Questo può certamente condurre a distorsioni. Tuttavia, rientra nella giurisdizione di ciascuno Stato membro stabilire l’aliquota superiore al valore minimo o al minimo, ma certamente non inferiore al minimo.
Presidente. Annuncio l’
interrogazione n. 43 dell’onorevole Georgios Papastamkos (H-0891/06):
Oggetto: Sistema decentralizzato in materia di diritto della concorrenza
Il regolamento (CE) n. 1/2003(1) prevede, fra le altre cose, la sostituzione del sistema centralizzato precedentemente in vigore con un sistema derogatorio direttamente applicabile, in base al quale le autorità garanti della concorrenza e le giurisdizioni degli Stati membri sono competenti non solo ad applicare l’articolo 81, paragrafo 1, e l’articolo 82 del Trattato, direttamente applicabili in virtù della giurisprudenza della Corte di giustizia, delle Comunità europee, ma anche l’articolo 81, paragrafo 3, del Trattato.
Quali sono le prime valutazioni dell’efficacia di questo nuovo sistema di decentramento? Oltre alle autorità nazionali indipendenti e garanti della concorrenza viene raccomandata, quale prassi di eccellenza, istituzione di organi giurisdizionali nazionali che, avendo familiarità con gli aspetti tecnici e la complessità della materia attinente alla politica della concorrenza, potranno occuparsi esclusivamente di controversie riguardanti la protezione della concorrenza?
Neelie Kroes, Membro della Commissione. (EN) Signora Presidente, conformemente ai principi dell’autonomia procedurale e istituzionale alla base del Trattato CE, spetta a ciascuno Stato membro determinare quali tribunali siano responsabili in materia di concorrenza.
La maggior parte degli Stati membri, come saprà, dispone di norme procedurali specifiche per le questioni relative alla concorrenza e tra queste figurano, ad esempio, il deferimento diretto di tali casi alle giurisdizioni superiori, con limitazioni riguardo al numero o tipo di giurisdizioni competenti o al ricorso a organi giurisdizionali specializzati.
Le giurisdizioni nazionali hanno a loro disposizione una serie di meccanismi in caso di dubbio sull’applicazione degli articoli 81 e 82 in un procedimento. In particolare, ai sensi dell’articolo 15 del regolamento n. 1/2003, i giudici nazionali possono sollecitare il parere della Commissione su dubbi riguardanti l’interpretazione delle norme comunitarie in materia di concorrenza sollevati dai fatti pertinenti di un caso. Finora le giurisdizioni nazionali si sono avvalse di tale possibilità in circa venti cause. Se vuole ottenere un’interpretazione vincolante delle norme, il giudice nazionale può adire la Corte di giustizia nel quadro del procedimento pregiudiziale. Diversi Stati membri prevedono, inoltre, la possibilità per i giudici di adire le autorità nazionali garanti della concorrenza per questioni delicate.
La Commissione accoglie con favore, chiaramente, tutte le iniziative intraprese dagli Stati membri per aumentare le competenze degli organi giudiziari nazionali in materia di diritto comunitario della concorrenza. La Commissione stessa ha già cofinanziato la formazione di circa 1 900 giudici relativamente all’applicazione delle norme comunitarie in materia di concorrenza.
Georgios Papastamkos (PPE-DE). – (EL) Signora Presidente, la sovrapposizione tra le competenze delle autorità nazionali in materia di concorrenza e quelle delle altre autorità nazionali di regolamentazione sta forse portando alla frammentazione della politica in materia di concorrenza in molti Stati membri? E’ forse fonte di instabilità giudiziaria? Non ritiene, signor Commissario, che una solida istituzione sorta dalla fusione delle autorità di regolamentazione – come è avvenuto, per esempio, in Olanda, dove l’autorità garante della concorrenza ha preso il posto dell’autorità di regolamentazione in materia di energia e dell’autorità in materia di telecomunicazioni – sarebbe un modello valido anche per gli altri Stati membri?
Neelie Kroes, Membro della Commissione. (EN) In effetti si potrebbero fornire maggiori informazioni sull’operato della REC relativamente alla situazione da lei affrontata. Nel corso dei regolari contatti con tutte le autorità coinvolte dovremmo esercitare pressioni per accertarci di ciò che sarebbe meglio nei diversi casi specifici. Ritengo che se la nostra formula potrà venire applicata negli stessi Stati membri e se sarà collegata alle nostre regole e normative in tale settore, potrà fornire un sostegno. Dobbiamo considerare che i giudici nazionali hanno avuto unicamente il diritto di applicare pienamente gli articoli 81 e 82 in azioni già avviate.
Il coordinamento tra le autorità nazionali e la Commissione è molto stretto e avviene a cadenza giornaliera. Sono pienamente cosciente dei frutti che il dialogo ha dato finora, e non vedo alcuna ragione per prevedere un cambiamento.
Richard Corbett (PSE). – (EN) Uno dei vantaggi del decentramento dovrebbe essere quello di consentire alla Commissione di concentrarsi meglio sui casi più significativi. E’ in grado di dirmi, dunque, come mai la Commissione, quale maggiore autorità mondiale in materia di concorrenza, non ha mai affrontato efficacemente una delle maggiori pratiche restrittive mondiali, vale a dire quella della De Beers Diamond Company, per quanto riguarda il cosiddetto sistema del fornitore selezionato, altamente restrittivo per la concorrenza?
Neelie Kroes, Membro della Commissione. (EN) Comincio con un apprezzamento verso l’onorevole parlamentare che ha affrontato una questione di estrema importanza, complimentandosi per il fatto che siamo la maggiore autorità in materia di concorrenza. Il mio collega, il Commissario Figeľ, ha risposto a una interrogazione relativa al sistema di classificazione; orbene, al momento, in materia di concorrenza, siamo i migliori. Essere al primo posto è un onore, ma rappresenta altresì una sfida se si vuole mantenere tale posizione.
Lei ha citato De Beers e le farò conoscere per iscritto i dettagli di quanto è stato già fatto. Sarà a conoscenza del fatto che eravamo impegnati nel caso ALROSA/De Beers, specificamente connesso alla questione da lei affrontata. Siamo in possesso di risorse limitate, ma in un dato momento, se decideremo di affrontare un monopolio o un semi-monopolio, procederemo. Continueremo a vigilare e a seguire tale caso.
Katerina Batzeli (PSE). – (EL) Signora Presidente, desidero formulare alcune osservazioni sulla posizione della Commissione relativamente alla fusione tra le autorità garanti della concorrenza e le autorità di regolamentazione. Vorrei precisare, a proposito di quanto ha affermato nella sua risposta, che, quando si tratta di salvaguardare l’efficacia delle autorità di regolamentazione, la priorità va alle autorità in materia di concorrenza e alla trasparenza. Questi sono i principi fondamentali. Ritengo che le autorità di regolamentazione, selezionate e stabilite dalla Commissione, in particolare le autorità di regolamentazione in materia di energia, svolgano un ruolo importante rimanendo indipendenti dal comitato sulla concorrenza.
Neelie Kroes, Membro della Commissione. (EN) Per rispondere in termini precisi alla questione, gli Stati membri hanno la facoltà di ripartire il lavoro di esecuzione tra autorità di tipo diverso, e l’autorità nazionale di regolamentazione diventa l’autorità nazionale garante della concorrenza, come lei certamente saprà.
Per quanto riguarda il fattore nazionale, questo è parte della Rete europea della concorrenza e, come ho già ricordato, i rapporti di collaborazione nell’ambito della rete sono totalmente collegiali. Sappiamo quali siano le regole, e sono in effetti quelle appena ricordate dal suo collega. In generale, noi ci occupiamo dei casi di maggiore entità, o almeno dei casi relativi alle nostre regole e normative in materia di concentrazione, ma se l’autorità nazionale in materia di concorrenza vuole e può occuparsi dei casi nazionali, è sua prerogativa farlo.
Tuttavia, non si tratta di una legge indiscutibile. Se l’autorità nazionale garante della concorrenza preferisce deferire a noi un caso, siamo disposti, e certamente anche in grado, di occuparcene.
Presidente. Annuncio l’
interrogazione n. 44 dell’onorevole Ruth Hieronymi (H-0899/06):
Oggetto: Sostegno alle produzioni cinematografiche attraverso agevolazioni fiscali nel Regno Unito
Nel Regno Unito è attualmente all’esame la legge finanziaria e possono beneficiare di agevolazioni fiscali solo le determinate spese che vengono attuate nel paese.
Ne consegue che le produzioni cinematografiche statunitensi che vengono realizzate nel Regno Unito, beneficiano in ampia misura di tali agevolazioni fiscali, al contrario delle coproduzioni britanniche che vengono prodotte nell’Unione europea.
Questo previsto sistema di agevolazioni fiscali è compatibile con la normativa comunitaria in materia di concorrenza? In caso affermativo, sarebbe giustificabile tale disparità di trattamento delle produzioni europee tenendo conto della missione di valorizzazione delle diversità culturali nell’Unione europea prevista dall’articolo 151 del trattato UE? In caso negativo, quali misure prevede tale trattato e, soprattutto, la normativa comunitaria in materia di concorrenza per l’intervento della Commissione europea in un caso di questo genere?
Neelie Kroes, Membro della Commissione. (EN) La Commissione sta attualmente discutendo con le autorità del Regno Unito relativamente al regime britannico di incentivi fiscali per le produzioni cinematografiche, notificato alla Commissione nell’ambito delle norme relative agli aiuti di Stato.
La Commissione sta valutando il caso sulla base della comunicazione sul cinema del 2001, che prevede che gli Stati membri possano concedere aiuti di Stato alle produzioni di film il cui contenuto abbia natura culturale, in base a criteri nazionali verificabili. Conformemente al principio di sussidiarietà, la comunicazione sul cinema consente agli Stati membri di determinare tali criteri. L’articolo 151 del Trattato e la comunicazione sul cinema non escludono la possibilità per le produzioni o per le coproduzioni di paesi terzi di beneficiare degli aiuti di Stato concessi dagli Stati membri a sostegno dei film. Tuttavia, la comunicazione sul cinema consente agli Stati membri di chiedere che fino a un massimo dell’80 per cento dei costi di produzione del film sia speso nel territorio che usufruisce degli aiuti di Stato.
Il regime britannico prevede tale requisito. Inoltre, non era del tutto chiaro, sulla base delle notifiche iniziali delle agevolazioni fiscali per i film britannici, che le coproduzioni europee che soddisfano le condizioni della Convenzione europea sulla coproduzione cinematografica non necessitano di superare il test culturale britannico per usufruire dei vantaggi nell’ambito del regime. Su richiesta della Commissione le autorità del Regno Unito hanno chiarito tale punto negli orientamenti che hanno pubblicato relativamente al sistema. Pertanto, le condizioni da osservare per le coproduzioni europee onde beneficiare del regime riflettono le norme europee comunemente applicate. Al contrario, le produzioni statunitensi e le coproduzioni britannico-americane devono superare il test culturale del Regno Unito per usufruire del regime fiscale.
Il test culturale britannico contiene i criteri nazionali verificabili, volti a garantire che gli aiuti di Stato siano diretti verso un prodotto culturale. Questo è uno degli aspetti del regime che la Commissione sta esaminando.
Ruth Hieronymi (PPE-DE). – (DE) Desidero chiedere al Commissario se tali criteri culturali per le coproduzioni britannico-americane figurano già nei progetti che il governo britannico ha presentato finora o se devono ancora esservi inclusi. La mia seconda domanda è la seguente: qual è la situazione relativa alle coproduzioni britanniche in altri Stati membri dell’UE?
Neelie Kroes, Membro della Commissione. (EN) La domanda dell’onorevole parlamentare affronta una questione cruciale nell’ambito delle attività britannico-statunitensi in questo settore. La spesa per un attore americano che gira un film nel Regno Unito potrebbe essere ammessa a beneficiare degli incentivi fiscali sui film britannici, tuttavia anche la spesa per un attore di un altro Stato membro sarebbe ammessa ad agevolazione purché il film venga girato nel Regno Unito.
L’onorevole deputata accenna all’ipotesi che i film siano coprodotti dal Regno Unito e da altri Stati membri. E’ vero che i costi sostenuti per le riprese di un attore europeo o britannico in un altro Stato membro non sarebbero ammissibili a un rimborso nell’ambito del regime britannico. Tuttavia, il coproduttore dell’altro Stato membro potrebbe includere nei propri costi di produzione le spese sostenute per un attore europeo o britannico nel proprio Stato membro, e tali spese potrebbero beneficiare di sostegno da parte del paese membro in questione.
Presidente. Annuncio l’
interrogazione n. 32 dell’onorevole Claude Moraes (H-0871/06):
Oggetto: Prevenzione e cura dell’HIV/AIDS in Sud Africa
Può la Commissione fornire dettagli sull’attività svolta dall’Unione europea circa la prevenzione e la cura dell’HIV/AIDS in Sud Africa?
Quali iniziative intende adottare la Commissione per promuovere la somministrazione dei farmaci antiretrovirali in Sud Africa? Quali progressi sono stati fatti riguardo alla disponibilità di farmaci e di medicinali non brevettati per coloro che sono affetti da HIV/AIDS in Sud Africa?
Louis Michel, Membro della Commissione. (FR) Signora Presidente, onorevoli deputati, riguardo alla questione del virus dell’immunodeficienza umana (HIV) e alla sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS), la Commissione sostiene gli interventi attuati dai ministeri della salute nazionali e provinciali dal 1994. Diverse organizzazioni non governative hanno inoltre ricevuto aiuti diretti a titolo del programma europeo per la ricostruzione e lo sviluppo e/o della linea di bilancio per le malattie legate alla povertà. Tali attività hanno raggiunto, nel complesso, i risultati prefissati dai diversi progetti. Tuttavia, la loro sostenibilità, in particolare nei settori sociali, è fonte di preoccupazione per i costi correnti che comportano.
Due iniziative attuate con i ministeri della salute beneficiano attualmente dei fondi del programma indicativo. Per quanto riguarda il primo, esistono partenariati per la fornitura di assistenza sanitaria di base, compresa quella per l’HIV/AIDS, che hanno ricevuto 25 milioni di euro: tale programma istituisce partenariati tra le ONG e cinque dei nove ministeri provinciali della salute. Le ONG finanziano borse di studio e offrono formazione adeguata al personale sanitario non adeguatamente o scarsamente preparato. Tali operatori sanitari offrono cure di base per la cura dell’AIDS a pazienti che in precedenza non vi avevano accesso. Attualmente 187 000 pazienti ricevono assistenza da 5 000 prestatori di cure sanitarie, e tali cifre aumenteranno in maniera considerevole una volta che il nuovo programma, per il quale sono stati stanziati 45 milioni di euro, sarà operativo nel 2007.
Il secondo programma prevede un sostegno di 25 milioni di euro a favore del Comprehensive HIV/Aids Care Management and Treatment Plan del governo sudafricano. Il programma in questione, che è stato approvato dalla Commissione nel dicembre 2004, mira a sostenere l’attuazione di questo piano anti-AIDS, in particolare per ciò che concerne la programmazione delle risorse umane, le autorizzazioni alla commercializzazione di medicinali, fondi per l’assistenza e attività di promozione sanitaria.
Inoltre, esiste un programma sull’HIV/AIDS nel settore dell’istruzione – il programma sull’AIDS nell’istruzione superiore, HEAIDS – che ha ricevuto 20 milioni di euro. Tale programma, che fa seguito a un progetto finanziato dal Dipartimento britannico per lo sviluppo internazionale (DFID) e dall’Irlanda, mira a ridurre la diffusione dell’HIV/AIDS sia in una fascia d’età particolarmente colpita dalla malattia e che mostra segni di ricaduta in vecchi modelli di comportamento, sia nella comunità dell’istruzione superiore in generale.
Un programma regionale di istruzione e sensibilizzazione sull’HIV/AIDS – che ha ricevuto fondi comunitari per 10 milioni di euro, oltre ai 20 milioni di euro forniti da Regno unito, Paesi bassi e Irlanda – è stato approvato dalla Commissione nel 2002. Viene attuato da Soul City, una ONG sudafricana. Da 14 anni, Soul City riceve aiuti considerevoli dalla Comunità europea per sviluppare il suo approccio di “edutainment”, education ed entertainment, un programma ludico-educativo, che prevede l’utilizzo di telenovele radiofoniche e televisive, corredato da dépliant e documenti multilingue, che forniscono informazioni più dettagliate sugli argomenti trattati nelle trasmissioni. Tale programma non comprende il Sudafrica, ma otto paesi confinanti. Nonostante le sue attività negli ultimi anni abbiano prodotto risultati eccellenti, occorre tuttavia segnalare che il programma affronta problemi amministrativi connessi al suo carattere transfrontaliero e al fatto che è sostenuto da varie fonti di finanziamento diverse.
Accanto ai programmi finanziati dal programma di sviluppo regionale, in Sudafrica al momento vengono attuati sei progetti finanziati da varie linee di bilancio per un valore di circa 10 milioni di euro. Tutti questi programmi si pongono obiettivi collegati alla lotta contro l’AIDS. Degno di nota è un progetto di ricerca per il vaccino che mette in comunicazione istituti di ricerca nel Sudafrica e in Europa.
Per ciò che concerne l’utilizzo e la disponibilità di farmaci, la Commissione non ha un programma specifico volto a promuovere in Sudafrica l’uso di farmaci generici, ma sostiene i provvedimenti intrapresi dal dipartimento di sanità sudafricano atti a razionalizzare e migliorare la normativa in materia di prodotti medicinali. Occorre ricordare che molto spesso il problema non è la carenza di farmaci antiretrovirali, ma la riluttanza dei pazienti a farsi esaminare e curare, associata alla mancanza di accesso alle attrezzature e agli operatori sanitari, in particolare a farmacisti che visitino i pazienti e li informino prima dell’inizio della terapia.
Claude Moraes (PSE). − (EN) Ringrazio il Commissario per la sua risposta esaustiva.
Sono a conoscenza del suo impegno personale in materia, ma ho incontrato attivisti AIDS provenienti dallo Zimbabwe e dal Sudafrica nel fine settimana e il quesito che mi hanno rivolto, al quale è stato difficile rispondere, è stato se, a vostro parere, in relazione all’assunzione di farmaci antiretrovirali nonché alle altre misure che annunciate, l’UE sta contribuendo in maniera significativa alla lotta contro la pandemia dell’AIDS. Sta davvero intervenendo in maniera incisiva sulla questione? Il mio timore è che nello Zimbabwe stiamo chiaramente perdendo la battaglia a causa delle particolari circostanze presenti nel paese. Mi è stato inoltre riferito che la situazione nel Sudafrica è ancora estremamente grave.
Louis Michel, Membro della Commissione. (FR) Ritengo che la lotta contro questo flagello dipenda principalmente da una maggiore coerenza tra i diversi attori. Da questo punto di vista, la Commissione ha inoltre versato un’ulteriore somma considerevole al Fondo mondiale e continuerà a farlo in futuro. All’incontro sul rifinanziamento tenutosi a Londra, abbiamo versato una cifra aggiuntiva di circa 90 milioni di euro al Fondo mondiale. Devo dire che tale incontro sul rifinanziamento del Fondo mondiale non ha riscosso il successo previsto: siamo riusciti a ottenere una cifra relativamente significativa, ma non abbiamo raggiunto l’importo desiderato.
Inoltre, ritengo che l’Unione europea, la Commissione, debba finanziare progetti e strategie efficaci. Non abbiamo né le competenze adeguate né le capacità necessarie per diventare noi stessi operatori o attori in questo settore. Pertanto dobbiamo avere fiducia in coloro che dispongono di tale competenza e che hanno già dimostrato di essere in qualche modo efficaci.
Questa sarà una battaglia a lungo termine. Se pensiamo di poter risolvere la questione in tempi brevi, allora dal mio punto di vista ci stiamo sbagliando. Ritengo che questa azione sia efficace, ma che il cammino da percorrere sia ancora lungo. A mio avviso, per esempio, non faremo mai troppo per promuovere l’istruzione, anche solo a livello di scuola primaria, per tutte le bambine in Africa. Anzi, se vogliamo realmente prendere un provvedimento efficace in Africa per lottare contro questo flagello, dobbiamo iniziare a mandare le bambine in massa alla scuola elementare, e farlo in tempi brevissimi. Ritengo che questa sarà una delle misure preventive più efficaci per combattere tale flagello.
Dunque, sì, l’Europa sta facendo tutto il possibile. Tuttavia, lei mi pone un quesito al quale ho difficoltà a rispondere. Mi chiede se ritengo che siamo efficaci. Sì, ritengo che lo siamo, ma non lo saremo mai abbastanza. Non sono neanche in grado di dirle quando riusciremo a sradicare tale flagello. Noi possiamo unicamente puntare sulla quantità delle risorse, sulla strategia degli esperti – che sono molti, talvolta anche troppi – e sulla strategia e la buona volontà degli attori – che sono molti, talvolta anche troppi.
Personalmente, ritengo che sia nostro interesse avere strategie coerenti, e non sono certo che un dispiegamento, per così dire, di ogni sorta di attori diversi rappresenti la soluzione giusta. Sono molto favorevole all’idea di condurre strategie direttamente con i governi dei paesi coinvolti, in quanto ritengo che tali paesi debbano assumersi la responsabilità dei provvedimenti adottati. I paesi devono essere coinvolti. In Botswana, per esempio, il governo, lo Stato del Botswana sta compiendo uno sforzo autentico; sta conducendo realmente un’azione porta a porta. Il lavoro svolto consiste nell’andare in ogni casa e fornire spiegazioni relative alla prevenzione e alla terapia. Ritengo che occorra certamente adottare un approccio sistematico al riguardo.
Tornando alla domanda che mi ha rivolto, mi pone in una situazione di imbarazzo. Non sono in grado di dirle se siamo efficaci, in quanto mentirei se rispondessi in maniera affermativa, sostenendo che siamo efficaci. A mio avviso siamo efficaci, ma non possiamo affermarlo in modo assoluto.
Danutė Budreikaitė (ALDE). – (LT) Signora Presidente, signor Commissario, vorrei rivolgerle una domanda sulla prevenzione dell’HIV/AIDS. Ho avuto l’opportunità di discutere la questione con delle comunità rurali del Mozambico. Tutti conoscono alla perfezione questa malattia e sanno che deve essere combattuta. Tuttavia, la protezione è un problema: o non è disponibile o è eccessivamente costosa. Pertanto, cosa possiamo fare per prevenire tale malattia?
Louis Michel, Membro della Commissione. (FR) Ho appena risposto a tale domanda. Personalmente, faccio un grande affidamento su questo, poiché vi è, dopotutto, una logica. Uno dei principali Obiettivi del Millennio è quello di fornire istruzione elementare a tutti i bambini in età scolastica. Ritengo che dobbiamo compiere uno sforzo enorme a riguardo, in quanto il conseguimento di tale obiettivo dipende dall’istruzione, dalle campagne informative e da un approccio più sistematico.
In secondo luogo, ritengo che dobbiamo decentralizzare maggiormente questa strategia. Prendiamo il caso dell’Africa, per esempio: chi conosce l’Africa sa che una delle tragedie con cui è confrontato oggi questo continente – non se ne discute molto, ma io sono particolarmente attento alla questione – è che tutte le politiche sono centralizzate. Assistiamo a una carenza di decentramento e, laddove vi è un decentramento, sono i poteri a essere decentralizzati, ma non vi sono risorse per portare avanti le azioni previste o per esercitare tali poteri. Pertanto, occorre coinvolgere maggiormente le comunità locali. Non dobbiamo badare a spese in materia di istruzione.
Lei ha parlato di misure preventive. A mio avviso non esiste una misura preventiva più importante di questa. Desidero ricordare a tale proposito – anche se forse risulta oltremodo complicato – che bisogna porre fine a questo continuo cambio di strategia, in mancanza, per così dire, di risultati immediati. Sono necessari tempi più lunghi; non è possibile valutare l’efficacia di una politica dopo soli pochi anni. Si tratta di un tragico, terribile flagello, e occorre pertanto cominciare tutto più o meno dal principio.
Sono testimone di diverse strategie: il Botswana, per esempio, si sta adoperando vigorosamente e compie sforzi significativi. Anche altri paesi stanno compiendo sforzi notevoli. Ho appena discusso la questione con Nkosazana Dlamini Zuma, ministro degli Affari esteri del Sudafrica, un paese che sta in parte rivedendo la politica che ha condotto finora in questo settore. Il Sudafrica intende adeguarsi, e ritengo sia molto positivo. Potrei citare anche altri paesi, ma la misura preventiva fondamentale è, a mio avviso, l’istruzione. Non intravedo realmente un’altra base su cui sviluppare la nostra strategia.
Presidente. Annuncio l’
interrogazione n. 33 dell’onorevole Manuel Medina Ortega (H-0873/06):
Oggetto: Immigrazione − sostegno agli immigrati rimpatriati
Considerando che negli ultimi mesi migliaia di immigrati irregolari provenienti dall’Africa occidentale sono stati rimandati nei propri paesi di origine − nei quali perdurano le condizioni economiche che li hanno costretti all’emigrazione − intende la Commissione, nell’ambito delle sue politiche di sviluppo, adottare misure che agevolino l’insediamento degli immigrati rimpatriati nei rispettivi paesi di origine?
Louis Michel, Membro della Commissione. – (FR) Per essere coronata da successo, qualunque azione in materia di immigrazione e sviluppo deve essere esaustiva e integrata e noi abbiamo il dovere di utilizzare i nostri strumenti finanziari a breve e medio termine e di avviare un dialogo politico rafforzato, in particolare con i nostri partner africani.
La strategia della Commissione per il sostegno ai paesi dell’Africa occidentale che si trovano ad affrontare il ritorno degli emigranti si basa quindi su tre assi complementari. Si tratta innanzitutto di affrontare l’urgenza della situazione utilizzando gli strumenti disponibili, e mi riferisco alla dotazione B e al meccanismo di reazione rapida. Per il Senegal, ad esempio, la Commissione investirà 9,6 milioni di euro nella creazione di un sistema di supporto e reinserimento degli emigranti rimpatriati. Tale importo è in effetti ciò che rimane del nuovo Fondo europeo di sviluppo che andrà ad aggiungersi ad altre azioni finanziate dal meccanismo di reazione rapida per un totale di circa 1,9 milioni di euro.
E’ inoltre necessario lavorare nel medio termine tenendo conto degli aspetti legati alla migrazione nell’attuazione dei nostri strumenti di cooperazione. Le questioni legate alla migrazione costituiscono un elemento importante per il programma del decimo Fondo europeo di sviluppo in aggiunta agli strumenti esistenti. Per questo abbiamo assegnato a uno strumento “immigrazione” 25 milioni di euro derivanti dal saldo della dotazione B del nono FES.
I tipi di azione prevedibili nel medio termine in materia di reintegrazione sono molteplici: attuare, nel rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone, sistemi efficaci di riammissione tra tutti i paesi interessati, insistere sulla formazione e l’accoglienza in modo da facilitare il reinserimento degli immigrati irregolari di ritorno nei loro paesi d’origine, sostenere finanziariamente i programmi nazionali e regionali di reintegrazione degli emigranti e promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione per i potenziali emigranti sui rischi dell’immigrazione illegale.
Detto ciò, vorrei comunque aggiungere, a rischio di essere tacciato di scarso realismo, che è ovviamente necessario accertarsi che le misure di supporto e reinserimento, qualunque esse siano, non privilegino gli emigranti che tornano nei loro paesi rispetto a quelli che non lo fanno. In caso contrario, com’è evidente, si avrà un effetto di richiamo che ritengo estremamente importante tenere sotto controllo. Infine, nel lungo termine, come sappiamo, la vera risposta è quella rappresentata da una politica di formazione e di occupazione dei giovani che la Comunità europea persegue, tra l’altro, mediante il proprio appoggio alle politiche di integrazione economica, attraverso la negoziazione di accordi di partenariato economico finalizzati ad attirare gli investimenti e ad aumentare la crescita economica, ovvero le condizioni necessarie per la creazione di posti di lavoro interessanti. Tali politiche sono fondamentali per le priorità di sviluppo e la strategia per l’Africa.
Da questo punto di vista devo ammettere di essere d’accordo con quanti sostengono che, se è vero che la crescita non porta necessariamente alla riduzione della povertà, di certo non ci può essere riduzione della povertà senza crescita: è bene ricordarsene. Pertanto, sono convinto che la soluzione a lungo termine consista nel promuovere accordi di partenariato economico e nel sostenere l’emergere di mercati regionali integrati ai quali, d’altro canto, può affiancarsi un aiuto massiccio dell’Unione europea per quanto riguarda il ripristino dei necessari livelli qualitativi dei prodotti, il trasferimento delle tecnologie, la costruzione di infrastrutture regionali e sottoregionali, di infrastrutture destinate a migliorare i collegamenti, eccetera.
Per finire, vorrei concedermi, signora Presidente, una digressione abbastanza personale che merita la nostra riflessione. Ci sono le misure urgenti, che devono essere necessariamente adottate e che, purtroppo, spesso riguardano la sicurezza, il che è comprensibile dal momento che i nostri cittadini sono preoccupati, sono infastiditi dal fenomeno e che abbiamo difficoltà a gestire i flussi migratori. Ci sono poi le politiche a lungo termine, che sono le politiche di sviluppo. Accanto a tali misure urgenti e a tali politiche, mi domando se non sarebbe utile aprire una riflessione su quella che io definirei immigrazione assistita. E non mi riferisco alle quote, un’idea datata che al momento non gode di particolare favore da parte mia. La mia idea è piuttosto quella di finanziare, ad esempio, agenzie di emigrazione nei paesi d’origine degli emigranti; esse potrebbero fornire informazioni ai potenziali emigranti e collaborare anche con i paesi dell’Europa occidentale che offrono possibilità di lavoro senza per questo incoraggiare la fuga dei cervelli, che è un’altra delle mie preoccupazioni. Tali agenzie potrebbero, per così dire, svolgere una funzione regolatrice nei due sensi indicati. C’è infatti una cosa che nessuno mi toglierà dalla testa: non sarà chiudendo le frontiere, non sarà adottando misure coercitive e nemmeno rimpatriando in massa le persone che risolveremo la questione degli immigrati. Dovremo convivere con questo fenomeno ancora per molti anni. L’immigrazione non è un fenomeno nuovo. Le migrazioni ci sono sempre state. In Europa abbiamo l’impressione di scoprire un fenomeno che prima non esisteva. Da che mondo è mondo esistono le migrazioni. Mi dispiace doverlo ricordare. Detto ciò, capisco la difficoltà di gestire la situazione, capisco che si debbano adottare delle misure, talvolta immediate, ma mi chiedo: non è forse nostro dovere, proprio perché siamo europei, perché siamo portatori di valori europei, aprire una riflessione su quella che io definirei una terza possibilità a mio parere più realistica? Le citate agenzie di emigrazione potrebbero benissimo occuparsi della formazione in modo da consentire ai giovani dei paesi interessati di diventare, ad esempio, piccoli imprenditori, commercianti, piccoli artigiani, visto che ciò di cui si sente maggiormente la mancanza nei paesi poveri è un ceto medio importante. Tale mancanza si fa sentire sia sul piano economico sia su quello politico, dal momento che generalmente i paesi in cui esiste un ceto medio importante godono di maggiore stabilità.
Ecco, signora Presidente, era questa la piccola digressione che desideravo fare. Ritengo che sia importante formulare riflessioni più audaci.
Manuel Medina Ortega (PSE). – (ES) La ringrazio, signor Commissario, perché a mio giudizio sta attribuendo al tema dell’immigrazione la dovuta importanza e condivido quasi tutte le sue considerazioni.
Tuttavia, in questo momento si sta verificando, soprattutto nei paesi dell’Europa meridionale, un arrivo massiccio di immigrati irregolari che pone un problema non solo economico e sociale ma anche politico. L’arrivo massiccio di immigrati in piccole isole del Mediterraneo e dell’Atlantico pone un problema politico.
Concordo con il Commissario sul fatto che non si debba “stimolare” l’immigrazione, ma forse il fenomeno in questione si può considerare come un segnale della mancata efficacia dell’aiuto allo sviluppo. In questo modo, infatti, si potrebbe arrivare a una politica complementare rispetto a quelle attualmente seguite.
Louis Michel, Membro della Commissione. – (FR) Ho già risposto a questa domanda. Immaginiamo, ad esempio, che possiamo destinare finanziamenti dieci volte superiori alle nostre politiche di sviluppo. Anche in quel caso, se i progetti di sviluppo si riferiscono a paesi in via di sviluppo dove lo Stato è, ad esempio, assente, dove non esiste nemmeno una forma di sovranità, ossia dove lo Stato non è in grado di garantire a tutti i bambini lo stesso grado di accesso all’istruzione, un accesso all’amministrazione, un accesso alla giustizia, un accesso alla sanità, la vostra politica di sviluppo non sarebbe veramente efficace. E non lo sarà finché non vi saranno Stati in grado di fornire servizi di base ai loro cittadini e di organizzare socialmente la società.
E’ per questa ragione che la sola filosofia che tento di portare avanti nel decimo Fondo europeo di sviluppo è quella che afferma l’assoluta necessità di rafforzare la capacità degli Stati di garantire servizi di base. Il fulcro della discussione sulla governance è questo.
Come sapete, ho recentemente presentato una comunicazione sulla governance, che ha ricevuto un’accoglienza abbastanza favorevole sia dai nostri Stati membri sia nell’ambito della riunione della Banca mondiale a Singapore, durante la quale abbiamo spiegato in cosa consiste la differenza europea. Domani, dopodomani e venerdì si terranno a Bruxelles grandi giornate dello sviluppo sulla questione della governance con numerose tavole rotonde. Il Presidente della Banca mondiale vi prenderà parte. Saranno altresì presenti diciassette capi di Stato e di governo africani, numerosi ministri, esperti, Mark Malloch Brown dello PNUS e altri. Saranno tutti riuniti per condurre una vera riflessione sulla governance.
Come rafforzare la capacità degli Stati di garantire servizi di base? L’esperienza che ho acquisito in questo campo mi porta a concludere che non si arriverà mai a uno sviluppo efficace senza consolidare, contemporaneamente, gli Stati interessati. Ciò che vale per l’Europa, che si è rivelato valido per l’Europa, per i nostri paesi, vale anche per questi paesi. Ritengo infatti che se versiamo tutti i finanziamenti che destiniamo alle nostre politiche di sviluppo a Stati in dissoluzione, le conseguenze non potranno che essere negative: molti sprechi, molte perdite e molte perdite di efficacia.
Infine, un’ultima considerazione. Per quanto concerne lo sviluppo, il 75 per cento dei finanziamenti che destiniamo allo sviluppo non viene utilizzato per sostenere i bilanci degli Stati. Solo il 25 per cento delle nostre spese a favore dello sviluppo è destinato ad aiutare gli Stati, quindi a consolidarli o a dare loro una possibilità di rafforzarsi. Il restante 75 per cento va ad attori indiretti. Obiettivamente, sono attori utili e importanti. Devono diventare partner. Tuttavia, trovo difficile sperare che i paesi in via di sviluppo acquisiscano la citata capacità di garantire servizi di base se diamo loro solo un quarto delle dotazioni finanziarie destinate allo sviluppo. Riconosco che questo tema merita un dibattito di ampio respiro, aperto, ma come tutti sanno sono favorevole a un aumento sostanziale dell’aiuto al bilancio.
Glyn Ford (PSE). – (EN) Grazie, signor Commissario. Ha già risposto a parte della mia domanda complementare. Tuttavia, non ritiene la Commissione che sarebbe innanzi tutto meglio alleviare le condizioni che hanno spinto gli immigrati a lasciare la loro patria anziché pagarli per ritornarvi, incoraggiando così livelli di migrazione ancora più alti? Per fare questo, ovviamente, le spese per lo sviluppo dovrebbero raggiungere livelli molto più alti di quelli attualmente presenti nell’UE.
Louis Michel, Membro della Commissione. – (FR) Ho già risposto a questa domanda, che è molto complessa. In effetti, se l’idea è quella di dare a tutti coloro che intendono partire dai loro paesi una certa somma perché non lo facciano, ciò equivale ad istituire nei paesi in via di sviluppo un sistema generalizzato d’intervento nei confronti degli individui che non ha nulla a che vedere con lo sviluppo ed è estremamente pericoloso.
D’altro canto, sostengo la sua idea – che poi è anche la mia – secondo la quale è ovviamente necessario effettuare forti investimenti in progetti di sviluppo in grado di creare, ad esempio, lavoro od occupazione; mi riferisco a lavori ad alta intensità di manodopera che noi, peraltro, finanziamo. Ad esempio in Ruanda noi finanziamo la costruzione di strade effettuata direttamente da disoccupati, da persone che in questo modo hanno un lavoro e che, è vero, guadagnano solo un dollaro e mezzo al giorno, ma che comunque hanno uno status, lavorano, e pertanto mantengono le loro famiglie.
Sì, sono completamente d’accordo con voi: è evidente che bisogna investire al massimo nello sviluppo, ma alle condizioni da me illustrate. Ritengo che limitarsi a versare risorse senza che vi sia uno Stato in grado di amministrare, di orchestrare il tutto, non ci porterà molto lontano.
Jörg Leichtfried (PSE). – (DE) Signor Commissario, mi consenta di dire innanzitutto che le sue riflessioni sono state davvero illuminanti per me. Venendo invece al punto: nell’ambito della politica di immigrazione e di asilo all’interno dell’Unione europea si ha comunque l’impressione che la maggior parte degli Stati europei segua lo slogan: ognuno fa quello vuole, nessuno fa quello che deve e tutti partecipano, anche se sappiamo fin d’ora che probabilmente l’unica cosa sensata sarebbe una politica di immigrazione e di asilo europea comune. La domanda è quindi la seguente: quali sono gli sforzi posti in essere dalla Commissione per arrivare a una politica di immigrazione comune e quanto tempo occorrerà, a suo giudizio, perché tale politica rientri tra le competenze dell’Unione europea?
Louis Michel, Membro della Commissione. – (FR) Signora Presidente, sarò estremamente breve. Non posso che sottoscrivere incondizionatamente le sue osservazioni. Ogni volta che la Commissione avanza proposte per unificare, per allineare le diverse legislazioni e gli approcci dei nostri Stati, essa si scontra, è bene che si sappia, con divisioni nette tra i nostri Stati. Ritengo pertanto che si stiano compiendo passi avanti, che vi siano progressi, ma vedo anche le difficoltà che si incontrano quando si tratta di convincere gli Stati ad adottare misure concrete. Prendiamo ad esempio gli sforzi profusi dal collega Frattini per esortare gli Stati membri ad adottare una politica molto più coerente e unitaria. Lei ha quindi perfettamente ragione. La Commissione fa tutto ciò che può, ma purtroppo non può costringere gli Stati.
Presidente. Le interrogazioni che, per mancanza di tempo, non hanno ricevuto risposta, la riceveranno per iscritto (vedasi allegato).
Con questo si conclude il Tempo delle interrogazioni.
(La seduta, sospesa alle 19.50, riprende alle 21.00)
17. Tempo delle interrogazioni (interrogazioni al Consiglio)
Presidente. L’ordine del giorno reca il Tempo delle interrogazioni (B6-0445/2006).
Saranno prese in esame le interrogazioni rivolte al Consiglio.
Presidente. Annuncio l’
interrogazione n. 2 dell’onorevole Manuel Medina Ortega (H-0872/06):
Oggetto: Maggioranza qualificata per uno spazio interno di libertà, sicurezza e giustizia e per l’immigrazione
In conseguenza del ritardo nell’entrata in vigore del trattato che adotta una Costituzione per l’Europa e di fronte alla prospettiva di un ulteriore allargamento, che renderà ancora più difficile l’adozione di decisioni unanimità, ha intenzione il Consiglio di dare impulso alle riforme giuridiche necessarie ai fini dell’adozione di decisioni a maggioranza qualificata per la realizzazione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, o, per lo meno, nel campo dell’immigrazione, ove è necessario sviluppare con urgenza nuove politiche?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, il Consiglio europeo riunitosi lo scorso mese di giugno aveva chiesto alla Presidenza finlandese di esplorare, in stretta collaborazione con la Commissione, le possibilità di migliorare il processo decisionale e l’azione in materia di libertà, sicurezza e giustizia sulla base dei Trattati attualmente in vigore. La Commissione ha presentato diverse proposte a tale proposito nella propria comunicazione “Attuazione del programma dell’Aia: prospettive per il futuro”. Il Consiglio sta valutando le proposte della Commissione e tornerà a discuterne in occasione della riunione di dicembre.
La principale proposta della Commissione finalizzata al miglioramento del processo decisionale riguarda l’uso della clausola passerella prevista dall’articolo 42 del Trattato sull’Unione europea, secondo cui la cooperazione di polizia e la giustizia penale rientrerebbero nell’ambito di applicazione del Trattato che istituisce la Comunità europea. La proposta è stata discussa nel corso della riunione informale di settembre dei ministri della Giustizia e degli Affari interni, ma non ha ottenuto l’approvazione all’unanimità prevista dall’articolo 42 del Trattato sull’Unione europea. La Presidenza presenterà al Consiglio europeo una relazione in materia a dicembre.
Vorrei inoltre pregare l’onorevole deputato di prendere nota della decisione adottata dal Consiglio il 22 dicembre 2004 e relativa all’applicazione della procedura di codecisione a determinati ambiti a norma del titolo IV, parte terza, del Trattato che istituisce la Comunità europea, ossia le misure di cui all’articolo 62, paragrafo 1, paragrafo 2, lettera a) e paragrafo 3, e all’articolo 63, paragrafo 2, lettera b) e paragrafo 3, lettera b), relative, ad esempio, alla soppressione dei controlli alle frontiere interne, ai controlli alle frontiere esterne, alle condizioni di viaggio, alla condivisione delle responsabilità sulle questioni riguardanti i rifugiati, l’immigrazione illegale e il soggiorno irregolare.
Manuel Medina Ortega (PSE). – (ES) Signora Presidente in carica del Consiglio, ritengo mi abbia fornito le informazioni attualmente a sua disposizione. Vorrei semplicemente insistere su un punto: l’immigrazione.
In questo momento è nostra intenzione creare un grande mercato dell’Unione, un grande spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Teoricamente esistono frontiere esterne e poi frontiere interne, ma siccome quelle esterne variano da uno Stato all’altro, se non riusciamo ad adottare decisioni in materia in seno al Consiglio in modo che l’immigrazione sia disciplinata in maniera uniforme in tutta l’Unione europea, sarà impossibile creare un grande mercato comunitario.
Ritiene che sarà possibile, nel Consiglio di dicembre, compiere progressi, almeno su questo punto, in modo che le decisioni in materia di politica europea di immigrazione non siano adottate all’unanimità ma a maggioranza, in conformità con le “clausole passerella” cui ha appena fatto riferimento?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, il rafforzamento della politica di immigrazione coerente e globale dell’Unione, che comprende sia l’immigrazione legale che quella illegale, costituisce uno degli obiettivi specifici della Presidenza. Vale altresì la pena di sottolineare che, ai sensi dell’articolo 67, paragrafo 2, secondo trattino, del Trattato che istituisce la Comunità europea, il Consiglio, deliberando all’unanimità previa consultazione del Parlamento europeo, può decidere di applicare la procedura di codecisione all’immigrazione legale.
Richard Corbett (PSE). – (EN) Può il Presidente in carica del Consiglio confermare che, per quanto riguarda il Regno Unito e l’Irlanda, le specifiche questioni trattate sono contemplate dal protocollo speciale allegato al Trattato, in base al quale detti paesi possono scegliere se aderire (opt in) o meno (opt out) alle eventuali misure adottate?
In considerazione di ciò, concorda il Presidente in carica del Consiglio che, da parte di alcuni esponenti dei paesi citati, è piuttosto insensato opporsi al passaggio al voto a maggioranza qualificata per timore di perdere la sovranità nazionale dal momento che, in ogni caso, si tratta di un ambito in cui essi hanno facoltà di aderire (opt in) o meno (opt out) e sarebbe quindi abbastanza irragionevole bloccare la decisione in questione per un motivo simile?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, nella mia qualità di rappresentante del Consiglio non intendo prendere posizione sui dibattiti in corso all’interno degli Stati membri. Mi consenta solo di ricordare che per l’uso della passerella è necessaria una decisione unanime da parte degli Stati membri del Consiglio, ma che finora tale unanimità non è stata raggiunta. In ogni caso la questione sarà ulteriormente analizzata in quanto la cooperazione in materia di giustizia e affari interni è esattamente il tipo di cooperazione su cui convergono le aspettative e le speranze degli europei per un’azione efficace da parte dell’Unione.
Danutė Budreikaitė (ALDE). – (LT) Signora Ministro, ho una domanda sul tema dell’immigrazione. La Commissione europea ha presentato il proprio Libro verde sull’approccio dell’Unione europea alla gestione della migrazione economica. Sappiamo tutti che l’immigrazione in questione è legata essenzialmente a motivi economici. Il Libro stabilisce che l’ingresso in uno Stato membro è una questione che rientra nella sfera di competenza dello Stato membro stesso. Vorrei quindi stabilire se, nel caso di specie, la discussione sul passaggio alla votazione a maggioranza qualificata violi o meno il principio di sussidiarietà.
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, le decisioni sull’eventuale passaggio alla votazione a maggioranza qualificata saranno, ovviamente, adottate sulla base dei Trattati dell’Unione europea. Si tratta pertanto di materie che rientrano nella sfera di competenza dell’Unione europea e a tale proposito vorrei rimandare alla mia risposta alla domanda precedente, quando ho detto che finora non è stata raggiunta l’unanimità.
Presidente. Annuncio l’
interrogazione n. 3 dell’onorevole Marie Panayotopoulos-Cassiotou (H-0874/06):
Oggetto: Promozione dell’agenda sulla possibilità di un lavoro dignitoso per tutti
Nelle sue dichiarazioni programmatiche la Presidenza finlandese comunica che proseguirà il dialogo sugli aspetti sociali della globalizzazione, sulla base della comunicazione della Commissione “Promuovere la possibilità di un lavoro dignitoso per tutti” (COM(2006)0249 def.).
Quali azioni concrete ha programmato il Consiglio al fine di far fronte alle sfide della globalizzazione?
In che modo la promozione dell’agenda sulla possibilità di un lavoro dignitoso per tutti si inserisce fra queste azioni, tenuto conto del fatto che l’Unione europea può contribuire alla sua messa in atto?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, a settembre la Presidenza finlandese ha presentato alcuni progetti di conclusioni del Consiglio sul lavoro dignitoso. La proposta è stata ora discussa da tre organi preparatori del Consiglio, che hanno esaminato questioni sociali e temi relativi al commercio e alla cooperazione allo sviluppo, dal momento che il lavoro dignitoso è un fattore vitale in tutte e tre le citate aree di attività.
Le conclusioni dovrebbero essere adottate dal Consiglio a dicembre. Il progetto di conclusioni della Presidenza contempla diversi temi contenuti nella comunicazione della Commissione sul lavoro dignitoso cui l’onorevole fa riferimento. Oltre a presentare il progetto di conclusioni sul lavoro dignitoso, durante la Presidenza finlandese il Consiglio ha dedicato molto tempo e lavoro alla proposta relativa al Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, che è stata esaminata dal Parlamento europeo. La Finlandia auspica una conclusione quanto più rapida possibile in modo che detto fondo possa essere utilizzato per aiutare i lavoratori che rischiano di risentire negativamente delle conseguenze della globalizzazione.
Durante il Consiglio informale dei ministri dell’Occupazione, Affari sociali e Salute tenutosi ad Helsinki nei giorni 6-8 luglio, i ministri presenti hanno discusso delle possibilità di migliorare la produttività lavorando sulla qualità della vita lavorativa. Essi hanno evidenziato l’importanza, ad esempio, della spirale della crescita del lavoro dignitoso e della produttività del lavoro.
Nel corso del sesto Vertice ASEM tenutosi ad Helsinki il 10 e 11 settembre, i capi di Stato e di governo hanno riconosciuto la necessità di rafforzare la dimensione sociale della globalizzazione, sottolineando l’importanza decisiva dell’occupazione produttiva, del lavoro dignitoso, dei diritti di tutti i lavoratori, della sicurezza sociale e del dialogo nel mercato del lavoro per uno sviluppo socioeconomico sostenibile. “Lavoro dignitoso per tutti” è stato anche il tema principale del segmento ad alto livello della riunione del Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite tenutasi dal 3 al 5 luglio 2006. La Commissione sta inoltre organizzando una conferenza sul lavoro dignitoso che si terrà a Bruxelles nei giorni 4 e 5 dicembre.
Il programma d’azione per un lavoro dignitoso riguarda l’occupazione produttiva liberamente scelta, il rispetto dei diritti sul lavoro, nonché le norme occupazionali, il dialogo tra le parti sociali, la sicurezza sociale e la parità di genere. L’ambito di applicazione del programma offre alle Istituzioni comunitarie, in particolare al Consiglio europeo e al Consiglio, nella loro qualità di legislatori, l’opportunità di esaminare, e sottoporre all’esame di diversi organi, la nozione di lavoro dignitoso nella sua globalità, sia internamente all’Europa, sia nel contesto delle relazioni per la cooperazione europea al commercio e allo sviluppo con i paesi terzi.
La dimensione sociale della globalizzazione e il lavoro dignitoso costituiscono le priorità dell’UE per quanto riguarda l’impegno a raggiungere la coerenza nella politica di sviluppo. Una volta che le risorse del Fondo europeo di sviluppo saranno assegnate, diverse saranno le questioni cui dovremo dedicare una particolare attenzione, e tra queste figura anche quella del lavoro dignitoso. Considerazioni su talune sfide poste dalla globalizzazione figuravano anche all’ordine del giorno del Vertice Sociale Informale Tripartito tenutosi a Lati a ottobre.
Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, ringrazio il Presidente in carica del Consiglio Lehtomäki per la sua risposta. Vorrei altresì sapere se sono previsti finanziamenti destinati all’agenda per un lavoro dignitoso e se in seno al Consiglio vi è accordo in merito a tali finanziamenti.
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, per quelle che sono le mie informazioni, non è stata ancora adottata alcuna decisione sui citati finanziamenti e ovviamente anche il Parlamento, nella sua qualità di autorità di bilancio, può far sentire la propria influenza in materia di destinazione dei fondi.
Laima Liucija Andrikienė (PPE-DE). – (EN) Visto che la discussione odierna verte sulle sfide della globalizzazione, la mia domanda riguarda il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, il nostro nuovo fondo annuale, il nuovo strumento finanziario finalizzato ad affrontare le sfide poste dalla globalizzazione. E’ in grado il Consiglio di rendere operativo detto fondo quanto prima, vale a dire nel 2007?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, è nostra intenzione adottare decisioni in merito al Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione quanto prima, malgrado vi siano state discussioni molto accese sui principi più importanti che dovranno regolarne il funzionamento – ossia i criteri che stabiliscono le aree di intervento del fondo e l’ammontare degli aiuti che potranno essere concessi.
Presidente. − Annuncio l’
interrogazione n. 4 dell’onorevole Sajjad Karim (H-0877/06):
Oggetto: Accordo di libero scambio tra l’Unione europea e l’India
Il 28 settembre 2006, la risoluzione del Parlamento europeo sulle relazioni economiche e commerciali dell’Unione europea con l’India (P6_TA(2006)0388) ha ricevuto il “vastissimo appoggio” dell’intero spettro politico dell’Assemblea. La risoluzione chiarisce che, mentre l’Unione europea non intende rinunciare alla propria posizione sul multilateralismo, un accordo su Doha non impedisce un accordo bilaterale “OMC Plus”, che ha una portata maggiore di quanto potrebbe ora avere un accordo dell’OMC impostato al minimo comune denominatore. Conviene il Consiglio che solo attraverso una maggiore apertura verso partenariati strategici l’Unione europea e l’India potranno raggiungere i loro obiettivi comuni negli ambiti che saranno preponderanti nel corso del XXI secolo, ovvero la tutela dei diritti di proprietà intellettuale, l’apertura dei mercati per servizi e investimenti e strumenti efficaci di difesa commerciale? Come giudica il Consiglio la risoluzione in parola e, nello specifico, cosa pensa il Consiglio della raccomandazione per un accordo di libero scambio tra Unione europea e India? Può fornire informazioni sul contenuto dei colloqui su questo tema avvenuti durante il vertice UE-India tenutosi a Helsinki?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, il Consiglio ha preso nota della risoluzione del Parlamento europeo sulle relazioni economiche e commerciali dell’Unione europea con l’India.
Nel corso del settimo Vertice UE-India tenutosi il 13 ottobre ad Helsinki sono state esaminate le relazioni economiche e commerciali tra le parti. In particolare è stata esaminata una relazione preparata dal gruppo di alto livello per il commercio UE-India. Il gruppo, istituito nel corso del vertice del 2005, è stato incaricato di analizzare la possibilità di sviluppare ed espandere le relazioni bilaterali nell’ambito del commercio e degli investimenti.
Il gruppo ha caldeggiato lo sviluppo di un partenariato commerciale su larga scala mediante colloqui finalizzati al raggiungimento di un accordo globale nell’ambito del commercio e degli investimenti. Il gruppo ha ritenuto altresì che un grande accordo globale garantirebbe un beneficio significativo sia all’UE che all’India. Il gruppo ha raccomandato che nei colloqui futuri vengano contemplate le stesse aree illustrate nella relazione, come ad esempio il commercio di beni e servizi, gli investimenti, la promozione del commercio, gli appalti pubblici, i regolamenti tecnici, la proprietà intellettuale e le indicazioni geografiche, la politica in materia di concorrenza e la composizione delle controversie.
Durante il Vertice le discussioni sui citati temi sono state costruttive e hanno mostrato approvazione per il lavoro del gruppo. Il Vertice UE-India ha valutato positivamente il lavoro del gruppo approvando la relativa proposta in vista di un futuro accordo commerciale e di investimento globale. Al Vertice è stata espressa la convinzione che entrambe le parti dovrebbero promuovere l’avvio di negoziati in vista di un accordo di questo tipo. Entrambe le parti stanno attualmente portando avanti discussioni interne sull’argomento. Il Vertice ha inoltre confermato l’impegno assunto da entrambe le parti per arrivare a un partenariato strategico e a una stretta cooperazione, impegno che ha rafforzato le relazioni tra UE e India.
Sajjad Karim (ALDE). – (EN) Signor Presidente in carica del Consiglio, solo la settimana scorsa il Ministro Kamal Nath mi ha riferito di aver trovato molto utile la relazione da me elaborata a nome della commissione per il commercio internazionale e di aver avuto occasione di citarla in sede negoziale.
La nozione di un accordo di libero scambio con l’India è evidentemente un elemento chiave della strategia di revisione esterna “Europa globale” del Commissario Mandelson, che definisce una chiara strategia per la stipula di accordi commerciali bilaterali con le economie emergenti, in particolare in Asia. Qual è l’opinione del Consiglio su questa nuova strategia? Ritiene esso che i citati accordi bilaterali siano il meccanismo migliore per incrementare la crescita e la competitività dell’Europa? Come si rapporta tutto ciò con al nostro impegno nei confronti dei negoziati multilaterali di Doha?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, solo ieri, in occasione del Consiglio “Affari generali e Relazioni esterne”, il Consiglio ha adottato le proprie conclusioni sulla revisione “Europa globale” in questione. Il Consiglio ritiene inoltre che gli accordi bilaterali possano integrare gli accordi commerciali multilaterali stipulati nell’ambito dell’OMC. Essi, quindi, non si escludono l’un l’altro ma si completano a vicenda. Questa è anche una delle ragioni per le quali anche l’Unione è proattiva nei negoziati sugli accordi commerciali bilaterali.
Il sostegno del Parlamento all’accordo UE-India ovviamente è importante, ma all’interno del Consiglio è ancora in corso il dibattito su questo mandato.
Presidente. Annuncio l’
interrogazione n. 5 dell’onorevole Sarah Ludford (H-0879/06):
Oggetto: Riunione del Consiglio “Relazioni esterne” del 15 settembre
Dal momento che la trasparenza è, lodevolmente, un tema fondamentale della Presidenza finlandese, intende la stessa identificare lo Stato membro/i che, alla riunione del Consiglio “Affari generali e relazioni estere” del 15 settembre 2006, hanno impedito una conclusione formale riguardante le attività illegali della CIA, in risposta all’ammissione fatta dal Presidente Bush il 6 settembre circa l’esistenza di prigioni segrete della CIA?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, il Consiglio ha dibattuto la questione dei centri di detenzione segreti della CIA in occasione della riunione tenutasi il 15 settembre. I ministri dell’UE hanno ribadito il proprio impegno a combattere il terrorismo in maniera efficace utilizzando tutti i metodi e i mezzi disponibili.
Il terrorismo in sé rappresenta una minaccia per il sistema di valori che si basa sullo Stato di diritto. Il Consiglio ha ribadito la propria posizione secondo cui la lotta al terrorismo deve essere portata avanti nel rispetto dei diritti umani e degli standard umanitari. I rappresentanti degli Stati membri hanno pertanto accolto favorevolmente la dichiarazione dell’Amministrazione USA, secondo cui il trattamento di tutti i detenuti dovrà essere conforme alle disposizioni della Convenzione di Ginevra e le garanzie fornite dalla stessa Amministrazione in merito alla possibilità per il Comitato internazionale della Croce Rossa di visitare tali detenuti.
L’esistenza di carceri segrete, in cui i prigionieri vengono detenuti in una situazione di vuoto giuridico, è contraria al diritto umanitario e alla giustizia penale internazionale. I ministri dell’UE hanno dichiarato che avrebbero portato avanti il dialogo con gli Stati Uniti d’America, fondato sul concetto secondo cui occorre garantire il rispetto dei diritti umani anche nella lotta al terrorismo, e così è stato. Queste opinioni, che sono state espresse con forza nel corso della riunione, saranno riportate nel documento di sintesi della riunione stessa.
Sajjad Karim (ALDE), in sostituzione dell’autore. – (EN) Signor Presidente in carica del Consiglio, alcune delle sue affermazioni mi rassicurano, ma sono ancora molto preoccupato per quanto può essere o non essere realmente accaduto e dobbiamo stabilire i fatti.
Secondo un articolo pubblicato sul quotidiano italiano l’Unità, il 7 dicembre 2005 Condoleezza Rice aveva discusso apertamente con i ministri europei nel corso di una cena in cui si era affrontata la questione delle consegne straordinarie. Mi piacerebbe sapere se questa cena si è effettivamente tenuta. In caso affermativo, chi erano i partecipanti? Si è discusso delle consegne? In caso affermativo, che cosa è stato detto in quella sede?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, la cena cui fa riferimento l’onorevole, se non altro, non è stata organizzata dalla Presidenza dell’UE. Non sappiamo nulla delle cene che gli Stati membri organizzano nell’ambito delle proprie relazioni estere e non possiamo quindi esprimere alcun commento.
Sophia in ’t Veld (ALDE). – (EN) Mi perdoni, può darsi che sia una questione di interpretazione, ma le sue affermazioni mi sorprendono alquanto visto che non mi pare abbia risposto a nessuna delle interrogazioni.
Non ha risposto alla prima interrogazione che le è stata presentata per iscritto. Lei fa riferimento alla cena del 7 dicembre dell’anno scorso come a un evento in cui si discutevano le relazioni tra gli Stati membri e gli USA. Se non ho capito male, si trattava di una riunione cui partecipavano i rappresentanti dei governi di tutti gli Stati membri e degli USA, e se non erro erano presenti anche l’Alto rappresentante Solana e il Coordinatore europeo per la lotta al terrorismo de Vries. Mi pare, signora Presidente in carica del Consiglio, che nel frattempo siano venute alla luce molte notizie circa l’esistenza di carceri segrete e di voli per le consegne in Europa.
Può confermare che la cena ha effettivamente avuto luogo e che si è discusso dell’argomento? Quando avvierà il Consiglio le sue indagini per riconoscere ciò che il resto del mondo già sa?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, purtroppo la presunta cena organizzata il 7 settembre di quest’anno durante la Presidenza finlandese e l’ipotesi che sia stata organizzata dalla Presidenza come un appuntamento comunitario non mi dicono nulla. Vorrei pertanto dire, come ho già fatto rispondendo alla precedente domanda, che una simile cena non è stata organizzata dalla Presidenza finlandese. Forse dovreste controllare il calendario per verificare che si sia effettivamente tenuta quest’autunno.
Ho risposto alla prima interrogazione e a quella presentata per iscritto a nome del Consiglio nella sua globalità riferendo i temi discussi e dibattuti nel corso della riunione del Consiglio “Affari generali e Relazioni esterne” del 15 settembre 2006 nonché quelli su cui è stato raggiunto un accordo. Ripeto ancora una volta che il Consiglio non è responsabile del modo in cui gli Stati membri gestiscono le loro relazioni bilaterali con diversi paesi e che non è al corrente di tutto ciò che avviene.
Presidente. Annuncio l’
interrogazione n. 6 dell’onorevole Nils Lundgren (H-0885/06):
Oggetto: Genocidio degli armeni
In un discorso pronunciato in Armenia il 30 settembre, il Presidente francese Jacques Chirac ha affermato che la Turchia deve riconoscere il genocidio degli armeni per potere aderire all’Unione europea. Secondo il Presidente Chirac, il riconoscimento del genocidio costituisce una condizione indispensabile per una futura adesione all’UE. Il 3 ottobre, il Commissario per l’allargamento Olli Rehn ha assunto una posizione diversa, affermando che non è necessario che la Turchia riconosca il genocidio per entrare nell’UE. Siccome è il Consiglio che, in fin dei conti, accetta le nuove adesioni all’UE, ritiene la Presidenza che la Turchia debba riconoscere il genocidio degli armeni? Quale è la posizione dell’insieme del Consiglio su tale questione politica?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, i negoziati per l’ingresso della Turchia sono iniziati quando si è ritenuto che tale Stato rispettasse i criteri politici di Copenaghen. Ciò significa che partiamo dal presupposto che la Turchia stia rispettando il processo di riforma e che stia tentando di attuare nuove riforme. Come stabilito dal quadro negoziale adottato dal Consiglio nell’ottobre 2005, i progressi nei negoziati dipendono dai progressi della Turchia nell’attuazione delle riforme.
Il Consiglio dell’Unione europea non adotterà un parere sul presunto genocidio degli armeni in Turchia. Dare giudizi storici è compito degli storici. L’Unione approva determinate iniziative come ad esempio la conferenza tenutasi in Turchia sulla questione armena e la proposta del Primo Ministro Erdogan di istituire una commissione mista turco-armena di storici, incaricata di condurre ricerche sui tragici eventi del 1915. L’Unione sta incoraggiando con entusiasmo la Turchia ad adottare tutte le misure possibili per migliorare le proprie relazioni con la vicina Armenia, soprattutto per quanto riguarda l’apertura della frontiera tra i due paesi, che costituirebbe un passo importante per l’intera regione.
L’ultima conferma da parte del Consiglio della propria intenzione di mantenere gli impegni assunti in merito all’allargamento è arrivata la scorsa estate. Non si devono stabilire nuovi criteri a negoziati in corso.
Nils Lundgren (IND/DEM). – (SV) Signor Presidente, non mi è chiaro se il Ministro Lehtomäki ritiene che la Turchia debba riconoscere il genocidio o se si tratti di una questione che Turchia e Armenia devono risolvere tra loro. Qual è l’opinione del ministro in merito?
Come il resto della Lista di giugno svedese sono favorevole all’adesione della Turchia, purché quest’ultima ne abbia i requisiti. Non è motivo di preoccupazione che la Turchia moderna, ovvero uno Stato nazionale che di fatto è stato fondato nei primi anni venti del secolo scorso, rifiuti di riconoscere un’azione commessa dall’impero ottomano molti anni prima? Cosa può dire il ministro a tale proposito?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, come ho già detto nella mia precedente risposta, il Consiglio dell’Unione europea non adotterà una posizione sul presunto genocidio degli armeni in Turchia. Dare giudizi storici è compito degli storici. Tuttavia, l’Unione approva determinate iniziative finalizzate a gettare nuova luce sui tragici eventi del 1915. La Presidenza finlandese e anche la Commissione hanno dichiarato che l’ammissione del genocidio degli armeni non è un criterio per l’adesione della Turchia all’UE.
Danutė Budreikaitė (ALDE). – (LT) Signora Ministro, sono completamente d’accordo sul fatto che giudicare la storia è compito degli storici, ma tra loro ci sono atteggiamenti diversi. Uno Stato democratico, incapace di valutare il proprio passato, non può essere definito democratico. Dubito che la Turchia rispetti il primo criterio di Copenaghen. La Turchia non rispetta anche altri requisiti, come ad esempio la norma del Protocollo di Ankara che prevede l’apertura dei porti turchi agli Stati membri dell’Unione europea. Pare che sia la Turchia a dettare i termini dell’adesione all’Unione europea ed è per questo che sono preoccupata per le possibili gravi conseguenze che potrebbero scaturire se la Turchia iniziasse a dettare ulteriori condizioni per l’adesione.
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, è l’Unione a dettare ed imporre le condizioni per l’adesione di nuovi Stati membri, ma è importante non stabilire nuove condizioni o nuovi criteri a processo di adesione già iniziato.
L’ultima valutazione espressa dalla Commissione sul grado di conformità alle condizioni per l’adesione è contenuta nella sua relazione dell’8 novembre. In definitiva, comunque, al Consiglio europeo di dicembre verrà avviata un’analisi sulla possibilità di proseguire i negoziati con la Turchia.
Piia-Noora Kauppi (PPE-DE). – (FI) Signor Presidente, Ministro Lehtomäki, lei ha appena affermato per due volte che per la Presidenza finlandese il riconoscimento del genocidio armeno non può essere considerato una condizione per l’adesione della Turchia. La Commissione è della stessa opinione. E’ questa la posizione comune del Consiglio? In altre parole, il processo legislativo sul genocidio armeno attualmente in corso in Francia è stato discusso? Sono state adottate conclusioni comuni?
Vorrei anche sapere quali misure intende adottare il Consiglio in merito alla relazione sulla capacità di integrazione adottata ieri dalla commissione per gli affari costituzionali e che dovrà essere adottata nella tornata di dicembre.
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, come ho affermato in occasione di una precedente risposta, l’ultima volta che il Consiglio europeo ha ribadito l’intenzione di rispettare gli impegni relativi all’allargamento risale alla scorsa estate. Il Consiglio si è anche impegnato a non applicare nuovi criteri ai paesi candidati per quanto riguarda la capacità di integrazione e assorbimento. Si tratta piuttosto della questione del processo di riforma che l’Unione dovrà in ogni caso essere in grado di portare a termine dall’interno.
A mio giudizio il Consiglio non ha discusso in maniera adeguata il genocidio armeno, ma si terrà un attento dibattito sull’allargamento, i suoi criteri e le opinioni comuni nell’ambito del Consiglio europeo di dicembre, a seguito del quale saranno sicuramente disponibili maggiori informazioni. Il Consiglio terrà comunque conto della risoluzione del Parlamento cui l’onorevole fa riferimento.
Presidente. Annuncio l’
interrogazione n. 7 dell’onorevole Piia-Noora Kauppi (H-0887/06):
Oggetto: Omofobia in Polonia
L’interrogante desidera richiamare l’attenzione del Consiglio sulla deplorevole battuta d’arresto nell’attuazione dei diritti umani fondamentali in Polonia. Il comitato di selezione polacco del programma YOUTH ha deciso di respingere il Progetto Volontario Europeo precisando che “esso contribuirebbe a propagare comportamenti e atteggiamenti omosessuali tra i giovani”. Tale affermazione è estremamente discriminatoria e contraria ai diritti fondamentali sanciti dall’Unione Europea.
Non è la prima volta che la Polonia viola l’Articolo 13 del Trattato di Amsterdam, il quale garantisce parità di diritti alle persone di qualsiasi orientamento sessuale. Come Stato membro dell’Unione Europea, la Polonia deve rispettare i trattati e i valori che ha sottoscritto.
Intende il Consiglio reagire a tale violazione dei diritti umani fondamentali? Quali misure intende adottare per garantire che il trattato sia rispettato in tutta l’Unione Europea?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. − (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, il Consiglio non ha purtroppo preso in esame questa tematica, poiché essa esula dalle sue competenze. La promozione dei diritti umani, tuttavia, è una delle maggiori priorità dell’Unione europea. L’impegno dei singoli Stati membri al rispetto dei diritti fondamentali è sancito anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Gli Stati membri dell’UE sono inoltre vincolati, in quanto membri del Consiglio d’Europa, all’osservanza degli impegni presi nell’ambito della Convenzione europea sui diritti umani. Quando l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali sarà istituita ed entrerà in azione, potenzierà, con ogni eventualità, le strutture di monitoraggio e informazione dell’Unione, promuovendo così il più possibile l’applicazione dei diritti fondamentali.
Va tuttavia ribadito, una volta per tutte, che il compito di vigilare sull’applicazione dei Trattati dell’Unione non spetta al Consiglio, ma alla Commissione.
Piia-Noora Kauppi (PPE-DE). − (FI) Signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, nonostante quanto ha affermato esistono precedenti casi di iscrizione all’ordine del giorno, da parte del Consiglio, di violazioni dei diritti umani, presunte o imminenti, da parte di uno Stato membro. Quando fu eletto il nuovo governo austriaco, alcuni Stati membri fecero approvare sanzioni contro l’Austria in considerazione del suo programma di governo. Nel caso della Polonia, tuttavia, abbiamo a che fare con decisioni concrete prese da organi ufficiali, i quali hanno in altre parole rifiutato del tutto l’applicazione, peraltro assolutamente ragionevole, dei finanziamenti del programma YOUTH, senza fornire alcuna ragione plausibile. Il Consiglio non ritiene che ciò costituisca un problema importante almeno quanto lo era il programma del governo austriaco, sebbene esso non fosse sfociato in alcuna concreta violazione dei diritti umani?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. − (FI) Signor Presidente, in seguito al caso cui, se ho ben capito, l’onorevole Kauppi fa riferimento, l’importanza dei diritti fondamentali nell’attività dell’Unione europea è stata di fatto riconfermata nei Trattati dell’Unione. Al momento non si intende però intervenire sulla base di alcun tipo di precedente, e la competenza per l’applicazione di questo programma comunitario, nonché per le questioni che rientrano nel suo ambito, spetta naturalmente alla Commissione.
Presidente. Poiché l’autore non è presente, l’interrogazione n. 8 decade.
Annuncio l’interrogazione n. 9 dell’onorevole Elena Valenciano Martínez-Orozco (H-0894/06):
Oggetto: Commissione delle Nazioni Unite sui diritti umani
La commissione delle Nazioni Unite sui diritti umani (UNCHR) ha completato il suo secondo ciclo di sessioni senza adottare nessuna delle risoluzioni che erano state programmate. Le discussioni sono state condizionate da quegli stati che hanno precedenti storici di abuso dei diritti umani e al contempo sono state caratterizzate da una carenza di leadership degli stati considerati difensori dei diritti umani. D’altra parte, sebbene la riforma intenda conferire poteri per agire rapidamente di fronte a gravi violazioni dei diritti umani, l’UNCHR non si è neppure pronunciata sulla situazione nel Darfur, sugli attacchi contro civili nello Sri Lanka o sulle conseguenze della violenza in Libano e nei territori occupati.
Qual è l’opinione del Consiglio riguardo al risultato della seconda sessione dell’UNCHR? Che ruolo è disposto ad assumere nelle deliberazioni dell’UNCHR? Quali misure sono previste per far fronte alle sfide che deve affrontare per essere efficace?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. − (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, l’Unione europea ha svolto un ruolo attivo nella prima e seconda sessione della commissione sui diritti umani, la quale deve essere all’altezza delle grandi aspettative che la comunità internazionale ha riposto in essa e avvalersi di meccanismi efficaci e proficui per portare a termine tutti i suoi compiti.
L’Unione europea ritiene che sia troppo presto per valutare adeguatamente il lavoro della commissione sui diritti umani. Stiamo costituendo un nuovo organismo con nuovi metodi e processi di lavoro, e ciò richiederà tempo, pazienza e capacità inventiva. Il mandato generale della commissione sui diritti umani prevede che essa prevenga eventuali violazioni, instauri la cooperazione e crei risorse, ma un’importanza fondamentale è riservata anche alle situazioni dei diritti umani che richiedono un intervento urgente. Essenziali per la funzione del nuovo organo sono la cooperazione e il dialogo, come affermato nella risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, su cui si fonda la commissione sui diritti umani. L’Unione europea intende pertanto portare avanti il suo lavoro insieme agli altri paesi con tenacia e con lo stesso spirito, e auspica, da parte degli altri attori interessati, lo stesso tipo di impegno.
Per quanto riguarda la seconda sessione della commissione sui diritti umani, l’Unione europea è del parere che i dibattiti condotti tanto su temi specifici quanto sulla situazione dei vari paesi, nel contesto delle procedure speciali e in collaborazione con l’organo ONU per i diritti umani, siano stati molto positivi. La concessione di un periodo di tempo supplementare per le procedure speciali è stato un passo avanti importante nella prassi della commissione sui diritti umani. La buona qualità del dialogo e le cifre attestanti la grande affluenza hanno dimostrato il ruolo importante che le procedure speciali e l’organo per la tutela dei diritti umani svolgono all’interno del meccanismo di difesa di tali diritti, orientando ad esempio la discussione su aspetti pratici e agendo come sistema di preallarme. Il lavoro avviato va portato avanti nelle prossime sessioni.
L’Unione europea accoglie con favore la partecipazione delle ONG al dibattito, riguardo sia a questioni specifiche sia a situazioni nazionali, e continua a caldeggiare la loro cooperazione attiva in tutte le attività della commissione sui diritti umani. L’Unione europea ha appoggiato inoltre gli sforzi compiuti dal presidente della commissione sui diritti umani, Luis Alfonso de Alba, per stilare una risoluzione omnibus concreta, basata su un consenso in merito alle conclusioni della commissione sui diritti umani e concernente determinate problematiche e situazioni dei diritti umani che richiedono un intervento urgente. L’Unione europea si rammarica che dalle discussioni sul testo non sia scaturito un consenso. L’UE è favorevole a un approccio fondato, quando possibile, sul consenso, e in occasione della seconda sessione della commissione sui diritti umani ha lavorato duramente a questo scopo. Continueremo a procedere, anche in futuro, in questa direzione.
L’Unione europea è rimasta molto delusa dal fatto che non si siano raggiunti risultati concreti circa le gravissime violazioni dei diritti umani verificatesi nel Darfur. Un intervento del Consiglio è necessario anche in altre situazioni urgenti, come nel caso dello Sri Lanka. L’Unione europea intende continuare a svolgere un ruolo attivo, affinché nelle prossime sessioni la commissione sui diritti umani possa espletare, nell’ambito del suo mandato, tutti i suoi compiti.
Manuel Medina Ortega (PSE), in sostituzione dell’autore. − (ES) Ringrazio molto la Presidente in carica del Consiglio per la sua risposta. Il problema attuale è che la commissione delle Nazioni Unite sui diritti umani presenta gli stessi difetti della commissione per i diritti dell’uomo, ovvero l’incapacità di adottare risoluzioni.
L’Unione europea e i suoi Stati membri, soprattutto quelli facenti parte della commissione sui diritti umani, possono contribuire a risolvere questa situazione. Più precisamente domani, 15 novembre, avrà luogo una riunione speciale sulle violazioni dei diritti umani perpetrate da Israele nei territori occupati, e tra il 27 novembre e l’8 dicembre il Consiglio esaminerà le sue decisioni.
La Presidenza in carica del Consiglio pensa che gli Stati dell’Unione europea possano contribuire al raggiungimento di risultati in queste due prossime riunioni?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. − (FI) Signor Presidente, nell’ambito delle attività della commissione sui diritti umani l’Unione ha un ruolo importante da svolgere, e attualmente sono in corso i preparativi per la terza sessione della commissione, scopo della quale sarà soprattutto definire le proprie procedure di lavoro. L’Unione sta partecipando molto attivamente al lavoro preparatorio attualmente in corso a Ginevra; si sta discutendo anche il futuro programma della commissione. Nell’ambito di questi colloqui è intenzione dell’Unione europea conseguire i propri obiettivi, cercando ad esempio di garantire la salvaguardia e il potenziamento del meccanismo speciale. L’Unione parteciperà inoltre ai dibattiti relativi all’istituzione di una nuova revisione periodica.
Laima Liucija Andrikienė (PPE-DE). − (LT) Signora Presidente, come membro della delegazione del sottocommissione per i diritti dell’uomo del Parlamento europeo, ho preso parte alla sessione della commissione delle Nazioni Unite sui diritti umani, e ho visto gli Stati membri dell’Unione europea negoziare le loro posizioni cercando di parlare con una voce sola. La mia domanda è la seguente: quali questioni sono state sollevate dall’Unione europea perché fossero discusse nell’ambito della commissione sui diritti umani durante la Presidenza finlandese?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. − (FI) Signor Presidente, se l’onorevole Andrikienė si riferisce allo sviluppo delle procedure di lavoro della commissione sui diritti umani, questo sarà, come ho appena detto, il principale argomento della terza sessione, ai cui preparativi l’Unione sta partecipando molto attivamente. La commissione sui diritti umani ha già discusso alcune questioni proposte dall’Unione europea, ma tutte le iniziative presentate nel corso della seconda sessione sono state rinviate all’inizio della sessione di novembre-dicembre, i cui preparativi sono ora in corso.
Presidente. Annuncio l’
interrogazione n. 10 dell’onorevole Chris Davies (H-0895/06):
Oggetto: Accordo di associazione UE-Israele
Il Consiglio ha potuto di recente valutare se le azioni di Israele nei territori palestinesi occupati sono conformi ai principi sanciti nella Carta delle Nazioni Unite, in particolare il rispetto dei diritti umani, i principi democratici e la libertà economica, come previsto dall’accordo di associazione UE-Israele?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. − (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, il Consiglio valuta periodicamente la situazione in Medio Oriente, e l’ultima volta ha affrontato la questione nelle sessioni del 17 ottobre e del 13 novembre. E’ stato in quella occasione che il Consiglio ha adottato conclusioni in materia. Queste contenevano la sua posizione in relazione a vari problemi e, oltre a esprimere le preoccupazioni del Consiglio su Israele, illustravano i temi sui quali esso ritiene che Israele debba prendere una serie di provvedimenti.
Il Consiglio solleva tali questioni nel quadro dell’accordo di associazione UE-Israele in occasione delle riunioni che tiene regolarmente con questo paese. L’ultima volta che si è presentata questa opportunità è stata in occasione della riunione sull’accordo di associazione UE-Israele tenutasi il 13 giugno 2006. La riunione del gruppo di lavoro sui diritti umani del 7 giugno 2006 ha fornito poi l’occasione per un dibattito più approfondito sulle particolari preoccupazioni dell’Unione europea nei confronti di Israele. La sottocommissione per il dialogo politico e la cooperazione ha intavolato inoltre, nel corso della sua seconda riunione del 9 novembre, una discussione ampiamente dedicata a questi temi.
Chris Davies (ALDE). − (EN) Signor Presidente, ciò che sta accadendo a Gaza è un vero e proprio massacro. Quanti palestinesi dovranno ancora morire, prima che il Consiglio riconosca che Israele sta violando le norme in materia di diritti umani stabilite dall’accordo di associazione?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. − (FI) Signor Presidente, l’ultima discussione sulla situazione in cui versano Gaza e il Medio Oriente si è tenuta ieri in occasione della riunione del Consiglio “Affari generali e relazioni esterne”, nel corso della quale sono state adottate conclusioni in merito.
Ad allarmare l’Unione europea è stata soprattutto la spaventosa situazione umanitaria a Gaza. L’Unione ha fornito il suo aiuto umanitario e ha anche periodicamente sollevato con Israele, in diverse occasioni, il problema delle misure che è necessario adottare per migliorare la situazione umanitaria.
Presidente. Poiché l’autore non è presente, l’interrogazione n. 11 decade.
Annuncio l’interrogazione n. 12 dell’onorevole Brian Crowley (H-0902/06):
Oggetto: Relazioni fra l’UE e i paesi balcanici
Può il Consiglio europeo informare circa le misure tangibili adottate quest’anno al fine di costruire relazioni economiche e politiche più strette fra l’Unione europea e i paesi balcanici?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. − (FI) Signor Presidente, il Consiglio ha lavorato ininterrottamente per garantire l’impegno dell’Unione a instaurare, in futuro, relazioni più strette con i paesi dei Balcani occidentali. Nella dichiarazione di Salisburgo del marzo 2006, ha confermato il suo completo appoggio all’agenda concordata al Vertice di Salonicco del 2003 e alla promozione del processo di stabilizzazione e associazione.
Uno dei compiti più importanti di questo mandato è stato individuare il modo di garantire sostegno ai colloqui in corso sullo status del Kosovo, guidati dall’inviato speciale delle Nazioni Unite Martti Ahtisaari. Nel corso di tali trattative è stato inoltre presentato un piano per la futura posizione e presenza dell’Unione europea nell’area balcanica, soprattutto nell’ambito del mantenimento dell’ordine, dello Stato di diritto e dell’economia.
Dopo il referendum in Montenegro e la dichiarazione d’indipendenza della Repubblica del Montenegro, l’Unione europea e i suoi Stati membri hanno convenuto di avviare rapporti col Montenegro come paese sovrano e indipendente, ed esortato sia la Serbia che il Montenegro a continuare il loro dialogo aperto e costruttivo sulle future relazioni con l’Unione.
Il Consiglio è stato lieto di apprendere che le elezioni nella Repubblica del Montenegro si sono svolte pacificamente e senza problemi, ed è favorevole alla ripresa dei negoziati sull’accordo di stabilizzazione e associazione. Ha inoltre sottolineato che la rapidità dell’evoluzione dei colloqui e la loro conclusione sono in ampia misura dipesi dai progressi compiuti dal Montenegro nell’attuare le riforme necessarie.
Anche il lavoro per portare a termine i negoziati sull’accordo di stabilizzazione e associazione con la Bosnia-Erzegovina è stato portato avanti. Dopo le elezioni all’inizio di ottobre, il Consiglio ha evidenziato che le istituzioni neoelette avrebbero dovuto accelerare l’attuazione di tutte le riforme necessarie alla conclusione dell’accordo. Il Consiglio ha accolto inoltre con favore la relazione dell’Alto rappresentante Solana e del Commissario Rehn su un eventuale potenziamento della presenza dell’UE in Bosnia-Erzegovina. Lo scopo di questo potenziamento è quello di preparare e realizzare il superamento dell’accordo attuale in favore di una maggiore responsabilità locale.
I negoziati con la Serbia riprenderanno quando questa coopererà pienamente con il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (ICTY). Il Consiglio ha ribadito che la presenza di una Serbia pacifica, prospera, piena sostenitrice delle nazione europee, è fondamentale per la stabilità dell’intera regione.
Conformemente agli impegni assunti al Vertice di Salonicco del 2003 e alla riunione di Salisburgo del 2006, il Consiglio si è sforzato di rendere più concreti i legami tra questi paesi e l’Unione europea, aumentando per esempio il contatto tra gli abitanti mediante accordi, stipulati con tutti i paesi dei Balcani occidentali, che agevolano il conseguimento dei visti. Il mandato negoziale per questi accordi è stato adottato ieri dal Consiglio “Affari generali e relazioni esterne”. Allo stesso modo, è stato adottato il mandato negoziale per gli accordi di riammissione con la Bosnia-Erzegovina e la Repubblica di Macedonia, nell’ambito dell’ex Jugoslavia, e con il Montenegro e la Serbia. L’Albania ha già stipulato un accordo di riammissione con l’Unione europea.
I negoziati con tutti i paesi dei Balcani occidentali avranno inizio a Bruxelles il 30 novembre. L’obiettivo è quello di portarli a termine il prima possibile.
Il Consiglio ha inoltre appoggiato la cooperazione regionale e la responsabilità locale di varie aree di dibattito regionali, non ultima la riforma dell’accordo di libero scambio dell’Europa centrale e l’inclusione in tale accordo di tutti i paesi balcanici. Il Consiglio ha accolto con favore la sottoscrizione di questo accordo, avvenuta il 9 novembre in tutti paesi dell’area balcanica escluse Bosnia-Erzegovina e Serbia, e anticipa che l’accordo di libero scambio sarà firmato, secondo i piani, il 19 dicembre a Bucarest, nel corso della riunione sul CEFTA.
Brian Crowley (UEN). − (EN) Signora Presidente in carica del Consiglio, grazie per la sua risposta esauriente.
Vorrei soffermarmi su due problematiche sollevate nel suo intervento. Innanzi tutto, in relazione al ruolo di Martti Ahtisaari in Kosovo e a come ciò si rapporti agli impegni presi dall’Unione europea nel quadro della politica estera e di sicurezza comune, che importo sarà stanziato per il rinnovamento delle forze di polizia e dell’ordinamento giudiziario in quell’area?
In secondo luogo, è stata presa ulteriormente in considerazione l’idea − proveniente, in origine, dalla Croazia − di creare un nuovo mercato semi-unico tra le repubbliche della ex Jugoslavia al fine di sperimentare e attivare una rigenerazione economica nella regione? E’stata richiesta, a questo riguardo, la partecipazione dell’Unione europea o la sua consulenza in riferimento a parti di questo progetto?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. − (FI) Signor Presidente, non va dimenticato che il lavoro che l’inviato speciale Martti Ahtisaari sta svolgendo al fine di risolvere la questione dello status del Kosovo è sotto l’egida dell’ONU. L’Unione appoggia vivamente, tuttavia, gli sforzi dell’inviato Ahtisaari e auspica che si trovi una soluzione al problema dello status. Poter mantenere la stabilità nella regione e creare presupposti a lungo termine per il suo sviluppo è fondamentale. L’Unione europea si prepara ad avere, in Kosovo, una presenza diversa e a garantire al paese un diverso sostegno, anche dopo che si sarà presa una decisione sul suo status.
Per quanto concerne la seconda domanda dell’onorevole Crowley, rinvio all’analisi dell’accordo di libero scambio che ho dato nella risposta iniziale. Alcuni progetti relativi a questo accordo sono già in corso e se ne prevede la ratifica per il mese di dicembre.
Agnes Schierhuber (PPE-DE). − (DE) Signora Presidente in carica del Consiglio, fino a che punto le autorità locali dei paesi dei Balcani occidentali e dei paesi cui la Presidente ha fatto riferimento sono davvero disposte a collaborare con l’Unione europea nel quadro della politica estera e di sicurezza comune, e soprattutto nella lotta alla criminalità organizzata?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. − (FI) Signor Presidente, i temi sollevati dall’onorevole Schierhuber − la lotta alla criminalità organizzata e la politica estera e di sicurezza comune − costituiscono senza dubbio aree di cooperazione fondamentali nell’Unione europea. Naturalmente, quando il processo di stabilizzazione e di associazione e anche quello dei negoziati di adesione saranno in corso o in fase di avvio, il nostro impegno nei confronti di queste aree di cooperazione dovrà a sua volta essere totale.
In risposta alla domanda dell’onorevole Schierhuber, circa la forza dell’impegno in questa direzione da parte delle autorità dei paesi dei Balcani occidentali, va senz’altro detto che a questo riguardo si riscontrano, tra i vari paesi di questa regione, atteggiamenti diversi.
Presidente. Annuncio l’
interrogazione n. 13 dell’onorevole Liam Aylward (H-0904/06):
Oggetto: Programmi di efficienza energetica dell’UE
Può il Consiglio specificare quali misure stia perseguendo a livello dell’UE per promuovere programmi di efficienza energetica?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. − (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, la politica energetica comunitaria poggia sul terzo pilastro: sicurezza degli approvvigionamenti, competitività e sostenibilità ambientale. L’efficienza energetica è uno strumento adatto a realizzare questi tre obiettivi fondamentali della politica energetica della Comunità. Uno dei modi in cui intendiamo attuarla prevede ad esempio l’incremento della sicurezza degli approvvigionamenti, ottenuto riducendo la dipendenza europea da fonti esterne. Allo stesso modo, è importante promuovere la competitività nell’Unione europea, in modo da permettere lo sviluppo di nuove tecnologie efficienti dal punto di vista energetico, il rafforzamento della posizione dell’industria europea nel campo dei prodotti e dei servizi di efficienza energetica, nonché il taglio dei costi energetici di aziende ed enti. Per realizzare questi obiettivi è anche necessario promuovere la sostenibilità ambientale, in modo da ridurre le emissioni di gas serra e limitare gli altri effetti nocivi sull’ambiente derivanti dall’impiego di determinate forme di energia.
L’efficienza e il risparmio energetico possono essere considerati tanto la pietra angolare della politica energetica comunitaria quanto un obiettivo prioritario, nella realizzazione del quale il Consiglio è impegnato già da molto tempo. Tale impegno trova chiaramente riscontro nei provvedimenti legislativi e in altre misure adottate recentemente o in procinto di essere adottate nelle conclusioni del Consiglio sull’efficienza e sul risparmio energetico, nonché nelle conclusioni della Presidenza adottate in seno ai Vertici del Consiglio europeo di marzo e giugno 2006.
Per quanto riguarda le attività di ricerca e sviluppo, il Consiglio rimanda l’onorevole Aylward alle proposte per il settimo programma quadro, che sono state oggetto di un intenso dibattito tra il Parlamento europeo e il Consiglio. L’efficienza energetica è uno degli obbiettivi che intendiamo promuovere nel campo dell’energia. Particolare attenzione va riservata alla coordinazione delle varie posizioni relative all’impiego ragionevole ed efficiente dell’energia, nel programma quadro così come in altri programmi e in altre politiche comunitarie.
Come saprà, il Consiglio da parte sua ha già approvato i risultati dei negoziati tripartiti dell’ottobre 2006, il che significa che si cercherà di raggiungere un accordo sul settimo programma quadro in seconda lettura. Credo che il Consiglio e il Parlamento continueranno a collaborare con successo, e che sarà possibile adottare il settimo programma quadro entro la fine dell’anno.
Le è sicuramente noto il programma quadro per la competitività e l’innovazione per il periodo 2007-2013, che è stato adottato di recente e sarà pubblicato entro breve sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Il bilancio disponibile per il programma “energia intelligente − Europa”, nell’ambito del programma quadro per la competitività e l’innovazione, è più consistente che in precedenza, e ciò contribuirà a facilitare la messa in atto di provvedimenti concreti nel campo dell’efficienza energetica.
Tra i provvedimenti legislativi che sono stati adottati recentemente o saranno adottati entro breve, vale la pena di menzionare in modo particolare la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 2005, sull’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia, e la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 2006, concernente l’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici. Questi due ambiziosi strumenti giuridici, in concomitanza con le misure stabilite dal piano d’azione sull’efficienza energetica adottato dalla Commissione, promuoveranno la realizzazione del potenziale di risparmio di energia del venti per cento, proposto dalla Commissione come obiettivo per il 2010.
Nella riunione del 23 novembre, il Consiglio terrà una discussione generale sul documento della Commissione “Piano d’azione per l’efficienza energetica: concretizzare le potenzialità” e adotterà le sue conclusioni al riguardo. Queste conclusioni serviranno come base per le istruzioni che il Consiglio trasmetterà alla Commissione, agli Stati membri e alle altre parti interessate, al fine di attuare i provvedimenti stabiliti dal piano d’azione della Commissione. L’attuazione di molte delle misure proposte nel piano d’azione della Commissione è una delle priorità del Consiglio per i prossimi anni.
Brian Crowley (UEN), in sostituzione dell’autore. − (EN) Signora Presidente in carica del Consiglio, grazie per la sua risposta. Al riguardo ho ancora due brevi domande complementari.
Oggi in quest’Aula il Presidente Barroso ha affermato che il cambiamento climatico e il problema dell’energia rappresentano due delle maggiori sfide che l’Unione europea dovrà affrontare nei prossimi dieci anni. Un fattore legato all’efficienza energetica è il fatto che, spegnendo il televisore invece di lasciarlo in stand-by, è possibile risparmiare il venticinque per cento dell’energia normalmente consumata da un televisore. Forse allora, parlando di progettazione e in particolare di progettazione efficiente in termini energetici, caratteristiche di progettazione di questo tipo andrebbero eliminate da televisori, radio, computer, impedendo così che l’apparecchio rimanga in stand-by.
In secondo luogo, in riferimento al rapporto Stern sui problemi economici e ambientali, è vero che non può parlare a nome della Finlandia, ma è anche vero che la Finlandia detiene uno dei maggiori primati in fatto di energia alternativa e recupero energetico. Il rapporto Stern è piuttosto esplicito riguardo al risparmio economico che si può ottenere grazie all’efficienza energetica. Possiamo aspettarci programmi legislativi in questa direzione?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. − (FI) Signor Presidente, il cambiamento climatico è diventato, nel tempo, un problema sempre più rilevante, non solo nelle discussioni interne dell’Unione europea, ma anche nelle relazioni dell’Unione con i paesi terzi, ed è per esempio significativo che il tema del cambiamento climatico abbia ricevuto lo stesso risalto nella risoluzione del Vertice ASEM. Allo stesso modo, la politica climatica sarà iscritta all’ordine del giorno nella riunione del Consiglio europeo che si terrà la prossima primavera.
L’Agenzia internazionale per l’energia ha annunciato che il consumo energetico mondiale degli ultimi trent’anni sarebbe stato superiore di circa un terzo, se non si fossero adottati provvedimenti per accrescere l’efficienza energetica. Ciò dimostra che misure di questo tipo portano a una riduzione dell’uso di energia, ed è quindi importante metterle in atto. Per quanto riguarda l’Unione, va detto inoltre che la misura in cui i vari Stati membri hanno preso o non hanno preso provvedimenti volti a promuovere l’efficienza energetica varia notevolmente da uno Stato membro all’altro.
Presidente. Annuncio l’
interrogazione n. 14 dell’onorevole Eoin Ryan (H-0906/06):
Oggetto: Aiuti dell’UE al Mozambico
Può il Consiglio informare circa l’importo erogato nel 2006 dall’Unione europea, attraverso i suoi programmi di aiuto allo sviluppo, per sostenere il popolo del Mozambico?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. − (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, il programma comunitario di cooperazione allo sviluppo con il Mozambico e con gli altri Stati dell’Africa, dei Carabi e del Pacifico, è realizzato mediante il Fondo europeo per lo sviluppo. L’erogazione dei fondi è responsabilità della Commissione, che è anche l’organo deputato a rispondere a domande di questo tipo.
Posso dire comunque che tra i paesi ACP il Mozambico è uno dei maggiori destinatari del programma di cooperazione allo sviluppo, e che la sua quota di finanziamento nell’ambito del FES è una delle maggiori in Africa. Secondo le informazioni pervenuteci, gli stanziamenti per il Mozambico quest’anno ammonteranno a circa 165 milioni di euro. L’organo preposto a fornire informazioni sui pagamenti FES è la Commissione: consiglio pertanto all’onorevole Ryan di consultare al riguardo anche l’organo competente.
Brian Crowley (UEN), in sostituzione dell’autore. − (EN) Vorrei semplicemente dire che sono al corrente della sovrapposizione esistente in questo caso tra le varie normative. Tuttavia, il Mozambico è il maggiore destinatario degli aiuti allo sviluppo dell’Irlanda, data la stretta collaborazione che il governo irlandese intrattiene con la Fondazione Clinton nella lotta contro malattie quali l’AIDS, nonché nella diffusione dell’istruzione sul territorio.
Il Consiglio potrebbe prendere in considerazione la possibilità di concedere maggiori aiuti finanziari a organismi quali la Fondazione Clinton, il cui aiuto nei singoli paesi si è dimostrato tanto valido?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. − (FI) Signor Presidente, la posizione rilevante del Mozambico tra i destinatari del programma di cooperazione allo sviluppo è la naturale conseguenza dello sviluppo pacifico di questo paese e della riuscita transizione che esso ha attraversato negli ultimi quindici anni, dopo la fine del conflitto.
In riferimento alla domanda dell’onorevole Crowley sull’eventuale assegnazione di finanziamenti aggiuntivi a titolo del FES o del bilancio comunitario alla Fondazione Clinton, questa decisone spetta naturalmente alla Commissione. Ciò che posso dire tuttavia è che, a quanto ne so, numerosi Stati membri sono favorevoli ad attività di questo genere nel quadro dei loro programmi nazionali di cooperazione allo sviluppo, e − visto che l’onorevole Crowley ha fatto riferimento al caso dell’Irlanda − in qualità di ministro finlandese per la Cooperazione allo sviluppo, posso aggiungere che il Mozambico svolge un ruolo importante anche nel programma di cooperazione bilaterale allo sviluppo della Finlandia.
La presenza dell’Unione europea in Mozambico, in veste di Comunità europea e di singoli Stati membri, è quindi importante nel suo complesso, dal momento che − come ho già detto − gli stanziamenti per il Mozambico nel bilancio comunitario ammonteranno quest’anno a 165 milioni di euro, e i vari Stati membri garantiscono una presenza nazionale e un contributo finanziario indubbiamente considerevoli.
Presidente. L’interrogazione n. 15 è stata ritirata.
Annuncio l’interrogazione n. 16 dell’onorevole Robert Evans (H-0913/06):
Oggetto: Islanda
Quali negoziati ha condotto il Consiglio con la Repubblica d’Islanda riguardo al massacro delle balene?
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. − (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, il Consiglio è al corrente del fatto che l’Islanda sta riavviando la caccia alle balene a fini commerciali, nonostante la moratoria della commissione internazionale baleniera, in vigore dal 1984. Il problema è stato discusso in seno alla riunione del Consiglio “Ambiente” del 23 ottobre, al punto “varie”.
Il 10 ottobre 2002 l’Islanda ha nuovamente aderito alla convenzione internazionale sulla regolamentazione della caccia alla balena del 1946, esprimendo tuttavia alcune riserve sulla moratoria. Come l’onorevole Evans saprà, l’adesione alla commissione internazionale sulla caccia alla balena è aperta a ogni paese che applichi ufficialmente la convenzione del 1946. Ogni Stato membro ha la possibilità di scegliere autonomamente se aderire a una convenzione internazionale che tratta tematiche che esulano dalla competenza esclusiva della Comunità. Finora vi hanno aderito diciotto Stati membri dell’Unione europea, che sono anche membri della commissione internazionale sulla caccia alla balena.
La Commissione si è impegnata a proteggere le balene, come sottoscritto nella direttiva Habitat. Quest’ultima garantisce un’elevata protezione di questi mammiferi, vietando al contempo qualsiasi tipo di caccia e abbattimento intenzionale delle balene nelle acque comunitarie. L’importazione della carne di balena e di altri prodotti derivati dalle balene per scopi prevalentemente commerciali, nella Comunità, è inoltre fortemente limitata dal regolamento del Consiglio (CE) n. 338 del 1977.
Quando l’Islanda dichiarò la sua intenzione di riprendere la caccia commerciale alle balene, quindici Stati membri dell’Unione europea facenti parte della commissione internazionale sulla caccia alla balena e della Commissione europea, insieme ad Australia, Stati Uniti e a otto altri otto Stati che perseguivano gli stessi scopi, si misero ufficialmente in contatto con Reykjavik, esortando l’Islanda a conformarsi alla moratoria e a porre fine alle sue attività di caccia commerciale alla balena.
Robert Evans (PSE). − (EN) Ringrazio la Presidente in carica del Consiglio per la sua risposta. E’ stata forse anche più esaustiva di quanto mi aspettassi e gliene sono molto grato.
L’Islanda, come tutti sanno, non fa parte dell’Unione europea; è però membro dell’EFTA e aderisce all’accordo di Schengen. Quest’ultimo fattore, benché non abbia ovviamente legami diretti con il nostro tema, prova senz’altro il fatto che l’Islanda intrattiene rapporti stretti con l’Unione europea. Vorrei esortare la Presidente del Consiglio e i suoi successori a fare tutto il possibile, nel tempo a loro disposizione, per convincere l’Islanda a porre fine all’inutile e crudele massacro di uno dei più grandi mammiferi del mondo, perpetrato senza comprovate ragioni. Plaudo a quanto affermato dalla Presidente in carica del Consiglio circa l’esigenza di vietare la caccia alla balene nelle acque della Comunità e di interdire l’importazione di prodotti ricavati dalle balene.
La esorto quindi a portare avanti il lavoro svolto e a continuare a esercitare pressione sulle autorità islandesi.
Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. − (FI) Signor Presidente, nel suo intervento l’onorevole Evans ha formulato più un commento che una vera e propria domanda, e lo ringrazio di cuore per le sue osservazioni. Nondimeno vorrei accennare ad alcuni provvedimenti per il futuro relativi al problema in esame, attualmente oggetto di discussione soprattutto nell’ambito della commissione internazionale sulla caccia alla balena. La sua prossima riunione annuale si terrà negli Stati Uniti a maggio, e possiamo stare assolutamente certi che quantomeno i paesi che condividono la forte opposizione dell’Unione a questa attività vorranno intavolare un dibattito sulla pesca in Islanda, e che il problema sarà quindi fortemente presente nella discussione.
Presidente. Le interrogazioni che, per mancanza di tempo, non hanno ricevuto risposta, la riceveranno per iscritto (vedasi allegato).
Con questo si conclude il Tempo delle interrogazioni.
18. Giochi d’azzardo e scommesse sportive nel mercato interno (discussione)
Presidente. L’ordine del giorno reca l’interrogazione (B6-0443/2006) dell’onorevole Arlene McCarthy, a nome della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori sui giochi d’azzardo e scommesse sportive nel mercato interno (O-0118/2006).
Arlene McCarthy (PSE), autore. – (EN) Signor Presidente, non sono l’autrice dell’interrogazione, bensì il presidente della commissione che presenta l’interrogazione a nome dei deputati. Vorrei sottolineare che i membri della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori hanno unanimemente deciso di presentare questa interrogazione orale per chiedere al Commissario un aggiornamento sulle procedure d’infrazione attualmente in corso nei confronti di nove Stati membri riguardo a talune restrizioni imposte ai mercati delle scommesse sportive.
In particolare la commissione vorrebbe che il Commissario ci dicesse quali progressi sono stati compiuti in merito alle procedure d’infrazione avviate il 4 aprile 2006 e quali sono le iniziative previste in quest’area per il futuro. Il Commissario sta valutando l’ipotesi di creare un quadro giuridico per il gioco d’azzardo on line?
Stiamo per approvare la direttiva sui servizi e, pertanto, sappiamo benissimo che gli Stati membri sono tenuti a rispettare gli obblighi sanciti dall’articolo 49 del Trattato sulla libera circolazione dei servizi. Sicuramente il Commissario è a conoscenza della decisione della commissione di ritirare i servizi riguardanti il gioco d’azzardo dalla direttiva sui servizi, soprattutto alla luce della complessità del mercato del gioco d’azzardo. Tuttavia, nel caso del settore dei giochi d’azzardo, la libera prestazione dei servizi si è scontrata con la legislazione nazionale in diversi Stati membri, che hanno introdotto norme restrittive per limitare la fornitura transfrontaliera di servizi di scommesse e giochi d’azzardo on line.
Sosteniamo la Commissione nel garantire che queste disposizioni siano compatibili con l’articolo 49, rispettando al contempo i diritti degli Stati membri a proteggere l’interesse pubblico, nella misura in cui le norme adottate siano necessarie, proporzionate e non discriminatorie, ossia non discriminanti nei confronti di altri operatori comunitari. E’ ipocrita che, ai fini dell’interesse pubblico, uno Stato membro impedisca ad altri operatori comunitari on line di entrare in un mercato nazionale, permettendo al contempo al mercato on line del proprio paese di crescere considerevolmente senza applicare le norme che tutelano l’interesse pubblico. E’ questo il problema che speriamo la Commissione affronti.
Vorrei orientare il dibattito in un’altra direzione. Ritengo che occorra fornire una risposta comunitaria alla sfida del mercato globale del gioco d’azzardo on line. Si tratta di un mercato destinato a raggiungere un valore di 20 miliardi di euro entro il 2010. Nel 2003, nelle industrie commerciali del gioco dell’UE a 25, le lotterie, le case da gioco e i servizi riguardanti le scommesse rappresentavano, in termini di valore, 51,5 miliardi di euro; in tutto il mondo, inoltre, esistono circa 2 300 siti Internet per il gioco d’azzardo. Nel Regno Unito, ad esempio, durante le partite del Campionato del mondo di calcio, il 30 per cento degli scommettitori on line sui servizi britannici era costituito da donne. Si tratta di un fenomeno trasversale a tutte le classi e a tutte le generazioni. La rapida crescita dei servizi on line e dei servizi a distanza riguardanti il gioco d’azzardo e le scommesse ha di fatto già cancellato i confini nazionali.
Tuttavia, non dobbiamo seguire l’esempio degli Stati Uniti, che hanno innalzato una barriera approvando la legge Bush del 2006 – l’Unlawful Internet Gambling Enforcement Act, l’atto con cui viene sancita l’illegalità del gioco d’azzardo su Internet – che vieta alle banche di fare transazioni o trasferire fondi attraverso i siti di scommesse on line. Questo non è altro che protezionismo sotto le mentite spoglie della cosiddetta protezione dei consumatori dagli eccessi del gioco d’azzardo. In realtà, questa legge è volta a impedire agli operatori stranieri di competere con le case da gioco e il mercato del gioco d’azzardo degli Stati Uniti o pregiudicarne le attività, mentre lo Stato del Nevada e Las Vegas continuano a sviluppare i propri servizi per il gioco d’azzardo on line e a distanza.
Penso che sarebbe un’ottima iniziativa se il Commissario, a nome dei 25 Stati membri, avviasse una campagna volta a ottenere un accordo internazionale per la definizione di norme e regole che disciplinino il gioco d’azzardo su Internet. Si tratta di un modo per ridurre al minimo non solo le differenze all’interno della comunità internazionale, ma anche tra gli Stati membri dell’UE, in modo tale che alla fine tutti i paesi decidano di introdurre standard elevati sia per gli operatori che per i consumatori. Potremmo così garantire lo sviluppo di norme per la tutela dei consumatori vulnerabili, in particolare giovani e minori, generare un senso di responsabilità sociale da parte di buoni operatori e investitori e fare in modo che il gioco d’azzardo non venga utilizzato a scopo di reato o finanziamento di attività criminali.
Il genio di Internet è uscito dalla lampada: circa 3,3 milioni di cittadini europei praticano regolarmente il gioco d’azzardo on line. Questo è un mercato destinato a crescere. L’UE deve dunque partecipare a una campagna di ampio respiro a livello internazionale per la definizione di standard validi ed elevati. E’ necessaria una maggiore cooperazione internazionale per contenere il gioco d’azzardo; occorre inoltre condurre una maggiore ricerca sull’entità della partecipazione al gioco d’azzardo a distanza. Lo studio commissionato dalla Commissione europea sui servizi riguardanti il gioco d’azzardo nel mercato interno evidenzia la necessità di individuare norme internazionali comuni e requisiti normativi che proteggano i cittadini comunitari, consentendo al contempo il funzionamento del mercato.
Mi auguro che la discussione di questa sera incoraggi il Commissario a proseguire con le procedure d’infrazione. In realtà, però, si tratta di un compito ingrato, per il cui completamento occorrono anni, spesso senza che sia possibile giungere a una conclusione soddisfacente. Credo che per l’UE la strada migliore da seguire sia assumere un ruolo guida, facendosi promotrice di standard internazionali comuni validi ed elevati che possano contribuire a ridurre al minimo le differenze, proteggere i consumatori e costringere gli operatori a essere socialmente responsabili.
Charlie McCreevy, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, i servizi riguardanti il gioco d’azzardo sono chiaramente contemplati dal Trattato, e al gioco d’azzardo si applicano i principi sanciti dal Trattato, tra cui quelli sulla libertà di stabilimento e sulla libera prestazione dei servizi. La Commissione ha l’obbligo di garantire che la legislazione degli Stati membri sia pienamente compatibile con il Trattato. La Commissione, quindi, ad aprile ha deciso di chiedere a sette Stati membri maggiori informazioni sulla loro legislazione nazionale, che impone restrizioni alla fornitura di servizi riguardanti le scommesse sportive. La Commissione ha risposto a diverse denunce di operatori del settore delle scommesse sportive.
Dopo avere incontrato le autorità di tutti e sette gli Stati membri, i miei servizi stanno ora esaminando le risposte formali ricevute da ciascuno di essi. In questa fase non posso anticipare l’esito di tale valutazione. Vorrei informare il Parlamento che, secondo le mie previsioni, tale disamina verrà ultimata nel corso delle prossime settimane. Sulla base di questa valutazione, presenterò al Collegio dei Commissari una proposta sulla strada da seguire. Spetterà poi a loro decidere quali saranno le prossime iniziative.
Oltre alle sette procedure avviate ad aprile, il 12 ottobre la Commissione ha deciso di inviare ad altri tre Stati membri richieste formali di informazione sul settore del gioco d’azzardo. Le denunce degli operatori, cui la Commissione sta rispondendo, riguardano principalmente i servizi di scommesse sportive. Ecco perché nove delle dieci procedure avviate finora riguardavano la fornitura di servizi di scommesse sportive, alcuni dei quali erogati on line. A ottobre, tuttavia, la Commissione ha anche chiesto informazioni sulla legislazione nazionale austriaca, che vieta la promozione e la pubblicità di case da gioco autorizzate e operanti in altri Stati membri. Temiamo anche che la legislazione austriaca imponga alle case da gioco nazionali di proteggere da perdite eccessive solo i cittadini austriaci, senza prevedere una tutela analoga per i giocatori d’azzardo stranieri.
In qualità di custode dei Trattati, la Commissione esaminerà tutte le denunce che riceverà. Al tempo stesso, però, so quanto sia sensibile la questione del gioco d’azzardo in molti Stati membri. Gli Stati membri hanno tutto il diritto di proteggere gli obiettivi di interesse generale, come la tutela dei consumatori. Tali misure, però, devono essere necessarie, proporzionate e non discriminatorie. In particolare, devono essere applicate agli operatori nazionali ed esteri in maniera sistematica e coerente.
La Commissione non cerca in alcun modo di liberalizzare il mercato, ma piuttosto di accertarsi che le misure attuate dagli Stati membri siano indistintamente e pienamente compatibili con il diritto comunitario in vigore. Gli Stati membri conoscono bene la giurisprudenza della Corte di giustizia, che mi auguro divenga oggetto di ulteriore sviluppo.
La Commissione ha accolto la richiesta del Parlamento di escludere tutti i servizi riguardanti il gioco d’azzardo dall’ambito di applicazione della proposta di direttiva sui servizi. All’epoca mi era stato detto chiaramente che sarebbe stato opportuno lasciare che fossero gli Stati membri a disciplinare il gioco d’azzardo. Sono pienamente d’accordo, purché tali legislazioni nazionali siano compatibili con il Trattato. Nell’ambito delle procedure d’infrazione intendo lavorare in stretta collaborazione con gli Stati membri per garantire che la legislazione nazionale sia compatibile con i requisiti comunitari e permettere l’attuazione di una protezione opportuna ed efficace, ad esempio per la tutela dei consumatori e la protezione dei minori.
PRESIDENZA DELL’ON. ONESTA Vicepresidente
Malcolm Harbour, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, prima di dare inizio al mio tempo di parola, mi permetta di sollevare una mozione di procedura. Secondo l’ordine del giorno, questa discussione sarebbe dovuta iniziare alle 10.30. Questo era chiaro e ho notato che molti dei miei colleghi hanno compiuto uno sforzo per essere presenti in Aula all’orario previsto. Ho quindi constatato con rammarico di aver perso la maggior parte dell’intervento della collega McCarthy, poiché a quanto pare il dibattito è iniziato con almeno dieci minuti di anticipo. Credo che ciò, se mi è consentito dirlo, sia inammissibile, e mi spiace che chi ha presieduto la seduta prima di lei abbia già lasciato l’Aula. Se l’ordine del giorno fissa l’inizio di una discussione alle 10.30, è suo dovere fare in modo che inizi alle 10.30, anche se ciò comporta una breve sospensione della seduta.
Ora forse posso andare avanti e, se vuole essere così cortese da calcolare il mio tempo di parola a partire da adesso, illustrerò i miei punti essenziali.
Sono molto lieto che il Commissario McCreevy sia presente in Aula per affrontare la questione e sono soddisfatto dell’iniziativa avviata sotto la guida dall’onorevole McCarthy, grazie alla quale mi auguro sia possibile fare luce sulla questione. Come ha precisato il Commissario, si tratta di una questione molto delicata, che tocca molti aspetti di interesse pubblico. Tuttavia, dal punto di vista del funzionamento del mercato unico, che per noi riveste a sua volta un grandissimo interesse, la situazione è, come affermato dal Commissario, di gran lunga insoddisfacente.
Ovviamente attendiamo i risultati delle vostre indagini, ma a mio avviso sarebbe come minimo opportuno che la Commissione elaborasse orientamenti volti a indicare agli Stati membri come comportarsi in caso di richieste presentate da prestatori di servizi di giochi d’azzardo rispettabili e affermati, che vogliono semplicemente poter operare in altri paesi comunitari in ottemperanza alla legislazione di tali paesi, come hanno tutto il diritto di fare. Uno degli aspetti che lei non ha citato, ma che mi sembra alquanto straordinario in termini di pratiche discriminatorie, è che alcuni Stati membri hanno cercato di limitare l’accesso a tali mercati sostenendo di non volere incoraggiare il gioco d’azzardo. Al tempo stesso, però, quegli Stati membri promuovono la partecipazione alle loro lotterie nazionali elargendo miliardi di euro in tutta Europa. Si tratta chiaramente di un comportamento del tutto incoerente. Credo che la Corte di giustizia abbia agito in maniera giusta e sensata eliminando alcune di queste restrizioni, ma penso che tali orientamenti saranno importanti. Come ha affermato l’onorevole McCarthy, ai fini del funzionamento del mercato e della protezione dell’interesse pubblico, le attività svolte da operatori responsabili sono estremamente importanti.
Il grande problema che dobbiamo affrontare è il gioco d’azzardo on line. A prescindere dalla volontà degli Stati membri di mantenere un monopolio, il fatto è che i consumatori stanno sfruttando le opportunità offerte dal gioco d’azzardo on line. Penso che, nell’interesse pubblico, sia molto meglio disporre di servizi per il gioco d’azzardo opportunamente disciplinati che di servizi esenti da qualsiasi controllo e che vengono offerti in Europa da paesi che esulano dall’ambito di competenza dell’Unione europea.
Presidente. – Prima di dare la parola al prossimo oratore, risponderò a una mozione di procedura.
Lei ha perfettamente ragione; il dibattito sarebbe effettivamente dovuto cominciare all’ora da lei indicata. Tuttavia, nel primo pomeriggio, sul sito del Parlamento europeo è stato segnalato che la discussione sarebbe potuta iniziare con un lieve anticipo qualora il Tempo delle interrogazioni fosse terminato prima del previsto, come in effetti è accaduto. Inoltre i servizi hanno cercato di contattare tutti gli oratori. Sono riusciti a informare tutti, tranne lei, onorevole Harbour, ma credo che la sua presenza in Aula questa sera dimostri che non ha perso granché del dibattito. Detto questo, ritenevo fosse mio dovere spiegarle la situazione.
Donata Gottardi, a nome del gruppo PSE. − Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, “Rien ne va plus” è la curiosa apertura delle recenti conclusioni dell’Avvocato generale Colomer alla Corte di giustizia delle Comunità europee, chiamata a pronunciarsi per la terza volta con riferimento alla normativa italiana sui giochi d’azzardo, dopo la sentenza Zenatti e la sentenza Gambelli, quest’ultima richiamata giustamente nei considerando dell’interrogazione orale in discussione.
E’ davvero importante conoscere non solo le risultanze da parte della Commissione, ma le stesse iniziative recenti degli Stati membri che sono destinatarie delle procedure di infrazione e, appunto, i passi che la Commissione intende svolgere. Credo che sia anche importante che su questa materia vi siano regole leggere ma certe, anche coinvolgendo direttamente il Parlamento europeo: solo in questo modo si possono aiutare gli Stati membri esposti al rischio di richiami e valutazioni negative nel pur condivisibile tentativo di proteggere le persone, in particolare, come è già stato qui detto, i minori e i soggetti più indifesi.
L’esplosione dei giochi d’azzardo, delle lotterie e delle scommesse on line è un fenomeno che non può essere lasciato alla liberalizzazione del mercato, anche se è evidente la difficoltà per quanto riguarda il principio di non discriminazione. Ricordo solo la direttiva “Servizi”, che è stata già qui ricordata, che ella esclude proprio per motivi di ordine pubblico e di tutela dei consumatori.
Toine Manders, a nome del gruppo ALDE. – (NL) Signor Presidente, ringrazio i Commissari e i colleghi di essersi presi la briga di discutere questo argomento che, in ultima analisi, è molto interessante. Abbiamo escluso il gioco d’azzardo e il gioco d’azzardo on line dalla direttiva sui servizi perché non abbiamo il coraggio di prendere una decisione in materia. La questione è tuttora disciplinata dagli articoli 43 e 49 del Trattato e al momento – come risulta anche dalle 11 procedure d’infrazione – regna un’enorme incertezza giuridica tra gli Stati membri e le imprese. In che modo dobbiamo contrastarla?
Sono lieto che la commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori abbia presentato questa interrogazione orale, perché in fin dei conti si tratta di problemi concreti. Il problema è che, da un lato, il gioco d’azzardo è molto redditizio per gli Stati membri in termini di gettito fiscale, ma, dall’altro, è anche fonte di problemi sociali. Il problema principale, però, è che se manca un solido quadro giuridico all’interno di un mercato in cui si possono accumulare forti somme, si dà il via libera a una vasta serie di pratiche illegali in cui le organizzazioni criminali regnano sovrane.
Credo pertanto che i politici, e mi auguro che al riguardo il Commissario sia d’accordo con me, debbano accettare la sfida e avere il coraggio di prendere decisioni. Non dobbiamo arrenderci ai saggi giudici di Lussemburgo ai quali poi spetta il gravoso compito di assolvere con rassegnazione il loro incarico. Temo che la Corte di giustizia europea emetterà molte altre sentenze finché noi politici non prenderemo le decisioni giuste.
Mi auguro che alla fine la Commissione e il Consiglio giungeranno a un accordo. In caso contrario, spero che il Parlamento stesso produca una relazione d’iniziativa per garantire la certezza giuridica, che è estremamente necessaria alla luce dei molti problemi esistenti, tra cui la dipendenza, i problemi legati alla salute pubblica, i finanziamenti illeciti, il riciclaggio di denaro e così via. Dobbiamo risolvere la situazione con una direttiva risoluta e chiara sul gioco d’azzardo e sul gioco d’azzardo on line. Spero che il Commissario indichi al Parlamento la condotta da tenere per contrastare questo problema.
Kathy Sinnott, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, sono lieta che il Commissario abbia affermato la necessità di proteggere i minori. A tal fine è indispensabile esaminare attentamente la politica dell’Irlanda, che non prevede alcun limite d’età per il gioco d’azzardo con il totalizzatore dello Stato. In Irlanda i bambini possono scommettere sulle corse dei levrieri e dei cavalli, se tale totalizzatore le prevede. Altre forme di gioco d’azzardo sono limitate ai maggiorenni. Esistono filmati in cui si vedono bambini irlandesi di soli quattro anni d’età che fanno scommesse legali al totalizzatore nazionale. Non è insolito che i soldi ricevuti per il compleanno, a Natale o per la prima comunione finiscano nel totalizzatore nazionale e, in definitiva, nelle casse dell’erario irlandese.
Quando gli è stato chiesto un parere sul gioco d’azzardo infantile in Irlanda, l’amministratore delegato di Horse Racing Ireland ha affermato che non costituiva un problema e che era sua intenzione formare i clienti del futuro. Per anni lei, Commissario McCreevy, in qualità di ministro delle Finanze irlandese, si è rifiutato di modificare il Tote Act, la legge sul totalizzatore nazionale irlandese, e di vietare le scommesse da parte di minori in Irlanda. In veste di Commissario, intende ora cambiare atteggiamento e sostenere, benché in ritardo, le restrizioni alle scommesse dei minori su Internet, alle corse, nelle sale scommesse, sugli aerei e in qualunque altro luogo persista questa pratica insidiosa?
Marianne Thyssen (PPE-DE). – (NL) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, fin dalla primissima votazione che abbiamo svolto in seno alla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, abbiamo deciso di escludere le attività riguardanti il gioco d’azzardo, comprese lotterie e scommesse, dal campo di applicazione della direttiva sui servizi. E’ probabile che qualcuno, come ha affermato poc’anzi l’onorevole Manders, non abbia avuto il coraggio di prendere una decisione. Sono convinta che molti abbiano ritenuto opportuno lasciare agli Stati membri una certa libertà di gestire a modo loro questo complesso problema, compatibilmente con la sensibilità della questione e con le situazioni esistenti nei loro paesi e conformemente alle loro tradizioni.
Va da sé che, a tale proposito, gli Stati membri devono rispettare il Trattato, e conosciamo già la risposta fornita dalla Corte a diverse questioni pregiudiziali poste in precedenza. Mi auguro, signor Commissario, che le questioni che non sono ancora state sollevate non la spingano a esortare immediatamente la Commissione a iniziare a emanare norme e regolamenti. La Commissione è naturalmente la custode dei Trattati, e ci aspettiamo che svolga con serietà il proprio ruolo, ma può farlo anche con una certa moderazione.
Riuscire a far funzionare il mercato interno è un’azione necessaria e positiva sotto ogni aspetto, ma questo non deve avvenire a spese dell’effettiva protezione della legalità, della sicurezza e della salute mentale del consumatore. Mi auguro che venga lasciato spazio anche all’iniziativa degli Stati membri che, attraverso i monopoli nazionali o eventualmente in altro modo, si impegnano a incanalare la passione per il gioco d’azzardo, a controllarne la correttezza e a donare i profitti finanziari, laddove possibile, a fini culturali, sociali e sportivi. Norme giuridiche chiare possono indubbiamente essere d’aiuto, ma non sempre la legislazione è la risposta. Non sto certamente parlando a nome dell’intero gruppo PPE-DE, ma a nome di alcuni colleghi del mio gruppo che questa sera non hanno potuto intervenire nel dibattito.
Manuel Medina Ortega (PSE). – (ES) Signor Presidente, il gioco d’azzardo non è un servizio come un altro, è un’attività pericolosa. E’ pericolosa perché sfrutta l’innocenza e l’ignoranza della gente. Nella maggior parte dei nostri Stati membri, oggi il gioco d’azzardo è disciplinato dalla legge.
Non capisco come sia possibile che ora istanze sopranazionali pretendano di imporre agli Stati membri una liberalizzazione dei servizi riguardanti il gioco d’azzardo, quando la maggior parte delle nostre società è contraria.
Recentemente il Congresso degli Stati Uniti ha proibito il gioco d’azzardo on line e ritengo che, in questo momento, nell’Unione europea, dovremmo seguire l’esempio nordamericano per proteggere, da un lato, i nostri consumatori dalle organizzazioni mafiose e, dall’altro, per tutelare tutte quelle istituzioni sociali che oggi, in ciascuno dei paesi membri, dipendono da forme legali di gioco d’azzardo, consentite dalle autorità nazionali.
Dal mio punto di vista, quindi, la Commissione fa bene a esaminare la questione del gioco d’azzardo, ma deve affrontarla in termini di protezione dei consumatori e delle istituzioni che oggigiorno traggono beneficio dal gioco d’azzardo legale nella maggior parte dei nostri Stati membri.
Andreas Schwab (PPE-DE). – (DE) Anche per il Commissario McCreevy oggi è stata una giornata estremamente impegnativa e, pertanto, comprenderà il nostro desiderio di presentargli la questione con la necessaria chiarezza e sinteticità.
A mio avviso, il gioco d’azzardo e il proliferare delle lotterie sono caratterizzati da due elementi diversi. Da un lato, vi è l’effettivo mercato transfrontaliero dei fornitori on line, che può essere disciplinato solo a livello europeo. Come ha spiegato l’onorevole Medina Ortega, gli Stati Uniti sono già riusciti a disciplinare il loro mercato. Anche l’Europa può risolvere la questione del mercato on line solo al fianco degli Stati membri, introducendo una normativa di portata europea.
Dall’altro lato, vi è il mercato dei giochi d’azzardo e delle scommesse sportive tradizionali, che tendono a essere effettuate per iscritto. Anziché ricorrere alle procedure d’infrazione avviate dalla Commissione – in altre parole dal Commissario McCreevy –, dovremmo procedere attenendoci a un altro principio: se gli Stati membri riescono a prevenire efficacemente la dipendenza orientando i loro monopoli nazionali verso una serie di servizi quanto più limitata possibile e che offre la massima protezione possibile dei consumatori, occorre offrire loro la possibilità di mantenere tali monopoli in futuro – sotto il controllo e l’egida del diritto comunitario e della Commissione europea.
Va tuttavia garantito che i monopoli di cui già dispongono gli Stati membri perseguano un unico obiettivo, ossia la prevenzione della dipendenza, e che gli Stati membri non li utilizzino per perseguire altri obiettivi, ad esempio per contribuire a risollevare le finanze pubbliche o promuovere lo sport.
A tale proposito, sarei lieto se il Parlamento e la Commissione potessero definire insieme un regime che, da un lato, istituisca un regolamento europeo del mercato on line e, dall’altro, mantenga i regolamenti nazionali nel campo dei monopoli delle scommesse sportive tradizionali, purché siano compatibili con il mercato interno.
Joel Hasse Ferreira (PSE). – (PT) Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’esclusione del gioco d’azzardo, lotterie comprese, dalla direttiva sui servizi, sembrava avere introdotto una certa chiarezza nel settore, ma dobbiamo andare oltre. Siamo a conoscenza di una serie di aspetti complicati che caratterizzano alcuni tipi di giochi d’azzardo e scommesse. Pertanto, per prevenire o combattere il riciclaggio di denaro, è necessario assicurare la protezione dei consumatori e garantire un controllo efficace dei circuiti finanziari relativi a tali attività.
Naturalmente non dobbiamo confondere l’adeguata protezione dei consumatori con l’indebito protezionismo eventualmente auspicato o praticato da un determinato Stato membro. In ogni caso, però, va rilevato che ogni Stato membro ha il diritto di disciplinare il fenomeno del gioco d’azzardo sul suo territorio finché non compare un altro strumento giuridico a livello europeo. A tale proposito, come hanno affermato altri oratori e come è emerso dal dibattito, il gioco d’azzardo on line deve ricevere una particolare attenzione dalla Commissione e, fin d’ora, anche dal Parlamento. In conclusione, sono lieto che la commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori abbia sollevato il problema, perché grazie a tale iniziativa questa sera siamo riusciti fare maggiore chiarezza sulla questione.
Jacques Toubon (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, cercherò di procedere in fretta, ma con la calma necessaria. La presente relazione giunge opportuna e potrei aggiungere che ritengo positive le osservazioni formulate poc’anzi. Vorremmo tutti che l’Unione europea intervenisse avvalendosi non solo del metodo della giurisprudenza. La questione, infatti, interessa un vasto numero di imprese e servizi: case da gioco, lotterie e altri giochi d’azzardo praticati attraverso i canali tradizionali o tramite Internet. Pertanto, il problema va ben oltre le semplici scommesse sportive on line, su cui verte l’interrogazione dell’onorevole McCarthy.
E’ normale che questi servizi applichino i principi del mercato interno, signor Commissario, ma la libertà non deve andare di pari passo con la legge della giungla! Per ragioni di interesse generale, salute, moralità e sicurezza, questi servizi devono essere disciplinati e controllati. Gli Stati membri devono poter autorizzare e controllare gli operatori pubblici e privati nell’ambito della concorrenza leale. L’importanza dei giochi “transfrontalieri”, tuttavia, ci costringe ad andare oltre il quadro nazionale. A tale proposito, la decisione adottata di recente dagli Stati Uniti è la dimostrazione che, se non si può controllare chi gioca e chi fa giocare gli altri, è meglio eccedere nelle precauzioni piuttosto che adottarne in numero insufficiente.
Per questo, signor Commissario, ritengo che l’approccio attuale della Commissione, che si basa esclusivamente sui Trattati e sulla Corte di giustizia, sia inadeguato e pericoloso. Oggi è chiaro che l’idea che le legislazioni nazionali siano compatibili con i Trattati è insoddisfacente. Signor Commissario, deve lavorare a fianco del Parlamento per definire una legislazione complementare che possa regolare questo settore estremamente importante, a livello sia politico sia economico, in maniera valida e razionale. Permettiamo a questo settore di svilupparsi, facendo però in modo che ciò avvenga in tutta sicurezza per i cittadini e per gli Stati membri!
Manolis Mavrommatis (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, negli ultimi anni il sistema del monopolio di Stato nel settore del gioco d’azzardo, ampiamente diffuso nella maggior parte degli Stati membri dell’Unione europea, è stato oggetto di un numero crescente di attacchi da parte di interessi prevalentemente privati.
Al Vertice dell’Unione europea svoltosi a Edimburgo nel dicembre del 1992, il Consiglio europeo ha deciso, tenuto conto del principio di sussidiarietà, di non disciplinare il gioco d’azzardo e di affidarlo alla competenza esclusiva degli Stati membri. La direttiva adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio nel 2000 esclude espressamente il gioco d’azzardo dal suo campo di applicazione. La proposta di direttiva del 2006 sui servizi sancisce esattamente lo stesso principio. Date le peculiarità del settore del gioco d’azzardo, la Corte di giustizia delle Comunità europee riconosce agli Stati membri la competenza di disciplinare il mercato del gioco d’azzardo nel modo che reputano più opportuno.
Signor Presidente, signor Commissario, una delle principali ragioni che hanno motivato queste decisioni è il fatto che, nel settore del gioco d’azzardo, il rischio della dipendenza, soprattutto tra i giovani, è molto elevato, al pari della possibilità di commettere reati, quali frodi, riciclaggio di denaro e così via, ed io personalmente ritengo che solo lo Stato possa creare i meccanismi di controllo, garanzia, affidabilità e trasparenza necessari per proteggere i consumatori.
In conclusione, sono del parere che, una volta liberalizzato il mercato del gioco d’azzardo, il sistema di sostegno allo sport in Europa crollerà, trascinando con sé azioni e sovvenzioni culturali e sociali, quali la lotta agli stupefacenti, l’istruzione e l’appoggio a persone disabili o con esigenze speciali che ricevono essenzialmente assistenza finanziaria dall’organizzazione statale del gioco d’azzardo. Crediamo nel libero mercato, ma occasionalmente non ignoriamo i rischi che il gioco d’azzardo incontrollato comporta.
Othmar Karas (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, innanzi tutto, per ragioni normative, abbiamo escluso i giochi d’azzardo e le case da gioco dalla direttiva sui servizi. Lo dico pur essendo un convinto sostenitore del rafforzamento del mercato interno. Tuttavia, non volevamo buttare il bambino con l’acqua sporca.
In secondo luogo, i rischi associati ai giochi d’azzardo sono molto numerosi e, pertanto, l’argomento del diritto della concorrenza e del mercato interno non dev’essere l’unico addotto dalla Commissione a sostegno delle procedure di infrazione.
In terzo luogo, occorre una definizione chiara. Quando parliamo di “giochi d’azzardo”, che cosa intendiamo con questa espressione? Considerate le differenze di trattamento riservate ai mercati on line, alle scommesse sportive, alle macchine e alle case da gioco e alle lotterie, occorre elaborare una definizione unica affinché tutti questi aspetti vengano disciplinati ovunque nello stesso modo, e probabilmente è altresì necessario un unico quadro giuridico.
Quarto, vorrei far presente al Commissario che occorre tenere in considerazione anche altri settori importanti, quali la protezione dei consumatori, la sanità, la fiscalità, il commercio internazionale, il problema del riciclaggio di denaro, la prevenzione della dipendenza e la lotta alla criminalità, compresa la criminalità organizzata.
Quinto, quasi tutti gli Stati membri disciplinano l’ambito dei giochi d’azzardo. Undici hanno modelli legislativi speciali, mentre quatto ricorrono alla licenza limitata.
Sesto, nel 2004 la vendita dei biglietti delle lotterie nazionali ha fruttato 63 miliardi di euro, pari a una spesa netta media pro capite di 140 euro.
Settimo, questo significa che circa il 33 per cento di tutti gli introiti viene destinato a buone cause e al fisco. Nel caso della liberalizzazione del settore privato, tale cifra si ridurrebbe a solo il 3 per cento.
Ottavo, si stima che questo settore crei approssimativamente 13 miliardi di posti di lavoro nell’Unione europea.
Nono, la vendita dei biglietti della lotteria occupa 195 000 persone all’interno dell’UE.
Vorrei chiedere al Commissario di tenere conto di questi aspetti al momento della sua valutazione.
Brian Crowley (UEN). – (EN) Signor Presidente, vorrei formulare un’osservazione. Nel corso del dibattito è stata dedicata molta attenzione ai giovani e agli effetti che la dipendenza dal gioco d’azzardo ha su di loro, eppure la dipendenza dalla droga e dall’alcol e l’abuso di queste sostanze inducono a cadere vittime del traffico di minori e della prostituzione coatta molte più persone di età inferiore ai 12 anni di quanto non faccia la dipendenza del gioco d’azzardo, su cui verte la discussione di questa sera.
Charlie McCreevy, Membro della Commissione. – (EN) Non esiste una normativa comunitaria specifica che disciplini il gioco d’azzardo. Spetta pertanto a ogni singolo Stato membro decidere se e come disciplinare i servizi riguardanti il gioco d’azzardo a livello nazionale, regionale o locale. I principi generali del diritto comunitario e del Trattato restano tuttavia validi e ogni legislazione nazionale è tenuta a rispettarli. La diversità degli approcci nazionali può dare adito a una situazione di incertezza giuridica per i prestatori di servizi e i loro clienti, soprattutto nei casi in cui la legislazione nazionale non rispetta il diritto comunitario.
La discussione di questa sera contribuisce a illustrare ancora una volta la grande eterogeneità delle opinioni sui servizi relativi al gioco d’azzardo. Sono ovviamente al corrente delle richieste di istituire un quadro normativo comunitario ad hoc per i servizi riguardanti il gioco d’azzardo, ma la posizione di chi è contrario a un simile intervento comunitario è altrettanto diffusa. In base alla mia esperienza, il primo requisito per cercare di giungere a una soluzione è avere una comprensione chiara del problema e delle opzioni politiche disponibili. La Commissione ha recentemente pubblicato uno studio da essa commissionato all’Istituto svizzero di diritto comparato, che illustra la complessità e la diversità degli approcci normativi nazionali. Qualora il Parlamento ritenga che, oltre agli sforzi che abbiamo compiuto per garantire l’applicazione dei principi fondamentali del Trattato, siano necessarie altre azioni ai fini della chiarezza giuridica, sono ansioso di conoscere nel dettaglio quali questioni specifiche, a parere di quest’Assemblea, richiedono l’intervento comunitario e per quali opzioni politiche occorre ottenere un sufficiente grado di consenso affinché sia possibile giungere a una soluzione valida a livello comunitario. In assenza di tale consenso politico, la certezza giuridica può in ultima analisi essere garantita solo dalla Corte di giustizia.
Vorrei aggiungere qualche altra osservazione al dibattito. L’onorevole Harbour è stato molto sintetico quando ha parlato della grande incoerenza che regna in molti Stati membri, contro i quali ora stiamo intervenendo. Probabilmente prenderemo provvedimenti anche nei confronti di qualche altro paese. Se gli Stati membri, i loro governi e i loro legislatori vogliono imporre leggi molto restrittive sul gioco d’azzardo e via dicendo, sono liberi di farlo per motivi di ordine pubblico, ma non possono fare ciò che ha detto l’onorevole Harbour. Non possono spendere milioni su milioni per promuovere i servizi relativi al gioco d’azzardo prestati dai loro operatori nazionali o dagli operatori nazionali di proprietà dello Stato. Non possono consentire le attività dei loro operatori e vietare quelle di tutti gli altri. Se gli Stati membri ritengono, parere peraltro evidentemente condiviso da alcuni membri di quest’Assemblea, che il gioco d’azzardo rappresenti una piaga molto più grave della dipendenza dall’alcol o dal tabacco e di tutte le altre dipendenze messe insieme, dovrebbero vietare tale pratica a tutti e proibirla completamente al loro interno. Questa è una possibilità. Se venisse attuata, nessuno si lamenterebbe. La Commissione non prenderebbe alcun provvedimento contro di loro e nessuno si preoccuperebbe minimamente della questione. E’ però alquanto ipocrita, da parte degli Stati membri, permettere che si spendano milioni nella promozione del gioco d’azzardo e al contempo proibire a chiunque altro di prendere parte al gioco.
Il gioco d’azzardo è disciplinato in qualche misura in tutti gli Stati membri. La proposta avanzata dall’onorevole McCarthy riguardo alla definizione di norme internazionali per il gioco d’azzardo on line di per sé è una buona idea, ma prima occorrerebbe giungere a qualche forma di consenso tra i 25 Stati membri. Possiamo innanzi tutto ottenere il consenso in seno al Parlamento, ma dubito che vi riusciremo. Sono certo che in seno al Consiglio dei ministri non lo otterremo. La mia possibilità di raggiungere un consenso in seno al Consiglio dei ministri e al Parlamento è pressoché pari alla probabilità che questo fine settimana io vinca alla lotteria. Le probabilità di riuscita sarebbero queste. La proposta dell’onorevole McCarthy è quindi molto lodevole, e in presenza di un consenso non esiterei a seguirla, ma l’esperienza m’insegna che raggiungere tale obiettivo sarebbe molto difficile.
Se leggete la sintesi dello studio che abbiamo commissionato di recente, che, se non erro, è composta da 51 pagine, e vi risparmiate la lettura delle altre duecento pagine, vi renderete conto che non si sbilancia nettamente a favore di una parte o dell’altra.
(osservazioni a microfono spento da parte dell’onorevole Toubon)
Beh, non credo che l’onorevole Toubon abbia letto la relazione, ma dalla sua reazione potete constatare quanto sia complesso il problema e in quante maniere diverse sia disciplinato. Se la leggeste capireste quale mastodontico compito si dovrebbe affrontare seguendo quella strada.
Nella mia vita politica non ho mai temuto di intraprendere imprese impossibili, combattere contro i mulini a vento e scontrarmi con eventuali difficoltà, ma credo che, se tentassimo di realizzare una sorta di armonizzazione in quest’area, ci ritroveremmo, nella migliore delle ipotesi, con la più illiberale delle normative che siano mai state approvate in qualunque parlamento del mondo, perché questo è un traguardo impossibile. Sono consapevole da tempo delle grandi divergenze d’opinione esistenti in materia, lo so da molto prima di arrivare a questa conclusione. Riconosco che, in tutta Europa, e persino nel mio paese, esisterebbero pareri nettamente discordi sulla questione. Alcuni, lo so, ritengono che questa pratica sia peggiore della dipendenza dall’alcol, peggiore della dipendenza dal tabacco, peggiore di qualunque cosa, ma altri non la pensano così. So a quale categoria appartengo io, ma credo che per cercare di armonizzare questo settore occorrerà un processo molto, molto lungo.
Presidente. – La discussione è chiusa.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)
Louis Grech (PSE). – (MT) Alcuni Stati membri hanno unilateralmente deciso di introdurre normative che vietano agli europei di utilizzare i siti Internet dedicati al gioco d’azzardo gestiti da imprese registrate in altri paesi dell’Unione europea.
Si tratta di una violazione del principio della libera circolazione dei servizi tra gli Stati membri, nonché della direttiva 98/34 CE, la quale stabilisce che, prima di introdurre regolamenti sui servizi delle tecnologie dell’informazione, uno Stato deve informare tutti gli altri paesi membri e la Commissione.
Lo scorso giugno, in risposta a un’interrogazione parlamentare, mi è stato comunicato che la questione era oggetto di un’indagine da parte della Commissione.
Potremmo sapere a che punto è l’indagine e se sono state adottate eventuali misure?
Anche a mio avviso è giunto il momento che questo settore in rapida evoluzione sia governato da una struttura giuridica contenente norme e regolamenti volti a disciplinare tale servizio con serietà.
Questi regolamenti proteggeranno consumatori e minori, permettendo al contempo a operatori seri di lavorare liberamente in tutti gli Stati membri dell’Unione europea.
19. Una nuova strategia quadro per il multilinguismo (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione sulla relazione (A6-0372/2006), presentata dall’onorevole Joan i Marí a nome della commissione per la cultura e l’istruzione, su una nuova strategia quadro per il multilinguismo [2006/2083(INI)].
Bernat Joan i Marí (Verts/ALE), relatore. − (EN) Signor Presidente, desidero innanzi tutto ringraziare i colleghi che mi hanno aiutato a scrivere questa relazione, e soprattutto i membri della commissione per la cultura e l’istruzione. Desidero ringraziare anche il Commissario Figel’, che è stato costantemente in contatto con noi, per le sue posizioni in merito alla pluralità e alle questioni legate alle lingue minoritarie e così via. Devo anche ringraziare i colleghi dei vari gruppi e tutti coloro che hanno contribuito alla relazione, soprattutto i membri delle varie ONG per la normalizzazione delle lingue che ci hanno seguiti durante l’elaborazione della relazione. Vorrei menzionare, in particolare, Vicent Santaló, membro del servizio giuridico del parlamento catalano, che ha lavorato con noi fino al momento della sua scomparsa la scorsa estate.
L’obiettivo principale della presente relazione è quello di portare avanti il concetto di pluralità nelle lingue. La pluralità e la diversità sono valori comuni dell’Unione europea. Dovrebbe esserci unità tra tutti gli europei in questo ambito, che dovrebbe perseguire, tra gli obiettivi principali, la pluralità, perché un’Europa senza pluralità è un’Europa falsa e senza valori. Questa idea si riflette in certa misura nelle lingue. Come sapete, in sociolinguistica esistono lingue “normalizzate”, ovvero le lingue ufficiali utilizzate in tutte le sfere della nostra vita. Ci sono anche lingue “minorizzate”, che non sono del tutto ufficiali e che non possono essere utilizzate in qualunque ambito, benché siano la lingua principale di comunità linguistiche specifiche. C’è poi un terzo gruppo, ovvero quello delle lingue minoritarie. Tutti questi gruppi devono essere rispettati e preservati e la conservazione della diversità linguistica è uno degli obiettivi delle Istituzioni europee.
Gli europei non sono poliglotti come pensiamo. Purtroppo molti cittadini europei parlano una sola lingua – di solito la loro lingua materna – e uno degli obiettivi principali dell’Unione europea è quello di avere cittadini in grado di parlare più lingue. A tal fine è molto importante che si verifichi un cambio di mentalità. La nostra società si è formata sotto l’influenza degli Stati giacobini. La maggior parte degli Stati europei ha una sola lingua ufficiale, e ciò è un retaggio del giacobinismo. Tuttavia, la realtà è un po’ diversa. L’Unione europea non mira a mantenere questa idea, ma a preservare una vera pluralità e ad avere cittadini in grado di parlare più lingue.
Abbiamo bisogno di una politica linguistica europea. Tale politica dovrebbe promuovere il multilinguismo, migliorare le capacità linguistiche dei cittadini europei in tutta l’Unione e preservare tutte le lingue, che si tratti di lingue ufficiali o no. A tale scopo, il bilancio e i programmi comunitari non devono sostenere solo le lingue principali, ma tutte, per migliorare la diversità. Dobbiamo quindi compiere uno sforzo specifico a favore delle lingue a rischio. Ogni lingua è un elemento positivo per l’umanità e, se una lingua va perduta, perdiamo tutti qualcosa, perché ogni lingua è depositaria di espressioni uniche. Per questo motivo dobbiamo preservare un’autentica pluralità e una vera diversità. A tale proposito è necessario redigere una relazione completa sulle azioni che devono ancora essere intraprese.
Ján Figeľ, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, innanzi tutto desidero congratularmi con l’onorevole Joan i Marí per l’eccellente relazione sulla comunicazione della Commissione su una nuova strategia quadro per il multilinguismo. Sia la strategia quadro che la relazione sono state elaborate in uno spirito di diversità e unità. Questi sono i principi che ci devono guidare nell’attuazione delle politiche in questo settore.
Sono sicuro che vorremmo tutti vedere una società europea multilingue in cui il tasso di multilinguismo individuale aumenti costantemente fino a che ogni cittadino abbia capacità concrete e parli almeno due lingue oltre alla propria. Questa è la famosa formula “lingua madre + 2” concordata nel 2002 dai leader europei a Barcellona.
Ultimamente, in seno alla Commissione, ho istituito la rete interna del multilinguismo e ho costituito il gruppo ad alto livello sul multilinguismo. Si tratta di due iniziative di attuazione nell’ambito della nuova strategia quadro per il multilinguismo.
Un’altra priorità consiste nello sviluppo dell’apprendimento precoce delle lingue. Se vogliamo creare una società multilingue dobbiamo iniziare quanto prima. Dobbiamo garantire un insegnamento efficace delle lingue negli asili e nelle scuole elementari perché proprio in quell’età si sviluppano gli atteggiamenti di fondo verso le lingue e le culture. Il nuovo programma per l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita offrirà numerose opportunità di finanziamento per progetti che promuovono la consapevolezza linguistica, per l’accesso alle risorse per l’apprendimento delle lingue, nonché per le reti che contribuiscono allo sviluppo delle politiche linguistiche.
Per la prima volta un programma di istruzione e formazione si pone quale obiettivo specifico la promozione dell’apprendimento delle lingue e la diversità linguistica. Per la prima volta, inoltre, un’azione trasversale sosterrà i progetti multilaterali e le reti al riguardo. Si tratta di nuove opportunità per tutte le lingue parlate nell’Unione europea.
Ora vorrei parlare brevemente dell’indicatore europeo di competenza linguistica, che è stato oggetto di un’altra recente comunicazione della Commissione. La prima riunione del gruppo consultivo si è tenuta solo due settimane fa, alla fine di ottobre. Gli esperti che vi hanno partecipato, in rappresentanza di 22 paesi, hanno mostrato molto interesse e consenso per l’ulteriore sviluppo di questo indicatore.
Sono lieto di notare che la relazione dell’onorevole Joan i Marí riconosce l’impegno della Commissione per promuovere l’apprendimento delle lingue e la diversità linguistica nell’Unione europea. La relazione contiene un’analisi approfondita della nostra strategia quadro per la creazione di una società multilingue e riconosce il nostro impegno per la realizzazione degli obiettivi dichiarati nella comunicazione.
Desidero ringraziare ancora una volta il relatore per il suo illuminante documento, e vorrei sottolineare che la Commissione è determinata a perseguire le idee e le azioni delineate in questa nuova strategia per il multilinguismo nella nostra Unione.
Erna Hennicot-Schoepges, a nome del gruppo PPE-DE. − (FR) Signor Presidente, i dibattiti sul multilinguismo, sulla protezione delle lingue regionali e minoritarie e sull’uso delle lingue nelle Istituzioni europee inducono sempre a forti prese di posizione che traggono origine dai conflitti politici.
Questa relazione di iniziativa che, non dobbiamo dimenticarlo, vuole attuare una nuova strategia quadro per il multilinguismo, ha il merito di portare avanti la discussione iniziata con la relazione Ebner e Bayona nel 2003 e la relazione Portas nel 2005, sulle lingue regionali e minoritarie e sull’apprendimento delle lingue da parte degli immigrati. Il Parlamento è quindi chiamato a confermare posizioni precedenti, o a modificarle alla luce dell’evoluzione della situazione, onde evitare di cadere in contraddizione. Nel corso del nostro lavoro abbiamo cercato di trovare un equilibrio accettabile per tutte le parti interessate, così come è emerso dal voto in seno alla commissione, il tutto tenendo conto dell’acquis e mettendo in prospettiva la questione del multilinguismo.
Chiederò quindi ai miei colleghi di dare prova di saggezza e di non combattere la battaglia sbagliata. Le lingue devono essere l’elemento che unisce i cittadini europei e non l’arma che semina divisione e discordia.
Il mio paese, il Lussemburgo, è l’unico Stato membro, l’unico paese fondatore, la cui lingua nazionale non è riconosciuta come lingua ufficiale europea. Tuttavia, il governo lussemburghese ha deciso di non avanzare questa richiesta, ritenendo che il multilinguismo sia il nostro futuro. Siamo dotati di lingua e intelligenza per capirci e non per lottare tra noi.
Il 10 ottobre 1941, 65 anni fa, i lussemburghesi hanno dovuto partecipare a un referendum organizzato dall’occupante nazista che chiedeva quale fosse la loro razza, la loro appartenenza etnica e la loro lingua. Alle tre domande hanno risposto: lussemburghese. La sanzione è stata l’arruolamento nell’esercito delle forze di occupazione e la deportazione nei campi di concentramento. Ciononostante, dopo la guerra, la generazione delle vittime ha accettato che la prima lingua appresa a scuola fosse il tedesco, insieme al francese. Il lussemburghese ha avuto uno sviluppo positivo ed è florido. Per il nostro futuro spero che l’articolo 22 della Carta dei diritti fondamentali, che impegna l’Unione europea a rispettare la diversità culturale, religiosa e linguistica, ci tuteli da qualunque decisione arbitraria.
Maria Badia i Cutchet, a nome del gruppo PSE. – (ES) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, è una soddisfazione assistere al lancio di una strategia quadro per il multilinguismo nell’Unione europea.
Il nostro motto “uniti nella diversità” dimostra l’importanza della diversità di culture, abitudini, credenze e lingue per la costruzione europea.
La Carta dei diritti fondamentali ha trasformato il rispetto per la diversità linguistica in uno dei nostri valori fondamentali. Tale principio si applica non solo alle lingue ufficiali, ma anche alle numerose lingue regionali e minoritarie parlate sul territorio dell’Unione, incluse quelle degli immigrati.
Questa ricca convivenza di comunità linguistiche diverse in Europa a volte si traduce in un’enorme difficoltà pratica nel lavoro quotidiano presso le Istituzioni comunitarie. Nonostante il fatto che tutte le lingue rivestano la stessa importanza dal punto di vista culturale, è fuori luogo pensare che le Istituzioni dell’Unione europea possano funzionare utilizzando tutte le lingue allo stesso livello.
A mio avviso, i progressi nella promozione, nella difesa e nella conoscenza della diversità linguistica devono essere sostenuti dagli Stati membri mediante politiche attive di promozione e tutela delle loro lingue nel campo dell’istruzione e in ambito più sociale, inclusi i mezzi di comunicazione, nonché incoraggiando l’apprendimento di almeno due lingue straniere, con l’obiettivo di facilitare la conoscenza di altre culture, di agevolare la mobilità e di contribuire al rafforzamento del senso di cittadinanza europea.
In conclusione, nelle Istituzioni comunitarie, si deve fare in modo che la comunicazione tra i cittadini e l’Unione possa avvenire nelle rispettive lingue materne. Inoltre, per rendere compatibile l’uso delle lingue materne con il lavoro quotidiano delle Istituzioni, è necessario prevedere usi distinti delle diverse lingue e in quest’ambito dobbiamo lavorare per decidere quali criteri di base utilizzare per giungere a un consenso su queste lingue di lavoro, senza trascurare alcun elemento, né culturale né concernente il numero di parlanti o lo statuto delle lingue nei rispettivi Stati.
Spero che il nuovo Commissario per il multilinguismo, Leonard Orban, condivida questa idea e lavori in questa direzione.
Jolanta Dičkutė, a nome del gruppo ALDE. – (LT) Onorevoli colleghi, innanzi tutto vorrei esprimere la mia soddisfazione per la prima comunicazione della Commissione in materia di multilinguismo che fissa gli obiettivi principali per la diversità linguistica dell’Unione europea: promuovere l’apprendimento delle lingue e una proficua economia multilingue, nonché offrire a tutti i cittadini dell’UE l’opportunità di acquisire dimestichezza con le norme comunitarie e altre informazioni nella loro lingua materna.
Oggi l’Unione europea rappresenta 450 milioni di persone con diversi retroterra etnici, culturali e linguistici. I vantaggi derivanti dalla conoscenza delle lingue straniere sono dunque ovvi. La lingua aiuta a comprendere gli altri stili di vita e prepara il terreno per la tolleranza culturale. Inoltre, la competenza linguistica aiuta nel lavoro, nello studio, nei viaggi e nella comunicazione in tutto il mondo.
L’apprendimento delle lingue straniere deve iniziare in età molto precoce, quando il cervello umano assimila più facilmente le nuove informazioni. Questa è la mia profonda convinzione di medico. Fino a oggi, da vari sondaggi è emerso che circa la metà degli intervistati ha dichiarato di conoscere solo la propria lingua materna. Abbiamo, quindi, un obiettivo a lungo termine che non può essere rinviato. Almeno l’84 per cento degli europei conviene sul fatto che ogni cittadino comunitario dovrebbe conoscere almeno una lingua straniera. Pertanto, abbiamo un grande sostegno da parte dei cittadini, la cui importanza viene sempre più riconosciuta quando l’Unione europea adotta nuove norme.
D’altro canto, però, non dobbiamo dimenticare le vecchie lingue europee, tra le quali il lituano, la mia lingua materna, è una delle più vecchie. Desidero sottolineare l’importanza di preservare queste lingue nell’ambito della diversità linguistica europea. Non dobbiamo solo imparare le lingue straniere, ma dobbiamo ricordare anche un’altra sfida: preservare e rispettare le vecchie lingue europee sancendone giuridicamente i diritti.
Io immagino l’europeo poliglotta come una persona istruita, in grado di vivere in un paese diverso da quello in cui è nato e che parla le lingue straniere per motivi di lavoro, ed è disposto a continuare a studiare. Purtroppo, gran parte della popolazione europea ancora non gode dei vantaggi del multilinguismo e la motivazione dei cittadini a imparare altre lingue non è molto forte. Dovremmo promuoverla con ogni mezzo a nostra disposizione.
Raül Romeva i Rueda, a nome del gruppo Verts/ALE. − (ES) Signor Presidente, nel minuto che mi spetta per il mio intervento desidero esprimere il mio chiaro e pieno sostegno alla relazione presentata dall’onorevole Joan i Marí.
Se l’Unione europea vuole essere coerente con il motto “uniti nella diversità”, deve assegnare un posto di primo piano al multilinguismo, andando ben oltre le sole lingue ufficiali.
Così come la protezione della biodiversità è e deve essere un valore centrale nelle società di oggi, anche la protezione della diversità linguistica deve essere vista come un elemento centrale del progresso e della promozione della pace e dello sviluppo.
Considerando che molti degli attuali conflitti armati nascono dalla violazione dei diritti culturali, linguistici e di identità, occorre riconoscere con urgenza la promozione del multilinguismo quale strumento per la promozione del dialogo, della comprensione e della pace.
Benché questo sia importante nel mondo in generale, lo è ancora di più nell’Unione europea che, essendo già un’Unione di valori, aspira a diventare, un giorno, un’Unione politica.
Promuovere il multilinguismo in Europa significa dunque ricchezza e progresso. Tendere, invece, verso il monolinguismo ci impoverirà.
Bairbre de Brún, a nome del gruppo GUE/NGL. –
(L’oratore parla in irlandese)
(EN) Desidero ringraziare l’onorevole Joan i Marí per il lavoro svolto. Spero che l’approvazione degli emendamenti da lui presentati possa fornire la base per una politica linguistica comunitaria significativa. Come ha affermato il relatore, dobbiamo migliorare le competenze linguistiche e mantenere l’intera gamma delle lingue europee.
Come i colleghi probabilmente sanno, il 24 novembre Dublino ospiterà un’importante conferenza intitolata “L’eredità dell’Agenzia europea per le lingue meno utilizzate e il futuro delle lingue meno utilizzate nell’Unione europea”. E’ importante che le ONG come l’Agenzia europea per le lingue meno utilizzate ricevano finanziamenti costanti e che vengano finanziati anche progetti linguistici, soprattutto quelli rivolti alle lingue in pericolo.
Appoggio pienamente le proposte di un piano linguistico comunitario, del finanziamento di progetti a favore delle lingue più a rischio, di una piena attuazione della relazione Ebner, dell’assegnazione al Mediatore europeo di un mandato esplicito per agire in casi di discriminazione basata sulla lingua, e d’istituzione di un gruppo di lavoro che crei la base giuridica per il concetto di rispetto della diversità linguistica.
Chiedo ai colleghi di votare gli emendamenti del relatore.
Zdzisław Zbigniew Podkański, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, il progetto di risoluzione del Parlamento europeo sulla nuova strategia quadro per il multilinguismo merita un’attenzione particolare. La lingua, infatti, è la base della cultura di un popolo ed è una ricchezza di cui tutti dovremmo godere. Per questo motivo prestiamo notevole attenzione ai tentativi di ingerenza nel multilinguismo nell’Unione europea e ci opponiamo a qualunque tentativo di limitarlo.
Accogliamo con favore l’iniziativa concernente l’istituzione di un indicatore europeo di competenza linguistica, con una sola riserva: l’iniziativa dovrà tenere conto di tutte le lingue ufficiali dell’Unione europea e non dovrà limitarsi, quanto a iniziative e studi, solo a cinque lingue. Per questo motivo ho presentato a nome del gruppo UEN un emendamento all’articolo 6, al fine di stralciare quelle parti che sminuiscono l’idea del multilinguismo e danno la possibilità di limitare gli studi a 5 lingue specifiche.
Onorevoli colleghi, vi chiedo di votare questo emendamento, altrimenti questo documento, tanto importante e fondamentale per il multilinguismo, non rispecchierà integralmente le intenzioni e le tendenze che ci ispirano.
Alejo Vidal-Quadras (PPE-DE). – (ES) Signor Presidente, nella sua prima comunicazione sul multilinguismo, un anno fa la Commissione europea ha fissato tre obiettivi del tutto logici: incentivare l’apprendimento delle lingue e la diversità linguistica, promuovere un’economia multilingue, con il conseguente miglioramento della mobilità lavorativa e della competitività dell’economia europea, e offrire a tutti i cittadini l’accesso all’informazione sull’Unione europea nella loro lingua.
Non sfugge a nessuno lo stretto rapporto esistente tra la comunicazione e l’obiettivo generale europeo, fissato in occasione del Consiglio europeo di Barcellona del 2002, di fare in modo che i bambini imparino almeno due lingue straniere oltre alla lingua materna.
Proprio questo deve essere l’oggetto della relazione che il Parlamento voterà domani, cioè offrire ai 450 milioni di cittadini europei un’ampia gamma di strumenti che permetta loro di studiare le lingue, potendo così godere degli enormi vantaggi sociali, economici e culturali che derivano dalla partecipazione al nostro grande progetto di integrazione, un progetto ricco di storie nazionali, lingue e culture, e che oggi rappresenta un sogno di unità nella diversità, a vantaggio di tutti i cittadini.
Il tentativo opportunista del relatore di utilizzare questa relazione per affermare posizioni nazionalistiche nel suo proprio interesse personale è del tutto inopportuno e mette in pericolo l’obiettivo della comunicazione.
Da questo punto di vista, dobbiamo apprezzare l’esito del lavoro svolto dalla commissione per la cultura e l’istruzione che, in modo responsabile e razionale, ha dato un nuovo orientamento al testo iniziale e alla sua impostazione ideologicamente di parte. Per dimostrare la radicalità d’intenti del relatore basta dire che egli ha finito per opporsi alla sua stessa relazione durante il voto in commissione.
Il rispetto della diversità è un principio dell’Unione, ma l’uso delle lingue allo scopo di dividere gli Stati per motivi etnici o linguistici è un oltraggio al quale il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei si opporrà sempre con tutte le sue forze.
Marianne Mikko (PSE). − (ET) Onorevoli colleghi, nel medioevo la mia città natale, Pärnu, come le altre città anseatiche, commerciava con la Russia, con la Germania e con i paesi scandinavi. Ogni commerciante doveva conoscere le quattro lingue locali. Sono d’accordo con l’idea predominante della relazione, secondo la quale gli europei dovrebbero conoscere altre due lingue oltre a quella materna. La competenza linguistica ha accelerato sensibilmente le reintegrazione dell’Estonia in Europa dopo l’occupazione sovietica.
La capacità di capire la lingua e la cultura degli altri contribuirà a far sì che grazie al senso di coesione l’Europa superi i problemi provocati dall’espansione dell’Unione europea e dall’immigrazione. Secondo un proverbio estone, quante più lingue tante più vite. Nell’Unione europea molte persone vivono molte vite. Le persone si trasferiscono in altri Stati membri per lavorarvi temporaneamente o per sempre. Molte delle principali minoranze nazionali degli Stati membri si sono consolidate durante la fase di ricostruzione successiva alla seconda guerra mondiale.
La mia lingua materna è una di quelle lingue europee parlate da un milione di cittadini. La relazione sottolinea la necessità di proteggere le lingue meno parlate. Vorrei aggiungere che queste lingue devono essere protette non solo dalle lingue principali dell’Unione europea, ma anche dalla principali lingue extraeuropee. Mi riferisco al russo. Offrendo, oltre all’apprendimento delle lingue, la motivazione a imparare, allevieremmo i problemi incontrati dagli immigrati di seconda e terza generazione in Germania, in Francia e negli Stati baltici. Essi si trovano lontani dalla loro patria e non sono nemmeno in grado di partecipare alla cultura e alla vita nella loro nuova patria a causa delle scarse competenze linguistiche. In tali condizioni il costoso tentativo di fare affari ricorrendo a grandi lingue extraeuropee è controproducente e addirittura dannoso.
Per quanto l’apprendimento delle lingue sia il più importante veicolo di integrazione, questa attività richiede molto tempo e deve essere intrapresa prima possibile.
Daniel Strož (GUE/NGL). – (CS) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, per quanto riguarda la nuova strategia quadro per il multilinguismo, accolgo con favore le conclusioni che mirano a sostenere e rispettare la diversità linguistica, che è uno dei principi fondanti dell’Unione europea, soprattutto alla luce della miope tendenza a ridurre il numero delle lingue di lavoro adducendo la folle motivazione di voler ridurre i costi derivanti dai servizi di interpretazione e traduzione. Sì, il sostegno del multilinguismo è un fattore importante per l’integrazione culturale, economica e sociale, ma non è, e non è mai stato, il fattore principale per risolvere le differenze e i problemi sociali che purtroppo continuano ad esistere.
Vorrei inoltre reiterare e esprimere il mio favore per l’idea secondo la quale nella sua politica linguistica l’UE deve attenersi rigorosamente al principio della solidarietà, così come dovrebbe fare anche in altri ambiti. Non possiamo permettere che la politica linguistica diventi una fonte di conflitto tra gli Stati membri dell’UE o l’opinione pubblica, ipotesi, questa, che potrebbe veramente realizzarsi.
Roberts Zīle (UEN) . − (LV) Dubito che, aggiungendo un’altra sessantina di lingue alle attuali 21 lingue ufficiali dell’UE, si raggiunga l’obiettivo del vero multilinguismo indicato dal relatore, visto che è impossibile attribuire lo stesso peso al ruolo del gallese e del russo. L’esperienza insegna che le lingue più utilizzate e più attive in ambito economico “divorano” le più piccole. Supponiamo che il russo diventi una lingua ufficiale dell’UE. Sono certo che passerebbe poco tempo prima che il lettone e l’estone cadessero in disuso, in generale, non solo nell’UE, ma anche in Lettonia e in Estonia. Prima di occuparci del multilinguismo in Europa, dovremmo dare l’esempio in seno al Parlamento. Quanto sono motivati gli interpreti a imparare le lingue dei piccoli Stati membri? Quanto dovremo aspettare prima che, arrivando a Strasburgo, nel cuore dell’Europa, la polizia di frontiera si rivolga a noi in una lingua che non sia il francese? Sono convinto che innanzitutto dobbiamo potenziare le lingue ufficiali dei piccoli Stati membri dell’UE, lasciando agli Stati membri la competenza per la politica delle lingue minoritarie. In futuro l’Unione europea continuerà ad essere un’Unione di Stati e non di gruppi etnici. Grazie.
Vasco Graça Moura (PPE-DE). – (PT) Signor Presidente, a parte alcuni emendamenti presentati, ai quali domani mi opporrò, la relazione nella sua versione attuale sancisce in larga misura principi adeguati, che sono stati acquisiti nel corso degli anni, e in particolare a partire dal 2000, che è stato proclamato l’anno europeo delle lingue.
L’applicazione di alcuni di questi principi dipende tuttavia da quanto viene consentito dal principio di sussidiarietà. Se è vero che ognuno ha il diritto di esprimersi nella propria lingua materna, è anche vero che, nella pratica, l’attuazione alla lettera di questo principio, al di là delle lingue ufficiali, ostacolerebbe il funzionamento delle Istituzioni comunitarie. Inoltre, dobbiamo prevenire l’uso di quelle che vengono definite lingue minoritarie ai fini dell’estremismo nazionalista.
Si parla anche dell’idea di estendere l’indicatore europeo di competenza linguistica. Così com’è ora, si addice solo alla misurazione della competenza in inglese, francese, tedesco, spagnolo e italiano. Questo sistema non deve indurci a favorire unicamente l’apprendimento diffuso di queste cinque lingue. Non è solo una questione di necessario equilibrio e legittimità, ma la proiezione delle lingue europee al di fuori dell’Europa è un fattore estremamente importante nell’era della globalizzazione, per non parlare delle dimensioni storiche, umane e culturali di queste lingue.
Il portoghese – e capirete perchè vi faccio questo esempio – è, fra tutte le lingue dell’UE, la terza lingua più parlata al mondo dopo inglese e spagnolo e prima di tedesco, francese e italiano. Quindi, come nella dichiarazione scritta 58, che io ho firmato, accolgo con favore il principio, introdotto in questa relazione, di garantire che l’indicatore europeo di competenza linguistica includa tutte le lingue ufficiali dell’Unione e, qualora fosse possibile, tutte le altre lingue parlate in Europa.
Seán Ó Neachtain (UEN). − (EN) Signor Presidente, desidero congratularmi con il relatore, l’onorevole Joan i Marí, per la relazione e il contenuto. Sono assolutamente favorevole a che si sostenga il multilinguismo e, in particolare, le lingue meno utilizzate.
Stasera non mi esprimerò nella mia lingua materna, l’irlandese. Tuttavia, all’inizio dell’anno prossimo, potrò farlo con l’ausilio dei servizi del Parlamento. Ne sono lieto e non vedo l’ora che arrivi quel momento. Dà un senso al motto “unità nella diversità”, che questa sera è stato pronunciato varie volte in Aula.
Le lingue meno utilizzate dell’Europa sono importanti quanto quelle più diffuse, se non di più, perché dobbiamo sostenerle e rafforzarle. Per questo motivo credo che possiamo giungere all’unità e alla cooperazione attraverso il rafforzamento comune delle nostre lingue.
Ján Figel’, Membro della Commissione. – (SK) Vorrei ringraziare per questo dibattito a favore del multilinguismo nelle Istituzioni europee, una questione importante sia per i singoli paesi che per la nostra Comunità.
Ci sono vari importanti principi che definiscono sempre ciò che siamo. Facendo parte della nostra cultura, le lingue non sono solo uno strumento tecnico, ma anche importanti latori della nostra tradizione e, in quanto fenomeno culturale, esse meritano rispetto e riconoscimento. Questa è un’importante responsabilità soprattutto per gli Stati membri. E’ quindi fondamentale assumere un atteggiamento propositivo verso l’insegnamento e l’uso delle lingue. Attraverso il programma la Commissione europea ha creato opportunità per garantire un sostegno costante al multilinguismo, incluse le lingue minoritarie o regionali. L’Ufficio europeo per le lingue meno diffuse (EBLUL) è stato un partner che ha creato occasioni per altre attività nel quadro del nuovo programma. Lo stesso vale per la rete per le ricerche linguistiche MERCATOR.
Vorrei ricordarvi che il primo atto di diritto secondario dell’UE adottato nel 1958 riguardava le lingue. Quello era solo l’inizio, ed è importantissimo che le lingue svolgano un ruolo centrale anche in questa fase dell’integrazione europea, un ruolo che non è solo politico, ma anche culturale e, ovviamente, anche economico e sociale.
In conclusione, è un grande piacere per me constatare che sono il primo Commissario nella storia dell’UE responsabile per il multilinguismo come politica a sé stante, e che, a breve, fatto salvo il vostro consenso, l’intero settore diventerà autonomo, in collaborazione, naturalmente, con altri settori. Inoltre, un altro collega, il Commissario designato della Romania, Leonard Orban, si unirà a noi. Potrà essere di aiuto non solo nella promozione di questa politica ma anche nel garantire un forte impegno a favore dello sviluppo del multilinguismo.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani, alle 11.30.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)
Claire Gibault (ALDE). – (FR) Ci fu un’epoca in cui l’umanità intera parlava una sola lingua e utilizzava le stesse parole. Ma secondo il racconto biblico che narra l’episodio della torre di Babele, gli uomini hanno tentato di costruire una torre che arrivasse fino al cielo e li ponesse al pari di Dio. Per contrastare questo progetto, Dio ha moltiplicato le lingue, in modo che gli uomini non si capissero più e si disperdessero sulla terra.
Con questa relazione sul multilinguismo l’Europa realizza un progetto “anti-torre di Babele”, perché vuole valorizzare e promuovere le lingue minoritarie.
Per misurare la portata del multilinguismo bisogna capirne a fondo il contenuto. La diversità culturale e linguistica comporta il rispetto dell’identità culturale, delle tradizioni e delle religioni.
Incoraggiando la costruzione di una società europea del sapere “plurale”, l’Europa riconosce implicitamente che l’apprendimento di una lingua è un fattore cruciale nell’attitudine dei popoli a comunicare tra loro.
Il multilinguismo è anche un’opportunità per il futuro e la sua salvaguardia costituisce un dovere civico per l’Europa.
Di fronte alla globalizzazione che favorisce il monolinguismo, quanto più la diversità linguistica sarà riconosciuta tanto minore sarà il rischio di chiuderci nelle nostre identità.
José Ribeiro e Castro (PPE-DE). – (PT) Oggi è un giorno speciale per quelle lingue europee, come il portoghese, che sono parlate in tutto il mondo, perché il Parlamento europeo ne riconosce il ruolo significativo.
I considerando E e F e il paragrafo 3, da me proposti, sanciscono la grande importanza strategica che dovremmo attribuire alle lingue come il portoghese nel quadro della politica europea del multilinguismo, perchè hanno la caratteristica particolare di facilitare la comunicazione diretta con altre parti del mondo.
Questa risoluzione riconosce che l’Europa non può chiudersi in se stessa, ma deve interagire con il resto del mondo e deve migliorare la propria capacità di comunicare a livello globale. A tal fine alcune lingue sono strumenti dal valore inestimabile.
Riconoscendo il reale valore di lingue come il portoghese che sono ampiamente diffuse in tutto il mondo, la risoluzione ha creato un equilibrio migliore e un maggiore valore strategico.
Spiana la strada alle richieste di una maggiore promozione dell’insegnamento e dell’apprendimento delle lingue che hanno questo potenziale. Tali lingue andrebbero di fatto incoraggiate come seconda, terza o quarta lingua di apprendimento nell’UE.
Sono grato ai colleghi deputati per il sostegno dimostrato, al relatore per la sua apertura, e, in particolare, alla nostra relatrice ombra, l’onorevole Hennicot-Schoepges, per la sua volontà: il suo aiuto è stato fondamentale affinché l’iniziativa giungesse a una conclusione tanto positiva.
20. Sistema di preferenze generalizzate dell’Unione europea (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione sul sistema di preferenze generalizzate dell’Unione europea.
Peter Mandelson, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, sono lieto di condividere con lei alcune altre riflessioni sul regime SPG+ e sui suoi presupposti teorici. L’SPG+ è uno strumento comunitario di sviluppo d’importanza fondamentale: contribuisce al progresso economico dei paesi in via di sviluppo e alla riduzione della povertà, rispondendo al contempo alla necessità costante di promuovere i diritti umani fondamentali e i diritti del lavoro, nonché lo sviluppo sostenibile e i principi del buongoverno.
Una delle priorità fondamentali della politica commerciale dell’Unione europea è quella di aderire agli obiettivi della politica di sviluppo e di rafforzarli, in particolar modo per quanto riguarda la promozione dello sviluppo sostenibile e del buongoverno. Questo obiettivo ha ricevuto un rilievo ancora maggiore nell’ambito del regime SPG+, che mira a promuovere l’adesione, da parte dei paesi in via di sviluppo, alle norme internazionali sui diritti sociali, sulla protezione ambientale e sul buongoverno, nonché alla lotta contro le droghe.
Vale la pena ribadire che i criteri in base ai quali viene accordato il beneficio dell’SPG+ sono oggettivi e trasparenti, oltre a essere esplicitati nel regolamento stesso, come prescritto dagli impegni OMC. Il successo del sistema SPG+ si basa sulla concessione di un incentivo ai paesi candidati perché ratifichino, appunto per conformarsi ai criteri fissati dall’SPG+, le convenzioni dell’OIL.
Il sistema SPG+ ha svolto un ruolo determinante nel caso di El Salvador, che il 6 settembre 2006 ha depositato gli strumenti di ratifica delle rimanenti convenzioni dell’OIL. I comitati di supervisione dell’OIL hanno riferito che la maggior parte dei paesi candidati SPG+ ha apportato cambiamenti significativi al proprio ordinamento giuridico, in modo da conformarsi pienamente ai diritti riconosciuti dalle convenzioni dell’OIL, requisito indispensabile per poter beneficiare delle preferenze commerciali SPG+.
Il sistema SPG+ è uno strumento di incoraggiamento e sostegno. Non rappresenta una soluzione immediata di tutti i problemi: il suo ruolo, credo, non è quello di punire, ma di fornire un incentivo e di mantenere il ritmo delle riforme. Ulteriore obiettivo è l’integrazione dei paesi SPG+ nei meccanismi economici del commercio mondiali, integrazione che − sono convinto − contribuirà a farli avanzare verso un maggior rispetto dei principi riconosciuti dalle convenzioni e permetterà loro di realizzare le riforme essenziali.
Dopo la ratifica delle convenzioni, occorre naturalmente monitorare la loro effettiva applicazione. I progressi nell’attuazione della condizionalità SPG+ sono valutati sulla base dello sviluppo della politica governativa, della capacità amministrativa e di altri vincoli istituzionali, giuridici e di bilancio. Il progresso in alcuni di questi ambiti richiede, tuttavia, del tempo.
Per quanto riguarda il monitoraggio, l’Unione europea si affida nelle proprie decisioni − soprattutto nel caso in cui si debbano avviare procedure di revoca − alle procedure di monitoraggio e alla competenza dei relativi organi di controllo, quali l’OIL, cui essa non può sostituirsi.
Anche la Commissione, tuttavia, ha un preciso ruolo da svolgere nel quadro dell’applicazione del sistema SPG. Ogniqualvolta i sindacati o le parti interessate la mettono al corrente di gravi e sistematiche violazioni delle relative norme internazionali, infatti, essa valuta con attenzione la possibilità di prendere provvedimenti adeguati, in conformità del regolamento SPG. Il tutto avviene in modo ben coordinato e con l’ausilio dei relativi organi di controllo, nonché garantendo al Parlamento un regolare aggiornamento sugli eventuali sviluppi.
Desidero sottolineare che il Parlamento europeo e i parlamenti dei singoli paesi hanno la possibilità di svolgere un ruolo fondamentale, sia monitorando la situazione, sia contribuendo alla presentazione di una legislazione di attuazione nei paesi interessati, sia garantendo, infine, la sua effettiva applicazione.
Vorrei concludere ricordando ai Membri di quest’Assemblea che i contatti interparlamentari sono estremamente preziosi per trasmettere tale fondamentale messaggio e che a tal fine sono disposto a rafforzare ulteriormente la collaborazione con loro.
Godelieve Quisthoudt-Rowohl, a nome del gruppo PPE-DE. − (DE) Signor Presidente, il sistema di preferenze generalizzate si è dimostrato efficace, perché sostiene attivamente gli Stati nei loro sforzi verso lo sviluppo sostenibile e il buongoverno. Con questi Stati commerciamo e intavoliamo trattative da pari a pari e apriamo loro i nostri mercati, il che dà vita − solo a medio termine, se necessario − a una situazione di concorrenza. In altre parole, è anche nel nostro interesse garantire l’ottemperanza del regolamento e delle convenzioni delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione internazionale del lavoro. A questo riguardo, appoggiamo pienamente gli sforzi della Commissione.
Tuttavia chiediamo anche − e il Commissario ha già dichiarato la sua disponibilità in questo senso − che la Commissione ci tenga regolarmente informati per quanto attiene, in primo luogo, alle sue rilevazioni sull’applicazione dei vari regolamenti nei paesi beneficiari e, in secondo luogo, a ogni eventuale sanzione imposta in conformità dell’articolo 16, nonché, infine, alla valutazione a medio termine dell’efficacia del regolamento SPG+. L’SPG+ deve metterci in condizione di fornire il nostro sostegno beneficiando anche dei rapporti commerciali instaurati con questi paesi. Nello stesso tempo, dobbiamo tener conto dei legittimi interessi della nostra economia e del mercato del lavoro e trovare il giusto equilibrio tra questi due obiettivi.
Antolín Sánchez Presedo, a nome del gruppo PSE. − (ES) Signor Presidente, onorevoli colleghi, condivido pienamente le dichiarazioni del Commissario Mandelson e, in qualità di relatore sul sistema di preferenze generalizzate, vorrei sottolineare l’importanza del regime SPG+ come incentivo per incoraggiare i paesi più vulnerabili a impegnarsi in favore dello sviluppo sostenibile e del buongoverno.
Approvo la decisione della Commissione del 21 dicembre di accordare benefici a quindici paesi richiedenti e le misure adottate successivamente da paesi quali Colombia, Venezuela e El Salvador, che hanno ratificato importanti convenzioni dell’OIL.
Per quanto riguarda il funzionamento del sistema, vorrei accennare a tre questioni fondamentali. Innanzi tutto, obiettivo dell’SPG+ è quello di promuovere, oltre ad altri aspetti, i diritti umani e i diritti del lavoro attraverso il commercio. Questo nesso è fondamentale e non va perso: il commercio deve agire da incentivo in termini di diritti umani e di diritti del lavoro, e occorre evitare che tendenze protezionistiche pregiudichino questo obiettivo.
In secondo luogo, perché il sistema abbia successo, occorre accrescere il numero dei paesi beneficiari. Una delle priorità della Commissione deve essere quella di garantire che questo numero aumenti in modo considerevole, considerato il fatto che al momento tali paesi rappresentano solo il tre per cento della popolazione mondiale.
In terzo luogo, occorre garantire l’efficacia del sistema mediante un’applicazione intelligente, cui prenda parte anche il Parlamento europeo. E’ importante che la Commissione collabori con varie iniziative agli sforzi compiuti dai paesi beneficiari per mantenere i loro impegni, in particolare rafforzando il controllo e la valutazione, rigorosi e regolari, dell’applicazione delle convenzioni, in modo trasparente e in collaborazione con i principali attori sociali e i paesi beneficiari, come affermato nella relazione del Parlamento.
Nel caso di violazioni gravi e sistematiche dei principi, inoltre, si devono applicare le sanzioni previste, punendo gli autori delle violazioni e non gli operatori che tengono fede correttamente ai loro impegni.
Come è ribadito nella proposta di risoluzione, infine, prima della prossima revisione del regolamento la Commissione deve elaborare uno studio inteso a valutare l’impatto del sistema, ad analizzarne il funzionamento e a porre le basi per le riforme attuate.
Sajjad Karim, a nome del gruppo ALDE. − (EN) Signor Presidente, il sistema SPG è stato ideato per aiutare i paesi più poveri e vulnerabili del mondo a uscire dalla povertà. Non esiste una lista fissa di paesi inseriti in questa categoria. Quando l’SPG ha un buon esito, il paese beneficiario ha la possibilità di instaurare un nuovo rapporto economico con l’Unione europea. Non sempre, tuttavia, gli spostamenti sono verso l’alto: è possibile che alcuni paesi si trovino oggi, per cause di forza maggiore, in una situazione peggiore di quella in cui si trovavano quando il regime è stato rinnovato.
Il Pakistan è uno di questi paesi. Nonostante l’appoggio di quest’Assemblea, il Consiglio ha negato al Pakistan il beneficio dell’SPG+, a prezzo di 300 000 posti di lavoro e di quaranta milioni di sterline l’anno. Tragicamente, infatti, a meno di sei mesi dall’entrata in vigore del regime SPG, il Pakistan e gran parte del Kashmir pakistano sono stati devastati da un terremoto che in termini di distruzione e di sofferenza umana avrebbe superato, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, lo stesso tsunami.
Nel nordest della regione, dove l’impatto è stato maggiore, il terremoto ha provocato un esodo su vasta scala della manodopera specializzata e non specializzata, che tradizionalmente ha sempre costituito una parte considerevole della forza lavoro dell’intera industria pakistana, soprattutto tessile. Molti abitanti hanno perso i loro consorti e sono rimasti senza casa e con figli a carico. A più di un anno di distanza, non sono potuti tornare a lavorare perché in attesa di sovvenzioni finanziarie per ricostruire le loro abitazioni. Di conseguenza i salari sono aumentati, facendo salire i costi di produzione e ripercuotendosi in modo drammatico sulla competitività del Pakistan.
Sebbene l’Unione europea sia sempre molto generosa negli aiuti ai paesi in stato di bisogno, le sue risorse non sono inesauribili. Occorre rivedere il sistema SPG in modo da garantire un aiuto non solo ai paesi poveri affinché escano dalla povertà, ma anche a quelli disperati perché si scrollino di dosso le macerie.
Caroline Lucas, a nome del gruppo Verts/ALE. − (EN) Signor Presidente, affinché il sistema SPG sia credibile e veramente efficace, occorre dimostrare che funziona in modo adeguato. In altri termini, quando si verificano violazioni delle norme sociali o ambientali in causa, l’Unione europea deve agire in modo rapido e risoluto. Non si tratta semplicemente di una discussione astratta o teorica, ma di un dibattito reale su paesi reali.
E’ già stato menzionato il caso di El Salvador. Di fatto, i lavoratori salvadoregni hanno dovuto fare i conti per anni con l’incredibile resistenza del loro governo, degli industriali e dei media della destra, volta a eludere o quanto meno a rinviare l’attuazione delle convenzioni fondamentali del lavoro, tentativo in cui pare siano stati sostenuti, deprecabilmente, da uno Stato membro dell’Unione europea, la Spagna.
La recente ratifica, da parte del governo di El Salvador, di sei convenzioni fondamentali dell’OIL, tuttavia, non è la vittoria che può sembrare, perché riformando le legge sulla pubblica amministrazione il governo di fatto è riuscito a privare un gran numero di lavoratori di ogni eventuale beneficio derivante dalle convenzioni OIL. Ciò è assolutamente inaccettabile, ed è per questo che chiedo ufficialmente alla Commissione di avviare senza indugio accertamenti sulla situazione di El Salvador e di prendere in considerazione la possibilità di una revoca temporanea delle preferenze SPG. Sarei lieto di fornire al signor Commissario ulteriori dettagli provenienti dagli organismi sindacali e dalle società civili del Salvador.
La Colombia rappresenta un altro caso di vistosa violazione dei diritti dei lavoratori, nonostante la facciata del riconoscimento ufficiale delle convenzioni OIL. Le notizie mensili e spesso settimanali di membri dei sindacati “scomparsi” o uccisi raccontano la vera storia del tributo di sangue versato da chi ha osato presumere che i diritti dell’OIL adottati ufficialmente nella teoria sarebbero stati rispettati nella pratica. Non possiamo aspettare fino al dicembre 2008 per riesaminare questi casi. Chiedo alla Commissione di riconsiderarli adesso.
Jan Andersson (PSE). − (SV) Signor Presidente, signor Commissario, il regime di preferenze generalizzate SPG+ è un sistema efficace, che accorda ai paesi in via di sviluppo privilegi in termini di accesso ai mercati europei, compiendo così un’operazione estremamente positiva. Esistono tuttavia svariate condizioni correlate. Il Commissario Mandelson ha ragione quando afferma che a questi paesi occorre dare prima di tutto incoraggiamento e sostegno. Vi sono però situazioni in cui fornire incoraggiamento e sostegno non basta, e in cui diventa effettivamente necessario restringere i controlli e magari anche impiegare gli strumenti previsti per i casi in cui le condizioni stabilite dalle convenzioni sui diritti dei lavoratori e accordi simili non vengono rispettate. Sappiamo che si stanno verificando violazioni, e pertanto esortiamo la Commissione a rendere più severi i controlli e a impiegare, se necessario, gli strumenti a disposizione per revocare temporaneamente i privilegi ai paesi che commettono infrazioni.
Al momento di adottare simili misure, inoltre, vorremmo che il Parlamento venisse coinvolto nel processo, in modo che possiamo esprimere il nostro punto di vista e contribuire a rendere efficace il sistema. Tutto ciò va fatto adesso. Come hanno evidenziato molti altri oratori, occorre inoltre riesaminare attentamente alcuni punti prima della valutazione del sistema del 2008, ponendosi interrogativi quali: il sistema è stato efficace sotto ogni riguardo? Quali imperfezioni presenta e cosa andrà tenuto in considerazione al momento di rinnovarlo?
Kader Arif (PSE). − (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, adottando il regolamento del Consiglio del 27 giugno 2005, che riforma il sistema di preferenze in vigore dal 1971, l’Unione europea ha scelto di semplificare e potenziare il suo principale strumento commerciale di sostegno ai paesi in via di sviluppo.
D’ora in avanti verranno quindi applicati tre regimi: il sistema generale, il regime “tutto fuorché le armi”, che è uno strumento adattato alle specificità dei paesi meno avanzati, e infine l’SPG+. Le preferenze supplementari accordate in quest’ultimo ambito sono nate dalla ferma convinzione che lo sviluppo possa essere ritenuto tale solo se in stretta relazione con il processo di democratizzazione e il rispetto dei diritti umani, del diritto del lavoro e dell’ambiente. Quindici paesi beneficiano attualmente di questo meccanismo, inteso al contempo a incoraggiare e a premiare i paesi in via di sviluppo più vulnerabili che compiono i maggiori sforzi in questo ambito.
Perché l’SPG+ contribuisca davvero al buongoverno e a un maggior rispetto dell’ambiente, dei diritti umani e dei diritti del lavoro, tuttavia, esso dev’essere gestito in modo efficace, il che significa prima di tutto ammonire i paesi − ancora molto numerosi − che non mantengono i loro impegni, e soprattutto dare loro costanti avvertimenti, per poi passare alla soppressione effettiva delle preferenze ai paesi che violano in modo grave e sistematico le convenzioni dell’OIL e vengono meno ai loro impegni.
E’ poi indispensabile effettuare una valutazione regolare volta a garantire che ciascuno dei paesi beneficiari dell’SPG+ tenga fede agli impegni presi. Tale valutazione deve essere particolarmente esaustiva in vista del rinnovamento di questo strumento alla fine del 2008. La nostra credibilità e l’efficacia di questo strumento dipendono da quello che gli esperti giuridici chiamano il principio del parallelismo delle forme. Non possiamo continuare ad accordare preferenze a paesi privi della capacità politica di rispettare questi impegni. Ne va del futuro stesso di questa politica.
Peter Mandelson, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, cercherò di farle risparmiare tempo concentrando il mio intervento in tre punti. Innanzi tutto concordo senz’altro sul fatto che occorra mantenere alti livelli di sorveglianza e assistenza, ed è ciò che abbiamo intenzione di fare. Abbiamo seguito lo stesso procedimento nel caso della Bielorussia, e su questa base abbiamo presentato le nostre proposte al Consiglio.
Per quanto riguarda il Pakistan, posso dire che la concessione di privilegi commerciali implica che ci si attenga alle norme che generano quei privilegi, e questo è quanto stiamo facendo e abbiamo fatto nel caso del Pakistan. Condivido però pienamente il parere dell’onorevole Karim secondo cui la Commissione dovrebbe fare tutto il possibile, nei limiti delle norme previste, per fornire assistenza al Pakistan.
Per quanto concerne El Salvador, concordo pienamente sul fatto che, dopo avergli accordato lo status di paese SPG+, si tratta ora di monitorare, sulla base delle relazioni delle organizzazioni internazionali, l’effettiva applicazione delle due convenzioni dell’OIL, e questo è ciò che intendiamo fare.
Presidente. – Comunico di aver ricevuto sei proposte di risoluzione, ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2, del Regolamento(1).