Josu Ortuondo Larrea (ALDE). – (ES) Signor Presidente, il motto fondamentale dell’Unione europea è “unità nella diversità”. Sin dalle sue origini, stiamo cercando di costruire uno spazio comune non solo economico ma, soprattutto, di opportunità di vita e libertà. Questo tra popoli e nazioni che hanno molto in comune: non mi riferisco solo agli interessi strategici, politici e sociali che condividiamo, ma anche ai nostri valori, alle abitudini e al modo di intendere la vita.
Abbiamo una base culturale comune che comprende il pensiero greco, il diritto romano, il cristianesimo, la Riforma, l’Illuminismo, il Rinascimento e anche la globalizzazione. Nel contempo, tuttavia, è indubbio che conserviamo differenze culturali e identità specifiche e, in particolare, le nostre lingue. Questa diversità, benché possa apparire solo come un ostacolo, in realtà è una fonte di grande ricchezza e vitalità.
Per questo, anche se non è stata approvata, ho votato a favore della proposta di modifica del Trattato sull’Unione europea, affinché possa esistere una legislazione comunitaria in materia di rispetto e protezione delle lingue, in particolare delle lingue minoritarie, e sia istituita un’agenzia europea per la diversità linguistica e il multilinguismo.
Ho votato a favore anche della promozione dell’apprendimento, da parte dei cittadini europei, di almeno due lingue oltre alla propria, poiché ritengo che questo sia il modo migliore per favorire la comprensione reciproca, la coesistenza e l’unità.
Michl Ebner (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, sulla questione del multilinguismo sono favorevole all’adozione di questa relazione dell’onorevole Joan i Marí. In effetti, ho votato a favore anche se con un certo numero di riserve, che mantengo tuttora. Credo che né la Commissione europea né i colleghi deputati – o almeno la maggioranza – nel corso della votazione in Aula abbiano dimostrato sufficiente coraggio su una serie di emendamenti. Il multilinguismo è un presupposto essenziale per la tolleranza e l’accettazione, e occorre fare di più in questo campo nell’interesse della comprensione all’interno dell’UE.
E’ un fatto che il Parlamento aveva deciso che la Commissione avrebbe dovuto studiare la questione della creazione di un’agenzia e presentare al Parlamento una relazione in merito, ed è altrettanto vero che la Commissione si è dimostrata inadempiente in proposito. Questa omissione dev’essere corretta.
La procedura in quest’Aula è che le relazioni vengano presentate prima che si tengano le relative discussioni e si prendano le decisioni.
Tomáš Zatloukal (PPE-DE). – (CS) Signor Presidente, onorevoli colleghi, è una buona notizia che sia stata adottata la nuova strategia quadro per il multilinguismo. I singoli Stati membri saranno responsabili dell’attuazione di questa politica. Alcuni Stati membri stanno già apportando modifiche ai rispettivi sistemi scolastici. Una parte sostanziale di questi cambiamenti riguarda l’insegnamento delle lingue straniere come strumenti di comunicazione e riconoscimento della diversità culturale.
Dobbiamo fornire un sostegno inequivocabile all’indicatore europeo di competenza linguistica, se vogliamo fare il miglior uso possibile dei singoli sistemi di conoscenza linguistica nella pianificazione della formazione. La motivazione all’insegnamento delle lingue straniere è accresciuta anche dalla trasparenza degli esami e delle certificazioni in campo linguistico, a vantaggio di chi li affronterà nella sua carriera futura.
La relazione rappresenta un importante contributo al rafforzamento dell’insegnamento delle lingue straniere, al miglioramento della competitività dei lavoratori e alla promozione della comunicazione tra i cittadini e le Istituzioni europee. Questo è un ulteriore motivo per il quale ho votato a favore della relazione.
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione. In tutta questa euforia per il multilinguismo, non dobbiamo dimenticare le carenze evidenziate dai risultati in costante declino degli studi PISA.
Il numero degli stranieri nelle classi dovrebbe di norma essere limitato al 30 per cento, per favorire l’integrazione, mantenere standard di qualità e ridurre il potenziale di conflitti culturali. Quindi, a mio parere, una sufficiente padronanza della lingua locale prima di cominciare il normale percorso scolastico e, se necessario, un maggiore sostegno linguistico, ad esempio sotto forma di un anno supplementare alla scuola per l’infanzia o di preparazione alla scuola primaria, dovrebbero diventare la norma nell’UE.
Bruno Gollnisch (NI). – (FR) Signor Presidente, vorrei aggiungere le mie riserve a quelle del collega Mölzer. Questa relazione contiene alcuni spunti eccellenti, in particolare laddove segnala che l’insegnamento dell’inglese non ha bisogno di essere sovvenzionato dall’Unione europea.
Si propone una posizione estremamente ambiziosa, intesa a trasformare in lingue ufficiali tutte le circa sessanta lingue minoritarie, che tuttavia in qualche modo va a discapito delle 21 lingue nazionali dell’Unione, alcune delle quali sono già in qualche misura minacciate: lettone, lituano, estone, ungherese e sloveno non sono lingue utilizzate per le comunicazioni internazionali. Anche la situazione dell’italiano, del tedesco e del francese è motivo di qualche preoccupazione.
E’ piuttosto paradossale che la relazione proponga di fare economie sulla base del fatto che queste lingue ufficiali dell’UE non sono necessariamente considerate lingue di lavoro in tutte le delegazioni, al fine di concedere finanziamenti a vantaggio delle lingue regionali. Ieri abbiamo avuto l’esempio piuttosto increscioso del capo di Stato di un paese che recentemente ha raggiunto la piena indipendenza, che si è sentito obbligato a parlare in inglese invece che nella sua lingua madre, anche se ha studiato a Strasburgo! A mio parere questo non fa presagire nulla di buono per lo sviluppo del multilinguismo nell’Unione europea.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Joan i Marí su una nuova strategia quadro per il multilinguismo, seppure con qualche riserva in merito ad alcune proposte ed emendamenti che sono stati adottati.
A mio parere, la strategia europea per il multilinguismo dovrebbe coprire l’insegnamento e la promozione delle “lingue europee diffuse nel mondo”, una definizione che si applica al portoghese, che è la terza lingua comunitaria più parlata nel mondo (dietro a inglese e spagnolo e davanti a tedesco, francese e italiano). Per la sua unicità e per il fatto che è parlata da circa 200 milioni di persone in otto paesi di cinque continenti, la lingua portoghese dovrebbe rientrare tra le lingue ufficiali dell’UE. La relazione omette di riconoscerlo come sarebbe opportuno.
Il portoghese rappresenta il legame più duraturo tra i continenti, in quanto è un mezzo di comunicazione, è la materia prima utilizzata da grandi poeti e scrittori e ha una dignità acquisita in ottocento anni di storia.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Sosterrò questa relazione con un certo grado di riluttanza. Mi pare che l’aggiunta infinita di ulteriori lingue al cocktail delle lingue ufficiali dell’UE non vada necessariamente a vantaggio del funzionamento efficiente delle Istituzioni. Sono d’accordo che dev’essere possibile per i deputati parlare ed ascoltare nelle rispettive lingue, ma questo non è necessariamente vero per i funzionari della Commissione o del Consiglio.
Ora ci troviamo in una situazione anomala nella quale sarà disponibile il gaelico per chi proviene dalla Scozia, lo spagnolo per chi proviene da Gibilterra, ma non il gallese per chi proviene dal Galles. Tuttavia, se dobbiamo aggiungere nuove lingue, chiederei che tra queste ci sia la lingua di una parte del mio elettorato, e precisamente quello della Cornovaglia. E’ una lingua minoritaria, ma i suoi potenziali parlanti sono almeno altrettanto numerosi quanto i parlanti di maltese, una lingua ufficiale della Comunità.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Il multilinguismo è importante per la libertà di circolazione all’interno dell’Unione europea. Quindi abbiamo votato a favore della relazione nel suo complesso.
Tuttavia, abbiamo votato contro certe formulazioni proposte, comprese quelle concernenti la legislazione in materia linguistica a livello dell’UE, l’istituzione di un’agenzia per la diversità linguistica e/o il multilinguismo e la costituzione di un gruppo di lavoro interistituzionale incaricato di presentare una modifica al Trattato sull’UE, nell’intento di creare una base giuridica per il concetto di “rispetto della diversità linguistica”.
Come sempre, entra in gioco la tendenza del Parlamento europeo a esagerare. Desideriamo puntualizzare che gli Stati membri hanno la responsabilità esclusiva di organizzare l’insegnamento e garantire il pieno rispetto dei contenuti dei sistemi scolastici. Di conseguenza, spetta a ciascuno Stato membro assicurarsi che i suoi cittadini ricevano un’adeguata formazione linguistica.
Sérgio Marques (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Desidero congratularmi con l’onorevole Joan i Marí per la sua relazione importante e tempestiva su una nuova strategia quadro per il multilinguismo, alla quale do il mio pieno sostegno. Accolgo con favore le misure proposte per promuovere il multilinguismo in Europa.
L’esistenza di diverse lingue in Europa è una caratteristica peculiare del processo di integrazione europea e un elemento fondamentale della cultura europea. L’apprendimento di varie lingue, che è l’obiettivo noto come “lingua madre + 2” stabilito nella strategia di Lisbona, dovrebbe essere incoraggiato nell’intento di agevolare la comunicazione tra i popoli di diversi paesi e di promuovere l’accettazione delle differenze tra di essi.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione e accolgo volentieri le misure intese a proteggere le lingue minoritarie e ad accrescerne l’utilizzo. Tuttavia, l’incoraggiamento del multilinguismo non dovrebbe trasformarsi in un uso eccessivo (e non necessario) di prestazioni di interpretariato e traduzione nelle lingue regionali.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione perché il multilinguismo è un argomento che mi sta molto a cuore e perché sento che l’UE dovrebbe mandare un messaggio forte e chiaro di promozione della diversità linguistica nel suo territorio.
Riguardo all’indicatore europeo di competenza linguistica, citato nella relazione, ribadisco gli argomenti già esposti nella mia dichiarazione scritta sulla questione.
L’adozione di un indicatore di competenza linguistica è necessaria per rimediare alla mancanza di dati verificabili sulle competenze linguistiche dei cittadini dell’UE. Tuttavia, l’indicatore non dev’essere limitato alle cinque lingue più parlate nell’UE. Oltre ad altri fattori, dobbiamo tenere conto del profilo di altre lingue europee presenti nel mondo. Si tratta di un aspetto fondamentale della questione, che l’UE deve integrare nella sua politica di apertura e di cooperazione con il resto del mondo.
Per questo motivo, il mio voto a favore dell’emendamento n. 4 è un modo per enfatizzare l’invito rivolto alla Commissione a definire una tabella di marcia specifica per estendere l’indicatore a tutte le lingue ufficiali dell’UE, come ho proposto nella mia dichiarazione scritta.
José Ribeiro e Castro (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Nella nuova strategia quadro per il multilinguismo, mi compiaccio del fatto che il Parlamento abbia ripreso il mio contributo al riconoscimento dell’importanza strategica e della rilevanza globale delle lingue europee diffuse nel mondo.
In tutto il mondo, 350 milioni di persone sono di madrelingua inglese; lo spagnolo è la lingua madre di 280 milioni di persone, il portoghese di 230 milioni di persone e il francese di 125 milioni di persone. Queste cifre e la diffusione geografica dei parlanti di queste lingue sono indicative dell’importanza delle lingue europee presenti nel mondo. Queste lingue aumentano la nostra capacità di sostenere e rafforzare le relazioni e i contatti diretti con le altre parti del mondo senza bisogno di un intermediario.
Passando a un altro aspetto della questione, sono consapevole del fatto che gli oppositori della promozione del multilinguismo citano i costi come uno dei motivi per eliminarlo o sostituirlo con un’unica lingua di lavoro, o solo alcune.
E’ innegabile che si tratta di un costo. Tuttavia bisogna ricordare, malgrado gli argomenti finanziari citati, che tra i costi sostenuti nella costruzione dell’Europa moderna questo è per un’ottima causa: la promozione della nostra tradizione. Il multilinguismo certamente costa meno di una guerra ed è una potente attività culturale.
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. – (EN) Quello del multilinguismo è un concetto importante. Occorre riconoscere l’unicità del Parlamento europeo, che dispone dell’interpretazione simultanea in 21 lingue diverse, presto 23. Tuttavia, se vogliamo realizzare l’obiettivo della competenza linguistica di tutti i cittadini europei nella propria madrelingua più altre due lingue, occorre un sostegno a livello di Stati membri.
In Scozia sono sempre meno le persone che scelgono di studiare le lingue straniere a scuola e all’università. Occorre invertire la tendenza. Mi fa piacere che tutti i ragazzi di dieci anni nelle scuole scozzesi stiano imparando una lingua straniera. Il loro impegno dovrebbe essere incoraggiato e sostenuto. Andrebbe lodato anche il sostegno dell’esecutivo scozzese all’insegnamento in lingua gaelica.
– Sistema di preferenze generalizzate dell’Unione europea (B6-0578/2006)
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Il desiderio di far dipendere la concessione del sistema di preferenze generalizzate a determinati paesi – vale a dire l’accesso privilegiato al mercato europeo per le loro esportazioni – dall’osservanza delle regole minime dell’Organizzazione internazionale del lavoro è una buona cosa.
Tuttavia, come di solito accade con questo tipo di risoluzioni, temo che siamo ancora allo stadio delle pie illusioni. Malgrado le clausole che impongono il rispetto dei diritti umani e dei diritti “sociali” basilari con cui l’Europa di Bruxelles infarcisce i suoi accordi commerciali internazionali, non credo che abbia mai punito una violazione di tali diritti né applicato tali clausole. Accetta di commerciare con la Cina e ne ha sostenuto l’ingresso nell’OMC, nonostante quello che sappiamo sulle condizioni di lavoro in quel paese comunista, sull’esistenza dei campi Laogai e del lavoro forzato, sulla repressione politica e la mancanza di libertà, e anche sulla violazione sistematica del diritto di proprietà, con l’esercizio su vasta scala di attività di contraffazione e copia.
Si tratta di un problema di credibilità, e su questo punto l’Europa non ne ha.
Richard Howitt (PSE), per iscritto. – (EN) Ogni anno vengono uccisi più sindacalisti in Colombia che in tutto il resto del mondo. Nel 2005 ne sono stati uccisi 70, 260 hanno ricevuto minacce di morte, 56 sono stati imprigionati arbitrariamente, sette sono sopravvissuti ad attentati con esplosivi o armi da fuoco, sei sono stati rapiti e tre sono scomparsi.
La Commissione è stata molto orgogliosa di spendere le sue credenziali nel combinare i vantaggi del sistema di preferenze generalizzate con le norme sui diritti. La stessa OIL ha dichiarato che la Colombia non rispetta pienamente le norme fondamentali dell’OIL sul lavoro, come sarebbe necessario per accedere ai vantaggi del regime SPG+. La ratifica di una convenzione OIL non equivale alla sua attuazione, come possono sicuramente testimoniare i sindacalisti della Colombia.
Accolgo dunque con favore questa risoluzione e la dichiarazione resa dal Commissario Mandelson nel corso della discussione, ed esorto la Commissione a rivedere la posizione della Colombia nell’ambito del regime SPG+. Altrimenti, un paese che assassina i suoi sindacalisti continuerà ad apparire ricompensato per averlo fatto.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Mi compiaccio di questa votazione. Ormai in troppi paesi beneficiari del sistema di preferenze generalizzate si verificano ripetute violazioni dei diritti dei lavoratori. La Commissione deve garantire l’attuazione delle pertinenti convenzioni OIL mediante valutazioni regolari e trasparenti.
Oldřich Vlasák (PPE-DE). – (CS) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei illustrare le ragioni per cui ho votato a favore della proposta di raccomandazione sulla direttiva relativa ai servizi nel mercato interno. Innanzi tutto, giudico molto positivamente il fatto che, dopo tre anni di lunghi negoziati, le Istituzioni europee siano giunte a una decisione sui progressi in vista della liberalizzazione della circolazione dei servizi, che porterà alla creazione di più di mezzo milione di nuovi posti di lavoro e sosterrà la crescita economica nei nostri paesi.
Benché la direttiva, nella sua forma definitiva, non corrisponda interamente alla mia idea originale di liberalizzazione dei servizi nel mercato interno comunitario, porterà tuttavia un valore aggiunto a tutti i partecipanti, ed è per questo motivo che ho votato a suo favore. Faciliterà l’accesso dei commercianti e delle PMI ai mercati degli altri Stati membri. Il compromesso raggiunto in seno al Consiglio, tuttavia, è molto fragile, e non vi è motivo di metterlo a rischio. Per questo motivo non ho votato a favore di alcuni emendamenti relativi a questioni delicate, quali il rispetto del diritto del lavoro e del diritto penale, la definizione di servizi sociali e gli obblighi di selezione. Tali questioni daranno senz’altro adito a future discussioni.
Péter Olajos (PPE-DE). – (HU) In qualità di deputato al Parlamento europeo proveniente da uno dei nuovi Stati membri, ho combattuto alacremente per i diritti delle nostre imprese e dei nostri lavoratori, e in diverse occasioni ho rivolto domande alla Commissione, sia oralmente che per iscritto, in merito alla tutela e al rispetto dei diritti dei lavoratori.
Nel corso di questo processo, spesso ci siamo imbattuti in problemi giuridici, politici ed economici. Frequentemente siamo stati accusati di dumping sociale, di abbassare gli standard di sicurezza sul posto di lavoro e di altre simili assurdità. Ormai la maggior parte dei problemi – compresi i casi SoKo Bunda e Pannonia riguardanti lavoratori ungheresi in Germania – è stata risolta, le sentenze dei tribunali hanno fermato l’azione delle autorità tedesche e sono in corso persino cause per danni.
Accogliere oggi la direttiva sui servizi è un immenso passo avanti verso il chiarimento dei diversi dubbi. Si tratta di un compromesso, il che significa che nessuno è soddisfatto al cento per cento, ma è un buon compromesso che porterà avanti la nostra causa, ossia ottenere le libertà fondamentali dell’Unione, la libera circolazione dei servizi.
Michl Ebner (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore della relazione della collega Gebhardt, soprattutto perché provengo da una zona di confine, in cui queste difficoltà sono vissute quotidianamente. Credo pertanto che si tratti di misure positive, che giovano anche e soprattutto alle zone di confine.
Mi rammarico alquanto per le polemiche di cui è stato oggetto per anni il progetto di direttiva sui servizi di cui ci occupiamo quest’oggi, che alla fine ha avuto un grandissimo consenso anche in quest’Aula, un consenso a mio avviso meritato. Mi auguro che in altre occasioni prevalgano le proposte propositive e positive sulle polemiche.
Danutė Budreikaitė (ALDE). – (LT) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la libertà di fornire servizi è una delle quattro libertà dell’Unione europea sancite dal Trattato CE, che vieta che si limiti lo stabilimento dei cittadini di uno Stato membro in un altro e che si creino barriere alla libera circolazione dei servizi.
Onorevoli colleghi, sono trascorsi due anni da quando abbiamo iniziato a lavorare su questo documento, che autorizza una libertà che è nostro diritto fondamentale da ben 50 anni. Il principio del paese d’origine (condizione preliminare per la libera circolazione dei servizi), i servizi di interesse generale, l’assistenza sanitaria, i servizi sociali e gli altri sono stati tutti esclusi dalla proposta di direttiva.
La Lituania è stato l’unico paese ad astenersi dal voto sulla direttiva in seno al Consiglio. A mio parere, non ci vorrà molto per capire che l’attuazione della direttiva non sarà all’altezza delle nostre aspettative. Pertanto mi sono opposta a tale direttiva, esattamente come in prima lettura.
Bernadette Vergnaud (PSE). – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, benché si siano compiuti molti progressi rispetto al testo iniziale presentato dalla Commissione europea, la direttiva sui servizi nel mercato interno oggi sottoposta al voto è diversa da quella della prima lettura del Parlamento europeo. Pertanto ho votato contro la posizione comune.
I servizi d’interesse economico generale, in effetti, fanno ancora parte del campo d’applicazione della direttiva, come pure alcuni servizi d’interesse generale. Anche la portata dell’esclusione dei servizi sociali d’interesse generale è molto più limitata. I diritti fondamentali garantiti dalla Carta europea ora figurano solo in un considerando. In conclusione, il testo resta ambiguo per quanto riguarda l’esclusione del diritto del lavoro.
Pur fornendo alcune delle risposte necessarie a tali questioni, cosa che reputo essenziale, la dichiarazione scritta presentata dalla Commissione europea non ha alcun valore giuridico e, nel caso in cui una vertenza giuridica arrivi in tribunale, la Corte di giustizia non potrà tenerne conto. Sarebbe stato diverso se tale dichiarazione fosse venuta dal Consiglio, in quanto colegislatore insieme al Parlamento.
Richard Corbett (PSE). (EN) Signor Presidente, nell’accordo in discussione, che ha ottenuto l’approvazione della grandissima maggioranza di tutti i partiti, il Parlamento si è mostrato al meglio. Abbiamo esaminato ed emendato le proposte della Commissione, assicurato che fossero attuabili e politicamente accettabili in tutti i nostri paesi e abbiamo ottenuto una soluzione che confido porterà enormi benefici all’economia comunitaria.
Mi compiaccio in particolare della modifica apportata in extremis all’accordo in materia di comitatologia. Solo pochi mesi fa abbiamo firmato un accordo con il Consiglio al fine di accordare al Parlamento maggiori diritti di scrutinio relativamente alle misure attuative che deriveranno da questa direttiva.
E’ stato inaccettabile che il Consiglio abbia detto, in un primo momento, che il nuovo accordo non si sarebbe applicato a questa direttiva. Faceva parte dell’accordo la clausola che esso fosse applicabile anche a tutte le nuove misure legislative che conferissero successivamente alla Commissione la facoltà di adottare misure attuative quasi legislative. Ora, fortunatamente, questa disposizione è stata inserita nell’accordo; pertanto, nessuna misura attuativa di un provvedimento quasi legislativo che derivi da questa legislazione potrà entrare in vigore se il Parlamento la rifiuta.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). (PL) Signor Presidente, ho votato a favore dell’adozione della versione modificata del progetto di direttiva sui sevizi. In altre parole, ero contrario a respingerla. Sono perlopiù ottimista e per questo motivo penso che essa contribuirà a diminuire la burocrazia, aumentare la crescita economica e creare nuovi posti di lavoro.
Siamo onesti, però, e ammettiamo che la versione originale della direttiva, presenta dalla Commissione europea tre anni fa, era di gran lunga migliore e avrebbe potuto contribuire in modo più efficace a raggiungere gli obiettivi della strategia di Lisbona.
La direttiva attuale è stata edulcorata in modo significativo ed è difficile definirla un grande successo. Sembra che alcuni dei vecchi Stati membri temano la libera fornitura di servizi e la concorrenza con i nuovi Stati membri, e che accampino quale giustificazione il timore del dumping sociale. Un simile atteggiamento è arduo da comprendere, poiché immagino che tutti vogliamo che l’Europa diventi più competitiva e dinamica.
Hubert Pirker (PPE-DE). (DE) Signor Presidente, sono convinto che la proposta di direttiva sui servizi che abbiamo votato rappresenti il raggiungimento di un buon compromesso tra la libertà di fornire servizi, da un lato, e la necessità d’imporre restrizioni nell’interesse dei lavoratori e delle PMI, dall’altro. In effetti, è per questo che ho votato a favore della relazione.
Ora tocca agli Stati membri controllare che le disposizioni vengano osservate. Solo allora saremo in grado di considerare questa direttiva sui servizi un successo a tutti gli effetti. Vorrei invitare la Presidenza del Consiglio, il Consiglio ora assente a insistere presso gli Stati membri affinché predispongano effettivamente i meccanismi di controllo adeguati per l’attuazione della direttiva sui servizi.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. (FR) L’adozione da parte del Parlamento europeo della direttiva sui servizi permette l’istituzione di disposizioni generali che faciliteranno l’esercizio della libertà di stabilimento da parte dei prestatori di servizi, il che favorirà la libera circolazione di servizi, dei quali si garantisce l’alta qualità, escludendo inoltre il rischio di dumping sociale implicito nel concetto iniziale del principio del paese d’origine, che è stato eliminato.
Il campo di applicazione della direttiva è stato notevolmente ridotto ed esclude in particolare i servizi sanitari, i servizi pubblici non commerciali e alcuni servizi pubblici commerciali. Le attività di servizio rappresentano il 70 per cento del PIL comunitario e offrono un potenziale di crescita e occupazione significativo. Guardando indietro, vorrei sottolineare che al Presidente della Repubblica francese Chirac era stato caldamente consigliato di bloccare il testo iniziale, presentato dall’allora Commissione Prodi.
La questione dimostra la crescente influenza del Parlamento europeo, per il quale si tratta di un’importante vittoria politica che simboleggia il concetto di economia sociale di mercato espresso nel progetto di Trattato costituzionale per l’Europa. Ora dobbiamo rivolgere l’attenzione agli Stati membri, che sono responsabili della trasposizione di questo testo nel diritto nazionale in modo giusto, equo e sincero.
Graham Booth (IND/DEM), per iscritto. (EN) In quanto deputato appartenente allo UKIP, ho votato a favore della maggior parte degli emendamenti presentati dai gruppi GUE/NGL e Verts/ALE perché, nei limiti della loro comprensione dei rischi del sovranazionalismo, tali emendamenti tuttavia riconoscevano, tentando di evitarlo, il danno che una mancanza di controllo democratico e nazionale sulla fornitura di servizi può arrecare alla gente comune e soprattutto ai cittadini meno abbienti.
Gerard Batten, Derek Roland Clark, Nigel Farage, Jeffrey Titford e Thomas Wise (IND/DEM), per iscritto. – (EN) Abbiamo votato per la maggior parte degli emendamenti presentati dai gruppi GUE/NGL e Verts/ALE perché, nei limiti della loro comprensione dei rischi del sovranazionalismo, tali emendamenti tuttavia riconoscevano, tentando di evitarlo, il danno che una mancanza di controllo democratico e nazionale sulla fornitura di servizi può arrecare alla gente comune e soprattutto ai cittadini meno abbienti.
Françoise Castex (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della proposta di respingere la posizione comune del Consiglio sui servizi nel mercato interno. Il voto in seconda lettura è stato dato a un testo superato rispetto al voto in prima lettura. Restano troppe incertezze quanto all’applicazione del principio del paese di origine. Il testo non chiarisce in alcun modo le restanti ambiguità in merito alla tutela dei servizi pubblici e dei consumatori.
Ancor più grave è il fatto che, benché il diritto del lavoro rientri nelle competenze nazionali, il Consiglio abbia subordinato proprio il rispetto del diritto del lavoro alle decisioni comunitarie, e pertanto l’osservanza di tale diritto d’ora in poi sarà soggetta alle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee.
In questo caso l’Unione europea volta le spalle all’ambizione iniziale di creare un’area europea unita. Con l’armonizzazione verso il basso delle norme di protezione sociali, ambientali e per i consumatori, si compromette il modello sociale europeo.
Brigitte Douay (PSE), per iscritto. (FR) Oggi, mercoledì 15 novembre, i deputati francesi del gruppo socialista al Parlamento europeo hanno negato il proprio sostegno alla relazione sui servizi nel mercato interno in altre parole, la direttiva servizi.
In effetti, malgrado gli importantissimi passi avanti compiuti in prima lettura dalla relatrice socialista del gruppo PSE, onorevole Gebhardt non ultimo il rifiuto del principio del paese d’origine , il Parlamento non ha ottenuto alcuna garanzia dalla Commissione in merito a un progetto di direttiva quadro sui servizi pubblici.
Essendo questa la seconda lettura di un testo per cui non vi è votazione finale sul testo completo, abbiamo accordato il nostro sostegno all’emendamento presentato da numerosi gruppi (il gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica e il gruppo Verde/Alleanza libera europea), che mirava a respingere il testo. Abbiamo altresì presentato diversi emendamenti volti specificamente a garantire il rispetto della libertà degli Stati membri di definire ciò che intendono per servizi sociali d’interesse generale.
Come ha affermato l’onorevole Poignant a nome dei socialisti francesi, “la definizione, formulazione, organizzazione e l’effettivo finanziamento dei servizi d’interesse generale, economici e non, deve restare compito degli Stati membri e delle loro autorità regionali e locali”.
Anne Ferreira (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore dell’emendamento che mirava a respingere la posizione comune del Consiglio sulla direttiva servizi. Tale direttiva è inadeguata poiché introduce maggiore confusione e incertezza giuridica e indebolisce ulteriormente la proposta modificata che il Parlamento europeo ha adottato in prima lettura, per cui ho espresso voto contrario.
Questo vale in particolare per il diritto del lavoro e i servizi sociali e pubblici, che sono stati esclusi dal campo d’applicazione della direttiva sui servizi. Inoltre, il testo del Consiglio accorda, tuttavia, alla Commissione la facoltà di sovrintendere all’applicazione della direttiva.
Pur essendo scomparso dal testo nel documento modificato dalla Commissione, il principio del paese d’origine non è stato sostituito da quello di paese di destinazione o paese ospitante, il che mi pare molto negativo, soprattutto perché sarà la Corte di giustizia delle Comunità europee a comporre le dispute che potrebbero conseguirne.
Pertanto è una direttiva sui servizi con orientamento liberale quella che è stata adottata oggi, 15 novembre.
Tre anni di dibattiti non avranno permesso di evitare una conclusione foriera di conseguenze pericolose per l’Europa politica e sociale. E’ un duro colpo all’integrazione europea, che proprio non ci voleva.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) L’adozione della direttiva che ha appena avuto luogo è un fatto estremamente inquietante. Siamo profondamente delusi per il fatto che sia stata respinta la proposta di bocciare la posizione comune del Consiglio che il nostro gruppo ha presentato e in calce alla quale apponiamo il nostro nome.
Ciò che è accaduto oggi equivale a una resa da parte dei due maggiori gruppi in seno al Parlamento, il gruppo socialista al Parlamento europeo e il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, relativamente alle posizioni espresse in prima lettura lo scorso febbraio. Non hanno fatto nulla per promuovere l’accordo che avevano creato e votato in seguito alle proteste e alle manifestazioni di Strasburgo. Ora sono ritornati ad alcuni degli aspetti più nocivi della famigerata direttiva Bolkestein originale.
Il loro obiettivo è la liberalizzazione dei servizi, anche nell’ambito dei servizi pubblici, cedendo così alle pressioni da parte dei grandi gruppi economici e finanziari, che hanno visto questo “passo” come una nuova occasione di sfruttamento dei lavoratori e di dominio economico. L’approvazione di questa direttiva non solo minerà il diritto sovrano degli Stati di definire, tutelare e finanziare i servizi pubblici, ma eliminerà anche la loro capacità di determinare gli standard di finanziamento e di tutelare i servizi nel loro complesso. Così facendo, rafforzerà il potere degli enti sopranazionali quali la Commissione.
Crediamo che ciascun paese debba continuare a detenere il diritto sovrano di prendere decisioni per quanto riguarda i pubblici servizi di cui ha bisogno, la proprietà pubblica, la forma di finanziamento e organizzazione e i diritti dei lavoratori e degli utenti finali.
Jean-Claude Fruteau (PSE), per iscritto. (FR) Malgrado i notevoli progressi compiuti rispetto al testo iniziale della Commissione europea, il testo sui servizi nell’Unione proposto oggi in seconda lettura non offre garanzie sufficienti per la prevenzione di ogni rischio di distruzione del modello sociale europeo.
Alcuni servizi sociali sensibili, quali l’edilizia popolare, i servizi di assistenza alle famiglie e i servizi sanitari pubblici, che inizialmente erano esclusi dal campo di applicazione della futura direttiva in prima lettura, sono stati così reintegrati da parte degli Stati membri.
Il vuoto giuridico che accompagna in particolare l’abolizione del PPO non è stato eliminato, lasciando all’arbitrio dei giudici della Corte di giustizia e non al legislatore il compito di definire le future caratteristiche della politica europea per mezzo della giurisprudenza che questa situazione senza dubbio genererà.
Date simili premesse, è evidente che la dichiarazione scritta della Commissione, che mira a chiarire alcuni punti oscuri del testo, come l’esclusione del diritto del lavoro, è priva di qualunque valore giuridico effettivo, il che rende particolarmente incerta la sua influenza e utilità.
Per tutti questi motivi, ho votato contro la proposta di direttiva sui servizi.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. (FR) Se la nuova versione della direttiva Bolkestein non fosse già stata segnata da gravi mancanze, soprattutto quella di non essere fondamentalmente diversa dalla direttiva che l’ha preceduta, un motivo da solo ci avrebbe spinto a rifiutarla: il consenso sospetto tra il gruppo socialista al Parlamento europeo e il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei e, per giunta, l’adozione da parte loro del compromesso redatto in seno al Consiglio.
La vera rivoluzione si sarebbe avuta, tra l’altro, dichiarando esplicitamente la priorità che uno Stato membro applichi il proprio diritto nazionale, e in particolare il proprio diritto del lavoro nazionale e il proprio diritto sociale, penale e fiscale nazionale, sul proprio territorio – vale a dire, il principio del paese di destinazione in opposizione al principio del paese d’origine. In questo modo non si sarebbe impedito ai fornitori di servizi provenienti da un altro Stato membro di offrire servizi in un altro paese; si sarebbero semplicemente create le condizioni per un’equa concorrenza con gli operatori nazionali. La rivoluzione si sarebbe avuta accettando che gli Stati membri potessero introdurre condizioni in merito all’accesso ad alcune attività, quali la situazione del mercato del lavoro o le ragioni che giustificano la pianificazione territoriale. Invece non hanno questa possibilità.
Dopo la concorrenza con il resto del mondo e la concorrenza tra imprese, l’Europa ora istituisce la concorrenza tra lavoratori europei, siano essi autonomi o dipendenti, e quindi la concorrenza tra sistemi sociali. Va incontro al disastro.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) La Lista di giugno accoglie con favore la direttiva sui servizi, ritenendo che le società di servizi, indipendentemente dal paese da cui provengono, non debbano essere oggetto di discriminazioni in alcun paese comunitario.
Nel corso della discussione intorno alla direttiva sui servizi la questione fondamentale è se il principio del paese d’origine debba stare alla base della direttiva o se si debba applicare appieno la legislazione del paese ospitante. Il principio del paese d’origine riguarda settori importanti, ma rigorosamente limitati, quali l’edilizia, le attività d’impiantistica e i servizi di consulenza. Siamo favorevoli alla concorrenza in questi settori, ma riteniamo che essa debba verificarsi in condizioni eque per tutte le parti interessate. Crediamo che sul territorio svedese debbano valere le norme svedesi. Pertanto è positivo che nella posizione comune il Consiglio respinga il principio del paese d’origine.
La posizione del Consiglio è perlopiù una vittoria per le opinioni che la Lista di giugno rappresenta. La concorrenza nel settore dei servizi verrà intensificata. Nel contempo, sarà rispettata l’indipendenza nazionale degli Stati membri, in quanto il principio del paese d’origine non costituisce la base della direttiva. E’ positivo che i monopoli nazionali dei servizi non vengano interessati e che rimangano intonsi il diritto nazionale del lavoro, gli accordi collettivi, i diritti sindacali e la legislazione in materia di sicurezza sociale.
Mathieu Grosch (PPE-DE), per iscritto. – (DE) La posizione comune del Consiglio tiene ampiamente conto degli emendamenti fondamentali adottati dal Parlamento in prima lettura. Ciò che viene escluso è spiegato con chiarezza e si riferisce in particolare ad ambiti quali i servizi sanitari e i servizi audiovisivi.
Il principio del paese d’origine è stato eliminato, e la legislazione in materia di lavoro e gli accordi sociali nei paesi interessati sono stati rispettati.
E’ stato inoltre favorito l’accesso al mercato delle nostre imprese eliminando molte barriere arbitrarie.
Le opinioni della Commissione, inoltre, hanno fatto maggiore chiarezza. Di conseguenza, il risultato complessivo dei negoziati può essere considerato un successo per il Parlamento, ma anche per la politica economica e sociale. Naturalmente ogni compromesso ha le sue debolezze e alcuni degli emendamenti del Consiglio non sono chiarissimi, ma sarebbe un errore mettere in dubbio il risultato complessivo, che tutto sommato è molto positivo, riaprendo il dibattito in seno al Consiglio.
Ambroise Guellec (PPE-DE), per iscritto. (FR) La direttiva sui servizi è stata appena adottata, con una chiara maggioranza. Il merito è del Parlamento europeo. Si tratta di una vittoria per l’Unione europea. Perché? I servizi rappresentano più di metà dell’economia europea e sono la principale fonte di posti di lavoro. La libera fornitura di servizi figura tra i principi fondanti dell’Unione e la creazione di un autentico mercato interno dei servizi è cruciale per la crescita economica in Europa, e quindi per la creazione di posti di lavoro.
Con il testo adottato oggi a Strasburgo ci impegniamo a seguire questa via, offrendo le necessarie garanzie in materia di salvaguardia dei servizi pubblici d’interesse generale e di continuità del nostro acquis sociale e del nostro diritto del lavoro. Escludendo il principio del paese d’origine, il testo vieta la concorrenza sociale e costituisce un ostacolo efficace al dumping sociale. Abolisce gli ostacoli protezionistici ingiustificati, pur permettendo agli Stati membri di applicare le proprie norme nazionali qualora l’interesse pubblico lo giustifichi. Il campo d’applicazione del testo è stato inoltre limitato, con l’esclusione di settori sensibili quali il settore audiovisivo, sanitario, parte di quello dei servizi sociali, il settore delle scommesse e perfino quello notarile. Si tratta di un buon compromesso, che porterà avanti l’Europa secondo gli interessi della popolazione.
Benoît Hamon (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato contro la direttiva perché, nonostante le migliorie apportate nel corso della discussione parlamentare e grazie alle pressioni dei sindacati e alla partecipazione dei cittadini, penso che essa rimanga profondamente liberale.
Non si prospetta alcuna autentica armonizzazione che vada a beneficio dei consumatori e dei lavoratori in cambio della spaventosa deregolamentazione del settore dei servizi in Europa, che va principalmente a beneficio delle imprese.
Per quanto riguarda i servizi pubblici, anche se la Commissione rifiuta di compiere progressi relativamente alla direttiva quadro sui servizi d’interesse generale, la direttiva sui servizi contribuisce a indebolire i servizi pubblici, alcuni dei quali ne subiranno gli effetti allo stesso modo di semplici servizi commerciali.
In conclusione, i “requisiti proibiti e i requisiti da valutare” negli articoli 14 e 15 rendono impossibile o perlomeno estremamente arduo realizzare un’eventuale regolamentazione nel settore dei servizi. Vi sarà un prezzo massimo per i servizi di base, un numero minimo di dipendenti per garantire la qualità di taluni servizi sensibili, pianificazione territoriale, ad esempio per l’apertura di supermercati, e norme che finora erano considerate garanzie per il rispetto dell’interesse generale e che ora vengono viste invece come altrettanti ostacoli inaccettabili alla libertà di stabilimento e d’impresa.
Jean Lambert (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Reputo troppo limitato l’elenco ristretto di servizi d’interesse generale, che lascerà molti servizi in un limbo. Sono dentro o fuori? Non abbiamo alcuna direttiva quadro in questi settori, che sono essenziali per combattere la povertà e per incoraggiare la coesione sociale e che rivestono un’importanza particolare per le donne. Si tratta di politiche comunitarie fondamentali. La dichiarazione di stamani da parte della Commissione non può vincolare la futura Commissione che deterrà il mandato quando la direttiva entrerà in vigore. La dichiarazione non ha alcun valore legale dinanzi alla Corte di giustizia, che ora prenderà decisioni cui il Parlamento ha scelto di sottrarsi. Nel voto odierno abbiamo visto che la maggior parte dell’Assemblea preferisce non rilasciare dichiarazioni chiare in materia di diritti dei lavoratori e di tutela dei servizi pubblici. Come spiegheranno ai loro consiglieri a livello locale e regionale che ne stanno indebolendo il ruolo nel determinare la fornitura di servizi d’interesse generale e nel salvaguardare l’interesse pubblico? Il Parlamento ha ottenuto cambiamenti positivi nella proposta originaria. Avremmo potuto fare di più.
Carl Lang (NI), per iscritto. – (FR) Malgrado qualche miglioramento, malgrado qualche settore aggiuntivo sia stato escluso dal campo d’applicazione, o meglio di disturbo, della prima versione della direttiva Bolkestein, il presente testo, nella sua nuova versione, resta fondamentalmente inaccettabile. Rimane una porta aperta al dumping sociale e alla concorrenza sleale tra lavoratori.
Di fatto non risolve alcuno dei problemi sollevati dalla direttiva originale. Non esclude i servizi pubblici e non salvaguarda il diritto degli Stati membri di determinare il modo in cui tali servizi si definiscono, si organizzano e si finanziano. Nega i legittimi requisiti economici, sociali o di diversa natura che gli stessi Stati membri possono imporre all’accesso a un’attività, riconoscendo loro solo la possibilità d’invocare “esigenze prioritarie d’interesse generale”, concetto vago che la Corte, a Lussemburgo, si farà carico d’interpretare nel modo più restrittivo possibile. Subordina il rispetto del diritto del lavoro dello Stato membro in cui il servizio viene fornito al rispetto del diritto comunitario e, più in concreto, del principio di libera fornitura di servizi sancito dai Trattati, mossa che equivale a rinnegare l’applicazione di tale diritto nazionale.
Diversi milioni di europei hanno rifiutato quest’Europa ultraliberale, che disprezza le persone e le nazioni e pone in primo piano le leggi del mercato, gli interessi finanziari e la sacrosanta concorrenza. Ascoltateli prima che sia troppo tardi!
Marie-Noëlle Lienemann (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore dell’emendamento che respinge la direttiva, la quale rappresenta un passo indietro in confronto al voto in prima lettura perché lascia aperta l’applicazione del principio del paese d’origine e non esclude in alcun modo i servizi pubblici – SIG, SIEG – da questa “libera concorrenza”, con il risultato che verranno notevolmente destabilizzati.
La Commissione europea spiega che il testo non stabilisce chiaramente quale legge si applicherà e che pertanto nella maggior parte dei casi troverà applicazione il diritto privato internazionale, strettamente legato al principio del paese d’origine. Il margine di manovra degli Stati membri per intervenire in ambito sociale sarà estremamente ridotto. Malgrado i progressi formali compiuti, a poco a poco con questo testo s’imporrà la realtà liberale e il nostro modello sociale verrà messo a rischio.
Patrick Louis e Philippe de Villiers (IND/DEM), per iscritto. – (FR) Nel tentativo di ottenere il consenso dei cittadini francesi all’epoca del referendum sulla Costituzione europea, il fronte del “sì”, in particolare all’interno dell’UMP, fece loro tre promesse: che la direttiva Bolkestein sarebbe stata ritirata, che l’IVA sarebbe stata abbassata per il settore della ristorazione e che si sarebbe abbandonato il progetto di adesione della Turchia all’Unione europea. Alla fine, i cittadini francesi si sono ritrovati con la Turchia, con la direttiva Bolkestein e con un’aliquota IVA invariata.
Il compromesso su cui votiamo oggi è, a quanto pare, una versione edulcorata del testo originale, che – oltre al danno anche la beffa – prevede per la Commissione e la Corte di giustizia pieni poteri per ripristinare il testo iniziale. Come può affermare l’onorevole Toubon che adottando questo compromesso spera di “evitare il peggio”?
Il peggio significherebbe dunque l’assenza di una direttiva, ma questa era esattamente la promessa fatta ai francesi nel 2005 dall’UMP e dal capo di Stato!
Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto. (FR) E’ senza entusiasmo che oggi voto a favore della direttiva sui servizi. Il testo è stato fin troppo distorto e manipolato. Disposizioni essenziali come quelle sul distacco dei lavoratori sono scomparse, cosa che deploro.
Ci hanno detto che tali disposizioni sono state eliminate per prevenire il dumping sociale, ma non è assolutamente vero. Esse avrebbero chiarito le norme e i controlli di base all’interno dell’Unione europea in materia d’imprese e lavoratori. Analogamente, ci rallegriamo molto del fatto, che accogliamo con favore, che il principio del paese d’origine accompagnato dalle necessarie tutele sia scomparso.
Nel contempo, però, come possiamo essere ansiosi di compiere un gran balzo in avanti per il mercato interno? Che cosa offriamo alle nostre imprese e ai cittadini? In ogni caso, non le norme chiare di cui hanno bisogno nel mercato interno.
Troppe bugie e paure hanno guastato i dibattiti al riguardo, a danno del mercato interno e dell’integrazione della nostra Europa.
Con questa direttiva, abbiamo perso una grande occasione di integrarci maggiormente. Traiamone un insegnamento per il futuro e non commettiamo di nuovo gli stessi errori.
David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Accolgo con favore la relazione Gebhardt e sostanzialmente l’adozione della direttiva sui servizi. Il Parlamento ha svolto un ruolo significativo nel permettere una circolazione più libera dei servizi transfrontalieri nell’Unione senza minare i servizi sociali, i diritti sindacali o le leggi ambientali. Il Parlamento dovrà monitorare attentamente l’attuazione della direttiva per assicurare che gli impegni presi in Aula dal Commissario vengano rispettati.
Mary Lou McDonald (GUE/NGL), per iscritto. (EN) La direttiva sui servizi avrà conseguenze notevoli sulla vita dei lavoratori e dei consumatori, abbassando il livello di fornitura dei servizi e aumentando il rischio di dumping sociale. Riserva la priorità assoluta alla libertà di fornire servizi transfrontalieri, mentre libertà quali i diritti sociali e la contrattazione collettiva vengono escluse o eliminate.
La direttiva incoraggia l’abbassamento dei salari e offre alle società numerosi espedienti da sfruttare per pagare meno della retribuzione minima. Incentiva i fornitori di servizi a stabilirsi in paesi con bassi livelli di salario e di tasse, e incoraggia una corsa al ribasso in materia di stipendi e condizioni di lavoro.
I requisiti normativi sono parte integrante del funzionamento di tutti i servizi, e la necessità di tali requisiti aumenta di pari passo con il grado di partecipazione del settore privato. La direttiva mette in discussione il diritto degli Stati membri e delle autorità locali di regolamentare i servizi.
In conclusione, il Parlamento ha ceduto alla Commissione e al Consiglio rifiutandosi di sostenere la già inadeguata posizione espressa in prima lettura.
Purtroppo non ho potuto votare in questa occasione perché mio figlio era ricoverato in ospedale.
Joseph Muscat (PSE), per iscritto. (MT) Ho votato a favore della direttiva per due ragioni.
Innanzi tutto non abbiamo trattato le persone come numeri a servizio del mercato, abbiamo invece riservato la priorità assoluta ai diritti dei lavoratori.
La seconda ragione è che abbiamo eliminato tutte le restrizioni alla circolazione delle persone, non mettendo i lavoratori l’uno contro l’altro e scatenando così una gara in cui vince chi offre i propri servizi alle peggiori condizioni, ma dando prova di voler utilizzare la libertà di circolazione per promuovere i diritti dei lavoratori.
Questo voto dovrebbe inviare con forza il messaggio che non si deve continuare ad approfittarsi dei lavoratori stranieri offrendo condizioni peggiori di quelle riservate ai lavoratori locali. Né dev’essere ammissibile esercitare pressioni sui lavoratori locali affinché, con tali metodi, accettino salari e condizioni inferiori.
Al di là di questo, i lavoratori vanno informati in modo dettagliato circa le condizioni offerte ai lavoratori locali e stranieri, e non vanno lasciati all’oscuro. La mancanza d’informazioni conduce al sospetto e all’antagonismo, proprio come accade, ad esempio, alla Malta Drydocks.
Non si deve risparmiare sulle spese limitando i diritti dei lavoratori, ma elevando la qualità dei servizi. Questo è ciò che la direttiva deve realizzare.
Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La coalizione e la sinistra europea nel suo insieme hanno votato contro la proposta di direttiva Bolkestein modificata adottata dal Parlamento europeo perché essa sarà fonte di pressioni sui lavoratori e rappresenterà un duro colpo per l’Europa sociale.
Il compromesso tra la destra europea e i socialisti moderati non elimina affatto la logica neoliberale e l’immane impatto sociale negativo della proposta. Con le sue ambiguità, tale compromesso lascia la porta aperta a ulteriori interpretazioni sfavorevoli da parte sia della Commissione che della Corte di giustizia. La proposta riformulata di Commissione e Consiglio adottata oggi dal Parlamento senza alcun emendamento rafforza tutte queste pericolose ambiguità.
La Corte di giustizia delle Comunità europee protegge sistematicamente con la sua giurisprudenza le imprese che prestano servizi, sfruttando il principio del paese d’origine. Le sue sentenze vanno sempre contro le norme del paese ospitante, con l’argomentazione che ostacolano le attività delle imprese in questione.
L’adozione della direttiva incentiva il pericoloso trasferimento delle imprese in paesi con esigua legislazione sociale ed ambientale.
La lotta della sinistra europea al dumping sociale proseguirà anche dopo il voto sulla direttiva, a livello sia nazionale che europeo, in collaborazione con i sindacati e le ONG.
Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) Naturalmente ho votato a favore della direttiva sui servizi. Frutto di ampi compromessi, è un testo modificato, rivisto e rimaneggiato che liberalizza il mercato dei servizi in Europa. Ho votato a favore di questo testo, come un’ampia maggioranza dell’Assemblea – quasi quattro quinti dei deputati.
La liberalizzazione del mercato dei servizi sarà positiva per le nostre economie: contribuirà alla lotta al lavoro nero e garantirà una migliore protezione sociale a tutti i lavoratori europei. Secondo l’OCSE, la direttiva creerà due milioni e mezzo di posti di lavoro in Europa e, fino a prova contraria, sarà fonte di occupazione; questa è tuttora la migliore politica sociale che esista!
La demonizzazione è la tattica usata da chi ne è privo; aggiungerei che è divertente osservare che, in ambito socialista, solo un ultimo drappello d’irriducibili, comprendente i belgi francofoni, ancora respinge questo compromesso che è stato accolto da tutti, anche dai sindacati!
Parlamento e Consiglio hanno fatto la loro parte e dimostrato che coloro che perseverano nel demonizzare questo testo hanno torto. Nella sua forma attuale, il testo preserva le parti migliori del modello sociale europeo e riconosce la natura specifica dei servizi d’interesse generale. I colegislatori hanno posto fine alle menzogne, dando all’Europa un’opportunità di crescita!
Martine Roure (PSE), per iscritto. – (FR) In conformità del mio voto sulla direttiva sui servizi in prima lettura, ho votato contro la posizione comune. Il Consiglio, in effetti, non ha accolto tutti gli emendamenti presentati dal Parlamento europeo. Ho dovuto respingere la posizione comune del Consiglio poiché esclude chiaramente il diritto del lavoro e i servizi sociali d’interesse generale.
Per questo motivo ho firmato insieme ad altri e votato tre emendamenti, presentati dalla delegazione socialista francese, che prevedono la chiara e totale esclusione del diritto del lavoro e dei servizi sociali d’interesse generale dal campo d’applicazione della direttiva sui servizi. In effetti, si tratta di tutelare i diritti fondamentali dei cittadini europei, che non devono essere regolati dalle norme del mercato interno.
Pur spiegando i propri intenti in diversi punti, la dichiarazione della Commissione non è sufficiente in quanto non vincolante.
In conclusione, ho votato a favore degli emendamenti che miravano alla completa esclusione dei servizi d’interesse generale dal campo d’applicazione della direttiva.
José Albino Silva Peneda (PPE-DE), per iscritto. (PT) L’Unione europea ha impiegato 50 anni per ottenere la libera circolazione dei servizi sancita nel Trattato di Roma del 1957, che ora sta per diventare una realtà.
L’Unione europea compie un ulteriore passo nella direzione giusta con la direttiva sui servizi, che favorirà la libertà di stabilimento e la libertà di fornire i servizi offerti dal mercato interno negli Stati membri dell’Unione.
Se la direttiva Bolkestein è stata controversa fin dall’inizio, il testo definitivo è decisamente meno esplicito.
Credo tuttavia che la relazione abbia trovato il giusto equilibrio tra l’esigenza fondamentale di aprire il settore dei servizi alla concorrenza e quella di preservare nel contempo il modello sociale europeo.
Ho votato a favore della direttiva perché penso che il Portogallo abbia molto da guadagnare, traendo dunque il massimo beneficio dal mercato interno.
L’adozione della direttiva era la cosa giusta da fare, se non altro perché è stata eliminata una serie di ostacoli amministrativi e giuridici imposti dalle autorità nazionali, regionali e locali. Le società portoghesi, e in particolare le PMI, saranno i principali beneficiari.
L’adozione della direttiva, inoltre, contribuirà al raggiungimento degli obiettivi della strategia di Lisbona, che mirano a una maggiore crescita, occupazione e libertà di scelta dei servizi per i consumatori.
Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. (NL) Benché la posizione comune del Consiglio in merito alla direttiva sui servizi, sulla quale oggi dobbiamo esprimere il nostro voto, possa rappresentare un miglioramento rispetto all’originaria proposta della Commissione, alcuni suoi aspetti restano tuttora inaccettabili.
Il documento crea incertezza giuridica. Non si chiarisce, ad esempio, quali normative si applichino e in quale misura gli Stati membri possano imporre misure a carattere nazionale. La possibilità di un’armonizzazione verso l’alto non è stata contemplata. La clausola di revisione, inoltre, apre la via alla reintroduzione del principio del paese d’origine e all’aggiunta di servizi attualmente al di fuori del campo d’applicazione della direttiva. I servizi d’interesse economico generale rientrano nel campo d’applicazione della direttiva e, non essendoci alcuna direttiva quadro per i servizi d’interesse generale, questa direttiva rischia di formare un quadro orizzontale per i servizi d’interesse economico generale.
Deploro inoltre il fatto che l’elenco dei servizi sociali che non rientrano nel campo d’applicazione della direttiva che in origine era indicativo sia diventato un elenco restrittivo. E’ inoltre deludente l’assenza di qualunque riferimento alla Carta europea dei diritti fondamentali. In conclusione, sono particolarmente insoddisfatto della resa dell’Assemblea per quanto riguarda la massima applicazione dei risultati ottenuti in prima lettura. Di conseguenza, viene messo a rischio il futuro dell’Europa democratica e sociale.
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. (EN) Accolgo con favore il voto odierno in merito alla direttiva sui servizi e sostengo il compromesso raggiunto.
Konrad Szymański (UEN), per iscritto. (PL) L’unico vantaggio del presente compromesso in merito alla direttiva sui servizi è che la sua adozione non peggiorerà la base su cui opera il mercato dei servizi. Questa è l’unica ragione per cui possiamo sostenere il compromesso nella votazione odierna. La Corte di giustizia fornirà la prova del nove per la direttiva, in quanto certamente verrà chiamata frequentemente a dirimere le dispute riguardanti i contenuti contraddittori della direttiva.
Da un lato è stata sancita la libertà di fornire servizi. Dall’altro, la direttiva non si applica agli ambiti, definiti in modo vago, dei servizi pubblici e sociali e delle agenzie di lavoro temporaneo. Non ha alcun potere sulla regolamentazione della legislazione in materia di lavoro e degli accordi collettivi e il suo campo d’applicazione è limitato per quanto riguarda il lavoro svolto dai lavoratori distaccati.
Ne consegue che, quando verrà adottata la direttiva, non vi sarà alcuna eliminazione di barriere reali alla fornitura di servizi nell’Unione. Si tratta di un compromesso raggiunto interamente a spese dei nuovi Stati membri, che hanno un vantaggio competitivo sul mercato comunitario, soprattutto nel settore dei servizi. Nessuna delle ragioni sociali addotte per l’introduzione delle suddette eccezioni e restrizioni serve a raggiungere gli obiettivi sociali dichiarati. Danno soltanto prova di sciovinismo politico da parte dei sindacati e di altri gruppi d’interesse dei vecchi Stati membri.
Finora le discussioni sul progetto sono state il massimo esempio d’ipocrisia europea cui abbiamo assistito in questo semestre. Il Parlamento europeo e con lui l’intera Unione europea finge d’introdurre i principi di un mercato comune nel settore dei servizi. Così facendo, non solo ci prendiamo in giro da soli, ma ci facciamo anche beffe dei cittadini.
Salvatore Tatarella (UEN), per iscritto. (FR) Innanzi tutto vorrei porre l’accento sull’efficacia del lavoro svolto dalla relatrice, onorevole Gebhardt, che ha assicurato che il testo adottato fosse nettamente migliore del progetto iniziale del Commissario Bolkestein.
Nondimeno, nonostante la bontà del suo lavoro, ho votato a favore dell’emendamento per respingere la direttiva e degli emendamenti che ho firmato, insieme a quelli presentati dal gruppo Verde/Alleanza libera europea e dal gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica, poiché il testo di seconda lettura non arriva dov’era giunto quello di prima lettura.
Nel testo restano numerose zone grigie, che si sarebbero dovute chiarire prima di poter accogliere una normativa di tale importanza, che riguarda il futuro dei cittadini d’Europa.
Alcuni servizi, inoltre, come ad esempio i servizi d’interesse generale, non sono stati eliminati dal quadro della direttiva, il che potrebbe causare imprevisti.
Reputo eccessivo il margine di controllo degli Stati membri e d’interpretazione della direttiva concesso alla Corte di giustizia e alla Commissione. Il legislatore dà più del dovuto al governo dei giudici.
Presidente. Con questo si concludono le dichiarazioni di voto.