Presidente. L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0366/2006), presentata dall’onorevole Karl von Wogau a nome della commissione per gli affari esteri, sull’attuazione della strategia europea in materia di sicurezza nell’ambito della PESD [2006/2033(INI)].
Karl von Wogau (PPE-DE), relatore. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei iniziare puntualizzando, signor Presidente, che l’onorevole Dimitrakopoulos mi ha ceduto i suoi due minuti di parola, pertanto sono nella posizione privilegiata di poter parlare per oltre sette minuti.
Argomento del dibattito odierno è la strategia dell’Unione europea in materia di sicurezza, come proposta dall’Alto rappresentante e adottata dai capi di Stato e di governo il 12 settembre 2003, le linee fondamentali della quale non sono mai state così rilevanti come oggi; va tuttavia precisato che la situazione geopolitica è mutata in questi anni, e anche le nostre priorità devono cambiare. Per tale ragione, nella relazione chiediamo al Consiglio di presentare a quest’Assemblea, in ciascuna legislatura, una relazione sulla strategia europea in materia di sicurezza che possa poi essere dibattuta sia in questa sede sia presso i parlamenti nazionali. E’ la procedura applicata negli Stati Uniti, dove una relazione chiave come quella in oggetto viene presentata in ciascuna legislatura; di conseguenza un sistema simile potrebbe esserci utile per intensificare il dialogo transatlantico su tali questioni.
Dopo tutto, noi europei poniamo un’enfasi diversa rispetto agli americani sulla strategia per la sicurezza; privilegiamo un assetto globale multipolare, quello che Solana chiama multilateralismo efficace. Non riponiamo la nostra fiducia nelle coalizioni dei volonterosi, bensì nella Carta delle Nazioni Unite e nelle organizzazioni internazionali. Se vogliamo che tale strategia riscuota successo, dobbiamo sapere con chiarezza che ci riusciremo solamente se renderemo più efficienti le organizzazioni internazionali.
La relazione contiene inoltre una nuova definizione dell’Unione di sicurezza e di difesa, che rappresenta il prossimo passo che dovremmo compiere, e che è effettivamente auspicato dai cittadini dell’Unione europea; infatti, stando ai sondaggi, il 70 per cento di essi desidera che l’Unione disponga di poteri rispetto alla politica di sicurezza e di difesa e in merito alla loro sicurezza; è questo che vogliono i cittadini.
Ma che cos’è un’Unione di sicurezza e di difesa? Implica tutta una serie di elementi, quali ad esempio il ministro degli Esteri europeo previsto dal progetto di Costituzione. Proponiamo inoltre un viceministro degli Esteri, che si occuperebbe delle questioni legate alla difesa. Perché ci serve? Ricopro tuttora la carica di presidente della sottocommissione parlamentare per la sicurezza e la difesa, ma non ho un interlocutore sul fronte dell’esecutivo – e ciò è esemplificato dal fatto che i posti riservati al Consiglio stasera sono vuoti.
Ci serve un interlocutore nell’esecutivo con cui discutere tali questioni in evoluzione; di qui la nostra richiesta di un viceministro degli Esteri, nonché di un aspetto non contenuto nella relazione, ma a cui so che l’onorevole Brok è interessato, vale a dire un servizio diplomatico comune e un impegno di aiuto reciproco, come proposto nel progetto di Costituzione, ma già presente nel Trattato di Bruxelles, su cui si fonda l’Unione europea occidentale.
La mia proposta personale consisterebbe nel concentrarci su tale progetto a favore di un’Unione di sicurezza e di difesa, se vogliamo far ripartire il processo costituzionale; sono infatti certo che sia più facile persuadere le persone del loro desiderio di una politica unica per la sicurezza e la difesa che non spiegare loro ancora una volta che cosa sia una Costituzione.
La nostra esperienza passata ci insegna che chiarire in anticipo le nostre intenzioni e procedere poi a precisare le istituzioni e i cambiamenti istituzionali necessari è sempre stata garanzia di successo, per cui ritengo che sia ragionevole porre tale progetto al centro del processo costituzionale.
Oggi l’Unione europea dispone di truppe soggette al suo comando – prestano servizio in Bosnia-Erzegovina e in Congo. A decorrere dall’inizio del 2007, avremo a disposizione due unità chiamate col termine inglese di “battle groups” ogni sei mesi, che potranno essere dispiegate con pochissimo preavviso. L’Unione europea e la nostra Assemblea detengono una responsabilità particolare rispetto a tali soldati, che verranno inviati in Congo, in Bosnia-Erzegovina e altrove, vale a dire la responsabilità di non esporli a rischi non necessari, una situazione che per i soldati è un dato di fatto nel momento in cui le attrezzature o la struttura di leadership sono inadeguate; pertanto, alla luce di ciò, nella relazione formuliamo proposte per l’abolizione delle carenze nell’area della ricognizione – una situazione che ho potuto constatare più volte in Congo.
Benché l’Unione europea stia ancora conseguendo risultati inadeguati nel campo delle telecomunicazioni e dei trasporti via terra e via mare, occorre in primo luogo un controllo democratico efficace, che comporta necessariamente informazioni e consultazione, due voci ancora carenti. Non siamo adeguatamente informati sui piani del Consiglio; benché l’accordo interistituzionale menzioni la nostra consultazione, il Consiglio è estremamente esitante nell’applicarla.
Le questioni della sicurezza, della guerra e della pace, non devono essere lasciate ai generali, né soltanto all’esecutivo, perché occorre il controllo democratico dei parlamenti eletti dal popolo, vale a dire dei parlamenti nazionali e della nostra Assemblea.
Margot Wallström, Vicepresidente della Commissione. – (EN) La Commissione accoglie con favore la esauriente relazione in oggetto, che dimostra l’importanza attribuita dal Parlamento europeo alla strategia europea in materia di sicurezza e più in generale al settore della sicurezza.
Come saprete, la Commissione non ricopre un ruolo di guida in tale settore, ma offriamo un contributo importante alla sicurezza in situazioni di crisi. Concordo con il relatore che dobbiamo agire sulla base di un concetto onnicomprensivo di sicurezza nell’ambiente odierno, e che vanno debitamente affrontati gli aspetti di sicurezza sia esterni sia interni. Occorre sfruttare tutti gli strumenti disponibili, che siano civili o militari, nelle mani degli Stati membri o dell’Unione, per conseguire i nostri obiettivi nella sfera della sicurezza. E, come precisato nella comunicazione della Commissione dello scorso giugno intitolata “L’Europa nel mondo”, dobbiamo incrementare la coerenza, l’efficacia e la visibilità mediante un approccio pragmatico e cooperativo. Vi assicuro che la Commissione continuerà a cooperare col Consiglio nel pieno rispetto delle nostre rispettive responsabilità istituzionali.
Mi confortano gli sforzi recenti intrapresi nell’Unione da Stati membri, Commissione e segreteria del Consiglio per collaborare più strettamente al fine di realizzare gli obiettivi della strategia europea in materia di sicurezza. Vorrei menzionare qualche esempio: lo sviluppo dei concetti di riforma del settore della sicurezza e di disarmo, smobilitazione e reinserimento, nonché le azioni concrete in Afghanistan e nella Repubblica democratica del Congo; la missione di assistenza alle frontiere a Rafah e in Moldova, e la missione in programma in Kosovo.
I nuovi strumenti introdotti nel contesto delle prospettive finanziarie 2007-2013 agevoleranno un miglior coordinamento. In particolare, lo strumento di stabilità, con il suo orientamento a breve e lungo termine, ci consentirà di reagire in maniera flessibile alle sfide imminenti, e risponderà in parte alle vostre esigenze di una maggiore supervisione parlamentare nel campo della sicurezza.
La Commissione si è dedicata attivamente allo sviluppo di politiche per fronteggiare le minacce principali alla sicurezza e promuovere un multilateralismo efficace. Il lavoro della Commissione si è concentrato tra le altre cose sulla politica di vicinato, sull’efficacia dell’assistenza allo sviluppo, sugli aiuti umanitari e sulla protezione civile. In base alle lezioni tratte dall’esperienza sinora acquisita, a breve formuleremo proposte per una PEV rafforzata. La relazione cita inoltre varie iniziative assunte dalla Commissione nei campi della risposta alle catastrofi e alle crisi, comprese le emergenze sanitarie.
La relazione esprime soddisfazione per il lavoro svolto dalla Commissione sulla creazione di un mercato europeo delle attrezzature di difesa e segnatamente approva le prossime iniziative sugli appalti della difesa e i trasferimenti intracomunitari. Siamo grati al Parlamento per il sostegno continuo in quest’area delicata. I progressi in tal senso rafforzeranno la competitività dell’industria europea e lo sviluppo di capacità militari e civili per le politiche comunitarie.
La Commissione è particolarmente riconoscente al Parlamento per l’appoggio concesso nel campo della ricerca sulla sicurezza e della politica spaziale, che costituiscono già priorità tematiche specifiche del settimo programma quadro. Concordiamo pienamente sull’importanza della ricerca per la competitività.
In tali aree, le Commissione sta collaborando a stretto contatto con l’Agenzia europea per la difesa al fine di assicurare complementarietà e sinergie per lo sviluppo di capacità e il rafforzamento della base industriale europea. La Commissione e l’Agenzia europea per la difesa insieme hanno un ruolo chiave da svolgere per passare da un approccio nazionale a uno europeo e nella convergenza tra le industrie della sicurezza e della difesa. Opereremo nel pieno rispetto dei limiti imposti dall’attuale assetto istituzionale e dalle posizioni politiche chiaramente espresse nell’ambito della ricerca a scopo civile e di difesa, rispettando il carattere civile del programma di ricerca europea in materia di sicurezza.
In conclusione, vorrei sottolineare che le relazioni del Parlamento sono graditissime, così come le riunioni congiunte della commissione per gli affari esteri e delle commissioni corrispondenti dei parlamenti nazionali, e le audizioni pubbliche. Fare periodicamente il punto della situazione può essere utile per guidare i nostri sforzi al fine di adeguare le nostre strategie a un ambiente che cambia. La Commissione contribuisce con piacere a tali dibattiti fornendo informazioni complete sulle proprie attività che rientrano negli sforzi comuni dell’UE.
Elmar Brok, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signora Vicepresidente, vorrei esprimere il mio enorme apprezzamento per la presenza della Vicepresidente, che testimonia l’importanza attribuita dalla Commissione alla politica in materia di sicurezza e di difesa, mentre l’assenza del Consiglio da un dibattito sull’argomento – se interpretata positivamente – potrebbe significare che la Presidenza finlandese, ora che la struttura a pilastri è stata messa da parte, sta progressivamente accettando il fatto che anche la politica di sicurezza e di difesa è diventata un argomento comunitario. Se non fosse per il fatto che concordo con tale interpretazione favorevole, mi sarei decisamente adirato per tale assenza.
La politica estera, di sicurezza e di difesa sta acquisendo sempre maggiore importanza, e vorrei ringraziare l’onorevole von Wogau per la relazione, nonché la sottocommissione per la sicurezza e la difesa per il lavoro svolto, che mette in luce l’effettiva importanza del campo in cui gli sviluppi ci stanno conducendo. Se si considerano gli sforzi intrapresi per assicurare le nostre forniture energetiche, la situazione in Iran, i cambiamenti che potrebbero verificarsi nella politica americana in Iraq e Afghanistan in seguito alle elezioni, il dibattito di oggi pomeriggio su Gaza, per non parlare di ciò che sta accadendo in Darfur e in altre regioni, dove alcuni acquistano materie prime e altri organizzano campagne per i diritti umani e grandi vertici a Pechino e Shanghai, non è difficile rendersi conto quanto tale questione acquisirà importanza in Europa, e per tale motivo è necessario compiere alcuni sforzi in tale direzione. Solo se noi europei acquisiremo maggiore credibilità in termini di capacità militare potremo convincere l’alleanza transatlantica ad affidarsi non soltanto alla potenza militare, bensì alla triplice combinazione di prevenzione, che ha la precedenza, gestione delle crisi civili e capacità militare. Conseguiremo tale obiettivo solamente grazie alla nostra posizione forte in seno a quello che si definisce l’Occidente, e per tale ragione dobbiamo rafforzare i nostri rapporti con la NATO.
Al posto di una molteplicità di operazioni singole gestite da quartieri generali nazionali, auspicherei un accordo politico che favorisse interventi sulla base di “Berlin plus”, in quanto ciò corrisponderebbe non soltanto a un approccio più comunitario, ma contemporaneamente significherebbe obiettivi comuni e cooperazione con la NATO.
Helmut Kuhne, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, vorrei esprimere brevemente l’opinione del gruppo socialista al Parlamento europeo su quanto è emerso dalla commissione.
Ci sono tre elementi che consideriamo importanti. Innanzi tutto, la necessità di rafforzare gli elementi diplomatici e civili della strategia di sicurezza. In secondo luogo, l’esigenza di evitare le trappole che potrebbero imporci una disciplina militare infondata; il testo non contiene concetti quali “attacco preventivo” o simili. In terzo luogo, gli strumenti e i requisiti istituzionali devono essere tenuti rigorosamente separati. Consideriamo tali punti alla stregua di progressi importanti, e siamo riusciti a portarli avanti grazie alla valida cooperazione con il relatore, per la quale sono grato. Da un punto di vista socialdemocratico, tuttavia, restano ancora in sospeso alcuni aspetti controversi.
Mano a mano che si avvicina il Natale, intravediamo il rischio di un progressivo allungamento della lista dei desideri nel campo degli appalti; dovremmo concentrarci sulle priorità che ci siamo già posti, quali il trasporto aereo, l’informazione e la comunicazione. E’ inutile aspirare a veicoli anfibi, a una flotta mediterranea e a portaerei, che ci distraggono dalle reali priorità in termini di strategia. Dobbiamo inoltre porci la domanda se questi ultimi esempi non appartengano a un contesto molto diverso dalla strategia di sicurezza.
D’altro canto – benché appoggeremo gran parte degli emendamenti che rendono più precisi i passaggi del documento riguardanti la diplomazia, la società civile e il disarmo – non riteniamo che la prevenzione delle crisi debba sempre e comunque comportare l’uso di mezzi esclusivamente non militari.
La realtà odierna è già cambiata, e il relatore l’ha ricordato. Abbiamo inviato truppe in Macedonia per prevenire lo scoppio di una guerra civile simile a quelle scatenatesi in altri Stati della ex Jugoslavia. In Congo non abbiamo utilizzato soltanto mezzi civili, abbiamo anche inviato un contingente di truppe per garantire elezioni pacifiche, e sono convinto che i nostri soldati potranno rientrare a casa alla fine del mese in corso.
Per concludere, vorrei ritornare sul punto sollevato dal relatore all’inizio del suo intervento e a ragione, vale a dire il fatto che l’analisi delle minacce e delle azioni intraprese nel quadro della strategia di sicurezza deve essere riesaminata periodicamente. Una volta adottata la relazione, dovremmo poi discutere di come la nostra Assemblea possa organizzare il processo in questione.
Annemie Neyts-Uyttebroeck, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto ringraziare sentitamente l’onorevole von Wogau per la sua eccellente relazione, che offre uno studio accurato e completo dell’attuale linea di pensiero della commissione per gli affari esteri e della sottocommissione per la sicurezza e la difesa. Vorrei inoltre ringraziarlo per gli sforzi profusi al fine di raggiungere il più ampio consenso possibile con gli altri gruppi politici. Benché ciò significhi chiaramente che il mio gruppo approverà la relazione, vorrei sottolineare due punti particolari.
Il primo punto riguarda la necessità di garantire un controllo parlamentare efficiente, a livello sia nazionale sia comunitario. L’UE, si è detto, è attualmente impegnata in un numero crescente di operazioni militari e civili in varie parti del mondo. Insisto sulla necessità che il Parlamento venga continuamente aggiornato, informato e consultato ogniqualvolta si esamini la possibilità di una nuova operazione. Fino ad ora, tutte le operazioni sono andate bene, ma è decisamente possibile che un giorno si verifichi un incidente di grande entità e che ci siano rimostranze diffuse per la mancata supervisione parlamentare.
In secondo luogo, è anche necessaria maggiore chiarezza sui rispettivi ruoli e responsabilità della Commissione, dell’Alto rappresentante, del Consiglio e degli Stati membri. Chi paga cosa viene deciso troppo spesso caso per caso, causando un ulteriore ostacolo alla supervisione. Le conseguenze potrebbero essere sovrapposizioni e sprechi e, peggio ancora, una vera e propria concorrenza tra gli inviati speciali del Consiglio e le delegazioni della Commissione, ad esempio. Sia il Consiglio sia la Commissione lo negheranno, è comprensibile, ma molti di noi conoscono la verità, benché tale concorrenza non rappresenti la regola generale, fortunatamente.
Infine, più di ogni altra cosa serve la volontà politica da parte dei governi degli Stati membri e questa, ahimè, è tutta un’altra storia.
Angelika Beer, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, le buone maniere in quest’Aula impongono di iniziare porgendo calorosi complimenti al relatore e, pur essendo felice di adeguarmi, voglio anche esprimere il mio profondo rammarico per non poter raccomandare al mio gruppo di approvare la relazione – a meno che non vengano accettati i nostri emendamenti principali, ovviamente: è la prima volta che mi succede in due anni e mezzo.
Giustifico tale fatto in primo luogo riferendomi al contenuto della relazione, e in secondo luogo per motivi di forma. L’aspetto fondamentale è che gran parte della relazione – come ha posto in evidenza un onorevole collega – sembra una sorta di lista della spesa dell’industria degli armamenti, fatto incompatibile con il titolo “strategia europea in materia di sicurezza nell’ambito della PESD”, che fa riferimento a concetti molto più complessi.
Di conseguenza, la relazione non presenta un concetto completo, anzi, al contrario. Ritengo che questa sia la ragione che ha indotto il gruppo stesso del relatore a presentare 45 emendamenti, un numero considerevole.
Se si esamina la relazione nel dettaglio, ne emerge il tentativo evidente di confondere i confini stabiliti dal Trattato tra sicurezza interna ed esterna. L’Europol rientra nella PESD. In base alle intenzioni, la PESD dovrebbe essere utilizzata per combattere il terrorismo e per proteggere le infrastrutture, le forniture energetiche e i confini esterni. Fondere in tal modo le funzioni di polizia, militari e giudiziarie è in palese violazione dei trattati attualmente in vigore, e genera inoltre ulteriori problemi di sicurezza; è il medesimo approccio adottato dal Presidente Bush, da Dick Cheney e dal dimesso Rumsfeld. La sicurezza interna modellata sulla falsariga della politica di sicurezza statunitense ha già fallito ed è inutile copiarla.
In secondo luogo, dalla relazione pare emergere l’assenza del cosiddetto braccio civile della politica europea in materia di sicurezza e difesa, benché gran parte delle 17 missioni della PESD sia di natura civile. Né viene fatta sufficiente menzione della prevenzione di conflitti civili, proprio ciò che serve in questo momento.
In terzo luogo, invece di entrare nei dettagli del mercato della difesa, sarebbe stato opportuno parlare apertamente della sicurezza europea e del disarmo – sia convenzionale sia nucleare – eppure tale tematica non compare nella relazione.
In quarto luogo, vorrei esaminare la questione dei beni militari da acquistare: portaerei, sistemi di comunicazione satellitari – tutte apparecchiature che vengono chieste e giustificate col fatto che stiamo diventando un’Unione di difesa. Quali segnali ci sono in questo momento, è la mia domanda, che esprimano una valutazione realistica di ciò che dobbiamo fare adesso? Dobbiamo adoperarci per l’armonizzazione, dobbiamo esortare gli Stati nazionali, nell’interesse di tutti, ad armonizzare le loro strategie, strutture ed apparecchiature, ma l’idea di essere un’Unione di difesa è un po’ campata in aria. Il “fondamentalismo” è sempre stata una prerogativa dei Verdi, ed è sorprendente che adesso vi muoviate voi in quella direzione.
A mio avviso, le risoluzioni adottate a Colonia, Helsinki e Feira sono state completamente stravolte e, se fossimo a scuola, vi darei zero per essere andati fuori tema. Mi spiace dirlo, ma siamo di fronte a un tentativo di rimilitarizzazione della politica estera europea. In sede di commissione avevamo negoziato un consenso, ed è stato il relatore a romperlo all’ultimo minuto. E’ una procedura scorretta, e non siamo disposti ad accettarla.
Tobias Pflüger, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, i Verdi stanno imparando, a quanto pare. Il presidente della sottocommissione per la sicurezza e la difesa ha prodotto una relazione sulla politica militare nell’Unione. La relazione è stata avvolta nella bambagia socialdemocratica, il linguaggio – originariamente chiarissimo – privato del suo mordente. Evidentemente non si è potuta inserire la dichiarazione presente nel progetto di relazione secondo cui l’UE, in determinate circostanze, dovrebbe essere aperta al concetto di guerra preventiva; quel tipo di linguaggio era indubbiamente troppo diretto.
La relazione commette gli errori solitamente associati a una politica estera comunitaria militarizzata. Include un’analisi dei rischi della strategia europea in materia di sicurezza, secondo la quale le principali minacce per l’Unione europea e i suoi cittadini sono il terrorismo internazionale, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, i conflitti regionali, il fallimento degli Stati e la criminalità organizzata.
E la povertà, la fame e le disuguaglianze sociali? La relazione si schiera a favore della sorveglianza militare dei confini – contro chi, mi chiedo? – e del ricorso ai mezzi militari per garantire l’accesso alle risorse. L’UE vuole sviluppare un partenariato strategico con la NATO; la relazione “si compiace per la crescente capacità della NATO di svolgere un ruolo al di fuori del proprio teatro di operazioni” – e tutto ciò in una relazione del Parlamento europeo. Auspica inoltre un rafforzamento considerevole delle capacità operative europee, compreso il trasporto aereo e marittimo, e la mescolanza tra elementi civili e militari viene ulteriormente intensificata.
La relazione non è altro che un catalogo di richieste tese all’ulteriore militarizzazione dell’Unione europea – vengono tra l’altro chiesti maggiori fondi per le operazioni di crisi, che dovranno essere reperiti nel bilancio comunitario, il che significa nuovi accordi finanziari. Dopo i giochetti correlati al meccanismo Athena, ora ci viene praticamente proposta l’introduzione di un bilancio militare.
Sappiamo tutti che il Trattato di Nizza considera giustamente illegittimo un bilancio militare indipendente per l’UE; per tale motivo assistiamo a tentativi di “resurrezione” del deceduto Trattato costituzionale dell’Unione, in quanto si legge nella relazione “sottolinea l’importanza del trattato che adotta una costituzione per l’Europa, che apporterà notevoli progressi verso la realizzazione di una Unione di sicurezza e di difesa”. E’ proprio per tale motivo che siamo contrari a tale Trattato costituzionale per l’UE, mentre nella relazione si auspica l’Unione europea quale unione militare.
Per alcuni rendere l’UE un’unione militare è l’obiettivo principale, e i paragrafi 51 e 52 della relazione rispecchiano una loro lista di desideri, con nuovi armamenti e maggiori fondi per acquistarli e permettere all’UE di diventare protagonista militare sulla scena mondiale. E’ sbagliato affrontare così la realtà. Attualmente l’UE è coinvolta in almeno 11 operazioni militari e di polizia nel mondo, e altre sono imminenti; l’elenco comprende ora l’Afghanistan, in cui le truppe della NATO stanno uccidendo un numero crescente di civili, e adesso l’UE vuole partecipare quanto prima alla carneficina, quando ciò che serve – e subito! – è il rimpatrio delle truppe dall’Afghanistan e dagli altri paesi. L’Unione europea non ha bisogno di altri armamenti; deve essere una potenza civile. Ciò che ci serve, e anche urgentemente, è il disarmo.
Gerard Batten, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, nei primi anni ’50 Jean Monnet ha proposto una Comunità europea di difesa, con un esercito europeo guidato da un ministro della Difesa europeo, un bilancio comune e appalti comuni per le armi. Grazie al Cielo tale progetto è stato respinto dai francesi dopo che il Presidente de Gaulle si era opposto all’idea.
Jean Monnet e i suoi seguaci non si sono lasciati scoraggiare e hanno perseguito indefessamente l’idea di un’unione politica europea da costruire con i mezzi economici invece che mediante la difesa e l’apparato militare. Più di 50 anni dopo, abbiamo un’Unione europea che ha quasi portato a termine la sua agenda politica: ha il proprio Presidente, il proprio gabinetto rappresentato dalla Commissione, un Parlamento, una moneta unica, una bandiera, un inno e una Corte di giustizia, solo per citare alcuni dei suoi attributi.
Tuttavia, se dev’essere un vero Stato, deve disporre di proprie forze militari, e la relazione punta su questo aspetto. Il documento chiede una politica comune in materia di attrezzature e di appalti per la difesa, una struttura di comando e di controllo e sistemi di comunicazione integrati. Quale modo migliore per assicurare l’integrazione delle forze militari nazionali europee che non garantendo il loro avvio in maniera talmente interdipendente da impedirne l’operatività indipendente? La pillola militarista viene tuttavia addolcita dal riferimento alle operazioni militari e alla gestione delle crisi. Eppure, indipendentemente da come lo si voglia chiamare, si tratta di un esercito, e se la guerra rappresenta la prosecuzione della politica con altri mezzi, l’Unione europea ha bisogno di un esercito per perseguire le sue ambizioni di politica estera.
Non mi sorprende che l’onorevole von Wogau persegua l’integrazione politica con gli stessi mezzi. Crede nell’integrazione politica ed è aperto in tal senso, e lo rispetto per questo. Trovo invece riprovevole che il Primo Ministro britannico, quel bugiardo di Tony Blair, e il suo governo laburista marcio e corrotto, colludano con il processo di integrazione delle forze armate britanniche nell’esercito europeo proposto, fingendo però di difendere l’interesse nazionale britannico.
Presidente. Per fortuna ha superato l’età prescritta per il servizio di leva, onorevole Batten, pertanto la questione non la riguarderà mai.
(La seduta, sospesa alle 19.20, riprende alle 21.00)