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Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 15 novembre 2006 - Strasburgo Edizione GU

18. Attuazione della strategia europea in materia di sicurezza nel contesto della PESD (seguito della discussione)
Processo verbale
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  Presidente. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione sulla relazione dell’onorevole von Wogau sull’attuazione della strategia europea in materia di sicurezza nell’ambito della PESD.

 
  
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  Tunne Kelam (PPE-DE).(EN) Signora Presidente, vorrei ringraziare il relatore per aver presentato un’analisi completa dei problemi attuali della strategia europea in materia di sicurezza e per aver preso in esame le minacce del mondo moderno. Un esempio di tali minacce compare al paragrafo 10, dove la relazione sottolinea che l’Unione europea deve essere in grado di fornire un contributo sostanziale per promuovere il disarmo regionale.

Vorrei richiamare la vostra attenzione sull’area di Kaliningrad, un’enclave russa altamente militarizzata che si trova dentro i confini comunitari. Continuare a fingere che queste ultime vestigia della guerra fredda e dell’espansione sovietica siano una cosa con cui occorre convivere sarebbe pericoloso e assurdo. Pertanto, la smilitarizzazione di tale area, seguita idealmente dalla trasformazione di Kaliningrad in un progetto pilota e dall’apertura al libero commercio, dovrebbe essere uno degli argomenti da sollevare all’imminente Vertice UE-Russia. La relazione von Wogau presenta chiaramente il nostro obiettivo finale. Siamo sulla buona strada per realizzare un’Unione di sicurezza e di difesa. Tuttavia, ci ricorda anche che l’Unione è ancora molto lontana da tale obiettivo. Stiamo semplicemente prendendo atto dei progressi, aumentando le capacità e cercando fondi aggiuntivi.

Dobbiamo avere chiari in mente alcuni problemi. Occorre stabilire un mercato comune nel campo della difesa, predisporre un bilancio europeo che copra gli aspetti sia militari sia civili della sicurezza, e intensificare la cooperazione tra i ministri europei della Difesa, con l’obiettivo finale di creare la carica di viceministro degli Esteri europeo incaricato della PESD. A tal fine, è essenziale evitare la duplicazione degli sforzi e coordinare tutte queste attività con la NATO. Vi è l’esigenza urgente di rendere accessibili a tutti gli Stati membri allo stesso livello i sistemi di intelligence su base spaziale.

 
  
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  Libor Rouček (PSE).(CS) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, in Europa si sente ripetere spesso che è in corso una crisi di fiducia pubblica nel progetto e nella politica europea. Tale scetticismo scompare quando si parla di politica di sicurezza e di difesa. Come è emerso dai sondaggi, più di due terzi degli europei sostengono tale politica e sono del parere che i rischi e i pericoli associati a terrorismo, criminalità organizzata, conflitti regionali e diffusione delle armi di distruzione di massa richiedano una soluzione congiunta a livello europeo.

La relazione von Wogau chiede una tale soluzione comune, e auspica il rafforzamento di alcuni elementi della politica europea di sicurezza e di difesa. Appoggio pienamente tale richiesta e gli sforzi volti a istituire una sicurezza e una difesa comunitarie. Le proposte per la creazione di un mercato interno per lo sviluppo, la fabbricazione e l’acquisto di armi, di un sistema condiviso per le comunicazioni e i mezzi di informazione e di meccanismi di difesa civile europea sono solo alcuni passi nella giusta direzione, a mio avviso. All’Europa occorre un approccio comune ai rischi e alle minacce in materia di sicurezza, e la relazione von Wogau delinea tale approccio in maniera realistica ed eccellente.

 
  
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  Alexander Lambsdorff (ALDE).(DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, la politica europea in materia di sicurezza e di difesa si trova a dover affrontare grandi sfide, e l’UE non deve chiudere gli occhi e ignorarle. In futuro l’UE si vedrà certamente costretta ad assumere sempre più impegni internazionali, e gli sviluppi preoccupanti in Medio Oriente, nella Corea del Nord e in Iran preannunciano tale tendenza.

Ci occorre una macchina decisionale efficiente, una struttura di comando visibile, chiarezza sui poteri di ciascuno, personale competente da dispiegare rapidamente e provvisto di attrezzature moderne, e la capacità logistica per inviare rapidamente le truppe dove ne sussiste la necessità. La relazione von Wogau esprime queste stesse richieste e contiene anche proposte di miglioramento; per tale ragione la sosterremo.

Negli ultimi anni la PESD ha realizzato qualche progresso; a partire dal 1° gennaio 2007 diventeranno pienamente operativi i gruppi tattici, e il Consiglio “Affari esteri”, che si è riunito ieri, ha rilevato ulteriori miglioramenti della qualità delle attrezzature utilizzate dagli eserciti degli Stati membri. L’Agenzia europea per la difesa offre un contributo prezioso per l’armonizzazione del mercato degli armamenti e il coordinamento di progetti congiunti di ricerca nella sfera della sicurezza e della difesa.

Va tuttavia ricordata la tendenza preoccupante all’aumento della pianificazione di missioni comunitarie fuori bilancio. Un maggior numero di missioni presuppone la loro legittimità in termini democratici, ma non può essere garantito se le loro finanze vengono programmate senza interpellare il Parlamento europeo, determinando un’ingiustificata mancanza di trasparenza. La relazione contiene proposte piacevolmente chiare su come prevenire tali sviluppi, e noi le appoggiamo appieno.

Aggiungerei che, a mio parere, la presente discussione si dovrebbe svolgere a Bruxelles, e non a Strasburgo.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE).(ES) Signora Presidente, sull’elaborazione della strategia europea in materia di sicurezza hanno influito tre grandi dibattiti di natura internazionale: il dibattito sulle nuove minacce che si sono dovute affrontare e su come fronteggiarle, in particolare in seguito all’11 settembre, quello sui problemi che affliggono le Nazioni Unite quale forum universale e multilaterale per la prevenzione e la gestione delle controversie, e quello sugli impegni che l’Unione deve assumere per diventare protagonista più attiva, capace e coerente a livello mondiale.

La strategia europea in materia di sicurezza precisa pertanto che le principali minacce che pesano sull’Unione europea e sui suoi cittadini sono il terrorismo internazionale, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, i conflitti regionali, il fallimento degli Stati e la criminalità organizzata.

Non posso che concordare sull’importanza di tali problemi. Temo tuttavia che tale elenco non ponga sufficientemente l’accento su altri aspetti che ritengo altrettanto rilevanti, se non di più. Mi riferisco ad esempio alla povertà, all’assenza di un sistema di giustizia globale, alla criminalizzazione collettiva di gruppi e comunità, alla crescente militarizzazione del pianeta, al saccheggio delle risorse primarie di sussistenza dei paesi più poveri da parte di quelli più ricchi, all’inquinamento dell’ambiente e alla distruzione degli ecosistemi sociali.

A tale riguardo, non ritengo che l’Unione europea offra sempre la risposta più appropriata, in termini politici o strutturali. Ad esempio, da tempo circolano voci a favore della creazione di un esercito unico europeo. Ciononostante, tale esercito viene sempre visto come un’aggiunta o, se si vuole, un complemento ai 25 eserciti esistenti, e non come un corpo sostitutivo, come dovrebbe essere, a mio avviso.

Benché in apparenza non si possa che concordare sul fatto che, per gestire le minacce attuali, non servono più tanti eserciti di natura nazionale, disponiamo ancora di un’Unione europea dotata di 25 eserciti nazionali, il cui personale ammonta a circa due milioni di persone che hanno come compito primario la difesa dei confini e degli interessi degli Stati membri, operazioni che complessivamente costano più di 160 milioni di euro l’anno. Inoltre, si tratta di cifre che molti di noi vorrebbero veder stanziate per la prevenzione e la gestione dei conflitti.

In breve, le azioni e le decisioni dei governi non sembrano attualmente in linea con il cambiamento di atteggiamento nei confronti della sicurezza a cui abbiamo assistito di recente, in particolare a livello europeo.

 
  
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  Diamanto Manolakou (GUE/NGL).(EL) Signora Presidente, la relazione descrive in maniera chiarissima ed estremamente illuminante la natura dell’Unione europea quale unione imperialista di monopoli europei in via di militarizzazione.

La cosiddetta “strategia europea in materia di sicurezza” non ha nulla a che vedere con la sicurezza per i cittadini; è una malcelata politica imperialista aggressiva che opera in due direzioni: in primo luogo, verso l’adesione incondizionata agli USA e alla NATO nelle operazioni criminali contro i popoli e, in secondo luogo, verso la costruzione di meccanismi propri dell’Unione europea volti a rafforzarne la potenza militare, per consentirle di intraprendere azioni militari e di intervenire autonomamente. L’obiettivo è garantirsi una quota migliore dei mercati al momento della loro spartizione. Tale politica si basa sul principio della guerra preventiva, sull’adozione, a tutti gli effetti, della nuova dottrina militare della NATO per gli interventi militaristi in tutto il mondo, col pretesto di combattere le minacce globali, il terrorismo e l’interruzione del flusso delle risorse naturali, l’imposizione della democrazia, la gestione delle crisi e il principio dell’attacco preventivo.

Annuncia che gli interventi militaristi dell’Unione europea non hanno più alcun limite di azione. La loro portata si sta estendendo al mondo intero. Adotta indirettamente il modello degli interventi imperialisti in Jugoslavia, in Afghanistan e in Iraq, in altre parole della guerra imperialista basata su vari pretesti, quali le armi di distruzione di massa in Iraq, che non sono mai state trovate, seguita dall’occupazione e dalla ricostruzione. Tali operazioni arricchiscono gli imperialisti saccheggiando le ricchezze delle popolazioni.

Promuove inoltre la creazione di forze di pronto intervento e mette deliberatamente in relazione le missioni militari e civili, definendo “umanitari” gli interventi militari. Crea addirittura un collegamento tra la sicurezza esterna dell’Unione e la creazione di una forza di polizia e di forze dell’ordine europee, con la militarizzazione dei confini e un approccio militare a immigrati e profughi. Aumenta persino i finanziamenti per fini militari con bilanci nascosti. Per i lavoratori, invece, vi sono retribuzioni da fame e strettezze permanenti. Per promuovere tale strategia, l’aggressività dell’Unione si sta intensificando a dismisura, sia verso i paesi terzi sia all’interno dei propri confini. Il nemico è il popolo.

Gli sforzi volti ad accrescere il potere militare dell’Unione europea sono collegati agli sforzi per rafforzarla nella concorrenza imperialista e tra le industrie belliche. Il tentativo di mostrare che, in apparenza, l’Unione europea sta prendendo le distanze dalla politica americana imperialista in Iran è una menzogna spudorata raccontata al popolo. La soddisfazione per Guantánamo, i voli della CIA e i rapimenti sul suolo europeo è ipocrita, in quanto segue la medesima politica imperialista e, al contempo, rafforza la cooperazione internazionale con la ΝΑΤΟ.

I popoli devono temere e combattere il riarmo, la militarizzazione e il terrorismo degli imperialisti.

 
  
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  Konrad Szymański, a nome del gruppo UEN.(PL) Signora Presidente, mi congratulo vivamente per la relazione sulla politica europea in materia di sicurezza. Si tratta di una relazione eccellente che, a mio parere, non richiede ulteriori emendamenti. In particolare, non necessita di quegli emendamenti che priverebbero l’Unione europea di influenza militare nel mondo.

Se vuole svolgere un ruolo di maggior peso sulla scena mondiale, l’Unione europea deve poter contare su una presenza militare efficace, non solo lungo i propri confini, ma anche in altre parti del mondo. Tale obiettivo non verrà conseguito semplicemente creando un’agenzia per la difesa e armonizzando gli armamenti. Occorre anche convincere l’opinione pubblica europea a sostenere una maggiore spesa per la difesa che sia in linea con le nostre ambizioni.

L’Europa ha dimostrato di non abusare del potere militare, pertanto le paure dei pacifisti sono fuori luogo in questa sede. Di fatto, dovremmo temere per la nostra capacità politica e militare di assumerci la responsabilità della sicurezza globale.

La creazione di una politica europea per la sicurezza non dovrebbe mirare a copiare la NATO, il nostro strumento di politica di difesa più importante, testato e collaudato. Né la nostra autonomia strategica dovrebbe stravolgere la nostra cooperazione tecnica e politica con i poteri della NATO. Di fatto, il mondo occidentale, che si estende ben oltre i confini dell’Unione europea, ha il diritto di aspettarsi da noi un contributo autentico per la cooperazione e la sinergia in termini di attività congiunte. La relazione ha presentato tali aspetti in maniera equilibrata, per tale ragione la sosterremo volentieri nella votazione di domani.

 
  
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  Andrzej Tomasz Zapałowski (IND/DEM). (PL) Signora Presidente, il dibattito odierno sull’attuazione di una strategia europea in materia di sicurezza è una delle discussioni più importanti sul futuro dell’Unione europea. Rappresenta un passo in avanti verso l’adozione di alcune delle soluzioni contenute nel defunto Trattato costituzionale. La proposta di istituire la carica di ministro europeo degli Esteri e della difesa è una minaccia per gli interessi di molti Stati membri.

L’accordo della Germania con la Russia è stato un esempio sublime di solidarietà europea nel campo dell’energia. E’ molto tipico e dovrebbe essere visto alla stregua di un segnale d’allarme. E’ ragionevole per l’Unione avere a disposizione uno strumento per esercitare un’influenza militare sulle regioni immediatamente circostanti. Tuttavia, ogni tentativo di assumere responsabilità militari per la sicurezza mondiale rappresenterebbe una volontà di sostituzione della NATO o, per essere più precisi, di indebolimento dell’influenza degli Stati Uniti in Europa e nel mondo.

Non ci dovrebbe essere concorrenza tra la NATO e l’Unione europea nel campo della politica per la sicurezza e la difesa. Va sottolineato che la NATO ricopre un ruolo molto più importante e dispone di capacità molto maggiori rispetto alle forze armate dell’Unione europea. Vi sono ovviamente paesi dell’UE che non sono membri della NATO, e dobbiamo trovare un modo per coinvolgerli in questioni relative alla sicurezza europea. Tale tipologia di cooperazione dovrebbe avere luogo nel quadro della cooperazione tra le forze armate nazionali dei paesi membri.

Non occorre creare nuovi quartieri generali di comando, è sufficiente destinare contingenti delle forze armate nazionali alla collaborazione in azioni specifiche. E’ tuttavia essenziale creare un sistema europeo coerente nel campo dell’intelligence, della risposta alle crisi e del monitoraggio delle minacce economiche. Spetta ai governi nazionali e all’Unione controllare il modo in cui i singoli Stati membri si preparano agli attacchi terroristici o se dispongono di un sistema di difesa territoriale adeguato. Inoltre, l’Unione dovrebbe gestire la sicurezza nel vicinato e non tentare di esercitare un’influenza globale né farsi coinvolgere nei conflitti locali che scoppiano nel mondo.

 
  
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  Geoffrey Van Orden (PPE-DE).(EN) Signora Presidente, mi sono opposto con coerenza all’ingerenza comunitaria nella sfera della difesa. I paesi europei sono responsabili della loro sicurezza mediante le loro iniziative individuali o collettivamente tramite la NATO, e le cose dovrebbero restare come sono. L’Unione europea si è introdotta nel territorio della difesa, non per aggiungere capacità di difesa, perché non è questo lo scopo, bensì perché alcuni desiderano che l’UE acquisisca attributi più simili a quelli di uno Stato e diventi un attore a livello globale, capace di perseguire i propri obiettivi autonomi di politica estera. A tal fine, vuole avere a disposizione l’intera gamma degli strumenti di politica estera, comprese le forze armate.

La relazione si spinge tuttavia ben oltre le ambizioni immediate persino di coloro che al momento gestiscono la PESD. Chiede un’Unione di sicurezza e di difesa, e pretende che l’UE disponga di un proprio bilancio per la difesa. Che il Cielo ci aiuti se chi detiene la responsabilità della politica agricola comune, della politica comune della pesca e di tutta la sovraregolamentazione controproducente e onnipresente nella nostra vita inizierà anche a occuparsi dell’organizzazione della nostra difesa.

Tali proposte inaccettabili di un’Unione di sicurezza e di difesa e di un bilancio comunitario per la difesa sono di per sé sufficienti ad assicurare l’opposizione della delegazione dei conservatori britannici, ma il contesto internazionale in cui si svolge il dibattito di tale relazione la rende doppiamente meritevole di rigetto. La NATO è attualmente impegnata in un’operazione vitale in Afghanistan. Non esagera chi afferma che il successo di tale missione è indispensabile per il futuro della NATO e per la nostra sicurezza a lungo termine. L’Alleanza ha chiesto ripetutamente rinforzi per tale missione in Afghanistan con truppe da combattimento, elicotteri tattici da trasporto e di fatto con sforzi solleciti di ricostruzione civile per consolidare i vantaggi militari acquisiti. Con alcune onorevoli eccezioni, la risposta degli alleati europei è stata pietosa. Da parte mia sono fermamente convinto che la PESD rappresenti una distrazione dalla NATO e faccia parte del problema.

In quest’epoca di minacce per la democrazia e di esigenza di solidarietà, è deleterio che europei e americani abbiano visioni strategiche contrastanti o addirittura due organizzazioni di difesa con sovrapposizione di membri e che avanzano richieste concorrenti sulle medesime, limitate risorse.

 
  
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  Ana Maria Gomes (PSE).(PT) Desidero congratularmi con l’onorevole von Wogau per la sua relazione ambiziosa. Tale relazione riconosce che, malgrado i progressi registrati nell’area della sicurezza e della difesa europee, resta ancora molta strada da fare. Concordo con quanto ha affermato oggi l’onorevole von Wogau in Assemblea: il processo di costruzione di un’Unione di sicurezza e di difesa può potenzialmente riavvicinarci ai cittadini dell’Unione.

Le cifre dell’Eurobarometro parlano chiaro: il 77 per cento degli europei è a favore di una politica europea nel campo della sicurezza e della difesa. Persino nel Regno Unito, il paese dell’onorevole Van Orden e di alcuni dei più accesi euroscettici di quest’Assemblea, l’appoggio è del 59 per cento.

La relazione in oggetto ha tuttavia una portata limitata. Benché proponga coraggiosamente la predisposizione di un bilancio europeo per le attività militari dell’Unione, promuova il rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali nel controllo delle politiche europee di sicurezza e di difesa e chieda giustamente che i progressi proposti dal Trattato costituzionale non vengano messi da parte, la relazione si limita a reiterare il sostegno alle iniziative presentate dal Consiglio e dalla Commissione in aree vitali dell’integrazione industriale e della creazione di un mercato europeo per le attrezzature di difesa.

E’ deludente che la relazione non si spinga oltre. Sono fermamente a favore dell’introduzione del principio di preferenza europea nell’area degli appalti per le attrezzature di difesa. A lungo termine è in gioco l’autonomia strategica dell’Unione, e finora il Parlamento non è riuscito a offrire una nuova visione in questo campo.

Signora Presidente, non dobbiamo lasciarci accecare dal dogma del mercato. E’ essenziale che, sotto la guida dei nostri amici e partner nel mondo, non dimentichiamo le implicazioni strategiche e politiche di tale settore dell’industria.

 
  
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  Andrew Duff (ALDE).(EN) Signora Presidente, questa è la prima revisione seria della strategia europea per la sicurezza da parte del Parlamento, ma le cose sono tutt’altro che chiare per quanto riguarda la NATO. Affermiamo che la NATO è responsabile della nostra difesa collettiva e che rappresenta un forum per le relazioni transatlantiche. Non diciamo però quello che faremmo se la NATO non ristabilisse la pace in Afghanistan. La NATO non può essere sconfitta; è stata penalizzata dall’assenza di una chiara rivalutazione strategica dopo la fine della guerra fredda e continua a subire le ripercussioni di una cooperazione scadente con l’Unione europea. Il Parlamento non dovrebbe avere timore di analizzare criticamente la NATO, altrimenti il nostro controllo sullo sviluppo della politica europea in materia di sicurezza e di difesa resterebbe sempre immaginario.

 
  
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  Hélène Goudin (IND/DEM).(SV) Signora Presidente, nei due anni che ho trascorso qui in Parlamento mi sono imbattuta in molte relazioni che trattavano qualsiasi argomento possibile e immaginabile. Tuttavia, la relazione oggetto del dibattito odierno è la peggiore che abbia mai visto finora. L’onorevole von Wogau propone ora una cosa ora un’altra, ma il tema principale è quello della militarizzazione dell’UE mediante lo sviluppo della politica estera e di sicurezza comune. Si propone di estendere la portata della strategia europea in materia di sicurezza, il che aprirebbe la strada a guerre preventive simili a quelle a cui stiamo assistendo attualmente in Medio Oriente, ad esempio.

L’onorevole von Wogau ritiene inoltre che gli sforzi militari nel campo della gestione delle crisi andrebbero finanziati dal bilancio comunitario. In altre parole, sarebbero i contribuenti della Svezia, paese neutrale, ad esempio, a finanziare le operazioni militari in tutto il mondo. Tra le proposte più bizzarre c’è quella di predisporre una forza navale permanente nel Mediterraneo per difendere gli interessi comunitari di sicurezza nella regione. Come se non bastasse, il relatore sottolinea anche l’esigenza di una Costituzione, in quanto accelererebbe la creazione di un’unione della difesa.

Quando nel 1995 la Svezia ha aderito all’UE, molti svedesi erano scettici. Il fatto che l’UE potesse diventare militarizzata era proprio una delle preoccupazioni respinte dai fautori dell’Unione come totalmente ingiustificata. Oggi, poco più di dieci anni più tardi, ci rendiamo conto che tale realtà è tutt’altro che impossibile. Anzi. Per quanto mi riguarda, non voglio vedere i miei tre figli e altri giovani europei arruolati in un esercito comunitario, e pertanto mi rivolgo ai miei onorevoli colleghi affinché si esprimano contro la relazione nella votazione di domani.

 
  
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  Bogdan Klich (PPE-DE).(PL) Signora Presidente, la strategia del 2003 di Solana è un documento eccellente. Descrive accuratamente le minacce e le sfide che ci troviamo ad affrontare, oltre a delineare con chiarezza la risposta specificamente europea che è diventata il biglietto da visita di una politica europea di sicurezza e di difesa.

In tal senso, non sembra necessario aggiornare tale documento. Dopo tutto, la NATO si serve del medesimo concetto strategico dall’aprile 1999. E’ l’unico punto su cui sono in disaccordo con la proposta dell’onorevole Karl von Wogau.

Il valore della relazione si situa altrove, nelle prospettive che delinea per la PESD. E’ il risultato di una valutazione franca delle attuali capacità civili e militari dell’Unione europea, e l’onorevole Karl von Wogau dichiara che “l’Unione europea dispone attualmente soltanto di risorse limitate per operazioni civili e militari”. Karl von Wogau trae inoltre la giusta conclusione da tale valutazione. Innanzi tutto, chiede una cooperazione intensa tra l’Unione europea e la NATO. In secondo luogo, esorta l’Unione a concentrare le proprie capacità sulle zone geografiche immediatamente circostanti.

Il relatore conosce la causa di tali capacità limitate, in quanto cita la carenza di trasporti strategici aerei e marittimi, di sistemi integrati di telecomunicazione e di capacità in termini di servizi segreti, soprattutto in relazione ai satelliti. Tali osservazioni sono tutt’altro che nuove, in quanto tali carenze ci accompagnano per lo meno dalla prima conferenza sull’impegno di capacità del 2002.

Tuttavia, a mio avviso il punto di forza della relazione va ricercato nella prospettiva a lungo termine che l’onorevole Karl von Wogau delinea per la PESD. Si spinge oltre i confini degli obiettivi operativi, in altre parole rivolge lo sguardo oltre il 2010 e i termini del Trattato costituzionale. Tali prospettive implicano la creazione di un’Unione di sicurezza e di difesa. Non dobbiamo perdere di vista tale obiettivo. E’ e dovrebbe essere la guida per i prossimi passi da intraprendere per lo sviluppo della PESD.

 
  
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  Józef Pinior (PSE). (PL) Signora Presidente, vorrei iniziare citando i risultati dell’indagine dell’Eurobarometro, secondo i quali il 70 per cento dei cittadini europei è a favore di una politica europea di sicurezza e di difesa. A proposito delle sfide della nostra epoca, i cittadini dell’Unione europea sembrano avere un’idea migliore dei rappresentanti del Consiglio, che stasera non sono presenti alla plenaria di Strasburgo.

La strategia europea per la sicurezza dovrebbe concentrarsi sugli obiettivi più importanti in termini di creazione di una politica comune di sicurezza e di difesa per l’Unione europea. Dovremmo soprattutto chiedere l’integrazione di una nuova generazione di sistemi satellitari nel sistema europeo e la messa a disposizione di esercito e polizia dei dati raccolti utilizzando il centro satellitare di Torrejón. I servizi segreti si confermano una delle aree più importanti della strategia. In secondo luogo, i gruppi di intervento rapido già predisposti dovrebbero essere provvisti di apparecchiature per l’intelligence e le comunicazioni che siano identiche o per lo meno compatibili con quelle della NATO.

 
  
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  Alexander Stubb (PPE-DE).(EN) Signora Presidente, mi congratulo col signor Commissario Frattini per essere rimasto così a lungo. Forse è emozionato in vista della prossima stagione della Ferrari, che correrà con Kimi Raikkonen. Mi scusi, onorevole Duff, so che non segue la Formula Uno! Vorrei sollevare cinque punti.

Primo punto: sono a favore della relazione. A mio parere è eccellente. C’è soltanto una cosa che secondo me è lievemente esagerata, e cioè l’idea di un ministro europeo della Difesa oltre al ministro degli Esteri. Attenderemo che la Costituzione incominci a crearne uno prima di pensare anche all’altro.

Il secondo punto riguarda l’onorevole Van Orden, che purtroppo ha già lasciato l’Aula. Ha sollevato molti problemi a proposito del rapporto tra NATO e UE. Dico sempre all’onorevole Van Orden che dovrebbe stare tranquillo. Con la Costituzione tutti questi problemi scompariranno, ma purtroppo mi sa che non è nemmeno a favore della Costituzione.

Terzo punto: ritengo che gli interessi strategici di UE e USA siano esattamente gli stessi, e la relazione lo evidenzia in maniera esemplare. Per tale motivo ritengo che dobbiamo tentare di risolvere i nostri problemi insieme, come suggerisce l’onorevole von Wogau.

Quarto punto: a mio parere, il problema strutturale maggiore che abbiamo tra la PESD e la NATO è il fatto che la nostra cooperazione non funziona come dovrebbe. In qualità di ex funzionario pubblico, ritengo che i rapporti siano eccessivamente limitati agli addetti ai lavori, in altre parole ci sono troppi funzionari pubblici che interagiscono con i loro omologhi. Forse tale rapporto dovrebbe diventare di tipo politico per ottenere un risultato.

Il mio punto conclusivo riguarda il fatto che la forza della PESD consiste nella sua diversità. Se ci concentrassimo soltanto sugli aspetti civili della gestione della crisi, inganneremmo noi stessi. La questione è, ad esempio, accettate la pulizia etnica? Se la risposta è no, ci serve anche l’aspetto militare della gestione della crisi. Appoggio pertanto la relazione con tutte le mie forze. Ritengo che sia eccellente.

 
  
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  Hubert Pirker (PPE-DE).(DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei ringraziare l’onorevole von Wogau per la sua relazione completa, pragmatica e anche coraggiosa.

Condivido l’opinione – sostenuta dal 70 per cento della popolazione europea e dalla maggior parte dei membri dell’Assemblea – secondo cui l’unica risposta alle minacce importanti che incombono su di noi, dal terrorismo al fallimento degli Stati, e che sembra promettere risultati soddisfacenti è una strategia europea per la sicurezza. Mi associo inoltre all’opinione del relatore secondo cui tale strategia dev’essere costantemente adattata se l’Europa desidera rimanere anche in futuro uno spazio di sicurezza, libertà e prosperità.

Poiché in futuro è molto improbabile che venga appoggiato un incremento delle spese militari, dobbiamo fare un uso più efficiente di quanto non abbiamo fatto finora dei mezzi e delle risorse a nostra disposizione; per tale motivo la politica europea in materia di sicurezza e di difesa necessita di standard comuni, di ricerca e sviluppo condivisi e di un unico sistema di appalti. Occorre un sistema unico di riconoscimento aereo e spaziale e standard comuni per le telecomunicazioni.

Occorre cooperazione strategica tra le forze dispiegate sul campo della sicurezza interna ed esterna. Dai dispiegamenti attuali di truppe in Congo emerge che, malgrado la loro dedizione abbia prodotto risultati positivi, vi sono altrettante carenze da gestire.

Sappiamo tutti che l’UE, pur essendo un gigante economico, continua a essere un nano in termini di politica di sicurezza, ma se vuole diventare un’unione politica deve smetterla di essere un nano della sicurezza e abbandonare le animosità nazionali a favore di un progetto più olistico e ampio.

Per tale ragione la Comunità ha bisogno di una politica di sicurezza che venga anche finanziata dalla Comunità stessa, con il Parlamento che partecipa al processo decisionale e lo controlla, e con una guida politica nella persona di un viceministro degli Esteri. La relazione va in questa direzione, e pertanto non è solamente coraggiosa, ma anche lungimirante, nell’interesse di un’Europa sicura per i suoi cittadini.

 
  
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  Presidente. La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)

 
  
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  Alexandra Dobolyi (PSE).(EN) Accolgo con favore la relazione, che riflette puntualmente le nostre opinioni sull’evoluzione della PESD in futuro.

La PESD dovrebbe accentuare maggiormente il proprio carattere civile-militare; le migliori combinazioni di risorse e strumenti ci possono offrire il risultato ottimale di stabilizzazione sul campo. L’obiettivo è quello di stabilizzare un’area di gestione della crisi con prospettive migliori nel lungo termine.

In tal senso, non dobbiamo prendere ispirazione dal modello militare della NATO, bensì riuscire a sviluppare il nostro approccio autonomo, come nel caso del Congo. I belligeranti hanno più fiducia in noi, in quanto l’UE non è guidata da una nazione leader con secondi fini politici, e le sue decisioni vengono prese mediante regole trasparenti.

Una capacità di reazione rapida nei movimenti e nei trasporti è una sfida comune per tutte le operazioni comunitarie, indipendentemente dalla loro natura. L’Europa dovrebbe studiare meglio l’utilizzo e le sinergie delle risorse civili di trasporto. Gli europei sono al primo posto nel campo dei trasporti aerei e marittimi civili, e tale vantaggio potrebbe essere sfruttato anche per accelerare le risposte in periodi di crisi. La pianificazione multimodale, la combinazione ottimale di diversi tipi di risorse (aeree, marittime, elicotteri, treni) e un impiego più oculato delle risorse civili devono essere integrati nei nostri concetti di svolgimento delle operazioni.

 
  
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  Bogdan Golik (PSE).(PL) Signora Presidente, il raggiungimento degli obiettivi presentati nella strategia per la sicurezza dipende soprattutto dalla capacità dell’Unione europea di tradurre in pratica il documento in esame che, a propria volta, darà credibilità all’Unione in termini di una politica seria in materia di sicurezza, e la renderà un’entità capace di intervenire in maniera decisiva in situazioni di crisi. Al momento, molte sono le sfide che ci aspettano nel campo della politica estera, quali i conflitti in Medio Oriente, le missioni militari che coinvolgono soldati degli Stati membri e l’emergere di nuove potenze mondiali quali Cina o India. Di questi tempi, è essenziale rafforzare la nostra politica estera e di sicurezza comune.

Per rendere tale politica più efficace ed efficiente, dobbiamo prendere provvedimenti chiave già da adesso e rispondere alle domande essenziali poste dal respinto Trattato costituzionale. Occorrono inoltre persone e istituzioni che conducano tale politica. Tra le priorità si annoverano la creazione della carica di ministro degli Esteri comunitario, maggiori risorse finanziarie, un’analisi più accurata dei problemi chiave e il coordinamento delle politiche degli Stati membri. E’ importante creare il nostro centro di competenze nel campo delle operazioni militari, delle azioni di mantenimento della pace, delle missioni di pace e della gestione delle crisi. La sicurezza degli Stati membri dell’Unione europea può essere garantita da un sistema efficace e versatile e da una regione stabile.

L’attuazione della strategia dipenderà soprattutto dalla volontà dei paesi membri e dall’adempimento diligente delle responsabilità loro assegnate. Azioni quali l’adozione di un quadro giuridico, di un calendario di attuazione e di impegni nel campo delle relazioni estere non saranno di per sé sufficienti a creare un sistema efficace per prevenire e combattere le minacce.

 
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