Indice 
Resoconto integrale delle discussioni
PDF 1053k
Mercoledì 29 novembre 2006 - Bruxelles Edizione GU
1. Ripresa della sessione
 2. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
 3. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
 4. Decisioni concernenti taluni documenti: vedasi processo verbale
 5. Dichiarazioni scritte (presentazione): vedasi processo verbale
 6. Trasmissione di testi di accordo da parte del Consiglio: vedasi processo verbale
 7. Storni di stanziamenti: vedasi processo verbale
 8. Ordine del giorno: vedasi processo verbale
 9. Dibattito sul futuro dell’Europa (discussione)
 10. Verifica dei poteri: vedasi processo verbale
 11. Composizione del Parlamento: vedasi processo verbale
 12. Comunicazione delle posizioni comuni del Consiglio: vedasi processo verbale
 13. Vertice Russia/Unione europea (discussione)
 14. Adesione della Bulgaria - Adesione della Romania (discussione)
 15. Conseguenze economiche e sociali delle ristrutturazioni nel settore automobilistico in Europa (discussione)
 16. Strumento finanziario europeo per la promozione della democrazia e dei diritti umani nel mondo (discussione)
 17. Interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica
 18. Attuazione del settimo programma quadro della CE e della CEEA (discussione)
 19. Immissione sul mercato di articoli pirotecnici (discussione)
 20. Diritti dei pazienti nell’Unione europea (discussione)
 21. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale
 22. Chiusura della seduta


  

PRESIDENZA DELL’ON. BORRELL FONTELLES
Presidente

(La seduta inizia alle 15.05)

 
1. Ripresa della sessione
MPphoto
 
 

  Presidente. – Dichiaro ripresa la sessione del Parlamento europeo, interrotta giovedì 16 novembre 2006.

 

2. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale

3. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale

4. Decisioni concernenti taluni documenti: vedasi processo verbale

5. Dichiarazioni scritte (presentazione): vedasi processo verbale

6. Trasmissione di testi di accordo da parte del Consiglio: vedasi processo verbale

7. Storni di stanziamenti: vedasi processo verbale

8. Ordine del giorno: vedasi processo verbale

9. Dibattito sul futuro dell’Europa (discussione)
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione sul futuro dell’Europa, con la partecipazione del Primo Ministro irlandese, membro del Consiglio europeo.

Nel corso della discussione – per la prima volta e in via eccezionale – usufruiremo dell’interpretazione simultanea dall’irlandese verso tutte le lingue ufficiali.

(Applausi)

L’ordine del giorno prevede che questa prima discussione duri fino alle 16:30. In seguito avremo le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sul Vertice Russia/Unione europea. I tempi di parola dovranno conformarsi a questo programma.

Innanzi tutto vorrei dare il benvenuto a nome del Parlamento europeo al Primo Ministro irlandese.

Taoiseach,

tra poche settimane, nel nuovo anno, il Parlamento adotterà l’irlandese come ventunesima lingua ufficiale. In seno a quest’Assemblea multilingue faremo tutto il possibile per rispettare gli impegni assunti nei Trattati e il diritto di tutte le lingue ad essere utilizzate in quest’Aula.

Il nostro odierno visitatore – il Taoiseach irlandese – fa parte da molto tempo del Consiglio europeo, di cui è un decano, essendone membro dal 1997 (quasi dieci anni fa).

Ha iniziato a guidare il governo irlandese alcuni giorni dopo il Consiglio europeo di Amsterdam, primo tentativo fallito di riformare seriamente le Istituzioni europee.

E’ poi sopravvissuto alla maratona di Nizza, che ha portato a un Trattato considerato insoddisfacente dal punto di vista istituzionale.

Il Trattato di Nizza è stato respinto dai cittadini irlandesi in un referendum condotto nel 2001. Il Primo Ministro irlandese, tuttavia, ha raccolto la sfida di condurre una serrata campagna d’informazione pubblica in seguito alla quale, nel secondo referendum tenutosi 18 mesi dopo, nel 2002, l’Irlanda ha approvato il Trattato di Nizza. Il Parlamento europeo ne è stato felicissimo e gli ha espresso le proprie congratulazioni con entusiasmo.

In seguito il Taoiseach è stato alla Presidenza del Consiglio europeo, durante la Conferenza intergovernativa sul Trattato costituzionale, nel giugno 2004. Chi di noi ha preso parte alla Convenzione ricorda il suo pellegrinaggio in diverse capitali europee alla ricerca di un delicato compromesso, che alla fine ha raggiunto.

Lei, signor Primo Ministro, è stato dunque un testimone privilegiato della nostra ricerca a livello istituzionale. E’ pertanto un onore averla qui con noi e ascoltare le sue opinioni su come l’Unione europea possa superare l’impasse in cui si trova attualmente.

L’Irlanda, inoltre, ha sviluppato un ampio dibattito pubblico. Da cinque anni ha un forum permanente e questo, se non altro, è uno degli elementi che abbiamo guadagnato dal “no” dei referendum in alcuni paesi: siamo tornati a discutere in Europa, abbiamo promosso il dibattito nella società civile, e l’Irlanda probabilmente è il paese che lo ha fatto nel modo più strutturato e permanente.

Ricorderete che il Primo Ministro belga è stato nostro ospite a maggio e che questo è il secondo ospite a farci visita in questo modo innovativo, in quanto, di norma, l’Assemblea riceve solo capi di Stato e di governo appartenenti alla Presidenza in carica del Consiglio.

Il modo in cui la riceviamo quest’oggi è innovativo. Avrà tutto il tempo di cui ha bisogno per illustrarci le sue opinioni e vi sarà un primo giro d’interventi da parte dei presidenti dei gruppi politici, ai quali, se lo desidera, potrà replicare, dopodiché daremo il via agli interventi degli altri deputati.

Molte grazie di essere venuto, Taoiseach. A lei la parola.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Bertie Ahern, Primo Ministro irlandese.(EN) Presidente Borrell, è un grande onore essere di nuovo in quest’Aula. Sono molto grato di essere stato invitato quest’oggi a uno scambio d’opinioni sul futuro dell’Europa con tutti i deputati al Parlamento europeo. Avendo trascorso più di metà della mia vita come deputato al parlamento, considero preziosa questa rinnovata opportunità di rivolgermi all’unico organismo legislativo plurinazionale a elezione diretta esistente al mondo.

Da quando vi ho parlato l’ultima volta, nel 2004, l’influenza costruttiva del Parlamento europeo nel promuovere gli interessi dei cittadini europei ha continuato a crescere. La vostra lungimiranza è necessaria per affrontare le ardue sfide che abbiamo davanti. Le rivolgo i miei migliori auguri, Presidente Borrell, per il resto del suo mandato, come pure al suo successore. Le auguro di ottenere ininterrotti successi e mi congratulo per tutti i risultati che ha raggiunto.

Attendiamo con ansia in particolare una sua prossima visita a Dublino nell’ambito del forum per l’Europa, al quale ci siamo dedicati con grandissimo impegno. Grazie per le sue cortesi osservazioni circa il forum per l’Europa. Non si tratta di un ente governativo: rappresenta tutte le organizzazioni del paese e sta dando enormi risultati. Ci rende un grandissimo onore venendo a visitarlo.

Spiegare l’Europa ai cittadini resta probabilmente la nostra sfida più grande, a livello sia europeo che nazionale. Pertanto, signor Presidente, accolgo e attendo con particolare favore questa discussione con lei nei giorni a venire. Visiterà un paese che ha tratto enormi benefici dall’adesione all’Unione europea. Emergono alcuni dati fondamentali: al momento dell’adesione all’Europa nel 1973, la nostra ricchezza nazionale era pari solo al 60 per cento rispetto alla media europea di quel periodo. Persino dopo l’adesione, eravamo afflitti dall’emigrazione, dalla disoccupazione, da un alto tasso d’inflazione e da un debito in crescita esponenziale. Negli ultimi anni tale tetra situazione si è completamente ribaltata.

In tutto questo il ruolo dell’Unione europea è stato essenziale. L’Europa ci ha fornito un’assistenza preziosissima in un momento critico del nostro sviluppo nazionale. L’espressione “il futuro dell’Europa”, come molte altre, è entrata a far parte del nostro gergo. Ripensiamo però per un attimo a ciò che queste parole, “il futuro dell’Europa”, significano davvero, per noi e per il resto del mondo.

Per i cittadini europei, nell’approssimarsi del cinquantesimo anniversario del Trattato di Roma, significano consolidare e sviluppare la nostra straordinaria Unione – un’Unione che ha riportato un tale successo che ora molti lo danno per scontato. In un mondo che conosce tanta incertezza, oppressione, miseria e violenza, l’Unione rappresenta una base di prosperità, stabilità e radicata democrazia.

La vera e propria essenza dell’Unione europea – questa potente miscela di pragmatismo, pazienza e prospettive ambiziose – è stata colta da Robert Schuman quando osservò: “L’Europa non potrà farsi in una volta sola, né sarà costruita tutta insieme, essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”.

La nostra Unione non è né dovrà mai diventare isolazionista. Dal 1° gennaio, con l’acclamata adesione di Bulgaria e Romania, saremo un’Unione di 27 Stati. Resteremo aperti a ulteriori allargamenti in accordo con gli impegni presi, le nostre responsabilità e i nostri principi.

Abbiamo inoltre crescenti responsabilità nei confronti della più ampia comunità internazionale. Di fatto è paradossale che, in un momento in cui sembriamo incerti al nostro interno circa la direzione precisa che il futuro sviluppo dell’Unione deve imboccare, il nostro ruolo esterno non sia mai stato più importante né più chiaro. Il mondo esterno guarda sempre più all’Europa in cerca di leadership e sostegno e per promuovere i nostri valori.

I padri fondatori dell’Europa sarebbero orgogliosi di vedere l’Europa di oggi – ciò che siamo e ciò che portiamo nel mondo. Insisterebbero tuttavia affinché prendessimo come punto di riferimento non da dove veniamo, ma piuttosto dove dobbiamo ancora arrivare.

Oggi l’Europa ha di fronte una serie di sfide più vasta che mai, tra cui la globalizzazione, il cambiamento tecnologico, l’immigrazione, la sicurezza energetica e il terrorismo. Tali sfide non sono il frutto dell’immaginazione di Bruxelles o Strasburgo: sono diventati importanti punti all’ordine del giorno nell’Unione perché sono questioni molto concrete e perché riguardano da vicino tutti i cittadini. La sfida non va solo raccolta, ma anche affrontata in modo da rassicurare i cittadini e rispondere alle loro ansie e aspirazioni.

Nell’affrontare tali questioni, l’Unione segue giustamente due ampie strade parallele. Per entrambe, il ruolo del Parlamento europeo sarà cruciale. Da un lato, continuiamo a riflettere sulla questione del Trattato costituzionale, su cui ritorneremo il prossimo giugno sulla base di una relazione da parte del Cancelliere Merkel. Dall’altro lato, cerchiamo di affrontare i problemi dei cittadini in modo pratico nell’ambito dei Trattati esistenti. Entrambe le strade sono essenziali. Non possiamo rinunciare a progressi pratici, né possiamo ignorare l’esigenza di dare all’Unione una base coerente ed efficace per affrontare le sfide del nuovo secolo.

Il Trattato costituzionale è progettato per fornire la base davvero necessaria per compiere progressi concreti e tali progressi, per i quali ci impegniamo strenuamente, continueranno a contribuire alla creazione di un contesto positivo per la definizione di un accordo sulle questioni istituzionali urgenti. Vorrei affrontare queste due questioni correlate una dopo l’altra.

Nessuno può prevedere con certezza che cosa riserva il futuro per quanto riguarda il Trattato costituzionale. Senza dubbio non vi sono risposte facili. Vorrei tuttavia illustrarvi brevemente le mie riflessioni e attendo davvero con ansia di sentire le vostre opinioni nel corso della discussione di questo pomeriggio.

Un buon punto di partenza per tentare una valutazione di ciò che ci aspetta è spesso riflettere brevemente sul perché e sul come siamo giunti dove ci troviamo oggi. La storia è importante perché ci può aiutare a compiere scelte assennate per il futuro. Poiché la Presidenza irlandese ha avuto il privilegio di condurre a termine i negoziati della Conferenza intergovernativa, sono particolarmente consapevole dei processi che hanno reso possibile tale accordo. Perciò vorrei innanzi tutto richiamare quelle che paiono tre realtà fondamentali rispetto alla situazione cui siamo giunti.

Innanzi tutto è importante ricordare che il Trattato costituzionale è stato concordato perché era necessario. L’esigenza di disposizioni sostanziali è cresciuta e non diminuita. Occorre che una politica esterna più coerente risponda alle nostre crescenti responsabilità internazionali. Abbiamo bisogno di disposizioni acute, equilibrate ed efficaci nell’ambito della giustizia e degli affari interni al fine d’intensificare la lotta alla criminalità. Abbiamo bisogno di procedure più aperte, comprensibili, democratiche ed efficaci, che prevedano anche un ruolo significativamente potenziato per il Parlamento europeo. Abbiamo bisogno di tali principi e valori.

A parte questi elementi specifici del Trattato costituzionale, inoltre, ne abbiamo bisogno perché la stabilità, prosperità e coesione a lungo termine dell’Europa sono di fondamentale importanza per i nostri cittadini, nonché per quelli al di là delle nostre frontiere.

In secondo luogo, il processo che ha portato a concordare il Trattato costituzionale è stato lungo, complesso e difficile. La Convenzione ha mostrato un’apertura e risultati senza precedenti. Il Parlamento europeo è stato molto influente in seno alla Convenzione, che ha altresì tratto grandi vantaggi dalla partecipazione diretta dei parlamenti nazionali. La successiva Conferenza intergovernativa ha visto intensi negoziati bilaterali e collettivi in cui si è tenuto conto con grande attenzione delle opinioni di ciascuno Stato membro, come pure di Commissione e Parlamento. Il processo che ha condotto all’accordo è stato ampio ed esteso. Ho visitato ogni capitale, come il Presidente ha avuto la cortesia di ricordare, e tutti sono stati ascoltati e hanno contribuito a conseguire il risultato.

In terzo luogo, i partecipanti alla fine sono stati in grado di accogliere l’esito dei negoziati perché vi hanno riconosciuto un pacchetto equilibrato nel complesso. Le disposizioni istituzionali in particolare sono state poste in stretta correlazione e formavano un tutto unico.

Le difficoltà di avanzamento del Trattato costituzionale sono notevoli, ma tutte le analisi delle necessità dell’Europa, di come siamo giunti dove siamo oggi e delle alternative mi convincono che l’opzione giusta e realistica è ritornare, al momento opportuno, alla sostanza e all’equilibrio del Trattato costituzionale. A quanto mi è dato di comprendere, questa è anche l’opinione del Parlamento.

Andando avanti, dobbiamo assicurare una base integrante per il futuro, in cui si tenga conto dei problemi e dei punti di vista di tutti, comprese le legittime preoccupazioni espresse dai cittadini in molti Stati membri.

Il Cancelliere Merkel terrà attente consultazioni con ciascuno Stato membro e con le Istituzioni. Senza dubbio la sua relazione in seno al Consiglio europeo di giugno avrà una base solida e ben ponderata. A questo punto vorrei però illustrare quattro riflessioni.

Innanzi tutto dobbiamo continuare a lavorare al fine di cambiare il contesto in cui ci ritroveremo a considerare il Trattato costituzionale, il che significa continuare a occuparci, con tutta l’efficienza possibile, dei problemi dei cittadini per questioni che vanno dall’occupazione alle tariffe dei telefoni cellulari, dall’allargamento alla lotta alla criminalità. Questo è ciò che voi, rappresentanti dei cittadini d’Europa eletti a suffragio diretto, fate in modo tanto efficace ogni settimana.

In secondo luogo, il cinquantesimo anniversario del Trattato di Roma del prossimo marzo offre un’importante occasione di evidenziare agli occhi dei cittadini i risultati conseguiti dall’Unione e il suo potenziale. Una dichiarazione concisa, condivisa ed eloquente in tale occasione, resa a nome di Consiglio, Commissione e Parlamento europeo, potrebbe rappresentare un elemento molto positivo per la creazione di un nuovo contesto per un più ampio dibattito costituzionale e forse anche per affrontare alcune delle questioni concrete sollevate nel corso dei dibattiti nazionali sul Trattato costituzionale.

In terzo luogo, come nel caso delle precedenti occasioni in cui i Trattati europei hanno incontrato difficoltà a livello nazionale, si potrebbero introdurre elementi supplementari per affrontare i problemi che si sono presentati. In questo modo si potrebbero arricchire, non porre a rischio, i contenuti e l’equilibrio del Trattato.

In quarto luogo, la presentazione, la lunghezza e, sotto alcuni aspetti, la natura del Trattato costituzionale potrebbero altresì venire modificati in modo significativo senza inficiarne i contenuti e l’equilibrio di base. A titolo di esempio, si potrebbe spiegare con maggior chiarezza che l’oggetto della discussione è un Trattato che, per molti aspetti, in sostanza modifica e non sostituisce i Trattati esistenti.

Per quanto concerne il governo irlandese, rinnoviamo con decisione ed entusiasmo l’impegno a indire, non appena la situazione sarà chiarita del tutto, un referendum sui contenuti del Trattato costituzionale. Tale trattato resta importante per l’Europa, per i cittadini e per coloro che contano sui nostri valori.

Come ho affermato in apertura, è essenziale che l’Europa segua anche la seconda strada che abbiamo tracciato, che si occupi cioè, nel miglior modo possibile nell’ambito dei Trattati esistenti, delle priorità dei cittadini. Reputo importante mantenere in linea di massima la distinzione tra le due strade. Dobbiamo diffidare dell’applicazione selettiva anticipata di elementi che fanno parte dell’equilibrio interno del Trattato costituzionale.

Evitiamo un pessimismo fuori luogo in merito ai progressi pratici ottenuti finora. L’economia europea sta acquisendo forza. Un numero maggiore di persone ha un lavoro. Un allargamento di proporzioni storiche, che non molto tempo fa sembrava inimmaginabile, si è radicato e ha notevolmente arricchito la nostra Unione.

Tuttavia non siamo qui, a livello europeo o nazionale, per rallegrarci dei nostri successi. La squadra di calcio che funziona non è quella che si concentra sulla stanza dei trofei, ma è quella che pensa alle partite a venire.

Basta guardare l’agenda di una qualsiasi delle vostre tornate parlamentari per rendersi conto della portata e dell’intensità delle sfide che abbiamo di fronte. Il tempo m’impone di affrontare quelle che appaiono le questioni strategiche fondamentali. Vorrei parlare brevemente di cinque tra tali sfide.

Innanzi tutto vi è la sfida della competitività, che presenta molte dimensioni europee importanti: legiferare meglio, una politica della concorrenza forte e adeguata, ricerca e sviluppo, eliminazione delle barriere nel mercato interno e, forse, soprattutto innovazione, alla quale il previsto Istituto europeo di tecnologia può dare un contributo importante. Dobbiamo mirare ad attirare investimenti in Europa. Ho ribadito più e più volte ai miei colleghi in seno al Consiglio europeo e alla Commissione che l’Europa è sempre più in concorrenza non al proprio interno, ma con altre parti del mondo, soprattutto l’Asia. La realtà di tale concorrenza deve rendere prioritari e orientare lo sviluppo e l’attuazione delle politiche a livello europeo.

Quale secondo obiettivo strategico, dobbiamo assicurare che l’obiettivo della competitività non ponga a rischio il modello sociale europeo e che competitività e inclusione sociale siano partner e non rivali. Questo è il principio fondamentale alla base del nostro sistema nazionale di partenariato sociale. La nostra esperienza di dialogo sociale esteso e approfondito ha dato come risultato 18 anni consecutivi di crescita economica, una migliore qualità della vita e maggiore inclusione sociale. Il nostro approccio a livello europeo, attraverso la legislazione ove appropriato, deve riflettere il principio che le politiche economiche e sociali possono e devono rafforzarsi reciprocamente. Dobbiamo soprattutto fare in modo che solidarietà e opportunità siano al centro dell’Unione e possano guidare il futuro dell’Europa. La prova della credibilità europea oggi si basa sulla capacità di creare politiche per accrescere la solidarietà all’interno dell’Unione europea e offrire opportunità a tutti i cittadini.

Inoltre, credo fermamente che si debba dare maggior consistenza al dialogo sociale a livello europeo. A livello sia europeo che nazionale, dobbiamo coinvolgere le parti sociali, e in particolare i sindacati, in un effettivo dibattito sulle riforme del modello sociale europeo e sulla modernizzazione dei mercati del lavoro.

La terza sfida strategica consiste nell’affrontare gli aspetti negativi della globalizzazione, tra cui la criminalità transfrontaliera, il traffico di esseri umani, l’immigrazione clandestina e la piaga delle droghe illegali che rovinano tante esistenze. Sappiamo che l’inquinamento rischia di innescare un disastroso cambiamento climatico. Naturalmente, in molti di tali settori la responsabilità ricade in prevalenza sugli Stati membri. Tuttavia, fintanto che il clima e i criminali non si fermano alle frontiere tra i paesi dell’Unione, dobbiamo lavorare insieme per assicurare ogni possibile azione a livello europeo.

In quarto luogo, l’Europa deve svolgere appieno il proprio ruolo in tutte le sfere delle sue competenze esterne. Non mi soffermerò oltre su questo punto perché ho già posto l’accento nella mia introduzione sulla crescente importanza del ruolo che l’Unione ricopre e che il mondo si aspetta che ricopra sulla scena internazionale. Senza dubbio è fondamentale che l’Europa venga finanziata in modo adeguato, anche nell’area della PESC, per affrontare le crescenti responsabilità nei Balcani occidentali, nel più ampio raggio dei paesi vicini e ancor più lontano, soprattutto nei confronti dei più poveri che necessitano del nostro sostegno; l’Europa deve proseguire i propri sforzi per poter rappresentare per loro un’amica speciale.

La quinta, e forse la maggiore sfida strategica, come sono certo converrete, è quella di migliorare i contatti tra l’Europa e i cittadini. Senza dubbio questa sfida non è avulsa dalle altre. Possiamo comunicare un messaggio positivo solo se ne abbiamo uno da trasmettere. Dobbiamo però dimostrare chiaramente che l’Europa fa parte della soluzione alla globalizzazione, non del problema. Dobbiamo dimostrare che il modello sociale europeo resta al centro dell’accresciuta competitività. I cittadini non devono solo essere sicuri, ma anche sentirsi tali. Dobbiamo agire, ma anche spiegare ciò che l’Europa sta facendo e può fare per dare sicurezza ai cittadini. Dobbiamo trasmettere con molta più efficacia ai cittadini il messaggio che, mediante le politiche esterne, promuoviamo in misura crescente ed efficace i loro interessi, le priorità e i valori. Riconosco senza riserve che gran parte della responsabilità di spiegare l’Europa in modo accurato ed equo ricade a livello nazionale. Senza dubbio si tratta di una priorità per il mio governo.

Il rispetto della diversità può svolgere una parte particolarmente importante nel progetto di mettere in contatto l’Europa con i cittadini. Grazie, signor Presidente, per aver annunciato che oggi è il primo giorno in cui si utilizza la mia lingua in questa sede, e che dal 1° gennaio 2007 l’irlandese diventerà la ventunesima lingua dell’Unione europea.

(GA) Nulla potrebbe illustrare meglio il rispetto che l’Europa nutre nei confronti del carattere individuale degli Stati membri della migliore condizione di cui godrà l’irlandese dal 1° gennaio. L’Irlanda è molto grata al Parlamento per il sostegno prestato all’introduzione delle nuove disposizioni.

(EN) In conclusione, vorrei dire che non dobbiamo perdere di vista il fatto che, nel cuore dell’Europa, quando è stata fondata cinquant’anni fa, vi era la ferma intenzione di portare la pace “tra popoli per lungo tempo avversi per divisioni sanguinose”, come recitava il primo Trattato. L’Unione ha ottenuto risultati strepitosi in tal senso all’interno delle proprie frontiere. L’Unione è anche un importante fattore di stabilità al di là delle nostre frontiere.

Vorrei rendere omaggio in particolare al ruolo cruciale che l’Unione europea ha svolto per quanto riguarda il processo di pace in Irlanda del Nord. L’Unione ha offerto non solo un generoso sostegno economico, ma anche un contesto e un esempio. Oggi vorrei esprimervi il profondo apprezzamento degli irlandesi per il sostegno prezioso, sistematico e ininterrotto che il Parlamento ha dato alla pace sull’isola d’Irlanda.

Nella seconda metà del XXI secolo, un’altra generazione di europei convivrà con le conseguenze delle decisioni che prendiamo. Mi auguro che, quando ripenseranno alla nostra generazione di europei, possano giungere alla conclusione che abbiamo avuto la fantasia, il coraggio e l’intelligenza di consolidare questa Unione unica e di offrire una base solida, ampia e condivisa per portarne avanti le conquiste.

E’ un onore essere qui, signor Presidente, e la ringrazio.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – Molte grazie, Taoiseach Ahern.

Ora vi saranno gli interventi a nome dei gruppi. Prima di dare la parola ai deputati, vorrei sottolineare che due di loro, gli onorevoli Schulz e Watson, oggi sono stati rieletti presidenti dei rispettivi gruppi politici, e vorrei pertanto congratularmi con loro.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Hans-Gert Poettering, a nome del gruppo PPE-DE.(DE) Signor Presidente, signor Primo Ministro, onorevoli colleghi, è meraviglioso, signor Presidente, come ci scambiamo complimenti. Anch’io ero sul punto di esprimere le mie congratulazioni, ma innanzi tutto vorrei congratularmi con lei per essere stato nominato ieri, da European Voice, eurodeputato dell’anno 2006; complimenti! Vorrei inoltre congratularmi con gli onorevoli Schulz e Watson per la loro rielezione; essendo io stesso capogruppo, senz’altro so quanto questo sia importante per loro. Ho udito poc’anzi che anche l’onorevole Cohn-Bendit è stato rieletto, e presumo che così sia stato anche per l’onorevole Frassoni, e pertanto mi congratulo vivamente anche con loro.

(Applausi)

E’ sempre un’esperienza piacevole per un capogruppo veder rinnovato il proprio mandato di altri due anni e mezzo; al momento non posso prevedere il mio destino, ma a maggior ragione mi rallegro della rielezione delle mie controparti.

Nelle sue parole, signor Primo Ministro, sentiamo la bella voce europea dell’Irlanda, e ciò che lei ha detto, lo ha detto non solo perché l’Irlanda ha avuto tanti benefici dall’Unione europea, ma da europeo convinto, e questa è da sempre l’esperienza positiva riscontrata con l’Irlanda. Che al potere vi sia la sua famiglia politica o la nostra – l’ultimo dei Primi Ministri irlandesi proveniente dalla nostra famiglia è stato John Bruton, che ora è Ambasciatore a Washington – il profondo impegno dell’Irlanda per l’integrazione europea è evidente, e il suo discorso odierno ne ha dato prova ancora una volta. Ci rallegriamo e siamo lieti della sua presenza oggi.

Ora dobbiamo pensare al futuro dell’Europa, e il Primo Ministro Ahern ha parlato del 25 marzo, che segna i 50 anni dei Trattati di Roma. Considero la dichiarazione di Berlino – dichiarazione congiunta di Consiglio, Parlamento europeo e Commissione – una buona occasione per dire ai cittadini comunitari che noi, Istituzioni europee – seppure le nostre opinioni possano divergere in merito a una questione o a un’altra – siamo uniti nella ferma intenzione di condurre l’Unione europea verso un futuro brillante. Se riuscissimo a ottenere questo risultato a Berlino, avremmo fissato un importante punto di riferimento politico e psicologico per il Vertice di fine giugno, nel corso del quale occorre innanzi tutto prendere una decisione sui passi successivi in merito al Trattato costituzionale e, in secondo luogo, sul mandato da affidare alla Conferenza che dovrà prendere in esame la questione. A nome del nostro gruppo, e in particolare dell’elemento del PPE al suo interno, posso dire che senza dubbio insistiamo affinché l’Assemblea partecipi a un’eventuale Conferenza di questo tipo – in modo efficace, influente ed efficiente – e chiediamo, signor Primo Ministro, il suo sostegno al riguardo.

Ci auguriamo che il progetto proceda a fine giugno e che potremo decidere, sotto la Presidenza portoghese e slovena, il destino del Trattato costituzionale. Vorrei mettere bene in chiaro, a nome del nostro gruppo, e in particolare dell’elemento del PPE al suo interno, che non vogliamo ricominciare da capo – sarebbe del tutto sbagliato parlare di “nuovi negoziati” – ma che desideriamo mantenere il più possibile dei contenuti del Trattato costituzionale, soprattutto per quanto riguarda le riforme della prima parte e la sezione in merito ai valori espressi dalla Carta. Una delle ragioni al riguardo è che siamo convinti che tali valori sono necessari. L’Unione europea non ha futuro se non si fonda su valori.

Un’altra considerazione è che dobbiamo dotare l’Unione europea degli strumenti per affrontare le sfide che ha di fronte, non solo nelle politiche interne, ma anche nei suoi rapporti con il mondo esterno. Dobbiamo corroborare e rafforzare l’Unione europea per renderla più democratica, più efficiente e trasparente. Lei ha dichiarato la sua fede in queste idee, e di questo le siamo grati. Se percorreremo insieme questa via, godremo insieme dei risultati.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – Grazie per il suo tempo, onorevole Poettering. Quando mi sono congratulato con gli onorevoli Schulz e Watson, non sapevo ancora che anche gli onorevoli Cohn-Bendit e Frassoni erano stati eletti copresidenti dei loro gruppi; anche a loro vanno le mie sincere congratulazioni.

 
  
MPphoto
 
 

  Martin Schulz, a nome del gruppo PSE.(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vi ringrazio per le congratulazioni; vorrei a mia volta complimentarmi con tutti gli eletti, indipendentemente dal gruppo, ma per il momento mi concentrerò sul discorso del Presidente Ahern.

Reputo positivo che il Primo Ministro Ahern sia venuto qui in Aula; gli sono grato per la sua presenza, perché a dire il vero non è la cosa più ovvia. Non tutti i suoi colleghi del Consiglio europeo riescono a trovare il coraggio di venire in questa sede ad affermare la propria fede nell’Europa. Vorrei mettere in chiaro che a mio avviso i capi di Stato che sostengono pubblicamente il progetto europeo sono degni di merito se si presentano in Aula a dire che, nonostante tutte le difficoltà, sono a favore dell’Europa.

(Applausi)

Sono infatti fin troppi quelli tra le loro fila che si presentano qui senza far sentire la propria presenza, che evitano l’Assemblea e forse fanno tappa solo per prendere denaro da un fondo o da un altro da riportare a casa, dove diranno che l’Europa è il problema! Troppi sono fatti di questa pasta. Noi abbiamo bisogno di uomini e donne che occupino posizioni di comando in Europa – sia negli Stati membri che in seno alle Istituzioni europee – e che affermino apertamente il proprio impegno per questo progetto. Per questo, Presidente Ahern, devo innanzi tutto ringraziarla della sua presenza.

Vorrei esporre un secondo commento sui contenuti del suo discorso. Si può dire di sì assolutamente a tutto ciò che ha detto, signor Primo Ministro; le cinque priorità che ha delineato, la convinzione che l’Irlanda sia favorevole alla Costituzione in linea di principio, il suo desiderio di mantenere ciò su cui essa è incentrata, il suo monito a non discostarcene, perché il suo contenuto essenziale è il fondamento del futuro dell’Europa, tutto questo è meraviglioso. Ciò che manca, però, è la ratifica irlandese al riguardo. Perciò la invito a prendere coraggio e provvedervi; sarebbe la ciliegina sulla torta del suo discorso odierno.

Non vorrei tuttavia chiederle troppo, perché almeno ha compiuto il giusto passo nella direzione giusta, e anche se l’Irlanda dovesse provvedere a un’immediata ratifica, questo non ci porterebbe molto avanti; in ogni caso, però, diciannove Stati su ventisette avrebbero ratificato il Trattato, e il fatto che diciotto l’abbiano già fatto significa che possiamo e dobbiamo prendere atto che la maggioranza degli Stati membri dell’Unione europea approvano ciò che è presente nella Costituzione, mentre quelli che l’avversano sono in minoranza. A mio parere è lecito affermare che è questa minoranza a dover cedere. Non è accettabile che noi discutiamo del futuro dell’Europa, mentre coloro che hanno detto “no” pensano che non li riguardi; perciò gli olandesi, nonché i francesi, dovranno mettersi al passo in un futuro processo sulla base di un documento cui la stragrande maggioranza degli Stati membri ha detto “sì”!

Credo che, se non ci allontaneremo troppo da questo documento, se davvero potremo mantenere ciò che contiene, salveremo il Presidente della Commissione dal dover correre di qua e di là come un rabdomante in cerca di portafogli per i suoi Commissari. Se vi occorre la dimostrazione che Nizza non funziona e che abbiamo una pressante necessità della Costituzione, con quello che si vede con i Commissari da Bulgaria e Romania l’avete trovata.

Molte grazie, dunque, Presidente Ahern; nell’avvicinarci a una Costituzione rinnovata, abbiamo bisogno di lei, e la ringraziamo per il suo discorso incoraggiante.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Graham Watson, a nome del gruppo ALDE.(EN) Signor Presidente, come ha rivelato la ricerca del Commissario Wallström, presentata a una delle nostre commissioni la scorsa settimana, la crisi della comunicazione in seno all’Unione europea è almeno pari alla crisi costituzionale. Rischiamo di perdere in modo lento ma inesorabile la fiducia dei cittadini avendo fallito collettivamente nel risolvere i loro problemi e non essendo stati in grado di formulare una risposta coerente e accettabile.

Tali problemi sono molti e variegati, ma a mio avviso sono incentrati sulle risposte alle sfide del mondo in cui viviamo. Assistiamo a una rapida crescita della popolazione mondiale, malgrado il calo demografico sui nostri territori, e a un’iniqua suddivisione dei frutti del nostro lavoro o dei benefici della modernità. Di conseguenza, molto manifestano il loro dissenso. Stiamo creando un’economia globale senza plasmare un contratto sociale mondiale corrispondente. Abbiamo di fronte una sfida immane, come ha accennato il Primo Ministro, da parte della criminalità organizzata internazionale, in cui alcune bande criminali sono più potenti di taluni governi nazionali. Tuttavia l’Unione sembra più orientata a risolvere i problemi di ieri piuttosto che quelli di oggi o di domani.

Gli strumenti per risolvere tali problemi sono a nostra disposizione nella PESC e in una politica per la giustizia e gli affari interni, ma giacciono inutilizzati. L’ironia è che la Costituzione emersa dalla Convenzione probabilmente rispondeva alla maggior parte delle preoccupazioni dei suoi detrattori. Purtroppo la classe politica europea non è riuscita a spiegarlo, cosa di cui siamo tutti responsabili. Abbiamo lasciato il campo libero ai detrattori della Costituzione e tuttora vi sono scarsi segni che la Francia avrà un dibattito più sereno o informato circa il proprio ruolo in Europa nella corsa alle elezioni del prossimo maggio, o che i Paesi Bassi, usciti dalle elezioni la scorsa settimana, abbiano davvero aperto la mente. Sarebbe troppo semplice concludere che la vittoria dei partiti antieuropei è la conferma che abbiamo sbagliato, ma occorre che i Primi Ministri dei due paesi vengano a spiegarci come pensano di andare avanti. In Polonia prevale il rifiuto, mentre dall’altra sponda della Manica un misterioso silenzio riflette sollievo e imbarazzo in misura pressoché identica.

Mi auguro che i tedeschi riescano a rilanciare la discussione. Accolgo con favore la determinazione di Angela Merkel al riguardo, ma sospetto che le sarà estremamente arduo riuscirvi entro il semestre di Presidenza tedesca. E’ a questo proposito che l’Irlanda può avere una parte così importante, signor Primo Ministro, non solo per via del ruolo svolto in seno alla Convenzione, o dell’esperienza di un referendum negativo, ma per via del ruolo dell’Irlanda nella ricerca di ciò che lei ha definito un ritorno all’equilibrio e ai contenuti del Trattato costituzionale, e nella collaborazione con Portogallo e Slovenia. Si dedichi a formare una coalizione di piccoli paesi consci dell’importanza di rispondere alle sfide della globalizzazione. Cerchi di istituire una coalizione di forze politiche che, in risposta alle sfide della globalizzazione, riconoscano che dobbiamo mantenere i contatti anziché tagliare i ponti.

Dobbiamo dimostrare ai cittadini che l’Unione europea può lavorare alla politica energetica, a questioni quali le tariffe di roaming per i cellulari e soprattutto in materia di giustizia e affari interni. Possiamo farlo con gli attuali Trattati mediante la clausola passerella.

Secondo qualunque parametro oggettivo l’Unione è un grande successo. Perciò pensate meno a cambiare la Costituzione e più a fomentare il coraggio collettivo di mettersi a convincere le persone del perché è necessaria.

 
  
MPphoto
 
 

  Johannes Voggenhuber, a nome del gruppo Verts/ALE.(DE) Signor Presidente, Primo Ministro Ahern, la rielezione mette di buon umore; forse per questo il mio gruppo mi ha chiesto di parlare oggi, in modo che non sia un capogruppo mite.

Signor Primo Ministro, le do senz’altro un caloroso benvenuto a nome del mio gruppo e la ringrazio di essere venuto. Come ha detto, nessuno sa che cosa il futuro abbia in serbo per il Trattato costituzionale. Devo ammettere che sarei più contento se sapessi di preciso che cosa hanno in serbo i governi; un anno e mezzo di pausa per riflettere e pensare, un anno e mezzo, già prorogati di un anno, e che ne è stato? Non vedo né sento nessuno che pensa, e nessuno ci parla, anche se oggi lei lo ha fatto, ed è uno dei pochi. Forse torneremo sulle sue proposte, ma che cosa – nell’arco di questi 18 mesi – si è effettivamente pensato o chiarito? I grandi e i buoni non chiedono che cosa c’è dietro la crisi, non vogliono conoscere le motivazioni di coloro che, in Francia e nei Paesi Bassi, hanno detto “no”, né le aspettative deluse dei cittadini, né sapere perché il pubblico è stato deluso in modo tanto sistematico. Non chiedono neppure nuove vie per andare avanti, nuove vie d’uscita da questa crisi. Dov’è, infatti, che ci si dà pensiero al riguardo? Non vedo molti motivi veri e propri di speranza in un nuovo inizio durante il semestre di Presidenza tedesca del Consiglio.

Sono un osservatore della vicenda dalle sue prime battute. A creare questo processo costituente non sono stati né la perspicacia né l’idealismo; né i capi di governo hanno avuto l’intuizione d’intraprenderlo. Ciò che l’ha originato è stato il deplorevole fatto che Amsterdam è stata un fallimento, Nizza un disastro completo, che vi era un’imponente crisi di fiducia tra tutti i popoli d’Europa. E’ stato il fatto che l’Unione si trovava con la faccia al muro, il fatto che era, molto semplicemente, impotente.

Poi, naturalmente, vi è stato il duplice no. Bisognerebbe analizzarne i motivi. Ciò che mi lascia esterrefatto è che i politici amano i sondaggi d’opinione, e non ho mai conosciuto nessuno che si astenesse dal citarne uno positivo. L’eurobarometro ha condotto sondaggi molto ampi e validi in seguito ai voti francese e olandese in merito alle loro ragioni e alle aspettative dei cittadini. Non intendo parlare delle persone che hanno votato “sì” in quelli che ora sono 18 Stati membri con una massiccia maggioranza dei cittadini e degli Stati d’Europa, ma del 62 per cento degli olandesi e del 65 per cento dei francesi che hanno detto “no”. Ebbene, hanno anche detto: “Sì, vogliamo una Costituzione europea; vogliamo che sia rivista”, e hanno persino detto quello che volevano ottenere in tal modo, ossia maggiori poteri all’Unione in ambito sociale. Non ho mai sentito di un esponente di un governo che vi riflettesse sopra.

Ciò che ha detto oggi mi lascia alquanto sorpreso. In sostanza, ciò che dice è riconducibile a due proposte familiari: un Trattato al posto di una Costituzione. Devo dirle, signor Primo Ministro, che sono stati solo i governi, e non i cittadini d’Europa, a essere irritati dall’idea che questa comunità politica venisse dotata di una Costituzione. Forzare le politiche reali come lei propone non funzionerà, proprio per via della crisi di fiducia in Europa, di questa crisi della democrazia europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Gabriele Zimmer, a nome del gruppo GUE/NGL.(DE) Signor Presidente, Primo Ministro Ahern, è con una certa emozione che ho ascoltato il suo discorso. Credo che abbiamo raggiunto un punto che si potrebbe definire con facilità “punto di non ritorno” se continuiamo a lavorare basandoci sul presupposto che la situazione resti immutata.

Mentre il Primo Ministro Ahern ha detto con estrema chiarezza che il futuro dell’Europa dipende da ciò che succederà al Trattato costituzionale per l’Unione europea, questo tuttavia presuppone che ci debba essere un processo di discussione a lungo termine con i cittadini di tale Unione. Vi sono più motivi di quelli già – ripetutamente – addotti per cui i cittadini temono che l’Unione europea non sarà in grado di offrire loro un futuro.

Non penso che il testo presentato offra alcuna risposta a una dicotomia che viene, ahimè, troppo spesso messa da parte, perché, pur avendo definito la ricchezza portata all’interno di questa nostra Unione europea grazie a persone e nazioni di ogni genere – cioè alle loro diverse identità culturali – non siamo tuttavia riusciti a definire ciò che, insieme, intendiamo fare di tutta questa ricchezza. Un conto è chiedere ciò che portiamo con noi, ma valutare ciò che ne dobbiamo fare, come ne possa derivare un’identità politica condivisa, è un processo che non può essere considerato secondario e certo non può essere condotto ripetendo ai cittadini le stesse cose più e più volte, il che significa che non hanno ancora capito quali effetti positivi tentiamo di ottenere.

Per questo motivo penso che dobbiamo tener conto delle esperienze quotidiane dei cittadini dell’Unione europea e creare vere politiche che abbiano una relazione con il loro futuro e il loro presente, sulla scorta delle esperienze stesse. Questo vale in particolare per quanto riguarda la questione di un’Unione europea sociale, che è stato decisamente criminoso trascurare fino a questo momento. Di fatto non vi è motivo di discutere di questo e di quello mentre i cittadini sperimentano l’esatto opposto, come abbiamo visto dalla discussione a Bruxelles circa i lavoratori di Volkswagen, nonché in varie altre aree. Il fatto deplorevole è che, nelle vite quotidiane di molti, la presenza dell’Unione europea è percepita sotto forma di una minore sicurezza lavorativa e sociale, il che non porterà i cittadini a impegnarsi in questi processi e ad affermare la propria fiducia nei loro confronti, anche se questo è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno. Penso che dobbiamo discutere di più di come creare le condizioni in cui le identità culturali possano evolvere in identità politiche condivise e in un’identità civile per l’Unione europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Brian Crowley, a nome del gruppo UEN.(GA) Signor Presidente, è un grande onore per me dare oggi un caloroso benvenuto al Taoiseach in seno al Parlamento europeo. Questa visita dimostra la sua comprensione dell’importante lavoro svolto dall’Assemblea e della necessità per l’Unione europea di trovare una soluzione alle difficoltà costituzionali che sta attraversando in questo momento.

(EN) Vi sono crescenti problemi all’interno dell’Unione europea, non solo per quanto riguarda la Costituzione, ma anche, come hanno accennato altri colleghi, relativamente alla globalizzazione, allo sviluppo economico e alla PESC. Il Taoiseach ci ha proposto una grande prospettiva quest’oggi, non solo con le sue parole, ma anche grazie all’esperienza che porta con sé. In quasi dieci anni in seno al Consiglio europeo, ha visto passare molti leader, ma ha anche assistito a molte delle crisi di cui in precedenza si pensava che avrebbero distrutto l’Unione europea e ha trovato soluzioni, soprattutto per quanto riguarda l’accordo sul Trattato costituzionale.

Non ha senso esaminare ciò sarebbe o non sarebbe dovuto accadere. Ora tocca agli Stati membri presentare nel periodo di riflessione idee su ciò che si deve portare avanti. Non solo perché abbiamo bisogno di un nuovo Trattato o di una nuova normativa, ma perché dobbiamo continuare a dar prova di lungimiranza a quei paesi lungo le nostre frontiere che aspirano all’adesione all’Unione europea e la considerano un modello di pace, prosperità e stabilità. Penso in particolare ai paesi dei Balcani. Abbiamo dato loro un barlume di speranza che purtroppo, poiché non possiamo più provvedere a un ulteriore allargamento, potrebbe spegnersi proprio quando cominciano a crescere sul piano economico e a fare progressi su quello politico e democratico.

Per quanto concerne la globalizzazione, dobbiamo dedicarci principalmente a migliorare la capacità dell’economia europea di affrontare la situazione del XXI secolo. A tal fine occorrono maggiori investimenti in ricerca e sviluppo, un più largo uso di innovazione e tecnologia e, come devo sottolineare, una maggiore collaborazione tra università e istituti di ricerca nell’Unione europea per il tramite dell’Istituto europeo di tecnologia.

Infine, vorrei dire al Taoiseach che è suo compito di capo di Stato presentare tale prospettiva. Ha parlato del processo di pace in Irlanda del Nord e dell’importanza del ruolo dell’Unione europea al riguardo, non solo dal punto di vista economico e finanziario, ma anche per il modello e la prospettiva che ha offerto.

Dobbiamo trovare una nuova Europa per il XXI secolo, in cui tutti possano far parte della Comunità. Ogni gruppo, tuttavia, deve avere la certezza che la diversità, all’interno dell’Unione europea di oggi, e al di là di essa nel continente europeo, venga rispettata in un processo che miri alla collaborazione e all’accordo collettivo, e non al dominio.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Kathy Sinnott, a nome del gruppo IND/DEM.(EN) Signor Presidente, accolgo con favore la presenza in questa sede del Taoiseach per una seria discussione in merito al futuro dell’Europa, ma, come mi è stato detto una volta mentre chiedevo un’indicazione stradale, io non partirei da qui.

Taoiseach, il suo governo ha coltivato per l’Irlanda l’immagine di una storia a lieto fine, della nazione un tempo povera e ora felice, ma l’Assemblea merita di sapere che cosa vi è dietro questo cosiddetto successo. Come gli irlandesi ben sanno, l’Irlanda ora è aperta agli scambi, ma chiusa verso le persone. Spendiamo con liberalità per essere appetibili sul mercato, ma cogliamo ogni occasione per tagliare la spesa sociale.

E’ questa mentalità che ha fatto passare da giorni a mesi i tempi d’attesa per trattamenti ospedalieri essenziali. Ha anche fatto sì che famiglie di bambini con disabilità venissero maltrattate, come gli O’Cuanachains, perseguitati proprio quest’anno attraverso i tribunali al costo di milioni invece di ricevere un’istruzione adeguata per il figlio di cinque anni. Questa è altresì la mentalità che rende la nostra Agenzia per la protezione dell’ambiente un fantoccio che approva persino le imprese più inquinanti, per quanto siano dannose per l’ambiente; una mentalità che apre l’Irlanda a industrie tossiche come quelle per l’incenerimento, che gli irlandesi non vogliono.

Pare inoltre che a suo avviso i problemi di salute mentale e di suicidio, che crescono insieme al nostro successo economico, siano un mero disguido e non una tragedia che il paese non ha mai davvero affrontato. Analogamente, vi sono decine di migliaia di assistenti domiciliari non retribuiti che dovremmo sostenere per il prezioso lavoro che svolgono, ma che il suo governo tratta come Oliver Twist che chiede qualcosa di più.

Perché, Taoiseach, il suo governo ha distrutto la nostra industria dello zucchero per un piano comunitario, quando l’agricoltura irlandese lotta per la sopravvivenza e noi abbiamo bisogno di biocarburanti come l’etanolo? Perché il suo governo ha votato a favore della concessione di finanziamenti comunitari alla ricerca che distrugge gli embrioni, quando la nostra gente ha sempre avuto a cuore i cittadini più indifesi?

In conclusione, Taoiseach, perché è venuto qui a proporci una Costituzione morta che gli irlandesi non vogliono? Abbiamo già una Costituzione davvero notevole, per cui uomini e donne irlandesi hanno dato la vita, una Costituzione che ci offre un autentico fondamento per una cooperazione vera e rispettosa con i paesi vicini in Europa. L’Irlanda è un grande paese con persone straordinarie, che senza dubbio meritano di più. Credo che alla fine lo scoprirà, quando sottoporrà a referendum la Costituzione, o comunque deciderà di chiamarla.

 
  
MPphoto
 
 

  James High Allister (NI).(EN) Signor Presidente, a che cosa dobbiamo l’odierna visita del Primo Ministro irlandese? Potrebbe avere una relazione con le imminenti elezioni in Irlanda, per far sì che al ritorno in patria il Primo Ministro Ahern venga visto come uno statista sulla scena europea? La domanda sorge spontanea!

L’ultima occasione in cui è stato in quest’Aula al termine del semestre di Presidenza irlandese del Consiglio, il Primo Ministro Ahern festeggiava la sua supervisione di un accordo tra i capi di governo sulla Costituzione europea. Si è prontamente crogiolato nell’adulazione degli europeisti fanatici in seno all’Assemblea. Per quest’epoca, nel novembre 2006, lui e loro ci avevano assicurato che la Costituzione europea sarebbe stata perfettamente funzionante. Come spesso accade, però, non hanno tenuto conto della componente più importante della politica democratica: l’opinione dei cittadini.

Mentre la Costituzione si è infranta contro il muro del rifiuto in Francia e nei Paesi Bassi, il Primo Ministro Ahern – benché euroentusiasta dichiarato – e il mio governo nel Regno Unito si sono persi d’animo e hanno abbandonato in tutta fretta la prospettiva di dare ai cittadini delle isole britanniche la possibilità di esprimere il proprio verdetto rinviando i referendum, perché ne temevano l’esito. Adesso egli torna a parlarci delle meraviglie dell’integrazione europea e della necessità di ripristinare la Costituzione respinta.

Mi pare un messaggio superato su una Costituzione moribonda proveniente da un uomo che ben presto potrebbe essere giudicato un politico superato dai suoi stessi elettori.

 
  
MPphoto
 
 

  Bertie Ahern, Primo Ministro irlandese. (EN) Signor Presidente, tenterò di affrontare brevemente le questioni sollevate.

Vorrei ringraziare tutti per il loro caloroso benvenuto; non l’ho colto da parte dell’ultimo oratore, ma comunque l’ho ricevuto da tutti gli altri!

(Si ride)

Vorrei ringraziare l’onorevole Poettering per le sue osservazioni. La partecipazione del Parlamento europeo alla Conferenza intergovernativa durante il semestre di Presidenza irlandese è stata estremamente importante e costruttiva. In tale occasione il Parlamento europeo ha dato senza dubbio un grande contributo e senz’altro esso dev’essere coinvolto nella prosecuzione del processo. Penso fosse questa la sua richiesta, per la quale gode di certo del mio sostegno. La ringrazio per i suoi commenti sulla dichiarazione di Berlino. Condivido la sua opinione. Le sue idee sulle riforme della Parte I e sui valori, nonché il concetto di prepararsi alle sfide future sono tutti elementi in merito ai quali concordo senza riserve.

L’onorevole Schulz ha parlato delle cinque priorità fondate sul futuro dell’Europa e del processo di ratifica. L’Irlanda avrebbe preferito che tutti provvedessero contemporaneamente alla ratifica, perché in questo modo si sarebbero risolti molti problemi senza affrontare l’intero dibattito. Dobbiamo ricordare che vi sono 16 o 17 paesi che si sono impegnati a ratificare la Costituzione: la maggioranza dei partiti, in particolare i tre grandi partiti in seno al Parlamento hanno dichiarato apertamente il proprio sostegno al riguardo. Crediamo si debba fare chiarezza. Diversamente da altri paesi, per via della nostra costituzione scritta, qualunque cosa accada dobbiamo sempre tenere un referendum. Non vogliamo solo scrivere belle parole che sappiamo cambieranno perché, qualunque cosa accada, verrà inserita nella nostra costituzione. Dobbiamo avere delle certezze al riguardo, ma senza dubbio i referendum non ci fanno paura.

L’onorevole Watson ha sollevato la questione dei cittadini e del contratto globale. A questo proposito, il problema maggiore è che i paesi devono mostrare il loro sostegno. Ha parlato della coerenza delle questioni di giustizia e affari interni con i Trattati già esistenti, in riferimento a criminalità e PESC. Il modo migliore per dimostrare ai paesi in via di sviluppo il nostro sostegno è l’impegno per l’ODA (aiuto ufficiale allo sviluppo) nell’ambito delle Nazioni Unite. E’ questo che cerco di mettere in pratica, perché si può dire tutto quello che si vuole, ma occorre essere disposti a stanziare denaro al riguardo. Per un paese di piccole dimensioni come il nostro, arrivare allo 0,7 per cento equivale alla modesta cifra di 1,5 miliardi di euro! E’ molto per il nostro bilancio, ma ci stiamo avvicinando rapidamente a tale cifra, e lo facciamo per aiutare non solo i nostri cittadini, ma anche i più poveri in diverse parti del mondo. Concordo che se il Cancelliere Merkel riuscirà a conciliare equilibrio e contenuti, occorreranno emendamenti. Lo accettiamo e possiamo andare avanti.

L’onorevole Voggenhuber ha giustamente affermato che un anno e mezzo di riflessione non ci ha portato molto lontano. Accolgo questa osservazione. Però non siamo nemmeno tornati indietro. Attraversiamo un momento di riflessione e dobbiamo trovare una via per andare avanti. Non tutti saranno d’accordo, ma io e 17 o 18 paesi crediamo nell’equilibrio e nella sostanza del Trattato costituzionale, con qualche emendamento se questo vuol dire andare incontro a Francia e Paesi Bassi, come pensiamo sia giusto fare. In definitiva dovremo farlo e trovare un equilibrio istituzionale, nonché un modo per andare avanti. Non si tratta solo di una questione teorica filoeuropea, ma di rendere corretto il funzionamento dell’Europa per il futuro in modo da poter proseguire sulla strada del progresso ambientale ed economico e della PESC. Per questo motivo abbiamo negoziato un Trattato. Accolgo tuttavia la sua idea: 13 mesi sono tanti, ma vi sono ancora motivi per votare. Dovremo paralare di questi motivi. I motivi per cui abbiamo bisogno di un’Unione che possa continuare ad accogliere nuovi Stati membri – che ora sono 27 e nell’arco di pochi anni diventeranno se possibile 30 – e la nostra nuova politica di prossimità sono stati delineati nei Trattati di Nizza e di Amsterdam. Mancano le modifiche istituzionali e gli equilibri che lo consentano. Quello era l’intero progetto, di cui il Parlamento europeo è stato un sostenitore più di chiunque altro.

L’onorevole Zimmer ha sollevato la questione di un’identità europea comune e del dialogo sociale. Da quando sono entrato nella vita politica con il referendum in Irlanda del 1972, ho sempre creduto che il dialogo sociale fosse assolutamente indispensabile al futuro irlandese. L’Irlanda ci è riuscita e non ha più i tassi di disoccupazione elevati del 17 o 18 per cento che aveva in passato, quando l’emigrazione annua era pari all’intera crescita del mercato del lavoro del paese, quando le esportazioni erano in declino e la crescita economica era negativa, quando non avevamo soldi per i meno abbienti della società. Allora non avevamo dialogo sociale. Conseguire risultati economici e far fronte al programma per la competitività e la politica sociale vanno di pari passo e possono funzionare in armonia, non sono politiche che si escludono a vicenda. Questo accade quando operano insieme.

Con rispetto parlando, non capisco mai bene perché, quando si discute a proposito dell’Europa, ci dimentichiamo sempre di tutti gli aspetti positivi. Questo vale per i membri del Consiglio europeo – accetterei una simile critica – e credo valga per i deputati al Parlamento europeo. Considerate tuttavia i risultati ottenuti grazie alla forza dell’Europa. Considerate il programma per le pari opportunità, quello per la salute e la sicurezza, quello sociale, la mobilità dei lavoratori. Avremmo uno qualsiasi dei programmi che ho menzionato se questa Istituzione non ci fosse stata, se non esistesse l’Europa? Nemmeno per sogno! L’Europa ha fatto tutto questo. Perciò esprimersi a sfavore dei vostri stessi risultati non è mai una buona idea, a mio parere. L’Europa ha ottenuto tutto questo e la possibilità della nostra armonizzazione, di imporre leggi ambientali più severe, di incrementare la cooperazione e di aiutare i paesi meno sviluppati – sono tutte politiche europee che non si sarebbero mai realizzate altrimenti. L’Europa ha ripreso l’Irlanda e altri paesi, ha fatto pressioni, ha multato e perseguito persone. Resta però il fatto che i cittadini hanno tratto benefici in ciascuno di tali ambiti.

Vorrei dire alla mia cara connazionale, onorevole Sinnott, che, se abbiamo una legislazione progressista in materia di disabilità, se esiste un’Agenzia per la protezione dell’ambiente, se abbiamo una politica sanitaria molto più estesa, se siamo in grado di sostenere queste attività, non è perché vi è una qualche differenza tra la costituzione del 1937 – che tiene in gran conto tutti i cittadini e i bambini d’Irlanda in egual misura – e quella che abbiamo oggi. Il motivo è che siamo riusciti a compiere progressi perché l’Europa li ha compiuti. Le reputo questioni importanti.

Sono lieto di vedere l’onorevole Allister in Aula. Il suo partito è progressivamente avanzato. Si è allontanato dal passato, anche se non tutti i suoi membri l’hanno fatto, compreso lo stesso Allister. Tuttavia noi andiamo avanti, facciamo progressi. Affronterò i miei elettori e le faccio gli auguri anche a lei per le elezioni di febbraio.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – Molte grazie. E’ inevitabile che le nostre discussioni abbiano una componente nazionale.

Ora interverranno diversi deputati.

 
  
MPphoto
 
 

  Avril Doyle (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, in qualità di leader della delegazione di Fine Gael in seno al gruppo più numeroso e influente del Parlamento europeo, il gruppo PPE-DE, e a nome dei miei colleghi, onorevoli Coveney, Higgins, McGuinness e Mitchell, sono molto lieta di unirmi al benvenuto rivolto oggi al Taoiseach quale Primo Ministro della nostra stimata Repubblica d’Irlanda (malgrado le voci in senso opposto, corse negli ultimi tempi, inesatte e frutto di una montatura politica).

Siamo irlandesi, Taoiseach, e in quanto tali siamo europei. I nostri avi, i celti, hanno vissuto, prosperato e istituito colonie in tutto il continente europeo, dalle sponde del Mediterraneo alle vette alpine, dalle pianure della Romania alla costa atlantica. Come molti nuovi arrivati recenti nel nostro stesso paese, siamo migrati verso il continente in cerca di riparo dalla guerra, la malattia e la sovrappopolazione, in cerca di opportunità economiche. Nei secoli successivi, vichinghi, sassoni, anglo-normanni, ebrei, inglesi, scozzesi, spagnoli, francesi ugonotti e molte altre etnie sono venute, hanno conosciuto e si sono sposate con i celti. Gli irlandesi di oggi che si vedono in giro in patria, e di fatto anche in quest’Aula oggi, sono il risultato del crogiolo genetico di diversi gruppi etnici europei.

La storia d’Irlanda e quella dell’Europa continentale sono indissolubilmente legate. I monaci irlandesi hanno viaggiato in tutta Europa costruendo monasteri cristiani in luoghi remoti quali l’Islanda e l’Ucraina. I nostri legami culturali e politici con Spagna e Francia sono durati secoli, per tutto il tempo in cui siamo stati sotto la corona britannica. Molti battaglioni irlandesi hanno servito negli eserciti delle grandi potenze europee nel corso degli anni. La nostra stessa costituzione fa riferimento ai prodi alleati in Europa.

Tuttavia, nell’ultimo decennio, per un motivo o per l’altro, una sorta di apatia, d’ignoranza sull’Europa o sul progetto europeo si è insinuata nella società irlandese, nella società europea. L’Europa è stata associata a Bruxelles e, nella prospettiva degli Stati membri, viene vista come un luogo lontano, di scarsa importanza per la vita quotidiana dei cittadini.

Credo che il motivo del progetto europeo sorto dalle ceneri della Seconda guerra mondiale, la sua vera e propria ragion d’essere, non siano mai stati spiegati o compresi completamente. Sì, la classe politica europea, come ha affermato un altro collega, continua a non spiegare il progetto e vuole tutto il merito a livello nazionale anziché riconoscere il ruolo dell’Unione europea.

Solo a partire dall’adesione all’Unione europea l’Irlanda è diventata davvero indipendente. Culturalmente e psicologicamente, l’adesione all’Unione ha ampliato i nostri orizzonti e ci ha spronati a rivolgere lo sguardo verso l’esterno. Il successo irlandese nel lasciarsi alle spalle l’eredità oppressiva del colonialismo e nel costruire nuove relazioni con il Regno Unito, da cui è partito il processo di pace in Irlanda del Nord, va visto come una parte importante della storia europea moderna, in parallelo al fondamentale riavvicinamento tra Francia e Germania.

Ammiro l’adesione e il contributo dell’Irlanda all’Unione. Nel mio paese mi guardo intorno e vedo una società fiduciosa e pluralista ben lontana dall’Irlanda introversa e faziosa in cui i nostri genitori e nonni sono cresciuti. L’Europa ha contribuito a definire il nostro posto nel mondo. Rendo onore alla Presidenza irlandese del Consiglio del Taoiseach e al suo contributo particolare alla conclusione della Convenzione, nonché all’ottimo lavoro che il forum sull’Europa sta svolgendo in patria in questo momento sotto la presidenza di Maurice Hayes.

(GA) Molte grazie a tutti.

 
  
MPphoto
 
 

  Proinsias De Rossa (PSE). (GA) Signor Presidente, do il mio benvenuto al Taoiseach. E’ molto importante che lei, Taoiseach, voglia discutere con noi di questioni pertinenti al futuro dell’Europa. Tutti comprendiamo che la popolazione europea è preoccupata. Non è facile trovare una soluzione ai problemi alla base di tale preoccupazione.

(EN) Accolgo con favore il suo impegno per i contenuti del testo del Trattato costituzionale. Gli Stati membri e il Consiglio, tuttavia, attualmente negano agli europei l’Europa responsabile, democratica e impegnata socialmente che vogliono. Perché, Taoiseach, insieme ad altri capi di governo blocca direttive sociali fondamentali sull’equipaggio dei traghetti, l’orario di lavoro, l’immigrazione e le agenzie di lavoro temporaneo? Ora aiuterà a sbloccarle tutte, nel tentativo di ridare agli europei la fiducia nell’Europa?

La Costituzione non va fatta a pezzi. Un minitrattato ci darà una mini Europa, mentre a noi serve un’Europa forte e democratica, capace di far fronte alle sfide mondiali cui tutti siamo soggetti. La via più democratica verso il futuro è la negoziazione di protocolli vincolanti giuridicamente per affrontare i problemi sollevati dagli elettorati filoeuropei in Francia e Paesi Bassi. Tale approccio rassicurerebbe gli europeisti che hanno votato no, non costringerebbe coloro che hanno già provveduto alla ratifica a riaprire la questione e aumenterebbe le probabilità che coloro che devono ancora procedere alla ratifica, come l’Irlanda, riescano a farlo.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Sophia in ’t Veld (ALDE). (NL) Signor Presidente, è deplorevole che a questo dibattito non partecipino più olandesi, perché i Paesi Bassi l’anno scorso hanno respinto la Costituzione, e tutti i partiti che si opponevano a tale Costituzione hanno fatto passi da gigante alle elezioni della scorsa settimana. Non sappiamo ancora quale forma assumerà la coalizione, ma mi auguro che i Paesi Bassi dimostrino ancora una volta l’ambizione e la lungimiranza cui avevano abituato l’Europa, anziché continuare a frenare, perché l’Europa va riformata con urgenza.

Poiché il veto ha un effetto paralizzante nell’ambito della sicurezza, gli Stati membri ricorrono in misura sempre crescente ad accordi informali, evitando così il controllo parlamentare sia europeo che nazionale, in una sorta di struttura decisionale parallela, opaca e antidemocratica. I diritti di veto possono essere aboliti anche senza la Costituzione, ad esempio nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria. Anche senza la Costituzione, le riunioni del Consiglio possono tenersi alla luce del sole e si può prestare attenzione alle iniziative dei cittadini sostenute da un milione di firme. L’Europa dei governi e dei diplomatici ha raggiunto i propri limiti.

E’ pertanto più logico cercare una soluzione in un dibattito pubblico, ad esempio in seno alla Convenzione, anziché con trattative a porte chiuse tra ministri e capi di Stato. In questo modo si evitano inoltre blocchi da parte di singoli paesi.

Il Primo Ministro Ahern probabilmente ha ragione nel dire che è più indicato migliorare la Costituzione apportando piccole aggiunte anziché ridurla all’osso. Ha ragione anche nell’affermare che una ratifica simultanea in tutta Europa sarebbe di gran lunga preferibile a procedure nazionali. La priorità assoluta, tuttavia, spetta all’adozione della Carta dei diritti fondamentali. I diritti fondamentali europei sono il cuore pulsante, la vera e propria anima della nostra Comunità, e l’Europa non esisterà senza un’anima. Perciò accordo il mio sostegno alle parole del Primo Ministro Ahern.

 
  
MPphoto
 
 

  Johannes Voggenhuber (Verts/ALE).(DE) Signor Presidente, come vede oggi il mio gruppo ha organizzato una colletta di tempo di parola, e così si ottiene un discorso a puntate: la retorica europea in un nuovo stile.

Come ho detto poc’anzi, Primo Ministro, in questi due anni di riflessione non si è riflettuto affatto, non più di quanto si sia svolto il tanto decantato dibattito con i cittadini europei. Il “piano D” della Commissione esiste solo sulla carta. Pur avendo sentito tutte le promesse dei governi che non si stancano mai di illustrarci i loro piani per salvare la Costituzione, ad un ascolto più attento mi viene in mente il cavallo di Troia, in quanto, se si accosta l’orecchio al cavallo di legno, si sente il tintinnio delle armi e ci si accorge che esiste per ben altri scopi, che non hanno assolutamente nulla da fare con ciò che sentiamo dire e di cui discutiamo da anni nella pubblica piazza europea o con quelle che mi paiono le cause della crisi.

Che cosa ci dicono i governi? Che stanno approntando un trattato! Ebbene, un’organizzazione internazionale è davvero l’ultima cosa che ci serve. Non è una simile comunità politica che sconfiggerà il nazionalismo. Nella pratica effettiva, l’Europa è sempre in minoranza in rapporto al nazionalismo. I cittadini vogliono una Costituzione perché comprendono che è in gioco una comunità politica e perché era stata loro promessa l’unificazione politica d’Europa, l’unificazione politica del continente. Invece quel che si ottiene sono ulteriori discorsi su un trattato.

Oggi lei ci ha anche promesso ancora più concorrenza. Mai – né nei Paesi Bassi, né in Francia, né in alcun altro luogo d’Europa, nel corso di centinaia di dibattiti e incontri – ho sentito richieste di maggiore concorrenza. A chiedere “più concorrenza” sono solo le élite, i neoliberali e i governi. Vorrei dirle, parlando da persona cui è stata data la possibilità di ascoltare quel che dice la gente, che ci serve un equilibrio tra integrazione economica e politica, mediante un’Unione sociale. Quante volte proponete – con la vostra gestione intergovernativa del processo di Lisbona, che tesse le proprie lodi – di riferire al pubblico che non c’è stato alcun risultato? E’ questo che i cittadini chiedono di sapere. Che ne è del dialogo dei governi su un’Europa sociale, sul porre fine al dumping fiscale e sociale in Europa? E’ questo che i cittadini chiedono di sapere.

Lei parla di un senso di sicurezza; questo, se non le spiace, è ciò che chiamo populismo, perché far leva sulla sicurezza significa toccare sempre i tasti giusti, ma da mesi non si dice una parola sulla Carta dei diritti fondamentali, né sul controllo parlamentare, come hanno dimostrato i sequestri della CIA e le mancate spiegazioni circa le modalità e la portata del coinvolgimento dei governi europei al riguardo. Nulla si sente del potenziamento delle funzioni del Parlamento, di una Carta dei diritti fondamentali che si possa imporre per legge o della tutela dei cittadini – eppure è di questo che parlano i cittadini stessi!

Dal profondo del cavallo di Troia, continuo a sentire altre cose, come discorsi di cooperazione militare – di nuovo la sicurezza –, ma mai nulla su una politica estera comune, democratica e autonoma, su un ruolo responsabile da svolgere sia a livello globale che in seno all’OMC, un ruolo che difenda un sistema equo di commercio mondiale e ponga la politica di sviluppo su un piano del tutto diverso.

Ho l’impressione che, in mezzo alla crisi, si sia perso di vista il cittadino comune. I governi, armati e bardati da cavalieri, ci si sono di nuovo parati di fronte per sbarrarci il passo.

 
  
MPphoto
 
 

  Mary Lou McDonald (GUE/NGL).(GA) Signor Presidente, oggi vorrei dare il benvenuto in Aula al Taoiseach.

(EN) Sono molto lieta che il Taoiseach sia intervenuto all’odierna plenaria.

L’Unione europea attraversa una fase di transizione, di espansione continua, di nuove culture, nuove idee e sfide. La domanda importante è come far fronte a tali sfide. Con una corsa al ribasso, come si è visto l’anno scorso in Irlanda nel corso della disputa intorno ai traghetti irlandesi e da allora in molte altre occasioni, o assicurando di essere in prima linea nel richiedere gli standard più elevati in materia di diritti, riforma delle strutture burocratiche comunitarie e di programma politico che ponga davvero in primo piano i cittadini dell’Unione europea?

Dobbiamo promuovere un’Europa che tenti di proteggere i più vulnerabili, in particolare i 65 milioni che vivono in povertà in tutta l’Unione. Taoiseach, dobbiamo fare altrettanto in Irlanda, il che significa condurre a buon fine il processo di pace, porre fine alla divisione, creare servizi pubblici forti e promuovere l’uguaglianza in ogni aspetto della vita. Credo che possiamo far fronte a tutte queste sfide, ma solo se c’è un’autentica volontà politica: la volontà di cambiare in modo radicale le priorità comunitarie attuali e future.

Non è una questione di sfumature nella presentazione. E’ una questione di contenuti. Le chiedo, Taoiseach, come ad altri leader comunitari, di ascoltare davvero i cittadini dell’intera Unione europea e di rispondere alle loro esigenze. Il modo migliore di farlo è difendere i diritti dei lavoratori, proteggere i servizi pubblici e arrestare la spinta verso un’Unione europea militarizzata e fortificata. Noi di Sinn Féin, come i colleghi del gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica, ci impegniamo ad assicurare che il futuro dell’Europa si fondi su principi di democrazia, uguaglianza e solidarietà.

 
  
MPphoto
 
 

  Seán Ó Neachtain (UEN).(GA) Signor Presidente, esprimo un caloroso benvenuto in seno al Parlamento europeo al Taoiseach, Bertie Ahern. Sono lieto di sentirlo parlare del futuro dell’Europa, oggi in quest’Aula, nella nostra lingua madre, l’irlandese. Si tratta di un passo simbolico, in quanto l’irlandese sarà tra poco lingua ufficiale di lavoro a livello istituzionale in Europa. Il Taoiseach va oltremodo lodato per gli sforzi volti a influenzare il Consiglio d’Europa e i vari governi al fine di assicurarne il sostegno alla sua proposta di promuovere l’irlandese a livello europeo. Romania e Bulgaria, in procinto di ottenere rappresentanza a livello di Commissione europea, questa settimana hanno tenuto un’ampia presentazione in seno al Parlamento. Accordo pieno sostegno alla decisione di José Manuel Barroso, Presidente della Commissione, di nominare responsabile del plurilinguismo Leonard Orban, il Commissario designato dalla Romania. Tutti sappiamo che l’Europa al momento è in bilico per quanto riguarda riforma e maggiore efficienza della procedura istituzionale. Credo che una moderna procedura istituzionale rafforzerà il ruolo dell’Unione europea e la metterà in condizione di parlare e affrontare le sfide economiche che si pongono in questo momento a molti Stati membri. La Germania assumerà la Presidenza dell’Unione il 1° gennaio dell’anno prossimo, se Dio vorrà. Il Cancelliere Merkel ha già accennato di voler affrontare i problemi relativi alla Costituzione dell’Unione nel corso del suo mandato. Non aiuta che tale Costituzione l’anno scorso sia stata respinta nei Paesi Bassi e in Francia. L’anno prossimo la Francia eleggerà un nuovo Presidente, che mi auguro possa compiere sforzi più consistenti di quelli visti finora. Abbiamo di fronte grandi sfide, ma non lasciamoci ingannare al riguardo. Le riforme vanno realizzate in seno all’Unione e occorre dare priorità al programma di lavoro delle varie Istituzioni per tali riforme. L’Unione corre il rischio di essere inconcludente se non vi si provvede immediatamente. Molte grazie.

 
  
MPphoto
 
 

  Georgios Karatzaferis (IND/DEM).(EL) Signor Presidente, signor Primo Ministro irlandese, se fossi un artista e mi chiedessero di dipingere il futuro dell’Europa, userei il colore nero.

Stiamo calcando esattamente le stesse orme che hanno distrutto la Santa Alleanza, ossia la precedente Europa unita di due secoli fa. Forse in Europa abbiamo leggi, ma non abbiamo una coscienza nazionale. Avremo anche i capitali, ma non uno sviluppo sufficiente. Avremo industrie, ma non energia. Forse abbiamo terre in quantità, ma non abbiamo frontiere. La mia domanda è: chi mi sa dire dove si trovano le frontiere sudorientali d’Europa? Sono flessibili. Vi sono due problemi: l’energia e la protezione americana.

Non è forse vero che gli Stati Uniti ci conducono al perenne contrasto con la Russia, a riserve sulla Cina e al coinvolgimento in Afghanistan e in Iran? Non sono loro ad alterare la nostra percezione degli eventi in Medio Oriente? Non sono gli Stati Uniti a impedirci di sviluppare una politica estera autonoma? E’ la verità. Vi sono reazioni? Vi è una qualche tendenza all’autonomia da parte dell’Europa?

Abbiamo una moneta forte nonché una Banca centrale, ma non abbiamo un nostro esercito. Possiamo approvare una Costituzione, ma quale esercito difenderà i principi e i valori che tale Costituzione professerà? La NATO, con il suo comandante supremo americano, il suo capo di stato maggiore turco e il suo presidente canadese? Dobbiamo decidere. Intendiamo assumere una struttura statale o restare – come ora – sotto la protezione degli americani?

A quanto pare non abbiamo energia. Vi è una gran quantità di petrolio nell’Egeo: prendiamolo. Le economie americana e turca non lo permettono. Abbiamo petrolio per risolvere tutti i problemi dell’Europa. Compiamo dunque lo sforzo di renderci autonomi, padroni a casa nostra, in modo da non dipendere dagli americani.

 
  
MPphoto
 
 

  Francesco Enrico Speroni (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi associo al benvenuto al Primo Ministro irlandese. Le Istituzioni – il Consiglio, il Parlamento, la Commissione – sono a favore di un nuovo modello di Europa: bisogna vedere se questo nuovo modello è in sintonia con quello che vogliono gli elettori, che almeno in Francia e in Olanda hanno bocciato quello che è stato proposto dalla Convenzione. Non dimentichiamoci mai di tener conto della volontà del cittadino e non di certi ideali, che magari saranno nobili e bellissimi ma che il cittadino-elettore non condivide.

Questo, secondo me, è il nodo fondamentale per le basi di un eventuale futuro trattato. Cominciamo, ad esempio, ad eliminare certe fandonie: si afferma che è necessario cambiare perché siamo diventati tanti. Gli Stati Uniti sono passati da tredici 13 a cinquanta Stati, tenendo più o meno immutata la stessa Costituzione del 1776. Se ai burocrati serve un nuovo strumento, non è detto che questo vada bene per gli elettori. Gli elettori devono essere convinti del vantaggio di una nuova Europa: occorre far capire loro, ad esempio, perché essere nell’Unione europea è meglio che essere in Svizzera o Norvegia, che nell’Unione non ci sono. Se non riusciamo a far capire questo concetto, ottenere un consenso sarà difficile.

Un’ultima osservazione: il Presidente italiano Napolitano ha sollecitato la ratifica del trattato. Ma ormai il trattato è morto. Si perderebbero soltanto energia e tempo giacché, senza le due ratifiche olandesi e francesi, è inutile procedere ad altre, che comunque non avranno nessun effetto pratico.

 
  
MPphoto
 
 

  Timothy Kirkhope (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei dare il benvenuto in seno al Parlamento al Taoiseach. Vorrei subito apportare una nota di armonia dicendo che ho letto con grande interesse le sue recenti dichiarazioni sulla clausola “passerella” in ambiti legati a giustizia e affari interni e condivido appieno la sua opinione secondo cui dovremmo abbandonare questa strada. La politica di giustizia in materia penale, la lotta al terrorismo e l’azione contro il traffico e l’immigrazione illegale sono questioni che giustamente competono allo Stato nazionale, eppure non abbiamo neppure considerato tutte le possibilità di miglioramento della cooperazione in questi e in altri ambiti giudiziari, come credo si debba fare.

Per quanto riguarda la Costituzione, il dibattito sembra ormai avventurarsi nel regno della fantasia. I cittadini francesi e olandesi hanno inferto il colpo di grazia, e tuttavia questa settimana sentiamo dire che la Presidenza finlandese ha esaminato con discrezione insieme agli Stati membri se la si possa in qualche modo resuscitare.

Il Presidente Sarkozy invoca una minicostituzione, che la Commissione respinge. Il governo tedesco dice di volere che la Costituzione sia mantenuta integra per poi resuscitarla. Il governo olandese uscente ha messo in chiaro che non avrebbe tenuto un secondo referendum. Il governo britannico, fedele alla forma, appare spaccato in due: il ministro degli Esteri sostiene che si sia trattato di un progetto grandioso che è fallito; il giovane ministro per l’Europa dice che dobbiamo occuparci dei contenuti della Costituzione. Hanno capito o no? L’Europa deve andare avanti. Deve andare avanti per smettere di allontanare l’elettorato in modo pericoloso.

Ho costantemente invocato le riforme. Dobbiamo operare riforme economiche. Dobbiamo affrontare il mancato raggiungimento degli obiettivi di emissione di Kyoto. Dobbiamo compiere le riforme fondamentali che ci permettano di competere con i giganti emergenti in Asia. Dobbiamo dotarci di politiche agricole che non pongano a rischio la lotta alla povertà nel mondo e abbiamo bisogno di una leadership efficace. Come ha detto il capo del mio partito, è perché vogliamo un futuro per l’Unione europea e crediamo in un’Europa forte che chiediamo un cambio di direzione. Il nostro continente ha un bisogno disperato di leadership e noi discutiamo di un pezzo di carta. Devo dire che la storia è tristemente ingombra di pezzi di carta inutili e inopportuni.

 
  
MPphoto
 
 

  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE).(PL) Signor Presidente, sono trascorsi sei mesi dall’ultima discussione sul futuro dell’Europa in seno al Parlamento. Inizialmente il quadro giuridico per il futuro dell’Europa doveva essere offerto dal Trattato costituzionale. Tale futuro scorre sotto i nostri stessi occhi, perché allora si è deciso di procedere con la successiva fase di allargamento accogliendo Bulgaria e Romania in seno all’Unione. Nel contempo, tuttavia, in un certo senso il futuro è stato congelato fino al secondo semestre del 2008, quando si concluderà il periodo di riflessione per il Trattato costituzionale, dopo essere stato prorogato una seconda volta.

A mio avviso dobbiamo usare questo secondo periodo di riflessione soprattutto per prendere in considerazione l’aumento dello scetticismo espresso dagli europei circa ulteriori allargamenti dell’Unione. I cittadini d’Europa devono capire e comprendere che le decisioni in merito all’adesione di nuovi Stati membri vengono prese in modo del tutto responsabile. Devono inoltre avere la sicurezza che tali decisioni vengono prese tenendo bene presente la capacità di bilancio dell’Unione, garantendo così che essa possa funzionare in modo efficace in futuro.

Man mano che vengono attuate precedenti decisioni volte ad assicurare la competitività economica dell’Europa rispetto ad altre parti del mondo, è importante rafforzare il ruolo dell’istruzione nello sviluppo delle future generazioni di europei innovativi. Dobbiamo promuovere un’economia creativa fondata su conoscenza e immaginazione, perché questa sarà la chiave del successo delle imprese europee a livello mondiale. Una società comunitaria istruita e dinamica è una condicio sine qua non affinché l’Europa svolga un ruolo di guida sulla scena mondiale e dimostri che, oltre ad affrontare i propri problemi, può anche combattere efficacemente la criminalità e il terrorismo internazionali.

 
  
MPphoto
 
 

  Marian Harkin (ALDE).(GA) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei dare il benvenuto al Taoiseach.

(EN) Sono lieta di affermare che, in generale, concordo con la sua analisi. Abbiamo davvero bisogno di cambiare il contesto, evidenziare gli elementi positivi e mantenere l’equilibrio e i contenuti essenziali della Costituzione.

L’impasse della Costituzione è precipitata con il no in Francia e nei Paesi Bassi, ma, a mio avviso, non si è trattato di un “no, no, no” a tutto ciò che è europeo. E’ stato un segnale d’allarme che diceva: “Il futuro dell’Europa ci riguarda in quanto cittadini comuni, e anche noi abbiamo un ruolo da svolgere”. La democrazia, come la vita, può essere caotica e, pur dovendo condurre, i leader devono anche ascoltare. Abbiamo avuto un periodo di riflessione e ora necessitiamo di un periodo di consolidamento, in cui si veda l’Unione europea mantenere gli impegni presi a favore dei cittadini per quanto riguarda la strategia di Lisbona, la tutela dei lavoratori, il sostegno alle imprese europee, la sostenibilità ambientale e l’abilità dell’Unione europea di competere quale attore sulla scena mondiale.

In sostanza, l’Unione europea deve far fronte alla sfida della globalizzazione per tutti i cittadini. Se porterà a termine questo importante compito, credo che avrà un futuro solido.

 
  
MPphoto
 
 

  Bairbre de Brún (GUE/NGL).(GA) Signor Presidente, anch’io do il benvenuto al Taoiseach in seno al Parlamento europeo quest’oggi. Durante questo periodo di riflessione, è chiaro che alcuni contemplano solo una cosa, e cioè come ottenere la risposta migliore. Comunque sia, il dibattito sul futuro dell’Europa è tanto importante che è necessario coinvolgere il maggior numero possibile di voci di ogni settore della società e rispettare e dar seguito alla gamma di opinioni diverse. Accogliamo con favore e incoraggiamo addirittura tale dibattito. Vi è una prospettiva dell’Europa che riserva un posto centrale alle persone, all’uguaglianza, ai diritti sociali, economici e civili. E’ la nostra prospettiva in seno a Sinn Féin e quella dei nostri partner del gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica. I cittadini sono preoccupati, si preoccupano che il potere politico ed economico si allontanino ulteriormente dalle persone comuni. Si preoccupano inoltre della privatizzazione e del fatto che per causa sua l’uguaglianza, la sostenibilità e la coesione sociale subiranno scompensi. Oggi abbiamo udito parte della risposta data dal Taoiseach al riguardo, ma Consiglio e Commissione devono affermare con chiarezza se hanno notizia di tali preoccupazioni e dirci come intendono proseguire a partire da questa situazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Koenraad Dillen (NI).(NL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggetto dell’odierno dibattito è il futuro dell’Europa, rispetto al quale temiamo il peggio, dato il continuo rifiuto da parte della Turchia di rispettare gli obblighi nell’ambito del diritto internazionale che derivano dal suo accordo doganale con l’Unione europea, e dunque di ammettere le navi cipriote nei suoi porti, e in particolare per via della reazione dell’Europa al riguardo.

La Turchia non rispetta tuttora alcuni diritti umani fondamentali e si fa beffe degli impegni internazionali. E’ uno Stato che si rifiuta categoricamente di riconciliarsi con i vicini, Cipro e Armenia, e già minaccia alcuni Stati membri dell’Unione europea. Malgrado tutto, l’Europa ufficiale insiste sul fatto che si proseguano i negoziati.

La Turchia aspira a diventare europea, ma segue l’esempio delle Nazioni Unite, ossia degli Stati Uniti, al fine di sottrarsi ai suoi obblighi europei. Nella situazione attuale, dunque, la sua adesione all’Unione resta fuori questione. Se la Turchia detta legge sin d’ora, che cosa accadrà se le si consente di unirsi a noi al tavolo negoziale?

Se l’Unione europea vuole rimanere credibile agli occhi dei cittadini e salvaguardare il proprio futuro, deve inviare un segnale forte e porre immediatamente fine ai negoziati di adesione con Ankara.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MOSCOVICI
Vicepresidente

 
  
MPphoto
 
 

  Ioannis Varvitsiotis (PPE-DE).(EL) Signor Presidente, signor Primo Ministro, mi congratulo a mia volta per la sua presenza odierna in seno all’Assemblea.

Penso che tutti in quest’Aula concordino sul fatto che l’Unione europea dei 25 che abbiamo oggi e dei 27 che avremo tra un mese non possono funzionare con le stesse norme dell’Europa dei 6, 9, 10 o 15 Stati membri.

Ricordo che a maggio, nel corso dell’ultimo dibattito sul futuro dell’Europa, il Primo Ministro belga ha sottolineato l’importanza della prossima Presidenza tedesca. Il Cancelliere Merkel ha manifestato l’intenzione di presentare proposte per il Trattato costituzionale. Accogliamo con favore le sue intenzioni, ma mi chiedo se un’iniziativa simile sia realistica o se sia uno sforzo per resuscitare un testo già morto. La risposta non può essere inequivocabile, perché naturalmente dipende dall’obiettivo che ci si pone.

Ho inviato, già nel luglio 2005, alcune lettere all’allora Presidente in carica del Consiglio, Tony Blair, e al Presidente della Commissione, José Barroso, in cui mi riferivo alla limitazione delle nostre richieste in materia di regolamentazione alle sole questioni istituzionali, quali la personalità giuridica dell’Unione europea, la nuova distribuzione dei voti in seno al Consiglio, l’incremento delle competenze del Parlamento europeo, la creazione della carica di ministro degli Esteri e persino quella di una figura di Presidente dell’Unione, la riduzione del numero di Commissari, l’abolizione del sistema dei tre pilastri e l’introduzione della cooperazione rafforzata tra Stati membri. La reputo l’unica via lungo la quale l’Europa possa uscire dalla crisi in cui oggi versa.

 
  
MPphoto
 
 

  Jo Leinen (PSE).(DE) Signor Presidente, mi congratulo con il Primo Ministro per il suo discorso all’Assemblea, e lo ringrazio altresì per la chiara posizione assunta in merito al Trattato costituzionale: no a nuovi negoziati, no al cherry picking, a un ultimo moncherino di Trattato, no al minitrattato che regola solo poche questioni istituzionali – perché simile esito, come si è già detto in questa sede, priverebbe davvero il nuovo Trattato di cuore e anima. La Carta dei diritti fondamentali, gli aspetti di partecipazione popolare, quelli democratici vanno considerati tutti insieme. Il tutto era un unico pacchetto, un compromesso onnicomprensivo, e non va ridotto in pezzi. Per questo motivo la nostra parola d’ordine dev’essere che non cederemo sui contenuti che il nuovo Trattato può avere, ma saremo flessibili in merito alla forma che può assumere. Concordo appieno con lei che un simile Trattato non debba essere un libro, ma debba essere compatto, preciso e breve. Tutto quello che si possa considerare estraneo al Trattato deve trovarsi nella Parte III.

Lei ha altresì accennato a ulteriori elementi; è grazie a questi che forse potremo affrontare le preoccupazioni e i timori dei cittadini dei Paesi Bassi e della Francia, ma abbiamo anche bisogno che questi due paesi ci diano un’idea chiara di ciò che vogliono cambiare. Vi sono deputati al Parlamento che sembrano sapere che cosa volevano i cittadini; ho trovato il loro “no” del tutto vago, privo di una chiara indicazione della propria provenienza effettiva. Per questo motivo dovremo aspettare le elezioni francesi e il nuovo governo olandese se vogliamo sapere esattamente quali elementi aggiuntivi saranno necessari.

Vorrei vederla tenere questo discorso non solo qui in Aula, ma anche in molte capitali dell’Unione. E’ stato nell’arco della sua Presidenza del Consiglio che si è raggiunto l’accordo, e pertanto lei ha la responsabilità di trovare sostenitori della Costituzione e completare infine questo progetto.

 
  
MPphoto
 
 

  Andrew Duff (ALDE).(EN) Signor Presidente, il Taoiseach ha giustamente affermato che pervenire al pacchetto del 2004 è stato estremamente arduo e complesso. Non sarebbe pertanto ragionevole mettere al riparo il Preambolo e le Parti I e II dalla rinegoziazione e concentrare ogni sforzo sulla modernizzazione e il miglioramento della Parte III? E’ vero che non possiamo raggiungere una maggiore competitività, un partenariato sociale rafforzato, miglioramenti a una politica energetica comune e così via senza una modifica sostanziale della Parte III?

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Richard Corbett (PSE).(EN) Signor Presidente, nella lingua di alcuni dei miei antenati, vorrei dire al Taoiseach:

(GA) Benvenuto in seno al Parlamento europeo.

(EN) Benvenuto nel Parlamento d’Europa, che simboleggia il motto dell’Unione europea, “uniti nella diversità”. Vi sono rappresentanti di ogni partito politico d’Europa, dalla sinistra alla destra, dalle capitali alle regioni, dai partiti di governo a quelli di opposizione. E’ il Parlamento che ha votato con 500 preferenze contro 137 a favore di questo Trattato costituzionale quale migliore via da seguire per il futuro dell’Europa. Pertanto sono particolarmente lieto di sentirle dire quest’oggi che dobbiamo trovare la soluzione a questi problemi, poiché le difficoltà che il Trattato costituzionale doveva risolvere non sono scomparse da un giorno all’altro. Non sono sparite. Dobbiamo trovare una soluzione accettabile per tutti e 27 i paesi, tra cui i due che hanno votato “no”, ma tenendo anche conto dei 18 che hanno detto “sì”, che vorranno mantenere il testo il più integro possibile.

Mi ha fatto piacere sentire che, benché non abbia ancora ratificato il Trattato, anche l’Irlanda desidera mantenere il testo il più integro possibile. E’ un messaggio importante per noi. Anche nel Regno Unito il mio governo ha firmato il Trattato costituzionale ed è stato rieletto sulla scorta di un manifesto che diceva che avrebbe lottato con entusiasmo per tale Trattato. E’ ampiamente riconosciuto che, qualsiasi soluzione si trovi il prossimo giugno, e una va trovata, essa deve tenere conto della volontà della maggioranza e mantenere tutto il salvabile di questo Trattato costituzionale.

 
  
MPphoto
 
 

  Bertie Ahern, Primo Ministro irlandese.(EN) Signor Presidente, in risposta a tutti gli oratori, naturalmente è emersa una grande divergenza di opinioni e punti di vista, ma questo Parlamento, con una maggioranza straordinaria, ha in effetti ratificato e sostenuto la Costituzione. Vorrei comunque ringraziare tutti i deputati per i pareri espressi. Per me è utile, in qualità di membro del Consiglio, e avendo partecipato tanto attivamente ai lavori per la Costituzione, anche solo sentire tali commenti. Penso che lo scambio che ne è derivato sia stato molto prezioso, in quanto mi offre una prospettiva che presumo sia difficile ottenere da questa distanza.

Come tutti i deputati hanno affermato, è importante ascoltare i cittadini. Non sempre è possibile ascoltarli tutti, ma in tal caso si possono ascoltare i loro rappresentanti eletti. Questo mi ha dato l’opportunità di spiegare le ragioni alla base di tante opinioni in merito alla Costituzione. Ho altresì avuto occasione di esprimere il mio parere.

Penso che la Costituzione sia un documento molto equilibrato e giusto. Lo ritengo un documento equo. Senza dubbio è costituito di compromessi. Quando si tenta di far concordare 25 paesi – com’è accaduto in quell’occasione – il testo deve comprendere compromessi. Non si è trattato della mera e rapida questione di dire “la posizione è questa”. Le cose cambiano. Viaggiando per l’Europa ho visto molte versioni totalmente diverse in paesi diversi, che catturavano l’immaginazione del pubblico, che creavano molte difficoltà nei media, e poi i cittadini hanno dovuto cambiare o decidere su quale formulazione potevano concordare, e perciò la formulazione non è perfetta perché, anche se non comporta ambiguità, è pur sempre frutto di negoziati.

C’è chi crede che forse sia stato scritto in solitudine – mi pare vi siano stati alcuni commenti al riguardo. Lo capisco, dopo qualche anno, ma vorrei ricordare ai deputati al Parlamento che la Convenzione aveva un gruppo molto attivo proveniente dal Parlamento. Si è lavorato molto alacremente. C’erano i rappresentanti dei cittadini, eletti dai cittadini, che erano responsabili dinanzi a loro e credo che anche i governi lo siano. Non si può avere una Costituzione negoziata da 500 milioni di persone. Occorre che lo facciano dei rappresentanti, e credo che abbiano fatto un buon lavoro al riguardo. Dunque talvolta legittimità e democrazia consistono in questo.

Ho preso nota delle idee circa la lotta a favore di diritti umani e valori, e sul fatto che è questo che interessa ai cittadini, e non la criminalità e la droga. Le persone che incontro io sono molto più preoccupate per queste due questioni. Vogliono vedere che lo Stato di diritto, l’autorità dei tribunali, il sistema giudiziario tutelano tutti in egual misura. Tuttavia vogliono anche vedere che ci si occupa di chi è coinvolto nella criminalità transfrontaliera e di chi partecipa ad attività criminali. Pertanto, se si è sostenitori dei diritti umani, lo si sarà anche naturalmente della Costituzione, perché con la Carta dei diritti fondamentali per la prima volta in Europa abbiamo inserito nella Costituzione tutti questi elementi, e pertanto penso che dovreste essere forti sostenitori della Costituzione.

Penso che ora non sia necessario tentare di rinegoziare il tutto. Con il sopraggiungere della Presidenza tedesca, il Cancelliere ha dichiarato apertamente che istituirà un piccolo gruppo di funzionari incaricato di trattare con piccoli gruppi omologhi in ciascun paese per verificare se vi sono differenze o problemi. A mio avviso, questo dovrebbe escludere il 90 per cento della Costituzione. L’approccio mirato, la concentrazione e l’impegno ricadranno dunque sul restante 10 per cento.

Il mio connazionale irlandese, onorevole De Rossa, ha espresso un concetto molto giusto, che io stesso ho sostenuto parecchie volte, com’è accaduto nel caso dell’Irlanda e a Nizza. Si tratta dunque di tentare di far sì che i protocolli affrontino i problemi, cioè le questioni delicate: non gettando via parti della Costituzione concordate da Parlamento, Consiglio, 18 paesi in tutta Europa, ma tentando di ricomporre le difficoltà e analizzare quali problemi vi sono nei paesi che hanno votato “no” o forse in altri paesi che nutrono riserve. Non è un compito impossibile. E’ già stato fatto nei paesi in cui la Costituzione è andata perduta. Come ho affermato poc’anzi, vi sono stati sondaggi d’opinione ad analizzare la natura di tali questioni e tentare di farvi fronte. Penso sia possibile. Se si esaminano tali aspetti in seno alla Conferenza intergovernativa o al Consiglio, dovrebbe essere possibile. Non penso che ci vorrà molto tempo.

La richiesta e l’auspicio che rivolgo al Parlamento è che continui, come da parte mia tenterò di fare in sede di Consiglio, a sostenere la Costituzione nell’equilibrata consapevolezza che vi è un numero esiguo di questioni in sospeso per quanto concerne alcuni paesi, e forse anche alcuni altri che hanno dichiarato di recente la propria posizione a seguito di cambiamenti di governo. Dobbiamo tentare di seguire questa via. Se vi riusciremo, a motivo, allo scopo e con il desiderio sincero di avere una Costituzione europea – se così si chiama; di questo non mi preoccupo un granché – potremo andare avanti insieme per raggiungere l’obiettivo. Credo davvero sia possibile.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – Grazie, signor Primo Ministro, per il suo discorso, che personalmente ho trovato molto utile e pragmatico.

La discussione è chiusa.

 

10. Verifica dei poteri: vedasi processo verbale

11. Composizione del Parlamento: vedasi processo verbale

12. Comunicazione delle posizioni comuni del Consiglio: vedasi processo verbale

13. Vertice Russia/Unione europea (discussione)
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sul vertice Russia/Unione europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli parlamentari, questa settimana a Helsinki si è tenuto il diciottesimo Vertice UE-Russia. Com’è prassi consolidata, al Vertice si è discusso dei “quattro spazi comuni” condivisi dalle due parti, nonché di questioni internazionali più generali. Nel contempo si è tenuto il Vertice sulla dimensione settentrionale tra UE, Russia, Norvegia e Islanda.

La discussione di ampio respiro su questioni cruciali per le relazioni tra l’UE e la Russia si è svolta in un’atmosfera costruttiva. Per quanto concerne il nuovo trattato UE-Russia, si è rilevato che il processo per la definizione di un mandato di negoziazione era proseguito a ritmi serrati nelle settimane precedenti. L’UE continuerà a trattare la questione del mandato, nell’intento di avviare i colloqui al più presto. Quest’autunno si sono tenute quattro riunioni ministeriali del Consiglio di partenariato permanente, intese a promuovere una cooperazione concreta. Gli incontri si sono tenuti tra l’UE e i ministri russi di Trasporti, Ambiente, Giustizia e Affari Interni e Affari Esteri.

Per quanto concerne lo Spazio economico comune, abbiamo riscontrato sviluppi positivi in molti settori di cooperazione. Al Vertice si è raggiunto un accordo sulle tasse di sorvolo della Siberia e sulla loro abolizione. Inoltre, i capi di Stato e di governo dell’Unione europea e della Russia hanno riconosciuto l’enorme interesse comune e la dipendenza reciproca nelle relazioni energetiche. L’Unione europea ha sottolineato l’importanza dei principi di trasparenza, prevedibilità, reciprocità e apertura dei mercati energetici, degli investimenti e delle infrastrutture di transito. Questi principi dovrebbero anche essere integrati nel nuovo trattato UE-Russia. L’Unione ha insistito affinché le parti garantiscano il proprio impegno a rispettare la Carta dell’energia.

Altri argomenti di discussione sono stati la crescita del commercio e degli investimenti tra Unione europea e Russia, la congestione del traffico e la creazione di un sistema di sdoganamento elettronico, nei quali si sono fatti evidenti progressi. Si è detto che i progressi nei colloqui sull’adesione della Russia all’Organizzazione mondiale del commercio avranno un effetto molto positivo sullo spazio economico condiviso da UE e Russia. Dopo l’adesione della Russia all’OMC, si potranno avviare negoziati su un accordo di libero scambio ampio ed esaustivo tra l’UE e la Russia. Il dialogo sull’ambiente avviato in occasione del Consiglio di partenariato permanente UE-Russia (Ambiente) in ottobre creerà la base per una cooperazione di ampia portata.

La cooperazione in materia di giustizia e affari interni ha evidenziato progressi in molti settori. Si è attribuita la massima priorità all’entrata in vigore in tempi il più possibile rapidi degli accordi stipulati a maggio sulla semplificazione dei visti e la riammissione degli immigrati clandestini.

In materia di diritti umani, l’Unione europea ha espresso la sua preoccupazione in merito alla situazione in Cecenia, e ha sottolineato la necessità di effettuare indagini approfondite su tutti i crimini contro i diritti umani, assicurando alla giustizia i relativi colpevoli. Inoltre, l’UE ha menzionato i requisiti essenziali per i progressi in materia di Stato di diritto, libertà di espressione e indipendenza dei mezzi di comunicazione, tra cui le indagini sull’assassinio di Anna Politkovskaja e il caso di Mikhail Khodorkovski. L’UE ha fatto riferimento alle consultazioni sui diritti umani organizzate all’inizio di novembre, dove questi temi sono stati trattati in modo più approfondito e la situazione dei diritti umani in Russia è stata esaminata in maggior dettaglio. L’UE ha confermato il suo impegno a una più stretta cooperazione sui diritti umani e a promuovere consultazioni sull’argomento.

L’Unione europea e la Russia hanno sottolineato l’importanza di un contatto diretto tra i rispettivi cittadini come base per un partenariato strategico, che può essere potenziato in particolare nei settori dell’istruzione e della cultura. La cooperazione tra università, nonché i programmi di scambio di studenti tra l’Unione e la Russia erano ai primi posti nell’agenda di quest’autunno ed è nostro intento impegnarci anche in futuro in questo senso.

A nostro parere, la cooperazione nelle questioni internazionali è importante per la sicurezza e la prosperità dell’Europa nel suo complesso. Abbiamo preso atto di come, nel contesto di numerose questioni internazionali, si fossero sviluppate relazioni positive. La cooperazione tra l’Unione e la Russia deve comunque essere indirizzata in una direzione più ovvia. Alcune delle questioni internazionali sollevate sono i Balcani occidentali, il processo di pace in Medio Oriente, la situazione di Corea del Nord, Georgia, Bielorussia e Moldova.

A margine del Vertice UE-Russia si è tenuto un Vertice sulla dimensione settentrionale, nel corso del quale sono stati approvati nuovi documenti fondamentali, quali la dichiarazione politica e il documento quadro. A seguito di queste decisioni, la dimensione settentrionale sarà rinnovata dall’inizio del prossimo anno. La nuova dimensione settentrionale rappresenta la politica comune di quattro partner di livello paritario: Unione europea, Russia, Norvegia e Islanda.

La politica della dimensione settentrionale copre una vasta area geografica, che comprende Mar Baltico, Russia nordoccidentale e regioni dell’Artico e sostiene l’attuazione dei quattro spazi comuni tra l’UE e la Russia in tale area geografica. Inoltre, la dimensione settentrionale si concentra su problematiche specifiche delle regioni settentrionali, quali la vulnerabilità dell’ambiente, le popolazioni indigene e la salute.

Occorre istituire un gruppo direttivo congiunto dei partner per accelerare la cooperazione pratica nell’ambito della dimensione settentrionale. I partenariati esistenti nel quadro della dimensione settentrionale – ossia il partenariato ambientale e quelli nei settori della sanità pubblica e del benessere sociale – dovranno essere portati avanti e ulteriormente sviluppati. Inoltre, si prevede di valutare il potenziale per l’applicazione del modello del partenariato nei settori dei trasporti e della logistica, nonché di rafforzare la cooperazione nel campo dell’efficienza energetica.

 
  
MPphoto
 
 

  Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, sono veramente grata dell’opportunità di informare il Parlamento in merito al Vertice UE-Russia che si è tenuto a Helsinki. Si è trattato del terzo incontro di quest’anno tra l’UE e il Presidente Putin, dopo quello di Sochi a maggio e la cena a Lahti, che ci ha offerto una buona opportunità di discutere di questioni energetiche.

Come la mia collega, mi compiaccio del fatto che il Vicepresidente della Commissione Barrot e il Ministro Levitin abbiano finalmente firmato il protocollo sui sorvoli della Siberia. Abbiamo lavorato per anni su questo problema e si è trattato di un risultato importante, che ha posto fine a un persistente motivo di irritazione nelle relazioni UE-Russia. Inoltre, si trattava di una delle nostre condizioni per l’accesso della Russia all’OMC. Quindi, accolgo con molto favore questo risultato e ringrazio il Vicepresidente Barrot per il suo impegno.

Subito prima del vertice, abbiamo avuto una discussione molto positiva sulla promozione dell’integrazione economica con imprenditori di primo piano dell’UE e della Russia, che hanno trasmesso un messaggio di forte sostegno per i vantaggi che questo porterebbe alle comunità imprenditoriali di entrambe le parti. In seguito, al vertice, si è convenuto che dovremmo portare avanti il lavoro su questo tema nei prossimi mesi. La nostra aspirazione è creare un’area economica comune, che segua essenzialmente le stesse regole e garantisca un commercio equo.

Riguardo all’energia, il Presidente Putin ha confermato l’intenzione di non ratificare il Trattato sulla Carta dell’energia così com’è, ma ha anche espresso la chiara volontà di arrivare ad un accordo che tenga conto degli interessi di entrambe le parti e comprenda i principi del Trattato sull’energia, come aveva già affermato a Sochi. Ha auspicato la reciprocità, ivi compreso l’accesso del capitale russo a industrie strategiche chiave nell’Unione europea.

Purtroppo non è stato possibile annunciare l’apertura dei negoziati per il nuovo accordo strategico. Tuttavia, ho fiducia che le restanti difficoltà si risolveranno in tempi rapidi. Il Presidente Barroso ha affermato che, dopo le ispezioni effettuate da funzionari del nostro Ufficio alimentare e veterinario, a nostro parere il divieto su determinate esportazioni dalla Polonia è eccessivo e ha sollecitato caldamente il Presidente Putin a eliminarlo e comunque a partecipare a colloqui tripartiti tra Polonia, Russia e Commissione per risolvere la questione. Il Presidente Putin ha chiarito che il problema non riguarda la carne polacca in quanto tale, bensì il transito di carne proveniente da altri paesi attraverso la Polonia verso la Russia. Infine, per quanto concerne il nuovo accordo, è stato riconfermato un punto fondamentale: non ci sarà un vuoto giuridico quando l’accordo attuale arriverà alla scadenza della sua durata iniziale di dieci anni. Anche se non si saranno ancora avviati i negoziati per un nuovo accordo, si potrà continuare su queste basi giuridiche.

Un altro aspetto importante che è già stato citato questa sera è quello delle lunghe file di veicoli in attesa di entrare in Russia alle frontiere dell’UE. Abbiamo convenuto di dedicare urgente attenzione al problema. Una missione comprendente il Commissario per la fiscalità e alcuni Stati membri si era già recata alle varie frontiere tra la Russia e gli Stati membri. Abbiamo tutti rilevato che l’origine del problema si può ricondurre da un lato alla crescita del commercio, e in particolare all’aumento degli scambi tra UE e Russia, e dall’altro all’aumento generale del commercio con la Russia, compreso il transito. Ma le infrastrutture hanno già raggiunto la capacità massima e le procedure russe sono farraginose. Ad esempio, attualmente esistono sette procedure di sicurezza, che il Presidente Putin ha promesso di ridurre a due. E’ un punto molto importante. Da parte sua, la Commissione nella sua relazione presenterà presto delle proposte per affrontare alcuni di questi problemi alle dogane. Abbiamo anche offerto di cooperare su un progetto pilota. La questione è se è possibile gestire i dati con un sistema computerizzato.

In generale, c’è stata una valutazione positiva della cooperazione in materia di libertà, sicurezza e giustizia. La Russia ha confermato che gli accordi sulla semplificazione dei visti e la riammissione saranno presto presentati per la ratifica. Si tratta di una notizia molto positiva, perché la riammissione giova anche all’Unione europea.

Desidero esprimere il mio apprezzamento per il contributo fornito dal Comitato di cooperazione parlamentare sulla questione di Kaliningrad. Riguardo a questo punto, la Russia ha sollevato argomenti quali il futuro del sistema lituano di visti gratuiti, i dazi sulle esportazioni di alluminio e il trattamento delle minoranze in Lettonia ed Estonia. Abbiamo chiarito che questi problemi sono stati già risolti o, nel caso dei visti per i visitatori da Kaliningrad in Lituania, si possono affrontare.

In merito alla sicurezza esterna, l’Unione europea ha sollecitato una maggiore cooperazione nel vicinato comune, mentre la Russia ha sottolineato la non proliferazione e il disarmo, in particolare per quanto concerne l’Iran e la Corea del Nord. Il Presidente Barroso ha delineato i progressi verso la realizzazione degli impegni di Kananaskis. Si è convenuto di perseguire nuovi metodi di collaborazione nella gestione delle crisi.

Inoltre, abbiamo espresso le nostre preoccupazioni in merito alla situazione dei diritti umani in Russia, in particolare l’uccisione di Anna Politkovskaja. Il Presidente Barroso ha rilevato che la percepita assenza di un giusto processo è motivo di preoccupazione nell’Unione europea. Come richiesto dal Presidente del Parlamento e da alcuni parlamentari, è stato sollevato anche il caso di Mikhail Khordorkovsky. Il Presidente Putin ha parlato a difesa della situazione in Russia.

Non ripeterò le osservazioni già espresse dalla Presidenza sulle questioni di politica estera, salvo per il fatto di sottolineare l’importanza che attribuiamo alla cooperazione nelle Nazioni Unite sulla questione dell’Iran, alla promozione dei colloqui a sei sulla Corea del Nord e alla collaborazione con la Russia in Medio Oriente, nell’ambito del Quartetto. La Russia ha chiesto una riunione urgente del Quartetto, che ci auguriamo possa tenersi prima di Natale. Inoltre, dobbiamo lavorare intensamente per ridurre le divergenze sui temi della Georgia e del Kosovo, sui quali si è tenuto uno scambio di opinioni.

Infine, come ha detto la mia collega, si è svolto per la prima volta il Vertice sulla dimensione settentrionale. E’stato un successo e mi compiaccio del coinvolgimento della Russia nell’idea generale.

 
  
MPphoto
 
 

  Camiel Eurlings, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, uno stretto partenariato tra la Russia e l’Unione europea è di vitale interesse per entrambe le parti, ma perché sia realizzabile si deve basare sull’equilibrio: equilibrio tra gli interessi dell’Unione e gli interessi della Russia, ed equilibrio per quanto concerne gli aspetti economici e i temi della democrazia e dei diritti umani fondamentali.

Nei recenti vertici si sono fatti dei progressi. Come è stato accennato, i diritti rispetto ai sorvoli della Siberia saranno conformi alle norme dell’OMC. E’ una buona notizia. Anche la semplificazione dei visti dello scorso anno è buon risultato. Tuttavia, in generale il vertice è stato deludente. Il veto polacco ha un peso rilevante. Benché in generale siamo contrari ai veti e dobbiamo lavorare tutti insieme per togliere questo veto, devo dire che il Partito popolare europeo capisce la posizione polacca. Siamo d’accordo con il Presidente della Commissione Barroso, che ha definito una reazione eccessiva il bando della carne polacca da parte della Russia. A suo parere, non c’erano motivi per mantenere il divieto. Per questo il Partito popolare europeo invita la Russia a collaborare in modo costruttivo per far sì che venga tolto il veto, trovando il modo di eliminare il divieto di importazione della carne polacca.

Vorremmo vedere lo stesso atteggiamento nei confronti della Georgia. Ci auguriamo che, riguardo alla Moldavia, non ci saranno bandi – ne abbiamo avuto l’annuncio oggi, e vorremmo chiedere alla Russia di non minacciare divieti nei confronti di tutta l’Unione europea quando entreranno Romania e Bulgaria.

Se potremo procedere con i negoziati, parliamo di equilibrio ed economia. Se la Russia vuole investire nelle nostre industrie, anche noi dobbiamo essere in grado di investire nello stesso modo nelle industrie russe. Passando al capitolo dell’energia, ci auguriamo che, dopo l’accordo di principio, saranno accettati i principi di base del capitolo.

Ultimo, ma non per questo meno importante, il tema dei diritti umani. Mi auguro che il dialogo sui diritti umani si svolga in pubblico. Spero veramente che la Russia invii dei segnali positivi dopo i recenti omicidi sospetti, innanzi tutto prendendo gli assassini di Anna Politkovskaja. Noi, come Europa, dobbiamo essere più che mai uniti su questo.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Hannes Swoboda, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, come hanno indicato le rappresentanti del Consiglio e della Commissione – senza tuttavia affermarlo esplicitamente – è indubbio che le relazioni tra Unione europea e Russia sono diventate problematiche. Il mio gruppo era favorevole all’avvio dei negoziati con la Russia, perché sarebbero serviti da banco di prova per verificare se questo paese intende realmente intraprendere dei negoziati equi e arrivare a risultati equi; ma capiamo bene che cosa ha indotto la Polonia a esercitare il suo veto, e in presenza di misure discriminatorie – perché è così che intendo le parole del Commissario Ferrero-Waldner – la Polonia merita la nostra piena solidarietà. Non possiamo tollerare un trattamento discriminatorio o ingiusto nei confronti di uno o più Stati membri dell’UE.

Secondo, ora è assolutamente necessario che l’Unione europea agisca all’unisono. Non è accettabile che singoli paesi seguano strade individuali e consentano alla Russia di selezionare dei paesi con cui portare avanti negoziati separati. Confido che la solidarietà all’interno dell’Unione europea non venga compromessa.

Terzo, i nostri vicini comuni hanno bisogno di sostegno, perché si trovano in una posizione difficile nei confronti della Russia. Proprio l’idea di offrire un sostegno a questi paesi è alla base della nostra proposta di una comunità UE-Mar Nero, di cui discuteremo in Aula in dicembre.

Quarto, esiste la questione dei diritti umani, sulla quale non staremo in silenzio, a prescindere dal varo dei negoziati. Non possiamo accettare che il Presidente Putin da un lato affermi di non avere niente a che fare con quello che sta accadendo, ma dall’altro non faccia nulla per garantire che i responsabili siano portati dinanzi a un giudice. E’ il Presidente della Russia che ora deve affrontare il problema, lui e nessun altro. Nessuno di noi, certamente nessuno dei membri del mio gruppo, desidera un’altra guerra fredda con la Russia, ma non resteremo in silenzio finché vengono commesse violazioni dei diritti umani come quelle attuali, risultanti nella morte di persone che lottano per la libertà di espressione e di opinione in Russia.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Paavo Väyrynen, a nome del gruppo ALDE. – (FI) Signor Presidente, negli ultimi mesi è emersa una nuova atmosfera di cooperazione tra Unione europea e Russia: lo spirito di Lahti, com’è stato definito dopo il vertice informale in autunno. Inoltre, è stato in questo stesso spirito che siamo stati in grado di portare a termine il recente Vertice UE-Russia.

Una caratteristica dello spirito di Lahti è la capacità di affrontare apertamente questioni difficili. A Lahti e a Helsinki si sono anche avute discussioni franche in materia di diritti umani e democrazia. Al Vertice di Helsinki, l’accordo è stato ostacolato da una lite che ha impedito la ripresa dei colloqui sul nuovo accordo di partenariato. Le parti avranno comunque capito che potrebbero lavorare insieme sulla base dell’accordo attuale, ancora in vigore per il momento.

I colloqui sul nuovo accordo di partenariato devono essere avviati al più presto. D’altro canto, è possibile produrre nuove idee su come migliorare la cooperazione sulla base dell’accordo vigente.

Il vertice ha ottenuto un risultato positivo in due aree importanti. Innanzi tutto, i diritti da versare per il sorvolo della Siberia cominceranno gradualmente ad essere ridotti, per essere eliminati completamente entro il 2013. Poi, a margine del vertice sono stati firmati accordi tra UE, Russia, Norvegia e Islanda sulla dimensione settentrionale. Dunque, i paesi nordeuropei hanno raggiunto un nuovo accordo che fornirà un quadro di riferimento per la cooperazione nei quattro “spazi comuni” stabiliti dall’UE e dalla Russia.

Si è discusso delle file di autocarri al confine tra l’UE e la Russia. Si è parlato di questo oggi a Mosca, nei colloqui tra i Primi Ministri finlandese e russo. Il problema è che sul versante russo i controlli possono essere svolti da ben sette funzionari. Adesso il loro numero sarà ridotto a due e i controlli alle frontiere saranno accelerati anche in altri modi. In ogni caso, occorre una soluzione rapida a questo problema urgente.

 
  
MPphoto
 
 

  Daniel Cohn-Bendit, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, le relazioni e le discussioni tra Europa e Russia ricordano l’arte surrealista o un film di Woody Allen.

Delle due cose l’una: o la carne polacca non è buona, nel qual caso il Presidente Putin ha ragione e questa carne non dev’essere più distribuita in Europa, oppure la carne polacca è buona, nel qual caso può essere distribuita in Europa, e l’atteggiamento di Putin e della Russia è ingiusto e passibile di sanzioni. Non è questione di esagerare o meno: o è vero o non è vero, tutto qui.

In secondo luogo, riguardo ai diritti umani, il Presidente Putin, con il suo viso angelico da judoka addestrato dal KGB, continua a ripeterci: “Non ho niente a che fare con questa storia.” In tutta Europa vengono commessi omicidi, una donna viene assassinata a Mosca, un ex agente del KGB viene ucciso a Londra, e Putin continua a ripetere: “Non ho niente a che fare con quanto è accaduto”. Evidentemente, è stato Khodorkovsky che, dalla prigione, ha organizzato l’assassinio di Anna Politkovskaja ed è stato Lebedev che, dalla prigione, ha organizzato l’assassinio dell’ex agente del KGB.

Una cosa è certa: le leggi approvate dalla Duma sono leggi approvate dal partito del Presidente Putin, con il risultato che l’opposizione non ha più il diritto di parlare, che le organizzazioni non governative non hanno più il diritto di esprimere la loro opinione e che le fondazioni europee non hanno più il diritto di esistere. E anche su questi temi il Presidente Putin ripete “Non ho niente a che vedere con questi fatti. Ero a una conferenza a Parigi, a Londra, o non so dove, e non so che cosa è stato votato dalla Duma.”

Non dobbiamo farci prendere in giro. Preferirei che non ci fossero prospettive di guerra fredda. Nessuno vuole la guerra fredda, ma tutto ha un limite. Non possiamo accettare che un personaggio politico pubblico continui a mentirci: o il Presidente Putin decide di comportarsi correttamente e di rispondere alle nostre domande, o assumeremo un tono diverso. Avremo anche bisogno della sua energia, ma non abbiamo bisogno di qualcuno che continua a prendersi gioco di noi.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Vladimír Remek, a norme del gruppo GUE/NGL. – (CS) Onorevoli colleghi, sarebbe veramente ardito affermare che il recente vertice in Finlandia è stato un successo, anche se vi abbiamo contribuito direttamente. La nostra cosiddetta solidarietà non è servita assolutamente a nulla. E’ vero che la Russia ha bisogno dell’Unione, ma è anche vero che l’Unione ha bisogno della Russia. Fintanto che perseguiamo una linea russofobica sempre più dura, la Russia continuerà in modo pragmatico a collaborare con gli Stati membri dell’UE, non meno pragmatici, che sono i suoi principali partner economici, ossia la Germania, i Paesi Bassi e l’Italia, tra gli altri. Questa cooperazione continua indisturbata, senza che nessuno se ne sorprenda. Non riusciremo ad integrare una prospettiva comunitaria nell’accordo energetico con la Russia se ci limitiamo a favorire alcune imprese europee aiutandole a ottenere profitti dalle forniture energetiche russe. Non godremo di relazioni reciprocamente vantaggiose e necessarie con la Russia se, ad esempio, nei negoziati ufficiali tra delegazioni parlamentari dell’UE e della Russia alcuni dei posti riservati ai rappresentanti del Parlamento europeo restano vuoti. E’ difficile condurre adeguatamente dei negoziati se si chiudono occhi e orecchi.

 
  
MPphoto
 
 

  Konrad Szymański, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, è evidente che la Russia non intende accettare le implicazioni dell’ampliamento del 2004. Si rifiuta di procedere alla firma di trattati di confine con Lettonia ed Estonia, e ha fatto ricorso al gas per ricattare alcuni Stati membri. Recentemente, la Russia ha condotto una politica commerciale discriminatoria nei confronti della Polonia, sulla base di certificati veterinari falsi. La Polonia non può tollerare una simile discriminazione. E, cosa più importante, la Polonia non può accettare di aprire dei colloqui alle condizioni dettate dalla Russia.

Sono grato alla Commissione per aver preso atto di questi problemi e cercato delle soluzioni. Inoltre, vorrei sottolineare che la tensione che ha permeato l’ultimo vertice va ben al di là delle relazioni tra l’Unione e la Russia e il modo in cui sarà risolta determinerà la posizione e il futuro dell’intera Unione. Se la Russia riesce a dividerci, le possibilità di creare un’Europa politica e di realizzare un cambiamento istituzionale si ridurranno molto, in particolare per quanto riguarda una politica estera comune. Non ha senso creare nuove istituzioni se non sono sostenute da convinzioni comuni e se manca una volontà politica condivisa.

Se la Russia dovesse riuscire a dividerci ora, l’anno prossimo farà un altro passo avanti e nel frattempo la nostra politica estera comune resterà due passi indietro. Quindi non dobbiamo sorprenderci se la NATO sta assumendo l’iniziativa politica, ad esempio per quanto concerne una politica energetica comune. La NATO sta già preparando una definizione dettagliata del suo ruolo futuro su questa fondamentale questione.

 
  
MPphoto
 
 

  Mirosław Mariusz Piotrowski, a nome del gruppo IND/DEM. – (PL) Signor Presidente, l’ultimo Vertice UE-Russia non ha prodotto risultati specifici. Ciononostante, le modalità di svolgimento dell’incontro ci consentono di trarre diverse conclusioni che potrebbero essere pertinenti per i futuri negoziati sull’accordo di partenariato e cooperazione.

Innanzi tutto, per la Russia è una prassi abituale ricorrere a tattiche mirate a rompere l’unità dell’Unione, presentando i disaccordi del momento come problemi bilaterali con particolari Stati membri. Questo è quanto è successo riguardo al divieto di importazione di prodotti alimentari polacchi. La stessa tattica era stata applicata in precedenza nei confronti della Lettonia e di altri Stati del Baltico. Questo approccio si è dimostrato efficace, perché certi gruppi all’interno dell’Unione si sono uniti nelle critiche alla Polonia, attingendo a elementi della retorica utilizzata dalla Russia.

Secondo, pur essendo molto sensibile al tema del rispetto dei diritti umani negli Stati membri e nel resto del mondo, ad esempio in relazione alla guerra al terrorismo, l’Unione applica criteri diversi nei confronti della Russia. I responsabili delle decisioni nell’UE evitano deliberatamente di porre domande delicate e, se accade che vengano sollevate, ad esempio in merito agli omicidi politici o alla situazione in Cecenia, accettano senza riserve le risposte evasive del Presidente Putin.

Vale la pena di sottolineare che una valida cooperazione politica ed economica tra la Russia e l’UE è altamente auspicabile, ma l’atteggiamento eccessivamente sottomesso assunto finora dall’UE nelle relazioni con la Russia non aiuterà a raggiungere questo obiettivo. La ratifica del Trattato sulla Carta dell’energia e una risposta più decisa alle violazioni dei diritti umani dovrebbero essere considerate delle priorità nelle relazioni con la Russia. Ed è altrettanto necessario mantenere la solidarietà all’interno dell’Unione europea nei rapporti con un partner difficile.

 
  
MPphoto
 
 

  Charles Tannock (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, la Russia resta il nostro partner strategico nei quattro spazi comuni condivisi con l’UE. Abbiamo bisogno di una Russia forte, unita e stabile, come alleato nei confronti del crescente terrorismo islamico, che lavori insieme a noi nel Quartetto per risolvere il conflitto arabo-israeliano, che voti nel Consiglio di sicurezza dell’ONU per impedire la proliferazione nucleare iraniana e nordcoreana, e che sia un partner commerciale affidabile nel garantire l’approvvigionamento del 30 per cento del fabbisogno di gas dell’UE.

Ciononostante, disapproviamo le atrocità commesse in Cecenia, il deterioramento dei diritti umani e delle libertà democratiche – in particolare la libertà di stampa, e gli omicidi su commissione di giornalisti e oppositori del governo, come il cittadino della mia circoscrizione elettorale londinese, Alexander Litvinenko.

Respingiamo anche la tradizionale abitudine russa di coccolare bilateralmente grandi Stati membri come la Gran Bretagna, la Francia e la Germania, per metterne sotto pressione altri, quali gli Stati baltici e più recentemente la Polonia con l’embargo sulle sue esportazioni di carne. La Russia invoca troppo spesso le normative fitosanitarie per tiranneggiare “vicini prossimi” fastidiosi, come la Moldavia e la Georgia, dove è stato imposto il divieto su vini e acque minerali.

Oppure la Russia utilizza la fissazione di prezzi differenziali del gas praticata dalla Gazprom come strumento di politica estera per fare pressione su paesi vicini come l’Ucraina. Recentemente, la NATO ha pubblicato una relazione nella quale si suggerisce che la Russia stia pianificando la creazione di una “OPEC del gas” con Algeria, Qatar, Uzbekistan e Kazakistan, che rappresenterebbe una seria minaccia per gli interessi dell’UE in fatto di sicurezza energetica esterna. Un modo per rispondere a questa eventualità, in particolare dopo il rifiuto della Russia di firmare il Trattato sulla Carta dell’energia, è dire al Presidente del Kazakistan Nazarbayev, in occasione della sua visita a Bruxelles la prossima settimana, che il suo paese, così come il cugino etnico Azerbaigian, sarebbe il benvenuto nella politica europea di vicinato, invece di unirsi a Russia, Ucraina e Bielorussia nello Spazio economico unico previsto dal Trattato di Yalta.

 
  
MPphoto
 
 

  Reino Paasilinna (PSE).(FI) Signor Presidente, signora Ministro, parlerò solo della questione dell’energia, perché non si può parlare di tutto e vorrei toccare circa sei punti. Per noi la sicurezza dell’approvvigionamento energetico è vitale, ma per la Russia è importante avere la garanzia di un cliente permanente. Si deve aprire il mercato da entrambe le parti. Occorrono altresì accordi commerciali a lungo termine. Anche la Russia ne ha bisogno, poiché deve investire nella sua industria energetica, che è quasi a brandelli.

Il dibattito sull’energia necessita di un maggiore orientamento politico da parte nostra. Quella dell’energia è una questione molto politica. Ciononostante, continuiamo a parlarne qui, senza neppure andare in Russia per renderci conto della situazione energetica. Dobbiamo andare là. E’ passato molto tempo da quando qualcuno vi si è recato con questo intento.

Infine, vorrei dire che l’energia ora è un motivo di contrasto tra noi e la Russia. Non si può risolvere con l’elettricità o il gas: se ne devono occupare i politici. Quindi, dobbiamo agire come politici nel campo dell’energia, e insieme alla Russia trovare una forma di cooperazione soddisfacente per entrambe le parti.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Inese Vaidere (UEN).(LV) Onorevoli colleghi, la conclusione del nuovo accordo di partenariato con la Russia è un passo avanti significativo nella cooperazione, che contribuirà anche a risolvere la questione dell’energia. Tuttavia, nel nome delle buone relazioni non dovremmo trascurare il pacchetto di richieste da presentare alla Russia per rendere possibile questa cooperazione. Non dovremmo ignorare che in Russia la democrazia è sotto pressione, che esistono limitazioni scioccanti alla libertà di espressione e alla libertà di stampa. Le intimidazioni nei confronti degli oppositori politici e le uccisioni di giornalisti diventano sempre più frequenti. Negli ultimi sette anni sono stati uccisi 13 giornalisti, ma non è stato individuato un solo colpevole di questi omicidi su commissione. Nello stesso tempo, le autorità russe non fanno niente per affrontare i problemi del razzismo e della xenofobia. Anzi, è vero il contrario: in Russia, la violenza è diventata parte integrante del sistema di governo. La Russia utilizza la sfera commerciale come uno strumento di politica estera, presentando standard molto elevati ai suoi partner, che comunque usa selettivamente. L’Unione europea deve assicurarsi che la Russia mostri una reale volontà di risolvere questi problemi, e che concluda in tempi rapidi gli accordi di confine con Estonia e Lettonia. Questo requisito dev’essere ribadito anche nei documenti e desidero ringraziare la Commissione per aver affrontato questi temi.

 
  
MPphoto
 
 

  Elmar Brok (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, le relazioni con la Russia rivestono un’importanza strategica. Guardando agli sviluppi in Medio Oriente e considerando il ruolo della Russia all’interno del Consiglio di sicurezza su questioni relative ad aree problematiche come l’Iran e la Corea del Nord, ci rendiamo conto che è nel nostro interesse avere la Russia dalla nostra parte. Sappiamo anche che il mandato di negoziazione di un nuovo accordo di partenariato e cooperazione dev’essere ampliato prevedendo l’inserimento nell’accordo di questioni concernenti la sicurezza energetica, la democrazia e i diritti umani in Russia. Ma per fare questo occorre aprire i negoziati, e un veto non è utile, perché impedisce di arrivare a una soluzione su questi temi.

Nel contempo, però, mi pare estremamente importante che la Commissione e il Consiglio nel corso dei negoziati tengano ben presente – e lo utilizzino come argomento, se lo desiderano – che qualsiasi accordo in definitiva dev’essere ratificato dal Parlamento e che non accetteremo un accordo che non comprenda determinate condizioni, decisive in termini di solidarietà tra tutti gli Stati membri dell’Unione europea.

Vorrei toccare un punto da cui si evince che è manifestamente nel nostro interesse strategico che l’Unione europea agisca all’unisono in questioni di politica estera, e che la solidarietà si può manifestare anche in questioni minori, come ad esempio la questione del commercio con la Polonia. Se si dà l’impressione di protestare contro le misure commerciali di un paese terzo, anche con azioni eclatanti, solo quando colpiscono la Germania o il Regno Unito o la Francia, gli Stati membri più piccoli o più recenti si fanno l’idea che ai loro problemi non venga attribuita la stessa importanza, e alla fine si crea un problema di credibilità. Alla luce di come è stata gestita finora la questione degli scambi tra Russia e Polonia, posso ben capire la posizione della Polonia. Non è più possibile prendere misure contro un singolo paese, semplicemente perché ora esiste un’unica politica commerciale.

Chiedo quindi alla Commissione, e al suo membro competente per le questioni commerciali, di mettere questo punto nella lista delle priorità per il futuro. Non lo si è fatto nel caso della Polonia, né nove mesi fa per la questione tra Iran e Danimarca. Penso che la Commissione abbia capito che in questo modo è possibile trasmettere un messaggio importante ai cittadini degli Stati membri, ossia che prendiamo sul serio le loro preoccupazioni e ce ne occupiamo. Così diventa più facile raggiungere un accordo su altre questioni..

 
  
MPphoto
 
 

  Marek Siwiec (PSE).(PL) Signor Presidente, la Federazione russa applica criteri diversi agli Stati membri dell’Unione europea, dividendoli in paesi buoni e cattivi. Quelli buoni vengono premiati con relazioni normali, mentre quelli cattivi vengono penalizzati con sanzioni come restrizioni commerciali. Si tratta della vecchia politica del divide et impera.

Non abbiamo nessuna influenza sulle ambizioni del Cremlino, che sta vivendo una rinascita della sua visione imperialista. I suoi leader possono permettersi di pensarla così, perché i prezzi del petrolio e del gas sono in crescita e noi dobbiamo pagarli. La nostra reazione a questa politica è cruciale. Se non siamo tutti uniti nella nostra risposta, finiremo per alimentare l’atteggiamento imperialista della Russia nelle relazioni internazionali. Non voglio dire che dobbiamo temere la Russia, bensì che il miglioramento delle relazioni tra l’Unione europea e la Russia deve basarsi su una posizione di solidità e stabilità e che occorre eliminare tutte le divisioni tra buoni e cattivi, vincitori e vinti.

 
  
MPphoto
 
 

  Ryszard Czarnecki (UEN).(PL) Signor Presidente, l’esito del vertice in Finlandia non è stato quello che avrebbe potuto essere. I nostri stimati partner russi farebbero bene a trarre una lezione da questa esperienza.

La Russia e l’Unione europea devono riconoscere che quanto è accaduto segna la fine di un certo modo di risolvere i problemi tra Mosca e l’UE, e in particolare tra Mosca e alcuni degli Stati membri più ricchi e più forti. Si può e si deve porre fine alle intese bilaterali tra Russia e Germania, Russia e Francia o Russia e Regno Unito, per introdurre un dibattito onesto con l’Unione europea nel suo complesso.

Anche l’Unione europea deve imparare da questa esperienza. Eventuali problemi che potrebbero rappresentare un ostacolo per accordi generali si dovrebbero risolvere completamente prima di un vertice del genere. L’embargo russo sulla carne polacca è stato un esempio pertinente. Il resto dell’UE non dovrebbe essere sorpresa che la Polonia abbia puntato i piedi su questo argomento, che per noi è molto importante. L’abbiamo considerato come una sorta di cartina di tornasole non solo delle intenzioni della Russia nei confronti della Polonia, ma anche delle intenzioni degli altri Stati membri nei confronti del nostro paese.

In conclusione, vorrei sottolineare che non dovremmo mai permettere che la solidarietà europea sia solo un vuoto slogan.

 
  
MPphoto
 
 

  Tunne Kelam (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, desidero ringraziare il Commissario per aver sollevato la questione dei diritti umani con i nostri partner russi. Tuttavia, nella situazione attuale, non basta sollevare delle questioni delicate. Abbiamo anche il diritto di ricevere risposte significative e di vedere cambiamenti nel modello negativo che si osserva attualmente. Solo tali cambiamenti, attuati con riforme positive, potrebbero alimentare la nuova fiducia di cui abbiamo fortemente bisogno per continuare sulla strada del partenariato strategico.

A questo punto, la Commissione deve convincere l’amministrazione russa che i valori democratici non sono in secondo piano nel nostro pacchetto negoziale. E’ proprio quello che i cittadini democratici della Russia si aspettano da noi, e noi non possiamo tradirli.

In secondo luogo, invito la Commissione a promuovere più attivamente la solidarietà all’interno dell’UE, nostro principio fondamentale. Troppo spesso l’UE considera le relazioni degli Stati membri con la Russia come una questione bilaterale. Il messaggio dell’UE alla Russia a questo punto dovrebbe essere che una pressione politica o economica su un singolo Stato membro rappresenta un problema per l’intera Europa. Questo potrebbe convincere i nostri partner a modificare il loro comportamento.

Infine, l’UE ha una certa influenza sulla Russia. Le relazioni tra la Russia e l’UE interessano alla Russia tanto quanto interessano a noi. Poiché la Russia tiene alla sua immagine di partner globale, dovremmo far sì che il Presidente Putin lavori per dimostrare in modo convincente che la Russia potrebbe sbarazzarsi di questo modello negativo, o almeno smettere di mentirci.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. TRAKATELLIS
Vicepresidente

 
  
MPphoto
 
 

  Rihards Pīks (PPE-DE) . – (LV) Signor Presidente, Commissario Ferrero-Waldner e Presidente in carica Lehtomäki, vi ringrazio. Penso che abbiate fatto un ottimo lavoro al vertice e nel corso della discussione. Ovviamente, avremmo voluto che si avviassero i colloqui sul nuovo accordo. Perché? Naturalmente perché vogliamo la sicurezza dell’approvvigionamento energetico. Tuttavia, non penso affatto che dovremmo ignorare i nostri Stati membri. Abbiamo bisogno di solidarietà. Vorrei solo presentare alcuni esempi dello scorso anno, che a mio parere dimostrano che la Russia ha un atteggiamento selettivo. Si comincia il 1° gennaio, con l’interruzione delle forniture di gas all’Ucraina; in seguito, abbiamo appreso che il vino della Moldavia non era più accettabile mentre quello della Transnistria, che utilizza le stesse tecnologie, era accettabile. Poi la Georgia ha disubbidito – e improvvisamente qualche furfante ha fatto scoppiare il gasdotto vicino al confine della Georgia, per cui le forniture di gas si sono interrotte per una settimana o due. La Lituania vende le sue partecipazioni nella raffineria di Mazeiku ai polacchi e non ai russi: improvvisamente si rompe una condotta e alla raffineria di Mazeiku non arriva più petrolio. Poco tempo fa, il pesce in scatola lettone è stato ritirato dalla circolazione in Russia. Il nostro ispettorato per la sicurezza alimentare ha controllato gli alimenti in scatola provenienti dalla Russia nel nostro paese e in Germania e ha riscontrato le stesse quantità delle sostanze per cui la Russia ci ha criticato. Sono tutti esempi di come la Russia purtroppo trova sempre un motivo per rimproverare gli altri, o sospendere le forniture, o imporre un embargo. Quindi mi pare che sia estremamente importante includere la sicurezza dell’approvvigionamento energetico nel nuovo accordo. Vi auguro di riuscire nel vostro compito.

 
  
MPphoto
 
 

  Béla Glattfelder (PPE-DE).(HU) Signor Presidente, il commercio è un elemento molto importante delle relazioni tra la Russia e l’Unione europea. Le basi per il commercio sono la certezza giuridica e la prevedibilità e a tal fine occorre rispettare gli accordi commerciali comuni.

L’UE deve insistere per la piena osservanza dei principi e delle norme contenute nell’accordo di partenariato e cooperazione. Il divieto russo alle importazioni di carne polacca e altri prodotti agricoli è una violazione di questi principi e di queste norme. Si tratta di misure eccessive e ingiustificate che avrebbero dovuto essere ritirate già da tempo. La discussione sul commercio resta irrisolta perché la Russia non mostra alcuna volontà di collaborare.

L’UE deve insistere sull’osservanza dell’accordo di partenariato e cooperazione e mostrarsi solidale con gli amici polacchi, parlando con una sola voce per incoraggiare la Russia a onorare gli accordi commerciali. Dev’essere assolutamente chiaro che l’UE non tollera che partner commerciali adottino misure discriminatorie nei confronti di uno dei suoi Stati membri. Una posizione univoca è importante anche perché la Russia ora sta minacciando di imporre il divieto alle importazioni di tutti i prodotti a base di carne provenienti dall’UE, a causa dell’ingresso di Romania e Bulgaria.

Si tratta di un tema particolarmente significativo dal punto di vista dell’Ungheria, poiché in Russia vengono vendute grandi quantità di vino con l’etichetta “Tokaji” anche se non hanno niente a che vedere con la regione del Tokaj. La Russia quindi viola diverse norme di protezione dell’origine contenute nell’accordo di partenariato. Perciò l’UE deve prendere una posizione univoca su questo problema.

 
  
MPphoto
 
 

  Bogusław Sonik (PPE-DE).(PL) Signor Presidente, l’Unione europea deve dimostrare solidarietà nelle relazioni con la Russia. Mosca vuole dividere i paesi dell’Unione in partner buoni e cattivi. Quelli buoni sono i paesi più grandi e più ricchi, come la Germania e la Francia. Sono i paesi con cui il Presidente Putin desidera condurre la sua politica europea. Piegarsi a questo trattamento significa la fine e l’asservimento dell’Unione europea. Dobbiamo parlare con una sola voce nelle nostre relazioni con la Russia. La Commissione europea avrebbe dovuto intervenire prima sulla questione dei prodotti alimentari polacchi. Anche le preoccupazioni della Polonia in merito alla costruzione del gasdotto settentrionale avrebbero dovuto essere prese più seriamente.

La Russia è un partner importante per l’UE. Dobbiamo insistere sul rispetto per la libertà di espressione e di associazione all’interno della Russia, e anche sul rispetto dei diritti umani e della libertà di azione dell’opposizione.

Non è vero che tutti i polacchi sono antirussi. Noi apprezziamo la cultura russa e riteniamo che la Russia sia una nazione straordinaria, che ha prodotto figure di rilievo nella cultura, nella scienza e nella musica. Ha pagato un prezzo molto alto per la pazzia dell’utopia bolscevico-comunista. Non smetteremo mai di sostenere coloro che, come Hertzen, Solženicyn, Sacharov, Bukowski, Kovalev o la Politkovskaja, hanno osato parlare apertamente dell’esigenza di una Russia libera e democratica, determinata a dedicare tutte le sue energie al proprio sviluppo e al miglioramento del destino dei suoi cittadini, astenendosi dall’assoggettamento imperialista dei suoi vicini.

 
  
MPphoto
 
 

  Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli parlamentari, innanzi tutto desidero ringraziarvi per questa discussione accesa, ma proficua. Il fatto di poter discutere di tutto, anche di questioni problematiche, è segno di una collaborazione positiva. Questo presupposto essenziale per una valida collaborazione è stato soddisfatto al Vertice UE-Russia, dove abbiamo potuto discutere anche di questi temi delicati in termini concreti, e non solo in termini di principio.

Dalla discussione risulta evidente che è necessario trovare un equilibrio nella cooperazione tra l’UE e la Russia. Nei discorsi di apertura del vertice, le due parti hanno posto una grande enfasi sul fatto che entrambe, Unione europea e Russia, sono in una situazione di forte dipendenza reciproca. Noi dipendiamo da loro per molti versi, così come loro dipendono da noi.

In parte, l’equilibrio sta nell’idea di trattare il proprio partner su un piano di parità e, aggiungo, con rispetto. Inoltre, i migliori risultati nella cooperazione con la Russia si ottengono nello specifico attraverso il dialogo e una stretta collaborazione, cose impossibili se ci rivolgiamo ai nostri interlocutori nella convinzione di avere comunque ragione mentre loro hanno inevitabilmente torto, e che saremo noi a insegnare a loro che cosa devono fare. I risultati migliori si ottengono attraverso il dialogo aperto su tutti i temi, mantenendo nel contempo il rispetto per il partner. I valori fondamentali dell’Unione europea non sono oggetto di negoziato in questo dialogo. I nostri valori non sono in vendita.

La questione dei diritti umani è centrale nel dialogo tra l’Unione e la Russia. Per la loro attuazione pratica è fondamentale il progresso dello Stato di diritto in Russia. L’Unione intende collaborare strettamente con la Russia in molti modi per stabilire il principio dello Stato di diritto.

I nostri quattro “spazi comuni” sono una buona opportunità per promuovere la cooperazione non solo nel settore dell’energia, ma anche in molte altre aree. Ora che dobbiamo lavorare per ottenere un ulteriore mandato per un nuovo accordo di partenariato, vale la pena di ricordare che anche l’accordo vigente ci consente di collaborare in modo più stretto ed efficace. Quindi non dobbiamo limitarci ad aspettare un nuovo mandato: possiamo muoverci sulla base di quello attuale.

Nella discussione si è dato molto peso all’importanza della solidarietà all’interno dell’Unione europea. In questo caso, la solidarietà è stata ben evidenziata dal fatto che, fino all’ultimo, la Commissione e la Presidenza del Consiglio hanno fatto il possibile per trovare una soluzione sui restanti punti di divergenza e avviare i colloqui sul nuovo accordo. Ma purtroppo in questo abbiamo fallito.

Il Presidente Putin ha detto molto chiaramente più di una volta che la carne polacca è la benvenuta in Russia. Dal loro punto di vista, il problema è la carne prodotta altrove che entra nel loro paese con un’etichetta polacca, secondo una prassi che non possono accettare. Occorre impegnarsi ancora per risolvere questo problema e giungere ad un accordo.

Appena prima del vertice è arrivata la notizia che gli Stati Uniti d’America e la Russia avevano concluso un accordo bilaterale in merito all’adesione della Russia all’Organizzazione mondiale del commercio. Considerando questo importante passo avanti nel cammino verso l’adesione della Russia all’OMC, è chiaro che la Russia entrerà nell’OMC nel prossimo futuro. Questa novità comporterà nuove prospettive veramente positive per la cooperazione economica tra Unione europea e Russia. Anche il Commissario Mandelson e il ministro del Commercio russo Gref hanno presentato i rispettivi punti di vista al vertice. Quindi siamo di fronte a molte opportunità straordinarie, ma anche a numerose aree problematiche nelle quali occorre portare avanti la cooperazione. Una cooperazione su una base paritaria e improntata al rispetto reciproco.

 
  
MPphoto
 
 

  Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, le relazioni UE-Russia effettivamente sono estremamente complesse. Da un lato, la Russia è un partner strategico, mentre dall’altro è un vicino comune. Occorre trovare un equilibrio tra questi due elementi molto importanti.

In secondo luogo, per quanto concerne la questione della carne, abbiamo lavorato molto con i polacchi e con i russi, ma noi in quanto Commissione non abbiamo nemmeno una responsabilità ufficiale sulla materia. Siamo competenti per le importazioni, ma non per le esportazioni. Talvolta queste cose contano; ad esempio, abbiamo chiesto delle commissioni trilaterali. Questa è stata la nostra proposta. Abbiamo chiesto di sederci ad un tavolo a tre per cercare di trovare una soluzione. Al termine di una lunga discussione in merito alla carne importata illegalmente in Russia da paesi terzi – non si trattava della carne polacca, posso solo sottoscrivere questo – il Presidente Putin ha convenuto di dare istruzioni al suo ministro dell’Agricoltura di lavorare in più stretta collaborazione con i funzionari polacchi. Mi auguro che questo significhi che si è aperta una strada chiara verso una soluzione.

Purtroppo, non penso che giuridicamente disponiamo di altre possibilità. I commenti della collega sull’OMC sono molto giusti. Questo ci offrirà maggiori possibilità in termini giuridici.

Sono anche lieta di comunicarvi che oggi abbiamo adottato la comunicazione sulla politica di vicinato che giungerà al Parlamento nel giro di qualche giorno. La presenterò ufficialmente ai media lunedì, perché oggi abbiamo avuto il dibattito sulla Turchia.

Si è parlato anche della cooperazione nella regione del Mar Nero. Volevo citarla perché è un punto emerso nella discussione. A nostro avviso, è molto importante che i nostri vicini orientali si riuniscano in una forma di cooperazione nella regione del Mar Nero – che significa mettere insieme Turchia e Russia. Alla fine, dovremo impegnarci per trovare insieme delle soluzioni.

In questo nuovo accordo sarà presente anche la questione dell’energia nella sua interezza. Molti aspetti sono già stati discussi. L’altro giorno a Bruxelles si è tenuto un convegno molto importante sull’energia; esiste tutta una serie di idee diverse su trasparenza, reciprocità e certezza giuridica per gli investimenti. A Lahti si sono fatti dei progressi, che devono essere inseriti anche nel nostro accordo, perché abbiamo bisogno di un mercato stabile della tecnologia e di un mercato stabile che sarà utile per tutti, utilizzando le entrate e le risorse russe, e contribuirà alle nostre possibilità in quanto consumatori.

Vorrei anche dire che abbiamo mostrato la massima solidarietà possibile con la Polonia. Non accetto che si dica che non è stato fatto il massimo. D’altro canto, vogliamo continuare a lavorare e quindi penso che dobbiamo mantenere queste relazioni complesse ed equilibrate.

E’ stato un incontro molto franco e aperto. Questo è sempre positivo. Preferisco un colloquio aperto e franco che ci dia la possibilità di risolvere un problema, magari riservandoci di risolverne altri la prossima volta.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà durante la tornata di dicembre.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)

 
  
MPphoto
 
 

  Bogdan Golik (PSE).(PL) Desidero esprimere la mia forte preoccupazione in merito al divieto alle importazioni di prodotti animali e vegetali dalla Polonia imposto dalla Federazione russa negli ultimi 12 mesi. Mi appello alla Commissione europea affinché intraprenda un’azione più incisiva per risolvere il problema. In considerazione dello stallo nelle relazioni con Mosca, sembrerebbe che il modo migliore di procedere debba prevedere che la Russia e l’Unione europea trattino questa materia al livello dei massimi vertici politici.

Date le difficoltà concernenti il commercio di prodotti agricoli con la Russia, ritengo che sarebbe opportuno attribuire alla Commissione europea il potere di definire la politica commerciale nel suo complesso, comprendendo anche questioni relative alle esportazioni, oltre che alle importazioni. Può darsi che l’intera UE incontri delle difficoltà nel commercio con la Russia, e non solo la Polonia, la Romania e la Bulgaria. I principi vigenti dell’accesso separato dei singoli Stati membri ai mercati di paesi terzi si traducono in diseguaglianze nelle condizioni per le esportazioni e in un trattamento discriminatorio nei confronti di certi Stati membri.

La divisione delle competenze concernenti importazioni ed esportazioni appare contraria ai principi del mercato interno e alle disposizioni dell’articolo 133 del Trattato che istituisce la Comunità europea, secondo il quale la politica commerciale comune si deve basare su principi uniformi, anche relativamente alla politica di esportazione. Inoltre, occorre migliorare le prassi attuali della Commissione europea, onde evitare indebiti ritardi nella risoluzione di eventuali problemi e consentire una reazione rapida a situazioni inattese.

 
  
MPphoto
 
 

  Bruno Gollnisch (NI).(FR) Quelli che oggi assumono la posizione più dura nei confronti della Russia spesso sono coloro che per lungo tempo hanno negato l’esistenza dei gulag, la natura totalitaria del comunismo e la minaccia dell’imperialismo sovietico.

Per 74 anni, i comunisti hanno violato le libertà e le solidarietà più fondamentali, arrivando persino a costringere i bambini a denunciare i propri genitori. Non deve sorprendere che, uscendo da questo incubo, la democrazia russa non sia ancora perfetta.

Le nostre democrazie non sono meglio. In Francia, ad esempio, il Front National, che rappresenta oltre il 15 per cento dell’elettorato, non ha rappresentanti nell’Assemblea nazionale e i partiti al potere vogliono impedire al suo candidato, Jean-Marie Le Pen, di presentarsi alle elezioni presidenziali.

Diversamente dalla Turchia, che l’Europa di Bruxelles vuole accogliere, la Russia è una nazione interamente europea. Uniti dalle stesse radici cristiano-elleniche, i nostri popoli sono anche tristemente uniti dalle stesse minacce: calo delle nascite e immigrazione, materialismo e islamismo. E’ giunta l’ora di riunire i due rami, orientale e occidentale, della nostra civiltà, al di là della linea divisoria di Teodosio, per riconciliare gli eredi di San Benedetto con quelli di San Cirillo.

 
  
MPphoto
 
 

  Filip Kaczmarek (PPE-DE).(PL) La Russia è un vicino molto importante dell’Unione europea, che a sua volta è un partner importante per la Russia. Perché questo partenariato sia valido e genuino, la Russia deve comprendere la natura dell’UE, che dovrebbe aiutarla in questo senso. L’Unione europea si basa sul principio della solidarietà tra i suoi membri. Di conseguenza, la politica di seminare dissenso tra gli Stati membri dell’Unione e i contatti bilaterali presi dalla Russia per fare pressione su certi Stati membri sono aspetti che non possiamo tollerare.

In altri termini, la carne polacca è anche carne europea. Il divieto ingiustificato all’esportazione di carne polacca verso la Russia è un problema per l’UE nel suo complesso, a prescindere dalle relazioni bilaterali tra Polonia e Russia. A seguito di indagini è emerso che i certificati veterinari che erano serviti come pretesto per imporre l’embargo sulla carne polacca si riferivano a carni prodotte negli USA ed esportate in Russia attraverso la Lituania. Quindi l’embargo è una misura politica.

Mi compiaccio che la Presidenza finlandese scelga con attenzione le parole e descriva la cooperazione tra la Russia e l’UE nel settore energetico in termini di interdipendenza positiva. Tuttavia, ci si chiede che cosa significhi veramente e in che modo la Russia intenda i concetti di “positivo” e “interdipendente”. Onde evitare divergenze nell’interpretazione, sarebbe meglio includere gli elementi principali della Carta e del protocollo sul transito nel nuovo accordo di partenariato e cooperazione tra Russia e UE. In questo modo si garantirebbe la liberalizzazione delle forniture di gas dall’Asia centrale attraverso il territorio russo.

 

14. Adesione della Bulgaria - Adesione della Romania (discussione)
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta:

– la relazione (A6-0420/2006), presentata dall’onorevole Geoffrey Van Orden a nome della commissione per gli affari esteri, sull’adesione della Bulgaria all’Unione europea [2006/2114(INI)], e

– la relazione (A6-0421/2006), presentata dall’onorevole Pierre Moscovici a nome della commissione per gli affari esteri, sull’adesione della Romania all’Unione europea [2006/2115(INI)].

 
  
MPphoto
 
 

  Geoffrey Van Orden (PPE-DE), relatore. – (EN) Signor Presidente, la Bulgaria presentò la sua domanda di adesione all’Unione europea 11 anni fa, nel 1995, e i negoziati furono avviati cinque anni più tardi. Da allora abbiamo assistito a cambiamenti straordinari: sul piano economico, il PIL è raddoppiato, gli investimenti esteri sono aumentati da meno di 100 milioni di dollari a oltre 1,7 miliardi di dollari, i salari reali sono aumentati di anno in anno e la disoccupazione si è dimezzata.

Dall’apertura dei negoziati a oggi abbiamo assistito a tre cambi di governo, in rappresentanza di un’ampia varietà di partiti politici: dal governo dell’UDF di Ivan Kostov al ritorno dell’ex Re Simeon, dal 2001 al 2005 alla guida del suo governo del Movimento nazionale, fino all’attuale coalizione a guida socialista sotto Sergei Stanishev. Tutti hanno svolto un ruolo importante nel processo di riforma, facendo avanzare la Bulgaria sulla via dell’adesione all’Unione europea.

Tale avanzamento è avvenuto nonostante una situazione regionale molto difficile, con un conflitto ai confini della Bulgaria. Le operazioni condotte dalla NATO contro la Serbia cominciarono nel marzo 1999 con bombardamenti aerei che distrussero i ponti sul Danubio e interruppero per due anni la navigazione tra il corso superiore e inferiore del Danubio. Oltre a tale disgregazione sul piano economico, nel 2005 varie parti della Bulgaria sono state colpite da inondazioni devastanti, che hanno causato numerosi morti e hanno lasciato senza casa migliaia di persone.

L’adesione alla NATO nel marzo 2004 e ora l’ingresso nell’Unione europea costituiscono un tributo alla determinazione e al duro lavoro svolto a tutti i livelli da tante persone appartenenti a ogni sfumatura di governo, e soprattutto un tributo al popolo bulgaro, che ha visto il proprio paese rivoluzionato, esaminato e giudicato a un ritmo sempre più incalzante. Si è adeguato a cambiamenti radicali, ha sopportato insulti generalizzati e ingiustificati, ma ha mostrato la pazienza e la determinazione di andare avanti malgrado tutto, forse ricordando il vecchio detto bulgaro: “Una parola gentile apre un cancello di ferro”.

Ho sempre sostenuto che la modernizzazione debba essere considerata vantaggiosa in sé e non soltanto un requisito indispensabile per l’adesione all’Unione europea, e tale convinzione si riflette oggi nella mia relazione. Al tempo stesso tutti riconosciamo che questo processo continuerà per molti anni dopo l’adesione.

Molti di voi sanno che sono critico verso molti aspetti dell’Unione europea, ma credo che il processo di allargamento sia un grande risultato, che estende ancor di più lo spazio di democrazia, stabilità, sicurezza e prosperità, con un generoso sostegno finanziario. A condizione che i fondi siano mirati, gestiti correttamente e ben utilizzati, in ultima analisi tale sostegno va a beneficio di tutti i cittadini e soprattutto del popolo bulgaro.

Vorrei concentrarmi su due particolari questioni. La riforma della polizia e del sistema giudiziario è stata un motivo di notevole preoccupazione durante l’intero processo di adesione. Si sono registrati notevoli progressi, ma c’è ancora molta strada da fare. Le vecchie abitudini sono dure a morire e la spesa pubblica è contesa tra tante esigenze diverse. Tuttavia, per la fiducia quotidiana dei cittadini nel governo e nell’amministrazione, nulla è più importante di un sistema giudiziario professionale, competente ed equo. Esorto le autorità bulgare a svolgere un’azione ancor più tangibile e visibile nella condanna dei reati più gravi.

Vorrei anche parlare di Kozloduy, un tema che ha richiamato grande attenzione. La Bulgaria è uno dei numerosi paesi in Europa che si troveranno ad affrontare nei prossimi anni un deficit energetico e dovranno dipendere sempre più dalle importazioni di energia dalla Russia e da regioni instabili. Io credo molto in risorse energetiche sicure e sostenibili, che producano minime emissioni di carbonio, nonché nella diversità e nella sicurezza dell’approvvigionamento. L’umore è cambiato ed è stato ampiamente riconosciuto che l’energia nucleare deve rivestire un ruolo più importante. Questo vale in particolare per la Bulgaria, che produce energia elettrica da fonti nucleari per soddisfare sia il proprio fabbisogno che quello di altri paesi della regione.

L’impegno è attualmente quello di chiudere quest’anno i due reattori, le unità 3 e 4, e in seguito di disattivarli. Abbiamo ribadito l’invito a dare prova di una certa flessibilità, evitando un inutile dogmatismo. Questo consentirà di avere il tempo necessario per stabilire come porre rimedio alle conseguenze economiche della chiusura prematura e per compiere progressi nella creazione di fonti aggiuntive di approvvigionamento energetico.

Vorrei fare un breve accenno a un’altra questione scottante. Dobbiamo ancora ottenere la liberazione delle infermiere bulgare detenute in Libia. Sono in carcere ingiustamente ormai da sette anni. Sarebbe un grande gesto se potessero essere a casa per Natale! Spero che il messaggio alle autorità libiche acquisti una forza ancora maggiore con l’imminente adesione della Bulgaria all’Unione europea. Esorto il Presidente del Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione a rivolgere un ulteriore appello al Presidente Gheddafi.

Colgo l’occasione anche per rendere omaggio a numerose organizzazioni di volontariato che hanno lavorato duramente nel corso degli anni in Bulgaria, tra cui Save the Children, ARK e Harvest for the Hungry, che ha sede nel mio collegio elettorale, a Chelmsford.

Desidero ringraziare gli osservatori bulgari per la loro cooperazione e assistenza. Sono ansioso di lavorare a stretto contatto con i deputati bulgari l’anno prossimo, dopo le elezioni in primavera, e voglio anche ringraziare il Parlamento per il privilegio di essere stato relatore incaricato in questi sei anni. In particolare, ringrazio i governi bulgari che si sono succeduti e il popolo della Bulgaria per il loro stoicismo e per l’amicizia. A loro va il nostro caloroso benvenuto nell’Unione.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Pierre Moscovici (PSE), relatore. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, lo scorso 26 settembre la Commissione europea ha presentato la sua relazione sui progressi realizzati dalla Romania in vista dell’adesione. Ora tocca al Parlamento pronunciarsi. E’ un momento importante poiché siamo giunti al termine di un processo che vede concludersi quest’ultima tappa dell’allargamento. Non si tratta infatti dell’inizio della prossima tappa, ma della conclusione del quinto allargamento. E’ un momento di grande rilevanza storica poiché segna la riunificazione del continente europeo.

Approfitto in particolare di questa opportunità per ringraziare la Commissione, e innanzi tutto il Commissario Rehn, il quale, durante l’intero processo, ha svolto un lavoro molto accurato e rigoroso e con il quale si è instaurata un’ottima e agevole cooperazione durante questi due anni. Mi congratulo con lui anche nella mia relazione. Rivolgo i miei ringraziamenti più calorosi anche a tutti i colleghi che hanno contribuito in ampia misura a migliorare e a completare le mie relazioni precedenti; ringrazio in particolare i miei colleghi della commissione per gli affari esteri, ma anche altre istanze del Parlamento, per le loro osservazioni e i loro suggerimenti spesso pertinenti.

La relazione segue la stessa linea delle relazioni precedenti, con un testo che intende essere positivo, incoraggiante, aperto, pur restando, come spero, esigente ed equilibrato. Segue altresì da vicino le conclusioni della Commissione nella sua relazione del settembre 2006. A mio parere, la situazione è chiara. Nel 2004 la Romania non era pronta. Da allora ha compiuto sforzi considerevoli, attuando una serie impressionante di riforme per la modernizzazione. Era importante sottolinearlo e, dopo l’onorevole Van Orden, voglio a mia volta porgere un caloroso benvenuto alla Romania, analogamente a quanto ha fatto il collega con la Bulgaria.

In sostanza, questa breve relazione si concentra in particolare su due punti: la data di adesione e le misure di accompagnamento e di verifica previste dalla Commissione. E’ strutturata intorno a sei punti principali. Innanzi tutto, si congratula con le autorità rumene per i notevoli progressi compiuti dall’inizio del processo. E’ universalmente riconosciuto che gli sforzi per la riforma profusi dal governo e dalle autorità rumene sono stati estremamente importanti, ed era quindi necessario sottolinearlo nella nostra risoluzione.

Lo scorso settembre la Commissione ha raccomandato l’adesione della Romania alla data del 1° gennaio 2007 e la mia relazione sostiene questo epilogo, che del resto auspicavo da tempo. Il testo sottolinea inoltre che, nei campi ritenuti problematici dalla Commissione nella sua relazione del maggio 2006, sono stati compiuti sostanziali progressi. Ricorda altresì che a settembre la Commissione ha individuato tre campi che postulano un’azione immediata – la riforma del sistema giudiziario, la lotta alla corruzione e, in misura inferiore, mi sembra, l’assorbimento degli aiuti comunitari stanziati nel settore agricolo e nel quadro dei Fondi strutturali nonché l’applicazione dell’acquis comunitario in taluni ambiti della sicurezza alimentare.

Quinto punto, la relazione sostiene la proposta della Commissione di varare meccanismi di verifica e misure di accompagnamento dei progressi in tali settori sulla base di un elenco di obiettivi identificati. Simili misure sono state applicate in occasione del precedente allargamento a beneficio di tutte le parti interessate. Non si tratta quindi di stigmatizzare o di isolare la Romania, ma piuttosto di sostenerla nei suoi sforzi di consolidamento delle riforme in corso.

Infine, ultimo punto, la mia relazione sprona il governo rumeno ad adottare tutti i provvedimenti necessari e ad approfittare pienamente del tempo che resta prima dell’adesione per evitare il ricorso alle clausole di salvaguardia.

Questa, onorevoli colleghi, è la struttura generale della relazione. Sono stati presentati solo cinque emendamenti per la plenaria, il che riflette, credo, il largo consenso che è emerso su questo documento, consenso che abbiamo ricercato in seno alle diverse commissioni.

Vi comunico ora alcune delle posizioni adottate dal mio gruppo. Il mio gruppo non darà indicazioni di voto per gli emendamenti nn. 1 e 2 degli onorevoli Gibault e Cavada. Questi emendamenti, tuttavia, fanno eco a una dichiarazione scritta firmata da oltre 400 deputati, me compreso. Dunque, a titolo personale, voterò a favore, ma la posizione del mio gruppo si esprimerà attraverso un voto libero. Il mio gruppo sosterrà l’emendamento n. 5 del gruppo GUE/NGL sugli sforzi compiuti dalla Romania in vista dell’adesione e voterà contro l’emendamento n. 4 dello stesso gruppo, che è già contemplato dalla relazione. Per quanto riguarda l’emendamento n. 3, il mio gruppo si asterrà.

Ecco, onorevoli colleghi, il frutto di un lavoro che svolgo da meno tempo rispetto all’onorevole Van Orden – solamente due anni – e che era stato iniziato da altri, in particolare dall’onorevole Nicholson, che era stata relatrice prima di me. Vi consegno il frutto di questo lavoro con una certa soddisfazione perché, in fondo, durante questi anni, ho sempre difeso la stessa posizione. Abbiamo un destino comune. Il posto della Romania e della Bulgaria è nell’Unione europea. Dobbiamo andare avanti. Dovevamo quindi essere solidali ma fermi.

Credo che la posizione del Parlamento europeo, che si avvicina a quella della Commissione, sia stata la posizione giusta perché ha permesso l’attuazione delle riforme necessarie e perché, nel contempo, consente la realizzazione del nostro obiettivo comune: l’adesione di Romania e Bulgaria alla data prevista. Penso che dobbiamo accogliere questo momento come un passo avanti sulla via della riunificazione dell’Europa. Spero che il consenso per il quale abbiamo lavorato tutti si rifletterà in un voto privo di ambiguità del Parlamento europeo. Vorrei che il messaggio che giungerà domani alla Romania sia un messaggio positivo, espresso se possibile a chiare lettere da una vasta maggioranza, e seguito da un’accoglienza calorosa e sincera.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, il 12 ottobre il Consiglio ha accolto favorevolmente la relazione di verifica della Commissione sullo stato di preparazione di Bulgaria e Romania per l’adesione all’Unione europea. Secondo la Commissione, attraverso i progressi compiuti Bulgaria e Romania hanno dimostrato che saranno pronte ad accettare i diritti e i doveri dell’adesione il 1° gennaio 2007. Il Consiglio ha esaminato approfonditamente la relazione di verifica ed è giunto alla stessa conclusione della Commissione. Abbiamo anche riconosciuto le riforme attuate da entrambi i paesi, e li abbiamo esortati a portare a conclusione i rimanenti preparativi per l’adesione.

Il Consiglio ha espresso il suo appoggio per il meccanismo di cooperazione e di verifica relativo alla riforma dell’ordinamento giudiziario e all’azione per combattere la criminalità organizzata e la corruzione. Questo meccanismo rende anche possibile, se necessario, l’adozione di misure di salvaguardia. Il Consiglio sostiene anche le altre misure menzionate dalla Commissione volte a garantire che le politiche comunitarie siano attuate correttamente e che il lavoro delle Istituzioni proceda senza problemi dopo l’adesione di Bulgaria e Romania. Il Consiglio sottolinea che entrambi i paesi devono continuare il loro impegno politico per risolvere le questioni rimaste in sospeso.

Bulgaria e Romania devono riferire periodicamente sui progressi compiuti nell’adempimento dei parametri. La prima relazione dovrebbe giungere alla Commissione entro la fine di marzo dell’anno prossimo. La Commissione riferirà poi al Parlamento europeo e al Consiglio sui progressi compiuti in merito ai parametri entro giugno del prossimo anno. Il Consiglio riesaminerà la situazione a giugno 2007 dopo aver ricevuto la relazione della Commissione.

I pareri del Parlamento europeo sono stati tenuti in considerazione durante l’intero processo di adesione per la Bulgaria e la Romania. Nella mia veste di rappresentante della Presidenza, voglio ringraziare i membri della delegazione alla commissione parlamentare mista UE-Bulgaria e della delegazione alla commissione parlamentare mista UE-Romania, nonché tutti i deputati al Parlamento europeo, per il loro importante contributo all’adesione di Bulgaria e Romania all’Unione europea. Terremo altresì in debito conto, ovviamente, le relazioni oggi in discussione.

Il processo di ratifica dei trattati di adesione negli Stati membri è quasi terminato. Ci attendiamo di poter accogliere Bulgaria e Romania come membri dell’Unione il 1° gennaio 2007. La loro adesione all’Unione europea concluderà questo storico quinto allargamento dell’UE, che finora si è dimostrato un grande successo.

 
  
MPphoto
 
 

  Olli Rehn, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, ringrazio i relatori, onorevoli Van Orden e Moscovici, per le loro relazioni equilibrate e concrete, che, come le relazioni della Commissione, riconoscono i progressi compiuti, ma mettono anche in evidenza le aree in cui sussistono questioni irrisolte per entrambi i paesi. Entrambe le nostre Istituzioni sostengono la data di adesione del 1° gennaio 2007.

Questo è un traguardo storico per la Bulgaria e la Romania, e desidero congratularmi vivamente con questi paesi. La chiave del loro successo è stata una combinazione tra i loro sforzi e il forte incoraggiamento e l’appoggio di tutte le Istituzioni dell’Unione, soprattutto del Parlamento. La loro adesione segnerà il completamento del quinto allargamento.

Sono felice di informarvi che le procedure di ratifica in tutti i 27 parlamenti sono state completate con successo – dovrei aggiungere il Parlamento europeo a questo elenco. La Commissione attende con ansia di dare il benvenuto a Bulgaria e Romania come membri a pieno titolo dell’Unione europea il 1° gennaio.

La Bulgaria e la Romania hanno continuato a compiere progressi dopo la pubblicazione della relazione di settembre. La Bulgaria ha riferito che il controllo e la gestione delle frontiere beneficiano ora della cooperazione intensificata tra diversi uffici, portando a un maggior numero di arresti connessi al contrabbando di beni e alla tratta di esseri umani. La cooperazione tra l’ufficio del pubblico ministero e la polizia è migliorata, portando a incriminazioni e allo smantellamento di gruppi criminali.

La Romania ha compiuto ulteriori progressi nell’ammodernamento delle proprie strutture di detenzione e ha lanciato una nuova campagna di sensibilizzazione contro la corruzione. Sono state mosse accuse ufficiali contro parti coinvolte nelle privatizzazioni nel settore dell’energia. Si registrano segnali piuttosto positivi in altri settori indicati a settembre tra quelli critici, come la sicurezza dell’aviazione in Bulgaria e i regimi di assicurazione per i veicoli a motore in entrambi i paesi. Su tali questioni saranno prese decisioni definitive a dicembre 2006, ovvero molto presto.

In alcune altre aree, sono state recentemente adottate misure specifiche per garantire la sicurezza alimentare sul mercato interno. Non è consentita alla Bulgaria e alla Romania l’esportazione sul mercato interno di prodotti derivati da suini né di suini vivi, a causa della presenza della classica peste suina. Sono stati aggiornati gli elenchi degli stabilimenti agroalimentari autorizzati alla produzione esclusivamente per il mercato nazionale, per un massimo di tre anni.

La Commissione sta preparando un meccanismo per la cooperazione e la verifica dei progressi compiuti nei settori della riforma del sistema giudiziario e della lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata. Questo meccanismo consentirà alla Commissione di seguire da vicino gli sviluppi in questi importantissimi settori. La Commissione ha individuato per entrambi i paesi i parametri che devono essere soddisfatti in queste aree critiche. Sono attualmente in corso i preparativi per la decisione della Commissione che stabilisce i dettagli di questo meccanismo e che sarà adottata entro la fine del 2006. Permetterà alla Commissione di essere informata approfonditamente sulle ulteriori riforme e azioni in queste importanti aree.

So che c’è una questione che sta particolarmente a cuore al Parlamento europeo: quella dell’applicazione delle misure di salvaguardia. Posso assicurarvi che la Commissione applicherà le appropriate misure di salvaguardia se uno dei paesi non adempirà adeguatamente i parametri. La Commissione può decidere di applicare le misure di salvaguardia nel settore della giustizia e degli affari interni in qualsiasi momento, se necessario.

Bulgaria e Romania certamente arricchiranno l’Unione senza compromettere il corretto funzionamento delle nostre politiche e Istituzioni comuni.

Desidero ringraziare tutti per il vostro appoggio, in particolare i relatori, onorevoli Van Orden e Moscovici, la commissione per gli affari esteri e il Parlamento nel suo insieme; vi sono grato per l’approccio concreto e costruttivo che avete dimostrato negli ultimi anni nei confronti di questo importante passo per il nostro comune progetto europeo, che ora continuerà con due nuovi importanti Stati membri.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Kinga Gál (PPE-DE), relatore per parere della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni. – (HU) Signor Presidente, il governo rumeno merita le nostre congratulazioni per gli sforzi profusi nel processo d’integrazione in Romania. La popolazione della Romania merita di vedere finalmente realizzata l’adesione all’UE. Nel parere approvato all’unanimità dalla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, di cui sono stata la relatrice, ho sottolineato, oltre alle questioni sollevate dalla Commissione, il tema dei diritti dei bambini e delle minoranze nazionali, e la maggior parte di questi punti ha trovato spazio, nella forma di una soluzione di compromesso, anche nella nostra relazione, grazie alla buona volontà del relatore, onorevole Moscovici. Perché questo aspetto è così importante? Perché, mentre potrebbe sembrare che vada tutto bene, in realtà le aspettative delle comunità minoritarie – come l’autonomia – sono considerate un tabù.

Intanto, le regioni con abitanti ungheresi non godono di pari opportunità per l’accesso ai fondi comunitari. Il multiculturalismo nell’istruzione superiore oggi significa in realtà, nel contesto rumeno, che all’università trilingue di Cluj/Kolozsvár i professori che affiggono un cartello “Vietato fumare” in ungherese vengono allontanati dall’università.

Spero che il 1° gennaio porterà un cambiamento per l’intera popolazione del paese, compresa la comunità ungherese, e che tale inevitabile cambiamento provocherà un cambiamento di mentalità. Spero che le questioni significative, comprese quelle riguardanti le minoranze, non diventino meri strumenti politici.

 
  
MPphoto
 
 

  Rodi Kratsa-Tsagaropoulou (PPE-DE), relatore per parere della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere. – (EL) Signor Presidente, come relatrice per parere sull’adesione della Romania a nome della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, vorrei esprimere la nostra soddisfazione, perché la Romania si sta sviluppando – o meglio si sta trasformando, potremmo dire – e il progresso è evidente ovunque, non solo nel settore economico e nella creazione di posti di lavoro, ma anche in settori cruciali per la democrazia e la qualità della vita nell’Unione europea.

Le autorità e la società hanno capito l’importanza dell’istruzione, della trasparenza, della giustizia, della protezione delle minoranze e di sane condizioni di sviluppo per i bambini e sono stati compiuti progressi in questa direzione, come ci informa la relazione.

La commissione per i diritti della donna esprime soddisfazione per l’integrazione di una parte significativa dell’acquis comunitario riguardante l’uguaglianza di genere e incoraggia il governo a continuare in questa direzione e a cooperare sia con l’amministrazione sia con la società civile nell’applicazione di questo acquis.

Consideriamo importante anche la creazione di istituzioni come la commissione parlamentare per la parità e l’agenzia nazionale per le pari opportunità e sottolineiamo l’esigenza di garantirne il finanziamento e il personale necessario per il funzionamento.

Eravamo particolarmente preoccupati per il fenomeno della violenza contro le donne, sia nell’ambiente familiare sia per le ripercussioni sullo sfruttamento sessuale. Abbiamo anche citato dati statistici che illustrano quanto sia preoccupante il fenomeno. Consentitemi qui di fare un chiarimento: la nostra relazione, al paragrafo che è stato oggetto di una votazione interna, parla di 800 000 casi all’anno. Vorrei precisare che questi dati ci sono stati forniti da organizzazioni in Romania e si riferiscono a 12 mesi nel periodo 2002-2003. Ciò non significa che si registra questo numero di vittime ogni anno. In ogni caso, il fenomeno è preoccupante e sono certa che sia il governo che la società lavoreranno in questa direzione.

 
  
MPphoto
 
 

  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE), relatore per parere della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere. – (PL) Signor Presidente, il quinto allargamento dell’Unione europea avrà luogo nel gennaio 2007 con l’adesione di Bulgaria e Romania. Attendiamo tutti con impazienza questo evento e apprezziamo gli enormi sforzi compiuti da questi due paesi in vista dell’adesione.

Nondimeno, la Bulgaria e la Romania devono continuare con le rispettive riforme, in particolare per quanto riguarda la lotta alla corruzione, alla criminalità organizzata, al traffico di droga e alla tratta di esseri umani. E’ altresì essenziale che questi due paesi migliorino la trasparenza delle attività e delle procedure delle rispettive pubbliche amministrazioni, nonché la capacità di assorbire risorse e di gestire correttamente gli aiuti strutturali e agricoli forniti dall’Unione. Destano preoccupazione le carenti condizioni di vita in cui versano tuttora gli istituti per l’infanzia e per i disabili in entrambi i paesi. E’ stata altresì rilevata la deplorevole mancanza di disposizioni giuridiche a tutela dei diritti delle minoranze etniche mirate a facilitarne l’integrazione attraverso l’accesso all’istruzione e alla formazione in entrambi i paesi.

E’ importante, comunque, riconoscere l’enorme lavoro già completato e i suoi evidenti effetti, e dare il benvenuto a quasi 31 milioni di nuovi cittadini dell’Unione europea il 1° gennaio 2007. Dobbiamo far sì che sin dall’inizio questi popoli sentano di essere membri pienamente accettati della nostra comune famiglia europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Francisco José Millán Mon, a nome del gruppo PPE-DE. – (ES) Signor Presidente, il prossimo 1° gennaio la Romania entrerà a far parte dell’Unione europea. Si tratta di un fatto storico per la Romania e per tutta l’Unione. Si completa così il quinto allargamento, che il gruppo PPE-DE ha sempre appoggiato.

E’ il momento di porgere congratulazioni e auguri al popolo rumeno, alle sue autorità e anche alla Commissione europea, che ha svolto un ruolo insostituibile nel seguire e stimolare l’intero processo. Il cammino, naturalmente, non è stato facile. Le riforme sono state molte. Ricordo che, quando a nome del mio gruppo incominciai a seguire il processo, due anni e mezzo fa, permanevano ancora dubbi sulla possibilità che la Romania aderisse nel 2007. Le relazioni approvate periodicamente dal Parlamento evidenziano i progressi compiuti dalla Romania negli ultimi anni.

Tuttavia, alcuni lavori devono ancora essere portati a termine affinché il paese possa approfittare pienamente dei benefici dell’integrazione, come segnala la relazione Moscovici che approveremo domani.

Oggi dobbiamo rendere omaggio ai noti protagonisti di questa riforma: il ministro della Giustizia, signora Macovei, il ministro degli Affari interni Blaga, il ministro degli Affari europei, signora Boagiu, e altri eminenti leader politici.

Signor Presidente, pochi giorni fa mi trovavo in Romania. So che il popolo rumeno è molto interessato all’imminente adesione. A Craiova, Ploiesti e Filiasi ho potuto constatare di persona l’interesse dei rumeni per l’adesione e per l’impatto che l’integrazione avrà sulla loro vita quotidiana.

Sono sicuro che l’impatto sarà vantaggioso, come lo è stato per il mio paese, la Spagna.

I processi di ampliamento sono vantaggiosi anche per l’Unione europea, per le conseguenze sul piano politico ed economico, perché favoriscono e consolidano la libertà ed estendono la prosperità ai paesi vicini mediante quello che è stato definito il potere di trasformazione dell’Unione. Inoltre, gli allargamenti potenziano il ruolo dell’Europa nel mondo.

Come afferma la relazione che approveremo domani, l’adesione della Romania rafforzerà la dimensione politica e culturale dell’Unione. Si tratta della patria di Brancusi, di Ionesco, di Tristan Tzara, di Enescu, di intellettuali e artisti che furono alla guida delle avanguardie europee.

Il mio paese, la Spagna, ha molti antichi legami con la Romania; lo dimostra la folta comunità di rumeni che vivono e lavorano in Spagna. Quindi, anche come spagnolo, celebro questo storico evento dell’adesione della Romania.

 
  
MPphoto
 
 

  Jan Marinus Wiersma, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, stiamo svolgendo in quest’Aula una discussione molto importante, di portata storica. Vorrei ringraziare i relatori per tutto il lavoro che hanno svolto e il Commissario Rehn per il modo intelligente ed efficiente in cui ha preparato il processo che ora condurrà all’adesione di Romania e Bulgaria all’Unione europea il 1° gennaio 2007. Questa è anche un’occasione per dare finalmente il benvenuto a entrambi i paesi come membri dell’Unione europea.

E’ stato un processo lungo e arduo, ma alla fine è stato anche molto gratificante, specialmente per i due paesi, che non hanno potuto aderire nel 2004. Ora possono unirsi agli altri Stati membri dell’Europa centrale e orientale come membri a pieno titolo dell’Unione.

Abbiamo chiesto molto a questi paesi e ora possiamo constatare i risultati dei loro sforzi, specialmente in quest’ultimo anno. Desidero congratularmi con entrambi i paesi per questo traguardo. Durante l’intero processo, il nostro gruppo ha appoggiato con forza l’adesione di entrambi i paesi non appena fosse stato possibile.

Voglio dare il benvenuto anche ai nostri colleghi bulgari e rumeni, che finora sono stati osservatori, ma che, a partire dal 1° gennaio, saranno deputati a pieno titolo al Parlamento europeo. Sono convinto che continueranno il loro costruttivo lavoro dopo quella data.

Personalmente sono felice anche per un’altra ragione: ho partecipato a così tante discussioni sulla Romania e la Bulgaria, che sono lieto di passare il testimone ad altre commissioni parlamentari! Questa è l’ultima discussione preparata dalla commissione per gli affari esteri su Romania e Bulgaria. Anche questo è un fatto positivo.

Il Parlamento continuerà tuttavia a essere coinvolto sulla base delle nostre relazioni e sulla base della relazione sullo stato di avanzamento che la Commissione dovrà presentare in futuro sui compiti che i due paesi devono ancora svolgere. Sono convinto, comunque, che governi e parlamenti siano ben consapevoli di cosa si debba fare.

Per concludere, le mie ultime parole su Romania e Bulgaria vogliono essere un benvenuto a tutti voi: sono sicuro che entrambi i paesi svolgeranno un ruolo costruttivo nel futuro sviluppo della nostra Unione europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Nicholson of Winterbourne, a nome del gruppo ALDE. – (EN) E’ con grande piacere che, a nome del gruppo ALDE, do il benvenuto a entrambi i paesi nell’Unione europea.

L’onorevole Lambsdorff mi ha concesso l’opportunità di ringraziare l’onorevole Van Orden per il suo lavoro serio e coscienzioso, che ha aiutato immensamente la Bulgaria ad accedere all’Unione alla data prevista.

Il processo di adesione della Bulgaria non è sempre stato privo di ostacoli. L’onorevole Lambsdorff mi ha autorizzata a dire che non è stata interamente colpa della Bulgaria. Magari il Consiglio e la Commissione potrebbero prevedere alcune riforme per le future adesioni. Il collega raccomanda che la riforma del sistema giudiziario venga seguita con maggiore fermezza dall’inizio del processo di adesione. La stessa raccomandazione vale per la lotta alla corruzione. Questi sono gli unici meccanismi che possiamo usare per garantire efficacia e trasparenza in settori così difficili prima che futuri paesi candidati aderiscano all’Unione.

Naturalmente, ora è importante che la Bulgaria si concentri sul periodo successivo all’adesione. La Bulgaria deve dimostrare di essere in grado di soddisfare le condizioni enumerate dalla Commissione nella sua relazione sullo stato di avanzamento per evitare l’attivazione di clausole di salvaguardia. E’ chiaro, comunque, che la Bulgaria è un paese proeuropeo, come hanno dimostrato le recenti elezioni, e ora dipende dalle autorità decisionali della Bulgaria continuare gli sforzi e far seguire alle parole azioni concrete e credibili.

Passo ora alla Romania, un paese il cui popolo è da molto tempo vicino alla mia mente e al mio cuore. E’ stato un piacere aver dato un piccolo aiuto alla Romania nel suo cammino verso questo meraviglioso momento dell’adesione. Mi congratulo vivamente con il mio collega relatore, che ora è il relatore, per la relazione finale e per il lavoro precedente. E’ stato un piacere anche lavorare con lui. Questo è un momento davvero da festeggiare per tutti i rumeni. L’ingresso nell’Unione dovrebbe attirare investimenti dall’estero, di cui la Romania ha urgente bisogno. Migliorerà i diritti dei lavoratori e, col tempo, porterà prosperità a tutto il popolo della Romania: è davvero tempo di festeggiare.

E’ un piacere ospitare oggi nella tribuna dei visitatori Theodora Bertzi, ministro per le Adozioni, Alina Mandroiu, del gruppo di alto livello per l’infanzia rumena, e Bogdan Panait, ministro responsabile per la protezione dei fanciulli. Esorto i colleghi preoccupati per la protezione dei bambini e per le adozioni in Romania a parlare direttamente con questi esperti. Loro hanno tutti i fascicoli, tutte le informazioni, e ne sarete piacevolmente sorpresi. Scoprirete che la salute e il benessere dei bambini hanno conosciuto progressi straordinari dai primi anni ’90 a oggi. Effettivamente, come ha affermato il Primo Ministro nella sua lettera, la Romania ha affrontato con energia questo problema.

Come ha affermato di recente la famosa scrittrice per bambini J.K. Rowling, “Se si considera quanta strada ha fatto la Romania, è difficile non ammettere che si è compiuto un piccolo miracolo”. La Romania è un modello per altri paesi che sperano di attuare le riforme. E’ uno Stato che ha ammesso l’esistenza di un problema e si è impegnato per risolverlo.

Onorevoli colleghi, votate a favore della relazione dell’onorevole Moscovici, ma respingete gli emendamenti. Nella commissione per gli affari esteri abbiamo respinto non solo quegli emendamenti, ma anche le clausole offensive contenute nei pareri della commissione per i diritti della donna e della commissione per le libertà civili. La Romania è cambiata. Questi emendamenti riflettono il passato e non la realtà attuale.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Milan Horáček, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, non siamo completamente soddisfatti di queste relazioni. Al momento dirò solo che il nostro gruppo ha presentato due emendamenti alla relazione Van Orden, uno sul rispetto dei criteri di Copenaghen in relazione alla protezione delle minoranze e un altro sulla centrale nucleare di Kozloduy. E’ indubbio che quella che viene definita flessibilità riguardo alla chiusura della centrale nucleare va contro l’articolo 30 del trattato di adesione; persino il Commissario Piebalgs, responsabile per le questioni energetiche, è contrario a invalidare in questo modo le disposizioni del trattato.

E’ a questo punto che la lobby nucleare si fa strada subdolamente entrando dalla porta posteriore. Il ritardo nella disattivazione di entrambi i blocchi è forse un caso giuridico che serve a creare un precedente per altri accordi sulla vita attiva di impianti nucleari e per la loro attenuazione? Kozloduy è una delle centrali più malsicure e pericolose d’Europa. La disattivazione delle unità 3 e 4 entro la fine di quest’anno era ed è una condizione per l’adesione; il governo bulgaro deve, a questo riguardo, aderire ai trattati e l’Europa non deve dare l’impressione che il Parlamento stia esprimendo opposizione ai trattati attualmente in vigore.

Ciò metterebbe il Parlamento in una posizione difficile – invero imbarazzante – dinanzi al Consiglio e alla Commissione e l’impressione che gli Stati membri non siano obbligati, in seguito all’adesione, ad attenersi agli accordi già siglati sarebbe fatale per le future adesioni.

 
  
MPphoto
 
 

  Jan Tadeusz Masiel, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, l’adesione della Bulgaria e della Romania all’Unione europea il 1° gennaio 2007 rappresenta un successo per tutti noi e una speranza per il futuro della nostra Europa comune fondata su valori cristiani. Questi valori faciliteranno l’integrazione e ci permetteranno di rallegrarci per la nostra riunificazione.

Proprio come in precedenza abbiamo accolto altri ex paesi comunisti, daremo il benvenuto fra noi a questi due paesi, sebbene le loro economie rimangano tuttora al di sotto della media riferita al resto dell’Unione. Va ricordato che, come indica il suo nome, l’Unione europea è qualcosa di più della prima Comunità economica europea. I valori in gioco ora sono più che valori puramente economici. Tuttavia, è deplorevole che questi paesi non siano accettati sulla base di regole uguali per tutti. C’è la libera circolazione dei capitali, ma non la libera circolazione della manodopera, e temo che la conseguenza immediata di questo squilibrio dopo l’adesione sarà un inutile aumento dell’euroscetticismo in quei paesi. A nome del gruppo “Unione per l’Europa delle nazioni”, porgo un caloroso benvenuto alla Bulgaria e alla Romania nell’Unione.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. OUZKÝ
Vicepresidente

 
  
MPphoto
 
 

  Nigel Farage, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, il dibattito di oggi e la votazione di domani hanno in sé una certa inevitabilità; dopo tutto, l’Unione europea vuole diventare una potenza mondiale, per cui si sostiene che più è grande e meglio è, e a questo proposito qui in Aula esiste un rassicurante consenso.

Questo non vale certo per noi! Nel 2004 l’UKIP è stato l’unico partito britannico a votare contro l’allargamento dell’Unione europea, partendo dal presupposto che un conto è la libera circolazione di merci e servizi, un altro è l’idea del tutto irresponsabile della libera circolazione delle persone tra paesi con PIL tra i quali esiste un enorme divario. All’epoca eravamo stati condannati per aver previsto un’immigrazione di massa, ma i fatti hanno dimostrato che avevamo ragione. Nel Regno Unito gli immigrati registrati per lo svolgimento di un’attività lavorativa sono più di mezzo milione, ma nessuno dubita che la cifra effettiva sia molto più prossima a un milione.

Il costo di tale immigrazione è maledettamente elevato. Sono già 55 000 le persone che chiedono di poter usufruire di qualche forma di prestazione statale. Nell’ultimo anno il numero di disoccupati nel Regno Unito è aumentato di più di un quarto di milione. Si registra una considerevole eccedenza di offerta sul mercato della manodopera non qualificata. Persino l’OCSE ha detto ieri che l’allargamento dell’UE ha avuto un costo molto alto per il Regno Unito.

Di fronte a tutto questo, qual è la soluzione da noi proposta? Ammettere due paesi che sono ancor più poveri di quelli che hanno aderito due anni fa, con l’inevitabile conseguenza, in termini percentuali, di un ulteriore aumento dell’immigrazione. So che tutti lo negano: il Primo Ministro bulgaro e il Primo Ministro rumeno sono stati qui in Aula, ed entrambi hanno detto che non accadrà nulla del genere, che non si verificherà un immenso movimento di persone, ma è ovvio che sarà vero il contrario.

Vi è un modo molto migliore per risolvere il problema. Si dovrebbe prevedere un adeguato regime di rilascio di permessi di lavoro su richiesta, soprattutto per quanto riguarda i lavoratori qualificati. Non abbiamo niente contro i popoli dell’Europa orientale che vogliono migliorare la loro condizione, ma non possiamo semplicemente applicare una politica di apertura delle porte all’immigrazione. La verità è che non possiamo accogliere grandi masse di persone. Non ha senso e, se proseguiremo su questa strada, temo che emergeranno tensioni e sentimenti di astio e di avversione in molte città dell’intero Regno Unito.

Vi è poi il ruolo straordinario svolto in quest’ambito dal relatore che si è occupato dell’adesione della Bulgaria, onorevole Geoffrey Van Orden. A Chelmsford è un feroce euroscettico, che si comporta come un coraggioso generale di brigata che, animato da uno spirito che rimanda a quello vigente nel 1940, combatte per il Regno Unito in modo che si possano dormire sonni tranquilli. Non si può dire che qui a Bruxelles accada lo stesso, vero Geoffrey? A Bruxelles sei al servizio della Commissione, di cui hai eseguito gli ordini facendo tutto il possibile per ottenere l’ingresso della Bulgaria nell’Unione europea, che comporterà un’immigrazione di massa. In effetti, facendo una cosa completamente sbagliata per quello che ritieni un giusto motivo, assomigli ad Alec Guinness nel film “Il ponte sul fiume Kwai”.

Mi auguro solo che tutti coloro che hanno votato per i conservatori nell’Inghilterra orientale, e soprattutto coloro che stanno per perdere il posto di lavoro, sappiano ciò che tu e il tuo partito avete fatto in questo luogo.

(Applausi dal gruppo IND/DEM)

 
  
MPphoto
 
 

  Hans-Peter Martin (NI).(DE) Signor Presidente, è sempre entusiasmante sperimentare di persona i vari modi in cui si può discutere e con ciò giungere a conclusioni divergenti.

Anch’io, sebbene per motivi molto diversi, mi annovero tra coloro che sono contrari a questo allargamento, partendo dalla ferma convinzione che lei, signor Commissario, e i decisori politici che molti anni fa hanno dato l’avvio a tale processo senza la necessaria trasparenza e legittimità democratica, state seguendo la strategia sbagliata. Il fatto è che questi allargamenti troppo affrettati non consentiranno di avvicinarci a un’Unione europea sostenibile o di conseguire l’obiettivo di cui noi in quest’Aula parliamo incessantemente e verso il quale io, in qualità di filoeuropeo, continuo a essere impegnato.

Anche se si dice che il paese da cui provengo sarà tra i principali beneficiari degli allargamenti attualmente in corso, occorre tenere presente che, negli ultimi dieci anni, soltanto i più ricchi hanno ottenuto un aumento effettivo del proprio reddito in termini reali, mentre il dieci per cento dei più ricchi è riuscito a mantenere più o meno inalterato il proprio livello di reddito e tutta la classe media ha subito un duro contraccolpo. Ciò è dovuto in larga misura al fatto che, parallelamente a quello cui l’onorevole Farage ha fatto riferimento, un altro processo che si sta verificando è quello dell’esternalizzazione, che in vari paesi impedisce la creazione delle fondamenta sociali sui cui costruire un adeguato modello sociale che possa consentire di rafforzare l’Europa.

Ritengo, signor Commissario, che sarà la storia a giudicare lei e chi con lei domani prenderà la decisione sbagliata.

 
  
MPphoto
 
 

  Elmar Brok (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, vorrei, quando mancano poche settimane all’adesione di Romania e Bulgaria, congratularmi con questi due paesi, che sono i benvenuti. Si tratta del superamento della divisione dell’Europa, di una vittoria della democrazia e dello Stato di diritto sulla dittatura, della vittoria dell’Europa democratica sugli uomini violenti del secolo scorso, su Hitler e Stalin, su Zhivkov e Ceausescu. Anche se questo è il contesto in cui deve essere visto, tale processo, se si vuole che funzioni, deve essere svolto con estrema cura.

Per questo motivo è importante rammentare che esistono quelle che vengono definite disposizioni transitorie su aspetti quali, tra l’altro, la libera circolazione dei lavoratori, che comportano lo stesso processo utilizzato per gli altri trattati di adesione. Disposizioni transitorie di questo tipo non costituiscono una forma di discriminazione contro i paesi in questione, ma sono sempre a vantaggio di entrambe le parti. E’ la cosa più normale del mondo, e ad esse si aggiungono le clausole di salvaguardia.

Sono molto grato al Commissario per aver informato il Parlamento che le clausole di salvaguardia verranno effettivamente applicate nei settori stabiliti, così come di fatto vengono già applicate in alcuni settori, quali latte e carne; inoltre, qualora settori come il diritto e gli affari interni o l’uso cui i fondi sono destinati ne richiedessero l’impiego, le clausole di salvaguardia potranno, come ha affermato il Commissario, essere immediatamente applicate. Gli crediamo sulla parola. Anche questo non è indice di sfiducia nei confronti di Romania e Bulgaria, ma al contrario è un modo del tutto normale di procedere.

Il Parlamento attuerà pertanto il processo di controllo che resta un’opzione fino a tre anni dalla data di adesione, e quindi non ho dubbi che riusciremo tutti insieme a formare un’Unione europea forte.

Vorrei cogliere l’opportunità per rammentare all’Assemblea che, a seguito dell’adesione di questi due paesi, il dibattito sulla capacità dell’Unione europea di affrontare un ulteriore allargamento rivestirà fondamentale importanza. E’ un dibattito che va preso sul serio se vogliamo poter completare il progetto politico volto a consentire all’UE di essere efficace nel suo operato.

 
  
MPphoto
 
 

  Alexandra Dobolyi (PSE).(EN) Signor Presidente, oggi discutiamo delle ultime relazioni del Parlamento su Bulgaria e Romania. Quando mancano solo tre mesi alla data in cui si celebrerà il cinquantesimo anniversario del Trattato di Roma, accogliamo altri due membri nella famiglia. Sappiamo che devono ancora essere completate alcune riforme, ma sono convinta che i governi di entrambi i paesi sono determinati a continuare ad adoperarsi per soddisfare i requisiti descritti nelle relazioni in esame.

Vorrei elogiare l’onorevole Moscovici e l’onorevole Van Orden per l’eccezionale lavoro svolto e ringraziarli per l’ottimo rapporto di collaborazione instauratosi negli ultimi due anni e mezzo riguardo a entrambe le relazioni. Vorrei anche aggiungere che sono molto soddisfatta della scelta di Meglena Kuneva quale Commissario bulgaro, e della sfera di competenza a lei attribuita, che rappresenta un’area politica molto importante.

Consentitemi di soffermarmi in particolare sulla questione della legge sulle minoranze in Romania. E’ ben noto che questa legge oggi, a quasi due anni di distanza, non ha ancora concluso il suo iter tra le commissioni del parlamento rumeno. Mi aspetto che il governo rumeno mantenga la sua promessa e spero che la legge venga adottata molto presto.

In conclusione, vorrei dare il benvenuto ai popoli di Bulgaria e Romania in un luogo al quale sono sempre appartenuti. La loro adesione segna la fine di un’assenza artificiosa dalla nostra famiglia e apre nuovi orizzonti per il futuro.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Jean Marie Cavada (ALDE), autore. – (FR) Signor Presidente, non intendo assumere il punto di vista di coloro che vedranno lo Stato rumeno a bordo di vetture ufficiali con i vetri dei finestrini oscurati. Leggerò pertanto una lettera scelta a caso tra quelle che abbiamo ricevuto dai bambini degli orfanotrofi rumeni che non sono riusciti a trovare genitori adottivi rumeni, e che quindi resteranno negli orfanotrofi per mancanza di risorse. “Perché”, scrivono Marianne, di nove anni e mezzo, e Catalin, di sei anni e mezzo, “nostro padre e nostra madre non vengono a cercarci? Preferiamo morire che continuare ad aspettare. Non vogliamo più nemmeno mangiare, perché non serve a niente”. Ho una mezza dozzina di lettere come questa, di cui vi risparmierò la lettura.

Perché ho letto questa lettera? L’ho fatto perché vi sono due punti di vista. Sono tra coloro, e in questo sostengo la relazione dell’onorevole Moscovici, che affermano che è fondamentale una larga maggioranza affinché Romania e Bulgaria possano diventare membri dell’UE. La loro adesione è necessaria perché fa parte del destino dell’Europa, e non ha alcun senso sostenere altrimenti. Abbassiamo pertanto i finestrini oscurati delle nostre vetture. Tenuto conto delle restrizioni che emergono regolarmente in questa relazione e che, inoltre, lo stesso autore ha fissato con emendamenti di compromesso, vorrei chiedere di sostenere la relazione, compreso il paragrafo 16, che propone che la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni verifichi gli sviluppi della situazione relativa alle adozioni internazionali. Chiedo inoltre agli onorevoli colleghi di sostenere gli emendamenti n. 1 e n. 2, che rammentano alla Romania, e in una certa misura anche all’UE, signor Commissario, gli obblighi ad essa derivanti dalla Carta delle Nazioni Unite e dalla Convenzione dell’Aia.

Nonostante le restrizioni cui ho fatto riferimento, e che sono state previste per la vigilanza che esercitiamo e l’aiuto che offriamo – in una famiglia si aiutano i fratelli e le sorelle in difficoltà – sono lieto di constatare che questi paesi rientrano finalmente in seno all’UE dopo settant’anni di isolamento, settant’anni in cui abbiamo osservato e abbiamo sviluppato sentimenti di compassione, ma non abbiamo fatto nulla. E’ il popolo rumeno che oggi ha conquistato la libertà e il diritto di unirsi a noi.

 
  
MPphoto
 
 

  Bernat Joan i Marí (Verts/ALE).(EN) Signor Presidente, vorrei dire innanzi tutto che il mio gruppo ed io siamo favorevoli all’adesione della Romania e della Bulgaria. Desidero, tuttavia, concentrarmi sullo specifico problema della situazione delle minoranze, in particolare della minoranza macedone in Bulgaria.

In questo momento c’è un partito politico, OMO Ilinden Pirin, che non è stato legalizzato dallo Stato bulgaro perché varie difficoltà hanno ostacolato il processo di legalizzazione. Noi pensiamo che l’opportunità di essere rappresentati e di organizzare associazioni e partiti politici sia uno dei principali aspetti legati al rispetto della democrazia. Il rispetto delle minoranze è una delle questioni principali per quanto riguarda l’adempimento dei criteri di Copenaghen. Dobbiamo metterlo in evidenza e dobbiamo prestarvi attenzione, non perché siamo contro la Bulgaria, ma questo è il nostro punto di vista in tutta l’Europa, in tutti gli Stati membri, in tutti gli Stati in corso di adesione e in tutti i paesi, perché i diritti delle minoranze devono essere difesi secondo questi criteri.

 
  
MPphoto
 
 

  Hanna Foltyn-Kubicka (UEN).(PL) Signor Presidente, la Bulgaria ha ancora un grande e difficile lavoro da svolgere in vari settori, tra i quali la lotta alla corruzione, alla criminalità organizzata e alla tratta di esseri umani, il rafforzamento del ruolo del Mediatore, il miglioramento delle condizioni negli istituti per l’infanzia e per i disabili, il riconoscimento dei diritti delle minoranze nazionali e la creazione di un clima più favorevole per gli investimenti esteri.

E’ importante comunque riconoscere l’enorme sforzo che è stato fatto per soddisfare i requisiti dell’Unione europea riguardo all’economia, alla legislazione e agli standard sociali. Nessuno di questi positivi cambiamenti sarebbe mai avvenuto senza il potente incentivo della prospettiva di aderire all’Unione europea. Questo ha permesso la realizzazione di riforme difficili e spesso impopolari che erano nondimeno nell’interesse della società bulgara e dell’Europa nel suo insieme.

Sono convinta che la Bulgaria non dormirà sugli allori dopo il 1° gennaio e che raddoppierà gli sforzi per proseguire la sua trasformazione interna, profittando appieno dell’opportunità storica presentata dalla sua adesione all’Unione europea.

Porgo ai nostri fratelli e sorelle della Bulgaria un caloroso benvenuto nell’Unione europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Gábor Harangozó (PSE).(HU) Signor Presidente, sono un convinto fautore e sostenitore dell’adesione della Romania. Sono in molti, tuttavia, a pensarla diversamente, in parte perché gli impegni della Romania non sono sempre stati rispettati.

Consentitemi di illustrarvi due esempi. Nonostante gli impegni presi, la Romania continua a non avere una legge sulle minoranze. E’ altresì motivo di preoccupazione che all’audizione di Leonard Orban, il futuro Commissario designato per il multiculturalismo abbia parlato specificamente del multilinguismo della Romania, mentre al contempo due professori dell’Università di Cluj/Kolozsvár sono stati congedati per aver voluto onorare gli impegni dell’università stessa, affiggendo cartelli in lingua ungherese all’interno degli edifici.

Io non vorrei che alla fine risultasse che aveva ragione chi non ha fiducia nell’adempimento degli impegni. Oltre agli impegni a livello europeo, abbiamo anche bisogno di esecuzione a livello europeo. Per diventare uno Stato membro a pieno titolo dell’Unione europea la Romania deve dimostrare rispetto, rispetto per i diritti della minoranza ungherese, che conta 1,5 milioni di persone, e per la sua autonomia culturale e amministrativa, poiché i problemi devono essere risolti alla radice.

E’ necessaria autonomia nella vita dell’Università di Cluj/Kolozsvár e anche in quella della comunità ungherese, come dimostrano anche gli esempi dell’Alto Adige/Südtirol e della Catalogna. Inoltre, credo che la Romania onorerà la fiducia in essa riposta mediante il nostro voto e che la sua adesione aprirà un nuovo capitolo nella storia sia dell’Unione europea sia della Romania.

 
  
MPphoto
 
 

  Panagiotis Beglitis (PSE).(EL) Signor Presidente, anch’io desidero esprimere il mio apprezzamento per gli enormi sforzi compiuti da Bulgaria e Romania per essere pronte all’adesione all’Unione europea il 1° gennaio 2007. Diamo il benvenuto a questi due paesi nell’Unione europea.

Desidero tuttavia evidenziare un problema istituzionale e politico particolarmente importante per il Parlamento europeo: al paragrafo 20 della relazione sulla Bulgaria, il Consiglio è invitato a dare prova di una certa flessibilità e a prevedere un rinvio di otto mesi per l’obbligo della Bulgaria di chiudere le unità 3 e 4 della centrale nucleare di Kozloduy. Desidero ricordare all’Assemblea che all’articolo 30 dell’atto di adesione, ratificato dagli Stati membri e dai rispettivi parlamenti nazionali, è fatto espresso riferimento all’obbligo della Bulgaria di chiudere le unità entro il 31.12.2006.

Accolgo con favore in particolare la dichiarazione del ministro bulgaro degli Affari esteri in cui si impegna a onorare quest’obbligo. Il problema è nel Parlamento europeo. Il Parlamento europeo non sta rispettando l’ordine costituzionale democratico degli Stati membri e le decisioni dei parlamenti nazionali. Per tale ragione il mio onorevole collega Daniel Cohn-Bendit ed io abbiamo presentato congiuntamente un emendamento volto a modificare il paragrafo 20 della relazione sulla Bulgaria.

 
  
MPphoto
 
 

  Herbert Bösch (PSE).(DE) Signor Presidente, come vicepresidente della commissione per il controllo dei bilanci ho avuto l’opportunità di guidare una delegazione in Romania, con l’obiettivo di ottenere maggiori informazioni sull’utilizzo dei fondi europei. Come il resto della delegazione, ho avuto l’impressione che la Romania si stia impegnando a fondo per utilizzare le risorse che riceve dall’Unione europea a beneficio di tutti noi. Sta lavorando per lottare contro la corruzione, sta collaborando in questioni connesse al sistema giudiziario e anche con l’OLAF. E’ particolarmente rincuorante vedere come i fondi europei siano usati per ridurre realmente la sofferenza di molti bambini, e questa è una splendida dimostrazione di come possano essere bene utilizzati i fondi europei.

I problemi sorgono solo quando – come talvolta accade – un paese come questo è sommerso da troppo denaro. Si tratta naturalmente di un problema per la Commissione, e a tale proposito dobbiamo ricordarci che dovremmo essere disposti – come ha accennato poc’anzi l’onorevole Brok – ad avvalerci di fatto delle clausole di salvaguardia che abbiamo introdotto nell’interesse di un processo di adesione opportunamente disciplinato. Sono convinto che la Romania in particolare, ma anche la Bulgaria, siano – per quanto possiamo giudicare – sulla strada giusta e dovremmo fare del nostro meglio per accompagnarle in questo percorso.

 
  
MPphoto
 
 

  Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, vi ringrazio per questa poliedrica discussione sull’adesione di Bulgaria e Romania all’Unione europea. E’ stato un processo lungo e impegnativo per questi paesi, ma, come è stato detto in molti interventi in Aula – anche il Commissario Rehn ha riconosciuto il ruolo svolto dal Parlamento nella questione – è molto importante e significativo che le Istituzioni dell’Unione europea abbiano dato a questi paesi un appoggio massiccio durante il processo di adesione.

Il processo di riforma e l’adempimento degli obblighi derivanti dall’adesione all’UE devono continuare in Romania e Bulgaria. E’ evidente che, trattandosi di un compito lungo e impegnativo, sussisterà sempre il pericolo che il processo di riforma a volte rallenti. Per questa ragione è importante che non si interrompa il sostegno fornito dalle Istituzioni dell’Unione europea, incluso il Parlamento, a questi paesi e al loro programma di riforme. Al contempo, dobbiamo fare in modo che anche il Consiglio si impegni affinché non esitiamo a invocare le clausole di salvaguardia, qualora ve ne sia la necessità.

Colgo l’occasione per ringraziare il Parlamento per aver adottato una procedura di selezione per i membri della Commissione dei nuovi Stati membri, che consente loro di assumere l’incarico sin dal 1° gennaio, come previsto dal trattato di adesione. Il Consiglio ritiene importante che la Commissione, come collegio, sia pienamente competente e funzionale sin dal primo giorno dell’allargamento.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Olli Rehn, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, ringrazio gli onorevoli deputati per questa discussione molto costruttiva e concreta. E’ un modo molto onesto di dare il benvenuto a Bulgaria e Romania nell’Unione europea nello spirito della democrazia europea in evoluzione.

Voglio approfittare di questa ultima opportunità, almeno per quest’anno, per discutere un paio di punti, riguardanti in particolare la minoranza ungherese in Romania. Attribuiamo grande importanza alla protezione delle minoranze, al multiculturalismo e al multilinguismo, che sono i principi centrali dell’Unione europea. Nel corso degli anni, la situazione della minoranza ungherese in Romania è migliorata, ma esiste sempre un margine di ulteriore miglioramento per quanto riguarda il trattamento delle minoranze e questo vale per gli Stati membri attuali e futuri. Per esempio, in Romania apprezzeremmo, fra l’altro, un ulteriore progresso nel campo delle relazioni interetniche all’interno della polizia.

Alcuni oratori hanno sollevato la questione del futuro della nostra politica di allargamento. Ne discuteremo durante la tornata di dicembre. Vorrei soltanto sottolineare che, nella relazione dell’8 novembre 2006, la Commissione ha invitato a trovare un nuovo consenso sulla politica di allargamento dell’UE in grado di conciliare la missione storica di estendere lo spazio di pace, libertà e democrazia sul nostro continente, garantendo al contempo la nostra capacità di integrare gradualmente nuovi membri.

A mio parere, è necessario che iniziamo a intensificare il nostro lavoro di riforma istituzionale. Tale approccio è necessario per la capacità di funzionamento dell’Unione europea attuale e, contemporaneamente, permetterà anche all’Unione allargata di prepararsi per tempo a compiere ulteriori passi in vista dell’allargamento.

Il parere della Commissione è che si dovrebbe giungere a un nuovo assetto istituzionale prima dell’adesione del prossimo paese candidato all’Unione europea. Questo significa che confidiamo, come ha delineato a giugno il Consiglio europeo, che le quattro Presidenze che si succederanno durante i prossimi due anni – la Presidenza tedesca, portoghese, slovena e infine la Presidenza francese nel secondo semestre del 2008 – insieme ai nostri Stati membri, con l’appoggio di Parlamento e Commissione, saranno in grado di realizzare un nuovo accordo interistituzionale. E’ una semplice questione di tempismo che il 2008 preceda di poco la fine del decennio in cui il ventottesimo Stato membro, che sarà probabilmente la Croazia, potrebbe essere pronto per l’adesione all’Unione, se sarà in grado di riformare l’ordinamento giudiziario e l’economia e di soddisfare tutte le altre condizioni con piena determinazione e risultati concreti.

Accolgo con grande favore il dibattito che si terrà a dicembre sulla nostra strategia di allargamento e capacità di integrazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – La discussione congiunta è chiusa.

La votazione si svolgerà domani, alle 11.00.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)

 
  
MPphoto
 
 

  Antonio De Blasio (PPE-DE). (HU) Se dovessimo sintetizzare in un’unica frase la relazione della Corte dei conti europea sui progetti PHARE, questa suonerebbe all’incirca così: gli 806 milioni di euro stanziati per la Romania dai fondi a disposizione sono stati in larga misura uno spreco di denaro.

I risultati dell’ispezione della Corte dei conti indicano che i progetti sono stati realizzati, ma la maggior parte di essi opera in un modo che si discosta dagli scopi previsti e per la maggioranza dei progetti controllati non è garantita la sostenibilità.

Gli “errori tecnici” e le “lacune” che elenca la relazione sono purtroppo fonte di non poca irritazione da parte degli investitori europei. I contratti sono sistematicamente mal interpretati dalle parti rumene, che rendono quindi impossibile completare in modo puntuale gli investimenti dell’Unione europea e giustificare le spese. I ritardi nell’attuazione dei progetti generano lavoro straordinario con i relativi costi, che la parte rumena non è disposta a sostenere. Nel frattempo, le autorità stanno cambiando continuamente le loro decisioni e il contesto normativo, nonché la loro interpretazione.

Mi chiedo: chi si rende responsabile per lo Stato rumeno, che ha speso il denaro, ma non nel modo e per gli scopi per i quali l’ha ricevuto?

Di recente, alcuni cartelli in lingua ungherese affissi sui muri dell’Università trilingue di Babes-Bolyai sono stati rimossi dall’amministrazione e distrutti di fronte agli studenti.

Vorrei sapere per quale motivo, pochi giorni prima che la Romania entri a far parte dell’Unione europea, non si possa affiggere un cartello con la scritta “Vietato fumare” in ungherese.

Spero che uno dei primi atti del Commissario rumeno sarà invitare le autorità del suo paese a ripristinare al più presto possibile la libertà linguistica, come segno del suo impegno nei confronti dell’Unione europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Katalin Lévai (PSE).(HU) Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’adesione della Romania all’Unione europea può essere considerata un passo in avanti di grande portata storica, che apporta cambiamenti fondamentali che avranno un effetto benefico sulla popolazione del paese nonché sullo sviluppo dell’Unione europea. In questi ultimi anni la Romania ha conosciuto uno sviluppo molto rapido sia nella sfera economica sia nel settore giudiziario.

Credo, tuttavia, che la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata presenti ancora gravi ritardi: sono necessari risultati tangibili nell’ambito della tratta di esseri umani e in particolare della tratta delle donne.

L’Unione europea oggi non è solo una comunità economica, ma anche una comunità sociale, politica e culturale, dove la protezione dei diritti umani fondamentali deve ricevere esplicita attenzione, come anche la lotta contro ogni forma di intolleranza, razzismo e discriminazione. La Romania dovrebbe dedicare attenzione con maggiore risolutezza alla protezione dei rom e delle comunità ungheresi.

E’ importante migliorare le condizioni di vita per la minoranza rom e consentire alle persone che la compongono di avere accesso a posti di lavoro e risorse appropriate. A mio parere quella della tolleranza zero è l’unica politica possibile nei confronti del razzismo contro i rom, e sono necessari maggiori sforzi per stabilire la parità di accesso a un’istruzione e a un’assistenza sanitaria di elevata qualità.

La protezione della minoranza ungherese può essere assicurata solamente attraverso misure armonizzate con i principi di sussidiarietà e di autogoverno. Sarebbe importante che gli studenti ungheresi impegnati nell’istruzione superiore ricevessero un pieno sostegno finanziario.

Accolgo con favore l’imminente adesione della Romania all’Unione europea e di conseguenza il miglioramento della situazione degli ungheresi che vivono in quel paese. Non possiamo permettere che nel corso dell’adesione gli interessi economici prevalgano sui diritti umani.

 

15. Conseguenze economiche e sociali delle ristrutturazioni nel settore automobilistico in Europa (discussione)
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione sulle conseguenze economiche e sociali delle ristrutturazioni nel settore automobilistico in Europa.

 
  
MPphoto
 
 

  Vladimír Špidla, Membro della Commissione. – (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, il piano di ristrutturazione annunciato in novembre dalla Volkswagen al consiglio di amministrazione della divisione belga della società e alla stampa avrà un pesante impatto sociale ed economico tanto all’interno quanto all’esterno della società stessa. Mi sia consentito esprimere innanzi tutto la mia gravissima preoccupazione per le conseguenze che questo piano molto probabilmente comporterà per diverse migliaia di lavoratori e per le loro famiglie, nonché per la situazione economica e sociale della società.

Talvolta le ristrutturazioni sono necessarie al fine di assicurare la competitività e quindi la sopravvivenza di un’impresa, nonché, in ultima analisi, di conservare i posti di lavoro. Comprendo l’esigenza della Volkswagen, che è l’esigenza anche di molte altre aziende europee del settore, di procedere a una ristrutturazione. E’ tuttavia importante garantire che il processo di ristrutturazione sia bene organizzato e ben gestito, per limitarne al massimo i costi economici e sociali. Per tale motivo, nel marzo 2005 la Commissione ha adottato la comunicazione dal titolo “Ristrutturazioni e occupazione”, in cui delineava le caratteristiche principali di una strategia attiva alla quale avete aderito pienamente e che si fonda sull’anticipazione, il partenariato e il coordinamento delle politiche e degli strumenti.

Subito dopo l’annuncio del piano di ristrutturazione da parte della dirigenza Volkswagen, la Commissione ha compiuto tutti i passi necessari per attivare gli strumenti a sua disposizione. Ho incontrato esponenti del governo belga per esprimere loro la nostra solidarietà e per sottolineare l’importanza di rispettare le norme previste in materia dal diritto europeo, con particolare riguardo alle direttive sull’informazione e la consultazione dei rappresentanti dei lavoratori. La collega Hübner e io abbiamo inoltre comunicato la disponibilità dei servizi della Commissione a un impiego flessibile degli strumenti di sostegno finanziario, in particolare dei Fondi strutturali, per aiutare i lavoratori colpiti dalla ristrutturazione. In passato, il Fondo sociale europeo ha dimostrato in quale misura un’azione immediata e finalizzata sia in grado di contribuire a reintegrare nel mercato del lavoro i lavoratori in esubero a seguito di ristrutturazioni.

I servizi della Commissione sono stati invitati a partecipare all’unità di crisi insediata dalle autorità belghe, la quale valuterà, inter alia, le possibilità concrete di ricorso al credito utilizzando o i fondi rimanenti del programma in corso, che si concluderà alla fine del 2006, o quelli, di maggiore entità, disponibili nell’ambito dei nuovi programmi che entreranno in vigore nel 2007. In ogni caso, posso comunicarvi l’intenzione della Commissione di adoperarsi quanto più attivamente e flessibilmente possibile in relazione all’impiego dei finanziamenti europei.

Il 24 novembre la Commissione ha riunito la sua task force sulle ristrutturazioni, creata nel marzo 2005 in coincidenza con la comunicazione “Ristrutturazioni e occupazione”. Scopo della riunione era mobilitare tutti gli strumenti a sua disposizione per lenire l’impatto delle misure di ristrutturazione adottate d’intesa con le autorità belghe, nonché inserire gli sviluppi del settore automobilistico in una futura strategia europea. Il settore automobilistico è d’importanza vitale per l’Europa, posto che contribuisce per il 3 per cento al PIL europeo e dà lavoro a 12 milioni di persone, fornisce un contributo essenziale alle attività di ricerca e sviluppo e ogni anno crea un attivo commerciale con il resto del mondo pari a circa 25 miliardi di euro. Al pari di tutti gli altri settori economici, quello automobilistico deve affrontare profondi cambiamenti; nondimeno, è stato capace di adattarsi alle principali novità intervenute, come confermano le cifre che ho citato.

A prescindere dal caso specifico di cui ci stiamo occupando oggi, le ristrutturazioni nel settore automobilistico fanno parte, in linea generale, di un necessario sforzo di adattamento. Tuttavia, la Commissione non vuole né può assumersi gli obblighi e le responsabilità proprie dell’impresa per il processo di ristrutturazione che è stato avviato. Ho scritto di mio pugno al presidente del gruppo Volkswagen per comunicargli le nostre preoccupazioni e per chiedergli di fare tutto il possibile per ridurre al minimo i costi economici e sociali dell’annunciata ristrutturazione. Gli ho fatto presente la necessità di garantire il rispetto in tutti gli Stati membri delle direttive sull’informazione e la consultazione dei lavoratori. Questi testi comunitari fissano l’obbligo di informare e consultare in anticipo i rappresentanti dei lavoratori interessati su qualsiasi trasferimento della produzione e sui conseguenti esuberi di personale. E’ fondamentale garantire che tutte le informazioni fornite siano di buona qualità e che si svolgano proficue consultazioni al livello appropriato, sia che si tratti di decisioni economiche sia che si tratti delle loro conseguenze in termini di occupazione.

Vorrei sottolineare anche che nel 2003, in risposta a una consultazione della Commissione su questa tematica, le parti sociali europee redassero congiuntamente orientamenti per la gestione del cambiamento e delle sue ripercussioni sociali. Negli orientamenti si riconosce che un atteggiamento positivo nei confronti del cambiamento e un dialogo sociale di buona qualità in un clima di fiducia sono fattori importanti per prevenire o alleviare le ripercussioni sociali negative della ristrutturazione. L’attuazione di tali orientamenti è essenziale ai fini del raggiungimento degli obiettivi comunitari di anticipazione e sostegno durante i periodi di cambiamento. Per questo motivo, nel marzo 2005 la Commissione contattò nuovamente le parti sociali europee e chiese loro di individuare metodi efficienti per sviluppare questi orientamenti in tutta Europa e per garantirne l’applicazione. E’ mia intenzione incontrare a breve i rappresentanti delle parti sociali per valutare insieme con loro gli strumenti atti a velocizzare e rendere più efficaci i progressi in quella direzione.

Per tornare alla vicenda che è all’origine di questa discussione, è importante ora lasciare spazio alle trattative all’interno del gruppo in corso di ristrutturazione. Di recente vi sono stati segnali secondo cui le parti interessate – dirigenza e rappresentanti dei lavoratori – si sarebbero impegnate a condurre un dibattito serio sul futuro industriale dei diversi stabilimenti dell’azienda in Europa e sulle misure sociali da mettere in atto. Pur ribadendo la sua offerta di aiuto, la Commissione intende rispettare l’autonomia del dialogo sociale che è iniziato all’interno del gruppo. Entro i limiti delle sue competenze, la Commissione sta avviando iniziative e mettendo a disposizione le risorse disponibili a tal fine. Nelle attuali circostanze, mi auguro soltanto che tutte le parti in causa si impegnino fermamente a procedere anch’esse in questa stessa direzione.

 
  
MPphoto
 
 

  Ivo Belet, a nome del gruppo PPE-DE. – (NL) Signor Presidente, signor Commissario, desidero anzi tutto dare un caloroso benvenuto ai lavoratori della Volkswagen di Vorst, alle aziende subfornitrici e ai loro rappresentanti presenti in tribuna, ed esprimere loro la nostra sincera solidarietà in questi momenti difficili.

Onorevoli colleghi, nei giorni scorsi sono state fatte dichiarazioni alquanto superficiali sull’impotenza della politica in vicende come questa. Personalmente trovo che tale valutazione sia in realtà un pregiudizio.

Credo infatti che la politica sia senz’altro capace di tenere sotto controllo una serie di fattori importanti. In primo luogo, il governo nazionale è assolutamente in grado, attraverso una gestione affidabile e corretta, di creare le condizioni per mantenere gli oneri accessori del lavoro – in questo caso le gratifiche – al livello minimo, garantendo in tal modo la competitività della nostra industria.

Dal canto suo, anche l’Europa deve assumersi la sua parte di responsabilità. Migliaia di lavoratori stanno perdendo il posto di lavoro, e quanto meno dovremmo trarre una lezione da questa realtà, che, signor Commissario, offre all’Europa un’occasione unica per dar prova del suo volto sociale. E’ evidente che il mercato comune europeo, per quanto di natura economica, deve essere dotato anche di una dimensione sociale; pertanto, ora dobbiamo fare tutto quanto in nostro potere per rafforzare a breve termine proprio tale dimensione.

In primo luogo, dobbiamo garantire che i lavoratori interessati possano contare immediatamente sugli aiuti del nuovo Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Noi come deputati cristiano-democratici al Parlamento europeo appoggiamo totalmente questo obiettivo del Fondo e, signor Commissario, contiamo sul leale sostegno della Commissione a tal fine. E’ indispensabile compiere ogni sforzo per assicurare un puntuale avvio del Fondo.

In secondo luogo, dobbiamo anche promuovere una vera partecipazione dei lavoratori, che comporterà in ogni caso la valutazione della direttiva europea del 1994 che sancisce tale partecipazione. Signor Commissario, lei ha già citato la comunicazione della Commissione del marzo 2005. Bene, cogliamo l’occasione della tragedia sociale rappresentata dalle vicende della Volkswagen di Vorst per apportare alla direttiva le modifiche necessarie.

Sono fermamente convinto che l’industria automobilistica europea abbia un futuro; dobbiamo però fare tutto ciò che possiamo – e con questo appello concludo – per produrre automobili efficienti sotto il profilo energetico e totalmente ecocompatibili. Mi auguro che la Audi A1 sarà una macchina di questo tipo e che verrà prodotta nello stabilimento di Vorst, assicurandone così il futuro nonostante le fosche prospettive che si stanno delineando per quell’impianto.

 
  
MPphoto
 
 

  Stephen Hughes, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, affronterò brevemente tre punti. Osservo con piacere che la Commissione intende usare i Fondi strutturali per contribuire ad affrontare le implicazioni sociali di questa spaventosa situazione. Sono stati tuttavia sollevati interrogativi quanto alla possibilità di utilizzare il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Bene, in proposito mi auguro che la notizia resa nota questa settimana sull’intenzione della Volkswagen di costruire propri stabilimenti sia in India che in Russia dimostri la necessità di tener conto di implicazioni globali, e che il Fondo sarà effettivamente utilizzato.

Secondo punto: apprendo con piacere che la produzione dell’Audi A1 potrebbe essere trasferita nello stabilimento di Vorst, per conservare un maggior numero di posti di lavoro; tuttavia, i dipendenti sono già stati informati che tale trasferimento renderà necessaria una riduzione dei costi del lavoro. Spero che questa decisione non si riveli una mossa cinica da parte della Volkswagen, che così si riprenderebbe con una mano quello che ha dato con l’altra ma soprattutto, nel contempo, abbasserebbe drasticamente i salari e le condizioni di lavoro. La Volkswagen deve sapere che nei prossimi mesi seguiremo con grande attenzione gli eventi che la riguardano.

Infine, desidero rivolgere una domanda al Commissario. Se in Belgio la direttiva che crea un quadro generale per l’informazione e la consultazione e le direttive sul comitato aziendale europeo sono in vigore e sono rispettate, com’è possibile che questa notizia della settimana scorsa sia stata tanto sconvolgente? A meno che la Commissione non garantisca assiduamente l’applicazione e l’attuazione delle leggi sul lavoro, l’Europa sociale perderà credito e i cittadini avranno validi motivi per voltare le spalle all’Unione europea.

Sono lieto di apprendere, signor Commissario, che lei si sta attivando; nondimeno, in tutta franchezza, devo dirle che ormai è un po’ tardi per fare qualcosa per i lavoratori di Vorst.

In conclusione, mi auguro che il gruppo PPE-DE appoggi compatto il Fondo per la globalizzazione. A quanto mi risulta, non è questa la sua posizione. Spero che la votazione che si terrà tra due settimane si concluda con l’approvazione da parte di tutti.

 
  
MPphoto
 
 

  Jean Marie Beaupuy, a nome del gruppo ALDE. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, nella discussione in corso è importante non fare confusione e tenere ben distinte le diverse responsabilità. Nell’agire – come stiamo facendo – a livello europeo, dobbiamo pubblicizzare le risorse a nostra disposizione in ambito europeo per contribuire a trovare la soluzione migliore possibile a problemi di questo tipo, che si presentino nel comparto siderurgico o in altri settori di attività.

Signor Commissario, come ha osservato già nelle prime battute del suo intervento, gli aspetti da considerare sono due: da un canto ci sono le imprese, e, se vogliamo conservare nel tempo un certo livello occupazionale nell’Unione europea, abbiamo bisogno di imprese di successo; dall’altro canto ci sono i dipendenti, che hanno bisogno di aiuto. Grazie al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale europeo e presto – mi auguro – al Fondo monetario europeo, l’Unione dispone delle risorse necessarie per aiutare individualmente ciascun lavoratore a riqualificarsi, tornare al lavoro o avviare un’attività in proprio. Quando diffondete le vostre comunicazioni, dovete propagandare attraverso i media gli aiuti personalizzati che l’Unione europea mette a disposizione, di modo che i nostri concittadini siano pienamente informati delle azioni dell’UE.

Inoltre è essenziale, come ha detto lei, dare una risposta immediata. Se un certo numero di imprese dell’industria automobilistica – in questo momento la Volkswagen – hanno bisogno del nostro sostegno finanziario, è importante che aiutiamo i lavoratori con la massima celerità, affinché il nostro intervento sia realmente utile e consenta loro di trovare rapidamente un nuovo posto di lavoro.

 
  
MPphoto
 
 

  Pierre Jonckheer, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, i sindacalisti della Volkswagen presenti oggi pomeriggio qui in Parlamento ci hanno detto che, nonostante la loro priorità fosse ottenere dalla dirigenza del gruppo automobilistico un piano industriale, si aspettavano anche che l’Europa ponesse fine alla concorrenza sociale e fiscale tra gli Stati membri, che trascina tutti verso il basso. Quasi dieci anni fa, i lavoratori della Renault di Vilvoorde ci hanno detto le stesse cose. Cosa è cambiato rispetto ad allora?

Commissario Špidla, reputo le sue affermazioni del tutto inadeguate. Lei parla dell’autonomia del dialogo sociale, però sa benissimo che i datori di lavoro sono riluttanti a impegnarsi in tale dialogo. Abbiamo strumenti a nostra disposizione. Dobbiamo rafforzare la direttiva sul comitato aziendale europeo, come il Parlamento vi ha chiesto di fare ancora nel marzo 2006. E’ altresì necessario definire un quadro giuridico europeo che preveda trattative collettive europee a livello di settore e di gruppo. La Commissione deve esercitare un maggiore controllo sugli aiuti di Stato e sui fondi comunitari, onde evitare che siano utilizzati a fini di delocalizzazione nell’ambito dell’Unione europea – un’eventualità cui faceva riferimento già la relazione Cottigny e Hutchinson.

Occorre infine armonizzare – e scelgo questo termine con cura – a livello europeo una serie di questioni fiscali. Non basta parlare di una base imponibile comune per le imprese europee; c’è bisogno di un’aliquota minima europea per la tassazione delle imprese. A queste condizioni saremo forse in grado, oggi e, mi auguro, domani, di parlare con i lavoratori interessati in termini diversi da quelli della vicenda Renault.

 
  
MPphoto
 
 

  Francis Wurtz, a nome del gruppo GUE/NGL. – (FR) Signor Presidente, desidero iniziare cogliendo l’occasione di questa discussione per dare il benvenuto alla folta delegazione presente in tribuna, formata da lavoratori dello stabilimento Volkswagen di Vorst, esponenti di tutti i sindacati dello stabilimento e rappresentanti delle imprese subfornitrici.

(Applausi)

Molti appartenenti al mio gruppo si sono recati ieri nello stabilimento occupato e hanno avuto lunghi colloqui con i lavoratori e i rappresentanti sindacali. Cosa è emerso dai colloqui?

La prima e principale richiesta, signor Commissario, è di salvare i posti di lavoro in quello stabilimento. L’Unione europea si trova in grave imbarazzo per la mancanza di una politica industriale. Come ci ha ricordato l’onorevole Jonckheer, la crisi dell’industria automobilistica europea non è una novità. Il caso Vilvoorde risale a dieci anni fa e da allora altri stabilimenti sono stati chiusi o hanno corso questo rischio.

Cosa è stato fatto nella politica di ricerca e in quella degli investimenti, e per promuovere uno sviluppo regionale equilibrato? Quali sforzi sono stati compiuti per garantire la formazione dei lavoratori e la conservazione dei posti di lavoro, per favorire la produzione delle automobili pulite, affidabili e poco costose che sono richieste oggi, per diversificare il tessuto economico e aumentare il numero di posti di lavoro sicuri, specializzati e adeguatamente retribuiti? Ai grandi gruppi industriali è stata data carta bianca, nel nome della sacrosanta economia di libero mercato e della concorrenza sfrenata. E’ pertanto dovere immediato di tutti, anche dell’Unione europea, attivarsi per salvare i posti di lavoro nello stabilimento di Vorst, a vantaggio non solo dei dipendenti del gruppo Volkswagen ma anche degli 8 000 lavoratori delle imprese dell’indotto. L’onorevole Henin riprenderà questo punto tra un attimo.

In secondo luogo, se questa mobilitazione di massa dovesse fallire, e sorgesse il problema degli indennizzi, il gruppo Volkswagen dovrà essere formalmente tenuto ad assumersi appieno le proprie responsabilità. I capi sindacali ci hanno illustrato in dettaglio il lungo elenco di aiuti pubblici che, sotto forma di esenzioni varie, sono stati concessi per lo stabilimento in questione a un gruppo che – sia detto per inciso – ha visto i suoi profitti crescere fortemente negli ultimi due anni, o per lo meno crescere quanto basta per permettersi di annunciare ieri l’intenzione di investire centinaia di milioni in Asia. Inoltre, è superfluo ricordare che l’Unione europea ha il dovere di contribuire agli indennizzi.

Al centro di tutta questa vicenda sta però, a nostro modo di vedere, la necessità di apportare cambiamenti strutturali alla strategia economica perseguita nel nome di ciò che la Commissione chiama un’Europa competitiva in un’economia globalizzata – il che, in parole povere, significa tagliare i costi del lavoro, introdurre condizioni di lavoro flessibili, creare shareholder value, ossia profitti ingiustificati per gli azionisti, aizzare i lavoratori l’uno contro l’altro e usare la minaccia della delocalizzazione per ricattare le autorità pubbliche.

Tutto questo ci porta a quella che è l’essenza di questa rinomata Europa liberale, rispetto alla quale sempre più europei si sentono – a ragione – totalmente estranei. Solo un taglio netto a tale tipo di approccio può creare le condizioni per un’Europa socialmente responsabile, mettendoci in grado di riconquistare la fiducia dei nostri concittadini. Il Presidente Barroso sostiene spesso la causa di un’Europa che ottiene risultati. Nelle sue condizioni attuali, i risultati che l’Europa ottiene sono vicende come questa della Volkswagen di Vorst. Un sindacalista ci ha detto: ci può anche star bene avere più Europa, ma è di un’Europa diversa che abbiamo bisogno, una richiesta che sabato sarà di certo ribadita con forza nelle strade di Bruxelles.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Frank Vanhecke (NI).(NL) Signor Presidente, con 4 000 dipendenti licenziati dalla Volkswagen di Vorst e almeno altri 2 000 posti di lavoro persi nell’indotto possiamo ben dire che nel mio paese i lavoratori colpiti e le loro famiglie stanno attraversando un periodo davvero difficile.

La risposta iniziale del governo belga e del suo Primo Ministro Verhofstadt è stata di fare ciò che il governo fa sempre in momenti di difficoltà, cioè scaricare su altri la colpa del problema – mentre, quando l’economia va bene, non perde occasione per assumersene tutti i meriti e gloriarsene.

Con una reazione decisamente xenofoba, il Primo Ministro Verhofstadt si è spinto perfino ad accusare i tedeschi di perseguire una politica ispirata al motto “il nostro popolo innanzi tutto” – e in un paese politicamente corretto come il mio questa è la peggiore accusa che si possa muovere. Tale reazione ignora peraltro il fatto che in Germania sono andati perduti 20 000 posti di lavoro e che, con la tragedia sociale di Vorst, stiamo attraversando il momento peggiore di una vasta crisi che coinvolge tutta l’industria automobilistica europea.

Siamo onesti: nessuno conosce cure miracolose per ovviare alla tragedia che sta avvenendo in Europa; però, prima di incolpare altri, i nostri governi e in particolare quello belga dovrebbero chiedersi se abbiano fatto tutto ciò che era in loro potere per salvare quanti più posti di lavoro possibile, oggi a Vorst e in passato allo stabilimento Renault di Vilvoorde, alla DHL, alla Sabena e in altre imprese.

A quasi otto anni dall’entrata in carica nel mio paese di un governo che aveva promesso di fare di questo problema la sua priorità, in Belgio esiste tuttora un divario salariale di circa il 10 per cento rispetto ai paesi confinanti. Tale squilibrio retributivo è l’effetto di un carico fiscale pesantissimo.

Questa non è certamente l’unica, ma è senz’altro una delle ragioni per cui la responsabilità della situazione attuale va attribuita al governo belga. E intendo dire proprio il “governo belga”, perché da qualche tempo a questa parte le Fiandre stanno dimostrando la volontà politica di ricorrere a un mix di misure economiche al fine di rendere il nostro paese nuovamente interessante per gli investitori e, quindi, di creare nuova occupazione.

Anche noi siamo favorevoli a un utilizzo efficiente dei Fondi europei in questo settore, ma neppure essi possono fare miracoli, e le proposte che vengono avanzate per aumentare la burocrazia europea sono a mio giudizio controproducenti.

E’ ora che ci rendiamo tutti conto del fatto che il nostro benessere materiale e i nostri livelli occupazionali non dureranno in eterno di loro spontanea iniziativa, che la concorrenza internazionale non potrà che inasprirsi e che noi, aumentando la flessibilità, riducendo i costi e creando un clima favorevole ai datori di lavoro, dobbiamo combattere duramente per salvare ogni singolo posto di lavoro rimasto. Soprattutto, però, dobbiamo pensare a nuovi modi per aumentare la competitività delle nostre imprese, anche nei confronti di quelle di paesi dove la tutela sociale non esiste per nulla o solo in piccola parte.

 
  
MPphoto
 
 

  José Albino Silva Peneda (PPE-DE).(PT) Signor Presidente, signor Commissario, di norma le delocalizzazioni comportano il trasferimento in paesi con costi di produzione inferiori e norme sull’occupazione più flessibili. In questo caso, è successo il contrario: la produzione viene spostata in un paese dove i costi di produzione sono maggiori e le norme sull’occupazione più severe. Tutto fa pensare che tale decisione non sia stata determinata dalle leggi del mercato bensì, molto probabilmente, dai rapporti di forza tra la società e i sindacati.

Sembra che ci troviamo di fronte a un fattore di tipo nuovo, che può influenzare anche le delocalizzazioni future e che definirei come “delocalizzazione del potere sindacale”. Questo tipo di delocalizzazione è sempre rivolto verso il centro, nel senso che favorisce la parte più forte. Se una simile pratica si diffonde, andremo in una direzione che è chiaramente contraria ai valori fondamentali del progetto europeo perché le regole del mercato sono violate, la produttività non è stimolata e i principi fondamentali della solidarietà e della coesione regionale e sociale non sono rispettati.

Una simile pratica mi fa temere per il futuro dello stabilimento Volkswagen in Portogallo, perché se anche lì si verificasse una cosa del genere saremmo costretti a pensare seriamente a come impedire a un semplice gruppo d’interesse di imporsi sul normale funzionamento delle regole del mercato. E’ nostra responsabilità evitare che ciò accada.

 
  
MPphoto
 
 

  Mia De Vits (PSE).(NL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, non penso che il mondo della politica possa restare inerte di fronte a una tragedia simile. E’ del tutto evidente che occorre ammortizzarne le conseguenze sociali, e se il Fondo di adeguamento alla globalizzazione non è destinato a interventi in casi come questo, allora non so proprio a cosa possa servire.

Commissario Špidla, è ovvio che il dialogo sociale deve funzionare, però così non è stato. Per noi socialisti occorre fare di più.

Nei casi di fusioni societarie, la Commissione verifica che non ci siano distorsioni della concorrenza, però non si accerta se le operazioni di ristrutturazione seguano criteri economici oggettivi. Reputo più intelligente e più utile avere un commissario che guida le operazioni di ristrutturazione nella giusta direzione, piuttosto che averne uno che si occupa di multilinguismo.

Chiedo al Parlamento di appoggiare tale posizione. Mi fa piacere che il governo belga solleverà questi punti durante il Consiglio di dicembre. Le multinazionali non possono passarla liscia: devono essere chiamate a rendere conto delle proprie azioni.

 
  
MPphoto
 
 

  Jacky Henin (GUE/NGL).(FR) Signor Presidente, ogni giorno che passa il settore automobilistico perde centinaia di posti di lavoro. Le multinazionali stanno esercitando pressioni enormi sui loro dipendenti, convinte di poterli usare come capri espiatori e di poter sfidare i loro diritti acquisiti, quasi accusandoli implicitamente di nuotare nell’oro. Il fatto è che i lavoratori non sono mai stati più produttivi o meno sicuri del loro posto di lavoro negli ultimi cinquant’anni. Da trent’anni a questa parte, il loro potere d’acquisto non è mai stato così basso. Non è la competitività dei costi del lavoro che sta creando problemi all’industria automobilistica, bensì i movimenti di capitale alla ricerca del massimo profitto nel tempo più breve possibile. I gruppi automobilistici si sono spinti a usare metodi ricattatori per mungere le regioni in cui sono insediati i loro stabilimenti, e dopo aver succhiato fino all’ultima goccia i bilanci locali sono andati a cercarsi pascoli nuovi, dove l’erba è più verde.

E’ ora che il Parlamento europeo la smetta di rinchiudersi in vuote parole retoriche e intraprenda una buona volta iniziative coraggiose per difendere il potenziale industriale europeo, per colpire gli approfittatori lì dove batte il loro cuore, ossia nel portafoglio, e per garantire ai dipendenti il diritto alla formazione e a posti di lavoro realmente sicuri. Questi sono alcuni degli obiettivi sanciti nel documento che il mio gruppo sta propugnando come la chiave per difendere e sviluppare la nostra industria automobilistica.

 
  
MPphoto
 
 

  Alain Hutchinson (PSE).(FR) Signor Presidente, signor Commissario, quello che vediamo oggi in maniera spettacolare, con questa crudele decisione della Volkswagen e le sue tragiche conseguenze, altro non è, a ben guardare, che la parte sommersa dell’iceberg che va alla deriva nell’oceano della libera impresa e della libera concorrenza – le nuove parole d’ordine dell’Unione europea attuale. Ogni giorno, infatti, centinaia di posti di lavoro scompaiono per effetto delle delocalizzazioni e di varie misure di ristrutturazione, anche se la loro scomparsa avviene, ovviamente, in modo molto più discreto. E non vengono adottate contromosse, o solo poche, troppo poche, per sostenere la politica industriale e quella sociale, che in questi casi sono tradite e violate.

Signor Commissario, il Parlamento europeo ha approvato di recente risoluzioni sia sulle delocalizzazioni sia sulle ristrutturazioni aziendali. Quando la Commissione e il Consiglio si degneranno almeno di rispondere a quelle risoluzioni, almeno di manifestare un minimo interesse al riguardo, a differenza di quanto hanno fatto finora? Oggi è certamente importante fornire aiuti attivi, effettivi e concreti alle vittime delle nuove chiusure; ma è altrettanto importante garantire che domani l’Unione europea passerà dalle parole ai fatti, affrontando questo problema in termini più risoluti. L’Unione è diventata vittima di una politica che essa stessa si è augurata.

 
  
MPphoto
 
 

  Véronique De Keyser (PSE).(FR) Signor Presidente, è assurdo discutere oggi del caso Volkswagen senza una risoluzione e con un solo minuto di parola per ciascun oratore? No, non è assurdo, è vergognoso. Quale tragedia dovrà mai accadere perché la Commissione si decida finalmente a rivedere la direttiva sul comitato aziendale europeo, che sta tuttora bloccando? Avete dato retta a quanto si dice nella relazione Hutchinson sulle delocalizzazioni? Permetterete alla Volkswagen di beneficiare del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione? No, il motivo per cui lo stabilimento Volkswagen rischia la chiusura non sta in un cattivo funzionamento del liberalismo, bensì nella persistente mancanza di una regolamentazione sociale del mercato europeo.

Alla destra, che si oppone a qualsiasi legislazione in questa materia, voglio dire che un’Europa sociale ci sarà, che sarà creata a dispetto di tutto, anche a prezzo di lacrime e sangue, ma sarà realizzata in ogni caso. Oggi invoco non soltanto un commissario responsabile per le ristrutturazioni aziendali, ma anche una direttiva Volkswagen, per il bene di tutti i lavoratori di Vorst e di tutti coloro che, nella mia come nelle vostre regioni, onorevoli colleghi, stanno perdendo la fiducia nell’Europa e nella politica.

 
  
MPphoto
 
 

  Jean Louis Cottigny (PSE).(FR) Signor Presidente, il modello sociale europeo, la strategia di Lisbona, un’Europa sociale: che significato possono ancora avere queste parole, che esprimono ormai soltanto vuote promesse di fronte agli sguardi disperati dei dipendenti della Volkswagen e delle loro famiglie? Esistenze precarie sono diventate la norma, e aizzare i lavoratori l’uno contro l’altro è diventata una strategia aziendale, come gli esuberi e la disoccupazione. Sempre più lavoratori accettano di vivere sull’orlo dell’abisso per il semplice motivo che non hanno alternative.

L’Europa è stata costruita su fondamenta di pace, ma si stanno alimentando conflitti sociali dalle conseguenze tragiche in termini di sofferenze umane, di crescente sfiducia nei confronti dell’Unione europea e di maggiori consensi per i partiti estremisti in tutte le elezioni. Dobbiamo forse permettere che 4 000 posti di lavoro vengano cancellati impunemente a un tiro di schioppo dalle nostre Istituzioni e che oltre 10 000 persone siano lasciate senza lavoro da un gruppo che ha contemporaneamente annunciato l’intenzione di costruire uno stabilimento in India?

Sarà necessario ricorrere ai Fondi europei, compreso il nuovo Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Ci daremo da fare a questo scopo, forse presentando un emendamento Volkswagen – perché no? E’ ora che i lavoratori siano rispettati in Europa, nel Parlamento europeo e a un tiro di schioppo da casa nostra.

 
  
MPphoto
 
 

  Vladimír Špidla, Membro della Commissione. – (CS) Onorevoli deputati, il caso della Volkswagen di Vorst è naturalmente uno di quei casi che hanno accompagnato l’economia di mercato in tutta la sua storia. Credo che, se vogliamo garantire l’occupazione, la strada giusta per farlo sia quella della strategia di Lisbona, perché i suoi obiettivi principali sono la competitività fondata sulla conoscenza e la creazione di posti di lavoro di alta qualità. Ritengo essere questa la strategia giusta, la strategia che dobbiamo applicare.

Diversa è la questione riguardante i modi per dare una risposta efficace alla situazione della Volkswagen. E’ chiaro che vi sono responsabilità diverse a livello di società, di autorità locali, di Stato nazionale e di Unione europea. Occorre mobilitare responsabilmente tutte queste capacità. Sono lieto che le Istituzioni dell’UE abbiano reagito in modo rapido e, a mio parere, efficace, mettendo a disposizione le loro risorse in maniera tale che la risposta è stata sia responsabile sia efficace. E’ altresì evidente che il dialogo sociale deve svolgere un ruolo importante. Mi risulta che siano in corso consultazioni tra le parti sociali e che tali colloqui siano giunti a una fase importante. Se l’Europa deve mantenere una reale dimensione sociale, è fondamentale, ovviamente, che venga rispettata la legislazione vigente in questa materia. A tal fine, la Commissione ha compiuto un’indagine per accertare se le pertinenti direttive siano applicate con rigore. Credo che in questo modo si potrà contribuire realmente a risolvere il problema.

Onorevoli deputati, durante la discussione abbiamo ascoltato un gran numero di idee e suggerimenti elaborati da numerose e differenti prospettive. E’ ovvio che le nostre responsabilità, il Trattato e l’effettiva costruzione dell’Europa ci impongono obblighi. Sono certo che da ogni caso nascerà una discussione la quale potrà aiutarci a potenziare il quadro giuridico e a modificare i nostri processi e le nostre modalità di risposta – e tutto ciò è sintomo di un’Europa funzionante e fiorente.

Consentitemi di ritornare alle considerazioni iniziali. In questo momento dobbiamo mobilitare le risorse a nostra disposizione, cosa che, a livello europeo, stiamo già facendo.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – La discussione è chiusa.

Dichiarazione scritta (articolo 142 del Regolamento)

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo (GUE/NGL).(PT) La minaccia che pende sulla testa dei 4 000 dipendenti della Volkswagen in Belgio dimostra come le multinazionali continuino ad agire in maniera affatto irresponsabile, motivate esclusivamente dalla volontà di conseguire profitti sempre maggiori. Sono del tutto indifferenti ai problemi sociali e di sviluppo regionale che provocano considerando i loro dipendenti alla stregua di semplici numeri e ingranaggi di una macchina, interessanti solo nella misura in cui sono necessari per generare profitti. Questa situazione fa parte integrante del processo in atto nel commercio internazionale di liberalizzazione e deregolamentazione del mercato del lavoro che l’Unione europea appoggia e incoraggia.

La situazione è uguale a quella che colpisce migliaia di lavoratori in Portogallo, soprattutto negli stabilimenti della Opel/GM ad Azambuja, della Johnson Controls, della Lear e di molte altre imprese.

E’ ora di adottare provvedimenti per mettere fine a questa situazione una volta per tutte e garantire un’azione più decisa per tutelare i diritti dei lavoratori. Tali provvedimenti devono assicurare inoltre la piena partecipazione ai processi decisionali dei comitati aziendali europei, riconoscendo a questi ultimi il diritto di bloccare le dismissioni e le delocalizzazioni, nonché di esercitare un efficace controllo sui fondi comunitari stanziati per le multinazionali, costringendole così a rispettare tutti i diritti dei loro dipendenti.

 

16. Strumento finanziario europeo per la promozione della democrazia e dei diritti umani nel mondo (discussione)
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0376/2006) dell’onorevole Flautre e dell’onorevole McMillan-Scott a nome della commissione per gli affari esteri, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno strumento finanziario per la promozione della democrazia e dei diritti umani nel mondo (Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani) [COM(2006)0354 – C6-0206/2006 – 2006/0116(COD)].

 
  
MPphoto
 
 

  Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, il processo decisionale della Presidenza finlandese sui futuri strumenti finanziari dell’Unione europea sta per volgere al termine. Dando una straordinaria dimostrazione di solidarietà, abbiamo affrontato efficacemente la questione e adottato la maggioranza dei regolamenti sui nuovi strumenti finanziari. Le sfide non sono mancate, ma da parte del Parlamento europeo, degli Stati membri e della Commissione si è registrata anche l’immensa volontà politica di giungere a un accordo sulle questioni importanti.

Resta ancora una sfida da affrontare, ossia l’adozione del regolamento che istituisce uno strumento europeo per la promozione della democrazia e dei diritti umani (EIDHR). Si tratta di una questione importante sia per il Parlamento sia per gli Stati membri, poiché riguarda la promozione di valori fondamentali sanciti dal Trattato sull’Unione europea. Il Parlamento e i suoi Stati membri hanno una competenza specialistica in materia di democrazia e diritti umani, che si è rivelata utile negli sforzi finalizzati al conseguimento di un buon risultato.

Il regolamento su un nuovo strumento per la promozione dei diritti umani nel mondo è stato redatto a un ritmo molto serrato. Oltre al Parlamento, anche gli Stati membri hanno avanzato varie proposte sul suo contenuto. Il fatto che in questi negoziati sia già stato raggiunto un accordo su quasi tutte le questioni è un segnale molto positivo. Il Consiglio, da parte sua, ha unanimemente approvato il testo di compromesso di cui si avvarrà la Presidenza nei colloqui che condurrà con il Parlamento per giungere a una conclusione.

La Presidenza intende adottare lo strumento in prima lettura, per motivi che sono indubbiamente chiari a tutti. L’attuale EIDHR scadrà tra poche settimane, alla fine dell’anno. Non vogliamo che il sostegno dell’Unione europea alla democrazia e ai diritti umani subisca una grave interruzione. Abbiamo il dovere di adottare una decisione rapida, non solo per l’importanza che i diritti umani e la democrazia rivestono come valori per noi europei, ma anche per le speranze e le aspettative che hanno riposto in noi i difensori dei diritti umani e della democrazia di altri paesi.

Gli strumenti sono stati elaborati in maniera tale da formare un unico meccanismo quanto più praticabile possibile. La democrazia e i diritti umani vengono attuati anche attraverso altri strumenti, e l’EIDHR costituirà un’integrazione di tale meccanismo in aree particolari. Anche per questo motivo è più che mai necessario adottare lo strumento prima dell’inizio del nuovo periodo di finanziamento.

La Presidenza del Consiglio esorta fortemente il Parlamento a giungere a una decisione entro la fine dell’anno. Il pacchetto adottato dal Consiglio contiene un vastissimo numero di emendamenti al testo del regolamento presentato dal Parlamento riguardo sia ad aree prioritarie di sostegno sia alla posizione del Parlamento stesso sull’applicazione del regolamento. Una caratteristica importante del nuovo regolamento è il riconoscimento dell’importanza del lavoro per la democrazia e, in tale contesto, il più marcato accento posto sul lavoro di parlamenti e parlamentari. Il nostro lavoro nei paesi terzi si basa fondamentalmente sulle convenzioni internazionali sui diritti umani e sui diritti e doveri da esse sanciti.

Con la proposta di regolamento, vengono ampliate le condizioni di ammissibilità degli attori agli aiuti comunitari. E’ positivo riconoscere la diversità in materia di diritti umani e di democrazia e utilizzare in maniera flessibile varie risorse in situazioni diverse. A quanto pare, inoltre, le risorse finanziarie dello strumento saranno lievemente più cospicue nel periodo di finanziamento che sta per concludersi e, di conseguenza, l’inclusione di nuovi attori non indebolirà necessariamente le posizioni degli altri operatori.

L’istituzione dello strumento è stata principalmente motivata dalla convinzione che, grazie ad esso, sarà possibile sostenere in particolare il lavoro degli attori della società civile soprattutto laddove manchi il consenso specifico del governo del paese interessato. E’ importante mantenere costantemente questo approccio senza aggiungere troppe forme di sostegno a favore di altri attori nel quadro del regolamento.

Nella proposta di compromesso del Consiglio le condizioni per l’ammissibilità agli aiuti sono state ampliate conformemente ai suggerimenti del Parlamento europeo, che aveva proposto di includervi fondazioni parlamentari e politiche. La proposta di regolamento, inoltre, prevede anche l’ammissibilità di altri attori in circostanze speciali. A mio avviso si tratta di una soluzione ponderata e praticabile che tiene conto delle speranze e delle obiezioni di diversi attori comunitari.

Il Parlamento ha tenuto a sottolineare che gli aiuti concessi nel quadro dello strumento, destinato principalmente agli attori della società civile, hanno la peculiare caratteristica di poter essere erogati senza il consenso del governo di un paese terzo. Su tale principio il consenso tra Consiglio e Parlamento è stato unanime fin dall’inizio. Credo che ora siamo anche riusciti a trovare il modo di citare questo principio in maniera più chiara e precisa, alla luce degli obblighi derivanti dal Trattato sull’Unione europea e dagli accordi e dalle convenzioni internazionali. La Presidenza è disposta a proporre l’inclusione del principio nella prima formulazione introduttiva, qualora si giunga a un consenso in prima lettura sul contenuto del regolamento nel suo complesso.

Il Parlamento ha anche richiamato l’attenzione sull’importanza di citare nel testo del regolamento i diritti degli immigrati, dei richiedenti asilo e dei rifugiati in un determinato paese. Il testo si baserà sulle convenzioni internazionali per i diritti umani. Si potrebbe pertanto valutare l’ipotesi di incorporare fin d’ora l’area proposta. La Presidenza è tuttavia disposta a prendere in considerazione anche questa aggiunta, qualora il regolamento possa essere adottato integralmente in prima lettura.

Il Consiglio, da parte sua, è pertanto disposto a dimostrare una flessibilità addirittura maggiore per giungere a una soluzione entro la fine dell’anno. Allo scopo è indispensabile che tutte le parti diano prova di flessibilità.

La relazione della commissione del Parlamento europeo propone che i gruppi politici vengano aggiunti alla lista dei beneficiari degli aiuti. Tra questi probabilmente figurano, inter alia, i partiti politici; in altre parole si finanzierebbe il lavoro di partiti che operano anche in paesi terzi. I partiti democratici rivestono innegabilmente un ruolo importante nel rafforzamento della democrazia e dei diritti umani in tutto il mondo. E’ molto importante che i criteri di sostegno forniti nel quadro di questo strumento per i diritti umani siano chiari e fondati su principi per i diritti umani riconosciuti a livello internazionale. Nell’ambito di questo strumento non vi saranno mai abbastanza risorse disponibili da destinare a un sostegno generale a favore di tutti i partiti sulla base degli stessi criteri, analogo a quello esistente in molti paesi europei. Dal punto di vista della definizione di criteri chiari sarebbe un compito molto difficile selezionare come beneficiari singoli partiti. La scelta andrebbe operata in modo tale da non creare l’impressione che, nell’assegnazione degli aiuti, posizioni politiche di partito prevalgano su criteri di democrazia e diritti umani. E’ inoltre evidente che, aumentando il numero dei beneficiari in quest’area, altri potrebbero ricevere meno sostegno. Abbiamo soprattutto cercato di indirizzare gli aiuti verso le ONG che operano in nome della democrazia e dei diritti umani in particolare.

La proposta di compromesso della Presidenza tiene conto dei suggerimenti del Parlamento di aggiungere al gruppo dei beneficiari fondazioni partitiche indipendenti e parlamenti nazionali, regionali e internazionali. L’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento permette anche di fornire sostegno, in casi speciali, ad altri gruppi non menzionati in questo articolo. La formulazione si avvicina molto ai desideri del Parlamento ed è flessibile, poiché permette di risolvere problemi durante il periodo di finanziamento. Per tutti questi motivi, il Consiglio non approva l’aggiunta di gruppi politici al testo del regolamento.

Questo aspetto potrebbe pregiudicare la possibilità di riuscire ad adottare l’intero regolamento in prima lettura, e anche in questo caso si verificherebbe una situazione in cui per il momento non esisterebbe alcuna base giuridica per un’azione comunitaria sulla democrazia e i diritti umani. Sarebbe molto rischioso congelare tutti gli aiuti comunitari per la promozione dei diritti umani e la democrazia per risolvere questo problema. Il Consiglio si è impegnato molto per venire incontro ai desideri del Parlamento. Per giungere a una soluzione è importantissimo incorporare e mantenere il sostegno degli Stati membri in questo pacchetto di regolamento.

Mi auguro che il Parlamento dia prova di flessibilità; in tal modo potremo realizzare insieme il nostro principale obiettivo, ossia fare in modo che l’anno prossimo l’Unione europea sia in grado di continuare a finanziare le azioni a favore della democrazia e dei diritti umani attraverso il nuovo strumento. Affinché tale sostegno possa proseguire, è indispensabile giungere a una decisione sulla proposta di regolamento e, quanto prima vi perverremo, tanto meglio sarà.

 
  
MPphoto
 
 

  Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. – (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, cercherò di essere breve affinché sia possibile concludere il dibattito. Questo strumento finanziario è davvero un’importante pietra miliare nella riforma globale del sistema comunitario di aiuti all’estero, e constato con molta soddisfazione che siete riusciti a elaborare, in un periodo relativamente breve, una proposta di regolamento comune sui diritti umani e la democrazia. Ritengo che questo strumento esprima, in maniera esemplare, l’incondizionato impegno dell’Unione europea nei confronti della democrazia e dei diritti umani quali fattori fondamentali delle relazioni esterne.

Proprio perché considera questa Assemblea come suo partner principale, la Commissione si attiene incondizionatamente alla dichiarazione sul controllo democratico e la coerenza delle azioni esterne e intratterrà un dialogo regolare con quest’Aula. In situazioni in cui i diritti umani e la democrazia sono particolarmente a rischio, e che richiedono un rapido intervento comunitario, propongo di avviare velocemente colloqui con un piccolo gruppo di eurodeputati in rappresentanza delle varie commissioni parlamentari interessate.

Dopo la spiegazione fornita poc’anzi dalla Presidenza del Consiglio riguardo ai lunghi negoziati condotti in quest’ambito, vorrei dire che, a nostro avviso, la proposta di compromesso elaborata nel corso delle trattative rende complessivamente giustizia alle aspettative nutrite nei confronti di questo nuovo strumento finanziario, e vorrei anche rilevare che senza dubbio rispecchia molte proposte presentate dalla vostra Assemblea, che la Commissione sostiene senza riserve; questo documento, infatti, non solo affronta il processo di riforma democratica, ma anche la protezione generale dei diritti umani, e pone un forte accento sul sostegno e sulla protezione dei difensori dei diritti umani, senza tuttavia trascurare le vittime di torture e maltrattamenti. Inoltre crea una base specifica per un efficace monitoraggio elettorale – e di questo vi sono molto riconoscente –, senza avanzare pretese eccessive nei confronti delle risorse disponibili a questo scopo.

Non posso fare altro che accogliere con favore questo strumento e la maggiore flessibilità, il nuovo rapido orientamento e le veloci risposte che permetterà di fornire. A tale proposito presteremo particolare attenzione a fare in modo che ad esso attingano non solo attori privati, ma anche associazioni con o senza personalità giuridica e, in nome della flessibilità, utilizzeremo tutti i mezzi disponibili conformemente al regolamento di bilancio e ai regolamenti di attuazione emanati in riferimento ad esso.

Posso accogliere le proposte formulate nei considerando dalla vostra Assemblea riguardo a una discussione più dettagliata sull’indipendenza dal consenso delle autorità nazionali di cui, in virtù della sua particolare natura, deve godere l’erogazione degli aiuti, nonché l’inclusione di un riferimento in cui si affermi che i diritti degli immigranti, dei richiedenti asilo e degli sfollati devono considerarsi tutelati da questo strumento.

Purtroppo, però, al pari del Consiglio, non riesco a scorgere alcuna ragione per l’inclusione di partiti e movimenti politici tra i diretti beneficiari dei finanziamenti concessi. A mio avviso, la Presidenza del Consiglio e il Parlamento – con il sostegno della Commissione – sono giunti, dopo un lungo dibattito, a un ottimo compromesso stabilendo di includere i parlamenti nazionali tra i beneficiari degli aiuti esteri. Ritengo che tale proposta sia obiettivamente giustificata dall’inclusione, tra gli obiettivi dello strumento, della creazione, della promozione e del rafforzamento della democrazia partecipativa, rappresentativa e parlamentare e dei processi di democratizzazione associati. Posso capire benissimo che il finanziamento delle fondazioni sia anch’esso un modo per superare le nostre difficoltà.

Finora abbiamo ritenuto essenziale garantire la neutralità e l’imparzialità della Commissione in materia di aiuti comunitari; questo atteggiamento ci ha collocati in una posizione di netto vantaggio, e dobbiamo mantenerlo in futuro perché ha favorito l’ampia accettazione e il potenziale dei nostri aiuti nei paesi terzi; di conseguenza, non dobbiamo abbandonare nemmeno questo approccio.

 
  
MPphoto
 
 

  Hélène Flautre (Verts/ALE), correlatore. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, dal mese di settembre il mio correlatore ed io negoziamo con il Consiglio e la Commissione al fine di far valere la posizione del Parlamento sullo strumento finanziario europeo per la promozione della democrazia e dei diritti umani nel mondo. I negoziati sono ormai conclusi e, come è stato appena affermato, la settimana scorsa il Consiglio ha adottato una posizione comune sulla base di un testo di compromesso. Questa proposta, che in buona parte avevamo precedentemente introdotto sotto forma di emendamenti, soddisfa la maggioranza delle richieste del Parlamento. Stabilisce che l’utilizzo dello strumento non dipende dal consenso dei governi dei paesi riceventi. Prevede il finanziamento di organizzazioni non ufficiali. Introduce un meccanismo flessibile per fornire sostegno diretto ad attivisti dei diritti umani che si trovano in pericolo imminente. Questo nuovo meccanismo dovrebbe rafforzare considerevolmente l’efficacia delle nostre misure a favore della protezione di coloro che si battono per le libertà fondamentali.

Il compromesso contiene altresì un’intera sezione dedicata alla promozione dei principi democratici, dei processi elettorali e della democrazia parlamentare. Le fondazioni politiche, nonché i parlamenti nazionali – un elemento introdotto dal nostro Parlamento – sono esplicitamente elencati tra i soggetti ammissibili agli aiuti. Anche la sezione dedicata alla protezione dei diritti umani soddisfa quasi tutte le richieste del Parlamento, tranne il desiderio di includere un riferimento esplicito alla lotta contro l’impunità e alla prevenzione dei conflitti. D’altra parte, sono stati inclusi i diritti dei disabili, la responsabilità sociale delle imprese, la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e molti altri obiettivi.

Il Parlamento ha inoltre ottenuto l’istituzione di un dialogo strutturato rafforzato che lo coinvolgerà nell’elaborazione di priorità strategiche. Avremmo voluto che questo punto figurasse nel corpo del testo, ma secondo il compromesso raggiunto la partecipazione del Parlamento dovrà essere garantita attraverso uno scambio di lettere.

Per quanto riguarda un riferimento esplicito ai gruppi politici democratici, il Consiglio, come abbiamo appena sentito, ritiene che si tratti di una proposta impraticabile. Non è quindi stato possibile includere un riferimento al sostegno di questi gruppi. E’ stato invece introdotto un elemento di flessibilità volto a permettere il finanziamento di altri attori in casi debitamente motivati. In questo modo, benché non espressamente menzionati, i gruppi politici potranno ricevere sostegno in determinate circostanze.

Per concludere, signor Presidente, vorrei insistere sull’unicità di questo strumento. E’ l’unico che finanzia i progetti di attori non governativi senza la necessità di un consenso previo da parte del loro governo. E’ anche l’unico strumento che finanzia le missioni di osservazione elettorale. Sarebbe pertanto inutile e irresponsabile ritardare l’adozione, e quindi il finanziamento di questi progetti, nella vana speranza di introdurre un riferimento esplicito ai gruppi politici. In realtà, l’ostinazione a perseguire tale obiettivo ci è già costata cara in questa fase, perché ha mandato in fumo l’accordo raggiunto con il Consiglio sull’inclusione dei diritti degli immigranti e dei richiedenti asilo.

Per questi motivi, onorevoli colleghi, vi chiedo di sostenere il compromesso negoziato con il Consiglio.

 
  
MPphoto
 
 

  Edward McMillan-Scott (PPE-DE), correlatore. – (EN) Signor Presidente, innanzi tutto desidero ringraziare l’onorevole Flautre per l’intensissimo lavoro che lei e il suo staff hanno svolto negli ultimi mesi affinché fosse possibile adottare questo strumento entro la fine dell’anno. Vorrei altresì ringraziare la Commissione e il suo personale, nonché il Consiglio, per il loro lavoro.

Sia il Consiglio sia la Commissione si sono impegnati a fondo per cercare di giungere a una sorta di compromesso su questo strumento. Devo dire che, in termini generali, le ambizioni della presidente della sottocommissione per i diritti dell’uomo e mia correlatrice sono state ampiamente soddisfatte. Penso che, per quanto riguarda la questione della promozione dei diritti umani, che rappresenta valori universali accettati in tutto il mondo, disponiamo ora di uno strumento che ha la capacità e la flessibilità di funzionare efficacemente, soprattutto attraverso la società civile, e di realizzare gli obiettivi dell’Unione europea conformemente agli obblighi sanciti dal Trattato riguardo alla promozione dei diritti umani a livello mondiale.

Vi è però una lacuna. Come i colleghi sanno, nel 1992 sono stato promotore e relatore dell’iniziativa europea volta a trasformare l’ex blocco sovietico e incentrata essenzialmente sul processo democratico. Nel mondo odierno siamo attualmente confrontati a sfide diverse. Ho trascorso parte dell’anno in visita presso paesi che, secondo la terminologia delle Nazioni Unite, costituiscono “ambienti complessi”: Cina, Cuba e Russia. Sono queste le sfide del giorno d’oggi.

La mia domanda al Consiglio e alla Commissione – e, giacché il Consiglio ha deciso di negoziare in pubblico – è la seguente: perché noi, come Unione europea, non possiamo avvalerci degli stessi strumenti di cui i governi dei nostri Stati membri hanno dotato le Nazioni Unite? Per me questo è un grande mistero. Durante il mio recente viaggio a New York, ho trascorso parte del tempo a dialogare con lo PNUS, che nel suo manuale per le relazioni con i partiti politici, afferma: “Abbiamo tuttavia constatato che l’assenza di partiti politici forti, responsabili e competenti, in grado di rappresentare posizioni e negoziare cambiamenti, indebolisce il processo democratico”. Questo è un parlamento di partiti politici. La democrazia non può esistere in assenza di forze politiche in competizione. Mi chiedo quindi semplicemente se il Consiglio non abbia mancato di coraggio. Dinanzi alle sfide con cui siamo confrontati a est e a sud, è davvero soddisfacente che l’Unione europea non abbia la stessa capacità di partecipare al processo politico, di riformare paesi dove la democrazia non esiste, che abbiamo conferito alle Nazioni Unite?

Credo che l’Unione europea debba dare un sostegno concreto alla democrazia e inserire nello strumento un riferimento al sostegno dei gruppi politici democratici. Questo, in alcuni paesi, è l’unico modo per ottenere un cambiamento.

 
  
MPphoto
 
 

  Alessandro Battilocchio (NI), relatore per parere della commissione per lo sviluppo. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei ringraziare i due relatori per la loro collaborazione che ha portato a presentare in commissione AFET un documento che già inglobava le istanze della DEVE. Esse si ritrovano anche nel documento del Consiglio, che ringrazio per il lavoro e per la flessibilità dimostrata durante questi mesi di negoziati, in particolare per la dimensione locale dello strumento, per rispondere ad esigenze specifiche di aree in difficoltà; la peculiarità dello strumento, che permette di agire anche indipendentemente dal consenso dei governi e delle autorità pubbliche; la trasparenza delle procedure e la coerenza con le altre politiche esterne europee; il campo di applicazione, quindi priorità alla società civile; accesso anche agli attori non registrati; tutela di donne e bambini, migranti, minoranze; accesso all’informazione e le azioni a sostegno dei processi democratici, sebbene la definizione finale del documento non sia pienamente soddisfacente.

Brevi commenti sui punti più controversi: per quanto riguarda il tetto massimo per le missioni di osservazione elettorale, avrei auspicato da parte di Commissione e Consiglio un impegno più forte di una dichiarazione in allegato ma mi auguro che, anche dopo quanto detto in questa sede, esso venga rigorosamente rispettato. Sul dialogo strutturato prendo atto della scarsa disponibilità di Consiglio e Commissione a migliorare le procedure in questo senso. E’ comunque importante che almeno la lettera della Commissione sia indirizzata non solo al presidente della AFET ma anche alla presidenza della commissione sviluppo, coerentemente con la base giuridica dello strumento (articolo 179, primo comma, del trattato) e con il regolamento del Parlamento (allegato VI).

In relazione agli attori politici, capisco il collega McMillan-Scott e, nonostante la mia commissione non si sia pronunciata esplicitamente sull’argomento, non ho problemi a sostenere la sua richiesta, qualora esistano delle aperture. In caso contrario, valuterò con i colleghi, alla luce dei prossimi sviluppi, l’opportunità di bloccare il processo dopo che sono stati raggiunti, con molti sforzi, buoni compromessi sui punti principali, per riuscire a chiudere un accordo in prima lettura e permettere l’avvio dello strumento dal gennaio 2007.

 
  
MPphoto
 
 

  Albert Jan Maat (PPE-DE), relatore per parere della commissione per i bilanci. – (NL) Signor Presidente, vorrei rivolgere i miei più sentiti ringraziamenti a entrambi i relatori, onorevoli McMillan-Scott e Flautre, per il modo in cui hanno accolto le raccomandazioni della commissione per i bilanci.

Sono due gli aspetti che la commissione per i bilanci ritiene importanti: la responsabilità e il quadro finanziario 2007-2013. Sono stati stanziati 1 103 milioni di euro per questo strumento e la nostra commissione auspica che l’Assemblea possa controllare il modo in cui verranno spesi.

In secondo luogo, occorre proteggere i diritti del Parlamento in quest’area, sia dal punto di vista della sua consultazione che di attuazione della politica che, conformemente alla dichiarazione della Commissione, deve essere soggetta a un solido controllo democratico. Siamo quindi lieti che questa proposta sia stata approvata non solo dai relatori, ma anche dalla commissione per gli affari esteri.

La commissione per i bilanci ritiene inoltre molto importante che siano messi a disposizione fondi da altri strumenti di rilievo, quali ad esempio quelli per lo sviluppo, la prossimità e la preadesione.

Se ciò accadrà, se lo strumento verrà utilizzato in questo modo, sono convinto che, quando fra cinque anni discuteremo questo programma in seno alla commissione per il controllo dei bilanci, concederemo il discarico in quest’area.

 
  
MPphoto
 
 

  Teresa Riera Madurell (PSE), relatore per parere della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere. – (ES) Signor Presidente, noi della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere ci congratuliamo per tutti gli sforzi compiuti dal Parlamento affinché oggi, in seno alla nostra Assemblea, fosse possibile discutere di questo strumento specifico per la promozione della democrazia e dei diritti umani.

Nell’ambito dell’importante lavoro di semplificazione degli strumenti e delle procedure in materia di azione esterna, riteniamo che sia indispensabile disporre di uno strumento volto essenzialmente a sostenere la società civile, appoggiando quelle persone che lavorano per ottenere la democrazia e una vita migliore per tutti.

In tale contesto, onorevoli colleghi, vorrei evidenziare il ruolo chiave svolto dalle donne nella difesa delle libertà fondamentali.

Noi, in seno alla nostra commissione, abbiamo lavorato per consentire a questo strumento di sostenere obiettivi e misure volti a promuovere i diritti delle donne e dei bambini, la parità di genere a livello internazionale e la lotta contro la discriminazione di cui sono quotidianamente vittime miliardi di donne.

L’approvazione di questo regolamento in prima lettura, che ne permetterebbe l’entrata in vigore l’anno prossimo, sarebbe per noi una buona notizia, soprattutto alla luce del fatto che il 2007 è stato ufficialmente designato Anno europeo delle pari opportunità per tutti.

 
  
MPphoto
 
 

  Michael Gahler, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, è positivo potere disporre di questo strumento. E’ più che giusto ribellarsi al volere di autocrati e dittatori e difendere la causa dei diritti umani e della democrazia, e quindi anche quella dei gruppi politici democratici nei paesi interessati. Immaginate se noi, fautori della democrazia, fossimo vissuti nell’Europa orientale prima del crollo del muro, e ai nostri gruppi clandestini fossero stati negati gli aiuti dell’Occidente proprio sulla base di questa argomentazione!

Dopo tutto, stiamo semplicemente cercando di assicurare, nella pratica, la massima flessibilità possibile alla Commissione, e i funzionari che sono restii a concedere aiuti a gruppi politici non riconosciuti ufficialmente dovrebbero essere incoraggiati ad agire in tal senso quando le circostanze lo richiedono. Non si tratta solo di finanziamento dei partiti e quindi vorrei chiedere al Consiglio di non limitare le discussioni a questo aspetto.

In paesi come la Bielorussia, non possiamo certo essere imparziali perché, mantenendo le distanze da tutti i partiti politici, finiremmo col sostenere Lukashenko e quelli come lui.

 
  
MPphoto
 
 

  Elena Valenciano Martínez-Orozco, a nome del gruppo PSE. – (ES) Signor Presidente, per milioni di persone che rischiano la vita per difendere le libertà e i diritti dell’uomo, l’oggetto del dibattito odierno è assolutamente fondamentale. Lo strumento europeo per la promozione della democrazia e dei diritti umani è stato soprattutto un traguardo di questo Parlamento. Raggiungerlo, però, non è stato facile.

Abbiamo sempre sostenuto che, se la nostra politica estera deve effettivamente contemplare i valori dell’Unione europea, deve adoperarsi espressamente a favore dei diritti umani che tutti affermiamo di difendere.

Ora ci siamo dotati di questo strumento, uno strumento prezioso a disposizione dei difensori dei diritti umani e di tutti gli attori che lavorano a favore della democrazia, delle libertà fondamentali e della giustizia. Ora disponiamo del nostro strumento: contiene una definizione sufficientemente ampia degli attori che possono beneficiarne, come ha spiegato l’onorevole Flautre, tanto che una battaglia destinata a ritardarne l’attuazione, frustrando così molte aspettative e speranze, sarebbe ingiustificata.

Anche noi socialisti avremmo preferito una chiara inclusione del concetto di “prevenzione dei conflitti”, perché è una condizione essenziale per la pace e lo sviluppo democratico. Tuttavia, per preservare l’accordo, e considerata la necessità di approvare la proposta, accettiamo il consenso raggiunto con la Commissione e il Consiglio. Il mio gruppo, quindi, non presenterà alcun emendamento. Mi auguro che il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei dia prova della stessa responsabilità. Non dobbiamo deludere i principali protagonisti di questo strumento.

 
  
MPphoto
 
 

  Annemie Neyts-Uyttebroeck, a nome del gruppo ALDE. – (NL) Signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, signori Commissari, questo strumento sarà il mezzo che permetterà all’Unione europea di contribuire alla democrazia e ai diritti umani in tutto il mondo. Nel complesso, trovo soddisfacente il compromesso che abbiamo raggiunto, poiché ha preso in considerazione punti fondamentali e il merito di tutto questo va ai nostri relatori, nonché al Presidente in carica del Consiglio e al Presidente della Commissione.

Sono ad esempio lieta che sia possibile fornire aiuto senza il consenso dei governi del paese terzo e che la democrazia parlamentare sia espressamente menzionata, come peraltro lo sono il pluralismo politico e la rappresentanza politica democratica. Infine, sono lieta che sia stato fatto riferimento alle organizzazioni politiche indipendenti.

Senza volere ovviamente sminuire l’importanza dei diritti umani in sé – anzi, tutt’altro – vorrei al contempo sottolineare la cruciale importanza dei partiti politici in ogni processo di democratizzazione. In una democrazia, le elezioni sono indispensabili, ma non sufficienti. Affinché una democrazia sia sostenibile, occorrono partiti politici democratici efficaci che consentano di tenere un dibattito non solo a livello interpartitico, ma anche con il pubblico.

Troppo spesso i partiti sono solo il mezzo per permettere a un individuo, a un clan o a un gruppo di salire al potere o di rimanervi. Questo, in realtà, è uno dei principali motivi della generale mancanza di fiducia nei loro confronti.

Le ONG e la società civile, tuttavia, non bastano a garantire un controllo e un dibattito politico sulla governance.

Per questo vorrei chiedere al Consiglio e alla Commissione di continuare a compiere uno sforzo affinché in futuro sia possibile – in circostanze eccezionali, ovviamente – sostenere gruppi politici democratici.

 
  
MPphoto
 
 

  Richard Howitt (PSE). – (EN) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto dire che è stato il Parlamento a insistere sull’istituzione di uno strumento giuridico specifico per i diritti umani e la democrazia. Non è stato semplice convincere di questo i nostri amici e colleghi, ma il dibattito di questa sera dimostra che si tratta di una vittoria per il Parlamento e che è stata presa la decisione giusta.

Riguardo ai punti chiave del dibattito, accolgo con grande favore quanto affermato dalla rappresentante della Presidenza finlandese, la quale ha dichiarato che questo è un programma che fornisce aiuto senza il consenso dei governi dei paesi riceventi.

Alla signora Commissario vorrei dire che sono molto orgoglioso del lavoro che svolgiamo in materia di osservazione elettorale. A mio avviso si tratta di una delle attività più efficaci cui partecipiamo. In questo settore ci limitiamo a dire che non deve sottrarre fondi a progetti volti a promuovere i diritti umani di base. Entrambe le iniziative sono importanti.

Gli emendamenti che ho presentato prevedevano sostegno a favore della democrazia parlamentare laddove questa rischia di essere soppressa ed erano volti a garantire che la spesa prevista nel quadro di questo strumento fosse aggiuntiva e non andasse a scapito del lavoro sui diritti umani nell’ambito dei programmi generali, nonché a inserire nel campo di applicazione del regolamento un riferimento specifico alla disciplina di base in materia di protezione del lavoro e alla responsabilità sociale delle imprese, ai diritti umani dei disabili e all’accesso alla giustizia. Desidero ringraziare i correlatori per il loro sostegno a questi emendamenti, nonché il Consiglio e la Commissione per la flessibilità di cui hanno dato prova nei confronti degli emendamenti del Parlamento nel loro complesso.

Questa sera abbiamo discusso nel dettaglio i testi giuridici. In quest’Aula comprendiamo quanto sia importante garantire l’efficacia dell’Unione europea. Tuttavia, il principale messaggio politico che dobbiamo inviare è che, come il Parlamento europeo ha istituito una propria sottocommissione per i diritti dell’uomo, così l’Unione intende dotarsi di uno strumento indipendente per la democrazia e i diritti umani, perché, proprio quando le Nazioni Unite innalzano lo status e il ruolo dei diritti umani, l’Unione europea ha il dovere di aiutare le vittime dell’oppressione, dell’ingiustizia e della persecuzione e chi le difende in tutto il mondo.

 
  
MPphoto
 
 

  Kader Arif (PSE). – (FR) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, dobbiamo essere orgogliosi di fare parte dell’Unione europea quando vediamo le azioni che ha intrapreso per promuovere la democrazia e i diritti umani. Questi valori comuni fanno dell’Unione europea uno dei principali attori sulla scena mondiale in quest’ambito. Nel contesto di questa interminabile battaglia, era indispensabile riformare il vecchio strumento per rafforzarne l’efficacia. Grazie alla combattività dei relatori, onorevoli Flautre e McMillan-Scott, a entrambi i quali rivolgo i miei complimenti, disponiamo di una proposta che permette effettivamente di compiere passi avanti.

Data la sua importanza, questo strumento deve essere ambizioso e, con il riferimento ai diritti degli immigranti nonché prevedendo la possibilità di scavalcare la necessità di ottenere il consenso dei governi dei paesi riceventi per promuovere la democrazia e i diritti dell’uomo, non manca certo di ambizione. Mi rammarico tuttavia che i negoziati non abbiano permesso di estendere il campo di applicazione dello strumento alla prevenzione dei conflitti. Inoltre, nonostante un maggiore coinvolgimento del Parlamento nel processo di monitoraggio, il rifiuto del Consiglio di formalizzare le relazioni tra le nostre due Istituzioni in quest’ambito costituisce una lacuna.

In conclusione, l’efficacia di questo strumento dipenderà dalla sua valutazione periodica e dalla sua revisione, un processo al quale il Parlamento deve partecipare appieno, poiché credo che in questo caso l’Europa, armata dei suoi valori, stia combattendo per un mondo libero dalla paura.

 
  
MPphoto
 
 

  Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, vi ringrazio per le osservazioni formulate in questo dibattito. E’ emerso molto chiaramente che è nel nostro reciproco interesse pervenire a decisioni su questo strumento affinché, dal prossimo anno, l’Unione europea possa mantenere e incrementare il proprio sostegno nei confronti della democrazia e dei diritti umani.

Vorrei precisare un’ultima volta che la proposta di compromesso oggetto della presente discussione è abilitante, poiché permetterà di concedere aiuti anche ai gruppi politici che il Parlamento ritiene tanto importanti.

Lasciatemi seriamente dire un’ultima volta che spero riusciremo a giungere a una decisione, preferibilmente piuttosto presto. Come si è affermato nel dibattito, questo strumento è in larga misura il risultato della forte influenza esercitata dal Parlamento europeo. L’influente ruolo svolto dalla vostra Istituzione emerge chiaramente nel testo di questo regolamento. In ultima analisi, tuttavia, dobbiamo anche essere disposti ad accettare compromessi su questioni in cui il processo decisionale è condiviso dagli Stati membri e dal Parlamento; altrimenti, non perverremo ad alcuna decisione.

 
  
MPphoto
 
 

  Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. – (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, vorrei innanzi tutto esprimere la mia gratitudine non solo per il dibattito, ma anche per le molte sessioni negoziali che ci hanno infine consentito di giungere a un buon compromesso. Abbiamo compiuto molti progressi e, fin dall’inizio, abbiamo riscontrato un alto livello di consenso sia sugli obiettivi sia sull’ambito di applicazione del regolamento, che, secondo i suggerimenti avanzati dalla vostra Assemblea, è stato notevolmente esteso e vi sono stati inseriti criteri addirittura più precisi, soprattutto per quanto riguarda la consultazione con i parlamenti nazionali e le nuove misure per i difensori dei diritti umani; la definizione di cosiddette misure ad hoc, tuttavia, è ancora possibile.

Quanto ai partiti politici, vorrei rilevare che nell’ambito di applicazione del regolamento si afferma piuttosto espressamente che verrà fornito sostegno al pluralismo politico, alla rappresentanza politica democratica e ai processi di riforma democratica a livello locale, regionale e nazionale e, come è già stato sottolineato, è stata espressamente prevista anche la partecipazione delle fondazioni politiche indipendenti e degli organismi parlamentari come partner nell’applicazione di misure a sostegno dello sviluppo della democrazia. Ne consegue che sarà possibile attuare lo strumento per la promozione della democrazia in maniera essenzialmente politica, il che, a mio avviso, è proprio ciò che tutti noi auspichiamo.

Vorrei pertanto dire che questo progetto di nuovo regolamento, che è stato oggetto di negoziati davvero intensi, merita a mio parere il sostegno della vostra Assemblea.

Per concludere, vorrei ribadire ancora una volta che questo è l’ultimo degli strumenti finanziari di cui ci occuperemo oggi e, poiché credo che siamo riusciti a individuare soluzioni valide e sostenibili per tutti, dovremmo adoperarci per garantire che lo strumento per la democrazia e i diritti umani possa diventare operativo alla data prevista del 1° gennaio 2007, dato che ci siamo sforzati di dare prova di tutta la flessibilità richiesta dalle circostanze.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – Grazie, signora Commissario. Con questo si conclude la discussione.

La votazione si svolgerà in Dicembre.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)

 
  
MPphoto
 
 

  Marianne Mikko (PSE). – (ET) Lo sviluppo della società civile e dei meccanismi democratici in tutto il mondo, e soprattutto nelle immediate vicinanze del territorio comunitario, è di vitale importanza per la stabilità dell’Europa stessa. Dobbiamo contribuire a risolvere i problemi in loco, anziché farci sopraffare dal flusso di rifugiati politici ed economici. Gli oppositori della società civile hanno approfittato dell’inflessibilità della nostra burocrazia e del rispetto acritico di documenti programmatici, ai quali ci atteniamo come a testi sacri.

Recentemente, le autorità russe hanno privato diverse organizzazioni internazionali del loro status giuridico. Conformemente alle norme attuali, non possiamo più finanziare tali organizzazioni. Riscontriamo lo stesso problema nella Transnistria separatista, governata da un regime fantoccio che è fautore dei metodi del Cremlino.

La relazione giunge all’unica conclusione possibile: dobbiamo diventare più flessibili. Dobbiamo saper reagire rapidamente e adeguatamente e finanziare misure impreviste e organizzazioni non autorizzate dai governi, dissimulando se necessario il nostro intervento.

Tale flessibilità presuppone anche un controllo adeguato. Per questo sono nettamente favorevole a una maggiore partecipazione del Parlamento alle attività di controllo.

 
  
  

(La seduta sospesa, alle 18.20, riprende alle 21.00)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. ONESTA
Vicepresidente

 

17. Interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca gli interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica

 
  
MPphoto
 
 

  Romana Jordan Cizelj (PPE-DE).(SL) Consentitemi di dare innanzi tutto un caloroso benvenuto alla Romania e alla Bulgaria come nuovi membri dell’Unione europea. Vorrei tuttavia ricordare una delle condizioni previste per l’adesione della Bulgaria all’Unione, ovvero la chiusura della centrale nucleare di Kozloduj. Nonostante l’ammodernamento dell’impianto di sicurezza e la valutazione positiva delle sue condizioni di sicurezza da parte delle competenti autorità europee, la Bulgaria deve chiudere i reattori 3 e 4 entro la fine del 2006.

La Bulgaria esporta elettricità in tutti i paesi suoi confinanti, e molti deputati al Parlamento europeo hanno attirato più volte l’attenzione sui gravissimi danni sociali, economici e ambientali che sarebbero causati, nonché ai problemi che deriverebbero, da una maggiore dipendenza dalle importazioni e dalle difficoltà di ottenere un approvvigionamento energetico affidabile in caso di chiusura di entrambi i reattori. Considerata la natura del problema, mi auguro che il Consiglio reagisca in maniera flessibile e si accordi con il governo bulgaro per rinviare la chiusura dei due reattori. In un momento in cui mettiamo in così grande evidenza l’importanza della competitività, della sicurezza e dell’affidabilità del nostro approvvigionamento energetico, la richiesta di chiudere Kozloduj è assolutamente ridicola.

 
  
MPphoto
 
 

  Yannick Vaugrenard (PSE).(FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, alcuni membri dell’Organizzazione mondiale del commercio non applicano le norme sociali fondamentali e sfruttano la violazione dei diritti sociali per praticare una concorrenza illecita e distorcerne le regole. Oltre a pubblicare la comunicazione europea sulla promozione di un lavoro dignitoso per tutti, in quale altro modo l’Unione esercita la propria influenza nell’ambito dell’OMC al fine di garantire il rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori nei paesi membri?

Nel mondo, 200 milioni di bambini hanno un lavoro retribuito, 12 milioni di bambini sono vittime del lavoro forzato, oltre due milioni di lavoratori muoiono ogni anno a seguito di incidenti sul lavoro o di malattie professionali, 145 sindacalisti sono stati assassinati l’anno scorso. Alla luce di queste cifre, non sorprende che per i nostri concittadini la globalizzazione sia motivo di paura.

Professare buone intenzioni è lodevole ma non sufficiente. E’ giunto il momento di penalizzare tutti i paesi che traggono vantaggio dall’apertura dei mercati ma si rifiutano di attenersi alle convenzioni internazionali sul lavoro. L’Europa deve organizzarsi e usare la propria influenza collettiva in seno all’OMC per garantire che i principi dell’Organizzazione internazionale del lavoro siano rispettati.

 
  
MPphoto
 
 

  Margarita Starkevičiūtė (ALDE).(LT) Il Parlamento europeo discute spesso di questioni che riguardano tutti i paesi, ma anche di questioni che interessano solo i rappresentanti di alcuni Stati. Il Servizio stampa del Parlamento europeo, però, non tiene conto di questa distinzione e i servizi stampa nazionali accreditati presso il Parlamento europeo (come quello della Lituania, ad esempio) affermano di non poter indicare come “prioritarie” nelle loro rassegne le tematiche che non sono state definite tali dal Servizio stampa del Parlamento europeo. Pertanto, questioni importanti per la Lituania, come la strategia per il mar Baltico o le relazioni con la Russia, non sono contemplate nei comunicati stampa lituani e vengono costantemente tenute di secondo piano. Chiedo con forza che la Presidenza del Parlamento europeo sorvegli le attività del Servizio stampa del Parlamento onde garantire che sia data rilevanza non solo alle questioni di interesse generale europeo ma anche a quelle che riguardano singoli paesi, le cui problematiche sono discusse anch’esse in quest’Aula.

 
  
MPphoto
 
 

  Kartika Tamara Liotard (GUE/NGL).(NL) Signor Presidente, domani il Parlamento voterà una proposta volta a liberalizzare il mercato europeo degli articoli pirotecnici, cosa che nessuno in Europa auspica tranne l’industria che li produce, la quale naturalmente è intervenuta nella redazione sia del documento della Commissione sia della relazione.

Ci sono grandi differenze tra le legislazioni in materia di articoli pirotecnici dei diversi Stati europei. Nel mio paese, i Paesi Bassi, le norme sono ispirate a un’estrema prudenza dopo il disastroso incidente in una fabbrica di fuochi d’artificio di Enschede. Non vogliamo che l’Europa ci imponga ora una proposta di armonizzazione che ci impedirebbe di applicare le norme nazionali più severe attualmente in vigore.

Poiché ritengo che la sicurezza pubblica debba sempre prevalere sui profitti dell’industria degli articoli pirotecnici, domani consiglierò a tutti di votare contro la relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Andrzej Tomasz Zapałowski (IND/DEM).(PL) Signor Presidente, ieri l’onorevole Fava ha presentato la proposta di relazione sui presunti centri di detenzione della CIA in territorio europeo. Nella relazione, la Polonia è indicata come l’unico Stato membro dell’Unione europea che avrebbe ospitato i centri segreti di detenzione della CIA. Non vengono tuttavia fornite prove a sostegno di tale affermazione. Si tratta di mere supposizioni.

Questo tentativo di compromettere un nuovo membro dell’Unione accusandolo di collaborare alle torture di terroristi è semplicemente scandaloso. Viene da chiedersi se non si tratti di una punizione inflitta alla Polonia da determinati Stati membri dell’Unione a causa della sua stretta collaborazione militare con gli Stati Uniti. L’accusa potrebbe essere interpretata come un tentativo di mettere in riga la Polonia. Voglio sottolineare che, invece di riservare così tanta attenzione a simili accuse, dovremmo piuttosto rafforzare la lotta contro la minaccia terroristica in Europa.

 
  
MPphoto
 
 

  György Schöpflin (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, i colleghi ricorderanno certamente la mostra organizzata la settimana scorsa in Parlamento sui risultati ottenuti nel campo del multilinguismo dall’università Babeş-Bolyai di Cluj, in Romania.

Ora un fatto altamente deplorevole solleva pesanti dubbi sull’impegno di quella università a favore di un sincero multilinguismo. Una risoluzione approvata dal senato accademico nel 2005 stabilisce che gli avvisi dell’Università siano pubblicati in tutte e tre le sue lingue: rumeno, ungherese e tedesco. Però la settimana scorsa è stato impedito con la forza di esporre nella sede universitaria avvisi in lingua ungherese, e lunedì le persone coinvolte in tale vicenda sono state licenziate dall’università.

C’è quindi una palese contraddizione: o l’università è realmente multilingue, e ciò significa che deve riconoscere l’ungherese come lingua a pieno titolo, oppure non lo è, e in tal caso deve smettere di far finta di esserlo.

 
  
MPphoto
 
 

  Marian Harkin (ALDE).(EN) Signor Presidente, in Irlanda ci troviamo a metà di una campagna di informazione, che durerà 16 giorni, sul tema delle violenze domestiche. E’ fondamentale affrontare tale questione e mettere a disposizione servizi adeguati, perché le violenze domestiche distruggono milioni di vite in tutta Europa – la vita di donne, bambini e, talvolta, anche di uomini.

Il primo passo è rafforzare la consapevolezza del problema. Ieri ho avuto l’opportunità di inaugurare una mostra di oggetti d’arte e di poesia organizzata dai servizi di assistenza alle donne vittime di violenze domestiche del Donegal, con la collaborazione di tre scuole locali: St. Columba’s, Vocational School e Loreto Convent di Letterkenny, nell’Irlanda nordoccidentale.

Un tema collegato a questo, e molto importante per l’Irlanda, è quello della tratta di esseri umani. Invito il nostro Taoiseach, che è stato qui oggi, a ratificare prontamente sia la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani sia il Protocollo delle Nazioni Unite contro la tratta delle persone. E’ stato accertato che l’Irlanda è un paese di transito e di destinazione dei traffici di donne e bambini, e da quanto risulta si può ritenere che il crimine organizzato stia aiutando i trafficanti internazionali a stabilire in Irlanda canali per i loro traffici.

 
  
MPphoto
 
 

  Gerard Batten (IND/DEM).(EN) Signor Presidente, desidero rendere omaggio al cittadino della mia circoscrizione elettorale Alexander Litvinenko. Alexander non ha avuto alcuna paura a denunciare i gangster politici che oggi governano la Russia e le creature del KBG e dell’FSB che continuano ad agire in Europa. Per il suo coraggio ha pagato con il sacrificio estremo.

In aprile ho tenuto in Aula due discorsi per ribadire le dichiarazioni fattemi da Alexander secondo cui Romano Prodi era stato a qualche titolo un agente del KGB. Alexander mi aveva detto che la persona chiave per comprendere i presunti rapporti di Prodi con il KGB negli anni ’70 era un certo Sokolov, noto anche con il nome di Konopkine, che aveva lavorato per la TASS in Italia.

Poiché Alexander non può più testimoniare al riguardo, com’era pronto, intenzionato e capace di fare, è per me un onore rendergli quest’omaggio postumo.

 
  
MPphoto
 
 

  Witold Tomczak (IND/DEM).(PL) Signor Presidente, la Polonia auspica che qualsiasi decisione riguardante la sostituzione della nostra valuta nazionale con l’euro sia adottata sulla base di un referendum, come è avvenuto in Svezia.

Ai sensi del trattato di adesione del 1994 sulle condizioni di adesione della Svezia, alle autorità svedesi venne chiesto di sostituire la corona svedese con l’euro. La Svezia decise tuttavia di indire un referendum, che si tenne nel 2003 e sancì la vittoria di coloro che erano favorevoli a mantenere la corona. Pertanto, non furono adottati provvedimenti per introdurre l’euro in quel paese.

Anche i cittadini polacchi hanno il diritto di dire la loro su una questione di vitale importanza. Attualmente, ben il 36 per cento dei miei concittadini ritiene che l’introduzione dell’euro porterebbe a un aumento dei prezzi e una diminuzione del livello di vita. Ritengono che l’adozione della moneta unica rappresenterebbe un esperimento politico di dubbio beneficio. Noi non vogliamo affidare la politica monetaria della Polonia alla Banca centrale europea di Francoforte.

 
  
MPphoto
 
 

  Oldřich Vlasák (PPE-DE).(CS) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la discussione sull’aumento delle accise sulla birra svoltasi durante la riunione di ieri del Consiglio dei ministri delle Finanze dell’Unione europea non riguarda soltanto la Repubblica ceca. Le tasse sulla birra e l’alcool vanno considerate all’interno del loro contesto. Per noi cechi, la birra fa parte integrante della nostra cucina nazionale. La birra ha per noi lo stesso significato che ha il vino per i francesi. Se ben pochi dei nostri colleghi di lingua francese rinuncerebbero a pasteggiare senza un bicchiere di vino rosso, così per me sarebbe impensabile il tradizionale pasto ceco senza mezzo litro di birra ceca di alta qualità. Il veto di ieri della Repubblica ceca sull’aumento dell’accisa sulla birra va dunque interpretato non solo come un invito a trovare una soluzione complessiva al problema della tassazione delle bevande alcoliche, ma anche come un invito ad affrontare tutti i problemi dell’Europa su una base di uguaglianza.

Onorevoli colleghi, se vogliamo contrastare gli effetti negativi del consumo di alcool, dobbiamo imporre identiche norme per la tassazione di tutte le bevande alcoliche. Se vogliamo ridare slancio all’agricoltura europea, dobbiamo riformare la politica agricola comune e aiutare tutti gli agricoltori in maniera equa. Se vogliamo contrastare il terrorismo, dobbiamo accertarci che tutti gli Stati membri partecipino in maniera equa a tale lotta.

 
  
MPphoto
 
 

  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE).(PL) Signor Presidente, un anno fa la Russia impose un embargo su determinati prodotti polacchi di origine animale e vegetale. Quella fu una delle ragioni per cui la Polonia bloccò i negoziati tra l’Unione europea e la Russia su un nuovo accordo di partenariato e cooperazione, che è stato oggetto della discussione odierna.

La Polonia ha fatto ricorso al diritto di veto per tutelare i propri interessi. Il veto è stato una prova dell’unità europea contro la Russia e la manifestazione di un forte senso di solidarietà europea. L’Unione ha superato la prova a pieni voti, dimostrando di avere a cuore gli interessi dei singoli Stati membri. E’ stato tuttavia un peccato che ci sia voluto un anno perché il Presidente della Commissione europea Barroso chiedesse alla Russia di togliere l’embargo, giudicando ingiustificato il divieto sulle importazioni.

L’effetto del veto polacco è stato la sospensione dei negoziati su un nuovo accordo con la Russia, una questione di grande importanza per l’intera Unione europea. L’accordo vigente risale a dieci anni fa e non è più adeguato ai problemi attuali. Un nuovo accordo è essenziale per definire una politica commerciale ed energetica comune con la Russia, politica che a sua volta è d’importanza vitale per l’Unione tutta. Possiamo solo sperare che in futuro la Commissione europea intervenga sollecitamente per chiedere l’abolizione dei divieti unilaterali adottati contro i suoi Stati membri da paesi terzi, e che non sarà necessario sospendere trattative di importanza decisiva come queste, che coinvolgono la politica comune dell’Unione europea nei confronti della Russia.

 
  
MPphoto
 
 

  Marco Cappato (ALDE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, proprio oggi in cui ci confrontiamo con la decisione di rallentare i negoziati sull’adesione della Turchia all’Unione europea, ciò che mi parrebbe più sbagliato è raccontare alle nostre opinioni pubbliche che la ragione di tale rallentamento è la questione di Cipro, i dettagli dei cui negoziati sono noti probabilmente a un cittadino europeo su 1 000 o su 10 000.

La verità è che questa Europa ha paura e “cavalca” la paura di chi mette sullo stesso piano immigrazione clandestina, fondamentalismo, terrorismo, e cerca di esorcizzare questi nemici come se fossero nemici esterni ai nostri confini, trovando pertanto la Turchia come capro espiatorio. Si tratta di paure che non vanno cavalcate e che andrebbero invece sconfitte da una leadership politica europea capace di proporre un grande sogno, una grande visione di Europa laica, tollerante, moderna e coraggiosa, e quindi capace di aprirsi per battere i nemici esterni, e soprattutto quelli interni che sempre più la occupano.

 
  
MPphoto
 
 

  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE).(PL) Signor Presidente, il rifiuto della Polonia di approvare il mandato negoziale dell’Unione nei colloqui con la Russia non va inteso come un’azione diretta contro la Russia, né tanto meno come un’opposizione a negoziare un buon accordo di partenariato con quel paese.

Siamo stati costretti ad assumere una simile posizione nella consapevolezza che fosse meglio impedire che il processo negoziale raggiungesse una certa fase. Ci auguriamo di evitare che in futuro possano sorgere altre situazioni del genere. Mi rivolgo tuttavia all’Unione, in particolare al Consiglio e alla Commissione, per invitarli a farsi un esame di coscienza e a riconsiderare la loro risposta a questa vicenda.

Ho parlato di persona con almeno tre Commissari – quelli responsabili del commercio, dell’agricoltura e della sicurezza alimentare. Ho sollevato tale questione in sedute plenarie e anche in sede di commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale. Vi posso confermare che su questo punto non c’è stata collaborazione tra le direzioni generali e i Commissari competenti. Qualora situazioni del genere si ripresentassero in futuro, l’aiuto e un’azione comune da parte di tutti gli Stati membri sarebbero di importanza vitale, insieme alla posizione assunta dalle Istituzioni dell’Unione europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Marios Matsakis (ALDE).(EN) Signor Presidente, l’abuso di droghe pesanti è una patologia di proporzioni mondiali per la quale non esiste una cura efficace. Le persone colpite da questa grave malattia devono avere la loro dose quotidiana a ogni costo e correndo qualsiasi rischio: se necessario, sono pronti a rubare, a prostituirsi e anche ad ammazzare pur di procurarsi la droga di cui hanno bisogno. Per soddisfare la loro dipendenza, danno da vivere a criminali che si arricchiscono con i fiorenti traffici di droga. Molti muoiono a causa della loro dipendenza, altri ne subiranno gravi conseguenze.

La nostra società ha cercato di affrontare questo problema ricorrendo a costosi metodi polizieschi – in parte per ignoranza, in parte per disperazione. Tali metodi, in ultima analisi, sono falliti perché i tossicomani hanno bisogno dell’aiuto di un medico, non di un poliziotto. Di recente, alcuni coraggiosi funzionari di polizia, tra cui il vicecapo delle forze di polizia di una contea del Regno Unito, hanno chiesto, a ragione, un cambiamento di tattica. Proviamo a considerare l’idea di compiere un primo, coraggioso passo iniziando a fornire alle vittime dell’abuso di droga la loro dose quotidiana sotto il controllo medico, gratuitamente, senza complicazioni, senza la presenza della polizia e dei responsabili della legge e senza la presenza della malavita. Cominciamo, una buona volta, a considerare quelle persone come pazienti, non come criminali.

 
  
MPphoto
 
 

  Daniel Caspary (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, desidero dire due parole sulla trasmissione delle nostre sedute. Reputo intollerabile che, quando il Parlamento è riunito in plenaria, come adesso, per discutere di diversi argomenti tra cui – come stiamo per fare – del settimo programma quadro per la ricerca, che per coloro che dirigono quest’Aula tutto sia più importante che trasmettere questa riunione con un adeguato sistema di telecamere su Internet e poi, mediante le apposite interfacce, attraverso i media. Le sarei molto grato se ponesse attenzione a tale questione, che riguarda il lavoro svolto da quest’Assemblea.

 
  
MPphoto
 
 

  Vytautas Landsbergis (PPE-DE).(LT) Eventi come quelli che hanno caratterizzato nei mesi scorsi le relazioni tra l’Unione europea e la Russia hanno dimostrato che l’Europa incomincia a prendere atto della realtà. Il partner strategico con i cosiddetti “valori comuni” è già stato degradato a partner pragmatico, e non ci vorrà molto prima che l’Iran, con tutte le sue risorse energetiche, venga riconosciuto anch’esso come un partner pragmatico dell’Europa. L’aiuto al terrorismo non costituirà più un ostacolo. Abbiamo già accettato che gli statuti “sovrani” della Russia autorizzino i suoi agenti ad andarsene liberamente in giro per il mondo a uccidere i nemici del regime. Lo accettiamo nel momento in cui il Cremlino dice apertamente all’Europa che i valori a cui teniamo sono artificiosi e ci mette in guardia dal diffondere il colonialismo della democrazia europea. Restiamo in silenzio e speriamo di poter ottenere in cambio di ciò una carta sull’energia, anche se la Russia ha fatto sapere ripetutamente che riscriverà tale carta a suo piacimento e costringerà gli europei a fare marcia indietro. Di recente la Polonia ha cercato di affermare il principio della solidarietà europea, cosa che non è piaciuta all’Unione. Abbiamo messo da parte la questione dell’energia, sollevata dai polacchi, e abbiamo discusso soltanto di carne. Pertanto, parlare di un consenso sulla Costituzione è futile se nelle nostre menti e nei nostri cuori non c’è consenso sulla solidarietà, e se la Russia può comprarsi non soltanto un gasdotto ma anche i politici europei.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – Con questo si concludono gli interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica.

 

18. Attuazione del settimo programma quadro della CE e della CEEA (discussione)
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca in discussione congiunta la raccomandazione per la seconda lettura (A6-0392/2006), a nome della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, sulla posizione comune del Consiglio in vista dell’adozione della decisione del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il settimo programma quadro di attività comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione [12032/2/2006 – C6-0318/2006 – 2005/0043(COD)] (Relatore: onorevole Jerzy Buzek);

– la relazione (A6-0304/2006), presentata dall’onorevole Philippe Busquin a nome della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le regole per la partecipazione di imprese, centri di ricerca e università alle azioni nell’ambito del settimo programma quadro e per la diffusione dei risultati della ricerca (2007-2013) [COM(2005)0705 – C6-0005/2006 – 2005/0277(COD)];

– la relazione (A6-0305/2006), presentata dall’onorevole Anne Laperrouze a nome della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, sulla proposta di regolamento del Consiglio (Euratom) che stabilisce le regole per la partecipazione di imprese, centri di ricerca e università alle azioni nell’ambito del settimo programma quadro della Comunità europea dell’energia atomica e per la diffusione dei risultati della ricerca (2007-2011) [COM(2006)0042 – C6-0080/2006 – 2006/0014(CNS)];

– la relazione (A6-0360/2006), presentata dall’onorevole Umberto Pirilli a nome della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, sulla proposta modificata di decisione del Consiglio concernente il programma specifico “Persone” recante attuazione del settimo programma (2007-2013) della Comunità europea per le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione [COM(2005)0442 – C6-0383/2005 – 2005/0187(CNS)];

– la relazione (A6-0369/2006), presenta dall’onorevole Angelika Niebler a nome della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, sulla proposta di decisione del Consiglio concernente il programma specifico “Idee” recante attuazione del settimo programma quadro (2007-2013) di attività comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione [COM(2005)0441 – C6-0382/2005 – 2005/0186(CNS)];

– la relazione (A6-0371/2006), presentata dall’onorevole Vittorio Prodi a nome della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, sulla proposta di decisione del Consiglio concernente il programma specifico “Capacità” recante attuazione del settimo programma quadro (2007-2013) di attività comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione [COM(2005)0443 – C6-0384/2005 – 2005/0188(CNS)];

– la relazione (A6-0379/2006), presentata dall’onorevole Teresa Riera Madurell a nome della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, sulla proposta di decisione del Consiglio concernente il programma specifico “Cooperazione” recante attuazione del settimo programma quadro (2007-2013) di attività comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione [COM(2005)0440 – C6-0381/2005 – 2005/0185(CNS)];

– la relazione (A6-0335/2006), presentata dall’onorevole David Hammerstein Mintz a nome della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, sulla proposta di decisione del Consiglio concernente il programma specifico da attuare mediante azioni dirette dal Centro comune di ricerca nell’ambito del settimo programma quadro della Comunità europea di attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013) [COM(2005)0439 – C6-0380/2005 – 2005/0184(CNS)];

– la relazione (A6-0357/2006), presentata dall’onorevole Daniel Caspary a nome della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, sulla proposta di decisione del Consiglio concernente il programma specifico da attuare mediante azioni dirette dal Centro comune di ricerca nell’ambito del settimo programma quadro (2007-2011) della Comunità europea dell’energia atomica (Euratom) di attività di ricerca e formazione nel settore nucleare [COM(2005)0444 – C6-0385/2005 – 2005/0189(CNS)];e

– la relazione (A6-0333/2006), presentata dall’onorevole Umberto Guidoni a nome della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, sulla proposta di decisione del Consiglio concernente il programma specifico recante attuazione del settimo programma quadro della Comunità europea dell’energia atomica (Euratom) per le attività di ricerca e formazione nel settore nucleare (2007-2011) [COM(2005)0445 – C6-0386/2005 – 2005/0190(CNS)].

 
  
MPphoto
 
 

  Janez Potočnik, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, onorevoli deputati, Ministro Lehtomäki, stasera e domani a mezzogiorno saranno momenti importanti per l’Europa e per la scienza europea. Con il vostro voto, onorevoli deputati al Parlamento europeo, domani dimostrerete che l’Europa della ricerca è viva e piena di vigore.

Insieme, abbiamo lavorato sodo nell’ultimo anno, per permettere ai ricercatori d’Europa di cominciare a lavorare e sfruttare al massimo le opportunità offerte dal nuovo programma quadro.

Insieme, siamo riusciti a presentare un programma quadro che risponde agli obiettivi che ci siamo prefissi sin dall’inizio: ambizione ed eccellenza, equilibrio tra continuità e novità e una solida base per semplificare le regole e le procedure.

Inoltre, stiamo adottando il settimo programma quadro in tempo utile.

Ci siamo riusciti, nonostante alcune circostanze difficili, come l’accordo tardivo sulle prospettive finanziarie e l’acceso dibattito su questioni etiche delicate.

Ci siamo riusciti, perché abbiamo tutti la ferma convinzione che la cooperazione nella ricerca sia al centro della società della conoscenza che vogliamo per l’Europa: un’Europa capace di garantire la crescita e l’occupazione e un buon tenore di vita.

L’adozione puntuale dell’ambizioso settimo programma quadro trasmetterà un forte messaggio alla comunità scientifica, all’industria e ai cittadini in generale.

Il messaggio è: non perdiamo tempo. Lavoriamo insieme e realizziamo le potenzialità dell’Europa per l’eccellenza.

Vorrei rendere omaggio ai deputati che hanno reso possibile tutto questo: il relatore per il settimo programma quadro, onorevole Buzek, il relatore per le regole di partecipazione, onorevole Busquin, e l’onorevole Laperrouze per la parte Euratom; i relatori per i sette programmi specifici, onorevoli Teresa Riera Madurell per il programma “Cooperazione”, Angelika Niebler e Jan Christian Ehler per il programma “Idee”, Umberto Pirilli per il programma “Persone”, Vittorio Prodi per il programma “Capacità”, Umberto Guidoni per il programma “Euratom”, David Hammerstein Mintz per le azioni comunitarie dirette dal Centro comune di ricerca, Daniel Caspary per le azioni dirette dal Centro comune di ricerca nell’ambito dell’Euratom e il lungo elenco di relatori ombra e altri deputati che hanno partecipato ai lavori.

La nostra cooperazione è stata enormemente agevolata dalla competente presidenza dell’onorevole Chichester. Ho imparato molto da lui e lo ringrazio.

Vorrei anche esprimere riconoscimento per il duro lavoro e la gradevole compagnia di tutte le Presidenze coinvolte nell’adozione dei programmi. In particolare, ringrazio la Presidenza finlandese per il ruolo costruttivo che ha svolto nell’ultima fase del processo.

I nostri negoziati hanno prodotto un forte e ampio consenso fra le tre Istituzioni sugli aspetti principali del pacchetto relativo al settimo programma quadro. Abbiamo proceduto esaminando ogni singolo atto come parte del medesimo pacchetto e assicurando la piena coerenza politica del pacchetto nel suo insieme.

Avete grande familiarità con il settimo programma quadro e i suoi contenuti. Limiterò quindi le mie osservazioni ad alcuni aspetti chiave.

Innanzi tutto, la relazione dell’onorevole Buzek sul settimo programma quadro, seconda lettura. Si sono compiuti molti sforzi per giungere a un accordo equilibrato, che potesse essere approvato dalle tre Istituzioni. Vorrei esprimere un sentito ringraziamento al relatore per la sua apertura e per la sua costante collaborazione.

La Commissione accetta tutti gli elementi dell’accordo raggiunto in seguito alle riunioni tripartite. In particolare, vorrei menzionare alcune delle questioni più importanti, sulle quali abbiamo infine raggiunto un adeguato equilibrio.

In primo luogo, la revisione intermedia e le future decisioni sul Consiglio europeo della ricerca, la nomina dei suoi membri e i suoi costi amministrativi. La Commissione ha adottato una dichiarazione al riguardo.

In secondo luogo, la maggiore attenzione dedicata alle energie rinnovabili e all’efficienza energetica, alle quali andrà più della metà del bilancio prioritario per l’energia. Sono particolarmente soddisfatto del livello di attenzione da dedicare all’efficienza energetica in tutte le priorità tematiche. La Commissione ha adottato una dichiarazione anche su questo punto.

In terzo luogo, la ridistribuzione del bilancio a favore dei programmi “Cooperazione”, “Idee” e “Persone” e, nell’ambito della dotazione per il programma “Cooperazione”, a favore della salute, dell’energia, delle scienze socioeconomiche e umanistiche e della sicurezza.

In quarto luogo, il disimpegno in due fasi del bilancio destinato allo strumento di finanziamento con condivisione dei rischi.

Riguardo alla questione dei finanziamenti dell’Unione europea a favore della ricerca sulle cellule staminali embrionali umane, ritengo sia stato adottato un quadro etico molto responsabile per un programma di ricerca da attuare in così tanti paesi diversi. Esso dà seguito al quadro etico stabilito per il sesto programma quadro, dimostratosi valido nella pratica.

La Commissione ha adottato una dichiarazione esauriente sul quadro etico, che sarà pubblicata sulla Gazzetta ufficiale come parte integrante del pacchetto relativo al settimo programma quadro. La Commissione rispetterà pienamente e applicherà con rigore la dichiarazione, che considero parte integrante dell’accordo sul settimo programma quadro.

Di conseguenza, la Commissione non finanzierà progetti che prevedano attività di ricerca comportanti la distruzione dell’embrione umano, compreso l’approvvigionamento di cellule staminali. L’esclusione dai finanziamenti di questa fase della ricerca non impedirà la concessione di contributi comunitari per le fasi successive riguardanti le cellule staminali embrionali umane. Anche se l’articolo 6, paragrafo 3, della decisione concernente il settimo programma quadro menziona la derivazione, la Commissione non finanzierà attività di derivazione che comportino la distruzione di embrioni umani.

L’accordo sull’etica riflette un equilibrio prudente e responsabile. La Commissione invita il Parlamento europeo a non compromettere questo equilibrio introducendo nuovi emendamenti.

Passo ora ai sette programmi specifici, che definiscono i particolari dei due programmi quadro per la ricerca.

In larga misura, le modifiche delle proposte della Commissione hanno riguardato la trasposizione delle disposizioni del programma quadro nei testi dei programmi specifici. In seguito a tali modifiche, i testi definitivi della Presidenza sui programmi specifici comprendono un mix positivo di richieste del Parlamento e riflessioni del Consiglio stesso, che li rende perfettamente compatibili con la posizione della Commissione.

Per il programma specifico “Cooperazione”, gli emendamenti del Parlamento posti al voto sono in generale coerenti con il testo del programma quadro e ampiamente accettabili. Ciò si deve anche all’ottimo lavoro svolto dalla relatrice, onorevole Riera Madurell. Non è stato facile affrontare un insieme così vasto di campi che presentano importanti sfide scientifiche. Consentitemi di menzionare, come esempio della nostra solida cooperazione, l’accordo raggiunto sulle energie rinnovabili e sull’efficienza energetica.

Per il programma “Idee”, si è tenuto conto delle principali preoccupazioni del Parlamento europeo, espresse negli emendamenti e discusse a lungo nelle riunioni tripartite. In particolare, è stata data la debita considerazione ai seguenti punti: limite massimo per i costi amministrativi del bilancio complessivo; questioni legate al personale direttivo del Consiglio europeo della ricerca; approccio ben definito per la procedura di selezione, la durata e il rinnovo del mandato dei membri del consiglio scientifico; riferimento all’esame delle strutture e dei meccanismi del Consiglio europeo della ricerca e possibilità che il consiglio scientifico nomini un segretario generale. Ancora una volta, ringrazio la relatrice, onorevole Niebler, e l’onorevole Ehler per il loro lavoro costruttivo.

Per il programma “Persone”, l’attuale testo della Presidenza tiene conto di diversi emendamenti del Parlamento, pienamente accettati dalla Commissione. Vorrei evidenziare, in particolare, quelli riguardanti l’importanza di incoraggiare i giovani a intraprendere la carriera di ricercatori, aiutarli a seguire un percorso professionale più stabile e fare pieno uso del potenziale femminile. Porgo i miei sentiti ringraziamenti al relatore, onorevole Pirilli, per il suo sostegno.

Riguardo al programma specifico “Capacità”, consentitemi di dare risalto ad alcuni emendamenti, che hanno veramente migliorato la proposta iniziale della Commissione. Mi riferisco, in particolare, a quelli che chiariscono il ruolo degli esecutori di attività di ricerca e sviluppo tecnologico nell’ambito della ricerca a favore delle PMI e all’introduzione di meccanismi di cooperazione con i programmi di sostegno alla R&S nazionali e regionali. Riguardo alle potenziali attività di ricerca, l’aggiunta del riferimento ai paesi associati chiarisce e sottolinea l’ammissibilità di enti di tali paesi a partecipare alle azioni sostenute nell’ambito di questo programma specifico. Il valido e assiduo sostegno del relatore, onorevole Prodi, è stato sinceramente apprezzato.

Quanto al programma specifico relativo al Centro comune di ricerca della Comunità europea, sono lieto che il Parlamento sostenga le priorità del CCR indicate nel programma. Concordo con la maggioranza degli emendamenti presentati, che mirano a definire meglio la missione del CCR in relazione con le sue diverse attività. In particolare, concordo con la richiesta relativa al ruolo che il CCR potrebbe assumere nel fornire un sistema di riferimento e informazione sulle energie sostenibili per quanto riguarda l’affidabilità dell’approvvigionamento energetico europeo e la disponibilità di risorse energetiche rinnovabili. La ringrazio per l’ottimo lavoro svolto, onorevole Hammerstein Mintz.

Riguardo al programma specifico per l’Euratom, il testo è ampiamente accettabile, fatte salve alcune piccole eccezioni. Ringrazio il relatore, onorevole Guidoni, per il forte sostegno accordato alla proposta della Commissione.

A questo punto, permettetemi di aprire una parentesi e dire che il progetto ITER è stato d’importanza cruciale. Devo ammettere di considerarmi fortunato per essere stato coinvolto direttamente. La settimana scorsa, ho avuto l’onore di partecipare alla cerimonia a Parigi e, come ho detto in tale occasione, sono certo che “i venti violenti rafforzano gli alberi”. In quel momento, ho pensato anche a lei, onorevole Busquin.

Riguardo al programma specifico per il Centro comune di ricerca nell’ambito dell’Euratom, sono lieto di constatare che il Parlamento europeo e il Consiglio sostengono l’approccio della Commissione e gli emendamenti presentati migliorano la proposta iniziale. Condivido la richiesta del Parlamento, secondo cui, “dato il rischio che si perdano le conoscenze e venga meno il ricambio generazionale nel settore della tecnologia nucleare, […] il CCR attuerà un programma di conservazione delle conoscenze per garantire la disponibilità di queste conoscenze, in forma facilmente accessibile, correttamente organizzata e ben documentata”. Ancora una volta, ringrazio il relatore, onorevole Caspary, per il suo sostegno.

Passerei ora alle relazioni degli onorevoli Busquin e Laperrouze sulle regole di partecipazione CE ed Euratom. La Commissione è molto grata al Parlamento europeo, in particolare ai relatori, ai relatori ombra e agli altri membri della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, per il loro atteggiamento costruttivo e il fermo impegno a raggiungere un buon compromesso con il Consiglio, che permetta di adottare le regole di partecipazione al settimo programma quadro comunitario in prima lettura. Ciò fa seguito all’ottimo precedente stabilito con il sesto programma quadro e sono certo che la cooperazione proseguirà in futuro.

Le regole Euratom si basano sugli stessi principi di quelle adottate per la Comunità europea, fatti salvi i necessari adeguamenti dovuti alle caratteristiche specifiche del settimo programma quadro Euratom.

Per quanto riguarda le relazioni Busquin e Laperrouze, la Commissione può accettare tutti gli elementi dell’accordo raggiunto tra il Parlamento europeo e il Consiglio. Senza dubbio, il testo definitivo incorpora miglioramenti significativi rispetto alla proposta iniziale della Commissione.

Vorrei evidenziare i seguenti elementi dell’accordo sulle regole di partecipazione.

In primo luogo, la copertura e il calcolo dei costi indiretti, in particolare il tasso forfettario di copertura introdotto per gli organismi pubblici senza fini di lucro, le università, gli organismi di ricerca e le PMI. Il tasso forfettario è fissato al 60 per cento per i primi tre anni (2007-2009); in seguito la Commissione dovrà stabilire un nuovo tasso forfettario, che rifletta un’approssimazione ai costi indiretti reali dei partecipanti, ma non sia inferiore al 40 per cento. Siete stati molto persuasivi nel convincere sia il Consiglio sia la Commissione ad accettare la proposta.

In secondo luogo, il fondo di garanzia dei partecipanti, che sostituisce la responsabilità finanziaria collettiva prevista dal sesto programma quadro. Tale fondo sarà istituito dalla Commissione e servirà come base per esentare dalla verifica i partecipanti – fatta eccezione per i coordinatori dei progetti – che richiedono meno di 500 000 euro per un progetto. Inoltre, non può essere richiesta né imposta ai partecipanti alcuna garanzia supplementare, il che favorirà soprattutto le PMI e altri piccoli organismi.

In terzo luogo, i criteri di valutazione saranno definiti chiaramente nelle regole applicabili al settimo programma quadro.

In quarto luogo, è presente una precisazione riguardante i rendiconti finanziari e il compromesso raggiunto in materia riflette l’obiettivo comune del Parlamento e del Consiglio di semplificare e limitare il numero di certificati.

In quinto luogo, il limite massimo di finanziamento del 75 per cento per la ricerca nel campo della sicurezza, nel caso dello sviluppo di capacità altamente affidabili, ha un impatto sulla sicurezza dei cittadini europei ed è mirato a un numero limitato di organismi pubblici. La richiesta del Parlamento al riguardo è stata pienamente soddisfatta.

Infine, vi sono i diritti di accesso per le società affiliate a un’impresa europea con sede in uno Stato membro o paese associato, dei quali esse godranno se sarà richiesto l’uso delle loro conoscenze preesistenti o acquisite, alle stesse condizioni del partecipante cui sono affiliate.

Rinnovo i miei sentiti ringraziamenti agli onorevoli Busquin e Laperrouze per l’ottimo lavoro svolto.

Prima di concludere, vorrei affrontare un argomento che riguarda almeno alcuni di voi, come risulta dagli emendamenti presentati.

Mi riferisco alla partecipazione di organismi aventi sede in territori non riconosciuti a livello internazionale. Mi rendo conto che l’obiettivo è escludere gli enti giuridici che operano nei territori occupati da Israele.

Dall’agosto 1996, Israele è pienamente associato al programma quadro di ricerca e sviluppo. Gli organismi di ricerca israeliani sono oggi partner attivi e apprezzati nell’attuazione del programma quadro. La Commissione ha quindi raccomandato al Consiglio di rinnovare l’accordo di associazione per la durata del settimo programma quadro.

Gli accordi di associazione, assieme alle regole di partecipazione, conferiscono agli enti giuridici con sede in Israele gli stessi diritti e obblighi in materia di partecipazione e finanziamento degli enti giuridici con sede in uno Stato membro. Soltanto gli enti giuridici che hanno sede nel territorio di Israele riconosciuto a livello internazionale possono essere considerati tali, secondo il testo delle regole di partecipazione in esame. Gli enti giuridici con sede nei territori occupati non possono essere considerati enti giuridici israeliani, secondo la definizione contenuta nelle regole di partecipazione del sesto programma quadro e nell’accordo di associazione. La Commissione sarà molto vigile al riguardo.

Permettetemi di concludere dicendo che ho veramente apprezzato questi 19 mesi di assiduo lavoro e cordiale collaborazione.

Molti emendamenti hanno un significato speciale per me, perché mi ricordano ciascuno di voi, dall’interesse per le malattie infantili dell’onorevole Liese al forte sostegno al patrimonio culturale delle onorevoli Riera Madurell e Gutiérrez-Cortines, dalla strenua difesa delle piattaforme tecnologiche europee dell’onorevole Prodi all’attenzione per le fonti di energia rinnovabili degli onorevoli Hammerstein Mintz e Turmes, al forte sostegno al fondo di garanzia dell’onorevole Busquin, per menzionarne solo alcuni.

Penso che la nostra cooperazione sia di buon auspicio per l’attuazione del settimo programma quadro e per lo sviluppo continuo di politiche di ricerca e innovazione ambiziose che l’Europa merita e di cui ha bisogno.

La discussione di oggi e il voto di domani annunciano l’inizio di un nuovo viaggio, che mi auguro porterà l’Europa a varcare frontiere e raggiungere nuovi orizzonti. I ricercatori sapranno che le Istituzioni europee sono presenti e li sostengono in questo viaggio.

Sì, stasera e domani a mezzogiorno saranno momenti davvero importanti per l’Europa e per la scienza europea. Possiamo veramente essere fieri di ciò che abbiamo realizzato e della direzione del viaggio scientifico intrapreso insieme per offrire una vita migliore a tutti gli europei e all’intera umanità.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – Signor Commissario, penso che i vivi applausi dell’Assemblea a un’ora così tarda esprimano grande soddisfazione per il lavoro della Commissione.

 
  
MPphoto
 
 

  Paula Lehtomäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, vorrei dire innanzi tutto che il ministro del Commercio e dell’Industria, Mauri Pekkarinen, nel cui campo di competenza rientra il programma quadro in esame, purtroppo è ammalato e stasera non sarà presente in Aula. Per questo motivo, è per me un piacere e un onore rappresentare io stessa il Consiglio nella discussione di oggi. A causa di tale assenza per malattia, la Presidenza non sarà rappresentata a livello ministeriale alla conferenza stampa di domani, ma sono certa che andrà tutto bene.

Il settimo programma quadro di ricerca della Comunità europea è una delle più importanti misure comunitarie per attuare la strategia di Lisbona e migliorare la competitività europea. Le misure comunitarie a favore delle attività di ricerca e sviluppo sono fondamentali per realizzare questo obiettivo. Il bilancio per il programma quadro settennale è di oltre 50 miliardi di euro, dotazione che lo rende il maggiore programma quadro mai adottato in termini di bilancio e anche di durata.

L’accordo interistituzionale sul quadro finanziario per la Comunità è stato approvato in maggio. Di conseguenza, siamo riusciti a concludere positivamente i negoziati condotti dal Parlamento e dal Consiglio, anche se il calendario era stretto. Mi auguro che rispetteremo il nostro calendario ambizioso e completeremo il lavoro legislativo per il programma quadro entro la fine dell’anno.

In questo contesto, vorrei ringraziare il Parlamento europeo per il compromesso raggiunto, in particolare i relatori, onorevoli Jerzy Buzek e Philippe Busquin, il presidente della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, Giles Chichester, i relatori ombra e molti altri deputati che si sono adoperati per trovare una soluzione comune. In particolare, vorrei ringraziare anche il Commissario Potočnik per il suo contributo costruttivo alla conduzione dei negoziati. La Finlandia, nell’esercizio della Presidenza del Consiglio, ha potuto fare assegnamento nel suo lavoro sui risultati raggiunti dalle Presidenze precedenti, soprattutto quella austriaca.

La proposta iniziale della Commissione relativa al programma quadro conteneva numerose iniziative nuove e ambiziose, come il Consiglio europeo della ricerca, le iniziative tecnologiche congiunte e lo strumento di finanziamento con condivisione dei rischi. A volte i negoziati sono stati molto difficili, per esempio riguardo alle iniziative che ho menzionato. La conclusione delle trattative ha richiesto molto lavoro, grande flessibilità e una reale volontà di raggiungere un compromesso da parte del Parlamento, della Commissione e del Consiglio.

Ciò considerato, vorrei dire che il Consiglio, nella sua posizione comune, ha adottato l’emendamento del Parlamento sui principi che disciplinano il finanziamento della ricerca sulle cellule staminali nell’ambito del programma quadro. La Commissione ha compiuto uno sforzo risoluto per trovare un accordo, per il quale ringrazio il Commissario.

A mio parere, il risultato è un programma ambizioso, ma equilibrato. Costituisce un’ottima base per le misure comunitarie nel settore della ricerca e sviluppo per i prossimi sette anni. Un obiettivo importante della proposta della Commissione relativa alle regole di partecipazione era semplificare l’accesso. Al riguardo, il ruolo dinamico svolto dal Parlamento ha enormemente agevolato la piena partecipazione di tutti i ricercatori al programma quadro.

La Presidenza finlandese è lieta di constatare che vi sono pacchetti di emendamenti da sottoporre al voto, che si basano sull’esito dei negoziati tripartiti. Posso confermare che tali emendamenti sono approvati dal Consiglio. Mi auguro tuttavia che l’esito dei negoziati rimanga inalterato, alla luce degli altri emendamenti presentati.

Spero che il Parlamento adotti le decisioni sul settimo programma quadro di ricerca e sulle regole di partecipazione per la sua attuazione nella seduta di domani. In tal modo, l’obiettivo condiviso da tutte le Istituzioni – il Parlamento europeo, la Commissione e il Consiglio – di lanciare il programma quadro all’inizio del prossimo anno potrà diventare una realtà. Questo è anche ciò che si attende la comunità scientifica europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Jerzy Buzek (PPE-DE), relatore.(PL) Signor Presidente, signor Commissario, la votazione sul settimo programma quadro si svolgerà domani. Negli ultimi 18 mesi, quattro Presidenze hanno lavorato al programma, insieme con il Parlamento e la Commissione. Il contributo di ogni Presidenza è stato prezioso, ma un ringraziamento particolare è dovuto alla Presidenza finlandese. In conseguenza dell’ottima cooperazione con il Consiglio e del grande impegno personale del Commissario Potočnik, per il quale lo ringrazio, e anche grazie al sostegno tecnico fornito dalla Commissione europea, in ottobre si è raggiunto un compromesso accettabile per tutti. Signor Commissario, la ringraziamo per la dichiarazione sulla ricerca sulle cellule staminali. E’ molto importante per il Parlamento.

Gli emendamenti di compromesso sono stati approvati dalla commissione per l’industria, la ricerca e l’energia senza incontrare alcuna opposizione. Vorrei lodare i relatori ombra per il grande senso di responsabilità e lo spirito di cooperazione di cui hanno dato prova durante l’intera procedura. Grazie a tutti. In termini sia di lavoro sia di cooperazione, questo è stato un periodo di intensa attività per me. Vorrei ringraziare anche i coordinatori e i consulenti politici che hanno seguito i lavori e le otto commissioni parlamentari interessate per i loro pareri.

Assieme al settimo programma quadro, oggi discuteremo i programmi specifici e le regole di partecipazione. La commissione per l’industria, la ricerca e l’energia ha coordinato i lavori su questi documenti in seno al Parlamento europeo e devo ringraziarla calorosamente per il suo lavoro.

Passando al settimo programma quadro, vorrei rilevare che il Parlamento ha sempre affrontato la questione con spirito positivo. Abbiamo nondimeno introdotto diversi miglioramenti, tra cui nuove soluzioni parziali, importanti per il programma e considerate positive dal Consiglio e dalla Commissione europea, come dimostrano gli emendamenti di compromesso. La struttura e i principali elementi del programma rappresentano un’ottima risposta dell’Unione alle raccomandazioni contenute nelle relazioni Kok e Marimon e alle proposte del Parlamento europeo presentate nella relazione Locatelli.

Il settimo programma quadro permetterà di conseguire gli obiettivi della strategia di Lisbona in vari modi. Tutto si baserà sul criterio dell’eccellenza nella ricerca. Vi sono anche nuove e interessanti proposte, iniziative tecnologiche congiunte, che attingono alle risorse finanziarie dell’industria europea. Si tratta di un passo decisivo verso un’Europa innovativa, in linea con le attività delle piattaforme tecnologiche europee.

Inoltre, il Parlamento europeo ha deciso che è necessario sbloccare la capacità di ricerca in tutte le regioni d’Europa per creare un autentico spazio europeo della ricerca.

Il capitolo intitolato “Idee” contiene una definizione del Consiglio europeo della ricerca. Si tratta di una nuova iniziativa volta a promuovere la ricerca di frontiera di alto livello. Il Parlamento europeo ha insistito sulla necessità che questo organismo goda di un’ampia autonomia, le sue attività siano chiare e trasparenti e i suoi costi amministrativi siano mantenuti bassi.

Il capitolo successivo si intitola “Persone” e riguarda i ricercatori. Se si sfrutta pienamente il potenziale umano, in particolare se si sostengono i giovani scienziati all’inizio della carriera professionale, l’Europa potrà spiegare le sue ali e prevenire una fuga di cervelli.

Lo sviluppo di infrastrutture europee per la ricerca è fondamentale e figura nel capitolo intitolato “Capacità”. Un’altra priorità è rappresentata dalle PMI. In linea con il sesto programma quadro, è garantita loro una quota del 15 per cento nei progetti di ricerca. Sono stati istituiti anche ulteriori programmi speciali e procedure rapide per i piccoli progetti. Tra i fattori alla base dei nostri emendamenti relativi a questa parte del settimo programma figurano anche le nuove tecnologie e l’innovazione.

Il lavoro sulla legislazione è quasi completo e dobbiamo ora passare all’attuazione del programma. Procedure più semplici e flessibili sono una questione chiave, così come il coordinamento dei programmi europei con quelli nazionali. La frammentazione della ricerca europea deve essere evitata a ogni costo.

Sono certo che il settimo programma quadro ci permetterà di risvegliare l’entusiasmo per l’agenda di Lisbona e di superare il famoso paradosso europeo.

Per concludere, vorrei rivolgermi agli onorevoli colleghi deputati al Parlamento europeo e assicurare loro che, in seguito all’adozione degli emendamenti di compromesso negoziati con il Consiglio, il testo del settimo programma quadro risponde pienamente alle priorità evidenziate in prima lettura. Vi invito quindi a sostenere questi emendamenti, in modo che il Parlamento si esprima con una sola voce in materia di ricerca, sviluppo, innovazione e futuro dell’Europa.

 
  
MPphoto
 
 

  Philippe Busquin (PSE), relatore. – (FR) Signor Presidente, signora Ministro, signor Commissario, onorevoli colleghi, è evidente che la discussione di stasera sul settimo programma quadro e la prospettiva della sua attuazione rappresentano un momento felice per il Parlamento. E’ un momento felice soprattutto per la comunità scientifica, perché dopo tutto si tratta del terzo programma dell’Unione europea in ordine di importanza ed è un programma che permette alla comunità scientifica di assumere una dimensione europea e aspirare all’eccellenza. Garantire la continuità tra un programma e l’altro è quindi un obiettivo essenziale.

Grazie agli sforzi congiunti della Presidenza finlandese, della quale lodo la perseveranza e l’alta qualità del lavoro, del Commissario e dei servizi della Commissione e del Parlamento, lavorando con un ottimo spirito di collaborazione e rispettando gli obiettivi fissati, siamo giunti alla fase in cui è possibile lanciare il settimo programma quadro entro la data auspicata. E’ un punto essenziale.

Il secondo punto è un po’ meno soddisfacente: le risorse non sono all’altezza delle nostre aspettative. Non abbiamo poteri al riguardo. Come ha rilevato il Commissario, le prospettive finanziarie hanno prima ritardato la discussione del programma e poi non sono state all’altezza delle ambizioni dell’Europa. Non mi stancherò mai di ripetere che l’Europa di domani si costruisce sulla ricerca e sull’innovazione. Se ne parla, se ne discute, ma gli Stati membri non sono ancora disposti a conformare le loro politiche a questi obiettivi. E’ senz’altro pregiudizievole che il programma quadro proposto dalla Commissione sia stato ridotto di almeno il 25-30 per cento, tuttavia, come diciamo in Belgio, il faut faire avec, cioè dovremo farlo bastare e tentare di rendere il programma quadro il più efficace possibile. Al riguardo, come ha già detto l’onorevole Buzek, ritengo che la proposta della Commissione sia stata ampiamente accettata e che i miglioramenti e gli emendamenti introdotti vadano tutti nella giusta direzione.

Da parte mia, vorrei ancora sollevare due questioni. In primo luogo, il Consiglio europeo della ricerca rappresenta chiaramente una novità essenziale nella politica europea. E’ infatti indispensabile che la comunità scientifica si affermi su scala europea e riconosca essa stessa l’obiettivo dell’eccellenza. Ciò conferirà all’Europa una visibilità di gran lunga maggiore. Per questo motivo, assieme all’onorevole Niebler, tra gli altri, abbiamo prestato grande attenzione al modo in cui opererà il Consiglio europeo della ricerca.

Un altro aspetto che mi sembra essenziale riguarda le iniziative tecnologiche congiunte. Questo processo, che è un proseguimento delle piattaforme tecnologiche, è essenziale per sostenere la competitività dell’industria europea. Sarà quindi molto importante che il Consiglio, la Commissione e il Parlamento possano lanciare rapidamente iniziative tecnologiche congiunte in alcuni settori. Va da sé che non sarà possibile farlo in ogni settore, ma ritengo che lo strumento sia indispensabile.

Signor Commissario, lei è più diplomatico di me e vorrei quindi congratularmi con lei per aver ottenuto un accordo con il Consiglio sul proseguimento della ricerca sulle cellule staminali, in particolare per quanto riguarda le cellule staminali embrionali soprannumerarie. Si tratta di un accordo equilibrato, che fa seguito a ciò che si era deciso per il sesto programma quadro, ma è anche sostenuto da salvaguardie di ordine etico. La dichiarazione che ha appena fatto rassicura l’Assemblea: non saranno distrutti embrioni, ma tutte le prospettive offerte dalle cellule staminali, in particolare dalle cellule staminali embrionali soprannumerarie, per le conoscenze scientifiche e mediche di domani saranno salvaguardate. Mi congratulo quindi con lei per avere ottenuto questo accordo.

Vorrei inoltre segnalare al Parlamento che domani voteremo anche sui programmi specifici e sono stati presentati degli emendamenti. So che la procedura è diversa per i programmi scientifici, sui quali forniamo solo un parere. Sia come sia, il nostro voto sui programmi specifici non può essere incoerente con le disposizioni adottate per il programma quadro. L’onorevole Buzek ha giustamente affermato che il Parlamento sostiene le proposte di compromesso. Sono anche stati presentati legittimi emendamenti. Le maggioranze in Aula variano tra i programmi specifici e il programma quadro. Per garantire la coerenza generale del sistema, si deve evitare una divisione tra programmi specifici e programma quadro.

Passo ora alle regole di partecipazione. Sarò molto breve, perché lei, signor Commissario, ha già evidenziato gli aspetti nuovi della proposta. Tuttavia, vi è un precetto sul quale ritengo si sia d’accordo. L’obiettivo è la semplificazione e abbiamo cercato di evolvere in tal senso. Nondimeno, purtroppo dobbiamo rimanere umili e modesti, perché, anche se si ripete sempre che occorre semplificare, chi ha maggiore esperienza di programmi quadro purtroppo constata sempre che il sistema non è ancora perfetto. Non sono sicuro che ciò che abbiamo fatto sarà perfetto. In parte dipenderà dalla vostra vigilanza, ma anche da noi. Siamo pronti ad aiutarvi a eliminare le restrizioni provenienti da altre fonti che complicano il processo.

Per esempio, abbiamo cercato di garantire la partecipazione delle piccole e medie imprese. Non si è trattato solo di concedere loro il 75 per cento dei costi totali ammissibili; per esempio, nel contesto del fondo di garanzia, le PMI non avranno l’obbligo di presentare audit trimestrali per verificare se sono ammesse a partecipare. Queste saranno quindi le conseguenze pratiche, ma dipenderanno dall’esecuzione, perché a volte vi sono persone che dimostrano un eccesso di zelo. E’ abbastanza normale, ma può sfociare in eccessi. Dovrete quindi garantire una corretta attuazione.

Penso anche alla riduzione dei costi indiretti al 60 per cento. Certo si può sostenere che la cifra sia un po’ arbitraria e che i costi indiretti dovrebbero essere calcolati nel modo più accurato possibile. Questo è il motivo per cui si fa una distinzione fra i primi tre anni e quelli successivi, ma una cifra del genere era indispensabile per coinvolgere le università e le PMI di tutti i paesi, perché i sistemi contabili sono molto diversi.

Concludo dicendo grazie per il lavoro svolto, grazie soprattutto per aver reso possibile, con la vostra capacità di dialogare, con la capacità di dialogare della Presidenza finlandese, che è stata eccellente durante l’intero processo, l’adozione di questo programma quadro e delle regole di partecipazione per la comunità scientifica. Grazie ancora. Penso che domani saremo numerosi in Aula a votare senza problemi le vostre proposte e le nostre proposte modificate.

 
  
MPphoto
 
 

  Anne Laperrouze (ALDE), relatore. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, signora Ministro, onorevoli colleghi, rendo omaggio all’ottimo lavoro svolto dai miei colleghi relatori e, in generale, dalle tre Istituzioni, per permettere la rapida adozione del pacchetto “ricerca”.

Il settimo programma quadro è lo strumento essenziale per la creazione dello spazio europeo della ricerca, con l’obiettivo di destinare alla ricerca il 3 per cento del PIL. Deve permettere di aumentare le sinergie e le complementarità tra le politiche nazionali e assicurare la coerenza tra le priorità degli Stati membri e gli obiettivi principali che saranno definiti dal Consiglio europeo della ricerca. Nonostante un bilancio inferiore alle attese della Commissione e del Parlamento, questo programma quadro deve essere apprezzato per il suo effetto moltiplicatore. Per superare le difficoltà ad accedere ai finanziamenti, in particolare per le PMI, l’introduzione del meccanismo di finanziamento con condivisione dei rischi è un passo nella giusta direzione. Tale meccanismo dovrà permettere di aumentare il numero di prestiti concessi dalla Banca europea per gli investimenti e dalle istituzioni finanziarie, di stanziare importi più significativi e di sostenere progetti più rischiosi.

Per quanto riguarda le regole di partecipazione Euratom al settimo programma quadro, ho lavorato in stretta collaborazione con l’onorevole Busquin, relatore per le regole di partecipazione al programma quadro di ricerca e sviluppo classico, al fine di preservare l’analogia fra i due testi e sfruttare così la procedura di codecisione. Per questo motivo, gli emendamenti di compromesso proposti sono frutto delle discussioni tra la Commissione, il Consiglio e il Parlamento sulla relazione dell’onorevole Busquin, adattati al settore dell’energia nucleare. Due emendamenti tuttavia si scostano dalla posizione del Consiglio.

Abbiamo infatti voluto precisare, con l’emendamento n. 58, i criteri di selezione e di aggiudicazione, come l’eccellenza scientifica, la capacità di realizzare l’azione con successo, la pertinenza rispetto agli obiettivi del programma specifico, la massa critica di risorse attivate e la qualità del piano di valorizzazione e diffusione delle conoscenze acquisite.

Richiamo la vostra attenzione anche sull’emendamento n. 88 della relazione, per il quale alcuni colleghi hanno chiesto la votazione per parti separate. L’emendamento non è incompatibile con la scelta di Barcellona come sede dell’impresa comune. Infatti, l’ubicazione della sede è stabilita chiaramente dalla decisione 2006/458 del Consiglio e siamo favorevoli. L’obiettivo dell’emendamento è garantire che le altre attività relative all’area tematica “Energia da fusione” siano attuate e gestite separatamente dall’impresa comune, in modo che i ricercatori possano sviluppare il loro potenziale creativo. La separazione permetterà inoltre di mantenere l’approccio integrato e il forte coinvolgimento delle associazioni per la fusione, in particolare attraverso l’accordo europeo per lo sviluppo della fusione. L’argomento è stato sollevato durante i triloghi con la Commissione e il Consiglio sulle regole di partecipazione, al fine di definire chiaramente i ruoli di ciascuno.

Scopo della presente relazione sulle regole di partecipazione è fornire un sostegno europeo alle attività di ricerca nel campo dell’energia atomica, con la speranza di superare i blocchi tecnologici nel settore nucleare e, soprattutto, di mantenere la promessa della fusione per la futura produzione di energia.

Vorrei esprimere i miei più sinceri ringraziamenti all’onorevole Busquin, che ha messo a mia disposizione la sua competenza ed esperienza e mi ha associata a tutte le riunioni in cui sono stati negoziati gli emendamenti di compromesso con il Consiglio e la Commissione.

Vorrei ora concludere il mio intervento facendo alcune osservazioni sui programmi specifici, che ho seguito da vicino a nome del mio gruppo.

Per quanto riguarda le azioni dirette dal Centro comune di ricerca, merita rilevare che la sua esperienza si è estesa a campi che presentano notevole interesse politico e pubblico, come lo sviluppo di alternative alla sperimentazione sugli animali, il benessere sociale, l’agricoltura sostenibile e la protezione dell’ambiente. Nel campo dell’energia nucleare, vorremmo che il Centro comune di ricerca svolgesse un maggiore ruolo di sensibilizzazione e di formazione. Vorremmo anche che il Centro comune di ricerca mettesse a disposizione la sua esperienza ai fini della non proliferazione delle armi nucleari. Il programma specifico sulla cooperazione deve contribuire a rispondere alle sfide sociali, economiche e ambientali, concentrandosi su temi quali la salute, l’energia o l’ambiente e il cambiamento climatico.

Il lungo elenco di emendamenti presentati dal Parlamento europeo assomiglia, secondo alcuni, a una lista della spesa, e la sua lunghezza dimostra soprattutto che ci si attende molto dalla ricerca.

Teniamo presente la posizione e il ruolo dell’Unione europea nel mondo, ma soprattutto nella vita dei suoi cittadini. Un programma quadro coronato da successo sarà una prova che l’Unione europea sa compiere progressi.

 
  
MPphoto
 
 

  Umberto Pirilli (UEN), relatore. – Signor Presidente, signor Commissario, signora Ministro, onorevoli colleghi, “People” approda in Aula dopo un anno di dialogo, di approfondimento e di confronto. La mia esperienza professionale e politica è stata apportatrice di idee largamente condivise e poi trasfuse nel programma, accolte in parte anche nel corpo dello strumento legislativo principale del Settimo programma quadro. Esprimo pertanto un grazie significativo all’onorevole Buzek.

Il mondo moderno corre velocissimo. Già il ventesimo secolo era stato tumultuoso e incantevole: ha saltato tre ere, passando da quella contadina a quella industriale a quella postindustriale ed è andato oltre negli ultimi due lustri. Fu allora che i capi di Stato e di governo dell’UE scrissero con lungimiranza la ricetta per il futuro: Lisbona 2000 è un’agenda lunga dieci anni, tempo previsto per costruire in Europa la società della conoscenza basata sulla ricerca e sull’innovazione. Oggi dobbiamo però constatare che i progressi sono stati lenti, anche se il Sesto programma quadro ha segnato una svolta significativamente positiva della politica europea in questo particolare settore strategico.

E’ uno sforzo modesto se paragonato a quello colossale dei paesi ad economia emergente: negli ultimi tre lustri gli investimenti nel settore “Ricerca & Sviluppo” sono passati, in Cina, da 12,4 a 84,6 miliardi di dollari, con un incremento del 580%. Oggi la Cina occupa il 12,5% del mercato globale ed è il secondo produttore mondiale di beni ad alta tecnologia. Ci sono poi l’India e i paesi del bacino indopacifico, terzo polo tecnico-scientifico mondiale, che produce il 36% di prodotti high-tech dell’intero pianeta, esattamente il doppio di quanto produce tutta l’Europa.

La conclusione di alcuni analisti, rebus sic stantibus, è catastrofica: tra vent’anni il 90% degli scienziati della Terra vivrà in uno dei paesi dell’Asia orientale. A fronte dunque di investimenti in ricerca e sviluppo colossali in quei paesi, in taluni dei quali oltre il 10% del PIL, l’Europa resta indietro, prigioniera degli egoismi degli Stati membri, taluni dei quali ancora oggi investono meno dell’1%, mentre la media europea resta sotto al 2% del PIL. Questo, molto sinteticamente, è il quadro complessivo, mentre ci accingiamo a varare il Settimo programma quadro per il quale, giustamente, la Commissione europea aveva chiesto agli Stati membri uno sforzo finanziario più significativo.

Il programma “Persone” costituisce il corpo e la mente insieme dell’intero corpo legislativo: mens sana in corpore sano. Donde l’idea di motivare i ricercatori per motivare la ricerca. Con il Settimo programma quadro nasce il ricercatore europeo, libero, indipendente e motivato. In questa direzione va il contesto di cui ci occupiamo: dal riconoscimento della professione di ricercatore allo status giuridico; da un codice di condotta alla creazione di una banca dati per la selezione e l’assunzione di ricercatore; dall’adeguamento delle retribuzioni ai migliori standard internazionali, alle pari opportunità uomo-donna, con misure a tutela del ricercatore donna, e alla conciliazione della sua vita familiare con quella lavorativa; da iniziative di sostegno alla mobilità delle famiglie alle necessarie coperture sociali e assicurative, all’armonizzazione dei regimi fiscali e al riconoscimento dei titoli tra i paesi dell’Unione, alle libertà di movimento e all’indipendenza; questi sono i presupposti necessari per la creazione dello Spazio europeo della ricerca, all’inserimento professionale, atteso che, dopo anni di investimenti in formazione dei giovani ricercatori, è nostro interesse valorizzarli. Abbandonarli sarebbe un regalo agli Usa o alla Cina.

La positiva esperienza delle azioni “Marie-Curie” è opportunamente rivisitata e proseguirà, dando corpo e respiro al progetto che mira all’eccellenza quale valore aggiunto, con effetto strutturante dello Spazio europeo della ricerca. Sono inoltre previste collaborazioni e pari opportunità tra il settore pubblico e quello privato. Infine, ma non ultima, la proprietà intellettuale, su cui il Consiglio, si è comportato un po’ come Pilato con Gesù di Nazareth: ha recepito l’idea e l’ha trasformata in norma di indirizzo.

No, così non va bene! Se si vuole veramente motivare il ricercatore, occorre garantirgli concretamente la protezione dei diritti nascenti della proprietà intellettuale prodotta. Ciò è possibile – insisto nel chiederlo alla Commissione e al Consiglio – con clausole contrattuali di diritto privato, che tutelino i risultati conseguiti dalla ricerca e dal ricercatore individuale.

Per eccellere occorre motivare e per attrarre ricercatori da ogni parte del mondo occorre offrire condizioni appetibili. Per coniugare quantità e qualità e produrre eccellenza nella ricerca di base e in quella tecnologica, così come il programma “Persone” e il Settimo programma quadro si prefiggono, occorre saldare tutti gli anelli e dare risposta a tutti i problemi aperti, salvaguardare l’industria e gli investimenti privati, stimolandoli, questo sì, senza però mortificare nel contempo il motore, il cuore, la mente della ricerca che è e resta l’uomo.

Ringrazio voi tutti per la cortese attenzione, onorevoli colleghi e relatori ombra, e in modo particolare il presidente Chichester e i colleghi della commissione ITRE, i quali, voltando all’unanimità la mia relazione, hanno inteso dare un segnale forte alla Commissione e al Consiglio più che un riconoscimento al mio modesto lavoro.

 
  
MPphoto
 
 

  Angelika Niebler (PPE-DE), relatore. – (DE) Signor Presidente, Ministro Lehtomäki, signor Commissario, onorevoli colleghi, dopo più di un anno e mezzo di intenso dibattito parlamentare, stiamo per adottare il settimo programma quadro e i programmi specifici ad esso associati. Oggi voglio ringraziare innanzi tutto il nostro relatore, onorevole Buzek, per il suo lavoro coscienzioso, ma anche tutti gli altri deputati al Parlamento che hanno contribuito al programma quadro e ai programmi specifici.

In veste di relatrice per il programma specifico “Idee”, naturalmente è per me una gioia e un onore speciale che con il settimo programma quadro, per essere precisi il programma “Idee”, si veda infine l’inaugurazione del Consiglio europeo della ricerca.

Perché abbiamo bisogno di un Consiglio europeo della ricerca? L’intenzione è rafforzare la ricerca di base in Europa e colmare così una lacuna significativa nel finanziamento della ricerca europea, finora principalmente concentrato sulla ricerca applicata, anche se quasi tutti gli sviluppi innovativi e pionieristici si sono verificati grazie alla ricerca di base. Basta pensare a oggetti comuni come le fotocamere digitali o i lettori di CD, che sarebbero stati impossibili senza i fondamenti teorici di scienziati come Max Planck o Albert Einstein.

Il Consiglio europeo della ricerca, il CER, deve essere un successo per riuscire ad attirare in Europa i ricercatori di punta o a trattenere i nostri migliori ricercatori europei. A tal fine, il CER deve poter svolgere il suo lavoro in modo indipendente, aspetto cui abbiamo dato più volte risalto in seno all’Assemblea e che anche il Commissario ha approvato nella sua presentazione. Ciò significa che, in questo Consiglio europeo della ricerca, devono essere i ricercatori ad avere voce in capitolo, a decidere quali progetti di ricerca di base debbano essere finanziati. E’ una vera e propria novità che i politici affermino la propria volontà di tenersi al di fuori delle decisioni relative a che cosa meriti sostenere e di lasciare che sia la comunità scientifica, cioè i ricercatori che nomineremo in seno al Consiglio, a decidere. Sono anche particolarmente fiera del fatto che si sia deciso – o si deciderà domani, come mi auguro – che l’unico criterio per la concessione di finanziamenti da parte del Consiglio europeo della ricerca sia quello dell’eccellenza scientifica.

Il Parlamento ha insistito sin dall’inizio sul fatto che il Consiglio europeo della ricerca non debba essere una versione in miniatura della DG Ricerca. Sono certa di avere la comprensione del Commissario se affermo che non ho nulla contro la Commissione, ma perché il Consiglio della ricerca sia veramente una novità, non devono essere i politici né i funzionari altamente qualificati della DG Ricerca a decidere le attività da svolgere, ma i ricercatori. Lo so che mi ripeto, ma lo considero un aspetto importante.

Noi parlamentari abbiamo anche contribuito a orientare il Consiglio nella giusta direzione. In seguito a una fase iniziale, in cui il Consiglio sarà amministrato dalla Commissione, si valuterà se esso sia effettivamente in grado di operare in modo indipendente. Dopo aver svolto questa valutazione, potremo prendere una decisione sulla struttura definitiva del Consiglio. Sono molto grata che nell’ambito del trilogo ci sia stato assicurato che l’Assemblea avrà potere di codecisione in merito alla struttura definitiva che dovrà avere il Consiglio.

Abbiamo anche reputato importante garantire che il Consiglio della ricerca, quando comincerà le sue attività il 1° gennaio 2007, non diventi un closed shop, in altre parole, che sia aperto e trasparente e lavori in modo aperto e trasparente. L’Assemblea ha presentato alcuni emendamenti a tal fine, tra cui la condizione che i membri del consiglio scientifico siano eletti in base a un sistema di rotazione. Naturalmente, limitando il bilancio destinato alle spese amministrative del Consiglio della ricerca, abbiamo garantito che in definitiva i fondi vadano dove devono andare, cioè ai ricercatori, e non siano spesi per l’amministrazione. Il bilancio destinato al Consiglio europeo della ricerca – che in ogni caso ammonta a 7,5 miliardi di euro per sette anni – dovrebbe quindi essere una buona base su cui poter cominciare a lavorare.

Il Consiglio della ricerca ha tutto il necessario per diventare un modello di successo europeo, ed è proprio ciò di cui abbiamo bisogno: un faro per la ricerca europea. Abbiamo anche bisogno di altro, che non ha nulla a che fare con il Consiglio della ricerca. Domani dovremo lanciare un appello, affinché l’Europa si identifichi anche nella sua comunità scientifica. L’Europa è una comunità pacifica, è percepita come una comunità di valori, una comunità fondata sullo Stato di diritto, con il mercato interno europeo e con l’Unione economica e monetaria. Manca solo una cosa, e l’onorevole Busquin, con il suo spazio europeo della ricerca, ha veramente scelto la giusta direzione. Dobbiamo diventare anche una Comunità europea della conoscenza, una Comunità europea di ricercatori. Se il Consiglio della ricerca, i programmi e tutto ciò su cui voteremo domani contribuiranno a farci avvicinare a tale realtà, avremo tutti svolto un ottimo lavoro.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Vittorio Prodi (ALDE), relatore. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero naturalmente rivolgere un ringraziamento alla Presidenza finlandese, al relatore Buzek e a tutti gli altri colleghi e, ovviamente, un ringraziamento molto particolare al Commissario Potočnik, innanzitutto per tutto il lavoro svolto assieme, proprio partendo dai suoi suggerimenti sul Settimo programma quadro.

Voglio in particolare prendere atto della sua dichiarazione solenne di escludere qualunque proposta che preveda l’impegno di infrastrutture e imprese che operano contro le leggi internazionali, come pure del suo impegno solenne, un elemento integrante del Settimo programma quadro, riguardante la disciplina delle cellule staminali embrionali. Abbiamo fatto assieme un grande lavoro, cercando di fare il meglio possibile per l’Europa.

Il Settimo programma quadro offre un’ottima opportunità di definire uno sforzo esaustivo, volto a recuperare la competitività a livello dell’intera Unione europea, attraverso l’attuazione piena dello scenario di Lisbona. E’ dunque opportuno sottolineare che questo Settimo programma quadro rappresenta, di fatto, la manifestazione dell’esigenza di affrontare la questione della ricerca e dello sviluppo a livello d’Unione e dovrebbe pertanto essere visto come il nucleo centrale di una politica di sviluppo socioeconomico dell’Unione europea.

Attualmente la concorrenza riguarda attori con un ambito di intervento continentale, o comunque regionale-continentale, che trascende nettamente il singolo Stato membro. Occorre quindi perseguire l’eccellenza su scala europea: questo è ciò che si prefigge il Settimo programma quadro. Questo è dunque tutto ciò che abbiamo cercato di fare a livello europeo.

La mia insistenza su questo tema è stata così amabilmente sottolineata dal Commissario: vi sono anche effetti molto personali, comunque estremamente importanti, anche nell’ambito di questa collaborazione, e i quali danno altresì la sensazione che per la ricerca ci deve essere un coinvolgimento diffuso di tutte le aziende, anche e soprattutto a livello europeo, perché altrimenti non ce la facciamo. Il Settimo programma quadro rappresenta la consapevolezza del fatto che, senza uno sforzo davvero comune, dovremo rinunciare ad avere un’attività manifatturiera e di sviluppo in Europa. Questa è la sostanza di ciò che stiamo trattando oggi e questo è stato il modo in cui siamo stati tutti personalmente coinvolti in una tale impresa. E’ stato ovviamente necessario fare delle rinunce, ma alla fine si è portato avanti insieme un lavoro importante.

Vorrei fornire alcune delucidazioni riguardo al programma “Capacità”: a mio parere l’articolazione a livello regionale del Settimo programma quadro, ossia la capacità di mettere assieme, in sinergia, le risorse del Settimo programma quadro, i Fondi strutturali, con la possibilità di coinvolgere le regioni in un investimento, può essere realmente produttiva verso il futuro, sia nelle infrastrutture di ricerca che nelle regioni della conoscenza e nei distretti regionali di produzione. E’ dunque presente, a mio avviso, un complesso di strumenti che, assieme, riescono a farci individuare l’approccio più consono in tutte le questioni sul tappeto.

Vorrei altresì ricordare, in particolare, la necessità di impostare, a livello regionale, un accostamento dei cittadini alla scienza, nonché ciò che per me è stato un pensiero fisso in questi primi anni di lavoro nel Parlamento: l’educazione al rischio e la valutazione del rischio come strumento di scelta politica, coinvolgendo i cittadini nel senso in una consapevolezza complessiva. E’ ciò che abbiamo fatto, credo al meglio delle nostre forze, ed è qualcosa di cui possiamo essere soddisfatti.

 
  
MPphoto
 
 

  Teresa Riera Madurell (PSE), relatore. – (ES) Signor Presidente, signor Commissario, signora Ministro, innanzi tutto vorrei congratularmi con l’onorevole Buzek, l’onorevole Busquin, il Consiglio e la Commissione per l’importante lavoro svolto, e con i miei colleghi relatori per gli altri programmi specifici, perché, onorevoli colleghi, in questa sessione plenaria approveremo infine il settimo programma quadro, che definisce la politica scientifica dell’Unione europea per i prossimi sette anni.

Si tratta di una questione fondamentale nell’ambito della strategia di Lisbona, perché, se il nostro obiettivo è essere un’economia dinamica e competitiva basata sulla conoscenza, la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione sono senza dubbio gli strumenti principali per promuovere la crescita, l’occupazione e la competitività.

Il nostro obiettivo principale è stato dare risposta alle grandi sfide con cui devono confrontarsi la scienza, la tecnologia e l’innovazione, al fine di ridurre la distanza che ci separa dai nostri concorrenti. Il nostro lavoro non è stato privo di difficoltà, soprattutto in seguito all’accordo sulle prospettive finanziarie, che ha ridotto il nostro orizzonte economico iniziale. Tuttavia, ritengo che, nell’insieme, oggi possiamo essere soddisfatti.

In veste di relatrice per il programma specifico “Cooperazione”, vorrei ringraziare i relatori ombra e tutti gli onorevoli colleghi per i loro contributi, che sono stati fondamentali per la preparazione di questa relazione.

Il programma specifico “Cooperazione”, con una dotazione di 32 500 milioni di euro per i prossimi sette anni, rappresenta il 65 per cento del bilancio totale del settimo programma quadro, un aumento significativo rispetto al programma quadro precedente.

Onorevoli colleghi, si tratta del programma di cooperazione internazionale in materia di R&S più vasto del mondo. Con questo programma, si intende consentire all’Unione europea di porsi all’avanguardia in settori di importanza strategica dal punto di vista scientifico e tecnologico, sostenendo la cooperazione fra le università, i centri di ricerca, le imprese e le istituzioni, sia all’interno dell’Unione europea sia nei paesi terzi.

A tal fine, la proposta della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia stabilisce dieci grandi temi prioritari, caratterizzati da un alto grado di continuità con il sesto programma quadro, anche se sono proposti miglioramenti che siamo convinti agevoleranno l’accesso ai programmi per i gruppi di ricerca.

Il testo finale adottato dalla commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, che presentiamo all’Assemblea per l’approvazione definitiva, in generale conferma l’approccio proposto dalla Commissione europea. Comprende strumenti potenti per incoraggiare gli investimenti privati nella ricerca, anche se chiede un maggiore controllo parlamentare sull’intera esecuzione del programma. Esso amplia ed evidenzia inoltre alcuni campi della ricerca che erano assenti o non sufficientemente rappresentati nella proposta iniziale, e dà risalto a una serie di aspetti strutturali orizzontali del programma che consideriamo fondamentali.

Al riguardo, vorrei segnalare che la nostra proposta rappresenta un notevole progresso in termini di organizzazione di meccanismi atti ad assicurare la partecipazione delle PMI a tutte le azioni del programma. Per le PMI è stato fissato un obiettivo minimo di partecipazione del 15 per cento del bilancio totale e si è cercato di garantire il massimo contributo di tutte le Istituzioni comunitarie, compresa la Banca europea per gli investimenti, al finanziamento di progetti cui partecipino le PMI.

La nostra proposta sancisce il principio della coesione scientifica e tecnologica quale uno degli obiettivi del programma e sottolinea la necessità di ricercare il massimo grado di complementarità e sinergia con altri fondi nazionali e regionali. Chiediamo meccanismi che permettano di adottare approcci comuni per le questioni scientifiche e tecnologiche che rivestono interesse per più di un settore, nonché meccanismi atti ad affrontare i problemi complessi delle priorità tematiche, per le quali non è sufficiente un’impostazione puramente unidisciplinare per ottenere progressi scientifici significativi.

Sono stati migliorati molti aspetti riguardanti le iniziative tecnologiche congiunte, in conseguenza dell’approvazione del programma specifico “Cooperazione” da parte del Parlamento. Questi nuovi strumenti di gestione tecnica e finanziaria e di partecipazione al programma specifico “Cooperazione” richiedono meccanismi atti a garantire il rispetto dei criteri fissati per la loro costituzione e la trasparenza nella scelta delle priorità; richiedono anche una sana ed efficace gestione. La relazione in esame contiene proposte volte a compiere progressi in tutti questi ambiti.

Non intendo entrare nei particolari di ogni priorità tematica – è stato svolto molto lavoro – ma vorrei concludere dicendo che sono tra coloro che sostengono la necessità di continuare a finanziare la ricerca condotta con embrioni umani soprannumerari nelle prime fasi di sviluppo, in quanto è importante per compiere progressi nella cura dell’infertilità e per conoscere le cause delle malattie congenite e degenerative, e anche per trovare alternative alla sperimentazione sugli animali.

Onorevoli colleghi, con il lavoro di molti mesi, abbiamo tentato di contribuire a risolvere alcuni grandi problemi della nostra comunità scientifica e tecnologica. Ritengo che il risultato, frutto del maggiore consenso possibile, si possa considerare soddisfacente. Rinnovo quindi i miei ringraziamenti a tutti i colleghi per i loro contributi, nonché alla Commissione europea, in particolare al Commissario Potočnik, qui presente, per l’aiuto e la cooperazione costante.

 
  
MPphoto
 
 

  David Hammerstein Mintz (Verts/ALE), relatore. – (ES) Grazie, signor Presidente. Grazie, Commissario Potočnik, per il suo atteggiamento aperto e per la sua collaborazione; grazie all’onorevole Buzek e a tutti gli altri relatori ombra. Facciamo tutti parte della famiglia del settimo programma quadro e in questa famiglia vi è stato un parto lungo e faticoso, con poche risorse sanitarie, ma il bambino è nato sano, anche se un po’ sottopeso.

Quando ci renderemo conto del fatto che la ricerca europea è ancora più importante delle sovvenzioni agricole e della costruzione di autostrade? Non è una domanda retorica; dobbiamo assolutamente chiederci qual è la priorità per il futuro dell’Europa, questa Europa che vuole agire ma non può.

Abbiamo individuato alcune sfide in questo programma quadro e in larga misura le abbiamo affrontate. Abbiamo compiuto alcuni progressi in termini di apertura della scienza, per conseguire il massimo trasferimento di conoscenze scientifiche e di informazioni tecniche e sostenere tutti gli incentivi che promuovono il trasferimento di tecnologie, in modo che le imprese, la società civile e le università possano creare ponti tra la ricerca e il necessario rinnovamento economico e tecnologico nelle società europee attuali, grazie a questa comunicazione e grazie alle regole in materia di pubblicazione obbligatoria dei risultati e promozione del software libero o all’obbligo, per esempio, di incoraggiare l’interoperabilità. Abbiamo compiuto alcuni progressi, ma dobbiamo continuare a compierne.

Dobbiamo anche chiederci se la scienza sarà a fianco e a favore dei cittadini, perché i pareri dei ricercatori devono essere compatibili con quelli di persone che non sono necessariamente degli esperti. Al riguardo, dobbiamo accogliere con soddisfazione il sostegno e l’importante lavoro della scienza nella società in questo programma, il rafforzamento finanziario di questo ambito e l’apertura del programma alle organizzazioni della società civile.

Mi chiedo anche se sia vero che piccolo è bello nella scienza europea, perché parliamo tutti delle PMI, ma è vuota retorica o un fermo impegno? Le PMI creano la maggioranza dei posti di lavoro stabili e sono fonte di stabilità economica. Il sostegno a iniziative quale quella di creare gruppi di piccole imprese nell’ambito delle piattaforme tecnologiche va accolto con favore; è molto importante aver stabilito un quadro del 15 per cento per le piccole imprese in tutti i programmi. E’ una sfida cui dobbiamo rispondere; vedremo se sapremo trasformare la nostra retorica in risultati.

Vi sarà meno burocrazia e più trasparenza in questo programma? Vi sarà accesso pubblico chiaro e intelligibile all’informazione, che deve essere garantita per tutti i processi di valutazione e di finanziamento dei progetti dell’Unione europea? E’ ora che la Commissione europea riduca le costose procedure amministrative, in quanto comportano l’emarginazione dei piccoli gruppi di ricerca e delle piccole imprese e ONG, che non sono in grado di farvi fronte. Chiediamo un’urgente semplificazione. E’ ora di farla finita con le scuse, bisogna agire.

Questo programma quadro significa anche un ritorno alla base e quindi, con l’istituzione del Consiglio europeo della ricerca, questo programma fornirà un forte sostegno pubblico alla ricerca di base con obiettivi sociali e ambientali a medio e lungo termine, condotta da scienziati di punta che difenderanno la loro autonomia. Dobbiamo garantire che tale autonomia sia rispettata da tutti, sia dal Parlamento sia dalla Commissione.

Noi del gruppo Verde ci chiediamo se, di fronte alla crisi energetica, disporremo di una scienza mirata a un buon clima, che è ciò che ci manca. E’ molto positivo che sia previsto un sostegno finanziario per le energie rinnovabili e l’efficienza energetica e che sia stato aumentato del 250 per cento, ma al tempo stesso ci rammarichiamo che continui a essere soltanto un terzo dell’importo destinato alla ricerca nucleare nel suo insieme.

Siamo anche lieti del fatto che, riguardo alle scienze sociali, che sono anch’esse scienze, il programma preveda un solido sostegno a favore della ricerca socioeconomica e della ricerca multidisciplinare.

In generale, riteniamo che il programma sia positivo; la cooperazione tra tutti gli interessati condurrà l’Unione europea nella direzione necessaria per avere una vita più lunga e più felice e far sì che l’Europa svolga un ruolo più importante nel mondo.

 
  
MPphoto
 
 

  Daniel Caspary (PPE-DE), relatore. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, infine ce l’abbiamo fatta, il settimo programma quadro di ricerca è in arrivo e, nel corso dei prossimi sette anni, l’Unione europea investirà un totale di 54 miliardi di euro nella ricerca. Domani, dopo aver adottato i programmi specifici, potremo guardare indietro, con la coscienza pulita, a quasi due anni di duro lavoro in seno al Parlamento, alla Commissione e al Consiglio.

Vorrei ringraziare, in particolare, tutti i colleghi deputati con i quali, in veste di relatore per le attività di ricerca nel settore nucleare del Centro comune di ricerca, ho avuto il privilegio di lavorare in questi mesi in un clima di piena fiducia, e naturalmente ringrazio anche il Commissario Potočnik.

Purtroppo, non abbiamo ottenuto tutto ciò che ci eravamo prefissi. Per esempio, non siamo riusciti a raddoppiare la spesa per la ricerca, ma il netto aumento del bilancio – del 50 per cento – rispetto a quello del sesto programma quadro è un passo nella giusta direzione. Questo aumento è frutto di ardui negoziati con il Consiglio e trasmette un messaggio positivo ai nostri istituti di ricerca e si spera incoraggi l’ottimismo, ma abbiamo mancato di gran lunga il raddoppio sperato. Altre regioni economiche del mondo raggiungono tassi di aumento molto più elevati nella spesa per la ricerca.

Rimarremo quindi ancora più indietro rispetto agli Stati Uniti e al Giappone. La Cina e altri paesi continuano a compiere progressi e presto ci supereranno. Le conseguenze ci colpiranno duramente e incideranno anche sulla prosperità, sul mercato del lavoro e sulla pace sociale.

Il programma di ricerca dell’Europa di sicuro non è il più vasto del mondo, ma è uno dei più intelligenti. Lo stesso vale per la ricerca nel settore nucleare del Centro comune di ricerca, per il quale sono relatore. Come ha giustamente osservato il Commissario Potočnik nel suo intervento iniziale, il Centro comune di ricerca dovrebbe assumere un ruolo cruciale di moderatore in molti ambiti chiave dell’attività nucleare.

Uno di questi è innanzi tutto la sicurezza nucleare. Gli Stati membri hanno pareri diversi sull’uso dell’energia nucleare. Alcuni costruiscono nuove centrali nucleari, altri non lo fanno. Alcuni svolgono ricerche sui nuovi reattori di quarta generazione, altri non lo fanno. Sono questioni su cui gli Stati hanno pieno diritto di decidere autonomamente, ma la sicurezza non si limita ai confini nazionali e per questo motivo il Centro comune di ricerca deve garantire che il necessario know-how sia disponibile a livello europeo.

In secondo luogo, vi è il controllo della sicurezza. Nel contesto degli ultimi sviluppi internazionali, le questioni legate alla non proliferazione della tecnologia nucleare e delle armi nucleari diventano sempre più importanti. Sono questioni urgenti cui l’Europa deve trovare risposta. Sono quindi lieto che il settimo programma quadro darà una boccata di ossigeno all’Istituto dei transuranici, leader mondiale in questo campo.

Lo stesso vale, in terzo luogo, per la salvaguardia e il trasferimento delle conoscenze nel settore della tecnologia nucleare, un tema che mi sta particolarmente a cuore. Dobbiamo garantire che in tutta Europa scienziati giovani ed eccellenti possano affrontare con idee nuove i problemi esistenti, ma non dobbiamo perdere le conoscenze già acquisite e quindi dobbiamo far sì che le conoscenze esistenti e di nuova acquisizione nell’Unione europea siano scambiate in misura ancora maggiore di quella attuale. Il Centro comune di ricerca può senza dubbio fornire un importante contributo a tal fine, e non solo in campo nucleare.

Anche se l’Assemblea completerà il suo lavoro con la votazione di domani, molto resta da fare: agli Stati membri, alla Commissione e soprattutto alla comunità scientifica. Invito gli Stati membri a investire ancora più di prima nelle attività di ricerca, per esempio avvalendosi della possibilità di investire i contribuiti dei Fondi strutturali nella creazione di capacità di ricerca e sviluppo nei loro paesi. La creazione di nuove strutture di ricerca non è compito del settimo programma quadro, ma degli Stati membri e dei Fondi strutturali.

E’ positivo che il settimo programma quadro possa veramente concentrarsi sull’eccellenza scientifica. Invito la Commissione ad attuare il programma senza indugi; la invito altresì a stabilire procedure di appalto chiare, trasparenti, ben studiate, efficaci ed eque, a valutarle, o farle valutare, in modo oggettivo e ad attuarle in modo pratico e non burocratico. Sono certo che l’approccio adottato dall’Assemblea non sia affatto il peggiore.

Permettetemi infine di invitare la comunità scientifica europea – le persone che svolgono la ricerca, che lavorano sui dettagli, che scoprono le cose – a sfruttare le possibilità offerte dal programma. Il Parlamento ha svolto il suo lavoro e spetta ora a voi compiere progressi nella ricerca e fare qualcosa di vitale per dare all’Europa un futuro pacifico, libero e prospero.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Umberto Guidoni (GUE/NGL), relatore. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero ringraziare il Commissario Potočnik e la Presidenza finlandese, che ha raccolto il testimone di un lavoro che dura da diversi anni. Prima di parlare del programma specifico di cui sono relatore, vale a dire il programma specifico “Euratom”, volevo svolgere alcune considerazioni sul Settimo programma quadro e sui programmi specifici.

Mi congratulo ovviamente con l’on. Buzek e con tutti gli altri relatori per un lavoro di squadra ben fatto, che ci ha portato a varare, seppur nell’ultimo minuto possibile, il Settimo programma quadro. Rimane, tuttavia, l’amarezza per non aver effettuato un salto di qualità, ossia quel raddoppio su cui erano basate molte speranze e che sarebbe stato un segnale forte, un segnale dell’importanza dell’Europa e soprattutto della sua convinzione di raggiungere l’obiettivo di Lisbona. Il raddoppio non c’è stato, ma cerchiamo comunque di conseguire un risultato.

Parto dall’ultima considerazione che ha fatto il Commissario Potočnik sulla cooperazione, relativamente a una preoccupazione che io ho espresso, a nome mio e del mio gruppo, sul rischio, nell’ambito del Settimo programma quadro, di finanziare organismi o entità che sono stati stabiliti o che funzionano in violazione del diritto internazionale. L’argomento è stato trattato ultimamente dal Parlamento europeo, con particolare riferimento all’entità costituita nei Territori occupati – West Bank, Gaza e Gerusalemme orientale – sebbene abbia un valore più generale.

Voglio ribadire che questa preoccupazione riguarda anche situazioni riscontrate, ad esempio, in associazioni scientifiche, che possono essere ammesse ai bandi del Settimo programma quadro, anche se sono basate su leggi nazionali che violano le leggi internazionali, ad esempio impedendo la libera partecipazione di persone e di gruppi etnici e religiosi all’attività di ricerca. Io credo che questo sia il problema su cui la Commissione è chiamata ad esprimersi. Non sono stato soddisfatto della risposta fornita a questo proposito, perché mi sembra che sia limitata a un settore molto specifico, mentre io credo che vada indirizzata a un ambito più generale.

Per quanto riguarda i programmi specifici, sono sostanzialmente soddisfatto della maggior parte dei risultati conseguiti e, in particolare, voglio sottolineare l’attenzione prestata ai ricercatori. Ritengo infatti che moltissime attività della complessa società moderna si basino sempre più sul fattore umano. E’ ovviamente impossibile pensare alla ricerca europea, senza pensare ai ricercatori e alle loro esigenze di mobilità, di formazione e di status, che sono espresse nella Carta dei diritti dei ricercatori. Il Settimo programma quadro dovrà mettere in atto provvedimenti volti a garantire le migliori condizioni di lavoro per gli scienziati europei, anche per arginare e possibilmente contrastare la tendenza alla fuga di cervelli verso le altre parti del mondo.

Ho molto apprezzato lo sforzo di puntare sulla ricerca di base, attraverso la creazione di un’entità autonoma rispetto alla Commissione, incaricata di fornire un giudizio di merito sull’eccellenza della proposta scientifica da finanziare nell’ambito del Settimo programma quadro. L’efficacia di questo nuovo organismo sarà misurata sulla sua capacità di essere autorevole nell’azione di selezione delle proposte e di guadagnarsi il rispetto della comunità scientifica. Solo così potrà attrarre proposte innovative e sarà in grado di finanziare progetti ambiziosi che facciano crescere il livello di qualità della ricerca europea. La trasparenza di funzionamento, anche attraverso il coinvolgimento del Parlamento nella valutazione dell’attività di questo organismo, sarà essenziale per il suo successo.

Vorrei ora approfittare dei minuti restanti per parlare del programma specifico “Euratom”. Concordo con la posizione della Commissione, espressa anche dal relatore Buzek sul programma quadro “Euratom”, e credo che l’Europa debba puntare sul potenziamento della fusione, affinché diventi a lungo termine una fonte di energia essenziale, illimitata, ecologicamente accettabile ed economicamente competitiva, in grado di fornire un importante contributo ad un approvvigionamento energetico sostenibile e sicuro.

ITER costituisce una tappa fondamentale del percorso verso l’utilizzazione dell’energia da fusione. Dopo lunghi negoziati sulla scelta del sito destinato ad ospitare il reattore, i partner del progetto hanno finalmente siglato l’Accordo internazionale su ITER. La positiva conclusione dei negoziati, ovvero la scelta di costruire ITER nel sito europeo di Caradache, in Francia, richiede l’adozione di decise misure coerenti da parte dell’Unione, nell’ambito del presente e dei successivi programmi quadro.

C’è quindi bisogno di istituire un’agenzia europea per ITER, sotto forma di impresa comune nell’ambito del trattato Euratom, per fornire i mezzi per adempiere agli obblighi internazionali derivanti all’Europa dall’accordo di ITER, il che significa la realizzazione della macchina e dei progetti di collaborazione con il Giappone. Questa agenzia, con sede a Barcellona, dovrebbe avere come primo obiettivo quello di realizzare ITER. Penso tuttavia che il ricorso all’agenzia debba limitarsi a ciò e non condivido la posizione della Commissione di affidare ad un’unica agenzia l’intero campo della ricerca sulla fusione. Io non intendo depotenziare il ruolo dell’agenzia, che credo sia importante, ma ritengo essenziale aiutarla a raggiungere l’obiettivo che di per sé è già abbastanza complicato.

Ritengo inoltre che la ricerca europea abbia bisogno di essere più indipendente, un discorso che vale in un certo qual modo anche per il Centro europeo di ricerca. D’altra parte, le associazioni dell’EFDA (European Fusion Development Agreement) hanno dimostrato nel corso degli anni di svolgere un ruolo essenziale. Se l’Europa ha la leadership di questo programma, è perché ha dimostrato sul campo la qualità della ricerca che svolge.

Costruire ITER è solo il primo passo, visto che dobbiamo utilizzarlo e utilizzarlo al meglio, attraverso una nuova generazione di ricercatori e una ricerca di elevato valore in Europa. Ciò può essere garantito mantenendo separata la realizzazione dalla ricerca, la quale continuerà a essere condotta con le macchine esistenti, man mano che ITER verrà costruito. Ecco perché credo che, così come è avvenuto per la relazione Buzek, sia importante che l’emendamento da me proposto venga approvato in Aula.

 
  
MPphoto
 
 

  Neena Gill (PSE), relatore per parere della commissione per i bilanci. – (EN) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto congratularmi con i relatori e con la mia collega della commissione per i bilanci, onorevole Xenogiannakopoulou, per i suoi pareri approfonditi e accurati.

Vorrei esprimere il mio sostegno senza riserve ai programmi di ricerca e sviluppo collaborativi in Europa. Lo considero un settore strategico molto importante, che ha un impatto diretto sul modo in cui l’Unione si sviluppa come economia globale e sul modo in cui siamo percepiti dal resto del mondo.

Il settimo programma quadro, come abbiamo sentito, è il più vasto programma di ricerca dell’Unione finora e raccoglie tutte le iniziative comunitarie legate alla ricerca nel suo programma da 53 miliardi di euro. La richiesta iniziale della Commissione era di 70 miliardi di euro, un aumento enorme rispetto agli anni precedenti. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che si tratta di un programma settennale, non quinquennale come il suo immediato predecessore, e che le sue risorse saranno distribuite tra 27 Stati membri, anziché 15 e poi 25 come nei precedenti periodi di programmazione. Dobbiamo anche comprendere che il raddoppio del settimo programma quadro risponde alla chiara importanza della scienza e della ricerca per lo sviluppo dell’Unione come soggetto globale e come potenza economica.

Per essere competitivi, dobbiamo tradurre le parole in azioni e investire nei settori che sappiamo essere fondamentali per la crescita. Purtroppo, non penso che il Consiglio ne sia veramente convinto ed è un peccato che non abbia sostenuto la richiesta della Commissione per 70 miliardi di euro. Nonostante tutta la propaganda che abbiamo sentito dal Consiglio e il gran chiasso che ha fatto sulla necessità di conseguire gli obiettivi di Lisbona e sull’importanza di aumentare la spesa per la ricerca e lo sviluppo al 3 per cento del PIL – che è comunque ben inferiore a quella del Giappone e degli Stati Uniti – non è incredibile che la cifra finale stabilita dal Consiglio porti la spesa solo all’1,5 per cento? L’aspetto ancora più stupefacente è che la proposta originale della Presidenza del Lussemburgo prevedeva una riduzione delle attività di ricerca e sviluppo ancora più significativa. Per fortuna, la proposta è stata respinta da molti Stati, tra cui il mio, che hanno compreso il chiaro nesso tra ricerca e sviluppo e crescita e competitività dell’Unione. Questa politica è stata rivista dalla Presidenza britannica, che ha presentato proposte volte ad aumentare la spesa. Accolgo con grande favore l’aumento, ma, come ho già detto, deploro che sia ben lontano dalla cifra richiesta dalla Commissione e dal Parlamento.

Il lancio di questo programma ci offre un’opportunità reale di trarre lezione dagli errori del passato e correggerli. Un aspetto su cui dobbiamo concentrare i nostri sforzi è la necessità di ridurre la durata delle procedure di finanziamento. La procedura attuale è assurdamente lunga. Non lo hanno constatato solo le organizzazioni della mia regione, le West Midlands; la Corte dei conti europea ha segnalato ritardi di otto o nove mesi. E’ una durata inammissibile e deve essere drasticamente ridotta. La lentezza della procedura causa molti problemi, non ultima la necessità di un lungo prefinanziamento da parte dei partecipanti. E’ una questione che dobbiamo affrontare con urgenza.

Inoltre, i ritardi nei pagamenti sono pregiudizievoli soprattutto per le PMI. In seno all’Assemblea parliamo sempre delle PMI e della nostra intenzione di sostenerle ed esse sono il principale motore della crescita nell’Unione. Tuttavia, i loro bilanci faticano a far fronte a tali ritardi. Eppure la Commissione ci dice che le PMI, come ho detto, devono ricevere speciale attenzione ed essere attivamente incoraggiate a partecipare. Forse prima di cercare di incoraggiarle dovremmo accertarci di non scoraggiarle. Vi chiedo quindi di effettuare prontamente i pagamenti.

I ritardi nei pagamenti mettono anche in discussione il principio di annualità. Poiché la Commissione ha riconosciuto questi problemi, la esorto a dare priorità alla loro soluzione. La Commissione deve garantire di valutare, selezionare e aggiudicare i finanziamenti in modo efficiente ed efficace.

Inoltre, ai fini di una corretta pianificazione, i partecipanti devono conoscere in anticipo la data in cui sarà presa la decisione. Ciò sarà possibile solo se si semplificano i metodi e le procedure futuri, al fine di accelerare la selezione. Si otterrebbe così un’impostazione molto più coerente, evitando inutili iter burocratici per i partecipanti e accelerando la negoziazione delle proposte selezionate. Si aumenterebbe inoltre la trasparenza, agevolando l’accesso al programma per le numerosissime organizzazioni che ho citato.

Un ostacolo è costituito dal duplice sistema di verifica. La Commissione dovrebbe istituire un sistema unico di verifica e certificazione e adottare e pubblicare norme specifiche, che tutte le parti interessate possano considerare chiare ed eque.

Alla luce di questa semplificazione oltremodo necessaria dell’accesso ai finanziamenti, sostengo le proposte della commissione per i bilanci volte a creare una base di dati per la presentazione delle domande e invito la Commissione ad applicare il principio di proporzionalità per quanto riguarda i documenti da presentare. Tuttavia, vorrei anche chiedere alla Commissione di prestare attenzione al modo in cui è controllato il programma. I meccanismi di controllo devono essere coordinati e, come ho detto, dobbiamo evitare inutili duplicazioni e assicurare che il costo globale dei controlli sia proporzionale ai vantaggi che essi offrono.

Per concludere, vorrei ricordare alla Commissione e al Consiglio che questo programma dovrebbe rispondere alle esigenze dei cittadini e promuovere l’eccellenza scientifica in tutta l’Unione europea. Ciò considerato, non penso che si debba chiedere a tutti i richiedenti di fare i salti mortali per partecipare. Al contrario, dobbiamo garantire la rapida aggiudicazione dei finanziamenti a coloro che in Europa dimostrano vero spirito di innovazione e di iniziativa e aiutarli a trovare nuove opportunità di finanziamento per aumentare il nostro vantaggio competitivo rispetto ad altre regioni del mondo. Come io e tutti i miei colleghi abbiamo affermato, tutti riconoscono il ruolo vitale che la ricerca e lo sviluppo svolgono per permettere all’Unione europea di far fronte alle sfide rappresentate dal rapido sviluppo economico della Cina e dell’India. Per questo motivo, invito caldamente la Commissione a destinare ogni euro di cui questo programma dispone all’uso più efficace possibile e garantire un tasso di esecuzione del 100 per cento.

Vorrei infine invitare anche i nostri leader in seno al Consiglio a guardare oltre le frontiere dell’Unione e confrontarsi con altre regioni del mondo e cercare di rivedere questa politica al fine di aumentare quanto prima le risorse disponibili.

 
  
MPphoto
 
 

  Jamila Madeira (PSE), relatore per parere della commissione per l’occupazione e gli affari sociali. – (PT) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, l’innovazione e la scienza sono ora enunciati come un pilastro dello sviluppo dell’Unione europea. Tuttavia, perché tale enunciato dia frutti, è necessario che gli investimenti in risorse umane nel settore della scienza e della tecnologia, in particolare nei giovani scienziati, siano considerati cruciali e della massima importanza per realizzare gli obiettivi dell’agenda di Lisbona, come abbiamo previsto nel quadro finanziario per il periodo 2007-2013.

La realtà è che i cervelli europei tendono ad abbandonare l’Unione e rifugiarsi principalmente negli Stati Uniti, dove molto spesso sono garantite loro migliori condizioni di lavoro – o migliori condizioni di laboratorio – oltre a una migliore retribuzione. Partiamo quindi in ritardo e in posizione di svantaggio e dobbiamo compiere grandi sforzi per cambiare questo scenario. L’obiettivo è riuscire non solo a trattenere, in questo vecchio Continente che si vuole rinnovare, i nuovi ricercatori, ma anche incoraggiare il ritorno di molti di quelli che abbiamo già esportato. Dobbiamo anche riuscire ad attirare i ricercatori dei paesi terzi, con nuovi incentivi e con il riconoscimento reciproco delle qualifiche.

Vorrei concludere lanciando un appello: i ricercatori, che sono l’anima di questo settimo programma quadro, non dovrebbero essere liquidati in un solo minuto in questo programma, che è il tempo di parola concesso alla commissione per l’occupazione in questa discussione.

 
  
MPphoto
 
 

  Markus Pieper (PPE-DE), relatore per parere della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale. – (DE) Signor Presidente, signora Ministro, signor Commissario, onorevoli colleghi, per la prima volta, alla ricerca agricola è dedicato un capitolo specifico nell’ambito del sostegno alla ricerca. Tra il 2007 e il 2013, saranno disponibili circa 1,9 miliardi di euro per l’innovazione nei settori dei prodotti alimentari, dell’agricoltura e delle biotecnologie. La commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale accoglie con favore il riferimento esplicito alla ricerca agricola, la quale, insieme con la ricerca sull’energia e sull’ambiente, ha ora maggiori possibilità di beneficiare del sostegno europeo. In tal modo, non solo forniamo un contributo alla ricerca e allo sviluppo sostenibile in agricoltura, ma aiutiamo anche gli agricoltori ad attuare la riforma agricola del 2003 e a passare a sistemi di produzione competitivi a livello internazionale. I regimi pilota e innovativi di produzione agroalimentare, le istituzioni agricole, i ministeri, le associazioni e corporazioni artigianali devono ora prepararsi a beneficiare delle possibilità di innovazione che l’Europa offre loro.

 
  
MPphoto
 
 

  Giovanni Berlinguer (PSE), relatore per parere della commissione per la cultura e l’istruzione. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il mio intervento sarà più breve di 4 minuti. Vorrei semplicemente sottolineare un punto, cioè il grande rilievo attribuito in questo programma quadro al rapporto tra la scienza e la società: basti pensare alle azioni intese a promuovere le pari opportunità per le donne nella ricerca scientifica fino ai livelli più alti, all’azione “Giovani”, al rapporto tra i cittadini e la scienza nonché al rapporto tra i sistemi educativi e formativi ispirati alla cultura umanistica e l’esigenza del progresso scientifico.

Desidero sottolineare che la scienza – dico una cosa banale – ha un valore intrinseco e non soltanto un valore strumentale, produttivo e competitivo, il quale pure ha la sua importanza. La scienza deve essere considerata un bene comune e le sue conquiste devono essere accessibili a tutti.

Credo che l’Unione europea, proprio nel momento in cui espandere la sua attività scientifica, coinvolge nuovi temi e punta sulla qualità, debba anche avere come ruolo essenziale quello di guardare al resto del mondo e non di rinchiudersi in se stessa. Infatti, le conquiste della scienza devono essere accessibili a tutti: la situazione mondiale è largamente deficitaria e gran parte delle ricerche e delle conoscenze riguarda il benessere del 10% della popolazione mentre il resto, il restante 90% non ne fruisce.

Ci sono ovviamente misure importanti da adottare, compresa la limitazione dei brevetti quando questi incidono sul benessere collettivo, in particolare sulla presenza di malattie. Concludo dicendo che, per quanto riguarda il problema etico, concordo pienamente con quanto dichiarato dal collega Busquin: deve esserci coerenza tra le decisioni prese in questa sede e quelle adottate in ogni altra sede.

 
  
MPphoto
 
 

  Giles Chichester, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, mi sento molto umile in presenza di questa galassia di relatori e relatori per parere. Stasera sono state pronunciate alcune parole gentili e vorrei ricambiare ringraziando il Commissario, la Presidenza e gli onorevoli colleghi, il relatore e i relatori ombra, per l’impegno costruttivo che hanno dedicato a questo progetto. Abbiamo lavorato sodo e mi piace pensare che abbiamo indotto il Consiglio e la Commissione a concedere un po’ più di quanto avrebbero voluto e forse non tanto quanto avremmo voluto: è stato un buon lavoro.

Condivido il rammarico di alcuni colleghi per il fatto che non siamo riusciti a persuadere il Consiglio a pescare più a fondo nelle tasche dei contribuenti per aumentare la spesa destinata alla ricerca. E’ un peccato che il Consiglio non sia stato all’altezza della precedente retorica.

Mi auguro vivamente che il pacchetto di compromesso sia adottato domani. Trasmetterà un forte segnale alla comunità scientifica, cioè che siamo in grado di svolgere la nostra attività e adottare la legislazione in tempo utile.

Gli aspetti specifici del programma quadro che considero nuovi e promettenti sono il Consiglio europeo della ricerca e il concetto di eccellenza, perché abbiamo bisogno di entrambi per poter competere nel mondo. Mi compiaccio della decisione di incoraggiare la partecipazione delle PMI, dei ricercatori di base e delle donne alla ricerca scientifica, nonché delle iniziative tecnologiche congiunte, soprattutto per l’onorevole Prodi.

Per concludere, vorrei ringraziare anche un’altra Istituzione dell’Unione europea, la Corte dei conti, per il suo contributo al lavoro sulle regole di partecipazione, in risposta al nostro invito a presentare un parere. Mi auguro che il nostro lavoro abbia reso la partecipazione al programma quadro di ricerca più semplice, chiara e responsabile.

 
  
MPphoto
 
 

  Reino Paasilinna, a nome del gruppo PSE. – (FI) Signor Presidente, vorrei ringraziare i relatori, in particolare l’onorevole Busquin, seduto qui al mio fianco. Mi auguro che il programma quadro di ricerca ci permetterà di avvicinarci agli obiettivi di Lisbona. Il Parlamento ha espresso sostegno per questo ottimo pacchetto, e il mio gruppo è concorde.

I miliardi di euro del fondo di capitali di rischio sosterranno le piccole e medie imprese, le quali devono essere in grado di competere con le grandi imprese e offrire lavoro alle persone. Vi sono tutti i motivi per aumentare gli investimenti nella ricerca. Ciononostante, soltanto un paese ha investito più dell’1 per cento del suo bilancio in attività di ricerca e sviluppo, e tale paese è la Finlandia.

Gli investimenti dell’Unione nella ricerca sono più sporadici di quelli degli Stati Uniti d’America, anche escludendo i fondi che questi ultimi destinano alla ricerca nel campo della difesa. Con il nuovo programma quadro di ricerca, vi saranno nuovi campi di ricerca e nuove iniziative.

Le iniziative tecnologiche miglioreranno le possibilità delle imprese di partecipare al programma quadro. Il consiglio scientifico del Consiglio europeo della ricerca (CER) sarà incaricato di gestire la migliore ricerca di base. Dal canto suo, il programma quadro per la competitività e l’innovazione si concentrerà sul sostegno alle imprese. L’Istituto europeo della tecnologia può inserire nell’equazione un’università di punta, che competa con altre università. Anche il Centro comune di ricerca, che conta ora più di 2 000 ricercatori, è attivo in questi campi.

Temo che tutto questo lavoro si frammenterà e che vi saranno inutili sovrapposizioni. I richiedenti sono confusi e si chiedono a chi rivolgano effettivamente le loro richieste: forse alla luna.

Chiedo quindi alla Commissione di comunicare al Parlamento in che modo intende organizzare la struttura europea per la ricerca, affinché la confusione non rallenti lo sviluppo. Il programma ERA-NET è un elemento importante di questo lavoro, ma le iniziative comunitarie non sono già troppe? Il Commissario a destra sa che cosa fa il Commissario a sinistra?

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Patrizia Toia, a nome del gruppo ALDE. – La ricerca è un pilastro importante dello sforzo europeo per la crescita, non solo dell’economia, ma dell’intera società, perché valorizza il capitale umano e i risultati della ricerca sono finalizzati a un miglioramento della vita sociale, della salute e della conoscenza. Questi aspetti positivi non possono nascondere e far dimenticare che sotto il profilo etico resta, per come è formulato l’articolo 6, una carenza per la ricerca delle cellule staminali. Non si vogliono porre limiti o filtri oscurantisti: si vuole solo dire che anche la scienza e la ricerca necessitano di regole e i criteri guida.

Il criterio guida è il primato dell’uomo, se non si vogliono ribaltare fini e mezzi. Il profilo etico è imprescindibile quando la ricerca arriva fin dentro il patrimonio genetico e quando la scienza lambisce l’origine della vita stessa e dunque l’inizio dell’umano. Pensare che la ricerca si autodisciplini e trovi solo in sé e nel suo sviluppo la sua guida è illusorio e miope. Non condividiamo la formulazione dell’articolo 6, perché non possiamo accettare che i fondi europei contribuiscano a una ricerca che può distruggere l’embrione!

Per questo era importante, signor Commissario, definire una cut-off date, un termine di certezza sull’utilizzo del linee cellulari già estratte a una data. Questa data non c’è stata. Ma sarebbe stata la prova vera della volontà di non volere utilizzare in futuro embrioni ad hoc per la ricerca. Ciò non è stato fatto, ecco perché si esprime un giudizio critico.

C’è tuttavia un punto nell’allegato allo statement che esprime la decisione di non finanziare ricerche che implicano la distruzione di embrioni. Chiediamo alla Commissione di tener fede a queste parole, perché non siano solo una dichiarazione di circostanza priva di conseguenze, e formuliamo altresì la richiesta che la dichiarazione della Commissione e l’allegato, che rischiano di andare persi e separati dal regolamento, siano invece, per un’espressa volontà della Commissione e del Consiglio, sempre vincolati al regolamento, di cui devono formare parte integrante, come ha detto, mi pare, il Commissario nel suo intervento. Inoltre vogliamo una formalizzazione giuridicamente solida di questa volontà, perché non sia affidata soltanto a una volontà politica, la quale rimane nei verbali notturni di questa Assemblea.

Domani sarà un giorno importante per la ricerca, sebbene a mio avviso occorra ribadire che rimane l’amarezza di chi ha trovato, a volte, nel confronto un muro insormontabile su questi temi e rimane anche la contrarietà, se la soluzione adottata per le cellule staminali non sarà chiara e rispettosa dei valori della vita.

 
  
MPphoto
 
 

  Claude Turmes, a nome del gruppo Verts/ALE. – (EN) Signor Presidente, la società compie progressi non grazie alle istituzioni, ma grazie a donne e uomini coraggiosi e intelligenti che prendono iniziative e le portano a compimento.

Signor Commissario, lei è uno di questi uomini. Lei ha compreso il cambiamento climatico e l’esaurimento delle risorse energetiche. Queste sono le sfide del XXI secolo. Onorevoli colleghi, siamo in corsa contro il tempo. Potremmo avere solo 10, 15 o al massimo 20 anni per uscire da una trappola che finirà per provocare spargimenti di sangue, guerre, anomalie climatiche e malattie. Sarà una catastrofe per il pianeta. L’unica via d’uscita è effettuare rapidamente massicci investimenti nell’uso intelligente dell’energia e in fonti e materiali energetici rinnovabili.

Abbiamo negoziato un accordo per destinare alle energie rinnovabili e all’efficienza energetica dell’utente finale almeno il 50 per cento dei fondi stanziati per la ricerca non nucleare. Abbiamo un accordo su tre questioni. In primo luogo, l’efficienza energetica deve essere una priorità orizzontale in tutte le nostre attività di ricerca: si tratta di ricerca materiale e di TIC, e deve comprendere la dimensione dell’energia e delle risorse. Signor Commissario, lei deve istituire un organismo di coordinamento che renda possibile tutto questo non solo sulla carta, ma anche nella realtà.

In secondo luogo, per quanto riguarda le energie rinnovabili, in Europa siamo all’avanguardia in questo settore, perché abbiamo stanziato fondi nel quarto, quinto e sesto programma quadro al fine di investire nell’energia eolica, fotovoltaica e nella biomassa. I fondi a disposizione del settimo programma quadro devono far sì che l’Europa diventi il leader mondiale nella tecnologia eolica offshore, nella tecnologia eliotermica e nella tecnologia marina. Dobbiamo compiere progressi in questa direzione. La terza parte del nostro accordo è che questi aspetti devono essere seguiti da vicino.

Infine, ITER è la decisione sbagliata. Perché? Perché mi dicono che quanto minori sono le possibilità di progresso tecnologico, tanto maggiori sono le possibilità di ottenere un accordo internazionale.

 
  
MPphoto
 
 

  Miloslav Ransdorf, a nome del gruppo GUE/NGL. – (CS) Onorevoli colleghi, se mi guardo attorno, ho l’impressione che sia in atto una delle leggi di Murphy: più importante è una questione, meno attenzione le si dedica. E questo nonostante il lavoro straordinario del Commissario Potočnik e dell’onorevole Buzek e dei suoi colleghi, tra i primi a esaminare le esigenze dei nuovi Stati membri, nei quali la scienza e la ricerca ricevono finanziamenti risibili. Uno dei nostri compiti è concentrare più risorse nei settori in cui producono un effetto moltiplicatore, come nel caso delle nanoscienze e delle nanotecnologie, per le quali le risorse sono un po’ inferiori al previsto. L’aspetto su cui dobbiamo lavorare di più, tuttavia, è la nuova politica di comunicazione, al fine di elevare il prestigio della scienza e degli scienziati nella Comunità, promuovere quello che in America chiamano spirito pionieristico e garantire che il settimo programma quadro sia il fiore all’occhiello della strategia di Lisbona.

 
  
MPphoto
 
 

  Leopold Józef Rutowicz, a nome del gruppo UEN.(PL) Signor Presidente, il settimo programma quadro è una conditio sine qua non, se l’Europa vuole diventare un leader sulla scena economica moderna, nell’interesse della prosperità e della salute dei cittadini e della protezione dell’ambiente. La situazione economica e politica e la protezione ambientale tuttavia richiedono la definizione delle priorità che devono beneficiare di particolare sostegno finanziario e organizzativo. Una di queste è la riduzione della dipendenza dal gas e dal petrolio. I problemi di approvvigionamento e l’aumento dei prezzi di questi combustibili hanno un impatto negativo sull’economia e sul tenore di vita.

Negli Stati Uniti, le attività di ricerca e sviluppo sui biocarburanti hanno permesso di svilupparli e di introdurre motori alimentati da biocarburanti. Hanno inoltre permesso di ridurre le importazioni di combustibili e creato un’enorme domanda di prodotti agricoli, aumentando così la redditività di tale settore. La costruzione di nuove centrali nucleari, in risposta alle esigenze del sistema energetico europeo, e anche di impianti di generazione di elettricità che utilizzano l’energia eolica, idrica e solare, garantirà la stabilità economica, ridurrà l’effetto serra e limiterà i danni ambientali. La gassificazione e la liquefazione del carbone offrono vantaggi analoghi.

 
  
MPphoto
 
 

  Nils Lundgren, a nome del gruppo IND/DEM.(SV) Signor Presidente, in seno all’Assemblea non si mostra mai rispetto per il principio di sussidiarietà e non si presentano mai proposte volte a restituire il potere politico dell’Unione agli Stati membri. Per quanto riguarda la ricerca, tuttavia, esistono validi argomenti economici a favore di un maggiore intervento dell’Unione. Una pura economia di mercato determina una carenza di attività di ricerca, in quanto i benefici della ricerca sono goduti da tutti, mentre i costi devono essere sostenuti dalle singole imprese. Merita quindi investire il denaro dei contribuenti nel finanziamento della ricerca di base. Se diversi paesi uniscono le forze, è ancora più vantaggioso in termini socioeconomici, perché una maggiore percentuale dei benefici ritorna ai contribuenti. E’ un’idea eccellente quella di istituire il Consiglio europeo della ricerca e favorire la circolazione dei ricercatori all’interno dell’Unione. Dobbiamo tuttavia respingere l’intervento statale e l’aumento della burocrazia. Sono necessarie maggiori risorse per la ricerca, insieme con la trasparenza e la libera circolazione. La questione in ballo è la gestione della ricerca, in quanto politici, burocrati e nuove Istituzioni comunitarie vedono comunque ampliarsi l’ambito delle loro attività.

Permettetemi infine di richiamare l’attenzione sul modo grottesco in cui sono distribuite le risorse. I fondi disponibili per il settimo programma quadro ammontano a un settimo dei costi della politica agricola dell’Unione. Gli stanziamenti per la ricerca rivestono importanza vitale per il futuro dell’Europa. Per contro, la politica agricola sperpera risorse, sfrutta i consumatori europei e aggrava la povertà nel mondo. Un raddoppiamento degli stanziamenti per la ricerca, una riduzione del 50 per cento delle sovvenzioni agricole e una riduzione del 40 per cento dei contributi dovuti all’Unione sarebbero benedizioni meritevoli di una preghiera silenziosa.

 
  
MPphoto
 
 

  Gunnar Hökmark (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, non voglio rovinare la festa stasera. Penso si possa essere fieri di ciò che abbiamo realizzato – il Consiglio europeo della ricerca, la promozione dell’eccellenza in vari programmi – ma penso anche che sia necessario dire stasera che non è sufficiente. Non è sufficiente rispetto a ciò che dovremmo riuscire a fare a livello europeo, ed è importante ricordarlo ai rappresentanti del Consiglio e anche a lei, signor Commissario, e sottolineare che non possiamo aspettare altri sette anni per intensificare gli sforzi necessari per rimanere al passo con altre regioni del mondo, se intendiamo essere l’economia basata sulla conoscenza più dinamica del mondo.

In veste di relatore ombra, sono fiero di ciò che abbiamo conseguito. Volevamo semplificare l’accesso ai programmi di ricerca per le PMI, e ci siamo riusciti. Volevamo ottenere migliori finanziamenti per le PMI, e ci siamo riusciti. Volevamo garantire che le università potessero partecipare ai progetti senza subire perdite attraverso i costi indiretti, e ci siamo riusciti. Volevamo anche ridurre la burocrazia, e ci siamo riusciti. Volevamo ampliare le possibilità di utilizzare i diritti di proprietà intellettuale, e ci siamo riusciti.

Siamo lieti di ciò che abbiamo ottenuto, ma ciò dimostra che dobbiamo compiere ulteriori progressi.

 
  
MPphoto
 
 

  Catherine Trautmann (PSE).(FR) Signor Presidente, appena in tempo, il Parlamento è riuscito a completare questo tour de force e adottare il settimo programma quadro, evitando un vuoto di un anno per la ricerca europea. Ciò ci permette anche di rispondere alla sfida più entusiasmante: quella dell’intelligenza in rete.

Permettetemi di evidenziare i progressi positivi: l’adozione di priorità legate alla vita quotidiana, come la salute, l’energia e l’ambiente; il sostegno alle tecnologie di informazione e comunicazione, il cui impatto interessa tutte le politiche dell’Unione, e la maggiore attenzione prestata alle piccole e medie imprese, motore della competitività, tramite il fondo per la condivisione dei rischi; infine, una prospettiva di risorse future che ispira fiducia, con il rafforzamento delle azioni “Marie Curie” e la creazione del Consiglio europeo della ricerca. In veste di relatrice ombra per il programma “Idee”, sono lieta che tale Consiglio, che opererà grazie ai e in funzione dei ricercatori, rappresenterà una nuova forma di governance scientifica e rientrerà nella sfera della codecisione.

Il Parlamento europeo ha dato prova di unità e responsabilità. Al tempo stesso, mi rammarico che il bilancio non sia sufficiente per recuperare il ritardo rispetto ai nostri concorrenti americani e giapponesi, che investono più del doppio di noi nella ricerca. Il Consiglio deve ascoltare il nostro messaggio a sostegno del suo, signor Commissario. Il merito di questo programma quadro è che dà un volto umano alla globalizzazione, e questo sicuramente vale uno sforzo finanziario supplementare. Fissiamo una data per la revisione delle prospettive finanziarie.

 
  
MPphoto
 
 

  Carlo Casini (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’Europa che noi sogniamo è prima di tutto l’Europa dei diritti dell’uomo, poi quella del mercato; è l’Europa della solidarietà verso i più piccoli, poi l’Europa competitiva. La ringrazio perciò per le chiarificazioni che lei stasera ci ha fornito, ma lei sa che restano precisazioni incomplete, come ambigua resta la formulazione della posizione comune. Lei sa altresì che il denaro europeo incentiverà anche la distruzione di embrioni umani.

Ricordo con gioia quando, nel 1989, socialisti e popolari votarono insieme l’impegno a non condurre mai sperimentazioni sull’embrione umano, se non per la salvezza dell’embrione stesso. Oggi stiamo invece rovesciando questa posizione: si dice che l’urgenza di avere subito a disposizione il danaro non lascia margini di riflessione ulteriori, eppure basterebbe che il Consiglio accettasse l’interpretazione autentica formulata nei due emendamenti che molti di noi hanno presentato. Auspico che questi emendamenti vengano accolti quanto meno nei programmi specifici.

 
  
MPphoto
 
 

  Britta Thomsen (PSE).(DA) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei ringraziare i colleghi deputati e richiamare l’attenzione su alcuni aspetti positivi del programma specifico “Capacità”. In primo luogo, gli investimenti nelle infrastrutture sono una condizione essenziale per l’innovazione e lo sviluppo di nuove conoscenze. Con una prospettiva europea per le infrastrutture di ricerca, i ricercatori avranno possibilità sempre maggiori di ottenere vantaggi reciproci in tutta Europa dai nuovi investimenti. Le nuove e specializzate infrastrutture di ricerca sono costose e si dovrebbe quindi permettere al maggior numero possibile di ricercatori di farne uso. Con risorse comuni, saremo in grado di garantire un migliore accesso agli strumenti più moderni per tutti i ricercatori europei.

In secondo luogo, considero importante che il programma stanzi risorse per integrare meglio l’aspetto della disseminazione dei risultati. Se la società deve raccogliere i massimi frutti dalla ricerca europea, dobbiamo garantire che i risultati della ricerca facciano una differenza per le persone, le autorità e l’industria. La diffusione dei risultati della ricerca di alta qualità contribuisce a legittimare anche gli investimenti della società nella ricerca e a risvegliare l’interesse dei giovani a intraprendere la carriera di ricercatori. In questo contesto, è importante rilevare che il programma si concentra anche sulle donne nella ricerca e sulla necessità di offrire loro maggiori opportunità di entrare nel mondo della ricerca. La sottorappresentanza delle donne in questo settore è ben documentata, soprattutto dalle unità per le donne e la ricerca della Commissione stessa. A livello sia comunitario sia nazionale, dobbiamo quindi adoperarci per creare una situazione in cui la professione di ricercatore sia una scelta allettante tanto per gli uomini quanto per le donne.

In terzo luogo, considero importante che il personale addetto alla ricerca e i direttori dei centri di ricerca non solo partecipino a scambi tra organizzazioni partner negli Stati membri, ma che il principio sia esteso al fine di comprendere i partner nei paesi associati e nei paesi terzi. I programmi quadro dell’Unione sono aperti a diversi paesi partner e, nel settimo programma quadro, la Commissione intende incoraggiare una maggiore partecipazione di tali paesi rispetto al passato. La partecipazione dei paesi partner allo scambio di ricercatori senza dubbio conferirà valore aggiunto alla condivisione di conoscenze europee.

 
  
MPphoto
 
 

  Cristina Gutiérrez-Cortines (PPE-DE).(ES) Signor Presidente, poco alla volta la ricerca europea ha concesso più spazio ai temi legati all’ambiente, alle persone e alla cultura, dando così maggiore importanza alle loro situazioni e alla loro conservazione e sopravvivenza. L’attenzione prestata al patrimonio storico e culturale ne è un esempio. Ringrazio coloro che hanno sostenuto questo aspetto in seno alla Commissione.

Lo stesso si può dire dell’inclusione nel programma dell’industria dell’intrattenimento e multimediale, delle tecnologie dell’informazione e delle scienze sociali, oltre alla novità di introdurre la ricerca relativa ai servizi di informazione e alla lotta al terrorismo.

Mi compiaccio degli accordi raggiunti sulla ricerca con le cellule staminali: abbiamo stabilito chiari limiti che rispettano la sensibilità di tutti, è stato vietato il finanziamento della clonazione umana, la clonazione o creazione di embrioni a fini di ricerca e la loro distruzione, sempre sotto il controllo degli organismi regionali, nazionali e internazionali.

Quando parlo con i malati e con i loro familiari, mi commuove la loro capacità di aggrapparsi alla speranza. Sanno che potrebbero non essere loro a beneficiare delle soluzioni, ma si sentono obbligati a difendere quel filo di speranza per i nuovi pazienti, e non sarò io a negarglielo.

La ricerca è sempre stata una caratteristica della cultura europea; lo ha detto Steiner, il grande ricercatore europeo. La creatività e la ricerca sono aspetti della nostra identità.

 
  
MPphoto
 
 

  Eluned Morgan (PSE).(EN) Signor Presidente, vorrei solo esprimere il mio compiacimento per aver raggiunto una conclusione su questo pacchetto. La scienza è fondamentale per la competitività dell’Unione europea. Quando si vedono emergere i giganti economici in Cina e in India e si osserva il numero di ingegneri informatici sfornati in quella parte del mondo, si sa che ci attende una sfida.

La Commissione lo ha riconosciuto nella sua presentazione iniziale del finanziamento richiesto per questo programma. Va detto che la risposta del Consiglio è stata molto deludente, e non per la prima volta sotto la Presidenza del Lussemburgo. Grazie al cielo i britannici hanno salvato la situazione e aumentato la dotazione destinata al bilancio per la scienza. E’ doveroso riconoscere il ruolo svolto dal Primo Ministro Blair al riguardo.

Tuttavia, dobbiamo anche ammettere che non è sufficiente: 50 miliardi di euro non sono sufficienti per un programma settennale per 27 paesi. Non è una proposta seria. Come minimo, gli Stati membri devono lavorare insieme in modo molto più costruttivo in termini di creazione di capacità, perché è essenziale. Mi riferisco a ciò che ha affermato l’onorevole Turmes. Prendendo ad esempio l’energia, è fondamentale prendere in considerazione iniziative quali le piattaforme tecnologiche e la piattaforma a emissioni zero. Sono iniziative che fanno una differenza reale per il cambiamento climatico. Se non stanziamo fondi a tal fine e non sottolineiamo il nesso tra la scienza, lo Stato e il settore privato, non avremo alcuna speranza di affrontare queste tematiche. A livello ideale, dovremmo sviluppare queste iniziative nell’Unione europea e poi trasferirle in regioni come la Cina per fare davvero una grande differenza.

Infine, per quanto riguarda le capacità, è essenziale che le regioni che si trovano nelle aree più povere della Comunità si mettano al passo con le altre, il che significa che in questo programma è essenziale sviluppare maggiormente la dimensione delle capacità.

 
  
MPphoto
 
 

  Françoise Grossetête (PPE-DE).(FR) Signor Presidente, la ricerca non può fare a meno delle persone ed è per questo che la professione di ricercatore diventa sempre più importante e noi sosteniamo la creazione di un autentico spazio europeo della ricerca. Ciò deve essere accompagnato dal dovuto riconoscimento della professione di ricercatore, perché abbiamo bisogno di ricercatori, abbiamo bisogno di formare buoni ricercatori, abbiamo bisogno di mantenere i nostri ricercatori e far ritornare quelli che hanno lasciato l’Europa, e abbiamo anche bisogno di accogliere quelli di altri paesi che desiderano lavorare con noi.

A tal fine, è necessario semplificare le procedure di accesso alle azioni “Marie Curie”. Dobbiamo incoraggiare un approccio alla ricerca maggiormente ancorato agli obiettivi di Lisbona, in particolare creando ponti tra università e imprese. Dobbiamo anche verificare l’efficacia degli aiuti concessi e l’uso di fondi pubblici e promuovere l’uguaglianza tra uomini e donne. Infine, dobbiamo inquadrare la protezione dei diritti di proprietà intellettuale, non solo per quanto riguarda i risultati della ricerca, ma anche per i singoli ricercatori.

Per concludere, ci attendiamo che la Commissione europea ci trasmetta le migliori informazioni possibili sul controllo di questo programma.

 
  
MPphoto
 
 

  Dorette Corbey (PSE).(NL) Signor Presidente, considerato che il programma di ricerca è un elemento chiave della strategia di Lisbona, si deve accogliere con favore l’aumento dei fondi disponibili. Il problema è che purtroppo sono di gran lunga insufficienti. E’ importante stanziare un importo molto cospicuo per la ricerca sulla salute e sull’energia, in quanto sussiste un’enorme necessità di ricerca innovativa in questi campi. Per l’energia sono stati stanziati due miliardi, almeno la metà dei quali è destinata all’energia sostenibile e all’efficienza energetica. Vi sono idee promettenti che meritano una ricerca più approfondita ed è importante che gli Stati membri collaborino molto di più in questo ambito.

Nel settore della salute, è importante prestare attenzione alle malattie trascurate e alla resistenza agli antibiotici. Considerato che questa settimana si celebra la Giornata mondiale dell’AIDS, potrebbe essere un buon momento per destinare più fondi alla ricerca nel campo della salute. Si deve accogliere con favore anche il fatto che il 15 per cento dei fondi per la ricerca sia riservato alle piccole e medie imprese. A tal fine, tuttavia, è ovviamente necessario ridurre drasticamente la burocrazia nella pianificazione dei programmi di ricerca. Finora, la partecipazione delle PMI è stata limitata, perché non riescono a far fronte a tutte le procedure amministrative. Si spera che la situazione possa ora cambiare.

Signor Commissario, vorrei concludere richiamando la sua attenzione su un’ultima osservazione. La ricerca nel settore della pesca riveste enorme importanza per proteggere gli stock ittici e prevenire la pesca eccessiva. Purtroppo, il tema della pesca non è affrontato specificamente nel settimo programma quadro. Ci può garantire che investirete tempo e denaro sufficiente in questo importante lavoro di ricerca?

 
  
MPphoto
 
 

  Lambert van Nistelrooij (PPE-DE).(NL) Signor Presidente, signora Ministro, signor Commissario, onorevoli colleghi, il settimo programma quadro rappresenta davvero una pietra miliare, se consideriamo il bilancio e la politica nel loro insieme.

In veste di relatore ombra del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, ho notato che, in termini di capacità, siamo riusciti a ottenere dotazioni supplementari e ampliare il campo di utilizzazione dei Fondi strutturali per includervi le infrastrutture di ricerca a livello regionale. Grazie all’onorevole Buzek, all’onorevole Prodi, al Commissario Hübner e alla commissione per lo sviluppo regionale, il bilancio è stato aumentato di molti miliardi. Ciò non va necessariamente fatto a livello europeo e, con lo strumento di finanziamento con condivisione dei rischi della BEI, si possono effettuare notevoli investimenti.

La tabella di marcia per la ricerca e le infrastrutture di ricerca pubblicata di recente indica la via da seguire. Posso vedere prove di questi investimenti comuni, università ad alta tecnologia e innovazione aperta in tutta Europa. Di fronte a una concorrenza globale spietata, dobbiamo garantire più attenzione, più sostanza e più collegamenti tra ricerca e infrastrutture. Sto per concludere. In tal modo, potremo avere centri di eccellenza per le nanotecnologie, la microelettronica, le cure sanitarie, eccetera. Non vogliamo una “fuga di cervelli”, ma un “acquisto di cervelli”.

 
  
MPphoto
 
 

  Jan Březina (PPE-DE).(CS) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei ringraziare l’onorevole Buzek per la sua relazione e per gli emendamenti proposti per il settimo programma quadro e altri onorevoli colleghi per il lavoro svolto sui programmi specifici, in particolare il programma specifico per le azioni dirette dal Centro comune di ricerca, per il quale sono relatore ombra.

Dal momento che circa il 25 per cento della legislazione dell’Unione riguarda questioni tecniche o scientifiche, il Centro comune di ricerca ha un ruolo fondamentale da svolgere. Nell’ambito della Commissione, questa Istituzione è responsabile di preparare le basi scientifiche per le proposte legislative. Di conseguenza, è indispensabile garantire che la ricerca sia di alta qualità e disponga di finanziamenti adeguati. Ritengo inoltre che l’emendamento relativo alle regole di partecipazione al settimo programma quadro si sia rivelato idoneo, riuscendo a semplificare le regole in vigore, soprattutto per la ricerca universitaria. Mi auguro che questo processo di eliminazione degli ostacoli amministrativi permetta di sfruttare meglio le nostre potenzialità per la scienza e la ricerca in Europa.

 
  
MPphoto
 
 

  Romana Jordan Cizelj (PPE-DE). – (SL) Vorrei parlare del programma “Euratom”. Nei prossimi anni l’Unione europea fornirà sostegno finanziario anche per la ricerca nei campi della fissione nucleare e della protezione dalle radiazioni. La principale innovazione, tuttavia, è il notevole aumento del livello di finanziamento disponibile per le attività di ricerca nel campo della fusione nucleare. La costruzione del reattore sperimentale più grande del mondo per la fusione nucleare, che non è un progetto soltanto europeo, ma anche globale, dovrebbe cominciare entro breve. Il programma è ambizioso e risponde agli obiettivi a breve, medio e lungo termine dell’Unione europea nel settore dell’energia.

Mi auguro che il Parlamento sosterrà la proposta presentata dalla commissione per l’industria, la ricerca e l’energia e respingerà i nuovi progetti di emendamenti presentati in plenaria. In sintesi, siamo giunti a un accordo che prevede un miglioramento dell’efficienza nell’amministrazione finanziaria e la presentazione alle Istituzioni europee di relazioni periodiche sull’attuazione del programma. Abbiamo definito l’energia nucleare come una delle risorse vitali per l’affidabilità e la sostenibilità dell’approvvigionamento energetico in Europa. Abbiamo sottolineato l’importanza di garantire risorse umane adeguate e di fornire informazioni sufficienti e accurate sull’uso pacifico dell’energia nucleare. Sono soddisfatta dei contenuti, ma non del livello di risorse finanziarie.

A questo punto, vorrei ringraziare tutti coloro che hanno partecipato alla preparazione del programma.

 
  
MPphoto
 
 

  Ján Hudacký (PPE-DE). – (SK) Vorrei esprimere il mio apprezzamento per il fatto che sin dall’inizio la commissione per l’industria, la ricerca e l’energia ha cercato di adottare chiare regole di partecipazione al settimo programma quadro, garantendo la massima trasparenza possibile. Abbiamo adottato un approccio responsabile analogo, adottando le procedure amministrative più semplici possibile, con particolare riguardo per i piccoli organismi che partecipano al settimo programma quadro. I principi su cui si fondano le regole di partecipazione al programma quadro Euratom sono in gran parte identici alle regole generali applicabili al settimo programma quadro. Considerato il tempo limitato, non mi soffermerò sugli accordi già raggiunti. Tuttavia, le regole di attuazione del programma Euratom nell’ambito del settimo programma quadro hanno le loro caratteristiche specifiche, in particolare per quanto riguarda la ricerca sulla fusione termonucleare controllata. Apprezzo il fatto che, anche in questo programma, siamo riusciti a raggiungere l’accordo e ad adottare diversi emendamenti specifici che saranno determinanti per realizzare il progetto ITER in modo più efficiente, oltre a finanziare diverse altre iniziative considerate prioritarie dall’accordo europeo per lo sviluppo della fusione.

 
  
MPphoto
 
 

  Jan Christian Ehler (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, permettetemi di rivolgermi brevemente all’onorevole Morgan. Naturalmente saremmo lieti se il Primo Ministro Blair non si limitasse a lottare, ma pagasse anche il conto. Signor Commissario, penso che l’Assemblea abbia lanciato il sasso nel suo giardino, e ora speriamo che lei riesca a farne qualcosa. A parte il programma di ricerca, dovremo affrontare il problema di doverlo collegare al programma quadro per la competitività e l’innovazione e agli strumenti di finanziamento. In seno all’Assemblea abbiamo seguito una direzione, per la quale il Consiglio ci aveva promesso un contributo finanziario supplementare; abbiamo seguito tale direzione con i fondi del programma, e non è stato facile. Tuttavia, l’abbiamo seguita perché la consideriamo corretta nell’ambito di una strategia generale.

Dobbiamo dire apertamente che ora usiamo i fondi del programma di ricerca per finanziare l’innovazione, e quindi riteniamo di avere un obbligo. Il Parlamento ha ancora l’obbligo di vigilare sul meccanismo di condivisione dei rischi, in altre parole, non stiamo ancora uscendo di scena, continueremo a sostenerla, signor Commissario, ma – e lo dico in modo inequivocabile, perché ci è costato grandi sforzi – dovremo anche rimanere vigili in questo ambito. E’ dunque un grande successo, ma è lei ad avere il grande compito di saldare insieme tutti gli elementi.

 
  
MPphoto
 
 

  Etelka Barsi-Pataky (PPE-DE). (HU) Signor Presidente, non si può che accogliere con favore il fatto che il programma quadro di ricerca europeo soddisfi i suoi obiettivi e l’accordo sia stato raggiunto in tempo utile. Ritengo vi siano buone garanzie che riusciremo a trattenere e a motivare i nostri ricercatori. Diverse nostre proposte miravano ad agevolare la partecipazione e renderla più trasparente. Applicando procedure di valutazione rigorose e garantendo un ampio accesso alle informazioni si può allargare la cerchia di coloro che possono partecipare a questi progetti europei. Tuttavia, mi rammarico che il Consiglio e la Commissione si siano rigidamente rifiutati di garantire la possibilità di contabilizzare l’IVA non rimborsabile tra le spese ammissibili, sebbene la Corte dei conti avesse sostenuto la nostra proposta e la sua motivazione. Tuttavia, il meccanismo di finanziamento forfettario alternativo, che promette di rivelarsi valido, offrirà ulteriori opportunità alle università e agli istituti di ricerca e ne garantirà la partecipazione diffusa e sostenibile a lungo termine. Le regole di partecipazione hanno quindi subito un cambiamento positivo e ciò significa grande soddisfazione e buone opportunità per i ricercatori dei nuovi Stati membri.

 
  
MPphoto
 
 

  Paul Rübig (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto congratularmi con il Commissario e con la Commissione per aver aumentato il bilancio del 63 per cento, rispetto alla cifra stanziata per il sesto programma quadro. E’ un risultato straordinario e dimostra la validità dell’agenda di Lisbona, sulla quale ci siamo concentrati. Ha ottenuto il pieno sostegno del Parlamento e del Consiglio. Abbiamo lavorato molti anni per migliorarlo; i compromessi cui siamo giunti sono fondamentali per incoraggiare la crescita e la creazione di posti di lavoro. Oggi penso già all’ottavo programma. Se questa volta siamo riusciti a ottenere un aumento del 63 per cento, mi auguro che riusciremo a ottenerne uno analogo per l’ottavo programma.

Un aspetto molto più importante, tuttavia, è che il lavoro tecnico è appena stato completato e ora comincia il lavoro reale. Nel 2009 si svolgeranno di nuovo le elezioni del Parlamento europeo e vi sarà una nuova Commissione; abbiamo ancora tempo per vendere i nostri successi. Le chiedo di riunirsi con il Commissario Wallström e il Presidente della Commissione e studiare il metodo migliore per far comprendere alle parti interessate, per le quali abbiamo formulato questo programma – nelle università, nelle fabbriche, in ogni ramo e settore – che questo programma è stato elaborato per il futuro dell’Europa e che i nuovi prodotti e servizi ci permetteranno di tener testa alla concorrenza globale.

Dal momento che spendiamo più di 50 miliardi di euro per la politica sui prodotti, chiedo che si adotti un bilancio per la commercializzazione e le pubbliche relazioni, in modo che la semplificazione ottenuta, questo compito titanico che abbiamo svolto per l’Europa, possa essere comunicata anche ai suoi cittadini.

 
  
MPphoto
 
 

  Janez Potočnik, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, a questa tarda ora, vorrei innanzi tutto ringraziare l’Assemblea, a nome di tutti i ricercatori d’Europa, per le parole di sostegno espresse durante queste tre ore di discussione.

Molti di voi hanno parlato dei finanziamenti. Purtroppo, abbiamo perso la scommessa, altrimenti il numero sette sarebbe stato davvero fortunato: sette anni, settimo programma, 70 miliardi di euro. In ogni caso, possiamo comunque essere fieri di ciò che abbiamo ottenuto, perché si tratta di un aumento significativo.

Sono certo che il programma sarà adottato domani. Potremo poi proseguire il nostro lavoro per il futuro. Innanzi tutto, sulla questione della pesca, vorrei solo aggiungere che il tema n. 2 è ora intitolato “prodotti alimentari, agricoltura, pesca e biotecnologie”. Questa è stata l’ultima modifica adottata in occasione dell’ultima discussione, quindi è stata inserita.

Vorrei richiamare la vostra attenzione su molti aspetti importanti, che fanno parte del pacchetto ottenuto. In futuro dovremo esaminare il modo in cui si evolve il Consiglio europeo della ricerca. E’ un’iniziativa importante per l’Europa. E’ un’importante innovazione: per la prima volta saremo in grado di ottenere insieme fonti a livello europeo, perseguendo l’eccellenza senza interferenze politiche, tra cui la mia. E’ un importante cambiamento di filosofia, che mi auguro sarà fonte di decisioni future legate allo spazio europeo della ricerca. Abbiamo le piattaforme tecnologiche europee che vanno ben oltre il programma quadro e hanno un potenziale di gran lunga maggiore. Parliamo di partenariati pubblico-privati in iniziative tecnologiche congiunte, che saranno un esercizio delicato ma utile in futuro. Dovremo anche seguirle da vicino. Dovremo occuparci di uno strumento di finanziamento con condivisione dei rischi, di cui avete parlato, e so perfettamente che vi aspettate procedure semplificate, e non sarà facile ottenerle. Mi sono impegnato a farlo, ma mi auguro sinceramente di poter contare sul sostegno di tutti coloro che possono contribuire in tal senso.

Purtroppo, ho imparato che a volte è semplicemente impossibile soddisfare tutte le aspettative. Se, da un lato, vi sono esigenze private che richiedono soluzioni rapide e, dall’altro, fondi pubblici, non ci si può accordare al 100 per cento. Faremo del nostro meglio e ci proveremo, ma voglio solo dire che in alcuni ambiti è semplicemente la logica del lavoro che non si adatta al 100 per cento.

Il programma quadro che stiamo presentando è un grande successo. Tuttavia, esso rappresenta solo le fondamenta su cui dobbiamo costruire. Dobbiamo spingerci oltre. Ecco perché voglio lanciare immediatamente il dibattito sullo spazio europeo della ricerca. Ho tre motivi principali. In primo luogo, tale spazio è stato lanciato lo stesso anno dell’agenda di Lisbona. Può essere una coincidenza, ma non penso che lo sia, perché lo spazio europeo della ricerca è l’elemento principale della filosofia di Lisbona.

In secondo luogo, nel 2009 affronteremo un nuovo dibattito sulle prospettive finanziarie. Sarà più di un nuovo dibattito sulle prospettive finanziarie, sarà un dibattito sulla forma che assumerà l’Europa futura. Dovremo giungere a questo dibattito con grandi potenzialità e soltanto se avremo realmente alle spalle un dibattito sullo spazio europeo della ricerca saremo abbastanza forti da dimostrare chiaramente che tutti i messaggi che ho ascoltato oggi in Aula sono quelli giusti. Anche gli altri li comprenderanno.

In terzo luogo, quando si parla di modifiche costituzionali e istituzionali, dobbiamo essere presenti al dibattito. E’ un dibattito che si aprirà presto e in questo contesto è anche importante il trattamento che lo spazio europeo della ricerca e la cooperazione europea nel settore della ricerca riceveranno in futuro. Questi sono motivi validi e sufficienti per quando affronteremo la cooperazione internazionale, il finanziamento, le infrastrutture e molte questioni riguardanti ciò che abbiamo fatto finora e i miglioramenti che potremo introdurre in futuro.

Quando parliamo del famoso 3 per cento cui tutti pensiamo, dobbiamo essere chiari sul fatto che esistono due sfide importanti. Una proviene dai paesi avanzati. Rispetto a loro siamo ancora indietro in termini di finanziamenti annuali per la scienza e la ricerca. Per quanto riguarda i paesi in via di sviluppo, il problema non è dovuto ai fondi, ma alla velocità, perché essi compiono rapidi progressi. Sono queste le due sfide cui dobbiamo rispondere. Quando parliamo del 3 per cento, dobbiamo essere chiari sul fatto che la sua composizione è duplice: finanziamenti pubblici e finanziamenti privati. Da un certo punto di vista, è più facile gestire i finanziamenti pubblici, perché possiamo prendere le decisioni direttamente. Tuttavia, non sempre è facile raggiungere cifre come quelle che avremmo voluto ottenere per il settimo programma quadro, ma vi è comunque un controllo politico diretto. Invece, quando si tratta di finanziamenti privati, che in genere, in circostanze normali, costituiscono due terzi, non abbiamo un controllo diretto. Possiamo intervenire attraverso attività dirette, chiaramente collegate, come gli aiuti di Stato, gli incentivi fiscali, i diritti di proprietà intellettuale, i regolamenti, la normalizzazione, le iniziative di mercato, gli appalti pubblici, i capitali di rischio, e così via. Tuttavia, se siamo onesti, dobbiamo tenere conto degli aspetti legati alla competitività e al mercato interno.

Riguardo all’istruzione superiore, se non compiamo rapidi progressi, questo elemento trainante, costituito dagli istituti di istruzione superiore e dalle università in Europa, finirà davvero in secondo piano rispetto a tutto il resto: i mercati del lavoro e finanziari e, infine, la coerenza tra le politiche macroeconomiche e le politiche strutturali che si devono adottare. Quando affrontiamo le nostre questioni, sono quindi questioni che riguardano tutti i governi, l’intera Commissione, l’intero Parlamento. Non possiamo risolverle da soli. Per questo motivo, dobbiamo sempre esaminare il quadro nel suo insieme ed è questo il dibattito che dovremo affrontare in futuro.

Dobbiamo fare tesoro del clima positivo che a mio parere esiste in Europa. Stiamo ora chiaramente rivolgendo l’attenzione politica alla conoscenza, alla ricerca e allo sviluppo, ma l’importante non è spostarla su questi temi, ma mantenervela. Perché? Perché solo dedicando un’attenzione strategica costante per un periodo di alcuni anni potremo realmente realizzare cambiamenti significativi in Europa.

E’ vero che è quasi mezzanotte, ma, se lavoriamo insieme, sono certo che non sia troppo tardi.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – E’ raro, signor Commissario, che a mezzanotte siano ancora presenti in Aula così tanti deputati. Dimostra l’importanza di questa discussione, durata quasi tre ore.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani, alle 11.00.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)

 
  
MPphoto
 
 

  Gábor Harangozó (PSE). (EN) Il settimo programma quadro non è solo l’ennesimo programma quadro, in quanto è stato elaborato, in termini di contenuto, struttura, metodi di attuazione e strumenti di gestione, quale contributo fondamentale al rilancio della strategia di Lisbona, ponendo l’accento sull’innovazione e sulla conoscenza a favore della crescita e dell’occupazione.

Introducendo e sostenendo idee nuove e innovative, tramite il settimo programma quadro e attraverso una più ampia cooperazione transnazionale, l’obiettivo è un reale ravvicinamento della scienza alla società. Si deve riconoscere che esiste un autentico valore aggiunto europeo nel riunire università, centri e gruppi di ricerca, industria, PMI e altri enti giuridici, affinché cooperino e partecipino a progetti di ricerca concernenti priorità definite in un unico quadro di gestione pluriennale.

Il settimo programma quadro dovrà ovviamente essere attuato in sinergia con altre politiche comunitarie, quali la politica di coesione e i Fondi strutturali che, in certa misura, sostengono anche la ricerca e lo sviluppo. L’attuazione del settimo programma quadro produrrà un vero e proprio effetto moltiplicatore sugli obiettivi di altre politiche comunitarie, quali la crescita, l’occupazione e la competitività. Si garantirà che le conoscenze, le capacità e le tecnologie innovative siano conosciute, trasferite, assimilate e utilizzate dalle imprese in tutta l’Unione.

 
  
MPphoto
 
 

  James Nicholson (PPE-DE).(EN) Credo fermamente nei risultati che può offrire la scienza tramite la ricerca sulle cellule staminali non embrionali. Dobbiamo sostenerla. Dobbiamo garantire risultati. Le terapie basate sulle cellule staminali somatiche, cioè quelle che utilizzano le cellule staminali estratte da esseri umani dopo la nascita o dal cordone ombelicale e dalla placenta, sono a un punto di svolta. Sperimentazioni avanzate su soggetti umani stanno dando risultati promettenti. Questi progressi si osservano in un’ampia serie di patologie, tra cui le malattie cardiache ed epatiche, il diabete, la cecità causata da danni alla cornea, l’osteoporosi, la fibrosi cistica, l’ictus apoplettico, il morbo di Parkinson e la sclerosi multipla.

Sono quindi convinto che sia nell’interesse dei cittadini che rappresentiamo garantire la priorità nei finanziamenti e maggiori incentivi ai ricercatori in grado di trovare, nel futuro prevedibile, cure per malattie tramite l’uso di cellule staminali adulte.

Sono inoltre convinto che si debba svolgere un esame periodico dei finanziamenti concessi per le attività di ricerca che possono o non possono dare risultati.

 
  
MPphoto
 
 

  Lydia Schenardi (NI).(FR) Il settimo programma quadro di ricerca dovrebbe essere concepito come uno strumento al servizio di una politica di ricerca integrale, semplificata e più accessibile alle PMI, che rafforzi, in particolare, i legami tra la ricerca e l’industria. E’ quasi all’altezza di tale obiettivo.

Di fatto sussistono preoccupazioni e interrogativi, soprattutto riguardo alla partecipazione delle PMI – i costi di accesso per i partecipanti e l’accesso allo strumento di finanziamento con condivisione dei rischi sollevano ancora problemi – ma anche per quanto riguarda la coerenza e la necessità di evitare confusioni con altre politiche comunitarie, la diffusione delle conoscenze, in cui la qualità e il rispetto della proprietà intellettuale sono problemi da risolvere, e il ruolo degli Stati membri nella gestione del programma. Anche la durata settennale del programma sembra poco adatta a obiettivi di ricerca che possono mutare rapidamente, a dispetto delle fasi e valutazioni previste.

Deploriamo anche il fatto che la ricerca sulle cellule staminali embrionali non sia stata vietata e che il Parlamento, così come il Consiglio e la Commissione, si accontenti in questo campo di semplici definizioni e restrizioni.

Resta comunque vero che la ricerca, se è oggetto di una politica incentrata sull’eccellenza, è uno dei rari settori in cui l’Unione europea può realmente offrire un valore aggiunto rispetto alle azioni nazionali.

 

19. Immissione sul mercato di articoli pirotecnici (discussione)
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0289/2006), presentata dall’onorevole Joel Hasse Ferreira a nome della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’immissione sul mercato di articoli pirotecnici [COM(2005)0457 – C6-0312/2005 – 2005/0194(COD)].

 
  
MPphoto
 
 

  Markos Kyprianou, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, a nome della Commissione e del mio collega, Commissario Verheugen, vorrei innanzi tutto ringraziare l’onorevole Ferreira e la Presidenza finlandese. Sono molto lieto di poter rappresentare il mio collega in merito a questo argomento, in quanto riguarda in larga misura la protezione e la sicurezza dei consumatori.

E’ chiaro che questo accordo non sarebbe stato possibile senza un forte impegno da entrambe le parti. E’ molto opportuno, poiché giunge poco prima del capodanno, che è il momento in cui negli Stati membri si fa maggior uso di fuochi d’artificio. La direttiva creerà un mercato interno e pertanto condizioni quadro migliori e uniformi per gli articoli pirotecnici, che comprendono i fuochi d’artificio, ma anche gli airbag e i pretensionatori per cinture di sicurezza.

La direttiva è attesa con urgenza soprattutto dal settore delle forniture automobilistiche e dalle organizzazioni per la protezione dei consumatori. Non ha senso che i 27 Stati membri prescrivano norme tecniche diverse per gli articoli pirotecnici, mentre in un’Europa con le frontiere aperte i loro cittadini possono facilmente acquistare fuochi d’artificio nei paesi vicini. La protezione dei consumatori risulterà pertanto nettamente migliorata, in quanto gli articoli pirotecnici venduti ai consumatori in qualsiasi parte dell’Unione europea in futuro dovranno soddisfare i requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla direttiva e saranno sottoposti a una valutazione di conformità. Inoltre, per quanto riguarda le campagne di commercializzazione dei prodotti in vari Stati membri, l’uniformità delle norme contribuirà a una sostanziale riduzione degli oneri burocratici.

La Commissione è ben consapevole che l’uso dei fuochi d’artificio rientra in tradizioni e consuetudini diverse negli Stati membri. Possiamo pertanto accogliere l’emendamento proposto dal Parlamento in base al quale alcuni fuochi d’artificio sono esclusi dal campo di applicazione della direttiva se vengono prodotti dai fabbricanti per uso personale e se tale uso è stato approvato dal rispettivo Stato membro.

Per lo stesso motivo, è stato anche necessario concedere agli Stati membri la possibilità di adottare misure nazionali riguardo ad alcune categorie di articoli pirotecnici. Questo vale in particolare per i fuochi d’artificio delle categorie 2 e 3, che possono presentare rischi un po’ più elevati. Pertanto l’uso di botti e di botti illuminanti da parte del pubblico in futuro rimarrà vietato in molti Stati membri. Ne consegue che tali fuochi d’artificio saranno completamente esclusi dalla categoria 1, per la quale gli Stati membri non possono stabilire ulteriori restrizioni. Questa esclusione è specificata nei requisiti essenziali di sicurezza e sarà ripresa in un mandato che la Commissione affiderà al Comitato europeo di normalizzazione dopo l’adozione della direttiva. La Commissione lo ha confermato in una dichiarazione formulata durante i negoziati con il Consiglio e il Parlamento.

Sono anche lieto che sia stato raggiunto un accordo con il Consiglio riguardo all’etichettatura degli articoli pirotecnici, in cui è stata trovata una soluzione equilibrata tra l’esigenza di elevati requisiti di sicurezza, da un lato, e la necessità di evitare requisiti complessi e onerosi per i fabbricanti, dall’altro.

In conclusione, vorrei sottolineare che, ancora una volta, il processo negoziale ha beneficiato notevolmente della stretta collaborazione instaurata tra Parlamento, Consiglio e Commissione. La Commissione può pertanto accogliere tutti gli emendamenti di compromesso e sono convinto che sia possibile ottenere l’adozione della direttiva in questione in prima lettura.

 
  
MPphoto
 
 

  Joel Hasse Ferreira (PSE), relatore. – (PT) Signor Presidente, onorevoli colleghi, il mercato degli articoli pirotecnici nel complesso comprende molto più del semplice segmento dei fuochi d’artificio. La maggior parte del mercato corrisponde ai dispositivi di sicurezza per autoveicoli, quali airbag e cinture di sicurezza. I fuochi d’artificio rappresentano il 20 per cento del mercato, anche se hanno dato origine alla maggior parte degli emendamenti proposti alla relazione da me presentata. Nella direttiva è stato anche incluso l’equipaggiamento marittimo che non rientra nell’ambito di alcuna convenzione internazionale. E’ stata inoltre creata una categoria di articoli pirotecnici per uso teatrale, e sono stati esclusi gli articoli pirotecnici destinati ad essere utilizzati negli aeromobili o nei veicoli spaziali, tenuto conto di tutti i sistemi di controllo già esistenti. Il valore di mercato degli articoli pirotecnici utilizzati nel settore automobilistico è pari a circa 5,5 miliardi di euro, mentre quello dei fuochi d’artificio è di circa 1,4 miliardi di euro.

Onorevoli colleghi, con l’approvazione di questa direttiva contribuiremo in misura significativa alla libera circolazione dei prodotti pirotecnici nell’Unione europea, oltre a garantire anche una maggiore sicurezza per i consumatori e gli utilizzatori professionali. L’armonizzazione delle norme di sicurezza tra gli Stati membri nei vari segmenti del mercato inclusi nella direttiva comporterà un aumento della fiducia dei consumatori e della libera circolazione dei prodotti. E’ stata in ogni caso mantenuta la possibilità di disporre di norme diverse a livello nazionale, in particolare in relazione all’età minima per l’utilizzo di alcune categorie di fuochi d’artificio.

Abbiamo anche tenuto conto delle situazioni specifiche di Malta e di alcune regioni dell’Italia per quanto riguarda l’uso di fuochi d’artificio da parte di coloro che li fabbricano in occasione di determinate manifestazioni religiose e culturali. Visto il volume di prodotti pirotecnici importati in Europa, soprattutto dalla Cina, abbiamo anche deciso di attribuire chiare responsabilità agli importatori e ai distributori di articoli pirotecnici, e ciò riveste particolare importanza nel caso dei fuochi d’artificio. Abbiamo anche riservato estrema attenzione alla questione dell’etichettatura e agli aspetti della rumorosità. Nel settore automobilistico siamo stati attenti a tener conto della dimensione internazionale del settore europeo dei componenti automobilistici. I termini per il recepimento della direttiva sono stati prorogati per concedere più tempo per l’eventuale definizione o aggiornamento di norme armonizzate adeguate.

Signor Presidente, va anche sottolineato l’accordo raggiunto in seno al Consiglio europeo, nonostante le difficoltà tecniche sollevate dal testo originario della proposta di direttiva, e nonostante le considerevoli differenze culturali esistenti tra vari Stati membri, in particolare riguardo alla vendita e all’uso dei fuochi d’artificio.

Prima di concludere, onorevoli colleghi, è giusto che ringrazi il signor Oivukkamäki per il ruolo svolto in questo processo a nome della Presidenza finlandese, e il signor Maik Schmahl, che ha rappresentato la Commissione in questo processo. Non dobbiamo inoltre dimenticare il lavoro svolto e il seguito dato dall’onorevole Weisgerber, a nome del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, dall’onorevole Fourtou, a nome del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, dall’onorevole Rühle, a nome del gruppo Verde/Alleanza libera europea, e dall’onorevole Brie, a nome del gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica. In qualità di presidente, l’onorevole McCarthy ha svolto un ruolo decisivo in tutto il processo, soprattutto nella fase del trilogo. Non vanno inoltre dimenticati l’onorevole Ortuondo Larrea, relatore per parere della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, e l’onorevole Muscat, per l’interessamento dimostrato nel corso di tutto il processo.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, in questo contesto vi chiedo di votare a favore della serie di compromessi negoziati con i vari gruppi parlamentari, con il Consiglio e la Commissione, in modo da poter approvare questa direttiva in prima lettura e pertanto garantire una migliore protezione dei consumatori e rafforzare la competitività dei settori economici interessati dalla direttiva in questione.

 
  
MPphoto
 
 

  Anja Weisgerber, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei iniziare esprimendo la mia profonda gratitudine al relatore per la sua costruttiva collaborazione. Abbiamo ottenuto un grande successo, in quanto la direttiva relativa all’immissione sul mercato di articoli pirotecnici potrà essere adottata domani in prima lettura, e in effetti abbiamo già raggiunto un accordo con il Consiglio.

La direttiva riunisce le 25 diverse disposizioni legislative che disciplinano gli esplosivi nell’Unione europea, con la conseguenza che abbiamo eliminato un altro po’ di burocrazia. Grazie a questa direttiva riusciremo a compiere un ulteriore considerevole passo avanti verso la realizzazione del mercato interno per il commercio di fuochi d’artificio, airbag e altri prodotti pirotecnici. Non sarà più necessario fabbricare prodotti specifici per ciascuno Stato membro, e ciò renderà possibile ottenere enormi risparmi sui costi. Il settore ora può contare su requisiti uniformi in tutta Europa. Ho chiesto in particolare una procedura semplificata per coloro che fanno un uso professionale dei fuochi d’artificio.

Lo scopo della procedura semplificata è che i fabbricanti o gli importatori di fuochi d’artificio per uso professionale possano applicare propri sistemi di garanzia della qualità. I fabbricanti e gli importatori continueranno tuttavia a essere sottoposti a controlli regolari da parte delle autorità competenti. In questo modo, abbiamo attribuito maggiori responsabilità al riguardo alle imprese, evitando quindi un eccesso di burocrazia. Siamo riusciti a introdurre disposizioni specifiche per il settore dell’ingegneria automobilistica, che comprende gli airbag e i pretensionatori per cinture di sicurezza. In questo settore, in particolare, sono necessarie elevate norme di sicurezza alle quali non si devono sovrapporre requisiti relativi all’etichettatura degli airbag, che sono comunque installati a bordo dei veicoli.

A trarre vantaggio dalla nuova direttiva saranno in particolare i consumatori, e vorrei sottolineare questo punto, in quanto si offrono loro livelli di sicurezza più elevati. Si sono verificati alcuni incidenti molto gravi con i fuochi d’artificio dovuti alla diversità dei requisiti di sicurezza degli Stati membri. Si sta introducendo una procedura secondo la quale i requisiti di sicurezza saranno altrettanto elevati in ciascuno Stato membro. Domani, grazie alla votazione sulla direttiva relativa ai fuochi d’artificio, realizzeremo il mercato interno in questo settore, offrendo al contempo livelli di sicurezza più elevati ai consumatori.

 
  
MPphoto
 
 

  Anne Laperrouze, a nome del gruppo ALDE. – (FR) Signor Presidente, intervengo a nome dell’onorevole Fourtou, che si è occupata dell’argomento per il nostro gruppo, ma che non ha potuto essere presente a causa di altri impegni. L’onorevole Fourtou desidera esprimere un particolare ringraziamento all’onorevole Hasse Ferreira per il suo lavoro e agli onorevoli colleghi degli altri gruppi politici. E’ stata lieta di aver potuto lavorare in un’atmosfera in cui tutti erano disposti ad ascoltare e a operare in completa trasparenza. Ha preso parte ai vari triloghi e sostiene totalmente l’impostazione del relatore.

Si rammarica tuttavia che un emendamento del Consiglio elimini l’obbligo per gli Stati membri di elaborare tabelle di concordanza. Infatti, dalla conclusione dell’accordo interistituzionale nel 2003, le tre Istituzioni si sono impegnate a migliorare la legislazione e hanno riconosciuto l’importanza di queste tabelle. A quanto pare il Consiglio non intende più onorare tale impegno. In ogni caso, l’onorevole Fourtou ringrazia il relatore e la Presidenza finlandese e fa presente che entrambi hanno cercato di difendere le tabelle di concordanza. Non volendo bloccare la procedura, ha persuaso il nostro gruppo a votare a favore degli emendamenti di compromesso e della relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Malcolm Harbour (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, in qualità di coordinatore del mio gruppo in seno alla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, volevo in modo particolare essere qui presente questa sera per rendere omaggio al gruppo che si è occupato della questione, all’onorevole Hasse Ferreira, che si è distinto alla sua guida, e soprattutto alla mia collega, onorevole Weisgerber, che ha lavorato incessantemente insieme all’onorevole Hasse Ferreira su questa proposta.

Dal punto di vista del mercato interno, si tratta di un ottimo esempio del modo in cui il Parlamento può migliorare in misura significativa un testo altamente tecnico. Quello in questione può sembrare un settore astruso e forse molto marginale, ma, come entrambi i relatori hanno sottolineato questa sera, si tratta di un’intera gamma di prodotti il cui valore è quantificabile in 5,5 miliardi di euro per i prodotti pirotecnici per veicoli e in 1,5 miliardi di euro per i fuochi d’artificio. Si tratta di un mercato molto rilevante e i risultati ottenuti sono stati estremamente importanti, primo fra tutti la creazione del mercato interno, poi il miglioramento delle norme per i consumatori e l’etichettatura dei prodotti, che accrescono il livello di qualità complessivo nel mercato, e, infine, il miglioramento delle procedure. E’ un’indicazione del fatto che, se il Parlamento agisce compatto e lavora in maniera approfondita per definire una serie di miglioramenti tecnici, si può davvero compiere un considerevole passo avanti, sia per i consumatori che per l’economia europea. Ringrazio tutti i colleghi interessati per aver reso possibile questo traguardo.

 
  
MPphoto
 
 

  Markos Kyprianou, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, vorrei solo ringraziare ancora una volta il relatore e i deputati per l’ottimo lavoro svolto, e dire che auspichiamo di giungere a un accordo in prima lettura.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà oggi – essendo ormai passata la mezzanotte –, alle 11.00.

Dichiarazione scritta (articolo 142 del Regolamento)

 
  
MPphoto
 
 

  Joseph Muscat (PSE).(MT) Attraverso la direttiva relativa agli articoli pirotecnici, miglioriamo la salute e la sicurezza dei cittadini e di coloro che sono impegnati in questo tipo di attività.

Attraverso questa direttiva, modificata dalla relazione in esame, si aumenterà la sicurezza, soprattutto per quanto riguarda il mercato dei prodotti pirotecnici venduti in negozi al dettaglio e usati direttamente dai consumatori in tutta Europa.

Nel contempo, gli emendamenti approvati all’unanimità in seno alla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori riconoscono che esiste un mercato dei fuochi d’artificio che non vengono venduti direttamente ai consumatori, ma che sono fabbricati per essere usati in attività soggette ad autorizzazione coperte da assicurazione, tra le quali sono comprese le feste tradizionali che si svolgono soprattutto nei paesi del Mediterraneo, fra cui Malta.

Gli emendamenti approvati non riguardano le disposizioni relative alla sicurezza, ma chiedono semplicemente che in questi casi si eviti un eccesso di burocrazia. Le procedure originarie non avrebbero modificato il modo in cui si svolge l’attività, ma avrebbero comportato un aumento dei costi, che, nel caso di Malta, sarebbero stati sostenuti dagli organismi volontari che organizzano tali feste.

Gli emendamenti sono stati definiti e concordati con le autorità responsabili, fra cui l’ente di normalizzazione maltese.

Vorrei inoltre chiarire che, per quanto riguarda l’accensione dei fuochi d’artificio, le disposizioni che disciplinano le distanze e i tempi sono stabilite da ciascun paese e non sono mai state incluse in questa direttiva.

 

20. Diritti dei pazienti nell’Unione europea (discussione)
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione sui diritti dei pazienti nell’Unione europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Markos Kyprianou, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, la questione di servizi sanitari di elevata qualità riveste grande importanza per tutti i cittadini europei. Quello all’assistenza sanitaria è anche un diritto fondamentale riconosciuto dalla Carta dell’UE.

I servizi sanitari hanno tuttavia un carattere principalmente nazionale. Esiste comunque un ampio consenso sul chiaro valore aggiunto che può derivare dalla collaborazione nel campo dei servizi sanitari a livello europeo. Insieme agli Stati membri, la Commissione ha effettuato una mappatura dei principi e degli elementi comuni dell’assistenza sanitaria nell’Unione europea, riservando particolare attenzione ai diritti dei pazienti.

In base ai risultati preliminari, esistono in effetti elementi comuni dei diritti dei pazienti condivisi dai sistemi sanitari dell’UE, fra cui la fornitura di servizi sanitari tempestivi e adeguati, la sufficiente informazione dei pazienti riguardo alle varie possibilità di trattamento, il rispetto della riservatezza dei dati sanitari e il risarcimento per i danni dovuti a negligenza nelle cure. Tuttavia, i meccanismi esistenti negli Stati membri per applicare questi principi sono nella pratica molto diversi, e possono consistere, ad esempio, in leggi sui diritti dei pazienti, carte dei pazienti non vincolanti, obblighi giuridici per i professionisti della sanità, difensori civici per i pazienti, e così via. Inoltre, tali meccanismi non tengono conto in misura sufficiente della situazione dei pazienti che si recano in altri Stati membri o provengono da altri Stati membri. Si tratta di un settore particolare in cui l’intervento comunitario nel campo dei servizi sanitari potrebbe contribuire a migliorare la situazione.

Come il Parlamento sa, di recente abbiamo avviato una consultazione pubblica sull’azione comunitaria nel campo dei servizi sanitari. La consultazione pubblica riguarda esplicitamente questioni direttamente legate ai diritti dei pazienti. A seconda dell’esito della consultazione, le questioni relative ai diritti dei pazienti potrebbero essere affrontate nel 2007 mediante proposte di azione comunitaria, ovviamente nel rispetto della sussidiarietà. Il fatto che si tratti di una proposta legislativa o che assuma la forma di una carta dei diritti dei pazienti dipenderà, come ho detto, dai risultati della consultazione. Attendo con ansia di ascoltare le opinioni dei deputati nella discussione odierna.

 
  
MPphoto
 
 

  John Bowis, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, il Commissario non avrà molto tempo per ascoltarci, tuttavia, molto brevemente, vi sono tre diritti: il diritto alle cure, il diritto a un trattamento efficace e umano e il diritto a essere coinvolti nelle decisioni che riguardano la propria cura. Attendo di vedere le proposte del Commissario che saranno presentate molto presto, in particolare per quanto riguarda la salute mentale.

In merito al diritto a una cura e a un’assistenza sicure, il fatto che nel 10 per cento dei casi di ricovero ospedaliero si verifichino errori medici, il fatto che negli ospedali siano presenti batteri come l’MRSA e il Clostridium difficile, il fatto che si registrino troppe lesioni da punture di ago, sono tutti aspetti legati alla sicurezza dei pazienti: si tratta di un diritto che deve essere loro garantito.

Riguardo al diritto a una mobilità dei pazienti sicura, il Commissario ha detto che intende presentare proposte in materia che, da parte nostra, attendiamo di ricevere. Tra i diritti che vi saranno inclusi, sono sicuro che sarà compreso il diritto a esigere che professionisti e strutture sanitari, ospedali e cliniche in cui i cittadini possono recarsi vengano sottoposti a controlli adeguati.

 
  
MPphoto
 
 

  Anne Ferreira, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, sempre più spesso la Corte di giustizia viene chiamata a decidere su aspetti che riguardano i diritti dei pazienti che vengono curati in Stati membri diversi dal proprio, e la giurisprudenza che ne deriva potrebbe prendere il posto delle decisioni democratiche che le nostre istituzioni dovrebbero adottare in materia. Per questo motivo, accolgo con favore l’iniziativa del Commissario. Temo tuttavia che i diritti che verranno riconosciuti grazie alle proposte che vorrà presentarci potrebbero non diventare effettivi nella pratica per mancanza di quadri adeguati negli Stati membri.

Vorrei pertanto rivolgerle alcune domande. Come intende attuare nella pratica il diritto universale all’assistenza sanitaria cui ha fatto riferimento e la parità di accesso nell’Unione europea, tenuto conto dei ben noti enormi divari esistenti tra i livelli sanitari e tra le strutture sanitarie dei singoli Stati membri? Di recente abbiamo esaminato la situazione relativa al tumore al seno e purtroppo siamo giunti alla conclusione collettiva che le raccomandazioni formulate dall’Unione europea sulla prevenzione erano state disattese in alcuni Stati membri, a scapito dei pazienti interessati. Per quanto riguarda l’obesità, lei stesso ha detto alcuni giorni fa che, qualora l’autoregolamentazione non funzioni, l’Unione europea intraprenderebbe un’azione legislativa. Vi sono anche proposte dei membri di questa Assemblea sulla questione della salute mentale e sulla possibilità di definire una normativa al riguardo.

Non ritiene che l’Unione europea oggi dovrebbe assumere un ruolo di primo piano per quanto riguarda le questioni sanitarie? Deve dare prova di maggiore ambizione e, soprattutto, aumentare il livello di qualità generale dei sistemi sanitari, senza trascurare, com’è ovvio, le questioni parallele, poiché si sa quali sono gli effetti negativi che condizioni di vita inadeguate possono avere sulla salute.

 
  
MPphoto
 
 

  Marios Matsakis, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, siamo davvero soddisfatti che questo importante dibattito si svolga subito dopo la presentazione di un’interrogazione sui diritti dei pazienti da parte di vari membri del gruppo ALDE, che in realtà è stata promossa dalla dottoressa Parvanova, una collega bulgara con status di osservatore. Siamo anche molto grati al Commissario Kyprianou per il sincero interesse e la preoccupazione di cui ha dato prova occupandosi con rapidità ed efficacia della questione dei diritti dei pazienti nell’UE.

In merito alla dichiarazione della Commissione oggetto di questo dibattito, siamo del parere che dovrebbe riguardare aspetti quali la necessità di riconoscere che a livello di UE si deve discutere di livelli sanitari comparabili e di una serie comune di diritti dei pazienti al fine di poter usufruire del valore aggiunto del mercato interno in campo sanitario e di mettere i pazienti in condizione di conoscere ed esercitare appieno i loro diritti.

Inoltre, abbiamo sempre ritenuto che, nelle discussioni sui diritti dei pazienti in Europa, la Commissione debba tenere conto del lavoro svolto in precedenza dalle organizzazioni della società civile riguardo all’elaborazione della Carta europea dei diritti dei pazienti.

 
  
MPphoto
 
 

  Irena Belohorská (NI).(SK) Vorrei ringraziarla per averci dato l’opportunità di discutere questo argomento. Nell’Unione europea la stessa nozione di “diritti dei pazienti” è puramente teorica, in quanto questo settore è caratterizzato da un alto grado di incertezza giuridica. Per quanto riguarda la fornitura transfrontaliera di assistenza sanitaria, i diritti dei pazienti sono stati definiti esclusivamente dalle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, e ciò solo a partire dal 1998, quando la CGE emise una sentenza nella causa Kohll e Decker. Non possiamo aspettarci che i cittadini siano a conoscenza del fatto che il 16 maggio 2006 la Corte di giustizia ha pronunciato una sentenza nella causa di Yvonne Watts, affermando con estrema chiarezza che, qualora i tempi di attesa siano troppo lunghi e la vita del paziente sia a rischio, il paziente ha il diritto di farsi curare all’estero e di ottenere il rimborso delle spese nel paese d’origine. Il cittadino medio è spesso all’oscuro di tali sentenze. Occorre definire una legislazione che sia vincolante per gli Stati membri e che consenta di fornire ai pazienti tutte le informazioni necessarie per trovare uno specialista all’estero, nonché indicazioni riguardanti le procedure di rimborso delle spese sanitarie. Possiamo trarre qualche motivo di speranza dalla direttiva relativa ai servizi sanitari cui si fa riferimento nella comunicazione della Commissione, anche se è ancora prematuro dire quando questa direttiva potrà essere adottata. Vorrei sottolineare che fino al 31 gennaio 2007 i cittadini possono presentare osservazioni sulla comunicazione che ho menzionato. Al contempo, la qualità dell’assistenza sanitaria e la disponibilità di tecniche e teorie aggiornate variano tra gli Stati membri. Dobbiamo offrire ai pazienti l’opportunità di scegliere dove vogliono farsi curare, in quando liste di attesa troppo lunghe possono tenere le persone in attesa finché muoiono.

 
  
MPphoto
 
 

  Jorgo Chatzimarkakis (ALDE).(DE) Signor Presidente, vorrei ringraziare il Commissario per questo dibattito e l’onorevole Parvanova, senza la cui interrogazione questo dibattito non sarebbe stato possibile.

Signor Commissario, lei ha avviato un processo di consultazione pubblica sulle questioni relative alla mobilità dei pazienti. E’ il modo perfetto per fare chiarezza su domande come le seguenti: quali sono le lacune legislative in un mercato interno dei servizi sanitari che in realtà non è affatto un autentico mercato interno? Quale forma potrebbero assumere norme comuni sui diritti dei pazienti in Europa? Quale accesso hanno i pazienti alle informazioni, e non solo alle informazioni riguardanti i loro diritti, ma anche a quelle relative alle cure? Attualmente le informazioni di questo tipo in Europa sono limitate, come tutti sappiamo, e ciò rappresenta un ostacolo fondamentale per la salute. Quali soluzioni offrirebbe il turismo sanitario se correttamente attuato, e quali opportunità di aiuto e produttività comporterebbe per l’Unione europea?

Dobbiamo considerare l’Europa uno spazio sanitario unico. Dovrebbe essere questa la nostra visione. Forse il processo di consultazione pubblica potrebbe essere un primo passo nella giusta direzione.

 
  
MPphoto
 
 

  Markos Kyprianou, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare il Parlamento per questo dibattito. Abbiamo l’opportunità di scambiare opinioni in varie occasioni, e questo è un argomento molto importante.

Sarò in grado di fornire risposte più specifiche dopo la fine del processo di consultazione che, come ho già avuto modo di dire, è in corso di svolgimento. Tutte le questioni menzionate dall’onorevole Bowis e da altri deputati, quali il diritto alle cure, la sicurezza e la mobilità dei pazienti, vengono tuttavia affrontate non soltanto nell’ambito del processo di consultazione, ma anche nel quadro di varie iniziative. Come sapete, vi sono, ad esempio, iniziative in materia di sicurezza dei pazienti o relative alle disuguaglianze.

Parte del dibattito nell’ambito del processo di consultazione sarà anche dedicata alla questione della qualità e delle norme e dell’introduzione o meno nell’Unione europea di norme uniformi in materia di assistenza sanitaria. Sono alcune delle questioni di cui discuteremo. Tutto questo è anche legato al grave problema delle disuguaglianze esistenti in materia di sanità non solo tra gli Stati membri, ma anche al loro interno. In una certa misura, la mobilità dei pazienti può far fronte ad alcuni di questi problemi, ma non ne rappresenta sempre la soluzione. L’obiettivo dovrebbe essere quello di aumentare per quanto possibile il livello di qualità negli Stati membri. Qualunque sia l’argomento in discussione, dobbiamo sempre tenere presente che i pazienti preferiscono essere curati nel proprio paese dove ci sono i loro familiari e amici e dove si parla la loro lingua.

Per quanto riguarda gli strumenti, credo che ci avvarremo di tutti quelli possibili e disponibili. Siamo di fronte a un problema complesso che richiederà una strategia globale, e verrà adottato un pacchetto di misure, alcune delle quali saranno di carattere legislativo, poiché, quando si tratta di creare e offrire certezza giuridica è necessario ricorrere alla legislazione.

Come ho detto, è una questione complessa e di ampia portata che richiederà una strategia graduale, ma sono abbastanza ottimista da sperare che potremo presentare la prima proposta entro la fine del prossimo anno. Sarà solo il primo passo, cui ne seguiranno altri.

Infine, un aspetto importante di questo processo sarà la creazione di pazienti informati e in grado di esercitare i propri diritti – informati sulle cure, sui farmaci, sulle possibilità di assistenza sanitaria transfrontaliera e sulle modalità di scelta di un medico. Sono tutti aspetti importanti, perché, senza una sufficiente informazione, tutti gli altri diritti non potranno essere esercitati e non saranno di alcun beneficio per i pazienti. Anche questo fa parte delle nostre iniziative e del nostro impegno.

Come ho detto, il processo di consultazione è in corso di svolgimento. Oggi si è tenuta la prima discussione ministeriale specificamente dedicata all’argomento in questione. Continueremo il processo di consultazione fino alla fine di gennaio e successivamente potremo discuterne in modo più approfondito anche con il Parlamento. Attendo di ricevere i vostri pareri al riguardo nel processo di consultazione. Ritengo che questo sia solo l’inizio del dibattito e spero di poter approfondire l’argomento il prossimo anno.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – La discussione è chiusa.

Dichiarazione scritta (articolo 142 del Regolamento)

 
  
MPphoto
 
 

  Jules Maaten (ALDE).(NL) Quando si tratta di diritti dei pazienti in Europa, il Parlamento europeo deve cercare di mantenere, e di rafforzare, il suo ruolo di primo piano. Restano comunque ancora da compiere molti progressi per quanto riguarda l’informazione dei pazienti. I cittadini europei hanno diritto a essere informati in maniera più adeguata; dopo tutto, il diritto all’informazione per i pazienti è sancito dalla Carta europea dei diritti dei pazienti ospedalieri.

I pazienti devono essere meglio informati riguardo ai possibili farmaci e ad altre cure. Perché i medici devono avere il monopolio di questo tipo di informazioni? I liberali vogliono che vengano fornite maggiori informazioni ai consumatori, se così posso definirli, e negli ultimi anni si sono verificati importanti sviluppi sul fronte farmaceutico.

L’atteggiamento dei pazienti ha subito un cambiamento radicale. Un numero sempre maggiore di pazienti ritiene di avere diritto a ricevere più informazioni, e un numero sempre maggiore di loro cerca attivamente di ottenere informazioni sul trattamento della loro malattia. I pazienti vogliono assumersi parte della responsabilità della propria cura. In molti casi, cercano di contattare altri pazienti affetti dalla stessa malattia per scambiarsi informazioni. Quando i cittadini sono pienamente informati, probabilmente compiono scelte diverse, come hanno tutto il diritto di fare.

 

21. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale

22. Chiusura della seduta
  

(La seduta termina alle 24.25)

 
Note legali - Informativa sulla privacy