Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il presente accordo sulla pesca tra la Comunità europea e la Repubblica del Capo Verde stabilisce le possibilità di pesca per le flotte comunitarie per il periodo 2006-2011. E’ un accordo importante per il settore della pesca del tonno e concede le relative licenze per i sette pescherecci con palangari di superficie portoghesi.
Pertanto abbiamo votato a favore della relazione.
Tuttavia quest’accordo, come altri accordi con paesi terzi in materia di pesca, solleva anche questioni importanti in merito alla praticabilità economica delle flotte per la pesca d’altura e alle reali possibilità di pesca concesse nel loro campo, dal momento che il carattere commerciale di questi accordi cambia continuamente e la dimensione relativa al partenariato e allo sviluppo è stata rafforzata.
Si è registrato immediatamente un aumento dei costi dell’accordo, nel quadro delle minori possibilità di pesca, dovuto anche alla diminuzione del numero di licenze concesse. D’altra parte, i costi per gli armatori sono saliti da 25 a 35 euro per tonnellata di tonno pescato con le tonniere e con i palangari. Queste condizioni hanno accentuato le difficoltà incontrate nell’uso di queste licenze da parte degli armatori nel rifornire l’industria a livello nazionale e nel crescente deficit con l’estero relativamente ai prodotti della pesca.
Bairbre de Brún (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Oggi ho votato a favore della relazione dell’onorevole Ingo Friedrich perché contiene elementi positivi come la procedura di monitoraggio e di relazionamento volta a riesaminare ogni sei mesi ciò che è stato fatto per garantire l’estensione a tutte le lingue ufficiali e di lavoro del multilinguismo nell’attività parlamentare.
Deploro tuttavia i ritardi e le restrizioni che riguarderanno le possibilità previste per l’irlandese in avvenire. Tale disappunto non deriva dalla posizione dell’onorevole Friedrich, bensì dal fatto che il governo irlandese e le Istituzioni comunitarie non hanno svolto il lavoro preparatorio necessario.
Continuerò a esercitare pressioni affinché vengano rimosse le restrizioni a ciò che si può fare per mezzo della lingua irlandese.
Bruno Gollnisch (NI). – (FR) Signor Presidente, la relazione Gál propone di istituire un’Agenzia europea per i diritti fondamentali. Temo che i diritti fondamentali degli europei siano scarsamente rappresentati, anche nei cosiddetti tribunali superiori. Intendo parlare dei tribunali penali internazionali e, in particolare, di quello istituito per l’ex Jugoslavia.
Mentre parlo, un leader serbo molto importante, Vojislav Seselj, presidente del partito radicale serbo, uno dei partiti più importanti di quel paese, che si è consegnato spontaneamente a detto tribunale, è in stato di detenzione da quattro anni. Non ha accesso nella sua lingua a tutti i documenti relativi ai reati che gli sono stati imputati. E’ professore di diritto e rifiuta di essere difeso da un avvocato d’ufficio. Gli è inoltre negato il diritto di difendersi da solo. Penso che in questo caso abbiamo a che fare con una gravissima violazione dei diritti fondamentali e volevo attirare l’attenzione della nostra Assemblea su questo caso particolare, che è di estrema gravità.
Bruno Gollnisch (NI). – (FR) Signor Presidente, come ho appena detto, c’è da temere che questi tribunali, che vengono presentati a torto come perfetti garanti dei diritti umani in Europa, servano al contrario solo a violarli. Per via dei loro abusi, si perpetuano contrasti enormi fra i popoli, ritardando così la data della loro necessaria riconciliazione. Ciò è particolarmente vero nel caso del tribunale penale per l’ex Jugoslavia ed è per questo motivo che ricorderemo il caso del signor Seselj tutte le volte che, in quest’Aula, sarà sollevata la questione dei diritti dell’uomo.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Sta diventando sempre più chiaro che il vero motivo sotteso alla creazione dell’Agenzia per i diritti fondamentali è la volontà di aumentare l’ingerenza da parte dell’Unione nei confronti di paesi terzi.
Da qui la proposta, appena approvata, di rendere la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione uno dei campi d’azione della nuova Agenzia, che spianerà la strada all’impiego dei diritti umani come strumento di pressione e intromissione negli affari interni di altri paesi, e all’uso di strumenti finanziari fondato sui criteri e sugli interessi dell’Unione.
Ciò che è importante per l’Unione, caratterizzata com’è dal doppiopesismo nel suo approccio ai diritti umani, sono gli “alleati” e i “nemici”; in altre parole, i suoi interessi di dominio e di sfruttamento e le sue ambizioni imperialiste cambiano a seconda della situazione, e la Palestina rappresenta un macroscopico esempio di tale atteggiamento.
Pertanto abbiamo rifiutato queste proposte, coerentemente con la nostra azione a favore delle grandi cause della libertà, dei diritti e delle garanzie fondamentali dei cittadini, del progresso sociale, della pace e della solidarietà fra tutti i popoli.
Bairbre de Brún (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Il Sinn Féin appoggia l’armonizzazione verso l’alto degli standard sui diritti umani in Europa e conseguentemente sostiene il principio dell’istituzione di un’Agenzia per i diritti fondamentali. Per questo motivo abbiamo appoggiato le relazioni delle onorevoli Gál e Kósáné Kovács.
Siamo tuttavia preoccupati dalla possibile duplicazione dei ruoli, dal momento che in queste tematiche il ruolo del Consiglio d’Europa è consolidato. Nemmeno il trasferimento di potere dal Consiglio d’Europa al livello comunitario ci fa stare totalmente tranquilli. Considerato che l’Agenzia andrà a sovrapporsi al già esistente Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia, il lavoro dell’Agenzia dovrebbe sempre riguardare i casi di razzismo.
Un’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali dovrebbe lottare contro le discriminazioni in modo sistematico anziché occuparsene caso per caso, come fa il Consiglio d’Europa.
Timothy Kirkhope (PPE-DE), per iscritto. – (EN) I colleghi del partito conservatore britannico ed io sosteniamo energicamente il principio della difesa e dello sviluppo dei diritti umani. Tuttavia, se l’esperienza del suo predecessore, l’Osservatorio europeo, è un esempio da seguire, l’Agenzia non contribuirà alla realizzazione di questi lodevoli obiettivi, dal momento che in passato ha dimostrato di essere suscettibile di manipolazione politica. Più seriamente, l’Agenzia s’ispira alla Carta dei diritti fondamentali, che non ha uno status giuridico in attesa dell’entrata in vigore della Costituzione europea proposta, cui siamo assolutamente contrari per principio.
Inoltre non possiamo sostenere la creazione di questa nuova Agenzia perché siamo contrari all’istituzione di nuove agenzie quando non sussistano motivi per istituirle. I contribuenti dell’Unione hanno il diritto di aspettarsi che i parlamentari abbiano una visione chiara dei costi che comporta l’istituzione di nuove agenzie europee. Non crediamo che a un fatto importante come questo sia stata riservata l’attenzione che merita.
Eija-Riitta Korhola (PPE-DE). – (FI) Signor Presidente, presento questa dichiarazione di voto non solo a titolo personale, ma anche a nome della collega, onorevole Piia-Noora Kauppi. Devo dire che, per quanto riguarda il voto sulla relazione dell’onorevole Van Orden, sono insoddisfatta per due motivi.
In primo luogo, devo protestare perché l’onorevole Harms ha fornito a tutti informazioni errate sugli emendamenti che abbiamo presentato, proprio nel bel mezzo del voto. Non ha alcun senso dell’onore? E’ stato un comportamento fuori dalle regole.
Secondariamente, devo far presente che lei non ha dato la possibilità di correggere quelle informazioni sbagliate, nonostante le sia stato chiesto di farlo. Poiché l’esito del voto è stato di stretta misura, sono tentata di pensare che, senza questa disinformazione, le cose sarebbero potute andare diversamente.
Io stessa ho già affermato in quest’aula che non stiamo chiedendo di abrogare il trattato, ma di emendarlo alla luce degli ultimi ragguagli in modo da poter essere flessibili in merito alla data di chiusura. Ci può essere soltanto una compensazione parziale per la chiusura, prevista per le centrali a lignite, la fonte di energia più inquinante possibile. Di conseguenza, l’aiuto richiesto nell’emendamento presentato dal gruppo Verde/Alleanza libera europea servirebbe a passare da una tecnologia più pulita a una più inquinante. Ancora una volta le misure proposte dai Verdi tendono ad accelerare i cambiamenti climatici, non a limitarli.
Christine De Veyrac (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Benché io sia favorevole in linea di principio all’adesione della Bulgaria all’UE, mi sono astenuta dal voto sulla relazione. In conformità delle norme attuali, l’Unione sta incontrando grossi problemi nel prendere decisioni e raggiungere accordi; date le circostanze, è prematuro fare sedere nuovi partecipanti attorno al tavolo. Le nostre Istituzioni comuni devono subire riforme e occorre trovare nuove fonti di finanziamento prima di potere andare avanti in modo adeguato con l’integrazione di nuovi Stati membri nell’Unione. A questo punto è necessaria una pausa nel processo di allargamento. In ogni caso, se l’adesione della Bulgaria fosse confermata per il 1° gennaio, spero che possano essere attivate alcune clausole di salvaguardia, non ultima quella che riguarda la libera circolazione delle persone.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Non appoggerò la relazione. Sono dell’idea che la Bulgaria deve poter aderire all’Unione, ma non credo che, in questo momento, sia davvero pronta per entrare a far parte dell’UE né ritengo che l’Unione sia pronta a riceverla. L’atteggiamento delle autorità bulgare nei confronti dei diritti delle minoranze e delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo non fa che peggiorare la situazione.
Mi rendo conto che a questo punto c’è poco da fare, ma purtroppo credo che la mia posizione sarà giustificata dagli avvenimenti futuri. Questo, tuttavia, non è un voto contro la libera circolazione dei cittadini comunitari. Quando, il 1° gennaio, entreranno a far parte dell’Unione, dovranno avere gli stessi diritti di tutti gli altri.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Anticipando l’adesione della Bulgaria, prevista per il 1° gennaio del 2007, la maggioranza del Parlamento ha approvato una relazione che, per l’ennesima volta, elenca gli obblighi che la Bulgaria dovrà rispettare; relazione che critica, si congratula, esorta e ha la spudoratezza di chiedere addirittura che questo paese faccia quello che altri Stati membri non fanno.
Ancora una volta la maggioranza del Parlamento rispolvera la solita solfa neoliberista, tornando a porre l’accento sulle privatizzazioni, sugli appalti, sui contratti pubblici – favorendo così lo sviluppo del settore privato – e su leggi sul lavoro maggiormente flessibili.
Per quanto riguarda la politica estera, si congratula ancora una volta con la Bulgaria per la sua azione in qualità di membro della NATO e per il suo accordo con gli Stati Uniti sull’utilizzo delle strutture militari “come una prova tangibile dell’implicazione del paese nell’alleanza transatlantica”. In altre parole, gettata la maschera, ecco qual è il volto dell’Unione europea e del suo allargamento.
Kartika Tamara Liotard ed Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. – (NL) L’anno scorso stavamo ancora lavorando illudendoci che l’adesione della Bulgaria all’Unione non sarebbe stata affatto problematica, a differenza di quella della Romania, che era destinata a causare o aggravare grossi problemi, ragion per cui tale adesione avrebbe dovuto essere rinviata al 2008. Il Parlamento ha sostenuto il diritto di potere codecidere sul rinvio per la Romania, ma non è riuscito a fare altrettanto per la Bulgaria. Nel frattempo i problemi della Bulgaria non sembrano meno rilevanti. Col beneficio del senno di poi, l’anno scorso il Parlamento avrebbe dovuto sostenere anche il diritto di rinviare l’adesione bulgara.
Benché all’inizio fosse tutt’altro che ovvia la possibilità per i nuovi arrivati di essere ammessi il 1° gennaio 2007, le resistenze si sono rapidamente e sorprendentemente dissolte negli ultimi mesi. L’ambizione di completare l’agognato allargamento dopo la caduta della Cortina di Ferro prevale sulle obiezioni di carattere pratico. Oggi una maggioranza del Parlamento ha deciso che la Bulgaria può aderire all’Unione fra 32 giorni. Sebbene nessuno ne sia entusiasta, prevale ora l’idea che il rinvio di un altro anno non risolva nulla. Crediamo che chi si è espresso favorevolmente stia sottovalutando quanto l’allargamento si rivelerà negativo per gli Stati membri i cui abitanti ne subiranno gli inconvenienti e quanto ciò potrà rivelarsi sfavorevole per successive ammissioni.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione Van Orden. Mi fa piacere che il Parlamento abbia resistito ai tentativi di mitigare l’impegno della Bulgaria di chiudere le unità 3 e 4 della centrale nucleare di Kozloduy. Questo è chiaramente parte integrante degli impegni previsti dal trattato di adesione.
Thomas Ulmer (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Il fatto che io respinga la relazione sulla Bulgaria non sta assolutamente a indicare che io non riconosca l’appartenenza di questo paese alla Comunità europea o che non mi rallegri per l’imminente arrivo di nuovi membri di quest’Assemblea.
Significa invece che la relazione è, a mio avviso, gravemente lacunosa per come tratta la questione dell’energia nucleare o per la scarsa convinzione con cui chiede alla Commissione di esaminare accuratamente le clausole di salvaguardia e, se necessario, di applicarle al momento opportuno.
Michl Ebner (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo molto brevemente per dire che ho votato a favore della relazione Moscovici, perché sono dell’opinione che la Romania debba entrare a pieno titolo nell’Unione europea, avendo compiuto passi da gigante nella direzione giusta.
Mi auguro che per, quanto riguarda la questione delle minoranze, in Romania vi siano la stessa apertura e la stessa disponibilità che si ritrovano, ad esempio, in Italia, dove si è riconosciuto che le minoranze rappresentano un valore aggiunto e che, trasferendo loro delle competenze, offrendo loro delle possibilità e lasciandole vivere dal punto di vista culturale, ma anche per quanto riguarda le amministrazioni, le minoranze creano di fatto un valore aggiunto per la maggioranza. In questo senso, confido nella buona volontà del governo rumeno e delle minoranze, il cui numero è alquanto coesistente in Romania.
Árpád Duka-Zólyomi (PPE-DE). – (SK) Nonostante il livello di maturità della Romania presenti molte lacune, ho votato a favore della relazione adottata perché è sia critica che intransigente. Vorrei sottolineare che, oltre ai punti più frequentemente discussi, non dobbiamo dimenticarci delle questioni dei diritti umani e dei diritti delle minoranze. Pertanto condivido le disposizioni che indicano, benché molto genericamente, l’esigenza della sussidiarietà e l’autodeterminazione culturale come minimo, col finanziamento di sistemi didattici interamente in lingua madre per i cittadini di etnia magiara. Penso che i criteri di Copenaghen che stabiliscono i diritti delle minoranze etniche non siano stati attuati coerentemente, come evidenzia lo scandalo dell’Università Babeş-Bolyai di Cluj, dove tre docenti hanno perso il posto lunedì solo per avere chiesto che i nomi degli edifici universitari fossero indicati in più lingue. Questo è un pessimo segnale, tanto più che la Romania assumerà la responsabilità per il multilinguismo comunitario in seno alla Commissione. In seguito all’adesione della Romania, i problemi di questo paese costituiranno un onere supplementare per la sicurezza esterna e interna dell’UE. L’iniziativa della Commissione di istituire il monitoraggio e la valutazione sistematica con la possibilità di avvalersi delle clausole di salvaguardia costituisce una decisione molto sensata.
Christine De Veyrac (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Benché io sia favorevole in linea di principio all’adesione della Romania all’UE, mi sono astenuta dal voto sulla relazione. Ritengo che, nel contesto attuale, in cui le Istituzioni non sono state riformate, l’Europa, nel perseguire l’allargamento, stia seriamente perdendo in efficienza. Occorre anche una riforma delle finanze comunitarie e bisogna trovare nuove fonti di finanziamento prima di integrare paesi che, allo stato attuale, non saranno contribuenti netti del bilancio, bensì debitori. A questo punto è necessaria una moratoria per il processo di allargamento. In ogni caso, se l’adesione della Romania fosse confermata per il 1° gennaio, spero che possano essere attivate alcune clausole di salvaguardia, non ultima quella che riguarda la libera circolazione delle persone.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Stiamo andando troppo in là e troppo in fretta! Non appoggerò la relazione. Sono dell’idea che la Romania deve poter aderire all’Unione, ma non credo che, in questo momento, sia davvero pronta per entrare a far parte dell’UE né ritengo che l’Unione sia pronta a riceverla. L’atteggiamento della Romania nei confronti delle adozioni internazionali ha in parte peggiorato la situazione.
Mi rendo conto che a questo punto c’è poco da fare, ma purtroppo credo che la mia posizione sarà giustificata dagli avvenimenti futuri. Questo, tuttavia, non è un voto contro la libera circolazione dei cittadini comunitari. Quando, il 1° gennaio, entreranno a far parte dell’Unione, dovranno avere gli stessi diritti di tutti gli altri.
Kartika Tamara Liotard ed Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. – (NL) Ieri il nostro gruppo non ha preso la parola per discutere un’altra volta sull’allargamento perché l’esito è scontato. Oggi una maggioranza del Parlamento ha deciso che la Romania potrà aderire all’Unione fra 32 giorni. E’ evidente che il rinvio, per via del quale la Romania non ha potuto aderire all’Unione il 1° maggio 2004 con gli altri dieci Stati, non è sufficiente a far sì che questo paese tenga fede alle attese originarie. Benché nessuno ne sia entusiasta, ora prevale l’idea che rinviare l’adesione di un altro anno non risolva nulla.
Crediamo che chi si è espresso favorevolmente stia sottovalutando quanto l’allargamento si rivelerà negativo per gli Stati membri i cui abitanti ne subiranno gli inconvenienti e quanto ciò potrà rivelarsi sfavorevole per successive ammissioni. L’opinione pubblica sta associando sempre più quest’allargamento con i salari bassi dei lavoratori immigrati e la cattiva accoglienza nei loro confronti o con la delinquenza, la corruzione, l’inquinamento dell’ambiente, la discriminazione contro i rom, i movimenti fascisti, l’incertezza giuridica, l’accattonaggio infantile e gli scandali finanziari. Questo diverrà un argomento contro le candidature di Croazia e Macedonia, e il fatto che questi paesi causeranno probabilmente meno problemi di Romania e Bulgaria non conterà nulla. Il 15 dicembre 2004 abbiamo votato a favore dell’ammissione futura di Romania e Bulgaria, ma oggi siamo giunti alla conclusione che l’ammissione nel 2007 non è giustificata.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione sull’adesione della Romania. Penso che le autorità romene debbano fare di più per mettere ordine nel sistema delle adozioni internazionali di bambini romeni, ma questo non è un problema che dovrebbe rimandare l’adesione.
Charles Tannock (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Benché i conservatori britannici sostengano, in tutta l’Unione, i diritti culturali e linguistici delle minoranze etniche, comprese quelle ungheresi, temiamo che il ricorso al principio della sussidiarietà e dell’autodeterminazione per la minoranza ungherese in Romania potrebbe costituire un precedente per costringere gli Stati membri ad abdicare ai propri ordinamenti costituzionali unitari. La sussidiarietà contemplata dall’articolo 3B del Trattato sull’Unione europea rimane la base giuridica per ritrasferire i poteri dall’Unione agli Stati membri ogniqualvolta ciò sia possibile. Resta un diritto sovrano di ciascuno Stato membro decidere come delegare al proprio interno i poteri, compresa l’autodeterminazione, in base all’etnia, alla religione, alla lingua o al territorio.
Lars Wohlin (PPE-DE), per iscritto. – (SV) Ho scelto di votare contro la relazione perché non si può dire che la Romania, in particolare, soddisfi i criteri di Copenaghen. I suoi problemi relativamente alla corruzione sono da considerare particolarmente gravi, dal momento che rischiano di minare la certezza del diritto e, in ultima analisi, il sistema democratico.
Sarebbe stato invece sensato rinviare l’adesione almeno al 2008 per garantire che le riforme continuassero e raggiungessero un livello accettabile. Una volta ottenuta l’adesione, non solo i paesi interessati saranno meno incentivati a portare a termine le riforme, ma l’Unione avrà meno possibilità di esercitare pressione.
Luciana Sbarbati (ALDE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per esprimere la mia soddisfazione per il successo delle relazioni su Romania e Bulgaria, in particolare per la relazione Moscovici. Debbo dire che, pur compiacendomi per la relazione e per i progressi compiuti dalla Romania rispetto al Protocollo di adesione, sono profondamente insoddisfatta, come tanti altri deputati in questo Parlamento, per la questione della moratoria in cui sono incappati circa 1200 bambini relativamente alle adozioni internazionali.
La Romania aveva assicurato di rivedere questi casi, cosa che invece non ha fatto e non l’ha fatto compiutamente. Siamo ancora in una situazione per cui questi bambini, che hanno conosciuto le loro famiglie, si ritrovano nuovamente negli orfanotrofi: è inaccettabile che ci sia questo tipo di resistenza, perché, come è stato detto più volte in quest’Aula, a questi bambini si deve dare una risposta certamente non violando il loro diritto fondamentale, che è quello di avere una famiglia. Alle famiglie avevano fatto riferimento e a quelle famiglie dovrebbero ritornare.
Chiediamo una maggiore sensibilità al governo rumeno, ancorché gli emendamenti Gibault e di altri non sono stati avvalorati dal Parlamento, e chiediamo tale sensibilità con un atto di disponibilità verso i bambini, almeno alla vigilia di questo Natale.
Hubert Pirker (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, se è stata raggiunta una maggioranza a sostegno dell’emendamento n. 2 alla relazione Van Orden il motivo è che la delegazione del partito popolare austriaco ha votato a favore; conseguentemente si è dovuta chiarire e assicurare l’osservanza dell’articolo 30 del protocollo relativo alle condizioni e alle disposizioni per l’ammissione di Romania e Bulgaria all’Unione, il che significa che il Trattato ha trovato compimento e, di conseguenza, i reattori 3 e 4 della centrale nucleare di Kozloduy devono chiudere. Dal momento che questo assicurerà la disattivazione di Kozloduy, la delegazione del partito popolare austriaco ha votato a favore della relazione nella sua totalità e quindi a favore dell’adesione della Bulgaria.
Daniel Caspary (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Sono fermamente convinto che la Bulgaria e la Romania siano parte dell’Europa e come tali debbano diventare membri dell’Unione a tutti gli effetti. Tuttavia ritengo che il prossimo capodanno sia un termine di tempo prematuro per questo avvenimento, in quanto i fatti indicano che entrambi i paesi presentano ancora lacune per quanto riguarda il soddisfacimento e il rispetto dei requisiti comunitari.
Considerando i numerosi e documentati casi di ritardo dei due paesi nel soddisfacimento dei criteri di adesione, in particolare riguardo alla lotta alla corruzione e all’esistenza di un efficiente sistema giudiziario, ritengo insostenibile che le clausole di salvaguardia previste per gli ambiti dell’economia, del mercato interno, della giustizia e degli affari interni non vengano automaticamente invocate con effetto dal 1° gennaio 2007.
Per tali motivi oggi non ho potuto votare a favore di queste relazioni.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La Lista di giugno ha fatto presente in svariate occasioni che è senz’altro molto importante che l’Unione si allarghi, ma questo deve accadere solo allorché i paesi candidati siano pronti all’adesione, ovvero una volta che ne abbiano soddisfatto tutti i criteri. Purtroppo abbiamo visto che i recenti sviluppi si sono rivelati poco felici, con negoziati intrapresi senza che i paesi candidati fossero ragionevolmente prossimi a soddisfare le condizioni per aderire.
Sia la Bulgaria che la Romania stanno lottando con grandi problemi, soprattutto per quanto riguarda la certezza del diritto e la corruzione. Accettarli come Stati membri in questo frangente sarebbe quindi in contrasto coi principi dell’Unione. Bisognava chiedere a questi paesi di compiere progressi ben maggiori prima di offrire loro l’adesione, un processo che avrebbe richiesto un buon numero di anni.
La Lista di giugno ritiene tuttavia che, quando un paese è divenuto effettivamente uno Stato membro dell’Unione, le stesse norme vadano applicate a questo come agli altri Stati membri e ai loro cittadini. L’Unione deve avere un mercato del lavoro comune con libertà di circolazione per i lavoratori. Secondo i trattati di adesione, i singoli Stati membri hanno però la facoltà di introdurre norme transitorie in questo settore per un periodo limitato e questa facoltà va rispettata. Nondimeno, non crediamo che la Svezia debba avvalersi di questo diritto.
Dal momento che non pensiamo che la Bulgaria e la Romania siano pronte a diventare Stati membri già nel 2007, abbiamo votato contro le due relazioni.
Mathieu Grosch (PPE-DE), per iscritto. – (DE) La politica di allargamento dell’Unione è stata ed è uno strumento importante per la stabilizzazione dell’Europa centrale e orientale e dei Balcani. E’ stato ed è l’incentivo a diventare Stati membri che ha reso e rende tuttora possibile convincere questi paesi a includere nelle loro costituzioni e a mettere effettivamente in pratica i principi basilari della democrazia, dello Stato di diritto e dell’economia di mercato.
E’ della massima importanza che le promesse premature e il rispetto delle date fissate per l’adesione diminuiscano la pressione riformatrice esercitata dall’Unione sui paesi candidati. Resto dell’idea che l’adesione della Romania e della Bulgaria si stia attuando troppo presto. Così si creano precedenti, perché in entrambi i casi non risulta soddisfatto il rispetto dei requisiti fondamentali per l’adesione, compresi quelli che era necessario soddisfare, e non solo sulla carta, già prima che cominciasse qualunque negoziato.
Perciò è della massima importanza che tutte le Istituzioni mantengano effettivamente la loro pressione su Bulgaria e Romania e che la realizzazione delle riforme ancora necessarie venga seguita con estrema attenzione.
Richard Howitt (PSE), per iscritto. – (EN) Il partito laburista al Parlamento europeo sostiene la risoluzione e intende ribadire i complementi e il benvenuto, sia alla Bulgaria che alla Romania, in anticipo rispetto all’adesione prevista per il 1° gennaio 2007, sottolineando al contempo l’importanza di tenere fede agli impegni assunti nel trattato di adesione. Tra questi figura la chiusura degli impianti 3 e 4 della centrale nucleare di Kozloduy entro la fine del 2006. Il partito laburista al Parlamento europeo vorrebbe inoltre evidenziare che l’Unione si basa su chiari principi dei diritti umani e pertanto è fondamentale che tutti gli Stati membri e i paesi candidati all’adesione rispettino i diritti delle minoranze e le decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Margrietus van den Berg (PSE), per iscritto. – (NL) Ho votato contro l’adesione di Romania e Bulgaria. La corruzione e lo Stato di diritto sono tali che i criteri non sono stati soddisfatti.
Il problema riguardava la possibilità di rinviare di un anno l’adesione di uno o di entrambi i paesi. Ancora una volta non abbiamo colto l’occasione di rimandarla, benché obiettivamente, secondo la relazione della Commissione, ci fossero tutte le ragioni per farlo. Ecco perché anche oggi voterò contro le relazioni Moscovici e Van Orden.
Gli elettori chiedono in continuazione di applicare rigorosamente i criteri e, benché ciò sia stato promesso non so quante volte, la promessa non è stata mantenuta. Personalmente, dunque – benché sia favorevole all’adesione di Romania e Bulgaria a tempo debito –, oggi voterò contro.
Hiltrud Breyer (Verts/ALE). – (DE) Signor Presidente, trovo molto deludente che oggi il Parlamento non sia riuscito a mandare un messaggio da cui si evinca chiaramente che l’Europa è un’unione fondata sui valori e che non è accettabile che la vita umana sotto forma di embrione venga generata, sfruttata e soppressa. Spero tuttavia che la dichiarazione della Commissione avrà un certo impatto.
Ritengo davvero vergognoso che già oggi tale dichiarazione possa oggi venir messa in dubbio o che sia oggetto di un’interpretazione tale da far nascere effettivamente la domanda: perché, se ciò che ha detto l’onorevole Busquin è vero, la Commissione ha emesso comunque la dichiarazione? Eppure l’ha fatto e molti Stati membri hanno anche preso posizione in merito per escludere categoricamente la possibilità che venga richiesto, direttamente o indirettamente, a Stati membri come, per esempio, la Repubblica federale tedesca, di cofinanziare una ricerca che, in Germania, è assolutamente illegale. Non era altro che questo lo scopo della dichiarazione. Spero che ciò venga ribadito con grande chiarezza anche in occasione della prossima riunione del Consiglio, perché non è ammissibile che sia l’Europa a dovere spianare la strada alla commercializzazione della vita umana.
Pertanto credo che oggi, lungi dall’essere una giornata nera, sia un giorno in cui dobbiamo fare presente ancora una volta che la dichiarazione della Commissione può essere interpretata in maniera esclusivamente univoca: non solo l’uso, ma anche la raccolta di embrioni – e soprattutto la loro distruzione, che va di pari passo con la raccolta – non dev’essere sovvenzionata con fondi comunitari.
Proinsias De Rossa (PSE), per iscritto. – (EN) Sono favorevole all’adozione della relazione Buzek, che consentirà all’accordo di compromesso sulla posizione comune tra il Parlamento, il Consiglio e la Commissione di mettere a punto e attuare il settimo programma quadro, malgrado il mio rammarico per la riduzione della dotazione finanziaria assegnata alla ricerca e allo sviluppo tecnologico.
In particolare sono favorevole all’accordo di compromesso raggiunto sulla delicata questione della ricerca sulle cellule staminali, sia adulte che embrionali. Pertanto voterò contro gli emendamenti, come il n. 49 presentato dall’onorevole Kathy Sinnott e altri, che mettono a repentaglio la ricerca sulle cellule staminali.
Di questo compromesso sulla posizione comune condivido specialmente i riferimenti che identificano le scienze e le tecnologie marine come una priorità scientifica trasversale. Spero che questi riferimenti permetteranno al Marine Institute, la cui sede centrale è a Oranmore, nella Contea di Galway, di rappresentare anche in seguito una piattaforma di livello mondiale per lo sviluppo delle scienze marine in Irlanda e consentire all’Irlanda stessa di svolgere un ruolo più significativo a livello internazionale.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Una delle questioni riguardanti il settimo programma quadro della Comunità europea di attività comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013) che inevitabilmente saltano fuori è costituita dal suo finanziamento o, in questo caso, dal suo esiguo finanziamento, che è la conseguenza dell’insoddisfacente accordo sulle prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013. Ciò è indicativo della mancanza di coerenza tra quelli che sono proclamati come obiettivi chiave dell’Unione e le risorse messe a disposizione per conseguirli. Questo è un problema ricorrente, sia nell’Unione che in Portogallo.
Tuttavia, nel corso dei negoziati tra Consiglio e Parlamento, sono emersi alcuni aspetti positivi, tra i quali vorrei sottolineare l’aumento degli stanziamenti per le piccole e medie imprese e la prevenzione degli infortuni sul lavoro, che sono stati appena dibattuti e sottoposti a votazione finale.
Purtroppo, però, non sono state approvate alcune proposte presentate dal nostro gruppo, come quelle relative al software libero.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Appoggio questa relazione, per cui voterò a favore. Il futuro dell’Europa è l’alta tecnologia, un campo nel quale possiamo competere col resto del mondo ed essere i migliori al mondo. Avrei preferito che fossero previste ancora più risorse e un insieme di programmi più vicini al mercato, ma almeno l’Unione si sta muovendo nella giusta direzione.
Sostengo, con le dovute salvaguardie, l’utilizzo delle cellule staminali embrionali umane nella ricerca e l’impiego delle risorse del settimo programma quadro a favore di questa ricerca.
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’Unione ha definito la questione degli oceani una delle nuove priorità strategiche per la sua agenda politica. Più che essere una moda, la conservazione del mare e delle attività marittime connesse si pone oggi come un prerequisito fondamentale per la prosperità di un’Europa sempre più globalizzata.
L’Europa dovrà puntare in futuro sullo sviluppo di nuove tecnologie legate al mare ed essere pioniera in nuovi campi. Il settore della pesca dovrà svolgere un ruolo importante nel prossimo quadro comunitario e figurare tra le priorità della ricerca, alla luce sia della sua debolezza attuale sia del fatto che la conservazione degli oceani è una priorità strategica dell’Unione.
La soluzione di compromesso raggiunta per includere la pesca tra le questioni principali del settimo programma quadro costituisce un passo importante verso la conservazione degli ecosistemi marini e la difesa del settore alieutico comunitario.
Alla luce dell’importanza complessiva che riveste per la ricerca in Europa e del fatto che per la prima volta è stata attribuita la debita importanza al settore della ricerca legata alla pesca, ho votato a favore di questo documento.
Peter Liese (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Approviamo l’adozione del settimo programma quadro. D’altra parte, sottolineiamo che il compromesso raggiunto sul finanziamento della ricerca che utilizza embrioni umani e cellule staminali embrionali umane non riflette la posizione del gruppo PPE-DE stabilita antecedentemente alla prima lettura di giugno. In una votazione svoltasi dopo molti dibattiti, una larga maggioranza del gruppo ha approvato l’emendamento n. 319 dell’onorevole Niebler e di altri, che hanno cercato di fissare una scadenza. Deploriamo che il Parlamento non abbia appoggiato quest’emendamento, soprattutto perché sarebbero bastati soltanto 19 voti in più per ottenere la maggioranza necessaria. Il PPE-DE accetta che, in conformità del Regolamento del Parlamento, l’emendamento n. 319 non può essere presentato per la seconda lettura. Ciò non cambia la posizione del gruppo PPE-DE sulla questione.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Sono lieto che la commissione per l’industria sia riuscita a raggiungere un accordo col Consiglio e con la Commissione per far sì che il programma quadro venga adottato entro la fine dell’anno. Spero che la realtà del settimo programma si riveli migliore di quella del sesto. Dai miei contatti con gli utenti e i potenziali fruitori dei fondi destinati alla ricerca comunitaria sono indotto a pensare che molti, forse la maggioranza, trovino che gli oneri amministrativi legati all’impiego di tali fondi siano indisponenti, scomodi e spesso sproporzionati ai benefici che comporta il fatto di ottenere il finanziamento.
Paul Rübig (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Approviamo l’adozione del settimo programma quadro. D’altra parte, sottolineiamo che il compromesso raggiunto sul finanziamento della ricerca che utilizza embrioni umani e cellule staminali embrionali umane non riflette la posizione del gruppo PPE-DE stabilita antecedentemente alla prima lettura di giugno. In una votazione svoltasi dopo molti dibattiti, una larga maggioranza del gruppo ha approvato l’emendamento n. 319 dell’onorevole Niebler e di altri, che hanno cercato di fissare una scadenza. Deploriamo che il Parlamento non abbia appoggiato quest’emendamento, soprattutto perché sarebbero bastati soltanto 19 voti in più per ottenere la maggioranza necessaria. Il PPE-DE accetta che, in conformità del Regolamento del Parlamento, l’emendamento n. 319 non può essere presentato per la seconda lettura. Ciò non cambia la posizione del gruppo PPE-DE sulla questione.
Approviamo la dichiarazione della Commissione sull’articolo 6 e chiediamo a quest’ultima e al comitato di regolamentazione di considerare che quasi il 50 per cento del Parlamento ha votato a favore di un approccio più limitato in questo delicato settore. Pertanto chiediamo alla Commissione e al comitato di regolamentazione di approvare un approccio prudente quando nell’attuazione del settimo programma quadro e della procedura prevista nella dichiarazione della Commissione.
Brigitte Douay (PSE), per iscritto. – (FR) Oggi ho votato a favore della relazione Busquin sulle regole per la partecipazione al settimo programma quadro di ricerca e sviluppo. La relazione s’iscrive nella politica comunitaria di promozione della ricerca e va ad integrare il settimo programma quadro di ricerca e sviluppo relativamente al periodo 2003-2013, su cui mi sono espressa analogamente a favore.
Le modifiche apportate dalla relazione alle regole di partecipazione permetteranno di semplificare e migliorare il funzionamento e l’attuazione del prossimo programma quadro, in particolare per le piccole e medie imprese (PMI), favorendo di conseguenza la loro partecipazione ai programmi europei in materia di ricerca.
La relazione, infatti, dedica un’attenzione particolare alle PMI, chiedendo più flessibilità, nonché regole e controlli adeguati alle specificità di queste imprese. Sono lieto che il finanziamento dell’Unione a beneficio delle PMI sia destinato ad aumentare e che la relazione faccia riferimento a scadenze più ragionevoli per i pagamenti.
Josu Ortuondo Larrea (ALDE). – (ES) Signor Presidente, vorrei fare riferimento alla direttiva riguardante l’immissione sul mercato di articoli pirotecnici. Devo dire innanzi tutto che ho votato a favore perché, nell’insieme, abbiamo davvero migliorato gli aspetti della sicurezza, gli aspetti ambientali, gli aspetti che hanno a che vedere con la salute delle persone e anche quelli relativi agli interessi delle imprese europee.
Credo però che abbiamo perso una buona occasione per operare una netta distinzione tra i fuochi d’artificio utilizzati nei festeggiamenti o negli spettacoli pubblici, nei teatri, nel cinema, eccetera, e le capsule a percussione che vengono usate nei giocattoli, negli airbag delle auto e anche nelle cinture di sicurezza. Penso che, sotto quest’aspetto, il nostro testo dia adito a una certa confusione. Spero che sia possibile migliorarlo in futuro. Per il momento, il mio voto è favorevole, benché io non consideri il testo del tutto soddisfacente.
Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Abbiamo bisogno di norme chiare per il mercato degli articoli pirotecnici e pertanto ho appoggiato la relazione dell’onorevole Joel Hasse Ferreira. Grazie al contributo del Parlamento, gli utilizzatori professionali hanno ora accesso a procedure agevolate e a denominazioni di prodotto come quelle per gli airbag e le cinture di sicurezza a bordo delle autovetture che fanno uso di tecnologie pirotecniche. Questo passo contribuirà a incrementare la competitività dell’industria automobilistica europea. Una singola direttiva comunitaria, con requisiti di sicurezza armonizzati, rimpiazzerà a questo punto 25 procedure nazionali di autorizzazione che operano in parallelo, eliminando in tal modo il complesso quadro giuridico attuale, che manca di trasparenza e costituisce un pesante onere amministrativo per le imprese. Sono convinto che abbiamo compiuto un apprezzabile passo avanti verso la libera circolazione degli articoli pirotecnici, tutelando in particolare la salute umana e la sicurezza pubblica.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Il mercato dei fuochi d’artificio è caratterizzato da problemi relativi alla qualità dei prodotti importati, alla sicurezza del loro utilizzo, del loro immagazzinamento e alle loro condizioni di fabbricazione. Ho votato a favore della relazione e approvo le iniziative volte a migliorare la sicurezza dei fuochi d’artificio e del loro utilizzo. Troppe persone (in particolare i giovani) sono vittime di ustioni e deturpazioni a causa di articoli pirotecnici difettosi o di un loro utilizzo errato.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Non condividiamo il punto di vista del relatore, secondo cui è bene creare un sistema europeo di statistiche sulla protezione sociale a livello comunitario. Gli Stati membri sono in grado di cooperare nello svolgimento di compiti significativi come questo senza l’ingerenza delle Istituzioni comunitarie.
Jens-Peter Bonde (IND/DEM), per iscritto. – (DA) Per protesta nei confronti del Trattato EURATOM, voterò contro tutte le relazioni sulla revisione dei programmi quadro per la ricerca e lo sviluppo nell’ambito del nucleare.
Il 50° anniversario del Trattato EURATOM dovrebbe costituire invece un’opportunità per effettuare una revisione volta a garantire che solo i paesi che intendono parteciparvi siano contemplati dall’articolo 43 del Trattato di Nizza sulla cooperazione rafforzata. In tal modo si può garantire che quegli Stati membri che, come la Danimarca, non hanno né intendono acquisire energia nucleare non siano più obbligati a contribuire a finanziarla.
Il Movimento di giugno ritiene che sia un errore investire sia nell’energia nucleare che nell’energia da fusione. Questo perché il potenziale mondiale di energia solare ed eolica è tanto grande che, anche se ne sfruttassimo solo il 10 per cento, fornirebbe un quantitativo di energia 30 volte superiore a quello che verrà consumato a livello globale nel 2010. La politica energetica deve pertanto riguardare esclusivamente la realizzazione di un piano per sfruttare questo potenziale mediante un ulteriore sviluppo e ampliamento della tecnologia già esistente, includendo turbine eoliche, fotogeneratori ed energia del moto ondoso – e, infine, l’idrogeno – per la produzione e l’immagazzinamento di energia.
Lambert van Nistelrooij (PPE-DE), per iscritto. – (NL) Non si vota solo sui programmi quadro per la ricerca scientifica, ma anche sui programmi specifici e, anche se in realtà si voterà sul compromesso tra Parlamento e Consiglio per il programma quadro, anche i programmi specifici saranno soggetti alla votazione in blocco. Fanno eccezione i programmi specifici “Idee”, “Cooperazione” e “Capacità”, per i quali, nonostante l’ulteriore modifica apportata alla ricerca sulle cellule staminali, il parere adottato dall’Assemblea nel 2006 e su cui si è raggiunto il seguente compromesso rimane immutato:
“alcuni settori di ricerca, quali le attività finalizzate alla clonazione umana a fini riproduttivi o volte a modificare il patrimonio genetico degli esseri umani, non saranno ammissibili al finanziamento comunitario. Inoltre, la Commissione ha confermato che continuerà a seguire la prassi attuale e non sottoporrà al comitato di regolamentazione proposte di progetti comprendenti attività di ricerca che comportano la distruzione di embrioni umani, anche per quanto riguarda l’approvvigionamento di cellule staminali. L’esclusione dal finanziamento di questa fase della ricerca non osterà al finanziamento comunitario delle fasi successive che implicano l’uso di cellule staminali embrionali umane”.
Per tale motivo, il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei ha votato a favore degli emendamenti ai programmi “Idee” e “Capacità”. Per quanto riguarda il programma “Cooperazione”, invece, il relatore ombra ha suggerito una votazione libera, che accettiamo di buon grado.
Jan Andersson, Anna Hedh, Ewa Hedkvist Petersen, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. – (SV) Avremmo votato contro gli emendamenti nn. 11, 20 e 21 se non fossero stati inclusi nella votazione in blocco. Tuttavia, poiché il documento dell’onorevole Guidoni attribuisce grande importanza alla protezione e alla sicurezza, abbiamo votato a favore della relazione nel suo complesso.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Voterò contro questa relazione soprattutto perché ritengo che il sistema ITER sia un esempio di quella “scienza ad alta tecnologia” che spreca soldi che sarebbero meglio spesi per altri progetti di ricerca e sviluppo, molto più utili alla competitività e all’autosufficienza energetica dell’Unione europea di questo enorme e inutile progetto. Per oltre mezzo secolo la fusione doveva consegnarci al “futuro”, ma quel giorno non è mai arrivato.
Spazio di libertà, sicurezza e giustizia (B6-0625/2006)
Lydia Schenardi (NI). – (FR) Signor Presidente, dopo avere aperto le porte all’immigrazione incontrollata abolendo i controlli alle frontiere dell’UE con gli accordi di Schengen e avere comunitarizzato interi ambiti della legislazione in materia di asilo con il Trattato di Amsterdam, oggi ci viene proposto di delegare ancora più competenze all’Unione, abbandonando le decisioni all’unanimità in Consiglio nelle questioni di cooperazione giudiziaria e di polizia.
Ovviamente, i nostri eurocrati non imparano mai. Dopo essersi allarmati per l’arrivo improvviso sulle coste italiane e spagnole di decine di migliaia di immigrati clandestini, che approfittano dell’assenza di controlli alle frontiere per entrare nel territorio europeo, e dopo avere amaramente costatato l’impotenza dell’Europa nel gestire la situazione, ecco che l’onorevole Cavada, riprendendo il discorso del signor Sarkozy, ci propone di ridurre ulteriormente il potere decisionale degli Stati membri sulla gestione dei flussi migratori, eliminando la regola dell’unanimità in Consiglio con l’attivazione della clausola passerella.
Non sarà un’Europa di tipo federale a ridurre la criminalità transfrontaliera, al contrario: le nazioni europee devono prendere esempio dalla Svizzera, riprendere in mano il proprio destino ed essere in grado di proteggersi con efficacia dall’invasione migratoria.
Michael Cashman (PSE), per iscritto. – (EN) La delegazione del partito laburista al Parlamento europeo ha votato a favore della relazione Cavada e della risoluzione parlamentare sui progressi compiuti dall’UE nella creazione di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia (articoli 2 e 39 del trattato UE), perché appoggiamo qualsiasi azione volta a migliorare la trasparenza e l’efficacia delle Istituzioni europee e la loro capacità di servire i cittadini nel settore della giustizia e degli affari interni. Pur approvando la richiesta del Parlamento di lanciare un ampio dibattito su come migliorare la nostra efficacia in tal senso, sia a livello concreto che procedurale, riconosciamo e rispettiamo il fatto che, per gli Stati membri, è importante raggiungere un accordo in Consiglio sul modo migliore di procedere. Prima di prendere qualsiasi decisione, è indispensabile valutare molto attentamente qualsiasi decisione procedurale possa avere conseguenze su questioni di sovranità nazionale. A questo dibattito dovrebbero partecipare i parlamenti nazionali e il Parlamento europeo, ma anche gli Stati membri in Consiglio e la Commissione.
Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. – (SV) Ci rammarichiamo che la Costituzione non sia potuta entrare in vigore e che, pertanto, non sia prevista una procedura di codecisione nel settore della giustizia e degli affari interni, di così grande portata e importanza.
Tuttavia, nutriamo seri subbi sulla possibilità di risolvere la situazione attuale con l’ausilio dello strumento passerella e, pertanto, abbiamo scelto di astenerci dal voto finale sulla risoluzione sui progressi compiuti dall’UE nella creazione di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia (B6-0625/2006).
Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) E’ compito del Parlamento europeo valutare annualmente i progressi realizzati dall’Unione europea nella creazione di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia.
Sono totalmente favorevole all’idea che il progetto europeo non si debba limitare ai settori economici e che, oltre all’Europa degli scambi commerciali, dei capitali e dei servizi, occorra costruire un’Europa dei cittadini.
Bisogna riconoscere che sono stati fatti notevoli progressi e molti passi avanti. Tuttavia, dobbiamo anche riconoscere che il ritmo e la portata delle misure devono meglio corrispondere alle necessità universalmente riconosciute in questo settore.
Uno dei motivi della mancanza di progressi più sostanziali è di ordine istituzionale; mantenere molte decisioni nell’ambito del terzo pilastro e il requisito dell’unanimità rendono più complicata l’adozione delle misure necessarie.
Sottolineo inoltre quella che mi sembra essere la novità principale dell’anno: la base giuridica per la seconda generazione del sistema d’informazione di Schengen. Sarebbe auspicabile che SIS II fosse operativo il prima possibile, e credo che la Commissione debba comunicare al Parlamento eventuali ritardi che si dovessero verificare e i relativi motivi.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Pur condannando il fatto che l’inaccettabile fornitura di dati di carattere personale agli Stati Uniti da parte dell’UE mini i diritti fondamentali e le garanzie dei cittadini, la presente risoluzione evidenzia l’ossessione federalista che predomina nella maggioranza del Parlamento.
Da qui le numerose proposte di trasferire la giustizia e gli affari interni dal controllo sovrano degli Stati membri e delle loro istituzioni a quello sopranazionale dell’UE. Esempi ne sono le proposte di “trasferire nel quadro comunitario le disposizioni relative alla cooperazione di polizia (compreso Europol) e giudiziaria in materia penale (compreso Eurojust)” e di “prevedere l’estensione della codecisione con il Parlamento e della maggioranza qualificata nel Consiglio” all’immigrazione.
Per tale motivo abbiamo votato contro la relazione, tanto più che la maggioranza del Parlamento ha rifiutato di includere nella risoluzione alcune proposte presentate dal nostro gruppo che innanzi tutto deploravano i centri di detenzione degli immigranti, in secondo luogo esigevano il rispetto del diritto di asilo e della Convenzione dell’ONU sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie e, infine, chiedevano di utilizzare i fondi per migliorare i sistemi di asilo, integrare gli immigranti e combattere le cause profonde dell’immigrazione, invece che di promuovere politiche di detenzione e di rimpatrio.
Fernand Le Rachinel (NI), per iscritto. – (FR) Se c’è un settore in cui Parlamento e Commissione europea si sono sbagliati, è quello della creazione del così caro e agognato “spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia”.
Quando venne adottato il Trattato di Amsterdam ci fu promesso uno spazio europeo in cui sarebbero state presenti ed efficienti tutte le libertà e in cui saremmo stati protetti da qualsiasi insicurezza. Come avevamo previsto, si è verificato il contrario.
Con l’abolizione dei controlli alle frontiere grazie all’accordo di Schengen e la comunitarizzazione delle politiche in materia di asilo e visti l’immigrazione, soprattutto quella clandestina, e l’insicurezza non hanno mai raggiunto livelli così elevati, e i gruppi mafiosi e criminali non sono mai stati così numerosi.
Oggi, la risoluzione dell’onorevole Cavada propone di continuare a delegare poteri all’Unione europea nella politica d’immigrazione, abolendo la regola dell’unanimità in Consiglio.
Ancora un volta, non è delegando queste prerogative di sovranità nazionale all’Unione europea che porremo fine all’immigrazione clandestina e ai drammi umani che l’accompagnano. La causa principale di questi problemi è l’abolizione dei controlli alle frontiere degli Stati membri. Ripristiniamo questi controlli: solo allora gli Stati membri saranno in grado contrastare efficacemente gli arrivi in massa dei clandestini e i molteplici reati transfrontalieri.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La lotta globale contro l’AIDS è un problema pressante che richiede un impegno internazionale a tutto campo. Siamo tuttavia del parere che il problema dell’HIV/AIDS non debba essere affrontato nell’ambito della cooperazione europea. Riteniamo che la lotta all’AIDS sia di competenza di ciascuno Stato membro dell’Unione nel quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
La Lista di giugno tende ad una cooperazione a livello comunitario limitata. Siamo contrari all’influenza e competenza dell’UE in materie già oggetto dell’azione di altre organizzazioni internazionali.
Tuttavia, la risoluzione in esame è, più che altro, un parere su come la lotta all’AIDS dovrebbe essere condotta. Abbiamo pertanto optato per il voto a favore della risoluzione nel suo insieme e degli emendamenti a favore della salute riproduttiva.
Jules Maaten (ALDE), per iscritto. – (NL) Se vogliamo contrastare efficacemente la diffusione dell’HIV e dell’AIDS, è essenziale destinare finanziamenti specifici a diversi gruppi vulnerabili. A tale proposito è importante la partecipazione attiva delle organizzazioni non governative, in modo che possano controllare l’azione delle autorità nazionali e chiedere loro conto dell’attuazione degli accordi internazionali. Inoltre, i malati di AIDS dovrebbero partecipare alla definizione delle politiche ed essere al centro di quelle che li riguardano. Poiché la lotta all’AIDS è una delle maggiori sfide che il mondo deve affrontare, la risoluzione in esame merita il nostro appoggio.
Diamanto Manolakou (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La proposta di risoluzione sottolinea i problemi esistenti proponendo alcune soluzioni pratiche per affrontare e gestire la situazione. Tuttavia, l’incapacità persistente di prevenire e combattere la malattia continua a rappresentare un parametro per misurare la povertà e la miseria del popolo nei paesi meno capitalisticamente sviluppati e dà origine ad ulteriori sfruttamenti, in particolar modo quello delle ricchezze naturali. Inoltre, l’altissima diffusione della malattia nei paesi meno capitalisticamente sviluppati rappresenta un focolaio di partenza da cui la malattia si diffonde in tutto il mondo, con gravi ripercussioni sulla sanità pubblica mondiale. Il modo migliore per affrontare il problema dell’AIDS è quello di risolvere la questione politica ed economica a beneficio dei popoli.
I medicinali, al pari delle tecniche e delle conoscenze scientifiche alla base della loro produzione, sono beni sociali. Noi ci battiamo contro le misure atte a proteggere i monopoli che impediscono od ostacolano l’accesso delle persone ai beni di prima necessità.
Ogni Stato ha il dovere di proteggere la salute dei propri cittadini. Noi rifiutiamo e condanniamo la sostituzione dei servizi sanitari pubblici permanenti con organizzazioni non governative e la promozione a livello internazionale della filosofia del volontariato e della responsabilità individuale come soluzione per i problemi di sanità pubblica. Gli Stati nei quali esiste un sistema sanitario devono orientarsi verso la creazione di infrastrutture e servizi pubblici permanenti a tutti i livelli, dotati di personale scientifico adeguato, con l’obiettivo principale di fornire un’assistenza sanitaria di base. Tali strutture potrebbero ricevere finanziamenti internazionali ed essere gestite da associazioni sanitarie internazionali, mentre da un punto di vista globale gli Stati potrebbero istituire forme di cooperazione e assistenza sia a livello scientifico che a livello pratico.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della risoluzione in esame sulla lotta all’AIDS, una malattia il cui virus attraversa tutti i confini e non conosce limiti. La sua diffusione globale non ha sosta e ogni ora vengono contagiate 450 persone, per un totale di 4 milioni di individui l’anno. Nel 2005 le persone che convivevano con l’HIV erano 40 milioni, il 95 per cento delle quali nei paesi in via di sviluppo; esse rappresentano un onere impossibile da sostenere per i sistemi sanitari e l’economia in generale. L’AIDS rappresenta forse la minaccia più grave per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio. Ritengo che attualmente l’obiettivo numero uno della comunità scientifica e dell’industria farmaceutica sia quello di trovare un vaccino contro l’AIDS. Una simile scoperta ci permetterebbe di immaginare un mondo senza AIDS.
Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) L’AIDS è tornato alla ribalta. Il Belgio ha raggiunto livelli record, con 1.072 nuovi contagi nel 2005 e un aumento del 52 per cento in 8 anni.
Si muore meno per la malattia, almeno in Belgio. Tuttavia l’AIDS si è banalizzato. Il preservativo è come una dieta che bisogna seguire tutto l’anno: ogni tanto si ha voglia di fare uno strappo alla regola. Bisogna quindi aumentare le risorse per la prevenzione e, negli ambienti molto religiosi, ribadire che gli appelli all’astinenza sono fuori luogo.
E’ per questa ragione che ho cofirmato un progetto di risoluzione sull’AIDS. Volevo attirare l’attenzione sui bambini vittime dell’AIDS. 15 milioni di bambini sono rimasti orfani a causa della malattia, 12 milioni dei quali soltanto in Africa. Secondo il professor Montagnier, che ha scoperto il virus, gli effetti del contagio saranno visibili solo fra dieci anni e l’impatto demografico sarà considerevole, in quanto la malattia mieterà un’intera popolazione di giovani adulti.
Venerdì prossimo sarà la giornata internazionale della lotta all’AIDS e non possiamo lasciarci sfuggire l’opportunità di ricordare la crescente gravità del problema dell’AIDS proprio in un momento in cui la mortalità dovuta ad altre malattie infettive sembra essere in declino.
Danutė Budreikaitė (ALDE). – (LT) Nell’odierna votazione ho approvato le più importanti disposizioni contenute nella relazione sulla situazione dei disabili nell’Unione europea allargata: il piano d’azione europeo 2006-2007. Vorrei sottolineare in modo particolare l’importanza dell’occupazione per i disabili e, attraverso quest’ultima, la possibilità di evitare l’isolamento sociale. E’ molto importante che anche le persone con disabilità mentali o multiple abbiano accesso al mondo del lavoro in relazione alle loro capacità. Pertanto, è essenziale non solo applicare la direttiva del Consiglio che fissa le norme generali per un atteggiamento uniforme nei confronti dell’occupazione e dell’ambito professionale, ma anche emanare una direttiva specifica sulla disabilità e coniare una definizione europea comune di disabilità. Inoltre, è importante avviare quanto prima campagne di informazione e formare la comunità e i datori di lavoro sul tema dell’occupazione dei disabili. Le imprese che danno lavoro ai disabili dovrebbero ricevere un riconoscimento pubblico e l’apprezzamento della comunità.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Le diverse forme di discriminazione e ingiustizia con cui le persone con disabilità e le loro famiglie devono confrontarsi sono ben note. Nonostante i progressi già compiuti resta ancora molto da fare; uno dei punti centrali, infatti, è la necessità di rafforzare le politiche pubbliche atte a garantire il rispetto della parità di diritti. E’ necessario investire di più in politiche pubbliche per la salute, l’istruzione, la sicurezza sociale e l’occupazione in grado di garantire un accesso libero e gratuito a servizi di qualità, di promuovere l’inclusione sociale e di combattere la povertà e l’emarginazione.
La relazione adottata oggi fa riferimento a diverse aree in cui l’intervento degli Stati membri può essere migliorato.
Consideriamo positivo anche l’appello appena approvato dal Parlamento europeo ad adottare una direttiva specifica sulla disabilità e a ratificare e firmare la Convezione internazionale delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità recentemente approvata. Votiamo pertanto a favore della risoluzione adottata nella speranza che le sia attribuita tutta l’attenzione che merita.
Diamanto Manolakou (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) L’UE sta deliberatamente mascherando le cause di tipo classista dei problemi legati alle persone con disabilità.
Oggi molte persone non sarebbero disabili se nei luoghi di lavoro e negli uffici fossero state adottate misure sanitarie e di sicurezza, se ci fossero solo sistemi sanitari pubblici gratuiti e centri di riabilitazione integrati negli stessi senza fini di lucro.
Al contrario si avanzano proposte per escludere dai servizi pubblici vari tipi di disabilità, dando per scontate le decisioni a danno delle classi meno abbienti di Maastricht e Lisbona.
In sé, alcune misure sembrano positive, ma per lo più non fanno che facilitare la privatizzazione e l’ottimizzazione dei profitti del capitale, eliminando sistematicamente la resistenza opposta dalle associazioni dei disabili e dai movimenti popolari.
Il dovere degli Stati di riservare speciali scuole gratuite a tutti i bambini disabili, di offrire occupazione ai disabili in grado di lavorare garantendo loro speciale assistenza e tutela non è neppure nominato.
L’occupazione per i disabili è associata al taglio dei sussidi piuttosto che al diritto al lavoro e alla protezione.
Non sono neppure nominati i diritti che erano acquisiti negli ex paesi socialisti e che vengono ora spazzati via dal capitalismo. Non si dice quanti disabili andavano a scuola prima e quanti ci vanno attualmente; quanti di loro lavoravano sotto il socialismo e quanti lavorano oggi.
Al capitale interessa solamente formare un’élite all’interno delle associazioni dei disabili in modo da poterla poi controllare.
I disabili devono guardare ai discorsi sulla “parità di diritti” e sulla “lotta alla discriminazione” con sospetto: l’obiettivo è quello di estendere la privatizzazione e la commercializzazione della politica sociale, a danno dei disabili e dei ceti poveri.
Devono lottare ancora più strenuamente contro la politica del capitale.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa eccellente relazione. Le persone disabili hanno il diritto di trovarsi nella posizione di poter operare scelte personali e di avere il controllo della propria vita come quelle che non lo sono. Si rende quindi ancora più necessario un ambiente che consenta ai disabili di essere il più possibile indipendenti. Le raccomandazioni contenute nella relazione in esame, se messe in pratica, ci permetterebbero di compiere grandi passi avanti su questo lodevole cammino.
José Albino Silva Peneda (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Abbiamo assistito con soddisfazione alla tendenza nell’UE ad eliminare gradualmente molte delle forme di discriminazione con cui si confrontano i disabili.
In materia di occupazione, le principali limitazioni cui sono soggetti i lavoratori disabili sono rappresentate dai pregiudizi dei datori di lavoro, dall’accesso alla tecnologia dell’informazione e comunicazione, nonché dall’utilizzo dei mezzi di trasporto pubblico per recarsi al lavoro. La principale conseguenza di tali barriere fisiche è l’alto livello di disoccupazione tra i lavoratori in questione.
Sono pertanto favorevole ad azioni specifiche a livello europeo e nazionale volte a far convergere gli aiuti verso servizi per la promozione dell’integrazione dei disabili nella società, nell’istruzione, nella formazione professionale e nel mercato del lavoro.
In questo senso appoggio la relazione in esame in quanto sono favorevole, ad esempio, alla promozione dell’accesso a Internet per i disabili, in particolare ai siti delle istituzioni pubbliche.
Trovo deprecabile che in Portogallo il governo socialista stia procedendo esattamente nella direzione opposta con l’inserimento nel bilancio statale 2007 di un aggravio fiscale per le pensioni di invalidità percepite dai disabili nonché di una diminuzione dei benefici fiscali.
Bernadette Vergnaud (PSE), per iscritto. – (FR) L’accessibilità ai trasporti pubblici e alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione è vitale per le persone con disabilità. Esse hanno diritto a una migliore integrazione nell’istruzione e nel mercato del lavoro. La relatrice giustamente raccomanda l’adozione di una carta europea sulla “qualità dell’assistenza alle persone con disabilità”.
Per questa ragione ho votato a favore della relazione presentata dall’onorevole Elisabeth Lynne che sottolinea, tra l’altro, la necessità di una legislazione europea sui diritti dei disabili ad avere accesso a tutte le modalità di trasporto sul modello di quella in vigore per quanto riguarda i passeggeri aerei con disabilità.
E’ necessario eliminare i pregiudizi. Si dovrebbero ideare campagne di informazione volte a incoraggiare i datori di lavoro a valutare senza preconcetti l’inserimento di una persona disabile, in particolare per quanto concerne le false idee sui costi finanziari di questo tipo di lavoro e le capacità dei candidati. Gli Stati membri dovrebbero impegnarsi affinché la disabilità sia gestita offrendo un nuovo tipo di servizio per le aziende in modo da garantire, in via preventiva, la conservazione del posto di lavoro, o, a titolo di riqualificazione, il reinserimento professionale a coloro il cui posto di lavoro è a rischio perché affetti da disabilità.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Pur ritenendo positive le misure per la sburocratizzazione e la semplificazione amministrativa, soprattutto per quanto riguarda le piccole e medie imprese – sempre che non implichino una “semplificazione” dei processi a tutela dei lavoratori attualmente in vigore –, come del resto quelle finalizzate al miglioramento dell’accesso al finanziamento, consideriamo pericoloso il cammino indicato dalla relazione in esame.
La crescente importanza che si attribuisce al legame tra istruzione/sistema di insegnamento e mondo imprenditoriale è preoccupante; questa situazione porterà infatti a una mercificazione dell’istruzione e alla sostituzione della formazione dei cittadini con un insegnamento finalizzato alla formazione di manodopera. Nel contempo, l’“imprenditorialità” sembra essere la soluzione a tutti i problemi di disoccupazione nell’Unione europea; questo approccio, unito al tentativo di avvalorare l’idea di “occupabilità”, che non fa altro che delegare alla sola responsabilità dell’individuo ciò che dovrebbe essere responsabilità dello Stato, è contrario a quanto previsto dal progetto della cosiddetta Costituzione europea. Lo stesso accade con l’“inevitabilità” dell’aumento dell’età pensionabile che mette a rischio i diritti delle persone, sia di quelle che lavorano sia dei giovani alla ricerca di un’occupazione che è sempre più difficile trovare.
Infine, la relazione attribuisce grande importanza ai partenariati pubblico-privati che, in generale, rappresentano il mezzo utilizzato per servire su un piatto d’argento al settore privato aree importanti che, per loro stessa natura e per il carattere sociale che le contraddistingue, rientrano nel settore pubblico. Per questa ragione abbiamo votato contro.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Qual è l’utilità della relazione dell’onorevole del Castillo Vera? Il titolo accattivante “E’ ora di cambiare marcia – Creare un’Europa dell’imprenditorialità e della crescita” nasconde, come abitualmente avviene in questo Parlamento, un elenco di truismi e principi. Alcuni di essi, come la promozione delle PMI o la semplificazione della burocrazia, sono molto utili, ma non trovano mai un’applicazione pratica nella legislazione comunitaria. Altri, invece, costituiscono il fondamento stesso dei problemi che ci proponiamo di risolvere: liberoscambismo dogmatico, concorrenza portata alle estreme conseguenze, una dimensione europea in continuo aumento, eccetera.
In conclusione, l’aspetto più istruttivo della relazione sono le tre pagine del preambolo, ovvero oltre un terzo del testo. Esse contengono la lista, forse nemmeno esaustiva, dei documenti che la relazione in esame riassume, il che è ben lungi dal cambio di marcia annunciato. Esse sono soprattutto il simbolo della logorrea che le Istituzioni europee sono in grado di sfoggiare quando si tratta di crescita e di occupazione per mascherare le loro responsabilità nella disastrosa situazione sociale ed economica in cui versa l’Europa.
José Albino Silva Penda (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione in esame perché fa dell’eccellenza la chiave del successo dell’UE per affrontare la concorrenza sul mercato globale. E’ attraverso la promozione di una cultura di innovazione e ricerca che l’UE potrà acquisire un vantaggio nei confronti della concorrenza internazionale.
Seguendo questo orientamento l’UE deve utilizzare tutti i mezzi a sua disposizione per promuovere l’imprenditorialità e soprattutto le PMI in quanto:
– svolgono un ruolo fondamentale all’interno dell’economia europea, contribuendo a una crescita più sostenuta e duratura;
– creano il 95 per cento circa dei nuovi posti di lavoro;
– possono costituire un efficace punto d’incontro tra università e impresa;
– garantiscono il mantenimento della relazione vitale tra le realtà produttive e la relativa dimensione territoriale, permettendo così di gestire i fenomeni di delocalizzazione.
Nonostante il citato contributo fondamentale alla crescita economica, le PMI continuano ad incontrare ostacoli.
I costi non salariali rappresentano uno degli ostacoli maggiori che le PMI si trovano ad affrontare e spesso esse non creano posti di lavoro perché non sono in grado di far fronte ai requisiti amministrativi imposti. Le PMI continuano a subire le conseguenze degli ostacoli burocratici, compresi quelli relativi all’accesso al mercato dei capitali, ai programmi comunitari e ai Fondi strutturali.
Presidente. – Con questo si concludono le dichiarazioni di voto.