2. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
3. Principi attivi farmaceutici (dichiarazione scritta): vedasi processo verbale
4. AIDS
Presidente. – L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione sull’AIDS.
Vladimír Špidla, Membro della Commissione. – (CS) Signor Presidente, onorevoli deputati, negli ultimi anni sono stati registrati notevoli progressi, in termini generali, nella lotta contro l’epidemia di HIV/AIDS, tra cui anche un acceso migliore a cure efficaci e ai programmi di prevenzione. Tuttavia, il numero di persone sieropositive o che muoiono per AIDS continua ad aumentare. Entro la fine del 2006 quasi 40 milioni di persone saranno sieropositive, 2,6 milioni in più rispetto alla fine del 2004. Secondo le stime nel 2006 4,3 milioni di persone, adulti e bambini, hanno contratto il virus dell’HIV, ovvero 400 000 in più rispetto a due anni fa.
L’Africa subsahariana continua ad essere la più colpita dall’epidemia. Oltre il 63 per cento degli adulti sieropositivi vive in paesi dell’Africa subsahariana e il 33 per cento in Sudafrica. Il maggiore aumento negli ultimi due anni è stato registrato nell’Asia orientale, nell’Europa orientale e nell’Asia centrale, dove il numero dei soggetti che ha contratto il virus è cresciuto del 21 per cento. Il continuo aumento di nuovi casi di infezioni nella maggior parte degli Stati membri dell’UE, insieme ai risultati delle inchieste di Eurobarometro del 2005, indica che è urgente e necessaria una maggiore sensibilizzazione verso l’epidemia nell’UE e nei paesi vicini, e i programmi di prevenzione in questo campo devono essere rafforzati. La strategia elaborata dalla Commissione nel 2005 aveva come priorità il potenziamento della prevenzione, delle terapie e dell’assistenza in determinate regioni.
Nonostante questi dati allarmanti, si è registrato un calo dell’incidenza dell’AIDS in alcuni paesi dell’Africa e dei Caraibi e in talune regioni dell’Asia meridionale. Invertire la tendenza è possibile. Non ci sono mai state al mondo così tante donne sieropositive come ora. Nel 2006 la cifra ha raggiunto i 17,7 milioni, un milione in più rispetto agli ultimi due anni. La situazione nell’Africa subsahariana è ancora peggiore. Le donne rappresentano il 60 per cento degli adulti sieropositivi di età superiore ai 15 anni. Oltre ai fattori biologici e oltre al fatto che per le donne e le ragazze è molto più elevata la possibilità di contrarre il virus, entrano in gioco anche fattori sociali ed economici derivanti dalle disparità di genere e dal mancato rispetto dei diritti delle donne. La parità dei diritti per le donne è una sfida sociale fondamentale e una condizione irrinunciabile per uno sviluppo equo e una maggiore prevenzione dell’HIV. Affinché le ragazze e le donne in tutto il mondo possano accedere alla salute sessuale e riproduttiva, i servizi sanitari nei paesi in via di sviluppo devono essere rafforzati e offrire un pacchetto complessivo di consultori volontari, esami medici, assistenza sanitaria e sostegno.
L’accesso ai medicinali e alle cure è migliorato in misura rilevante negli ultimi anni, anche se in molti paesi si partiva da una base molto debole. Grazie alla maggiore disponibilità di cure antiretrovirali sono stati salvati circa 2 milioni di vite in quasi quattro anni e nei paesi dell’Africa subsahariana sono state curate circa 8 000 persone. Tuttavia, nonostante questo progresso, la situazione è preoccupante e la comunità internazionale deve riservarle più attenzione.
La Commissione sta organizzando un’assistenza intensiva per i paesi partner dell’Africa e non solo, al fine di combattere l’epidemia integrando prevenzione, terapia e cure. L’HIV/AIDS non può essere visto come una questione isolata perché evidenzia tutti i grandi problemi che devono affrontare i paesi in via di sviluppo, ovvero accesso limitato ai servizi sociali di base, disuguaglianza tra i generi, distribuzione iniqua delle risorse, pubblica amministrazione inefficace e bassi livelli di sviluppo economico e tecnologico. L’HIV/AIDS è strettamente legato alla malaria e alla tubercolosi, anch’esse malattie infettive connesse alla povertà. L’HIV/AIDS potrà essere eliminato solo se i paesi partner lo combatteranno nel contesto della lotta per la riduzione della povertà.
Il principio fondamentale della comunicazione adottata nel 2004 su un quadro politico europeo coerente e del programma d’azione europeo contro l’HIV/AIDS, la malaria e la tubercolosi adottato l’anno successivo, è un approccio integrato all’HIV. Il programma d’azione europeo deve essere realizzato e coordinato dalla Commissione, sia a livello nazionale che a livello mondiale. Sono, infatti, i paesi partner quelli che possono decidere al meglio il modo più efficace per distribuire le risorse in modo equo e trasparente tra le varie iniziative.
Nel corso degli anni la Commissione ha costantemente aumentato le risorse per la lotta contro l’HIV/AIDS in tutti i paesi in via di sviluppo, soprattutto in Africa, dove fornisce assistenza di bilancio ai paesi partner per far fronte ai fattori strutturali alla base dell’epidemia di HIV, quali le riforme sanitarie e la crisi delle risorse umane nel settore sanitario. Tra le altre iniziative, la Commissione ha investito un importo considerevole, 522 milioni di euro in cinque anni, nella lotta contro l’HIV/AIDS nei paesi in via di sviluppo attraverso il Fondo globale per la lotta contro l’HIV/AIDS, la malaria e la tubercolosi. Nel 2006 il ruolo della Commissione nel Fondo globale è stato pienamente confermato dall’elezione da parte del Consiglio di amministrazione di un membro della Commissione europea alla carica di vicepresidente del Fondo.
Nel tempo la Commissione ha sempre svolto un ruolo guida per migliorare l’accesso ai farmaci antiretrovirali nei paesi in via di sviluppo e per garantire la totale disponibilità delle cure, nonché l’accesso alla prevenzione per coloro che ne hanno bisogno entro il 2010, e ha svolto un ruolo centrale nel ridurre i costi dei prodotti farmaceutici. In alcuni casi c’è stata una riduzione addirittura del 98 per cento, ottenuta introducendo un meccanismo di modulazione dei prezzi che permette ai paesi in via di sviluppo di pagare meno i medicinali brevettati, proteggendo al contempo i produttori dalle reimportazioni nei mercati aperti dove è possibile ottenere profitti.
Anche nel quadro dell’OMC la Commissione sta aiutando i paesi più poveri, la cui capacità produttiva è limitata, a esercitare il loro diritto di importare farmaci generici poco costosi prodotti con licenze obbligatorie. Inoltre, la Commissione ha aumentato gli investimenti per la ricerca e lo sviluppo di vaccini e altri mezzi profilattici, come i microbiocidi, con l’obiettivo di ampliare la gamma attuale di meccanismi di prevenzione dell’HIV. La Commissione manterrà questo impegno affinché la prevenzione e le cure siano pienamente disponibili per tutti coloro che ne hanno bisogno entro il 2010.
Come hanno detto altri oratori, la Commissione, unitamente agli Stati membri, ha intrapreso la lotta contro la pandemia di HIV/AIDS attraverso una serie di misure volte alla prevenzione, alle terapie, al sostegno e alle cure. Sappiamo bene che l’obiettivo ultimo di una generazione liberata dall’AIDS è irraggiungibile senza un fermo impegno politico, una leadership informata e un aumento delle risorse a livello globale, nazionale e locale.
Siamo di fronte a una grande sfida: realizzare nuovi progressi nella lotta contro l’HIV/AIDS e garantire che la prevenzione e le cure siano pienamente disponibili per tutti coloro che ne hanno bisogno entro il 2010. Abbiamo urgente bisogno di una strategia più equilibrata per aumentare la prevenzione e le cure e garantire l’accesso a terapie a prezzi abbordabili, soprattutto per quanto riguarda i medicinali brevettati di secondo livello. Dobbiamo mobilitare la volontà politica in Europa. Dobbiamo collaborare con l’industria farmaceutica, concentrandoci sullo sviluppo di nuovi metodi profilattici, in particolare i microbiocidi, che consentiranno una migliore prevenzione per le donne e garantiranno nuovi farmaci a prezzi ragionevoli. L’industria farmaceutica deve essere incoraggiata a portare avanti la ricerca e a mettere a punto vaccini e altri prodotti contro l’HIV/AIDS. Infine, dobbiamo far sì che i paesi partner ricevano finanziamenti affidabili nel lungo periodo per la lotta contro l’epidemia di HIV/AIDS.
In questo contesto la Commissione continuerà a lavorare su ampia scala con l’aiuto degli strumenti finanziari a livello nazionale e globale, incluso il Fondo globale per la lotta contro l’HIV/AIDS, la tubercolosi e la malaria. Abbiamo, però, bisogno del forte sostegno e della collaborazione di tutte le Istituzioni dell’UE, Parlamento compreso, perché sono le responsabili degli stanziamenti annuali delle risorse finanziarie. Nella lotta contro l’HIV/AIDS abbiamo l’opportunità di ottenere risultati migliori, ma ciò richiede volontà politica. La Commissione crede fermamente che gli obiettivi ultimi, cioè una generazione liberata dall’AIDS e terapie e cure disponibili per tutti coloro che ne hanno bisogno, siano raggiungibili. Spero nella collaborazione del Parlamento per realizzare questi obiettivi.
(Applausi)
John Bowis, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Alla vigilia della giornata mondiale dell’AIDS, commemoriamo amici scomparsi e decidiamo di fare di più. L’AIDS è comparso 25 anni fa. Ricordiamo i 25 milioni di cittadini che sono morti di AIDS e pensiamo ai 40 milioni che convivono con questa malattia. Molti di loro vivono in Europa e molti in paesi vicini ai nostri confini orientali, come la Russia, Kaliningrad e l’Asia centrale, ma due terzi vivono nell’Africa subsahariana.
Noi, nel nord del mondo, abbiamo promesso il nostro sostegno. Abbiamo stanziato fondi a tale scopo e poi, troppo spesso, questo denaro è andato perduto. La scienza progredisce, ma noi non abbiamo ancora ottenuto risultati concreti. Solo il 5 per cento dei bambini sieropositivi riceve cure mediche. Meno del 10 per cento dei 15 milioni di orfani dell’AIDS riceve un sostegno finanziario. Ogni anno adottiamo una risoluzione e questa parola può avere due significati: può essere una serie di dichiarazioni e di buone intenzioni, oppure la determinazione a realizzare quegli obiettivi.
Dobbiamo investire nella ricerca e negli esperimenti per sviluppare vaccini contro l’AIDS. Dobbiamo investire nella prestazione di servizi e nell’educazione ai farmaci e alle cure per madri e bambini, nelle campagne di prevenzione, negli operatori sanitari e nelle attività di supporto delle ONG. Dobbiamo abbattere tutti gli ostacoli che impediscono di realizzare l’obiettivo delle Nazioni Unite dell’accesso universale ai servizi, alle cure e alle terapie entro il 2010, come ha detto il Commissario. Il 2010 non è molto lontano, ma noi sì.
(Applausi)
Glenys Kinnock, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, i nostri finanziamenti per la prevenzione dell’HIV/AIDS sono al di sotto dell’obiettivo di qualcosa come 12 miliardi di dollari americani. Quindi, come ha affermato il Commissario, è urgente disporre di più fondi pubblici e privati per colmare queste lacune.
Non c’è una sola panacea per combattere l’HIV, ma sono necessari più fondi per la ricerca su vaccini e microbiocidi, citati dal Commissario, e una maggiore educazione. Lo sviluppo di un microbiocida vaginale deve essere la nostra priorità immediata, e si prevede che possa essere messo a punto e utilizzato entro cinque anni. E’ l’unico modo per permettere alle donne di avere un controllo reale sulla loro salute sessuale. E’ un metodo che non richiede il consenso del partner.
Inoltre, le cure per l’AIDS nei paesi in via di sviluppo non sono e non potranno essere sostenibili, a meno che non vengano messe a disposizione le nuove versioni dei farmaci generici, che sono sempre più necessari dato il costante aumento dei casi di HIV/AIDS resistenti ai farmaci. Dobbiamo, dunque, essere molto più audaci sulla questione dei brevetti dietro cui le società farmaceutiche continuano a nascondersi e che rendono i prezzi delle cure impossibili in molti paesi in via di sviluppo e con sistemi sanitari come quelli citati dall’onorevole Bowis.
Georgs Andrejevs, a nome del gruppo ALDE. – (LV) Signor Presidente, Commissario Špidla, mi fa piacere che la Commissione abbia dedicato la prima parte della comunicazione alla necessità di coinvolgere la società civile in tutti gli aspetti della lotta contro questa epidemia. Ciò è in linea con i requisiti delle dichiarazioni di Dublino e di Vilnius. Informazione e servizi adeguati forniti ai gruppi a rischio in società colpite dall’HIV da centri di sostegno facilmente accessibili gestiti da organizzazioni non governative possono rallentare in modo significativo la diffusione dell’AIDS in un paese. In veste di relatore, mi inquieta il fatto che in molti nuovi Stati membri la sopravvivenza di centri di sostegno di questo tipo sia attualmente in pericolo a causa della mancanza di risorse finanziarie. E’ emerso che, prima dell’adesione all’Unione europea, questi centri godevano di un appoggio finanziario multilaterale da parte di vari fondi e organizzazioni, alcuni anche extraeuropei, che ora, in seguito all’adesione all’UE, reputano che la loro caritatevole missione non abbia più luogo di essere. Nonostante l’impegno del ministro della Sanità, espresso nella dichiarazione di Vilnius, di utilizzare sia strumenti finanziari nazionali sia fondi dell’Unione europea, inclusi i Fondi strutturali, per la battaglia contro l’AIDS, in pratica ciò non succede in molti Stati membri. Per quanto riguarda i Fondi strutturali, i leader delle organizzazioni della società civile sottolineano l’impossibilità di ottenere cofinanziamenti. Penso che gli Stati membri e la Commissione europea debbano risolvere la questione con urgenza. Grazie.
Marie-Hélène Aubert, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, giustamente lei ha ricordato che purtroppo, nonostante i progressi, del resto minimi, realizzati in termini di accesso alle cure, la malattia non è in declino, anzi: proprio nei nostri paesi l’epidemia ha guadagnato terreno. Ci rallegriamo quindi per il consenso emerso in questo Parlamento sulla necessità assoluta di modificare gli accordi TRIPS sull’accesso ai medicinali perché le modifiche previste nel quadro del round di Doha, purtroppo, non consentono, oggi, un effettivo accesso a medicinali poco costosi.
Detto questo, il problema dell’AIDS non riguarda solo il finanziamento e l’accesso ai medicinali. Possiamo anche dire che l’accento posto sull’accesso ai medicinali ha indubbiamente messo in secondo piano la necessità di promuovere incessantemente la prevenzione – prevenzione che oggi è in calo nei nostri paesi e altrove nel mondo. Dobbiamo assolutamente riprendere le campagne di prevenzione e di informazione attraverso i mezzi di comunicazione, facendo appello a personale competente e alle reti sociali e sanitarie in modo da incrementare la consapevolezza delle persone.
In secondo luogo, per cambiare davvero la situazione, dobbiamo anche – e, come è già stato detto, questo è sicuramente il compito più difficile – cambiare la mentalità in materia di sessualità. Dobbiamo, cioè, proteggere le donne e permettere alle donne di proteggersi. Le donne, oggi, rappresentano il 50 per cento dei malati, mentre all’inizio dell’epidemia la situazione era diversa; esse sono vittime di pratiche e sevizie estremamente brutali e violente in tempi di guerra e nelle zone di conflitto, ma anche di stupri, prostituzione, tratta delle donne, schiavitù sessuale, tutte piaghe che favoriscono l’espansione dell’epidemia. La promozione da parte dell’Unione europea dei diritti delle donne e della parità di genere è un modo molto efficace di lottare contro l’epidemia e di porre l’accento sulla trasmissione della malattia da madre a figlio, di cui attualmente si parla poco.
Esistono soluzioni innovative, adottate per esempio in Malawi, che consentono, basandosi sul decentramento per raggiungere meglio le popolazioni e permettendo ai malati in condizioni stabili di assumere un ruolo attivo, di ottenere risultati estremamente positivi, anche in paesi dilaniati dalla povertà. Per tutti questi progetti è ancora molto lunga la strada che dobbiamo percorrere.
Vittorio Agnoletto, a nome del gruppo GUE/NGL. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il discorso del Commissario appare francamente un discorso retorico, pieno di buone dichiarazioni, alle quali non corrisponde un altrettanto positivo ruolo da parte della Commissione europea. Come dimostrano gli ultimi dati presentati da UNAIDS, l’HIV continua a crescere e in alcuni Stati si assiste addirittura a una recrudescenza. A fronte di tutto ciò i farmaci brevettati continuano ad avere un prezzo insostenibile e gli accordi TRIPS creano una barriera invalicabile all’accesso ai medicinali, condannando a morte quasi 3 milioni di persone ogni anno.
A trarre vantaggio da questa situazione sono le multinazionali farmaceutiche, i cui profitti nel 2005 hanno registrato un incremento del 24 per cento, multinazionali difese dall’amministrazione statunitense, che non ha mai smesso di utilizzare il suo peso politico e commerciale per condizionare i negoziati sui brevetti farmaceutici. A livello multilaterale l’agenda dell’amministrazione Bush è rivolta a rendere inapplicabili le clausole di salvaguardia previste dagli accordi TRIPS, che, in caso di crisi sanitaria, consentirebbero ai paesi membri di aggirare i diritti di proprietà intellettuale e disporre dei farmaci salvavita.
Ma se gli Stati Uniti possono essere giustamente accusati di attentato ad uno dei più fondamentali diritti umani, quello alla salute, l’Europa non si può certo considerare esente da colpe. L’inerzia della Commissione e degli Stati membri nel dotarsi di un regolamento comunitario, capace realmente di implementare la dichiarazione di Doha è da condannare senza appello. Lei, signor Commissario, parla di qualche migliaio di africani in terapia: ma in Africa i sieropositivi sono 30 milioni, 6,5 milioni dei quali necessiterebbero di una cura. Domani ricorre la giornata mondiale di lotta all’AIDS: la società civile globale chiede una volta per tutte che la politica si assuma le sue responsabilità, che non riguardano solo la questione dell’accesso ai farmaci ma anche i finanziamenti rivolti ai programmi di prevenzione e ricerca. La creazione di un mercato internazionale di medicinali generici, supportato da un nuovo sistema di ricerca medica orientata ai bisogni reali della gente, rimane la questione cruciale.
Per questo motivo, come GUE/NGL riteniamo fondamentale che la risoluzione che l’Aula voterà impegni Commissione e Consiglio a: 1) riconoscere il fallimento della decisione del 30 agosto 2003; 2) proporre in sede di OMC la modifica dei TRIPS e delle nuove procedure per il rilascio delle licenze obbligatorie, capaci di rispondere subito alle urgenze sanitarie determinate dall’epidemia HIV; 3) sostenere con un miliardo di euro il Fondo mondiale di lotta contro l’AIDS, la TBC e la malaria, come già chiesto il 2 dicembre 2004 dal Parlamento e ignorato dalla Commissione e dal Consiglio; 4) dedicare più risorse alla ricerca dei medicinali per le patologie specifiche del sud del mondo e vincolare il settore privato, che da sempre beneficia della ricerca pubblica, a riservare una parte ragionevole della propria ricerca a tali malattie trascurate. Troppe false promesse si sono sprecate, ora è tempo di agire!
Luca Romagnoli (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo udito tante belle parole, buone dichiarazioni da parte della Commissione, parecchia demagogia da parte dei diversi colleghi. Qui ci troviamo di fronte a delle azioni che non sono delineate nel documento della Commissione, azioni che sono invece necessarie.
E’ necessaria, intanto, una lotta decisa alla diffusione della droga, che significa tolleranza zero, assistenza e rieducazione per quelli che sono a tutti gli effetti dei malati e come tali andrebbero trattati. E’ necessaria una non esaltazione della promiscuità sessuale, oggi considerata e mostrata come modello da seguire da mass-media e da opinion leader. Occorre una politica di educazione ma anche di dissuasione da comportamenti a rischio e una politica di genitorialità consapevole per quanti sono affetti. Si impone altresì una seria lotta alla prostituzione, dalla quale siamo ben lontani nella nostra Europa, e indubbiamente anche un potenziamento della sorveglianza, dei test e sicuramente della cura e della prevenzione delle malattie infettive, come tratteggiato nel documento.
Non ci siamo però, signor Presidente, quando sento ancora colleghi e leggo interventi che predicano “la libertà”, libertà che per le società significa inerzia e per la civiltà, in questo caso, significa regresso.
Zbigniew Zaleski (PPE-DE). – (PL) L’attuale situazione dell’AIDS, come quella della malaria e di altre malattie, costituisce una sfida a livello di educazione e prevenzione, ricerca e cure mediche.
Innanzitutto, è necessaria un’adeguata educazione alla salute sessuale, in particolare nei paesi poveri. Ad esempio, ho avuto notizia di una promiscuità indotta da motivi sociali ed economici nelle piantagioni di zucchero di canna della Repubblica dominicana e anche in altri luoghi. Queste situazioni richiedono un miglioramento delle condizioni economiche e un cambiamento dei valori e delle regole sociali che portino a cambiamenti positivi nei comportamenti sessuali, evitando così il ricorso a procedure moralmente discutibili sul feto umano.
In secondo luogo, la ricerca scientifica è costosa e spesso rischiosa dal punto di vista finanziario, ma non abbiamo altra via d’uscita – dobbiamo cercare vaccini e farmaci contro i virus. Dobbiamo assicurare il nostro appoggio ai centri di ricerca internazionali.
In terzo luogo, è necessaria assistenza sociale per coloro che sono colpiti dal virus, in particolare per gli orfani, che diventano vittime dell’attività sessuale di altri.
In quarto luogo, oggi solo una minima percentuale dei 40 milioni di persone affette da HIV ha accesso ai farmaci e alle cure mediche. In questo settore abbiamo grandi possibilità di agire e con la giusta politica potremo assicurare le cure necessarie a un numero molto maggiore di persone.
Margrietus van den Berg (PSE). – (NL) Signor Presidente, il Fondo mondiale è oggi il più grande fondo per la lotta mondiale contro la malattia in questione, e sono orgoglioso che il contributo dell’Unione europea ne rappresenti il 65 per cento. Il Presidente Barroso ha sostenuto la causa del Fondo mondiale e si è impegnato a suo favore, il che è estremamente lodevole. L’Europa ha una responsabilità verso il resto del mondo e questo Fondo ne rafforza l’azione.
Ciononostante, vorrei mettervi al corrente di un grande scandalo. Sembra che l’anno prossimo il Presidente Barroso non sarà in grado di mantenere la promessa fatta al Fondo mondiale. Sembra che i finanziamenti del Fondo europeo per lo sviluppo assegnati al Fondo mondiale per il 2007 siano già stati spesi per altre attività. La Commissione vuole colmare questo buco prelevando fondi dal bilancio generale per lo sviluppo, il che significa sottrarre fondi al bilancio per l’istruzione, la parità di genere, la lotta contro la povertà e la fame e la lotta al lavoro minorile.
Sicuramente, signor Presidente, non possiamo giustificare questa intenzione di fronte a tutti coloro che dipendono dal nostro sostegno e dagli impegni che ci siamo assunti. Come può chiederci la Commissione di scegliere tra la lotta contro malattie mortali e tutte le altre cause per cui ci battiamo, e per le quali sono stati fatti stanziamenti a bilancio, da un lato, e i contributi per realizzare gli Obiettivi del Millennio dall’altro?
Nelle questioni di vita o di morte non ci si dovrebbe trovare costretti a compiere una scelta. Se si riesce ad accantonare un miliardo per le infrastrutture e tre miliardi per il buon governo dal Fondo europeo per lo sviluppo per i prossimi anni, si dovrebbe anche riuscire a racimolare cento milioni l’anno per il Fondo sanitario mondiale.
Il Presidente Barroso dovrebbe rendere disponibili questi cento milioni non a spese dell’istruzione, del lavoro minorile o dell’assistenza alle donne, ma prelevandoli dal Fondo europeo per lo sviluppo. Forse dovremmo ridurre leggermente gli stanziamenti per le infrastrutture e le altre voci. Se si fissano le giuste priorità si è sulla buona strada, altrimenti non si è pianificato bene e si causano non pochi danni. Invito la Commissione a rivedere i suoi piani con attenzione.
Fiona Hall (ALDE). – (EN) La disponibilità di cure antiretrovirali non solo dà speranza ai malati di AIDS, ma modifica anche l’atteggiamento della gente verso l’AIDS. Sapere che sono disponibili cure efficaci è un fattore centrale per incoraggiare le persone a sottoporsi al test dell’HIV. Più persone sanno di essere sieropositive e più è facile controllare la diffusione della malattia.
Per questo motivo è molto preoccupante constatare che il prezzo dei nuovi e migliori farmaci di secondo livello contro l’AIDS è ancora proibitivo. E’ una buona notizia che il prezzo di alcuni medicinali di primo livello ormai affermati sia diminuito, ma i dati provenienti dal Sudafrica e dal Malawi indicano che un malato su sei dovrà passare a nuove combinazioni di farmaci nell’arco di tre-cinque anni.
Cosa può fare la Commissione per convincere le società farmaceutiche a registrare i nuovi farmaci nei paesi in via di sviluppo, rendendoli disponibili a prezzi abbordabili? Se ciò non avverrà ci ritroveremo al punto di partenza. I farmaci efficaci saranno inaccessibili e i donatori, UE inclusa, di fatto doneranno all’industria farmaceutica.
Raül Romeva i Rueda (Verdi/ALE). – (ES) Signor Presidente, effettivamente nella lotta contro l’HIV/AIDS siamo ancora lontani dalla vittoria. Ma potremo vincere solo se ci sarà la volontà politica.
Le cifre parlano chiaro: la grande maggioranza dei nuovi contagi avviene nei paesi in via di sviluppo, il che fa sì che l’HIV sia attualmente uno dei freni principali al progresso di migliaia di villaggi e comunità.
Siamo di fronte a un’emergenza mondiale, sia dal punto di vista sanitario sia dal punto di vista sociale ed economico. Oggi sappiamo qual è il problema e sappiamo come prevenirlo e come affrontarlo. Tuttavia servono risorse, responsabilità politica, responsabilità da parte del mondo economico e responsabilità sociale e culturale.
Tra le altre misure, ad esempio, è necessario garantire l’accesso universale ai medicinali essenziali, cosa che oggi non è ancora possibile a causa dell’avidità di certi settori economici, soprattutto dell’industria farmaceutica, che non ha scrupoli a diventare complice di un omicidio di massa su scala mondiale.
Allo stesso modo, alcune affermazioni di settori ultraconservatori contro la salute sessuale e riproduttiva sono altrettanto responsabili della situazione attuale. Oggigiorno, opporsi, ad esempio, alla luce delle informazioni che abbiamo, a che tutti, e soprattutto i giovani, ricevano un’adeguata educazione sessuale è, da qualunque punto di vista, un attentato alla vita e alla dignità e, francamente, un’immoralità.
E così, ancora una volta quest’anno, dobbiamo reclamare impegno e azione e, soprattutto, chiedere che si mantengano le promesse.
Zita Gurmai (PSE). – (HU) Signor Presidente, sappiamo tutti quanto sia importante la lotta contro l’AIDS e dovremmo essere coscienti anche delle responsabilità che ne derivano. Penso che sia proprio per questo motivo che il parere che ho presentato la scorsa settimana ha ricevuto tanti emendamenti.
L’anno scorso erano circa quaranta i milioni di persone che convivevano con l’AIDS e la malattia ha letteralmente raggiunto ogni angolo del mondo. Sono molte le cause della sua diffusione. La mancanza di informazione è una delle principali, ma tra gli altri importanti fattori citiamo l’uso di sostanze stupefacenti e la scarsa preparazione dei sistemi sanitari di alcuni paesi. Nel mio paese i test sono stati introdotti venti anni fa e grazie a questo la situazione non è così drammatica, sebbene ci siano problemi. Il virus si diffonde per il 90 per cento a causa del contatto sessuale e per il 10 per cento a causa dell’uso di droghe.
Altre due esperienze: le infezioni trasmesse sessualmente e non curate aumentano esponenzialmente il rischio di AIDS. Per i sieropositivi e i malati di AIDS è molto più difficile ottenere cure mediche adeguate, ammesso che le trovino. L’importanza della prevenzione non potrà mai essere sottolineata a sufficienza, e in quest’ottica deve essere vista l’informazione. Questo è particolarmente importante tra i gruppi sociali più vulnerabili e per gli studenti delle scuole superiori. Dobbiamo agire. Dobbiamo aiutare anche i paesi al di fuori dell’Unione, soprattutto nelle zone confinanti. Il numero dei contagi diagnosticati in taluni paesi vicini aumenta costantemente. La collaborazione reciproca è nell’interesse di tutti. E’ necessario un approccio integrato, come ha dichiarato anche il Commissario e dobbiamo agire. Dobbiamo essere tutti alleati in questo sforzo.
Pierre Schapira (PSE). – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa risoluzione va nella giusta direzione. Vorrei aggiungere che la lotta contro l’AIDS è anche una questione di governance che deve essere affrontata a livello locale.
Vi ricordo che nel 2007, cioè oggi, il 50 per cento della popolazione mondiale vive nelle città. In molte città africane la prevenzione e le cure hanno bisogno del coinvolgimento delle autorità locali per rispondere meglio ai bisogni locali e per eliminare i tabù sociali, spesso molto forti. Dobbiamo collaborare direttamente con le città per aiutarle a gestire i loro servizi sanitari e per offrire loro maggiori finanziamenti.
Avrei voluto che la risoluzione proponesse più soluzioni concrete, cui far ricorso in loco. Avremmo potuto chiedere alla Commissione di favorire l’offerta di cure combinate, di farmaci che uniscono tre tipi di trattamento in una sola capsula, il che semplifica notevolmente la cura di quei pazienti che vivono in zone dove gli ospedali, i medici e i laboratori scarseggiano. Dobbiamo privilegiare l’utilizzo di questi farmaci perché, miei cari colleghi, abbiamo un dovere imperativo: raggiungere gli Obiettivi del Millennio.
Vladimír Špidla, Membro della Commissione. – (CS) Signor Presidente, onorevoli deputati, desidero ringraziarvi per questo dibattito che ha gettato luce su un problema grave e di portata mondiale da molti punti di vista. Penso di poter affermare che dal dibattito non sono emerse obiezioni che potrebbero mettere in pericolo il valore strategico di questo documento, né in termini di idee contenute nella dichiarazione, né nella definizione delle aree di azione e degli obiettivi che dobbiamo realizzare.
Voglio sottolineare l’idea fondamentale secondo la quale l’unico modo per far fronte alla pandemia di HIV/AIDS è un metodo coordinato e olistico come quello che si sta seguendo nella lotta contro la povertà. In altre parole, meccanismi preventivi che includano norme culturali, corretta informazione, buon senso, controllo e assistenza ai malati, nonché cure appropriate. Penso che sia onesto affermare che i risultati ottenuti finora non sono un successo. Né possiamo considerarli parole vuote, perché i progressi registrati non sono trascurabili. Per quanto riguarda le risorse, i finanziamenti sono stati significativi. L’UE sta anche mettendo a disposizione somme importanti per finanziare una serie di progetti in tutti i paesi e ci sono stati alcuni risultati positivi. Sono stati citati gli accordi TRIPS. A partire da quest’anno i medicinali potranno essere prodotti a costi inferiori. Ho detto che in alcuni casi i prezzi sono calati del 98 per cento. Si tratta di un progresso degno di nota, ma non può assolutamente essere definito un successo. Dobbiamo indubbiamente raddoppiare i nostri sforzi.
Passo ora a due questioni specifiche che meritano una risposta specifica. Forse non ho capito bene, ma è stato detto che nei nuovi Stati membri non esistono centri adeguati per il controllo dell’epidemia. Questa affermazione non è vera. Questi centri sono presenti ovunque. Se li confrontiamo a livello di qualità, sicuramente ne troveremo alcuni migliori di altri. Il Trattato non prevede molte possibilità di controllo diretto, ma l’idea che questi centri non esistano è infondata.
Un altro problema citato è quello del finanziamento del Fondo contro l’AIDS. La Commissione ha reagito al taglio di contributi da parte degli Stati membri nel 2007 riorganizzando le risorse. Si potrebbe discutere se il processo di organizzazione sia stato realizzato al meglio, e se si possano contemplare metodi diversi, ma io penso che l’idea fosse fondamentalmente buona, perché l’AIDS è un problema dalle dimensioni enormi.
Ciononostante, credo che se gli Stati membri si sono impegnati a dare un contributo, del resto poco significativo rispetto al loro PIL, essi devono onorare questo impegno. L’importo complessivo è elevato, ma rispetto al PIL si tratta di una cifra che può essere reperita nell’ambito dei bilanci nazionali. Spetta a noi ribaltare questa inaccettabile situazione, perché un fallimento non sarebbe né giustificabile né difendibile. Desidero, inoltre, sottolineare l’importanza delle pari opportunità, che sicuramente forniranno un contributo significativo nel superare questo fenomeno e migliorare la situazione.
Onorevoli deputati, è una delle stranezze della natura umana relegare alcune cose in secondo piano e riservare ad altre il più grande interesse. Pensiamo all’influenza aviaria, ad esempio, e all’attenzione ad essa dedicata. Non intendo assolutamente minimizzare quella tragedia, ma l’HIV/AIDS costituisce un problema di gran lunga più importante, eppure, purtroppo, non gli stiamo riservando lo stesso livello di attenzione.
Onorevoli deputati, desidero ringraziarvi per questo dibattito che, a mio avviso, ci ha permesso di procedere lungo la strada. Dobbiamo renderci conto che, per quanto concentriamo i nostri sforzi per la soluzione del problema, si tratta di un problema mondiale e le nostre probabilità di ottenere risultati sono limitate. In ogni caso, come ha chiaramente dimostrato il dibattito, dobbiamo fare tutto il possibile per sfruttare le possibilità esistenti.
Presidente. – A conclusione della discussione, comunico di avere ricevuto 6 proposte di risoluzione(1).
5. Situazione dei disabili nell’Unione europea allargata: piano d’azione europeo 2006-2007
Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione presentata dall’onorevole Lynne a nome della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, sulla situazione dei disabili nell’Unione europea allargata: piano d’azione europeo 2006-2007 [2006/2105(INI)].
Elizabeth Lynne (ALDE), relatore. – (EN) Signor Presidente, sono felice che mi sia stata concessa l’opportunità di essere relatrice del Parlamento sul piano d’azione per la disabilità. Ho lavorato a stretto contatto con le associazioni dei disabili, la Commissione e i colleghi deputati, e ringrazio vivamente i relatori ombra per la collaborazione fornita. Desidero anche ringraziare il Segretariato e rivolgere un particolare ringraziamento al Forum europeo per la disabilità. Inoltre, mi sono consultata con altre 100 organizzazioni di disabili di tutta l’Unione europea. Spero sinceramente che la relazione rispecchi il fatto di essere stata elaborata non solo dalla sottoscritta, ma dall’intera commissione.
Ho accolto con favore la comunicazione della Commissione, pur ritenendo che si dovessero rafforzare alcuni punti. In particolare, per quanto riguarda l’occupazione, è fondamentale, prima di tutto, dare attuazione alla normativa esistente, soprattutto alla direttiva sull’occupazione del 2000. So che la Commissione sta effettuando un attento monitoraggio in tal senso.
Occorre, tuttavia, chiarire alcune zone d’ombra, ad esempio i concetti di soluzione appropriata e ragionevole adeguamento. E’ poi di fondamentale importanza che i sindacati informino le persone dei loro diritti derivanti dalla legislazione contro le discriminazioni. Qualsiasi cosa si faccia in materia di occupazione, però, risulterà inutile per i disabili se essi non avranno accesso all’ambiente edilizio o ai mezzi di trasporto. Per tale motivo, una delle mie richieste riguarda l’ampliamento della legislazione sugli spostamenti in autobus o in pullman, analogamente a quanto previsto per i viaggi aerei. So che la Commissione sta valutando anche questo.
Istruzione e formazione sono fondamentali anche per l’integrazione. Ho sempre sostenuto che gli Stati membri dovrebbero adoperarsi per includere i bambini, ove possibile, nel sistema educativo ordinario, ma, al tempo stesso, riconoscere che alcuni bambini potrebbero non farcela a crescere in quel contesto, soprattutto se non hanno sostegno adeguato. Le esigenze dei bambini vengono prima di tutto.
Occorre poi gestire l’accesso alla tecnologia dell’informazione: ciò significa siti web accessibili. Al momento l’80 per cento dei siti web pubblici non sono accessibili, e occorre fare in modo che tutti i documenti abbiano un formato accessibile, soprattutto quelli della Commissione e dell’Unione europea.
Inoltre, bisogna garantire l’accesso di bambini e adulti disabili agli impianti sportivi. Ad ogni modo, uno degli aspetti più importanti è la deistituzionalizzazione delle persone con disabilità, ma ciò richiede un livello sufficiente di servizi di qualità in seno alla comunità. Occorre, poi, eliminare la stigmatizzazione che pesa sulle persone con problemi di salute mentale.
Quando parliamo di disabilità dobbiamo ricordarci che parliamo di tutte le forme di disabilità: persone con problemi di mobilità, deficit auditivi, deficit visivi, problemi di salute mentale, difficoltà di apprendimento, malattie croniche e altre disabilità nascoste. Per tale motivo ho chiesto, nella relazione, una definizione di disabilità. Accolgo con favore la sentenza della Corte di giustizia dell’11 luglio, ma dobbiamo portarla avanti.
Un’altra tappa fondamentale è stata segnata, all’inizio dell’anno, dall’accordo sulla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, di cui ero relatrice per il Parlamento. Ora, però, dobbiamo organizzare una campagna per assicurarne la firma e ratifica in tempi rapidi.
Infine, dobbiamo continuare la nostra campagna a favore di una direttiva specifica sulla disabilità basata sull’articolo 13, allo scopo di vietare qualsiasi forma di discriminazione nell’accesso ai beni e ai servizi. Non mi faccio scrupolo di ricordarlo in continuazione e, ancora una volta, l’ho ribadito nella relazione.
E’ inutile appoggiare solo a parole i diritti delle persone disabili. Dobbiamo continuare la lotta per garantire parità di trattamento a tutti i cittadini dell’UE, disabili e non.
Vladimír Špidla, Membro della Commissione. – (CS) Signor Presidente, onorevoli deputati, desidero ringraziare il Parlamento e in particolare la relatrice, onorevole Lynne, per avere iscritto questa importante questione all’ordine del giorno dell’odierna seduta plenaria. Sono lieto che Parlamento e Commissione abbiano opinioni molto simili sul tema della disabilità. Rivolgo un particolare ringraziamento al Parlamento per avere sostenuto lo sviluppo e l’attuazione della strategia europea per i disabili.
Non si tratta esclusivamente di dare ai disabili l’opportunità di esercitare i propri diritti, il diritto alla dignità umana, alla parità di trattamento, alla libertà di non dipendere dagli altri e alla piena integrazione nella comunità. Essi devono avere la possibilità di sviluppare le proprie capacità, partecipare alla vita della comunità ed essere economicamente attivi. Il piano d’azione della Commissione sulle pari opportunità per le persone con disabilità fornisce un quadro strategico per la definizione delle priorità attuali. Come evidenziato nella relazione dell’onorevole Lynne, le politiche e le attività della Comunità influenzano in molti modi la situazione dei disabili. Nel 2003, il Consiglio ha quindi raccomandato agli Stati membri, nell’elaborazione delle proprie politiche, di ottemperare pienamente al piano d’azione.
Alla fine del 2005 ho partecipato a un incontro sulle pari opportunità per i disabili, che ha dato il via alla seconda fase del piano d’azione UE sulla disabilità 2006-2007 cui fa riferimento la relazione Lynne.
Esaminiamo, innanzi tutto, il quadro della situazione. Le cifre di cui dispone la Commissione parlano da sé. Vi sono 44,6 milioni di persone in età lavorativa – in altre parole, un cittadino comunitario su sei – che, a loro stesso giudizio, soffrono di disabilità o hanno problemi di salute di lunga durata. Il tasso di occupazione tra le persone disabili non supera il 40 per cento, rispetto al 64,2 per cento delle persone non disabili. Anche tra chi soffre di disabilità relativamente meno gravi, l’occupazione non arriva al 50 per cento. Si è calcolato che il 43,7 per cento dei disabili potrebbe lavorare se avesse un’assistenza adeguata. Il programma della Commissione per il 2006-2007 cerca di far fronte a tale situazione. A livello concreto, occorre creare risorse per permettere ai disabili di esercitare i propri diritti, di votare come gli altri, di decidere della propria vita, di partecipare alle attività economiche, di esprimere il proprio potenziale nella vita privata e lavorativa e di svolgere i propri compiti come qualsiasi altro cittadino.
In tale contesto sono stati stabiliti quattro settori prioritari per il 2006-2007. Durante la riunione della primavera 2006, anche il Consiglio aveva attribuito la massima importanza a incrementare il tasso di occupazione e le attività lavorative per i disabili. L’aspetto principale del piano d’azione europeo per il prossimo anno deve essere l’accesso dei disabili a servizi economicamente abbordabili e di buona qualità. E’ di fondamentale importanza che essi possano disporre di servizi e condizioni praticabili, così da potere esercitare i loro diritti di cittadini e godere di piena autonomia. L’Unione deve analizzare e individuare meglio lo sviluppo dei fattori che influenzano la situazione delle persone disabili. Questo piano d’azione ha già dato risultati positivi. E’ stata adottata la prima legislazione europea specifica per i disabili: la relatrice ha fatto riferimento alla legge sui diritti e sugli obblighi delle persone con disabilità nel settore del trasporto aereo. La normativa riguardante i nuovi Fondi strutturali garantisce il diritto dei disabili ad accedere ai progetti finanziati dalla Comunità, e stabilisce che il principio di accesso deve essere rispettato in ogni fase delle attività dei Fondi.
L’adozione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità è un evento di portata epocale. Per la prima volta nella storia, la Comunità europea ha firmato questa Convenzione. I principi fondamentali della strategia UE sui disabili, ovvero la non discriminazione, le pari opportunità e misure attive volte all’integrazione sociale, poggiano così finalmente su solide basi.
Gyula Hegyi (PSE), relatore per parere della commissione per la cultura e l’istruzione. – (EN) Sarò io a intervenire su questo punto perché il nostro presidente, onorevole Sifunakis, oggi ha altri impegni. Tutti noi membri del gruppo di lavoro del gruppo socialista al Parlamento europeo appartenenti alla commissione per la cultura e l’istruzione siamo d’accordo sull’importanza di questo tema.
Il 2007 sarà l’anno europeo delle pari opportunità, durante il quale dovremo anche prestare attenzione alla disabilità nei programmi per l’istruzione e la cultura. Le nuove tecnologie digitali, soprattutto quelle legate ai media, possono garantire pari opportunità ai disabili: è fondamentale usare questi strumenti a loro vantaggio. L’Unione europea ha in serbo importanti programmi culturali pluriennali tra il 2007 e il 2013, e il nostro gruppo desidera incrementare il numero dei disabili che vi parteciperanno.
Alcune settimane fa ho accolto un gruppo di visitatori in cui vi erano alcune persone disabili. Noi deputati al Parlamento europeo possiamo agire anche a livello personale. Forse le nostre possibilità sono limitate, ma potremmo invitare più visitatori disabili in Parlamento.
Iles Braghetto, a nome del gruppo PPE-DE. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il piano d’azione europeo 2006-2007 per le persone con disabilità individua una strategia basata sul principio della non discriminazione nell’accesso ai beni e ai servizi per ogni cittadino europeo. Si tratta di una cultura non più legata ad un’idea di una passiva assistenza ma all’obiettivo dell’integrazione, della partecipazione attiva alla vita economica e sociale e del riconoscimento della tutela dei loro diritti. Centrale diventa il tema della qualità della vita, in modo che le persone diversamente abili realizzano le loro aspettative nel rispetto della dignità umana. E’ per questo che si sottolinea l’importanza anche del rapporto fra stato di salute ed ambiente in cui si vive.
Condividiamo l’articolazione dei tre obiettivi: completare l’attuazione della direttiva sulla parità di trattamento in tema di occupazione e di condizione di lavoro, rafforzare l’integrazione delle questioni legate alla disabilità nelle pertinenti politiche comunitarie, migliorare l’accessibilità per tutti. I nostri emendamenti hanno evidenziato la necessità di comportamenti tendenzialmente omogenei in tutti gli Stati membri, in materia di trasporti e di mobilità e a garantire un’adeguata assistenza del processo scolastico e formativo e nella famiglia, oltre a promuovere il linguaggio dei segni.
Fondamentale è anche sottolineare la necessità di stabilire e garantire principi europei elevati di qualità nella prestazione dei servizi sociali, perché è sulla qualità percepita dalla persona che si gioca la qualità di una vita piena nel futuro. Auspichiamo poi che all’affermazione di principio, seguano sempre più concreti atti operativi. Ringrazio infine la relatrice Lynne per il suo lavoro.
Evangelia Tzampazi, a nome del gruppo PSE. – (EL) Signor Presidente, la relazione dell’amica e collega, onorevole Lynne, con cui mi congratulo per avere prodotto un documento coeso e integrato, stabilisce i principi di base cui deve attenersi la politica dell’Unione europea e degli Stati membri in materia di disabilità.
Desidero accennare, in particolare, alla tutela dell’accessibilità dei disabili all’ambiente edilizio. Occorre eliminare gli ostacoli che impediscono loro di partecipare alla vita economica, sociale e culturale. Precludendone il naturale accesso a beni e servizi, non solo emarginiamo una fascia importante della popolazione, ma causiamo anche un grave danno economico, perché la escludiamo dal mercato del lavoro e dalla vita economica in generale, indirizzandola a una vita dipendente dai sussidi che può solo essere dannosa.
Inoltre, pur ritenendo che il sistema educativo ordinario sia un diritto fondamentale delle persone con disabilità e dia un contributo decisivo a una loro migliore integrazione nella società e alla lotta contro la stigmatizzazione e la discriminazione, non dobbiamo trascurare l’esigenza di mantenere, dove necessario, speciali strutture per l’istruzione.
Allo stesso modo, vorrei sottolineare l’importanza dei problemi di salute mentale e degli svantaggi che essa comporta, e ricordare la necessità di promuovere la salute mentale della popolazione.
Oltre a ciò, aggiungo che l’adozione di una definizione comune di disabilità a livello europeo faciliterà di gran lunga il riconoscimento dei problemi comuni delle persone disabili, allo scopo di adottare politiche comunitarie che attribuiscano maggiore valore aggiunto alle politiche sociali nazionali in un settore che ancora rientra – in maniera considerevole – nelle competenze degli Stati membri.
Infine, vorrei fare due osservazioni a nome dell’amico e collega onorevole Sifunakis, che ha elaborato il parere: in primo luogo, la Commissione deve promuovere la partecipazione delle persone disabili ai nuovi programmi pluriennali nel prossimo periodo di bilancio e, in secondo luogo, ci deve essere un corrispondente miglioramento degli impianti sportivi.
PRESIDENZA DELL’ON. KAUFMANN Vicepresidente
Arūnas Degutis, a nome del gruppo ALDE. – (LT) Desidero ringraziare i relatori, che hanno approfondito, presentando raccomandazioni al riguardo, una delle più urgenti questioni sociali di oggi: la piena integrazione nella società delle persone disabili. Condivido le molteplici raccomandazioni di chi ha preparato la relazione che dimostrano come, oggigiorno, questo settore sia ancora caratterizzato da molti problemi. Vorrei soffermarmi su alcuni di essi. Le moderne tecnologie dell’informazione, Internet e la televisione digitale offrono nuove opportunità di adattare l’informazione a ogni utente, in base al potenziale e alle esigenze di ciascuno. Esse includono un più ampio utilizzo dei sottotitoli e della lingua dei segni in televisione, postazioni di lavoro adattate alle persone con disabilità e interfacce Internet adeguate alle diverse esigenze, soprattutto sui siti web pubblici. Dobbiamo incoraggiare queste possibilità e fare in modo che siano sfruttate appieno. Nella progettazione di nuovi edifici occorre prestare la necessaria attenzione ai disabili. In futuro, sistemi di trasporto migliori aumenteranno la loro mobilità. E’ di fondamentale importanza che vengano sempre considerate queste particolari esigenze, soprattutto quando si utilizzano finanziamenti del Fondo europeo di sviluppo regionale e dei Fondi strutturali.
Parallelamente occorre migliorare la legislazione nazionale, eliminando tutte le disposizioni discriminatorie non conformi all’articolo 14 del Trattato di Amsterdam. Inoltre, è necessario allontanarsi sempre più dal modello medico della disabilità, e sostituirlo con un modello sociale. E’ della massima importanza che, nell’educare l’opinione pubblica, gli strumenti usati si accompagnino a sforzi comuni per eliminare stereotipi e preconcetti nei confronti dei disabili. Solo le iniziative globali e coordinate cui fa riferimento la relazione permetteranno di ottenere migliori risultati con maggiore rapidità.
Ilda Figueiredo, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) E’ fondamentale che le nobili promesse della Commissione e degli Stati membri sulla difesa dei diritti dei disabili non rimangano pura retorica. Occorre agire in modo più efficace, assicurare l’effettiva ottemperanza della legislazione esistente in materia e garantire diritti umani per tutti. Ci congratuliamo con la relatrice, onorevole Lynne, per il lavoro svolto, e ricordiamo l’importanza delle raccomandazioni contenute nella sua relazione, a cui abbiamo contribuito con alcune proposte.
Sottolineiamo, in particolare, l’efficace applicazione del quadro giuridico per la parità di trattamento in materia di occupazione, l’accesso universale ai trasporti pubblici e alle nuove tecnologie dell’informazione, e l’eliminazione delle barriere architettoniche. Insistiamo nuovamente sull’adozione di una direttiva specifica sulla disabilità, basata sull’articolo 13 del Trattato, e sulla firma e la ratifica della Convenzione ONU in materia.
Inoltre faccio appello agli Stati membri affinché si concentrino maggiormente sui bambini e i giovani disabili e sulla loro istruzione e, laddove possibile, sull’integrazione degli studenti disabili nel sistema scolastico ordinario, tenendo conto dell’assistenza specifica necessaria a soddisfare le particolari esigenze di questi alunni. Per concludere, chiedo che si presti particolare attenzione alle persone con gravi forme di disabilità e alle loro famiglie.
Mieczysław Edmund Janowski, a nome del gruppo UEN. – (PL) A nome del gruppo “Unione per l’Europa delle nazioni” desidero ringraziare l’onorevole Lynne per l’eccellente lavoro svolto. Oggi affrontiamo un tema che è metro di giudizio della nostra umanità. Ogni volta che viene discriminata una persona disabile, è un attacco alla dignità e ai diritti dell’uomo.
Il concetto di disabile in grado di esercitare i propri diritti di cittadino deve diventare qualcosa di più di un insieme di belle parole. Bisogna riconoscere che, negli ultimi anni, si è fatto molto al riguardo. Tuttavia, succede ancora troppo spesso che i disabili si sentano cittadini di seconda classe.
Integrare il mondo dei disabili nel resto della società è una grandissima sfida per gli Stati membri. Bisogna eliminare tutti i tipi di barriere: con questo non mi riferisco solo all’ambiente edilizio e ai mezzi di trasporto, ma anche, ad esempio, all’accesso al lavoro, alle cure mediche, all’assistenza sociale, all’istruzione, alla cultura e allo sport. Particolare importanza riveste il problema della disabilità tra bambini e giovani. Le disabilità possono essere fisiche, mentali, acquisite o congenite, ma voglio anche ricordare la situazione delle persone che hanno contratto disabilità con l’avanzare degli anni.
Sono convinto che le iniziative intraprese al riguardo dall’Assemblea contribuiranno a migliorare le condizioni di vita. Non si tratta di filantropia, ma di fare il nostro dovere.
Andrzej Tomasz Zapałowski, a nome del gruppo IND/DEM. – (PL) Signora Presidente, la relazione sulla situazione delle persone disabili nell’Unione europea allargata sembra più un elenco di desideri per migliorare la qualità di vita dei disabili che un effettivo resoconto e analisi dello stato attuale. Oltre alle ovvie questioni legate all’ambiente edilizio e ai trasporti, occorre agire con urgenza per sostenere finanziariamente i datori di lavoro, compensandoli delle perdite registrate per l’assunzione di persone disabili che, sul posto di lavoro, sono meno produttive.
Assicurare la necessaria assistenza nei periodo formativo ai disabili e a chi se ne prende cura rappresenta, al tempo stesso, una grandissima opportunità e un problema per le famiglie con membri disabili. Dare ai genitori la possibilità di stare a casa per il tempo necessario, concedendo loro un aiuto finanziario di modo che possano vivere con dignità, sarebbe un passo nella giusta direzione. L’Unione europea dovrebbe impegnarsi in tal senso e mettere a disposizione le risorse necessarie.
Bisognerebbe attribuire un ordine di priorità agli orientamenti volti a migliorare la situazione dei disabili, cosicché i nostri sforzi e aiuti non diventino dichiarazioni politiche prive di contenuto. Oltre a ciò, i disabili devono avere la certezza che gli Stati membri dell’Unione li sostengano, imponendo pene più severe per i reati perpetrati contro di loro.
Ana Mato Adrover (PPE-DE). – (ES) Signora Presidente, Commissario Špidla, onorevoli colleghi, oggi è un giorno importante per l’Assemblea; desidero quindi congratularmi con l’onorevole Lynne per la relazione, perché stiamo compiendo ulteriori progressi nella costruzione di un’Europa delle opportunità.
Oggi approveremo con un ampio consenso nuove misure che ci consentiranno di progredire nelle pari opportunità delle persone che soffrono di qualsiasi forma di disabilità.
Credo che questo nuovo piano d’azione europeo 2006-2007 sia una grande sfida per eliminare ogni tipo di discriminazione e che, oltre tutto, riconosca le esigenze dei disabili in tutta Europa.
Mi soffermerò su alcuni aspetti. In primo luogo, esso intende stabilire un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione, non solo a livello di accesso e istruzione, ma anche di promozione e di formazione continua.
In secondo luogo, indubbiamente migliora le condizioni e i diritti dei passeggeri disabili nel trasporto aereo, marittimo e terrestre. Tengo però a mettere in guardia – così come ho fatto nella relazione – contro il rischio di creare una nuova barriera per ora esistente: la barriera economica. Obbligare i disabili a essere accompagnati è positivo perché migliora la qualità del viaggio, ma non sarebbe giusto se dovessero farsi carico del biglietto di chi li accompagna, perché in tal caso queste persone dovrebbero pagare due biglietti, mentre normalmente se ne paga uno solo.
In terzo luogo, il miglioramento dell’accesso alle nuove tecnologie. Sicuramente le nuove tecnologie dovrebbero abbattere le molteplici barriere per i disabili, a condizione che si garantisca un accesso universale e che i progressi tecnologici tengano conto di queste persone sin dall’inizio, in fase di progettazione.
Inoltre, abbiamo bisogno di risposte integrate e coordinate sulla disabilità dei bambini e delle persone che già soffrono di altre forme di discriminazione, come le donne e gli anziani.
Infine, la prevenzione dei rischi sul lavoro. Abbiamo optato per un ampio accordo sui rischi professionali, già presentato all’Assemblea e che la Commissione non ha ancora esaminato – glielo ricordo, Commissario Špidla –, in cui si dovrà prestare particolare attenzione ai rischi che potrebbero correre le persone in ambito lavorativo.
Desidero altresì sottolineare il ruolo estremamente importante svolto dalle associazioni dei disabili.
Si tratta, senza dubbio, di una grande sfida e di un nuovo passo avanti per costruire quell’Europa delle opportunità che tutti noi vogliamo.
Richard Howitt (PSE). – (EN) Mi unisco alla relatrice nel ribadire il sostegno del Parlamento a una direttiva esaustiva contro le discriminazioni a favore delle persone disabili sulla base dell’articolo 13. La Presidenza portoghese l’ha promessa nel 2000 così come, nel 2003, l’ha promessa il precedente Commissario per l’occupazione e gli affari sociali. Quattro anni più tardi, a meno che non vengano presi provvedimenti, la Commissione continuerà a dire che esiste una gerarchia di discriminazioni, che nessuno di noi può accettare.
Mi compiaccio che il piano d’azione insista sulla necessità di spostare l’attenzione dai diritti occupazionali all’assistenza sociale. Faccio appello alla Commissione affinché inizi questo percorso con spirito genuino, impegnandosi a garantire uno stile di vita indipendente per i disabili, il diritto all’assistenza e il diritto, per i bambini disabili e i loro genitori, di scegliere di poter usufruire dei canali ordinari non solo nell’occupazione, ma anche nei settori dell’istruzione e degli alloggi.
Inoltre, possiamo impegnarci più a fondo nell’assistenza esterna sul fronte internazionale. Sosteniamo di avere un approccio alla disabilità fondato sui diritti umani: ebbene, cerchiamo di impegnarci di più nei nostri programmi mondiali per i diritti dell’uomo. Nel valutare l’adesione dei paesi candidati all’Unione europea non abbiamo considerato a sufficienza i diritti umani dei disabili: possiamo fare meglio in tal senso. Dobbiamo non solo procedere rapidamente verso la ratifica e la firma del progetto di Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ma anche collaborare con i governi dei paesi terzi affinché facciano altrettanto.
Infine, per quanto riguarda l’emendamento n. 5 del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, sono indignato che i conservatori cerchino di eliminare la parte del mio testo in cui si afferma che la Commissione dovrebbe monitorare la partecipazione ai programmi delle persone con disabilità. Non dobbiamo limitarci a parlare di partecipazione, bensì garantirla. Il gruppo PPE-DE dovrebbe ritirare questo emendamento.
Philip Bushill-Matthews (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, l’Unione europea è una società di valori comuni. Un criterio per giudicare il livello raggiunto dalla nostra società è il modo in cui affrontiamo i problemi dei membri più vulnerabili.
Lo scorso anno, in veste di relatore del Libro della Commissione sui cambiamenti demografici, sono stato invitato a parlare a una conferenza specifica sulla disabilità a Graz, durante la Presidenza austriaca. Lo striscione sul palco dietro a me diceva semplicemente Leben wie andere auch, vivere come gli altri. In inglese la traduzione del termine “leben” non è semplicemente “vivere”, bensì “avere una vita”, e scopo della nostra società dovrebbe essere aiutare tutti i suoi membri a vivere e avere una vita come qualsiasi altro membro della società.
I conservatori britannici non sono convinti della necessità di avere più legislazione a livello comunitario per raggiungere questo obiettivo; crediamo, invece, che l’intera società debba sposare questa causa. Non abbiamo bisogno di uno Stato assistenziale, ma di una società assistenziale, in cui le comunità prendano atto delle proprie responsabilità nell’aiutare tutti i loro membri.
I governi non possono fare tutto, ma possono dare la possibilità di scegliere, aiutare le persone disabili a fare ciò che veramente vogliono, eliminando gli ostacoli sul loro cammino – ostacoli nell’istruzione, nell’occupazione o, semplicemente, nell’andare da un posto all’altro. I governi possono anche promuovere e creare una cultura dell’indipendenza, invece che della dipendenza. Sostenere le persone con disabilità non significa solo prestare assistenza: significa esaudire il loro desiderio di vivere la propria vita, proprio come la vivono gli altri.
Accogliamo con favore questa attenta relazione di iniziativa su un argomento così importante. Ovviamente la sosterremo, e ci congratuliamo con la relatrice.
Elizabeth Lynne (ALDE). – (EN) (Inizia l’intervento senza microfono) … soprattutto quello che il Commissario ha appena detto riguardo all’unità di intenti tra Parlamento e Commissione sui diritti dei disabili.
Signor Commissario, lei ha parlato di accessibilità dei servizi. Ovviamente, l’accessibilità dei servizi è possibile solo con una direttiva specifica sulla disabilità. Sono lieta che anche l’onorevole Howitt e molti altri deputati l’abbiano citata. Oggi vorrei avere da parte sua, signor Commissario, una sorta di impegno sui tempi entro cui la proporrà. Accolgo con favore quanto ha detto sui Fondi strutturali. E’ estremamente importante disporre di un criterio sulla disabilità nei Fondi strutturali, e sono lieta che ora sia stato previsto.
Uno dei deputati in Aula ha anche parlato di integrazione della dimensione di disabilità: è molto importante garantirla.
Onorevole Tzampazi, la ringrazio vivamente per tutto il lavoro e l’assistenza prestata. Abbiamo lavorato a stretto contatto su questo tema. E’ molto giusto parlare di Anno europeo dei disabili e, partendo da questo, andare avanti.
Purtroppo non ho abbastanza tempo per parlare di istruzione e formazione. Ci sono moltissimi aspetti che vorrei citare, ma la cosa veramente essenziale è una direttiva specifica sulla disabilità.
Vladimír Špidla, Membro della Commissione. – (CS) Onorevoli deputati, desidero ringraziarvi per il dibattito, che ho seguito con interesse. Credo che la conclusione dell’onorevole Lynne rifletta la situazione reale, e sono stato lieto di apprendere che la commissione competente ritiene che le posizioni del Parlamento e della Commissione europea siano molto vicine.
Sono stati menzionati i principi più importanti, la non discriminazione e l’inclusione attiva, sono stati chiariti alcuni punti e altri sono stati sollevati da opinioni diverse nel dibattito. Poiché molti oratori hanno citato le modifiche al quadro giuridico europeo, vorrei sottolineare che quest’anno sarà completato uno studio di fattibilità su come migliorare il quadro giuridico sui disabili.
Onorevoli parlamentari, forse è anche giusto ricordare che il 2007 è l’anno delle pari opportunità: è, a mio avviso, una buona possibilità per mobilitare la Comunità.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà oggi.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)
Carlo Casini (PPE-DE). – Esprimo il mio più convinto favore alla relazione Lynne, in quanto ha saputo cogliere in ampia parte le problematiche che interessano il composito mondo della disabilità, ipotizzando azioni e strumenti sufficientemente appropriati per venire incontro alle relative esigenze di vita, di relazione e di collocazione sociale.
Da quest’Aula vorrei rappresentare anche l’auspicio che alle affermazioni di principio, condivisibili, seguano sempre più concreti atti operativi da parte della Commissione esecutiva, che i “diversamente abili” (o, se si preferisce, i “portatori di abilità differenti”) possano realizzare le aspettative di vita nel rispetto della loro dignità umana. Il testo che ci apprestiamo a votare ben sintetizza, con il lavoro fatto dalla relatrice nella nostra commissione parlamentare, nonché le istanze sociali provenienti dalle varie realtà nazionali.
Sottolineo a questo proposito l’opportunità che il comportamento degli Stati membri della Comunità europea sia tendenzialmente omogeneo, per evitare che si concretizzino in questa materia sperequazioni ingiustificate tra cittadini europei per il solo fatto della diversa appartenenza geografica.
Zita Gurmai (PSE). – (HU) Nell’Europa odierna le persone disabili affrontano particolari difficoltà e forme di discriminazione a vari livelli. Nella maggioranza dei luoghi anche la mobilità più elementare è stata resa impossibile, per non parlare dell’integrazione sociale. E’ importante che questo si sappia: vivere in maniera indipendente non significa solo essere membri di una società, ma essere membri della società alla stessa stregua degli altri. Tutti i responsabili decisionali e politici dovrebbero considerare attentamente questo aspetto.
Le persone che soffrono di disabilità rappresentano il 10 per cento della popolazione europea. Pertanto, la loro integrazione e capacità d’azione non è solamente una questione sociale, bensì un interesse reciproco: in effetti, la creazione di posti di lavoro per i disabili e il loro coinvolgimento nell’istruzione e nella formazione professionale permanente contribuiscono non solo a migliorare le loro condizioni di vita, ma anche a sviluppare l’economia europea.
E’ difficile trovare il modo giusto per affrontare la questione, e non solo perché i dati statistici del settore sono inadeguati. I disabili sicuramente costituiscono un gruppo composto da persone molto diverse, del tutto eterogenee, e quindi le numerose sfide del settore richiedono un approccio integrato, basato sul genere: è un elemento di cui bisogna tenere conto a tutti i livelli politici. Per giunta, come in molti altri settori, la situazione delle donne con disabilità è spesso più svantaggiata rispetto a quella degli uomini, e le donne sono più frequentemente vittima della povertà e dell’emarginazione sociale. E’ un aspetto che occorre considerare nella vasta gamma di programmi e misure.
Hélène Goudin (IND/DEM). – (SV) La lista di giugno ritiene del tutto inaccettabile che le persone disabili siano oggetto di pregiudizi e inutili trattamenti speciali, o che abbiano opportunità limitate. Queste situazioni non corrispondono al nostro concetto di Unione europea intesa come unione di valori.
Il regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 luglio 2006 rappresenta, quindi, un passo avanti e chiarisce un punto che dovrebbe essere ovvio, soprattutto perché abbiamo un mercato interno comune: le persone con disabilità dovrebbero godere degli stessi diritti degli altri cittadini nel trasporto aereo.
La Svezia è un paese all’avanguardia nei diritti delle persone disabili. Una normativa europea generale, volta a precisare in maniera dettagliata come trattare i disabili, avrebbe potuto sollevare qualche interrogativo sulle riuscite riforme svedesi degli anni ’70 e ’80. Facciamo allora a meno di un regolamento puntuale, per affermare chiaramente e senza ambiguità che la società, il commercio, l’industria e tutti noi dobbiamo trattare le persone disabili esattamente alla stessa stregua degli altri.
Per concludere, facciamo un po’ di esercizio di autocritica. Le Istituzioni europee propongono relazioni sui diritti delle persone disabili, ma al tempo stesso non riescono a fare in modo che tutti gli edifici dell’UE siano adeguati in tal senso. I siti web e i documenti dell’Unione europea non sono accessibili in formati adeguati alle persone con disabilità, soprattutto a coloro che hanno deficit visivi. Quando i questori al Parlamento europeo e le relative autorità dell’Unione intendono prendere provvedimenti su queste urgenti questioni, che ci toccano così da vicino?
6. E’ ora di cambiare marcia – Costituzione di un nuovo partenariato per la crescita e l’occupazione
Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0384/2006) presentata dall’onorevole Pilar del Castillo Vera a nome della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, è ora di cambiare marcia – Creare un’Europa dell’imprenditorialità e della crescita [2006/2138(INI)].
Pilar del Castillo Vera (PPE-DE), relatore. – (ES) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, il dibattito odierno verte su una relazione che verrà votata stamattina e che rappresenta un compendio di una serie di relazioni presentate dalla Commissione con un obiettivo fondamentale e molto ben definito, vale a dire la definizione di un insieme di misure che consentano di sviluppare in Europa una società e un’economia basate sulla conoscenza che, in ultima analisi, costituiscono lo strumento fondamentale per generare occupazione e crescita e, di conseguenza, per creare benessere a vantaggio di tutti gli europei.
La relazione in oggetto, analogamente ad altre relazioni prodotte da esperti, quali la relazione Aho, un documento estremamente completo e preciso sui medesimi temi, o ad altre relazioni precedenti della Commissione, presenta una situazione di cui viene fornita – a mio avviso – un’ottima diagnosi del punto in cui ci troviamo, del motivo per cui ci troviamo in tale situazione e di cosa ci occorre. Non esiste probabilmente alcuna altra area di cui abbiamo una conoscenza così precisa per promuovere la crescita in Europa.
Abbiamo una diagnosi e le relative soluzioni. Sappiamo tutti che per promuovere una società basata sulla conoscenza dobbiamo dare impulso all’innovazione. Sappiamo tutti che occorre incentivare la formazione per consentire ai cittadini di adeguarsi ai cambiamenti in campo occupazionale, di “riciclarsi” e di trovare nuove tipologie d’impiego. Sappiamo tutti che l’innovazione è necessaria affinché il sistema dello Stato sociale non perda la propria capacità di soddisfare le esigenze dei cittadini in termini di salute, formazione e così via. Sappiamo anche che alle aziende serve un quadro favorevole, condizioni che le agevolino e le incoraggino a sviluppare l’innovazione, risparmiando loro gli oneri della burocrazia e le difficoltà in tutta una serie di ambiti d’azione.
Non è questa la sede per elencare ciascuno degli aspetti della relazione, visto che sono a vostra disposizione e sono noti a tutti. Vorrei cogliere invece l’occasione per porre l’accento per quanto possibile sulla necessità di smettere una volta per tutte di parlare e di affibbiare titoli altisonanti a relazioni e analisi, mentre l’azione degli Stati nazionali continua a essere relativamente paralizzata. Il passo compiuto in relazione ai 25 programmi nazionali di riforma è importante, ma secondo me dovremmo insistere soprattutto su una valutazione molto approfondita dei progressi realizzati mediante tali programmi.
Col passare del tempo, il nostro ritardo aumenta. Quando è stata redatta l’agenda di Lisbona, vi erano aspettative ben precise rispetto alla probabile evoluzione degli eventi. A metà del periodo di attuazione dell’agenda, la media europea – con situazioni che naturalmente variano da paese a paese – era peggiore di quando era stata definita l’agenda stessa. Nel 2010 potremmo riscontrare l’assenza di ogni progresso e l’accumulo di ulteriori ritardi. Sono pienamente convinta che, se dovessimo ingaggiare un revisore esterno, rimarrebbe senza parole di fronte alla precisione della nostra diagnosi, alla bontà dei nostri rimedi e delle soluzioni proposte, ma anche, malgrado tutto ciò, alla paralisi completa della loro applicazione.
Le società, così come la vita stessa, nascono dalla collaborazione tra diverse generazioni. Una generazione porta il testimone: è come una staffetta, ma sono le nostre stesse fondamenta a rappresentare il testimone. Oggi crescono e nascono molti europei. Altri, tra cui noi stessi, andranno presto in pensione. A tutti noi serve una società in cui l’Europa possa continuare ad avere quella capacità di competere, quella leadership e lungimiranza di cui ha dato prova in passato, perché gli europei si sono sempre impegnati con tutto il cuore e tutta l’anima per lasciare un’eredità migliore per il futuro dei loro paesi e, nel nostro caso, per l’avvenire di tutti i paesi che compongono la società europea.
Pertanto, è una nostra responsabilità e dobbiamo adempiere a tale compito con tutto il cuore e tutta l’anima.
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Signora Presidente, onorevoli deputati, la Commissione è lieta di poter partecipare al dibattito odierno su una politica europea per la crescita e l’occupazione, e accoglie con grande favore la relazione in oggetto. Vorrei ringraziare sinceramente la relatrice, onorevole del Castillo Vera, per l’esame approfondito e obiettivo delle tematiche in questione.
Il dibattito odierno ha luogo pochi giorni prima della decisione della Commissione sulla relazione intermedia concernente la politica per la crescita e l’occupazione nel 2006. Condivido l’analisi dell’onorevole del Castillo Vera secondo cui noi, in Europa, siamo perfettamente consapevoli dei nostri problemi. Sappiamo anche esattamente che cosa bisogna fare. Abbiamo le risposte giuste ai problemi ma – e proprio su questo punto l’onorevole del Castillo Vera ha del tutto ragione – l’attuazione delle misure ritenute corrette è problematica, in particolare a livello nazionale. E’ anche facile spiegarne il motivo.
Le esigenze di riforma a lungo termine da noi individuate per la politica europea in materia di crescita e occupazione si scontrano regolarmente con gli interessi a breve termine della politica nazionale. Da qualche parte è sempre periodo di elezioni e il meccanismo finisce per bloccarsi. Malgrado ciò, oggi posso confermarvi che la relazione intermedia che adotteremo tra due settimane invierà due segnali insolitamente positivi.
Il primo segnale è che in Europa disponiamo per la prima volta di un meccanismo funzionante per coordinare le politiche economiche degli Stati membri e dell’UE stessa. Il problema di fondo della strategia di Lisbona, come la relatrice ha segnalato, era proprio questo: obiettivi molto ambiziosi abbinati tuttavia a un meccanismo di attuazione praticamente inesistente.
La seconda risposta positiva è il fatto che le priorità degli Stati membri sono notevolmente cambiate. Nelle nostre relazioni, che coprono ogni paese e ogni settore dell’economia, dimostreremo che le tematiche della strategia comunitaria sono ora all’ordine del giorno in tutta Europa. Tali questioni sono istruzione e formazione, ricerca e sviluppo, innovazione, condizioni più vantaggiose per le aziende, in particolare per le piccole e medie imprese, e il miglioramento dell’occupabilità dei gruppi sociali a cui è negato l’accesso al mercato del lavoro. Si tratta dei temi più urgenti nell’agenda politica di ogni paese membro, di conseguenza sono molto lieto che la relazione oggetto del dibattito odierno contenga argomenti molto precisi al riguardo. Vorrei sottolineare nel modo più esplicito possibile la mia soddisfazione per il fatto che la relazione appoggi così chiaramente la politica della Commissione concernente le piccole e medie imprese e l’innovazione.
Ribadisco che il futuro della nostra crescita e dei nostri posti di lavoro dipende dalla capacità che dimostreremo di rafforzare il potenziale innovativo delle piccole e medie aziende, per consentire loro di contribuire in maniera sempre più significativa alla crescita e occupazione in Europa. I nuovi posti di lavoro che ci occorrono verranno generati proprio in tale settore, di conseguenza è importante che tutte le nostre politiche vengano valutate in base al potenziale di conferire alle piccole e medie imprese europee il margine di manovra necessario.
A breve potremo discutere dello stato della politica per la crescita e l’occupazione sulla base della relazione intermedia della Commissione. Sono fermamente convinto che, in quell’occasione, l’onorevole del Castillo Vera converrà con me che l’Europa non si trova in una situazione di ristagno, bensì si sta chiaramente muovendo nella giusta direzione.
Patrizia Toia (ALDE), relatrice per parere della commissione per l’occupazione e gli affari sociali. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, l’Unione europea ha senz’altro bisogno di un rinnovato slancio per poter recuperare quella distanza, quel divario esistente rispetto ad altre economie forti nel mondo, economie dinamiche, competitive: non penso solo a quelle tradizionali ma anche a quelle nuove, che si sono affacciate sulla scena mondiale. L’Europa rischia dunque parecchio se non saprà tenere il passo e rinnovarsi, dandosi quello slancio e quella marcia in più che le viene richiesta, anche attraverso questa discussione. Essa rischia di perdere quella compatibilità che sempre ha saputo dimostrare tra la crescita economica, produttiva e industriale e, insieme, la coesione sociale e la capacità di valorizzare l’occupazione e la dimensione di una crescita più inclusiva.
Questa marcia in più ha bisogno, a mio avviso, di due elementi: per quanto riguarda il primo, dobbiamo intervenire sui nuovi fattori di crescita dell’economia e dell’occupazione: il capitale umano, la sua formazione, la cura dell’attitudine e delle competenze, e l’innovazione tecnologica, intesa anche come capacità di trasferire nei processi produttivi i risultati della ricerca e i risultati di ciò che oggi la conoscenza ci mette a disposizione. Ma c’è un secondo elemento, che vorrei accennare in chiusura, che diventa fondamentale per vincere questa sfida: occorre che l’Europa agisca di più insieme! L’Europa deve darsi questa capacità strategica di una visione comune. Venticinque piani nazionali indeboliscono la nostra capacità di crescere insieme: occorre un’unica visione, una visione più univoca. Occorrono, insomma, politiche più armonizzate nel campo fiscale, nel campo dell’occupazione e nel campo delle politiche industriali.
Gyula Hegyi (PSE), relatore per parere della commissione per la cultura e l’istruzione. – (EN) Signora Presidente, un tempo i giovani imparavano il mestiere nelle officine di maestri più anziani. In Ungheria, prima dei conflitti mondiali e della cortina di ferro, molti giovani si recavano in Europa occidentale per alcuni anni per protrarre la loro formazione professionale prestando la propria opera nelle officine di datori di lavoro stranieri. In tal modo, apprendevano sia il mestiere, sia un paio di lingue straniere.
Non dovremmo inventare cose nuove, bensì limitarci a tenere vive le vecchie tradizioni. I tempi sono ovviamente cambiati, e lo Stato svolge un ruolo importante nella formazione professionale. Tuttavia, come accadeva un tempo per i singoli formatori o le corporazioni d’arti e mestieri, le piccole e medie imprese dovrebbero venir coinvolte nell’organizzazione di tirocini per gli studenti. I nostri progetti nel campo della formazione professionale sono piuttosto modesti. Dobbiamo erogare maggiori risorse finanziarie a favore di programmi che garantiscono un’esperienza all’estero e, possibilmente, lo scambio di studenti.
La formazione professionale dovrebbe inoltre prevedere corsi di lingue, compreso il gergo tecnologico commerciale. E’ bello conoscere a memoria i monologhi di Amleto, ma i falegnami e gli operatori informatici dovrebbero avere la padronanza della terminologia professionale anche nelle lingue straniere.
Andrzej Jan Szejna (PSE), relatore per parere della commissione giuridica. – (PL) Signora Presidente, vorrei fare i più calorosi complimenti alla relatrice e ringraziarla per tutto il lavoro svolto su una questione di tale importanza per il futuro dell’economia europea. Purtroppo, siamo costretti a riconoscere che i risultati economici della Comunità europea sono costantemente deludenti, in particolare se si considerano le opportunità offerte dal mercato unico europeo. Un’attenzione specifica andrebbe dedicata alle difficoltà incontrate dalle piccole e medie imprese. Dopo tutto, le PMI figurano tra i motori dell’economia europea.
Una migliore regolamentazione e la semplificazione sono essenziali per accrescere la coesione e la chiarezza della legislazione comunitaria, e potrebbero essere utili per ridurre l’onere amministrativo che incide così pesantemente sulle PMI. Le proposte legislative future dovrebbero adottare un approccio ampio e completo, che tenga conto in dettaglio della legislazione attuale e si basi su una valutazione approfondita delle implicazioni. Dovrebbero esserci contatti periodici con le PMI e le organizzazioni che le rappresentano, in modo da coinvolgerle nell’attuazione e nello sviluppo futuro dei programmi comunitari.
Dominique Vlasto, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signora Presidente, consentitemi innanzi tutto di ringraziare la relatrice, onorevole del Castillo Vera, e di congratularmi con lei per questa relazione eccellente, soprattutto perché strutturata attorno a un insieme chiaro di tematiche volte a migliorare l’attuazione della strategia di Lisbona. Ritengo che un punto in particolare ci debba incentivare a cambiare le cose, vale a dire la revisione del brevetto comunitario.
Come ha rilevato l’onorevole del Castillo Vera, ripetiamo ormai da troppo tempo che è essenziale che l’innovazione venga promossa tramite un’armonizzazione a livello europeo. E’ ora che le nostre parole vengano ascoltate. Parliamo di legiferare meglio, e la legislazione in materia ha un campo di applicazione molto vasto. Abbiamo tutte le ragioni per essere sorpresi del ritardo accumulato dall’Europa in termini di innovazione. Considerando tuttavia che un brevetto costa mediamente 46 700 euro in Europa contro i 10 250 euro degli Stati Uniti, tale situazione purtroppo è presto spiegata. Oneri così alti sono il modo migliore per soffocare l’innovazione delle piccole e medie imprese. Tali costi sono davvero proibitivi. E’ pertanto urgente che il Consiglio rifletta nuovamente su come districare le nostre imprese da questa sfavorevole situazione.
Vorrei ora sottolineare un altro punto importante che avremmo dovuto sollevare nella relazione, segnatamente l’accordo sugli appalti pubblici. Tale accordo, in via di riorganizzazione sotto gli auspici dell’Organizzazione mondiale del commercio, offre ai 36 firmatari, compresi i nostri 25 paesi membri, l’accesso ai mercati degli appalti pubblici dei rispettivi partner. Molti dei suddetti partner non si attengono tuttavia alle regole del gioco. Basti guardare come si comportano gli Stati Uniti e il Canada, che si appellano a disposizioni nazionali per escludere dal campo di applicazione dell’accordo taluni mercati di appalti pubblici che riservano alle loro PMI, benché poi tali paesi possano farsi avanti nei mercati degli appalti dei 25 Stati membri.
Ritengo inaccettabile che i progressi compiuti nelle relazioni transatlantiche vadano tutti nella medesima direzione. Abbiamo pertanto l’obbligo di promuovere una legge europea in materia di piccole imprese sulla falsariga di quella in vigore negli USA dal 1953. Possiamo dire di avere un ritardo di 50 anni. Concorderete con me che quel che è troppo è troppo. E’ nostro compito produrre leggi migliori.
Norbert Glante, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, come continuiamo a ripetere, le piccole e medie imprese costituiscono la spina dorsale dell’economia europea e danno occupazione alla maggior parte dei lavoratori del continente, pur continuando ad avere molti problemi.
Voglio precisare che la prima comunicazione della Commissione in cui venivano affrontate diverse problematiche ci è stata inoltrata nel luglio 1994, seguita dalle raccomandazioni del dicembre dello stesso anno e da una seconda comunicazione nel 1998, e poi nel 2000 gli esperti hanno constatato che negli Stati membri non era stata attuata nemmeno la metà delle misure. Va rilevato che, ad oggi, solamente il 55 per cento dei provvedimenti è stato applicato, pertanto gli Stati membri devono far seguire alle parole le azioni.
Vorrei soffermarmi sul trasferimento di imprese, una questione importante a cui viene riservata scarsa attenzione, se si considera il problema nel suo complesso; non soltanto da parte delle autorità responsabili della legislazione fiscale degli Stati membri, bensì anche delle imprese stesse, che devono darsi da fare per tempo per risolvere la questione del trasferimento delle loro attività a un nuovo titolare.
Tutte le parti interessate hanno compiti ben precisi. La nostra Assemblea, non da ultimo nell’ambito del settimo programma di ricerca, è intervenuta nell’interesse delle piccole e medie imprese; se ne è parlato anche troppo, adesso è tempo di agire.
Ona Juknevičienė, a nome del gruppo ALDE. – (LT) In primo luogo, desidero congratularmi con la relatrice per la preparazione del suo intervento. Sono sostanzialmente d’accordo con lei. Si tratta dell’ennesimo documento di una lunghissima serie destinato a incoraggiare l’imprenditorialità europea – a partire dall’espansione delle piccole e medie imprese. Di fatto, la politica comunitaria in materia è coerente e, a mio avviso, equa. Il problema è che nella realtà tale politica spesso non viene osservata. Le leggi vengono frequentemente ignorate e si creano ostacoli di carattere burocratico. Vorrei soffermarmi su due problemi, poiché ritengo che dalla loro soluzione dipenda il successo delle piccole e medie imprese. In primo luogo, c’è il problema delle procedure di registrazione delle imprese. La Commissione aveva promesso che entro la fine del 2007 il cosiddetto “principio dell’unica finestra” sarebbe stato attuato in tutta la Comunità. In occasione del vertice di marzo, gli Stati membri avevano inoltre convenuto di semplificare le procedure di registrazione delle nuove imprese. Si era concordato che non dovessero durare più a lungo di una settimana. Tuttavia, in alcuni paesi dell’Unione la registrazione delle imprese dura in realtà da un giorno a parecchie settimane. Anche i costi di registrazione variano notevolmente. In alcuni paesi l’operazione è gratuita, in altri può costare fino a centinaia di euro.
Il secondo problema consiste nel controllo sulle attività delle imprese, soggette alla supervisione di diverse istituzioni statali. Attualmente in Lituania sono in funzione 152 organi di controllo. Gli operatori economici lo citano come uno dei problemi più ingenti e una delle maggiori fonti di corruzione. Recentemente 300 dipendenti della Commissione si sono assunti l’impegno di lavorare per almeno una settimana in una piccola e media impresa entro il 2009, per tentare di comprenderne le difficoltà. Si tratta di un’iniziativa gradita e concreta. Misure simili dovrebbero forse essere estese ad altre parti d’Europa, ma la Comunità le appoggerebbe? Di certo dovremmo eliminare gli ostacoli burocratici che si frappongono all’espansione delle attività. Solo allora potremo dire di creare l’Europa attraverso le imprese e di incoraggiarne la crescita.
Guntars Krasts, a nome del gruppo UEN. – (LV) Grazie. E’ fuor di dubbio che le conquiste nel campo dell’innovazione, la capacità di sfruttarle e l’abilità nel ravvivare l’ambiente imprenditoriale, in particolare nelle piccole e medie imprese, determineranno il posto occupato dall’Europa nella concorrenza economica globale. L’Europa deve adottare una posizione proattiva e di guida nella regolamentazione globale in materia economica e sociale. Ad esempio, se volessimo recuperare terreno con gli USA nel campo dell’innovazione in cui, secondo una valutazione della Commissione europea, abbiamo al momento un ritardo di 50 anni, dovremmo cambiare i rapporti esistenti tra scienza e imprese, e tra le aziende e il ruolo di regolamentazione dello Stato, nonché i modelli di finanziamento della scienza. Le restrizioni, e non la carenza di spirito imprenditoriale, sono la ragione per cui la maggior parte dei cittadini europei preferisce essere dipendente piuttosto che datore di lavoro. Accogliamo con favore l’enfasi posta dalla relazione sul ruolo del mercato comune nella promozione dell’attività imprenditoriale. Le aree in cui tale mercato non sta funzionando a dovere sono i servizi e la libera circolazione della manodopera. Per quanto riguarda la promozione della libera circolazione, siamo in ritardo con l’equiparazione dei diplomi e delle qualifiche tra Stati membri, un problema che si è aggravato dopo l’allargamento del 2004 e con l’adesione di Bulgaria e Romania. Auspico che la relazione induca gli eurodeputati a riconsiderare la questione e a comprendere gli errori che sono stati commessi, non da ultimo nella direttiva sui servizi di recente adozione e con la mancata introduzione del brevetto europeo. Grazie.
Godfrey Bloom, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signora Presidente, vorrei mettere per un attimo alla prova i nostri bravissimi interpreti. “Imprenditorialità dell’Unione europea” è un ossimoro, vero? La vera raison d’être – mi si consenta di utilizzare il gergo locale – è il soffocamento delle piccole imprese. Norme e regolamenti a non finire vengono solitamente elaborati da persone prive di esperienza commerciale. Giusto ieri ho scorso l’elenco degli oltre 700 eurodeputati, e non sono riuscito a trovare più di 5 persone che vantassero un’autentica esperienza di tipo commerciale.
I Commissari vanno in vacanza sul panfilo della Microsoft, il Primo Ministro britannico intrattiene rapporti stretti con Lord Browne della BP, e così via, ma questo non ha nulla a che vedere con l’esperienza commerciale.
Le imprese in Europa sono rappresentate da milioni e milioni di piccoli imprenditori e imprenditrici che conducono una vita di silenziosa disperazione, alla ricerca della sopravvivenza. Le piccole imprese rappresentano oltre il 52 per cento del PIL britannico.
In questa sede ci dite a quale età possiamo assumere personale, di che colore può essere, quante ferie avrà, quanto percepirà di pensione. E’ una storia infinita. Se volessimo veramente risolvere il problema e creare imprenditorialità, dovremmo eleggere solamente Commissari ed eurodeputati che abbiamo lavorato onestamente almeno per un giorno della loro vita. Non ce n’è nessuno!
(Applausi dalla tribuna del pubblico)
Presidente. – Pur comprendendo che alcuni degli interventi dell’Assemblea possano suscitare il plauso o la disapprovazione dei visitatori, mi vedo costretto a chiedere al pubblico in tribuna di astenersi dall’esprimere le proprie opinioni.
Ashley Mote (NI). – (EN) Signora Presidente, mi chiedo quanti eurodeputati qui presenti abbiano mai avuto l’idea di avviare una nuova impresa, abbiano reperito personalmente i fondi, a loro rischio, abbiano gestito con successo tale attività per 20 anni e abbiano creato posti di lavoro e ricchezza. Vedo che nessuno alza la mano, eppure qui c’è una Commissione che parla di autorizzazioni agli imprenditori e di condizioni di parità – la contraddizione più palese che si possa immaginare con il termine “imprenditore”. La sostanza dell’imprenditorialità consiste nella creazione di qualcosa a cui nessuno aveva mai pensato prima.
Abbiamo il Commissario che parla di penalizzare l’impiego delle unità di misura imperiali sulle esportazioni dal Regno Unito a decorrere dal 2009. Tale provvedimento andrà a discapito di produttori di pneumatici, biciclette, vestiario, apparecchiature mediche, prodotti caseari, alimenti surgelati, carta speciale, elettrodomestici, utensili manuali, componenti per computer e prodotti petroliferi e gassosi, senza eccezioni. Uno di tali produttori della mia circoscrizione sarà costretto a dichiarare fallimento, in quanto non potrà in nessun modo vendere i propri componenti all’industria statunitense del petrolio e del gas. Non solleverà la propria trivella di migliaia di piedi soltanto per controllare una misura – figuriamoci! O diventerà un criminale per proseguire l’attività o dovrà chiudere bottega.
Anni fa sono entrato nell’ufficio di uno degli industriali più importanti degli Stati Uniti e alle sue spalle era appeso un cartello con scritto: “Se non sei parte della soluzione, fai parte del problema, per cui togliti di mezzo!” E’ questo il messaggio che affido a quest’Assemblea.
Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk (UEN). – (PL) Signora Presidente, sono molte le ragioni per cui l’Europa esce sconfitta dalla concorrenza con altri paesi. I risultati sono insoddisfacenti sia rispetto ai paesi altamente industrializzati, sia rispetto a quelli in via di sviluppo. Non ho tempo di citare tutti i fattori coinvolti, ma i principali sono un sostegno inadeguato alle PMI e investimenti insufficienti nella scienza e nell’istruzione.
Oggi vorrei tuttavia soffermarmi su un aspetto diverso, vale a dire le divergenze accentuate di sviluppo in seno all’Unione europea, a livello sia nazionale sia regionale. Se vogliamo creare un vero e proprio spazio europeo scientifico e tecnologico, dobbiamo innanzi tutto colmare il divario tra i paesi membri più ricchi e quelli più poveri. Tale obiettivo implica ovviamente più risorse, con cui intendo non solamente i Fondi strutturali o quelli stanziati a favore dell’agricoltura, bensì anche le risorse per la ricerca e sviluppo, per la scienza e l’istruzione.
Purtroppo, i paesi ricchi sono riusciti ad aggiudicarsi quasi tutti i finanziamenti stanziati a tali fini, sostenendo di essere più efficienti nelle aree in questione. Non deve pertanto sorprendere che le differenze tra regioni ricche e povere dell’Unione si stiano accentuando invece che scomparire, e che l’Unione europea si stia sviluppando a un ritmo significativamente inferiore rispetto agli Stati Uniti o ai paesi asiatici.
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Signora Presidente, onorevoli deputati, vorrei aggiungere due osservazioni.
La prima è che, per quanto si voglia andare avanti con le alle critiche alle condizioni – e la Commissione, come sapete, non si tira indietro quando le critiche sono meritate – una cosa non va dimenticata, e cioè che le statistiche economiche europee mostrano una tendenza al rialzo. La crescita quest’anno è stata molto superiore alle aspettative, si comincia a sentire chiaramente il calo della disoccupazione, le aziende europee stanno producendo di più, ed è evidente che le priorità degli Stati membri stanno cambiando, orientandosi sempre più al miglioramento delle condizioni per le attività imprenditoriali.
In secondo luogo, rispetto ad esempio agli Stati Uniti, è vero che in Europa ci sono meno persone disposte a mettere in piedi un’azienda, a gestirla, o – per usare le parole utilizzate dal collega un attimo fa – ad assumersi il rischio di destinare il proprio denaro alla creazione di occupazione. Le cause che sottendono a tale situazione sono molto interessanti e hanno a che vedere con la nostra cultura. Anche per tale motivo la Commissione ha proposto così attivamente di mettere in stretta correlazione l’imprenditoria e l’istruzione; fin dalla scuola e dall’università dev’esserci la possibilità di guidare i giovani verso l’attività imprenditoriale. Risultati eccellenti stanno emergendo nei paesi che stanno seguendo questa strada, mentre negli altri le imprese scarseggiano e la realtà pura e semplice è che non si possono generare posti di lavoro se mancano imprese che li creino.
Attualmente stiamo imparando – una questione di notevole interesse – che l’apprendimento pratico è tuttora il modo migliore di intervenire. Nel dibattito in corso si è già fatto riferimento al progetto Enterprise Experience, che ho avviato allo scopo di far trascorrere a tutti i funzionari senior dei miei servizi almeno una settimana in una piccola o media impresa. I primi cinquanta sono appena rientrati, e i risultati sono molto interessanti. Ciascuno di loro – ripeto, ciascuno, senza eccezioni – è tornato con proposte importanti di miglioramento, con metodi per semplificare la vita delle piccole e medie imprese, che meritano di essere oggetto di discussioni serie. D’altro canto, le aziende che hanno accolto i nostri funzionari e hanno permesso loro di lavorare hanno affermato di aver appreso moltissimo da questa esperienza e di essersi fatte un’idea molto più precisa di ciò che è o meno praticabile a livello europeo.
Desidero veramente incoraggiare gli Stati membri ad adottare iniziative analoghe. Le imprese cambiano così rapidamente che è assolutamente necessario che coloro che definiscono le condizioni entro le quali esse devono operare possiedano una conoscenza reale della situazione, acquisita mediante la personale osservazione di ciò che effettivamente accade nelle imprese e dell’impatto delle loro azioni.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà oggi, alle 11.00.
Dichiarazione scritta (articolo 142 del Regolamento)
Jean-Pierre Audy (PPE-DE). – (FR) Ho votato a favore dell’eccellente relazione dell’onorevole del Castillo Vera concernente l’imprenditorialità e la crescita. Tale documento rappresenta un contributo essenziale al raggiungimento degli obiettivi sanciti dalla strategia di Lisbona rivista, formulata per fare dell’Europa la regione più competitiva al mondo mediante il rinnovato interesse per la crescita e l’occupazione e il mantenimento dell’equilibrio tra i tre pilastri del processo: l’economia, la dimensione sociale e l’ambiente.
Se l’UE vuole uscire vittoriosa da tale sfida enorme di creare crescita e occupazione, deve tener debito conto delle piccole e medie imprese (PMI) che, non dimentichiamolo, offrono il 70 per cento del numero totale di posti di lavoro in Europa, con 75 milioni di lavoratori. Dopo aver realizzato il mercato interno interessandosi ai consumatori oltre che affidandosi alla concorrenza, l’UE d’ora in avanti deve rivolgere l’attenzione ai produttori e, mentre ci protegge dagli aspetti dannosi della globalizzazione, deve garantire il pieno e libero sviluppo della creatività europea. Deploro infine che non sia stata criticata la politica monetaria disastrosa della Banca centrale europea (BCE), in quanto tale politica non viene messa sufficientemente a servizio della crescita economica.
(La seduta, sospesa alle 10.50, riprende alle 11.00 per il turno di votazioni)
PRESIDENZA DELL’ON. McMILLAN-SCOTT Vicepresidente
7. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
Jacky Henin (GUE/NGL). – (FR) Signor Presidente, chiedo la parola per un richiamo al Regolamento. Diversi deputati, compreso il sottoscritto, sono preoccupati. Sembra che siano state adottate misure di sicurezza aggiuntive in quest’Aula. Dispone di informazioni da comunicarci o si tratta solo di spaventare salariati che intendono condurre un’azione sindacale?
Presidente. – Non sono a conoscenza di alcuna ragione particolare che giustifichi la presenza di misure di sicurezza supplementari, ma controlleremo e informeremo il Parlamento. Grazie per quest’osservazione, onorevole Henin.
8. Turno di votazioni
Presidente. – L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.
Alcuni deputati, che per impegni inderogabili non potranno essere presenti per tutto il tempo della votazione, mi hanno chiesto di anticipare il voto sulla relazione dell’onorevole Van Orden sulla Bulgaria e dell’onorevole Moscovici sulla Romania. Pertanto propongo di sottoporre a votazione entrambe le relazioni seguendo la procedura semplificata. Ci sono obiezioni su questo cambiamento dell’ordine di voto?
Hannes Swoboda (PSE). – (DE) Signor Presidente, è ovvio che sostanzialmente non esiste alcuna ragione per anticipare il voto sulle relazioni solo perché alcuni deputati non possono essere presenti, ma la Bulgaria, la Romania e la loro adesione rivestono un’importanza tale che possiamo acconsentire in via eccezionale a questa richiesta.
(Il Parlamento approva la modifica all’ordine di voto)
(Per i risultati e ulteriori dettagli sulla votazione: cfr. Processo verbale)
8.1. Armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore dell’aviazione civile (votazione)
8.2. Requisiti tecnici per le navi della navigazione interna (votazione)
8.3. Accordo di partenariato CE/Capo Verde nel settore della pesca (votazione)
8.4. Garanzia comunitaria alla Banca europea per gli investimenti (votazione)
8.5. Riformulazione dell’articolo 139 del regolamento – Disposizione transitoria sul regime linguistico (votazione)
8.6. Creazione di un’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (votazione)
Prima della votazione
Kinga Gál (PPE-DE), relatore. – (EN) Signor Presidente, il 12 ottobre, quando il Parlamento ha votato per l’ultima volta in merito alla relazione sul regolamento che istituisce un’Agenzia europea per i diritti fondamentali, abbiamo chiesto di rinviarla alla commissione competente conformemente all’articolo 53, paragrafo 2, del Regolamento. Da allora, il Consiglio e la Commissione hanno deciso di aggiungere dichiarazioni di carattere politico a integrazione del documento giuridico, proposta accettata dal Parlamento in un giro di consultazioni a tre. Pertanto vorrei chiedere al Parlamento di votare a favore nella votazione finale su questi argomenti e di non bloccare più la procedura.
8.7. Agenzia per i diritti fondamentali (attività relative al titolo VI del trattato sull’Unione europea) (votazione)
Prima della votazione
Magda Kósáné Kovács (PSE), relatore. – (HU) Signor Presidente, la mia relazione proponeva di estendere al terzo pilastro la competenza dell’Agenzia per i diritti fondamentali. Chiedo ai colleghi di continuare a sostenere questa raccomandazione e di votare la proposta originale del Parlamento. Da parte mia, ho preso nota del fatto che la dichiarazione politica contiene questa proposta in misura alquanto ridotta.
8.8. Adesione della Bulgaria (votazione)
Prima della votazione sull’emendamento n. 2
Rebecca Harms (Verts/ALE). – (EN) Signor Presidente, riguardo all’emendamento n. 2 presentato dal mio gruppo, vorrei comunicarle che, con la relazione Van Orden, il Parlamento viola la base giuridica del protocollo di adesione.
(DE) Nel protocollo di adesione abbiamo stabilito che la centrale atomica di Kozloduy deve essere chiusa. Contrariamente a quanto asserito dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, nulla è stato detto da parte del Consiglio o di EURATOM che possa alterare questo punto di vista, che ha a che fare con la sicurezza. Perciò invito i deputati al Parlamento europeo ad approvare il nostro emendamento affinché non violiamo il protocollo di adesione.
Presidente. – Grazie, onorevole Harms. Prendiamo atto dell’osservazione, ma non intendo riaprire il dibattito adesso.
Dopo la votazione sull’emendamento n. 2
Geoffrey Van Orden (PPE-DE), relatore. – (EN) Signor Presidente, ho cercato di prendere la parola prima che votassimo quest’ultimo emendamento. Lei ha dato facoltà di parlare a qualcuno che era contrario alla posizione assunta dal relatore su questo argomento specifico. E’ stato un grosso errore affermare che alcuni aspetti della mia relazione violano il trattato di adesione. Tutto ciò che chiedevamo era una maggiore flessibilità su quest’argomento. Ciò considerato, vorrei chiedere di votare senz’altro l’emendamento n. 9.
Presidente. – Onorevole Van Orden, so che il voto era imminente, ma non penso che quanto affermato dall’onorevole Harms abbia influito sull’esito della votazione. Credo che la reazione del Parlamento alle osservazioni dell’onorevole Harms dimostri chiaramente che tutti sapevano cosa avrebbe detto. Nondimeno, non propongo di riaprire la votazione. Sarebbe un errore. Mi dispiace e mi scuso per non avere visto che aveva alzato la mano. D’altra parte, però, non credo che possiamo cambiare l’esito del voto.
Geoffrey Van Orden (PPE-DE), relatore. – (EN) Signor Presidente, non stiamo chiedendo la riapertura della votazione, bensì di votare il testo in esame. Temo che l’intervento abbia effettivamente influenzato la situazione per quanto riguarda quello specifico emendamento. La differenza era solo di tre o quattro voti. Penso proprio che dobbiamo dare al Parlamento l’opportunità di votare sugli altri emendamenti nella forma in cui sono stati presentati.
Presidente. – Prendo atto dell’osservazione, onorevole Van Orden, ma temo che non possiamo riaprire la votazione, che è stata per appello nominale e dall’esito chiaro, anche se il divario era esiguo. Benché la Presidenza disponga di una certa flessibilità quando si vota per alzata di mano, temo che in queste circostanze non sia possibile riaprire la votazione.
(Applausi)
8.9. Adesione della Romania (votazione)
8.10. Attività comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013, PQ7) (votazione)
Prima della votazione
Giles Chichester (PPE-DE), relatore per parere della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia. – (EN) Desidero solo informare il Parlamento che il pacchetto di emendamenti di compromesso, nel primo blocco, e l’emendamento n. 15 rappresentano un compromesso che ha richiesto un arduo negoziato col Consiglio e con la Commissione. Vorrei esortare i colleghi a votare a favore del pacchetto e contro tutti gli altri emendamenti, a prescindere dal loro contenuto e dai loro meriti, perché abbiamo un accordo che permetterà l’avanzamento del programma quadro e la sua applicazione a gennaio. L’adozione di qualunque altro emendamento metterebbe in forse il programma riaprendo il procedimento, eventualità che sarebbe fonte di grave preoccupazione per la comunità dei ricercatori.
(Applausi)
Carlo Casini (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho presentato due emendamenti: i nn. 47 e 48. Tuttavia, per quanto riguarda il secondo, il n. 48, è stata apportata una correzione alla posizione comune nel senso voluto da tale emendamento. Mi dichiaro quindi soddisfatto, giacché non ha senso votare un emendamento già accolto.
Dell’altro emendamento è stata dichiarata inammissibile la seconda parte, cioè quella che indica la data di oggi, 30 novembre, come momento finale per quanto riguarda la distruzione di embrioni da cui togliere cellule staminali. Non condivido la dichiarazione dell’inammissibilità, contro la quale purtroppo non posso far nulla. Ciò che resta dell’articolo è la sostituzione della parola “estrazione”, come figura nella posizione comune, con la parola “uso”, come proponeva già il Parlamento nella sua prima lettura.
E’ una questione di secondaria importanza, sebbene, avendo il Commissario affermato ieri sera che la Commissione, per tutta la fase dell’intero sviluppo del programma, accetta la parola “uso” e non la parola “estrazione” – il che vuol dire in pratica che non finanzierà nessuna ricerca distruttiva di embrioni – mi pare che si tratti di una proposta che meriti di essere accolta favorevolmente. Pertanto, su questo punto, direi di non insistere sulla votazione se i colleghi che hanno firmato l’emendamento sono d’accordo.
Vittorio Prodi (ALDE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi riferisco all’intervento del collega Casini e all’emendamento presentato da me e da altri, il n. 49. Ieri sera il Commissario Potočnik ha dato ampie rassicurazioni in riferimento alla dichiarazione della Commissione, per cui, per quanto mi riguarda, mi ritengo già soddisfatto e non credo di dover insistere sull’emendamento in questione. Naturalmente ciò vale per me, ma se ci dovessero essere altri interessati, possono evidentemente farlo anche loro.
Philippe Busquin (PSE). – (FR) Signor Presidente, penso che occorra tornare alla proposta dell’onorevole Chichester. Bisogna votare il pacchetto in blocco e le interpretazioni che alcuni danno della risposta della Commissione non sono corrette. La Commissione è stata chiarissima: ha detto che avrebbe applicato il protocollo d’intesa, una dichiarazione annessa volta a far sì che la ricerca sulle cellule staminali embrionali sovrannumerarie si svolga nel rispetto di condizioni molto rigide improntate a considerazioni etiche. Dunque non si tratta di riaprire un dibattito. Ogni volta è sempre la stessa storia, per cui penso che si debba aderire alla proposta dell’onorevole Chichester.
(Applausi)
Hiltrud Breyer (Verts/ALE). – (DE) Signor Presidente, ora che l’onorevole Busquin ha parlato, di fatto abbiamo un problema. Ieri la Commissione ha preso una posizione chiara, commentata dagli onorevoli Casini e Prodi, che ora è stata messa in forse dall’onorevole Busquin. Gli onorevoli Prodi e Casini hanno manifestato l’intenzione di ritirare i loro emendamenti, ma a noi sembra che ci sia bisogno di una conferma prima che questa votazione prosegua; pertanto chiederei che venga data un’altra volta la parola al Commissario Potočnik, in modo che possa ripetere le dichiarazioni che ha fatto ieri.
(Proteste)
Ci sono state dette cose diverse e dobbiamo pertanto essere in grado di effettuare una votazione avendo ciascuno ben chiaro ciò che ci accingiamo a votare.
Presidente. – Grazie, onorevole Breyer. La posizione è semplice. L’onorevole Casini ha ritirato i suoi emendamenti; ha fatto la sua dichiarazione politica. Gli onorevoli Prodi e Busquin hanno chiarito le rispettive posizioni. Tutti comprendono che il Parlamento intende procedere con le votazioni in blocco e questo ci accingiamo a fare ora.
8.11. Regole per la partecipazione al settimo programma quadro della CE (2007-2013), diffusione dei risultati della ricerca (votazione)
8.12. Immissione sul mercato di articoli pirotecnici (votazione)
8.13. Sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (SESPROS) (votazione)
8.14. Regole per la partecipazione al settimo programma quadro della CEEA (2007-2011), diffusione dei risultati della ricerca (votazione)
8.15. Programma specifico “Persone” 2007-2013 (settimo programma quadro CE di RSTD) (votazione)
8.16. Programma specifico “Idee” 2007-2013 (settimo programma quadro CE di RSTD) (votazione)
8.17. Programma specifico “Capacità” 2007-2013 (settimo programma quadro CE di RSTD) (votazione)
8.18. Programma specifico “Cooperazione” 2007-2013 (settimo programma quadro CE di RSTD) (votazione)
8.19. Programma specifico 2007-2013 da realizzare mediante azioni dirette del Centro comune di ricerca (settimo programma quadro CE di RSTD) (votazione)
8.20. Programma specifico 2007-2011 da realizzare mediante azioni dirette del Centro comune di ricerca (settimo programma quadro CEEA di ricerca e formazione nel settore nucleare) (votazione)
8.21. Programma specifico 2007-2011 della CEEA (settimo programma quadro per le attività di ricerca e formazione nel settore nucleare) (votazione)
Prima della votazione
Edit Herczog (PSE). – (EN) Signor Presidente, sono la relatrice ombra per il gruppo PSE. Ieri abbiamo votato in base alle informazioni relative agli emendamenti nn. 22 e 23. Sapevamo che le varie associazioni per la fusione avevano posizioni diverse. Pertanto vorrei informare il mio gruppo che abbiamo ricevuto una lettera dall’Associazione per la fusione in cui si afferma che è unanimemente a favore della posizione di voto che abbiamo assunto in sede di commissione. Quindi vorrei chiedere ai colleghi di modificare il loro voto sull’articolo 2, paragrafo 2, e di votare contro quegli emendamenti.
8.22. Spazio di libertà, sicurezza e giustizia (votazione)
8.23. AIDS (votazione)
Prima della votazione sul paragrafo 19
John Bowis (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, come talvolta accade, alcune parole si perdono nel corso dei negoziati o tra i negoziati e la parola stampata e, con l’appoggio di tutti i gruppi interessati, vorrei proporre di aggiungere dopo il paragrafo n. 19 il seguente nuovo paragrafo: “Chiede maggiori investimenti per l’elaborazione e la fornitura di preparati pediatrici per i bambini”.
– L’emendamento orale è accolto
8.24. Situazione dei disabili nell’Unione europea allargata: piano d’azione europeo 2006-2007 (votazione)
Prima della votazione
Elizabeth Lynne (ALDE), relatore. – (EN) Signor Presidente, la versione del paragrafo n. 40 che dev’essere considerata valida è quella inglese. Evidentemente si sono verificati problemi con le traduzioni in francese e in spagnolo di “moving away from the institutionalisation of people with disabilities” (riducendo la pratica di ricoverare in istituti le persone con disabilità). In inglese “moving away” non significa “abbandonare”, ma indica un approccio graduale.
Nel paragrafo 47 si dovrebbe sostituire “l’assistenza comunitaria per la ricostruzione, lo sviluppo e la stabilizzazione (CARDS)” con “lo strumento per l’adesione (ISPA)”.
8.25. E’ ora di cambiare marcia – Costituzione di un nuovo partenariato per la crescita e l’occupazione (votazione)
Presidente. – Con questo si conclude il turno di votazioni.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il presente accordo sulla pesca tra la Comunità europea e la Repubblica del Capo Verde stabilisce le possibilità di pesca per le flotte comunitarie per il periodo 2006-2011. E’ un accordo importante per il settore della pesca del tonno e concede le relative licenze per i sette pescherecci con palangari di superficie portoghesi.
Pertanto abbiamo votato a favore della relazione.
Tuttavia quest’accordo, come altri accordi con paesi terzi in materia di pesca, solleva anche questioni importanti in merito alla praticabilità economica delle flotte per la pesca d’altura e alle reali possibilità di pesca concesse nel loro campo, dal momento che il carattere commerciale di questi accordi cambia continuamente e la dimensione relativa al partenariato e allo sviluppo è stata rafforzata.
Si è registrato immediatamente un aumento dei costi dell’accordo, nel quadro delle minori possibilità di pesca, dovuto anche alla diminuzione del numero di licenze concesse. D’altra parte, i costi per gli armatori sono saliti da 25 a 35 euro per tonnellata di tonno pescato con le tonniere e con i palangari. Queste condizioni hanno accentuato le difficoltà incontrate nell’uso di queste licenze da parte degli armatori nel rifornire l’industria a livello nazionale e nel crescente deficit con l’estero relativamente ai prodotti della pesca.
Bairbre de Brún (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Oggi ho votato a favore della relazione dell’onorevole Ingo Friedrich perché contiene elementi positivi come la procedura di monitoraggio e di relazionamento volta a riesaminare ogni sei mesi ciò che è stato fatto per garantire l’estensione a tutte le lingue ufficiali e di lavoro del multilinguismo nell’attività parlamentare.
Deploro tuttavia i ritardi e le restrizioni che riguarderanno le possibilità previste per l’irlandese in avvenire. Tale disappunto non deriva dalla posizione dell’onorevole Friedrich, bensì dal fatto che il governo irlandese e le Istituzioni comunitarie non hanno svolto il lavoro preparatorio necessario.
Continuerò a esercitare pressioni affinché vengano rimosse le restrizioni a ciò che si può fare per mezzo della lingua irlandese.
Bruno Gollnisch (NI). – (FR) Signor Presidente, la relazione Gál propone di istituire un’Agenzia europea per i diritti fondamentali. Temo che i diritti fondamentali degli europei siano scarsamente rappresentati, anche nei cosiddetti tribunali superiori. Intendo parlare dei tribunali penali internazionali e, in particolare, di quello istituito per l’ex Jugoslavia.
Mentre parlo, un leader serbo molto importante, Vojislav Seselj, presidente del partito radicale serbo, uno dei partiti più importanti di quel paese, che si è consegnato spontaneamente a detto tribunale, è in stato di detenzione da quattro anni. Non ha accesso nella sua lingua a tutti i documenti relativi ai reati che gli sono stati imputati. E’ professore di diritto e rifiuta di essere difeso da un avvocato d’ufficio. Gli è inoltre negato il diritto di difendersi da solo. Penso che in questo caso abbiamo a che fare con una gravissima violazione dei diritti fondamentali e volevo attirare l’attenzione della nostra Assemblea su questo caso particolare, che è di estrema gravità.
Bruno Gollnisch (NI). – (FR) Signor Presidente, come ho appena detto, c’è da temere che questi tribunali, che vengono presentati a torto come perfetti garanti dei diritti umani in Europa, servano al contrario solo a violarli. Per via dei loro abusi, si perpetuano contrasti enormi fra i popoli, ritardando così la data della loro necessaria riconciliazione. Ciò è particolarmente vero nel caso del tribunale penale per l’ex Jugoslavia ed è per questo motivo che ricorderemo il caso del signor Seselj tutte le volte che, in quest’Aula, sarà sollevata la questione dei diritti dell’uomo.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Sta diventando sempre più chiaro che il vero motivo sotteso alla creazione dell’Agenzia per i diritti fondamentali è la volontà di aumentare l’ingerenza da parte dell’Unione nei confronti di paesi terzi.
Da qui la proposta, appena approvata, di rendere la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione uno dei campi d’azione della nuova Agenzia, che spianerà la strada all’impiego dei diritti umani come strumento di pressione e intromissione negli affari interni di altri paesi, e all’uso di strumenti finanziari fondato sui criteri e sugli interessi dell’Unione.
Ciò che è importante per l’Unione, caratterizzata com’è dal doppiopesismo nel suo approccio ai diritti umani, sono gli “alleati” e i “nemici”; in altre parole, i suoi interessi di dominio e di sfruttamento e le sue ambizioni imperialiste cambiano a seconda della situazione, e la Palestina rappresenta un macroscopico esempio di tale atteggiamento.
Pertanto abbiamo rifiutato queste proposte, coerentemente con la nostra azione a favore delle grandi cause della libertà, dei diritti e delle garanzie fondamentali dei cittadini, del progresso sociale, della pace e della solidarietà fra tutti i popoli.
Bairbre de Brún (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Il Sinn Féin appoggia l’armonizzazione verso l’alto degli standard sui diritti umani in Europa e conseguentemente sostiene il principio dell’istituzione di un’Agenzia per i diritti fondamentali. Per questo motivo abbiamo appoggiato le relazioni delle onorevoli Gál e Kósáné Kovács.
Siamo tuttavia preoccupati dalla possibile duplicazione dei ruoli, dal momento che in queste tematiche il ruolo del Consiglio d’Europa è consolidato. Nemmeno il trasferimento di potere dal Consiglio d’Europa al livello comunitario ci fa stare totalmente tranquilli. Considerato che l’Agenzia andrà a sovrapporsi al già esistente Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia, il lavoro dell’Agenzia dovrebbe sempre riguardare i casi di razzismo.
Un’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali dovrebbe lottare contro le discriminazioni in modo sistematico anziché occuparsene caso per caso, come fa il Consiglio d’Europa.
Timothy Kirkhope (PPE-DE), per iscritto. – (EN) I colleghi del partito conservatore britannico ed io sosteniamo energicamente il principio della difesa e dello sviluppo dei diritti umani. Tuttavia, se l’esperienza del suo predecessore, l’Osservatorio europeo, è un esempio da seguire, l’Agenzia non contribuirà alla realizzazione di questi lodevoli obiettivi, dal momento che in passato ha dimostrato di essere suscettibile di manipolazione politica. Più seriamente, l’Agenzia s’ispira alla Carta dei diritti fondamentali, che non ha uno status giuridico in attesa dell’entrata in vigore della Costituzione europea proposta, cui siamo assolutamente contrari per principio.
Inoltre non possiamo sostenere la creazione di questa nuova Agenzia perché siamo contrari all’istituzione di nuove agenzie quando non sussistano motivi per istituirle. I contribuenti dell’Unione hanno il diritto di aspettarsi che i parlamentari abbiano una visione chiara dei costi che comporta l’istituzione di nuove agenzie europee. Non crediamo che a un fatto importante come questo sia stata riservata l’attenzione che merita.
Eija-Riitta Korhola (PPE-DE). – (FI) Signor Presidente, presento questa dichiarazione di voto non solo a titolo personale, ma anche a nome della collega, onorevole Piia-Noora Kauppi. Devo dire che, per quanto riguarda il voto sulla relazione dell’onorevole Van Orden, sono insoddisfatta per due motivi.
In primo luogo, devo protestare perché l’onorevole Harms ha fornito a tutti informazioni errate sugli emendamenti che abbiamo presentato, proprio nel bel mezzo del voto. Non ha alcun senso dell’onore? E’ stato un comportamento fuori dalle regole.
Secondariamente, devo far presente che lei non ha dato la possibilità di correggere quelle informazioni sbagliate, nonostante le sia stato chiesto di farlo. Poiché l’esito del voto è stato di stretta misura, sono tentata di pensare che, senza questa disinformazione, le cose sarebbero potute andare diversamente.
Io stessa ho già affermato in quest’aula che non stiamo chiedendo di abrogare il trattato, ma di emendarlo alla luce degli ultimi ragguagli in modo da poter essere flessibili in merito alla data di chiusura. Ci può essere soltanto una compensazione parziale per la chiusura, prevista per le centrali a lignite, la fonte di energia più inquinante possibile. Di conseguenza, l’aiuto richiesto nell’emendamento presentato dal gruppo Verde/Alleanza libera europea servirebbe a passare da una tecnologia più pulita a una più inquinante. Ancora una volta le misure proposte dai Verdi tendono ad accelerare i cambiamenti climatici, non a limitarli.
Christine De Veyrac (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Benché io sia favorevole in linea di principio all’adesione della Bulgaria all’UE, mi sono astenuta dal voto sulla relazione. In conformità delle norme attuali, l’Unione sta incontrando grossi problemi nel prendere decisioni e raggiungere accordi; date le circostanze, è prematuro fare sedere nuovi partecipanti attorno al tavolo. Le nostre Istituzioni comuni devono subire riforme e occorre trovare nuove fonti di finanziamento prima di potere andare avanti in modo adeguato con l’integrazione di nuovi Stati membri nell’Unione. A questo punto è necessaria una pausa nel processo di allargamento. In ogni caso, se l’adesione della Bulgaria fosse confermata per il 1° gennaio, spero che possano essere attivate alcune clausole di salvaguardia, non ultima quella che riguarda la libera circolazione delle persone.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Non appoggerò la relazione. Sono dell’idea che la Bulgaria deve poter aderire all’Unione, ma non credo che, in questo momento, sia davvero pronta per entrare a far parte dell’UE né ritengo che l’Unione sia pronta a riceverla. L’atteggiamento delle autorità bulgare nei confronti dei diritti delle minoranze e delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo non fa che peggiorare la situazione.
Mi rendo conto che a questo punto c’è poco da fare, ma purtroppo credo che la mia posizione sarà giustificata dagli avvenimenti futuri. Questo, tuttavia, non è un voto contro la libera circolazione dei cittadini comunitari. Quando, il 1° gennaio, entreranno a far parte dell’Unione, dovranno avere gli stessi diritti di tutti gli altri.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Anticipando l’adesione della Bulgaria, prevista per il 1° gennaio del 2007, la maggioranza del Parlamento ha approvato una relazione che, per l’ennesima volta, elenca gli obblighi che la Bulgaria dovrà rispettare; relazione che critica, si congratula, esorta e ha la spudoratezza di chiedere addirittura che questo paese faccia quello che altri Stati membri non fanno.
Ancora una volta la maggioranza del Parlamento rispolvera la solita solfa neoliberista, tornando a porre l’accento sulle privatizzazioni, sugli appalti, sui contratti pubblici – favorendo così lo sviluppo del settore privato – e su leggi sul lavoro maggiormente flessibili.
Per quanto riguarda la politica estera, si congratula ancora una volta con la Bulgaria per la sua azione in qualità di membro della NATO e per il suo accordo con gli Stati Uniti sull’utilizzo delle strutture militari “come una prova tangibile dell’implicazione del paese nell’alleanza transatlantica”. In altre parole, gettata la maschera, ecco qual è il volto dell’Unione europea e del suo allargamento.
Kartika Tamara Liotard ed Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. – (NL) L’anno scorso stavamo ancora lavorando illudendoci che l’adesione della Bulgaria all’Unione non sarebbe stata affatto problematica, a differenza di quella della Romania, che era destinata a causare o aggravare grossi problemi, ragion per cui tale adesione avrebbe dovuto essere rinviata al 2008. Il Parlamento ha sostenuto il diritto di potere codecidere sul rinvio per la Romania, ma non è riuscito a fare altrettanto per la Bulgaria. Nel frattempo i problemi della Bulgaria non sembrano meno rilevanti. Col beneficio del senno di poi, l’anno scorso il Parlamento avrebbe dovuto sostenere anche il diritto di rinviare l’adesione bulgara.
Benché all’inizio fosse tutt’altro che ovvia la possibilità per i nuovi arrivati di essere ammessi il 1° gennaio 2007, le resistenze si sono rapidamente e sorprendentemente dissolte negli ultimi mesi. L’ambizione di completare l’agognato allargamento dopo la caduta della Cortina di Ferro prevale sulle obiezioni di carattere pratico. Oggi una maggioranza del Parlamento ha deciso che la Bulgaria può aderire all’Unione fra 32 giorni. Sebbene nessuno ne sia entusiasta, prevale ora l’idea che il rinvio di un altro anno non risolva nulla. Crediamo che chi si è espresso favorevolmente stia sottovalutando quanto l’allargamento si rivelerà negativo per gli Stati membri i cui abitanti ne subiranno gli inconvenienti e quanto ciò potrà rivelarsi sfavorevole per successive ammissioni.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione Van Orden. Mi fa piacere che il Parlamento abbia resistito ai tentativi di mitigare l’impegno della Bulgaria di chiudere le unità 3 e 4 della centrale nucleare di Kozloduy. Questo è chiaramente parte integrante degli impegni previsti dal trattato di adesione.
Thomas Ulmer (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Il fatto che io respinga la relazione sulla Bulgaria non sta assolutamente a indicare che io non riconosca l’appartenenza di questo paese alla Comunità europea o che non mi rallegri per l’imminente arrivo di nuovi membri di quest’Assemblea.
Significa invece che la relazione è, a mio avviso, gravemente lacunosa per come tratta la questione dell’energia nucleare o per la scarsa convinzione con cui chiede alla Commissione di esaminare accuratamente le clausole di salvaguardia e, se necessario, di applicarle al momento opportuno.
Michl Ebner (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo molto brevemente per dire che ho votato a favore della relazione Moscovici, perché sono dell’opinione che la Romania debba entrare a pieno titolo nell’Unione europea, avendo compiuto passi da gigante nella direzione giusta.
Mi auguro che per, quanto riguarda la questione delle minoranze, in Romania vi siano la stessa apertura e la stessa disponibilità che si ritrovano, ad esempio, in Italia, dove si è riconosciuto che le minoranze rappresentano un valore aggiunto e che, trasferendo loro delle competenze, offrendo loro delle possibilità e lasciandole vivere dal punto di vista culturale, ma anche per quanto riguarda le amministrazioni, le minoranze creano di fatto un valore aggiunto per la maggioranza. In questo senso, confido nella buona volontà del governo rumeno e delle minoranze, il cui numero è alquanto coesistente in Romania.
Árpád Duka-Zólyomi (PPE-DE). – (SK) Nonostante il livello di maturità della Romania presenti molte lacune, ho votato a favore della relazione adottata perché è sia critica che intransigente. Vorrei sottolineare che, oltre ai punti più frequentemente discussi, non dobbiamo dimenticarci delle questioni dei diritti umani e dei diritti delle minoranze. Pertanto condivido le disposizioni che indicano, benché molto genericamente, l’esigenza della sussidiarietà e l’autodeterminazione culturale come minimo, col finanziamento di sistemi didattici interamente in lingua madre per i cittadini di etnia magiara. Penso che i criteri di Copenaghen che stabiliscono i diritti delle minoranze etniche non siano stati attuati coerentemente, come evidenzia lo scandalo dell’Università Babeş-Bolyai di Cluj, dove tre docenti hanno perso il posto lunedì solo per avere chiesto che i nomi degli edifici universitari fossero indicati in più lingue. Questo è un pessimo segnale, tanto più che la Romania assumerà la responsabilità per il multilinguismo comunitario in seno alla Commissione. In seguito all’adesione della Romania, i problemi di questo paese costituiranno un onere supplementare per la sicurezza esterna e interna dell’UE. L’iniziativa della Commissione di istituire il monitoraggio e la valutazione sistematica con la possibilità di avvalersi delle clausole di salvaguardia costituisce una decisione molto sensata.
Christine De Veyrac (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Benché io sia favorevole in linea di principio all’adesione della Romania all’UE, mi sono astenuta dal voto sulla relazione. Ritengo che, nel contesto attuale, in cui le Istituzioni non sono state riformate, l’Europa, nel perseguire l’allargamento, stia seriamente perdendo in efficienza. Occorre anche una riforma delle finanze comunitarie e bisogna trovare nuove fonti di finanziamento prima di integrare paesi che, allo stato attuale, non saranno contribuenti netti del bilancio, bensì debitori. A questo punto è necessaria una moratoria per il processo di allargamento. In ogni caso, se l’adesione della Romania fosse confermata per il 1° gennaio, spero che possano essere attivate alcune clausole di salvaguardia, non ultima quella che riguarda la libera circolazione delle persone.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Stiamo andando troppo in là e troppo in fretta! Non appoggerò la relazione. Sono dell’idea che la Romania deve poter aderire all’Unione, ma non credo che, in questo momento, sia davvero pronta per entrare a far parte dell’UE né ritengo che l’Unione sia pronta a riceverla. L’atteggiamento della Romania nei confronti delle adozioni internazionali ha in parte peggiorato la situazione.
Mi rendo conto che a questo punto c’è poco da fare, ma purtroppo credo che la mia posizione sarà giustificata dagli avvenimenti futuri. Questo, tuttavia, non è un voto contro la libera circolazione dei cittadini comunitari. Quando, il 1° gennaio, entreranno a far parte dell’Unione, dovranno avere gli stessi diritti di tutti gli altri.
Kartika Tamara Liotard ed Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. – (NL) Ieri il nostro gruppo non ha preso la parola per discutere un’altra volta sull’allargamento perché l’esito è scontato. Oggi una maggioranza del Parlamento ha deciso che la Romania potrà aderire all’Unione fra 32 giorni. E’ evidente che il rinvio, per via del quale la Romania non ha potuto aderire all’Unione il 1° maggio 2004 con gli altri dieci Stati, non è sufficiente a far sì che questo paese tenga fede alle attese originarie. Benché nessuno ne sia entusiasta, ora prevale l’idea che rinviare l’adesione di un altro anno non risolva nulla.
Crediamo che chi si è espresso favorevolmente stia sottovalutando quanto l’allargamento si rivelerà negativo per gli Stati membri i cui abitanti ne subiranno gli inconvenienti e quanto ciò potrà rivelarsi sfavorevole per successive ammissioni. L’opinione pubblica sta associando sempre più quest’allargamento con i salari bassi dei lavoratori immigrati e la cattiva accoglienza nei loro confronti o con la delinquenza, la corruzione, l’inquinamento dell’ambiente, la discriminazione contro i rom, i movimenti fascisti, l’incertezza giuridica, l’accattonaggio infantile e gli scandali finanziari. Questo diverrà un argomento contro le candidature di Croazia e Macedonia, e il fatto che questi paesi causeranno probabilmente meno problemi di Romania e Bulgaria non conterà nulla. Il 15 dicembre 2004 abbiamo votato a favore dell’ammissione futura di Romania e Bulgaria, ma oggi siamo giunti alla conclusione che l’ammissione nel 2007 non è giustificata.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione sull’adesione della Romania. Penso che le autorità romene debbano fare di più per mettere ordine nel sistema delle adozioni internazionali di bambini romeni, ma questo non è un problema che dovrebbe rimandare l’adesione.
Charles Tannock (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Benché i conservatori britannici sostengano, in tutta l’Unione, i diritti culturali e linguistici delle minoranze etniche, comprese quelle ungheresi, temiamo che il ricorso al principio della sussidiarietà e dell’autodeterminazione per la minoranza ungherese in Romania potrebbe costituire un precedente per costringere gli Stati membri ad abdicare ai propri ordinamenti costituzionali unitari. La sussidiarietà contemplata dall’articolo 3B del Trattato sull’Unione europea rimane la base giuridica per ritrasferire i poteri dall’Unione agli Stati membri ogniqualvolta ciò sia possibile. Resta un diritto sovrano di ciascuno Stato membro decidere come delegare al proprio interno i poteri, compresa l’autodeterminazione, in base all’etnia, alla religione, alla lingua o al territorio.
Lars Wohlin (PPE-DE), per iscritto. – (SV) Ho scelto di votare contro la relazione perché non si può dire che la Romania, in particolare, soddisfi i criteri di Copenaghen. I suoi problemi relativamente alla corruzione sono da considerare particolarmente gravi, dal momento che rischiano di minare la certezza del diritto e, in ultima analisi, il sistema democratico.
Sarebbe stato invece sensato rinviare l’adesione almeno al 2008 per garantire che le riforme continuassero e raggiungessero un livello accettabile. Una volta ottenuta l’adesione, non solo i paesi interessati saranno meno incentivati a portare a termine le riforme, ma l’Unione avrà meno possibilità di esercitare pressione.
Luciana Sbarbati (ALDE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per esprimere la mia soddisfazione per il successo delle relazioni su Romania e Bulgaria, in particolare per la relazione Moscovici. Debbo dire che, pur compiacendomi per la relazione e per i progressi compiuti dalla Romania rispetto al Protocollo di adesione, sono profondamente insoddisfatta, come tanti altri deputati in questo Parlamento, per la questione della moratoria in cui sono incappati circa 1200 bambini relativamente alle adozioni internazionali.
La Romania aveva assicurato di rivedere questi casi, cosa che invece non ha fatto e non l’ha fatto compiutamente. Siamo ancora in una situazione per cui questi bambini, che hanno conosciuto le loro famiglie, si ritrovano nuovamente negli orfanotrofi: è inaccettabile che ci sia questo tipo di resistenza, perché, come è stato detto più volte in quest’Aula, a questi bambini si deve dare una risposta certamente non violando il loro diritto fondamentale, che è quello di avere una famiglia. Alle famiglie avevano fatto riferimento e a quelle famiglie dovrebbero ritornare.
Chiediamo una maggiore sensibilità al governo rumeno, ancorché gli emendamenti Gibault e di altri non sono stati avvalorati dal Parlamento, e chiediamo tale sensibilità con un atto di disponibilità verso i bambini, almeno alla vigilia di questo Natale.
Hubert Pirker (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, se è stata raggiunta una maggioranza a sostegno dell’emendamento n. 2 alla relazione Van Orden il motivo è che la delegazione del partito popolare austriaco ha votato a favore; conseguentemente si è dovuta chiarire e assicurare l’osservanza dell’articolo 30 del protocollo relativo alle condizioni e alle disposizioni per l’ammissione di Romania e Bulgaria all’Unione, il che significa che il Trattato ha trovato compimento e, di conseguenza, i reattori 3 e 4 della centrale nucleare di Kozloduy devono chiudere. Dal momento che questo assicurerà la disattivazione di Kozloduy, la delegazione del partito popolare austriaco ha votato a favore della relazione nella sua totalità e quindi a favore dell’adesione della Bulgaria.
Daniel Caspary (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Sono fermamente convinto che la Bulgaria e la Romania siano parte dell’Europa e come tali debbano diventare membri dell’Unione a tutti gli effetti. Tuttavia ritengo che il prossimo capodanno sia un termine di tempo prematuro per questo avvenimento, in quanto i fatti indicano che entrambi i paesi presentano ancora lacune per quanto riguarda il soddisfacimento e il rispetto dei requisiti comunitari.
Considerando i numerosi e documentati casi di ritardo dei due paesi nel soddisfacimento dei criteri di adesione, in particolare riguardo alla lotta alla corruzione e all’esistenza di un efficiente sistema giudiziario, ritengo insostenibile che le clausole di salvaguardia previste per gli ambiti dell’economia, del mercato interno, della giustizia e degli affari interni non vengano automaticamente invocate con effetto dal 1° gennaio 2007.
Per tali motivi oggi non ho potuto votare a favore di queste relazioni.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La Lista di giugno ha fatto presente in svariate occasioni che è senz’altro molto importante che l’Unione si allarghi, ma questo deve accadere solo allorché i paesi candidati siano pronti all’adesione, ovvero una volta che ne abbiano soddisfatto tutti i criteri. Purtroppo abbiamo visto che i recenti sviluppi si sono rivelati poco felici, con negoziati intrapresi senza che i paesi candidati fossero ragionevolmente prossimi a soddisfare le condizioni per aderire.
Sia la Bulgaria che la Romania stanno lottando con grandi problemi, soprattutto per quanto riguarda la certezza del diritto e la corruzione. Accettarli come Stati membri in questo frangente sarebbe quindi in contrasto coi principi dell’Unione. Bisognava chiedere a questi paesi di compiere progressi ben maggiori prima di offrire loro l’adesione, un processo che avrebbe richiesto un buon numero di anni.
La Lista di giugno ritiene tuttavia che, quando un paese è divenuto effettivamente uno Stato membro dell’Unione, le stesse norme vadano applicate a questo come agli altri Stati membri e ai loro cittadini. L’Unione deve avere un mercato del lavoro comune con libertà di circolazione per i lavoratori. Secondo i trattati di adesione, i singoli Stati membri hanno però la facoltà di introdurre norme transitorie in questo settore per un periodo limitato e questa facoltà va rispettata. Nondimeno, non crediamo che la Svezia debba avvalersi di questo diritto.
Dal momento che non pensiamo che la Bulgaria e la Romania siano pronte a diventare Stati membri già nel 2007, abbiamo votato contro le due relazioni.
Mathieu Grosch (PPE-DE), per iscritto. – (DE) La politica di allargamento dell’Unione è stata ed è uno strumento importante per la stabilizzazione dell’Europa centrale e orientale e dei Balcani. E’ stato ed è l’incentivo a diventare Stati membri che ha reso e rende tuttora possibile convincere questi paesi a includere nelle loro costituzioni e a mettere effettivamente in pratica i principi basilari della democrazia, dello Stato di diritto e dell’economia di mercato.
E’ della massima importanza che le promesse premature e il rispetto delle date fissate per l’adesione diminuiscano la pressione riformatrice esercitata dall’Unione sui paesi candidati. Resto dell’idea che l’adesione della Romania e della Bulgaria si stia attuando troppo presto. Così si creano precedenti, perché in entrambi i casi non risulta soddisfatto il rispetto dei requisiti fondamentali per l’adesione, compresi quelli che era necessario soddisfare, e non solo sulla carta, già prima che cominciasse qualunque negoziato.
Perciò è della massima importanza che tutte le Istituzioni mantengano effettivamente la loro pressione su Bulgaria e Romania e che la realizzazione delle riforme ancora necessarie venga seguita con estrema attenzione.
Richard Howitt (PSE), per iscritto. – (EN) Il partito laburista al Parlamento europeo sostiene la risoluzione e intende ribadire i complementi e il benvenuto, sia alla Bulgaria che alla Romania, in anticipo rispetto all’adesione prevista per il 1° gennaio 2007, sottolineando al contempo l’importanza di tenere fede agli impegni assunti nel trattato di adesione. Tra questi figura la chiusura degli impianti 3 e 4 della centrale nucleare di Kozloduy entro la fine del 2006. Il partito laburista al Parlamento europeo vorrebbe inoltre evidenziare che l’Unione si basa su chiari principi dei diritti umani e pertanto è fondamentale che tutti gli Stati membri e i paesi candidati all’adesione rispettino i diritti delle minoranze e le decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Margrietus van den Berg (PSE), per iscritto. – (NL) Ho votato contro l’adesione di Romania e Bulgaria. La corruzione e lo Stato di diritto sono tali che i criteri non sono stati soddisfatti.
Il problema riguardava la possibilità di rinviare di un anno l’adesione di uno o di entrambi i paesi. Ancora una volta non abbiamo colto l’occasione di rimandarla, benché obiettivamente, secondo la relazione della Commissione, ci fossero tutte le ragioni per farlo. Ecco perché anche oggi voterò contro le relazioni Moscovici e Van Orden.
Gli elettori chiedono in continuazione di applicare rigorosamente i criteri e, benché ciò sia stato promesso non so quante volte, la promessa non è stata mantenuta. Personalmente, dunque – benché sia favorevole all’adesione di Romania e Bulgaria a tempo debito –, oggi voterò contro.
Hiltrud Breyer (Verts/ALE). – (DE) Signor Presidente, trovo molto deludente che oggi il Parlamento non sia riuscito a mandare un messaggio da cui si evinca chiaramente che l’Europa è un’unione fondata sui valori e che non è accettabile che la vita umana sotto forma di embrione venga generata, sfruttata e soppressa. Spero tuttavia che la dichiarazione della Commissione avrà un certo impatto.
Ritengo davvero vergognoso che già oggi tale dichiarazione possa oggi venir messa in dubbio o che sia oggetto di un’interpretazione tale da far nascere effettivamente la domanda: perché, se ciò che ha detto l’onorevole Busquin è vero, la Commissione ha emesso comunque la dichiarazione? Eppure l’ha fatto e molti Stati membri hanno anche preso posizione in merito per escludere categoricamente la possibilità che venga richiesto, direttamente o indirettamente, a Stati membri come, per esempio, la Repubblica federale tedesca, di cofinanziare una ricerca che, in Germania, è assolutamente illegale. Non era altro che questo lo scopo della dichiarazione. Spero che ciò venga ribadito con grande chiarezza anche in occasione della prossima riunione del Consiglio, perché non è ammissibile che sia l’Europa a dovere spianare la strada alla commercializzazione della vita umana.
Pertanto credo che oggi, lungi dall’essere una giornata nera, sia un giorno in cui dobbiamo fare presente ancora una volta che la dichiarazione della Commissione può essere interpretata in maniera esclusivamente univoca: non solo l’uso, ma anche la raccolta di embrioni – e soprattutto la loro distruzione, che va di pari passo con la raccolta – non dev’essere sovvenzionata con fondi comunitari.
Proinsias De Rossa (PSE), per iscritto. – (EN) Sono favorevole all’adozione della relazione Buzek, che consentirà all’accordo di compromesso sulla posizione comune tra il Parlamento, il Consiglio e la Commissione di mettere a punto e attuare il settimo programma quadro, malgrado il mio rammarico per la riduzione della dotazione finanziaria assegnata alla ricerca e allo sviluppo tecnologico.
In particolare sono favorevole all’accordo di compromesso raggiunto sulla delicata questione della ricerca sulle cellule staminali, sia adulte che embrionali. Pertanto voterò contro gli emendamenti, come il n. 49 presentato dall’onorevole Kathy Sinnott e altri, che mettono a repentaglio la ricerca sulle cellule staminali.
Di questo compromesso sulla posizione comune condivido specialmente i riferimenti che identificano le scienze e le tecnologie marine come una priorità scientifica trasversale. Spero che questi riferimenti permetteranno al Marine Institute, la cui sede centrale è a Oranmore, nella Contea di Galway, di rappresentare anche in seguito una piattaforma di livello mondiale per lo sviluppo delle scienze marine in Irlanda e consentire all’Irlanda stessa di svolgere un ruolo più significativo a livello internazionale.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Una delle questioni riguardanti il settimo programma quadro della Comunità europea di attività comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013) che inevitabilmente saltano fuori è costituita dal suo finanziamento o, in questo caso, dal suo esiguo finanziamento, che è la conseguenza dell’insoddisfacente accordo sulle prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013. Ciò è indicativo della mancanza di coerenza tra quelli che sono proclamati come obiettivi chiave dell’Unione e le risorse messe a disposizione per conseguirli. Questo è un problema ricorrente, sia nell’Unione che in Portogallo.
Tuttavia, nel corso dei negoziati tra Consiglio e Parlamento, sono emersi alcuni aspetti positivi, tra i quali vorrei sottolineare l’aumento degli stanziamenti per le piccole e medie imprese e la prevenzione degli infortuni sul lavoro, che sono stati appena dibattuti e sottoposti a votazione finale.
Purtroppo, però, non sono state approvate alcune proposte presentate dal nostro gruppo, come quelle relative al software libero.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Appoggio questa relazione, per cui voterò a favore. Il futuro dell’Europa è l’alta tecnologia, un campo nel quale possiamo competere col resto del mondo ed essere i migliori al mondo. Avrei preferito che fossero previste ancora più risorse e un insieme di programmi più vicini al mercato, ma almeno l’Unione si sta muovendo nella giusta direzione.
Sostengo, con le dovute salvaguardie, l’utilizzo delle cellule staminali embrionali umane nella ricerca e l’impiego delle risorse del settimo programma quadro a favore di questa ricerca.
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’Unione ha definito la questione degli oceani una delle nuove priorità strategiche per la sua agenda politica. Più che essere una moda, la conservazione del mare e delle attività marittime connesse si pone oggi come un prerequisito fondamentale per la prosperità di un’Europa sempre più globalizzata.
L’Europa dovrà puntare in futuro sullo sviluppo di nuove tecnologie legate al mare ed essere pioniera in nuovi campi. Il settore della pesca dovrà svolgere un ruolo importante nel prossimo quadro comunitario e figurare tra le priorità della ricerca, alla luce sia della sua debolezza attuale sia del fatto che la conservazione degli oceani è una priorità strategica dell’Unione.
La soluzione di compromesso raggiunta per includere la pesca tra le questioni principali del settimo programma quadro costituisce un passo importante verso la conservazione degli ecosistemi marini e la difesa del settore alieutico comunitario.
Alla luce dell’importanza complessiva che riveste per la ricerca in Europa e del fatto che per la prima volta è stata attribuita la debita importanza al settore della ricerca legata alla pesca, ho votato a favore di questo documento.
Peter Liese (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Approviamo l’adozione del settimo programma quadro. D’altra parte, sottolineiamo che il compromesso raggiunto sul finanziamento della ricerca che utilizza embrioni umani e cellule staminali embrionali umane non riflette la posizione del gruppo PPE-DE stabilita antecedentemente alla prima lettura di giugno. In una votazione svoltasi dopo molti dibattiti, una larga maggioranza del gruppo ha approvato l’emendamento n. 319 dell’onorevole Niebler e di altri, che hanno cercato di fissare una scadenza. Deploriamo che il Parlamento non abbia appoggiato quest’emendamento, soprattutto perché sarebbero bastati soltanto 19 voti in più per ottenere la maggioranza necessaria. Il PPE-DE accetta che, in conformità del Regolamento del Parlamento, l’emendamento n. 319 non può essere presentato per la seconda lettura. Ciò non cambia la posizione del gruppo PPE-DE sulla questione.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Sono lieto che la commissione per l’industria sia riuscita a raggiungere un accordo col Consiglio e con la Commissione per far sì che il programma quadro venga adottato entro la fine dell’anno. Spero che la realtà del settimo programma si riveli migliore di quella del sesto. Dai miei contatti con gli utenti e i potenziali fruitori dei fondi destinati alla ricerca comunitaria sono indotto a pensare che molti, forse la maggioranza, trovino che gli oneri amministrativi legati all’impiego di tali fondi siano indisponenti, scomodi e spesso sproporzionati ai benefici che comporta il fatto di ottenere il finanziamento.
Paul Rübig (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Approviamo l’adozione del settimo programma quadro. D’altra parte, sottolineiamo che il compromesso raggiunto sul finanziamento della ricerca che utilizza embrioni umani e cellule staminali embrionali umane non riflette la posizione del gruppo PPE-DE stabilita antecedentemente alla prima lettura di giugno. In una votazione svoltasi dopo molti dibattiti, una larga maggioranza del gruppo ha approvato l’emendamento n. 319 dell’onorevole Niebler e di altri, che hanno cercato di fissare una scadenza. Deploriamo che il Parlamento non abbia appoggiato quest’emendamento, soprattutto perché sarebbero bastati soltanto 19 voti in più per ottenere la maggioranza necessaria. Il PPE-DE accetta che, in conformità del Regolamento del Parlamento, l’emendamento n. 319 non può essere presentato per la seconda lettura. Ciò non cambia la posizione del gruppo PPE-DE sulla questione.
Approviamo la dichiarazione della Commissione sull’articolo 6 e chiediamo a quest’ultima e al comitato di regolamentazione di considerare che quasi il 50 per cento del Parlamento ha votato a favore di un approccio più limitato in questo delicato settore. Pertanto chiediamo alla Commissione e al comitato di regolamentazione di approvare un approccio prudente quando nell’attuazione del settimo programma quadro e della procedura prevista nella dichiarazione della Commissione.
Brigitte Douay (PSE), per iscritto. – (FR) Oggi ho votato a favore della relazione Busquin sulle regole per la partecipazione al settimo programma quadro di ricerca e sviluppo. La relazione s’iscrive nella politica comunitaria di promozione della ricerca e va ad integrare il settimo programma quadro di ricerca e sviluppo relativamente al periodo 2003-2013, su cui mi sono espressa analogamente a favore.
Le modifiche apportate dalla relazione alle regole di partecipazione permetteranno di semplificare e migliorare il funzionamento e l’attuazione del prossimo programma quadro, in particolare per le piccole e medie imprese (PMI), favorendo di conseguenza la loro partecipazione ai programmi europei in materia di ricerca.
La relazione, infatti, dedica un’attenzione particolare alle PMI, chiedendo più flessibilità, nonché regole e controlli adeguati alle specificità di queste imprese. Sono lieto che il finanziamento dell’Unione a beneficio delle PMI sia destinato ad aumentare e che la relazione faccia riferimento a scadenze più ragionevoli per i pagamenti.
Josu Ortuondo Larrea (ALDE). – (ES) Signor Presidente, vorrei fare riferimento alla direttiva riguardante l’immissione sul mercato di articoli pirotecnici. Devo dire innanzi tutto che ho votato a favore perché, nell’insieme, abbiamo davvero migliorato gli aspetti della sicurezza, gli aspetti ambientali, gli aspetti che hanno a che vedere con la salute delle persone e anche quelli relativi agli interessi delle imprese europee.
Credo però che abbiamo perso una buona occasione per operare una netta distinzione tra i fuochi d’artificio utilizzati nei festeggiamenti o negli spettacoli pubblici, nei teatri, nel cinema, eccetera, e le capsule a percussione che vengono usate nei giocattoli, negli airbag delle auto e anche nelle cinture di sicurezza. Penso che, sotto quest’aspetto, il nostro testo dia adito a una certa confusione. Spero che sia possibile migliorarlo in futuro. Per il momento, il mio voto è favorevole, benché io non consideri il testo del tutto soddisfacente.
Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Abbiamo bisogno di norme chiare per il mercato degli articoli pirotecnici e pertanto ho appoggiato la relazione dell’onorevole Joel Hasse Ferreira. Grazie al contributo del Parlamento, gli utilizzatori professionali hanno ora accesso a procedure agevolate e a denominazioni di prodotto come quelle per gli airbag e le cinture di sicurezza a bordo delle autovetture che fanno uso di tecnologie pirotecniche. Questo passo contribuirà a incrementare la competitività dell’industria automobilistica europea. Una singola direttiva comunitaria, con requisiti di sicurezza armonizzati, rimpiazzerà a questo punto 25 procedure nazionali di autorizzazione che operano in parallelo, eliminando in tal modo il complesso quadro giuridico attuale, che manca di trasparenza e costituisce un pesante onere amministrativo per le imprese. Sono convinto che abbiamo compiuto un apprezzabile passo avanti verso la libera circolazione degli articoli pirotecnici, tutelando in particolare la salute umana e la sicurezza pubblica.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Il mercato dei fuochi d’artificio è caratterizzato da problemi relativi alla qualità dei prodotti importati, alla sicurezza del loro utilizzo, del loro immagazzinamento e alle loro condizioni di fabbricazione. Ho votato a favore della relazione e approvo le iniziative volte a migliorare la sicurezza dei fuochi d’artificio e del loro utilizzo. Troppe persone (in particolare i giovani) sono vittime di ustioni e deturpazioni a causa di articoli pirotecnici difettosi o di un loro utilizzo errato.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Non condividiamo il punto di vista del relatore, secondo cui è bene creare un sistema europeo di statistiche sulla protezione sociale a livello comunitario. Gli Stati membri sono in grado di cooperare nello svolgimento di compiti significativi come questo senza l’ingerenza delle Istituzioni comunitarie.
Jens-Peter Bonde (IND/DEM), per iscritto. – (DA) Per protesta nei confronti del Trattato EURATOM, voterò contro tutte le relazioni sulla revisione dei programmi quadro per la ricerca e lo sviluppo nell’ambito del nucleare.
Il 50° anniversario del Trattato EURATOM dovrebbe costituire invece un’opportunità per effettuare una revisione volta a garantire che solo i paesi che intendono parteciparvi siano contemplati dall’articolo 43 del Trattato di Nizza sulla cooperazione rafforzata. In tal modo si può garantire che quegli Stati membri che, come la Danimarca, non hanno né intendono acquisire energia nucleare non siano più obbligati a contribuire a finanziarla.
Il Movimento di giugno ritiene che sia un errore investire sia nell’energia nucleare che nell’energia da fusione. Questo perché il potenziale mondiale di energia solare ed eolica è tanto grande che, anche se ne sfruttassimo solo il 10 per cento, fornirebbe un quantitativo di energia 30 volte superiore a quello che verrà consumato a livello globale nel 2010. La politica energetica deve pertanto riguardare esclusivamente la realizzazione di un piano per sfruttare questo potenziale mediante un ulteriore sviluppo e ampliamento della tecnologia già esistente, includendo turbine eoliche, fotogeneratori ed energia del moto ondoso – e, infine, l’idrogeno – per la produzione e l’immagazzinamento di energia.
Lambert van Nistelrooij (PPE-DE), per iscritto. – (NL) Non si vota solo sui programmi quadro per la ricerca scientifica, ma anche sui programmi specifici e, anche se in realtà si voterà sul compromesso tra Parlamento e Consiglio per il programma quadro, anche i programmi specifici saranno soggetti alla votazione in blocco. Fanno eccezione i programmi specifici “Idee”, “Cooperazione” e “Capacità”, per i quali, nonostante l’ulteriore modifica apportata alla ricerca sulle cellule staminali, il parere adottato dall’Assemblea nel 2006 e su cui si è raggiunto il seguente compromesso rimane immutato:
“alcuni settori di ricerca, quali le attività finalizzate alla clonazione umana a fini riproduttivi o volte a modificare il patrimonio genetico degli esseri umani, non saranno ammissibili al finanziamento comunitario. Inoltre, la Commissione ha confermato che continuerà a seguire la prassi attuale e non sottoporrà al comitato di regolamentazione proposte di progetti comprendenti attività di ricerca che comportano la distruzione di embrioni umani, anche per quanto riguarda l’approvvigionamento di cellule staminali. L’esclusione dal finanziamento di questa fase della ricerca non osterà al finanziamento comunitario delle fasi successive che implicano l’uso di cellule staminali embrionali umane”.
Per tale motivo, il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei ha votato a favore degli emendamenti ai programmi “Idee” e “Capacità”. Per quanto riguarda il programma “Cooperazione”, invece, il relatore ombra ha suggerito una votazione libera, che accettiamo di buon grado.
Jan Andersson, Anna Hedh, Ewa Hedkvist Petersen, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. – (SV) Avremmo votato contro gli emendamenti nn. 11, 20 e 21 se non fossero stati inclusi nella votazione in blocco. Tuttavia, poiché il documento dell’onorevole Guidoni attribuisce grande importanza alla protezione e alla sicurezza, abbiamo votato a favore della relazione nel suo complesso.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Voterò contro questa relazione soprattutto perché ritengo che il sistema ITER sia un esempio di quella “scienza ad alta tecnologia” che spreca soldi che sarebbero meglio spesi per altri progetti di ricerca e sviluppo, molto più utili alla competitività e all’autosufficienza energetica dell’Unione europea di questo enorme e inutile progetto. Per oltre mezzo secolo la fusione doveva consegnarci al “futuro”, ma quel giorno non è mai arrivato.
Spazio di libertà, sicurezza e giustizia (B6-0625/2006)
Lydia Schenardi (NI). – (FR) Signor Presidente, dopo avere aperto le porte all’immigrazione incontrollata abolendo i controlli alle frontiere dell’UE con gli accordi di Schengen e avere comunitarizzato interi ambiti della legislazione in materia di asilo con il Trattato di Amsterdam, oggi ci viene proposto di delegare ancora più competenze all’Unione, abbandonando le decisioni all’unanimità in Consiglio nelle questioni di cooperazione giudiziaria e di polizia.
Ovviamente, i nostri eurocrati non imparano mai. Dopo essersi allarmati per l’arrivo improvviso sulle coste italiane e spagnole di decine di migliaia di immigrati clandestini, che approfittano dell’assenza di controlli alle frontiere per entrare nel territorio europeo, e dopo avere amaramente costatato l’impotenza dell’Europa nel gestire la situazione, ecco che l’onorevole Cavada, riprendendo il discorso del signor Sarkozy, ci propone di ridurre ulteriormente il potere decisionale degli Stati membri sulla gestione dei flussi migratori, eliminando la regola dell’unanimità in Consiglio con l’attivazione della clausola passerella.
Non sarà un’Europa di tipo federale a ridurre la criminalità transfrontaliera, al contrario: le nazioni europee devono prendere esempio dalla Svizzera, riprendere in mano il proprio destino ed essere in grado di proteggersi con efficacia dall’invasione migratoria.
Michael Cashman (PSE), per iscritto. – (EN) La delegazione del partito laburista al Parlamento europeo ha votato a favore della relazione Cavada e della risoluzione parlamentare sui progressi compiuti dall’UE nella creazione di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia (articoli 2 e 39 del trattato UE), perché appoggiamo qualsiasi azione volta a migliorare la trasparenza e l’efficacia delle Istituzioni europee e la loro capacità di servire i cittadini nel settore della giustizia e degli affari interni. Pur approvando la richiesta del Parlamento di lanciare un ampio dibattito su come migliorare la nostra efficacia in tal senso, sia a livello concreto che procedurale, riconosciamo e rispettiamo il fatto che, per gli Stati membri, è importante raggiungere un accordo in Consiglio sul modo migliore di procedere. Prima di prendere qualsiasi decisione, è indispensabile valutare molto attentamente qualsiasi decisione procedurale possa avere conseguenze su questioni di sovranità nazionale. A questo dibattito dovrebbero partecipare i parlamenti nazionali e il Parlamento europeo, ma anche gli Stati membri in Consiglio e la Commissione.
Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. – (SV) Ci rammarichiamo che la Costituzione non sia potuta entrare in vigore e che, pertanto, non sia prevista una procedura di codecisione nel settore della giustizia e degli affari interni, di così grande portata e importanza.
Tuttavia, nutriamo seri subbi sulla possibilità di risolvere la situazione attuale con l’ausilio dello strumento passerella e, pertanto, abbiamo scelto di astenerci dal voto finale sulla risoluzione sui progressi compiuti dall’UE nella creazione di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia (B6-0625/2006).
Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) E’ compito del Parlamento europeo valutare annualmente i progressi realizzati dall’Unione europea nella creazione di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia.
Sono totalmente favorevole all’idea che il progetto europeo non si debba limitare ai settori economici e che, oltre all’Europa degli scambi commerciali, dei capitali e dei servizi, occorra costruire un’Europa dei cittadini.
Bisogna riconoscere che sono stati fatti notevoli progressi e molti passi avanti. Tuttavia, dobbiamo anche riconoscere che il ritmo e la portata delle misure devono meglio corrispondere alle necessità universalmente riconosciute in questo settore.
Uno dei motivi della mancanza di progressi più sostanziali è di ordine istituzionale; mantenere molte decisioni nell’ambito del terzo pilastro e il requisito dell’unanimità rendono più complicata l’adozione delle misure necessarie.
Sottolineo inoltre quella che mi sembra essere la novità principale dell’anno: la base giuridica per la seconda generazione del sistema d’informazione di Schengen. Sarebbe auspicabile che SIS II fosse operativo il prima possibile, e credo che la Commissione debba comunicare al Parlamento eventuali ritardi che si dovessero verificare e i relativi motivi.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Pur condannando il fatto che l’inaccettabile fornitura di dati di carattere personale agli Stati Uniti da parte dell’UE mini i diritti fondamentali e le garanzie dei cittadini, la presente risoluzione evidenzia l’ossessione federalista che predomina nella maggioranza del Parlamento.
Da qui le numerose proposte di trasferire la giustizia e gli affari interni dal controllo sovrano degli Stati membri e delle loro istituzioni a quello sopranazionale dell’UE. Esempi ne sono le proposte di “trasferire nel quadro comunitario le disposizioni relative alla cooperazione di polizia (compreso Europol) e giudiziaria in materia penale (compreso Eurojust)” e di “prevedere l’estensione della codecisione con il Parlamento e della maggioranza qualificata nel Consiglio” all’immigrazione.
Per tale motivo abbiamo votato contro la relazione, tanto più che la maggioranza del Parlamento ha rifiutato di includere nella risoluzione alcune proposte presentate dal nostro gruppo che innanzi tutto deploravano i centri di detenzione degli immigranti, in secondo luogo esigevano il rispetto del diritto di asilo e della Convenzione dell’ONU sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie e, infine, chiedevano di utilizzare i fondi per migliorare i sistemi di asilo, integrare gli immigranti e combattere le cause profonde dell’immigrazione, invece che di promuovere politiche di detenzione e di rimpatrio.
Fernand Le Rachinel (NI), per iscritto. – (FR) Se c’è un settore in cui Parlamento e Commissione europea si sono sbagliati, è quello della creazione del così caro e agognato “spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia”.
Quando venne adottato il Trattato di Amsterdam ci fu promesso uno spazio europeo in cui sarebbero state presenti ed efficienti tutte le libertà e in cui saremmo stati protetti da qualsiasi insicurezza. Come avevamo previsto, si è verificato il contrario.
Con l’abolizione dei controlli alle frontiere grazie all’accordo di Schengen e la comunitarizzazione delle politiche in materia di asilo e visti l’immigrazione, soprattutto quella clandestina, e l’insicurezza non hanno mai raggiunto livelli così elevati, e i gruppi mafiosi e criminali non sono mai stati così numerosi.
Oggi, la risoluzione dell’onorevole Cavada propone di continuare a delegare poteri all’Unione europea nella politica d’immigrazione, abolendo la regola dell’unanimità in Consiglio.
Ancora un volta, non è delegando queste prerogative di sovranità nazionale all’Unione europea che porremo fine all’immigrazione clandestina e ai drammi umani che l’accompagnano. La causa principale di questi problemi è l’abolizione dei controlli alle frontiere degli Stati membri. Ripristiniamo questi controlli: solo allora gli Stati membri saranno in grado contrastare efficacemente gli arrivi in massa dei clandestini e i molteplici reati transfrontalieri.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La lotta globale contro l’AIDS è un problema pressante che richiede un impegno internazionale a tutto campo. Siamo tuttavia del parere che il problema dell’HIV/AIDS non debba essere affrontato nell’ambito della cooperazione europea. Riteniamo che la lotta all’AIDS sia di competenza di ciascuno Stato membro dell’Unione nel quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
La Lista di giugno tende ad una cooperazione a livello comunitario limitata. Siamo contrari all’influenza e competenza dell’UE in materie già oggetto dell’azione di altre organizzazioni internazionali.
Tuttavia, la risoluzione in esame è, più che altro, un parere su come la lotta all’AIDS dovrebbe essere condotta. Abbiamo pertanto optato per il voto a favore della risoluzione nel suo insieme e degli emendamenti a favore della salute riproduttiva.
Jules Maaten (ALDE), per iscritto. – (NL) Se vogliamo contrastare efficacemente la diffusione dell’HIV e dell’AIDS, è essenziale destinare finanziamenti specifici a diversi gruppi vulnerabili. A tale proposito è importante la partecipazione attiva delle organizzazioni non governative, in modo che possano controllare l’azione delle autorità nazionali e chiedere loro conto dell’attuazione degli accordi internazionali. Inoltre, i malati di AIDS dovrebbero partecipare alla definizione delle politiche ed essere al centro di quelle che li riguardano. Poiché la lotta all’AIDS è una delle maggiori sfide che il mondo deve affrontare, la risoluzione in esame merita il nostro appoggio.
Diamanto Manolakou (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La proposta di risoluzione sottolinea i problemi esistenti proponendo alcune soluzioni pratiche per affrontare e gestire la situazione. Tuttavia, l’incapacità persistente di prevenire e combattere la malattia continua a rappresentare un parametro per misurare la povertà e la miseria del popolo nei paesi meno capitalisticamente sviluppati e dà origine ad ulteriori sfruttamenti, in particolar modo quello delle ricchezze naturali. Inoltre, l’altissima diffusione della malattia nei paesi meno capitalisticamente sviluppati rappresenta un focolaio di partenza da cui la malattia si diffonde in tutto il mondo, con gravi ripercussioni sulla sanità pubblica mondiale. Il modo migliore per affrontare il problema dell’AIDS è quello di risolvere la questione politica ed economica a beneficio dei popoli.
I medicinali, al pari delle tecniche e delle conoscenze scientifiche alla base della loro produzione, sono beni sociali. Noi ci battiamo contro le misure atte a proteggere i monopoli che impediscono od ostacolano l’accesso delle persone ai beni di prima necessità.
Ogni Stato ha il dovere di proteggere la salute dei propri cittadini. Noi rifiutiamo e condanniamo la sostituzione dei servizi sanitari pubblici permanenti con organizzazioni non governative e la promozione a livello internazionale della filosofia del volontariato e della responsabilità individuale come soluzione per i problemi di sanità pubblica. Gli Stati nei quali esiste un sistema sanitario devono orientarsi verso la creazione di infrastrutture e servizi pubblici permanenti a tutti i livelli, dotati di personale scientifico adeguato, con l’obiettivo principale di fornire un’assistenza sanitaria di base. Tali strutture potrebbero ricevere finanziamenti internazionali ed essere gestite da associazioni sanitarie internazionali, mentre da un punto di vista globale gli Stati potrebbero istituire forme di cooperazione e assistenza sia a livello scientifico che a livello pratico.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della risoluzione in esame sulla lotta all’AIDS, una malattia il cui virus attraversa tutti i confini e non conosce limiti. La sua diffusione globale non ha sosta e ogni ora vengono contagiate 450 persone, per un totale di 4 milioni di individui l’anno. Nel 2005 le persone che convivevano con l’HIV erano 40 milioni, il 95 per cento delle quali nei paesi in via di sviluppo; esse rappresentano un onere impossibile da sostenere per i sistemi sanitari e l’economia in generale. L’AIDS rappresenta forse la minaccia più grave per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio. Ritengo che attualmente l’obiettivo numero uno della comunità scientifica e dell’industria farmaceutica sia quello di trovare un vaccino contro l’AIDS. Una simile scoperta ci permetterebbe di immaginare un mondo senza AIDS.
Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) L’AIDS è tornato alla ribalta. Il Belgio ha raggiunto livelli record, con 1.072 nuovi contagi nel 2005 e un aumento del 52 per cento in 8 anni.
Si muore meno per la malattia, almeno in Belgio. Tuttavia l’AIDS si è banalizzato. Il preservativo è come una dieta che bisogna seguire tutto l’anno: ogni tanto si ha voglia di fare uno strappo alla regola. Bisogna quindi aumentare le risorse per la prevenzione e, negli ambienti molto religiosi, ribadire che gli appelli all’astinenza sono fuori luogo.
E’ per questa ragione che ho cofirmato un progetto di risoluzione sull’AIDS. Volevo attirare l’attenzione sui bambini vittime dell’AIDS. 15 milioni di bambini sono rimasti orfani a causa della malattia, 12 milioni dei quali soltanto in Africa. Secondo il professor Montagnier, che ha scoperto il virus, gli effetti del contagio saranno visibili solo fra dieci anni e l’impatto demografico sarà considerevole, in quanto la malattia mieterà un’intera popolazione di giovani adulti.
Venerdì prossimo sarà la giornata internazionale della lotta all’AIDS e non possiamo lasciarci sfuggire l’opportunità di ricordare la crescente gravità del problema dell’AIDS proprio in un momento in cui la mortalità dovuta ad altre malattie infettive sembra essere in declino.
Danutė Budreikaitė (ALDE). – (LT) Nell’odierna votazione ho approvato le più importanti disposizioni contenute nella relazione sulla situazione dei disabili nell’Unione europea allargata: il piano d’azione europeo 2006-2007. Vorrei sottolineare in modo particolare l’importanza dell’occupazione per i disabili e, attraverso quest’ultima, la possibilità di evitare l’isolamento sociale. E’ molto importante che anche le persone con disabilità mentali o multiple abbiano accesso al mondo del lavoro in relazione alle loro capacità. Pertanto, è essenziale non solo applicare la direttiva del Consiglio che fissa le norme generali per un atteggiamento uniforme nei confronti dell’occupazione e dell’ambito professionale, ma anche emanare una direttiva specifica sulla disabilità e coniare una definizione europea comune di disabilità. Inoltre, è importante avviare quanto prima campagne di informazione e formare la comunità e i datori di lavoro sul tema dell’occupazione dei disabili. Le imprese che danno lavoro ai disabili dovrebbero ricevere un riconoscimento pubblico e l’apprezzamento della comunità.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Le diverse forme di discriminazione e ingiustizia con cui le persone con disabilità e le loro famiglie devono confrontarsi sono ben note. Nonostante i progressi già compiuti resta ancora molto da fare; uno dei punti centrali, infatti, è la necessità di rafforzare le politiche pubbliche atte a garantire il rispetto della parità di diritti. E’ necessario investire di più in politiche pubbliche per la salute, l’istruzione, la sicurezza sociale e l’occupazione in grado di garantire un accesso libero e gratuito a servizi di qualità, di promuovere l’inclusione sociale e di combattere la povertà e l’emarginazione.
La relazione adottata oggi fa riferimento a diverse aree in cui l’intervento degli Stati membri può essere migliorato.
Consideriamo positivo anche l’appello appena approvato dal Parlamento europeo ad adottare una direttiva specifica sulla disabilità e a ratificare e firmare la Convezione internazionale delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità recentemente approvata. Votiamo pertanto a favore della risoluzione adottata nella speranza che le sia attribuita tutta l’attenzione che merita.
Diamanto Manolakou (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) L’UE sta deliberatamente mascherando le cause di tipo classista dei problemi legati alle persone con disabilità.
Oggi molte persone non sarebbero disabili se nei luoghi di lavoro e negli uffici fossero state adottate misure sanitarie e di sicurezza, se ci fossero solo sistemi sanitari pubblici gratuiti e centri di riabilitazione integrati negli stessi senza fini di lucro.
Al contrario si avanzano proposte per escludere dai servizi pubblici vari tipi di disabilità, dando per scontate le decisioni a danno delle classi meno abbienti di Maastricht e Lisbona.
In sé, alcune misure sembrano positive, ma per lo più non fanno che facilitare la privatizzazione e l’ottimizzazione dei profitti del capitale, eliminando sistematicamente la resistenza opposta dalle associazioni dei disabili e dai movimenti popolari.
Il dovere degli Stati di riservare speciali scuole gratuite a tutti i bambini disabili, di offrire occupazione ai disabili in grado di lavorare garantendo loro speciale assistenza e tutela non è neppure nominato.
L’occupazione per i disabili è associata al taglio dei sussidi piuttosto che al diritto al lavoro e alla protezione.
Non sono neppure nominati i diritti che erano acquisiti negli ex paesi socialisti e che vengono ora spazzati via dal capitalismo. Non si dice quanti disabili andavano a scuola prima e quanti ci vanno attualmente; quanti di loro lavoravano sotto il socialismo e quanti lavorano oggi.
Al capitale interessa solamente formare un’élite all’interno delle associazioni dei disabili in modo da poterla poi controllare.
I disabili devono guardare ai discorsi sulla “parità di diritti” e sulla “lotta alla discriminazione” con sospetto: l’obiettivo è quello di estendere la privatizzazione e la commercializzazione della politica sociale, a danno dei disabili e dei ceti poveri.
Devono lottare ancora più strenuamente contro la politica del capitale.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa eccellente relazione. Le persone disabili hanno il diritto di trovarsi nella posizione di poter operare scelte personali e di avere il controllo della propria vita come quelle che non lo sono. Si rende quindi ancora più necessario un ambiente che consenta ai disabili di essere il più possibile indipendenti. Le raccomandazioni contenute nella relazione in esame, se messe in pratica, ci permetterebbero di compiere grandi passi avanti su questo lodevole cammino.
José Albino Silva Peneda (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Abbiamo assistito con soddisfazione alla tendenza nell’UE ad eliminare gradualmente molte delle forme di discriminazione con cui si confrontano i disabili.
In materia di occupazione, le principali limitazioni cui sono soggetti i lavoratori disabili sono rappresentate dai pregiudizi dei datori di lavoro, dall’accesso alla tecnologia dell’informazione e comunicazione, nonché dall’utilizzo dei mezzi di trasporto pubblico per recarsi al lavoro. La principale conseguenza di tali barriere fisiche è l’alto livello di disoccupazione tra i lavoratori in questione.
Sono pertanto favorevole ad azioni specifiche a livello europeo e nazionale volte a far convergere gli aiuti verso servizi per la promozione dell’integrazione dei disabili nella società, nell’istruzione, nella formazione professionale e nel mercato del lavoro.
In questo senso appoggio la relazione in esame in quanto sono favorevole, ad esempio, alla promozione dell’accesso a Internet per i disabili, in particolare ai siti delle istituzioni pubbliche.
Trovo deprecabile che in Portogallo il governo socialista stia procedendo esattamente nella direzione opposta con l’inserimento nel bilancio statale 2007 di un aggravio fiscale per le pensioni di invalidità percepite dai disabili nonché di una diminuzione dei benefici fiscali.
Bernadette Vergnaud (PSE), per iscritto. – (FR) L’accessibilità ai trasporti pubblici e alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione è vitale per le persone con disabilità. Esse hanno diritto a una migliore integrazione nell’istruzione e nel mercato del lavoro. La relatrice giustamente raccomanda l’adozione di una carta europea sulla “qualità dell’assistenza alle persone con disabilità”.
Per questa ragione ho votato a favore della relazione presentata dall’onorevole Elisabeth Lynne che sottolinea, tra l’altro, la necessità di una legislazione europea sui diritti dei disabili ad avere accesso a tutte le modalità di trasporto sul modello di quella in vigore per quanto riguarda i passeggeri aerei con disabilità.
E’ necessario eliminare i pregiudizi. Si dovrebbero ideare campagne di informazione volte a incoraggiare i datori di lavoro a valutare senza preconcetti l’inserimento di una persona disabile, in particolare per quanto concerne le false idee sui costi finanziari di questo tipo di lavoro e le capacità dei candidati. Gli Stati membri dovrebbero impegnarsi affinché la disabilità sia gestita offrendo un nuovo tipo di servizio per le aziende in modo da garantire, in via preventiva, la conservazione del posto di lavoro, o, a titolo di riqualificazione, il reinserimento professionale a coloro il cui posto di lavoro è a rischio perché affetti da disabilità.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Pur ritenendo positive le misure per la sburocratizzazione e la semplificazione amministrativa, soprattutto per quanto riguarda le piccole e medie imprese – sempre che non implichino una “semplificazione” dei processi a tutela dei lavoratori attualmente in vigore –, come del resto quelle finalizzate al miglioramento dell’accesso al finanziamento, consideriamo pericoloso il cammino indicato dalla relazione in esame.
La crescente importanza che si attribuisce al legame tra istruzione/sistema di insegnamento e mondo imprenditoriale è preoccupante; questa situazione porterà infatti a una mercificazione dell’istruzione e alla sostituzione della formazione dei cittadini con un insegnamento finalizzato alla formazione di manodopera. Nel contempo, l’“imprenditorialità” sembra essere la soluzione a tutti i problemi di disoccupazione nell’Unione europea; questo approccio, unito al tentativo di avvalorare l’idea di “occupabilità”, che non fa altro che delegare alla sola responsabilità dell’individuo ciò che dovrebbe essere responsabilità dello Stato, è contrario a quanto previsto dal progetto della cosiddetta Costituzione europea. Lo stesso accade con l’“inevitabilità” dell’aumento dell’età pensionabile che mette a rischio i diritti delle persone, sia di quelle che lavorano sia dei giovani alla ricerca di un’occupazione che è sempre più difficile trovare.
Infine, la relazione attribuisce grande importanza ai partenariati pubblico-privati che, in generale, rappresentano il mezzo utilizzato per servire su un piatto d’argento al settore privato aree importanti che, per loro stessa natura e per il carattere sociale che le contraddistingue, rientrano nel settore pubblico. Per questa ragione abbiamo votato contro.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Qual è l’utilità della relazione dell’onorevole del Castillo Vera? Il titolo accattivante “E’ ora di cambiare marcia – Creare un’Europa dell’imprenditorialità e della crescita” nasconde, come abitualmente avviene in questo Parlamento, un elenco di truismi e principi. Alcuni di essi, come la promozione delle PMI o la semplificazione della burocrazia, sono molto utili, ma non trovano mai un’applicazione pratica nella legislazione comunitaria. Altri, invece, costituiscono il fondamento stesso dei problemi che ci proponiamo di risolvere: liberoscambismo dogmatico, concorrenza portata alle estreme conseguenze, una dimensione europea in continuo aumento, eccetera.
In conclusione, l’aspetto più istruttivo della relazione sono le tre pagine del preambolo, ovvero oltre un terzo del testo. Esse contengono la lista, forse nemmeno esaustiva, dei documenti che la relazione in esame riassume, il che è ben lungi dal cambio di marcia annunciato. Esse sono soprattutto il simbolo della logorrea che le Istituzioni europee sono in grado di sfoggiare quando si tratta di crescita e di occupazione per mascherare le loro responsabilità nella disastrosa situazione sociale ed economica in cui versa l’Europa.
José Albino Silva Penda (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione in esame perché fa dell’eccellenza la chiave del successo dell’UE per affrontare la concorrenza sul mercato globale. E’ attraverso la promozione di una cultura di innovazione e ricerca che l’UE potrà acquisire un vantaggio nei confronti della concorrenza internazionale.
Seguendo questo orientamento l’UE deve utilizzare tutti i mezzi a sua disposizione per promuovere l’imprenditorialità e soprattutto le PMI in quanto:
– svolgono un ruolo fondamentale all’interno dell’economia europea, contribuendo a una crescita più sostenuta e duratura;
– creano il 95 per cento circa dei nuovi posti di lavoro;
– possono costituire un efficace punto d’incontro tra università e impresa;
– garantiscono il mantenimento della relazione vitale tra le realtà produttive e la relativa dimensione territoriale, permettendo così di gestire i fenomeni di delocalizzazione.
Nonostante il citato contributo fondamentale alla crescita economica, le PMI continuano ad incontrare ostacoli.
I costi non salariali rappresentano uno degli ostacoli maggiori che le PMI si trovano ad affrontare e spesso esse non creano posti di lavoro perché non sono in grado di far fronte ai requisiti amministrativi imposti. Le PMI continuano a subire le conseguenze degli ostacoli burocratici, compresi quelli relativi all’accesso al mercato dei capitali, ai programmi comunitari e ai Fondi strutturali.
Presidente. – Con questo si concludono le dichiarazioni di voto.
10. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
11. Trasmissione dei testi approvati nel corso della presente seduta: vedasi processo verbale
12. Calendario delle prossime sedute: vedasi processo verbale
13. Interruzione della sessione
Presidente. – Dichiaro interrotta la sessione del Parlamento europeo.