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Procedura : 2006/0022(CNS)
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Testi presentati :

A6-0431/2006

Discussioni :

Votazioni :

PV 14/12/2006 - 6.32
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2006)0600

Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 14 dicembre 2006 - Strasburgo Edizione GU

7. Dichiarazioni di voto
Processo verbale
  

Progetto di bilancio generale dell’Unione europea – Esercizio 2007, modificato dal Consiglio

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Vorremmo nuovamente illustrare la nostra prospettiva fondamentale sul bilancio dell’Unione europea.

La Lista di giugno ritiene che il bilancio dell’Unione europea debba essere limitato all’1 per cento del reddito nazionale lordo medio degli Stati membri. Abbiamo pertanto deciso di votare contro tutti gli aumenti proposti dal Parlamento europeo, mentre abbiamo accolto favorevolmente i pochi risparmi proposti sotto forma di emendamenti dalla commissione per i bilanci o da singoli parlamentari.

Vi sono diverse linee di bilancio alquanto infelici, ma la Lista di giugno deplora soprattutto l’ingente sostegno concesso a favore della politica agricola dell’Unione europea, del Fondo di coesione e del settore della pesca, nonché le varie linee di bilancio nel cui ambito dovranno essere sovvenzionate varie forme di campagne di informazione.

La Lista di giugno ritiene inoltre che il continuo andirivieni del Parlamento tra Strasburgo e Bruxelles debba cessare e che il Comitato economico e sociale europeo e il Comitato delle regioni debbano essere smantellati.

Il 23 ottobre 2006 la Corte dei conti dell’Unione europea ha riscontrato per il tredicesimo anno consecutivo di non poter garantire per più di un’esigua percentuale del bilancio dell’Unione europea che questa era stata impiegata in maniera corretta o per gli scopi previsti. Come può proseguire questa follia in cui, anno dopo anno, si stanziano risorse finanziarie e solo per una minima parte di esse è possibile garantirne l’impiego per gli scopi ai quali erano destinate?

 
  
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  Jens Holm, Kartika Tamara Liotard, Erik Meijer e Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. (EN) Non possiamo appoggiare questo bilancio per una serie di motivi. In primo luogo, in segno di protesta per il fatto che, alcuni mesi fa, la Corte dei conti ancora una volta non ha approvato i conti dell’Unione europea. Se l’Unione europea non è in grado di combattere con successo frode e inefficienza, non per questo deve incrementare il suo bilancio. In secondo luogo, riteniamo che questo bilancio compia scelte politiche sbagliate come, ad esempio, l’attenzione decisamente eccessiva riservata a progetti militari, agricoltura industriale e politica estera, non soffermandosi sufficientemente su progetti ambientali e sociali. Infine, il bilancio non modifica in maniera adeguata alcune politiche che rappresentano semplicemente uno spreco, come il massiccio sovvenzionamento della distruzione dei vigneti e il continuo sovvenzionamento della coltivazione di tabacco.

 
  
  

– Relazione Elles / Grech (A6-0451/2006)

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE-DE).(LT) Signor Presidente, ho votato a favore del bilancio dell’Unione europea per il 2007. Il relatore del Parlamento europeo per il bilancio James Elles, rappresentante del Regno Unito, sicuramente ha una propria visione per quanto concerne la formazione del bilancio dell’Unione europea e lo stanziamento dei suoi fondi, ma ritengo che sia in larga misura grazie al suo impegno che il bilancio per il 2007 è innovativo e basato sul principio della “ottimizzazione delle risorse”. Sono lieta del fatto che sia stato possibile giungere a un compromesso per quanto concerne il finanziamento della politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea, l’applicazione dello strumento della flessibilità, la difesa delle frontiere esterne dell’Unione europea e il finanziamento dei programmi di istruzione permanente, e mi compiaccio per il fatto che inizieremo il primo anno della nuova prospettiva finanziaria disponendo di un bilancio dell’Unione europea già confermato.

 
  
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  Ole Christensen, Dan Jørgensen, Poul Nyrup Rasmussen, Christel Schaldemose e Britta Thomsen (PSE), per iscritto. (DA) I membri danesi del gruppo PSE, ossia gli onorevoli Rasmussen, Thomsen, Schaldemose, Jørgensen e Christensen, hanno votato contro l’emendamento n. 1, presentato dagli onorevoli Tomczak e Bonde del gruppo IND/DEM.

E’ opinione di questa delegazione che l’emendamento sia incompatibile con i regolamenti attualmente in vigore, ragion per cui ci siamo sentiti obbligati a votare contro di esso.

La delegazione desidera nondimeno ribadire il suo sostegno a una graduale riduzione generale degli aiuti all’agricoltura senza possibilità di trattamento differenziale per diversi Stati membri.

I membri danesi del gruppo PSE, onorevoli Rasmussen, Thomsen, Schaldemose, Jørgensen e Christensen, hanno votato contro l’emendamento n. 2, presentato dagli onorevoli Tomczak e Bonde del gruppo IND/DEM.

E’ opinione di questa delegazione che l’emendamento sia incompatibile con lo Statuto attualmente in vigore, ragion per cui ci siamo sentiti obbligati a votare contro di esso.

Nondimeno, la delegazione di membri danesi del gruppo PSE è dell’avviso che occorra una riforma delle norme che disciplinano le spese di trasferta in maniera che, in futuro, vengano versate secondo importi corrispondenti ai costi effettivamente sostenuti. In proposito, la delegazione vorrebbe far riferimento al lavoro da essa svolto sul nuovo Statuto relativo al funzionamento del Parlamento europeo, che entrerà in vigore nel 2009. In tale contesto, la delegazione si rallegra per il fatto che, con il nuovo Statuto, entreranno in vigore norme secondo cui, a partire dal 2009, le spese di trasferta saranno versate secondo importi corrispondenti ai costi effettivamente sostenuti.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Si potrebbe dire, per quanto riguarda la proposta di bilancio per il 2007, che la storia si ripete, ma, in considerazione di quanto è avvenuto in passato, la rilevanza di questo bilancio è ancor più preoccupante.

Dopo aver “criticato” il tetto di bilancio proposto da Commissione e Consiglio, il Parlamento ha appena avallato un bilancio in cui gli stanziamenti per i pagamenti ammontano allo 0,99 per cento del reddito nazionale lordo comunitario, inferiore alla percentuale dell’1,06 per cento circa concordata non più di un anno fa nella prospettiva finanziaria per il 2007: un taglio di circa 8 miliardi di euro.

Poiché il 2007 è il primo anno dell’Unione europea con 27 Stati membri, un anno che indicherà la rotta per i futuri bilanci, il Parlamento ha adottato un bilancio decisamente inferiore alle necessità finanziarie di un’effettiva coesione economica e sociale, un bilancio le cui priorità sono ben lungi dal rappresentare una risposta adeguata al problema. Tutto il contrario, di fatto, come dimostra la riduzione della cosiddetta “compensazione” finanziaria al Portogallo.

Questo bilancio mira, per citare soltanto qualche esempio, a sostenere l’attuazione delle politiche neoliberiste contenute nella strategia di Lisbona – come la liberalizzazione del mercato del lavoro e del mercato interno e il finanziamento dei grandi capitali –, promuovere la rottamazione di molti pescherecci, distruggere progressivamente aziende agricole a conduzione familiare e favorire la militarizzazione dell’Unione europea e l’interventismo da parte dell’Unione.

Da ciò, il nostro rifiuto.

 
  
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  Anne E. Jensen e Karin Riis-Jørgensen (ALDE), per iscritto. (DA) I parlamentari europei del partito liberale danese hanno votato contro gli emendamenti nn. 1 e 2, presentati dagli onorevoli Tomczak e Bonde del gruppo IND/DEM.

Il partito liberale danese crede nella riforma degli aiuti all’agricoltura, ma non reputa che questo sia il modo per ottenerla, né ritiene che la relazione sul bilancio annuale sia la sede opportuna per auspicare la presentazione di proposte in tal senso. La proposta dell’onorevole Bonde non può considerarsi, nel complesso, adeguatamente ponderata.

Il partito liberale danese crede inoltre nella riforma delle indennità di trasferta in maniera che siano rimborsate le spese di trasferta ragionevoli e necessarie. Ciò, tuttavia, è già stato deciso nell’ambito del nuovo Statuto per i parlamentari, che sarà introdotto nel 2009. La proposta dell’onorevole Bonde è contraria allo Statuto attualmente in vigore e può dunque ritenersi, nel complesso, poco oculata.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Mi complimento con il relatore per aver formulato un pacchetto che ha raccolto un’ampia maggioranza in Aula. Nei miei 22 anni di permanenza in Parlamento, questa è la votazione sul bilancio più rapida che io ricordi. Mi rammarico che il Parlamento abbia accettato una serie di riduzioni per restare entro i limiti di bilancio. Ritengo in particolare molto infelice la scelta di aver ridotto il bilancio per gli “aiuti al commercio” perché questa è una linea di bilancio fondamentale per aiutare i paesi in via di sviluppo a collegarsi al sistema globale degli scambi.

 
  
  

– Relazione Daul (A6-0412/2006)

 
  
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  Jens-Peter Bonde (IND/DEM), per iscritto. (DA) E’ profondamente ingiusto che venga operata una discriminazione ai danni dei nuovi Stati membri non concedendo loro gli stessi aiuti previsti per i vecchi Stati membri. Ho nondimeno votato a favore degli accordi transitori in quanto la loro mancata adozione potrebbe far sì che Bulgaria e Romania non ricevano alcunché.

In generale, sono contrario agli aiuti all’agricoltura, che a mio avviso andrebbero progressivamente aboliti. Avrei pertanto preferito una riduzione degli aiuti ai vecchi Stati membri in modo che a tutti fossero applicate le medesime condizioni. Tale riduzione inizierebbe dall’alto, con un tetto di 40 000 euro per entità giuridica, come ho proposto nel mio emendamento al bilancio.

 
  
  

– Relazione Segelström (A6-0452/2006)

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Le presenti relazioni sono permeate da una serie di proposte populiste che attaccano uno dei principi più essenziali dello Stato di diritto: il diritto all’autodeterminazione in relazione al diritto penale. Si raccomanda, per esempio, che vi sia un vero e proprio giudice europeo e un vero e proprio diritto penale europeo. Lo scopo di tali proposte è chiaro. Risponde al desiderio di costruire un super-Stato comunitario, e le proposte rappresentano un passo decisivo in tale direzione, il che è assolutamente inaccettabile.

Per quanto concerne le materie giuridiche, la Lista di giugno da sempre sostiene la sovranità dello Stato nazione. La cooperazione dell’Unione europea deve limitarsi a ottenere un mercato interno efficiente e occuparsi di temi ambientali transfrontalieri. L’Unione europea non deve assolutamente avere un sistema giuridico armonizzato.

Nell’odierna votazione ci siamo pertanto espressi contro tali relazioni.

 
  
  

– Relazione Kudrycka (A6-0437/2006)

 
  
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  Bernadette Bourzai (PSE), per iscritto. – (FR) Trovo che la relazione dell’onorevole Langen su una strategia a favore della biomassa e dei biocarburanti descriva perfettamente tutti i costi e i vantaggi derivanti dall’impiego delle energie rinnovabili.

Desidero tuttavia rammentare alcuni emendamenti presentati in sede di commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale che non sono stati accolti.

In primo luogo, anche se le energie rinnovabili possono contribuire a ridurre la dipendenza energetica dell’Unione europea, parallelamente occorre condurre una riflessione più globale sul nostro consumo energetico e, dunque, sul nostro stile di vita e di produzione in maniera da consumare meglio, ma soprattutto meno.

In secondo luogo, non bisognerebbe lanciarsi in una cultura intensiva e produttivista delle fonti energetiche rinnovabili la quale, comportando nefaste conseguenze ambientali, economiche e sociali, esulerebbe dalla strategia europea di sviluppo sostenibile.

La funzione principale dell’agricoltura deve restare la produzione alimentare, la risorsa forestale deve essere sfruttata in maniera ragionevole e la cogenerazione deve essere la regola nella produzione della biomassa.

Occorre infine organizzare e migliorare i circuiti di approvvigionamento, distribuzione e commercializzazione delle materie prime agricole e silvicole e dell’energia prodotta a livello di mercati locali evitando tempi di trasporto troppo lunghi.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. (PT) L’entità del fenomeno dell’immigrazione illegale nell’Unione europea non può farci dimenticare il grave problema dei rifugiati e, in particolare, dei rifugiati politici. Il diritto di asilo è in primo luogo un valore fondamentale di qualunque società che cerchi di tutelare democrazia, dignità e diritti umani, ed è anche dimostrazione di uno spirito di solidarietà all’interno di tale comunità. Pertanto, poiché dobbiamo assumere un ruolo guida per la salvaguardia della dignità umana e poiché, quando si tratta di valori, le parole da sole non bastano, coloro che sfuggono a persecuzioni, torture, guerre e violazioni dei diritti umani devono sapere che qui, in Europa, saranno adeguatamente accolti ogni qual volta per noi è possibile farlo e, per attrezzarci opportunamente per tale compito, questo Fondo è necessario e decisamente auspicabile.

 
  
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  Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Signor Presidente, sono lieto di sostenere l’introduzione di questo Fondo per i rifugiati. Troppo spesso i rifugiati sono ignorati e relegati in fondo all’elenco delle priorità degli Stati membri. E’ dunque più che legittimo che, laddove gli Stati membri vengono a mancare, l’Unione intervenga per garantire il mantenimento dei nostri standard. La presente relazione ci avvicina a un sistema coerente e sono ben felice di appoggiarla.

 
  
  

– Relazione Le Rachinel (A6-0417/2006)

 
  
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  Richard Corbett (PSE), per iscritto. (EN) Sostengo le misure sul doppio scafo, misure che dovrebbero contribuire a ridurre l’inquinamento dei mari causato dalle petroliere e risultano particolarmente importanti per la costa dello Yorkshire e l’estuario dell’Humber.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Il gruppo del partito comunista greco al Parlamento europeo ha votato a favore della proposta di emendamento dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 417/2002, sia durante l’approvazione in sede di commissione per i trasporti e il turismo il 22 novembre 2006 che in seduta plenaria il 14 dicembre 2006 affinché i prodotti petroliferi pesanti possano essere trasportati soltanto in petroliere a doppio scafo.

Il partito comunista greco sta combattendo coerentemente, a fianco dei marittimi e dei lavoratori in generale, contro la politica antipopolare applicata dall’Unione europea e dai governi degli Stati membri, nonché contro armatori e capitale, affinché vengano adottati provvedimenti rigorosi per rafforzare le norme di sicurezza per le petroliere e tutte le classi di navi in generale, per proteggere la vita umana in mare e l’ambiente.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. (PT) La sicurezza marittima è estremamente importante per l’Unione europea, se si pensa a incidenti come quello della Prestige con le loro conseguenze socioeconomiche e ambientali e vista la necessità di prevenire ulteriori tragedie che compromettono la sostenibilità dei nostri mari e dei nostri territori.

Le misure formulate nella relazione Le Rachinel costituiscono un passo avanti fondamentale per garantire che le disposizioni comunitarie siano chiare, coerenti e stabili.

Il settore delle petroliere, per esempio, richiede un quadro legislativo e giudiziario comunitario estremamente chiaro e stabile, senza il quale non è possibile garantire e mantenere l’efficacia e la trasparenza dei rapporti commerciali nel settore marittimo. Di conseguenza, sebbene in pratica gli Stati membri già osservino e applichino il divieto del monoscafo per le petroliere che trasportano prodotti petroliferi pesanti, tale proposta di emendamento del regolamento assicurerà un’indispensabile chiarificazione e conferma del testo.

Alla luce di un’attenta analisi dell’impatto socioeconomico di tale misura, è evidente che si tratta di un provvedimento sensato e che dobbiamo continuare ad allineare le misure comunitarie all’obiettivo di garantire la massima sicurezza marittima alle nostre navi, ai nostri porti e ai nostri territori.

 
  
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  Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Signor Presidente, l’elaborazione di questo pacchetto sulle petroliere a doppio scafo ha richiesto fin troppo tempo, ma sono comunque lieto di appoggiarlo oggi. In Scozia abbiamo assistito al disastro causato dal naufragio della Braer nelle isole Shetland e dobbiamo fare tutto quanto in nostro potere per garantire la sicurezza del nostro ambiente e dei nostri litorali europei. L’Unione europea deve imporre standard elevati a questi operatori internazionali, e la presente relazione ci fa avanzare in tal senso.

 
  
  

– Relazione Kudrycka (A6-0419/2006)

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Per il modo in cui è concepito, questo Fondo servirà a finanziare la comunitarizzazione accelerata delle società europee. Si tratta di una folle “politica delle città” attuata su scala comunitaria.

Nel mio paese conosciamo già le conseguenze di queste politiche incentrate sul rispetto assoluto delle specificità culturali delle popolazioni immigrate; tali politiche iniettano somme ingenti a fondo perduto in misure rivolte a persone che non hanno la volontà di integrarsi, ma rivendicano, come se fossero dovuti, diritti sociali, economici e politici che si dovrebbero riservare ai cittadini del paese ospitante. Tra le conseguenze vi sono la ghettizzazione ed episodi talvolta sanguinosi come scontri interetnici, rivolte antifrancesi, e saccheggi dei beni pubblici, per non parlare del rafforzamento dell’islamismo.

Tuttavia, poiché le somme concesse a ogni Stato membro dipenderanno dal numero di immigrati che accoglie, tale Fondo forse avrà, finalmente, una qualche utilità: ci permetterà infine di conoscere i veri dati dell’immigrazione, visto che, continuamente truccate, le cifre ufficiali oscillano tra i 17 e i 40 milioni di cittadini extracomunitari che vivono nel territorio dell’Unione.

Prendendo coscienza dell’entità del problema, i popoli europei potranno forse svegliarsi prima che sia troppo tardi!

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. (PT) Uno degli aspetti principali della politica dell’immigrazione è quello dell’integrazione. La capacità di integrare immigranti e la capacità degli immigranti di integrarsi sono il fattore principale, o perlomeno uno dei fattori principali, per superare il potenziale conflitto e le tensioni possibili tra comunità diverse, argomento di estrema attualità.

Come ho potuto rilevare in varie occasioni, la prima cosa da notare in materia di immigrazione è che il paese ospite trae vantaggi enormi dall’accogliere uomini e donne che hanno vissuto travagli indescrivibili alla ricerca di una vita migliore, persone che arricchiscono le nostre comunità. Riconoscere tale aspetto, tuttavia, non significa che dobbiamo sottovalutare l’altro lato della medaglia, ossia le difficoltà insite nell’integrazione. Nel tentativo di affrontare la questione, questo Fondo può assumere un ruolo estremamente importante finanziando programmi tesi ad agevolare e promuovere l’integrazione. Tutto dipenderà, ovviamente, dalla visione politica che ispirerà il modo in cui il Fondo verrà impiegato. Questo però è soprattutto un aspetto che rientra nelle competenze degli Stati membri.

 
  
  

– Relazione La Russa (A6-0390/2006)

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La relazione della commissione parlamentare sul programma di finanziamento “Prevenzione, preparazione e gestione delle conseguenze in materia di terrorismo” si spinge persino oltre la proposta di decisione della Commissione europea laddove aggiunge, agli obiettivi del programma, la protezione delle infrastrutture critiche e la “continuità dell’azione pubblica”. In altri termini, essa colloca questo programma nell’ambito del programma d’azione rivisto dell’Unione europea sul terrorismo, incentrato sulla prevenzione di una “violenta radicalizzazione” e sulla protezione delle infrastrutture critiche degli Stati membri dell’Unione. Sulla base di questo programma, le interpretazioni, posizioni e opposizioni ideologiche che minacciano il sancta sanctorum della barbarie capitalista e lo sfruttamento dei suoi sistemi politici rientrano nella definizione di “terrorismo”, mentre le azioni abituali che i movimenti popolari di massa hanno il diritto di compiere, come la presa di possesso simbolica di strade o edifici, e che nell’ottica del capitalismo appaiono una minaccia per le “infrastrutture critiche” o per il corretto funzionamento dei servizi pubblici, possono essere potenzialmente classificate come “azioni terroristiche”.

I programmi e i provvedimenti del capitale europeo e dei suoi portavoce politici contro i diritti e le libertà dei popoli e l’attività dei movimenti popolari sono un sintomo evidente della loro paura. Non sono così onnipotenti come dicono di essere. Solo i popoli sono invitti quando decidono di reagire rivendicando e facendo valere i propri diritti.

 
  
  

– Relazione Gröner (A6-0455/2006)

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE).(SK) I principi della non discriminazione e della parità di genere sono i pilastri democratici dell’Unione europea. E’ quindi ovvio che l’Unione sia impegnata a definire meccanismi istituzionali, quali l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, al fine di promuovere in modo più efficace la parità di genere. Per tali motivi ho votato a favore della relazione anche in seconda lettura.

Apprezziamo la decisione della Commissione di insediare l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere in uno dei nuovi Stati membri, perché essi sono particolarmente in ritardo in questo campo rispetto agli altri 15, e mi fa molto piacere che il Consiglio di dicembre abbia scelto la Lituania come sede dell’Istituto; devo tuttavia ammettere di essere un po’ delusa per il fatto che la Slovacchia, un paese alquanto arretrato in questioni di genere, non sia stata preferita dal Consiglio nonostante la sua favorevole collocazione geografica al centro dell’Europa. Sono convinta che, con i nostri interventi e con l’attiva promozione della Slovacchia nel Parlamento europeo, le colleghe Záborská, Bauer e Belohorská e io contribuiremo in misura consistente agli sforzi per portare la sede dell’Istituto a Bratislava.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Questa è una cosa che le organizzazioni delle donne hanno rivendicato a lungo e che il Parlamento ha appoggiato, ma la cui realizzazione ha richiesto un faticoso processo. Finalmente, seguendo la proposta della Commissione di creare un Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, il Parlamento ha adottato la propria posizione in prima lettura il 14 marzo 2006, approvando 50 emendamenti alla proposta della Commissione pubblicata l’8 marzo 2006. Nel frattempo, il Consiglio ha adottato una posizione comune il 21 settembre 2006, inserendovi 35 emendamenti presentati dal Parlamento.

Considerata l’esigenza di creare l’Istituto e di renderlo operativo nel 2007, gli emendamenti sono stati negoziati nell’ottica di trovare rapidamente un accordo in seconda lettura. Questo era il compromesso al quale abbiamo dato la nostra approvazione e che comprende 13 emendamenti alla posizione comune.

Tra le varie disposizioni dell’accordo, ve n’è una che prevede la cancellazione dell’Ufficio di presidenza proposto nella posizione comune e la reintroduzione del Forum di esperti, un organismo con poteri consultivi formato da esperti nel settore della parità di genere, secondo gli auspici della Commissione e del Parlamento.

Il Consiglio ha riconsiderato la propria posizione e ha approvato la sostituzione dell’Ufficio di presidenza con il Forum di esperti, formato da un rappresentante di ciascuno Stato membro, da due membri nominati dal Parlamento e da tre rappresentanti delle parti sociali.

 
  
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  Sérgio Marques (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Mi congratulo con le onorevoli Gröner e Sartori per la loro tempestiva relazione sulla raccomandazione per la seconda lettura relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un Istituto europeo per l’uguaglianza di genere. Appoggio la relazione in toto e, in particolare, sono favorevole alla sostituzione dell’Ufficio di presidenza con il Forum di esperti, quale elemento della struttura dell’Istituto.

L’obiettivo, condiviso da tutte le Istituzioni, di rendere operativo l’Istituto quanto prima possibile nel corso del 2007 le ha indotte a collaborare per poterlo raggiungere. La solerzia e il modo in cui questo processo è stato portato avanti sono lodevoli.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione sull’istituzione di un Istituto europeo per l’uguaglianza di genere. Lo studio di fattibilità della Commissione è giunto alla conclusione che tale Istituto potrebbe senz’altro svolgere un suo ruolo. Così come proposto, l’Istituto sarebbe di piccole dimensioni, con uno staff di una decina di persone, e avrebbe come obiettivo generale quello di coadiuvare le Istituzioni europee (principalmente la Commissione) e le autorità degli Stati membri nella lotta contro la discriminazione di genere e nella promozione della parità di genere, nonché di sensibilizzare i cittadini europei sul tema della parità di genere.

 
  
  

– Relazione Grosch (A6-0414/2006)

 
  
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  James Hugh Allister (NI), per iscritto. – (EN) Oggi ho votato contro la posizione comune del Consiglio sul pacchetto di norme relative all’introduzione di una patente di guida europea. Le questioni concernenti i trasporti nazionali sono di competenza dei governi nazionali e, di conseguenza, ciascuno Stato membro dovrebbe essere libero di stabilire autonomamente le proprie norme e i propri criteri in materia di patenti di guida. Questa proposta, eccessivamente burocratica e oltremodo prescrittiva, sembra del tutto inadatta a migliorare la sicurezza stradale. Ritengo pertanto che non sia altro che un ulteriore, inutile e ingiustificabile documento legislativo.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La sicurezza stradale è una questione transfrontaliera della massima importanza. La direttiva dell’Unione europea sulla patente di guida potrebbe fornire pertanto un contributo concreto in termini di valore aggiunto. Come al solito, però, la Commissione e il Parlamento europeo stanno cercando, spinti da un eccesso di zelo normativo, di controllare nei dettagli le disposizioni degli Stati membri in questa materia.

Crediamo che ai principi di sussidiarietà e di paese di origine debba essere data piena applicazione, cosa che invece la relazione non fa laddove, per esempio, formula proposte particolareggiate per le norme sulla patente per motorini e motociclette. Crediamo nel principio del riconoscimento reciproco e abbiamo quindi piena fiducia nella capacità degli Stati membri di prendere decisioni sagge e ponderate. E’ possibile armonizzare le norme sulle patenti di guida senza dover ricorrere a una dettagliata proposta di direttiva, come quella attuale sulle patenti di guida. Per tali considerazioni, abbiamo votato a favore dell’emendamento n. 6, in cui si chiede di respingere la posizione comune in quanto eccessivamente prescrittiva e inidonea a migliorare la sicurezza stradale.

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. – (DE) Ho votato a favore dell’adozione del sistema della patente di guida europea poiché esso rappresenta, a mio parere, un significativo passo avanti. La nuova direttiva sulle patenti creerà maggiore sicurezza e ridurrà il numero di frodi nelle procedure di rilascio delle patenti, visto che limita sostanzialmente la possibilità di praticare il cosiddetto turismo delle patenti. A tale riguardo, è molto importante la decisione di creare una banca dati dei contravventori del codice stradale cui è stata ritirata la patente nel loro paese. In tal modo, agli automobilisti ubriachi sarà concretamente impedito di rifarsi una patente all’estero.

Reputo tuttavia eccessivamente lungo il periodo di 26 anni fissato per togliere dalla circolazione tutte le patenti valide attualmente.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione Grosch, che mira a riorganizzare la direttiva sulla patente di guida al fine di riunire in un unico testo tutte le norme riguardanti la patente di guida e di renderle più trasparenti e accessibili ai cittadini. Se queste proposte acquisteranno dignità di legge, metteranno fine alla pratica del turismo delle patenti di guida, grazie al quale una persona cui è stata ritirata la patente in uno Stato membro può ottenerne una nuova in un altro Stato membro. So che molti motociclisti sono preoccupati per il limite minimo di età (24 anni) fissato per la guida di moto di grossa cilindrata. Mi auguro che troveranno accettabile il compromesso che consentirà loro di guidare moto del genere a un’età inferiore purché in possesso di adeguata esperienza – un compromesso che mantiene comunque la sicurezza al primo posto nelle nostre preoccupazioni.

 
  
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  Seán Ó Neachtain (UEN), per iscritto. – (EN) Sono favorevole a questa direttiva, che sostituirà gli oltre 110 diversi modelli di patenti di guida attualmente in circolazione in tutta l’Unione europea. Credo che la nuova patente unica europea, in formato carta di credito, contribuirà anche a contrastare il fenomeno del turismo delle patenti di guida. In pratica, con le nuove norme, Stati membri come l’Irlanda potranno rifiutarsi di rilasciare una patente di guida a un richiedente la cui patente sia limitata, sospesa o ritirata in un altro Stato membro.

Sono favorevole anche all’obiettivo di aumentare la sicurezza stradale, che la relazione intende perseguire rendendo obbligatorio un test teorico per i motorini a partire dal 2013. Inoltre, l’applicazione del principio di accesso graduale farà sì che i motociclisti dovranno acquisire esperienza su moto di più piccola cilindrata prima di poter guidare veicoli più potenti.

Ho sempre sostenuto che, su determinate questioni, lo scambio delle migliori prassi e la fissazione di standard a livello di Unione europea può in molti casi dare risultati positivi. Nella materia in questione, credo che la definizione di standard europei per le qualifiche di base e per i programmi di aggiornamento degli esaminatori di guida rappresenti un importante passo avanti.

 
  
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  Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) Nel 2032 i nostri nipoti avranno tutti la stessa patente di guida: una patente unica per tutti gli europei, in formato carta di credito, una patente “made in the USA”. Questo documento sarà il simbolo di una maggiore sicurezza, e il segno tangibile dell’identificazione europea. Deploro che ci siano voluti 26 anni per realizzare l’armonizzazione; ciò detto, le prime patenti di questo tipo saranno emesse nel 2012.

Era ora! Attualmente nell’Unione europea esistono 110 diversi tipi di patente; tale situazione ingenera confusione, la quale va a tutto vantaggio dei più disonesti tra noi e rende le strade ancora più pericolose. Armonizzare le normative nazionali significa lottare contro il cosiddetto turismo delle patenti di guida, cioè contro la possibilità che i cittadini europei cui è stata ritirata la patente nel rispettivo paese per aver commesso una grave infrazione possano ottenere una nuova patente in un altro paese dell’Unione.

Saranno armonizzate anche le norme sugli esaminatori di guida, garantendo così la qualità della preparazione in tutta Europa.

 
  
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  Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Sono favorevole alla relazione, nonostante qualche riserva. In particolare, non mi convince il fatto che la questione della certificazione degli automobilisti debba essere affrontata a livello europeo, qualora vi sia un idoneo riconoscimento degli standard da parte degli altri Stati membri dell’Unione. Sono scettico riguardo alle preoccupazioni manifestate dalla destra antieuropeista, secondo la quale questo pacchetto di norme finirebbe per introdurre in modo surrettizio la carta d’identità; posso invece condividere in parte l’idea che le norme in esame rispondono a un’esigenza non concretamente sentita nella realtà.

 
  
  

– Relazione Corbett (A6-0415/2006)

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Il collega Richard Corbett è senza dubbio il principale esperto del Parlamento di questioni costituzionali. Sono favorevole a quest’ultima relazione, che modifica le norme di procedura per armonizzarle con il nuovo accordo sulla comitatologia. Per quanto questa materia possa sembrare alquanto tecnica, essa è in realtà squisitamente politica, perché il modo in cui modifichiamo le nostre norme ha effetti diretti sulla nostra capacità di influenzare la legislazione comunitaria. Richard è sempre stato abile nel massimizzare l’influenza del Parlamento.

 
  
  

– Relazione Leinen (A6-0464/2006)

 
  
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  Richard Corbett (PSE).(EN) Signor Presidente, avrà notato che questa relazione, questo cambiamento delle nostre regole, è stato approvato con una maggioranza di soli sette voti. Una maggioranza risicata che, credo, è indicativa dell’attitudine dell’Assemblea verso un cambiamento delle nostre regole giudicato non strettamente necessario e che è stato adottato per un periodo di tempo determinato – c’è una clausola di caducità che fa decadere la modifica alla fine di questa legislatura – per superare la difficile situazione in cui ci troviamo attualmente. Penso che la lezione da trarre da una votazione con maggioranza così ristretta sia che qualsiasi tentativo di prolungare, dopo la fine di questa legislatura, la disposizione che prevede un quarto vicepresidente per ciascuna commissione e un sesto questore sarà destinato al fallimento, e consiglio pertanto di non intraprenderlo.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato contro la relazione Leinen, che emenda il Regolamento del Parlamento portando da tre a quattro il numero dei vicepresidenti delle commissioni e da cinque a sei il numero dei questori. Trovo francamente assurdo che ci siano quattro vicepresidenti in ciascuna commissione. Non c’è alcun motivo di nominare un quarto vicepresidente; si tratta semplicemente di un espediente politico per garantire che i leader dei gruppi abbiano abbastanza incarichi da distribuire in giro per far contenti i loro principali sostenitori. Per quanto riguarda l’aumento del numero dei questori, questo può al limite essere più giustificabile, però reputo pericoloso avere un numero pari di questori.

 
  
  

– Relazione Kudrycka (A6-0427/2006)

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La decisione di istituire un Fondo europeo per le frontiere esterne dell’Unione è tempestiva. Se è vero che i confini di ciascuno Stato membro sono di competenza esclusiva della sovranità nazionale, è altrettanto vero che essi sono allo stesso tempo le frontiere esterne dell’Unione. Hanno quindi una sorta di doppia natura, che va riconosciuta e affrontata in maniera adeguata. In un periodo di crescente pericolo, vuoi per la minaccia terroristica, vuoi per l’immigrazione illegale o la criminalità economica, è prioritario rafforzare i nostri confini, anche se questo intento, voglio dirlo chiaramente, non deve indurci a innalzare muri tutt’intorno all’Europa o a costruire un “continente fortezza”. Si tratta di condividere in parte un impegno, il cui onere è parzialmente connesso con l’appartenenza all’Unione europea. E’ la cosa giusta da fare. Speriamo, e questo è l’aspetto più importante, che sia efficace.

 
  
  

– Relazione Kudrycka (A6-0425/2006)

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Leggendo il titolo della relazione, ho pensato che l’Unione europea proponesse di sostenere finanziariamente gli Stati membri a rimpatriare nei loro paesi di origine gli immigrati clandestini sottoposti a provvedimento di espulsione, o addirittura di aiutarli concretamente nei casi in cui la loro legislazione preveda forme di assistenza per il reinsediamento degli immigrati legali nei paesi di origine.

A nostro parere l’Unione europea non ha né deve avere competenze in materia di immigrazione. Invero, una proposta come questa si sarebbe potuta spiegare con le conseguenze per tutti gli Stati europei delle disastrose politiche di regolarizzazione portate avanti da alcuni paesi, come Spagna e Francia, che attirano immigrati clandestini come il fuoco attira le falene.

La proposta prevede non solo il finanziamento del rimpatrio degli immigrati clandestini, bensì anche incentivi in contanti e altri aiuti per il reinserimento, l’occupazione e chissà cos’altro ancora per favorire – cito testualmente – lo “sviluppo personale” dell’immigrato rimpatriato!

Questo è, in un certo senso, un premio all’illegalità e un incoraggiamento a riprovarci un’altra volta.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Il Fondo europeo per i rimpatri è un ulteriore passo verso il consolidamento della politica anti-immigrazione dell’Unione europea e rientra nel più ampio programma di finanziamento denominato “Solidarietà e gestione dei flussi migratori”, che si limita a fornire aiuti economici alla “fortezza Europa” rafforzando i controlli e le “forze di risposta rapida” ai confini esterni dell’Unione, abolendo di fatto l’asilo e la protezione per i rifugiati e inasprendo ancor più la repressione della migrazione motivata da cause economiche.

Il Fondo europeo per i rimpatri è concepito per rafforzare i meccanismi di rimpatrio forzato nei paesi di origine degli immigrati “clandestini”; in altre parole, è sostanzialmente un fondo per finanziare la deportazione in massa degli immigrati economici e dei rifugiati, celando in tal modo l’ipocrisia delle dichiarazioni dell’Unione sull’integrazione sociale degli immigrati.

La politica di migrazione dell’Unione europea si muove esclusivamente nel quadro della strategia di Lisbona, nell’ottica di rendere più redditizio il capitale europeo. All’interno di una simile politica, va delineandosi il quadro istituzionale reazionario degli Stati membri e dell’UE, che tiene in una condizione di illegalità o semi-illegalità milioni di immigrati in tutta l’Unione, per trasformarli in ostaggi del peggiore sfruttamento da parte del capitale con lavori mal retribuiti e privi di sicurezza, senza poter godere dei diritti fondamentali del lavoro e senza alcuna possibilità di accedere ai diritti sociali e politici di base.

 
  
  

– Relazione Grossetête (A6-0396/2006)

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione, che è un adattamento della nuova procedura di comitatologia. Anche se si tratta di una relazione tecnica, desidero sottolineare che ne approvo il contenuto perché garantisce che i farmaci e gli altri prodotti destinati ai bambini siano commisurati alle loro specifiche esigenze e non siano semplici variazioni (per esempio, dosi ridotte) dei farmaci destinati agli adulti.

 
  
  

– Relazione Mayer (A6-0387/2006)

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Sono assolutamente favorevole a questa relazione, che, definendo un procedimento europeo per controversie di modesta entità, mira a semplificare e accelerare i contenziosi di scarso valore (fino a 2 000 euro) e a ridurre i costi per le parti in causa. La maggiore facilità con cui, in alcuni paesi, i creditori possono intentare causa crea distorsioni nel mercato interno; sono quindi favorevole a questo tentativo di creare parità di condizioni.

 
  
  

– Relazione La Russa (A6-0389/2006)

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Condivido pienamente gli obiettivi di questa relazione sulla prevenzione e la lotta contro la criminalità. Lo specifico programma “Prevenzione e lotta contro la criminalità 2007-2013” è un tentativo positivo di contribuire a un elevato livello di sicurezza per i cittadini mediante la prevenzione e la lotta contro la criminalità organizzata o non organizzata, e in particolare contro il terrorismo, la tratta di esseri umani e i reati contro i minori, il traffico illegale di armi e droga, la corruzione e le frodi. E’ chiaro che tutte queste attività hanno un elemento transfrontaliero e che pertanto il coordinamento a livello di Unione europea può dare un valore aggiunto agli sforzi nazionali di tutela dell’ordine pubblico.

 
  
  

– Relazione Coelho (A6-0413/2006)

 
  
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  Carl Lang (NI), per iscritto. – (FR) E’ stata avanzata una proposta di modifica del Sistema informativo di Schengen, il SIS, che, pur essendo considerato un meccanismo che ha dato buoni risultati, non potrà funzionare con più di 18 Stati membri. Secondo i filo-europeisti, il SIS II dovrebbe dunque diventare un sistema avanzato ad alta tecnologia, tale da consentire anche ai nuovi Stati membri di applicare appieno l’acquis di Schengen abolendo i controlli alle frontiere interne con i paesi vicini.

Concepito inizialmente allo scopo, accettato da tutti, di promuovere la cooperazione tra Stati membri e in particolare la cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, il sistema solleva ora interrogativi quanto ai rischi di eccessi federalisti e totalitaristi che potrebbe comportare. Questo potenziale “grande fratello” europeo detiene infatti la più vasta banca dati sulle persone, con oltre 15 milioni di voci contenenti informazioni quali, tra l’altro, nome, cognome e caratteristiche fisiche del singolo cittadino, banconote perdute, rubate o sottratte illecitamente.

Oltre alla minaccia che una simile concentrazione di informazioni potrebbe rappresentare per la privacy delle persone e per la libertà di pensiero, ci sono ottimi motivi per temere che il SIS II possa spingersi al di là del suo compito principale di strumento di cooperazione giudiziaria e di polizia per trasformarsi un giorno in autoproclamato informatore del sistema filo-europeista e filo-globalizzazione.

 
  
  

– Relazione Seppänen (A6-0397/2006)

 
  
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  Árpád Duka-Zólyomi (PPE-DE).(SK) Sono soddisfatto dell’esito della votazione sul regolamento concernente la sicurezza nucleare. L’energia nucleare è un fattore importante al fine di garantire un approvvigionamento stabile e pulito di energia elettrica per il mondo.

Dopo gli incidenti nelle centrali nucleari di Three Mile Island e Chernobyl, l’attenzione della Comunità si è rivolta ai paesi dell’Europa centrale e orientale e all’ex Unione Sovietica. Gli aiuti dell’Unione hanno contribuito in misura sostanziale a migliorare la sicurezza degli impianti nucleari in quei paesi. Anche la Repubblica slovacca ha ricevuto molti aiuti per rendere più sicure le centrali nucleari di Jaslovské Bohunice e Mochovce, le quali possono quindi vantare ora gli stessi livelli di sicurezza di centrali nucleari simili nei paesi dell’Europa occidentale.

Sarebbe auspicabile che la Comunità fornisse aiuti per gli impianti nucleari in corso di costruzione, in esercizio e dismessi, e promuovesse un trattamento più sicuro delle scorie radioattive e del combustibile esausto. La proposta di regolamento è coerente con gli interessi dell’Unione europea nonché con gli obiettivi e la missione dell’EURATOM. Aumentando la sicurezza degli impianti nucleari al di fuori dei confini dell’Unione, il nuovo regolamento contribuirà a tutelare la salute dei cittadini europei e darà un importante contributo alla non proliferazione delle armi nucleari.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione sull’assistenza e la cooperazione in materia di sicurezza nucleare tra la Comunità e paesi terzi, soprattutto quelli dell’Europa orientale e dell’Asia centrale. Scopo della relazione è creare uno strumento per la sicurezza nucleare e l’assistenza in materia di sicurezza. L’incidente di Chernobyl del 1986 ha messo in evidenza la dimensione globale della sicurezza nucleare. Al fine di creare le condizioni di sicurezza necessarie per eliminare i rischi per la vita e la salute, l’Unione europea dovrebbe essere in grado di contribuire alla sicurezza nucleare in paesi terzi. Questa relazione trova un giusto equilibrio perché consente all’Unione di promuovere l’uso di tecnologie e metodi più sicuri senza tuttavia esonerare i paesi terzi dal loro dovere di garantire che gli impianti nucleari funzionanti sul proprio territorio operino in condizioni di sicurezza e di rispetto dell’ambiente.

 
  
  

– Relazione Varvitsiotis (A6-0431/2006)

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della proposta della Commissione per un regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 539/2001 che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri e l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo. Dobbiamo tuttavia prevedere esenzioni per chi non è cittadino di alcun paese, per chi risiede in uno Stato membro e per chi è in possesso di un passaporto di apolide, un passaporto per non cittadini o un altro documento di viaggio rilasciato dallo Stato membro di residenza.

 
  
  

Proposte di risoluzione: B6-0665/2006 e B6-0666/2006

 
  
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  Gerard Batten, Graham Booth, Derek Roland Clark, Nigel Farage, John Whittaker e Thomas Wise (IND/DEM), per iscritto. – (EN) Anche se siamo assolutamente favorevoli alla democrazia e condanniamo le violazioni dei diritti umani, non riconosciamo l’autorità morale e politica dell’Unione europea di fare dichiarazioni in questo campo.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Il partito comunista greco non riconosce né partecipa alle procedure per il cosiddetto Premio Sacharov, che dovrebbe essere attribuito per la libertà di pensiero ma che, in realtà, è funzionale agli obiettivi politici e ideologici dell’Unione europea. Secondo il Parlamento europeo, sono esempi di “libertà di pensiero” principalmente coloro che sposano e servono la causa dell’imperialismo, e per tale motivo vengono insignite di questo premio soprattutto “personalità” e “organizzazioni” che promuovono la barbarie imperialista. Il premio è stato assegnato ai controrivoluzionari cubani e, nel 2006, a Milinkevich, il bielorusso scelto dagli USA, dalla NATO e dall’UE che ha ottenuto un “sorprendente” 6 per cento alle ultime elezioni, grazie a un pacchetto di diversi milioni di euro forniti dall’Unione.

Reputiamo che la risoluzione, che costituisce una provocatoria ingerenza negli affari interni di Cuba, sia inaccettabile laddove prevede l’invio a Cuba di una delegazione del Parlamento, ignorando il governo di quel paese, che gode del sostegno popolare e lotta eroicamente contro l’embargo e le distruttive azioni dell’imperialismo.

Esprimiamo la nostra solidarietà a Cuba, che difende e costruisce il socialismo nonostante i rabbiosi tentativi dell’imperialismo di rovesciarlo.

I gruppi del Parlamento europeo, tra cui la maggioranza del gruppo GUE/NGL, hanno gravissime responsabilità politiche perché cercano di creare le premesse per giustificare la guerra palese e occulta che è stata scatenata contro la rivoluzione cubana. Difenderla è dovere non solo dei comunisti ma anche di tutte le persone progressiste.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) I vincitori del Premio Sacharov sono uomini e donne che hanno dedicato la loro vita, a prezzo di grandi sacrifici personali, alla causa della libertà di espressione, della democrazia, della libertà e dei diritti umani.

Non sorprende, pertanto, che ad alcuni di quegli uomini e donne i regimi repressivi dei loro paesi impediscano di ricevere il Premio. Ma, per quanto poco sorprendente, questo fatto non significa tuttavia che dovremmo restare indifferenti al problema. Accolgo quindi con piacere la decisione del Parlamento di mantenere quei regimi sotto pressione mediante la creazione di un meccanismo atto a monitorare i casi in cui a un vincitore è stato vietato di ricevere il premio, ampiamente meritato, o di ritornare al Parlamento europeo, come è successo a Oswaldo Payá, ad Aung San Suu Kyi, tuttora agli arresti domiciliari in Birmania, e alle Donne in bianco, che hanno ottenuto il premio nel 2005 ma non sono potute venire qui a ritirarlo perché il regime cubano di Fidel Castro non gliel’ha permesso.

Impedendo ai vincitori di ritirare il Premio, quei regimi dimostrano che il riconoscimento era effettivamente meritato. E’ pertanto necessario continuare a lottare per il rispetto delle libertà fondamentali sia in Birmania sia a Cuba…

(Testo abbreviato conformemente all’articolo 163, paragrafo 1, del Regolamento)

 
  
  

– Relazione Roure (A6-0456/2006)

 
  
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  Sarah Ludford, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, è spiacevole dover ammettere che il gruppo ALDE ha votato in modo sbagliato sull’emendamento n. 1, presentato dal gruppo PPE-DE alla relazione Roure. Avremmo dovuto votare contro l’emendamento, ma c’è stato un errore nella lista di voto. Non contesto che l’emendamento, tecnicamente, sia stato approvato, e riconosco che non c’è nulla da fare al riguardo; vorrei però precisare che, dal punto di vista politico, l’esito della votazione non rappresenta la volontà di quest’Assemblea, espressa lunedì sera in sede di commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, dove un emendamento dello stesso tenore è stato respinto a grande maggioranza.

Non si può più fare nulla, però la posizione del gruppo ALDE rimane quella di non approvare il regolamento VIS a meno che e fino a quando non avremo un’idonea decisione quadro sulla protezione dei dati. Sosterremo in ogni modo tutto ciò che l’onorevole Roure, nella sua qualità di relatrice, intraprenderà per favorire l’adozione di tale decisione sulla tutela dei dati. Ella può contare sul nostro convinto appoggio, e se non lo abbiamo manifestato in questa circostanza è stato solo per un errore tecnico – potrei usare un termine meno gentile – di cui, purtroppo, sono probabilmente responsabili alcuni di noi.

Cercheremo di garantire che errori del genere non abbiano più a ripetersi; ribadisco in ogni caso che il modo in cui abbiamo votato non riflette la nostra reale posizione sull’emendamento n. 1.

 
  
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  Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Dobbiamo garantire la protezione dei dati personali ed evitare che siano utilizzati in modo improprio. Ognuno ha diritto al rispetto della propria identità e della propria privacy.

La maggiore cooperazione tra le autorità giudiziarie e quelle di polizia nella lotta contro la criminalità transnazionale ha portato al trasferimento di una quantità sempre maggiore di dati personali.

Ci siamo adoperati per garantire che questo scambio di informazioni avvenga nel rispetto dei diritti fondamentali, quali la tutela della privacy e la protezione dei dati personali, e rafforzi la fiducia reciproca tra le competenti autorità giudiziarie e di polizia.

Vogliamo che sia approvata una decisione quadro conforme a quanto previsto per il primo pilastro. E’ assurdo che l’Unione garantisca un alto livello di protezione dei dati personali nell’ambito del primo pilastro e abbia invece norme di tenore completamente diverso nell’ambito del terzo pilastro.

L’importante è garantire un grado elevato di tutela pur tenendo conto della specificità del lavoro di polizia e giudiziario.

Questa questione si è trascinata di Presidenza in Presidenza, ed è deplorevole che il Consiglio abbia dimostrato scarsa disponibilità a prendere una decisione.

Il Consiglio deve rendersi conto del fatto che questa decisione quadro è collegata alle diverse proposte attualmente al vaglio del Parlamento, tra cui il Sistema informativo sui visti, ma che tali proposte non devono essere condizionate dall’approvazione della decisione quadro.

 
  
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  Camiel Eurlings (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Il gruppo PPE-DE è molto soddisfatto che il Consiglio non solo adotti una decisione quadro sulla protezione dei dati che tiene nel debito conto il parere del Parlamento europeo, ma anche che lo faccia sollecitamente, come già in occasione dell’adozione del pacchetto SIS II e dell’accordo UE-PNR. Siamo fermamente convinti che una forte decisione quadro potrà semplificare notevolmente l’approvazione del pacchetto VIS. Tuttavia, pur reputando altamente auspicabile una pronta adozione della decisione quadro, concordiamo con la valutazione della relatrice secondo cui l’adozione della decisione non può essere considerata una condizione irrinunciabile per il lavoro futuro. Il gruppo PPE-DE farà tutto quanto in suo potere per dar prova del proprio senso di responsabilità e della propria lealtà durante la procedura legislativa.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La proposta di raccomandazione esprime il rifiuto basilare, da parte del Parlamento europeo, di tutelare sia pure minimamente i diritti umani fondamentali.

Dopo aver già votato a favore dell’accordo di Schengen e della sua versione aggiornata, cioè il Sistema informativo SIS II, dopo aver approvato il Sistema informativo sui visti VIS, che legalizza la raccolta, il trattamento e lo scambio di dati personali riguardanti persino le credenze politiche, ideologiche, filosofiche, religiose e d’altro tipo di ciascun cittadino dell’Unione nonché l’introduzione dei dati biometrici e di quelli relativi al DNA, ora le forze politiche espressione del capitale fanno finta di essere preoccupate perché il Consiglio sta per adottare una decisione che non salvaguarderà un “alto livello di protezione” dei dati personali. Dopo aver accettato la possibilità di trasmettere i dati personali alle autorità di polizia e ai servizi segreti di paesi terzi, come nel caso dell’accordo tra l’Unione europea e gli Stati Uniti sulla trasmissione dei dati personali dei cittadini europei che si recano in aereo negli Stati Uniti (PNR), dopo aver approvato la possibilità di trasmettere i dati personali addirittura a privati cittadini, ora invitano il Consiglio a garantire la protezione dei dati personali tenendo conto, però, “della specificità del lavoro di polizia e giudiziario”.

Le ipocrite raccomandazioni del Parlamento europeo non possono nascondere il suo totale allineamento alla politica mirata a legalizzare il controllo e la detenzione di dati sui cittadini europei.

 
  
  

– Relazione Morgan (A6-0426/2006)

 
  
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  Bernadette Bourzai (PSE), per iscritto. – (FR) Vorrei complimentarmi con l’onorevole Morgan per la sua iniziativa di stilare una relazione sul Libro verde presentato dalla Commissione su una strategia europea per un’energia sostenibile, competitiva e sicura.

Oggi, infatti, dobbiamo rispondere a interrogativi fondamentali per il futuro dell’Europa: come garantire approvvigionamenti energetici sicuri a prezzi prevedibili e accessibili, soprattutto per i cittadini più poveri? Come ridurre la nostra dipendenza dalle energie fossili e dai pochi paesi produttori a livello mondiale?

Mi sono tuttavia vista costretta ad astenermi all’atto della votazione finale in quanto penso che la proposta di separazione totale della proprietà delle reti energetiche non permetta di rispondere adeguatamente a tali interrogativi, specialmente quelli riguardanti la sicurezza degli investimenti e dell’approvvigionamento.

In veste di vicepresidente della delegazione UE-Asia centrale, mi preoccupa l’esortazione ad aumentare gli approvvigionamenti energetici provenienti da produttori dell’Asia centrale come il Kazakistan, il Turkmenistan e l’Uzbekistan.

Questi paesi sono infatti zone in cui democrazia e Stato di diritto non vengono rispettati e, come il Presidente Borrell, penso che non si possa barattare petrolio, gas o elettricità con i diritti umani.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) La relazione adottata è, ahimè, perfettamente in linea con la proposta della Commissione; essa infatti definisce esplicitamente ciò che intende per “strategia energetica europea”, vale a dire liberalizzazione, controllo delle fonti di approvvigionamento e minaccia alla sovranità dei popoli.

Sviluppando la premessa che il “mercato” risolverà il problema dell’approvvigionamento e del consumo energetico, la relazione tenta di dissimulare il fatto sempre più evidente che il “mercato” ha funzionato nell’interesse di pochi, che hanno realizzato utili favolosi, e non nell’interesse dei consumatori, che si vedono confrontati a un costante aumento dei prezzi in bolletta e a blackout sempre più frequenti. Il “mercato” viene proposto come soluzione per la mancanza di una politica veramente tesa a superare la dipendenza energetica dai combustibili fossili e un consumo energetico eccessivo.

Troviamo parimenti inaccettabile che la soluzione ai problemi di inquinamento sia un sistema di scambio di emissioni, dato che questo non contribuisce a ridurre i “gas a effetto serra”. Tutto ciò che fa è agevolare i guadagni di quanti sono in grado di ottenerli, esasperando in tal modo la disparità in termini di sviluppo.

Inoltre, il percorso di una politica estera comune dell’energia è una nuova minaccia alla sovranità degli Stati membri più dipendenti, …

(Dichiarazione di voto abbreviata conformemente all’articolo 163, paragrafo, 1, del Regolamento)

 
  
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  Vasco Graça Moura (PPE-DE), per iscritto. (PT) Il Libro verde su una strategia europea per un’energia sostenibile, competitiva e sicura costituisce il fondamento del piano di azione europeo per l’efficienza energetica che dovrà essere presentato all’inizio del 2007, documento estremamente importante che svolgerà un ruolo fondamentale nella lotta al cambiamento climatico, all’inquinamento ambientale e all’utilizzo improprio delle risorse naturali, oltre che nella salvaguardia degli approvvigionamenti energetici.

La presente relazione formula obiettivi cristallini: entro il 2020, il 20 per cento dell’energia prodotta nell’Unione europea dovrà provenire da fonti energetiche rinnovabili, percentuale che, entro il 2040, dovrà salire al 50 per cento; entro il 2020 si dovranno ridurre del 30 per cento le emissioni di carbonio dell’Unione europea, percentuale che, entro il 2050, dovrà raggiungere almeno il 60 per cento. Inoltre, la relazione ribadisce l’obiettivo, stabilito dal Libro verde sull’efficienza energetica, di ridurre il consumo europeo del 20 per cento entro il 2020.

Per quanto concerne l’energia rinnovabile, la relazione propone che gli investimenti riguardino prevalentemente le risorse marine (onde, maree e l’enorme potenziale delle centrali eoliche al largo) e l’energia solare. Essa esorta la Commissione a svolgere un’analisi imparziale dei potenziali vantaggi e svantaggi del nucleare e delle centrali nucleari…

(Dichiarazione di voto abbreviata a norma dell’articolo 163, paragrafo 1, del Regolamento)

 
  
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  Marie-Noëlle Lienemann (PSE), per iscritto. (FR) Ho votato contro la presente relazione che, col pretesto dello sviluppo sostenibile e della sicurezza energetica, propone una nuova tappa di liberalizzazione e concorrenza in un settore in cui, al contrario, il servizio pubblico dovrebbe essere consolidato.

La relazione afferma la necessità di rafforzare la separazione tra operatori incaricati della commercializzazione dell’energia e proprietari e gestori delle reti, insistendo peraltro nell’imporre una differenza per quanto concerne la proprietà di queste due aree, il che rappresenta una palese sfida all’esistenza di aziende pubbliche responsabili di tutte le funzioni di servizio pubblico.

Non posso avallare una siffatta politica di privatizzazione e concorrenza totale che provoca un aumento del prezzo dell’energia, non garantisce la riduzione del consumo e lo sviluppo delle energie rinnovabili e accresce le disparità tra territori e cittadini.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della relazione Morgan sulla strategia europea per l’energia in quanto sono persuaso che indichi la giusta via per procedere verso una politica dell’energia sostenibile, competitiva e sicura per l’Europa, una via che i capi di governo farebbero bene a tenere presente quando si incontreranno a marzo per discutere il futuro della politica energetica dell’Unione europea. Il mio unico disappunto riguarda il fatto che il Parlamento non è stato, a mio avviso, sufficientemente incisivo per quanto concerne la necessità di “separare” la proprietà dell’energia per evitare conflitti di interesse e creare condizioni più eque per la concorrenza in campo energetico.

 
  
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  Mary Lou McDonald (GUE/NGL), per iscritto. (EN) Nella presente relazione sono contenuti diversi punti con i quali non concordiamo, soprattutto per quel che riguarda il nucleare e la liberalizzazione. Abbiamo tuttavia deciso di votare a favore in quanto contiene anche una serie di elementi positivi. Mi riferisco in particolare all’accento posto sull’energia rinnovabile, che rappresenta una fonte sicura, pulita ed efficace dal punto di vista dei costi. Conveniamo inoltre sul fatto che si dovrebbe sottolineare il fenomeno della cosiddetta fuel poverty, ossia la povertà in relazione al consumo di energia.

 
  
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  Peter Skinner (PSE), per iscritto. (EN) Votando a favore della presente relazione, ho votato per porre i consumatori al centro della politica energetica adottando nel contempo un approccio efficace per affrontare emissioni nocive come quelle di CO2.

L’efficacia di un saggio regime di scambi e carbon tax dipende dall’internazionalizzazione del mercato. Inoltre, ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 per il 2020-2050, come quelli annunciati nella presente relazione, sono l’unico modo ragionevole per procedere.

La razionalizzazione del sistema di scambio di quote di emissioni, per quel che riguarda sia metodologia che obiettivi, è tuttavia un’operazione che l’Unione europea deve assolutamente compiere per restare leader mondiale nel suo ruolo non soltanto di promotrice attiva di un ambiente più pulito, ma anche di sostenitrice di una politica energetica paneuropea. Vi è il rischio che, se non dovessimo agire adesso, sia l’ambiente che la nostra sicurezza energetica sarebbero messi a repentaglio.

 
  
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  Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Signor Presidente, mi complimento sinceramente con la nostra relatrice, onorevole Morgan, per la presente relazione e le sono grato per aver accolto così tanti emendamenti che rispondono espressamente alle preoccupazioni scozzesi. I mercati dell’energia dell’Unione sono sempre più interconnessi e interdipendenti ed è giusto che venga creato un quadro comunitario per garantire che i nostri consumatori traggano beneficio dal nostro mercato comune. Considerando la questione dalla prospettiva scozzese, noi abbiamo un particolare interesse per la discussione sul tema dell’energia, viste le nostre enormi risorse energetiche e il nostro potenziale energetico ancora maggiore, un potenziale attualmente soffocato dall’atteggiamento miope del governo britannico. La presente relazione ci aiuterà, in ambito comunitario, a chiamare il governo a rispondere delle sue azioni.

 
  
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  Catherine Trautmann (PSE), per iscritto. – (FR) Mi complimento con la mia collega Eluned Morgan per la sua relazione di iniziativa sulla strategia europea per un’energia sostenibile, competitiva e sicura.

La relazione permette di compiere notevoli passi avanti a livello sociale, soprattutto consentendo ai più poveri di accedere facilmente all’energia, oltre che a livello ambientale.

Ho scelto tuttavia l’astensione all’atto della votazione finale in quanto non condivido la totale separazione della proprietà nel settore del gas. Viste le specificità di questo settore strategico, ritengo che una separazione più flessibile avrebbe agevolato la sicurezza degli approvvigionamenti e degli investimenti.

 
  
  

– Relazione Langen (A6-0347/2006)

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Nonostante le sue inadeguatezze e una serie di punti che contestiamo, la presente relazione contiene alcuni aspetti positivi, tra l’altro nel campo della salvaguardia delle fonti energetiche alternative e rinnovabili. Vorremmo tuttavia sottolineare il fatto che i biocarburanti non possono risolvere in maniera sostenibile i gravi problemi di dipendenza energetica, poiché rivestono unicamente un interesse tecnico locale e hanno un impatto limitato. Inoltre, cosa più importante, la produzione di biomassa e biocarburanti non dovrebbe sostituire la principale funzione dell’agricoltura, vale a dire la produzione alimentare.

In tal senso, vorrei rammentare gli effetti devastanti della produzione di vari semi oleosi nei paesi in via di sviluppo come, per esempio, la distruzione di vaste aree di foresta; i semi oleosi sono la materia prima per la produzione di biocarburanti in Europa.

Non condividiamo, pertanto, l’eccessivo accento posto sulla promozione delle colture energetiche per ottenere biocarburanti, poiché tali colture utilizzano fattori di produzione scarsi, come l’acqua e il suolo, oltre che vari fertilizzanti.

Riteniamo dunque che la cosa migliore sarebbe che la Comunità sostenesse la produzione di biomassa e biocarburanti ottenuti da varie fonti di rifiuti organici come i residui di foreste, i rifiuti solidi e urbani, gli oli commestibili e i rifiuti derivanti dal trattamento delle acque reflue.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. (FR) Quali che siano le speranze riposte nella biomassa e nei biocarburanti, essi possono offrire soltanto una parziale soluzione ai problemi legati alla dipendenza energetica dei nostri paesi e alla produzione di energia pulita e rinnovabile.

Ciò, in primo luogo, perché tutta la superficie coltivabile o forestale europea, e persino dell’intero globo, non sarebbe sufficiente a coprire il nostro fabbisogno, ed è fuori discussione la possibilità di sostituire a una dipendenza un’altra, ancora più grave, di tipo alimentare; in secondo luogo, perché il bilancio del carbonio globale non è necessariamente tanto positivo quanto vorrebbero farci credere.

Certo, bisogna sfruttare le potenzialità offerte da queste fonti di energia, ma non a discapito della produzione alimentare, dell’esistenza delle foreste, della biodiversità, degli altri utilizzi di queste produzioni per il comparto del legno o altri, oppure dei progressi che possiamo aspettarci dalle ricerche svolte sui nuovi motori a idrogeno. In primo luogo dobbiamo abolire le norme assurde per cui, nel mio paese, la Francia, un comune o un agricoltore può essere condannato a pesanti ammende per aver utilizzato biocarburanti nei trasporti pubblici o in un trattore in violazione di norme fiscali aberranti.

 
  
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  Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Signor Presidente, mi complimento con il nostro relatore per aver saputo negoziare un tema così complesso. La biomassa e i biocarburanti presentano un enorme potenziale globale, ma la crescita di questo settore deve sempre essere gestita in maniera oculata. Sono certo di non essere il solo a ricevere corrispondenza da molti elettori preoccupati per il fatto che una conseguenza imprevista di questa politica possa essere la decimazione della foresta pluviale tropicale per far spazio a monocolture destinate all’ottenimento di biocarburanti. Ritengo che la presente relazione, come emendata, tenga debitamente conto di tali preoccupazioni e sono ben lieto di sostenerla oggi.

 
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