Indice 
Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 18 gennaio 2007 - Strasburgo Edizione GU
1. Apertura della seduta
 2. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
 3. Integrazione della dimensione di genere nell’ambito dei lavori delle commissioni (discussione)
 4. Legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (“Roma II”) (discussione)
 5. Comunicazione delle posizioni comuni del Consiglio: vedasi processo verbale
 6. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
 7. Commissione d’inchiesta sul crollo finanziario della Equitable Life Assurance Society (proroga del mandato): vedasi processo verbale
 8. Comunicazione della Presidenza: vedasi processo verbale
 9. Turno di votazioni
  9.1. Composizione delle commissioni (votazione)
  9.2. Modifica dell’accordo di partenariato ACP-CE (“Accordo di Cotonou”) (votazione)
  9.3. Sviluppo delle ferrovie comunitarie (votazione)
  9.4. Certificazione dei macchinisti addetti alla guida di locomotori e treni (votazione)
  9.5. Diritti e obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario internazionale (votazione)
  9.6. Legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (“Roma II”) (votazione)
  9.7. Condanna a morte degli operatori sanitari in Libia (votazione)
  9.8. Settima e ottava relazione annuale sull’esportazione di armi (votazione)
  9.9. Programma d’azione europeo per la sicurezza stradale – Bilancio intermedio (votazione)
  9.10. Integrazione della dimensione di genere nell’ambito dei lavori delle commissioni (votazione)
 10. Dichiarazioni di voto
 11. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
 12. Composizione delle commissioni e delle delegazioni: vedasi processo verbale
 13. Richiesta di revoca dell’immunità parlamentare: vedasi processo verbale
 14. Decisioni concernenti taluni documenti: vedasi processo verbale
 15. Dichiarazioni scritte che figurano nel registro (articolo 116 del Regolamento): vedasi processo verbale
 16. Trasmissione dei testi approvati nel corso della presente seduta: vedasi processo verbale
 17. Calendario delle prossime sedute: vedasi processo verbale
 18. Interruzione della sessione


  

PRESIDENZA DELL’ON. LUISA MORGANTINI
Vicepresidente

 
1. Apertura della seduta
  

(La seduta è aperta alle 10.00)

 
  
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  Presidente. – Dichiaro aperta la seduta.

Sono molto felice di essere stata eletta: questa è la mia prima volta in qualità di Presidente dell’Aula. Ritengo assolutamente fondamentale e fortemente simbolico il fatto che io apra questa seduta con una discussione che verte sulla parità di genere e sull’eguaglianza. Va detto che questo nostro Parlamento ha compiuto notevoli passi avanti e mi auguro che continueremo a farne.

 

2. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale

3. Integrazione della dimensione di genere nell’ambito dei lavori delle commissioni (discussione)
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca in discussione la relazione presentata dall’on. Anna Záborská, a nome della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, sull’integrazione della dimensione di genere nell’ambito dei lavori delle commissioni [2005/2149(INI)] (A6-0478/2006).

 
  
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  Anna Záborská (PPE-DE), relatore. – (SK) Negli ultimi anni i problemi della dignità della donna e del suo ruolo nella società hanno assunto una dimensione nuova, specie in riferimento alle politiche orizzontali comunitarie della strategia di Lisbona: per esempio quelle tese ad affrontare la sfida demografica, a garantire la conciliazione della vita familiare e professionale e a combattere la violenza contro le donne.

Riconoscere da un lato le differenze tra uomini e donne, ma dall’altro favorire la complementarietà tra i due sessi, può offrire un significativo contributo alla crescita della democrazia e del sistema parlamentare, a vantaggio dei cittadini dell’Unione europea; la libertà va ben al di là della semplice libertà di concorrenza, come ha affermato ieri il Cancelliere signora Merkel, che è la mia esponente politica preferita. In questo contesto ampio e differenziato, improntato perlopiù alla tutela e alla promozione dei diritti umani, la donna apporta un valore specifico derivante sia dalla sua natura di essere umano – avente diritto all’inviolabile rispetto della propria fondamentale dignità – sia dalla stessa sua femminilità, indipendentemente dal contesto culturale, dalle caratteristiche spirituali, psicologiche o fisiche femminili, quali per esempio l’età, la salute, l’istruzione, il lavoro e lo stato civile.

La relazione sull’integrazione della dimensione di genere nell’ambito dei lavori delle commissioni del Parlamento europeo scaturisce dalla cooperazione creatasi in seno alla commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere nella prima metà dell’attuale legislatura. In sede di commissione la relazione è stata approvata all’unanimità – particolare per cui tengo a ringraziare i colleghi. Nelle commissioni parlamentari non è frequente ottenere insieme risultati così soddisfacenti, né trarre vantaggio da un approccio definito in maniera così lucida. Attualmente, la commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere rappresenta lo strumento più valido a sostegno dell’opera che è ancora necessario compiere nelle altre commissioni, per garantire un’autentica uguaglianza tra uomini e donne.

La mia commissione ha elaborato il primo modello metodologico da impiegare per la valutazione dell’operato di tutte le commissioni parlamentari; tale modello è illustrato nella motivazione. I dati contenuti nei questionari compilati dalle commissioni che hanno risposto alla nostra indagine sono stati scrupolosamente elaborati dal segretariato della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere; tuttavia, se tutte le commissioni avessero risposto, la valutazione sarebbe stata decisamente più completa. Tutte le commissioni dovrebbero tener conto delle nostre raccomandazioni. In seguito alle discussioni tenutesi in seno alla commissione per i diritti della donna, sono stati adottati alcuni emendamenti che rafforzano il contenuto della relazione. Vorrei però soffermarmi su tre emendamenti relativi ai paragrafi 8, 21 e 22, che a mio parere lederebbero i poteri conferiti alla commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere e non sono neppure del tutto coerenti con il Regolamento del Parlamento europeo.

Mi sembra particolarmente positivo il fatto che la stesura della relazione abbia innescato un dibattito parlamentare pluralistico, che ha posto in risalto l’importanza del problema di fondo. Ringrazio tutti i colleghi – donne e uomini – che hanno partecipato a questo lavoro, aiutandomi a preparare la relazione.

 
  
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  Lívia Járóka, a nome del gruppo PPE-DE. – (HU) Signora Presidente, la relazione della presidente della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, onorevole Záborská, ci sprona a batterci per realizzare in maniera ancor più completa il più importante dei valori europei – il comune obiettivo dell’uguaglianza tra uomini e donne – anche in seno al Parlamento europeo, nella divisione di compiti e responsabilità fra le commissioni parlamentari esistenti. Anche nell’ambito della nostra Assemblea questo problema, nonché l’approccio con cui viene affrontato, presentano rilevanti ambiguità, come è chiaramente emerso in precedenti cicli di discussioni e soprattutto nel più recente. Proprio questo è forse il motivo per cui il problema non è stato ancora risolto, benché ultimamente la commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere si sia adoperata per valutare la situazione e introdurre alcuni cambiamenti.

Integrare il principio dell’uguaglianza di genere nella vita quotidiana della società, comunicarlo a tutti i cittadini, lottare contro stereotipi radicati, valersi in maniera sempre più proficua delle competenze e delle conoscenze delle donne, instaurare un’autentica situazione di pari opportunità: in Europa tutti questi obiettivi si stagliano ancora su un lontano orizzonte, e tale situazione suscita le aspre critiche della relatrice del Parlamento europeo.

Secondo la mia esperienza, lo scetticismo con cui talvolta nella nostra Assemblea si guarda alla questione dell’uguaglianza di genere dipende dall’erronea convinzione, nutrita da molti, per cui le pari opportunità sarebbero soltanto l’espressione di una lotta nella quale un gruppo – in questo caso gli uomini – cederebbe potere e privilegi a un altro gruppo – in questo caso le donne.

Il Parlamento europeo è un’Istituzione che funge da esempio, ma per conservare e rafforzare questo ruolo dobbiamo assolutamente e scrupolosamente osservare, nel nostro quotidiano lavoro parlamentare e anche nell’ambito delle nostre commissioni specifiche, quei principi e quelle direttive che cerchiamo di realizzare a livello europeo, e che indichiamo agli Stati membri come standard da seguire.

Vorremmo che le donne occupassero il maggior numero possibile di posti in commissione. I partiti politici europei devono sforzarsi di promuovere la partecipazione delle donne alla vita pubblica e candidare un maggior numero di donne alle elezioni; nell’ambito del Parlamento europeo devono incoraggiare e realizzare una rappresentanza più equa e più paritaria. Il Parlamento europeo deve servire da esempio: in tutti i settori politici, dalla pianificazione alla valutazione, e in tutte le questioni pratiche esaminate dal Parlamento, dobbiamo mantenere al centro della nostra attenzione la promozione delle pari opportunità per uomini e donne. La contesa per gli incarichi nelle commissioni parlamentari e l’Anno delle pari opportunità per tutti forniscono, a mio avviso, un ottimo e tempestivo contesto a tale scopo.

 
  
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  Britta Thomsen, a nome del gruppo PSE. – (DA) Signora Presidente, mi scuso per il ritardo, ma sono dovuta intervenire in un altro dibattito. Desidero anzitutto ringraziare la relatrice per la sua importantissima relazione, e ricordare quanto sia necessario, per tutti noi, affrontare questo problema con la massima serietà. In Parlamento abbiamo appena assistito all’elezione di 14 Vicepresidenti, tra cui solo tre donne; stiamo eleggendo i presidenti e vicepresidenti di tutte le commissioni parlamentari e, per quanto riguarda gli incarichi politici in seno alla nostra Assemblea, credo che dovremmo inaugurare una politica di gentleman streaming. Molte grazie per il lavoro compiuto con questa relazione; mi auguro che abbia un seguito.

 
  
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  Siiri Oviir, a nome del gruppo ALDE. – (ET) Signora Presidente, in primo luogo le auguro buona fortuna e tutto il successo possibile nel suo nuovo e importante incarico. Nell’Unione europea questo è l’Anno delle pari opportunità, e quindi è l’anno di tutti noi, uomini e donne.

Oggi discutiamo dell’integrazione della dimensione di genere nell’ambito dei lavori delle nostre commissioni; richiamo la vostra attenzione sul fatto che si tratta del primo documento, nel quadro del lavoro politico delle commissioni parlamentari, dedicato alla valutazione concreta dell’integrazione della dimensione di genere.

A questo punto desidero ringraziare la relatrice, onorevole Anna Záborská, per il suo competente operato.

Tra pochi mesi celebreremo il cinquantesimo anniversario della firma del Trattato di Roma. Secondo l’articolo 2 del Trattato che istituisce la Comunità economica europea, la parità fra uomini e donne è un principio fondamentale del diritto comunitario; sottolineo che questo principio fondamentale, insieme alla sua promozione, rientra indiscutibilmente fra i compiti comunitari.

La Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali è stata firmata da tutti gli Stati membri dell’Unione europea. Vi chiedo: perché non l’applichiamo? Perché non ci siamo dotati di un efficiente meccanismo di controllo e di misure efficaci per mettere in pratica e garantire le decisioni prese?

Queste decisioni risalgono a mezzo secolo fa; il nostro Parlamento approva ancora, ogni anno, nuovi documenti sullo stesso tema, in cui ribadisce le proprie posizioni, intraprende iniziative e avanza richieste. Nel documento in discussione dobbiamo però ammettere – oggi, nel 2007 – che nella nostra vita parlamentare le donne sono sottorappresentate negli organismi che prendono le decisioni politiche.

Chiedo infine a quelli tra noi che sono stati eletti ai massimi livelli della politica europea di agire con risolutezza, ponendo fine allo spreco di potenziale e risorse umane già scarse. Nel nostro operato, dobbiamo accettare il principio che le donne sono uguali agli uomini, sia nell’elaborazione delle decisioni politiche che quando si tratta di riscuotere lo stipendio.

La parità di diritti deve diventare legge non solo sulla carta, ma anche nella vita quotidiana: sarà questo un importantissimo passo in avanti nella positiva applicazione della strategia di Lisbona.

 
  
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  Presidente. – Lei si è congratulata con me e io mi congratulo con quei pochi uomini presenti in Aula per questa discussione sulla parità di genere in quanto ritengo la loro presenza indispensabile per contrastare le discriminazioni tuttora in atto.

 
  
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  Roberta Angelilli, a nome del gruppo UEN. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, le auguro veramente i miei migliori auguri per il suo primo giorno di presidenza.

Ma c’è ancora molta strada da fare per i diritti delle donne, abbiamo alle spalle un lungo lavoro parlamentare, proprio per questo sappiamo quanto sia sempre più importante rendere efficace ed operativa una autentica integrazione della dimensione di genere nell’ambito dei lavori delle commissioni. Se diamo uno sguardo alla realtà, tanti sono i problemi da risolvere e i numeri parlano chiaro: c’è ancora un’eccessiva difficoltà di accesso e di partecipazione delle donne alla vita politica ed istituzionale, per non parlare poi degli infiniti problemi irrisolti per quanto riguarda una concreta conciliazione della vita lavorativa con la vita familiare. Proprio per questo, per tentare di rimuovere le ineguaglianze, è necessario intervenire con chiarezza in ogni azione e in ogni politica dell’Unione.

Inoltre, ha fatto bene la relatrice − che ringrazio per l’ottimo lavoro svolto − a sottolineare che non c’è ancora un’adeguata cultura che incoraggi la partecipazione delle donne alla vita politica. Vorrei fare un esempio: in Italia non c’è una legge sulle cosiddette quote rosa e personalmente non sono convinta che le quote siano necessariamente il sistema migliore. Comunque in Italia i partiti, come quello cui appartengo, che hanno scelto liberamente di inserire più donne nelle liste elettorali, hanno visto comunque crescere la rappresentanza politica femminile in Parlamento e questo è un fatto positivo, è un esempio di buona pratica da esportare, da imporre, a livello comunitario. In conclusione, mi aspetto da tutte le Istituzioni comunitarie e in particolare dalla Presidenza tedesca una rinnovata attenzione per le donne e il varo di un vero e proprio patto europeo per la famiglia.

 
  
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  Satu Hassi, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FI) Signora Presidente, anch’io desidero ringraziare la relatrice, onorevole Záborská, per l’ottimo lavoro da lei compiuto; mi congratulo anche con la Presidente per la sua elezione.

E’ molto positivo che il Parlamento abbia reso obbligatorio, per le sue commissioni, integrare la dimensione di genere; tale processo è destinato a durare a lungo, ed è importante che esso sia guidato dalla commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere. So bene che in Parlamento alcuni guardano a tutto questo con perplessità; molto spesso, mi sembra, si tratta proprio di coloro che avrebbero bisogno di andare a scuola di uguaglianza.

Quando, in seno alla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, sono stata incaricata di occuparmi di questo problema, ho chiesto alla commissione per i diritti della donna di precisare i compiti che era necessario svolgere in materia di integrazione della dimensione di genere; la commissione ha fornito un questionario istruttivo e molto apprezzato. Basandomi su tale questionario, ho compilato una proposta preliminare destinata alla commissione per l’ambiente. Non sono ancora state prese decisioni in merito, ma nella mia commissione intendo proporre, per esempio, che ogni anno la commissione per i diritti della donna elabori statistiche sulla suddivisione per genere di coordinatori e relatori, oltre che in seno al segretariato. Proporrò inoltre di allestire un progetto pilota per integrare la dimensione di genere nei dettagli, e individuare i settori in cui occorre allacciare una cooperazione particolarmente stretta con la commissione per i diritti della donna. A mio parere, la commissione per i diritti della donna dovrebbe presentare all’Assemblea plenaria progetti di risoluzione più concreti degli attuali, sul comportamento che dovrebbero seguire le commissioni parlamentari. E’ un problema che, a mio avviso, va portato avanti nel modo più efficace possibile, affinché l’Assemblea plenaria possa prendere decisioni vincolanti, oltre a raccomandazioni sulla linea da seguire in sede di commissione parlamentare.

Aggiungo infine che anche i gruppi politici dovrebbero tener conto dell’uguaglianza di genere. Spetterà proprio ai gruppi politici il ruolo principale nelle decisioni sul modo in cui applicare tale uguaglianza, quando eleggeranno i propri presidenti e nei negoziati tra gruppi si assegneranno gli incarichi di presidente e vicepresidente delle commissioni parlamentari.

 
  
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  Eva-Britt Svensson, a nome del gruppo GUE/NGL. – (SV) La ringrazio, signora Presidente. La prego di accettare le mie più sincere congratulazioni per il suo nuovo incarico di Vicepresidente; ne sono veramente felice.

La relazione in esame sottolinea giustamente lo squilibrio che ancora esiste tra uomini e donne in tutti i settori della società. Dalla valutazione dei modi in cui finora le commissioni hanno ottemperato alla decisione del Parlamento sulla necessità di integrare la dimensione di genere nei nostri lavori emerge un dato tutt’altro che sorprendente: prima di poter affermare di aver realizzato tale integrazione, dovremo percorrere ancora un cammino lunghissimo. Non è una novità; nel nostro lavoro quotidiano tocchiamo spessissimo con mano la disuguaglianza tra uomini e donne e le sperequazioni che segnano la nostra condizione. Non si tratta di una caratteristica peculiare del nostro lavoro: dobbiamo constatare che – sia nei lavori parlamentari, sia nel funzionamento generale della società – il potere economico e politico è praticamente nelle mani di un solo genere: quello maschile. Nonostante tutti i nostri discorsi sull’importanza dell’uguaglianza di genere, si tratta evidentemente di un argomento in cui è più facile parlare che passare all’azione pratica.

Per affrontare i problemi dell’uguaglianza di genere, e per giungere infine a tale uguaglianza, dobbiamo disporre di un’ampia gamma di strumenti, tra cui l’istruzione e la conoscenza. Se vogliamo cambiare le cose, dobbiamo definire con precisione le strutture di potere, e per questo aspettiamo con grande interesse di poter esaminare il lavoro dell’Istituto per l’uguaglianza di genere. Tra gli strumenti che esso potrà fornirci vi sono conoscenze più diffuse e statistiche disaggregate per genere. In fatto di uguaglianza di genere, un altro elemento importante è l’istruzione; dobbiamo permettere ai funzionari di continuare a perseguire la propria formazione permanente in materia di integrazione della dimensione di genere; tuttavia, è altrettanto importante fornire un’analoga formazione ai deputati al Parlamento europeo. Non è corretto dire che, in quanto rappresentanti politici eletti, noi disponiamo automaticamente di conoscenze sufficienti in fatto di uguaglianza di genere e di integrazione della dimensione di genere. Si tratta però di una situazione sulla quale possiamo incidere; possiamo votare a favore della proposta contenuta nella relazione, che chiede di impartire a tutti i deputati al Parlamento europeo una formazione in materia di parità fra uomini e donne prima della prossima legislatura. Vi esorto a sostenere questa proposta, e vi ringrazio.

 
  
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  Derek Roland Clark, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signora Presidente, la collega che mi ha preceduto ha notato con rammarico, mi sembra, che in campo politico gran parte degli incarichi sono appannaggio dei più forti, ovvero degli uomini. E’ evidente che la collega non ha mai incontrato la signora Thatcher!

Perché mai non è possibile scrivere queste relazioni in un linguaggio normale? In tutta la relazione si parla costantemente di “integrazione della dimensione di genere”; cos’è, un esempio di correttezza politica? Il paragrafo 16, che in realtà si occupa dei bandi per i posti vacanti all’interno delle Istituzioni dell’Unione europea, raccomanda “che si tenga conto” dell’integrazione della dimensione di genere. Vuol forse dire che devono esistere posti riservati specificamente agli uomini e altri riservati specificamente alle donne?

Il paragrafo 1 auspica una “parità fra uomini e donne… che non opponga le donne agli uomini”; significa forse che donne e uomini non devono candidarsi per lo stesso incarico, se questo può contrapporre gli uni alle altre?

Il considerando A constata che alcune commissioni “non si interessano affatto” all’integrazione della dimensione di genere; santo cielo, che fare allora? Ma aspettate, in mezzo a tutto questo gergo non mancano fatti e cifre: il considerando F ricorda “la costante progressione della percentuale di donne membri del Parlamento, passata dal 17,5 per cento nel 1979, al 30,33 per cento nel 2004”, ma poi il considerando G segnala che, in seno all’amministrazione dell’Unione europea “risultano sottorappresentate le donne che occupano posti di responsabilità” negli organi preposti alle decisioni politiche. Ci stiamo chiaramente avviando verso una situazione di discriminazione alla rovescia, e ogni tipo di discriminazione, oltre a essere profondamente iniquo, contrasta palesemente con tutti i principi sostenuti dall’Unione europea.

Inevitabilmente, si finisce col proporre un sistema di quote, ma la relazione invoca anche la dignità della donna. Nel Regno Unito, altri partiti hanno formato liste di candidati formate unicamente da donne. Che razza di dignità è mai questa? Il nostro partito non si comporta certo così. Nella situazione di cui ci occupiamo ora, cosa succede se non ci sono abbastanza donne per raggiungere le quote? Si lascia il posto vacante?

A questo punto qualcuno mi giudicherà un maschilista fanatico, ma non è affatto così. Sono un insegnante, ho insegnato per 39 anni in armoniosa e felice collaborazione con parecchie donne, e nel mio mestiere ho lavorato proficuamente alle dipendenze di donne, senza il minimo problema; le ho sempre rispettate tutte. Credo però che le donne non debbano avere ostacoli nella ricerca di una qualifica, e debbano candidarsi a qualsiasi incarico su un piede di assoluta parità; qualsiasi altra ipotesi – come quella propugnata da questa relazione – è umiliante per le donne, e qualsiasi donna che provi rispetto per se stessa dovrebbe considerarla offensiva. Chiedo ai colleghi di respingerla col loro voto.

 
  
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  Irena Belohorská (NI). (SK) Nel 1993 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite a Vienna affermò per la prima volta il principio secondo cui tra i diritti umani sono compresi anche i diritti delle donne, e definì obiettivo prioritario la tutela di tali diritti.

In seguito, la Piattaforma d’azione di Pechino ha identificato nell’uguaglianza di genere un obiettivo essenziale, elencando in proposito 12 settori di cruciale importanza. Permettetemi di ricordarne alcuni: donne e povertà; istruzione; donne e salute; violenza contro le donne; conflitti armati; donne e mass-media; partecipazione delle donne ai processi decisionali e alle strutture politiche e sociali.

Benché numerosissime istituzioni si adoperino attivamente per l’applicazione di questi strumenti – ricordo le Nazioni Unite, il Consiglio d’Europa, l’OSCE e l’Unione europea – si può concludere che oggi l’uguaglianza di genere vige solo de jure, ma non de facto.

Accampiamo spesso come scusante la percentuale di donne attive in varie organizzazioni, ma omettiamo di notare che in tali percentuali si riflette anzitutto la presenza femminile ai livelli più bassi delle istituzioni: più in alto si sale nella scala gerarchica, minore è il numero di donne che è dato trovare. Penso che anche in questo caso valga il seguente, ben collaudato principio: se vogliamo cambiare le cose, cominciamo da noi stessi. Per questo, forse, la relazione elaborata dalla collega Záborská assume tanta importanza.

In seno al Parlamento europeo possiamo anche dire che, in percentuale, la rappresentanza femminile è aumentata rispetto al passato. Ma non dobbiamo ignorare un particolare caratteristico: le donne ricoprono incarichi di basso livello, sia in Parlamento che nei segretariati. Inoltre, oserei dire che nei segretariati il principio dell’uguaglianza di genere è stato pienamente realizzato, dal momento che in quest’ambito le donne sono la maggioranza. Ma forse anche in seno al Parlamento europeo prevalgono i vecchi pregiudizi, per cui le donne possono essere buone mogli, madri, amanti, segretarie, cuoche o magari donne delle pulizie, ma non dirigenti di alto livello? E’ deplorevole che l’unico discorso pronunciato finora in Aula da parte di un collega maschio sia stato del tipo che abbiamo sentito prima.

 
  
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  Edit Bauer (PPE-DE).(SK) Signora Presidente, anch’io desidero congratularmi per la sua elezione a quest’incarico; può essere significativo il fatto che lei sia stata chiamata a presiedere proprio questo dibattito.

Esprimo la mia ammirazione per la relatrice, che ha illustrato con encomiabile chiarezza il modo in cui le pari opportunità vengono applicate nel nostro Parlamento. La collega non dice affatto che nella nostra Istituzione non resti nulla da fare per promuovere le pari opportunità. Al contrario, afferma esplicitamente che l’integrazione della dimensione di genere è stata adeguatamente formulata e ripresa nelle risoluzioni approvate dal Parlamento, nonché nelle direttive adottate dalla Comunità europea; essa inoltre è stata istituzionalizzata nei gruppi di lavoro e nelle commissioni parlamentari. Sostanzialmente, però, l’interesse per quest’argomento si è concretato solo nell’impegno, da parte delle commissioni, a formare il personale dei propri segretariati dal punto di vista dell’integrazione della dimensione di genere. A quanto sembra, occorrerebbe impartire una formazione analoga anche ad alcuni colleghi.

Vorrei richiamare la vostra attenzione sul fatto che, in questo Parlamento, tendiamo spesso a sottovalutare le implicazioni tuttora irrisolte del problema. In Europa rimarrà impossibile risolvere il problema dell’invecchiamento, se non riesamineremo il nostro approccio all’integrazione della dimensione di genere; di sicuro non basterà rivedere e modernizzare il sistema pensionistico. Oggi, sembra che i problemi di fondo siano presenti contemporaneamente su due livelli. Da un lato, l’approccio filosofico scelto dalle élite politiche sfocia in una discriminazione indiretta a causa dell’applicazione del cosiddetto principio civico, che evidentemente produce discriminazione e mancanza di autentiche pari opportunità. In secondo luogo, non si registrano assolutamente iniziative pratiche tese a conciliare la vita familiare con la vita professionale, e ciò provoca fortissime differenze nelle opportunità che si offrono a uomini e donne, a causa degli stereotipi esistenti e difficili da superare.

Alla luce dei cambiamenti demografici in atto, l’Europa deve affrontare una gravissima sfida; per tale motivo sono fermamente convinta che il Parlamento europeo dovrebbe instaurare una collaborazione molto più stretta con i parlamenti nazionali in materia di integrazione della dimensione di genere. A mio avviso l’Anno europeo delle pari opportunità per tutti offre un contesto adeguato in tal senso.

 
  
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  Lissy Gröner (PSE). (DE) Signora Presidente, anch’io sono felice di vederla oggi alla Presidenza, e mi congratulo vivamente con lei per la sua elezione. Finora questo dibattito si è svolto senza che fossero presenti la Commissione e il Consiglio, come del resto era giusto e opportuno. Il dibattito riguarda l’applicazione pratica dell’integrazione della dimensione di genere nei lavori delle commissioni, e più specificamente la prima relazione intermedia seguita alla relazione da me redatta, adottata dal Parlamento nel 2003.

Questa relazione illustra perfettamente come dovremmo integrare la dimensione di genere nel nostro Parlamento; è stato certamente opportuno occuparci di questo tema, ma temo che si sia trattato di un’occasione perduta, poiché devo constatare che abbiamo discusso di ogni sorta di argomenti, tranne di ciò che possiamo fare nella nostra Assemblea.

Che ne è stato del paragrafo 1, che proponeva un piano d’azione per una politica di integrazione della dimensione di genere, ossia uguaglianza in ogni valutazione e analisi, oltre a un nuovo sviluppo di concetti per la parità fra uomini e donne in Parlamento? Il lavoro da svolgere è ancora molto, e non disponiamo di un vero e proprio piano d’azione.

E che dire del secondo paragrafo, che definiva le questioni della parità come obiettivi prioritari e proponeva l’istituzione di un gruppo di lavoro ad alto livello? Questo gruppo di lavoro ha operato in maniera eccellente, seguendo la procedura corretta, dal momento che tutte le commissioni parlamentari hanno presentato relazioni. Come abbiamo udito dalla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, alcuni vicepresidenti di commissione hanno svolto un ottimo lavoro, ma la loro azione li ha talvolta esposti al ridicolo.

Quale esito ha avuto la nostra richiesta di avere più donne negli incarichi decisionali del Parlamento? Non è stata presa alcuna iniziativa specifica per tradurla in realtà; i gruppi e le delegazioni nazionali hanno esaminato la richiesta in maniera più o meno seria, ma non è in via di elaborazione alcuna strategia adeguata.

E l’analisi della procedura di bilancio? La politica di distribuzione delle risorse di bilancio in base al genere avrebbe dovuto ricevere ormai una forma concreta, ma neppure in questo caso sono state prese iniziative specifiche. Quali passi in avanti si sono compiuti nell’elaborazione di una strategia per la stampa e l’informazione? E’ una richiesta che avevamo avanzato fin dal 2003, per un settore dove ancora si registrano considerevoli lacune.

Ora dobbiamo svolgere un’analisi e una valutazione adeguate, e spero che, per l’analisi delle commissioni, potremo avvalerci dell’aiuto dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, sulla cui creazione abbiamo votato di recente.

E’ motivo di rammarico, tuttavia, che la relazione contenga pochissime notizie sulla situazione dei gruppi e delle delegazioni, nonché sugli aspetti sostanziali delle varie politiche; spero quindi che adotteremo un approccio più ambizioso, riuscendo a concludere entro il 2009 – anno per cui sono previste le elezioni – accordi concreti che rendano possibile l’integrazione della dimensione di genere e conducano le donne ai più alti incarichi.

Mi congratulo per il lavoro che è stato compiuto, ma sottolineo che c’è ancora molta strada da fare per avvicinarci alla meta che ci eravamo posti con la relazione del 2003.

 
  
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  Danutė Budreikaitė (ALDE). (LT) Nell’Unione europea l’uguaglianza di genere è uno dei valori democratici più importanti, poiché consente di sviluppare la libertà di espressione e le relazioni interpersonali sulla base di una completa uguaglianza. Questo valore, però, non è stato ancora realizzato del tutto: le donne subiscono discriminazioni nella ricerca del lavoro, e a parità di mansioni ricevono stipendi sensibilmente più bassi dei loro colleghi maschi. I problemi dell’uguaglianza di genere e di un approccio integrato alla dimensione di genere sono diffusi e caratteristici, sia a livello di Stato membro che di Unione europea. Mi congratulo con la commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, che ha avviato questo studio e ha preparato una relazione sull’integrazione della dimensione di genere nell’ambito dei lavori delle commissioni del Parlamento europeo. Le commissioni sono state valutate sulla base di un articolato questionario, che ha analizzato atteggiamento e attività di ciascuna commissione nell’elaborazione di una strategia per l’uguaglianza di genere, nell’integrazione della dimensione di genere e nell’attività di cooperazione e consultazione sui problemi di genere. In seno alla commissione per la cooperazione allo sviluppo, all’interno della quale io sono responsabile per l’integrazione della dimensione di genere, non sono sorte discussioni particolari. La commissione si occupa perlopiù di consulenze relative ai problemi di genere insieme alle ONG e nei paesi in via di sviluppo.

Mi risulta che l’integrazione della dimensione di genere incontri difficoltà in commissione soprattutto a causa del sistema d’Hondt, impiegato nel Parlamento europeo. Con l’applicazione di tale sistema, benché le donne costituiscano il 30 per cento dei deputati, le donne dei partiti minori hanno concretamente ben poche probabilità di poter redigere una relazione o un parere. In questo modo, inoltre, le donne vengono private dell’opportunità di dimostrare le proprie capacità e di esprimere le proprie opinioni su temi vitali per il proprio paese, l’Unione europea e il mondo. In teoria questo sistema è pensato per offrire ai partiti minori la possibilità di presentare documenti legislativi, ma in realtà tale aspetto è arduo da mettere in pratica. Nel monitoraggio dell’integrazione della dimensione di genere, questo problema va inquadrato in un contesto più ampio: il contesto delle norme che regolano il funzionamento della nostra Assemblea, norme che è necessario perfezionare.

 
  
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  Jan Tadeusz Masiel (UEN). (PL) Signora Presidente, la natura ha diviso il genere umano in due sessi: il maschile e il femminile, entrambi di pari valore e importanza. Che ci piaccia o no, ogni cultura influenzata principalmente dalla religione – islamica, ebraica o cristiana – concepisce le relazioni tra uomini e donne secondo modalità particolari; con l’andare del tempo tali relazioni sono sottoposte a una evoluzione e a un miglioramento costanti. L’esistenza, presso il Parlamento europeo, di una commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, insieme alla relazione che ci viene presentata oggi, segnano un punto cruciale di tale processo evolutivo.

Non dobbiamo però consentire che questa evoluzione si trasformi in rivoluzione; non dobbiamo cercare di imporre con la forza una relazione artificiosa tra i due sessi. E’ certo importante garantire che uomini e donne godano di identiche opportunità di sviluppo, ma non è opportuno imporre quote artificiali di alcun genere: penso per esempio alle quote per la partecipazione alla vita pubblica. Ritengo che l’opera di formazione e sensibilizzazione cui si accenna nella relazione si dimostrerà utile, ma introdurre quote significherebbe discriminare i candidati migliori a favore dei peggiori, e in futuro potrebbe nuocere alla causa delle donne.

Non c’è nulla di più bello della diversità della natura e della cultura in cui viviamo immersi, né vi è maggior fonte d’ispirazione per l’umanità: le differenze tra uomini e donne sono la sorgente della vita.

 
  
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  Sylvia-Yvonne Kaufmann (GUE/NGL). (DE) Signora Presidente, mi congratulo calorosamente con lei per la sua elezione; esprimo il mio sostegno a questa relazione – che a mio avviso non contrasta in alcun modo con il Regolamento della nostra Assemblea – e ringrazio la relatrice, onorevole Záborská, per l’ottima collaborazione che ci ha offerto negli ultimi due anni e mezzo. Ho fatto parte del precedente Ufficio di presidenza, nel cui ambito mi era stata affidata la responsabilità per i problemi dell’uguaglianza; insieme alle onorevoli Roth-Behrendt, Lulling e Gröner e agli onorevoli Friedrich e Daul abbiamo partecipato al gruppo di lavoro di alto livello per l’integrazione della dimensione di genere nei lavori delle nostre commissioni. Esprimo il mio apprezzamento a voi tutti, ed è superfluo dire che ringrazio anche il personale dell’amministrazione, tra cui in particolare i funzionari del dipartimento della DG “Personale” responsabile per le pari opportunità.

Sono certa che l’Ufficio di presidenza appena eletto continuerà senza interruzioni l’operato del gruppo di lavoro, dando prova del medesimo impegno. L’azione del nuovo Ufficio potrà valersi di una salda base, poiché l’Ufficio uscente ha di recente adottato, all’unanimità, la mia relazione sullo sviluppo delle pari opportunità fra il 2002 e il 2006; tale relazione indicava obiettivi ambiziosi da raggiungere entro il 2009, tra cui un marcato incremento della percentuale di donne negli incarichi di alto livello della nostra Assemblea, soprattutto nei ranghi dirigenziali medio-alti. Prenderemo ulteriori misure per consentire al nostro personale di conciliare adeguatamente vita professionale e familiare, e in futuro vigileremo con maggiore attenzione sull’uso di un linguaggio neutrale dal punto di vista del genere nei lavori dell’Assemblea.

E’ stato l’Ufficio di presidenza ad agire per primo in materia di distribuzione delle risorse di bilancio sulla base del genere: un tema che nel 2008 costituirà il compito comune di tutto il Parlamento. Spero che saremo in grado di riorganizzare la necessaria formazione, iniziale e permanente, per tutti i deputati.

 
  
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  Sylwester Chruszcz (NI). (PL) Signora Presidente, anch’io desidero congratularmi con lei, nel momento in cui assume quest’importante incarico.

L’uguaglianza per le donne non si potrà mai garantire solo per mezzo di disposizioni giuridiche. E’ evidente che la discriminazione contro le donne, motivata dal genere, non può trovare giustificazione in alcuna circostanza: non si può ammettere né in seno alle commissioni parlamentari, né in alcun altro contesto. I gruppi liberali e di sinistra dedicano spesso un’attenzione quasi ossessiva ai dettagli più minuti di tali questioni. Occorre ricordare che il rispetto per le donne non si ottiene con le disposizioni giuridiche, ma può scaturire solo dall’educazione familiare.

Io appartengo alla Lega delle famiglie polacche, e noi certamente non ignoriamo il problema della discriminazione contro le donne. A livello di legislazione nazionale, stiamo proponendo un ventaglio di disposizioni giuridiche a beneficio delle donne e delle madri; sosteniamo e promuoviamo il ruolo delle donne in politica e nella società. Le donne hanno un importante ruolo da svolgere anche in quest’Assemblea. Sosteniamo anche gli sforzi tesi a eliminare ogni forma di violazione della dignità e della libertà delle donne.

Il dibattito sull’uguaglianza di genere è importante, ma non possiamo permettere che sfoci in un conflitto ideologico in cui uomini e donne si combattono anziché collaborare, facendo infine emergere un nuovo tipo di dogma. Di quando in quando, ricompare una domanda di fondo: sono veramente in gioco l’uguaglianza, la parità di diritti e la dignità umana, oppure si tratta solo di creare una nuova ideologia? E’ questo che stiamo cercando di fare in Parlamento? A mio avviso, e secondo l’opinione della Lega delle famiglie polacche, occorrono disposizioni giuridiche speciali; tali disposizioni, comunque, devono servire non solo a garantire parità di trattamento a uomini e donne, ma anche a tutelare queste ultime.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE). (SK) Signora Presidente, mi congratulo per la sua elezione a quest’incarico, e sono lieta anche per il fatto che il primo dibattito da lei presieduto riguardi le donne. Onorevoli colleghi, mi congratulo con la relatrice, onorevole Záborská, per la sua equilibrata relazione, e al contempo desidero ringraziarla per l’eccellente lavoro da lei svolto in qualità di presidente della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere.

Sono d’accordo: è assolutamente indispensabile che le donne siano rappresentate negli organismi esecutivi del Parlamento europeo preposti all’adozione di decisioni politiche. Giudico positivamente anche l’intenso lavoro mirante a integrare la dimensione di genere nell’attività pratica di tutte le commissioni del Parlamento europeo. E’ importante incoraggiare le commissioni a interessarsi di questo tema, e vigilare affinché esse non trascurino l’integrazione della dimensione di genere.

L’integrazione della dimensione di genere non è una strategia da applicare di punto in bianco; è piuttosto simile a un filo, con cui dovrebbe essere intessuto l’intero processo politico per conferire un aspetto di uguaglianza di genere a tutte le politiche comunitarie a tutti i livelli.

Il requisito dell’uguaglianza di genere deve tradursi in un approccio pratico che non spinga uomini e donne a combattersi a vicenda. Insistendo sull’importanza dell’impegno maschile nell’integrazione della dimensione di genere, valorizzeremo alcune tematiche finora considerate di esclusiva pertinenza femminile. I gruppi politici del Parlamento europeo possono svolgere un ruolo importantissimo in tale processo promuovendo la partecipazione delle donne alla vita pubblica, per esempio incoraggiando la presentazione di candidature femminili alle elezioni per il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali.

Mi sembra importantissimo che nel 2007 – l’Anno europeo delle pari opportunità per tutti – il Parlamento europeo offra, per mezzo delle proprie strutture organizzative, l’esempio di un’integrazione dell’uguaglianza di genere nel nostro lavoro politico quotidiano a vantaggio della società, sulla base dei principi di non discriminazione, tolleranza, uguaglianza e solidarietà. Confido che gli Stati membri sottoscriveranno quest’appello, concretizzandolo in iniziative politiche per l’integrazione della dimensione di genere.

 
  
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  Zita Gurmai (PSE). (HU) Non è forse evidente che procreazione, allevamento dei figli, cura dei malati e degli anziani, unità della famiglia, assistenza sanitaria, istruzione e servizi sociali sarebbero inimmaginabili senza la partecipazione delle donne? Lo stesso discorso vale in quasi tutti i campi della vita; quindi, com’è possibile prendere decisioni, affrontare problemi, approvare leggi o regolamenti senza prendere in considerazione i particolari punti di vista delle donne?

L’integrazione della dimensione di genere in tutte le aree politiche, a tutti i livelli, è un importante obiettivo di lungo termine. La relazione dell’onorevole Záborská è la prima ad affrontare la questione delle pari opportunità con un approccio integrato, e per questo la ringrazio vivamente.

Benché le commissioni parlamentari dedichino maggiore attenzione, nell’ambito del proprio lavoro, alla dimensione dell’uguaglianza di genere, finora nessun organismo ha inserito tra i principi fondamentali del proprio operare le richieste delle pari opportunità. Manca la base strategica: più donne, ma senza un maggior numero di incarichi importanti? In seno alle nostre commissioni dobbiamo prestare maggiore attenzione all’esigenza di soddisfare le richieste di pari opportunità per uomini e donne, e a tale scopo è necessaria un’opera di formazione e informazione. Tutto questo, però, non deve contrapporre le donne agli uomini; occorre piuttosto aiutare tutti a comprendere che, se le donne possono esprimere il proprio punto di vita, ciò va anche a vantaggio degli uomini.

 
  
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  Piia-Noora Kauppi (PPE-DE). (EN) Signora Presidente, sono molto orgogliosa di constatare che ora abbiamo per la prima volta una donna come Vicepresidente. Mi congratulo con lei, poiché finalmente abbiamo alcune donne nel principale organismo del Parlamento europeo.

Esprimo il mio apprezzamento per questa relazione sull’integrazione della dimensione di genere nell’ambito dei lavori delle commissioni. Si tratta di un documento unico? E’ unico nel suo genere. Desidero ringraziare la relatrice in particolare per l’ottimo lavoro svolto.

E’ importantissimo che il Parlamento europeo sfrutti l’influente posizione che occupa in seno alla Comunità per sostenere e promuovere l’uguaglianza di genere, con una salutare autoanalisi dei propri metodi di lavoro. Il diritto alla non discriminazione è garantito da numerosi trattati europei, e in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali; tuttavia, dobbiamo continuare a elaborare gli strumenti giuridici necessari per proteggere chiunque – uomo o donna – dalla discriminazione fondata sul genere.

Provengo da un paese – la Finlandia – che vanta una lunga storia di sforzi per il conseguimento delle pari opportunità fra uomini e donne e, pertanto, sono stata molto soddisfatta dei risultati della relazione della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, dai quali è emerso che almeno la maggioranza delle commissioni accorda notevole rilevanza all’integrazione della dimensione di genere.

Sottolineo però che la strada da percorrere è ancora lunga. Sono favorevole alle proposte avanzate dall’onorevole Járóka, secondo la quale, per esempio, tutte le commissioni dovrebbero contare almeno una donna tra i propri membri.

Benché il numero di donne presenti nel Parlamento europeo continui a crescere, persiste la disuguaglianza per quanto riguarda gli incarichi davvero importanti in seno agli organismi politici, come le presidenze delle commissioni e così via. Esorto quindi tutte le commissioni parlamentari a integrare la dimensione di genere nel proprio lavoro, poiché si tratta di un mezzo per consentire alle donne di partecipare pienamente ai processi decisionali dell’Unione europea.

Ribadisco infine la necessità di disaggregare per genere i dati specifici; si tratta in fondo dell’unico modo per riuscire a valutare concretamente il nostro operato e i compiti che ancora ci attendono. Tali statistiche basate sul genere saranno molto importanti per il nostro lavoro futuro.

 
  
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  Teresa Riera Madurell (PSE). (ES) Signora Presidente, vorrei innanzi tutto congratularmi con lei per la sua elezione e complimentarmi con l’onorevole Záborská per il lavoro svolto sulla relazione, da cui, purtroppo, è nuovamente emerso che in seno alle istituzioni pubbliche persistono tuttora disuguaglianze tra uomini e donne per quanto riguarda gli incarichi di maggior responsabilità.

Se il nostro obiettivo è raggiungere la completa uguaglianza all’interno della società, dobbiamo dare un esempio di impegno politico nelle Istituzioni europee, e in particolare in seno al Parlamento europeo. L’integrazione della dimensione di genere e un maggior numero di donne nei posti di responsabilità sono quindi i due temi su cui tutti gli organismi del nostro Parlamento devono impegnarsi con la massima serietà.

Questa relazione ha il merito di presentarsi come un documento della nostra Istituzione che segna un ulteriore progresso in questa direzione; occorre però darle un seguito, fissando chiari obiettivi da realizzare, definendo i metodi per raggiungerli e indicando le persone responsabili per quest’opera. Occorre inoltre effettuare valutazioni periodiche che ci permettano di individuare, da un lato, eventuali risultati e, dall’altro, le ragioni che potrebbero averne impedito la realizzazione.

Solo con il costante e rigoroso impegno di tutti i rappresentanti della nostra Istituzione potremo ottenere un’autentica parità fra uomini e donne.

 
  
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  Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE). (EL) Signora Presidente, mi congratulo con lei e con tutti i suoi colleghi, uomini e donne, per il vostro nuovo incarico.

Sulla base del principio fondamentale del diritto comunitario in materia di uguaglianza sancito nell’articolo 2 del Trattato nonché della volontà di cancellare le disuguaglianze tra uomini e donne, conformemente al principio dell’approccio integrato all’uguaglianza sancito nell’articolo 3, paragrafo 2, il Parlamento europeo ha assunto, con la sua risoluzione, l’impegno politico di dotarsi di un quadro istituzionale a questo scopo.

L’impulso fu dato, nel 2005, dalla commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, grazie anche all’operato del gruppo ad alto livello sull’uguaglianza di genere. Sotto l’illuminata guida della presidente, onorevole Záborská, e con il sostanziale contributo dei rappresentanti di tutte le 21 commissioni parlamentari responsabili per le tematiche dell’uguaglianza e dei rispettivi segretariati, oggi, nell’Anno delle pari opportunità per tutti, è stato presentato al voto il primo documento del Parlamento europeo in cui si esprime il nostro impegno politico di autocritica sull’applicazione di tale approccio integrato.

I risultati scaturiscono da un metodo che non ha precedenti per il Parlamento europeo: un metodo creativo che è stato elaborato per rilevare la situazione attuale. E’ positivo che, sebbene parecchie commissioni abbiano indicato le proprie priorità senza una strategia sul nostro tema, esse si siano dichiarate favorevoli a integrare nei propri lavori la dimensione dell’uguaglianza di genere.

La relazione fissa i criteri per integrare la dimensione di genere, conformemente alla strategia che, col voto di oggi, incaricheremo la commissione per i diritti della donna di predisporre entro la fine della legislatura in atto. Prima di allora, naturalmente, dovremo tutti – funzionari e parlamentari – frequentare corsi di recupero per elaborare meccanismi di valutazione adeguati, che tengano conto delle specificità di ciascuna commissione parlamentare, garantendo la complementarietà e la coerenza delle politiche e unendo gli interessi dei deputati alle loro responsabilità.

Consolidando il controllo dell’approccio integrato, da effettuare due volte in ogni legislatura, avremo la possibilità di condurre una valutazione quantitativa e qualitativa; apprezzo quindi la presenza tra noi del Commissario responsabile per la giustizia. Non dobbiamo dolerci per la scarsità di donne nominate a incarichi decisionali; dobbiamo dolerci perché a donne capaci viene impedito di competere con uomini capaci. Noi chiediamo, signor Commissario, il ripristino dei diritti e la creazione di una meritocrazia in cui uomini e donne siano uguali.

 
  
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  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE). (PL) Signora Presidente, il Parlamento europeo rappresenta la società europea, composta da 492 milioni di persone e da 27 paesi. La nostra Assemblea, però, non rispecchia correttamente la struttura sociale della società che rappresenta; tra i deputati europei, infatti, le donne sono il 30 per cento appena. E’ troppo poco; tra i deputati polacchi al Parlamento europeo le donne sono solo il 13 per cento, e nelle delegazioni di Malta e Cipro non c’è una sola donna.

Altrettanto insoddisfacente è la situazione per quel che riguarda i posti di responsabilità amministrativa negli organismi decisionali politici del Parlamento europeo. Gran parte delle commissioni ha un atteggiamento tendenzialmente positivo nei confronti delle tematiche dell’uguaglianza di genere, ma in pratica poi non ne tiene conto quando deve fissare le proprie priorità politiche. In tale contesto, è significativa l’istituzione del gruppo di alto livello sulla parità di genere; a tale gruppo è stato affidato anche l’incarico di operare al di fuori dell’ambito del Parlamento europeo, incoraggiando gli Stati membri ad applicare in maniera efficace le politiche per l’uguaglianza di genere.

Gruppi e partiti politici svolgono un ruolo cruciale nel consentire alle donne una piena partecipazione alla vita politica. Alcuni gruppi e partiti politici hanno già applicato con successo un sistema di quote per le candidature agli incarichi pubblici; gli altri dovrebbero seguire tale esempio, affinché l’uguaglianza di genere divenga in futuro realtà in tutta l’Unione europea e non rimanga un pio desiderio.

Concludo complimentandomi con l’onorevole Záborská per l’alto livello della sua relazione; mi congratulo anche con lei, signora Presidente, nel momento in cui assume il suo importante incarico. Come donna, sono felice di vederla alla Presidenza.

 
  
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  Ljudmila Novak (PPE-DE). (SL) Una società in cui entrambi i sessi fruiscono dell’uguaglianza conosce uno sviluppo più proficuo di una società dominata dagli individui di un unico sesso. Tuttavia, a causa delle inclinazioni naturali, vi sono sempre alcune professioni in cui le donne – o rispettivamente gli uomini – si affermano più facilmente e ottengono migliori risultati.

Sappiamo però da lungo tempo che uomini e donne possono dar prova di uguali capacità nei ruoli di comando o nello svolgimento di mansioni politiche. Perché quindi è ancora necessario adottare una relazione sull’uguaglianza di genere, se viviamo nell’Unione europea, la società più democratica del mondo che si è data i più elevati standard di democrazia?

La mia stessa esperienza conferma che questo lavoro è più che indispensabile, persino nell’Unione europea. Con vari documenti noi imponiamo nuovi oneri ai nostri cittadini, ma, quando si tratta di assegnare prestigiosi incarichi politici si accende una lotta senza esclusione di colpi.

L’uguaglianza di genere e l’uguaglianza fra Stati piccoli e grandi si possono facilmente ottenere con il metodo d’Hondt. Sono lieta di far parte del gruppo PPE-DE, ma non sono soddisfatta della distribuzione degli incarichi. Se una donna trova il coraggio di candidarsi a un incarico importante, deve ritirare la propria candidatura se un’altra donna si fa avanti per il medesimo incarico, in maniera che almeno una donna possa farsi eleggere in mezzo alla moltitudine di uomini.

Non dobbiamo candidare donne solo perché sono donne, ma perché abbiamo tra noi molte donne capaci, che hanno già dato più volte la prova pratica del proprio valore. Non voglio però addossare ogni colpa agli uomini; noi donne, a nostra volta, dobbiamo diventare più ambiziose e non ridurci a mere esecutrici dei compiti che ci vengono affidati. Prima di imporre raccomandazioni e obblighi giuridici ai nostri cittadini, dobbiamo chiederci se noi li rispettiamo.

 
  
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  Inger Segelström (PSE). (SV) Signora Presidente, ringrazio la commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, insieme all’onorevole Záborská, per la loro eccellente iniziativa e per quest’ottima relazione; alla conclusione del dibattito devo però osservare che gli uomini che vi hanno partecipato hanno esposto idee antidiluviane. E’ una constatazione desolante.

Molto è già stato detto nel corso del dibattito, e vorrei dedicare il tempo che mi è concesso ad alcune questioni di principio. In Parlamento non vi saranno mai commissioni integrate, nelle quali metà dei relatori e dei presidenti siano donne, fino a quando la metà dei deputati al Parlamento europeo non sarà formata da donne. Parlo per esperienza: in Svezia solo nel 1994, allorché le donne hanno costituito la metà della classe politica e dei deputati al parlamento svedese, è stato possibile varare grandi riforme. Molte donne, che fanno parte delle commissioni del Parlamento europeo, hanno difficoltà a conciliare le responsabilità parlamentari e familiari. Fino a quando il Parlamento non offrirà ai genitori la possibilità di rimanere a casa sfruttando le assicurazioni familiari, e di fruire di sussidi e di sostituzioni sul lavoro, continueremo ad avere un problema di uguaglianza di genere. Uno dei punti di forza della relazione è il fatto che essa discute e propone misure concernenti i funzionari e noi stessi, deputati europei, ma vorrei che nella prossima relazione figurasse un più ampio ventaglio di obiettivi e misure riguardanti il personale dipendente. Sarei anche lieta se si cominciasse a discutere come e quando noi donne diventeremo la metà dei deputati al Parlamento europeo.

 
  
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  Presidente. – Vorrei ringraziare tutte e tutti per le felicitazioni che mi hanno fatto. Ritengo assolutamente simbolico aver seguito come prima presidenza la relazione sulle pari opportunità.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà giovedì alle 12.00.

 

4. Legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (“Roma II”) (discussione)
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione sulla raccomandazione per la seconda lettura (A6-0481/2006), della commissione giuridica, relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell’adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (“ROMA II”) [9751/7/2006 – C6-0317/2006 – 2003/0168(COD)] (Relatrice: Diana Wallis).

 
  
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  Diana Wallis (ALDE), relatore. – (EN) Signora Presidente, signor Commissario, ROMA II è stato un lungo viaggio per tutti noi; speravamo forse di essere ormai giunti al traguardo, ma probabilmente questa è solo l’ennesima tappa.

Anzitutto, sono lieta che la posizione comune abbia accolto alcune delle idee da noi proposte in prima lettura. Inoltre, signor Commissario, desidero ribadire l’importanza che noi annettiamo a questo regolamento, che fornirà realmente lo schema di fondo, la tabella di marcia, per fondare su una base di chiara certezza le cause di diritto civile in tutta Europa. E’ un passo necessario che il nostro Parlamento è fermamente intenzionato a compiere, ma che d’altra parte va effettuato in maniera corretta; questo provvedimento deve corrispondere alle aspirazioni e alle esigenze di coloro che noi rappresentiamo. Non si tratta di un esercizio accademico meramente teorico; stiamo compiendo scelte politiche, che incidono sui diritti e sulle aspettative delle parti in causa di fronte ai tribunali civili.

Mi rammarico che non sia stato possibile raggiungere un accordo in questa fase; sono ancora convinta che sarebbe stato possibile, con un impegno più intenso e una collaborazione più decisa. La causa sta forse nella scarsa consuetudine delle altre Istituzioni al diritto di codecisione che spetta al Parlamento in questo settore particolare; mi dispiace, ma vi ci dovrete abituare!

Desidero altresì ringraziare i colleghi dei vari gruppi politici in seno alla commissione giuridica che mi hanno accompagnata in questo lungo viaggio, sostenendo un parere comune, il quale – se oggi le presenze in Aula saranno sufficienti – emergerà con chiarezza dal nostro voto.

Permettetemi ora di illustrarvi nei dettagli i punti che ancora ci dividono. Abbiamo sempre affermato con chiarezza la nostra preferenza per una norma generale, col minor numero possibile di eccezioni; se eccezioni ci devono essere, è necessario definirle chiaramente. Abbiamo quindi accettato la posizione sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi; permangono tuttavia alcune difficoltà in materia di ambiente e concorrenza sleale.

Per quanto riguarda la concorrenza sleale, ci troviamo di fronte anche a una proposta avanzata contemporaneamente dal Commissario, signora Kroes; le due proposte devono funzionare insieme, cosa che attualmente non avviene. Abbiamo cercato di presentare una formulazione più accettabile, che, purtroppo, ha a mio avviso poche probabilità di superare il voto odierno; invito quindi i colleghi a sostenere la soppressione della proposta, per consentirci di ritornare sull’argomento in sede di conciliazione e compiere un lavoro di qualità adeguata.

Lo stesso discorso vale per l’ambiente. So bene che molti preferirebbero una norma speciale, e rispetto profondamente quest’opinione; tuttavia, non è il caso di redigere una norma al solo scopo di avere un capitolo a parte. Questa norma deve indicare chiaramente i casi cui si applica. Dal momento che abbiamo già diverse formulazioni possibili, anche in questo caso, a mio parere, la via più sicura è quella della norma generale; tale scelta ci permetterebbe anche di eliminare oggi la norma speciale per ritornare sulla definizione in sede di conciliazione.

Vengo ora ai due temi più importanti per il nostro Parlamento. Il primo è quello della diffamazione; vi prego di capire che non ignoriamo affatto le difficoltà di cui è irto questo problema. In prima lettura siamo però riusciti a ottenere una schiacciante maggioranza in Assemblea, e molto probabilmente il medesimo risultato si ripeterà oggi. Il fatto che la Commissione abbia deciso di escludere quest’argomento prima che noi potessimo riesaminarlo è, come minimo, motivo di disappunto; che poi la Commissione stessa abbia agito in tal senso sulla base di una chiara clausola di revisione biennale, che ora è stata abbandonata, è inaccettabile. Come sappiamo, i problemi che riguardano questo settore dei media e della comunicazione sono inevitabilmente destinati a ingigantirsi, e continueranno a perseguitarci. Forse non possiamo affrontare il problema ora, ma presto esamineremo nuovamente Bruxelles I, ed è assolutamente necessario mantenere la corrispondenza tra giurisdizione e diritto applicabile; quindi, perché privarci dell’opportunità di vagliare nuovamente la questione? L’esclusione può essere davvero l’unica risposta valida, ma il nostro Parlamento vuol fare ancora un tentativo per verificare se non sia possibile risolvere il problema.

Passo ora al tema su cui i colleghi – che ringrazio – mi hanno offerto l’appoggio più tenace: i danni da incidenti stradali. Signor Commissario, abbiamo il sostegno degli assicuratori, il sostegno degli esperti giuridici, il sostegno delle vittime e degli elettori, ma per qualche motivo non riusciamo a spiegare le preoccupazioni di queste categorie alla Commissione o al Consiglio.

Anche la settimana scorsa, ho dovuto discutere con un funzionario di altissimo rango del ministero della Giustizia, fermamente convinto che il nostro progetto equivalesse ad applicare la legge tedesca per determinare la responsabilità di un incidente stradale avvenuto nel Regno Unito – dove, naturalmente, guidiamo sul lato “sbagliato” della strada. Ci credete veramente così stupidi? Vorrei che i nostri interlocutori ci facessero la gentilezza di leggere e capire le nostre proposte: si tratta semplicemente del riconosciuto principio della restitutio in integrum, che mira a riportare le vittime nella posizione in cui si trovavano prima dell’incidente. Non mi sembra che ci sia nulla di temibile in questo; sarebbe invece un approccio illogico che il giudice del paese della vittima potesse affrontare il caso in virtù delle direttive sull’assicurazione autoveicoli e di Bruxelles I, ma poi dovesse applicare un diritto straniero, estraneo, in materia di danni. Sarebbe questa la situazione illogica, ed è precisamente la situazione in cui ci troviamo ora. Considerate quindi le nostre proposte e tenete conto del fatto che – a causa della sempre più intensa mobilità dei nostri cittadini sulle strade europee – questo problema merita urgente attenzione: una clausola di revisione generale quadriennale non è assolutamente sufficiente.

Esprimo infine la speranza che i nostri dibattiti abbiano fatto uscire il tema del diritto privato internazionale dai polverosi scaffali dei ministeri della Giustizia e dei comitati di esperti, per portarlo alla luce di un dibattito politico pubblico e trasparente. Vi chiediamo quindi solamente di fare con noi ancora un po’ di cammino, affinché le Istituzioni europee possano trovare insieme una soluzione adeguata.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. ONESTA
Vicepresidente

 
  
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  Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Signor Presidente, ringrazio anzitutto l’onorevole Wallis per il suo lavoro. Come sapete, discutiamo di questa proposta già da tre anni e mezzo e mi sembra che, dopo i miglioramenti apportati dal Parlamento e dal Consiglio nel corso delle due letture, questo progetto sia giunto per così dire a maturità: in primo luogo perché gli ambienti economici e gli esperti di diritto attendono con impazienza questo regolamento essenziale dal punto di vista della certezza giuridica, e poi perché si tratta di un testo di capitale importanza per la costruzione dello spazio europeo di giustizia e per il buon funzionamento del mercato interno europeo. Per tale motivo, onorevoli parlamentari, il vostro voto rappresenta una tappa cruciale per il futuro di questo dossier.

A mio avviso la soluzione migliore sarebbe quella di evitare una procedura di conciliazione; tuttavia, se tale procedura si dimostrasse inevitabile, per la Commissione sarebbe essenziale che, dopo il vostro voto, si registrassero tutte le condizioni necessarie per concludere la procedura stessa con l’adozione di un testo soddisfacente. Confido che, con il sostegno del Parlamento, sia possibile giungere a una soluzione favorevole.

Come lei, onorevole relatrice, anch’io mi rammarico che nella posizione comune del Consiglio manchino norme speciali in materia di diffamazione. Abbiamo accettato a malincuore la soppressione di questa norma; perché l’abbiamo fatto? Perché non era possibile raggiungere alcun compromesso su un testo. Permettetemi di ricordarvi che, nell’aprile 2006, sul tavolo del Consiglio si erano accumulate più di dieci opzioni differenti; nessuna di esse ha la possibilità di giungere a buon fine, né oggi né probabilmente in futuro.

Come inoltre saprete, la clausola di revisione non ha possibilità di venire adottata. Sono convinto che non sia opportuno scoperchiare nuovamente un vaso di Pandora, accettando una disposizione che non è in grado di riscuotere il minimo consenso tra le Istituzioni: lo hanno già osservato parecchi membri della commissione giuridica. Un altro elemento importante è il limitatissimo numero di cause internazionali che si registrano in questo settore; come forse sapete, anche le associazioni che rappresentano la stampa alla fine hanno accettato l’esclusione, con una nota che mi è stata inviata qualche giorno fa.

Lei ha accennato ad altri punti di capitale importanza: la soppressione di altre norme speciali in materia di concorrenza e ambiente. Dichiaro francamente che mi è difficile accettare la soppressione delle norme speciali in questi settori; le norme speciali non sono sempre adatte ad affrontare tutte le situazioni particolari, ma in fatto di concorrenza essa mi sembra fondamentale, poiché precisa la norma generale per individuare il mercato interessato. Sono lieto quindi che la relatrice di un importante gruppo politico si batta per il mantenimento di norme speciali di questo tipo e sostenga la formulazione proposta. Per quanto riguarda l’ambiente, la norma speciale mira a impedire il dumping ambientale, e nell’attuale contesto politico la Commissione si fa garante di un elevatissimo livello di protezione dell’ambiente; a mio parere Roma II può offrire un contributo in tal senso.

Quanto al Consiglio, come sapete la maggioranza degli Stati membri che hanno codificato il diritto privato internazionale dispongono di norme speciali per questi due settori, e il Consiglio non difende solamente il mantenimento di queste due norme speciali, ma anzi – come la Commissione – ha aggiunto altri considerando. Condividiamo la medesima opinione: occorre che la norma speciale rafforzi la certezza giuridica.

Per quanto riguarda gli incidenti stradali, condivido la preoccupazione del Parlamento, ansioso di migliorare la sorte delle vittime di tali incidenti; si tratta, del resto, di uno degli obiettivi della sua proposta. Oggi la commissione giuridica propone una nuova norma, in base alla quale il giudice deve mirare a riparare integralmente il danno. E’ un’idea molto interessante, che però a mio avviso costituisce un’armonizzazione del diritto civile materiale degli Stati membri, piuttosto che del diritto privato internazionale; non mi sembra che Roma II fornisca il contesto adatto per tale armonizzazione, ma posso confermarvi l’interesse a ricercare, in un diverso quadro di armonizzazione sostanziale, una soluzione al problema posto dalla commissione giuridica e dal Parlamento. Quanto poi al problema se la norma generale consenta soluzioni soddisfacenti per questo problema, o se invece occorra una nuova norma speciale, sono disponibile ad approfondire la questione nei particolari, come del resto prevede l’emendamento n. 26 della relazione d’applicazione.

Mi soffermo brevemente sulla questione del diritto straniero applicabile; questo tema, di cui si occupano gli emendamenti nn. 12 e 21, è un elemento essenziale del programma dell’Aia. Posso tuttavia ribadire che Roma II non garantisce il contesto adeguato per norme di tal genere, che dovrebbero applicarsi nell’intero settore commerciale e civile. In un quadro più generale posso però prendere l’impegno di studiare dettagliatamente misure atte ad agevolare l’applicazione del diritto straniero. Posso inoltre ripetere lo stesso discorso per la direttiva sul principio del paese d’origine. La direttiva sui servizi mantiene già l’applicazione degli strumenti Roma II e Roma I e, di conseguenza, la norma proposta con l’emendamento n. 24 mi sembra superflua: non perché non sia necessario chiarire questo principio, ma perché esiste già una garanzia.

 
  
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  Rainer Wieland, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, anch’io desidero ringraziare l’onorevole Wallis per le sue importanti osservazioni.

Nel corso di questa settimana abbiamo sentito parlare molto dell’Europa dei cittadini. Leggendo il titolo di questa relazione, vien da pensare che, molto probabilmente, gran parte dei cittadini si affretterà a “disconnettersi”, ritenendo la legge sulle obbligazioni extracontrattuali una materia astrusa; eppure è la materia europea per eccellenza, una questione a cui gran parte degli automobilisti europei ha senz’altro pensato almeno una volta nella vita, nel modo seguente: “Io sono del paese A, viaggio attraverso il paese B e ho un incidente che coinvolge un conducente del paese C che potrebbe viaggiare con una persona del paese D”. Situazioni di questo tipo sono molto frequenti e con questo dossier ci stiamo appunto impegnando per un’Europa dei cittadini. La necessità di disciplinare simili questioni è resa ancora più pressante dalla maggiore mobilità degli individui e dalla minore importanza dei confini. Su questo fronte esiste ancora un ampio margine di miglioramento. E’ in gioco l’Europa dei cittadini.

Oggi abbiamo già fatto riferimento ad altri aspetti della legge che certo si verificano meno frequentemente degli incidenti stradali, ossia la responsabilità penale, la concorrenza sleale e la complessa problematica ambientale.

Per quanto riguarda la terza lettura e la procedura di conciliazione, il mio gruppo cercherà di mantenere aperto il maggior numero possibile di opzioni. Crediamo che vi sia ancora un ampio margine di manovra per rendere le norme più adatte al loro compito. Vorrei sottolineare ciò che è già stato detto dall’onorevole Wallis. Qui si chiede alla nostra Assemblea di contribuire alla decisione su una realtà nuova, un aspetto della quale sarà che – una volta reso noto l’esito della terza lettura – dovremo prestare grande attenzione a quegli aspetti che, pur non essendo stati sanciti giuridicamente, nel corso della seconda lettura in quest’Aula hanno ottenuto l’approvazione di una maggioranza, e dovremo riflettere quindi sull’opportunità di approvare quegli elementi che l’Assemblea ritiene importanti. Abbiamo tutte le ragioni di attendere con ansia i risultati della terza lettura. Cercheremo di mantenere aperto il più ampio numero di opzioni possibile per l’Europa dei cittadini.

 
  
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  Manuel Medina Ortega, a nome del gruppo PSE.(ES) Signor Presidente, stiamo discutendo un testo piuttosto complesso che è stato oggetto di una serie di emendamenti in seno alla commissione giuridica, e rispetto al quale la commissione parlamentare sta elaborando la nostra posizione sui punti di vista espressi dal Consiglio.

Ritengo che la relatrice abbia svolto un buon lavoro, ma in seno alla commissione giuridica le posizioni sono state adottate da un gruppo maggioritario in tale commissione, ma non in Assemblea plenaria; il PSE esprime quindi il proprio disaccordo rispetto a numerosi emendamenti che sono stati approvati dalla commissione giuridica.

Mi riferisco soprattutto all’eliminazione del riferimento alle “norme speciali”, per esempio quelle concernenti la televisione senza frontiere, il commercio elettronico e altro. Mi riferisco anche alla questione dei danni ambientali, tema che ha assunto ormai un’importanza tale da rendere inconcepibile una legislazione che non tenga conto di tale aspetto specifico.

Ma c’è un altro aspetto: la questione della concorrenza sleale. Anche la concorrenza sleale merita una normativa dettagliata di qualche tipo; essa influisce su molti aspetti del mercato interno e, di conseguenza, una dichiarazione di carattere generale non è sufficiente.

Per concludere, siamo d’accordo con la maggioranza degli emendamenti presentati dalla relatrice, ma dissentiamo sulla maggioranza degli emendamenti approvati in seno alla commissione giuridica, i quali riflettono una maggioranza che definirei circostanziale e che probabilmente non esiste in quest’Assemblea. In ogni caso, credo che dovremo esaminare la questione nei dettagli in sede di conciliazione, a seconda dei risultati delle votazioni che si terranno qui.

Dal momento che diversi gruppi politici hanno presentato diversi emendamenti ai numerosi emendamenti approvati dalla commissione giuridica, finché non disporremo dei risultati della votazione che si terrà domani sarà piuttosto difficile sapere quale sarà il testo definitivo del Parlamento.

 
  
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  Toomas Savi, a nome del gruppo ALDE. – (ET) Signor Presidente, onorevole Wallis, signor Commissario.

Mentre il progetto di legislazione seguiva l’iter parlamentare, i miei sostenitori e io abbiamo deciso di presentare una proposta di emendamento della relazione su Roma II. Purtroppo non abbiamo avuto successo. Di conseguenza vorrei presentarvi il contenuto della proposta ora.

Ai sensi della norma generale prevista dal regolamento, nel caso di obbligazioni non contrattuali si applica la legge del paese in cui si verificano i danni. L’articolo 9, tuttavia, prevede un’eccezione e richiede l’applicazione automatica delle leggi del paese in cui ha luogo l’azione sindacale. Raccomando la rimozione dell’articolo 9 dal progetto di legge.

L’eccezione prevista dall’articolo 9 non considera in maniera imparziale tutte le parti coinvolte nelle relazioni sindacali, e potrebbe mettere in gravi difficoltà le piccole e medie imprese che forniscono servizi all’estero.

A causa dell’eventuale azione sindacale, le imprese non possono adempiere i propri obblighi contrattuali, e sono costrette a far tornare in patria i propri dipendenti, a risarcire i danni prodottisi e a pagare la penale prevista dal contratto, con la conseguenza di un mancato reddito. I danni provocati dall’azione sindacale si producono nel paese in cui l’azienda è ubicata, e non nel paese in cui ha luogo l’azione sindacale.

A mio avviso, gli effetti dell’introduzione dell’articolo 9 nella legislazione comunitaria si sarebbero dovuti analizzare prima di introdurre l’articolo.

 
  
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  Eva Lichtenberger, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, “Roma II” è un titolo astratto, il quale però nasconde questioni che esercitano un’influenza diretta e considerevole sui cittadini, ed è per questa ragione che in sede di commissione parlamentare le discussioni sui vari temi sono state così vivaci. Propongo di considerarne tre.

La prima riguarda l’impatto esercitato sull’ambiente dai danni prodotti oltre frontiera. Per quanto riguarda la protezione dell’ambiente, tendiamo fatalmente a ignorare i problemi dei nostri vicini anche quando siamo noi, con le nostre azioni irresponsabili, la causa di tali problemi. Dobbiamo purtroppo constatare con rammarico che sempre più spesso l’opinione pubblica mostra totale disinteresse e gli impianti che emettono sostanze inquinanti vengono costruiti sempre più vicino alle frontiere. Abbiamo cercato di elaborare norme che consentano alle vittime di questi problemi ambientali di godere della massima protezione possibile e che scongiurino quel dumping ambientale a cui ha fatto riferimento il signor Commissario.

Purtroppo sia il gruppo PPE-DE che il gruppo ALDE hanno dissentito su questo punto, favorendo così una regressione che, a mio avviso, sarebbe fatale. Mi auguro che il Consiglio e la Commissione ci aiuteranno a trovare una soluzione migliore.

Per quanto riguarda la protezione dalla diffamazione a mezzo stampa, siamo riusciti a raggiungere un compromesso che, a mio avviso, offre un elemento di tutela e sostegno alla libertà di stampa, uno dei valori fondamentali dell’Unione europea, che dobbiamo trattare con rispetto e che dev’essere un elemento chiave di ogni nostra azione; per garantirne la migliore tutela, le conseguenze giuridiche si dovranno discutere nel paese in cui ha sede il giornale o il mezzo di comunicazione.

A mio avviso gli incidenti stradali sono di estrema importanza, giacché potrebbero coinvolgere ognuno di noi; su questo punto abbiamo raggiunto un compromesso, che spero sarà accettato nel corso dei negoziati con gli altri organismi.

L’opinione pubblica può essere certa che noi terremo conto delle sue esigenze quotidiane e daremo priorità agli interessi delle vittime; questo è ciò che i cittadini europei si aspettano da noi.

 
  
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  Barbara Kudrycka (PPE-DE).(PL) Signor Presidente, inizierò il mio intervento ringraziando la relatrice, che si è impegnata a fondo per garantire che questa relazione, di grande complessità tecnica, riflettesse quanto più accuratamente possibile gli emendamenti del Parlamento dopo la prima lettura. Questo punto è di estrema importanza, soprattutto per quanto riguarda l’articolo sulla diffamazione, che è di particolare interesse per la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni.

Non ignoro i problemi politici che rendono estremamente difficile raggiungere un accordo in seno al Consiglio sull’articolo che riguarda la diffamazione. Dovremmo però ricordare che, in prima lettura, la posizione del Parlamento su questo punto è stata estremamente chiara. A mio avviso, la soluzione proposta in prima lettura è stato il miglior tentativo di raggiungere un compromesso che conciliasse gli interessi della parte lesa e degli editori. La Commissione, con il suo parere modificato, e il Consiglio, nella sua posizione comune, hanno respinto l’idea di includere in questo regolamento le disposizioni concernenti la legislazione da applicare nei casi di diffamazione. Come ha affermato nel suo parere in prima lettura, tuttavia, la commissione per libertà civili, la giustizia e gli affari interni ritiene che tale questione non vada esclusa. La posizione adottata dal Parlamento in prima lettura è ragionevole e in linea con la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee.

Passando brevemente agli altri problemi, dobbiamo tener presente che le norme di conflitto di leggi tendono a essere regolate da una logica propria, e se le associassimo a una legislazione concernente il mercato comune potrebbero emergere problemi di incoerenza. Tuttavia, le esclusioni concernenti la concorrenza sleale e la tutela ambientale, a causa delle quali a tali settori si applicano disposizioni speciali, introducono in realtà inutili complicazioni nel diritto privato europeo, e contrastano con il tentativo generale di deregolamentazione e semplificazione della nostra legislazione.

Per concludere, vorrei dire che la nostra Comunità adesso ha l’occasione di gettare le basi di un sistema comune di diritto civile. Attualmente stiamo lavorando ai regolamenti Roma I e Roma III, e sono ragionevolmente certa che anche il lavoro su Roma II sia quasi concluso. Anche l’opera sui quadri di riferimento comuni sta progredendo. Mi auguro che tutti questi progetti apporteranno un contributo positivo alla gestione del mercato interno nell’ambito della nostra grande impresa europea.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE).(PL) Signor Presidente, vorrei cominciare porgendo le mie più vive congratulazioni alla relatrice, onorevole Wallis, e ringraziarla per il lavoro svolto su una questione tanto importante per il futuro dell’integrazione europea. Questo rappresenta un importante passo avanti verso lo sviluppo di uno spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia per l’Europa.

Nell’esaminare la proposta di regolamento oggi all’esame, dobbiamo prestare particolare attenzione alla necessità di garantire coerenza tra le disposizioni in vigore e le normative future. Dovremo garantire che queste ultime non impongano ulteriori oneri e non ostacolino quindi l’efficiente funzionamento del mercato interno; al contrario, dovranno stimolarne lo sviluppo. L’onorevole Medina Ortega ha già fatto riferimento a varie questioni specifiche, fra cui quelle concernenti la protezione dell’ambiente e la concorrenza.

Mi sembra importante garantire che le questioni relative alla legge applicabile siano considerate adeguatamente, sia dalle parti in causa che dal tribunale, per assicurare la certezza giuridica. In alcuni casi si rende necessario standardizzare le disposizioni. Queste comprendono questioni concernenti la diffamazione, la violazione del diritto alla vita privata o dei diritti della personalità, e la quantificazione delle spettanze in casi di danni alla persona.

Dobbiamo sostenere la posizione raggiunta dal Parlamento in prima lettura per garantire che il regolamento preveda situazioni in cui si possa ritenere esista un collegamento manifestamente più stretto con il luogo principale della pubblicazione o della trasmissione dell’informazione, per esempio informazioni che costituiscono elementi di diffamazione. Questo sarà possibile con un’unica disposizione applicabile a tutte le pubblicazioni, comprese quelle realizzate in Internet.

E’ inoltre opportuno sostenere la posizione concernente l’applicazione della legge nazionale sulle vittime per quantificare i danni nel caso di incidenti che provochino danni alla persona. Un simile approccio renderebbe più attraente la libera circolazione nel mercato interno, senza scaricare un onere iniquo sui sistemi di previdenza sociale e di assistenza sanitaria del paese di residenza abituale della vittima di un incidente.

 
  
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  Piia-Noora Kauppi (PPE-DE). (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare l’onorevole Wallis, che su questo dossier ha svolto un lavoro molto pertinente e ci ha offerto una collaborazione di alto livello nella sua qualità di coordinatrice del gruppo ALDE in seno alla commissione giuridica.

Insieme al regolamento Roma II, l’Unione europea sta cercando di elaborare un quadro giuridico coerente per i rapporti fra il diritto privato internazionale e gli altri strumenti comunitari. Questo regolamento dovrebbe promuovere, e non intralciare, il funzionamento adeguato del mercato interno, in particolare per quel che riguarda la libertà di circolazione di beni e servizi. Ho appreso con profondo rammarico che finora i negoziati con il Consiglio non hanno sortito effetti positivi, ma sono assolutamente certa che l’onorevole Wallis continuerà a sostenere le argomentazioni della nostra commissione e del Parlamento.

Desidero soffermarmi in particolare su due problemi. In primo luogo, le violazioni della vita privata e dei diritti della personalità, compresa la diffamazione, vanno completamente escluse dalla portata di Roma II. In mancanza di norme che tutelino l’indipendenza editoriale, l’esclusione resterebbe l’unica soluzione praticabile, tale da non compromettere la libertà di stampa; è deplorevole che il Consiglio non abbia sostenuto quest’emendamento in prima lettura.

Il secondo tema – come del resto il precedente – riguarda un’importante questione di principio, ossia l’articolo 9 della proposta che si riferisce al diritto applicabile nelle azioni sindacali; ne derivano difficoltà specifiche per il settore marittimo e della navigazione in tutta Europa. Il governo svedese ha proposto tale articolo nella primavera 2006, con riferimento alla sentenza emessa dalla Corte di giustizia delle Comunità europee in merito al caso C-18/02. Tale caso concerne questioni di giurisdizione e di diritto applicabile, nei casi in cui una nave, battente bandiera di uno Stato membro, viene boicottata in un altro Stato membro.

I bastimenti in navigazione fanno normalmente scalo in porti di paesi differenti; se le azioni sindacali contro le navi dovessero andare soggette alle leggi dei diversi porti toccati durante un viaggio, le norme applicabili cambierebbero continuamente. In altre parole, norme differenti costituirebbero la base giuridica dell’azione sindacale intrapresa contro una nave: una soluzione che, nella sua scarsa praticità, potrebbe provocare grave incertezza. Generalmente, tutte le relazioni interne a bordo di una nave sono governate dalla legge dello Stato di bandiera; non dobbiamo perciò concedere tali poteri ai sindacati, che sfrutterebbero certamente tali disposizioni per ricattare gli armatori, intralciando la competitività del settore marittimo europeo.

 
  
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  Antolín Sánchez Presedo (PSE).(ES) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, le violazioni delle norme comunitarie sulla concorrenza hanno, o potrebbero avere, effetti in numerosi Stati membri. L’eventuale applicazione, da parte delle autorità giudiziarie, del criterio che prevede l’utilizzo di tante legislazioni quanti sono i paesi interessati potrebbe complicare le azioni per danni, ostacolare l’azione giudiziaria e indebolire la concorrenza.

Nella mia veste di autore della relazione sulle azioni private per danni derivanti dalle medesime, ritengo che esse meritino un trattamento specifico, e vorrei ricordare che la Commissione si è riservata il diritto di presentare proposte una volta concluse le consultazioni in corso.

L’emendamento che ho presentato insieme all’onorevole Berger, con cui la relatrice è d’accordo – e di questo la ringrazio –, attira l’attenzione su questa situazione e propone che l’attore che presenta la richiesta nel luogo di residenza dell’accusato debba avere la facoltà di scegliere la legge del foro per la sua richiesta. La conciliazione ci consentirà di approfondire la questione e decidere come affrontarla adeguatamente.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà tra breve, alle 12.00.

Dichiarazione scritta (Articolo 142 del Regolamento)

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE). (EN) Alla luce della circolazione sempre più intensa di persone, beni e informazioni, è diventato fondamentale giungere a una identificazione comune della legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali; bisogna però distinguere tra le proposte della Commissione europea e il parere della commissione giuridica.

Il dilemma essenziale di questa legislazione è se essa possa coesistere armoniosamente con le leggi nazionali vigenti, oppure sia in grado di sostituirle. La commissione giuridica ritiene che la coesistenza tra le leggi nazionali e le proposte oggi avanzate non sia destinata a intralciare, ma anzi a irrobustire le leggi nazionali stesse.

Occorre tracciare una distinzione netta, e una volta raggiunto un accordo generale su una maggiore uniformità, questa legislazione deve assumere una portata complessiva. E’ molto importante, inoltre, risolvere il problema della possibile ambiguità della legge applicabile.

La Convenzione di Roma del 1980 presenta un’evidente lacuna, che si è inserita poi in Bruxelles; il problema della legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali è già stato affrontato in maniera soddisfacente, ma le controversie in materia attendono ancora una soluzione completa.

La seconda distinzione importante concerne i contenuti. A quanto sembra, esistono approcci differenti al problema delle specifiche obbligazioni extracontrattuali da inserire nell’attuale legislazione. Le questioni ambientali devono restare nell’ambito della legislazione nazionale, mentre la proposta originaria aveva una portata più vasta.

 

5. Comunicazione delle posizioni comuni del Consiglio: vedasi processo verbale
  

(La seduta, sospesa alle 11.35, riprende per il turno di votazioni a mezzogiorno)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. POETTERING
Presidente

 

6. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale

7. Commissione d’inchiesta sul crollo finanziario della Equitable Life Assurance Society (proroga del mandato): vedasi processo verbale

8. Comunicazione della Presidenza: vedasi processo verbale

9. Turno di votazioni
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.

(Per i risultati e ulteriori dettagli della votazione: cfr. Processo verbale)

 

9.1. Composizione delle commissioni (votazione)

9.2. Modifica dell’accordo di partenariato ACP-CE (“Accordo di Cotonou”) (votazione)

9.3. Sviluppo delle ferrovie comunitarie (votazione)
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  Georg Jarzembowski (PPE-DE), relatore. – (DE) La terza parte è un’interrogazione a sé stante e quindi si richiede una votazione distinta. Non ha niente a che fare con la seconda parte.

 
  
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  Eva Lichtenberger (Verts/ALE) . – (DE) Ha saltato un emendamento, il n. 40.

 
  
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  Georg Jarzembowski (PPE-DE), relatore. – (DE) Poiché è stata approvata la prima parte dell’emendamento n. 16, l’emendamento n. 40 decade.

 

9.4. Certificazione dei macchinisti addetti alla guida di locomotori e treni (votazione)

9.5. Diritti e obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario internazionale (votazione)
  

Prima della votazione sull’emendamento n. 22

 
  
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  Georg Jarzembowski (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, nelle ultime due ore si è discusso ancora su due punti, gli emendamenti nn. 22 e 47, e di conseguenza il mio gruppo voterà diversamente. Chiedo al relatore di fornirci altre informazioni su questi due emendamenti.

 
  
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  Dirk Sterckx (ALDE), relatore. – (NL) Signor Presidente, la formulazione originale dell’emendamento n. 22 ha creato difficoltà alle imprese ferroviarie di alcuni Stati membri dell’Unione europea, poiché esse lavorano con periodi di notifica contrattuale molto brevi. Per porre rimedio a tali difficoltà senza apportare modifiche fondamentali, abbiamo suddiviso l’emendamento in tre sezioni, mantenendo gran parte del testo ma eliminando la parola “esistente” dopo la seconda votazione per parti separate, ed eliminando l’ultima frase dopo la terza votazione per parti separate; di conseguenza abbiamo mantenuto la parte essenziale, riuscendo a risolvere i problemi pratici.

 
  
  

(L’emendamento orale è approvato)

Prima della votazione sull’emendamento n. 47

 
  
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  Dirk Sterckx (ALDE), relatore. – (NL) L’onorevole Jarzembowski voleva anche sapere perché avevamo richiesto una votazione per parti separate sull’emendamento n. 47; la seconda parte di tale emendamento riguarda una seconda persona che viaggi gratuitamente, e il gran numero di obiezioni a questo sistema mi ha spinto a richiedere una votazione per parti separate. Vorrei anche sapere – e questo giustifica la votazione per parti separate – quanti deputati sostengano questa proposta e chi sia contrario, dal momento che su questo punto alcuni Stati membri si scontrano con gravi problemi. Ecco perché ho richiesto una votazione per parti separate.

 
  
  

(L’emendamento orale è approvato)

 

9.6. Legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (“Roma II”) (votazione)

9.7. Condanna a morte degli operatori sanitari in Libia (votazione)
  

– Prima della votazione

 
  
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  Marios Matsakis (ALDE).(EN) Signor Presidente, vorrei proporre un paio di modifiche di lieve entità per chiarire le cose. Nel paragrafo 2, quarta riga, propongo di sostituire le parole “per se stesso e” con le parole “della pena di morte nei”, e di inserire nel paragrafo 8, terza riga, la parola “colpiti” dopo “bambini”.

 
  
  

(Gli emendamenti orali sono accolti)

– Prima della votazione sui paragrafi 6 e 12

 
  
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  Hélène Flautre (Verts/ALE).(FR) Onorevoli colleghi, è necessario correggere alcune espressioni concernenti le autorità libiche, dal momento che abbiamo utilizzato parole un po’ troppo europee. Dobbiamo quindi sostituire l’espressione “Presidente Gheddafi” con “colonnello Gheddafi”.

Vorrei inoltre precisare che nel paragrafo 12, l’espressione “Assemblea popolare” dovrebbe essere sostituita con “Congresso generale del popolo” perché questa è la dizione giusta, e “governo” va sostituito con “Commissione generale del popolo”. Occorre essere precisi quando ci si riferisce alle autorità libiche.

 
  
  

(Gli emendamenti orali sono accolti)

Dopo la votazione

 
  
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  Presidente. – Colgo l’occasione offerta da questa risoluzione per appellarmi ancora una volta a coloro che detengono incarichi di responsabilità in Libia e invitarli a risparmiare la vita di queste persone e concedere loro la libertà.

(Applausi)

 

9.8. Settima e ottava relazione annuale sull’esportazione di armi (votazione)

9.9. Programma d’azione europeo per la sicurezza stradale – Bilancio intermedio (votazione)
  

Dopo la votazione

 
  
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  Hannes Swoboda (PSE).(DE) Signor Presidente, forse non l’abbiamo informata per tempo, ma questa relazione è l’ultima dell’onorevole Hedkvist Petersen, che ha sempre manifestato un grande interesse per il tema trattato, la sicurezza stradale. Cogliamo quindi l’occasione per ringraziare l’onorevole Hedkvist Petersen per l’opera svolta in quest’Assemblea negli ultimi anni.

(Applausi)

 
  
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  Presidente. – Onorevole Hedkvist Petersen, un applauso così caloroso autorizza il Presidente a rivolgerle un ringraziamento particolarmente sentito per il suo lavoro, e ad augurarle ogni bene. Mi congratulo inoltre con lei per questa eccellente relazione e le porgo, a titolo personale, i miei migliori auguri.

 

9.10. Integrazione della dimensione di genere nell’ambito dei lavori delle commissioni (votazione)
  

Prima della votazione sul paragrafo 6

 
  
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  Johannes Blokland (IND/DEM).(NL) Signor Presidente, la relatrice mi ha chiesto di ritirare la richiesta di votazione per parti separate, richiesta che avevamo avanzato in merito al paragrafo 6, e di optare piuttosto per un emendamento orale al fine di sostituire “prospettiva di genere” con “parità di trattamento tra donne e uomini”. Acconsento volentieri alla richiesta dell’onorevole Záborská.

 
  
  

(L’emendamento orale è accolto)

 
  
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  Presidente. – Con questo si conclude il turno di votazioni.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. LUIGI COCILOVO
Vicepresidente

 

10. Dichiarazioni di voto
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca le dichiarazioni di voto.

 
  
  

Relazione Ribeiro e Castro (A6-0469/2006)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore dell’eccellente relazione del collega portoghese Ribeiro e Castro sulla risoluzione legislativa concernente la proposta di decisione del Consiglio che modifica l’Accordo di Cotonou firmato nel marzo del 2000 tra i membri del gruppo di Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) e l’Unione europea, nell’ambito della revisione quinquennale.

La nuova procedura per il dialogo politico, l’accresciuto ruolo dei parlamenti, il riferimento alla Corte penale internazionale, la cooperazione regionale, il riferimento agli Obiettivi di sviluppo del Millennio e infine la cooperazione nella lotta contro le armi di distruzione di massa conferiscono a questa revisione un aspetto migliore di quanto si potesse auspicare. Inoltre, grazie al compromesso raggiunto dall’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE nel giugno 2006, l’accordo che fornirà 26 miliardi di euro per il periodo 2008-2013 dà a questa decisione un significato particolare, che si riflette positivamente sul ruolo dell’Unione europea come partner dei paesi ACP.

 
  
  

Relazione Jarzembowski (A6-0475/2006)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto.(FR) Ho votato a favore della sostanza dell’eccellente relazione presentata dal collega tedesco onorevole Jarzembowski sulla raccomandazione per la seconda lettura concernente la modifica della direttiva del 1991 sullo sviluppo delle ferrovie comunitarie e della direttiva del 2001 sulle infrastrutture ferroviarie (terzo pacchetto ferroviario). E’ divenuto essenziale introdurre maggiore concorrenza nei trasporti ferroviari di passeggeri, basandosi su ciò che è stato fatto, giustamente, per le merci. Questo è un requisito essenziale per aumentare i servizi a un prezzo equo.

Tuttavia, come il mio partito politico, l’UMP (Unione per un Movimento Popolare), non ho approvato un ritmo di liberalizzazione troppo veloce per il traffico interno degli Stati membri, per consentire agli operatori tradizionali di prepararsi per la concorrenza. Mi auguro che il Parlamento trovi, in sede di conciliazione, un compromesso accettabile che conduca velocemente il settore da un’economia amministrata a un’economia sociale di mercato. Lo sviluppo del trasporto ferroviario di passeggeri a un prezzo equo, come quello delle merci, è una delle condizioni essenziali del buon funzionamento, dello sviluppo e della competitività del nostro mercato economico interno europeo, che è una fonte di prosperità e una necessità sociale per i cittadini.

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Voterò a favore della relazione Jarzembowski sullo sviluppo delle ferrovie comunitarie. La rete ferroviaria nella mia regione è vitale per le comunicazioni con Londra e con il resto del paese, soprattutto dal Devon e dalla Cornovaglia, dove le strade sono strette e congestionate, ci sono varie strozzature e gli aeroporti sono piccoli e malserviti. Eppure l’erosione costiera e l’innalzamento del livello del mare minacciano di sospendere, se non addirittura di interrompere definitivamente, il collegamento a Dawlish nel Devon.

Sono grato al Vicepresidente Barrot che si è impegnato a nome della Commissione per trovare una soluzione; se riuscisse nel suo intento, egli darebbe una pratica dimostrazione dei principi sanciti nella relazione.

 
  
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  Robert Goebbels (PSE), per iscritto. (FR) Le disposizioni sui trasporti contenute nel Trattato riguardano i trasporti internazionali, le condizioni in cui i vettori non residenti svolgono i servizi di trasporto e, infine, le attività di trasporto del mercato interno. Perché allora l’Unione dovrebbe occuparsi dei trasporti locali, regionali o nazionali all’interno di un paese, se l’organizzazione di queste reti non influisce sul commercio in seno al mercato interno? La relazione Jarzembowski si spinge troppo in là nel suo tentativo di liberalizzazione a tutto campo.

 
  
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  Bruno Gollnisch (ITS), per iscritto. – (FR) Ancora una volta, l’ideologia ultraliberista strombazzata da Bruxelles è presente in questa relazione sul terzo pacchetto ferroviario.

La proposta intende accelerare il processo di liberalizzazione dei trasporti internazionali di passeggeri entro il 2010 e dei trasporti nazionali entro il 2017.

Se il fine giustifica i mezzi, dobbiamo condannare la debolezza dei mezzi e delle precauzioni adottati in questa relazione, per evitare che le imprese e i dipendenti del settore ferroviario, attualmente protetti dallo statuto pubblico, vengano abbandonati alla mercé della concorrenza sfrenata nel mercato mondiale delle ferrovie.

Apparentemente la Commissione, il Consiglio e il Parlamento non hanno imparato la lezione della privatizzazione delle ferrovie britanniche nel 1993, che ha causato un aumento degli incidenti ferroviari, ritardi, degrado delle infrastrutture, aumento dei prezzi e licenziamenti del personale viaggiante pari alla metà della forza lavoro totale. La situazione è tale che oggi nel Regno Unito molti cittadini caldeggiano la rinazionalizzazione delle ferrovie.

Un’Europa simile non dovrebbe esistere. L’Europa non dev’essere costruita a spese della sicurezza, dell’occupazione e delle qualifiche professionali. Ci opponiamo a questa filosofia antinazionale, che distrugge posti di lavoro e favorisce sistematicamente l’opzione straniera.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Siamo profondamente delusi: la maggioranza dell’Assemblea ha votato contro la nostra proposta di respingere una direttiva tesa unicamente a liberalizzare e privatizzare il trasporto ferroviario di passeggeri tra gli Stati membri dell’Unione europea.

Benché alcuni dei più preoccupanti emendamenti presentati dal gruppo PPE-DE non abbiano ottenuto la maggioranza necessaria per essere approvati – per esempio la proposta di fissare, fin da adesso, il 2017 come data per la liberalizzazione del trasporto ferroviario di merci a livello nazionale – la maggioranza del Parlamento, con i voti dei partiti socialista, socialdemocratico e popolare portoghesi, ha appoggiato ancora una volta il processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario a livello di Unione europea, giunto al terzo pacchetto legislativo.

Questo processo di liberalizzazione si inserisce negli orientamenti neoliberisti contenuti nella cosiddetta strategia di Lisbona e mira, in ultima analisi, a privatizzare questo e altri servizi pubblici. Purtroppo il governo portoghese ha ribadito il proprio “sostegno alla liberalizzazione del trasporto ferroviario” in una dichiarazione resa il 24 luglio 2006.

Da parte nostra continueremo a intervenire attivamente in difesa del servizio pubblico di trasporto ferroviario, che rappresenta un settore strategico per lo sviluppo socioeconomico del Portogallo, nel rispetto dei diritti dei lavoratori e dei cittadini.

 
  
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  Carl Lang (ITS), per iscritto. (FR) Dopo l’adozione del secondo pacchetto ferroviario sul trasporto merci, la Commissione propone addirittura la liberalizzazione totale di tutti i servizi internazionali di trasporto ferroviario di passeggeri entro il 2010, e dei servizi nazionali entro il 2017.

Questa accelerazione ultraliberista avviene mentre si discute sulla fattibilità della liberalizzazione del trasporto ferroviario di merci. Nel dicembre 2006 la società ferroviaria nazionale francese, SNCF, ha osservato che, nonostante le misure adottate a livello europeo per ridurre il trasporto su strada, il volume del trasporto ferroviario di merci ha registrato un vero crollo.

Quali saranno gli effetti del terzo pacchetto? Ci stiamo avviando verso un fallimento economico e sociale del tutto prevedibile. I dirigenti europei dovrebbero essere molto cauti, se non altro ricordando la disastrosa esperienza della liberalizzazione delle ferrovie britanniche nel 1993. Non commettiamo gli stessi errori, favorendo un’ideologia antinazionale a spese dei posti di lavoro nazionali, e manteniamo l’unità delle ferrovie francesi.

Liberalizzare le ferrovie equivale a mettere a repentaglio la sicurezza. Sulla stessa rete ferroviaria ci saranno troppi operatori privati. La sicurezza deve prevalere sempre sul mero profitto degli investimenti. Vista la loro importanza, le ferrovie devono rimanere un servizio pubblico, di cui dobbiamo certamente garantire la fattibilità ma soprattutto la sicurezza.

 
  
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  Marie-Noëlle Lienemann (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato per il ritiro di questa relazione, perché è urgentemente necessario bloccare il processo di liberalizzazione e deregolamentazione dei servizi pubblici, e in particolare del trasporto passeggeri. Se poi rifiuta di svolgere un’inchiesta pubblica su questa situazione, l’Unione europea deve prendere atto degli effetti negativi della propria politica, che suscita la crescente opposizione dei cittadini.

Il minimo passo verso l’apertura alla concorrenza resterà inaccettabile fino a quando una direttiva quadro sui servizi pubblici non garantirà l’uguaglianza fra le regioni e un’adeguata pianificazione del territorio, e una politica tariffaria non assicurerà l’indispensabile ridistribuzione nonché gli investimenti futuri necessari per allestire infrastrutture moderne e di alta qualità.

Da tutti gli indicatori emerge che in Europa la sicurezza subirà una battuta d’arresto e i servizi ferroviari avranno a soffrirne, soprattutto nelle situazioni di bassa redditività. Ciò contrasta con gli obiettivi della lotta contro l’effetto serra, e produrrà un aggravamento delle disuguaglianze.

 
  
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  Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. – (NL) Non è opportuno che l’Europa imponga ai propri Stati membri le modalità per l’organizzazione delle rispettive reti ferroviarie nazionali. Constato con soddisfazione che in Germania la concorrenza nel settore ferroviario ha prodotto il miglioramento dei servizi, la diminuzione dei prezzi e validi standard di sicurezza; non è detto però che analoghi effetti positivi debbano prodursi nella rete ferroviaria belga.

In molti paesi i servizi ferroviari sono giudicati insoddisfacenti. Per tale motivo sono favorevole allo svolgimento di uno studio sui vantaggi e gli svantaggi della concorrenza nel settore ferroviario: occorre comparare le esperienze positive e negative in materia di privatizzazione delle ferrovie, per individuare le forme di liberalizzazione che funzionano e quelle che invece danno cattivi risultati.

Nessuno oggi chiede una liberalizzazione di questo tipo: non i sindacati, non le organizzazioni di consumatori, e neppure l’associazione delle società ferroviarie europee. Sarebbe stato preferibile discutere questa relazione insieme a quella dell’onorevole Meijer, com’era stato previsto originariamente; in tal modo si sarebbero potute concordare procedure valide, tali da consentire agli Stati membri di offrire sezioni delle reti a una particolare società, nel quadro di contratti per la fornitura di servizi pubblici. In tal modo si sarebbe potuta affidare una concessione a un fornitore di servizi per un determinato periodo di tempo, insieme però a un preciso pacchetto di requisiti in materia di qualità dei servizi, sicurezza e salvaguardia ambientale.

 
  
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  Marc Tarabella (PSE), per iscritto. – (FR) Ho deciso di votare per la reiezione della posizione comune del Consiglio, che viene invece approvata dalla relazione Jarzembowski; la posizione comune esprime giudizio favorevole sul calendario che prevede la liberalizzazione internazionale del trasporto passeggeri entro il 2010.

Mi oppongo decisamente a tale liberalizzazione che – contrariamente a quanto sostengono gli entusiasti fautori del libero mercato privo di controlli – non produrrà un servizio migliore a costi più bassi, ma metterà invece a repentaglio i servizi pubblici erogati negli Stati membri. La gran maggioranza dei passeggeri – che vengono ora definiti clienti – dovrà fare i conti con il rincaro delle tariffe e con un servizio di peggiore qualità; come sempre, le zone rurali saranno le principali vittime di questo processo.

Peggio ancora, la liberalizzazione metterà in pericolo le compagnie ferroviarie dei piccoli Stati membri, e si ripercuoterà negativamente sulle condizioni occupazionali e di lavoro del personale ferroviario nell’intera Unione europea.

Proprio per difendere i servizi pubblici, i passeggeri e i dipendenti delle ferrovie di tutta Europa, quindi, ho votato per la reiezione della posizione comune e contro gli emendamenti favorevoli a questa liberalizzazione.

 
  
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  Lars Wohlin (PPE-DE), per iscritto. – (SV) Occorre rispettare i principi della reciprocità, ed è importante poter trasportare i passeggeri al di là dei confini nazionali. E’ necessario però consentire agli Stati membri di decidere autonomamente sulla privatizzazione del traffico ferroviario nazionale. Numerose ferrovie privatizzate, che non sono state integrate nell’infrastruttura ferroviaria del proprio paese, non sono riuscite a operare adeguatamente e ne è derivato un aggravio di costi per i contribuenti (come è avvenuto, per esempio, nel Regno Unito).

Scelgo quindi di sostenere la posizione comune del Consiglio, che è meno estrema, e voterò di conseguenza contro gli emendamenti del Parlamento.

 
  
  

Relazione Savary (A6-0480/2006)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione altamente costruttiva del collega onorevole Savary sulla raccomandazione per la seconda lettura in vista dell’adozione della direttiva relativa alla certificazione dei macchinisti addetti alla guida di locomotori e treni sul sistema ferroviario della Comunità.

Condivido il parere secondo cui occorre distinguere tra le disposizioni riguardanti i macchinisti e quelle che riguardano altro personale viaggiante. E’ altresì importante dare rapida attuazione al processo di certificazione dei macchinisti europei, affinché tale riconoscimento sia operativo nel momento in cui si verificherà una crescita del trasporto merci su ferrovia, favorita dalla concorrenza che accompagnerà la liberalizzazione economica del settore. Queste considerazioni sono una garanzia di qualità e, dunque, di sicurezza. Mi auguro che il Consiglio europeo sia abbastanza saggio da tenerne conto.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Pur riconoscendo l’importanza di definire la certificazione degli addetti di questo settore e, in particolare, dei macchinisti, ritengo che tale materia faccia parte del processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario, un processo promosso dalle Istituzioni dell’UE, dal Consiglio (i governi nazionali), dalla Commissione e dalla maggioranza del Parlamento, che ne è peraltro il sostenitore più entusiasta.

Pertanto, sebbene ci siano alcune proposte positive sui diritti dei lavoratori e su taluni aspetti tecnici, non va dimenticato che queste misure rientrano nell’attuale ondata di privatizzazioni, non di un processo mirato a migliorare il servizio.

Vengono poi sollevate una serie di altre questioni. In primo luogo, le grandi società transnazionali “importano” persone per farle lavorare in un determinato paese e, nel nome della “libertà di accesso” e della “competitività”, le mettono in diretta concorrenza con i lavoratori del posto; inoltre, impongono accordi che sono sfavorevoli per i lavoratori e incoraggiano il dumping sociale. In secondo luogo, sono messi a repentaglio i diritti acquisiti da questi lavoratori. Terzo, la Commissione e l’Agenzia stanno definendo il modello e i requisiti cui gli Stati membri devono attenersi, non il contrario, ovvero il rispetto delle leggi e delle disposizioni nazionali, come riconosciuto dagli altri Stati membri.

 
  
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  Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. – (SV) Ai passeggeri devono essere riconosciuti i loro giusti diritti, però quella che si vuole introdurre è una normativa eccessivamente dettagliata a livello di Unione europea. Quanto proposto è a un livello molto inferiore a quello applicabile ai sensi della legge svedese sugli indennizzi. Il tentativo del Parlamento di comprendere anche i trasporti esclusivamente locali o nazionali – in aggiunta al trasporto internazionale, dove l’intervento dell’UE ha una sua logica – è un caso di inutile eccesso di regolamentazione. Per di più, le disposizioni proposte potrebbero determinare un peggioramento delle condizioni previste per gli indennizzi in Svezia e rendere più difficile per i passeggeri prendere un tassì o un autobus quando il loro treno è in ritardo.

 
  
  

Relazione Sterckx (A6-0479/2006)

 
  
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  Proinsias De Rossa (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore dell’emendamento n. 65 perché la posizione comune del Consiglio non affronta in maniera soddisfacente la necessità di un progressivo adeguamento delle stazioni ferroviarie e del materiale rotabile al fine di garantire l’accesso da parte delle persone disabili e a mobilità ridotta. E’ assolutamente necessario procedere a un graduale miglioramento delle infrastrutture e del materiale rotabile attualmente in uso, vista la durata del loro periodo di utilizzo. Va poi considerato che ci sono moltissimi passeggeri potenziali che sarebbero in grado di utilizzare i servizi di trasporto ferroviario se questi ultimi fossero accessibili.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Questa relazione va analizzata nel contesto degli obiettivi della politica ferroviaria dell’Unione europea, sulla quale la Commissione ha già presentato in tempi recenti tre pacchetti legislativi. Lo scopo della relazione è semplicemente e puramente quello di completare il quadro tecnico e giuridico per l’attuazione scaglionata del processo di totale liberalizzazione del trasporto ferroviario – il che significa, in sostanza, consegnarlo nelle mani di grandi gruppi d’interesse privati, pagando il prezzo dello smantellamento delle principali aziende pubbliche di trasporto.

La regolamentazione che ci viene proposta sui diritti e gli obblighi dei passeggeri del trasporto ferroviario va interpretata in tale ottica. La relazione cerca, tra l’altro, di allargare l’ambito di applicazione della direttiva al fine di includervi gli utenti del trasporto ferroviario sia nazionale sia internazionale, di stabilire le informazioni da diffondere ai passeggeri e gli indennizzi da pagare in caso di ritardi, incidenti o morte, nonché di garantire l’utilizzo delle ferrovie da parte di passeggeri a mobilità ridotta.

In altri termini, l’attuale processo di definizione dei diritti dei passeggeri si sta svolgendo all’interno di un processo più ampio che mette a repentaglio il loro diritto fondamentale a un trasporto pubblico di alta qualità.

 
  
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  Peter Skinner (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione alla luce della crescita del trasporto ferroviario di persone nell’Unione europea. Inoltre, nel definire una struttura di trasporto che sia nettamente più sostenibile, con il notevole contributo derivante dalla diffusione delle reti transeuropee, gli operatori ferroviari devono essere tenuti al rispetto di semplici regole e obblighi. In particolare, quando si discute su come rendere più efficaci le operazioni di trasporto ci si “dimentica” spesso dei diritti dei passeggeri. C’è, poi, il problema del controllo monopolistico su determinate tratte ferroviarie, come nel caso, ad esempio, del Channel Tunnel Rail Link, dove i passeggeri sono lasciati alla mercé di un solo operatore. Nell’ottica di accrescere i diritti degli utenti del trasporto ferroviario internazionale, ritengo che le autorità di regolamentazione debbano migliorare ulteriormente l’attuale approccio di determinate aziende e operatori del settore, allo scopo di renderlo più corretto e coerente.

 
  
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  Evangelia Tzampazi (PSE), per iscritto. – (EN) In merito alla raccomandazione per la seconda lettura della posizione comune del Consiglio in vista dell’adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario internazionale (relazione Sterckx), desidero dichiarare che i membri della delegazione greca del PSE (Stavros Arnaoutakis, Panagiotis Beglitis, Maria Matsouka, Stavros Lambrinidis e Evangelia Tzampazi) si sono astenuti dalle votazioni sugli emendamenti nn. 59 e 69, i quali stabiliscono che “tutti i treni, compresi quelli internazionali e i treni ad alta velocità, devono consentire ai passeggeri di portare con sé, se del caso dietro pagamento, in uno spazio polivalente appositamente previsto, carrozzelle per bambini, sedie a rotelle, biciclette e attrezzature sportive”.

Pur condividendo la necessità di prevedere il pagamento per il trasporto degli altri oggetti indicati, riteniamo che, per quanto attiene invece alle sedie a rotelle, si dovrebbe tener conto del fatto che esse non sono, per le persone disabili, soltanto uno strumento bensì, di fatto, una parte del loro stesso corpo. Per tale motivo non dovrebbe essere previsto un pagamento aggiuntivo per il loro trasporto.

Ci siamo quindi astenuti dalle votazioni sugli emendamenti nn. 59 e 69, nell’intento di sostenere in tal modo il diritto delle persone disabili a viaggiare senza oneri aggiuntivi.

 
  
  

Relazioni Jarzembowski (A6-0475/2006), Savary (A6-0480/2006) e Sterckx (A6-0479/2006)

 
  
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  Gilles Savary (PSE).(FR) Signor Presidente, desidero esprimere tutta la mia soddisfazione per la notevole prova di saggezza del Parlamento, che ha detto di no alla liberalizzazione del sistema ferroviario e dei sistemi ferroviari nazionali.

Personalmente sono senz’altro favorevole all’apertura delle reti e un convinto sostenitore della necessità di costruire in Europa ferrovie senza confini – cosa che decreterebbe concretamente la fine dei monopoli nazionali. Detto ciò, reputo inaccettabile il metodo di liberalizzazione proposto dalla Commissione, caratterizzato da conflitti su date e scadenze, poiché porterebbe inevitabilmente a una situazione in cui l’economia ferroviaria sarebbe incentrata su poche aziende di grandi dimensioni, causando così la scomparsa di molte compagnie nazionali, scatenando una lotta accesissima per la conquista dei segmenti di mercato più redditizi, cioè le linee ad alta velocità, e creando probabilmente gravi difficoltà al finanziamento dei capitoli di bilancio riguardanti la pianificazione urbana e rurale.

I servizi di trasporto ferroviario comprendono anche i treni regionali e i servizi delle linee principali, che spesso hanno i conti in rosso e vengono finanziati con quelle che sono ora le principali linee internazionali. Mi pare, purtroppo, che questo aspetto della questione non sia stato affatto tenuto nel debito conto. Come sarà possibile finanziare le piccole linee ferroviarie, di grande utilità, quando l’apertura alla concorrenza internazionale produrrà il prosciugamento dei fondi e la riduzione dei margini di guadagno delle compagnie ferroviarie? Questa è una domanda alla quale dobbiamo dare risposta. Abbiamo tempo per farlo fino al 2010, e voglio che la questione del finanziamento dei servizi pubblici e dei capitoli di bilancio relativi alla pianificazione urbana e rurale sia messa quanto prima all’ordine del giorno del Parlamento.

 
  
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  Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. – (NL) Mentre i continui tagli dei finanziamenti causano progressive limitazioni dei servizi ferroviari sia regionali che internazionali, da tutto lo spettro politico si levano richieste di una crescita del trasporto ferroviario di merci e passeggeri da attuarsi mediante gli stessi metodi già applicati nel trasporto merci su strada e dalle compagnie aeree a prezzi stracciati. Separando la gestione delle ferrovie dalla fornitura dei servizi, si spera che le aziende private abbassino i prezzi e richiamino una più ampia clientela grazie alla loro capacità di attrazione nei confronti dei clienti. Penso che, alla fine, questo tipo di approccio non porterà ai risultati sperati. Tutta l’attenzione sarà concentrata sulla riduzione dei costi attraverso la chiusura di linee, tagli dei servizi, aumenti dei prezzi e la cessione dei numerosi clienti che causano perdite.

Le relazioni Savary e Sterckx non sono sufficienti per compensare i piani di liberalizzazione dell’onorevole Jarzembowski. La relazione Savary è di fondamentale importanza poiché auspica un superamento delle difficoltà tecniche che hanno ostacolato la circolazione dei treni transfrontalieri a partire dall’introduzione delle linee elettrificate; dal canto suo, la relazione Savary ha perso l’occasione di costringere le compagnie ferroviarie a rendere i servizi di trasporto transfrontalieri più accessibili e a mantenerli. La versione attuale della relazione va a beneficio soltanto delle persone disabili.

 
  
  

Relazione Wallis (A6-0481/2006)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della costruttiva relazione dell’onorevole Wallis, deputata britannica al Parlamento europeo, sulla raccomandazione per la seconda lettura in vista dell’adozione di un regolamento sulle obbligazioni extracontrattuali.

Sebbene, come norma generale, il diritto applicabile alle obbligazioni extracontrattuali sia quello del paese in cui si è verificato il danno, le disposizioni di questa relazione, ove attuate, consentiranno di applicare il diritto del paese della vittima del danno, ad esempio in caso di danni fisici alle persone vittime di incidenti stradali. Considerata la complessità delle situazioni reali, questa disposizione permetterà alle persone di essere riportate nelle condizioni in cui si trovavano anteriormente all’incidente subito. Occorre ancora trovare un compromesso sui risarcimenti per i danni causati da diffamazione attraverso i media, dato che secondo il Parlamento va applicata la legge del paese cui è principalmente destinato il materiale pubblicato o trasmesso, oppure, qualora tale criterio non sia applicabile, la legge del paese in cui è esercitato il controllo editoriale. Raggiungere un compromesso su questo punto non sarà un’impresa facile.

 
  
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  Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. – (SV) La relazione Wallis (A6-0481/06) contiene proposte riguardanti la scelta del diritto applicabile ai casi di violazione della vita privata o dei diritti della personalità, nel senso che questa materia debba essere regolamentata dalle norme del paese in cui è avvenuto il danno. Votiamo contro tali proposte perché esse determinerebbero restrizioni della legislazione svedese sulla libertà di espressione e la libertà di stampa. Ad esempio, un giornale svedese potrebbe essere censurato in altri paesi sulla base di norme diverse da quelle applicabili nel paese in cui il giornale è pubblicato.

 
  
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  Bruno Gollnisch (ITS), per iscritto. – (FR) Va riconosciuto a questo regolamento, noto con il nome di Roma II, che è stato studiato per facilitare la risoluzione di dispute legali transfrontaliere mediante l’applicazione, a un’ampia gamma di situazioni, della norma di validità generale che stabilisce che il diritto applicabile alle obbligazioni extracontrattuali debba essere quello del paese in cui è avvenuto il danno.

Noi siamo certamente favorevoli all’armonizzazione delle norme qualora vi siano leggi in contrasto tra loro – e già la semplice armonizzazione può contribuire a una maggiore certezza del diritto. Però le norme dovrebbero comunque essere precise e chiare – ma, al momento, questo requisito non è affatto garantito in tutti i casi.

Le norme proposte, che riguardano non soltanto la materia specifica degli incidenti stradali ma anche la diffamazione e le violazioni della vita privata a mezzo audiovisivi e stampa, mirano a tutelare la vittima, in particolare consentendole di ottenere un risarcimento in modo più semplice.

Se vogliamo garantire la libertà di stampa e la libertà di espressione, le norme non devono limitare impropriamente i diritti delle persone interessate.

La relazione fornisce garanzie in tal senso laddove prevede l’applicazione di norme standard nei casi in cui le leggi vigenti siano in contrasto tra loro. Voteremo a favore della relazione.

 
  
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  Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. – (SV) La relazione Roma II, approvata oggi dal Parlamento europeo, contiene due formulazioni che sono in contrasto con la normativa svedese sulla libertà di stampa. Purtroppo è stato impossibile votare contro gli emendamenti contenenti tali formulazioni perché facevano parte di un blocco più ampio. Ho deciso quindi di votare a favore della relazione; chiedo però che siano messe a verbale le mie riserve riguardo all’emendamento n. 9 e al paragrafo 7a dell’emendamento n. 19.

 
  
  

Condanna a morte degli operatori sanitari in Libia (B6-0024/2007)

 
  
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  Димитър Стоянов (ITS). – Аз гласувах "за" това предложение, но пред себе си имам един текст, който е изпълнен с тежък изказ. В него няма нищо, което реално да се казва. Тази резолюция трябваше да бъде приета преди осъждането на българските медицински сестри на смърт, а не сега постфактум. И защо, когато бяха осъдени, висшите представители на Съюза се правеха, че са паднали от небето и че за осем години те не са разбрали, че има такова нещо. Или може би им беше по-лесно да си затварят очите, защото европейските държави въртят една много хубава търговия с Либия.

Искам да Ви кажа, уважаеми колеги, че ние сме изправени съвсем очевидно пред един тежък диктаторски режим. И с такъв режим единственият начин, по който може да се справяш, е с решителност, твърдост и непоколебимост. Затова аз настоявам, всички европейски държави да прекратят незабавно търговските си отношения с Либия, което ще бъде оказване на истински натиск върху тази тоталитарна държава.

В заключение, бих искал да кажа, че ако това не стане, това ще означава, че в Европа се е открил нов вид програма – "петрол срещу човешки животи".

 
  
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  Jim Allister (NI), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della risoluzione nell’intento di sostenere le persone che stanno subendo questa ingiustizia da parte delle disumane autorità libiche. Mi dissocio però dalla richiesta, formulata nella proposta di risoluzione, di una generale messa al bando della pena capitale in tutto il mondo. A mio parere, in presenza di processi giudiziari assolutamente affidabili e corretti, convalidati da tutta una serie di ricorsi in appello, la pena di morte può essere una punizione adeguata e necessaria. E’ chiaro che questo non è il caso della Libia.

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della risoluzione presentata dai gruppi politici contrari alla sentenza del tribunale penale libico che ha giudicato colpevoli e condannato alla pena di morte cinque infermiere bulgare e un medico palestinese accusati di avere deliberatamente iniettato il virus dell’AIDS a quasi 500 bambini. Questa risoluzione mi offre il destro per ribadire la mia totale opposizione alla pena di morte, la cui abolizione significherebbe un maggiore rispetto della dignità umana e un sostegno alla causa dei diritti umani.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo votato a favore della risoluzione perché siamo contrari alla pena di morte e, quindi, contrari alla condanna alla pena di morte per fucilazione di cinque infermiere bulgare e un medico palestinese pronunciata da un tribunale libico e confermata il 19 dicembre 2006.

Vogliamo inoltre manifestare il nostro allarme riguardo alle argomentazioni usate per condannare gli imputati e al trattamento cui sono stati sottoposti durante la detenzione.

Ribadiamo la nostra opposizione alla pena di morte e desideriamo sottolineare che la sua abolizione servirebbe a rafforzare il rispetto della dignità umana e a promuovere lo sviluppo graduale dei diritti umani. Chiediamo pertanto che la pena di morte sia abolita in tutto il mondo.

Ci associamo altresì all’appello rivolto alle competenti autorità libiche affinché adottino i provvedimenti necessari per rivedere e annullare la condanna capitale, e creino le condizioni perché la vicenda possa risolversi velocemente sulla base di principi di umanità.

 
  
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  Joseph Muscat (PSE), per iscritto. – (MT) Il mio voto a favore della risoluzione esprime in gran parte la mia opposizione alla pena di morte in qualsiasi circostanza.

Credo che gli sforzi compiuti nel corso di molti anni da parte di numerosi paesi, tra cui Malta, per avvicinare la Libia alla comunità internazionale, non possano essere semplicemente cancellati. Questa vicenda dimostra che c’è bisogno di più, non di meno, dialogo tra le due parti.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Il processo che ha portato alla condanna alla pena di morte di cinque infermiere bulgare e di un medico palestinese dimostra che ci sono alcuni paesi che non si fanno scrupolo di tenere in ostaggio cittadini stranieri.

Da qualsiasi angolatura si consideri la vicenda, appare evidente che le persone condannate a morte in quel processo non sono colpevoli dei crimini di cui vengono accusate. Eppure i processi sono continuati. L’unica spiegazione è che quei cittadini stranieri sono stati usati come pedine per fini politici interni o, forse, esterni.

Non sorprende che casi del genere si verifichino in un paese che è ben lontano dall’essere democratico, o che quanto meno rispetta a malapena le norme dello Stato di diritto. La vicenda in esame è diventata ancora più grave dopo il 1o gennaio, perché da quella data tra i condannati a morte vi sono cinque cittadine dell’Unione europea. Ciò significa che dobbiamo incanalare i nostri sforzi volti a far prevalere in questa vicenda la giustizia e il rispetto dei principi fondamentali del diritto.

Oggi la Libia non è cambiata rispetto al passato, però, per motivi di pragmatismo politico, ha dovuto modificare i propri comportamenti. Ora deve rendersi conto del fatto che noi non possiamo accettare che quelle persone siano ostaggi della politica libica.

 
  
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  Geoffrey Van Orden (PPE-DE), per iscritto. – (EN) La pena capitale inflitta in Libia alle infermiere bulgare e al medico palestinese è atroce e va ad aggiungersi alla tragedia rappresentata dalla loro immotivata carcerazione, iniziata otto anni fa. Siamo stati tra i primi a chiedere la loro liberazione.

Purtroppo, e contrariamente alle mie indicazioni, Verdi e comunisti hanno insistito per inserire nella risoluzione un paragrafo sulla più vasta questione dell’opposizione alla pena di morte in linea di principio. Anche se molti di noi hanno votato contro quel paragrafo, esso fa tuttora parte di un testo che abbiamo peraltro appoggiato con vigore. Numerosi conservatori, me compreso, non sono contrari in linea di principio alla pena di morte; al contrario, vorremmo che fosse ripristinata in determinate circostanze speciali e rigorosamente controllate. Vogliamo perciò precisare che il nostro sostegno a questa eccellente risoluzione non implica in alcun modo la nostra approvazione del paragrafo 2.

 
  
  

Relazione Romeva i Rueda (A6-0439/2006)

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Mi congratulo con l’onorevole Romeva i Rueda per la sua relazione annuale. Più di un decennio fa sono stato autore della prima relazione su questo tema per conto della sottocommissione per la sicurezza e il disarmo della commissione per gli affari esteri.

Uno dei punti in discussione all’epoca fu la mancata creazione di un mercato unico europeo degli armamenti e la conseguente necessità, per i singoli mercati nazionali, di esportare i loro prodotti all’estero, con il risultato che le armi europee sono finite in mani ben poco affidabili, come abbiamo visto ancora di recente in Iraq, dove ci siamo trovati di fronte alle nostre stesse armi in mano all’avversario.

Un altro punto fu la mancanza di una base giuridica per il nostro Codice di condotta per le vendite di armi, in parte perché taluni Stati membri non volevano intralciare gli affari dei loro venditori di armi sui mercati mondiali.

La relazione dell’onorevole Romeva i Rueda rivela che quegli stessi problemi sono tuttora irrisolti. Quanto più rinviamo la loro soluzione, tanta più distruzione il libero commercio di armi arrecherà al mondo e tanto più dovremo pagare in termini di inefficienza, di rifugiati e di persone che chiedono asilo per scampare ai disastri innaturali di cui siamo, a ben guardare, responsabili.

 
  
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  Patrick Gaubert (PPE-DE), per iscritto. – (FR) La relazione d’iniziativa sulla settima e sull’ottava relazione annuale del Consiglio concernente il Codice di condotta dell’Unione europea per le esportazioni di armi è stata appena approvata a grande maggioranza. Mi congratulo con il relatore per la qualità del suo lavoro e per il consenso che è riuscito a creare su questo documento.

La relazione è attenta nel sottolineare la necessità di adottare il Codice di condotta come una posizione comune in vista del rafforzamento dei suoi effetti giuridici sul controllo delle esportazioni di armi e dell’armonizzazione delle legislazioni nazionali in materia.

Allo stesso modo, la relazione invita l’Unione europea e i suoi Stati membri ad appoggiare l’approvazione di un trattato internazionale sulle esportazioni di armi sotto l’egida delle Nazioni Unite – cosa che reputo utile.

La relazione fornisce inoltre alcuni necessari chiarimenti quanto al contenuto e all’ambito di applicazione del Codice di condotta e propone giustamente che il rispetto dei diritti umani diventi un criterio generale per disciplinare le esportazioni di armi.

Ora più che mai l’Unione europea deve fare tutto quello che può per dimostrare di essere un affidabile attore globale, riconosciuto per il suo impegno nella lotta contro la proliferazione degli armamenti, che è la causa di molti conflitti e di gravi violazioni dei diritti umani.

 
  
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  Jean Lambert (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione e approvo in particolare l’auspicio del Parlamento affinché l’Unione europea promuova la conclusione di un trattato internazionale sul commercio di armi. Riconosciamo che le spese per l’acquisto di armi allontanano il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio. Nessuna società in nessun paese dovrebbe profittare della disperazione e delle violazioni dei diritti umani cui stiamo assistendo, per esempio, in Darfur. I paesi che parlano la lingua della diplomazia non dovrebbero trarre vantaggio da un inasprimento del conflitto. Come si afferma nella relazione, dobbiamo trovare strumenti migliori per garantire che i nostri sistemi di concessione siano effettivamente impiegati per i fini previsti e non vengano messi a disposizione di regimi o movimenti di opposizione che infliggono trattamenti disumani.

Ho apprezzato anche il riferimento alle garanzie di credito per le esportazioni, ma avrei preferito se nella relazione si fosse osato un po’ di più. Gli Stati membri non dovrebbero firmare contratti per la vendita di armi perché questo fatto costituisce, nella migliore delle ipotesi, una distorsione della concorrenza e può essere causa di corruzione; nella peggiore, aumenta l’entità del debito e, come abbiamo visto di recente in Tanzania, è d’ostacolo agli investimenti dei paesi poveri nella salute, nell’istruzione e in uno sviluppo realmente sostenibile.

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Le esportazioni di armi dovrebbero essere controllate da ciascuno Stato membro sulla base delle rispettive normative nazionali e attraverso la cooperazione nel quadro delle Nazioni Unite. Sono assolutamente contrario ai progetti mirati alla costituzione di un’agenzia dell’Unione europea competente per il controllo sulle esportazioni di armi. La relazione propone la definizione di un codice di condotta vincolante per le esportazioni di armi all’interno dell’UE. Chiede la creazione di un nuovo organismo dell’Unione con il compito di vigilare sulle esportazioni degli Stati membri. A prescindere da qualsiasi posizione di principio nei confronti di questa materia, ci sono validi motivi per chiedersi se in questo modo si arriverebbe, com’è nelle intenzioni, a una politica più restrittiva. Allo stesso tempo, l’Agenzia europea per la difesa sta spingendo per un maggiore coordinamento e la liberalizzazione delle politiche di esportazione degli Stati membri. Credo che sia l’ONU, in virtù della sua esperienza e conoscenza nonché del suo campo d’azione globale, il soggetto più idoneo a portare avanti l’opera globale di disarmo e a garantire che sia applicato il miglior codice di condotta possibile.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’industria degli armamenti non è, di per sé, la più sporca né la più corrotta, però le sue singole attività sono suscettibili di esserlo.

Per questo motivo ritengo che il comportamento degli operatori pubblici e privati debba essere oggetto di attento scrutinio affinché le pressioni, siano esse giuridiche o d’altra natura, possano produrre qualche risultato.

Da lungo tempo sostengo la necessità di rendere vincolante il Codice di condotta.

Vorrei infine affrontare la questione della Cina. Non passa anno che non ne discutiamo. La Cina non dà alcuna garanzia – anzi, è vero il contrario – sul fatto che userà il materiale militare in conformità dei nostri requisiti. Già questa sarebbe, di per sé, un’argomentazione valida. Inoltre, dovremmo cercare di trasformare questo protagonista sempre più importante della scena mondiale in nostro partner nella costruzione di un mondo più pacifico e meno violento. Ma ciò non sarà possibile se, nel nome dell’economia, continueremo a cedere terreno. In talune circostanze una simile tattica può essere quella giusta, ma non in questo caso.

In conclusione, deploro che la relazione mescoli questioni in realtà nettamente distinte tra loro e metta in un sol mucchio Cina, Colombia, Etiopia, Eritrea, Indonesia, Nepal e Israele.

 
  
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  Geoffrey Van Orden (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Pur essendo in gran parte condivisibile, la relazione Romeva insiste su un codice di condotta giuridicamente vincolante per le esportazioni europee di armi e cerca inevitabilmente di ampliare le competenze dell’Unione europea. Dovremmo invece porre l’accento su un trattato internazionale destinato in particolare a quei paesi che continuano a rifornire terroristi e rivoltosi e che sembrano sottrarsi alle attenzioni di coloro che sono sempre così critici nei confronti delle democrazie occidentali. Ci siamo pertanto astenuti dal voto sulla risoluzione.

 
  
  

Relazione: Hedkvist Petersen (A6-0449/2006)

 
  
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  Philip Bradbourn (PPE-DE), per iscritto. – (EN) I conservatori, pur ritenendo che la sicurezza stradale sia una questione molto importante, non possono approvare questa relazione perché in essa si chiede l’adozione di misure a livello di Unione europea, attraverso processi di armonizzazione piuttosto che attraverso la cooperazione intergovernativa su un numero limitato di tematiche transfrontaliere. Rilevanti in tale contesto sono altresì gli aspetti di natura geografica, le tradizioni e la cultura; inoltre, poiché il Regno Unito è già adesso uno dei paesi più avanzati in materia di sicurezza stradale, non vediamo la necessità di dare a molte delle misure proposte una dimensione europea.

 
  
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  Robert Goebbels (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato contro questa relazione e contro alcuni degli emendamenti perché il Parlamento sta violando il principio di sussidiarietà con questo suo tentativo di imporre in tutta l’Europa le stesse norme, la cui attuazione è demandata alla polizia e la cui efficacia, peraltro, è ben lungi dall’essere dimostrata.

 
  
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  Bruno Gollnisch (ITS), per iscritto. – (FR) La relazione del collega testimonia i progressi compiuti nel campo della sicurezza stradale e nella lotta contro gli incidenti stradali. Pur prendendo atto con piacere del fatto che la mortalità sulle strade europee è scesa del 17,5 per cento tra il 2001 e il 2005, riteniamo ovviamente che questo risultato sia ancora insufficiente, dato che ogni anno nell’Unione europea si registrano tuttora oltre 40 000 morti sulle strade.

E’ sorprendente che le molte proposte avanzate in questa relazione sulla sicurezza stradale non consistono esclusivamente nell’adozione di provvedimenti punitivi, come si è fatto in Francia. La relazione propone invece misure per migliorare la formazione degli automobilisti, la qualità dei veicoli circolanti e le condizioni delle infrastrutture stradali – misure che appoggiamo.

In Francia il numero dei morti sulle strade sta diminuendo di anno in anno; nel contempo, però, continua a crescere la rabbia di coloro che sono stati privati della patente. Oltre alla “paura della polizia”, le sanzioni automatiche per infrazioni di scarsa rilevanza, come il superamento di 1 km/h del limite di velocità consentito, sono diventate pratica comune.

Su 36 milioni di automobilisti, 3,5 milioni hanno perso punti della patente e quasi 70 000 patenti sono state ritirate. Se vogliamo raggiungere quello che è l’obiettivo ultimo della sicurezza stradale, dobbiamo smetterla di perseguitare gli automobilisti.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il programma d’azione europeo per la sicurezza stradale approvato nel 2003 persegue l’obiettivo di dimezzare entro il 2010 il numero delle vittime di incidenti stradali, ovvero di portarlo a meno di 25 000 l’anno. Anche se questo numero è diminuito nel periodo 2001-2005, si prevede che l’obiettivo fissato non sarà raggiunto.

La lotta contro gli incidenti stradali va condotta su una pluralità di fronti: migliorando l’educazione degli automobilisti, le condizioni delle infrastrutture stradali e lo stato dei veicoli circolanti, nonché adottando misure deterrenti – il tutto integrato in una strategia globale per il settore dei trasporti.

Affinché ciò possa avvenire è necessario applicare provvedimenti incentrati sui seguenti campi di attività: educazione civica nelle scuole e nelle scuole guida, ricorrendo a tecniche d’insegnamento nuove, per stimolare la coscienza civica dei cittadini; controlli sia degli automobilisti sia dei loro automezzi, da eseguirsi in un’ottica di prevenzione ed educazione, invece che di semplice opportunità per incassare un gettito sotto forma di multe; qualità delle strade e segnaletica chiara e adeguata; risoluzione del problema del traffico automobilistico, che è cresciuto drasticamente a spese di quello pubblico. Da tali considerazioni si evince l’importanza di integrare questa tematica in una strategia per il settore dei trasporti che favorisca in modo corretto l’uso dei mezzi pubblici.

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Voto contro la relazione perché ritengo che essa si fondi su un ragionamento sbagliato sul livello politico competente per le questioni connesse con la sicurezza stradale. La Lista di giugno è del parere che siano in prima istanza gli Stati membri ad avere la responsabilità di decidere quali misure legislative adottare per migliorare la sicurezza stradale. Gli Stati membri potranno aumentare la sicurezza stradale copiando le strategie che si sono già rivelate valide in vari paesi dell’Unione. Le opinioni del Parlamento europeo, per quanto lodevoli, possono contribuire ben poco in tale contesto.

La relazione contiene una serie di proposte che non tengono nel debito conto i principi di sussidiarietà e proporzionalità. Mi riferisco alle proposte secondo cui i bambini e i ragazzi di età compresa fra 3 e 18 anni dovrebbero ricevere una formazione continua sulla sicurezza stradale nell’ambito di un apposito programma d’azione dell’UE, mentre la Commissione dovrebbe attuare negli Stati membri campagne informative di prevenzione della stanchezza al volante e studiare l’impatto dell’affaticamento dei conducenti sulla sicurezza stradale.

 
  
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  Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. – (SV) I limiti di velocità sono materia di competenza degli Stati membri e, posto che dipendono da un’ampia varietà di fattori, devono essere fissati a livello nazionale. Anche se il mio obiettivo, per considerazioni di carattere ambientale e di sicurezza, potrebbe essere quello di approvare norme mirate a impedire l’esistenza in Germania di autostrade, sarebbe controproducente imporre ai tedeschi, dall’esterno, disposizioni del genere, le quali peraltro indebolirebbero le forze politiche che in Germania si battono per lo stesso obiettivo.

Un limite di alcolemia dello 0,5 per mille è troppo elevato ed è in ogni caso inaccettabile.

Decidere a livello di Unione europea i requisiti sulla guida con i fari di posizione accesi sarebbe altrettanto stupido che imporre al Regno Unito la guida a destra. Se si potessero salvare 5 000 vite umane, sarebbe facile introdurre tale misura a livello nazionale. Nondimeno voto a favore dell’appello rivolto agli Stati membri affinché prevengano comportamenti di guida pericolosi da parte dei camionisti, perché l’appello è rispettoso dei diritti dei parlamenti nazionali. E’ inoltre proficuo per l’ambiente non permettere al trasporto merci su strada di concorrere con la ferrovia a scapito della sicurezza.

 
  
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  Gary Titley (PSE), per iscritto. – (EN) La delegazione del partito laburista al Parlamento europeo è favorevole al principio su cui si fonda la relazione, ovvero l’obiettivo di dimezzare la mortalità sulle strade dell’Unione europea entro il 2010. La relazione va valutata positivamente laddove evidenzia la crescente disparità in materia di sicurezza stradale tra determinati Stati membri e favorisce una maggiore cooperazione tra le parti interessate nonché la condivisione delle migliori prassi.

Tuttavia, la relazione cerca di introdurre iniziative mirate alla sicurezza stradale, quali l’obbligo di guida con i fari accesi di giorno e l’armonizzazione dei tassi di alcolemia, che contribuiranno ben poco alla sicurezza sulle strade europee. L’esperienza dimostra che la guida con i fari accesi anche di giorno rappresenta un rischio ulteriore per motociclisti e pedoni. Invece di modificare i tassi di alcolemia, gli Stati membri dovrebbero concentrarsi sull’applicazione delle leggi già in vigore e punire i contravventori in modo efficace. Per queste considerazioni abbiamo deciso di astenerci dalla votazione sulla relazione.

 
  
  

Relazione Záborská (A6-0478/2006)

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Sono favorevole all’idea che l’integrazione della dimensione di genere comporti la riorganizzazione, il rafforzamento, lo sviluppo e il monitoraggio dei processi politici, di modo che la questione della parità tra uomo e donna possa essere inserita in tutte le politiche, a tutti i livelli e in tutte le fasi da parte di coloro cui spetta di solito il compito di definire tali politiche. Ciò andrebbe fatto senza compromettere l’integrazione della dimensione di genere in politiche specifiche mirate a riequilibrare situazioni derivanti dalla mancanza di parità tra uomo e donna.

Le politiche in materia di parità, da un canto, e l’integrazione della dimensione di genere, dall’altro, formano una strategia duplice, complementare. Queste due strategie devono procedere fianco a fianco, se vogliamo raggiungere l’obiettivo della parità tra uomo e donna, come si propone nella risoluzione approvata.

In ciascuno Stato membro devono essere create le condizioni affinché ci possa essere una parità effettiva in tutti i campi e non soltanto nella distribuzione degli incarichi politici. Siamo quindi lieti che la plenaria abbia respinto la proposta contenuta nella relazione di obbligare i partiti politici ad applicare un sistema vincolante di quote nelle liste dei candidati a qualsiasi organo collegiale.

 
  
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  Lissy Gröner (PSE), per iscritto. – (DE) La relazione è una valutazione della politica di integrazione della dimensione di genere nel Parlamento europeo e fa seguito alla mia relazione su questo tema (A5-0060/2003).

La relazione odierna sulla “integrazione della dimensione di genere nell’ambito dei lavori delle commissioni” riprende questioni già sollevate nella relazione del 2003, valuta gli sforzi compiuti finora e cerca di delineare le prospettive future per l’attuazione concreta dell’integrazione della dimensione di genere. Il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei ha votato in maniera tale da depennare passaggi essenziali da una relazione che è stata approvata all’unanimità dalla commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere; mi riferisco, ad esempio, al passo in cui si illustrano l’importanza del gruppo di lavoro ad alto livello, della predisposizione del bilancio e della politica del personale. Certa come sono che la relazione Záborská, su aspetti qualificanti, non si spinga tanto in là quanto aveva fatto invece la risoluzione del 2003, ho votato contro.

 
  
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  Lydia Schenardi (ITS), per iscritto. – (FR) Sebbene un approccio integrato alla parità tra uomo e donna, soprattutto nel settore dell’occupazione, sia una necessità, non lo sono invece la sua applicazione e attuazione secondo modalità obbligatorie e autoritarie.

Purtroppo, questo è quanto ci viene proposto nella relazione della stimata collega Záborská, la quale, in nome della dignità e della parità per le donne, ci chiede di approvare un sistema obbligatorio di quote per le liste dei candidati dei partiti politici. Credo che non dobbiamo cedere alla tentazione di mettere l’ideologia della parità di genere al di sopra di ogni altra considerazione. Sarebbe una mossa controproducente che, in ultima analisi, finirebbe per danneggiare l’immagine delle donne, le quali, proprio con questa ideologia, confermerebbero l’idea che, indipendentemente dalle loro qualità, sono prive sia di competenza che di legittimazione.

E’ sicuramente necessario facilitare alle donne l’accesso a determinati lavori o settori di responsabilità dai quali sono rimaste finora escluse o nei quali sono state finora sottorappresentate; però non dobbiamo arrivare agli estremi né essere eccessivamente zelanti nel seguire l’opinione pubblica, perché in tal modo comprometteremmo la causa delle donne.

 
  
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  Anna Záborská (PPE-DE), per iscritto. – (FR) In un momento in cui facciamo l’inventario dell’attività parlamentare compiuta negli ultimi due anni dalla commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, devo ringraziare il Presidente Borrell, presidente del gruppo ad alto livello, per aver dato prova di grandi doti di perspicacia e diplomazia nel sostenere il nostro lavoro, nonché la vicepresidente onorevole Kaufmann, che ha seguito con attenzione e da vicino l’attività di questo gruppo, che rappresenta uno strumento vitale per una cooperazione trasversale.

Le competenze della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, stabilite dal Regolamento del Parlamento, stabiliscono che i rappresentanti eletti sono competenti per il controllo di tutte le questioni inerenti alla parità all’interno del Parlamento europeo, compreso il bilancio, la politica di informazione sulle donne e la legislazione in materia di politica per le pari opportunità, e hanno altresì la responsabilità di collaborare con l’amministrazione per dare attuazione alla dimensione di genere e alla sua successiva integrazione in tutti i settori, compresa la politica per il personale.

Vorrei inoltre esprimere il mio grande apprezzamento per la supervisione da parte di tutti i colleghi e in particolare dall’onorevole Gröner, che ha funto da catalizzatore dell’intera iniziativa e sottolineato, nella sua relazione, che la commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere è il principale organo del Parlamento europeo competente per le questioni riguardanti i diritti delle donne, le pari opportunità e l’approccio integrato. Mi auguro che questa forte collaborazione continui a essere fonte d’ispirazione per il nostro lavoro.

 

11. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale

12. Composizione delle commissioni e delle delegazioni: vedasi processo verbale

13. Richiesta di revoca dell’immunità parlamentare: vedasi processo verbale

14. Decisioni concernenti taluni documenti: vedasi processo verbale

15. Dichiarazioni scritte che figurano nel registro (articolo 116 del Regolamento): vedasi processo verbale

16. Trasmissione dei testi approvati nel corso della presente seduta: vedasi processo verbale

17. Calendario delle prossime sedute: vedasi processo verbale

18. Interruzione della sessione
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  Presidente. – Dichiaro interrotta la sessione del Parlamento europeo.

(La seduta termina alle 13.00)

 
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