Indice 
Resoconto integrale delle discussioni
PDF 504k
Giovedì 1 febbraio 2007 - Bruxelles Edizione GU
1. Apertura della seduta
 2. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
 3. Statuto della società privata europea (discussione)
 4. Accordo sugli appalti pubblici (AAP) (discussione)
 5. Seduta solenne – Bulgaria
 6. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
 7. Turno di votazioni
  7.1. Protezione dei passeggeri contro lo spostamento dei bagagli (votazione)
  7.2. Omologazione dei veicoli a motore in riferimento al campo di visibilità anteriore del conducente (votazione)
  7.3. Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica CE/Corea (votazione)
  7.4. Integrazione della sostenibilità nelle politiche di cooperazione allo sviluppo (votazione)
  7.5. Progetto di bilancio rettificativo n. 1/2007 (votazione)
  7.6. Diritti umani dei Dalit in India (votazione)
  7.7. Accordo di partenariato CE/Gabon nel settore della pesca (votazione)
  7.8. Moratoria sulla pena di morte (votazione)
  7.9. Promuovere diete sane e attività fisica: una dimensione europea per la prevenzione di sovrappeso, obesità e malattie croniche (votazione)
  7.10. Termini di prescrizione nel caso di danni alle persone e di incidenti mortali nel contenzioso transfrontaliero (votazione)
  7.11. Discriminazione di giovani donne e ragazze nel settore dell’istruzione (votazione)
  7.12. Relazioni dell’UE con le isole del Pacifico: strategia per un partenariato rafforzato (votazione)
  7.13. Statuto della società privata europea (votazione)
 8. Dichiarazioni di voto
 9. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
 10. Missione affidata a un deputato: vedasi processo verbale
 11. Composizione delle commissioni e delle delegazioni: vedasi processo verbale
 12. Decisioni concernenti taluni documenti: vedasi processo verbale
 13. Trasmissione dei testi approvati nel corso della presente seduta: vedasi processo verbale
 14. Calendario delle prossime sedute: vedasi processo verbale
 15. Interruzione della sessione


  

PRESIDENZA DELL’ON. WALLIS
Vicepresidente

 
1. Apertura della seduta
  

(La seduta inizia alle 9.05)

 

2. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale

3. Statuto della società privata europea (discussione)
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0434/2006), presentata dall’onorevole Klaus-Heiner Lehne a nome della commissione giuridica, recante raccomandazioni alla Commissione sullo statuto della società privata europea [2006/2013(INI)].

 
  
MPphoto
 
 

  Klaus-Heiner Lehne (PPE-DE), relatore. – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, mi sento particolarmente onorato di potere discutere di questo argomento oggi, in un momento in cui lei, signora Presidente, presiede per la prima volta una seduta di quest’Assemblea.

Nel piano d’azione sull’ammodernamento del diritto delle società era già prevista la valutazione di altre forme di impresa che potessero essere ritenute materia di legislazione in seno all’Unione europea. A seguito degli studi svolti all’epoca, tali interrogativi erano sostanzialmente rimasti senza risposta. Ebbene, alcuni anni fa la Commissione aveva invitato a discutere del piano d’azione sull’ammodernamento del diritto delle società sottoponendolo a una completa revisione. Quest’Aula aveva partecipato appieno al dibattito e, prendendo spunto da esso, aveva deciso di produrre e discutere una relazione d’iniziativa sulla società privata europea.

Gli antefatti del tema di cui discutiamo oggi sono questi. Abbiamo valutato attentamente la questione e organizzato un’audizione in quest’Aula sull’argomento, da cui è emerso che sussiste l’effettiva esigenza di creare una società privata europea di questo tipo nonché la necessità, da parte della Commissione, di esercitare il proprio diritto di iniziativa legislativa a tal fine. In particolare le imprese industriali di minori dimensioni – le società di esportazioni attualmente costrette a costituire affiliate e aziende in altri Stati membri in conformità del diritto societario di tali paesi – accoglierebbero con grande entusiasmo la creazione di una forma giuridica europea, grazie alla quale potrebbero gestire le loro affiliate in tutta l’Unione europea. Attualmente le esigenze di consulenza di tali imprese sono molto forti, situazione senz’altro vantaggiosa per gli avvocati, che però ha costi notevoli, poiché richiede la valutazione periodica dei singoli casi al fine di individuare quali siano effettivamente i diritti e i doveri dei dirigenti e dei membri degli organismi di vigilanza di queste società e come debbano comportarsi per non incorrere in violazioni della legge.

Penso che queste imprese potranno evitare una simile situazione se potranno avvalersi di un’unica forma giuridica europea che, disciplinando in maniera uniforme a livello europeo una serie di questioni fondamentali, in particolare i poteri dei dirigenti e le questioni di responsabilità, rappresenterebbe così un utile strumento per tali società. Non si tratta quindi in alcun modo di aggiungere un ulteriore onere burocratico, in quanto le imprese sono libere di scegliere se vogliono ricorrere a questa forma giuridica o meno; si tratta semplicemente di uno strumento di cui possono avvalersi, di un dispositivo che colma una vera e propria lacuna giuridica creatasi dopo che abbiamo istituito la società per azioni europea per le grandi imprese.

Vorrei anche dire, per inciso, che gli scarsi progressi compiuti in passato nello sviluppo del diritto societario europeo spiegano in parte la ragione delle sentenze pronunciate dalla Corte di giustizia delle Comunità europee in casi come quello di Inspire Art, ed è in quest’ambito che possiamo contribuire a fornire e creare una struttura esemplare nell’Unione europea.

Credo che la commissione giuridica – che ha adottato questa relazione a vasta maggioranza o, anzi, all’unanimità – sia riuscita a trovare un compromesso adeguato tra i vari approcci alle strutture imprenditoriali presenti nell’Europa continentale, da un lato, e nel pensiero giuridico britannico dall’altro, soprattutto in merito alla questione del capitale minimo, su cui siamo pervenuti a un punto d’incontro partendo dal presupposto che sia necessario mantenere, in linea di principio, il capitale minimo rinunciando tuttavia all’obbligo del versamento in contanti; tale opzione, quale strumento di semplificazione dell’iscrizione, costituisce a mio avviso un passo nella giusta direzione, e dimostra altresì che è possibile che la Commissione presenti una proposta e che poi il Consiglio riesca a trovare un compromesso razionale tra le varie tradizioni giuridiche.

Ciò che noi della commissione giuridica – e credo che, dopo la votazione odierna, anche l’Assemblea sarà dello stesso parere – ci aspettiamo dalla Commissione è che, conformemente alle disposizioni del Trattato, al nostro Regolamento e all’accordo interistituzionale, si metta al lavoro e, nel prossimo futuro, adotti iniziative concrete per presentare una proposta legislativa precisa al Parlamento e al Consiglio.

In conclusione, vorrei citare un’altra considerazione che ha avuto un certo peso sugli emendamenti, ossia il dibattito sulla partecipazione dei lavoratori al processo decisionale. Desidero chiarire un aspetto che non è stato oggetto di discordia nell’ambito delle nostre decisioni, ossia che nessuno cerca di limitare in alcun modo i diritti dei lavoratori. Così come vengono garantiti a livello nazionale, dovranno essere a loro volta garantiti e mantenuti quando verrà attuato questo progetto legislativo. Su questo punto sono stati presentati diversi emendamenti, ma ciò non è a mio avviso fondamentale, in quanto hanno tutti il medesimo obiettivo: la protezione dei diritti dei lavoratori.

Un’ultima osservazione – e questa volta sarà veramente l’ultima, poiché dopo averla formulata saranno trascorsi i cinque minuti a mia disposizione: noto con piacere che la Presidenza tedesca del Consiglio ha inserito la società privata europea tra le sue priorità e, pertanto, deduco che anche il Consiglio sosterrà questa proposta come mi auguro farà la stragrande maggioranza di questa Assemblea.

 
  
MPphoto
 
 

  Charlie McCreevy, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, innanzi tutto vorrei ringraziare la commissione giuridica, e in particolare il relatore, onorevole Lehne, per l’ottimo lavoro svolto nella stesura della relazione sullo statuto della società privata europea su cui voterete oggi. I miei servizi stanno già esaminando nel dettaglio le proposte e le raccomandazioni contenute nella relazione.

Dobbiamo permettere alle piccole e medie imprese di operare a livello transfrontaliero in maniera più agevole e meno dispendiosa. E’ importante avviare azioni che consentano alle PMI di sfruttare appieno i benefici del mercato unico.

La crescita delle piccole imprese è fondamentale per la competitività dell’economia europea. Tra gli strumenti volti ad agevolare l’espansione delle piccole imprese figurano la semplificazione dell’attuale quadro giuridico e la riduzione di inutili oneri amministrativi, i quali risultano particolarmente gravosi per le PMI che non dispongono di servizi giuridici di rilievo. Ecco perché, nella primavera di quest’anno, ho deciso di presentare una comunicazione sulla semplificazione del diritto societario europeo, iniziativa perfettamente in linea con il programma generale della Commissione sulla semplificazione dell’acquis comunitario, che prevede di ridurre gli oneri amministrativi del 25 per cento entro il 2012.

Sono favorevole a tutte le iniziative in grado di dotare le imprese europee, e in particolare le piccole e medie imprese, di un quadro normativo flessibile. A questo proposito, lo statuto della società privata europea potrebbe costituire una valida opzione per le PMI; tale proposta è stata sostenuta dall’industria nella recente consultazione pubblica sulle future priorità per il piano d’azione “Modernizzare il diritto delle società e rafforzare il governo societario nell’Unione europea”. Buona parte degli intervistati ha rilevato che tale opzione offrirebbe alle imprese una scelta molto più vasta e ridurrebbe i costi di conformità per le aziende che intendono operare in diversi Stati membri. Molte delle persone interpellate, tuttavia, hanno messo in discussione l’utilità di tale misura e, come sapete, conformemente ai principi di una migliore regolamentazione, la Commissione deve realizzare una valutazione d’impatto prima di proporre eventuali iniziative. Di conseguenza, i miei servizi stanno ora valutando i costi e i benefici di tale statuto, nonché le misure alternative volte ad affrontare le questioni in gioco. Proporrò uno statuto della società privata europea solo se dalla valutazione d’impatto emergerà chiaramente che si tratta dello strumento più indicato per contrastare i problemi che si trovano attualmente ad affrontare le PMI e che grazie ad esso le piccole e medie imprese potranno espandere e sviluppare le loro attività transfrontaliere.

L’esperienza acquisita con lo statuto della società per azioni europea ha dimostrato che il processo per la creazione di una nuova forma societaria europea può essere molto lungo e complesso e, in ultima analisi, potrebbe portare al non sempre agevole utilizzo degli strumenti giuridici. Affinché uno statuto della società privata europea si riveli effettivamente utile, occorrerà pervenire a un accordo in tempi rapidi. Il risultato finale dovrà essere di facile impiego per le PMI, apportando in questo modo un concreto valore aggiunto.

Ho rilevato che la vostra relazione e la risoluzione ad essa associata chiedono alla Commissione di presentare una proposta legislativa in conformità dell’articolo 192 del Trattato. Nell’ambito dell’accordo quadro, la Commissione si è impegnata a tenere conto delle eventuali richieste formulate ai sensi dell’articolo 192 del Trattato. Intendo tenere fede a tali impegni. Valuteremo nel dettaglio i suggerimenti pratici illustrati nella relazione. Voglio che i miei servizi si prendano il tempo necessario per esaminare attentamente tutte le alternative possibili al fine di fornire la soluzione più equilibrata possibile per le PMI. Una volta ultimata la valutazione d’impatto, vi riferirò i risultati e le conclusioni politiche che abbiamo tratto.

 
  
MPphoto
 
 

  Andreas Schwab, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signora Presidente, anch’io, in qualità di ex membro della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, le auguro tutto il successo possibile nell’esercizio delle sue funzioni. Se ogni Presidente sapesse mantenere la calma in Aula come ha fatto lei questa mattina, le nostre discussioni sarebbero sicuramente più costruttive, perciò non posso che esortarla a continuare lungo la stessa linea.

Posso dire al Commissario che le piccole e medie imprese sono il motore del mercato interno europeo. Possiamo continuare a ripeterlo all’infinito, ma i progressi verso la realizzazione di questo obiettivo sono spesso troppo lenti. Anch’io, dunque, mi annovero tra chi ritiene che la creazione di un quadro giuridico europeo che presti particolare attenzione agli interessi dei lavoratori autonomi e delle imprese di piccole dimensioni sia una questione estremamente importante, non da ultimo per la commissione per il mercato interno.

Dobbiamo accogliere con favore la relazione d’iniziativa dell’onorevole Lehne, anche perché manda un segnale importante alla Commissione – e, permettetemi di aggiungere, anche alla Presidenza del Consiglio – e desidero ringraziarlo per lo splendido lavoro svolto a questo proposito.

Dobbiamo essere grati che molte piccole e medie imprese operino già a livello transfrontaliero e lei, signor Commissario, ha potuto rendersene conto di persona quando ha visitato Offenburg, il mio distretto elettorale. In molti casi, però, a ostacolare il loro impegno e la loro crescita intervengono limitazioni burocratiche e la mancanza di esperienza della situazione giuridica locale, e le PMI dei nuovi Stati membri si sono finora trovate in un notevole svantaggio competitivo per questo motivo.

La possibilità di usufruire in futuro di una forma giuridica europea contestualmente alle forme giuridiche degli Stati nazionali, dunque, non serve solo a promuovere il completamento del mercato interno europeo, ma permette anche alle piccole e medie imprese di costituire più facilmente affiliate in Stati europei diversi dal loro e quindi di sviluppare le loro attività oltre i confini del proprio paese.

L’aspetto essenziale di questo strumento è che, grazie ad esso, la consulenza e i costi amministrativi che la costituzione e la gestione di un’impresa comportano possono essere notevolmente ridotti e che l’attività imprenditoriale transfrontaliera non è più disciplinata dal diritto dei singoli Stati membri.

Da un sondaggio condotto dalla Camera di commercio internazionale in Germania – posso riferirmi esclusivamente alle imprese tedesche – è emerso che le aziende erano particolarmente interessate all’istituzione di una forma giuridica europea in grado di soddisfare le esigenze delle PMI; le imprese che hanno risposto al sondaggio, inoltre, hanno affermato di ritenere la società privata europea come una “sorella minore” della società per azioni europea e hanno espresso la convinzione che tale forma giuridica debba essere essenziale, praticabile e – soprattutto – europea.

Posso pertanto dire al Commissario che ciò che il Parlamento intende dire con questa relazione è che vuole che la Commissione presenti una proposta legislativa sulla base dell’articolo 308 entro la fine dell’anno. Siamo ovviamente lieti di sentirla parlare della necessità di realizzare una valutazione d’impatto, ma ci siamo anche resi conto, sulla scorta dell’esempio di altre direttive riguardanti il mercato interno e la protezione dei consumatori, che, se esiste la volontà politica, una valutazione d’impatto può essere svolta rapidamente oppure limitata ad alcune singole questioni specifiche, per cui le chiedo di realizzare velocemente la valutazione d’impatto per arrivare quanto prima a una proposta legislativa. Vorrei anche chiedere alla Presidenza del Consiglio di occuparsi di questo fascicolo il più presto possibile e con vigore.

 
  
MPphoto
 
 

  Manuel Medina Ortega, a nome del gruppo PSE. – (ES) Signora Presidente, credo che questa sia la prima volta che ho la possibilità di parlare mentre è lei a presiedere la seduta e vorrei rivolgerle le mie congratulazioni per la sua nomina. Sono certo che assolverà il suo incarico con l’indipendenza che la contraddistingue.

In secondo luogo, desidero ringraziare l’onorevole Lehne per la sua relazione. Credo che abbia svolto un buon lavoro, ma vorrei segnalare un paio di problemi che abbiamo riscontrato.

Innanzi tutto, non credo che l’approccio seguito attualmente dalla commissione giuridica, presentando relazioni su una questione di iniziativa legislativa con un allegato che non è stato discusso a sufficienza, costituisca la giusta tecnica legislativa.

Stiamo parlando di uno stadio iniziale di proposte legislative. Stiamo semplicemente chiedendo alla Commissione di esaminare la possibilità di presentare una relazione, e credo che in questa fase dovremmo limitarci alla prima parte della risoluzione.

Non credo che l’allegato alla proposta di risoluzione sia stato discusso a sufficienza e, pertanto, non possiamo ritenere che queste conclusioni dell’allegato rispecchino effettivamente il volere della commissione giuridica.

In secondo luogo, credo che il Commissario McCreevy abbia giustamente precisato che la nostra attività legislativa non deve essere fine a se stessa – l’insuccesso che abbiamo registrato con la società per azioni europea dovrebbe farci riflettere al riguardo – e, di conseguenza, la valutazione d’impatto è chiaramente necessaria.

D’altro canto, è evidente che il Parlamento percepisce la necessità di redigere uno statuto volto a permettere alle piccole imprese di svolgere la propria attività nonché di compiere uno sforzo finalizzato al conseguimento di tale obiettivo.

Adoperandoci in tal senso, ci troviamo dinanzi ad alcune difficoltà, come ad esempio il problema della partecipazione dei lavoratori. Abbiamo avuto alcuni dissensi sul testo del considerando H. Il mio gruppo politico ha espresso alcune riserve sul modo in cui l’onorevole Lehne lo ha formulato.

Ritengo che la formulazione finale proposta dal relatore sia soddisfacente e spero che il mio gruppo possa approvarla.

In sintesi, credo che la proposta dell’onorevole Lehne sia valida. Non chiediamo alla Commissione di accettarla, ma la invitiamo a valutare questa possibilità.

Spero che il Commissario McCreevy faccia tutto il possibile affinché i desideri del Parlamento europeo in proposito diventino realtà.

 
  
MPphoto
 
 

  Sharon Bowles, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signora Presidente, vorrei innanzi tutto congratularmi anch’io con lei per la sua nomina e la gestione della sua prima discussione.

Vorrei inoltre iniziare porgendo le mie scuse al relatore poiché, pur avendo partecipato all’audizione sull’argomento, non ho potuto prendere parte al dibattito in sede di commissione e so che può risultare un poco irritante saltare poi fuori in plenaria.

Sono ampiamente favorevole all’idea sottesa alla proposta, ma nutro alcune preoccupazioni sulle quali mi auguro la Commissione farà luce durante il futuro lavoro sulla questione. Onorevole Lehne, lei ha dichiarato, nella motivazione contenuta nella relazione – affermazione che peraltro il Commissario ha poc’anzi ripreso, e che io condivido – che lo statuto dovrà concentrarsi sulle esigenze delle PMI. Tale forma giuridica, però, contempla pressoché tutte le imprese fuorché le multinazionali. A mio avviso è evidente che, se seguiremo tutte le raccomandazioni formulate nell’allegato, chi sceglierà questa opzione o ne sarà avvantaggiato apparterrà probabilmente alla categoria delle medie anziché delle piccole imprese; a usufruirne non saranno certo le imprese in fase di avviamento, come confermano i requisiti patrimoniali indicati. Non voglio che si dica: “Ecco qui la classica affermazione di una cittadina britannica che, in quanto tale, è contraria ai requisiti patrimoniali”. Riconosco che il capitale non deve essere necessariamente versato e accolgo con favore i tentativi di giungere a un compromesso in materia, ma gli effetti si faranno sentire ugualmente, soprattutto sulle piccole imprese.

Le imprese di minori dimensioni, in fase sia di avviamento sia di espansione, devono già far fronte ad abbastanza spese e difficoltà per dare garanzie prudenziali alle banche e, pertanto, non è il caso di imporre loro un ulteriore onere di aspettativa finanziaria. E, statene certi, il fatto che gli azionisti possano potenzialmente perdere 10 000 euro, pur non dovendoli versare al momento dell’iscrizione, costituisce effettivamente un ulteriore onere di aspettativa finanziaria.

Ora tutto questo potrebbe non avere alcuna importanza poiché si tratta esclusivamente di un’opzione facoltativa e, di conseguenza, chi non è favorevole allo statuto non è obbligato a utilizzarlo. Tuttavia, preferirei che, quando si avanza una proposta, questa fosse gradita, utilizzata e accessibile da parte di tutte le imprese.

Benché io abbia affermato che alcuni potrebbero essere scarsamente incentivati a scegliere questa opportunità, ciò non significa che le piccole imprese non operino a livello transfrontaliero o non aspirino a farlo. Molte piccole imprese si dedicano a importanti attività transfrontaliere e le decisioni della Corte di giustizia indicano chiaramente che sono autorizzate a farlo. Tuttavia, trattandosi di una scelta facoltativa, forse questo non ha importanza, o invece ce l’ha? Non vorrei che il nuovo statuto, introducendo un eventuale fattore di discriminazione, inducesse i consumatori a credere che, se un’azienda non è abbastanza grande da prendere in considerazione la possibilità di essere una società privata europea, non è abbastanza grande per condurre le proprie attività in Europa. Questa ipotesi sarebbe assolutamente in contraddizione con il concetto di mercato unico e con l’importanza reciproca di promuovere e favorire le piccole imprese all’interno di tale mercato. In un mercato unico, le dimensioni non devono avere importanza.

 
  
MPphoto
 
 

  Marek Aleksander Czarnecki, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signora Presidente, sono pienamente favorevole all’idea che lo statuto della società privata europea si fondi sulla legislazione comunitaria e rinunci a riferimenti alle legislazioni nazionali. L’obiettivo è creare una nuova forma giuridica per le piccole e medie imprese, che sono il motore di tutte le economie europee. Una nuova forma giuridica favorirà anche le attività transfrontaliere.

Quando si tratta di promuovere lo sviluppo del mercato interno e, di conseguenza, la crescita economica, dobbiamo tenere a mente anche le attività comuni. Se si creerà un’unica forma giuridica europea, si ridurranno i costi di consulenza. Nei diversi paesi interessati, le attività transfrontaliere non saranno più disciplinate dal diritto dei singoli Stati membri ma da un unico statuto uniforme. Per essere competitiva, un’impresa di questo tipo deve essere flessibile e in grado di adeguarsi alle esigenze del mercato, obiettivo raggiungibile offrendo a tale impresa un’ampia serie di possibilità di trasformazione.

A tale riguardo, emerge la questione dell’armonizzazione giuridica, ad esempio in merito al trasferimento transfrontaliero di sede legale. Affinché un’impresa di questo tipo possa operare con la massima efficienza sul mercato, tuttavia, deve contribuire essenzialmente a garantire la sicurezza del traffico commerciale, tutelando al contempo i creditori della società. Dobbiamo esaminare ulteriormente tali questioni.

 
  
MPphoto
 
 

  Godfrey Bloom, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signora Presidente, questa proposta mi sembra assolutamente affascinante! Ogni volta che vengo qui non posso fare a meno di sorridere. La competenza di quest’Assemblea in materia di gestione aziendale è assolutamente incredibile! Se esamino i curriculum vitae dei deputati al Parlamento europeo mi rendo conto che nessuno ha mai avuto alcuna responsabilità seria nella gestione di una piccola impresa nella sua vita! Le conoscenze di noi tutti sull’argomento sono impressionanti!

Nel 1992 ho avviato una piccola impresa. Ci ho pensato su e ho acquistato alcuni vecchi mobili di seconda mano. Riflettendo con la matita in bocca, mi sono chiesto: “Povero me, che cosa ho fatto? Ho lasciato una grande società, e adesso cosa farò?”. Quell’azienda ora ha succursali a Hong Kong, nel Jersey, nelle Isole Normanne e in Sudafrica, nonché a Londra e a York, che è il mio distretto elettorale.

Sinceramente non credo che potrei rifare tutto da capo. I regolamenti sono davvero troppi, è incredibile. Se si vogliono effettivamente incentivare le piccole imprese nell’Unione europea, e in particolare nel Regno Unito, suggerisco ai presenti e alla Commissione di tenere i loro maledetti nasi fuori dalle faccende altrui e di smettere di cercare di dirci come dovremmo gestire le nostre imprese! Lasciate che siamo noi a occuparcene, perché altrimenti sempre più aziende si trasferiranno a Dubai, alle Bermuda e nelle Isole Normanne; per quanto mi riguarda, date le circostanze, sto trasferendo metà della mia attività nelle Isole Normanne.

Consiglio a voi e alla Commissione di tenere i vostri nasi malinformati fuori dalle piccole imprese!

 
  
MPphoto
 
 

  Ashley Mote, a nome del gruppo ITS. – (EN) Signora Presidente, questa relazione è una contraddizione in termini. I governi non possono microgestire le imprese. Da quando in qua l’Unione europea avvia iniziative che migliorano il commercio, riducono i costi, diminuiscono la burocrazia, generano nuova ricchezza, creano occupazione e incentivano l’imprenditorialità? Quando mai lo ha fatto? La maggior parte dei governi può sperare di contribuire alla crescita economica solo eliminando gli ostacoli e creando un ambiente di libera iniziativa. I governi dovrebbero favorire lo sviluppo individuale e imprenditoriale e poi fare un passo indietro.

Il Regno Unito ha un deficit enorme, permanente e in costante aumento con l’Unione europea. Qualcuno dei presenti crede davvero che, controllando il diritto societario che disciplina le attività delle PMI, l’Unione europea cambierà o modificherà la situazione? Pensate davvero che ciò sia possibile, soprattutto se si considera che queste proposte si basano sul concetto tedesco e francese di mercato sociale?

Condivido le affermazioni appena formulate dall’onorevole Bloom. Quanti di voi hanno avviato una nuova impresa a proprio rischio, creando posti di lavoro, finanziandola di tasca propria e gestendola efficacemente per, diciamo, vent’anni? Quanti di voi lo hanno fatto? Quanti membri della commissione in questione lo hanno fatto? Quanti di voi sanno che cosa occorre per avviare una nuova impresa nel Regno Unito? D’accordo, ve lo dirò io. Con meno di cento sterline e una decina di minuti al telefono, potete svolgere la vostra attività ovunque. Confrontate questa situazione con le vostre proposte. Nel Regno Unito abbiamo secoli di diritto societario alle spalle, grazie molte. E funziona alla perfezione. Abbiamo anche piccole e medie imprese che conducono attività commerciali in tutto il mondo e anch’esse se la cavano egregiamente. La maggior parte dei loro incubi è dovuta agli incauti tentativi passati dell’UE, che voleva “aiutarle” con il commercio sul Continente. Buona parte di tale “aiuto” interferisce semplicemente con le loro attività e l’idea di ricevere un ulteriore “aiuto” verrà accolta con orrore.

Nel corso degli anni l’UE è stata artefice di veri e propri capolavori in fatto di conseguenze indesiderate. Potrei citare la direttiva sull’orario di lavoro, che ha finalmente dimostrato a un’impresa di mia conoscenza la follia patologica dell’Unione europea, per poi passare all’accento posto sulla parità di condizioni, che è l’antitesi stessa della ricchezza e della creazione di posti di lavoro, le quali dipendono in tutto e per tutto dall’esistenza di differenze. Ora è la volta della concessione di licenze a operatori economici autorizzati, che avvantaggia enormemente chi possiede i requisiti adatti e pregiudica tutti gli altri con un carico aggiuntivo di costi e burocrazia. Anche il governo socialista britannico ha capito che questa proposta è una costosa e pericolosa assurdità e il suo posto è nella pattumiera.

 
  
MPphoto
 
 

  Małgorzata Handzlik (PPE-DE). – (PL) Signora Presidente, desidero ringraziare il relatore per avere elaborato una relazione molto valida e dettagliata. A mio parere questo documento invia un messaggio importante alle piccole e medie imprese, poiché indica che il loro sviluppo e le loro attività sul mercato comune europeo diventeranno presto molto più semplici. Questo documento manda anche un altro messaggio alle PMI, ossia che i legislatori europei riconoscono il ruolo delle piccole e medie imprese all’interno del mercato dell’Unione e stanno compiendo uno sforzo per migliorare la loro situazione.

Il principale obiettivo delle nostre attività nell’ambito del mercato comune deve essere la creazione di una situazione ottimale che permetta alle imprese europee che decidono di trasferirsi da un paese a un altro o di creare filiali in vari Stati europei di non essere intralciate da un’inutile burocrazia o da ostacoli commerciali e tecnici. Tali imprese dovrebbero potersi trasferire all’interno dell’Unione europea con la stessa facilità con cui potrebbero farlo entro i confini del loro paese. Tutte le imprese devono poter operare sulla base degli stessi principi nell’intera Unione europea. Solo allora si potrà davvero parlare di un mercato comune europeo vantaggioso per tutti.

La relazione Lehne costituisce un ulteriore passo avanti nello sviluppo di una legislazione volta a rafforzare l’efficienza delle attività del settore delle PMI sul mercato comune. Senza dubbio, le sue implicazioni contribuiranno significativamente a incrementare l’attività economica delle imprese europee e, di conseguenza, a migliorare la vita di noi tutti e a conseguire uno degli obiettivi dell’agenda di Lisbona. In realtà, in passato anch’io sono stata un’imprenditrice. Ho gestito la mia azienda per 15 anni, dando lavoro a circa 100 persone. Conosco benissimo i problemi cui devono far fronte gli imprenditori e sono convinta che la proposta di sviluppare uno statuto della società privata europea rappresenti un’ottima e indispensabile soluzione per le aziende che operano a livello transfrontaliero.

Tuttavia, è importante procedere con cautela e imparare dagli errori commessi nell’elaborazione dello statuto della società per azioni europea. Le imprese di questo tipo non soddisfano appieno il ruolo di società europee a causa dell’ampio numero di riferimenti al diritto nazionale. Lo statuto della società privata europea deve quindi basarsi essenzialmente sul diritto comunitario e rinunciare a riferimenti alle legislazioni nazionali. Da tale approccio scaturiranno un testo e disposizioni giuridiche più uniformi, nonché certezza del diritto, che è fondamentale per gli imprenditori. Dobbiamo fare tutto il possibile per garantire la massima uniformità dello statuto e fare in modo che contenga un numero limitato di riferimenti alle legislazioni nazionali, basandosi invece il più possibile sulle norme comunitarie.

 
  
MPphoto
 
 

  Andrzej Jan Szejna (PSE). – (PL) Signora Presidente, in primo luogo desidero ringraziare l’onorevole Lehne, il relatore, per tutto il lavoro che ha svolto su una questione di vitale importanza per il futuro dell’integrazione europea e lo sviluppo della cooperazione economica nel quadro del mercato interno. Per quanto riguarda il mercato interno, la situazione attuale è che disponiamo già di una società per azioni europea, che interessa il segmento delle grandi società di capitali. E’ pertanto essenziale creare anche una forma giuridica che agevoli le attività transfrontaliere delle piccole e medie imprese.

E’ importante ricordare che le PMI sono il motore principale dell’economia europea, nonché la principale fonte di occupazione per i cittadini europei. Si devono pertanto compiere ulteriori sforzi per rafforzare le attività economiche avviate da queste imprese. Tuttavia, dobbiamo esaminare attentamente le nuove soluzioni giuridiche che proponiamo ai nostri imprenditori. Dobbiamo imparare dall’esperienza acquisita con l’introduzione della forma giuridica della società europea sul mercato comune. L’elaborazione dello statuto ha richiesto molto tempo ed è stata frutto di un compromesso. In realtà, il compromesso finale non si è rivelato del tutto soddisfacente. Dobbiamo quindi fare tesoro dei nostri errori, come ha suggerito poc’anzi l’onorevole Handzlik.

Lo statuto della società privata europea deve essere, per quanto possibile, una forma giuridica europea uniforme. Deve favorire la semplificazione dei principi di costituzione e organizzazione. Sarà importante mantenere un equilibrio tra tutela dei creditori, organizzazione aziendale flessibile e sicurezza degli scambi commerciali. Per proteggere la flessibilità di tali imprese, si devono prevedere possibilità di trasformazione societaria, quali la fusione e il trasferimento di sede legale. Pertanto, è assolutamente giustificato che l’iniziativa del Parlamento europeo formuli raccomandazioni alla Commissione sullo statuto della società privata europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk (UEN). – (PL) Signora Presidente, l’elaborazione di uno statuto della società privata europea è un progetto fondamentale per l’accelerazione della crescita economica dell’Unione europea per molte ragioni.

Primo, in termini di crescita del PIL, il tasso di crescita economica degli Stati Uniti è oltre il doppio di quello dell’Unione europea, e questa situazione persiste da molti anni. Il tasso di crescita economica dei paesi del sudest asiatico, inoltre, è di molte volte superiore a quello dell’Unione. Secondo, sono ancora presenti molte barriere all’interno del mercato comune creato dalla libera circolazione di capitali, beni e servizi. Terzo, il progetto di statuto della società privata europea è rivolto alle piccole e medie imprese, che sono la pietra miliare delle economie di tutti gli Stati membri dell’Unione europea. Quarto, una società privata europea sarebbe uno strumento molto utile per l’attuazione della strategia di Lisbona, che attribuisce grande importanza all’eliminazione degli ostacoli allo sviluppo dell’imprenditoria europea.

Queste ragioni giustificano di per sé lo sviluppo di uno statuto della società privata europea. Tuttavia, è importante non ripetere gli errori commessi nell’elaborazione dello statuto della società per azioni europea. Il mercato si è rifiutato di accogliere la società europea come forma societaria, nonostante il lungo e complicato processo che lo sviluppo di questo statuto ha comportato. Occorre dunque adoperarsi affinché lo statuto della società privata europea contenga il minor numero possibile di riferimenti alle legislazioni nazionali dei singoli Stati membri, in modo tale che possa essere relativamente flessibile e fornire sicurezza tanto agli imprenditori quanto agli appaltatori.

 
  
MPphoto
 
 

  Achille Occhetto (PSE). – Signora Presidente, onorevoli colleghi, questa proposta legislativa sullo statuto della società privata europea è molto importante. E’ infatti fondamentale non solo eliminare gli ostacoli al commercio ma anche sviluppare il fattore di produzione a livello comunitario. A tal fine si rende necessario, indubbiamente, creare soggetti giuridici unitari per superare l’incertezza giuridica attuale.

Non va però dimenticato che la riforma del diritto societario, oltre a perseguire la trasparenza dei mercati e la tutela dei risparmiatori, avrà un’incidenza diretta sul futuro del modello sociale europeo. Se quindi è obiettivo legittimo consentire la piena mobilità alle imprese per sfruttare i vantaggi del mercato unico, ciò deve però avvenire con l’individuazione di diritti dei lavoratori che abbiamo pari qualità di transnazionalità.

A tale ratio rispondevano alcuni emendamenti da me presentati, e in parte accolti, che erano volti alla salvaguardia dei diritti di cogestione, informazione e consultazione esistenti al momento della trasformazione di una società in società privata europea. Si tratta di una correzione rilevante per una più vigile attenzione agli aspetti inerenti a quel rafforzamento dell’Europa sociale, che deve avere nella partecipazione dei lavoratori uno dei suoi fulcri fondamentali.

Approviamo pertanto questa importante proposta e ringraziamo l’on. Lehne per il lavoro svolto, con l’avvertenza che rivolgiamo alla Commissione che, se è obiettivo legittimo consentire la piena mobilità alle imprese per sfruttare i vantaggi del mercato unico, ciò deve però avvenire senza che le ragioni del mercato vadano a scapito di quelle dell’equità sociale.

 
  
MPphoto
 
 

  Charlie McCreevy, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, vorrei ringraziare sentitamente tutti i deputati per le osservazioni formulate su questo importante argomento. La crescita delle piccole e medie imprese è fondamentale per la competitività dell’economia europea. E’ dunque necessario agevolare l’espansione di queste piccole imprese e, a tal fine, può essere importante esaminare la forma giuridica delle società che operano a livello transfrontaliero.

Terrò presente la relazione dell’onorevole Lehne che, basandosi sull’articolo 192 del Trattato, richiede un rapido intervento da parte nostra. Tuttavia, se anche non si fosse basata su tale articolo, me ne sarei comunque occupato con la massima rapidità possibile, ve lo garantisco.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – Commissario, desidero ringraziarla per la sua partecipazione alla discussione.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà oggi, alle 11.30.

 
  
MPphoto
 
 

  Dominique Vlasto (PPE-DE). – (FR) La creazione dello statuto della società privata europea gode del sostegno sia degli Stati membri che dell’industria, e mi congratulo con l’onorevole Lehne per l’ottima relazione e le sue pragmatiche raccomandazioni.

Sono assolutamente favorevole alla creazione di questo statuto per almeno due ragioni. Primo, perché l’adozione di questo statuto contribuirà a eliminare uno degli ostacoli alla mobilità delle PMI. Troppo spesso i fondatori di imprese esitano ad avviare attività commerciali perché non capiscono molto bene l’ambiente giuridico, soprattutto quando si trasferiscono in un altro Stato membro.

Secondo, questo statuto ci permetterà di rafforzare considerevolmente la trasparenza giuridica e, pertanto, di accrescere la fiducia tra i vari operatori economici. La fiducia, infatti, è fondamentale nelle relazioni commerciali ed è alla base di un’economia fiorente.

Sono dunque favorevole alla relazione Lehne, con un’eccezione: la sua raccomandazione n. 7. Includere comportamenti giuridicamente riprovevoli nello statuto della società privata significherebbe modificare il Titolo VI del Trattato e complicare inutilmente il collegamento tra lo statuto e i nostri diritti nazionali.

A mio avviso, quindi, questa disposizione contrasta con gli obiettivi dello statuto della società privata europea: legiferare meglio e semplificare la vita degli imprenditori europei.

 

4. Accordo sugli appalti pubblici (AAP) (discussione)
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca l’interrogazione orale (O-0128/2006 – B6-0450/2006) dell’onorevole Daniel Varela Suanzes-Carpegna, a nome della commissione per il commercio internazionale, alla Commissione sulla rinegoziazione dell’Accordo sugli appalti pubblici (AAP).

 
  
MPphoto
 
 

  Daniel Varela Suanzes-Carpegna (PPE-DE), autore. – (ES) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, la nostra interrogazione orale sulla rinegoziazione dell’accordo sugli appalti pubblici, che terminerà il prossimo mese di marzo, si deve al fatto che ci troviamo in un momento cruciale. Inoltre, tenuto conto dell’importanza di detto accordo e del suo periodo di validità, che sarà di nuovo di dieci o dodici anni, diventava necessario discuterne qui in Parlamento con la Commissione.

I mercati degli appalti pubblici stanno acquisendo un’importanza crescente nel mondo, per il loro volume, che può arrivare fino al 25 per cento del PIL mondiale e, inoltre, perché per l’Unione europea rappresentano un vantaggio comparativo, dato che in questo settore, al momento, possiamo essere competitivi rispetto alla concorrenza che subiamo da altri paesi in altri settori, come l’agricoltura e l’industria. Pertanto, se vogliamo adattarci alla globalizzazione, è importante che l’Unione europea sviluppi i settori nei quali può essere competitiva a livello internazionale e, in questo modo, crei condizioni giuste e favorevoli per le imprese europee.

Nella maggior parte dei paesi questi mercati sono riservati alle imprese nazionali, il che costituisce una delle principali barriere non doganali al commercio internazionale. Sono due gli aspetti di questa rinegoziazione che desidero evidenziare in modo particolare. In primo luogo, l’ampliamento geografico di questo accordo, con l’ingresso di importanti attori, come la Cina e i paesi in via di sviluppo, e, in secondo luogo, la necessità di assicurare che esistano condizioni giuste, equilibrate e reciproche per le imprese dei diversi paesi.

Per quanto riguarda il primo punto, la validità di questo accordo sugli appalti pubblici è tanto maggiore quanto maggiore è la sua copertura geografica. Il Parlamento desidera quindi sapere se vi siano nuovi paesi interessati ad aderire a breve termine all’accordo e, in particolare, se possiamo aspettarci impegni sostanziali da parte della Cina riguardo all’apertura dei suoi mercati pubblici. Non dimentichiamo che la Cina si è impegnata ad aprire il suo mercato degli appalti pubblici – che rimane in gran parte chiuso, o con requisiti inaccettabili per le imprese europee – e ad avviare nel 2008 negoziati di adesione all’accordo sugli appalti pubblici, dopo il suo ingresso nell’Organizzazione mondiale del commercio.

In secondo luogo, per quanto riguarda le condizioni di equità e reciprocità, dobbiamo ricordare che i mercati pubblici dell’Unione europea sono già molto aperti alla concorrenza internazionale. Ciò presenta considerevoli vantaggi per gli enti pubblici appaltanti, poiché tale apertura offre loro una maggiore possibilità di scelta e quindi maggiori possibilità di reperire beni e servizi di migliore qualità a minore costo. D’altro lato, non dimentichiamo che le imprese europee possono esserne danneggiate nei casi in cui si preferiscano le loro concorrenti straniere.

La direzione seguita dall’Unione nella sua politica commerciale è quella di una maggiore apertura dei mercati internazionali in tutti i loro aspetti; pertanto la soluzione non è quella di chiudere i mercati pubblici alle imprese straniere. Per questo motivo abbiamo il diritto legittimo di chiedere che le nostre imprese godano di condizioni simili di accesso ai mercati pubblici dei nostri principali partner commerciali, le cui imprese possono già accedere ai nostri mercati pubblici. Tuttavia, attualmente non è così, dato che i nostri partner commerciali hanno assunto impegni molto limitati in confronto a quelli dell’Unione europea.

Anche il Commissario Mandelson ha fatto riferimento a questo squilibrio nella sua comunicazione su un’Europa competitiva in un’economia globalizzata. In tale documento suggerisce la possibilità di introdurre restrizioni concrete all’accesso a certe sezioni dei mercati pubblici dell’Unione, al fine di indurre i nostri partner commerciali ad aprire reciprocamente i loro mercati.

Detto questo, considero opportuna – e più che appropriata – la presentazione a nome della commissione per il commercio internazionale di questa interrogazione orale alla Commissione europea, affinché questa ci illustri la sua strategia nella rinegoziazione dell’accordo. Ripeto che ci troviamo in un momento cruciale, per la necessità di giungere a un accordo nelle prossime settimane.

In che modo la Commissione difenderà gli interessi delle imprese europee nei mercati dei settori nei quali siamo altamente competitivi, come i trasporti, l’energia o le opere pubbliche, nel quadro dell’obiettivo di proseguire in direzione di una maggiore apertura commerciale, e non viceversa? E, in questo stesso contesto, come considera la situazione delle PMI europee, già di per sé svantaggiate rispetto alle grandi imprese, nonché alla situazione delle PMI di altri paesi i cui governi riservano loro una quota dei contratti pubblici, come avviene negli Stati Uniti?

Data la mancanza di reciprocità, la situazione svantaggiosa per le PMI europee e l’importanza attribuita a queste ultime nei principali obiettivi della strategia di Lisbona, chiediamo che la Commissione esiga dalle altre parti negoziali che rinuncino alle proprie eccezioni o, se ciò non è possibile, che accettino l’applicazione da parte nostra di un’eccezione dello stesso tipo a vantaggio delle PMI europee. In ogni caso, dobbiamo raggiungere quella reciprocità che attualmente manca, a danno delle imprese europee.

Chiedo pertanto alla Commissione che ci informi sullo stato di questi negoziati, in particolare sui temi che ho evidenziato e ai quali si riferisce il testo dell’interrogazione, e anche che prenda nota delle preoccupazioni espresse dal Parlamento europeo e ne tenga conto nei negoziati a Ginevra.

 
  
MPphoto
 
 

  Charlie McCreevy, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, la questione della rinegoziazione dell’accordo OMC sugli appalti pubblici, noto come AAP, è importante per l’Europa poiché dovrebbe fornire alle nostre imprese future opportunità al di fuori della Comunità. Dopo molti anni di negoziati lunghi e difficili, lo scorso dicembre le parti contraenti dell’AAP hanno raggiunto un’intesa provvisoria su un nuovo testo riveduto. Lo considero un risultato notevole nell’attuale contesto del Doha Round. Dimostra che sussiste la volontà politica di raggiungere un’intesa su questioni sensibili.

Il nuovo testo offre maggiore chiarezza e trasparenza, nonché migliori garanzie per la parità di trattamento nelle procedure di appalto. Include, per la prima volta, disposizioni per lo svolgimento di gare d’appalto per via elettronica.

La Comunità europea ha svolto un ruolo importante durante i negoziati. L’accordo esistente è squilibrato, sia in termini di garanzie procedurali sia di copertura. I nostri principali obiettivi erano colmare le lacune ed eliminare le ambiguità.

Volevamo ottenere migliori garanzie giuridiche per i nostri fornitori, simili a quelle offerte dal nostro regime interno. Nel contempo abbiamo cercato di rendere il nuovo accordo più invitante per i paesi in via di sviluppo attraverso nuove misure specifiche. L’accordo finale sul nuovo testo è subordinato a un esito soddisfacente dei negoziati in corso per l’accesso ai mercati. Anche in questo caso dobbiamo riequilibrare la situazione a favore della Comunità. La copertura attualmente offerta dai nostri partner dovrebbe quindi essere estesa allo stesso livello offerto dalla Comunità e dovrebbe inoltre essere più uniforme.

Noi tutti vogliamo un migliore accesso per le nostre imprese ai mercati degli appalti dei paesi terzi. Il Consiglio ha sottolineato nelle sue recenti conclusioni sulla comunicazione della Commissione “Europa globale: Competere nel mondo” che dobbiamo realizzare ulteriori miglioramenti nell’accesso ai mercati con i nostri principali futuri partner commerciali, in particolare negli appalti pubblici.

La Comunità ha presentato una richiesta e un’offerta esaustive che daranno alle altre parti contraenti dell’AAP tutti gli incentivi necessari per offrire ulteriori significative opportunità di appalto. Se non dovessimo ottenere un miglioramento sostanziale dalle altre parti contraenti dell’AAP, esamineremo l’opportunità di adottare le misure necessarie per adeguare di conseguenza gli impegni della Comunità nel nuovo AAP.

In assenza di un migliore accesso per l’Unione europea ai mercati degli appalti di paesi terzi, il Commissario Mandelson e io stiamo riflettendo su uno strumento di apertura dei mercati per potenziare l’accesso dell’UE.

La situazione delle nostre PMI certamente merita particolare attenzione. Esse trarranno beneficio in modo specifico dal nuovo testo, con l’introduzione di regole in materia di appalti elettronici e, se i negoziati saranno completati con successo, l’abbassamento delle soglie di alcune parti. Comunque, vorrei ricordarvi che l’accordo riguarda contratti d’appalto di entità piuttosto grande, conclusi principalmente da grandi imprese. Le PMI hanno certamente un importante ruolo da svolgere, ma soprattutto come subappaltatori. Per questa ragione abbiamo chiesto ai nostri partner dell’AAP che attualmente mantengono deroghe specifiche per le rispettive PMI nazionali di rinunciarvi.

Riguardo alle prospettive di estendere la portata geografica dell’accordo, sono in fase di adesione otto membri dell’OMC. Fra questi, la Giordania è nella fase più avanzata. La Cina ha indicato che avvierà i negoziati di adesione a dicembre di quest’anno e, dopo la mia visita dell’anno scorso, stiamo già preparando questa importante adesione. Come è già stato detto, la Comunità ha insistito per ottenere disposizioni migliori in materia di trattamento speciale e differenziato per i paesi in via di sviluppo. A mio avviso abbiamo conseguito un buon risultato con nuove regole ad hoc che tengono pienamente conto delle loro specifiche necessità.

Sono fiducioso che, se otterremo i risultati attesi, questo nuovo accordo costituirà una pietra miliare per il commercio internazionale e creerà nuove opportunità per le nostre imprese.

 
  
MPphoto
 
 

  Jean-Pierre Audy, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, desidero prima di tutto congratularmi con l’esimio collega, onorevole Daniel Varela Suanzes-Carpegna, e ringraziarlo per aver presentato, a nome della commissione per il commercio internazionale, questa interrogazione orale relativa ai negoziati in corso all’Organizzazione mondiale del commercio sulle regole di accesso agli appalti pubblici. E’ necessario, signor Commissario, ottenere deroghe per le piccole e medie imprese.

L’argomento di cui discutiamo oggi è una questione cruciale per la crescita e l’occupazione in Europa. Le regole dell’OMC in materia di commercio di beni e servizi non si applicano agli acquisti effettuati da uno Stato per proprio uso, vale a dire agli appalti pubblici. Per questa ragione, a margine degli accordi di Marrakech dell’aprile 1994, alcuni paesi hanno firmato, su base volontaria, un allegato specifico contenente un accordo sugli appalti pubblici. Tutti i grandi paesi firmatari di questo accordo – Canada, Corea, Stati Uniti, Giappone – eccetto l’Unione europea, hanno escluso dall’offerta gli appalti riservati alle loro PMI. Questo squilibrio è inaccettabile e gli appalti così esclusi sono proprio quelli che interessano le nostre piccole e medie imprese, mentre le PMI di questi paesi hanno accesso senza restrizione a tutti i nostri appalti pubblici.

Le nostre PMI sono quindi sottorappresentate per quanto concerne gli appalti pubblici e dobbiamo lanciare un ampio dibattito sulle origini di questa sottorappresentanza. Bisogna rimediare a questo squilibrio ottenendo una deroga in favore delle PMI europee per quel che riguarda gli appalti pubblici. Non possiamo accettare simili distorsioni.

Onorevoli colleghi, signor Commissario, al di là di questo negoziato, è in gioco la volontà dell’Unione europea di offrire alle piccole e medie imprese l’ambiente favorevole di cui hanno bisogno e di utilizzare l’accesso agli appalti pubblici come una straordinaria leva per la crescita e l’occupazione; è anche in gioco la necessità di garantire, in seno all’Unione europea, la certezza giuridica tra il sistema giuridico internazionale, il diritto europeo e i diritti nazionali. Non si tratta di protezionismo, al contrario, si tratta di aumentare l’offerta avendo più imprese a soddisfare la domanda.

Signor Commissario, oggi sul pianeta esistono tre aree: l’Asia, escluso il Giappone, con paesi poveri ma a crescita forte; gli Stati Uniti, paese ricco e a crescita forte, e l’Europa, con paesi ricchi ma a crescita debole. Dobbiamo riflettere. Nel momento in cui abbiamo regolamentato il mercato interno votando la direttiva sui servizi, abbiamo costruito questo mercato interno sulle leggi della concorrenza e l’Unione europea si è interessata molto ai consumatori. Oggi dobbiamo interessarci ai produttori. A nostro avviso, la rinegoziazione dell’accordo multilaterale sugli appalti pubblici attualmente in corso in seno all’OMC costituisce una formidabile opportunità per agire e riflettere sul ruolo delle PMI riguardo all’accesso agli appalti pubblici.

Dobbiamo, signor Commissario, dare al mercato interno la buona notizia di uno Small Business Act europeo che includa la logica dell’economia sociale di mercato. Il dibattito è aperto e ne sono contento.

 
  
MPphoto
 
 

  Erika Mann, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signora Presidente, è un piacere vederla presiedere la seduta.

L’aspetto interessante e affascinante di questa discussione è che stiamo parlando di un accordo plurilaterale di carattere molto specifico. Naturalmente fa parte del quadro multilaterale, ma, data la sua natura plurilaterale, consente una flessibilità molto maggiore agli Stati membri firmatari dell’accordo.

Riguardo a questo aspetto, e poiché ricorre il suo decimo anniversario, il Commissario può dirci qualcosa in proposito? In particolare, vorremmo sapere come funzionava in passato, se ne è soddisfatto e se pensa che sia un impegno utile che vale la pena di rinegoziare. Benché non faccia parte del suo portafoglio, ritiene che valga la pena di rinegoziare anche l’accordo sulle telecomunicazioni, anch’esso ormai vecchio di dieci anni?

Riguardo all’accordo sugli appalti pubblici – menzionato dall’onorevole Audy – siamo molto preoccupati per le PMI, perché sappiamo per esperienza che incontrano sicuramente molte più difficoltà nell’accedere ai mercati internazionali. Cosa intende fare in proposito la Commissione oltre a ciò che è stato fatto in passato?

La Cina è motivo di grande preoccupazione. Siamo lieti che la Cina faccia parte dell’ambiente globale, ma mette molta pressione su alcune imprese. Dunque, quando la Cina diverrà parte contraente dell’accordo plurilaterale, quali misure di salvaguardia intende mettere in atto il Commissario per salvaguardare gli interessi delle imprese e dei lavoratori europei? In che misura tale azione fa parte dell’Europa globale? In che misura si collega al nuovo approccio della Commissione che conclude accordi bilaterali diversi e cosa farà parte di tale collegamento?

Riguardo ai servizi di interesse generale, di nuovo, come intende il Commissario garantire che gli interessi europei saranno salvaguardati? Il Commissario può dirci qualcosa di più al riguardo? E’ un argomento che non ha toccato.

Infine, può il Commissario assicurarci che il Parlamento sarà tenuto informato? Può promettere che anche la commissione per il commercio internazionale, che proprio questa mattina ha eletto il suo nuovo presidente, sarà tenuta informata?

 
  
MPphoto
 
 

  Ryszard Czarnecki, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signora Presidente, è quanto mai opportuno che oggi il Parlamento affronti la questione della maggiore liberalizzazione dei mercati degli appalti pubblici e considero deplorevole che sia mancata la stessa determinazione quando abbiamo discusso la liberalizzazione dei servizi nel nostro continente. Essenzialmente, le questioni sono le stesse. E’ giusto pensare di estendere la portata geografica dell’AAP ed è un peccato che non abbiamo colto l’occasione di approfondire significativamente il nostro mercato dei servizi alcuni mesi fa.

In entrambi i casi non si tratta solo di misure volte ad agevolare il funzionamento delle maggiori imprese europee. Un particolare accento viene posto sulla promozione degli interessi delle piccole e medie imprese. Per quanto mi riguarda, sono favorevole ai negoziati intesi a siglare un contratto che ci consenta di prendere parte al mercato cinese degli appalti pubblici, ma è altresì importante tenere presente le reali opportunità di partecipazione al mercato europeo per l’altra parte, come ha appena menzionato l’onorevole Mann. Per quanto concerne i nostri partner cinesi, vi sono due lati della medaglia e mi sembra che dovremmo prendere anche in considerazione le specifiche sfide esistenti per il mercato europeo in questo campo.

 
  
MPphoto
 
 

  Caroline Lucas, a nome del gruppo Verts/ALE. – (EN) Signora Presidente, congratulazioni! Sono molto lieta di vederla alla Presidenza.

Signor Commissario McCreevy, anch’io vorrei cominciare parlando di come offrire il migliore sostegno possibile alle piccole e medie imprese. Sono molto lieta che a quanto sembra tutti i gruppi politici al Parlamento europeo siano interessati alla questione. E’ una preoccupazione che, a mio giudizio, tutti condividiamo.

Vorrei chiedere prima di tutto qualche chiarimento sulle osservazioni fatte dal ministro francese del Commercio, Christine Lagarde, quando la settimana scorsa si è rivolta alla nostra commissione per il commercio internazionale. Il ministro Lagarde ha parlato molto appassionatamente e giustamente, a mio parere, dell’importanza di difendere le piccole e medie imprese in Europa. Tuttavia, lei, signor Commissario, sembra avere un parere molto diverso riguardo al ruolo delle PMI e al miglior modo di sostenerle.

E’ essenziale garantire un migliore accesso ai contratti degli appalti pubblici per le piccole e medie imprese innovative. Le PMI rappresentano 75 milioni di posti di lavoro nell’Unione e il 50 per cento dell’RNL comunitario e sono una componente vitale per la prosperità delle economie locali e regionali in tutta l’UE.

Ma sembra che la Commissione stia rinunciando volontariamente al diritto di sostenere le proprie PMI. Ci sono già cinque paesi – Canada, Stati Uniti, Israele, Giappone e Corea del Sud – che introdurranno nelle rispettive legislazioni disposizioni mirate a concedere un accesso privilegiato alle PMI negli appalti pubblici, eppure l’UE, stranamente, ha deciso che non ha interesse a difendere le proprie PMI.

Dunque, signor Commissario, davvero può giustificare questa posizione? Il fatto che l’Unione europea rinunci al diritto di offrire condizioni di parità che permetterebbero alle PMI di godere di pari opportunità per competere come le grandi multinazionali sembra al tempo stesso assurdo e inaccettabile. Sicuramente anche noi dovremmo avvalerci della rinegoziazione dell’AAP a Ginevra per abbattere le barriere dell’OMC che impediscono agli Stati membri di applicare, se lo desiderano, una misura di accesso privilegiato per le PMI. Anche noi dovremmo batterci per ottenere deroghe nel quadro dell’AAP riveduto per poter introdurre misure preferenziali, e così facendo stiamo semplicemente ripristinando la parità di trattamento, per evitare che siano solo le grandi multinazionali a godere di tutti i vantaggi.

Mi rammarico moltissimo anche del fatto che non abbiamo realmente avuto l’opportunità di svolgere in precedenza un dibattito in Europa per verificare se sia opportuno cercare di estendere agli appalti pubblici le norme del commercio internazionale. Molti diranno che gli appalti pubblici hanno poco o nulla a che vedere con le tradizionali questioni del commercio, delle tariffe e delle quote, e che si tratta di un settore inaccettabile da negoziare in sede di OMC, perché assoggettare gli appalti pubblici a livello nazionale, locale o regionale a regole indifferenziate a livello globale sulle modalità di spesa dei fondi dei contribuenti distrugge, a mio parere, le ragionevoli aspettative dei cittadini che sperano di poter contare su una certa responsabilità democratica sul modo in cui viene speso il loro denaro. Essenzialmente, il denaro dei contribuenti è diverso dai fondi privati, delle imprese, e i cittadini si aspettano giustamente di avere il diritto, ad esempio, di esercitare pressioni finalizzate a tagliare la spesa a favore di imprese che svolgevano attività commerciali in Sudafrica quando vigeva la segregazione razziale, o a escludere imprese che hanno comportamenti scorretti nei confronti della forza lavoro o dell’ambiente.

Io credo che abbiamo un ruolo veramente importante da svolgere nel difendere l’approvvigionamento e gli appalti locali come strumento vitale dell’occupazione locale e della politica industriale.

 
  
MPphoto
 
 

  Helmuth Markov, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signora Presidente, vive congratulazioni per la sua elezione. Signor Commissario, l’accordo sugli appalti pubblici si è applicato finora solo agli Stati dell’OCSE e la loro spesa per contratti pubblici in relazione a forniture di beni, servizi e opere di costruzione è compresa tra il 10 e il 25 per cento del PIL.

La Cina sta ora considerando la possibilità di unirsi a loro. La rinegoziazione attualmente in corso mira, in generale, ad ampliare la portata dell’accordo, che acquisirebbe così, ovviamente, un’importanza enormemente maggiore in termini dello scambio internazionale di beni e servizi.

Mentre nel processo di revisione la Commissione deve certamente cercare di migliorare la trasparenza e combattere la corruzione negli appalti pubblici internazionali, le urgenti sfide ambientali implicano la necessità di dare una priorità elevata alla sostenibilità ecologica nel settore pubblico e questo significa, a mio giudizio, che è necessaria una normativa in materia. Ad esempio, deve essere legale e legittimo, nell’assegnazione di contratti pubblici, dare la preferenza a beni e servizi ecologici, anche se risultassero in misura minima più costosi.

Una domanda cruciale è come rapportarsi ai paesi in via di sviluppo. Occorre fare in modo che gli appalti pubblici, come le altre questioni di Singapore, siano trattati in modo assolutamente indipendente dagli attuali negoziati di sviluppo del Doha Round: tale necessità è stata espressa con molta chiarezza dai paesi in via di sviluppo a Cancún.

Il documento di cui stiamo parlando – quello che deve essere rinegoziato – può di fatto essere applicato solamente a partner di forza comparabile, perciò considero piuttosto problematica l’idea di non discriminazione o reciprocità, che mi sembra ancora una volta tenda a trattare esattamente allo stesso modo i paesi altamente industrializzati e i paesi in via di sviluppo, idea che non funziona.

Le disposizioni proposte per i paesi in via di sviluppo, che comportano un periodo di transizione di tre anni – o cinque per i paesi meno sviluppati – sono del tutto inadeguate per convincerli a firmare l’accordo. Penso che una conseguenza deplorevole di questo fatto sia che molti dei paesi in questione staranno alla larga dall’accordo, cosa che in linea di principio considero un peccato, trattandosi di un approccio plurilaterale.

 
  
MPphoto
 
 

  Graham Booth, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signora Presidente, la discussione che stiamo svolgendo su questa interrogazione orale è una perfetta sintesi di ciò che non va nell’Unione europea. In primo luogo, dobbiamo trattare con l’OMC per il tramite di un uomo che rappresenta nientemeno che 27 nazioni, il quale non ha alcun mandato popolare e alla luce del suo passato nella politica britannica non sarebbe stato scelto nemmeno per gestire una festa di paese. Io non voglio che un rappresentante dell’Unione europea parli per il mio paese all’OMC. Voglio un rappresentante del governo di Sua Maestà che non solo conosca il mio paese, ma che se ne preoccupi anche.

C’è poi l’intera questione delle licitazioni concorrenziali. La Cina è stata menzionata nell’interrogazione orale come un potenziale fornitore e potrebbe benissimo essere altamente competitiva. Anche se condanno la soppressione delle libertà e dei diritti individuali in Cina, bisogna dire che i cinesi sanno come gestire un’economia di successo. La spesa pubblica ammonta appena al 20 per cento circa del PIL, mentre nella zona dell’euro era al 47,5 per cento nel 2005. In Cina le imprese operano con un minimo intervento normativo. Nell’Unione europea invece ci stiamo ammazzando a colpi di regolamentazione.

Nel 2005 Blair promise che la Presidenza britannica avrebbe tagliato la burocrazia. Non ha fatto niente del genere. Quante migliaia di pagine ha aggiunto alla montagna di legislazione? Il mio paese è stato convinto con l’inganno a entrare nell’Unione europea nel 1973, poiché ci era stato assicurato che era solo una zona di libero scambio. Questo è tutto ciò che dovrebbe essere: nessun Parlamento, nessuna Commissione, niente direttive. Invece è diventato un mostro burocratico che sta rovinando la nostra economia.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MARTÍNEZ MARTÍNEZ
Vicepresidente

 
  
MPphoto
 
 

  Georgios Papastamkos (PPE-DE).(EL) Signor Presidente, è già stato raggiunto un accordo provvisorio sul testo riveduto dell’accordo sugli appalti pubblici e ci si attende un’intesa sull’accordo finale.

Rispetto la necessità di condurre i negoziati a porte chiuse, ma non pensa, signor Commissario, di aver tardato a informare il Parlamento europeo sulle priorità, le richieste e le offerte dell’Unione durante la rinegoziazione di questo importante accordo?

Ritengo che i principi negoziali di base dell’Unione debbano essere la reciprocità e il conseguimento di un risultato equilibrato tra i partner commerciali. Il risultato equilibrato non dovrebbe essere a livello di impegni teorici tra i partner commerciali a nome degli altri partner. Deve essere valutato in termini della reale facilità di accedere all’intero volume di bandi di gare d’appalto soggetti a concorrenza transfrontaliera. La Commissione ha svolto studi sul reale accesso delle imprese europee al mercato degli altri Stati dall’applicazione dell’accordo a oggi? Gli Stati Uniti, il Canada, la Corea del Sud e il Giappone – le parti contraenti dell’accordo – hanno già salvaguardato un accesso preferenziale per le piccole e medie imprese al mercato degli appalti pubblici. Paradossalmente, tuttavia, l’Unione non l’ha fatto.

A mio avviso l’Unione europea dovrebbe esigere un’esenzione nel quadro dell’applicazione dell’accordo sugli appalti pubblici per le piccole e medie imprese. E’ una richiesta ragionevole, specialmente perché i nostri partner hanno già agito in tal senso.

Le piccole e medie imprese sono la spina dorsale dell’economia europea e un’importante fonte di sviluppo e di occupazione, come hanno sottolineato sia l’autore, onorevole Varela, sia l’onorevole Audy. Le PMI contribuiscono alla coesione economica e sociale e, pertanto, abbiamo il dovere di prendere iniziative atte a salvaguardare il loro ruolo dinamico.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (PSE).(EN) Signor Presidente, mi congratulo con lei per la sua nomina.

Non parlerò delle PMI perché lo hanno già fatto molti dei miei colleghi, ma voglio sottolineare, e concordo con loro, che si tratta di un aspetto estremamente importante.

Gli appalti pubblici incidono per il 20 per cento del PIL nei paesi in via di sviluppo e per circa il 15 per cento del PIL nei paesi industrializzati. Su questo tema mi sento un po’ un Giano bifronte, perché istintivamente sono favorevole ad aprire gli appalti pubblici alla concorrenza. In teoria, tale apertura dovrebbe ridurre i costi pubblici e aumentare la trasparenza negli appalti pubblici e quindi eliminare la corruzione. Pertanto, ne deriverebbero benefici sia per il mondo sviluppato che per il mondo in via di sviluppo e, in quest’ultimo, si libererebbero risorse per la sanità e l’istruzione. Tuttavia, se si esamina l’elenco dei contraenti dell’AAP, vediamo che non figura neanche un paese africano fra i 36 aderenti. E’ chiaro che i paesi africani e altri paesi scarsamente sviluppati ritengono che i costi superino potenzialmente i benefici della firma di questo accordo.

Vorrei chiedere alla Commissione quale sostegno potrebbe prevedere di offrire, in primo luogo, ai paesi africani e ad altri paesi scarsamente sviluppati per consentire loro di competere nel mercato europeo e negli altri mercati sviluppati su una base di parità e come si potrebbe aiutarli a sviluppare la loro industria in modo che possano sostenere la concorrenza nei rispettivi paesi qualora sottoscrivessero l’apertura dei contratti degli appalti pubblici.

Mi chiedo anche, come ha già fatto in modo lievemente diverso l’onorevole Lucas, come saranno prese in considerazione le questioni non commerciali nell’AAP e nella sua applicazione e in che modo si terrà conto di questioni come l’ambiente, i diritti umani e i diritti dei lavoratori. Concordo con l’onorevole Lucas che si tratta di denaro pubblico e che esiste il pericolo, se adottiamo l’AAP senza condizioni, che gli standard in termini di manodopera e di ambiente possano peggiorare. Da un lato mi rendo conto del vantaggio dell’apertura degli appalti pubblici, ma, trattandosi di un passo irto di pericoli, spero che la Commissione esaminerà a fondo tali questioni.

 
  
MPphoto
 
 

  Syed Kamall (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, ancora una volta mi congratulo con lei e ringrazio il Commissario.

Nel Regno Unito le PMI sono ingiustamente tagliate fuori dagli appalti pubblici a causa di requisiti stabiliti a fin di bene, come la responsabilità sociale delle imprese e le norme ambientali, nonché molto spesso una condizione di tre anni di contabilità sottoposti a revisione contabile, che molte piccole società non possono soddisfare, l’assenza di licitazione concorrenziale; l’accorpamento di contratti che diventano troppo ingenti per le PMI e favoriscono le grandi imprese, e infine segretezza e mancanza di trasparenza.

Noi sappiamo che la direttiva UE richiede trasparenza e gare d’appalto concorrenziali, ma la maggior parte dei contratti per i quali le PMI partecipano alle gare d’appalto è spesso al di sotto della soglia minima. Quindi quando si interpellano le PMI e si chiede loro cosa auspicherebbero, la risposta è che vorrebbero meno burocrazia e meno scartoffie. Vorrebbero che le autorità evitassero i requisiti indifferenziati in materia di certificazione. Vorrebbero che i contratti fossero pubblicati su siti web come supply2.gov e vorrebbero anche il frazionamento dei contratti. Ma dobbiamo riconoscere che gli enti pubblici non sono organizzazioni commerciali e spesso cercheranno di evitare il lavoro supplementare che comportano le gare d’appalto multiple, perciò dobbiamo offrire incentivi ai governi e alle amministrazioni locali.

In America sono stati fissati criteri atti a stabilire se sussista realmente o meno una concorrenza leale. Non è necessario fissare quote per le PMI, ma per queste imprese c’è bisogno di un sistema di misurazione dell’esecuzione per vedere se vi sia una concorrenza leale. In America esistono anche consulenti per le piccole imprese che aiutano lo Stato a garantire un accesso equo per le PMI. Questi requisiti – parametri e consulenti per la concorrenza – non sarebbero probabilmente permessi nel quadro dell’accordo OMC, e ne capisco la ragione, ma ciò impedisce involontariamente l’introduzione di misure che assicurino una concorrenza equa.

L’accordo dell’OMC è di fatto positivo, in generale, poiché è antiprotezionistico, ma non permette misure necessarie per aiutare le piccole imprese. Quindi mentre alcuni Stati membri vogliono un opt-out, altri temono giustamente che questo aumenterebbe il protezionismo. Esortiamo quindi la Commissione a cercare un compromesso in cui sia assicurato un opt-out, ma anche a formulare un nuovo accordo che contenga misure favorevoli alle PMI ed estenda decisamente le misure antiprotezionistiche. Se consentissimo misure favorevoli alle PMI, l’accordo eliminerebbe le ragioni per l’opt-out dell’America, usato per mantenere il Buy America Act. Aiuterebbe anche le PMI britanniche ed europee a prendere parte alla concorrenza mondiale.

 
  
MPphoto
 
 

  Margrietus van den Berg (PSE).(NL) Signor Presidente, un accordo sugli appalti pubblici potrebbe significare più trasparenza e quindi meno corruzione. Potrebbe anche significare prezzi equi – un aspetto non senza importanza dato che i contratti di servizio pubblico utilizzano il denaro dei contribuenti – con il diritto, comunque, di includere criteri sociali e ambientali in fase di gara d’appalto. Anche i paesi in via di sviluppo potrebbero beneficiare enormemente di tutti questi vantaggi. Inutile dire che la loro partecipazione all’accordo internazionale sugli appalti pubblici in futuro non può essere esclusa, ma la Commissione dovrebbe verificare che possano applicare questo metodo in primo luogo a livello nazionale o regionale – e lo stesso vale per le regole della concorrenza leale – proprio come abbiamo fatto in Europa, e che non debbano quindi dare accesso immediatamente al mondo intero e ai grandi monopoli. Dovrebbe poi spettare ai paesi in via di sviluppo determinare quando si sentiranno sufficientemente sviluppati. Una cosa che, infatti, vale in tutto il mondo è che si dovrebbero evitare a tutti i costi le gare d’appalto forzate su larga scala, che escludono dal mercato le piccole e medie imprese. Purtroppo, ho avuto un’esperienza diretta proprio di una situazione simile in una stazione ferroviaria di Amsterdam, dove il servizio di sicurezza della stazione è stato fatto oggetto di gara d’appalto. L’impresa precedentemente responsabile per la sicurezza della stazione era una piccola società che svolgeva un ottimo lavoro. In sede di gara d’appalto, tuttavia, questa impresa si è rivelata troppo piccola per poter partecipare all’intera gara che riguardava più stazioni ed è stata quindi esclusa dal mercato.

Sicuramente anche i colleghi si sono imbattuti in esempi simili e perciò vorremmo chiedere alla Commissione come garantire alle PMI un migliore accesso ai contratti d’appalto.

In conclusione, l’interruzione forzata delle forniture nazionali e semi-pubbliche nell’interesse dei grandi fornitori stranieri è fondamentalmente sbagliata. Ogni paese ha il diritto di regolamentare a livello nazionale ciò che i cittadini desiderano mantenere. Stiamo parlando di forniture di base, come l’istruzione e l’acqua, che sono al centro della società e non dovrebbero essere esposte a sconvolgimenti.

 
  
MPphoto
 
 

  Andreas Schwab (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario McCreevy, onorevoli colleghi, l’interrogazione presentata dalla commissione per il commercio internazionale sul problema degli appalti nell’ambito dell’OMC tocca direttamente il mercato interno europeo e, pertanto, credo che dobbiamo esaminare più attentamente la questione. Da un lato, ovviamente, qui è in discussione l’accordo dell’OMC, ma, dall’altro, dobbiamo anche comprendere che questi trattati internazionali – come accade con la globalizzazione – hanno effetti diretti sul mercato interno europeo.

L’onorevole Kamall ha sottolineato che, in un certo numero di Stati membri dell’OMC, tra i quali gli Stati Uniti d’America, certe quote devono tuttora essere rispettate nella concessione di contratti nazionali a piccole e medie imprese, il che significa, alla fine della fiera, che si sta restringendo il campo di applicazione della normativa stabilita dall’OMC in materia di appalti. Per quanto mi riguarda, vorrei che si effettuasse una valutazione d’impatto per capire se questo sia o meno utile a lungo termine alle piccole e medie imprese, perché, in ogni caso, non ne abbiamo la certezza.

Finché non ne saremo sicuri, non dobbiamo preoccuparci della limitazione del campo di applicazione, poiché ovviamente le piccole e medie imprese vivono grazie a mercati il più possibile trasparenti e più facilmente accessibili, e se gli Stati membri dell’OMC riducono di un quarto il campo di applicazione, non so se le piccole e medie imprese ne traggano di fatto qualche beneficio.

Sarebbe certamente utile – e a tale proposito anch’io mi unisco all’interrogazione orale – se la Commissione esaminasse in modo dettagliato questo aspetto e ci indicasse se ha effetti positivi sulle piccole e medie imprese.

Nel Consiglio, naturalmente – di cui purtroppo non è presente alcun rappresentante – occorre trovare un equilibrio tra quanti appoggerebbero un approccio come quello degli Stati Uniti e quanti vogliono l’esatto opposto, vale a dire la riduzione delle quote per creare un mercato libero e aperto in tutta l’OMC, dando ovunque un’opportunità alle piccole e medie imprese.

Per tale ragione credo che il problema cruciale per le PMI a tale riguardo sia piuttosto il fatto che non abbiamo ancora trovato realmente l’approccio giusto al problema dei subappaltatori, perché è spesso in qualità di subappaltatori che vengono utilizzate le piccole e medie imprese, le quali in tal modo sono in grado di creare posti di lavoro e hanno la possibilità di generare introiti, ma in fin dei conti sono soggette a una gestione imposta dall’alto e spesso questo le mette in una posizione difficile, inducendole a tenere i piedi in due paia di scarpe.

A mio parere dovremmo dare maggiore attenzione, in particolare, a questo problema. Quindi sarei lieto se la Commissione riflettesse su questo aspetto e ci tenesse al corrente in proposito. In altre parole, dovrebbe innanzi tutto affrontare il problema cui si riferisce l’interrogazione e poi potremo rivolgere al Commissario richieste concrete.

 
  
MPphoto
 
 

  Stefano Zappalà (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi congratulo con il collega Varela Suanzes-Carpegna e lo ringrazio per aver presentato la sua interrogazione, che ci dato modo di affrontare il tema in questione. Io sono stato relatore in questo Parlamento sulla riforma degli appalti, forniture e servizi, nella fattispecie le direttive 17 e 18.

Anche se il tempo è brevissimo, credo sia opportuno ricordare i termini del problema. Nella direttiva 18, ossia la direttiva generale sugli appalti, come ho sentito da alcuni interventi stamattina, il Parlamento ha tenuto in grande considerazione i problemi ambientali, il sistema ammodernato degli appalti per via elettronica, il mondo del sociale, la questione delle soglie e credo quindi che disponiamo di una normativa che è certamente eccezionale, ma che in ogni caso non riguarda l’argomento di questa mattina.

Il problema sollevato è completamente diverso: è in corso la revisione di un negoziato internazionale che vede i paesi dell’Unione europea – e quindi le imprese dell’Unione europea – svantaggiati rispetto ad altri. Qual è il problema? Nel 1994 e negli anni successivi, in campo internazionale, mediante accordi plurilaterali, furono previsti ben altri tipi di attività. Gli Stati Uniti, la Cina e altri paesi godono in realtà di privilegi di cui non godono le imprese dell’Unione europea. Oggi questo sistema è oggetto di una revisione ma occorre stabilirne le modalità di revisione, perché i soli Stati Uniti d’America – lo rammento a me stesso ma anche ai colleghi – svolgono un’attività produttiva che sfiora i 200 miliardi di dollari l’anno, una somma che però resta all’interno degli Stati Uniti.

Il punto è che, mentre tutti possono venire a lavorare in Europa, le nostre piccole e medie imprese non possono andare a lavorare nel resto del mondo. Gli accordi del GPA (Government Procurement Agreement) sono, tra gli altri, accordi che prevedono l’esclusione dell’accesso delle imprese europee all’interno del sistema internazionale.

Quale scelta è dunque possibile oggi? Per quanto mi risulta, la Commissione ritiene che, abolendo i privilegi degli altri, si possa competere nuovamente in un sistema di parità. Non è così. Io credo che sia invece necessario proteggere le piccole e medie imprese europee, assicurando loro all’interno dell’Unione europea, e quindi nei confronti dell’Unione europea, gli stessi privilegi di cui oggi godono le piccole e medie imprese degli Stati Uniti e di altri paesi del mondo.

Pertanto, non solo ringrazio il collega Varela Suanzes-Carpegna, ma sono dell’avviso che la tesi sostenuta dalla Francia in questo momento in seno al Consiglio sia sicuramente da favorire e da agevolare rispetto alla posizione della Commissione europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Charlie McCreevy, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare tutti i deputati intervenuti per le loro osservazioni.

Attribuisco la massima importanza agli appalti pubblici. Procedure corrette, eque e trasparenti sono essenziali non solo per le imprese che vogliono fare un’offerta d’appalto per i progetti, ma anche per le autorità che potrebbero risparmiare a sé e ai contribuenti enormi somme di denaro se applicassero correttamente le procedure.

E’ essenziale ottenere dai nostri partner commerciali l’impegno ad aprire i mercati degli appalti pubblici alle imprese europee. Le nostre imprese hanno qualcosa da offrire. Sono competitive, ma troppo spesso non sono autorizzate o invitate a partecipare alle gare d’appalto.

Le PMI traggono vantaggi dagli appalti pubblici. Detengono già una cospicua quota del mercato, ma non penso che riservare quote o concedere un trattamento preferenziale sia la soluzione. Se ricorressimo a tali misure, farebbe altrettanto un maggior numero di nostri partner commerciali e il risultato sarebbe che le imprese europee ci perderebbero. Io credo che tutte le parti interessate siano avvantaggiate dall’apertura dei mercati. Le nostre PMI sono dinamiche e forti. Anch’esse ne trarranno profitto.

L’onorevole Mann ha chiesto di essere tenuta informata. Chiederò ai miei funzionari di mantenere costantemente informata la sua commissione. Presenzieranno alle riunioni della commissione e risponderanno alle vostre domande sui particolari dei negoziati.

Vari deputati hanno fatto riferimento a disposizioni speciali per le PMI, affermando che questo punto dovrebbe far parte della nostra posizione negoziale. Come ho detto, non sono d’accordo. Condivido gran parte di ciò che ha detto l’onorevole Kamall nonché la sua osservazione secondo cui gli stessi Stati membri potrebbero fare molto per aiutare le loro PMI nel campo degli appalti pubblici senza violare alcuna regola. Se provvedessero al frazionamento di alcuni dei loro contratti ed eliminassero gran parte della burocrazia, le PMI ne beneficerebbero in misura sostanziale e ciò non richiederebbe di riservare loro quote. Non sono invece d’accordo con quanti hanno concluso che il modo migliore di aiutare le PMI è la fissazione di quote.

L’onorevole Kamall ha altresì sollevato la questione degli Stati Uniti che hanno uno Small Business Act e un’agenzia incaricata di occuparsi di tali questioni. Comunque, le cifre indicano che, in termini sia di volume sia di quantità, le PMI in Europa ottengono una percentuale di contratti di gran lunga più elevata di quanto non accada negli Stati Uniti. Questo dato dovrebbe risultare interessante.

Perciò affermo – e se qualcuno non è d’accordo con me su questo punto ha tutto il diritto di dirlo – che negli appalti pubblici è fondamentale la concorrenza: si tratta di ottenere i beni e i servizi migliori all’importo più basso. Significa spendere bene il denaro a disposizione, come evidenzia la riserva di parti del mercato. Abbiamo affrontato il problema delle PMI anche in una precedente discussione svoltasi questa mattina. I deputati hanno affermato che le PMI hanno bisogno di opportunità. Senza dubbio sono d’accordo. Tuttavia, il protezionismo non è la soluzione. Ma, ovviamente, non saremo ingenui: ci aspettiamo che anche i nostri partner commerciali aprano i loro mercati.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – Sospendiamo la seduta, che riprenderà alle 11.00, per la seduta solenne con il Presidente della Bulgaria.

(La seduta, sospesa alle 10.25, riprende alle 11.00)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. POETTERING
Presidente

 

5. Seduta solenne – Bulgaria
MPphoto
 
 

  Presidente. – Presidente Părvanov,

(BG) Господин Президент, топло Ви приветствам в Европейския парламент!

E’ per me un grande onore poterle porgere il benvenuto in seno al Parlamento europeo. Questa non è la prima volta che visita la nostra Assemblea, ma è la prima volta che lo fa come Presidente di un nuovo Stato membro, ed è come tale che le porgo il benvenuto nella nostra famiglia europea.

A nome dei cittadini dell’Unione europea, che in quest’Aula rappresentiamo, desidero esprimere ancora una volta la mia gioia per l’adesione del suo paese all’UE, e vorrei anche evidenziare nuovamente l’importanza storica dell’allargamento dell’Unione europea avvenuto il 1° gennaio di quest’anno. Sono occorsi oltre sessant’anni per restituire il suo paese a un’Europa libera e per riunire il nostro continente.

La Bulgaria ha una cultura antica e il paese è situato a un crocevia tra Oriente e Occidente. A quanto si afferma, è la sede del più antico Stato europeo, fondato nel 1681 dallo Zar Asparuch. La Bulgaria è il paese di Orfeo ed Euridice, la patria dei Traci e di Dioniso, eppure, dalle parole di Elias Canetti, vincitore del Premio Nobel per la letteratura, traspare un fortissimo desiderio di Europa: “Laggiù il resto del mondo si chiamava Europa e, quando qualcuno risaliva il Danubio fino a Vienna, si diceva che andava in Europa. L’Europa cominciava là”.

Nel cuore dei bulgari questo desiderio d’Europa va di pari passo con la loro profonda consapevolezza di esserne al centro da tempi immemori. Raccontando la storia della propria infanzia, Canetti aveva cercato di anticipare la riunificazione dell’Europa. L’adesione del vostro paese rappresenta ancora una volta l’essenza dell’Europa, l’esperienza, riscontrabile nella vita quotidiana, di possedere un’anima comune, quell’anima europea che non conosce frontiere nel dare valore al progetto europeo.

Il suo paese, Presidente Părvanov, porta con sé un ricco patrimonio culturale e intellettuale, contribuendo così all’arricchimento reciproco dell’Unione europea e della Bulgaria. Il suo paese e, soprattutto, il suo popolo, meritano un ringraziamento particolare per i grandi sforzi compiuti negli ultimi anni e per la volontà di avviare le riforme. Hanno compiuto grandi progressi. Molte riforme sono state realizzate in un arco di tempo relativamente breve. Oggi dobbiamo rendere merito ai progressi e ai trionfi ottenuti, ma vorrei aggiungere una cosa, ed è che speriamo, e siamo convinti, che le riforme ancora da attuare saranno realizzate con la stessa determinazione.

Signor Presidente, il Parlamento europeo è orgoglioso e lieto di accogliere i suoi nuovi diciotto deputati bulgari. Per me, inoltre, è un piacere porgere il benvenuto al nuovo Commissario bulgaro. Siamo altresì ansiosi di potere accogliere i deputati che il vostro paese eleggerà a maggio in occasione delle prime elezioni al Parlamento europeo. Insieme ai rappresentanti bulgari nella Commissione e nel Consiglio, i nostri nuovi deputati si dedicheranno all’ulteriore sviluppo della nostra casa europea.

(BG) Добре дошли на България и българския народ в Европейския съюз!

 
  
MPphoto
 
 

  Георги Първанов , президент на Република България. – (BG) Уважаеми господин Председател, уважаеми членове на Европейския парламент, дами и господа. От 1-ви януари 2007 г. България е част от Европейския съюз — може би най-амбициозният политически, икономически и културен проект в историята на човечеството. Като продължавам онова, което Вие любезно казахте, г-н Председател, искам ясно да кажа, че 1-ви януари 2007 г. е триумф на историческата справедливост.

Корените и предпоставките на това явление са във вековното развитие на българската духовност и държавност. По дух и самочувствие българите винаги са били европейци. Нашата култура действително е във фундамента на европейската цивилизация. И затова исторически оправдано е днес, чрез българското членство, в Европейския съюз да звучи езикът на светите братя Кирил и Методий, обявени за небесни съпокровители на Европа, което без съмнение ще обогати още повече културното многообразие на европейския континент.

Но ние, уважаеми членове на Европейския парламент, добре съзнаваме, че членството ни не е заради историческата традиция, а защото българските институции проведоха онези така необходими реформи във всички сфери. Осъществена беше една историческа трансформация на страната ни в демократична страна с функционираща и конкурентноспособна пазарна икономика, с работещо и ефективно законодателство. Успехът стана възможен и заради високата обществена подкрепа, заради съпричастността на гражданските структури. Успяхме, защото години наред следвахме и правехме европейска политика. Защото доказахме, че на нас, българите, може да се вярва. За мен е чест, че имам възможността да се обърна от високата трибуна на Европейския парламент още в първите седмици на нашето членство.

Използвам случая, за да благодаря на Европейския парламент за подкрепата, която оказваше на България в целия процес на присъединяване, за конструктивната критика и насърченията за продължаване на проевропейските реформи. Важността на тази подкрепа се определя от нарасналата роля на Европейския парламент, като пряк изразител на волята на почти половин милиардното население на обединена Европа.

Искам да поздравя, също така, г-н Пьотеринг за избирането му за председател на Европейския парламент, да поздравя българския и румънския комисар, както и 18-те български депутати и техните румънски колеги и да им пожелая ползотворна и успешна работа за общото ни благо.

Ние, уважаеми госпожи и господа, отдавна сме се отказали от патетичното отношение и от пропагандните свръх очаквания от членството ни в Европейския съюз. Съзнаваме, че заедно с несъмнените позитиви за икономиката ни, тя ще бъде изправена пред сериозни предизвикателства, особено с оглед на постигането на по-висока конкурентноспособност. Проблемите се засилват от това, че задълженията към Европейския съюз влизат в сила веднага, а ползите ще дойдат с повече или по-малко закъснение. И затова е много важно ние бързо да формираме и реализираме стратегия и политика на ускорено развитие с оглед успешно адаптиране на страната ни към европейската социално-икономическа среда.

Петото разширяване на Европейския съюз беше съпроводено с не малко реални опасения и измислени страхове, изкуствено насаждани понякога. Много от тях не се оправдаха. Масовите миграционни вълни, които някои предричаха, не се състояха. Очакванията за тежко напрежение в социалните системи се оказаха преувеличени. В този смисъл, за нас остава неразбираемо защо някои от държавите-членки не отвориха трудовите си пазари за българи, както направиха това за страните, присъединили се през 2004 г. Смятам, че от премахването на последните бариери пред моите сънародници ще спечели и Европейският съюз и европейската идея. От друга страна, аз очаквам младите българи, които потърсиха и получиха по-високо образование, част от тях и добра реализация навън, в Европейския съюз, да се завърнат работейки за по-големи западни инвеститори или започвайки свой бизнес.

Ние добре съзнаваме, че членството в Европейския съюз не е еднократен акт, че това е един продължителен процес. Един процес, които ще изисква от нас в следващите месеци и години допълнителни усилия, за да отговорим на препоръките на европейските институции. Да поемем допълнителни отговорности вследствие на членството ни. Необходими са усилия за да се впишем реално в европейския икономически и социален модел, за да издигнем жизнения стандарт на българина до този на водещите европейски страни и народи. Това действително, г-н Председател, означава безусловно продължаване на реформите, особено в съдебната система, за постигане на видими и необратими резултати в борбата с корупцията и престъпността, за прозрачно и ефективно усвояване на средствата от европейските фондове.

Ние сме амбицирани да постигнем, да покажем един солиден капацитет за поемане на задълженията, произтичащи от членството и от общите политики в различните сфери. Убеден съм, че разширяването на Европейския съюз е от взаимен интерес, както за новоприетите, така и за досегашните страни-членки.

Новите членове получават възможността да участват в определянето, във формирането на политиките и програмите на Европейския съюз, да ползват фондовете на общността. Но искам ясно да кажа, че ние влизаме в Европейския съюз, не за да бъдем консуматори, а с желанието, със стремежа да засилим реално Съюза със стабилните си макроикономически показатели, с динамичното си развитие в последните години, със способността ни да генерираме сигурност, особено за един труден, сложен регион какъвто е този на Балканите.

България влиза в Европейския съюз с намерението да играе активна роля в дебата по целия дневен ред на Съюза: по конституционния проект, по постигането на едно много ефективно взаимодействие между институциите, по финансирането, по провеждането на единна външна политика и политика на сигурност и отбрана.

Искам ясно да изразя подкрепата ни за инициативата на германското председателство и лично на канцлера, госпожа Ангела Меркел, за консултации, за своеобразна пътна карта по придвижването на конституционния проект. България влиза с амбицията да отстоява, уважаеми госпожи и господа, своя национален интерес — от културата до проблемите на енергийната сигурност. Но в същото време и със съзнанието, че можем и трябва да бъдем един солидарен член на Европейския съюз, че можем и ще правим своите необходими жертви и компромиси тогава, когато става дума за общия европейски интерес. България ще бъде стабилен, предсказуем, последователен член на Европейския съюз и това е мнението на всички български институции. Вярвам, че то достойно е представено от нашите депутати тук.

България влиза в Европейския съюз с най-добрите традиции на етно-религиозната си толерантност, утвърдени през десетилетията. Ние можем да предложим една солидна, работеща, аргументирана експертиза при вземането на европейските решения, засягащи проблематиката на Балканите. В тази връзка, искам още веднъж ясно да подчертая, че членството на България и Румъния в Европейския съюз е важен политически знак за необратимата европейска перспектива на Балканите. Това мотивира възможно най-силно народите и правителствата за запазването на трайния мир на Югоизточна Европа. Няма по-силна, по-убедителна мотивация от съхраняването на тази перспектива за народите от Западните Балкани. Затова България ще продължи да подкрепя нашите съседи, морално-политически и експертно, в техните усилия да изпълнят конкретните изисквания и критерии за членство, да решат предварително проблемите си, а не да ги „внасят“, образно казано, в организацията на демократичните страни.

Трябва да развием европейската визия за Западните Балкани, залегнала в „Солунския дневен ред“. И трябва да признаем, уважаеми госпожи и господа, че много от добрите идеи и проекти за Югоизточна Европа останаха само на книга. Време е да разберем, че има една особено важна инвестиция в мира и сигурността на региона, и това е развитието на инфраструктурата — на модерната, транспортна, комуникационна и енергийна инфраструктура. Това е най-късият път за преодоляването на икономическата и социалната му изостаналост и за пълноценното му интегриране. Решаването на този проблем не може да стане без привличането на инвестиции от страна на Европейския съюз, като естествен икономически партньор и притегателен център за страните от региона.

И затова не са необходими подаръци. Има работещи схеми за публично-частно партньорство, които ние неведнъж сме обосновавали, и чрез които бихме могли да деблокираме работата по европейските коридори №4, №8 или №10, добавената стойност на българското присъединяване към Европейския съюз, възможностите за укрепването на общата външна политика и политиката на сигурност, преди всичко с акцент върху Западните Балкани, Черноморския басейн и Кавказ. Региони, които са приоритетни и за външните отношения на Съюза. Нещо повече, тяхната стратегическа тежест в международните отношения обективно ще нараства.

Имаме готовност и желание да участваме активно със своите знания и опит в определянето и провеждането на политиката на Европейския съюз в тази част на Европа. Впрочем, България вече доказа способностите си да действа активно в провеждането на някои от основните акценти на тази политика — енергийната сигурност, по отношение на инфраструктурата, превенцията на тероризма, нелегалната миграция и екологията. В същото време, нашата обща визия следва да включва и конкретни мерки за подобряването на взаимодействието между Европейския съюз и Организацията за Черноморско икономическо сътрудничество.

Уважаеми госпожи и господа, България е готова да участва в дебата по общата енергийна сигурност на Европа. Ние ще имаме своята активна позиция, не само защото в енергийната сфера плащаме най-високата цена на присъединяването ни към Европейския съюз. Ние влизаме със самочувствието на страна, която е фактор на енергийната сигурност в региона, не само защото досега покривахме една не малка част – 45% – от енергийния дефицит на нашите съседи. Определено смятам, че документът на Европейската комисия от м. януари т.г. относно енергийната политика на Европа създава солидна основа за изработването на обща енергийна политика. Оценяваме високо приноса на германското председателство с ясно формулираните акценти за екологично съобразно снабдяване с енергия в рамките на Европейския съюз.

България, от своя страна, ще има своя принос, своя европейски принос, като възлов център на транзита на петрол и газ от Изтока към Запада, в търсенето и развитието на възобновяеми енергийни източници, с постиженията и възможностите в областта на изследванията за енергетиката.

Смятам за особено важни, уважаеми госпожи и господа, обоснованите в новите европейски документи изводи и намерения относно развитието на ядрената енергетика. Реших да говоря по-обстойно по този въпрос тук пред вас по няколко причини.

Първо, защото Европейският парламент е институцията, която е проявявала особено осезателно разбиране към енергийните проблеми в Югоизточна Европа, в частност към българските. И използвам случая да благодаря на комисията по външна политика, на г-н Джефри ван Орден, докладчик за България, на г-н Ари Ватанен, който инициира писмото до Европейската комисия, на всички депутати, които участваха активно, ангажирано в дискусиите по съдбата на малките реактори на АЕЦ „Козлодуй“. За съжаление, за приемането на този текст не достигнаха 4-5 гласа.

Впрочем, струва си да си зададем въпроса какви са реалните последици от това, че 3-ти и 4-ти блок на нашата атомна централа бяха изведени от експлоатация. Регионът се изправи пред сериозна енергийна криза. Сега някои от страните изпитват остър недостиг, има страна с тежък режим на тока. Това, заедно с повишаването на цените, може да доведе до икономическа и политическа нестабилност на региона.

На второ място, трябва да призная, че бях провокиран от изказването на комисаря по енергийната политика за това, че 3-ти и 4-ти блок били спрени поради съмнения в тяхната безопасност. Нека да е ясно, уважаеми госпожи и господа, ние повече от всеки друг държим на изискването за безопасност на нашата ядрена централа. Това обяснява и факта, че затворихме първите два реактора на АЕЦ „Козлодуй“ още на 31 декември 2002 г. Спрямо 3-ти и 4-ти блок, обаче, беше извършена мащабна модернизация, която приведе тези блокове в качествено ново състояние, различно от проектното.

Многобройните проекти на Световната асоциация на ядрените оператори, на Асоциацията на западноевропейските органи за ядрено регулиране, на групата по атомните въпроси на Съвета на Европейския съюз, на Международната агенция по атомна енергия доказаха, че не съществуват никакви технически причини, възпрепятстващи нормалната експлоатация, и доказаха високото ниво на безопасност съгласно международните стандарти.

Впрочем, на вниманието на всички европейски депутати ще бъде предложен материал, който съдържа основната част от тези изводи. И аз не възразявам, в един непредубеден дебат, да видим кои са контра аргументите, да видим на какви факти се базират съмненията. Нещо повече, искам ясно да кажа, че ако нашите партньори от Европейския съюз счетат за необходимо, България би приела една нова партньорска проверка на блокове 3 и 4 на атомната ни електроцентрала, която да се извърши със съдействието на всички гореспоменати органи, имащи отношение към ядрената енергетика. Разбира се, при ясно определяне на мандата на една такава проверка.

Ние, уважаеми членове на Европейския парламент, стриктно се придържаме към утвърдения принцип в международните отношения, че договорите трябва да се спазват. И България коректно изпълни своите ангажименти. Ако има воля сега да се оцени сложната ситуация и в региона, заплахите за отделните страни, в това число и за България, решение може да се намери в рамките на Договора за присъединяване, като се позовем на член 36. Защото, докато вземаме солидарни решения за бъдещето на европейската ни енергийна сигурност, нека помислим и за нейното настояще.

Уважаеми г-н Председател, госпожи и господа, накрая бих желал да засегна един важен и болезнен въпрос, както за българите, така и, вярвам, за всички вас — въпроса за съдбата на осъдените в Либия медици. Защитата на техните права се превърна в кауза не само за българското общество, но и за международната демократична общност. В това отношение за нас е от особена важност, че броени дни след приемането на България в Европейския съюз получихме пълна подкрепа и солидарност от страна на Европейския парламент. Благодарим за тази солидарност и разчитаме, че тя ще се запази и ще допринесе за бързото и справедливо решение на този проблем. Оценяваме в не по-малка степен и съчувствието, което европейските институции и страните-членки проявяват към засегнатите деца от трагедията и техните семейства.

(Аплодисменти)

Необходими са по-активни действия, повече усилия и по плана за действие и по осъществяването целите на международния фонд за Бенгази. Впрочем, искам да кажа, че намирам участието на големите петролни фирми, които имат своя добър бизнес в Либия, за твърде символично в този фонд. България, от своя страна, ще продължи да бъде съпричастна към тези усилия. Успоредно с това ние ще търсим изход и по линия на двустранния диалог с либийската страна, както и в активно взаимодействие с Европейската комисия, Председателството на Европейския съюз и страните-членки. Очакваме разрешаването на този въпрос да остане приоритет в отношенията между Европейския съюз и Либия.

Уважаеми г-н Председател, уважаеми членове на Европейския парламент, силна Европа е възможна само ако има силни лидери – държавници и политици, способни да налагат визия и да вземат конкретни решения, за да преодолеем стъписването пред конституционния проект, за да не се губи перспективата за разширяването на Европейския съюз, за приемането на необходими стъпки по формирането на общата енергийна политика. България ще даде своя принос, за да стане всичко това възможно.

Благодаря ви!

(Събранието аплодира на крака оратора)

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – Signor Presidente, la ringraziamo per questo discorso. Con le sue parole ci ha dato coraggio perché ha affermato che intende portare avanti il lavoro di riforma della Bulgaria, che vuole raddoppiare gli sforzi per la realizzazione delle necessarie riforme e, inoltre, si è impegnato senza riserve a sostenere le riforme che è indispensabile attuare all’interno dell’Unione europea, in altre parole a promuovere il nostro progetto costituzionale comune. Ha inoltre citato la solidarietà e la fiducia nell’Unione europea: solidarietà e fiducia sono della massima importanza. Siamo grati per l’ingresso della Bulgaria nell’Unione europea e possiamo prometterle una cosa: il Parlamento europeo si batterà per la liberazione delle infermiere bulgare finché non avranno fatto ritorno in patria dalla Libia, perciò può riferire questo messaggio ai suoi connazionali.

(Applausi)

La ringraziamo per la sua visita e per aver compiuto questo viaggio a Bruxelles esclusivamente per rivolgersi al nostro Parlamento, con il solo obiettivo di assolvere questo impegno. Pertanto la ringraziamo, le auguriamo un buon viaggio di ritorno a Sofia, un futuro roseo per la Bulgaria e tutto il meglio per la sua Presidenza.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Bruno Gollnisch (ITS). – (FR) Signor Presidente, la mia mozione di procedura si basa sull’articolo 182 del Regolamento. Siamo appena stati informati per la prima volta dell’elezione degli uffici di presidenza delle commissioni. Questa elezione degli uffici di presidenza delle commissioni è stata preparata da una conferenza dei segretari generali dei gruppi, i quali sono pervenuti, sulla base della regola D’Hondt, a una ripartizione proporzionale dei seggi, che ha permesso di garantire la rappresentanza di tutti i pareri – aspetto di cui il Parlamento va fiero sia internamente sia esternamente e su cui non manca di elargire consigli agli organi politici del mondo intero.

Nessuno ha messo in discussione questo accordo, meno che mai in seno alla Conferenza dei presidenti, ma si è trattato di un’oltraggiosa violazione – peraltro prevedibile – a discapito del mio gruppo, e del mio gruppo soltanto. E’ evidente che il mio gruppo non ha presentato alcun candidato, nemmeno contro i colleghi comunisti, socialisti, liberali e democratici cristiani, in quanto crede, o presumeva di poter credere, nell’onestà, nell’imparzialità e nel rispetto degli impegni assunti da parte dei colleghi. Ovviamente tali promesse non sono state mantenute. Queste tattiche sono vili, meschine e indegne di un Parlamento che pretende di essere un esempio per il mondo intero.

A dire la verità, si tratta di tattiche disoneste, tali da pregiudicare la validità dell’elezione. Ne prendiamo atto e ci riserviamo di esercitare i nostri diritti per altre vie e, in particolare, di chiamare a testimoni i cittadini dei nostri paesi. Grazie, onorevoli colleghi, per la pubblicità che ci avete appena fatto!

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – Onorevole Gollnisch, abbiamo un programma molto fitto e potremo tornare sull’argomento dopo le votazioni. Le è stata data la possibilità di intervenire e lo ha fatto per un minuto e 53 secondi, quando in realtà il suo tempo di parola avrebbe dovuto essere di un minuto. Può considerarlo un esempio di un trattamento estremamente equo e sono certo che lo riterrà tale. Prima voteremo e poi torneremo sulla questione.

 

6. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale

7. Turno di votazioni
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.

(Per i risultati e per ulteriori dettagli sulla votazione: cfr. Processo verbale)

 

7.1. Protezione dei passeggeri contro lo spostamento dei bagagli (votazione)

7.2. Omologazione dei veicoli a motore in riferimento al campo di visibilità anteriore del conducente (votazione)

7.3. Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica CE/Corea (votazione)

7.4. Integrazione della sostenibilità nelle politiche di cooperazione allo sviluppo (votazione)

7.5. Progetto di bilancio rettificativo n. 1/2007 (votazione)

7.6. Diritti umani dei Dalit in India (votazione)
MPphoto
 
 

  Hartmut Nassauer (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, suggerisco di avvalerci della possibilità prevista dall’articolo 168, paragrafo 2, del Regolamento e di rinviare la relazione in commissione. La mia richiesta è motivata dal fatto che conosco il problema posto dall’articolo 90 e, benché questa relazione descriva senza dubbio accuratamente la situazione dei Dalit, i cosiddetti intoccabili indiani, è altrettanto evidente che nessuno di noi ritiene accettabili tali condizioni, e abbiamo il dovere di fare tutto il possibile al riguardo. Tuttavia, sembra anche che l’India abbia sollevato serie obiezioni in merito alla relazione poiché questo documento mette in discussione il sistema di caste indiano e, di conseguenza, un aspetto che fa parte delle tradizioni e della cultura di quel paese.

Vorrei pertanto chiedere, in vista dei nostri obiettivi, di valutare l’opportunità di affrontare nuovamente la questione in sede di commissione, anche se l’esito della discussione dovesse essere assolutamente identico all’attuale proposta di risoluzione. Sarebbe però opportuno parlare nuovamente con le autorità indiane, poiché noi europei puntiamo troppo spesso il dito contro gli altri dicendo loro che cosa devono fare, atteggiamento che tende a ostacolare la realizzazione dei nostri obiettivi. Chiedo quindi all’Assemblea di valutare l’opportunità di intraprendere questa azione.

 
  
MPphoto
 
 

  Hannes Swoboda (PSE). – (DE) Signor Presidente, se il mio udito non mi inganna, lei ha affermato che, in assenza di obiezioni, questo atto viene adottato ai sensi dell’articolo 90 del Regolamento.

In secondo luogo, le ambasciate continuano a interferire nelle nostre azioni; in questo caso è l’ambasciata indiana a farlo, ma noi parliamo a nome di un popolo e non di un’ambasciata, perciò dovremmo attenerci alla risoluzione nella sua forma attuale.

 
  
MPphoto
 
 

  Charles Tannock (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, desidero fare un’osservazione di natura assolutamente diversa. Quando la relazione venne discussa in seno alla commissione per lo sviluppo, ero vicepresidente della sottocommissione per i diritti dell’uomo nonché vicecoordinatore della commissione per gli affari esteri. Si tratta essenzialmente di una relazione sui diritti dell’uomo, sulla quale non è stato chiesto il parere né della commissione per gli affari esteri né della sottocommissione per i diritti dell’uomo. Non abbiamo avuto alcuna possibilità di modificarla. E’ una relazione sui diritti dell’uomo che è stata discussa dalla commissione per lo sviluppo, ma non era competenza di questa commissione occuparsene.

Non si tratta solo del governo dell’India, ma di una questione di procedura. Com’è possibile presentare una relazione in plenaria senza votare su di essa o avere la possibilità di modificarla quando le commissioni con la massima competenza in materia non hanno mai visto il documento, né hanno mai avuto la possibilità di correggere inesattezze fattuali? E’ scorretto proprio sotto l’aspetto fattuale!

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Daniel Cohn-Bendit (Verts/ALE). – (DE) Signor Presidente, come ha affermato l’onorevole Swoboda, la relazione è già stata adottata e, pertanto, la discussione è chiusa e ogni altra considerazione è superflua. Se gli onorevoli Nassauer e Tannock vogliono produrre un’altra relazione, dovranno ricominciare tutto daccapo; dopodiché, voteremo su di essa fra cinque anni.

 
  
MPphoto
 
 

  Nirj Deva (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, come negoziatore della commissione per lo sviluppo su questa relazione, condivido l’osservazione fatta dal collega Tannock; infatti, visto che esiste una sottocommissione per i diritti dell’uomo, la relazione avrebbe dovuto essere discussa in quella sede. A occuparsene è stata solo la commissione per lo sviluppo, ma avrebbe dovuto farlo la sottocommissione per i diritti dell’uomo, poiché si tratta essenzialmente di una relazione sui diritti umani. Raccomando quindi di rinviare la relazione in commissione e chiedo alla sottocommissione per i diritti dell’uomo della commissione per gli affari esteri di esprimere un parere in materia.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Neena Gill (PSE). – (EN) Signor Presidente, in qualità di presidente della delegazione SAARC, riconosco che si tratta di una relazione molto delicata. Tuttavia, dobbiamo anche ammettere che contiene inesattezze fattuali.

Per motivi procedurali, questa relazione è stata approvata in seno alla commissione per lo sviluppo il 19 dicembre 2006 e la scadenza era il 15 gennaio 2007. Il periodo intercorso tra queste due date è stato perlopiù occupato dalla pausa natalizia. Abbiamo esaminato le questioni, abbiamo tenuto diverse riunioni e disponiamo di alternative; vorrei quindi chiedere, in qualità di presidente di delegazione, di avere l’opportunità di esprimere il nostro parere in merito. Sosterrò il rinvio in commissione. Non si può approvare una relazione senza discutere o votare su di essa, perché questo significa aggirare il processo di controllo democratico; a mio avviso, invece, è importante rendere merito a questa Assemblea.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Luisa Morgantini (GUE/NGL). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono molto triste per l’esempio che stiamo dando rispetto ad una risoluzione che noi abbiamo discusso approfonditamente in seno alla commissione per lo sviluppo e per la quale abbiamo avuto tempo per presentare emendamenti. Si tratta di una questione che non interferisce – sicuramente non più di molte altre risoluzioni ben più violente, approvate da questo Parlamento – negli affari interni della Cina.

Sappiamo perfettamente che la questione delle caste è profondamente delicata ma noi abbiamo ascoltato i Dalit, che non vivono soltanto in India bensì in molti altri paesi: si tratta di milioni di persone che vivono in condizioni degradate e disumane.

Mi dispiace ma penso veramente che questo sia un pessimo esempio del nostro Parlamento e ritengo, così come per tutte le altre risoluzioni che vengono votate, che la risoluzione in oggetto, essendo una risoluzione votata dalla commissione per lo sviluppo, debba essere votata in Aula, in quanto riguarda un problema della dignità umana e del diritto di milioni di persone a vivere nel rispetto della loro vita e della loro dignità.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – Onorevoli colleghi, dobbiamo rispettare il Regolamento. Ora vi leggerò il testo dell’articolo 90, paragrafo 4, e vi chiedo di ascoltarlo attentamente, poiché si tratta di legalese di difficile comprensione, ma è questo l’articolo al quale il Presidente deve attenersi, poiché è suo compito osservare il Regolamento in vigore.

L’articolo 90, paragrafo 4, afferma che: “Le raccomandazioni cosi formulate sono iscritte all’ordine del giorno della tornata immediatamente successiva alla loro presentazione. In casi urgenti decisi dal Presidente, le raccomandazioni possono essere iscritte all’ordine del giorno della tornata in corso. Le raccomandazioni si considerano approvate a meno che, prima dell’inizio della tornata, almeno quaranta deputati abbiano espresso per iscritto la loro opposizione; in tal caso le raccomandazioni della commissione sono iscritte all’ordine del giorno della medesima tornata perché siano esaminate e poste in votazione. Un gruppo politico o almeno quaranta deputati possono presentare emendamenti”.

A questo punto devo dire – nel rispetto del Regolamento, come sono tenuto a fare – che prima dell’inizio della tornata non è stata espressa per iscritto alcuna opposizione da parte di quaranta deputati e, pertanto, la mia raccomandazione è che la commissione competente continui a discutere la questione – che è molto delicata – e, qualora a un certo punto dovesse giungere a una conclusione diversa, non vi saranno problemi; in questo momento, però, devo attenermi alle disposizioni del Regolamento.

(Applausi)

 

7.7. Accordo di partenariato CE/Gabon nel settore della pesca (votazione)

7.8. Moratoria sulla pena di morte (votazione)
  

Prima della votazione sul paragrafo 2

 
  
MPphoto
 
 

  Hélène Flautre (Verts/ALE). – (FR) Signor Presidente, vorremmo che al paragrafo 2, dopo “una moratoria universale sulle esecuzioni”, venisse aggiunta la frase “in vista dell’abolizione della pena di morte in tutto il mondo”.

 
  
  

Prima della votazione sul considerando H

 
  
MPphoto
 
 

  Marios Matsakis (ALDE). – (EN) Signor Presidente, vorrei proporre la seguente breve aggiunta al considerando H, riguardante l’esecuzione di Saddam Hussein: “e deplorando il modo in cui è stata effettuata”.

 
  
  

(L’emendamento orale è accolto)

 

7.9. Promuovere diete sane e attività fisica: una dimensione europea per la prevenzione di sovrappeso, obesità e malattie croniche (votazione)
  

Prima della votazione

 
  
MPphoto
 
 

  Philip Bushill-Matthews (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, vorrei fare una breve precisazione a proposito dell’emendamento n. 1, che ho presentato in qualità di relatore ombra a nome del gruppo PPE-DE. Tale affermazione è esatta, ma avrei dovuto aggiungere che l’autore originale era il professor Trakatellis. Gli chiedo scusa per non avere inserito il suo nome. Spero che l’aggiunta del suo nome tra gli autori incoraggi l’Assemblea ad accordare un vasto assenso a questo valido emendamento.

 

7.10. Termini di prescrizione nel caso di danni alle persone e di incidenti mortali nel contenzioso transfrontaliero (votazione)

7.11. Discriminazione di giovani donne e ragazze nel settore dell’istruzione (votazione)
  

Prima della votazione sul considerando G

 
  
MPphoto
 
 

  Zbigniew Zaleski (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, desidero solo formulare una breve dichiarazione a proposito dell’emendamento.

La relazione cita molti aspetti negativi dei cosiddetti fenomeni del femminismo e della segregazione, e quindi ritengo valga la pena di evidenziare un esempio positivo. Marie Skłodowska-Curie potrebbe essere un modello di riferimento come donna, madre, moglie, scienziata, Premio Nobel ed europea esemplare. Per questo mi sorprende che l’onorevole Flasarová, la relatrice, sia contraria a citare Marie Skłodowska-Curie e non riesco a capire perché. Si tratta forse di un caso di rivalità tra donne? E’ un comportamento politicamente e psicologicamente corretto?

 
  
  

Prima della votazione sulla proposta di risoluzione modificata

 
  
MPphoto
 
 

  Věra Flasarová (GUE/NGL), relatore. – (CS) La ringrazio di avermi concesso la parola, signor Presidente. Ritengo che sarebbero davvero troppe da nominare le donne che hanno reso un importante contributo all’Unione europea e all’Europa. Credo pertanto che nell’elenco non dovrebbe figurare solo il nome di Marie Skłodowska-Curie, una donna per cui nutro grande ammirazione. La relazione, a mio avviso, tratta i temi che sono stati menzionati in questa sede. Grazie.

 

7.12. Relazioni dell’UE con le isole del Pacifico: strategia per un partenariato rafforzato (votazione)

7.13. Statuto della società privata europea (votazione)
MPphoto
 
 

  Presidente. – Con questo si conclude il turno di votazioni.

 

8. Dichiarazioni di voto
  

– Relazione Barón Crespo (A6-0473/2006)

 
  
MPphoto
 
 

  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. – (DE) Do il mio voto a favore della raccomandazione per l’omologazione dei dispositivi di separazione destinati a proteggere i passeggeri dallo spostamento dei bagagli, forniti al di fuori della dotazione d’origine dei veicoli perché, in primo luogo, agevola il commercio dei veicoli a motore tra una parte contraente e l’altra e, secondariamente, garantisce anche uno standard elevato di sicurezza e di tutela ambientale.

Ciò considerato, non posso fare altro che sostenere l’armonizzazione delle norme applicabili agli autoveicoli.

 
  
  

– Relazione Barón Crespo (A6-0472/2006)

 
  
MPphoto
 
 

  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. – (DE) Do il mio voto a favore di un regolamento riguardante l’omologazione dei veicoli a motore in riferimento al campo di visibilità anteriore del conducente. L’armonizzazione dei regolamenti applicabili agli autoveicoli ridurrà da una parte le barriere al commercio tra le varie parti contraenti e, dall’altra, garantirà standard elevati di sicurezza.

La proposta garantisce un adeguato campo di visibilità nell’autoveicolo attraverso il parabrezza e altri vetri, cosa che, dal punto di vista della sicurezza generale, va approvata senza riserve.

 
  
  

– Relazione Chichester (A6-0470/2006)

 
  
MPphoto
 
 

  Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Appoggerò questa relazione che consolida il nostro accordo con la Repubblica di Corea sulla cooperazione scientifica e tecnologica. Seul è un operatore industriale globale sempre più importante ed è di vitale importanza che l’Unione assuma impegni con questo paese che è tradizionalmente più vicino agli Stati Uniti che a noi. Suppongo che questo accordo riguarderà la ricerca scientifica e tecnologica nella zona industriale di Kaesong, amministrata congiuntamente dalla Corea del Nord e dalla Corea del Sud, e sono certo che la Repubblica di Corea apprezzerà il nostro impegno che attualmente è rifiutato da Washington.

 
  
MPphoto
 
 

  Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Siamo radicalmente contrari alla proposta del Consiglio sulla cooperazione scientifica tra l’Unione e la Corea, perché l’orientamento e la frammentazione della ricerca contribuiscono alla redditività dei gruppi monopolistici di imprese e del capitale in genere. Ciò è contrario alle esigenze reali dei lavoratori. E’ nell’interesse del popolo lottare contro questa scelta reazionaria nel campo della ricerca e contro accordi analoghi e soprattutto contro la politica sfavorevole ai lavoratori in generale e contro l’Unione stessa, nonché lottare per un cambiamento radicale affinché la ricerca possa essere orientata al soddisfacimento delle esigenze attuali delle classi lavoratrici e proletarie.

 
  
  

– Relazione Budrekaitė (A6-0474/2006)

 
  
MPphoto
 
 

  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore dell’eccellente relazione della deputata lituana, onorevole Budreikaitė, sull’integrazione della sostenibilità nelle politiche di cooperazione allo sviluppo. La collega rileva giustamente che lo sviluppo sostenibile si basa sul presupposto che le esigenze della generazione attuale vadano soddisfatte senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le loro. E’ bene inserire nelle politiche pubbliche europee e in quelle degli Stati membri i concetti dello sviluppo sostenibile, che includono prosperità economica, coesione sociale e rispetto dell’ambiente. Ciò è essenziale relativamente alla cooperazione allo sviluppo, che è molto difficile da conseguire, considerando l’evoluzione demografica del pianeta e la necessità di sradicare la povertà. L’Unione dev’essere all’avanguardia nell’affermazione a livello planetario dei concetti dello sviluppo sostenibile. Questa, dopotutto, è una delle missioni fondamentali dell’Unione.

 
  
MPphoto
 
 

  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione omette di fare riferimento alle cause che sono alla base delle sempre più profonde disuguaglianze e delle asimmetrie di sviluppo, dello sfruttamento sfrenato delle risorse naturali e dell’immane distruzione dell’ambiente nel mondo, e omette di denunciarne il vero responsabile, ovvero il capitalismo. Malgrado ciò, la relazione contiene un’ampia gamma di proposte e considerazioni che approviamo, come l’appello a conseguire l’obiettivo del 0,7 per cento del reddito nazionale lordo per realizzare l’effettiva cooperazione allo sviluppo improntata alla solidarietà.

Tuttavia, non possiamo accettare, per esempio, i seguenti punti:

– poiché “gli enti locali dei paesi in via di sviluppo non sono sempre in grado di sostenere i volumi di finanziamento necessari per investimenti di grandi dimensioni per la costruzione e la manutenzione di reti di infrastrutture, ad esempio per l’approvvigionamento d’acqua o il risanamento”, la relazione conclude che “soltanto l’apporto complementare di capitali privati mediante un partenariato pubblico-privato permetterà di ottenere il volume di finanziamenti necessario”, consegnando così su un piatto d’argento questa risorsa fondamentale per la vita al capitale privato;

– inoltre, subordina la riduzione del debito dei paesi meno avanzati, anziché prevederne la cancellazione, al cosiddetto “buon governo” i cui criteri sono dettati dagli interessi delle grandi potenze.

Da qui il nostro voto.

 
  
MPphoto
 
 

  Andreas Mölzer (ITS), per iscritto. – (DE) Negli ultimi quindici anni abbiamo fatto progressi nella lotta alla povertà, ma siamo ben lontani dai risultati che speravamo di ottenere; infatti, se anche riusciamo a fare progredire lo sviluppo economico di un paese, questo non significa affatto che la povertà si sia ridotta. Non dobbiamo permettere che i finanziamenti destinati a chi si trova in condizioni svantaggiate finiscano in sistemi corrotti o vengano utilizzati per obiettivi quali l’acquisto di armi o il sostegno di regimi dittatoriali.

E’ qui che occorre monitorarne meglio l’efficacia controllando se i fondi per lo sviluppo vengono destinati alla giusta sede e per gli scopi giusti. Si potrebbe anche prendere in considerazione l’ipotesi di concentrarli sui cosiddetti “paesi ancora” che sono in grado di accelerare lo sviluppo di un’intera regione e dobbiamo inoltre essere aperti a nuovi approcci, compreso l’utilizzo del microcredito come mezzo per far sì che i poveri possano stabilmente cavarsela da sé.

 
  
  

– Risoluzione: diritti umani dei Dalit in India (B6-0021/2007)

 
  
MPphoto
 
 

  Charles Tannock (PPE-DE). – (EN) Volevo solo approfondire ciò che ho detto prima riguardo al modo in cui la risoluzione sui diritti umani dei Dalit è passata in Parlamento, senza la possibilità di apportarvi emendamenti, e segnalare in particolare alcune inesattezze fattuali della relazione, che non è mai stata sottoposta per un parere alla commissione per gli affari esteri né alla sottocommissione per i diritti dell’uomo. Vorrei protestare per il modo in cui l’articolo 90, paragrafo 4, è stato utilizzato da alcuni deputati di quest’Assemblea. Per esempio la risoluzione sottolinea l’incidenza dei crimini contro i Dalit e parla di crimini efferati nei loro confronti, come gli omicidi. Beh, vorrei fare presente che, in effetti, in India l’incidenza degli omicidi contro i Dalit è pari al 2,04 per cento, mentre essi costituiscono il 14 per cento della popolazione. Di fatto, quindi, se si è un Dalit, si ha una vita meno insicura di chi appartiene a una delle altre caste.

La risoluzione non fa cenno al funzionamento della legge sulla prevenzione delle atrocità, che ha l’obiettivo di facilitare la condanna di coloro che hanno aggredito i Dalit, e per di più non fa menzione del fatto che il tasso di alfabetizzazione, benché per i Dalit sia molto basso, è vicinissimo alla media nazionale. Né dice che è prevista una ricompensa, da parte del governo, volta fondamentalmente a sradicare il concetto dell’intoccabilità, e che ci sono incentivi in danaro per incoraggiare i matrimoni tra caste diverse.

La relazione è molto sbilanciata; è piena di imprecisioni e deploro, signor Presidente, che lei non sia stato in condizione di rinviarla in commissione, ma non ho altro da aggiungere.

 
  
MPphoto
 
 

  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della proposta di risoluzione presentata dalla commissione per lo sviluppo del Parlamento europeo sulla situazione dei diritti umani dei Dalit in India. Benché io ritenga che l’Unione deve essere molto cauta quando interferisce nelle costituzioni nazionali, sostengo questa risoluzione che denuncia la situazione inaccettabile dei Dalit, dovuta alla mancata applicazione di varie disposizioni che proibiscono discriminazioni in base alla casta.

Secondo la relazione e numerosi studi, i Dalit sono vittime di crimini e di oltraggi impuniti. A ciò s’aggiungono le violenze nei confronti dei bambini e delle donne, le quali sono vittime di una doppia discriminazione – di casta e di genere – durante tutta la loro vita, con annessi abusi sessuali. Sì, il Parlamento ha fatto bene a denunciare quest’ignobile situazione.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Il modo in cui vengono trattati i Dalit in India desta alcune gravi preoccupazioni in materia di diritti umani. Deve esistere un diritto universale a un lavoro dignitoso e alla non discriminazione, e il sistema delle caste, così com’è attualmente in India, non garantisce alcuno di questi diritti ai Dalit. Poiché le basi stesse dell’Unione e del Parlamento europeo si fondano su valori condivisi, di cui la non discriminazione rappresenta un elemento chiave, è nostro dovere esprimere preoccupazione quando vediamo che questi valori vengono violati e che questi diritti sono negati ad altri nei paesi terzi.

 
  
MPphoto
 
 

  Margrietus van den Berg (PSE), per iscritto. – (NL) Il problema enorme che riguarda chi, al giorno d’oggi, è ritenuto senza casta e quindi “intoccabile” è sconvolgente. La segregazione sociale subita dai Dalit si può equiparare all’apartheid che vigeva in Sudafrica.

Il gruppo più numeroso di questi “intoccabili” vive in India ed è costituito da più di 160 milioni di individui cui spesso sono negati diritti fondamentali come l’istruzione, l’assistenza sanitaria e l’acqua potabile pulita, cui non è permesso avere una terra propria e che sono regolarmente vittime di violenza e sfruttamento.

Perciò intendo votare a favore di questa risoluzione che esorta il governo indiano a intensificare gli sforzi per stroncare realmente la discriminazione basata sulle caste e promuovere le pari opportunità. E’ apprezzabile che il Parlamento presenti proposte specifiche per contrastare questa discriminazione strutturale ai danni di un popolo.

Come lo stesso Primo Ministro indiano ha affermato il 27 dicembre 2006, “i Dalit hanno subito, nella nostra società, una discriminazione che è fondamentalmente diversa dai problemi che devono affrontare i gruppi di minoranza in generale. Il solo caso analogo di pratica della “intoccabilità” è stato l’apartheid in Sudafrica.” Spero che l’Unione discuterà il problema nell’ambito delle sue relazioni con l’India e contribuirà a sradicare questa grave ingiustizia sociale.

 
  
  

– Relazione Arnaoutakis (A6-0477/2006)

 
  
MPphoto
 
 

  Josu Ortuondo Larrea (ALDE). – (ES) Signor Presidente, vorrei esprimere il mio appoggio all’accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Comunità europea e la Repubblica del Gabon, nonché al resto degli accordi analoghi conclusi con altri paesi ACP (Africa, Carabi e Pacifico) e con alcuni altri Stati.

Tali accordi si basano sul principio della cooperazione reciproca e sono in linea con l’approccio di partenariato che si sta applicando alla dimensione esterna della nostra politica comune della pesca. Tramite questi accordi conseguiamo un doppio obiettivo: in primo luogo, garantiamo la tutela degli interessi della flotta comunitaria d’altura e, in secondo luogo, miglioriamo le condizioni al fine di pervenire a una pesca sostenibile nelle acque dei paesi partner.

A questo proposito, vorrei concludere sottolineando che l’Unione e la nostra flotta d’altura, in antitesi con altre che operano illegalmente, si sono impegnate ad assicurare la sostenibilità delle attività di pesca mondiali e hanno accettato il Codice di condotta per una pesca responsabile dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura.

Dobbiamo sostenere questo e altri accordi, in quanto promuovono lo sviluppo dei paesi che sono nostri partner.

 
  
MPphoto
 
 

  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il nuovo accordo di partenariato nel settore della pesca con la Repubblica del Gabon, che è entrato in vigore il 3 dicembre 2005, ha una validità di 6 anni e include un protocollo che porterà alla riduzione del 40 per cento delle possibilità di pesca disponibili per le varie flotte degli Stati membri dell’Unione che operano in queste acque, compresa la flotta portoghese.

Inoltre, analogamente ad altri accordi per la pesca del tonno, sono aumentati dal 25 al 35 per cento delle spese totali gli oneri per gli armatori, ovviamente a fronte della riduzione del contributo comunitario.

Di conseguenza, è probabile che ora si assista a uno scarso utilizzo delle possibilità offerte dagli accordi, nonché alla demolizione di molte imbarcazioni per la pesca d’altura, fenomeno che sta già avvenendo in Portogallo.

Questa situazione ci spinge a mettere in forse il reale impatto di questi accordi, che comportano l’aumento dei costi per le flotte e la diminuzione delle possibilità di pesca.

E’ preoccupante, non da ultimo per la flotta portoghese, il fatto che questo accordo pregiudicherà la proporzionalità e la relativa stabilità di quello precedente per quanto riguarda la distribuzione delle opportunità di pesca con altre flotte.

Il Portogallo perderà il 50 per cento delle possibilità di pesca con palangari di superficie, mantenendo solo 3 licenze in luogo delle 6 di cui disponeva in base al precedente accordo.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Appoggio la relazione che modifica l’accordo di partenariato nel settore della pesca. Appoggio in particolare la richiesta di un maggior coinvolgimento parlamentare prima di un’eventuale proroga dell’accordo. Sono inoltre lieto che si vada incontro alle esigenze di sviluppo delle popolazioni costiere.

 
  
  

– Risoluzione: moratoria sulla pena di morte (B6-0032/2007)

 
  
MPphoto
 
 

  Frank Vanhecke (ITS). – (NL) Signor Presidente, è inutile dire che ho votato a favore della risoluzione sulla moratoria universale in materia di pena di morte, perché sono un fermo oppositore della pena capitale, anche a livello personale.

Voglio tuttavia esprimermi con la massima chiarezza. Posso essere contrario alla pena di morte, ma credo fermamente che contro il crimine dobbiamo usare il pugno di ferro. Quello che sto cercando di dire qui è che è a causa dell’apatia e della viltà di molti governi europei se, come avviene nel mio paese, individui che secondo il diritto comune sono pericolosi delinquenti assassini e rapitori di bambini vengono sistematicamente rilasciati con rapidità, ed è pertanto in conseguenza di questo lassismo e di questa viltà che la gente chiede la reintroduzione della pena capitale in Europa. Come oppositore della pena capitale posso capire le motivazioni di queste persone e il mio parere è che si debbano tenere nella giusta considerazione le proteste da loro espresse.

 
  
MPphoto
 
 

  Jean Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della proposta di risoluzione comune presentata da cinque gruppi politici su un’iniziativa a favore della moratoria universale in materia di pena di morte. Nel momento in cui si tiene a Parigi il terzo congresso internazionale contro la pena di morte, era logico che l’Unione riaffermasse le proprie convinzioni e richiedesse di fare tutto il possibile per conseguire una moratoria universale sulle esecuzioni, mirando alla completa abolizione della pena capitale.

Scrivo questo con una certa fierezza, in quanto appartengo a uno Stato membro che, prossimamente, su proposta del suo presidente, il Presidente della Repubblica francese Chirac, e grazie alla saggezza dei suoi rappresentanti eletti, modificherà la sua Costituzione per inserirvi il bando della pena di morte, già previsto dalla legge.

 
  
MPphoto
 
 

  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore di questa risoluzione, perché sono contraria alla pena di morte che, nel XXI secolo, costituisce un terrificante esempio di barbarie e una violazione della dignità umana.

Non si può permettere che questo stato di cose continui. Pertanto concordo con la proposta di chiedere all’Assemblea generale delle Nazioni Unite una moratoria globale sulla pena di morte.

 
  
MPphoto
 
 

  Hanna Foltyn-Kubicka (UEN), per iscritto. – (PL) Non ho firmato la proposta di risoluzione comune, presentata da diversi gruppi politici, sulla moratoria universale in materia di pena di morte, né intendo votarla.

Sottoscrivo in pieno gli impegni assunti dalla Polonia conformemente al diritto internazionale in seguito all’adesione al Consiglio d’Europa e all’Unione, ma non ritengo che l’abolizione della pena di morte in altre parti del mondo sia una soluzione al problema della violenza e della brutalità.

Penso che sia giusto condannare l’abuso della pena capitale e la sua barbara applicazione, come nel caso dell’esecuzione di Saddam Hussein e di Barzan Ibrahim al-Tikriti.

Tuttavia, la completa abolizione della pena di morte nei confronti di criminali, terroristi e dittatori sanguinari nelle regioni del mondo più instabili e violente è una proposta irresponsabile, assurda e dannosa.

Ambendo a introdurre questa moratoria universale, l’Unione non può offrire ai paesi devastati dalla violenza alcun aiuto significativo nel campo della sicurezza pubblica. Pertanto, anche l’iniziativa del governo italiano, che oggi l’Unione si appresta ad approvare, può essere giudicata ipocrita.

 
  
MPphoto
 
 

  Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) L’UE prevede, tra i suoi criteri di adesione, che gli Stati membri non pratichino la pena di morte né che i loro ordinamenti nazionali la contemplino. E’ più che giusto cercare di promuovere questo principio in tutto il mondo.

La pena di morte è un’infamia, dagli Stati Uniti alla Cina, dall’Asia centrale all’Africa centrale. Il problema è che mostriamo una certa ipocrisia quando giudichiamo alcune esecuzioni capitali più accettabili di altre. E’ sbagliato tanto giustiziare Saddam Hussein e Timothy McVeigh, il dinamitardo di Oklahoma City, quanto giustiziare Ken Saro-Wiwa, l’attivista nigeriano per i diritti umani, o le centinaia di vittime del regime brutale e totalitario di Saddam Hussein. Posso soltanto sperare che in futuro ci opporremo a questi barbari spettacoli pubblici nello stesso modo in cui ci opponiamo alle esecuzioni in Cina, dal momento che adesso la tecnologia moderna permette di sostituire le esecuzioni pubbliche con esecuzioni trasmesse via telefonino.

 
  
MPphoto
 
 

  Marcin Libicki (UEN), per iscritto. – (PL) Non ho firmato la proposta di risoluzione comune, presentata da diversi gruppi politici, sulla moratoria universale in materia di pena di morte, né intendo votarla.

Sottoscrivo in pieno gli impegni assunti dalla Polonia conformemente al diritto internazionale in seguito all’adesione al Consiglio d’Europa e all’Unione, ma non ritengo che l’abolizione della pena di morte in altre parti del mondo sia una soluzione al problema della violenza e della brutalità.

Penso che sia giusto condannare l’abuso della pena capitale e la sua barbara applicazione, come nel caso dell’esecuzione di Saddam Hussein e di Barzan Ibrahim al-Tikriti.

Tuttavia, la completa abolizione della pena di morte nei confronti di criminali, terroristi e dittatori sanguinari nelle regioni del mondo più instabili e violente è una proposta irresponsabile, assurda e dannosa.

Ambendo a introdurre questa moratoria universale, l’Unione non può offrire ai paesi devastati dalla violenza alcun aiuto significativo nel campo della sicurezza pubblica. Pertanto, anche l’iniziativa del governo italiano, che oggi l’Unione si appresta ad approvare, può essere giudicata ipocrita.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) I diritti umani fondamentali sono una parte essenziale del ruolo e dell’identità dell’Unione europea. Come Istituzione comunitaria, il Parlamento europeo ha il dovere di sostenere gli sforzi volti a diffondere questi valori oltre i confini dell’Unione. Il sostegno alla moratoria sulla pena di morte evidenzia la necessità di difendere universalmente alcuni diritti umani. Appoggio in particolare il riferimento della risoluzione al modo ignominioso in cui è stato giustiziato Saddam Hussein.

 
  
MPphoto
 
 

  Jean-Claude Martinez (ITS), per iscritto. – (FR) Certo, c’è la Francia, con i suoi pasticci giudiziari; certo, c’è l’Iraq, dove i giudici del capo dello Stato sono arrivati a cavallo dei missili degli invasori, e naturalmente c’è la Cina, dove tutto è in vendita, anche la pallottola per farsi saltare le cervella. Poi c’è la Libia e il caso delle infermiere bulgare.

Nel XXI secolo, in cui le questioni sono volutamente sempre più confuse, la pena di morte viene eseguita negli ospedali francesi, nei quali si uccidono gli anziani per liberare i letti e mettere i conti in pareggio. Viene eseguita nell’Europa di Maastricht, dove abbiamo ucciso il nostro futuro staccando la spina dei finanziamenti indispensabili.

La lebbra ideologica del reverendo Malthus – la crescita zero e il sottosviluppo sostenibile – ha contagiato i nostri decisori. Sembrerebbe che non ci siano posti a sufficienza al banchetto dell’umanità. Così lasciamo gli anziani alla mercé delle ondate di caldo e delle iniezioni letali, prepensioniamo le persone e riduciamo le loro ore di lavoro. Il diritto tributario strangola, il diritto del lavoro può essere soffocante e le leggi di bilancio ci derubano. Frattanto, al vertice di questa scala di tormenti malthusiani, il diritto penale dà l’ultimo tocco a questa nostra società con la cultura della morte. Nell’economia malthusiana lo “Stato eutanasia”, il “principio precauzionale” e la pena suprema dell’esecuzione sono alleati dell’orgoglio e del compiacimento.

 
  
MPphoto
 
 

  Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) L’elenco dei paesi che autorizzano la pena di morte è lungo e l’elenco delle vittime lo è ancora di più: solo nel 2005 sono state giustiziate 2 148 persone.

E in Europa? Si può essere uno Stato europeo e al contempo tollerare la pena di morte? No e poi no! Inoltre i paesi candidati all’adesione all’Unione europea sono di fatto obbligati ad abolirla.

Noi, deputati europei, pensiamo addirittura che si debba essere ancora più ambiziosi. E’ questo l’obiettivo della risoluzione contro la pena di morte approvata oggi dal Parlamento. Con la prevedibile eccezione dell’estrema destra, tutti i gruppi politici del Parlamento avevano già sottoscritto la dichiarazione a favore della moratoria sulla pena di morte, in vista della sua abolizione universale.

E’ stata raggiunta la maggioranza richiesta per adottare la risoluzione, con un consenso non comune per il Parlamento. Da tale maggioranza si evince che l’aderire alla Comunità non significa solo mettersi d’accordo sulle quote di pesca. Se ne deduce soprattutto che l’Europa non transige sui suoi valori fondamentali. L’Europa è all’avanguardia nella lotta per l’abolizione della pena di morte, un fatto che merita di essere evidenziato.

 
  
MPphoto
 
 

  Konrad Szymański (UEN), per iscritto. – (PL) Non ho firmato la proposta di risoluzione comune, presentata da diversi gruppi politici, sulla moratoria universale in materia di pena di morte, né intendo votarla.

Sottoscrivo in pieno gli impegni assunti dalla Polonia conformemente al diritto internazionale in seguito all’adesione al Consiglio d’Europa e all’Unione, ma non ritengo che l’abolizione della pena di morte in altre parti del mondo sia una soluzione al problema della violenza e della brutalità.

Penso che sia giusto condannare l’abuso della pena capitale e la sua barbara applicazione, come nel caso dell’esecuzione di Saddam Hussein e di Barzan Ibrahim al-Tikriti.

Tuttavia, la completa abolizione della pena di morte nei confronti di criminali, terroristi e dittatori sanguinari nelle regioni del mondo più instabili e violente è una proposta irresponsabile, assurda e dannosa.

Ambendo a introdurre questa moratoria universale, l’Unione non può offrire ai paesi devastati dalla violenza alcun aiuto significativo nel campo della sicurezza pubblica. Pertanto, anche l’iniziativa del governo italiano, che oggi l’Unione si appresta ad approvare, può essere giudicata ipocrita.

 
  
  

– Relazione Ries (A6-0450/2006)

 
  
MPphoto
 
 

  Christofer Fjellner (PPE-DE).(SV) Signor Presidente, la relazione dell’onorevole Ries e la lotta all’obesità sconfinano in modo preoccupante in questioni che penso rientrino nella competenza degli Stati membri. Inoltre la relazione affronta temi di cui i politici non devono occuparsi affatto. A mio avviso, manca del tutto il punto di vista del singolo individuo.

Affermare che l’obesità è una malattia cronica non è solo errato, significa prendersi la responsabilità di chi è soprappeso o, peggio ancora, privare una gran quantità di persone soprappeso della speranza di essere in grado di influire sulla propria situazione. Essere in soprappeso può essere effettivamente un sintomo di una malattia cronica, ma andare oltre vuol dire forgiare il marchio del quale la relazione sostiene di volersi sbarazzare.

Tuttavia ciò che è, a mio avviso, più grave, è una cosa ben diversa: il desiderio di condurre i media in una direzione che, nella situazione attuale, è opportunistica. Questo è inaccettabile e non è ciò che i politici devono fare. Mi sorprende che tanti tra i deputati svedesi miei colleghi abbiano votato a favore della relazione. Noi conservatori svedesi abbiamo ovviamente votato contro.

 
  
MPphoto
 
 

  Jan Andersson, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. – (SV) Non riteniamo che la valutazione di ciò che viene considerato obesità cronica sia un tema politico. Questo compito deve spettare alla scienza medica. Pertanto ci siamo astenuti dal votare in merito a questo tema.

 
  
MPphoto
 
 

  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore dell’eccellente relazione della mia collega, l’onorevole Ries, sulla dimensione europea nella prevenzione di soprappeso, obesità e malattie croniche. In Europa il numero delle persone affette da obesità è aumentato drasticamente negli ultimi trent’anni. Questa evoluzione è paragonabile a quanto è avvenuto negli Stati Uniti nel corso degli anni ‘90: oggi, in Europa, il 27 per cento degli uomini e il 38 per cento delle donne sono considerati in soprappeso o obesi.

Le proposte del Parlamento sono basate su alimentazione sana, attività fisica e cure da prestare sin dall’infanzia e per tutto il corso della vita adulta. I professionisti della salute, lo sport, la qualità dei prodotti agricoli, le mense scolastiche, l’istruzione, la comunicazione e l’etichettatura nutrizionale sono tutti fattori, tra gli altri, sui quali l’Unione deve fare assegnamento per combattere questa piaga.

E’ molto importante che la Commissione effettui uno studio socioeconomico sulle conseguenze delle malattie legate al soprappeso, non solo a livello delle spese per le cure sanitarie, che come sappiamo rappresentano fra il 4 ed il 7 per cento delle spese totali, ma anche a livello di occupazione: disoccupazione, astensioni dal lavoro e invalidità.

 
  
MPphoto
 
 

  Liam Aylward (UEN), per iscritto. – (EN) In settimana avevo invitato il governo irlandese a presentare proposte che avranno l’effetto di proibire del tutto le pubblicità di prodotti alimentari e di bevande con un alto tenore di grassi, sale e zuccheri specificatamente destinati ai bambini al di sotto dei 16 anni.

L’obesità infantile è un grave problema in Irlanda e in Europa e questo problema va effettivamente affrontato di petto.

Un divieto come quello a cui mi riferisco sta per essere introdotto nel Regno Unito dopo quattro anni di esaurienti ricerche e consultazioni. Queste ricerche comprendevano 2 000 interviste a bambini, genitori e insegnanti, nonché dettagli sulle abitudini alimentari delle famiglie desunti da un campione di 11 000 persone, e hanno rivelato chiaramente che la pubblicità televisiva incide sulle preferenze dietetiche dei bambini.

Secondo le stime del governo britannico, nelle famiglie in cui i bambini guardano anche un gran numero di programmi destinati agli adulti oltre a quelli per i ragazzi e i bambini, questi ultimi vedrebbero il 41 per cento in meno di pubblicità di prodotti alimentari e di bevande con un alto tenore di grassi, sale e zuccheri.

Stiamo parlando della tutela dei nostri figli e questo dev’essere il nostro principale interesse, sempre.

 
  
MPphoto
 
 

  Lena Ek e Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. – (SV) Le questioni di sanità pubblica sono importantissime e le persone con problemi di salute hanno bisogno di tutto l’appoggio che possono ottenere.

A nostro avviso, però, la risoluzione oltrepassa i limiti della sussidiarietà. Le questioni in discussione devono essere invece affrontate a livello nazionale e regionale, motivo per cui abbiamo deciso di astenerci.

 
  
MPphoto
 
 

  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione perché la lotta all’obesità dev’essere una priorità politica per l’Unione. Dopotutto, il 27 per cento degli uomini e il 38 per cento delle donne europee sono in soprappeso.

Ancora più preoccupante è l’obesità infantile. Più di 5 milioni di bambini (nell’Europa dei 25) sono obesi e, ogni anno, emergono circa 300 mila nuovi casi. Occorre invertire questa tendenza.

Concordo su gran parte delle misure proposte, per esempio l’informazione dei consumatori sin dall’infanzia, le limitazioni alla pubblicità televisiva, le indicazioni nutrizionali e sulla salute sulle etichette degli alimenti, nonché una maggior coerenza tra la politica agricola comune e le politiche sanitarie.

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Vediamo con favore l’approvazione della relazione che, tra altri punti, include le seguenti questioni chiave: il riconoscimento del fatto che promuovere un regime alimentare sano e l’attività fisica dev’essere una priorità politica per gli Stati membri e per l’Unione perché si tratta d’una componente fondamentale per la lotta all’obesità, nonché la raccomandazione di riconoscere ufficialmente l’obesità come malattia cronica.

L’obesità è la manifestazione più comune della cattiva alimentazione e deriva da un accumulo eccessivo di grassi. E’ associata a malattie debilitanti progressive e costituisce un grave rischio di incremento della mortalità per il rimanente della popolazione. Come tale, sta diventando un problema sempre più grande di salute pubblica.

Come afferma la relazione, secondo dati del 2006 sono già più di 300 milioni le persone obese in tutto il mondo, un numero che si è più che raddoppiato negli ultimi 15 anni.

Pertanto, oltre a incentivare la lotta alla malattia contemplando l’accesso dei pazienti alle cure sanitarie, ai farmaci, alla consulenza psicologica e così via, occorre adottare una strategia di prevenzione che comporti la promozione di un regime alimentare e di stili di vita salutari, con particolare attenzione alle donne e ai bambini perché, come gli studi effettuati hanno dimostrato, questi soggetti sono particolarmente vulnerabili a questa malattia.

 
  
MPphoto
 
 

  Christa Klaß (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Tutto quello che cerchiamo di fare in materia di ambiente e sanità mira a proteggere la salute. La responsabilità in merito spetta agli Stati membri e deve restare di loro competenza. Il concetto di prevenzione sta diventando sempre più importante. La relazione Ries descrive i rischi che l’obesità, il soprappeso e le malattie croniche comportano per la salute. Perché i nostri bambini sono soprappeso?

Quali sono le cause? Questi problemi vanno discussi per sensibilizzare soprattutto le famiglie. La capacità di mantenere sano il nostro corpo giorno dopo giorno è un messaggio che va comunicato mediante la scuola e l’istruzione di carattere generale. La prevenzione di queste malattie comporterà necessariamente cambiamenti sociali, ma ciò non si potrà realizzare solo imponendo divieti alla pubblicità, diffondendo informazioni sulla salute e fornendo sacche sportive ai bambini quando cominciano le elementari. Viviamo in una società che va di fretta; quando entrambi i genitori lavorano, spesso manca il tempo per la famiglia, per allevare i figli e per cucinare.

Di conseguenza, è sempre più importante che la società intervenga preventivamente e che alle scuole e alle strutture scolastiche venga affidato l’insegnamento di quanto occorre sapere per la vita di ogni giorno. Anche così non dobbiamo smettere di ricordare alle famiglie i compiti e i doveri che competono loro e di metterle in grado di farvi fronte e onorarli. Neppure l’Unione può fare dimagrire la gente, né far sì che possa godersi la vita in salute. Gli Stati membri devono elaborare piani d’azione e provvedimenti, ma è la gente che deve metterli in pratica da sé.

 
  
MPphoto
 
 

  Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto. – (FR) E’ lodevole che la Commissione, per combattere il soprappeso, l’obesità e le malattie croniche, si preoccupi del fatto che tutti fruiscano di un’alimentazione sana e s’impegnino nell’attività fisica.

La proposta fiume di risoluzione, con i suoi 18 considerando e i suoi 53 paragrafi, prodotta dalla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, è tuttavia inaccettabile in quanto propone disposizioni che preannunciano un’ambigua ingerenza nelle competenze degli Stati membri, in parte sotto forma di un quadro legislativo comunitario.

Mi associo ovviamente al grido d’allarme che vogliamo fare risuonare di fronte all’epidemia di obesità che riguarda 3 milioni di bambini e il 20-30 per cento degli adulti, mentre 14 milioni di bambini e la metà della popolazione adulta sono in soprappeso.

Nella lotta per promuovere sane abitudini alimentari e il consumo di prodotti di alta qualità abbiamo alleati di grande levatura, ovvero gli eurochef, un’associazione che riunisce 4 000 cuochi di 17 Stati membri, cuochi che aderiscono a un codice d’onore e difendono la qualità intrinseca dei cibi salvaguardando i prodotti locali.

Credo che faremmo bene ad approfittare della loro professionalità e della loro disponibilità a promuovere le migliori pratiche...

(Dichiarazione di voto abbreviata conformemente all’articolo 163, paragrafo 1, del Regolamento)

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Sostengo energicamente la relazione e il Libro verde della Commissione che s’intitola “Promuovere le diete sane e l’attività fisica: una dimensione europea nella prevenzione di sovrappeso, obesità e malattie croniche”, cui fa riferimento la relazione. Le questioni di sanità pubblica stanno destando sempre maggiore preoccupazione in Europa e questo documento fornisce un contributo bene accetto. Il rilievo dato dalla relazione al ruolo chiave svolto dalle scuole è apprezzabile, come lo è la richiesta di interventi volti a contrastare il declino allarmante del valore nutrizionale di frutta e verdura.

 
  
MPphoto
 
 

  Andreas Mölzer (ITS), per iscritto. – (DE) Il fatto è che tutti sappiamo cosa sia sano e cosa no, anche senza le etichette imposte dall’Unione, eppure le nostre abitudini alimentari e di vita sono cambiate a tal punto che l’obesità, con tutte le conseguenze che comporta per la nostra salute, ha assunto proporzioni allarmanti. Tuttavia, la combinazione di scarsità di moto, cattiva alimentazione e troppa televisione rende anche la gente più aggressiva.

Da tempo sono in corso vari piani d’azione sulla salute ed è più che giusto che debbano essere avviati nei primi anni di scuola, perché è proprio in quell’età che il rischio di sovralimentazione compulsiva è molto alto, ma i certificati nutrizionali, gli asili infantili particolarmente attenti alla salute e persino i divieti pubblicitari non ci porteranno dove vogliamo arrivare. E’ nella famiglia che bisogna sentire e incoraggiare l’amore per lo sport, così importante per ridurre lo stress e l’aggressività, nonché sane abitudini alimentari.

Eppure è proprio questa, la pietra angolare della nostra società, ad essere costantemente sotto il tiro del moderno mondo del lavoro con i suoi orari lavorativi flessibili, il lavoro a turni e nel fine settimana e la richiesta continuamente rinnovata di orari d’apertura più lunghi. Quando si è stanchi fino allo sfinimento per via di una lunga giornata di lavoro, è più facile buttarsi su cibi pronti che fare la fatica di cucinare; ci si trova a desiderare di addormentarsi davanti al televisore con le patatine fritte e una bevanda gassata, e i bambini imitano il comportamento degli adulti.

Mentre esortiamo la gente a un maggiore esercizio fisico, limitiamo le lezioni di ginnastica per ragioni di bilancio o esoneriamo i bambini stranieri dal seguirle per motivi religiosi e le società sportive vedono scemare il loro sostegno.

 
  
MPphoto
 
 

  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. – (EN) Sostengo la relazione dell’onorevole Ries sulla promozione delle diete sane e dell’attività fisica. Concordo che la lotta all’obesità infantile debba essere una priorità politica dell’Unione e dei suoi Stati membri. Dobbiamo prendere provvedimenti urgenti per incoraggiare i bambini a adottare uno stile di vita sano ed esortare gli Stati membri a incrementare l’educazione fisica nelle scuole.

Constato con piacere che la relazione riconosce l’importanza e il potenziale dei sistemi di indicazioni nutrizionali introdotti in diversi Stati membri. Approvo le richieste fatte alla Commissione al fine di ricercare e sviluppare a livello comunitario un “sistema scientifico di etichettatura di indicazioni nutrizionali sulla parte anteriore della confezione”. Credo che questo sia un modo semplice ma efficace per incoraggiare la gente a operare scelte più sane. Dobbiamo intervenire con urgenza per far sapere ai cittadini che la loro salute e quella delle generazioni future è nelle loro stesse mani.

 
  
MPphoto
 
 

  Marianne Thyssen (PPE-DE), per iscritto. – (NL) Cattive abitudini alimentari mantenute a lungo e mancanza di esercizio fisico fanno sì che migliaia di persone, nell’Unione, soffrano di obesità ogni anno. Ciò aumenta il rischio di numerose malattie gravi, comprese quelle cardiache, pressione alta e disturbi respiratori.

Questo non incide solo sulla salute pubblica, ma aumenta anche il costo delle assicurazioni contro le malattie negli Stati membri. Pertanto sarei favorevole a un approccio integrato al problema. La sensibilizzazione e l’educazione dei consumatori, lo scambio di migliori pratiche tra Stati membri, un’etichettatura chiara sugli alimenti o campagne nelle scuole per promuovere stili di vita più sani: questi sono tutti accorgimenti per determinare i necessari cambiamenti comportamentali.

La lotta alla pancia va oltre le frontiere. In Europa possiamo fornire un contributo positivo e imparare gli uni dagli altri i sistemi per affrontare il problema. La cooperazione con gli Stati membri, le industrie, i media, l’istruzione e la società civile mi sembra la soluzione giusta.

 
  
MPphoto
 
 

  Lars Wohlin (PPE-DE), per iscritto. – (SV) Non c’è dubbio che l’obesità e l’eccesso di peso costituiscano un grave problema di sanità pubblica anche in Europa, un problema che deve figurare ai primi posti nella nostra agenda. Tuttavia, contrariamente a quanto fa la relazione, non bisogna farvi riferimento come a malattie croniche. E’ inoltre importante che ai bambini in età scolare vengano date opportunità di usufruire dell’istruzione sportiva e di praticare attività fisica durante gli intervalli. Spetta però a ciascuno Stato membro stabilire quale priorità assegnare alla questione che, considerando il principio di sussidiarietà, non può essere trasportata a livello comunitario. Pertanto ho deciso di votare contro la relazione nel suo complesso.

 
  
  

– Relazione Wallis (A6-0405/2006)

 
  
MPphoto
 
 

  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore dell’eccellente relazione dell’onorevole Wallis, che contiene diverse raccomandazioni sui termini di prescrizione nelle controversie transfrontaliere riguardanti lesioni personali e incidenti mortali. Contribuendo alla costruzione del nostro spazio europeo, dobbiamo fare tutto il possibile per semplificare la vita dei nostri concittadini. Ciò vale anche per l’armonizzazione dei termini di prescrizione. Introdurre il principio del paese d’origine, almeno provvisoriamente, è un’idea molto interessante perché in tal modo conferirebbe alla vittima diritti che le sono familiari. La relazione manda un duro messaggio alla Commissione e prova che il Parlamento è in attesa di una proposta legislativa che andrà preceduta da uno studio sulla questione.

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il traffico transfrontaliero è aumentato come il numero degli incidenti che coinvolgono residenti di altri Stati membri dell’Unione. Un’inchiesta sugli effetti dell’esistenza di termini diversi di prescrizione e, in particolare, sul numero di casi relativi a lesioni personali in cui sono coinvolti cittadini in zone transfrontaliere – casi che comportano termini di prescrizione diversi –, può aiutarci a comprendere la situazione.

Ci sono periodi di prescrizione che variano da tempi brevi come 12 mesi, in alcuni Stati, fino a 30 anni o più in altri. Così la parte lesa rischia di vedersi negare il proprio diritto al risarcimento perché non ha avviato il procedimento giudiziario in conformità con la normativa straniera applicabile in materia di prescrizione.

Perciò quelli che rischiano maggiormente di vedere limitare i propri diritti sono i componenti più vulnerabili della società, tra cui quelli che sono stati feriti più gravemente o che, per qualche motivo, non sono in grado di tutelare adeguatamente i loro stessi diritti.

Pertanto può essere opportuno trovare una soluzione equa e praticabile che aiuti le vittime e i loro rappresentanti senza che le spese assicurative diventino insostenibili e senza mettere in forse il principio di sussidiarietà, o senza che si vada alla ricerca di paesi in cui i costi per gli assicuratori sono minori, come può accadere se il principio del paese di origine viene applicato nei loro confronti.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore delle proposte sui termini di prescrizione nelle controversie transfrontaliere riguardanti lesioni personali e incidenti mortali. Reputo essenziale che i cittadini europei possano godere della libertà di viaggiare all’interno dell’Unione ed essere certi del fatto che, se dovessero sorgere problemi, non dovranno far fronte a inutili restrizioni per ottenere un’adeguata riparazione legale oltre confine. La relazione farà la sua parte a tal fine: chiede alla Commissione di compiere un’indagine sugli effetti che l’esistenza di termini di prescrizione diversi ha sul mercato interno e in particolare sui cittadini che esercitano le loro libertà a norma del Trattato. E’ bene che qualunque nuova normativa in questo settore si basi su prove solide, anche per garantire che qualsiasi legge futura preveda misure specifiche e mirate per affrontare i problemi. Pertanto ho votato a favore della relazione Wallis, che chiede alla Commissione di fornire gli elementi probatori atti a permettere a questa legge di andare avanti.

 
  
  

– Relazione Flasarová (A6-0416/2006)

 
  
MPphoto
 
 

  Nina Škottová (PPE-DE).(CS) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, ciò che mi ha colpito nella relazione è l’accento posto sul fatto che le donne conseguono un numero significativamente inferiore di qualifiche accademiche rispetto agli uomini. Solamente il 15 per cento dei professori ordinari sono donne, mentre il numero di donne che si laureano è superiore a quello degli uomini, attestandosi al 59 per cento del totale. La bassa proporzione di donne con qualifiche accademiche non può essere imputata alla discriminazione ai danni di giovani donne e ragazze nell’accesso all’istruzione. Dietro a questo dato c’è tutta una serie di altri fattori. Se vogliamo davvero invertire la tendenza, è essenziale definire e analizzare questi fattori e cercare di affrontare la questione in modo mirato. Ad esempio, è necessario eliminare gli stereotipi nelle gerarchie a livello organizzativo. Le donne sono molto ben accolte e accettate come membri di gruppi di ricerca. La fiducia nelle loro capacità viene meno, tuttavia, se si tratta di affidare loro un ruolo direttivo. Eppure sono proprio queste cariche che permettono la creazione di scuole in campo scientifico e contribuiscono allo sviluppo di varie discipline e specializzazioni nelle facoltà universitarie. Ribadire di tanto in tanto che si dovrebbe aumentare il numero di donne nel mondo accademico va benissimo, ma è di gran lunga insufficiente rispetto a quel che sarebbe necessario realizzare. Dobbiamo piuttosto definire in modo preciso le condizioni dell’intero processo e lavorare per ottimizzarle in modo che le donne siano più coinvolte. Grazie.

 
  
MPphoto
 
 

  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione della collega Věra Flasarová sulla discriminazione nei confronti di giovani donne e ragazze nel settore dell’istruzione. Abbiamo infatti il dovere di combattere collettivamente la situazione attuale caratterizzata dal fatto che le donne sono meno numerose degli uomini nel conseguire qualifiche post-laurea e nel proseguire la formazione lungo tutto l’arco della vita per ragioni connesse al genere. L’istruzione è uno dei prerequisiti necessari ma di certo non l’unico, per godere pienamente di tutti gli altri diritti sociali, economici, culturali e politici e per assumere i propri doveri di cittadini. Nutro grandi speranze nelle attività del futuro Istituto per l’uguaglianza di genere. Occorre altresì combattere la discriminazione che si trovano a dover affrontare le donne, in particolare le più giovani, quando vivono in comunità che non rispettano la parità tra i sessi, respingendo qualsiasi forma di relativismo culturale e religioso suscettibile di violare i diritti fondamentali delle donne. Le ragazze devono avere accesso alla scuola dell’obbligo alla pari dei ragazzi.

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Come sottolinea la relatrice, benché sia stato provato da tempo che donne e ragazze non sono meno capaci degli uomini e dei ragazzi nel campo dell’istruzione, per svariati fattori esse continuano a trovarsi in una posizione di svantaggio, specialmente nell’istruzione di livello superiore e nella formazione permanente.

Nel 2004 negli Stati membri dell’UE otto ragazze su dieci che studiavano in istituti di istruzione superiore hanno completato gli studi. Si tratta di un numero più elevato rispetto a quello dei ragazzi, dei quali soltanto tre su quattro hanno completato gli studi: ciò dimostra che le ragazze non sono meno motivate o capaci dei ragazzi in materia di istruzione.

Eppure la proporzione di ragazze che proseguono gli studi o che intraprendono la carriera accademica è inferiore. Sebbene le donne superino numericamente gli uomini nell’istruzione di livello universitario, attestandosi al 59 per cento contro il 41 per cento, soltanto il 43 per cento delle persone che hanno compiuto studi postuniversitari e appena il 15 per cento dei professori ordinari universitari è costituito da donne. Queste cifre dimostrano la spiccata disuguaglianza tra i sessi in termini di apprendimento permanente e di proseguimento dell’istruzione delle donne al di fuori dell’ambito accademico, confermando così che entrambi i fenomeni sono radicati nella persistente disuguaglianza tra i sessi, ben visibile anche nelle discriminazioni in termini di retribuzione.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione poiché mira ad affrontare le disuguaglianze che ancora persistono ai danni delle donne, principalmente nell’accesso e nel conseguimento di qualifiche accademiche di livello superiore, compreso a livello post-laurea e nella ricerca scientifica, nonché nell’ambito dell’apprendimento lungo l’intero arco della vita.

E’ necessario rivedere il contenuto dei libri di testo e assicurare che la formazione degli addetti al settore dell’istruzione sia orientata al soddisfacimento dei requisiti di una politica di genere equilibrata. Penso sia importante che la Commissione e gli Stati membri attuino una politica a favore delle minoranze nazionali, etniche e culturali, prestando particolare attenzione a un approccio multiculturale e consentendo l’accesso a un’istruzione di qualità per evitare una doppia discriminazione.

Ho votato a favore di questa relazione poiché ha il potenziale di eliminare gli stereotipi relativi alla discriminazione nei confronti delle donne sul posto di lavoro.

 
  
MPphoto
 
 

  Bernadette Vergnaud (PSE), per iscritto. – (FR) I progressi compiuti in materia di uguaglianza tra uomini e donne nel campo dell’istruzione sono soprattutto quantitativi. D’ora in avanti dobbiamo lottare per un miglioramento qualitativo e per un cambiamento di mentalità, badando in particolare alla situazione delle ragazze e delle giovani donne che sono vittime di una duplice discriminazione.

Ho quindi votato a favore della relazione dell’onorevole Flasarová, che raccomanda alla Commissione e agli Stati membri di attuare una politica a favore delle minoranze nazionali, etniche e culturali, adottando in particolare un approccio multiculturale e permettendo l’accesso a un’istruzione di qualità, al fine di evitare una doppia discriminazione. La relazione chiede anche agli Stati membri di offrire possibilità di accesso all’istruzione lungo l’intero arco della vita alle donne e agli uomini che si occupano dei propri figli e di favorire l’accesso delle donne a posizioni di responsabilità e a livello decisionale.

Infine, gli Stati membri e la Commissione dovrebbero utilizzare tutti i mezzi di cui dispongono per eliminare gli stereotipi che contribuiscono alla discriminazione delle donne sul posto di lavoro.

 
  
  

– Relazione Deva (A6-0325/2006)

 
  
MPphoto
 
 

  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore dell’eccellente relazione del collega britannico Deva sulle relazioni dell’Unione europea con le isole del Pacifico, che sostiene una strategia per un partenariato rafforzato. L’Unione europea è molto presente nelle isole del Pacifico in un contesto contrassegnato dal fatto che la maggioranza dei paesi insulari del Pacifico ha conquistato l’indipendenza di recente. La politica volta ad aiutare i paesi insulari più poveri a conseguire gli Obiettivi di sviluppo del Millennio è un’ambizione adeguata e legittima per l’Unione europea. Che si tratti della pesca, del problema del cambiamento climatico, della protezione della biodiversità, dell’agricoltura, del turismo, del finanziamento delle infrastrutture, del sostegno all’istruzione, della lotta alla corruzione, del sostegno alla democrazia nei parlamenti di questi Stati, dell’uso dell’euro eccetera, esistono numerosi aspetti in cui la presenza dell’Unione europea può apportare un valore aggiunto incontestabile, ma molto resta ancora da fare.

 
  
MPphoto
 
 

  Marie-Arlette Carlotti (PSE), per iscritto. – (FR) Dopo trent’anni di cooperazione UE-Pacifico, è ora di cambiare marcia. Perciò mi rallegro dell’adozione di questa “strategia per un partenariato rafforzato”.

La strategia comporta un rafforzamento del dialogo politico: dobbiamo infatti sostenere i nostri partner del Pacifico negli sforzi volti a superare le tensioni etniche, come nelle isole Figi, o a favorire la riconciliazione dopo una guerra civile, come nelle isole Salomone o a Timor Est. Nei prossimi anni questo dialogo politico deve anche permetterci di affrontare insieme una sfida importante: quella del riscaldamento climatico. Per lanciare questo dialogo politico rafforzato, possiamo organizzare con i nostri partner regionali le “conferenze regionali” previste dal nuovo accordo di Cotonou.

La strategia comporta risposte comuni ai problemi economici e sociali della regione. Anche qui la priorità è la realizzazione degli Obiettivi di sviluppo del Millennio entro le scadenze stabilite. I negoziati in corso sulla conclusione di un accordo di partenariato regionale UE-Pacifico sembrano a tale riguardo essere cominciati male.

La maggior parte delle proposte degli Stati della regione è stata respinta dalla Commissione. Sarebbe paradossale votare oggi a favore di una strategia per un partenariato rafforzato mirato allo sviluppo, che la conclusione di un cattivo accordo di partenariato economico svuoterebbe, domani, del suo contenuto.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione e accolgo con favore il fatto che chieda di vietare i test nucleari e di denuclearizzare la regione del Pacifico.

 
  
MPphoto
 
 

  José Ribeiro e Castro (PPE-DE), per iscritto. – (PT) In considerazione del fatto che alcuni Stati membri dell’UE hanno relazioni storiche e mantengono legami con questa regione, in termini politici o in termini culturali ed economici, l’Unione europea nel suo insieme dovrebbe potenziare tali legami a beneficio reciproco dei paesi della regione e degli Stati membri.

Data l’eterogeneità della regione, la dispersione delle sue comunità e i problemi specifici derivanti dalla natura insulare di molti dei paesi che la compongono, si rende necessario un approccio flessibile ed equilibrato da parte dell’Europa, che è già uno dei principali donatori internazionali.

Come portoghese, non posso che accogliere con favore l’esortazione rivolta dal relatore alla Commissione affinché predisponga programmi mirati a combattere la malaria a Timor Est. Ritengo, tuttavia, che tale appello debba essere esteso anche alle altre malattie infettive e contagiose che stanno devastando il paese.

Sono altresì lieto che sia stata richiamata l’attenzione sui problemi specifici di Timor Est e sottoscrivo l’invito alla Commissione europea ad appoggiare i leader di tale paese negli sforzi volti a costruire una società democratica, stabile, riconciliata, libera, prospera e giusta.

 
  
MPphoto
 
 

  Margie Sudre (PPE-DE), per iscritto. – (FR) La pesca costituisce nell’Oceano Pacifico una risorsa fondamentale per le economie locali, e nella regione operano navi provenienti da tutto il mondo, in particolare dall’Europa. Ciò giustifica che la commissione per la pesca, di cui faccio parte, sia consultata su questa relazione.

A ottobre la commissione per lo sviluppo e il suo relatore hanno cercato di imporci la relazione senza possibilità di modifica, ma la proposta è stata respinta. La commissione per la pesca ha quindi avuto modo di proporre alcuni miglioramenti da apportare alla relazione, in particolare nella forma di una migliore cooperazione regionale e soprattutto con l’inclusione dei paesi e dei territori d’oltremare.

Il parere della commissione per la pesca è stato adottato all’unanimità dai suoi membri a novembre. Ora, alla vigilia della discussione in plenaria, ci viene annunciato che il nostro parere non sarà integrato nel documento e che solo alcuni elementi, selezionati arbitrariamente, saranno proposti come nuovi emendamenti.

Dinanzi alla nostra indignazione, è stato deciso di aggiungere il nostro parere alla relazione finale come “erratum/addendum”, senza votazione, che non è certo molto meglio.

La strategia in questione mirava in particolare a rafforzare il dialogo politico tra l’Unione e le isole del Pacifico. Sarebbe altrettanto auspicabile più dialogo tra le nostre commissioni parlamentari, che non distano neppure migliaia di chilometri!

 
  
  

– Relazione Lehne (A6-0434/2006)

 
  
MPphoto
 
 

  Jan Andersson, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. – (SV) Se sarà stabilito a livello europeo un nuovo statuto per le imprese, è importante che questo non rechi pregiudizio alla legislazione vigente negli Stati membri in materia di influenza, codecisione e rappresentanza dei lavoratori. Tra gli emendamenti presentati prima del voto, abbiamo quindi scelto di sostenere quelli del gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica e del gruppo Verde/Alleanza libera europea, perché sono migliori dell’emendamento proposto dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei.

 
  
MPphoto
 
 

  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore dell’eccellente relazione del collega Klaus-Heiner Lehne, che invia un messaggio molto importante alla Commissione europea sulla necessità di offrire agli imprenditori uno strumento per far funzionare e sviluppare le loro imprese in seno al mercato interno. Come l’onorevole Lehne, ritengo che sia giunto il momento di legiferare per creare una forma giuridica affidabile per una società privata europea per le piccole e medie imprese (PMI) con attività transfrontaliere. Non è possibile, in modo sostenibile, cercare di costruire il mercato interno senza semplificare la vita per le PMI che desiderano svilupparsi. Le proposte contenute in questa relazione sono molto interessanti: ad esempio, permettere alle PMI, con un capitale dell’ordine di 10 000 euro, di avere un’unica entità che potrà svilupparsi in tutti i paesi europei senza doversi registrare in ogni Stato membro e rispettando quindi un unico sistema di regole europee piuttosto che le varie normative nazionali. Naturalmente queste proposte non riguardano i diritti dei lavoratori, ma soltanto la struttura della società privata europea.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione poiché l’audizione pubblica tenutasi in seno alla commissione giuridica il 22 giugno 2006 ha sottolineato la necessità di una società privata europea come forma giuridica per le piccole e medie imprese con attività transfrontaliere. Per consolidare il mercato unico e quindi realizzare il desiderato miglioramento delle condizioni economiche e sociali nella Comunità, una chiara priorità è l’eliminazione delle barriere al commercio.

 

9. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale

10. Missione affidata a un deputato: vedasi processo verbale

11. Composizione delle commissioni e delle delegazioni: vedasi processo verbale

12. Decisioni concernenti taluni documenti: vedasi processo verbale

13. Trasmissione dei testi approvati nel corso della presente seduta: vedasi processo verbale

14. Calendario delle prossime sedute: vedasi processo verbale

15. Interruzione della sessione
MPphoto
 
 

  Presidente. – Dichiaro interrotta la sessione del Parlamento europeo.

(La seduta termina alle 12.30)

 
Note legali - Informativa sulla privacy