Presidente. – L’ordine del giorno reca il Tempo delle interrogazioni (B6-0012/2007).
Saranno prese in esame le interrogazioni rivolte alla Commissione.
Prima parte
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 44 dell’onorevole Claude Moraes (H-0078/07):
Oggetto: Trasporti terrestri ed emissioni di CO2
Visto che nell’Unione europea i trasporti su strada causano il 25% delle emissioni di CO2, mentre il settore aereo è responsabile del 3% delle emissioni, quale tipo di ricerca ha intrapreso la Commissione riguardo all’emissione annua dei trasporti terrestri (autovetture, autobus, treni ecc.) e il suo effetto sull’ambiente, considerando la forte enfasi politica e mediatica concentratasi sulle emissioni del settore aereo?
Stavros Dimas, Membro della Commissione. – (EL) Signora Presidente, sono lieto di potere rispondere a questa interrogazione estremamente importante.
L’interrogazione dell’onorevole Moraes è volta a sapere se la Commissione è in possesso di un quadro esaustivo delle emissioni di gas a effetto serra causate dal trasporto su strada e il genere di misure che la Commissione stessa propone per ridurre gli effetti di tali emissioni sull’ambiente. I servizi della Commissione, in collaborazione con l’Ufficio europeo dell’ambiente, registrano e monitorano le emissioni annuali prodotte da tutti i mezzi di trasporto interni dell’Unione.
Mi pronuncerò innanzi tutto sulle emissioni di anidride carbonica, cui l’onorevole Moraes fa riferimento. Nel 2003 le emissioni di anidride carbonica prodotte dal settore dei trasporti nell’Europa dei Venticinque assommavano a 951 milioni di tonnellate, rappresentando circa il 21 per cento di tutte le emissioni di gas a effetto serra nell’ambito dell’Unione. Il trasporto su strada ha generato emissioni pari a 892 milioni di tonnellate di anidride carbonica; in altre parole, rappresenta la quota maggiore di emissioni di gas a effetto serra della Comunità europea. Nell’ambito di queste statistiche, che fanno riferimento a tutti i tipi di trasporto all’interno dell’Unione, dobbiamo distinguere l’aviazione internazionale. L’aviazione si può differenziare in voli interni e voli internazionali. Per quanto riguarda i voli internazionali, la produzione di anidride carbonica ammonta a 112 milioni di tonnellate in più rispetto ai quantitativi che ho menzionato prima. Devo inoltre specificare che le emissioni degli aeromobili sono cresciute vertiginosamente rispetto a quelle di altri mezzi di trasporto. Infine, l’impatto degli aeromobili sul clima è maggiore di quanto mostrino le statistiche, perché ad altitudini elevate le emissioni degli aerei influiscono sull’ozono, che è un gas a effetto serra, e influenzano la formazione di nubi. Per questo, se vogliamo ridurre gli effetti dei mezzi di trasporto sul clima, dobbiamo prendere provvedimenti che li comprendano tutti.
Per quanto riguarda il trasporto su strada, la Commissione ha già dichiarato l’intenzione di proporre un quadro legislativo per limitare le emissioni di anidride carbonica dei veicoli e dei camion nella sua comunicazione sull’anidride carbonica e sui veicoli. Le emissioni medie delle nuove auto commercializzate nell’Unione vanno ridotte entro il 2012 a 120 grammi di anidride carbonica per km. I miglioramenti apportati alla tecnologia dei motori e dei veicoli comporteranno una riduzione delle emissioni a 130 grammi per km, mentre in virtù di misure supplementari tali emissioni scenderanno ulteriormente di 10 grammi/km.
Oltre a ciò, la Commissione ha presentato una proposta per rivedere la direttiva sulla qualità del carburante. La proposta di direttiva prevede l’obbligo per i produttori di limitare le emissioni di gas a effetto serra per tutto il ciclo di esistenza del carburante. Questo tentativo comporterà una riduzione di circa il 10 per cento delle emissioni causate dal trasporto su strada entro il 2020. Per dare un’idea, in un decennio la riduzione delle emissioni sarà pari all’attuale quantitativo annuale di emissioni prodotte dalla Spagna e dalla Svezia.
Finora mi sono espresso sulle emissioni di anidride carbonica prodotte dal trasporto su strada. Per quanto riguarda quelle dell’aviazione, la Commissione ha presentato una proposta per includerle nel sistema comunitario di scambio delle emissioni. La nostra proposta è stata sottoposta al Parlamento. Oltre all’anidride carbonica, il trasporto produce altre emissioni nocive per l’ambiente e per la salute umana, come le particelle in sospensione, e le emissioni che contribuiscono a creare l’ozono, come il biossido di azoto e i composti organici volatili. Nel quadro del programma CAFE riteniamo che, se non si prendono altre misure fino al 2020, il trasporto nel suo complesso sarà la causa del 51 per cento del biossido di azoto nelle emissioni terrestri e del 20 per cento delle particelle in sospensione PM2,5. Per questo la Commissione sta proponendo restrizioni ai limiti di emissione per i veicoli e nel dicembre scorso è stato raggiunto un accordo sugli standard EURO 5 ed EURO 6. La Commissione intende anche presentare una proposta per introdurre nel corso di quest’anno nuovi standard EURO 6 per autoveicoli pesanti adibiti al trasporto merci.
Claude Moraes (PSE). – (EN) Ringrazio il Commissario Dimas per la dettagliata risposta. Penso che la maggior parte dei deputati approverà la cifra di 130 grammi per chilometro. Ovviamente i deputati al Parlamento, me compreso, vorranno vedere obiettivi migliori e più efficaci. Su questo non ci sono dubbi, ma il motivo della mia domanda era, innanzi tutto, riflettere l’azione da lei già intrapresa e che il Parlamento vuole vedere intraprendere, ma anche mettere in bilancio il fatto che case, rifiuti e ogni sorta di settori generano emissioni – non solo gli aerei – e che la Commissione, lavorando col Parlamento, sottolinea l’esistenza di un partenariato trasversale a tutti gli effetti deleteri delle emissioni di anidride carbonica, cosicché non dobbiamo dare risalto solo ai voli aerei per poi tralasciare le emissioni di navi e veicoli. Proprio a Londra, la mia città, è estremamente importante fermare il tipo di inquinamento che la sta soffocando.
Stavros Dimas, Membro della Commissione. – (EN) La ringrazio molto per la sua domanda complementare. Sono pienamente d’accordo con lei sul fatto che non dobbiamo concentrarci esclusivamente sulle emissioni del traffico aereo, anche se costituiscono il 3 per cento dell’anidride carbonica prodotta nell’Unione e hanno effetti ulteriori a causa dei fumi e degli ossidi d’azoto, perché queste emissioni si verificano a una quota molto alta e l’aumento registrato nel periodo 1990-2004 è stato dell’87 per cento e cresce tuttora. Ovviamente, altre fonti di anidride carbonica – come il traffico marittimo – contribuiscono di più, nel complesso, alle emissioni carboniche nell’ambito dell’Unione, ma non stanno aumentando così rapidamente. Inoltre, se calcoliamo l’unità di trasporto per tonnellata di anidride carbonica, vediamo che incidono meno rispetto all’aviazione. Lei menziona giustamente altre fonti come le abitazioni. Posso andare oltre e menzionare le discariche, i gas fluorurati o l’agricoltura: tutte queste sono fonti di anidride carbonica e la Commissione sta adottando misure per affrontare questi temi specifici.
C’è anche la normativa sulle emissioni dei veicoli a motore, con l’obiettivo di 120 grammi. Andrà raggiunto tramite modifiche ai propulsori e miglioramenti fino a 130 grammi, con 10 grammi ulteriori da ottenere migliorando i componenti e mediante l’impiego di biocarburanti. Questi ultimi saranno importantissimi per il trasporto su strada, in particolare con l’emendamento alla direttiva sulla qualità del carburante, che non solo promuoverà i biocarburanti sostenibili, ma ridurrà anche le emissioni di anidride carbonica. Questo si accompagnerà anche a una serie di altre misure adottate col vostro aiuto e la vostra cooperazione, misure volte a combattere efficacemente i cambiamenti climatici, che oggi costituiscono il problema principale nel mondo.
Sarah Ludford (ALDE). – (EN) Temo che la domanda dell’onorevole Moraes possa costituire un modo di esprimere appoggio all’espansione degli aeroporti londinesi, cosa alla quale sono risolutamente contraria. Tuttavia, signor Commissario, Londra già non è in grado di uniformarsi agli obiettivi comunitari in materia di qualità dell’aria relativamente agli ossidi di azoto e ai particolati, ed è prevedibile che eccederà i livelli più severi che sono in cantiere. Incrementare l’utilizzo dei mezzi pubblici è essenziale per ripulire l’aria di Londra, ma la nostra è anche la capitale con i trasporti pubblici più cari del mondo. Gli abbonamenti mensili per i pendolari costano il doppio di quelli di Parigi e Roma. Che ruolo potrebbe svolgere l’Unione nel miglioramento della qualità dell’aria a Londra, anche adottando provvedimenti e incoraggiando il Sindaco di Londra e il governo britannico a rendere più accessibili i trasporti pubblici?
Stavros Dimas, Membro della Commissione. – (EN) Abbiamo due problemi: uno è l’anidride carbonica, l’altro è costituito dalle altre sostanze inquinanti. Capisco che a Londra vigano misure aggiuntive. In effetti, molto recentemente si è registrata un’espansione della zona sottoposta a tassa d’ingresso, per cui le autorità locali stanno adottando le misure che ritengono appropriate per combattere i cambiamenti climatici, riducendo l’anidride carbonica e le varie sostanze inquinanti emesse da autovetture. Ma lei ha assolutamente ragione, migliore è il trasporto pubblico, meglio è per l’ambiente, specie se i mezzi pubblici, come gli autobus, usano carburanti sostenibili. Penso che l’introduzione dell’Euro 5 e dell’Euro 6 sarà di estrema importanza per Londra, come lo sarà per altre città dell’Unione.
Alexander Stubb (PPE-DE). – (EN) Anch’io sono contrario all’espansione dell’aeroporto di Stansted, ma perché la famiglia di mia moglie ha esercitato l’agricoltura in quel luogo per cent’anni e perderà la sua fattoria a causa dell’estensione della pista. Ma non è questa la mia domanda.
La mia domanda è un po’ da avvocato del diavolo. Ed è la seguente: perché la Commissione, che ha inizialmente dibattuto sulla cifra di 120 grammi per chilometro, l’ha aumentata a 130? Potrebbe dirci perché è accaduto questo? Lei potrebbe non essere il Commissario competente, ma può fornirci spiegazioni?
Stavros Dimas, Membro della Commissione. – (EN) Penso che questa sera lei avrà a disposizione entrambi i Commissari, perché apprendo che è in programma un’altra interrogazione e il Commissario Verheugen sarà qui, per cui lei riceverà la stessa risposta. Comunque, dal mio punto di vista, come Commissario per l’ambiente, posso garantirle che i vantaggi ambientali saranno gli stessi. La cifra che abbiamo calcolato in merito al contributo fornito dalle autovetture per il raggiungimento della quota che ci siamo prefissi, ovvero lo 0,8 per cento dell’8 per cento che costituisce l’obiettivo, verrà raggiunta, ma ovviamente lo sarà in un modo leggermente diverso. Abbiamo stabilito 130 grammi per chilometro in virtù dei miglioramenti apportati ai motori delle auto, nonché una ulteriore riduzione di 10 grammi grazie alla produzione di componenti e biocarburanti per auto. Pertanto abbiamo lasciato inalterati i vantaggi ambientali, per cui, come Commissario per l’ambiente, posso assicurarle che ne sono molto soddisfatto. Naturalmente c’è una differenza: alcuni degli oneri passano dai produttori di automobili ai produttori di componenti per auto e di biocarburanti.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 45 dell’onorevole Liam Aylward (H-0164/07):
Oggetto: Educazione dei giovani sulle questioni ambientali
Intende la Commissione promuovere la sensibilizzazione dei giovani, nelle scuole elementari, sulle questioni ambientali, che sono motivo di crescente preoccupazione per i cittadini europei ogni giorno che passa?
Stavros Dimas, Membro della Commissione. – (EL) Signora Presidente, la Commissione è totalmente d’accordo con l’onorevole Aylward sul fatto che è importante aumentare la consapevolezza e informare i giovani sulle sfide ambientali con cui è alle prese la nostra società.
Nel corso degli anni ’90 la Commissione ha organizzato programmi pilota nel tentativo di promuovere l’educazione ambientale nelle scuole. Questo sforzo includeva tanto il sostegno ai programmi relativi a temi specifici sull’ambiente quanto la preparazione di programmi didattici. Ora numerosi Stati membri hanno inserito l’educazione ambientale nei loro programmi scolastici nazionali. La Commissione ha inoltre sviluppato mezzi di comunicazione e d’iniziativa per l’ambiente che costituiscono una fonte importante per i programmi scolastici e per i giovani in generale. Per esempio, il sito della Direzione generale per l’ambiente, alla pagina intitolata “L’ambiente per i giovani europei”, offre ai giovani informazioni sull’ambiente in venti lingue. Questo sito è interattivo e analizza i problemi ambientali in maniera semplice, divertente e istruttiva. Cosa ancora più importante, mostra ai bambini i modi in cui possono tutelare l’ambiente.
Le scuole giocano un ruolo fondamentale nella strategia della Commissione dal titolo “Il cambiamento climatico dipende da te”, avviata nel maggio 2006 per elevare il grado di sensibilizzazione. Le scuole che prendono parte a questa strategia devono registrare e monitorare i propri sforzi per ridurre le emissioni di anidride carbonica e dichiarare il proprio impegno nella lotta al cambiamento climatico. Il sito relativo a tale strategia contiene una gran quantità di materiale e si rivolge ai giovani.
Inoltre, molte delle nostre pubblicazioni si rivolgono ai giovani. I libri per bambini includono varie questioni ambientali, come l’aumento vertiginoso dei rifiuti, la distruzione dello strato di ozono, l’effetto serra e i cambiamenti climatici, l’importanza di prevenire l’inquinamento dei fiumi e l’importanza della biodiversità. Altre pubblicazioni includono una quantità di disegni e storie per bambini e un istruttivo opuscolo sulla rete Natura 2000. Dispongo di copie in varie lingue di queste pubblicazioni e di un video sulla strategia della Commissione “Il cambiamento climatico dipende da te” presentata dal canale televisivo MTV. Si tratta di un video USB e ogni deputato al Parlamento interessato può ritirarne una copia. Ho anche diversi opuscoli. Vorrei anche far presente che i programmi didattici sull’ambiente si possono finanziare in base al programma d’azione nel campo dell’apprendimento permanente per il periodo 2007-2013.
Liam Aylward (UEN). – (EN) Vorrei ringraziare il Commissario Dimas per la sua risposta assai precisa e congratularmi con lui per ciò che ha già avuto luogo. Tuttavia potrei chiederle, in particolare, se si possano mettere a disposizione ulteriori risorse finanziarie per rendere possibile lo sviluppo di tematiche ambientali nelle scuole, e penso che effettivamente la Commissione debba insistere maggiormente su questo settore. Il tema scottante, al giorno d’oggi, è come salvaguardare il nostro ambiente – per quanto riguarda i mezzi e il metodo – e penso francamente che dobbiamo cercare di comunicare questo messaggio ai giovani. Ovviamente dobbiamo fare la nostra parte ed esortare i governi nazionali a fare altrettanto. Pertanto, signor Commissario, pur apprezzando ciò che lei già ha fatto, vorrei che lei esaminasse ulteriormente le possibilità a disposizione.
Stavros Dimas, Membro della Commissione. – (EN) Molto brevemente, lei sa che il regolamento LIFE + è in discussione in Parlamento e in Consiglio. Se verrà approvato, programmi come quelli che lei ha menzionato potranno essere finanziati.
Laima Liucija Andrikienė (PPE-DE). – (EN) Penso, signor Commissario, che lei concordi sul fatto che probabilmente i bambini piccoli non hanno un’età sufficiente per capire perché debbano preoccuparsi dell’incuria dell’ambiente, ma che sono abbastanza grandi per apprezzare la bellezza del mondo e cominciare a maturare buone abitudini per quanto riguarda le tematiche ambientali.
Ciò che ho capito dalla sua risposta è che lei è piuttosto soddisfatto di ciò che l’Unione sta facendo in questo campo. Stiamo dunque facendo abbastanza? E lei ha qualche nuova idea su ciò che si realizzerà nel prossimo futuro?
Stavros Dimas, Membro della Commissione. – (EN) Non sono mai soddisfatto, specie quando si tratta di questioni ambientali. C’è sempre qualcosa di più da fare. Stiamo facendo moltissimo col vostro aiuto, ma possiamo fare molto di più. Per quanto riguarda la domanda specifica sull’eventualità che le scuole europee includano nei loro corsi di studio i programmi proposti dall’Unione, si è svolto un grande dibattito su questo tema alla fine degli anni ’90, quando si è stabilito di dirimere la questione in base alla sussidiarietà e che spettava agli Stati membri decidere in merito.
Ovviamente possiamo fare di più, perché la sensibilizzazione in campo ambientale è di estrema importanza. Potete vedere cosa sta accadendo con i cambiamenti climatici, ora che la gente, nel mondo e nell’Unione, è divenuta più consapevole delle minacce che comportano, grazie ai giornali e ai media, nonché alle relazioni disponibili su questo argomento, come la relazione Turner, la relazione del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) e varie relazioni a cura di altre organizzazioni scientifiche come la NASA, e ancora grazie al lavoro svolto dal Parlamento, dalla Commissione e dall’Unione. Di conseguenza, abbiamo potuto introdurre diverse misure e giungere a un accordo.
Lo storico accordo della settimana scorsa sul pacchetto dell’energia e dei cambiamenti climatici ci conferirà non solo una posizione preminente a livello mondiale nell’ambito della lotta ai mutamenti del clima, ma, cosa più importante di tutte, ci permetterà di persuadere più efficacemente altri paesi a fare come noi dopo il 2012.
I bambini sono importantissimi non solo perché, come lei ha detto, maturano buone abitudini, ma anche perché influiscono sul comportamento dei loro genitori. Perciò sensibilizzare maggiormente i bambini sui problemi ambientali è davvero un ottimo investimento.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 46 dell’onorevole Antonis Samaras (H-0159/07):
Oggetto: Riconoscimento dei diplomi universitari
Il processo di Bologna e il protocollo relativo al riconoscimento dei diplomi di studio rilasciati dalle università europee firmato a Bergen in Norvegia prevedono che gli Stati membri devono redigere una “lista” delle università i cui titoli non vengono riconosciuti senza altre formalità. Le liste in questione non sono state ancora redatte per cui il Parlamento europeo è sommerso da una valanga di petizioni e i cittadini sono preoccupati per il futuro dei loro figli. Può la Commissione far sapere cosa è previsto a livello comunitario e quali misure gli Stati membri devono prendere per conformarsi con le disposizioni dell’Unione europea? Prevede essa di proporre ulteriori provvedimenti in questo settore?
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Una conferenza dei ministri europei responsabili dell’istruzione superiore, alla quale si riferisce l’onorevole Samaras, si è svolta a Bergen il 19 e 20 maggio 2005. Il comunicato di tale conferenza non prevede un elenco delle università i cui titoli non sono riconosciuti.
La stessa osservazione vale per il processo di Bologna nel suo insieme, anche se questo processo si è svolto al di fuori del quadro comunitario.
Più in generale, per quanto riguarda il riconoscimento accademico dei diplomi conferiti negli altri Stati membri, la Commissione farebbe riferimento alle disposizioni dell’articolo 149 del Trattato, ai sensi del quale l’organizzazione del sistema didattico rientra nella competenza degli Stati membri. Il riconoscimento è disciplinato dal diritto nazionale di ciascuno Stato membro.
Inoltre, la Commissione terrebbe a far presente che, con l’aiuto dell’Unione, è stata istituita una rete informativa in materia di riconoscimento dei diplomi – il NARIC – che dispone di uffici in ciascuno Stato membro. I cittadini interessati possono rivolgersi a questi uffici per ottenere informazioni affidabili sulla natura e sul valore dei diplomi conferiti da ciascuna università europea.
Infine, il 5 settembre 2006 la Commissione ha adottato una proposta di raccomandazione che istituisce il quadro europeo delle qualifiche. Benché non sia vincolante, questa proposta, che è attualmente in discussione presso il Consiglio e il Parlamento, invita gli Stati membri ad armonizzare i vari livelli di certificazione.
Questa è la risposta che il Commissario Figel’ ha preparato per lei, e io vorrei ringraziarla ancora una volta per la sua interrogazione.
Antonis Samaras (PPE-DE). – (EL) Signora Presidente, signor Commissario, la ringrazio per la risposta dalla quale, in linea di principio, non dissento; tuttavia vorrei sottolineare la necessità di un calendario più chiaro per l’attuazione del processo di Bologna e del protocollo di Bergen.
Esaminiamo ciò che lei ha detto. Considerando dunque che la Commissione ha proposto di istituire un quadro europeo di certificazione, quantunque senza forza legislativa, su base volontaria, quale tabella di marcia è stata pianificata per questo e quali saranno le conseguenze per i paesi che non vi si adeguano? In altre parole, intende emanare una direttiva? In caso contrario, i paesi che non si adeguano dovranno restare ai margini e io spero che chi non si adegua ci rimanga effettivamente.
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Sì, onorevole Samaras, la Commissione ha compiuto progressi, ma adesso occorre avviare un dialogo col Parlamento e col Consiglio europeo. E’ così che speriamo di far sì che le cose si evolvano nel senso da lei indicato. Questa è la risposta che posso darle; se occorre, il Commissario Figel’ sarà lieto di confermarglielo per iscritto.
Seconda parte
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 47 dell’onorevole Marc Tarabella (H-0079/07):
Oggetto: Mancata attuazione del regolamento (CE) n. 261/2004 sui diritti dei passeggeri in caso di prenotazioni in eccesso, ritardo o cancellazione del volo
Nella risposta all’interrogazione orale H-0697/06 del 26 settembre 2006, la Commissione si era impegnata a presentare entro la fine di gennaio 2007 al Parlamento europeo e al Consiglio una comunicazione sull’applicazione del regolamento (CE) n. 261/2004(1) concernente i diritti dei passeggeri. Nel frattempo, la confusione esistente si è ulteriormente aggravata in seguito a nuovi rifiuti da parte delle compagnie aeree di applicare le clausole di risarcimento.
Inoltre, il Mediatore europeo ha severamente criticato le informazioni inesatte contenute nel materiale informativo diffuso ai passeggeri dalla Commissione.
Quando e in che modo intende la Commissione risolvere tale situazione confusa che continua a penalizzare i cittadini a causa della mancanza di chiarezza del testo e del rifiuto, da parte della Commissione e degli Stati membri, di infliggere sanzioni alle compagnie aeree?
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) La Commissione intende adottare la comunicazione relativa all’attuazione del regolamento (CE) n. 261/2004 nell’aprile 2007. Questa comunicazione verrà elaborata in base ai risultati di uno studio indipendente.
Per quanto riguarda il progetto di raccomandazione del Mediatore europeo attinente al materiale informativo distribuito, la Commissione conferma il proprio parere espresso in risposta all’interrogazione P-140/07 dell’onorevole Tarabella. La Commissione ha tempo fino alla fine di marzo per commentare il progetto di raccomandazione del Mediatore.
Inoltre, la Commissione sta aggiornando il materiale informativo sui diritti dei passeggeri aerei in seguito all’adozione di nuove disposizioni legislative comunitarie in questo settore.
La Commissione sta dunque preparando un nuovo manifesto sui diritti dei passeggeri che sarà inizialmente sottoposto alle compagnie aeree e agli organi nazionali di controllo perché esprimano il proprio parere. Il lavoro preliminare è cominciato ben prima del progetto di conclusioni presentato dal Mediatore europeo. Questo manifesto nuovo e aggiornato comprenderà, per esempio, informazioni sulle persone con mobilità ridotta che viaggiano in aereo, l’elenco delle compagnie aeree che sono soggette a un divieto di operare nella Comunità e l’identità del vettore aereo operativo.
Le informazioni ritenute inesatte sono state soppresse fin d’ora dal sito Europa della Commissione. Pertanto ritengo che ci troviamo proprio sulla stessa lunghezza d’onda di questa raccomandazione del Mediatore europeo.
Marc Tarabella (PSE). – (FR) Apprezzo la sua risposta e le chiedo di scusarmi se insisto su un punto. Sono assai preoccupato nell’osservare che, malgrado tutti i suoi sforzi, la Commissione non è in grado di far rispettare il regolamento: per esempio, le compagnie aeree si rifiutano di pagare l’indennizzo previsto e gli organi nazionali incaricati di sovrintendere all’applicazione del regolamento non svolgono il loro compito, né vengono comminate sanzioni per questo.
Non è forse un’ammissione di impotenza da parte della Commissione il fatto che, per esempio, sia un’organizzazione di consumatori a dovere stabilire con un operatore turistico l’importo dell’indennizzo da corrispondere a centinaia di passeggeri bloccati in Belgio, com’è avvenuto durante le vacanze di Natale? Lei crede che in futuro, mediante i vostri adeguamenti, la Commissione sarà in grado di reagire meglio quando si troverà alle prese con i problemi che presumibilmente sorgeranno in questo settore?
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Le assicuro, onorevole Taraballa, che ho prestato molta attenzione a quanto lei ha appena detto. Io stesso ricevo lettere da persone che riferiscono di casi in cui i testi non vengono applicati. Quando disporremo dei risultati della verifica che abbiamo effettuato, sarò costretto ad aumentare la pressione sugli Stati membri, perché terrei a far presente che anche gli Stati membri, adesso, devono garantire l’applicazione delle disposizioni previste.
Ciò detto, lei ha assolutamente ragione a sottolineare la necessità di applicare nella pratica i diritti dei passeggeri. Abbiamo già convocato più volte gli organi nazionali di controllo e, in questo settore, sono pienamente intenzionato a dimostrare con la fermezza necessaria la volontà della Commissione di vedere gli Stati membri farsi gradualmente carico di questo problema, allo scopo di fornire soluzioni adeguate.
Reinhard Rack (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, benché sia importante che gli Stati membri consolidino i diritti dei passeggeri previsti da questo regolamento, è altresì evidente che, nel testo precedente, abbiamo reso molte cose troppo facili per le compagnie aeree.
Tanto per cominciare, non abbiamo previsto nessun indennizzo economico per i ritardi e, secondariamente, ci siamo trovati alle prese col problema costituito dal fatto che le norme relative alla causa di forza maggiore sono state formulate in modo tale che le compagnie aeree si sbarazzano fin troppo spesso dei passeggeri sostenendo che non possono farci nulla, che è stato un caso di forza maggiore, mentre la realtà pura e semplice è che qualcosa non ha funzionato nel sistema delle prenotazioni. Possiamo cambiare qualcosa a questo riguardo?
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Onorevole Rack, ho appena detto che è stato richiesto a un organismo del tutto autonomo di effettuare una verifica affinché disponiamo di una valutazione accurata. Successivamente vedremo come ottenere nuovamente l’appoggio degli Stati membri e anche delle linee aeree. Penso che quest’anno, il 2007, debba incentrarsi sull’applicazione effettiva dei diritti dei passeggeri. Me ne occuperò personalmente.
Jörg Leichtfried (PSE). – (DE) Anch’io vorrei dire qualcosa sullo stesso argomento, avendo ricevuto di recente moltissime lettere ed e-mail in cui si parla principalmente del fatto che, al momento, quest’applicazione non sta andando affatto bene. Vorrei associarmi a quanto ha detto l’onorevole Rack sulla necessità evidente non tanto di applicare meglio alcune cose, ma di cambiarle proprio. C’è, credo, non solo bisogno di applicazione, ma di una legislazione più rigorosa per risolvere il problema dei voli non al completo che vengono cancellati dal tabellone semplicemente ricorrendo alla causa di forza maggiore, e m’interesserebbe sapere cosa lei intenda fare in merito.
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Le prometto, onorevole Leichtfried, che farò in modo che questa situazione, che lei deplora e che deploro anch’io, migliori significativamente fin da quest’anno.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 48 dell’onorevole Bernd Posselt (H-0087/07):
Oggetto: Arteria principale europea (Magistrale für Europa)
Con decorrenza dal 10 giugno 2007, il treno ad alta velocità TGV Est collegherà in due ore e venti minuti Parigi con Strasburgo. Perché il TGV si ferma a Stoccarda e non prosegue per Monaco di Baviera? Quali provvedimenti ventila la Commissione per far sì che sia finalmente attuata anche la tratta orientale dell’arteria principale europea come previsto nell’ambito delle reti transeuropee?
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) L’asse ferroviario Parigi-Strasburgo-Stoccarda-Vienna-Bratislava è uno dei trenta progetti prioritari della rete transeuropea dei trasporti.
Dal 10 giugno, sarà attivato un nuovo servizio commerciale tra la Francia e la Germania a seguito dell’apertura di 300 chilometri di nuove linee ad alta velocità tra Parigi e Baudrecourt, nella regione della Lorena. Questa sezione fa parte del progetto prioritario in questione. La linea sarà inaugurata giovedì 15 marzo.
Il nuovo servizio commerciale effettuerà quattro viaggi giornalieri di andata e ritorno tra Parigi e Stoccarda a partire dal 10 giugno 2007. Questo servizio, che sarà esteso fino a Monaco quando, all’inizio di dicembre 2007, verranno introdotti i nuovi orari, sfrutterà la linea esistente tra Stoccarda e Monaco.
Come sapete, la Commissione segue da vicino l’ammodernamento della tratta Stoccarda-Ulma. Nel luglio 2005 ha nominato coordinatore europeo per questa linea Peter Balazs, il quale ha presentato una prima relazione sullo stato di avanzamento dei lavori che è stata pubblicata il 13 settembre 2006. Il coordinatore sta accordando una speciale priorità alla strozzatura Stoccarda-Ulma, che va assolutamente ridotta.
Inoltre, la Commissione sta già cofinanziando la tratta Augusta-Monaco, la cui entrata in funzione è prevista in parte per il 2008 e in parte per il 2010.
Vorrei segnalarle, onorevole Posselt, che il coordinatore e la Commissione stanno seguendo molto attentamente gli studi e la costruzione della linea tra Strasburgo, Kehl e Appenweier, ovvero l’interconnessione delle reti francese e tedesca con il ponte di Kehl, che attendiamo da diversi anni. Sono piuttosto ottimista. Penso che siamo a buon punto e che questo progetto, che Peter Balazs segue con estrema attenzione, sia sul binario giusto, se mi consentite di utilizzare questa espressione.
Bernd Posselt (PPE-DE). – (DE) La ringrazio molto, signor Commissario, e non solo per l’eccellente risposta; la verità, infatti, è che senza di lei e il signor Balazs non si sarebbero potuti compiere progressi tanto straordinari sulla questione, su cui non si interveniva da anni, e siete stati proprio voi a sbloccare la situazione. Ho una breve domanda complementare, riguardante il collegamento tra Mühldorf e Salisburgo e i progressi compiuti nei lavori sulla tratta Monaco-Salisburgo.
Il secondo aspetto che vorrei affrontare riguarda gli orari, poiché, ad esempio, ora c’è un Intercity che al mattino presto collega Vienna a Monaco; quando però si arriva in quest’ultima città, il treno per Strasburgo è già partito. So che la questione degli orari non è di sua competenza, ma vorrei chiederle di affrontare l’argomento con le compagnie ferroviarie affinché sia possibile porre fine a questa sorta di follia una volta per tutte.
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Attualmente il Professor Balazs sta preparando due analisi sulle tratte Stoccarda-Ulma e Monaco-Salisburgo, poiché ritiene che al momento manchi un approccio integrato al completamento di queste sezioni.
La tratta Stoccarda-Ulma è oggetto di un esercizio di pianificazione che ora è stato ultimato. Ciononostante, si sono registrati ritardi dovuti sia alla mancanza di posizioni chiare sui possibili tragitti alternativi da parte dei tre soggetti interessati tedeschi – lo Stato federale, il Land e la Deutsche Bahn – sia a finanziamenti pubblici insufficienti.
Peter Balazs è in contatto costante con le parti interessate tedesche, controlla lo sviluppo del progetto ed è vero che attualmente siamo in attesa di un chiarimento della posizione tedesca per determinare la posizione comunitaria. Le assicuro, onorevole Posselt, che in ogni caso si tratta di una questione che mi sta particolarmente a cuore. Scriverò anche una lettera agli operatori tedeschi e austriaci riguardo agli orari tra questi due paesi.
Ecco ciò che volevo dirle, onorevole Posselt, confermandole altresì la mia determinazione su questa importantissima questione.
Paul Rübig (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, la tratta Vienna-Bratislava è una questione che sta particolarmente a cuore a un nuovo Stato membro come la Slovacchia, poiché permette di collegare due aeroporti, e questa prospettiva avrebbe ovviamente un effetto considerevole sullo sviluppo della regione. Com’è la situazione a proposito di questa sezione tra Vienna e Bratislava e, in particolare, riguardo al collegamento tra i loro due aeroporti? A quanto sembra, sono all’esame tre percorsi diversi.
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Mi risulta molto difficile rispondere a una domanda tanto precisa. Le propongo, onorevole Rübig, di risponderle per iscritto, poiché sulla sezione Vienna-Bratislava devo fare il punto della situazione con il coordinatore Balazs. Nel frattempo, posso dirle che Peter Balazs è molto attento anche a questo problema e che ha instaurato i debiti contatti con i governi di Austria e Slovacchia. Con il suo permesso, però, preferirei risponderle per iscritto per evitare di essere troppo vago.
Jörg Leichtfried (PSE). – (DE) La mia domanda sull’argomento è di carattere piuttosto generale. Ora che le sezioni della rete transeuropea sono state definite da diverso tempo, si ha la sensazione che, mentre alcune sono indubbiamente operative, altre siano – se non del tutto trascurate dagli Stati membri – quanto meno non in fase di costruzione, e quindi sarei interessato a sapere se in futuro sarà possibile istituire un sistema che permetta di ricompensare gli operatori che stanno effettivamente ed efficacemente procedendo alla costruzione di queste tratte, affinché abbiano, in determinate circostanze, maggiori possibilità di ricevere sovvenzioni di chi, pur appartenendo alle reti transeuropee, non sta facendo assolutamente nulla. Vorrei pertanto sapere che cosa si farà in futuro riguardo alla definizione dei percorsi RTE.
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) In primo luogo, onorevole Leichtfried, il Parlamento deve adottare le norme sul finanziamento della rete transeuropea, cosa che, a mio avviso, dovrebbe avvenire a breve. In seguito, inviteremo i vari Stati membri a presentarci le loro proposte. Quando le avremo raccolte tutte, in autunno, potremo determinare le principali priorità, tenendo tuttavia conto degli impegni assunti dai vari Stati membri.
Indubbiamente, se avessi avuto a disposizione un bilancio di 20 miliardi di euro per il periodo 2007-2013, avrei avuto meno difficoltà a portare avanti il mio compito che con gli 8 miliardi di euro di cui effettivamente dispongo. Tuttavia, ritengo che, qualora vi sia un desiderio da parte degli Stati membri, saremo in grado di sostenerlo. Essenzialmente, però, si tratta di una decisione degli Stati membri e per questo dovete fare in modo che le proposte dei vari governi diano priorità a queste reti transeuropee. Questo è quanto posso dirvi allo stato attuale.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 49 dell’onorevole Dimitrios Papadimoulis (H-0091/07):
Oggetto: Decisione giudiziale sulla compensazione dei crediti del Tesoro greco nei confronti dell’Olympic Airways
Rispondendo ad una precedente interrogazione (E-5051/06) la Commissione ha riferito che tutte le somme dovute all’Olympic Airways fino al 2002 sono state considerate nella sentenza del 2002/... . Tale risposta, con la sentenza della Corte arbitrale che ha assegnato l’importo di 580 milioni di euro all’Olympic Airways a parziale decurtazione dei debiti del Tesoro verso la società e per debiti che sono stati registrati nei libri della stessa, espone la Commissione per il fatto che, mentre per molti anni i governi hanno oberato con debiti enormi che si rifiutavano di riconoscere l’Olympic Airways, l’Unione europea se ne è “lavata le mani” fingendo di accettare per veritieri i dati forniti dai governi. Stante che le questioni tuttora pendenti con l’Unione europea impediscono alla società di avviare gli investimenti indispensabili per realizzare le sue attività sociali, intende la Commissione definire con precisioni le proprie argomentazioni riguardo al fatto che i debiti reali del Tesoro greco nei confronti dell’Olympic Airways sono stati compensati nel corso dell’attuazione dei programmi di risanamento? Quali iniziative intende essa assumere per far sì sia bloccata la richiesta di recupero degli “aiuti” già compensati con la sentenza arbitrale?
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) La Commissione ha preso atto della decisione del collegio arbitrale del 13 luglio 2006 sugli obblighi di servizio pubblico e della decisione del 6 dicembre 2006 sul trasferimento della Olympic Airways all’aeroporto internazionale di Atene Spata.
La Commissione coopera con le autorità nazionali greche a questo riguardo al fine di stabilire lo status giuridico dei suoi finanziamenti e dei costi coperti riguardo al diritto comunitario, segnatamente in merito alle sentenze emesse. Spetta alle autorità greche dimostrare alla Commissione che le somme in questione non erano state prese in considerazione nelle precedenti decisioni sugli aiuti di Stato e sono pienamente compatibili con il diritto comunitario.
La Commissione respinge inoltre le affermazioni infondate sulle precedenti decisioni, che sono state adottate dopo indagini approfondite e dettagliate e dopo avere invitato tutte le parti interessate a esporre le loro osservazioni con la pubblicazione di un annuncio sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Questa è la risposta che posso dare all’interrogazione dell’onorevole Papadimoulis.
Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL). – (EL) Signora Presidente, signor Commissario, la ringrazio per la risposta, ma la prego di essere più preciso. La Corte arbitrale greca ha versato o meno la somma di 550 milioni di euro? Mi dia una risposta specifica. La Commissione intende contestare la decisione finale del tribunale? La Commissione dispone di prove che dimostrino che in passato i debiti del governo nei confronti dell’Olympic Airways sono stati compensati? E che cosa intende con “affermazioni infondate”? Ritiene che le sentenze della Corte arbitrale greca si siano basate su affermazioni infondate? A chi si riferisce quando parla di “affermazioni infondate”?
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) L’importante, onorevole Papadimoulis, è precisare innanzi tutto che questa difficile questione della Olympic Airways viene trattata con il massimo rigore. Devo insistere su questo punto: non vi è alcun motivo, di fatto, per non affrontare la questione con il massimo rigore.
Sulla stampa sono state indubbiamente pubblicate affermazioni sulle decisioni precedenti, in cui se ne contestava la validità, nonostante fossero state il frutto di indagini approfondite.
La Commissione tratta la Grecia alla stregua di tutti gli altri Stati membri e la Olympic Airways deve essere trattata come ogni altra compagnia aerea. La decisione della Commissione del dicembre 2002 aveva imposto alla Grecia di recuperare l’aiuto indicato nella decisione stessa, cosa che non ha fatto. Un’altra decisione negativa del settembre 2005 aveva stabilito la necessità di assegnare aiuti supplementari alla Olympic Airways. Poiché da allora non è stata avviata alcuna altra misura di recupero dalla Grecia, la Commissione è stata costretta ad avviare un procedimento giudiziario nei suoi confronti.
Se le autorità greche ottempereranno ai loro obblighi, quest’azione non verrà perseguita. Purtroppo, i problemi finanziari della Olympic Airways non sono isolati e non sono la conseguenza dell’operato della Commissione né, tanto meno, del procedimento avviato dinanzi alla Corte.
La Commissione sta semplicemente facendo in modo che le norme comunitarie sulla concorrenza siano rispettate. Questa è la risposta che posso darle, garantendole che ho chiesto ai miei servizi di affrontare la questione con equità e con il massimo rigore.
Georgios Papastamkos (PPE-DE). – (EL) Signora Presidente, signor Commissario, nella proposta di regolamento – lo ripeto – nella proposta di regolamento n. 659/1999 era stato stabilito che i ricorsi nazionali contro le procedure di recupero degli aiuti di Stato non ne avrebbero potuto sospendere i rimborsi. L’articolo 14, paragrafo 3, lettera b) del regolamento n. 659/1999, invece, non afferma nulla del genere. Di conseguenza, su cosa si basa il parere del signor Commissario, secondo cui i ricorsi dinanzi ai tribunali nazionali non hanno effetti sospensivi in materia di aiuti di Stato?
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Dinanzi a decisioni della Corte, non posso che confermarle la volontà di applicare il diritto comunitario. La decisione dei tribunali è un nuovo elemento attualmente all’esame e la Grecia deve dimostrare che le misure che ha adottato sono compatibili con il diritto comunitario. Posso sinceramente dirle che, a questo proposito, sono molto attento a rispettare la legislazione comunitaria e mi adopero – lo ripeto – affinché tale legislazione venga applicata in maniera rigorosa ed equa.
Presidente. – Le interrogazioni nn. 50, 52 e 53 riceveranno risposta per iscritto.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 54 dell’onorevole Rodi Kratsa-Tsagaropoulou (H-0144/07):
Oggetto: Cooperazione nel settore dei trasporti con i paesi confinanti, in particolare nel Mediterraneo
Il 31 gennaio 2007 la Commissione ha adottato una comunicazione sugli Orientamenti per i trasporti in Europa e nelle regioni confinanti stabilendo le principali linee strategiche per la revisione delle zone paneuropee e dei “corridoi”, come pure cinque assi principali di collegamenti dell’Unione europea con i paesi confinanti nell’ambito dei nuovi dati geopolitici, in particolare del nuovo allargamento.
Ritiene la Commissione che dei 30 progetti prioritari relativi alle reti transeuropee occorre promuovere in via prioritaria quelli relativi ai cinque assi principali, in particolare i tre che riguardano il Mediterraneo: a) autostrade del mare, b) asse sudorientale per collegare l’UE con i Balcani e la Turchia e con il Medio Oriente fino all’Egitto e al Mar Rosso, e c) asse sudoccidentale per collegare l’UE con i paesi del Maghreb fino all’Egitto.
Intende la Commissione presentare iniziative concrete per potenziare le opere prioritarie nell’ambito di questi tre assi principali che riguardano il Mediterraneo? Dal 2007 lo strumento europeo di prossimità e di partnership (IEVP) contribuirà a sostenere finanziariamente i paesi vicini erogando prestiti finalizzati all’esecuzione delle opere nei settori prioritari, come pure per misure orizzontali? Può essa riferire in merito all’importo dei mutui previsti attraverso detto strumento e quale sezione riguarderà il fabbisogno per il Mediterraneo? Oltre agli strumenti finanziari europei e internazionali, può infine essa riferire quale è la partecipazione dei paesi partner a tale riguardo?
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Prima di cedere la parola al Commissario Potočnik, vorrei chiarire, in risposta all’ultima domanda dell’onorevole Kratsa-Tsagaropoulou, le differenze tra i progetti prioritari per le reti transeuropee e gli assi transnazionali. Nel 2004, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato una decisione che modificava gli orientamenti della rete transeuropea per il territorio dell’Unione europea a 27. Questa politica concentra gli investimenti su 30 assi e progetti prioritari transnazionali.
Come sa, onorevole Kratsa-Tsagaropoulou, la dotazione finanziaria della rete transeuropea dei trasporti (RTE) ammonta a 8 miliardi di euro e, con questa cifra, non sarà possibile cofinanziare tutti i progetti prioritari nella loro totalità. Sarà dunque necessario concentrare il bilancio sulle sezioni transfrontaliere e sulle strozzature, ossia sui progetti che apportano il massimo valore aggiunto europeo.
D’altra parte, il documento individua cinque grandi assi che collegano l’Unione europea ai suoi vicini. Questi cinque assi non modificano le priorità stabilite dalle reti europee dei trasporti all’interno dell’Unione europea. Il documento è in linea con la politica europea di vicinato. Questa politica è stata elaborata per evitare l’insorgere di fratture tra l’Unione europea e i suoi vicini, sia nel contesto dell’adesione, sia nell’ottica di una più stretta cooperazione.
La cooperazione euromediterranea nel settore dei trasporti è stata ritenuta, fin dall’inizio del processo di Barcellona, una delle priorità di cooperazione nel quadro del partenariato euromediterraneo. Dipende dal forum euromediterraneo dei trasporti e dai suoi gruppi di lavoro. Attualmente alla regione è stata assegnata una dotazione finanziaria di 200 milioni di euro per il finanziamento di azioni sviluppate nell’ambito della cooperazione euromediterranea nel settore dei trasporti. Si tratta principalmente di studi preliminari di fattibilità per dieci progetti di infrastrutture sugli assi prioritari di trasporto euromediterraneo.
Il costo totale dei progetti proposti nel quadro della cooperazione mediterranea è pari a 23 miliardi di euro entro il 2020 per la regione mediterranea. Ovviamente, gli stanziamenti di bilancio nazionali sono comunque fondamentali per il settore dei trasporti, in particolare per il mantenimento della rete esistente, ma anche per gli investimenti critici, specialmente a livello transfrontaliero.
La Comunità continuerà a sostenere tali azioni come in passato, attraverso l’assistenza tecnica e tramite aiuti volti a migliorare la capacità amministrativa. In alcuni casi, il sostegno potrebbe prevedere investimenti a favore di infrastrutture critiche, specialmente transfrontaliere, oppure misure orizzontali chiave.
A questo punto desidero ricordare che i nuovi mandati della Banca europea per gli investimenti prevedono una garanzia comunitaria che dovrebbe permettere alla BEI di concedere fino a un massimo di 8,7 miliardi di euro in prestiti a paesi del Mediterraneo nel periodo 2007-2013. Ripeto, prestiti pari a 8,7 miliardi di euro! Non è una cifra trascurabile.
Inoltre, la maggior parte dei programmi indicativi nazionali prevede già abbuoni di interessi per facilitare la concessione di prestiti da parte della Banca europea per gli investimenti e di altre banche per lo sviluppo.
La Commissione intende altresì creare un fondo di investimento di 700 milioni di euro in donazioni a favore della politica europea di prossimità per il periodo 2007-2013. Questo fondo permetterà di sostenere i prestiti concessi dalla Banca europea per gli investimenti e da altre banche per lo sviluppo, segnatamente nei settori dei trasporti, dell’energia e dell’ambiente.
Questa stretta collaborazione tra la Commissione e la Banca europea per gli investimenti e gli altri finanziatori deve essere rafforzata sia a livello regionale sia a livello globale. I partenariati pubblico-privato sono uno strumento promettente per la realizzazione di progetti infrastrutturali che sono vantaggiosi dal punto di vista economico, sociale e ambientale.
Per attuare il pacchetto proposto nella comunicazione, la Commissione opterà per un approccio graduale volto a rafforzare il quadro di cooperazione tra l’Unione europea e i paesi vicini. Dal 2007 la Commissione avvierà discussioni preliminari con i paesi confinanti per definire insieme a loro quadri di coordinamento strutturati ed efficaci che dovrebbero permettere l’attuazione attiva e sincronizzata di misure lungo questi assi. Spero che, a seguito di tali discussioni, la Commissione presenterà una proposta concreta. Mi auguro anche di poter presentare una relazione a metà percorso, ossia nell’autunno del 2007.
Rodi Kratsa-Tsagaropoulou (PPE-DE). – (EL) Signora Presidente, desidero ringraziare il Commissario per le informazioni che ci ha fornito sia sulla strategia dell’Unione europea sia sulle responsabilità dei paesi partner e sulla loro partecipazione.
Vorrei sapere se il Commissario è in grado di dirci se ad alcuni di questi piani verrà attribuita maggiore priorità rispetto ad altri o se sarà accordata a tutti la stessa importanza e se in autunno ci riferirà sui progressi compiuti a livello generale.
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Oggi la mia risposta non sarà completa e di questo chiedo anticipatamente scusa all’onorevole Kratsa-Tsagaropoulou. In effetti penso che questo lavoro debba continuare affinché, in autunno, io possa stabilire quali saranno le priorità.
La sua domanda è assolutamente giustificata. La comunicazione è un documento valido, ora si tratta di cominciare a definire le priorità che attribuiremo a questa politica di estensione delle reti transeuropee, una politica che la stessa Loyola de Palacio si era impegnata moltissimo a perseguire. Spero davvero che da tutto questo lavoro scaturiscano risultati positivi e non mancherò, onorevole Kratsa-Tsagaropoulou, di aggiornarla sull’evoluzione del nostro pensiero e delle nostre proposte.
Presidente. – Grazie, Commissario.
L’interrogazione n. 55 riceverà risposta per iscritto.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 56 dell’onorevole Danutė Budreikaitė (H-0112/07):
Oggetto: Nuove fonti di energia
In occasione del Michelin Challenge Bibendum, rally automobilistico “ecologico” tenutosi a Shanghai, sono stati presentati 150 prototipi di automobili tra cui Habo, un veicolo alimentato non a benzina ma a perossido di idrogeno, una sostanza che, reagendo con l’acqua, produce ossigeno.
Negli Stati Uniti circolano già decine di camion a idrogeno. Il Canada ha già compiuto molti progressi in tale ambito, mentre la giapponese Honda dovrebbe iniziare, fra tre o quattro anni, la produzione di un’automobile alimentata a perossido di idrogeno.
Potrebbe la Commissione indicare in che modo il programma di produzione di veicoli a idrogeno trova riscontro nel Settimo programma quadro di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013) e quali sono i risultati attesi?
Janez Potočnik, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, la Commissione è perfettamente consapevole dell’importante ruolo che l’idrogeno e le celle a combustibile possono svolgere per facilitare la transizione a un sistema energetico più sostenibile. L’Esecutivo, inoltre, riconosce che è fondamentale sviluppare e impiegare processi in grado di fornire le quantità di idrogeno necessarie in modo tale che sia possibile ottenere una netta riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nel rispetto della sostenibilità ambientale.
Inizialmente la maggior parte dell’idrogeno dovrebbe provenire dai combustibili fossili, senza ricorrere, in un primo tempo, alla cattura e al sequestro del carbonio, cui invece si procederà nel medio periodo. L’obiettivo di lungo periodo è produrre idrogeno da fonti energetiche prive o povere di carbonio. Nell’ambito del quinto e sesto programma quadro, i progetti hanno studiato il potenziale dell’idrogeno come vettore energetico a livello globale, valutando altresì diverse opzioni per produrlo e utilizzarlo e analizzando i pareri economici, sociali e ambientali per diversi percorsi. Nel quadro del sesto programma quadro, i finanziamenti comunitari a favore delle attività di ricerca e dimostrazione sull’idrogeno e le celle a combustibile superano i 300 milioni di euro. Circa il 20 per cento delle attività riguarda la produzione di idrogeno attraverso strumenti applicabili nel breve periodo, quali elettrolizzatori avanzati, e tecnologie a lungo termine, quali processi biologici e fotoelettrochimici. La ricerca tecnica è integrata da studi e attività di dimostrazione in campo socioeconomico.
Permettetemi di fornirvi alcuni esempi pratici. Nell’ambito del quinto programma quadro, la Commissione ha sostenuto i programmi CUTE ed ECTOS, che hanno sperimentato l’uso di 30 autobus a celle a combustibile di idrogeno e infrastrutture per l’uso dell’idrogeno in dieci città europee contribuendo ad avvalorarne la credibilità quale alternativa alla benzina e al diesel. Nell’ambito del sesto programma quadro, queste attività sono state ulteriormente ampliate con la sperimentazione di un parco auto di 200 veicoli alimentati a idrogeno, tra cui autobus, automobili e piccoli veicoli speciali nel quadro dell’iniziativa “Idrogeno per i trasporti”.
Un altro esempio di un progetto finanziato a titolo del sesto programma quadro, e i cui risultati sono stati pubblicati solo di recente, è il progetto sul motore a combustione interna a idrogeno. Si tratta di un nuovo tipo di tecnologia a idrogeno che porterà alla produzione di motori nuovi e più efficienti. Il progetto ha testato modi di produrre motori alimentati a idrogeno dotati della stessa efficienza degli attuali motori diesel, ma non inquinanti e che presentano svantaggi scarsi o nulli in termini di dimensioni e potenza del motore. Questi motori alimentati a idrogeno offrono vantaggi chiari rispetto ai motori della generazione attuale e, a livello di prestazioni e costi, sembrano competitivi rispetto ad altri sistemi proposti. Nel quadro di questo progetto, sono stati sviluppati concetti di iniezione innovativi per motori destinati ad autoveicoli, nonché a camion e autobus.
Vorrei infine fornirvi un altro esempio, che vale la pena di menzionare perché proprio la settimana scorsa ha ricevuto il premio Cartesio per la ricerca scientifica collaborativa. Si tratta del progetto Hydrosol, un reattore solare termochimico innovativo per la produzione di idrogeno per mezzo della dissociazione dell’acqua, che ricorda il noto catalizzatore delle automobili. L’integrazione dell’energia solare con sistemi in grado di catalizzare l’acqua avrà un immenso impatto sull’economia energetica a livello mondiale, poiché costituisce una promettente alternativa per fornire idrogeno solare rinnovabile a costi accessibili con emissioni di CO2 quasi pari a zero.
Ovviamente potrei citare molti altri esempi analoghi e, se l’onorevole deputata lo desidera, posso fornirle un elenco di progetti. Nell’ambito dell’attuale settimo programma quadro, appena avviato, le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione nel campo dell’idrogeno e delle celle a combustibile saranno oggetto di un’approfonditissima consultazione tra le parti interessate avviata tramite la piattaforma tecnologica europea per l’idrogeno e le celle a combustibile. Istituita nel 2004, questa piattaforma tecnologica promossa dall’industria ha fornito l’orientamento strategico di cui il settore deve dotarsi per garantire la commerciabilità di queste tecnologie.
L’allegato 4 alla decisione del Consiglio sul programma specifico “Cooperazione” cita un’iniziativa sull’idrogeno e le celle a combustibile tra le possibili iniziative tecnologiche congiunte che possono essere avviate o in base all’articolo 171 del Trattato – che potrebbe comprendere la creazione di un’impresa comune – oppure sulla base di una modifica del programma specifico conformemente all’articolo 166 del Trattato. L’iniziativa tecnologica congiunta, sotto forma di partenariato pubblico-privato a lungo termine, definirà e metterà in atto un programma europeo a obiettivi per la ricerca industriale, lo sviluppo tecnologico e la dimostrazione finalizzati a produrre tecnologie robuste dell’idrogeno e delle celle a combustibile che saranno sviluppate fino al punto da poter essere commercializzate. Uno degli obiettivi dell’iniziativa tecnologica congiunta dovrebbe essere quello di soddisfare tra il 10 e il 20 per cento della richiesta di idrogeno per applicazioni energetiche con tecnologie di produzione prive o a bassa emissione di carbonio entro il 2015. La portata e gli obiettivi precisi verranno definiti dopo l’adozione di questa iniziativa tecnologica congiunta.
Nel frattempo, i primi inviti a presentare proposte per il settimo programma quadro sono stati pubblicati il 22 dicembre e scadranno alla fine di aprile. La questione energetica comprende una serie di questioni relative a materiali innovativi per percorsi specifici per la produzione di idrogeno.
Mi sono dilungato più del previsto, ma volevo offrirvi un’ampia panoramica dei programmi e delle iniziative in corso.
Danutė Budreikaitė (ALDE). – (LT) La ringrazio per questa risposta esauriente e istruttiva. Posso affermare con autentica soddisfazione che al riguardo non siamo molto indietro rispetto alla Cina; anche noi stiamo lavorando in quest’ambito. Vorrei rivolgerle la seguente domanda: i risultati ottenuti finora sono limitati e sulle strade sono pochi i veicoli alimentati a idrogeno; è quindi possibile che l’industria automobilistica e i paesi produttori di petrolio utilizzino la loro influenza in questo senso esercitando pressioni e limitando la ricerca sull’uso dell’idrogeno?
Janez Potočnik, Membro della Commissione. – (EN) No, tutt’altro. L’Europa è invece all’avanguardia mondiale nella tecnologia dell’idrogeno. Ponendo maggiormente l’accento sulla piattaforma tecnologica europea, che si occupa della questione, ora possiamo procedere seguendo un approccio strategico e coerente. Tutti i paesi del mondo sono ancora alle prese con importanti problemi e questo significa immettere sul mercato le scoperte attuali, che permetterebbero di realizzare una vera economia dell’idrogeno. Tuttavia, credo che possiamo essere molto orgogliosi dei risultati che abbiamo ottenuto in passato e del modo in cui stiamo gestendo attualmente la situazione. Inoltre, dare rilievo alla potenziale iniziativa tecnologica congiunta è esattamente la strategia giusta per acquisire e mantenere la nostra visibilità nel settore.
Justas Vincas Paleckis (PSE). – (LT) Ringrazio il Commissario per la sua risposta davvero interessante e ottimistica sui traguardi raggiunti e gli obiettivi previsti. Vorrei tuttavia rivolgerle una domanda sul futuro: quando, a suo avviso, le automobili alimentate a idrogeno potranno competere con i veicoli a benzina o diesel ed essere vendute a prezzi equivalenti? Infine, quando saranno in grado la Commissione europea, il Consiglio europeo e il Parlamento europeo di acquistare queste automobili a idrogeno e di collocarle nei nostri garage cercando di essere un esempio per gli altri e di dimostrare che l’Unione europea è davvero all’avanguardia in quest’ambito?
Janez Potočnik, Membro della Commissione. – (EN) Ovviamente non ho una bacchetta magica per prevedere il momento esatto in cui questo avverrà, ma credo che ci stiamo orientando in tale direzione. In questo preciso momento, cercando di dotare di coerenza i nostri metodi di ricerca, sulla base di esigenze industriali dal basso verso l’alto, stiamo aumentando la possibilità di raggiungere conclusioni quanto più rapidamente possibile. Fino a quel momento, però, che sinceramente mi auguro non sia troppo lontano, dovremo guidare auto ibride. Io stesso ne possiedo una.
Paul Rübig (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, onorevole Wallis, signor Commissario Potočnik, onorevoli colleghi, questo fine settimana il Consiglio ha deciso di emanare regolamenti che impongono un aumento dell’efficienza energetica del 20 per cento entro il 2020. Crede che si potrebbero compiere progressi nell’ambito della produzione di motori diesel, in cui l’Europa eccelle, tramite una strategia che punti all’eccellenza in termini di efficienza prevedendo sforzi maggiori, all’interno del settimo programma quadro di ricerca, nella realizzazione di obiettivi di efficienza più elevati?
Janez Potočnik, Membro della Commissione. – (EN) Non è una domanda facile. Direi che gli obiettivi adottati dal Consiglio solo alcuni giorni fa sono ambiziosi ma indispensabili. Personalmente ritengo – convinzione peraltro condivisa dalla Commissione – che non esistano alternative. Penso che sia molto importante considerare i limiti posti dall’ambiente come una vera opportunità imprenditoriale, poiché credo sinceramente che chi saprà rendersene meglio conto saprà anche porsi alla guida della comunità economica in diverse aree, comprese quelle menzionate in questo caso, quali ad esempio la protezione ambientale.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 57 dell’onorevole Teresa Riera Madurell (H-0145/07):
Oggetto: Donne e scienza
Una strategia coerente con l’obiettivo di dedicare per il 2010 il 3% del PIL dell’Unione alla ricerca sarebbe quella di far sì che 8 su 1.000 persone attive in Europa fossero ricercatori, ciò che corrisponderebbe a 700.000 nuovi ricercatori adeguatamente formati. È indispensabile a tal fine che l’Europa sfrutti al massimo il suo potenziale di ricerca promuovendo, tra le altre misure, una maggiore partecipazione delle donne alla scienza e alla tecnologia. Utilizzare unicamente la metà dei cervelli non è né intelligente né efficace.
Nella ricorrenza dell’8 marzo, Giornata internazionale della donna, può la Commissione annunciare misure intese a rimediare a tale disfunzione?
Janez Potočnik, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, la Commissione è pienamente consapevole del netto squilibrio esistente tra il numero di ricercatori e di ricercatrici. Le ultime statistiche a nostra disposizione mostrano che, in tutte le discipline, le donne rappresentano più del 50 per cento dei laureati, ma solo il 15 per cento dei docenti. Nel settore scientifico, ingegneristico e tecnologico, i dati sono rispettivamente del 34 per cento per le donne laureate e del 9 per cento per le titolari di cattedre universitarie. La Commissione riconosce che si tratta di uno spreco di talento e di risorse.
Dal 1999 la Commissione ha dedicato numerosi documenti alla partecipazione delle donne alla ricerca europea. La Commissione raccoglie dati statistici affidabili al fine di avere un quadro completo della situazione, pubblicando regolarmente questi risultati in un opuscolo dal titolo “She Figures”. Questa raccolta di dati è stata pubblicata nel 2003 e nel 2006 e la prossima uscita è prevista per il 2009. A partire dal quinto programma quadro, la Commissione fornisce altresì un contributo finanziario agli studi e alle azioni in relazione alla presenza femminile nel settore scientifico. Il sesto programma quadro, inoltre, ha previsto uno stanziamento di 15,7 milioni di euro per le donne attive nel settore scientifico. Sono molti i progetti in corso, come ad esempio quelli che affrontano la necessità di fornire modelli atti a incoraggiare le donne a intraprendere una carriera scientifica.
Nel 2005, sulla scorta delle conclusioni del Consiglio “Competitività”, gli Stati membri hanno fissato l’obiettivo del 25 per cento di donne in posizioni di rilievo nel settore pubblico. A tale riguardo, un gruppo di esperti sulla presenza delle donne nei posti di responsabilità nel settore della ricerca ha iniziato a esaminare gli ostacoli burocratici e di altra natura che impediscono alle donne di raggiungere posizioni al vertice nella ricerca. Nell’ambito del programma quadro, un analogo gruppo di esperti si concentrerà sulla questione dell’eccellenza scientifica e dei potenziali pregiudizi di genere nella valutazione di tale eccellenza.
Nel settimo programma quadro la strategia rispetto alle questioni di genere si articola in tre settori principali di attività. In primo luogo, al fine di rafforzare il ruolo delle donne nella ricerca scientifica, saranno finanziati alcuni progetti mirati a confrontare i diversi programmi di azione positiva per l’inserimento delle donne in posti di responsabilità nella ricerca, che interesseranno l’Europa, gli Stati Uniti, il Canada e l’Australia.
In secondo luogo, per quanto riguarda la dimensione di genere della ricerca, tra i settori d’intervento nell’ambito del settimo programma quadro rientreranno tematiche di genere riguardo alla definizione e alla valutazione dell’eccellenza scientifica. Ad esempio, verrà finanziata grazie a questo tipo di attività un’analisi di tutte le ricerche condotte all’interno dell’UE in materia di discriminazione e svantaggi a scapito delle ricercatrici.
In terzo luogo, infine, per quanto riguarda l’integrazione delle questioni di genere nei programmi e nella politica di ricerca della Comunità, alcuni programmi di lavoro nell’ambito del programma incentrato sulla cooperazione promuovono la partecipazione delle donne. La Commissione continua inoltre a perseguire l’obiettivo del 40 per cento di presenza femminile nelle commissioni di valutazione e tale obiettivo viene verificato regolarmente.
Abbiamo altresì previsto di fornire formazione e consulenza a vari ricercatori per quanto riguarda le modalità di integrazione delle questioni di genere nella ricerca.
A prescindere dalle azioni previste nel settimo programma quadro, ci troviamo e ci troveremo di fronte a una scelta politica importante, anche per diverse organizzazioni di ricerca che partecipano al programma quadro. Riusciremo a influire soltanto limitatamente sulle realtà sul terreno in Europa. Pertanto, stiamo anche cercando nuove idee sulle modalità d’intervento della Commissione o degli Stati membri con il sostegno della Commissione. Intendiamo perciò farne una tematica a parte nel Libro verde sullo Spazio europeo della ricerca (SER). Quanto più saranno riconosciute, ad esempio, la situazione specifica e le esigenze dei ricercatori in Europa rispetto alla mobilità o alla trasferibilità dei diritti previdenziali, tanto maggiori saranno le possibilità di occuparsi del ruolo specifico delle donne nella ricerca. La Commissione esaminerà entro breve termine il Libro verde sul SER e vorrei invitare i deputati a partecipare attivamente alla discussione che ne scaturirà. Inoltre, conto molto sul vostro appoggio in relazione a questa e ad altre questioni.
Concludendo, vorrei sottolineare che la strategia a lungo termine che abbiamo scelto si basa su un impegno costante e un sostegno continuo alla promozione del ruolo delle donne nel mondo della scienza, attraverso le misure e le attività cui ho appena accennato.
Teresa Riera Madurell (PSE). – (ES) La ringrazio, Commissario Potočnik. Le sue proposte mi sembrano molto appropriate. Come ha espresso chiaramente, l’Europa deve avvalersi al massimo del proprio potenziale nell’ambito della ricerca e, in questo senso, le donne eccellenti devono poter godere delle stesse opportunità degli uomini di pari capacità. Tuttavia ciò non sempre avviene nella pratica.
Vorrei inoltre chiederle in che misura la Commissione — senza rinunciare, logicamente, all’eccellenza come primo criterio —, potrebbe considerare, in sede di valutazione dei progetti, anche l’equilibrio tra i generi, come ha già fatto in altre occasioni, o anche tener conto della circostanza quando i progetti sono diretti da donne.
In secondo luogo vorrei chiederle se la Commissione intende adottare misure finalizzate a garantire una composizione equilibrata dal punto di vista del genere dei comitati di programma, dei gruppi di alto livello, dei gruppi di lavoro, eccetera, nonché di tutte le altre attività finanziate dall’Unione europea.
Janez Potočnik, Membro della Commissione. – (EN) Gli obiettivi del settimo programma quadro sono esattamente gli stessi del programma precedente, sebbene gli strumenti siano stati lievemente modificati.
I programmi di lavoro promuoveranno la partecipazione femminile nell’ambito della ricerca e faranno risaltare l’importanza del genere in specifici settori. Attraverso progetti di vasta portata si avrà la possibilità di intraprendere ed incoraggiare azioni mirate all’uguaglianza di genere, che saranno rimborsabili proprio come altre attività nell’ambito di tali progetti.
Vorrei tuttavia ribadire la necessità di dare un buon esempio, cosa che intendiamo fare, sebbene siamo tutti consapevoli che non possiamo risolvere il problema senza guardare al di là del portafoglio della ricerca. Le difficoltà che stiamo attualmente affrontando rientrano in un quadro più ampio della realtà, che delinea questa situazione ingiusta e sfavorevole nella quale non stiamo utilizzando tutto il nostro potenziale cognitivo. Per questa ragione ritengo che sia molto importante la discussione che seguirà, in quanto verterà specificamente anche su questo tema.
Per quanto concerne le modalità pratiche adottate, vi darò un esempio di come abbiamo affrontato la questione delle commissioni di valutazione, nelle quali vorremmo perseguire l’obiettivo del 40 per cento di presenza femminile. L’articolo 17 delle regole di partecipazione al settimo programma quadro precisa che nella selezione di esperti indipendenti siamo chiamati a garantire un ragionevole equilibrio di genere. La partecipazione femminile alle commissioni di valutazione è aumentata dal momento in cui la Commissione, nel 1999, ha stabilito il summenzionato obiettivo, passando dal 22 per cento nel 1999 al 30 per cento nel 2005. Purtroppo non dispongo ancora dei dati relativi al 2006.
Se confrontiamo questi dati con la percentuale di donne che risulta all’interno dalle nostre banche dati di esperti, pari solo al 25 per cento, appare chiaramente che stiamo facendo del nostro meglio. La Commissione incoraggia inoltre le donne esperte a registrarsi nella nostra banca dati. La piattaforma europea delle scienziate, creata alla fine del 2005, fornirà un valido contributo in questo senso. Questi sono gli obiettivi che intendiamo perseguire.
Danutė Budreikaitė (ALDE). – (LT) Vorrei esaminare più diffusamente la questione, per quanto riguarda non soltanto la partecipazione femminile alla ricerca, ma anche quella maschile. Nella competizione con gli Stati Uniti, l’Europa sta uscendo sconfitta. Sempre più scienziati (uomini e donne) stanno scegliendo gli Stati Uniti, perché ricevono una retribuzione maggiore e godono di condizioni lavorative migliori. Cosa abbiamo intenzione di fare affinché i nostri scienziati restino in Europa e anche altri decidano di stabilirsi qui?
Janez Potočnik, Membro della Commissione. – (EN) Questo è un altro aspetto della questione che merita la dovuta attenzione. La mobilità delle persone è fondamentale per il successo della ricerca condotta in Europa o in qualsiasi parte del mondo, poiché è attraverso la mobilità delle menti che si ottengono menti feconde. Naturalmente nessuno di noi auspica che le persone che hanno ottenuto un’istruzione all’interno del proprio paese – almeno al livello di scuola superiore – finiscano per lasciarlo e stabilirsi all’estero. Se ciò avviene è ovvio che occorra stabilire legami stretti con le persone che vivono al di fuori dei nostri paesi, per esempio negli Stati Uniti. Abbiamo ideato un programma speciale all’interno del settimo programma quadro che sta portando avanti proprio questo tipo di attività. E’ pertanto estremamente importante creare una sorta di rete di collegamento con coloro che si trovano all’estero, affinché il loro contributo non vada perso.
La fuga di cervelli, tuttavia, costituisce una questione da affrontare con molta serietà. In Europa i dati recenti non sono troppo preoccupanti: infatti, pur riscontrando differenze tra gli Stati membri, in molti paesi un gran numero di università molto prestigiose stanno anche registrando un ampio afflusso di studenti nell’Unione europea. Recentemente mi sono recato in visita in India, dove ho appreso che 17 000 studenti si spostano ogni anno dall’India verso il Regno Unito per studiare su territorio europeo. Ritengo che un simile afflusso sia un segnale positivo ed importante, che abbiamo il dovere di promuovere.
La fuga di cervelli, tuttavia, è un’altra questione. Dobbiamo prestarvi attenzione, anche se vi sono molte ragioni alla base di questo fenomeno, come per esempio il fascino della carriera, la trasferibilità sociale, i diritti pensionistici, e molti di questi fattori sono connessi fra loro. Non esiste una risposta semplice a questo genere di problema.
Presidente. – Grazie, Commissario Potočnik.
Passiamo ora alle interrogazioni rivolte al Commissario Verheugen.
Desidero informare i colleghi che il Tempo delle interrogazioni si prolungherà di circa 20 minuti oggi. Ringrazio anticipatamente gli interpreti per la disponibilità.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 58 dell’onorevole Sarah Ludford (H-0075/07):
Oggetto: Contraffazione di medicinali
Nella sua risoluzione del settembre 2006 sulla contraffazione di medicinali (P_TA(2006)0351), il Parlamento europeo ha invitato la Comunità a dotarsi urgentemente dei mezzi per svolgere con efficacia la sua lotta contro le pratiche mafiose nel settore della pirateria e della contraffazione di medicinali, esortato la Commissione ad andare oltre la sua comunicazione intitolata “Strategia mirante a assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale nei paesi terzi” e incoraggiato l’Unione europea a prendere le misure adeguate per lottare contro il flagello della contraffazione dei medicinali sul proprio territorio.
Quali iniziative concrete ha avviato la Commissione dal settembre 2006 per lottare contro la contraffazione di medicinali nell’Unione europea e all’estero? In particolare, quali misure ha preso per rafforzare i controlli sui prodotti farmaceutici venduti attraverso Internet?
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Signora Presidente, la Commissione è consapevole che la contraffazione di farmaci – come l’onorevole deputata ha appena affermato – costituisce un problema globale che potrebbe nuocere gravemente alla salute. Per questo ce ne stiamo occupando con estrema attenzione e non vi nascondo di essere estremamente preoccupato a tale riguardo.
La Commissione ha elaborato una strategia generale contro la contraffazione di farmaci nell’Unione europea e, vista la portata internazionale del problema, si è preoccupata di riallacciarsi alle attività dei partner internazionali, come per esempio l’Organizzazione mondiale della sanità e il Consiglio d’Europa, e di integrarle.
La normativa comunitaria che permette alle autorità di sequestrare i farmaci contraffatti, introdotti o trovati sul mercato comunitario, si articola in una legislazione comunitaria in materia di farmaci, nell’azione delle autorità doganali e nell’affermazione dei diritti di proprietà intellettuale. La principale competenza per l’approvazione delle norme vigenti spetta agli Stati membri.
Negli ultimi cinque anni gli Stati membri hanno scoperto 27 casi di contraffazione di farmaci nella catena di approvvigionamento legale sul mercato UE e 170 sul mercato nero. Se tale dato può non apparire eccessivo, nondimeno il sequestro di farmaci contraffatti effettuato dai doganieri anche alle frontiere esterne lascia pensare ad un notevole incremento nel corso degli ultimi anni.
Le statistiche per il 2005 mostrano che i doganieri hanno sequestrato 560 000 farmaci contraffatti alle frontiere esterne dell’UE nel suddetto anno. Da una prima analisi delle cifre relative agli Stati membri per il 2006 emerge che nell’anno in questione sono stati probabilmente sequestrati dai doganieri più di 1,5 milioni di farmaci contraffatti. Si tratta di un drammatico aumento.
Nella comunicazione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale, nella quale si chiedeva in che modo le autorità doganali avrebbero risposto ai recenti sviluppi relativi alla contraffazione e alla pirateria di merci e prodotti, la Commissione ha presentato un piano di azione recante una serie di misure concrete per la lotta alla contraffazione.
Si sta già lavorando a due delle più importanti misure: la creazione di un sistema elettronico per lo scambio rapido di informazioni tra le autorità riguardanti i rischi dei nuovi tipi di contraffazione e l’istituzione di un sistema mediante il quale le imprese possano trasmettere rapidamente alle autorità doganali le informazioni necessarie sulle contraffazioni, affinché le suddette autorità possano intervenire a tale riguardo. Nel marzo 2006, inoltre, la Commissione ha messo in guardia dall’offerta di farmaci contraffatti su Internet, al fine di sensibilizzare il pubblico a questo problema.
Con questa esortazione, la Commissione ha pubblicamente annunciato che avrebbe elaborato un progetto per analizzare la situazione e avrebbe verificato, in collaborazione con gli Stati membri, con l’Agenzia europea per i medicinali e con i partner internazionali, se la tutela della salute pubblica richieda un intervento. Il progetto si occuperà, fra l’altro, del commercio di farmaci contraffatti su Internet.
La Commissione intende basarsi su questa analisi, per la quale sono già iniziati i lavori, ed elaborerà soluzioni politiche, provvedendo inoltre a colmare eventuali lacune legislative. Qualora necessario, occorrerà modificare la normativa comunitaria in materia di farmaci. Queste proposte di soluzione saranno naturalmente basate su valutazioni dell’impatto, ma desidero assicurarvi che faremo tutto il possibile anche in futuro per impedire il commercio di farmaci contraffatti sul nostro mercato e per tutelare la salute dell’umanità dalle minacce che ne derivano.
Sarah Ludford (ALDE). – (EN) Grazie, signor Commissario. Attendo con impazienza il piano d’azione, ma temo che la portata della risposta non sia adeguata all’entità del problema. Due settimane fa l’International Narcotics Control Board (ente internazionale per il controllo degli stupefacenti) ha fatto riferimento ad una “ondata di medicinali contraffatti”, affermando che nei paesi in via di sviluppo il 25-50 per cento dei medicinali è probabilmente contraffatto, e in Europa, come lei ha affermato, le vendite tramite Internet rappresentano uno dei problemi maggiori. Possiamo contribuire ad individuare le persone e le società che si trovano dietro i siti Internet illegali?
E’ possibile agire, pur continuando a preservare le possibilità del commercio parallelo, affinché si garantisca che l’illegalità non penetri in quest’ultimo?
Cosa pensa di un divieto di riconfezionamento dei medicinali?
Quali sono le lacune legislative che intende colmare?
Potremmo ipotizzare una legislazione penale per uniformare le definizioni e le sanzioni per i reati nell’ambito del terzo pilastro relativo all’applicazione della legislazione? Ritengo semplicemente che occorra rendersi conto dell’urgenza di simili interventi. Si tratta di una situazione che uccide la gente e nuoce gravemente alla salute.
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Onorevole Ludford, non posso fare altro che concordare con tutto ciò che ha detto. Il progetto di cui ho parlato deve costituire un’integrazione delle attuali misure internazionali già adottate dall’Organizzazione mondiale della sanità e dal Consiglio d’Europa, elaborando una soluzione sul genere di TeleMed per l’Europa, mentre il progetto dedicato al commercio parallelo affronterà nello specifico gli aspetti riguardanti la sicurezza dei pazienti.
Al fine di risolvere realmente il problema, occorre innanzi tutto sapere quale sia precisamente la situazione dei vari paesi. Abbiamo pertanto richiesto agli Stati membri di fornirci le informazioni necessarie. Ritengo che entro la fine di quest’anno avremo tutte le informazioni che occorrono e saremo pertanto in grado di prendere le decisioni necessarie.
Condivido la sua opinione a proposito della situazione nei paesi in via di sviluppo, che ritengo profondamente scandalosa. Quando ne abbiamo discusso in questa sede negli anni scorsi, ho dichiarato che avremmo fatto tutto il possibile per aiutare i paesi in via di sviluppo nella creazione di strutture mirate a garantire che i farmaci, che si stavano diffondendo sui rispettivi mercati, fossero conformi agli standard internazionali. Il problema è che in numerosi paesi in via di sviluppo non ci sono proprio le strutture amministrative addette al controllo adeguato di queste situazioni. Mi trovo pertanto concorde con il collega Louis Michel sull’importanza fondamentale, in termini di sviluppo, di un potenziamento del nostro impegno finalizzato ad aiutare i paesi in via di sviluppo a conseguire questo obiettivo.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 59 dell’onorevole Marie Panayotopoulos-Cassiotou (H-0076/07):
Oggetto: Misure a sostegno dell’imprenditoria europea
Nel quadro della strategia di Lisbona, della Strategia europea per lo sviluppo e l’occupazione e dell’Agenda europea per l’imprenditorialità, con quali misure la Commissione europea intende sostenere l’imprenditorialità privata, specie dei giovani, e favorire la creazione di un ambiente idoneo per chi si assume rischi, tenendo presente l’obiettivo di ammodernare, sviluppare e rendere competitiva l’economia europea?
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) E’ un tema che mi preoccupa in modo particolare. L’economia europea non è dinamica come potrebbe essere e non crea tutti i posti di lavoro che potrebbe creare soprattutto perché non ci sono abbastanza imprese. Il motivo per cui non abbiamo abbastanza imprese è che non abbiamo in Europa un numero sufficiente di persone disposte ad avviare un’iniziativa imprenditoriale e ad assumersi tale rischio.
Pertanto la risposta più rilevante alla sua interrogazione è che nelle nostre stesse società deve crescere la consapevolezza che sono le imprese che creano posti di lavoro, che occorrono imprese che abbiano il coraggio di farlo e che si deve considerare l’attività imprenditoriale un atto socialmente responsabile e socialmente utile. In altre parole dobbiamo assicurare un maggior consenso a livello sociale all’iniziativa imprenditoriale. Negli ultimi due anni la Commissione ha sviluppato diverse iniziative in tale ambito.
Nell’ambito dell’Agenda europea per l’imprenditorialità l’anno scorso è stata pubblicata una relazione intermedia dalla quale emerge che gli strumenti finanziari comunitari per le imprese sono stati fortemente potenziati e che abbiamo dato l’impulso per la fondazione di minisocietà da parte di studenti di scuole e università, affinché essi possano apprendere l’imprenditorialità. Per mettere in contatto i partner commerciali abbiamo a disposizione la banca dati amministrata dagli Euro Info Centre.
Per poter promuovere la crescita e l’occupazione, l’Europa deve predisporre un quadro sociale generale che favorisca l’iniziativa imprenditoriale. Poiché la mentalità si forma in una fase precoce della vita, la formazione può offrire un contributo essenziale per sostenere positivamente l’imprenditorialità. Sulla base del lavoro svolto negli Stati membri, nel febbraio 2006 la Commissione ha potuto approvare una comunicazione intitolata “Stimolare lo spirito imprenditoriale attraverso l’istruzione e l’apprendimento”.
L’obiettivo che vorrei raggiungere è che tutti gli scolari e gli studenti europei abbiano la possibilità durante il loro percorso scolastico e accademico di venire in contatto con la realtà imprenditoriale. In molti paesi europei si possono già riscontrare prassi esemplari al riguardo, ma diversi Stati presentano ancora notevoli carenze.
Al momento la Commissione è impegnata attivamente a diffondere una mentalità imprenditoriale a livello universitario. Sappiamo dagli Stati Uniti che la loro esperienza è estremamente positiva. Le università che offrono una formazione imprenditoriale pratica e teorica riferiscono risultati eccezionali, nel senso che la percentuale di laureati di queste università che, dopo il corso di studi, risulta propensa a fondare un’impresa è decisamente maggiore che da noi.
Ci sono ancora altri tre punti importanti grazie ai quali potremmo contribuire ad agevolare la fondazione di imprese. In primo luogo mi riferisco all’intero progetto “Legiferare meglio”, volto alla semplificazione legislativa e allo snellimento burocratico. Molti soggetti esitano ad avviare un’attività anche perché credono di dover rispettare troppe norme che sono per di più eccessivamente complicate.
Secondo punto: poiché molti rinunciano a priori ad avviare un’attività perché pensano che sia troppo complicato, l’anno scorso abbiamo proposto al Consiglio europeo che gli Stati membri si impegnino a limitare i tempi necessari per costituire una società a una settimana. Questo obiettivo dovrebbe essere raggiunto entro la fine dell’anno in tutti i paesi membri.
Infine, vorrei ricordare che dedichiamo molta attenzione alla questione dell’incidenza negativa dei fallimenti. Come ci comportiamo di fronte al naufragare di un primo tentativo? Sappiamo che in America non è un problema se una prima esperienza commerciale fallisce. In molti paesi europei dopo il primo esito negativo si è definitivamente segnati.
L’ultimo punto che vorrei menzionare è il problema dei finanziamenti, che rappresenta un aspetto cruciale per l’avvio di nuove imprese. La Commissione ha notevolmente ampliato le relative opportunità di finanziamento per il periodo 2007-2013. La quota più cospicua del programma per la competitività e l’innovazione è destinata a strumenti di finanziamento: in tale ambito mettiamo a disposizione oltre un miliardo di euro per crediti e garanzie, per agevolazioni fideiussorie a livello nazionale e altri moderni strumenti finanziari, tra cui l’apporto di capitale di partecipazione. Questo programma riscuote un ottimo consenso tra le piccole e medie imprese.
Nel complesso quindi abbiamo adottato tutta una serie di misure che mi auguro favoriscano la nascita di imprese in Europa.
Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE) – (EL) Signora Presidente, ringrazio il Commissario per l’esauriente risposta fornitami. Mi consenta di chiedere la sua opinione sulla possibilità di calcolare il capitale che ciascun giovane apporta, non in termini di beni materiali ma di risorse intellettuali, in modo che questo possa diventare un criterio di ammissibilità nella costituzione di società. Lei ha sottolineato l’importanza della formazione, ma come si misurano le qualifiche dei giovani?
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Lei ha sollevato una questione decisamente importante, cui però non posso rispondere in quanto la Commissione non assegna risorse a singole imprese. La domanda va rivolta alle banche. Come reagiscono le banche quando si rivolge loro qualcuno con una buona idea, una buona formazione e doti imprenditoriali? Sono in grado di riconoscere questo talento, il coraggio di realizzare qualcosa, e lo incoraggiano, o tengono un atteggiamento burocratico? Ritengo che gli istituti di credito europei farebbero bene a comportarsi come lei ha detto, ovvero a tener conto, nell’analisi dell’affidabilità di un cliente, delle capacità del soggetto che intende fondare un’impresa, del suo talento, delle sue conoscenze e competenze. Possiamo solo incoraggiare le banche a seguire questa linea. Non possiamo però costringerle.
Danutė Budreikaitė (ALDE). – (LT) Mi è capitato di vedere alcuni dati e analisi da cui emerge che solo il 10 per cento dei partecipanti al mercato del lavoro può diventare imprenditore, avviare una propria attività e fare il datore di lavoro. Il restante 90 per cento ha solo le capacità di operare come lavoratore dipendente. Pensa che le varie attività di programma previste potranno accrescere il numero di persone più intraprendenti nella nostra società?
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Chiunque soddisfi i requisiti di legge può diventare imprenditore. In teoria possiamo immaginare una società costituita al 100 per cento da imprenditori, visto che non ci sono limitazioni in proposito. Gli ostacoli risiedono piuttosto in quello che vi ho detto: in Europa in alcuni paesi regna una cultura per cui la gente preferisce lavorare come dipendente e non assumersi i rischi di un lavoro autonomo. Potrei dirvi di quali Stati si tratta. Comunque ci sono anche gli ostacoli che ho menzionato.
La decisione di diventare imprenditori spetta a ciascun interessato. Non possiamo obbligare nessuno. L’unica cosa che possiamo fare – e in effetti la facciamo in un modo che finora non era possibile in Europa – è incoraggiare le persone a compiere il passo dell’imprenditorialità, e facilitare loro questa scelta per quanto in nostro potere. Sono abbastanza certo che avremo risultati positivi, ma non è un progetto a breve termine, anzi necessita di un’impostazione di ampio respiro.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 60 dell’onorevole Glenis Willmott (H-0085/07):
Oggetto: Ingegneria nell’Unione europea
Nell’ambito dell’Agenda di Lisbona sono stati delineati come obiettivi principali lo sviluppo delle potenzialità nonché la crescita economica e occupazionale in Europa. Tuttavia il settore ingegneristico, che potrebbe contribuire in maniera determinante al conseguimento di tali obiettivi, è troppo spesso trascurato in Europa. In Cina i laureati in ingegneria sono un milione l’anno e si conferma la tendenza all’aumento delle iscrizioni. Se confrontiamo tali cifre con quelle dell’EU, un numero inferiore di laureati (circa 170.000) ed una diminuzione delle iscrizioni nell’Unione europea. Nel solo Regno Unito è stato stimato che per il 2012 il numero di giovani laureati e di apprendisti non basterà a coprire la domanda del settore manifatturiero ed ingegneristico. Come pensa la Commissione di rispondere alla sfida lanciata dalle nuove economie emergenti e di assumere e formare la forza lavoro necessaria in Europa?
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) La Commissione conviene con l’onorevole parlamentare che le discipline ingegneristiche sono particolarmente importanti per l’economia europea nel suo complesso, soprattutto per quanto riguarda la nostra strategia per una maggiore crescita e occupazione. Il lavoro ingegneristico è essenziale per molti settori dell’economia e pertanto merita la nostra piena attenzione.
Alla fine del 2005 è stato istituito un gruppo di lavoro ad alto livello, il “Dialogo sulle politiche per l’ingegneria meccanica”, incaricato di svolgere un’analisi approfondita della competitività del settore. Questa iniziativa fa seguito a un’azione analoga avviata in altri settori industriali e a breve ne verranno intraprese altre.
I primi risultati riscontrati dal gruppo di lavoro dimostrano che i problemi della formazione e della qualificazione costituiscono una sfida seria per l’industria manifatturiera. Non solo il numero assoluto del giovane personale tecnico che entra nella vita lavorativa è inadeguato, ma sussistono problemi anche riguardo alla capacità di mantenere personale qualificato all’interno dell’industria e all’immagine pubblica del settore ingegneristico. Esistono altresì problemi riguardo al necessario adattamento ai vari cambiamenti attualmente in corso.
La Commissione sta esaminando tali questioni insieme all’industria e agli Stati membri. Poiché la Commissione ha solo una competenza molto limitata nell’ambito della formazione professionale, è particolarmente importante che altri gruppi e parti interessate apportino il loro contributo. In particolare, la Commissione sta confrontando i diversi approcci adottati dagli Stati membri per individuare le migliori soluzioni possibili e definire il giusto quadro per lo sviluppo dell’innovazione. Gli Stati membri devono fare di più, soprattutto riguardo ai contenuti dei corsi, all’apprendimento permanente e alla mobilità dei lavoratori; è invece compito dell’industria definire accuratamente i requisiti futuri e rendere più attraenti le occupazioni tecniche.
Tutto ciò fa parte dell’approccio della Commissione alla politica industriale e quest’anno aggiorneremo Parlamento e Consiglio sui progressi registrati dalle nostre proposte in materia di politica industriale.
Glenis Willmott (PSE). – (EN) Nella mia regione, le Midlands orientali, abbiamo un ottimo esempio di un progetto che ha adottato un approccio proattivo ai cambiamenti strutturali nella regione. Questo progetto, finanziato in parte con risorse comunitarie, ha messo a punto un’unità mobile che si reca direttamente dalle persone nelle aree interessate. L’unità si dirige verso zone in cui esistono problemi specifici di licenziamenti e ridistribuzione dell’organico. Questo centro risorse mobile offre sostegno vitale sia ai lavoratori che sono interessati da una ridistribuzione o che necessitano di una riqualificazione professionale, sia alle imprese che hanno bisogno di accedere immediatamente a una riserva di manodopera altamente qualificata e competente. Tale unità si reca anche nelle scuole per incoraggiare gli alunni a scegliere studi di ingegneria.
Che cosa sta facendo la Commissione per promuovere azioni pratiche di questo tipo e incoraggiare altri paesi a adottare formule analoghe?
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Onorevole Willmott, penso che queste misure siano finanziate a titolo dei Fondi strutturali europei, per i quali – come sa – non sono competente. Non intendo dire ai Commissari competenti, Hübner e Špidla, che cosa devono fare. Ritengo tuttavia che riconoscano entrambi l’importanza di questo progetto. Coglierò l’opportunità offerta dalla sua interrogazione per parlare con i colleghi Hübner e Špidla, chiedere loro qual è stata l’esperienza in materia e invitarli anche a continuare a sostenere tali iniziative qualora ciò risultasse utile.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 61 dell’onorevole Georgios Papastamkos (H-0099/07):
Oggetto: Emissione di biossido di carbonio dalle autovetture
Il Commissario Verheugen sembra essere contrario alle proposte del collega Dimas che vorrebbe imporre a tutte le categorie di autovetture l’obbligo di ridurre le emissioni di biossido di carbonio, e chiede “un approccio maggiormente integrato”. Tra i parametri in questione figura anche il regime d’uso dei biocarburanti, che si ricollega a una questione molto importante e sensibile per l’agricoltura greca, cioè le difficoltà incontrate dai produttori di zucchero. Può il Commissario precisare se e in che cosa la sua posizione è diversa da quella del Commissario Dimas? Per quanto riguarda in particolare i biocarburanti, è in grado di avanzare qualche proposta concreta?
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Onorevole Papastamkos, devo ammettere che non so proprio su quali basi si fondi la sua interrogazione né da cosa sia stata determinata l’impressione che ne traspare. Il presupposto su cui si basa è completamente sbagliato.
Il Commissario Dimas ed io non siamo stati né siamo minimamente in disaccordo riguardo all’imposizione di un limite massimo per le emissioni di biossido di carbonio, anzi. Entrambi siamo stati i primi a dire, nel dicembre dell’anno scorso, che sono necessarie misure legislative. Nel novembre 2006 ho annunciato qui al Parlamento che avremmo stabilito misure normative con limiti vincolanti.
A tale proposito, ci basiamo sulle raccomandazioni del gruppo ad alto livello CARS21, in merito al quale ho riferito al Parlamento. Questo gruppo aveva raccomandato l’“approccio integrato”, e la Commissione lo ha incluso nella sua decisione, che è stata adottata con il consenso mio e del Commissario Dimas. Grazie all’approccio integrato sarà anche possibile ricorrere maggiormente ai biocarburanti per realizzare l’obiettivo di ridurre le emissioni di una media di 120 g/km di CO2 per il parco automobilistico europeo.
Ho concesso diverse interviste proprio su questo argomento prima e dopo la decisione della Commissione, rilevando quanto sia importante innalzare ora la quota di biocombustibili. Sono quindi molto soddisfatto che la settimana scorsa il Consiglio europeo abbia deciso di accogliere la proposta mia e della Commissione di innalzare la quota di biocarburanti almeno al 10 per cento del consumo di combustibile in Europa nei prossimi anni. Posso pertanto garantirle che sulla questione non solo non vi sono divergenze di opinione tra me e il Commissario Dimas, ma che stiamo lavorando insieme per fare tutto il possibile affinché sia possibile realizzare gli obiettivi stabiliti dalla Commissione.
Georgios Papastamkos (PPE-DE). – (DE) Ritengo che sia perfettamente comprensibile che vi siano divergenze di opinione in seno a organismi vivaci e altamente produttivi come la Commissione.
Vorrei tuttavia ricevere indicazioni più precise sui parametri per l’uso dei biocarburanti. Questo è il punto chiave della mia interrogazione, in particolare dopo le improvvise modifiche apportate alla politica agricola europea riguardo al regime dello zucchero, modifiche che hanno ripercussioni negative sui produttori di barbabietola da zucchero, specialmente nella regione dalla quale provengo. Vorrei ricevere informazioni da lei, signor Commissario, sul potenziale per la produzione di biocarburanti. Vorrei che, nella sua risposta alla mia domanda complementare, si concentrasse su questo aspetto.
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Onorevole Papastamkos, come lei sa, la Commissione ha definito parametri solo nella sua decisione sulle emissioni di CO2 da parte dei veicoli. Uno di questi parametri è l’aumento della quota di biocarburanti. Finora non esiste alcun programma specifico che disciplini il modo di ottenere tale aumento nel contenuto di biocarburanti, soprattutto perché il Consiglio europeo ha accolto la proposta della Commissione solo venerdì scorso. La Commissione formulerà ora molto rapidamente le debite proposte. Posso tuttavia dirle che, secondo il parere generale, in Europa potremo risolvere il problema mescolando i biocombustibili con i carburanti tradizionali prodotti nelle raffinerie. Siamo convinti che dobbiamo concentrarci sui combustibili di seconda generazione per evitare effetti collaterali nocivi dal punto di vista ambientale.
La politica agricola comune sostiene i biocombustibili attraverso il regime di pagamento unico per superficie. Come sapete, gli agricoltori non possono coltivare piante alimentari su terreni ritirati dalla produzione, ma possono coltivare piante non alimentari, tra cui piante per la produzione di biocarburanti. La produzione di queste colture, compresa la barbabietola da zucchero, può essere sostenuta concedendo premi di 45 euro per ettaro a favore delle piante utilizzate per l’energia. Ora questa regola è stata estesa a tutti gli Stati membri. La nuova politica comunitaria per lo sviluppo rurale e regionale prevede anche misure di sostegno per le energie rinnovabili, contemplate altresì dal programma quadro di ricerca, che si concentra essenzialmente sui biocarburanti di seconda generazione.
Presidente. – Grazie, signor Commissario e onorevoli colleghi. Ringrazio gli interpreti per la loro disponibilità nonostante sia stato superato il tempo previsto.
Le interrogazioni che, per mancanza di tempo, non hanno ricevuto risposta, la riceveranno per iscritto (vedasi allegato).
Con questo si conclude il Tempo delle interrogazioni.
(La seduta, sospesa alle 19.35, riprende alle 21.00)