Presidente. – Dichiaro aperta la sessione 2007-2008 del Parlamento Europeo.
2. Apertura della seduta: vedasi processo verbale
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Ignasi Guardans Cambó (ALDE). – (EN) Signor Presidente, vorrei fare un richiamo al Regolamento, a norma dell’articolo 166, per quanto riguarda l’allegato II, sezione A, del Regolamento del Parlamento.
Ho presentato un’interrogazione orale alla Commissione, la quale avrebbe dovuto rispondere oggi, e ho ricevuto una risposta ufficiale dalla Presidenza, in cui si afferma che la mia interrogazione è inammissibile, a quanto pare in applicazione dell’allegato II, sezione A, del Regolamento, secondo il quale un’interrogazione non è ricevibile qualora abbia ottenuto risposta nei tre mesi precedenti. Tuttavia, nessuna interrogazione simile ha ricevuto risposta nei tre mesi passati. A quanto pare, la disposizione è applicata in relazione a una risposta fornita dalla Commissione a un’interrogazione orale seguita da discussione.
Bene, l’allegato II, citato dalla Presidenza, si applica alle interrogazioni parlamentari disciplinate dall’articolo 109 del Regolamento, mentre le interrogazioni orali seguite da discussione sono disciplinate dall’articolo 108 del Regolamento. Quindi, poiché l’allegato II costituisce una limitazione dei diritti dei deputati, non si dovrebbe permettere un’interpretazione ampia dell’allegato II, al fine di applicarlo alle interrogazioni disciplinate dall’articolo 108, anziché dall’articolo 109. Chiedo quindi alla Presidenza di riesaminare la questione e permettere che l’interrogazione sia presentata a norma del Regolamento.
Presidente. – Esamineremo la sua richiesta e le comunicheremo l’esito.
3. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
4. Seguito dato alle posizioni e risoluzioni del Parlamento: vedasi processo verbale
5. Discussioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto (comunicazione delle proposte di risoluzione presentate): vedasi processo verbale
6. Strategia politica annuale 2008 (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione sulla strategia politica annuale 2008.
Margot Wallström, Vicepresidente della Commissione. – (EN) Signor Presidente, onorevoli deputati, sono molto lieta di potervi presentare la strategia politica annuale della Commissione per il 2008 e naturalmente sono ansiosa di assistere a un’utile discussione politica.
Diamo innanzi tutto una rapida occhiata al contesto per il prossimo anno. Tra due settimane, celebreremo il cinquantesimo anniversario del Trattato di Roma e sarà adottata la dichiarazione di Berlino. Il 2008 dovrebbe offrirci l’opportunità per guardare avanti. Speriamo che la roadmap che sarà approvata dal Consiglio di giugno possa creare le condizioni necessarie per l’individuazione di una soluzione istituzionale costruttiva il prossimo anno.
Tutto questo è necessario perché l’Europa ha bisogno di riforme. Inoltre ci consentirebbe di trasmettere un segnale positivo prima delle elezioni europee. Al contempo, assisteremo a un ulteriore consolidamento dell’Unione. Nel 2008, prevediamo che alcuni Stati membri aderiranno all’area Schengen. Speriamo anche che altri Stati membri adottino l’euro non appena soddisferanno i criteri richiesti.
Per quanto riguarda il finanziamento futuro dell’Unione europea, e come stabilito dal Parlamento e dal Consiglio, nel 2008 la Commissione lavorerà in vista della presentazione di una revisione del bilancio. Nel giro di qualche mese avvieremo un’ampia consultazione volta a consentire ai cittadini, alle parti interessate e a chi lavora con le Istituzioni di esprimere il proprio punto di vista sulle priorità dell’Unione europea e sulle risorse necessarie per affrontarle.
Gli obiettivi strategici definiti da questa Commissione all’inizio del suo mandato rimangono validi: “prosperità, solidarietà, sicurezza e un’Europa forte e sicura nel mondo” è una frase ancora in grado di sintetizzare le ambizioni fondamentali della Commissione e siamo lieti di poter constatare che sia il Parlamento sia il Consiglio ci hanno sostenuti.
Nel mondo moderno, alcuni temi di grande importanza non sono limitati unicamente a singoli obiettivi strategici, ma devono essere portati avanti in parallelo nei vari settori politici, e a mio avviso tre di essi sono particolarmente importanti per il 2008 nella strategia politica annuale.
In primo luogo, energia e cambiamenti climatici. I risultati estremamente positivi del Consiglio europeo della scorsa settimana, che ha preso decisioni chiare e vincolanti, sono stati resi possibili dalle proposte presentate dalla Commissione a gennaio, proposte che hanno favorito lo sviluppo di nuove idee e orientamenti politici in Europa. Ora dobbiamo produrre risultati concreti. Se nel frattempo speriamo che nel corso del terzo trimestre di quest’anno possano essere pronte alcune proposte pratiche in materia di energia, nel 2008 dovremo poi compiere un grande lavoro. Si dovranno attuare gli elementi chiave del pacchetto energia. Un mercato interno efficiente, un settore delle energie rinnovabili vivace, efficienza energetica, solidarietà e interconnessione saranno tutte questioni che porteremo avanti. Insisteremo anche perché vi sia un impegno deciso da parte dell’Unione europea e degli attori globali in vista della riduzione delle emissioni di CO2 dopo il 2012, quando scadrà il Protocollo di Kyoto.
Secondo, la rinnovata strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione continua a essere il principale strumento per promuovere un’Europa più prospera, responsabile a livello ambientale e inclusiva a livello sociale. Stiamo compiendo importanti progressi insieme agli Stati membri. L’anno prossimo rifletteremo su come portare avanti ulteriori riforme.
Prendendo spunto dalla revisione del mercato interno e dalla valutazione della realtà sociale che saranno presentate quest’anno, la Commissione avvierà una serie di iniziative volte a fare in modo che il mercato interno continui a tenere fede alle sue promesse economiche e a consentire ai cittadini di raccoglierne i frutti.
Terzo, la migrazione nelle sue varie forme costituisce una sfida fondamentale per l’Unione europea. La migrazione dei lavoratori, se adeguatamente gestita, può dare un contributo valido e positivo alle nostre economie e alle nostre società e presenteremo due progetti di direttiva in questo settore. Prevediamo altresì di proporre ulteriori misure per realizzare in Europa un regime di asilo comune entro il 2010. Occorrerà inoltre intraprendere ulteriori azioni in materia di prevenzione dell’immigrazione illegale, di lotta contro lo spietato business del traffico di esseri umani e di protezione delle nostre frontiere esterne.
Vorrei ora tornare agli obiettivi strategici e darvi alcuni esempi di altre iniziative fondamentali. Per quanto riguarda la prosperità al di là dell’ulteriore consolidamento del mercato interno, la sostenibilità ecologica del settore dei trasporti sarà un tema chiave, con azioni sul trasporto urbano, interventi legislativi sulle emissioni di ossido di azoto prodotte dall’aviazione e sulle emissioni prodotte dalle navi. La Commissione avvierà altresì i preparativi necessari per fare sì che l’Istituto europeo di tecnologia sia operativo dal 2009. Nel campo della solidarietà, la Commissione presenterà i risultati del controllo dello stato di salute della politica agricola comune, che spianerà la strada per la futura PAC.
Sulla base dell’attenta valutazione dell’aspetto sociale e della revisione intermedia dell’attuazione dell’agenda sociale, la Commissione proporrà iniziative volte a promuovere la solidarietà e l’accesso dei cittadini a diritti e opportunità, nonché azioni tese ad affrontare il problema della discriminazione al di fuori del mercato del lavoro.
Intendiamo anche proporre un nuovo piano d’azione dell’Unione europea sulle droghe e iniziative tese ad affrontare il problema della povertà infantile e a tutelare i minori che utilizzano Internet.
Per promuovere sicurezza e libertà, prevediamo di proporre nuove misure per la gestione delle nostre frontiere esterne e di creare un sistema di sorveglianza europea per aiutare gli Stati membri a gestire il problema della crescita dei flussi migratori clandestini. A sostegno della lotta contro il crimine organizzato, prevediamo di costituire una banca dati centralizzata delle impronte digitali e la Commissione avvierà anche una politica per la lotta contro la radicalizzazione violenta.
Un altro campo d’azione di primo piano riguarderà la garanzia della coerenza interna ed esterna e l’impegno per un’Europa in grado di fare sentire la sua voce nel mondo. Siamo pronti a svolgere un ruolo forte dopo che si sarà trovata una soluzione per lo status del Kosovo e proseguiremo i negoziati di adesione con Croazia e Turchia. Porteremo avanti i negoziati sui nuovi accordi con la Russia e l’Ucraina e stringeremo i nostri legami con i partner principali.
Per quanto riguarda la politica commerciale, oltre a un impegno costante per concludere il ciclo di Doha per lo sviluppo, l’azione verterà sull’agenda della competitività esterna dell’Europa globale. La Commissione lavorerà inoltre in stretta cooperazione con gli Stati membri e i paesi partner per fare in modo che il consenso europeo in materia di sviluppo compia passi avanti e rafforzi il nostro partenariato con l’Unione africana.
Vorrei ora spendere alcune parole sulla migliore regolamentazione che, come sapete, ispira tutto il lavoro della Commissione. Sono convinta che la Commissione e il Parlamento abbiano un interesse reciproco a rafforzare ulteriormente la loro attuale cooperazione in questo settore. Cooperazione significa trovare un’intesa sulle priorità comuni e sulle scelte strategiche. La revisione strategica della Commissione sulla migliore regolamentazione del novembre 2006 definisce in maniera dettagliata le nostre priorità politiche, tenendo conto dei pareri espressi dal Parlamento europeo nella tornata di aprile 2006, che era stata dedicata a questa tematica. Se necessario, la Commissione sarà pronta a riprendere con il Parlamento una discussione più dettagliata sulla migliore regolamentazione.
Vorrei altresì rilevare una novità nella nostra strategia per il 2008. Riprendendo l’esempio del programma di lavoro di quest’anno, le priorità in materia di comunicazione costituiscono parte integrante della nostra strategia politica: concentreremo i nostri messaggi su un numero limitato di temi che stanno particolarmente a cuore ai cittadini. La loro chiara comunicazione riflette la nostra strategia globale in materia di comunicazione e contribuisce alla sua realizzazione.
Infine, vorrei sottolineare i criteri che abbiamo applicato per garantire una ripartizione del personale consona alle nostre politiche. Le risorse aggiuntive saranno utilizzate unicamente per soddisfare le necessità derivanti dall’allargamento, mentre tutte le altre necessità dovranno essere soddisfatte mediante un redistribuzione delle risorse interne della Commissione.
La presentazione della strategia politica annuale segna l’inizio di un processo che condurrà all’adozione del programma legislativo e di lavoro della Commissione alla fine di quest’anno. Mi dedico con grande impegno a questo processo, anche se potrebbe essere migliorato ulteriormente. Insieme dovremmo conferire un carattere più politico al dialogo tra le commissioni e i Commissari. Nella risoluzione adottata lo scorso anno, il Parlamento ha espresso l’intenzione di coinvolgere i gruppi politici in modo più continuativo e in una fase iniziale della procedura. Spero che possa essere così.
Un dialogo politico, franco e costruttivo tra le nostre due Istituzioni che ci permetta di capire su quali temi l’Europa dovrebbe fare sentire il suo peso politico e in quali settori dovrebbe investire le sue risorse l’anno prossimo è estremamente importante. Lavoriamo allora insieme per il bene dell’Europa.
Hartmut Nassauer, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi fa piacere che dopo tutto oggi lei sia riuscita ad essere presente, signora Commissario. Siamo molto lieti che lei sia qui. Non abbiamo alcun motivo di essere eccessivamente critici, poiché la presenza dei deputati è inversamente proporzionale all’importanza di questo progetto. Questa discussione ha senso se, quando formulerà il programma legislativo finale in autunno, la Commissione ascolterà quello che deve dire il Parlamento.
Alcuni dei miei colleghi interverranno sui dettagli. Il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei in linea di principio è disposto non solo ad assicurare in seno al Parlamento il suo sostegno politico al lavoro della Commissione, ma anche a perseguire gli obiettivi formulati dalla Commissione stessa all’inizio del suo mandato: prosperità, solidarietà, sicurezza e libertà. Sono lieto di potervi confermare che, a partire da questi obiettivi, state anche sviluppando le misure politiche più adeguate per i settori nei quali occorre ora lavorare: crescita, occupazione, cambiamento climatico, energia, società basata sulla conoscenza, consolidamento dell’allargamento. Dei dettagli potremo discutere.
Ho una critica rispetto a quanto da lei detto, signora Commissario. Lei ha annunciato per il 2010 un regime di asilo europeo comune. Mi perdoni se parlo in questi termini, però i Trattati prevedono l’introduzione di norme minime in questi settori, ma non un regime di asilo europeo comune. La prego di verificare con attenzione gli aspetti per i quali lei si allontana da quanto previsto dai Trattati. Per me questo è un punto dolente.
Questo programma legislativo non è tanto interessante per quello che contiene, ma piuttosto per quello che non contiene. Nell’introduzione lei afferma che queste misure rispondono alle aspettative nei settori in cui i cittadini auspicano che l’Europa intervenga. Lei dipinge il quadro di un’Unione che è in grado di raccogliere le sfide della globalizzazione. Lei traccia nel complesso un quadro relativamente roseo di questa Unione europea, in particolare per quanto riguarda le aspettative dei cittadini.
Se così è, allora le chiedo perché i cittadini di Francia e Paesi Bassi hanno pronunciato un no così chiaro all’Europa? Il Trattato di per sé non dava alcun motivo per farlo, anche perché quasi nessuno l’ha letto. C’è un profondo malessere rispetto all’Unione europea e, se si analizza questo malessere, si risale alla sua origine – non l’unica, ma una delle tante – la burocrazia europea che dà a molti cittadini l’impressione che qualcun altro decida per loro e imponga loro politiche decise altrove. I cittadini hanno l’impressione di subire gli effetti di decisioni per le quali cui nessuno capisce perché siano state prese in Europa e non negli Stati membri.
L’impressione di essere trattati come bambini provoca rifiuto, determina percentuali di astensionismo sempre maggiori alle elezioni e, se il processo continuerà, incoraggerà quelle forze politiche che sono davvero contrarie all’Europa, e questo ci dovrebbe allarmare. Anche noi qui al Parlamento ci dobbiamo chiedere per quanto tempo potremo ancora rivendicare la nostra legittimità a rappresentare i popoli europei, se l’affluenza alle urne è sempre inferiore al 50 per cento.
Una delle fonti del disagio è rappresentata dalla legislazione europea. E’ quindi proprio questo il momento giusto per parlarne. Lei stessa, signora Commissario, parla di un’iniziativa ambiziosa in vista di una migliore regolamentazione. E’ verissimo e l’iniziativa merita il nostro appoggio! Ha a questo riguardo il nostro completo sostegno politico. Ma finora lei ha citato solo l’obiettivo: una riduzione del 25 per cento, senza dirci tuttavia come verrà realizzato questo obiettivo. Una migliore regolamentazione è innanzi tutto sinonimo di un atteggiamento meticoloso in termini di rispetto dei limiti della sussidiarietà e di rispetto della competenza degli Stati membri e non l’abile e astuto tentativo di arretrare tali limiti.
La Commissione europea possiede una chiave che le potrebbe consentire di riconquistare la fiducia dei cittadini. Abbiamo anche bisogno di una nuova cultura della sussidiarietà. Ogni progetto di legge dovrebbe fare attenzione a non regolamentare ogni singolo dettaglio, ma piuttosto a verificare scrupolosamente dove inizia la competenza normativa degli Stati membri.
Signora Commissario, ci indichi la strada da seguire! L’Europa non potrà che trarre beneficio da un processo legislativo meno centralizzato.
Hannes Swoboda, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, signora Vicepresidente, il nostro gruppo ritiene che la Commissione abbia realizzato molte azioni positive. Speriamo tuttavia che nella parte restante del suo mandato, la Commissione, insieme al Parlamento europeo, diventi una forza trainante ancora più forte per lo sviluppo dell’Unione europea. Il nostro appoggio sarà completo, quando il Consiglio esiterà e procrastinerà e non si impegnerà concretamente per fare progredire l’Europa.
Vorrei iniziare con un esempio positivo: la politica energetica, e in questo contesto naturalmente la politica climatica, un tema che le sta molto a cuore. E’ stato giustissimo insistere sulla necessità di definire obiettivi vincolanti, soprattutto per le energie rinnovabili. Ed è stato altrettanto giusto cercare una soluzione pragmatica al problema della competitività. Per quanto concerne la tecnologia nucleare, è stato assolutamente giustificato accettare che ci siano approcci diversi. C’è tuttavia una cosa che vorrei che la Commissione facesse, una cosa che potrebbe forse conciliare i diversi approcci: l’imposizione di un elevato livello di sicurezza e del relativo obbligo per le centrali nucleari e i paesi che utilizzano la tecnologia nucleare di fornire informazioni. Vorrei che la Commissione presentasse proposte a questo riguardo.
Anche per quello che riguarda la politica estera energetica, è importante compiere ulteriori passi avanti, dicendo da una parte che vogliamo diversificare e dall’altra sostenendo la diversificazione. E’ inoltre estremamente importante nominare i coordinatori della Commissione che hanno il compito di assicurarci la possibilità di stabilire una pluralità di rapporti per le forniture energetiche. Se il governo polacco ritiene di dover sviluppare una politica energetica con l’Ucraina e alcuni paesi del Caucaso meridionale, spero che la Commissione continui a sviluppare una politica energetica paneuropea.
Secondo, sempre in materia di politica estera energetica: so che la Commissione sta preparando attività di cooperazione con le regioni del Mar Nero e del Mediterraneo. Anche in questo caso è importante che la Commissione non sia ostacolata dal Consiglio quando elabora le sue proposte – per la cooperazione in materia di politica energetica, per la politica migratoria e in particolare anche per la politica dei visti. Mi è dispiaciuto molto che la Commissione non abbia obiettato quando, in origine, gli Stati membri avevano persino cercato di irrigidire la politica in materia di visti per i nostri vicini, esigendo pagamenti più elevati. Spero che la Commissione riesca a negoziare una politica ragionevole in materia di visti con tutti i nostri vicini, in particolare naturalmente con i Balcani.
Infine, vorrei passare al tema che più ci sta a cuore: la competenza sociale. L’onorevole Nassauer non ha torto quando illustra i motivi dello scetticismo che molti in Europa provano nei confronti dell’Unione europea, della Commissione e anche del Parlamento europeo. E tutto questo dipende anche dal fatto che la dimensione sociale è sottoesposta nel lavoro della Commissione. Lo ammette anche lei: nei documenti di più recente pubblicazione, che riguardino il mercato interno per i cittadini o il bilancio della realtà sociale in Europa, lei illustra con grande chiarezza i motivi che hanno condotto a questo scetticismo e a questa indifferenza, evidenziando che il mercato interno ha senso solo se vengono valutate anche le conseguenze ecologiche e sociali e se questi elementi vengono rafforzati. Ma quando osservo le proposte concrete, constato che contengono ben poche di queste componenti sociali. Se considero due studi recentemente pubblicati in Europa – uno sulla retribuzione delle donne sul mercato del lavoro e l’altro sulla povertà, mi rendo conto che il fatto che ci sia nuovamente povertà in Europa e che ora come in passato le differenze retributive tra uomini e donne siano così elevate è da considerarsi una prova della nostra inadeguatezza.
La missione sociale non è quindi stata portata a termine. Pertanto, se vogliamo il mercato interno, quest’ultimo deve integrare anche la componente sociale. Se sia la sinistra sia la destra hanno recentemente registrato risultati elettorali che sono in realtà il frutto del disastro sociale, della sensazione che l’aspetto sociale sia trascurato, che stiamo portando avanti una politica economica nazionale miope e che crediamo sia questo il modo di gestire la globalizzazione, è anche perché non abbiamo mandato ai cittadini abbastanza segnali che dicessero “sì al mercato interno” e “sì all’Europa sociale”. Per noi è molto importante e auspichiamo che la Commissione faccia ancora di più a questo livello.
Silvana Koch-Mehrin, a nome del gruppo ALDE. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, durante la discussione sul suo documento, il nostro gruppo ha avuto l’impressione che la Commissione abbia trovato la rotta giusta e che la stia seguendo con grande sicurezza, attenendosi agli ambiti politici che ha definito all’inizio del suo lavoro e perseguendoli in modo estremamente convinto. Questa impressione emerge già dalla prima frase del suo programma di lavoro, dove lei afferma che i settori politici nei quali la Commissione lavorerà troveranno un ampio consenso. Siamo assolutamente d’accordo. Siamo lieti che la Commissione abbia fiducia in se stessa e apprezziamo anche il fatto che abbia trovato una rotta ben definita. Siamo però ancora alla ricerca di una leadership più forte. E per rimanere sull’immagine della rotta: vorremmo che lei navigasse con il vento in poppa in modo da poter procedere più rapidamente.
Questo era un elogio anticipato, per così dire, ma in sostanza stiamo dicendo che questo programma è valido; riteniamo tuttavia che non sia sufficiente per la situazione in cui si trova ora l’Europa. Innanzi tutto ci manca un messaggio chiaro sul futuro dell’Europa. Al futuro dell’Europa lei dedica, nel documento di lavoro composto da 24 pagine, ben tre righe, ma la domanda sulla direzione che intendiamo seguire, sulla forma che dovrebbe assumere il nostro “progresso” comune non trova risposta, e in questo programma di lavoro strategico non si prova nemmeno a risolvere tale interrogativo.
Il fatto che stiamo tutti lavorando insieme per l’Europa non è poi così scontato come sembra suggerire questo documento. Come ha già rilevato l’onorevole Nassauer, purtroppo nemmeno tra i cittadini c’è quell’accettazione che vorremmo. Per questo è importante che la Commissione indichi la direzione da seguire. Vogliamo che la Commissione assuma la guida del movimento e chieda direttive chiare sulla strada che dovrà seguire il futuro dell’Europa.
La sua strategia prevede la produzione di risultati. Benissimo. I risultati sono utili per evidenziare quali sono i settori nei quali siamo visibilmente attivi. Abbiamo però sempre un problema: i politici nazionali, soprattutto a livello governativo, si prendono i meriti dei successi, mentre è poi l’Europa a prendersi tutte le colpe in caso di fallimento o conseguenze sgradite. L’esempio più recente è costituito dai risultati positivi del Consiglio. Almeno in Germania, questi risultati positivi saranno attribuiti ad Angela Merkel, mentre il lavoro preparatorio svolto dalla Commissione e dal Parlamento europeo non verrà minimamente notato. Su questo punto, la strategia tesa a produrre risultati è una strategia molto ambigua.
Inoltre, tra tutte le lodevoli iniziative che lei presenta ce ne sono alcune che ci fanno interrogare sui motivi della sua soddisfazione. Per esempio, lei parla di rinnovato consenso per quanto riguarda l’allargamento. Noi non lo vediamo. Inoltre lei vuole una banca dati centralizzata comune per le impronte digitali. Nemmeno a questo proposito c’è un consenso. E tutto questo ci stupisce in particolare se teniamo conto del fatto che il Presidente della Commissione Barroso, all’inizio del suo mandato, si era dichiarato sostenitore dei diritti civili. Una banca dati di questo tipo è l’esatto contrario di quello che aveva dichiarato all’inizio del suo mandato.
I miei colleghi approfondiranno i singoli aspetti politici. Da parte mia vorrei semplicemente segnalare un punto strutturale fondamentale, che abbiamo sempre sollevato anche in dibattiti precedenti. Per essere più vicini ai cittadini e per facilitare la trattazione di questo documento, vorremmo che lei ci spiegasse con precisione che cosa sono esattamente le iniziative legislative, che cosa non ha nulla a che vedere con la legislazione, che cosa sono le nuove iniziative e che cosa sono le misure di follow up, affinché possiamo sapere davvero quali passi concreti ci possiamo aspettare nel corso del prossimo anno.
Vorremmo naturalmente che anche i cittadini fossero coinvolti. La Commissione punta sulla comunicazione. Giustissimo. Più si riuscirà a essere interattivi e meglio sarà. Se, in vista di una maggiore visibilità della politica dei risultati, fosse possibile condurre questi dibattiti sulla strategia non solo al Parlamento europeo, ma anche nei parlamenti nazionali, si potrebbe compiere un importante passo avanti per chiarire l’origine di ogni singola politica nell’Europa comune.
Rebecca Harms, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, anch’io vorrei discutere di come l’Europa intende ristabilire un contatto con i propri cittadini e affrontare, per esempio, la questione della politica climatica ed energetica. Credo che raramente si sia prestata così tanta attenzione al ruolo e al compito specifico dell’Europa come nelle scorse settimane, quando l’attenzione si è concentrata sul grande tema della politica di tutela ambientale e della politica energetica, ossia sul tema di politica ambientale più importante di tutti.
Sono rimasta molto soddisfatta dal risultato del Vertice, perché, anche se restano ancora molti dettagli da negoziare, il Vertice è comunque riuscito a produrre quello che i cittadini si aspettavano dopo l’opera di sensibilizzazione condotta da Al Gore o dal rapporto Stern.
Il Vertice è riuscito a dare ai cittadini l’impressione che si stia per assistere a un cambiamento emblematico, che stiamo liberando da una nicchia le energie rinnovabili e che in futuro sosterremo l’efficienza energetica in modo totalmente diverso rispetto a quanto abbiamo fatto finora. Ora il punto fondamentale è essere all’altezza delle aspettative che abbiamo suscitato in Europa. Signora Commissario, se posso dirlo, non sono del tutto certa che lo faremo. Angela Merkel, infatti, non aveva quasi nemmeno avuto il tempo di annunciare la decisione del Vertice e di proclamarne i successi che tutto è ricominciato da capo nei singoli Stati e in una certa qual misura anche alla Commissione. Tutto è stato di nuovo rimesso in discussione. Come al solito, il Commissario Verheugen si è opposto al trio progressista composto dai Commissari Piebalgs, Dimas e Kroes. E non sono nemmeno così certa che il Commissario Barrot sia in grado di tradurre correttamente nella pratica i risultati del Vertice, e non nutro nemmeno fiducia – e lo dico qui esplicitamente – nel Presidente della Commissione Barroso e nella sua annunciata rivoluzione in materia di politica energetica.
Signora Commissario, lei è proprio la persona più indicata per far sì che, per esempio, la discussione sulla Costituzione europea viva un futuro migliore, facendo in modo che le grandi aspettative che noi politici europei abbiamo suscitato negli ultimi mesi non siano nuovamente deluse. I negoziati sugli aspetti di dettaglio della dichiarazione del Vertice non sono che all’inizio, e vedo uomini potenti e influenti sulla scena europea, tra cui il Commissario Verheugen e il Presidente Barroso che, nonostante la dipartita di Chirac in Francia, costituiscono una sorta di rete di vecchi amici, che ostacola la sostenibilità delle decisioni di questo Vertice.
Sylvia-Yvonne Kaufmann, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, signora Vicepresidente, molto francamente, non trovo particolarmente convincente la comunicazione della Commissione sulla strategia politica per il 2008. Perché? Da una parte, assomiglia molto a una sorta di catalogo di prodotti e le priorità non sono definite in modo sufficientemente chiaro. Dall’altra, ci sono molti punti che vengono messi in evidenza come “azioni chiave” ma che sono molto vaghi e poco eloquenti.
Vorrei citare alcuni esempi: l’iniziativa tesa a facilitare la conciliazione tra vita familiare e vita lavorativa, le iniziative legislative per il rafforzamento della protezione dei consumatori, ulteriori iniziative per attuare la politica marittima europea; troviamo una lunga serie di iniziative, ma sul modo specifico in cui sia possibile migliorare la protezione dei consumatori, sulle sue proposte in questo settore, non c’è nemmeno una parola. Troppo spesso non c’è nulla di preciso.
Per quanto riguarda la situazione sociale nell’Unione europea, lei annuncia un bilancio della realtà sociale – come viene qui definita – e allo stesso tempo annuncia iniziative utopistiche che dovrebbero promuovere la solidarietà e l’accesso dei cittadini a diritti e opportunità. Devo confessare di essere rimasta piuttosto sorpresa nel leggere tali affermazioni all’interno di questo documento. Pensa davvero di poter convincere i cittadini sull’Unione europea e in particolare sulle possibilità dell’Europa, di poter placare i timori dei nostri cittadini riguardo al futuro, se in pratica in questo documento lei ammette di non conoscere nulla della realtà sociale dell’Unione europea?
I miei colleghi, onorevoli Nassauer e Swoboda, hanno già sollevato la questione. Non credo che in questo modo lei possa riuscire a riconquistare i cittadini.
E ora un’osservazione sul tema della riduzione della burocrazia e della migliore regolamentazione, definite la preoccupazione quotidiana della Commissione. Non si può pensare di iniziare a legiferare meglio presentando semplicemente una strategia molto più dettagliata; importanti e irrinunciabili sono le valutazioni di impatto e sarà effettivamente molto interessante discutere dei risultati dell’analisi esterna del sistema di valutazione dell’impatto. Vorrei tuttavia anche segnalare che legiferare meglio non deve necessariamente essere sinonimo di deregolamentazione né può ridursi all’attuazione di una regolamentazione minima.
In conclusione, signora Vicepresidente, vorrei chiederle che cosa intende fare rispetto all’annunciato ritiro di proposte legislative. Nella mia relazione il Parlamento aveva preteso che nel programma legislativo e di lavoro annuale la Commissione indicasse con precisione quali proposte legislative intendesse ritirare. Potrebbe ora brevemente dirci quale strada intendete seguire da qui al 2008?
John Whittaker, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, l’iniziativa sul cambiamento climatico è passata ora tra le priorità dell’agenda. Nonostante i gravi dubbi sulla misura in cui le emissioni di CO2 siano responsabili del riscaldamento del pianeta, l’Unione europea è fermamente determinata ad assumere la guida a livello mondiale nell’ambito dell’azione tesa a ridurre le emissioni. Tuttavia, a parte l’energia nucleare, le fonti energetiche diverse dai combustibili fossili sono ancora molto poco praticabili. E questo vale in particolare per le energie rinnovabili. Ora abbiamo un obiettivo vincolante del 20 per cento per l’energia rinnovabile senza alcuna adeguata valutazione dei metodi idonei a realizzare questo ambizioso obiettivo o dei suoi costi.
Consentitemi di ricordare una delle nozioni più elementari che si insegnano già alla primissima lezione di economia. Se si aumenta il costo di una risorsa, si accresce il costo dei beni e si riduce la competitività. Ora ci viene detto che questa iniziativa stimolerà l’innovazione in materia di tecnologie rinnovabili e migliorerà le esportazioni. Invece ci renderà tutti più poveri.
Ho l’impressione che questa improvvisa ossessione per le emissioni di carbonio sia una manovra, un tentativo di distrarre la nostra attenzione da tutti gli altri progetti che hanno prodotto risultati deludenti, come la strategia di Lisbona, la politica in materia di immigrazione e di asilo, la riforma della politica agricola comune, l’euro, e molte altre.
Frank Vanhecke, a nome del gruppo ITS. – (NL) Signor Presidente, in realtà, il modo in cui l’eurocrazia, come una sorta di dispotismo illuminato – sempre per il bene dei cittadini, naturalmente – impone la propria volontà non smette mai di stupirmi. Non più tardi di qualche settimana fa, il Presidente della Commissione, Barroso – e per quanto un Presidente della Commissione possa essere un funzionario di grado elevato, è poi in buona sostanza solo un funzionario eletto politicamente – ha detto ai cittadini olandesi, nel loro paese, che ora dovrebbero andare avanti e accettare questa Costituzione europea che, nonostante sia stata respinta da due referendum democratici in due Stati membri e nonostante parecchi altri Stati membri non osino neppure organizzare un referendum in materia, viene progressivamente attuata comunque e a prescindere.
Questo processo non è del tutto dissimile dai negoziati di adesione con la Turchia, che non hanno alcuna base democratica e che sono anch’essi stati decisi da Istituzioni europee estremamente lontane dai cittadini, sono stati decisi da funzionari esageratamente privilegiati e da capi di governo che in modo del tutto deliberato si rifiutano di chiedere ai cittadini la loro opinione su un tema fondamentale come lo è questo.
Oggi la situazione non è diversa. Nella sua strategia politica per il 2008, la Commissione ha annunciato misure che dovrebbero favorire una nuova ondata di immigrazione verso l’Europa, proprio nello stesso momento in cui i cittadini europei chiedono l’esatto contrario. Ci chiedono in sostanza misure efficaci per limitare, o idealmente per fermare in modo definitivo, l’immigrazione proveniente dai paesi extraeuropei, grazie ad una protezione adeguata delle nostre frontiere e all’eliminazione progressiva dei canali di immigrazione semilegali, come il ricongiungimento familiare, un meccanismo troppo indulgente.
Leggendo la proposta della Commissione, si ha quasi l’impressione che si tratti di un fenomeno temporaneo e che si prevede che i lavoratori temporanei extraeuropei ritornino nei loro paesi d’origine entro un periodo di tempo piuttosto breve. Ma è un inganno. La realtà ci ha insegnato che questi lavoratori temporanei non ritornano nei loro paesi d’origine, che le loro famiglie li raggiungono più presto che tardi, e che, conseguentemente, nessuna misura di nessun tipo potrà mai obbligare queste persone a lasciare il paese in cui si trovano. Di conseguenza, la Comunità è nuovamente costretta ad accollarsi l’onere di affrontare le conseguenze di questa miopia, lo scontro tra culture, la formazione di ghetti, la criminalità causata dallo sradicamento delle persone e, infine, il collasso di un’intera comunità.
Ripeto che una nuova ondata migratoria sarebbe assolutamente nefasta. Dovremmo invece come prima cosa proteggere le nostre frontiere europee, sviluppare una politica europea per il rimpatrio degli immigrati illegali e degli stranieri che sono stati coinvolti in attività criminali, e dovremmo esigere che i cittadini extracomunitari che si trovano sul territorio europeo legalmente si integrino completamente.
A Bruxelles, la capitale dell’Europa, il 40 per cento dei residenti di origini non europee, compresi quelli di terza generazione, è attualmente disoccupato. Perciò non provate a dirmi che dovremmo importare altra disoccupazione. Infine, passo alla questione fondamentale, ossia alla sfiducia con la quale il progetto europeo è accolto ancora una volta dai cittadini europei. L’Europa non genererà un rinnovato entusiasmo fino a quando non diverrà davvero democratica e ascolterà i desideri e le necessità dei suoi popoli e dei suoi cittadini.
Alessandro Battilocchio (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono molti gli aspetti interessanti della proposta ma per ragioni di tempo mi soffermerò su tre punti.
Primo: l’energia. Un input importante è giunto dal Consiglio europeo in materia e spero che la Commissione riesca a trasformare tali direttive in proposte concrete ed efficaci. L’impegno riguarda tutti e colgo l’occasione per ribadire come l’UE, che chiede agli Stati membri grandi sforzi per raggiungere gli obiettivi, dovrebbe dare il buon esempio: con un solo gesto, la razionalizzazione della sede di Strasburgo, si otterrebbe non solo un importante riduzione di sprechi energetici, carta, riscaldamento, illuminazione e spostamento mensile di migliaia di persone in auto, treno ed aereo, ma si darebbe anche un forte segnale politico, che avrebbe di sicuro un impatto positivo sui nostri cittadini.
Secondo: Lisbona. I programmi lanciati quest’anno per l’apprendimento permanente sono senz’altro degli strumenti validi, ma occorre rafforzare le azioni per ridurre il gap tra istruzione e inserimento nel mondo del lavoro, soprattutto per i giovani e per i ricercatori altrimenti costretti ad abbandonare i nostri confini. E’ altresì importante incentivare la mobilità dei giovani, anche per quanto riguarda l’apprendimento informale, simulare le politiche per la famiglia per vincere la sfida demografica, favorire l’accesso della piccola e media impresa al credito, anche tramite programmi di microcredito, e ai finanziamenti dell’UE soprattutto per quanto riguarda la ricerca e l’innovazione.
Terzo: il multilinguismo. Mi auguro che la Commissione rispetti gli impegni presi con la sua comunicazione nel novembre 2005 che, cito letteralmente, “promuovere il multilinguismo nella società europea, nel mondo economico e nella Commissione stessa”. Non è infatti accettabile che documenti destinati a tutti i cittadini dell’UE, come i siti web e soprattutto i documenti d’informazione, ad eccezione dei bandi, che si riferiscono ai programmi europei siano disponibili solamente in due o tre lingue, limitando di fatto l’accesso di molte piccole realtà locali ai finanziamenti dell’Unione europea. Un esempio per tutti: i documenti per accedere al programma LINGUA per la promozione del multilinguismo sono in inglese, francese e tedesco.
Salvador Garriga Polledo (PPE-DE). – (ES) Signor Presidente, signora Commissario, lei ha parlato benissimo, esprimendo un grande entusiasmo e molte buone intenzioni, ma, come al solito, dobbiamo guardare alla realtà, in particolare quando si parla di bilanci.
Signora Commissario, l’ultimo documento ricevuto dal Parlamento per quanto concerne le priorità di bilancio è stato presentato a dicembre dello scorso anno. Parlo delle risoluzioni che accompagnavano il bilancio attuale, il bilancio 2007.
Vorremmo chiederle se crede che quelle risoluzioni, che abbiamo approvato a stragrande maggioranza in quest’Aula e che lei ha accolto in modo estremamente caloroso, siano state incorporate nel documento relativo alla strategia politica annuale.
A noi sembra che non siano state incorporate e questo è un problema, signora Commissario, perché ci troviamo sempre nella stessa situazione: il Parlamento elabora una serie di orientamenti che dovrebbero essere tenuti in considerazione nella successiva procedura di bilancio, voi presentate le vostre priorità politiche in questo documento sulla strategia politica annuale, aggiungete una componente di bilancio, ma non tenete conto, o almeno non abbastanza, di tutto quello che ha chiesto il Parlamento l’anno precedente.
E tutto questo accade regolarmente ogni anno. Dobbiamo ancora trovare un equilibrio perfetto tra le procedure di bilancio e il programma legislativo della Commissione europea e per questo le nostre due Istituzioni spesso lavorano in parallelo, ma non siamo ancora riusciti ad allineare i nostri due sistemi.
State giocando con il calendario. Avete definito le priorità politiche ma, come ha affermato il relatore per il bilancio di quest’anno, onorevole Virrankoski, il Parlamento finora non ha avuto alcuna indicazione di quelle che saranno le priorità politiche della Commissione europea per quest’anno, il che significa che, quando si tratterà di redigere il bilancio, scopriremo ancora una volta che le priorità di bilancio di questo Parlamento non coincidono con le priorità politiche definite dalla Commissione europea.
Lo constatiamo, per esempio, a livello di implicazioni finanziarie. La vostra intenzione è quella di finanziare queste priorità politiche attraverso certe rubriche che aumentano e altre rubriche che si riducono; ci chiedete 890 nuovi posti alla Commissione, anche se sperate di crearli, per la maggior parte, mediante riaggiustamenti interni; inoltre, prevedete di fare adeguamenti nelle agenzie esecutive. Signora Commissario, come ogni anno, ci sentiamo piuttosto confusi e durante la procedura di bilancio di quest’anno speriamo di poter concludere accordi che non comportino gravi tensioni a livello di bilancio con il Consiglio, e nemmeno, in particolare, con lei.
Jan Andersson (PSE). – (SV) Signor Presidente, signora Commissario, vorrei iniziare, come molti altri oratori, esprimendo la mia soddisfazione per il fatto che la politica climatica e la politica energetica occupano ora uno dei primi posti nell’agenda della Commissione. Anch’io ho reputato soddisfacente il risultato del Vertice. Credo inoltre che si debba accogliere favorevolmente l’enfasi posta su crescita e occupazione. Mi consenta di ricordarle l’importante revisione degli orientamenti di politica economica e occupazionale prevista per il prossimo anno. E’ un evento di grande rilievo, e quest’Aula ha più volte sottolineato quanto sia importante che il Parlamento sia adeguatamente consultato in tale occasione e disponga di tempo sufficiente per la presentazione delle sue proposte.
Vorrei ora passare al tema discusso dall’onorevole Swoboda, tra gli altri. Credo che sia stato Jacques Delors a dire una volta che nessuno ama il mercato interno. E proprio per questo deve essere integrato ed equilibrato da un’adeguata dimensione sociale. La Commissione parla molto della dimensione sociale, ma in pratica fa molto poco. Nella sfera sociale ci sono alcune nuove proposte.
Vorrei tuttavia citare gli aspetti positivi. E’ positivo che la Commissione stia ora affrontando il tema della discriminazione anche al di fuori del mercato del lavoro, per esempio nei confronti dei disabili o di altri gruppi. E’ positivo che si discuta dei servizi sociali e che si cerchi di chiarire che cosa li distingue. C’è stato proprio ieri un dibattito su questo tema, in risposta ad una relazione, e spero personalmente che il chiarimento assuma la forma di una direttiva settoriale, altrimenti, non avremo altro che studi sulla situazione sociale e sul modo in cui funziona il diritto del lavoro. Abbiamo ogni sorta di studi, ma poche proposte pratiche. Mi consenta di citare due proposte relative a settori in cui credo potrebbero essere adottate iniziative pratiche.
In tutta Europa assistiamo a fenomeni di ristrutturazione. I vecchi posti di lavoro scompaiono e se ne creano di nuovi. Gli strumenti di informazione e consultazione di cui disponiamo, per esempio il comitato aziendale europeo e la direttiva sull’informazione e la consultazione dei lavoratori, non funzionano in modo soddisfacente. Ci sono lavoratori che perdono il posto di lavoro senza essere stati adeguatamente informati in merito ai processi in corso e senza essere stati coinvolti in tali processi. E’ venuto il momento per la Commissione di prendere l’iniziativa e procedere alla revisione delle direttive esistenti per fare in modo che operino come dovrebbero.
Il secondo settore è quello dell’ambiente di lavoro. Con le circa 50 direttive esistenti, l’Europa ha compiuto importanti progressi nel corso degli anni in termini di ambiente di lavoro. Attualmente si registrano pochissimi casi di decessi e incidenti sul posto di lavoro. Allo stesso tempo, però, assistiamo all’emergere di nuovi problemi legati all’ambiente lavorativo, determinati dai cambiamenti avvenuti nel mercato del lavoro. Tra questi problemi vi sono stress, logorio e molestie. In questi ambiti, le iniziative della Commissione brillano per assenza. Consiglio alla Commissione di non limitarsi a parlare della dimensione sociale, ma di fare qualcosa di concreto, per esempio in materia di informazione, consultazione e temi relativi all’ambiente di lavoro.
(Applausi)
István Szent-Iványi (ALDE). – (HU) Le ambizioni in materia di politica estera dell’Unione europea sono imponenti. Purtroppo, però, le somme di denaro disponibili non sono in linea con queste ambizioni e, quel che è peggio, la distribuzione delle scarse risorse non segue né riflette le nostre priorità.
Ci aspettiamo che il bilancio 2008 possa sostenere il processo di allargamento e l’adeguata preparazione dei paesi candidati e potenzialmente candidati in maniera più efficace di quanto non si sia fatto in passato. I negoziati di adesione che sono già stati avviati devono essere portati avanti e condotti sulla base dei meriti di questi paesi. Reputiamo un’evoluzione positiva il fatto che il documento consideri prioritario trovare una soluzione per il Kosovo. E’ venuto il momento di compiere passi decisivi per la creazione di un equilibrio tra la dimensioni orientale e meridionale della nostra politica di vicinato. In quest’ottica, è un segnale positivo che la strategia contenga anche molte nuove iniziative rispetto ai paesi meridionali, orientali e caucasici. Riconosciamo che si tratta di un passo avanti.
E’ auspicabile che la promozione della democrazia e dei diritti umani costituisca il principio guida della politica di sostegno dell’Unione europea, che dovrebbe essere attuata non solo con le parole ma anche sistematicamente nella pratica. Purtroppo ciò non è ancora accaduto.
Nel documento si parla molto dell’importanza della politica energetica, aspetto che sosteniamo senza riserve. Tuttavia, deploriamo che il documento non contenga i requisiti fondamentali e istituzionali della componente di politica estera della politica energetica. Dobbiamo assolutamente dedicare attenzione al problema, perché costituisce una delle principali sfide di questa nuova era. Abbiamo pochi soldi, e quindi dobbiamo usare le risorse di cui disponiamo in modo efficace e visibile, in grado di porre l’accento sulle nostre priorità.
Ryszard Czarnecki (UEN). – (PL) Signor Presidente, la carta è un supporto molto indulgente. Si può facilmente scriverci quello che si preferisce, ma poi tradurre nella pratica quanto è stato scritto può essere molto più difficile. E’ così che descriverei essenzialmente le ultime dichiarazioni della Commissione. Sono dichiarazioni nobili, ma talvolta creano una realtà virtuale.
Per esempio, nell’introduzione stessa al documento sulla strategia politica annuale 2008, si fa menzione dell’iniziativa volta a istituire un Istituto europeo di tecnologia. Tuttavia un paio di pagine più avanti si afferma che il suddetto istituto sarà effettivamente creato, ma non prima del 2009. Mi rendo conto di aver letto attentamente parecchie decine di azioni prioritarie della Commissione per il prossimo anno. Dobbiamo essere ragionevoli. Se tutto diventa una priorità, il termine priorità perde di significato.
Nel settore della politica esterna, si fa riferimento ai progressi compiuti dai Balcani occidentali verso la futura adesione all’Unione. In realtà, l’adesione di quei paesi dei Balcani dipende dalle riforme istituzionali dell’Unione, il che significa che i paesi interessati sono diventati pedine nelle nostre dispute interne all’Unione. E’ l’ennesimo esempio della distanza tra le dichiarazioni e la realtà. Sono d’accordo con l’oratore precedente, il quale ha affermato che il problema dei paesi del Caucaso meridionale e i loro progressi verso una futura adesione all’Unione europea dovrebbero assumere maggiore rilievo in questo documento.
Ingeborg Gräßle (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, nell’Europa a 27 ci sono pochissime organizzazioni politiche che sostengono di lavorare in maniera così trasparente e programmata come l’Unione europea stessa. Tuttavia, se si esaminano questi programmi di lavoro, compreso quello per il 2008, si resta inevitabilmente delusi. Anche per il 2008 ritroviamo il rituale annuncio della migliore regolamentazione, ma la riuscita o meno dei programmi dipende dalla loro attuazione e non dal fatto di essere stati annunciati.
Dal punto di vista del controllo del bilancio, anche il 2008 sarà deludente. Notiamo la mancanza di misure di gestione e di proposte di strategie che consentano di tenere fede alla promessa fatta dal Commissario Kallas nel 2005: ottenere entro il 2009 dalla Corte dei conti europea una dichiarazione di affidabilità senza riserve per il bilancio dell’Unione. Vorrei ricordare all’Aula il tasso di errore del 44 per cento per i Fondi strutturali, nuovamente riscontrato per il bilancio 2005. Dopo tutto, il Presidente della Commissione ha confermato questa promessa: ci saremmo aspettati che la Commissione se ne ricordasse e che adottasse le misure necessarie almeno nel proprio settore di competenza della gestione diretta.
Il 2008 è l’ultimo anno in cui la Commissione potrà cambiare qualcosa. E’ inoltre il primo anno in cui dovranno essere pubblicati i nomi dei beneficiari delle sovvenzioni dell’Unione europea. Ci saremmo aspettati anche una frase su questa pietra miliare della politica di sostegno dell’Unione europea. Oppure il silenzio significa forse che tali nomi non saranno resi noti? Dopo tutto, finora non abbiamo visto alcun documento – nemmeno una riga – che spieghi come l’obbligo di pubblicazione debba essere attuato dagli Stati membri e dai singoli Fondi dell’Unione europea. Inoltre non abbiamo avuto nemmeno alcuna indicazione sul da farsi riguardo a queste informazioni. Noi, o meglio la Commissione, dobbiamo pensare al modo in cui dovranno essere utilizzate tali informazioni e alle conseguenze che avranno per i singoli settori politici.
Tutto sommato, a nostro avviso, il programma di lavoro 2008 è un documento deludente, con il quale la Commissione viene gravemente meno alle promesse fatte.
Catherine Guy-Quint (PSE). – (FR) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, vorrei ringraziare la Commissione per questo documento, che ci viene presentato al momento giusto, all’inizio della nostra procedura di bilancio. E’ coerente con le nostre priorità che sono la strategia di Lisbona, la lotta contro il cambiamento climatico e i suoi effetti, la cooperazione giudiziaria, eccetera, ma dimentica l’importanza della dimensione sociale e della coesione sociale nel futuro dell’Unione.
Le sue priorità sono necessarie per consentire all’Unione di raccogliere le sfide della globalizzazione. Contesto tuttavia il fatto che né le prospettive finanziarie né i programmi, così come codecisi, ci lasciano molto margine di manovra.
E più precisamente, per quanto riguarda la competitività, la crescita e l’occupazione, se il margine rimane invariato – 70 milioni di euro – se vengono annunciate nuove priorità in merito a Frontex ed Eurojust, se si creano tre nuove agenzie per i trasporti, certe politiche rischiano di soffrire: penso al settimo PQRD che potrebbe avere qualche difficoltà a decollare. Penso alla rete transeuropea di trasporti il cui finanziamento è assolutamente cruciale; penso a tutte quelle politiche sociali che non sono ancora abbastanza sviluppate; penso al CIP, che è uno strumento essenziale della strategia di Lisbona.
Non dovremmo ridurre gli impegni di queste politiche di per sé già gestite in modo poco oculato. Qui non è in gioco solo la crescita europea, ma anche i nostri obiettivi in materia di competitività, occupazione e solidarietà.
Per quanto riguarda le politiche di libertà, sicurezza e giustizia, il margine di 32 milioni di euro è molto ridotto. Il potenziamento dei finanziamenti per le politiche che scaturiscono da Frontex ed Eurojust ridurrà necessariamente le risorse stanziate in origine per altri programmi essenziali, come l’integrazione dei cittadini dei paesi terzi e una politica davvero ambiziosa per i rifugiati e la tutela dei diritti fondamentali.
La Commissione europea sottintende che questi programmi non hanno ancora raggiunto la velocità di crociera. Ma perché allora non sono stati attuati più rapidamente?
Per quanto attiene ai problemi agricoli, mi associo ai colleghi della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale nell’esprimere gravi dubbi rispetto alla proposta di una sola OCM che comprenda tutti i settori agricoli. Potrebbe avere come risultato un’insufficiente attenzione alle specificità di certe produzioni agricole.
Poiché la portata dell’esercizio di verifica dello stato di salute non è ancora nota né descritta in misura sufficiente nelle proposte della Commissione, le vorrei chiedere di darci qualche chiarimento in proposito. Le recenti dichiarazioni del Commissario responsabile dell’agricoltura sono in contraddizione rispetto a quello che ha scritto lei.
Per quanto riguarda le azioni dell’Unione, è fondamentale per noi che tutte le priorità formulate siano rispettate. Non possiamo accettare che le nostre priorità in materia di sanità, istruzione e promozione siano trascurate a favore dell’energia.
Infine, mi stupisce la brevità degli accenni all’esercizio di revisione previsto a partire dal 2008, e questo mi dà la possibilità di rivolgermi direttamente alla Commissione per chiedere se la revisione delle prospettive finanziarie è forse un argomento tabù.
Ho già manifestato il mio desiderio di conoscere il costo aggiuntivo stimato dell’iniziativa sulla migliore regolamentazione. Potrebbe fornirci le stime che aspettiamo già da lungo tempo?
Infine, vorrei che quest’anno i riflettori fossero puntati sulla comunicazione. E’ ricordata nel testo, ma le azioni della Commissione in materia dovrebbero essere riorientate. L’Europa democratica va a rilento, i cittadini le voltano le spalle e i nostri testi sono sempre più ambiziosi. Siamo ancora molto lontani dalla realizzazione dai nostri sogni.
PRESIDENZA DELL’ON. ONESTA Vicepresidente
Andrew Duff (ALDE). – (EN) Signor Presidente, la Commissione Barroso ha ora raggiunto la velocità di crociera, e questa strategia maggiormente assertiva dovrebbe essere esaminata e discussa nel dettaglio in seno ai parlamenti e ai partiti nazionali. E’ un efficacissimo strumento per orientare e stimolare una discussione nazionale sulla dimensione dell’Unione europea, e i Commissari dovrebbero essere i primi a promuoverne la diffusione e l’accettazione.
La strategia risulta essere alquanto reticente in merito al salvataggio della Costituzione, ma il lavoro che prevede sulla revisione dei meccanismi dell’Unione economica e monetaria e sulla dimensione sociale del mercato unico dovrebbe preparare la Commissione per la Conferenza intergovernativa che attendiamo fiduciosi per la seconda metà del 2007. Si dovrebbe pertanto ricorrere anche alla revisione del sistema finanziario per favorire la ricerca di una soluzione alla crisi costituzionale. Una maggiore disponibilità di risorse finanziarie può aiutare la Conferenza intergovernativa e nessuna riforma sul fronte delle spese può essere ragionevolmente affrontata senza una revisione sistematica delle politiche comuni.
Brian Crowley (UEN). – (EN) Signor Presidente, prima di tutto mi scuso per non essere arrivato prima. Ho forato e purtroppo a Strasburgo non c’è abbastanza aria compressa perché tutto funzioni senza problemi!
(GA)A Uachtaráin, a Leas-Uachtaráin, ní mór don Choimisiún Eorpach cur chuige straitéiseach a chleachtadh agus é i mbun polasaí polaitiúil a chruthú. Beidh aire ardaithe ar bharr an chláir oibre feasta. Glacann rialtaisí an Aontais Eorpaigh le moltaí an Choimisiúin ar an ábhar seo. Is faoin gCoimisiún é anois, áfach, moltaí reachtúla a chruthú, a chinnfidh go dtiocfaidh laghdú 20% ar sceitheadh C02 faoin mbliain 2020. Táim lánchinnte go dtabharfaidh Parlaimint na hEorpa tacaíocht iomlán don phlean polaitiúil seo.
(EN) Oltre ai temi relativi al cambiamento climatico che ho ora citato, la Commissione deve affrontare altri tre settori chiave nel corso del prossimo anno: la realizzazione degli obiettivi della strategia di Lisbona e, in particolare, gli investimenti in ricerca e sviluppo – 3 per cento del PIL – individuando gli ambiti di innovazione e incoraggiando le nuove tecnologie, che diverranno le principali opportunità occupazionali per l’Europa del futuro.
Secondo, c’è il problema di ripristinare un legame con i nostri giovani in Europa. Da troppo tempo parliamo dell’eccezionale ricchezza e risorsa rappresentata dai nostri giovani in Europa. Tuttavia, se escludiamo il programma ERASMUS e un paio di altri programmi educativi di minore entità, sembra che sia stata dimenticata e messa da parte l’idea stessa che era all’origine dei piani d’azione di Gioventù per l’Europa. E, come dicevo, si tratta di un’enorme risorsa, non solo in termini economici, ma anche in termini di sviluppo – che ci può permettere di lasciare un’Europa giusta e bella alle generazioni future.
Terzo, la politica estera e di sicurezza comune è un tema fondamentale rispetto al quale l’Europa deve acquisire visibilità sulla scena mondiale; tuttavia, sembrano esistere ancora difficoltà in merito al bilancio e alla pianificazione delle possibili azioni future.
Signora Commissario, so che attualmente lei è impegnatissima e deve affrontare altre difficoltà a livello interistituzionale, ma, se la nostra azione a nome dei cittadini e la nostra capacità di tenere fede alle promesse fatte non saranno chiaramente visibili, la burocrazia non servirà a nulla.
La mia ultima osservazione è che dovremmo ridurre la burocrazia e facilitare il funzionamento delle imprese. Una regolamentazione migliore e meno corposa potrebbe permettere di realizzare alcuni di questi obiettivi.
Malcolm Harbour (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, signora Commissario, credo di aver partecipato a tutti i recenti dibattiti sulla strategia politica e ho avuto validi motivi per criticarla.
Questa mattina desidero esprimere il mio apprezzamento per averci presentato in via preliminare lo sviluppo della strategia politica. Sono d’accordo con lei nell’affermare che è importante per intensificare il nostro dialogo politico. Credo che lei abbia detto di essere alla ricerca di un dialogo franco e produttivo e, pertanto, spero che accetti in tale spirito le mie osservazioni.
Signora Commissario, una delle principali preoccupazioni che ho rispetto a questo documento, nonché riguardo ai precedenti – e spero che il fatto che se ne discuta ora possa indurla a fare qualcosa in merito – è che vorrei che gli obiettivi e le risorse alla base del suo lavoro fossero orientati anche al consolidamento e all’attuazione della legislazione esistente. La strategia politica non riguarda solo le nuove iniziative. Vorremo che lei avesse anche la maturità di dirci che cosa intende fare per attuare le norme e le regole esistenti. Nell’ambito del settore che mi interessa in modo specifico, il mercato unico, lei giustamente parla dell’importanza di consentire, in particolare ai cittadini e alle PMI, di trarre vantaggio da tale mercato. A mio avviso, l’obiettivo più importante in assoluto al quale possa dedicarsi nel 2008 è fare in modo che la direttiva sul mercato unico per i servizi sia adeguatamente recepita in tutti gli Stati membri. Un’azione di questo tipo sarebbe più importante di qualsiasi altra eventuale iniziativa da lei intrapresa e sarei lieto se, quando sarà presentata la proposta, fosse presente nella sua strategia.
Altre due cose: sono sorpreso nel constatare che, a quanto sembra, non è prevista alcuna iniziativa politica nell’ambito della società della conoscenza e dell’informatica, benché sia in atto un programma di lavoro cospicuo e importante. Quindi forse dovrebbe tenerne conto. Non credo che le iniziative in tale settore si siano esaurite.
Infine, in merito al tema di una migliore regolamentazione sollevato da alcuni colleghi, è assolutamente inutile che la Commissione porti avanti queste iniziative eccellenti, se nessuno le conosce. Perché questo aspetto non figura nel suo elenco di comunicazioni? I nostri cittadini devono infatti sapere che cosa si fa e devono essere coinvolti nel processo, se dobbiamo valutarne l’impatto. La prego pertanto di includere questo aspetto tra le sue priorità in termini di comunicazione.
Margrietus van den Berg (PSE). – (NL) L’onorevole Swoboda, l’onorevole Andersson e l’onorevole Guy-Quint si sono tutti pronunciati a favore di un maggior numero di iniziative nell’ambito dell’Europa sociale perché, a loro parere, le proposte attuali sono carenti da questo punto di vista. Personalmente vorrei spingermi oltre, affermando che l’Europa dovrebbe essere più sociale non solo al suo interno ma anche al suo esterno. Ed è proprio quando l’Europa assume un ruolo di partner mondiale che emerge con chiarezza quanto gli aspetti dello sviluppo e del rapporto con la cooperazione allo sviluppo siano assenti in una serie di temi del programma di lavoro per il 2008.
Vorrei citare, a questo riguardo, l’agricoltura, la revisione della legislazione quadro europea per le società farmaceutiche e la politica marittima. In termini di consenso europeo in materia di sviluppo, quest’anno l’obiettivo generale è ancora una volta quello di ridurre la povertà in Africa e di realizzare gli Obiettivi di sviluppo del Millennio, ma il fatto è che, per quanto riguarda gli Obiettivi di sviluppo del Millennio per l’Africa, le cose non stanno andando nel senso giusto.
Qual è il prossimo passo che la Commissione intende compiere? Nel decimo Fondo europeo di sviluppo, che è attualmente in fase di preparazione e che rappresenta la metà di tutti i fondi per lo sviluppo, solo il 2 per cento è stanziato per l’istruzione e il 2,5 per cento per l’assistenza sanitaria, il che è naturalmente in netto contrasto con gli obiettivi che questo programma di lavoro si è prefissato.
Secondo, oggi, il Commissario Mandelson e altri stanno discutendo di accordi di partenariato economico con i ministri dei paesi in via di sviluppo e i ministri dell’Unione responsabili della cooperazione allo sviluppo, un tema di vastissima portata. In realtà, i nostri omologhi dei paesi in via di sviluppo hanno però l’impressione che a noi stia più a cuore l’apertura dei loro mercati che l’intenzione di mettere il loro sviluppo al centro della nostra politica. Un’altra incoerenza.
Quanto alla politica agricola, vorrei fornirvi un esempio che traggo dal settore della pesca. Per le Seychelles, il pesce, e in particolare il pesce spada, è un prodotto fondamentale per le esportazioni sui nostri mercati. Da parte nostra, però, ricambiamo applicando una barriera commerciale non tariffaria: il requisito che impone livelli di cadmio molto bassi. Ammettiamo livelli di cadmio molto più elevati nei nostri polli e nei nostri suini, ma vietiamo il pesce spada delle Seychelles prescrivendo livelli di cadmio molto bassi. Queste incoerenze, riscontrabili in molte aree politiche, devono essere affrontate nel programma per il 2008.
Sophia in ’t Veld (ALDE). – (EN) Signor Presidente, signora Commissario, il Presidente Barroso parla sempre di un’Europa dei risultati. E’ una frase che mi piace, ma devo concludere purtroppo che, nell’ambito dei diritti fondamentali, la Commissione europea non mantiene le sue promesse.
Le ricordo ancora una volta che, nel 2004, il Presidente Barroso ha ottenuto l’approvazione della sua Commissione solo dopo essersi solennemente impegnato a sostenere i diritti fondamentali. Sfortunatamente, tutto ciò non trova riscontro in questo documento e nemmeno nelle azioni realizzate dalla Commissione negli ultimi due anni e mezzo. In questo settore, la Commissione esita ed è reticente. Dovreste non solo difendere, ma anche promuovere i diritti fondamentali.
In questo documento mi colpiscono due aspetti. Primo, lo squilibrio tra le proposte tese a combattere il terrorismo e le proposte tese a difendere la vita privata e le libertà civili, livello al quale esiste un chiaro squilibrio. E’ urgente inserire la protezione dei dati nel terzo pilastro e auspico che la Commissione dimostri un impegno maggiore in questo senso. Anche se non c’è consenso al Consiglio, la Commissione ha in ogni caso il dovere di dare prova di leadership politica. Non aspettate il Consiglio! Chiedete al Consiglio di spiegare perché non è d’accordo sull’inserimento della protezione dei dati nel terzo pilastro. Dovreste chiarire la vostra posizione.
Questo vale anche per la “direttiva orizzontale” che il Parlamento ha invocato più volte e che dovrebbe vietare la discriminazione in tutti i settori, ovunque e non solo nel luogo di lavoro. Accogliamo pertanto con favore l’iniziativa volta a combattere la discriminazione al di fuori del mercato del lavoro. Tuttavia, credo che in realtà qui si parli solo di una consultazione.
Signor Commissario, dia prova di maggior coraggio! Dia prova di un impegno più sincero e personale rispetto al sostegno alla legislazione antidiscriminazione. Dia prova di maggiore leadership, e non aspetti il Consiglio.
Ho anche una proposta molto pratica, che non deve nemmeno inserire nel suo programma strategico. Nell’ambito del 2007, dichiarato Anno delle pari opportunità, vorrei chiedere al Commissario Barroso di organizzare una sessione di chat personale con i cittadini europei sul tema della discriminazione e dei diritti fondamentali. Chiedo al Commissario di dirci se intende trasmettere questa richiesta, o proposta, al Presidente Barroso e di verificare se è disposto ad accettare, in quanto questo sarebbe prova del suo impegno personale nei confronti dei diritti fondamentali.
Jan Tadeusz Masiel (UEN). – (PL) Signor Presidente, signora Commissario, grazie di aver presentato la strategia politica annuale 2008.
Per quanto riguarda le priorità citate dal Commissario, desidero rilevare il nostro impegno nei confronti della protezione dell’ambiente, e in particolare nei confronti della lotta contro il cambiamento climatico, la necessità di una politica energetica comune, l’attuazione dell’agenda sociale e il tema dell’allargamento.
Siamo chiamati a fronteggiare diverse sfide. Dobbiamo deciderci ad affrontarle in modo tale per cui sia possibile assicurare maggiore coesione tra gli Stati membri ed accrescere la fiducia dei cittadini nell’Unione. L’anno scorso, nell’ambito delle nostre relazioni con la Russia, l’Unione ha dimostrato di essere in grado di dare prova di solidarietà nei confronti dei propri Stati membri. Occorre favorire questa tendenza politica.
Se promuoviamo standard più elevati in materia di protezione dell’ambiente, ci guadagneremo rispetto e rafforzeremo la nostra posizione sulla scena mondiale.
A seguito degli ultimi allargamenti e del risultato dei referendum in Francia e nei Paesi Bassi, ci rendiamo conto che dovremmo dedicare più impegno al consolidamento dell’Unione che ad ulteriori allargamenti. L’adesione della Croazia sembra attualmente essere l’unica priorità al riguardo.
Dobbiamo conseguire risultati tangibili per i nostri cittadini, molti dei quali sono ancora disoccupati e non beneficiano delle loro legittime opportunità di sviluppo.
Alexander Radwan (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, si afferma regolarmente – per esempio anche nei suoi interventi – che l’Europa dovrebbe concentrarsi sui punti essenziali e che il nostro obiettivo è quello di avvicinare l’Europa ai suoi cittadini. Alla fine dei conti, l’Europa – e in particolare, naturalmente, la Commissione – è valutata esaminando il grado di corrispondenza tra parole e fatti. Prendiamo l’esempio della riduzione della burocrazia –il vanto della Commissione. Se ripenso alle ultime settimane, vedo che la Commissione ha presentato una nuova strategia per la protezione della salute sul luogo di lavoro per i prossimi cinque anni, che dedica particolare attenzione alle piccole e medie imprese e individua nelle PMI le aziende in cui avviene la maggior parte degli infortuni. Le PMI dovranno senza dubbio fare in conti con l’obbligo di conformità nel prossimo futuro.
Prendiamo la protezione dei consumatori. Disponiamo ora di un Libro verde in materia che introduce le disposizioni necessarie. Reputo positivo che la Commissione rifletta per vedere dove può essere eliminata la burocrazia superflua. Signora Commissario, il modo migliore per ridurre la burocrazia è quello di evitare di crearne di nuova. Negli ultimi anni la Commissione è venuta meno a questo compito, visto che non ha mai smesso di presentare nuove proposte legislative.
D’altra parte – ed è sorprendente osservare con quale ostinazione la Commissione ignori le parole del Parlamento – stiamo prescrivendo tutti i documenti e i registri che dovranno tenere gli intermediari assicurativi in futuro, quando negozieranno i vari prodotti con il consumatore. In merito alla proposta di esaminare il tema dei fondi speculativi (hedge fund), senza chiedere una normativa – i rischi che ciò comporterebbe sono stati regolarmente ricordati qui al Parlamento dal Presidente della Banca centrale europea Jean-Claude Trichet e dalle banche centrali di tutto il mondo – il piano della Commissione per il 2008 non contiene nulla. Il suo collega, Commissario McCreevy, non sta facendo nulla nei settori che presentano rischi concreti – atteggiamento che denota noncuranza dei doveri. Noi non chiediamo una normativa, ma semplicemente un’analisi della situazione. Di questo il documento strategico non dice nulla, in questo settore non si fa nulla – cosa piuttosto sorprendente. Tutto questo mi riporta prepotentemente alla memoria la politica clientelare a favore di certe regioni del mondo.
Genowefa Grabowska (PSE). – (PL) Signor Presidente, signora Commissario, mi ha fatto piacere sentire il Commissario esprimere una volontà di cooperazione tra la Commissione europea e il Parlamento europeo. Chiaramente, la strategia e il lavoro della Commissione non possono essere separati dalle esigenze e dalle aspettative dei cittadini dell’Unione europea.
Per questo desidero fare riferimento a una delle priorità della Commissione, sottolineata con enfasi dal Commissario nel suo intervento, ossia la solidarietà. Non voglio parlare della solidarietà economica, ma piuttosto della solidarietà sociale. Accolgo con favore le dichiarazioni della Commissione che prendono in considerazione tale solidarietà e che riguardano per esempio la politica per le pari opportunità, la prevenzione della discriminazione al di fuori del mercato del lavoro e la lotta contro tutte le sue manifestazioni, la conciliazione tra la vita familiare e lavorativa, e inoltre l’eliminazione della disoccupazione giovanile.
Tutto questo è contenuto nel piano per il 2007, che è stato dichiarato Anno europeo delle pari opportunità e ho saputo che queste azioni sono destinate ad essere portate avanti. Sono tuttavia particolarmente interessata alle dichiarazioni e alle azioni della Commissione volte a promuovere e a tutelare i diritti fondamentali e, nello specifico, i diritti dei bambini con l’istituzione di un apposito forum. Mi fa piacere che la Commissione intenda proteggere i bambini che utilizzano Internet e altri nuovi media, ma soprattutto sono lieta che la Commissione voglia combattere la povertà dei bambini.
E’ nostro dovere fare in modo che a tutti i bambini sia garantito un livello di vita dignitoso. A questo proposito, vorrei chiedere al Commissario qual è lo stato di avanzamento degli attuali progetti preparati dalla Commissione. E poi ci sono anche quelli del Parlamento. In particolare, penso al regolamento sull’attuazione delle obbligazioni alimentari, per il quale sono relatrice. L’obiettivo è quello di garantire che gli assegni alimentari possano essere ottenuti rapidamente e direttamente quando i debitori lavorano in altri Stati membri e sono stati inadempienti nei pagamenti, condannando i loro figli a una vita di povertà, in quanto li privano di un adeguato livello di vita.
Per questo chiedo se la Commissione voglia davvero dei progressi per quanto concerne questo problema, perché migliaia di bambini europei chiedono a gran voce questo regolamento. Hanno bisogno del nostro aiuto.
Kyösti Virrankoski (ALDE). – (FI) Signor Presidente, la comunicazione della Commissione sulla strategia politica annuale contiene alcune novità, soprattutto nei settori della politica energetica, dell’immigrazione e della semplificazione dell’amministrazione.
La comunicazione della Commissione è piuttosto incoerente. E’ divisa in quattro parti: prosperità, solidarietà, sicurezza e libertà, e l’Europa come forte soggetto internazionale. Questa struttura è poco adatta alla struttura amministrativa e a prospettive finanziarie pluriennali. L’obiettivo del bilancio e dell’amministrazione basati sulle attività è quello di rendere l’amministrazione trasparente e chiara, un obiettivo che una comunicazione di questo tipo non riesce a promuovere. E’ difficile per il lettore capire quello che la Commissione intende fare nei settori attuali. E’ difficile capire come debbano essere incanalate le risorse umane e finanziarie.
La Commissione sembra avere fiducia nell’amministrazione. Creerà altre due agenzie separate oltre alle precedenti e inoltre anche l’Istituto europeo di tecnologia. A mio avviso, l’introduzione di ulteriore burocrazia dovrebbe essere guardata con circospezione. Non deve essere creato alcun nuovo organismo amministrativo se non assolutamente necessario.
Una sorpresa è costituita dal fatto che la Commissione creerà due nuovi programmi politici nell’ambito della rubrica 4, relativi al cambiamento climatico e all’efficienza energetica. I loro costi per il prossimo anno sarebbero superiori ai 20 milioni di euro. E’ sorprendente che a soli due mesi dall’inizio delle nuove prospettive finanziarie, si propongano nuove spese per tali programmi. In termini di politica di bilancio, è deplorevole che la Commissione intenda trovare il denaro necessario per fare fronte alle nuove spese, posticipando il finanziamento dei programmi esistenti. Il Parlamento dovrebbe condurre un’attenta valutazione di quest’operazione, che potrebbe ridurre l’attenzione verso le sue priorità.
Tenendo conto di tutto questo, attendiamo con interesse proposte legislative e di bilancio concrete da parte della Commissione.
John Bowis (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, signora Vicepresidente della Commissione, l’agenda di Lisbona è sicuramente la via giusta. Lungo quella strada, però, nulla è più importante della salute dei nostri cittadini e della salute del nostro ambiente. Sembra sia questo ora il pensiero predominante.
Per quanto riguarda il cambiamento climatico, è ovvio che, se non rimaniamo al di sotto dell’obiettivo dei due gradi, sappiamo già quale sarà la devastazione che ne deriverà sotto forma di inondazioni, siccità, movimenti della popolazione, eccetera. L’altro giorno ho risalito il Tamigi con l’Agenzia dell’ambiente, ho constatato che è necessaria una nuova diga all’estuario del fiume, ho visto le pianure alluvionali che saranno invase dalle inondazioni, e ho visto i lavori di costruzione che vengono realizzati nelle pianure alluvionali senza tenere minimamente conto del fatto che è necessario fare abitare quella gente più in alto, se vorrà continuare a vivere lì.
Non stiamo ancora progettando nulla. Non stiamo facendo ancora prevenzione, mentre la prevenzione deve essere inserita nella nostra agenda per il 2008 e gli anni successivi. Abbiamo bisogno di una politica della prevenzione. Abbiamo anche bisogno di una politica per la gestione delle minacce esistenti. Abbiamo bisogno di una combinazione di legge e impegno individuale e, di conseguenza, abbiamo bisogno dell’obiettivo di riduzione dei gas ad effetto serra del 20 per cento entro il 2020. Di conseguenza abbiamo bisogno dell’obiettivo del 20 per cento per le energie rinnovabili. Di conseguenza, abbiamo bisogno degli obiettivi dei biocombustibili, in particolare per la seconda generazione. Ma, per tutti questi motivi, abbiamo anche bisogno di una revisione dell’ecoetichettatura per aiutare i consumatori a capire le opzioni di cui dispongono, e occorre un’azione per quanto riguarda le lampadine, gli interruttori stand-by, eccetera. Abbiamo pertanto bisogno di un intervento di attuazione e di sorveglianza efficace da parte della Commissione, in particolare, se mi è concesso dirlo, a livello di commercio di emissioni e piani d’azione nazionali. Chiedo alla Commissione di essere ferma e rigorosa con gli Stati membri a questo proposito.
Non ci sarà una seconda possibilità. Dobbiamo tenere alto il prezzo del carbonio per incoraggiare la ricerca, l’innovazione e la sostituzione.
Inés Ayala Sender (PSE). – (ES) Signor Presidente, signora Commissario, la ringrazio molto della sua chiara spiegazione, che mi è sembrata piuttosto breve.
La verità è che il 2008 sarà un anno fondamentale per quanto riguarda il progresso del dibattito sul nuovo bilancio per l’Unione europea, che dovrebbe accompagnare i progressi costituzionali che confidiamo saranno consolidati nel corso di quest’anno.
Abbiamo bisogno di un bilancio europeo proporzionato alle nostre ambizioni e alle esigenze dei cittadini europei in particolare. L’attuale situazione sembra essere chiara e favorevole. L’ECOFIN ha appena dichiarato che la nostra situazione economica è solida, al punto che gli indicatori economici sono chiari e la situazione molto debole della parte del PIL europeo costituita da salari e occupazione è pertanto evidente.
Lo ha affermato Jean-Claude Juncker e tutti i ministri si sono dichiarati d’accordo. E’ venuto quindi il momento di parlare della distribuzione dei frutti di tale crescita. Non è solo una preoccupazione per i governi e le parti sociali, ma è una richiesta dei cittadini europei.
E’ stato affermato a chiare lettere che l’attuale situazione è insostenibile e comporta inoltre gravi rischi di regressione: la povertà che colpisce i giovani, le donne, gli anziani e i bambini, la mancanza di prospettive, che scoraggia la natalità, e il sovraindebitamento, che è fonte di preoccupazione sempre maggiore.
Nel suo programma per il 2008, tuttavia, la Commissione ci propone, come prima misura di solidarietà sociale, la gestione o l’esecuzione del Fondo di solidarietà, che alleggerisce la posizione dei lavoratori che perdono l’impiego a seguito di ristrutturazioni indotte dalla globalizzazione.
Riteniamo che non sia sufficiente, che siano necessarie iniziative per incentivare gli investimenti: investimenti pubblici che attirino gli investimenti privati. Pensando al 2008 e al prossimo ciclo triennale della strategia di Lisbona, vi propongo pertanto di tornare agli investimenti. Investimenti nelle reti di trasporto e nelle reti energetiche, investimenti nel settore ambientale e nella gestione e distribuzione dell’acqua, e nei grandi progetti europei come GALILEO o SESAR.
Diana Wallis (ALDE). – (EN) Signor Presidente, signora Vicepresidente della Commissione, l’approccio strategico che ci ha presentato questa mattina contiene molti elementi che accogliamo con favore, ma riscontro ancora qualche lacuna in merito alle priorità generali e all’obiettivo strategico di raccogliere e affrontare i temi in modo più coerente e secondo un’impostazione olistica. Intendo fare riferimento a due settori che conosco bene.
Uno riguarda l’estremo nord e lei, signora Vicepresidente, è stata tanto cortese da partecipare con noi a una conferenza che il Parlamento ha organizzato a Bruxelles un paio di settimane fa. In questo modo è possibile conciliare i temi del cambiamento climatico e dell’energia che lei ha citato, ma anche la politica marittima, e le politiche interne ed esterne dell’Unione. In un modo o nell’altro dobbiamo inserire tutti questi temi nello stesso contenitore e dedicare loro attenzione. Tutto questo significa dimensione settentrionale, significa partecipazione al Consiglio artico e significa anche Anno polare internazionale – 2008-2009. L’Unione europea è anche a quel tavolo? Possiamo adottare un approccio più olistico rispetto a queste tematiche?
Il secondo settore sul quale vorrei intervenire è quello della giustizia civile. Se si cerca qui la giustizia civile, si trova una sorta di diritto contrattuale travestito da diritto dei consumatori. Si trovano testamenti e successioni nascosti dietro alla politica giudiziaria e di sicurezza, dove c’è anche qualcosa sul sequestro dei conti bancari. Possiamo per favore prendere il tema della giustizia civile, che è il rovescio della medaglia del mercato interno, e fare in modo che funzioni per le nostre aziende e i nostri cittadini? Possiamo chiamarla per favore giustizia civile e possiamo avere un modello di giustizia civile che assicuri l’accesso alla giustizia, in modo che i nostri cittadini possano capire che cos’è?
Robert Sturdy (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare la signora Vicepresidente della Commissione per la sua partecipazione.
Oggi mi soffermerò in particolare sul commercio mondiale, poiché fa parte del mio mandato. Sarei ovviamente lieto se la Commissione facesse passi avanti in merito al ciclo di Doha per lo sviluppo, e il Commissario Mandelson, competente in materia, sta svolgendo un lavoro eccellente proprio per compiere progressi concreti. Vorrei che gli accordi bilaterali fossero utilizzati per passare ad accordi multilaterali, perché la Commissione deve concentrarsi di più sugli accordi commerciali multilaterali piuttosto che bilaterali, utilizzando invece questi ultimi per passare poi ai multilaterali.
Tuttavia, ed è forse la cosa più importante, vorrei assistere a un dialogo transatlantico. Questo elemento, attualmente assente, riveste enorme importanza per il futuro dell’OMC. Gli Stati Uniti non si sono seduti al tavolo, e dobbiamo cercare di sostenere il Presidente Bush e la procedura di fast-track per portare Susan Schwab, il nuovo negoziatore, al tavolo affinché lei e il Commissario Mandelson possano creare un vero partenariato e discutere del futuro. Sono profondamente convinto che gli Stati Uniti abbiano gravemente fallito nella riforma della legge agricola, mentre noi nell’Unione europea abbiamo riformato e continuiamo a riformare la nostra politica agricola. Si tratta di un aspetto molto importante che spero venga sottolineato dalla Commissione.
Infine, per quanto riguarda il nostro ruolo, signora Vicepresidente della Commissione, non dovremmo dimenticare gli accordi di partenariato economico. Fanno parte di un accordo ACP. Ho redatto la relazione al Parlamento ed è di fondamentale importanza che li concludiamo entro la fine dell’anno, affinché la Commissione possa rispettare il suo programma e l’Africa e i paesi interessati sappiano esattamente che cosa sta accadendo.
Vorrei concludere con un’osservazione personale, signora Commissario, che riguarda un aspetto molto importante per il Regno Unito. Ha appena speso 1,2 milioni di euro per un edificio nel Regno Unito. Sono molto preoccupato, primo, dei costi e, secondo, dello status diplomatico del personale. Non è una missione diplomatica, rappresenta la Commissione, e non ci dovrebbero essere incarichi diplomatici.
Anne E. Jensen (ALDE). – (DA) Signor Presidente, signora Commissario, vorrei evidenziare tre punti. E’ in particolare l’aspetto del bilancio che mi interessa nella relazione che ha presentato. Il programma per una migliore regolamentazione è sicuramente importante, e non deve essere considerato poco ambizioso, come lo vorrebbe fare apparire qualcuno, anzi! Come alcuni altri oratori, però, ritengo anch’io che la Commissione potrebbe fare di più per spiegare l’impegno messo attualmente in atto per semplificare la legislazione, per valutare gli effetti della nuova legislazione e per coinvolgere maggiormente il pubblico, quando legiferiamo. Molti considerano ancora l’Unione europea come una macchina burocratica sempre più tentacolare. Non è un’immagine corretta ed è importante dirlo. Esprimo queste osservazioni proprio ora, in presenza del Commissario Wallström, perché è naturalmente lei che dovrebbe trasmettere questo messaggio.
La mia seconda osservazione concerne la revisione intermedia del bilancio, che dovrà essere preparata nel 2008. Spero davvero che la Commissione sarà ambiziosa a questo riguardo, perché ci sono in verità valide ragioni per dubitare della volontà del Consiglio di avviare un dibattito aperto sulla modifica delle priorità nei prossimi anni. La revisione a medio termine dell’agricoltura è un punto di partenza importante. Abbiamo bisogno di affrontare un dibattito sul tipo di agricoltura che vogliamo, sull’entità degli aiuti di cui dovrebbe beneficiare e sulla misura in cui è possibile spostare le risorse dalla politica agricola a settori più rivolti al futuro, come per esempio la ricerca e gli investimenti nei trasporti.
La mia ultima osservazione riveste una grande importanza. Ci è stato detto che le nuove priorità politiche esigeranno poco meno di 1 500 funzionari in più nel 2008, dei quali poco meno di 900 saranno nuovi – alcuni di essi assunti a seguito dell’allargamento – mentre il resto deve essere reperito attraverso una riprioritarizzazione. Non so se mi lascio impressionare troppo dal fatto che si possa spostare il 2 per cento del personale. Credo che dovremmo creare nuove linee guida per la politica del personale dell’Unione europea e in particolare della Commissione europea. C’è una capacità di adattamento sufficiente a garantire che le priorità politiche siano rispettate e la politica del personale ci assicura un campo d’azione sufficiente per assumere gli esperti giusti, per esempio nelle agenzie? Ritengo che in qualsiasi revisione intermedia dovremmo tenere conto anche di aspetti come questo.
Georg Jarzembowski (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signora Vicepresidente della Commissione, vorrei affrontare il tema della politica dei trasporti, che in quest’Aula è il parente povero. Anche se, insieme alla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, la commissione per i trasporti e il turismo è la commissione responsabile del maggiore volume di atti legislativi, i trasporti arrivano sempre per ultimi. Ma i trasporti sono importanti. Senza infrastrutture per i trasporti rispondenti alle necessità dei nostri cittadini, non avremo né crescita né occupazione. Su Internet possiamo ordinare qualsiasi cosa, ma poi non possiamo farcela consegnare via Internet. Una rete di infrastrutture per i trasporti che tenga conto delle esigenze delle persone è una conditio sine qua non per la crescita del commercio, in particolare tra i vecchi e nuovi paesi. L’impegno della Commissione esposto nel documento strategico è quindi corretto.
Vorrei precisare che l’essenziale è non demonizzare i trasporti. Recentemente è stato per esempio postulato che nessuno deve più volare. Il Commissario Wallström sa che se vuole spostarsi dal nord al sud della Svezia deve scegliere tra l’ipotesi di viaggiare per ore e ore in treno e il viaggio in aereo. Possiamo tranquillamente continuare a volare, in quanto le emissioni di gas di scarico prodotte dal traffico aereo possono essere considerevolmente ridotte attraverso politiche ragionevoli. Se riuscissimo a fare in modo che gli Stati membri applichino sistemi efficaci per il controllo dello spazio aereo, potremmo diminuire le emissioni di CO2 causate dal traffico aereo dell’8–12 per cento. Gli Stati membri devono fare qualcosa in proposito ed è compito nostro ricordarglielo.
Il Vicepresidente Barrot intende presentare un Libro bianco sui trasporti urbani. Nutro sempre qualche dubbio sul fatto che i trasporti urbani siano un tema di nostra competenza, ma in una cosa il Commissario Wallström ha assolutamente ragione: il trasporto urbano è responsabile di una parte importante dell’inquinamento. Il Parlamento dovrebbe definire d’intesa con gli Stati membri e le regioni orientamenti generali che chiariscano che abbiamo bisogno dei trasporti per la crescita e l’occupazione ma che i trasporti dovrebbero essere organizzati nella misura del possibile in modo efficiente e rispettoso dell’ambiente. Di questo dobbiamo discutere in modo approfondito. Stiamo seguendo la stessa rotta, signora Vicepresidente; senza trasporti, però, nella comunità non ci sarà né crescita né occupazione.
Alexander Stubb (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, vorrei iniziare dando il benvenuto al Commissario e congratulandomi con lei per aver scelto Christian Leffler come nuovo capo di gabinetto. E’ un caro e vecchio amico ed è stato mio collega, quando avevo un lavoro vero.
Grazie per il documento politico annuale, signora Commissario. E’ a mio avviso un documento eccellente. Credo che dovremmo avere sostanzialmente quattro priorità. Visto che lei è responsabile della comunicazione, potrei forse dire che ci sono quattro cose che la Commissione dovrebbe comunicare e fare accettare.
La prima riguarda naturalmente il cambiamento climatico e l’energia. L’Unione europea non ha un vero progetto fin dal termine della guerra fredda. Ho l’impressione che stiamo iniziando a individuarne uno e questa Commissione ha svolto un ottimo lavoro al riguardo. Congratulazioni per quello che ha fatto al Consiglio europeo.
La seconda cosa che deve promuovere e fare accettare – e a questo proposito le chiedo di dare prova di maggiore fermezza, riprendendo così quanto già detto dall’onorevole Duff – è la Costituzione. Sia ferma su questo, perché è compito della Commissione difendere i Trattati e difendere gli interessi dell’Unione europea nel suo insieme. Tutti sanno che è nel nostro interesse fare passare la Costituzione in un modo o nell’altro, ma sicuramente non sotto forma di un “minitrattato”.
Terzo, per quanto riguarda l’importanza di difendere e fare accettare il lavoro europeo, oggi si parla molto di protezionismo nell’Unione europea. La Commissione deve fare di più per fare accettare il mercato interno. Tutto il sistema si basa su quattro libertà: libera circolazione di beni, servizi, persone e denaro. Se tutto questo è associato a una solida politica per i consumatori, obiettivo che sta ora perseguendo il Commissario, signora Kuneva, credo che potreste dimostrare che il mercato unico è stato una storia di successo.
Il quarto e ultimo elemento per il quale ritengo che stiate facendo un buon lavoro, ma rispetto al quale gli Stati membri sono ancora un po’ in difetto, è l’allargamento. E’ dopotutto la politica dell’Unione europea che ha avuto più successo in assoluto. So che dobbiamo amministrarla. So che dobbiamo andare un po’ più piano. Ma continuate a portarla avanti e cercate di venderla meglio.
Ecco le mie quattro priorità, che ritrovo anche nel documento: cambiamento climatico, Costituzione, mercato unico e allargamento.
Margot Wallström, Vicepresidente della Commissione. – (EN) Signor Presidente, ritengo che questo dibattito abbia illustrato in maniera eccellente il ruolo di un Parlamento europeo eletto direttamente. I parlamentari dovrebbero criticare la Commissione, chiedere proposte più dettagliate, indicare quello che manca o chiedere quali sono le sinergie tra le varie proposte politiche. Avete anche colto l’occasione per congratularvi con la Commissione, laddove opportuno, e chiedere l’introduzione di una politica climatica o una politica energetica ambiziose, per esempio. Speriamo che tutto questo possa contribuire a fare sì che noi e le Istituzioni europee collaboriamo in vista della loro attuazione.
Ascoltando il dibattito, mi sembra di capire che alcuni di voi vogliono che la Commissione faccia di più, mentre altri vogliono forse che faccia un po’ meno. La Commissione lavorerà sempre con l’obiettivo di fare meglio – una migliore qualità della legislazione, un migliore coordinamento tra le Istituzioni e una migliore attuazione. Questo deve essere l’obiettivo generale.
Vorrei iniziare esprimendo alcuni commenti sulla procedura e sul dialogo che abbiamo avviato tra il Parlamento e la Commissione sulla strategia politica annuale. Credo che sia molto importante migliorare la qualità di questo dialogo regolare. Credo che ci siamo già resi conto che per migliorarlo, per renderlo più efficace, dobbiamo renderlo più politico. Speriamo che il Parlamento possa pianificare il lavoro in modo da garantire che i gruppi politici siano coinvolti in modo più coerente e continuativo, e magari in una fase più precoce della procedura, perché questo ci consente inoltre di individuare con un certo anticipo alcune delle questioni qui citate, come per esempio gli aspetti che sono completamente assenti dalle nostre proposte oppure i difetti in termini di struttura generale.
Credo che i gruppi politici debbano discutere della strategia politica annuale proprio come fanno le diverse commissioni. Spero che i gruppi sentano lo stesso impegno nei confronti di questo dialogo regolare. I punti di vista espressi nella relazione di sintesi e che saranno sostenuti dalla Conferenza dei Presidenti a settembre devono riflettere la posizione sia delle commissioni sia dei gruppi politici. Credo che tutto questo ci aiuterà molto.
Dobbiamo capire che siamo in una fase iniziale e che, quando arriveremo al programma legislativo e di lavoro, potremo analizzare la situazione in maggiore dettaglio e avremo un quadro più chiaro delle caratteristiche specifiche di ogni singola proposta.
Vorrei anche spendere alcune parole sul tema della migrazione, perché nella Commissione Barroso crediamo fermamente che una migrazione di lavoratori adeguatamente gestita possa dare un contributo molto positivo alle nostre economie e alle nostre società. Per quanto riguarda l’asilo, una tematica sollevata da molti di voi, avanzeremo proposte tese ad avvicinare i criteri sulla base dei quali gli Stati membri possono esaminare le domande d’asilo, ma questo sarà fatto nell’ambito di quanto consentito dall’attuale Trattato e nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà.
Nell’ambito dei visti, un altro dei temi citati, avvieremo il sistema di informazione sui visti, in virtù del quale gli Stati membri, pur mantenendo la responsabilità del rilascio dei visti, possono scambiarsi informazioni e dati pertinenti. E’ un passo importante nella giusta direzione e verso il coordinamento tra gli Stati membri delle azioni da svolgere.
Vorrei anche fare qualche commento in materia di semplificazione e migliore regolamentazione. Vorrei innanzi tutto dire che ho spesso sentito criticare la Commissione perché legifera troppo poco o non è sufficientemente ambiziosa nella sua attività legislativa. Abbiamo compilato e verificato tutte le statistiche e, considerando il volume di atti legislativi adottati dalla Commissione, potrete notare che è rimasto straordinariamente stabile. Se consideriamo il numero di, direttive, decisioni, raccomandazioni e regolamenti adottati annualmente nel corso degli ultimi 10 anni, osserviamo che è arrivato un’unica volta a 550 e in una sola occasione è stato inferiore a 430. La media è stata di circa 489 proposte all’anno, e lo scorso anno, con 474, non ci siamo discostati troppo da tale media. Quindi, qualsiasi cosa si dica, questi sono i fatti. Ciononostante, grazie alla consultazione e alle valutazioni di impatto che stiamo ora meticolosamente conducendo su ogni singola proposta inclusa nel programma di lavoro, credo che stiamo dando prova di un impegno particolare per garantire che le nostre proposte siano adeguatamente preparate e siano di elevata qualità. E’ pertanto importante ricordare queste cifre e queste statistiche.
Prendiamo molto sul serio tutta la tematica della semplificazione e, come sapete, abbiamo messo a punto un programma di semplificazione molto ambizioso comprendente 100 proposte, relative a circa 220 strumenti legislativi che devono essere revocati, codificati, rifusi o riveduti nei prossimi tre anni. In media, ci sono state circa 40 o 43 proposte tese a semplificare la legislazione o a individuare atti legislativi ormai superati. Continueremo lungo la stessa via e allo stesso ritmo per consentire una revisione costante della legislazione. In alcuni casi, questo significa che possiamo introdurre nuovi atti legislativi e, allo stesso tempo, abbandonare o eliminare direttive, come abbiamo fatto con REACH, caso in cui le 40 direttive esistenti sono state sostituite da un’unica direttiva.
Dobbiamo anche verificare che la nostra legislazione sia aggiornata e moderna e sia eliminata tutta la legislazione obsoleta. Pertanto, continueremo sulla stessa via e informeremo e coinvolgeremo il Parlamento europeo in modo da poter lavorare di pari passo affinché gli obiettivi politici generali della strategia di Lisbona siano realizzati – le quattro priorità generali che abbiamo stabilito nella nostra strategia politica attuale.
Alcuni deputati hanno sollevato il problema del legame tra il nostro dibattito sulla strategia politica annuale e il processo di bilancio. Ho preso nota del desiderio del Parlamento di rafforzare questo legame, ed è importante che continuiamo il nostro dialogo sulle modalità da seguire per farlo.
Consideriamo complementari il bilancio e la politica e l’obiettivo della strategia politica annuale è proprio quello di definire il quadro politico entro il quale deve essere iscritto il bilancio annuale. Tuttavia, il quadro istituzionale è tale per cui raramente esiste un legame diretto tra le iniziative politiche avviate in un dato anno e la spesa relativa nello stesso anno. Non c’è infatti piena corrispondenza tra questi processi. Come sapete, il bilancio del 2008 finanzierà azioni derivanti da proposte legislative presentate negli anni precedenti.
Sono proposte che i colegislatori hanno approvato nel 2007 o prima. Questo significa che le proposte legislative presentate nel 2008 non avranno quasi alcuna implicazione di bilancio per il 2008, ma per il 2009 al più presto. Inoltre, molte iniziative della Commissione comportano costi limitatissimi o nulli per il bilancio dell’Unione europea. La Commissione è fermamente convinta che il nuovo accordo quadro concluso nel 2005 costituisca davvero una solida base per le nostre relazioni. Ha già migliorato il flusso di informazioni e rafforzato il coordinamento della pianificazione e della programmazione.
Vorrei ora aggiungere alcuni commenti sui temi politici che sono stati sollevati. Alcuni di voi hanno fatto riferimento alla questione dei diritti fondamentali. Mi sorprendono le critiche rivolte alle azioni della Commissione in materia di diritti fondamentali. Non credo che dovremmo dubitare dell’impegno del Presidente Barroso, viste sia la sua storia personale sia le sfide che ha affrontato per affermare i suoi diritti e per realizzare le sue ambizioni. Come sapete, abbiamo appena istituito l’Agenzia europea dei diritti fondamentali e questo è l’Anno europeo delle pari opportunità. Ho già citato le azioni previste per potenziare la protezione dei bambini e per combattere la discriminazione al di fuori del luogo di lavoro.
Potrei fare un elenco molto più lungo delle azioni che stiamo conducendo. Proprio ora, insieme agli Stati membri, stiamo lottando per mantenere la Carta dei diritti fondamentali nel nuovo Trattato. Credo che sia una disposizione assolutamente fondamentale e il nostro impegno per difenderla sarà una parte molto importante del lavoro futuro. Trasmetterò al Presidente Barroso e alla Commissione l’idea di organizzare una sessione di chat sui diritti fondamentali. Sulla base della mia esperienza, vi posso dire che non abbiamo mai timore di affrontare un nuovo dibattito. Credo che se ci potremo impegnare in modi diversi, sicuramente lo faremo.
Mi sarebbe piaciuto che l’onorevole Whittaker fosse rimasto, perché ha effettivamente messo in discussione tutta la tematica del cambiamento climatico. Forse è tornato da dove è venuto, alla prima classe del corso di economia che afferma di aver seguito. Se invece avesse guardato alla realtà, si sarebbe reso conto che siamo già diventati più poveri a causa del cambiamento climatico. Il cambiamento climatico impone già oggi dei costi alla società e questo è un modo per migliorare la nostra competitività, per mantenere una posizione di leadership, per dire che possiamo dimostrare al resto del mondo come combiniamo il meglio della tecnologia ambientale e il meglio della nostra società della conoscenza in Europa con l’ambizione di poter utilizzare in futuro una fonte energetica sostenibile. Così facendo, possiamo assumere una posizione di guida e costituire un esempio per il resto del mondo. Abbiamo già dimostrato che è possibile ed è la strada che dovremmo seguire anche in futuro.
Desidero ringraziare tutti coloro che hanno dato esempi pratici delle azioni che è necessario attuare, perché, prima ancora di rendercene conto, assisteremo al fenomeno dei rifugiati ambientali, a causa del cambiamento climatico e di questi problemi. Certo, altri paesi hanno già vissuto questa esperienza ma, se non agiremo, anche noi ne saremo colpiti, secondo modalità che attualmente facciamo fatica a immaginare.
Infine, per quanto riguarda la comunicazione, vorrei dire che la Commissione Barroso è la prima che ha iniziato a trasmettere proposte direttamente ai parlamenti nazionali. Inoltre, ora trasmettiamo gli stessi documenti che inviamo al Parlamento europeo e al Consiglio direttamente ai parlamenti nazionali. Il dialogo che abbiamo avviato – che include oltre 350 visite da parte dei Commissari ai parlamenti nazionali, contatti con le varie commissioni, risposte alle domande, ascolto da parte dei parlamenti nazionali – è a mio avviso assolutamente cruciale per far sì che l’agenda europea trovi un suo radicamento anche presso i parlamenti nazionali, nelle tradizioni democratiche di ogni singolo Stato membro.
Dal punto di vista della comunicazione, tutto questo è molto importante e abbiamo anche definito priorità in termini di comunicazione, per esempio il miglioramento della consultazione, dell’ascolto e delle spiegazioni, e la presenza diretta a livello locale negli Stati membri. Senza l’impegno degli Stati membri e dei politici a tutti i livelli, sarà molto difficile, come è già stato segnalato. Abbiamo altresì bisogno che i leader politici in tutti gli Stati membri siano in grado di difendere quello che hanno fatto a livello europeo e di spiegare le ragioni di certe loro decisioni. Dobbiamo impegnarci a tutti i livelli e questa è naturalmente anche l’intenzione della nostra politica in materia di comunicazione.
Vogliamo che l’Unione europea produca risultati concreti e vogliamo risultati che rispondano alle esigenze e alle aspettative dei cittadini di tutta l’Europa. Migliore regolamentazione significa questo. Non più o meno regolamentazione, ma regolamentazione migliore. Significa semplificazione, azioni più mirate; significa una comunicazione più chiara, significa informare i cittadini e ascoltarli con maggiore attenzione; e significa anche rafforzare le Istituzioni dell’Unione europea completando la revisione del Trattato. Abbiamo bisogno di Istituzioni più forti e di un dialogo più diretto per affrontare le sfide e cogliere le opportunità del futuro. Noi svolgeremo sicuramente il nostro ruolo a questo livello, perché sia possibile pervenire a una soluzione istituzionale.
Per rispondere alla domanda sull’affitto dei locali, vorrei dire che stiamo lavorando con il Parlamento per affittare insieme un edificio a Londra. Credo sia proprio così che dovremo lavorare in futuro: in modo parallelo, per proiettare un’immagine unica dell’Unione europea.
Vi ringrazio moltissimo di questo dibattito. Naturalmente sarà mia cura informare tutta la Commissione delle vostre idee e delle vostre posizioni.
(Applausi)
Hannes Swoboda (PSE). – (EN) Signor Presidente, vorrei attirare la sua attenzione sul fatto che abbiamo bisogno della proposta legislativa di cui ha parlato molto presto, per concludere il lavoro con il Consiglio prima delle prossime elezioni. E’ davvero urgente ricevere questa proposta, soprattutto per quanto attiene all’energia.
Presidente. – Onorevole Swoboda, grazie di questa osservazione.
La discussione è chiusa.
7. Accordo tra Unione europea e Stati Uniti d’America sui servizi aerei (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione sull’accordo tra Unione europea e Stati Uniti d’America sui servizi aerei.
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, grazie all’impegno del vostro relatore, onorevole El Khadraoui, e dei membri della commissione per i trasporti e il turismo, il Parlamento europeo ha oggi l’opportunità di far sentire la propria voce riguardo a quello che io ritengo essere un importante progetto di accordo tra Unione europea e Stati Uniti.
Mi riferisco all’accordo sui servizi aerei raggiunto dieci giorni fa a Bruxelles tra i negoziatori statunitensi ed europei. Tra meno di dieci giorni presenterò tale progetto di accordo ai ministri per i Trasporti dell’Unione europea affinché prendano una decisione politica.
Il vostro intervento giunge in una fase cruciale e potete dunque far sentire la voce degli europei non solo in sede di Consiglio, ma anche nell’ambito delle stesse istituzioni statunitensi.
I negoziati sono durati a lungo e sono stati complessi. Da quando la Corte si è pronunciata sulla cosiddetta causa “cieli aperti” sono passati quattro anni. Ci sono state 11 sessioni negoziali che hanno registrato momenti problematici e dissapori. Nonostante ciò, questa lunga trattativa può consentirci di rafforzare le relazioni transatlantiche e di dare un apporto positivo alla strategia di Lisbona.
Siamo in procinto di ottenere la possibilità per una compagnia aerea europea di volare da un qualsiasi luogo d’Europa verso una qualsiasi destinazione negli Stati Uniti, senza alcuna restrizione e a prescindere dalla nazionalità della compagnia aerea.
Oggi, se si desidera volare da Bruxelles a Washington, è possibile solo con una compagnia aerea belga o statunitense. Dopo il fallimento della Sabena, in assenza di un vettore belga operante su tale rotta, l’unica possibilità per raggiungere Washington in aereo è volare con una compagnia americana.
Ecco il motivo per cui la Corte di giustizia ha dichiarato illegali questi accordi bilaterali: discriminano le compagnie aeree europee sulla base della nazionalità. Con questo accordo, invece, stiamo cambiando il modus operandi. Gli Stati Uniti riconoscono il carattere europeo delle nostre compagnie aeree.
Noi tutti dimentichiamo troppo spesso che la possibilità di volare verso gli Stati Uniti non è di tutti. Sedici paesi aderiscono ad accordi “cieli aperti”, ma undici ancora no. Non si può volare direttamente dai paesi baltici negli Stati Uniti e il numero di rotte verso gli Stati Uniti dalla Spagna, dall’Irlanda e in particolar modo dalla Grecia, è rigorosamente limitato. Pertanto, stiamo aprendo nuove prospettive a questi paesi.
Tuttavia, sin dall’inizio, il problema è stato l’equilibrio dell’accordo tra l’Europa e gli Stati Uniti. Nel novembre 2005, il Consiglio aveva accolto con favore i progressi compiuti per quanto riguarda il ravvicinamento delle norme europee e statunitensi in materia di aiuti di Stato, concorrenza, sicurezza e di accesso ai mercati, ma aveva anche chiesto una maggiore apertura del mercato statunitense.
Desidero spiegare il motivo per cui questo accordo è più favorevole all’Europa al termine dell’ultimo ciclo di negoziati. Non entrerò nei dettagli per quanto riguarda le libertà del trasporto aereo – la quinta libertà, la settima libertà – come risulta dalla Convenzione di Chicago del 1944: sono importanti, ma tecniche. Qualsiasi esperto potrà valutare che, laddove queste famose libertà sono chiamate in causa, l’Unione europea ha ottenuto più di quanto non abbia concesso.
Il mio intervento si concentrerà sui problemi delle compagnie aeree relativi alla proprietà, agli investimenti e al capitale. Prima di tutto, gli investimenti negli Stati Uniti. La normativa degli USA, che il Congresso non riesaminerà a breve termine a causa di un’intensa controversia politica, prevede che gli stranieri non possano detenere più del 25 per cento delle azioni con diritto di voto in una compagnia aerea statunitense e non possano controllarla.
A fronte di un contesto che presenta queste due limitazioni, abbiamo assicurato agli investitori europei il diritto di detenere oltre il 50 per cento del capitale totale, senza che, tuttavia, questo presuma il controllo della compagnia aerea. Siamo riusciti ad ottenere che le autorità statunitensi trattino gli investimenti in modo equo e rapido e abbiamo inoltre garantito agli investitori europei il diritto di sottoscrivere contratti di franchising. La Lufthansa potrà adesso aggiungere il proprio nome, il proprio marchio, i propri colori e vendere il suo know-how a una compagnia aerea statunitense per trasporti nazionali negli Stati Uniti. Non è solo un discorso teorico. Il gruppo Virgin, che vende liberamente i propri libri e CD a New York, sta al momento tentando di vendere il proprio marchio per la creazione di Virgin America a San Francisco. L’operazione ha, però, incontrato gravi difficoltà, in quanto gli impegni assunti dagli Stati Uniti specificano ciò che è possibile fare esattamente per questo tipo di investimenti.
Per quanto riguarda gli elementi previsti dalla riforma americana, bocciata nel 2006 a seguito di una strenua opposizione, e che qualcuno di voi ha seguito da vicino, non sarà possibile indebolire i diritti che abbiamo negoziato. Questi nuovi diritti sono scolpiti nella pietra dell’accordo e non subiranno alcun mutamento unilaterale da parte degli Stati Uniti. Questo è quanto avevo da dire in merito agli investimenti negli Stati Uniti.
Secondo, gli investimenti statunitensi in Europa. Poiché gli Stati Uniti non possono modificare la regola del 25 per cento, ci siamo riservati la possibilità di limitare gli investimenti statunitensi nelle compagnie aeree europee allo stesso livello. Questo vuol dire ristabilire l’equilibrio.
Terzo, gli investimenti europei nei paesi terzi. Secondo le attuali norme, non possiamo investire e controllare una compagnia aerea di un paese terzo senza correre il rischio di mettere in causa i suoi diritti di traffico verso gli Stati Uniti. Per esempio, la Virgin ha investito in Nigeria. Gli Stati Uniti non approvano le operazioni della Virgin Nigeria verso gli Stati Uniti in quanto la compagnia non ha la giusta nazionalità. Con il nostro accordo, gli Stati Uniti non potranno più opporsi agli investimenti comunitari in paesi europei al di fuori dell’Unione europea – come la Svizzera – e in 18 paesi africani. Non ci saranno più lagnanze da parte degli americani su questo punto e dovranno accettare che le compagnie aeree di questi paesi terzi possano essere oggetto di investimenti considerevoli da parte di compagnie europee.
Quarto, gli investimenti di paesi terzi in compagnie europee. In linea con quanto ho appena affermato, gli Stati Uniti non potranno opporsi ai voli verso gli Stati Uniti gestiti da compagnie aeree comunitarie, se paesi europei, come l’Islanda, investono nel loro capitale. Questo ci permetterà di attirare investimenti europei nelle nostre compagnie e di normalizzare il settore del trasporto aereo.
Ecco perché, onorevoli deputati, questo accordo è più equilibrato, e lo è nell’interesse dell’Europa. Non dobbiamo sottovalutare questa prima fase, in quanto occorre terminare una prima fase prima di intraprenderne una seconda che ci conduca verso l’obiettivo ultimo di uno spazio aereo aperto.
Certo, alcuni detrattori dell’accordo temono che non si arriverà mai a una seconda fase perché gli Stati Uniti avranno vinto su tutti i fronti già durante la prima fase, il che non è esatto. Avete tutte le ragioni di sollecitare un meccanismo che garantisca il passaggio alla seconda fase: ebbene, l’ho ottenuto! I negoziati inizieranno al più tardi nel gennaio 2008 e se non dovessimo raggiungere un accordo di seconda fase entro la metà del 2010, potremo sospendere gli elementi dell’accordo.
Al di là delle rappresaglie, sono convinto personalmente che l’impulso da noi impresso spezzerà le ultime resistenze riguardo alla proprietà e al controllo.
Non abbiamo costruito il mercato interno in un’unica volta, ma in tre fasi e in meno di dieci anni. Pertanto, onorevoli parlamentari, queste 11 sessioni di negoziato hanno reso il progresso realmente possibile. Quali sono gli interessi in gioco in questo accordo? Tra cinque anni, un profitto oscillante tra i 6 e i 12 miliardi di euro. Si potrebbe dire in altri termini che, nei prossimi cinque anni, si creeranno 80 000 posti di lavoro su entrambe le sponde dell’Atlantico e, infine, 26 milioni di passeggeri avranno la possibilità di viaggiare tra l’Europa e gli Stati Uniti, in aggiunta ai 50 milioni di passeggeri che già approfittano dei voli transatlantici. In cinque anni, quindi, il numero dei passeggeri è destinato probabilmente ad aumentare da 50 a 75 milioni. E queste stime sono i risultati di studi accreditati.
Concludo, dunque, onorevoli deputati, dicendovi che questo accordo è evidentemente importante e può risultare prezioso per l’Europa. Desidero aggiungere che la seduta di stamattina mi aiuterà a comprendere meglio le vostre aspettative, spero anche a rispondere alle vostre domande e, ancora una volta, affermerò che ho fiducia nel superamento di questa prima fase e che anche la seconda è molto vicina.
Onorevoli deputati, queste sono le informazioni che desideravo comunicarvi.
Georg Jarzembowski, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signora Presidente, il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei si congratula vivamente con il Vicepresidente Barrot, il suo gruppo di negoziatori e con Daniel Calleja Crespo per l’esito positivo di questa prima fase dell’accordo tra Unione europea e Stati Uniti d’America sui servizi aerei. Desideriamo anche unirci ai ringraziamenti rivolti al gruppo di negoziatori statunitensi e a John Byerly, per il quale non deve essere stato facile portare a termine con successo questi negoziati.
Non vi è alcun dubbio che questo accordo generi finalmente un vasto mercato transatlantico dei trasporti aerei, a vantaggio delle compagnie aeree e dei passeggeri. Da questo momento, i vettori aerei europei, provenienti da qualsiasi luogo dell’Unione, avranno libero accesso al mercato degli Stati Uniti senza alcuna restrizione nazionale. Allo stesso tempo, stiamo applicando la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 2002. Dovranno essere revocate anche le restrizioni che riguardano l’aeroporto londinese di Heathrow e che violano il diritto comunitario. Sono sicuro che l’apertura dei cieli sull’Atlantico darà luogo a offerte allettanti per i passeggeri aerei.
La ragione per cui questo accordo è equilibrato è che la Commissione è riuscita per la prima volta ad aprire in qualche misura l’accesso al mercato USA per i vettori aerei europei. Avremmo potuto vedere molto di più che l’apertura del mercato, ma non importa, perché sono stati istituiti nuovi regolamenti riguardanti la proprietà, i diritti di controllo, la concessione di licenze e la politica in materia di marchi e credo che tanto basti per definire equilibrato il presente accordo.
Dal mio punto di vista, è persino più importante l’essere riusciti a costituire un comitato misto coinvolgendo la comunità economica, il che eviterà, per esempio, che gli Stati Uniti o l’Europa adottino misure di sicurezza unilaterali che potrebbero in futuro danneggiare le compagnie aeree o i passeggeri.
Il gruppo PPE-DE esorta la Presidenza tedesca a non indugiare nel garantire il proprio sostegno al Consiglio in merito a questo compromesso, iniziativa che assumerebbe anche un forte valore simbolico.
Sono veramente molto grato al nostro amico onorevole El Khadraoui per la sua eccellente risoluzione, che domani – ne sono convinto – verrà adottata a larga maggioranza, coerentemente con lo spirito del nostro dibattito.
Saïd El Khadraoui, a nome del gruppo PSE. – (NL) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, questo dibattito è quanto mai opportuno, in quanto i negoziati sono appena terminati e il Consiglio “Trasporti” comunicherà la propria decisione la prossima settimana. E’ solo successivamente a questa decisione che quest’Assemblea sarà concretamente in grado di esprimersi in forma ufficiale in merito all’accordo, attraverso una relazione che io stesso elaborerò al più presto.
Con la risoluzione, intanto, redatta su mia iniziativa e con l’appoggio dei vari gruppi, esprimiamo la nostra volontà di mandare un chiaro messaggio al Consiglio e alla Commissione. In breve, signor Commissario, potete contare sul nostro sostegno e la richiesta che rivolgiamo al Consiglio è di approvare l’accordo negoziato. Tale accordo rappresenta un importante passo avanti in direzione di un mercato transatlantico dell’aviazione pienamente integrato, oltre a offrire una via di scampo dalla spada di Damocle giuridica che da tempo incombe sul settore dell’aviazione.
Gli oppositori dell’accordo hanno ragione nell’affermare che esiste tuttora uno squilibrio tra i diritti che le società statunitensi possono esercitare in Europa e i diritti che noi possiamo esercitare negli Stati Uniti. Vi sono ragioni storiche che spiegano la situazione, in quanto gli USA, grazie a una combinazione di accordi bilaterali, hanno una capacità di offerta molto superiore rispetto alla nostra. Non possiamo trascurare il fatto che il mercato europeo dell’aviazione non è stato liberalizzato in una volta sola o in breve tempo. Eravamo palesemente a favore di un unico accordo globale, ma riteniamo che non sia fattibile dal punto di vista politico. Per i consumatori europei l’accordo è comunque una buona notizia, perché, come è stato affermato poc’anzi, le compagnie europee potranno volare da qualsiasi località europea verso qualsiasi destinazione negli Stati Uniti, creando un’offerta maggiore e, con tutta probabilità, una riduzione dei prezzi. Inoltre, gli Stati Uniti hanno fatto alcune concessioni al fine di accordare alle società europee un maggiore accesso al mercato nazionale statunitense. Un attimo fa ne sono stati forniti alcuni esempi. Tuttavia, quello che conta per noi, è che tutto ciò sia seguito da una seconda fase.
Riteniamo altresì che la costituzione di un comitato misto ci consentirà di mantenere un dialogo permanente, nell’ambito del quale si potrebbe affrontare una serie di questioni riguardanti la dimensione sociale, l’ambiente e la sicurezza nel senso di “safety” e di “security”. Abbiamo posto un particolare accento su tale aspetto nella risoluzione in quanto, a nostro avviso, la liberalizzazione del settore dell’aviazione, con tutte le sue implicazioni positive e negative, deve coincidere con la definizione di norme elevate nei settori appena elencati. Abbiamo rilevato, per esempio, che la cooperazione tecnica prevista in ambito ambientale renderà possibile in futuro l’utilizzo delle rotte aeree più efficienti e questo è un risultato positivo.
A tutti i nostri “san Tommaso”, in particolare ai colleghi britannici, che sono sotto pressione, desidero dire che, a mio parere, anch’essi avranno molto da guadagnare dall’accordo. L’aeroporto di Heathrow sarà in grado di espandersi più che mai verso le destinazioni americane, con un maggior numero di collegamenti diretti per i consumatori britannici.
Infine, signor Commissario, da parte nostra faremo del nostro meglio per portare a buon fine le fasi successive, per esempio stabilendo un contatto con i nostri omologhi del Congresso. Auspichiamo di poter contare sul suo costante impegno anche per negoziati futuri.
Jeanine Hennis-Plasschaert, a nome del gruppo ALDE. – (NL) Signora Presidente, al momento il traffico aereo tra gli Stati Uniti e l’Unione europea, i due maggiori mercati del mondo che assieme costituiscono più del 60 per cento di tutti gli spostamenti aerei mondiali, è disciplinato mediante accordi bilaterali “cieli aperti”. La maggior parte degli Stati membri ha concluso con gli USA un accordo distinto di questo tipo, ma con l’accordo raggiunto lo scorso 2 marzo cesseranno definitivamente di esistere. Ciò rappresenta un enorme passo avanti, che personalmente accolgo con estremo favore. Dopotutto, questi accordi bilaterali rappresentano un ostacolo per la libera concorrenza, in quanto i diritti di decollo o di atterraggio vengono riservati esclusivamente alle compagnie aeree nazionali, la qual cosa si traduce in uno svantaggio per il settore e soprattutto per i consumatori.
Anche la Corte si era pronunciata in tal senso già nel 2002 e finalmente, dopo anni di negoziati, è stato concluso un accordo sufficientemente equilibrato, non perfetto, ma comunque ragionevole. Voglio sperare, quindi, che il Consiglio dia la sua approvazione il prima possibile, vale a dire durante la seduta del 22 marzo prossimo.
Ritengo che le obiezioni avanzate principalmente dal Regno Unito non siano molto costruttive e che la volontà di proteggere il proprio mercato nazionale nel 2007 sia davvero fuori luogo e del tutto estranea all’ideale europeo. Ciò che risulta chiaro è che il nuovo quadro giuridico per i trasporti aerei transatlantici gioverà al settore dell’aviazione, ai consumatori e anche all’occupazione, offrendo, inoltre, alle nostre compagnie aeree l’importantissima certezza del diritto di cui avevano così disperatamente bisogno.
Come ho detto un momento fa, il progetto non è perfetto, ma fino a oggi gli Stati Uniti hanno ostacolato i negoziati sul cabotaggio adducendo argomenti quali la protezione e la sicurezza, con il risultato che in quel settore non è stato fatto alcun progresso. Per di più, la possibilità per le compagnie aeree europee di controllare quelle statunitensi è tuttora limitata, nonostante le ampie disposizioni in materia di proprietà. La tutela dei singoli mercati nazionali con la scusa della sicurezza non ha senso e, per quanto mi riguarda, è un’ammissione di debolezza.
Nel contempo, signor Commissario, sono ottimista per il futuro e per il nuovo quadro che, in fondo, fornisce un calendario vincolante di programmazione per un secondo accordo, in cui tali limitazioni saranno rimesse in discussione. Se gli Stati Uniti continueranno anche in futuro a rifiutare concessioni, l’Unione europea deve mostrarsi solida e compatta. Questo, soprattutto, deve risultare chiaro agli americani.
Ringrazio il signor Commissario e la sua squadra per la risolutezza dimostrata e spero che ne daranno ulteriore prova in futuro. Desidero inoltre ringraziare il nostro relatore, onorevole El Khadraoui, per la sua iniziativa e il presente contributo in merito alla risoluzione che voteremo domani.
Ryszard Czarnecki, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signora Presidente, fra una decina di giorni il Commissario presenterà ufficialmente ai ministri dei Trasporti dell’UE il progetto dell’accordo “cieli aperti” fra Unione europea e Stati Uniti. Sebbene i negoziati abbiano sortito un risultato positivo, dovranno proseguire, poiché si devono definire ancora alcune questioni. L’accordo creerà uno spazio aereo transatlantico senza frontiere, che ovvierà definitivamente al problema dei difficoltosi negoziati bilaterali fra gli Stati Uniti e i singoli Stati membri dell’Unione.
In pratica, per i consumatori, una concorrenza rafforzata si tradurrà ovviamente in un maggior numero di voli e in una riduzione del costo dei biglietti per i passeggeri. Gli Stati Uniti non hanno ricevuto un trattamento privilegiato dall’Unione, poiché esistono sedici precedenti accordi analoghi fra Unione europea e paesi in Europa, Asia, Africa e Australia, tra i quali Croazia, Ucraina, Marocco, Libano, Singapore e Australia. Di recente l’Unione europea ha concluso un accordo di questo genere anche con il Cile. La collega che è intervenuta prima di me aveva ragione, com’è ovvio, quando ha affermato che l’accordo in questione in un certo senso è straordinario proprio a causa della portata e dell’importanza dei voli interessati.
Si deve lavorare ancora molto per eliminare le barriere e liberalizzare i servizi. La prossima fase, da tenere bene a mente, è il potenziale benestare americano volto a facilitare gli investimenti delle compagnie europee nel mercato statunitense dell’aviazione.
E’ raro che un accordo proposto dalla Commissione europea si riveli esente da controversie e così chiaramente vantaggioso per i consumatori europei. E’ d’obbligo dunque congratularsi con il Commissario. La politica open skies offre l’opportunità di collegamenti migliori, più frequenti e meno costosi fra Europa e Stati Uniti. Si potrà attraversare l’Atlantico a costi inferiori e più comodamente che in precedenza.
Eva Lichtenberger, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, desidero anch’io iniziare ringraziando l’onorevole El Khadraoui. Tuttavia se, da un lato, l’accordo al momento in discussione riduce finalmente alcune ingiustizie economiche che l’Europa ha subito in passato, dall’altro, ignora in un certo senso le sfide del futuro.
Purtroppo il problema delle emissioni generate dal trasporto aereo è stato ampiamente omesso; nonostante ciò dobbiamo essere consapevoli che, riguardo al cambiamento climatico, anche l’aviazione deve contribuire alla riduzione dell’inquinamento atmosferico.
Noto ancora un aspetto spiacevole, ossia che la piena reciprocità rimane un grosso problema da risolvere. Dobbiamo confidare in un piano che lo affronti passo a passo. Se gli Stati Uniti non dovessero aderire a questo progetto, il Parlamento si deve assicurare che l’Europa resti salda nella sua posizione. Questo principio vale per gli investimenti e si dovrebbe e si deve anche applicare alla questione della sicurezza della trasmissione dei dati e, in particolare, a quella relativa ai limiti delle emissioni. Dobbiamo garantire che gli interessi comunitari non vengano sacrificati per qualche sentimentalismo e che i singoli interessi economici non prevalgano sugli interessi comuni.
Infine, desidero ringraziare anche il Commissario per aver dichiarato di appoggiare l’apertura dei cieli a tutti, decisione che farà piacere ai teologi: un approccio decisamente democratico che include i peccatori.
Jaromír Kohlíček, a nome del gruppo GUE/NGL. – (CS) Onorevoli colleghi, i trasporti aerei fra l’Unione europea e gli Stati Uniti rappresentano il 60 per cento circa del traffico aereo mondiale. Pertanto, se vogliamo compiere progressi nei trasporti internazionali è necessario che questi due partner raggiungano un accordo. Tale accordo deve innanzi tutto essere ben bilanciato, accettabile da entrambe le parti e descritto in modo chiaro da un punto di vista tecnico. Un ulteriore presupposto deve essere l’interpretazione univoca di entrambi i firmatari. I negoziati in corso hanno dimostrato che, proprio come in altri campi, l’approccio degli Stati Uniti sarà discriminatorio e non trasparente e che, inoltre, l’interpretazione dell’accordo nel tempo cambierà in misura rilevante. E’ dunque fondamentale sostenere altri colloqui volti a raggiungere accordi estremamente bilanciati a nome dell’Unione europea nel suo complesso. Malgrado i progressi compiuti, è ancora troppo presto per parlare di un mercato transatlantico integrato dell’aviazione. Queste considerazioni formeranno anche le basi del nostro approccio agli emendamenti proposti.
Osserviamo più da vicino alcune problematiche specifiche delle relazioni fra USA e UE. Al momento esiste una serie di accordi bilaterali fra i singoli Stati membri dell’Unione e gli Stati Uniti. La situazione non è delle più chiare e se pensiamo di potere conseguire il pieno rispetto del diritto comunitario, ci inganniamo. Giunti a questo stadio, il problema principale risiede nel potere negoziale dei due partner. La posizione degli USA in merito è, di certo, sostanzialmente più forte e porta vantaggi sleali ai nostri partner transatlantici.
La prima condizione fondamentale è naturalmente quello che viene definito cabotaggio. Negli Stati Uniti i voli interstatali sono classificati come cabotaggio, laddove i voli all’interno dell’UE devono ancora essere inseriti come tali nei Trattati. Quest’area dovrebbe essere armonizzata. Del pari, è necessario discutere le tipiche misure protettive degli Stati Uniti per cui a entità di altre nazioni è vietato controllare compagnie aeree americane. A questo proposito il Commissario Barrot si è pronunciato in modo estremamente chiaro.
Altrettanto problematica è l’esigenza di controllare le infrastrutture, ovvero gli aeroporti. La discrepanza fra gli obiettivi dichiarati riguardanti la liberalizzazione e la situazione reale è ancora maggiore in questo settore. Per quanto riguarda i trasporti aerei nell’Unione, la discussione sull’impatto ambientale dei trasporti è di grande rilievo. Fra gli aspetti affrontati figurano la tassazione del carburante, la quota di emissioni, in particolare il biossido di carbonio, l’inquinamento acustico e altre aree controverse. Se vogliamo che i vettori dell’Unione europea si impegnino a titolo del protocollo di Kyoto nello scambio di quote di emissioni, è essenziale applicare lo stesso principio alla concorrenza, in particolare quella degli Stati Uniti, il nostro maggiore concorrente. Dobbiamo essere consci che creiamo un precedente nel definire nuove regole internazionali, volte a stabilire uno standard per l’intero settore.
Per quanto riguarda le condizioni sociali, ho l’impressione che i problemi si presentino principalmente sotto tre componenti. La prima è l’obbligo di disporre di un equipaggio qualificato, la seconda è l’armonizzazione dell’orario di lavoro, in termini di turni per il personale di bordo; e la terza è l’esigenza di qualifiche per il personale di terra che si occupa della preparazione dell’aereo prima del volo e dei controlli durante gli scali intermedi.
Recentemente abbiamo dovuto affrontare taluni aspetti quali i rischi di sicurezza, gli obblighi dei dati biometrici, i trasferimenti di elenchi di passeggeri e vari tipi di istruzioni e divieti. Inoltre, dobbiamo costantemente tenere a mente il contenuto del regolamento adottato di recente relativo ai diritti delle persone a mobilità ridotta nel trasporto aereo. Alcune misure introdotte negli aeroporti entrano quasi in conflitto con i diritti umani dei passeggeri. Un esempio tipico è l’elaborazione dei dati personali dei passeggeri. Signor Commissario, desidererei sapere come ciò si colleghi alla tutela dei dati nell’ambito del sistema Schengen, che quest’anno verrà ampliato. Altre misure sfiorano la molestia, come i ripetuti controlli del bagaglio nei trasferimenti all’interno degli aeroporti. Sono convinto che si ovvierà a tali problemi e attendo di collaborare con la Commissione al riguardo.
Kathy Sinnott , a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signora Presidente, la scorsa settimana in alcuni ambienti è stata espressa non poca soddisfazione per l’importante traguardo raggiunto con il tanto agognato accordo open skies.
L’intera questione suscita in me reazioni molto contrastanti. Da un lato, ritengo che sia positivo aumentare il numero di voli disponibili e renderli più accessibili. Certamente, tale incremento dovrà corrispondere a una maggior efficienza del combustibile al fine di evitare notevoli aumenti delle emissioni. Tuttavia, se i voli a basso costo finiscono per concentrare i collegamenti nei tre principali hub europei, viaggiare diventerà ancora più stressante di com’è già in questo momento.
Disponiamo di molti aeroporti regionali che hanno le potenzialità per aprire aree europee a viaggiatori e imprese, ma temo verranno messi in disparte nell’ambiente deregolamentato e competitivo degli open skies, se non stiamo attenti a come lo impostiamo.
Occorre valutare l’effetto sugli aeroporti regionali e le relative aree circostanti. Nella mia circoscrizione, da molto tempo chiediamo che si effettui una valutazione d’impatto, in particolare nella zona dell’aeroporto di Shannon. Anche a questo stadio avanzato, è fondamentale procedere a tali valutazioni.
Reinhard Rack (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, nell’arco degli ultimi anni, abbiamo sentito sempre più spesso, da parte dei cittadini europei e anche di molti governi europei, che l’Europa si intromette in ogni ambito; questa critica non è del tutto casuale ed è, in alcuni casi, giustificata. L’esempio di oggi dimostra, tuttavia, che esiste anche un’intera serie di questioni per cui è necessaria più Europa e anche un approccio più comunitario. Considerata la situazione in questa prospettiva non possiamo pertanto che accogliere con favore la conclusione di questo futuro accordo “Cieli aperti” fra Europa e Stati Uniti, che sostituirà un numero considerevole di singoli accordi e servirà anche da esempio in vista di molti altri accordi fra Unione europea e altre parti del mondo.
Arrivare a un buon risultato con gli americani non è cosa semplice, come lei, signor Vicepresidente, ha affermato e dimostrato attraverso una serie di esempi. Sappiamo bene che, in certe circostanze, risulta ancora più difficile raggiungere un accordo con l’attuale Congresso, tuttavia questo non deve far sì che gli Stati Uniti traggano unilateralmente particolari vantaggi dalla loro posizione negoziale. Potrei anche ribaltare la questione e affermare che sarebbe positivo se Commissione e Consiglio prendessero maggiormente in considerazione, rispetto a quanto fatto finora, il desidero espresso dal Parlamento europeo, in quanto rappresentanza dei cittadini, di manifestare il proprio parere al riguardo.
Un argomento molto concreto in tale contesto, non direttamente oggetto dell’accordo ma legato ad esso, riguarda le disposizioni in materia di sicurezza sui voli internazionali dettate unilateralmente e su larga scala da interessi e azioni americane; occorre riconsiderare tali punti e, se necessario, apportare modifiche.
Brian Simpson (PSE). – (EN) Signora Presidente, questo particolare accordo è certamente di enorme interesse per il Regno Unito, che detiene oltre il 40 per cento del mercato aereo UE-USA. Pur riconoscendo che tale accordo può apportare alcuni benefici ai consumatori, ritengo che non sia ancora riuscito a risolvere alcune questioni fondamentali e che su di esso aleggino ancora molti punti interrogativi. In particolare, il testo è ben lungi dall’offrire il tipo di accesso al mercato statunitense che un elevato numero di vettori dell’UE desidererebbe. Nei confronti del diritto di proprietà delle linee aeree americane non è molto efficace e appare poco diverso da precedenti accordi respinti dall’Unione europea.
Pertanto, a mio avviso, coloro che hanno accolto entusiasticamente questo accordo dovrebbero fermarsi un attimo e analizzarlo in modo più approfondito per vedere cosa apporta a vantaggio dell’Unione europea. So che l’obiettivo ultimo è quello di creare uno spazio aereo senza frontiere con gli Stati Uniti e sono infatti a favore di qualsiasi accordo che sblocchi il mercato aereo transatlantico. Ma la domanda è: questo accordo ci aiuta a raggiungere tutto ciò? Secondo me è un accordo che fa belle promesse all’Europa ma i vantaggi immediati sono per gli Stati Uniti. Tuttavia, qualora si dovesse procedere con tale accordo, dovremo fare in modo di stabilire in tempi rapidi un calendario preciso con seri e reali incentivi da ambo le parti volti a promuovere un accordo di secondo livello che sfoci in un mercato dell’aviazione totalmente libero.
In breve, non ritengo che l’accordo in oggetto sia un disastro, ma non è neppure così positivo come la Commissione vorrebbe far credere. Si tratta semplicemente di un primo passo e, a quanto pare, un passo che gioverebbe agli Stati Uniti. Mi aspetto che i futuri accordi con gli Stati Uniti ci offrano qualcosa di più sostanziale e mi auguro inoltre che cessino di essere iperprotettivi nei confronti del loro settore dell’aviazione.
Paolo Costa (ALDE). – Signora Presidente, onorevoli colleghi, signor Commissario, non posso manifestare né entusiasmo né delusione, ma mi pare opportuno dare atto del realismo con cui il Commissario e la Commissione hanno concluso questa fase negoziale. Avremmo tutti sicuramente preferito un accordo generale che si occupasse anche della proprietà del controllo e dell’apertura del mercato interno americano. E’ chiaro tuttavia che questa preferenza si scontra con il fatto, assai importante, di aver affrontato la trattativa in questione perseguendo due obiettivi: uno interno e uno esterno.
Tale obiettivo risponde a una necessità e a un interesse: una necessità di porre fine a una discriminazione interna nell’Unione europea, quella cioè di aver accettato – cosa che la Corte di giustizia ha respinto – che ci siano mercati così distinti e possibilità di accordi bilaterali, che creano situazioni di ingiustizia all’interno della Comunità. E’ chiaro che questa necessità, tutta europea, di porre fine a questa discriminazione rende più debole la nostra capacità di trattativa nei confronti degli Stati Uniti.
Da ciò si deduce realisticamente che questa prima parte è assolutamente “interna” e in quest’ottica credo che sia facilissimo anticipare il risultato di qualsiasi analisi d’impatto: ci saranno alcuni paesi, compagnie e aeroporti che saranno danneggiati dall’accordo in questione e altri che ne saranno favoriti. Ma il fatto è che stiamo riducendo poteri monopolistici a favore di un’apertura equa a tutti, in tutti i paesi e in tutta l’Europa. Ritengo che questo obiettivo vada considerato come un fatto positivo.
In secondo luogo, desidero richiamare l’attenzione soltanto sull’aspetto della sicurezza e del modo in cui si intende la sicurezza nel senso di security oltre che safety, sia con riferimento alla proprietà, sia con riferimento all’apertura del mercato interno. E’ evidente che questo può rappresentare per gli Stati Uniti un buon motivo o una scusa. Noi dobbiamo togliere ogni elemento di scusa. La convergenza sulle regole di sicurezza e di safety deve essere un fatto preminente, che consenta di risolvere tale problema, giacché la sua soluzione farebbe decadere ogni altra argomentazione sull’insicurezza imputabile alla proprietà straniera di compagnie negli Stati Uniti o sull’insicurezza imputabile all’apertura del mercato interno.
Ricordo che negli Stati Uniti l’intera sicurezza è a carico del bilancio dello Stato e anche da questo punto di vista sarebbe utile un ripensamento europeo sul modo di affrontare il tema.
Timothy Kirkhope (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, innanzi tutto desidero ringraziare il Commissario per la sua dichiarazione e riconoscergli il merito di aver compiuto progressi. Devo tuttavia dissentire da alcuni colleghi, poiché, sebbene consideri lodevoli gli sforzi rivolti all’apertura dei mercati, questa deve avvenire in modo equo e io temo che questo accordo non sia adeguato a tale obiettivo.
Le attuali proposte non solo danneggerebbero il settore britannico, ma potrebbero avere ripercussioni negative anche su alcune imprese europee in generale. Ciò che c’è ora sul tavolo negoziale offrirà indubbiamente alle società statunitensi una sostanziale quota del nostro mercato non regolamentato, mentre alle compagnie europee non resterà che lottare per gli scarti del mercato americano regolamentato. Ritengo che dovremmo batterci con maggiore determinazione per accordi reciproci sui diritti di proprietà.
Nell’attuale accordo, da come lo interpreto, gli investitori americani possono detenere fino al 49 per cento delle azioni con diritto di voto di una linea aerea dell’UE, mentre le partecipazioni comunitarie possono possedere fino al 25 per cento delle azioni con diritto di voto di una linea aerea statunitense, e non sono sicuro che questa sia giustizia o apertura. Conformemente alla Corte di giustizia, qualsiasi negoziato transatlantico deve pienamente rispettare gli accordi bilaterali degli Stati membri, come Bermuda II, e ritengo che tale accordo non affronti questo aspetto in modo adeguato.
La Commissione sta cercando di armonizzare la propria politica e non ha tenuto conto delle notevoli differenze fra Stati. Su questo punto chiediamo di proseguire nell’azione e non soltanto nel dialogo. Ritengo che la Commissione abbia senz’altro fatto progredire la questione, ma è anche importante che, quando, fra tre mesi, torneremo al tavolo dei negoziati – cosa che mi trova favorevole –, gli Stati Uniti assumano il fermo impegno di intervenire con maggiore incisività al fine di rispondere alle nostre esigenze.
Inés Ayala Sender (PSE). – (ES) Signora Presidente, signor Vicepresidente, sono particolarmente lieta di potermi congratulare con lei del successo ottenuto dalla Commissione, appoggiata dalla Presidenza tedesca e assistita dai suoi efficienti servizi, caratterizzati da una certa impronta spagnola, ritengo sia giusto riconoscerlo.
Inoltre, tale successo è stato raggiunto in seguito alla pressione esercitata, tra gli altri, da questa Assemblea, che ha appoggiato la strategia open skies della Commissione sin dal suo avvio, e l’ha incoraggiata anche di fronte a difficoltà sempre maggiori, come nel caso di queste complesse relazioni transatlantiche.
Il presente accordo ha il grande pregio di rafforzare quelle relazioni transatlantiche in un momento cruciale per tutti: alla vigilia delle elezioni negli Stati Uniti e in un frangente in cui dobbiamo compiere progressi riguardo ai requisiti ambientali del settore dell’aviazione europeo.
L’accordo aiuta inoltre a rafforzare l’identità dell’Europa e dell’Unione europea in quanto partner mondiale. A tale proposito ritengo che esso trasmetta ai cittadini un messaggio positivo.
Si tratta anche di un accordo che contribuisce in modo decisivo alla strategia di Lisbona e in particolare, nel caso dell’immunità antitrust, facilita gli accordi commerciali e lo sviluppo di alleanze fra compagnie aeree, che indubbiamente promuovono la crescita e la democratizzazione del trasporto aereo fra i cittadini.
Esso contiene inoltre disposizioni in materia di cooperazione tecnica per quanto riguarda i cambiamenti climatici, che spero saranno utili per affrontare l’impatto del settore dell’aviazione.
Sono altresì soddisfatta delle misure relative al controllo delle compagnie di volo e, per quanto attiene alla questione della sicurezza nominata dall’onorevole Costa, in realtà preferirei che prima si analizzassero in profondità i risultati del sistema statunitense, dal momento che la sua affidabilità è stata messa ripetutamente in questione.
Ora non ci resta che vincere i restanti segni di resistenza in seno al Consiglio e mi auguro che il lavoro dell’onorevole El Khadraoui potrà essere d’aiuto a questo proposito.
Jim Higgins (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, il recente accordo di principio concluso fra Stati Uniti e Unione europea sulla politica “cieli aperti” è estremamente gradito perché, a partire da una situazione che alcuni mesi fa sembrava completamente bloccata, ora siamo in procinto di creare un mercato aperto dell’aviazione. Un risultato di cui beneficeranno i viaggiatori.
La concorrenza nel settore dell’aviazione civile ha rivoluzionato il modo di viaggiare in aereo. Adesso i passeggeri hanno la possibilità di scegliere, e le tariffe ridotte e i viaggi a basso costo sono all’ordine del giorno. I passeggeri ne beneficeranno ancora di più con il nuovo sistema. La questione della proprietà, che era un problema per gli Stati Uniti, è stata risolta, ci si augura, grazie a un onesto compromesso. Tuttavia concordo con gli onorevoli Simpson e Kirkhope e invito la Commissione a essere molto ferma nei futuri negoziati con gli Stati Uniti.
Elogio la Commissione per la risolutezza con cui ha rifiutato di autorizzare singoli accordi bilaterali tra gli Stati membri dell’UE e gli Stati Uniti. Tali accordi bilaterali pregiudicherebbero e rallenterebbero l’accordo appena raggiunto. Si spera che il nuovo sistema offrirà qualche tutela all’aeroporto di Shannon, sulla costa occidentale dell’Irlanda. Da oltre settant’anni è l’aeroporto di transito per i voli tra gli Stati Uniti e l’Irlanda. Tutti gli aerei con provenienza o destinazione gli Stati Uniti facevano tappa a Shannon. Negli ultimi anni, questo scalo obbligatorio ha perso un po’ della sua importanza. Tuttavia, fondamentalmente, il nuovo accordo introduce un periodo di transizione per gli aeroporti come Shannon al fine di consentire loro di adeguarsi alla diversa situazione.
E’ altrettanto importante che l’accordo “cieli aperti” venga riesaminato a intervalli di pochi anni al fine di verificarne l’impatto su Shannon e altri aeroporti analoghi. L’accordo è un evento storico, sicuramente il più importante dalla Convenzione di Chicago del 1944. I miei complimenti a entrambe le parti, e alla Commissione in particolare, per aver salvato un accordo che fino a pochi mesi fa sembrava destinato al fallimento.
Józef Pinior (PSE). – (PL) Signora Presidente, signor Commissario, se considerati nel complesso, i mercati dell’aviazione dell’Unione europea e degli Stati Uniti rappresentano il 60 per cento del traffico aereo mondiale. L’accordo sui servizi aerei tra UE e USA apporterà quindi benefici ai viaggiatori di entrambe le sponde dell’Atlantico, contribuirà a rafforzare le relazioni transatlantiche e costituirà un modello per una maggiore liberalizzazione e convergenza normativa su scala mondiale.
La Corte di giustizia ha statuito che molti accordi bilaterali che gli Stati membri e gli Stati Uniti hanno concluso nel settore dell’aviazione contravvengono ai principi giuridici dell’Unione europea e che l’accordo UE-USA sui trasporti aerei rappresenta il metodo migliore per garantire il pieno rispetto del diritto comunitario. L’armonizzazione delle norme, segnatamente nel settore della sicurezza, della tutela dell’ambiente e dei diritti sociali dei lavoratori, è di particolare importanza in questo tipo di accordo sui servizi aerei.
La questione fondamentale è la stretta collaborazione tra autorità competenti dell’Unione europea e degli Stati Uniti nel settore della sicurezza aerea, a livello sia dell’Unione europea e federale degli Stati Uniti che degli Stati membri. L’obiettivo dovrebbe essere quello di creare un sistema di sicurezza unico, in virtù del quale il controllo dei passeggeri e dei bagagli si effettui una sola volta all’inizio del viaggio e non ad ogni trasbordo.
Vorrei inoltre sottolineare che lo scambio tra l’Unione europea e gli Stati Uniti dei dati personali dei passeggeri deve essere condotto nel rispetto della privacy dei cittadini europei e statunitensi. E’ un aspetto che è già stato precisato in risoluzioni del Parlamento europeo. L’accordo transatlantico sui servizi aerei deve fondarsi sulla Convenzione dei diritti dell’uomo e su altri atti internazionali per la salvaguardia dei diritti e delle libertà dei cittadini.
Sono dovuti i ringraziamenti all’onorevole El Khadraoui per il suo lavoro coscienzioso relativo allo sviluppo della posizione del Parlamento europeo riguardo a tale materia.
Christine De Veyrac (PPE-DE). – (FR) Signora Presidente, Commissario Barrot, complimenti! I dibattiti e i negoziati si susseguono da anni. Il vostro compito era difficile, tuttavia siete riusciti a essere persuasivi ed efficaci. Desidero esprimere la soddisfazione con cui accolgo l’accordo raggiunto poiché è un accordo positivo nell’interesse dell’Europa.
In effetti la liberalizzazione del traffico aereo transatlantico stimolerà la crescita delle nostre compagnie aeree in un momento in cui si trovano a fronteggiare un aumento del prezzo del cherosene, vincoli di sicurezza sempre più rigidi e l’imminente introduzione di un’imposta quale elemento nella lotta al riscaldamento del pianeta. Permettendo alle compagnie aeree europee di gestire d’ora in poi voli verso gli Stati Uniti da qualsiasi città europea e non più solo dal loro paese d’origine, state creando le condizioni per maggiori attività per le nostre linee aeree e quindi più posti di lavoro da offrire ai nostri concittadini. Più rotte e inoltre più libertà riguardo alla frequenza e agli orari dei voli significherà anche maggiore scelta per i consumatori: i passeggeri europei e statunitensi saranno quindi i secondi grandi beneficiari di tale accordo.
Una terza fonte di soddisfazione è l’opportunità offerta alle compagnie aeree europee di acquisire più del 50 per cento del capitale delle società aeree statunitensi. Si può senza dubbio lamentare il fatto che i nostri amici americani impediscano il libero funzionamento del mercato rifiutando di concedere alle compagnie aeree europee oltre il 25 per cento di diritti di voto, tuttavia non facciamo gli schizzinosi, poiché talvolta le cose sono meglio di come appaiono. Inoltre, signor Commissario, lei ha affermato che l’accordo è stato stipulato in cambio della possibilità per l’Unione di limitare gli investimenti di capitale degli Stati Uniti nelle nostre società.
Al pari dell’onorevole Jarzembowski, desidero concludere esortando i ministri dei Trasporti europei a offrire tra pochi giorni il loro pieno appoggio alla Commissione, dal momento che sono in gioco gli interessi di uno dei nostri maggiori settori economici, e abbiamo bisogno di salvaguardarli. Con gli Stati Uniti tale risultato non sarebbe stato possibile senza unire le nostre risorse. Da soli, non possiamo ottenere molto; insieme, signor Commissario, tutto è possibile.
Antonio López-Istúriz White (PPE-DE). − (ES) Signora Presidente, i buoni rapporti tra Stati Uniti e Unione europea sono fondamentali per entrambe le sponde dell’Atlantico, nonostante alcuni preferirebbero non fosse così.
Per fortuna, è trascorso molto tempo da quando Colombo ha conquistato il nuovo mondo in maniera sostenibile dal punto di vista ecologico. Ed è trascorso molto tempo da quando l’estremismo monopolistico ha fatto accumulare all’Europa tanto ritardo.
La Commissione europea ha appena raggiunto con gli Stati Uniti un accordo sul trasporto aereo che apre nuove prospettive per le compagnie aeree europee.
Signor Vicepresidente della Commissione, mi permetta di esprimerle le congratulazioni più calorose per tutto il lavoro che ha svolto. Vorrei anche complimentarmi con il suo direttore, il signor Daniel Calleja e, se me lo consente, signor Vicepresidente, ricordare lo spirito che sono sicuro è racchiuso nel presente accordo, ed è anche di chi l’ha preceduta, ossia Ignacia Loyola de Palacio.
Credo fermamente che tale accordo sia un grande risultato da parte della Commissione. Spero che il Consiglio approvi inequivocabilmente il presente accordo il prima possibile. E’ necessario sostituire gli accordi bilaterali tra gli Stati Uniti e gli Stati membri con altri di più ampio respiro, e nel caso in cui l’accordo possa essere applicato a partire da ottobre, secondo le intenzioni della Commissione, sarà ancora meglio.
Qualora sia questa la situazione, qualora il cielo unico diventi una realtà, i cittadini europei e le compagnie beneficerebbero di molti vantaggi: regole comuni su entrambe le sponde dell’Atlantico, la possibilità di aprire nuove rotte di trasporto di passeggeri e merci, nonché costi più contenuti, che renderanno maggiormente competitivi le nostre società e il nostro trasporto aereo. I consumatori dovrebbero trarre vantaggio da tutto ciò in termini di prezzo finale dei biglietti.
L’obiettivo ultimo di questi accordi è la creazione di un futuro spazio di libera prestazione di servizi aerei tra gli Stati Uniti e l’Unione europea, che si conformerà alla strategia di Lisbona e intensificherà le relazioni transatlantiche che sono oltremodo necessarie.
Gay Mitchell (PPE-DE). − (EN) Signora Presidente, chiedo scusa per il ritardo e la ringrazio per la sua comprensione. Ho avuto qualche difficoltà con gli ascensori.
Il turismo transatlantico è di vitale importanza per l’Irlanda e vi è ampio margine per un ampliamento. Di quasi sette milioni di persone che hanno visitato l’Irlanda nel 2005, più di mezzo milione proveniva dall’altra sponda dell’Atlantico, contribuendo all’economia irlandese con oltre 500 milioni di euro. Si è calcolato che tali numeri potrebbero triplicare nel caso in cui venisse ratificato l’accordo “cieli aperti”, e produrre un miliardo di euro in più per l’economia irlandese. Con l’avvento di “cieli aperti”, possiamo continuare a godere del beneficio che abbiamo ottenuto ospitando eventi quali il Tour de France, Special Olympics e Ryder Cup. Se un piccolo paese come l’Irlanda può trarre tali vantaggi, qual è il potenziale per il continente europeo?
Dobbiamo certamente preoccuparci del cambiamento climatico, tuttavia la soluzione è trovare nuovi carburanti per il trasporto aereo e utilizzare in modo più efficiente quelli esistenti. Il protezionismo non giova ai consumatori né alle nostre economie. Una chiara politica “cieli aperti” non solo incentiva le persone a viaggiare in Europa, ma contribuisce anche a promuovere le merci europee nell’America del nord. “Cieli aperti” apre maggiormente il mercato americano ai consumatori e agli operatori economici europei. La nostra possibilità di viaggiare e commerciare con più città non può che contribuire a dare slancio alle nostre economie e offrirci, inoltre, un ulteriore accesso alla forte economia degli Stati Uniti, soprattutto ora, data l’attuale superiorità dell’euro sul dollaro. Ciò promette bene per l’economia europea.
In conclusione, gli scambi economici e culturali che saranno possibili grazie a tale accordo garantiranno agli Stati Uniti e all’Europa il mantenimento di relazioni positive per gli anni a venire, ed esorto la Commissione e il Consiglio a resistere al protezionismo e agli interessi personali in questo ambito.
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. − (FR) Signora Presidente, desidero ringraziare di cuore gli onorevoli deputati e tutti gli oratori per il sostegno e il contributo estremamente preziosi forniti a questo importante dibattito. Non c’è dubbio che siamo in procinto di concludere un accordo storico per le relazioni transatlantiche, storico anche al fine di far progredire l’aviazione nel mondo e, come è stato evidenziato, rendere democratico il trasporto aereo e metterlo alla portata di quante più persone possibile.
Non starò a ricordare i vantaggi dell’accordo, che sono stati sottolineati, tra gli altri, dagli onorevoli Jarzembowski ed El Khadraoui, che ringrazio in modo particolare per la sua iniziativa. Uno dei benefici molto importanti è l’accesso per le compagnie aeree di qualsiasi paese europeo a qualsiasi località negli Stati Uniti, senza alcuna discriminazione in base alla nazionalità. Questo ci permetterà, innanzi tutto, onorevole Costa, di risolvere certi problemi giuridici emersi in seguito alle sentenze “cieli aperti”. Un altro enorme vantaggio per i consumatori è di aver maggiore scelta a tariffe migliori. Inoltre, apriamo al 60 per cento del traffico mondiale.
Non dovremmo dimenticare che esiste un comitato misto che ricoprirà un ruolo chiave per quanto riguarda applicare l’accordo, discutere le problematiche sociali, affrontare gli aspetti di proprietà e controllo, la concorrenza, gli aiuti e le tematiche ambientali.
Alcuni di voi hanno sollevato il problema della sicurezza, non ultima l’onorevole Hennis-Plasschaert. Il presente accordo include disposizioni che sono basilari al fine di facilitare i controlli su entrambe le sponde dell’Atlantico, ed ottenere alla fine sistemi equivalenti che ci consentiranno di evolverci verso un’unica forma di controllo di sicurezza, o “sistema unico di sicurezza”.
Per quanto attiene agli aspetti ambientali, mi rivolgo in particolare all’onorevole Lichtenberger per dirle che ha ragione. Intendiamo appunto collaborare in maniera molto più efficace con la Federal Aviation Administration. A tale proposito studieremo il modo in cui effettuare voli sull’Atlantico con l’obiettivo di ridurre le loro traiettorie di volo. Cercheremo inoltre soluzioni che ci permettano un uso efficiente del carburante e la riduzione delle emissioni. Esiste quindi un’intera sezione dedicata all’ambiente.
Alcuni di voi hanno sollevato la questione del cabotaggio, in particolare l’onorevole Kohlíček. Si è molto discusso sull’eventualità di effettuare servizi di cabotaggio negli Stati Uniti; in un primo tempo non avremo tale possibilità. Il cabotaggio non sarà permesso neppure alle compagnie aeree statunitensi: perciò una linea aerea americana non può trasportare passeggeri o merci tra Francoforte e Berlino.
Onorevole Sinnott, l’accordo porterà benefici anche agli aeroporti regionali, aprendo nuove opportunità grazie all’eliminazione delle restrizioni esistenti. L’onorevole Rack e molti di voi hanno insistito sui problemi di sicurezza. Gli Stati Uniti hanno riconosciuto l’importanza di lavorare su pratiche e norme comuni al fine di ridurre il più possibile le disparità tra Unione europea e Stati Uniti su tali aspetti, e prenderanno in considerazione le misure che già sono state applicate nell’Unione europea.
Onorevole Simpson, lo spazio transatlantico non verrà evidentemente realizzato tutto in una volta. In effetti, si sta parlando di una prima fase, ma che fin da ora è strettamente connessa alla seconda fase: l’Europa potrà sospendere i diritti di accesso degli americani se questi trascineranno troppo a lungo la questione e se non si compirà alcun progresso. Disponiamo pertanto degli strumenti per garantire che ci sarà realmente una seconda fase verso il nostro obiettivo finale.
Vorrei informare l’onorevole Kirkhope che, siccome gli Stati Uniti non hanno ancora accettato di modificare la loro regola del 25 per cento, ci siamo riservati la possibilità di limitare i loro investimenti nelle compagnie aeree europee al medesimo livello. Questo è un modo per ristabilire l’equilibrio.
Signora Presidente, mi ha pregato di essere breve. Vorrei quindi scusarmi con gli oratori ai quali non ho avuto tempo di rispondere in modo puntuale. Vorrei ringraziare tutti gli oratori e dire anche a quei parlamentari europei degli Stati membri che non rientrano negli accordi “cieli aperti”, e mi rivolgo in particolare ai deputati irlandesi che sono intervenuti, che da parte nostra c’è la volontà di estendere i benefici di tale liberalizzazione del trasporto aereo a tutti gli Stati membri.
L’onorevole De Veyrac e altri oratori hanno sottolineato che tutto ciò è frutto di ampi sforzi. Vorrei cogliere l’occasione per ricordare Ignacia Loyola de Palacio, la quale ha anche svolto un gran lavoro per questa prima fase, che considero importante per il futuro dell’Europa e dei rapporti transatlantici, per l’economia e l’occupazione.
(Applausi)
Presidente. – Comunico di aver ricevuto una proposta di risoluzione(1) ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2, del Regolamento.
Presidente. – L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.
(Per i risultati e altri dettagli sulla votazione: cfr. Processo verbale)
8.1. Finanziamento degli interventi da parte del FEAOG “Garanzia” (votazione)
8.2. Deroga al regolamento (CE) n. 2597/97 per quanto riguarda il latte alimentare prodotto in Estonia (votazione)
8.3. Abrogazione del regolamento (CE) n. 2040/2000 del Consiglio riguardante la disciplina di bilancio (votazione)
8.4. Valutazione prudenziale delle acquisizioni e degli aumenti delle partecipazioni nel settore finanziario (votazione)
8.5. Responsabilità sociale delle imprese: un nuovo partenariato (votazione)
8.6. Una tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010 (votazione)
Prima della votazione sull’emendamento n. 1
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE). – (ES) Intervengo solo per proporre una piccola modifica dell’emendamento, a fini di rigore giuridico. Si tratterebbe di formulare l’emendamento come segue:
(EN) “traffico degli esseri umani e di prendere un’iniziativa da proporre al Consiglio, ai fini di una comunitarizzazione della politica europea”.
(ES) In sostanza, si chiede alla Commissione di avvalersi del suo diritto di iniziativa legislativa, per così dire, per avviare una comunitarizzazione della legislazione dal punto di vista della violenza contro le donne.
Presidente. – Ci sono obiezioni all’inclusione di questo emendamento orale?
(L’emendamento orale non è accolto)
Prima della votazione sul paragrafo 30
Amalia Sartori (PPE-DE), relatrice. – Signor Presidente, vorrei proporre un emendamento orale: laddove c’è scritto “chiede alla Commissione di predisporre iniziative nell’ambito del programma MEDIA 2007” sostituire la parola “predisporre” con la parola “incoraggiare”, in quanto la Commissione può solo incoraggiare programmi ma non predisporli.
Presidente. – Ci sono obiezioni all’inclusione di questo emendamento orale?
(L’emendamento orale è accolto)
8.7. Diritti d’autore e diritti connessi nel campo dei servizi musicali on line autorizzati (2005/737/CE) (votazione)
Presidente. – Con questo si conclude il turno di votazioni.
Lena Ek, Olle Schmidt e Lars Wohlin (PPE-DE), per iscritto. – (SV) Gli abbuoni di interesse ideati per controbilanciare i relativi oneri che incombono sugli Stati membri per l’acquisto di prodotti agricoli comunitari costituiscono uno dei tanti svantaggi della politica agricola dell’Unione, politica che va trasformata radicalmente. Per amor di coerenza, tuttavia, occorrerebbe che si accettasse, quando si tratta di nuovi Stati membri, la possibile applicazione di una qualche compensazione d’interessi per evitare il deflagrare della disoccupazione di massa nelle regioni più povere d’Europa.
La relazione riguarda l’estensione per un regolamento che esiste dal 2004 e che indennizza quei nuovi Stati membri i cui interessi eccedono nettamente la media comunitaria. Il costo di un’estensione è pari a circa 10 milioni di euro all’anno. Si è proposto di finanziarla con i risparmi afferenti ad altre voci di bilancio affinché non si verificassero ulteriori aumenti nell’ambito del bilancio complessivo. Inoltre la Commissione considera tale estensione parte di un pacchetto in cui si propone anche l’abolizione dei sussidi per la coltivazione del mais – un provvedimento che comporterebbe un risparmio significativo di circa 35 milioni di euro nel 2008 (con un risparmio complessivo, secondo la Commissione, di 617,8 milioni di euro per il periodo 2008-2014).
Nel lungo termine, un voto negativo rischierebbe non solo di sortire un effetto dannoso per i nuovi Stati membri, ma anche di mettere in forse il risparmio di poco superiore ai 600 milioni di euro proposto dalla Commissione. Pertanto ho deciso, malgrado tutto, di votare a favore della relazione.
Andreas Mölzer (ITS). – (DE) Signor Presidente, benché sia molto difficile esprimere una dichiarazione di voto con tutto questo chiasso, vorrei dire che mi sono astenuto dal voto perché reputo questo stato di cose insoddisfacente. La Germania e numerosi deficitari di lungo corso recalcitranti avranno anche intrapreso la via del recupero, ma non ritengo che questa sia un’occasione per gioire, e ancor meno se si considera che questi paesi, mentre beneficiano della crescita economica sorprendentemente forte, pensano nondimeno di sfilare ancora più soldi dalle tasche dei consumatori. Per questo mi sono astenuto dal voto.
Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. – (PL) Ho votato a favore dell’adozione della relazione sulla proposta di regolamento del Consiglio che abroga il regolamento (CE) n. 2040/2000 riguardante la disciplina di bilancio [COM(2006)0448 – C6-0277/2006 – 2006/0151(CNS)].
L’onorevole Lewandowski ha presentato una buona relazione. Il regolamento n. 2040/2000 del Consiglio del 26 settembre 2000 è divenuto superfluo in seguito all’applicazione del regolamento (CE) n. 1290/2005 del Consiglio e del nuovo meccanismo per la riserva relativa alle garanzie di prestito per il periodo 2007-2013.
L’abrogazione di questo regolamento migliorerà la qualità della legislazione comunitaria. Eliminando disposizioni superate si aumenterà in misura significativa la trasparenza delle nostre normative, semplificandone l’applicazione.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La proposta di modifica di diverse direttive per quanto riguarda le regole procedurali e i criteri per la valutazione prudenziale di acquisizioni ha come obiettivo principale quello di promuovere le fusioni e le acquisizioni (F&A) transfrontaliere nel settore bancario e finanziario. In altre parole, intende promuovere la concentrazione e l’accentramento del capitale a livello europeo, migliorando la capacità di penetrazione del capitale straniero e l’integrazione dei mercati finanziari. Pertanto la valutazione prudenziale è vista come un ostacolo alle fusioni e alle acquisizioni transfrontaliere, secondo uno studio della Commissione presentato nel novembre 2005 sulle barriere al consolidamento del settore finanziario nel mercato interno.
Oltre a prevedere la massima armonizzazione, la proposta, tra gli altri dettagli tecnici, contempla la riduzione dei tempi – dagli attuali 65 giorni a 30 – della valutazione prudenziale da parte delle autorità nazionali competenti e di supervisione bancaria. La proposta di compromesso aumenta il periodo proposto dalla Commissione, ma ammette comunque la riduzione del termine attuale. Pertanto abbiamo votato contro.
Peter Skinner (PSE), per iscritto. – (EN) L’unanimità espressa dai membri della commissione, i quali hanno esaminato attivamente la relazione, sottolinea le preoccupazioni degli azionisti. Le partecipazioni istituzionali dei gestori dei fondi che hanno cercato di restituire diritti ai possessori di quelle azioni si sono rivelate fondamentali per il successo e l’equilibrio della relazione. Analogamente, il livello delle comunicazioni e la corretta tempistica hanno rinnovato il legame tra azionisti e consigli di amministrazione, permettendo di formulare domande senza l’”effetto disturbo” che potrebbe mettere in forse una gestione efficace delle assemblee degli azionisti.
Andreas Mölzer (ITS). – (DE) Signor Presidente, vorrei spiegare perché ho votato contro la relazione Howitt. Con la dicitura “responsabilità sociale delle imprese” si tenta di obbligare la gente a fare ciò che le piccole e medie imprese in Europa hanno sempre fatto comunque, perché la responsabilità sociale è una delle principali caratteristiche delle piccole e medie imprese nonché una costante della loro cultura imprenditoriale. La fuorviante politica comunitaria dei sussidi, tuttavia, ha sostenuto per anni e anni grandi gruppi industriali e società per azioni per le quali il lavoratore non rappresenta altro che un elemento che si può sostituire e che lentamente, ma inesorabilmente, hanno spinto le piccole e medie imprese fuori dal mercato. Per questo motivo ho votato contro la relazione.
Philip Bushill-Matthews (PPE-DE), per iscritto. – (EN) La delegazione dei Conservatori britannici, come il PPE-DE, ha votato contro la relazione Howitt in sede di commissione perché è normativa e di carattere oppressivo. Il relatore dei Laburisti britannici ha chiesto ancor più legislazione comunitaria anziché indurre le aziende a scegliere di mettere in atto l’idea da sole.
La relazione, in seguito ai miei emendamenti in plenaria, è stata totalmente modificata. E’ stato appoggiato il carattere volontario proposto dalla Commissione. Il Parlamento ha accettato il fatto che un’Unione sociale non necessita automaticamente di una maggiore regolamentazione comunitaria.
Come avviene sempre più spesso, sono stati i Conservatori britannici a stabilire l’agenda.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La tendenza attuale nella maggior parte dei paesi dell’Unione, con l’aumentare del lavoro precario e mal pagato e lo sfruttamento dei lavoratori immigrati sia da paesi terzi che da paesi della stessa Unione – com’è avvenuto con i lavoratori portoghesi, per esempio nei Paesi Bassi e in Spagna e, adesso, nel Regno Unito –, dimostra che è sempre minore la responsabilità sociale che le imprese si assumono.
Inoltre, le innumerevoli delocalizzazioni operate dalle multinazionali, anche laddove i livelli di produttività sono elevati – solo perché queste aziende vogliono profitti sempre maggiori, dimostrando un’assoluta insensibilità nei confronti delle migliaia di disoccupati che causano –, sono la prova del fatto che le maggiori imprese non si accollano nessuna responsabilità sociale.
E’ sintomatico che siano state respinte le proposte che abbiamo presentato in seduta plenaria, dal momento che sottolineano l’incongruenza tra gli obiettivi attribuiti alla responsabilità sociale delle imprese e le politiche promosse dalla Commissione in materia di occupazione, in particolare la “flessicurezza”, concepita per liberalizzare i licenziamenti senza giusta causa, favorire la proliferazione del lavoro precario e svalorizzare la contrattazione collettiva e l’occupazione con diritti.
Perciò, nonostante le proposte positive che la relazione contiene, in pratica cambierà ben poco finché non ci sarà una volontà politica di cambiamento né una vera revisione della normativa in materia di lavoro e delle norme dell’Organizzazione internazionale del lavoro.
Bruno Gollnisch (ITS), per iscritto. – (FR) Vedo tre contraddizioni fondamentali in questa relazione sulla responsabilità sociale delle imprese. La prima è la pretesa che questa responsabilità si fondi sulla volontarietà, mentre si richiede di istituire quadri, norme, definizioni, controlli e incentivi tanto diversi e restrittivi da pregiudicare la stessa natura volontaria di questa impostazione.
La seconda è la pretesa d’incoraggiare la responsabilità sociale delle imprese quando tutte le politiche dell’Unione, e specialmente quella della concorrenza, incoraggiano in realtà le imprese alla delocalizzazione, alla ricerca dell’offerta più vantaggiosa in termini di costi dal punto di vista fiscale, sociale, ambientale e retributivo, anche all’interno dell’Unione.
La terza consiste nella volontà di far agire le imprese europee in modo socialmente responsabile, senza mettere davvero in discussione lo sfrenato commercio internazionale e continuando ad aprire i nostri mercati alle importazioni provenienti da paesi che praticano il dumping in tutte le sue forme, il lavoro forzato, il lavoro infantile e quello dei prigionieri politici.
C’è in questo una certa ipocrisia. Anche se lo negate, state scaricando la responsabilità sulle imprese e fate sostenere loro le conseguenze delle vostre politiche, dei vostri insuccessi, delle vostre incapacità e delle vostre frustrazioni.
Carl Lang (ITS), per iscritto. – (FR) La responsabilità sociale delle imprese è un concetto confuso che, malgrado la fantasia degli ultraeuropeisti, non ha niente di originale. Questa trovata non necessaria ha fatto la sua comparsa negli Stati Uniti fin dagli anni ’50. In Francia, il concetto di “imprese socialmente responsabili” ha preso corpo precisamente nel 1975, all’epoca della relazione Sudreau. E, nel 1982, sono stati imposti obiettivi sociali alle imprese del settore concorrenziale pubblico nel tentativo di stupire il popolo e i quadri del socialismo trionfante.
Venticinque anni dopo, la responsabilità sociale delle imprese vorrebbe soltanto umanizzare e regolamentare la globalizzazione. Queste pie illusioni in tempi di disoccupazione e di precarietà sociale su uno sfondo d’instabilità internazionale fanno sembrare la responsabilità sociale un’enorme truffa. E’ chiaro che bisogna smettere di perdere il nostro tempo e il nostro denaro per considerazioni che servono solo a trasmettere messaggi garbati e perbenisti mentre siamo indietro rispetto al resto del mondo.
Siamo innanzi tutto responsabili di noi stessi. Mostriamo rispetto per noi stessi attuando un vasto sistema europeo di preferenza e di tutela comunitaria per le persone, le produzioni e le imprese. Aumentiamo, per esempio, i dazi doganali sulle importazioni di prodotti dai paesi terzi che non siano stati fabbricati nel rispetto delle norme sociali minime europee.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) In un mercato perfetto si terrebbe conto sia dei risultati economici che dell’impatto sociale o ambientale di un’impresa per determinarne il valore e l’immagine pubblica. In un mercato perfetto, i consumatori sceglierebbero i prodotti che, direttamente, sono i migliori per loro e, indirettamente, lo sono anche per i loro altri interessi.
Ovviamente un mercato così non esiste. Pertanto chi segue una linea persistentemente interventista si batterà per una maggiore regolamentazione e nuove disposizioni legislative. Non è questa la via che propugno. Pur rendendomi conto che il mercato non è e non sarà mai perfetto, la mia preferenza va ai suoi meccanismi e alle soluzioni che applicano tali meccanismi. Di conseguenza, ritengo che siano preferibili provvedimenti che promuovano e divulghino le buone pratiche e, soprattutto, che stimolino una cultura del consumatore esigente.
Resta la questione della competitività. L’idea che il profitto, o la semplice redditività economica, siano sempre in contrasto con l’ambiente, l’occupazione e la responsabilità sociale non mi convince. Il profitto non è un male: è una buona cosa se ottenuto conformemente alle norme, segnatamente quelle create nell’ambito del mercato in seguito a una maggiore pressione da parte dei consumatori. Sono le norme che dobbiamo far valere.
Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. – (NL) Non è affatto ritenuto ovvio, come dovrebbe essere, che le imprese debbano mettere in pratica la responsabilità sociale. Le imprese che si considerano socialmente responsabili hanno l’obbligo, nei confronti della società, di ridurre al minimo gli effetti negativi, sociali e ambientali, delle loro attività. Nel frattempo, poiché molte iniziative hanno rivendicato l’etichetta di “socialmente responsabili”, i consumatori non si concentrano più sull’essenziale e qualsiasi controllo diventa un compito impossibile per i non addetti ai lavori. Inoltre gli effetti del libero mercato e la natura deleteria della ricerca costante dei prezzi più bassi stanno via via diventando una questione di dominio pubblico. In questo settore occorrono norme per rafforzare il controllo dei consumatori e potenziare la struttura portante di una singola impresa benintenzionata. L’Europa può giocare un ruolo pionieristico sul fronte della responsabilità sociale tramite lo sviluppo di una politica che crei e attui criteri garantendo al contempo una concorrenza equa.
Questo è proprio ciò che sta facendo la relazione dell’onorevole Howitt sulla “responsabilità sociale delle imprese: un nuovo partenariato”, relazione che sostiene, inter alia, la comunicazione obbligatoria di informazioni, la responsabilità di filiera e una maggior trasparenza per quanto riguarda i lobbisti. Inoltre sostiene che si deve dare maggiore peso agli effetti socioambientali nelle gare d’appalto pubbliche. Pronunciandosi evidentemente a favore della sostenibilità, la relazione riscuote il mio appoggio incondizionato.
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. – (EN) Approvo la relazione d’iniziativa del relatore. L’idea di uno standard europeo per un’etichettatura dei prodotti che riconosca i diritti umani e i diritti dei lavoratori va sostenuta. Oggi ci sono ancora troppe persone nel nostro mondo, molte delle quali sono bambini, che vivono in condizioni di moderna schiavitù. In considerazione del bicentenario dell’abolizione della schiavitù, che sarà celebrato il 25 marzo, dobbiamo fare tutto il possibile per combattere la schiavitù moderna. La responsabilità sociale delle imprese ci soccorre in questa battaglia.
Thomas Ulmer (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Il motivo per cui respingo la relazione Howitt risiede nel fatto che la caratteristica pregnante della responsabilità sociale delle imprese è la volontarietà e non il dirigismo. La comunicazione obbligatoria delle informazioni in materia sociale e ambientale va contro la strategia di Lisbona e opera contro la riduzione della burocrazia al punto che non posso condividerla. Siffatto dirigismo intralcia e mette in pericolo soprattutto le piccole e medie imprese, che sono state e continuano a essere la spina dorsale dell’economia tedesca. E’ per la preoccupazione che mi desta questo approccio che respingo risolutamente la relazione.
Agnes Schierhuber (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, come tutta la delegazione austriaca del Partito popolare, ho votato a favore della relazione Sartori perché riteniamo – ed è purtroppo triste e deplorevole che si debba continuare a ripeterlo – che le donne siano impossibilitate oggi come in passato a condurre una vita in cui coesistano lavoro, carriera e figli, in altre parole una vita in cui possano decidere autonomamente cosa fare in ogni circostanza. Ci battiamo affinché, a questo proposito, sia data alle donne una volta per tutte la libertà di scegliere, e affinché chi prende le decisioni politiche crei le condizioni per cui le donne possano finalmente farlo, soprattutto per quanto riguarda l’istruzione, la formazione professionale e la parità di compenso a parità di lavoro.
Frank Vanhecke (ITS). – (NL) Signor Presidente, per amor di chiarezza vorrei far presente che il mio voto contro la relazione Sartori non dev’essere considerato un rifiuto nei confronti della parità di genere. Questo è un principio che sostengo toto corde e ritengo sia una conquista importante della nostra civiltà europea.
E’ un principio sempre più contrastato nella nostra società a causa della mobilitazione dell’islam in Europa e questa mobilitazione, nonché i suoi effetti sui nostri valori e sulla nostra civiltà, rappresenta certamente un fatto su cui ci sarebbe molto da dire. Purtroppo la relazione non proferisce una parola in merito.
Ciò a cui sono contrario, invece – ed è per questo che ho votato contro – sono le quote e le parità obbligatorie in ogni sorta di istituzione e nel mondo politico. Di fatto ritengo un insulto questa quota obbligatoria per le donne e penso che alle donne non occorra la discriminazione positiva per rivendicare il posto che spetta loro di diritto nella società nel modo e nel momento in cui lo vogliono.
Françoise Castex (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione Sartori relativa alla tabella di marcia per la parità tra uomini e donne (2006–2010).
Benché la parità tra uomini e donne sia un valore proclamato dall’Unione, rimane ancora molta strada da percorrere, per esempio in materia di parità dei salari. A questo proposito sostengo le proposte della relatrice volte a chiedere l’applicazione del principio di parità salariale affinché lo scarto del 15 per cento tra il salario corrisposto a un uomo e quello corrisposto a una donna a parità di lavoro svolto non costituisca più la regola.
Mi compiaccio per l’attuazione di strategie concrete volte a promuovere l’imprenditoria femminile.
Mi rallegro inoltre per la proposta contenuta nella relazione che invita la Commissione ad accelerare il varo di politiche destinate a riconciliare la vita familiare con quella professionale, anche incoraggiando i padri a utilizzare le possibilità di organizzazione dell’orario di lavoro e a collaborare nelle faccende domestiche e familiari.
Mi rallegro anche per le misure a tutela delle donne e dei bambini contro ogni forma di violenza, tra cui la schiavitù, i delitti d’onore, il traffico di esseri umani e la poligamia.
Infine, mi compiaccio per la richiesta rivolta alla Commissione riguardante l’adozione di iniziative concrete per promuovere l’emancipazione e l’integrazione delle donne immigrate.
Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. – (SV) Poiché riteniamo ovvio che ci debba essere uguaglianza tra uomini e donne, abbiamo votato a favore della tabella di marcia per la parità.
Crediamo anche, tuttavia, che la responsabilità per gran parte delle iniziative adottate per conseguire la parità debba ricadere sui singoli. Poiché le misure che richiedono una normativa rientrano, spesso e volentieri, nella competenza dei singoli Stati membri, abbiamo votato contro un lungo elenco di proposte distinte contenute nella relazione. Non riteniamo che, per esempio, l’Unione debba decidere su questioni come l’assistenza all’infanzia, il congedo per maternità e per paternità o la legislazione sull’aborto negli Stati membri.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Tutte le proposte che abbiamo presentato per chiarire le cause delle discriminazioni che permangono sono state respinte in occasione del voto in plenaria. Vorrei mettere in evidenza le seguenti:
– Insiste sulla necessità di modificare le politiche economiche comunitarie affinché tutte le donne, gli uomini e i bambini possano vivere dignitosamente e senza la minaccia della povertà;
– Sottolinea l’importanza di istituire indicatori comunitari relativi alle strutture di accoglienza per l’infanzia e alle differenze retributive e di altre fonti di reddito tra uomini e donne, per ciascun settore, anche per quanto riguarda le forme atipiche di lavoro e il lavoro a tempo parziale;
– Sottolinea la necessità di impegnarsi per inserire la prospettiva della parità tra uomini e donne negli orientamenti economici, incluso il processo di adesione, al fine di prevenire gli eventuali effetti negativi sulla parità di genere innescati dai processi di privatizzazione, liberalizzazione e tagli delle spese pubbliche nei settori sociali, e riaffermare che sono essenziali servizi pubblici di qualità, sollecitando il potenziamento degli stanziamenti di bilancio nei settori sociali in modo da prevenire l’esclusione sociale e combattere la tratta di donne;
– Teme che le politiche incentrate sull’aumento della competitività dell’Unione possano pregiudicare gli interessi delle donne in altre regioni del mondo.
Da qui la nostra decisione di astenerci.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La parità di genere e la vulnerabilità delle donne, sia nella vita privata che nella vita sociale nel suo complesso, costituiscono uno tra i temi più importanti del nostro tempo. Tuttavia abbiamo votato contro la relazione perché confidiamo nella capacità dei parlamenti nazionali dei singoli Stati membri di gestire adeguatamente questi temi rilevanti. Non riteniamo che l’Unione debba esprimere pareri su argomenti di questo tipo in relazioni di vasta portata che assomigliano più che altro a programmi politici, e siamo contrari in linea di principio alla tendenza generale in base alla quale le Istituzioni comunitarie cercano di acquisire influenza e competenza in un numero sempre maggiore di settori. Il ruolo dell’Unione a questo proposito è quello di garantire che nessuno Stato membro attuale o futuro contravvenga ai valori inerenti alla parità di genere.
Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Il fatto che, 50 anni dopo il Trattato di Roma, stiamo discutendo sulla parità tra le donne e gli uomini non è una dimostrazione di successo. Questo principio è stato sancito dal Trattato fin dal 1999. Dunque la base giuridica per questa politica è solida.
Benché sia utile per recuperare il ritardo, la relazione lascia molto a desiderare. In occasione della Giornata internazionale della donna, nel mio paese il tema principale è stato l’adattamento dei diritti pensionistici alle singole esigenze e la ripartizione dei diritti maturati durante il matrimonio in caso di divorzio. Mi compiaccio che la tabella di marcia preveda che i sistemi di protezione sociale debbano permettere di maturare diritti pensionistici individuali.
Tengo a far notare che, in base a una delle mie risoluzioni del 1991, questo Parlamento ha adottato nel 1994 una relazione sulla spartizione dei diritti pensionistici in caso di divorzio. La relazione ha fatto alcune proposte concrete alla Commissione, che non ha dato loro alcun seguito. Perché?
Lo stesso discorso vale per la mia relazione e per le nostre proposte che mirano a creare un quadro per formalizzare uno status giuridico dei coniugi coadiuvanti. Tutto ciò fa parte della politica delle pari opportunità. Abbiamo sentito già abbastanza belle parole da parte dei Commissari che si sono succeduti: dove sono i fatti?
Lydia Schenardi (ITS), per iscritto. – (FR) Cinque giorni dopo la Giornata mondiale della donna, il Parlamento ci propone una tabella di marcia per la parità tra uomini e donne. Si tratta di una coincidenza? Fatto sta che le donne sono alla ribalta, se non nei fatti, almeno nei testi.
La relazione che ci è stata presentata propone un elenco pressoché esaustivo delle misure da adottare per garantire la parità tra donne e uomini. Se è vero che sono state avanzate molte proposte, non ultime quelle relative alle misure per conciliare meglio gli obblighi della vita familiare con quelli della vita professionale, purtroppo bisogna constatare che nella relazione figurano parecchi punti inquietanti o superflui.
Parlo, per esempio, dell’ennesimo tentativo d’introdurre un sistema di quote per l’assunzione e la partecipazione delle donne in tutti i settori dell’attività economica e politica. Sappiamo che questa misura può essere solo controproducente per l’immagine e la considerazione della donna.
Tuttavia parlo anche dell’inutile proposta di creare una “signora Lisbona” col compito di vegliare sulla corretta attuazione della strategia di Lisbona: una sorta di “super donna europea”. Proposte simili non fanno altro che screditare le iniziative prese per far progredire le donne.
Marianne Thyssen (PPE-DE), per iscritto. – (NL) La commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere ha approvato una relazione ambiziosa sulla tabella di marcia per la parità tra donne e uomini. Conciliare un lavoro a tempo pieno con le altre cose alle quali la gente aspira, come la famiglia, il coinvolgimento sociale e personale, è una sfida per il futuro sia per le donne che per gli uomini.
Il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei ha votato contro alcuni elementi della relazione perché vanno totalmente contro le nostre convinzioni politiche o perché i settori in questione devono ricadere nella competenza degli Stati membri piuttosto che in quella dell’Unione. A nostro avviso, la politica delle pari opportunità rappresenta una questione seria e noi pensiamo che la relazione, benché non contenga nessun impegno legislativo, sia sufficientemente importante da far prendere atto di ciò che in essa è contenuto o meno. Anche se non concordiamo con tutto quello che la commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere ha inserito nella relazione, vogliamo comunque mandare un messaggio: nel campo dell’uguaglianza di genere, 50 anni dopo il Trattato di Roma, si può ancora – e certamente si deve – fare moltissimo. Non devono esserci dubbi sul fatto che anche noi vogliamo pari opportunità, perché anche noi siamo convinti che l’Europa debba fare parecchio in questo campo, ed è per questo che il nostro gruppo ha votato all’unanimità a favore della relazione dell’onorevole Sartori.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Concordiamo, in generale, con le proposte contenute nella relazione che invitano la Commissione a fare chiarezza in merito alla raccomandazione sulla gestione frontaliera collettiva del diritto d’autore e dei diritti connessi nel campo dei servizi musicali on line autorizzati. La proposta della Commissione ha determinato un notevole disagio nei rapporti tra le società europee di gestione dei diritti collettivi (CRM), con divisioni tra quelle grandi, quelle piccole e quelle medie.
E’ necessario chiarire che la raccomandazione della Commissione avvantaggerebbe i grandi operatori del mercato di musica on line e i publisher delle grandi multinazionali discografiche, a danno sia degli autori che della diversità culturale. Contemporaneamente, costituirebbe un chiaro invito a concentrare la gestione di quasi tutti i diritti nelle mani di due o tre super CRM, distorcendo il concetto alla base della loro istituzione, concetto che le legittima.
Pertanto, in generale, concordiamo con le proposte di modifica della raccomandazione che mirano a renderla più efficace ed equa, in modo da salvaguardare la diversità culturale. Ci sembra opportuna una proposta di direttiva sulla questione, nel più breve tempo possibile, per limitare i danni che la raccomandazione sta causando nei rapporti tra le CRM e tra queste e i loro vari utenti.
Bruno Gollnisch (ITS), per iscritto. – (FR) Se introdurre la concorrenza tra le società di gestione collettiva può essere vantaggioso per i titolari di diritti e per i servizi musicali, tale situazione dev’essere tassativamente controllata.
Il fatto che i titolari di diritti possano scegliere liberamente il gestore che preferiscono in tutta l’Unione, e ciò a prescindere dal loro paese d’origine, rischia di avere varie conseguenze. In particolare, contribuirà a garantire la concentrazione dei diritti nelle mani delle maggiori società di gestione collettiva. Rischia anche d’avere conseguenze negative per i titolari di diritti più modesti, perché i gestori di diritti cercheranno di attirare i titolari di diritti più redditizi, se non di pregiudicare il trattamento equo per tutti i titolari di diritti e, conseguentemente, di attentare alla diversità culturale.
Pertanto, benché si supponga che la raccomandazione abbia l’obiettivo di promuovere una concorrenza leale, essa rischia in realtà di produrre l’effetto opposto.
Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. – (PL) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Lévai sulla raccomandazione della Commissione del 18 ottobre 2005 relativa alla gestione transfrontaliera collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi nel campo dei servizi musicali on line autorizzati [2005/737/CE) (2006/2008(INI)].
Occorre ricordare che la preparazione della relazione summenzionata ha comportato una grande mole di lavoro. La relatrice ha tenuto debitamente conto della gravità del problema dei diritti d’autore, dei pericoli che comporta la monopolizzazione del mercato e della questione della tutela dei diritti dei consumatori. Conformemente allo spirito della relazione, auspico che il mercato europeo dei servizi musicali on line possa svilupparsi liberamente, senza pregiudicare la diversità culturale.
Desidero far presente che appoggio la richiesta che è stata rivolta alla Commissione affinché si impegni in un’analisi approfondita sull’impatto della concessione di licenze multiterritoriali e multirepertorio per i servizi musicali on line e ne trasmetta l’esito al Parlamento.
Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. – (NL) Il Parlamento europeo fa bene a concludere ora che la Commissione, con la sua raccomandazione del 18 ottobre 2005 sulla “gestione transfrontaliera collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi nel campo dei servizi musicali on line autorizzati”, si è spinta troppo oltre. Né l’industria della musica né il Parlamento o il Consiglio sono stati consultati, e “l’approccio legislativo morbido” proposto dalla Commissione ha già influenzato decisioni di mercato, cosa che rende il documento ben più di una raccomandazione.
Attualmente le imprese che vogliono offrire servizi musicali on line in Europa devono gestire i diritti con le organizzazioni per i diritti d’autore e le case discografiche in ogni singolo paese. La Commissione ha ragione nel dire che questo si può semplificare. La raccomandazione, tuttavia, offre la possibilità di un mercato completamente libero, cosa che potrebbe mettere a rischio la diversità culturale e il repertorio locale, poiché attrarre i titolari dei diritti più redditizi rappresenta sicuramente una proposta più praticabile per i gestori collettivi dei diritti d’autore. Inoltre, per la Commissione gli interessi commerciali contano più della diversità culturale.
Questo Parlamento sostiene la concorrenza controllata prescrivendo una serie di condizioni chiare, come la parità di trattamento degli autori, una struttura concorrenziale equa e trasparente che eviti la diminuzione delle entrate degli autori e una rappresentanza equa di tutte le parti interessate nelle strutture di gestione. La relazione valorizza l’unità nella diversità e pertanto può contare sul mio appoggio.
Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. – (PL) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Lévai sulla gestione transfrontaliera collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi nel campo dei servizi musicali on line autorizzati (A6–0053/2007).
L’onorevole Lévai ha presentato un’ottima relazione al Parlamento.
Il progresso della tecnica e l’evoluzione della civiltà hanno dato origine a una nuova generazione di utenti commerciali transfrontalieri dei diritti d’autore. Sono i fornitori dei servizi musicali di Internet. Ciò dimostra quanto il mercato dei diritti d’autore e dei diritti connessi si stia evolvendo e sviluppando, cosa che conferma ulteriormente la necessità delle iniziative intraprese in questo settore.
Dal momento che siamo impegnati in questo dibattito, dobbiamo anche tenere presente la possibilità di dare una risposta alle esigenze future che deriveranno dalla natura della gestione collettiva transfrontaliera dei diritti d’autore e dei diritti connessi. Anche per questo è necessario effettuare una valutazione approfondita dell’impatto della concessione di licenze multiterritoriali e multirepertorio sui servizi musicali on line, nonché dei suoi effetti sulla diversità culturale e sulla condizione economica e sociale dei titolari dei diritti d’autore.
Presidente. – Con questo si concludono le dichiarazioni di voto.
10. Correzioni e intenzioni di voto
Avril Doyle (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, intervengo a titolo personale e a nome di almeno un centinaio di altri colleghi che hanno perso le due votazioni per appello nominale sulle due relazioni Parish. Eravamo in Aula, ma non siamo riusciti a estrarre le schede in tempo per registrare i nostri voti. Chiedo che il mio voto sia registrato “a favore” in entrambe le votazioni per appello nominale sulle relazioni Parish.
La prego di tenere conto del fatto che letteralmente più di cento colleghi hanno perso queste due votazioni, in quanto si sono svolte per prime e non vi sono state altre votazioni per appello nominale. Non è questo il modo in cui di norma sono trattati i deputati. Non è colpa sua, signor Presidente: non spetta a lei stabilire il programma, ma chiedo che se ne tenga conto.
Anja Weisgerber (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, mi associo a ciò che ha affermato l’onorevole Doyle. Anch’io ero presente in Aula, ma non avevo la mia scheda e desidero quindi che si prenda atto che anch’io, nella votazione per appello nominale, ho votato a favore.
Gérard Deprez (ALDE). – (FR) Signor Presidente, ero presente al momento della votazione sulle relazioni Parish. Ho votato a favore di entrambe e purtroppo mi sono dimenticato di inserire la scheda nella cassetta, quindi il mio voto non è stato registrato; chiedo che sia messo a verbale.
Presidente. – Non è necessario che diciate tutti la stessa cosa uno dopo l’altro. Renderete nota la vostra posizione ai servizi.
Marcin Libicki (UEN). – (PL) Signor Presidente, il mio nome è Marcin Libicki e vorrei dire, a titolo personale e a nome dell’onorevole Kamiński, che abbiamo entrambi votato a favore, ma la scheda non ha funzionato.
James Nicholson (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, in veste di presidente dei Questori, posso dire che molti deputati mi hanno già contattato al riguardo. Non prevediamo mai le votazioni per appello nominale tra le prime due del turno di votazioni perché sappiamo che i deputati stanno raggiungendo le loro postazioni e devono recuperare le schede. Ho incontrato un Vicepresidente che correva a recuperare la scheda perché l’aveva dimenticata. Ritengo che i servizi del Parlamento debbano veramente esaminare la questione e penso che dovremo reputare che, oggi, i deputati fossero al loro posto, perché sarà un vero disastro per noi. Immagino che riceveremo un centinaio di richieste rivolte ai Questori da persone che affermano di essere state presenti in Aula e di avere votato. La prego quindi di comunicare la questione alla Conferenza dei presidenti o a chiunque sia responsabile. I Questori non hanno il tempo di affrontare una situazione come questa ogni volta che i deputati non riescono ad arrivare e vi sono solo due votazioni per appello nominale.
Presidente. – La questione sarà forse portata all’attenzione dell’Ufficio di presidenza o dei Questori. Resta il fatto che le votazioni per appello nominale sono indicate nelle liste di voto, che ciascuno deve avere a sua disposizione e deve consultare prima di recarsi in Aula.
Jerzy Buzek (PPE-DE). – (PL) Volevo solo associarmi a ciò che hanno detto gli oratori precedenti riguardo alla procedura di voto e al fatto che siano stati previsti voti così importanti, conteggiati elettronicamente, all’inizio del turno di votazioni. Sottoscrivo ciò che hanno affermato gli oratori che mi hanno preceduto.
Presidente. – Onorevole Buzek, è stato il suo stesso gruppo a richiederlo.
Jacek Protasiewicz (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, riguardo alla relazione dell’onorevole Sartori, volevo dire che, quando si è svolto il voto di verifica sul paragrafo 20, la mia postazione non ha funzionato e non ho potuto votare contro il testo proposto.
Poiché ho la parola, colgo l’occasione per associarmi a ciò che hanno affermato gli oratori precedenti e dichiarare anche che, sebbene il voto non sia stato ufficialmente registrato, ho votato a favore delle due relazioni dell’onorevole Parish. La postazione non ha funzionato nemmeno in questo caso, anche se era l’inizio del turno di votazioni.
(La seduta, sospesa alle 12.30, riprende alle 15.05)
PRESIDENZA DELL’ON. McMILLAN-SCOTT Vicepresidente
11. Approvazione del processo verbale della seduta precedente
Presidente. – Il Processo verbale di ieri è stato distribuito.
Vi sono osservazioni?
Richard Corbett (PSE). – (EN) Signor Presidente, il punto 13 del processo verbale fa riferimento a un deputato che ha cambiato gruppo politico per aderire al gruppo ITS. Non fa alcun riferimento all’onorevole Wise, che lascia il gruppo IND/DEM, e mi chiedo se si tratti di un errore. Mi risulta che il suo partito, il partito dell’indipendenza del Regno Unito, lo abbia sospeso in attesa delle indagini su una presunta frode a suo carico. Questo non significa che è stato sospeso anche dal suo gruppo, o la campagna stampa è stata volutamente fuorviante?
Presidente. – Penso che il suo punto di vista sia chiaro, onorevole Corbett. Esamineremo la questione.
(Il processo verbale della seduta precedente è approvato)
12. Disarmo e non proliferazione nucleari (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sul disarmo e non proliferazione nucleari.
Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli parlamentari, la diffusione delle armi di distruzione di massa e dei loro vettori potenzialmente rappresenta forse il rischio maggiore per la sicurezza internazionale. Per tale motivo, nella sua strategia globale di lotta alle armi di distruzione di massa risalente al 2003, l’Unione europea ha sottolineato che in tale ambito la strada migliore per il mantenimento della sicurezza e dell’ordine internazionale è un approccio multilaterale che includa su un piano di parità il disarmo e la non proliferazione. In tal senso il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari rimane la chiave di volta del regime di non proliferazione nucleare a livello mondiale. L’Unione europea appoggia le disposizioni del TNP e difende e sostiene le misure atte a un ulteriore rafforzamento di tali disposizioni.
In vista della prima riunione del comitato preparatorio per la Conferenza sulla revisione del Trattato del 2010, l’Unione europea ha già avviato estesi preparativi interni. Siamo fermamente determinati a svolgere anche nel 2007 un ruolo attivo e costruttivo nelle discussioni che rientrano nel quadro della Conferenza preparatoria. La nostra intenzione come Unione europea è avviare il ciclo di revisione in un clima costruttivo, e pertanto l’Unione europea appoggia con decisione i piani del Presidente designato del primo comitato preparatorio, l’Ambasciatore giapponese Amano.
L’Unione europea ritiene che in questa discussione sulla revisione debbano essere considerati equamente tutti e tre i pilastri del Trattato di non proliferazione: la non proliferazione nucleare, il disarmo e l’utilizzo pacifico dell’energia nucleare. Soltanto un simile equilibrio consentirà un decorso favorevole dell’imminente ciclo per la revisione del Trattato di non proliferazione. Da questo, tuttavia, dipendono le decisioni comuni che la Conferenza di revisione sarà chiamata ad approvare per rafforzare il Trattato. La posizione comune dell’Unione europea, adottata in occasione della Conferenza di revisione del 2005, continua a costituire, senza modifica alcuna, il fondamento delle posizioni equilibrate dell’UE.
L’entrata in vigore tempestiva del Trattato per la messa al bando degli esperimenti nucleari da sempre sta a cuore dell’Unione europea, e tale linea si è vieppiù rafforzata da quando la Corea del Nord ha effettuato un test nucleare. Già attualmente l’Unione europea contribuisce a puntellare il regime di interdizione degli esperimenti nucleari tramite l’adozione di azioni comuni intese altresì a rafforzare ulteriormente il sistema di verifica del Trattato.
L’Unione europea invoca inoltre il rapido avvio dei negoziati per un trattato sul divieto di produzione di materiali fissili ad uso esplosivo e chiede che tali negoziati si svolgano senza condizioni preliminari. La conclusione di un simile trattato costituirebbe un passo avanti significativo sulla strada verso il controllo degli armamenti nucleari e il disarmo nucleare, apportando un contributo determinante all’attuazione delle posizioni adottate di concerto dalla Comunità nelle Conferenze di revisione del 1995 e 2000.
Il consolidamento e il rafforzamento delle disposizioni del Trattato di non proliferazione dipendono ancora ampiamente dal rispetto convinto e integrale di tutti gli obblighi che ne derivano. In tale contesto particolare considerazione merita la dimensione regionale. Come è noto, l’Unione europea partecipa attivamente agli sforzi volti a risolvere la crisi originata dal programma nucleare iraniano. Siamo convinti che una soluzione possa essere ottenuta soltanto per via diplomatica. L’Unione europea dunque ha svolto un ruolo cruciale nella formulazione dell’offerta assai generosa rivolta all’Iran nel giugno 2006, che – lo sottolineo – è stata condivisa da Stati Uniti, Russia e Cina. L’Unione europea continuerà a impegnarsi per una soluzione pacifica della crisi.
L’Unione europea è consapevole dei rischi di un’ulteriore diffusione della tecnologia di arricchimento e ritrattamento e sostiene pertanto gli sforzi tesi a formulare garanzie multilaterali per le forniture di combustibile nucleare. Le iniziative a tale riguardo possono contribuire a convincere i paesi interessati allo sviluppo dell’energia nucleare che non è necessario mettere a punto un ciclo autonomo del combustibile nucleare, cosicché rinuncino spontaneamente a acquisirne uno.
L’Unione europea intensificherà i suoi sforzi per mantenere e rafforzare ulteriormente le disposizioni del Trattato di non proliferazione per far fronte alle sfide qui illustrate. In ciò rientra altresì la discussione ampiamente avviata dall’Unione europea sul consolidamento delle disposizioni del Trattato quanto alle conseguenze di un ritiro dal medesimo. E’ deplorevole che la Conferenza di revisione del Trattato del 2005 non sia riuscita a concordare un documento conclusivo sostanziale per rispondere alle sfide più urgenti del Trattato. Tale esperienza deve costituire per l’Unione europea un motivo supplementare per concentrare tutte le energie sulla riuscita del processo di revisione del 2010.
Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, onorevoli parlamentari, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, e tra queste delle armi nucleari, è potenzialmente la maggiore minaccia alla sicurezza europea. La proliferazione delle armi nucleari è di scottante attualità in particolare in rapporto a Iran e Corea del Nord.
Per ciò che attiene all’Iran, siamo ancora in una fase delicata. Abbiamo preso atto con preoccupazione del recente rapporto di El Baradei da cui risulta che l’Iran non ha ancora sospeso le attività connesse con l’arricchimento e non sembra aver adottato i passi necessari per garantire il rispetto della risoluzione n. 1737 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il Consiglio “Relazioni esterne” dell’Unione europea ha appena adottato formalmente una posizione comune che invita la comunità internazionale a mostrare la fermezza del caso. Abbiamo intenzioni serie in merito alla politica a doppio binario, che, come il Ministro Gloser ha testé illustrato, è cementata anche dai recenti colloqui “3+3” di Londra. Ciò significa che miriamo a mantenere il dialogo e a rafforzare i nostri contatti con la società civile, e anche a esercitare pressioni. Le discussioni a New York in questo momento si stanno concentrando sul superamento delle sanzioni esistenti per passare a una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza.
In merito alla Corea del Nord, accogliamo favorevolmente i risultati dei colloqui a Sei tenutisi a Pechino il 13 febbraio 2007. L’UE si consulta con i Sei, offrendo i migliori strumenti con i quali possiamo assistere questo processo, pur mantenendo l’impegno ad attuare la risoluzione n. 1718 del Consiglio di sicurezza. Sosteniamo decisamente l’attuale missione di El Baradei in Corea del Nord per il ritorno degli ispettori dell’AIEA come parte dell’accordo, e condivido la sua valutazione che tale processo è cruciale per creare fiducia. Spero che la chiusura dell’impianto di Yongbyon si realizzi entro metà aprile.
Il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP) del 1970 ha istituito il regime di non proliferazione come lo conosciamo – con il suo fondamentale equilibrio tra disarmo nucleare, non proliferazione e utilizzo pacifico dell’energia nucleare. Da esso derivano alcuni aspetti di grande rilievo per l’Unione europea, cioè a dire il principio di commercio nucleare regolamentato, il controllo della sicurezza nucleare e l’Agenzia internazionale dell’energia atomica, che vigila sulla conformità. Rafforzare l’efficacia del TNP renderà il mondo più sicuro. Gli Stati parte dovrebbero essere incoraggiati a lavorare per questo obiettivo in vista dell’imminente Conferenza di revisione.
Seppure i titoli dei giornali si siano concentrati sulle difficoltà del regime, non dovremmo sottovalutarne i successi. Il Sudafrica, l’Argentina, la Corea del Sud e la Libia, ad esempio, hanno deciso di rinunciare ai programmi di armamento nucleare.
La mia recente visita in India mi ha offerto l’opportunità di portare all’attenzione della leadership indiana la nostra speranza che l’India si avvicini molto di più al regime TNP e aderisca al Trattato sull’interdizione degli esperimenti nucleari.
Siamo ansiosi di avviare una cooperazione nucleare civile con l’India, una volta ottemperati i requisiti necessari. Tali sviluppi dovrebbero anche aumentare la disponibilità del Pakistan a cooperare con la comunità internazionale nel contesto della non proliferazione. La non proliferazione nucleare è un ambito nel quale la Commissione apporta un contributo importante. Dal 1957 il Trattato EURATOM attribuisce alla Commissione ampie responsabilità. Le attività della Commissione in materia di controllo di sicurezza sono strettamente coordinate con l’AIEA, liberando risorse che possono essere destinate a regioni del mondo più problematiche. Stiamo altresì svolgendo il nostro ruolo per assicurare che i controlli sulle esportazioni nucleari UE siano il più possibile severi, in sostegno al regolamento n. 1334 del 2000 sul duplice uso. Assistiamo inoltre i paesi terzi nel promuovere i loro controlli sulle esportazioni e combattere il traffico illecito di materiali nucleari e radiologici.
La Commissione è inoltre uno dei principali fornitori di assistenza per le iniziative internazionali in materia di non proliferazione. Un esempio importante è il Partenariato globale G8 contro le armi di distruzione di massa, per il quale è stato impegnato 1 miliardo di euro per l’assistenza all’ex Unione sovietica, di cui sono già stati spesi 400 milioni.
Da oltre 25 anni il Centro comune di ricerca della Commissione lavora gomito a gomito con l’AIEA, mettendo a disposizione il suo sostegno scientifico e tecnologico.
Come dicevo, in futuro faremo di più. A titolo del nuovo Strumento per la stabilità disporremo delle risorse per proseguire e rafforzare il lavoro teso a promuovere la nostra sicurezza contro le minacce della proliferazione nucleare. Concludendo, desidero cogliere l’opportunità per ringraziare ancora una volta il Parlamento per il sostegno che ha dato alla Commissione nel mettere a punto una nuova generazione di programmi di assistenza alla non proliferazione attraverso una serie di progetti pilota.
(Applausi)
Stefano Zappalà, a nome del gruppo PPE-DE. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, dal 1970, anno della sua entrata in vigore, alla fine della Guerra fredda, il Trattato di non proliferazione nucleare ha contribuito in modo determinate a limitare la diffusione delle armi nucleari nonché alla sua riduzione. Tale trattato riveste storicamente un’importanza fondamentale per la prevenzione della proliferazione e del disarmo nucleare ed è per questo motivo che è stato prorogato a tempo indeterminato e senza condizioni nel 1995.
Come affermava la Presidenza del Consiglio, il trattato di basa su tre principi: disarmo, non proliferazione e uso pacifico del nucleare. E’ ripartendo da questi tre principi, rimodellati sulla situazione internazionale di oggi, che va dato un nuovo impulso al trattato in oggetto, e ciò nella considerazione che l’equilibrio raggiunto, con l’applicazione da parte di più di 180 nazioni, si trova oggi in pericolo. Oggi la Comunità internazionale si trova davanti a nuove minacce per la propria sicurezza.
Va riaffermato con forza il principio secondo il quale il trattato è lo strumento multilaterale, unico e imprescindibile, per mantenere e rafforzare la pace, la sicurezza e la stabilità internazionale, in quanto stabilisce il quadro giuridico per prevenire una crescente proliferazione delle armi nucleari. La strategia di sicurezza europea e la strategia europea sulle armi di distruzione di massa sottolineano l’importanza della non proliferazione nucleare, del disarmo e del trattato stesso, che tutti gli Stati membri hanno sottoscritto.
Fatto il punto sulla situazione, ritengo fondamentale che il Parlamento europeo abbia idee chiare sulla posizione per il futuro. L’Unione europea deve continuare ad impegnarsi per l’implementazione del trattato, presentandosi unita all’appuntamento di Vienna che preparerà la Conferenza di revisione del 2010. E’ per questo che sarebbe fondamentale un voto unitario da parte del Parlamento europeo, che dia un segnale forte al Consiglio e alla Commissione, in modo che a Vienna essi possano disporre della forza necessaria a svolgere un ruolo attivo nel rafforzare l’attuale regime di non proliferazione.
Per conseguire gli obiettivi fissati nel trattato, l’Unione europea deve contribuire ad una revisione strutturata ed equilibrata del suo funzionamento in sede di Conferenza di revisione. Questo deve comprendere l’attuazione degli impegni sottoscritti dagli Stati e l’individuazione dei settori e dei mezzi attraverso i quali conseguire i progressi futuri, nonché uno sviluppo maggiore del sistema di verifica che garantisca l’impiego, a fini esclusivamente pacifici, dell’energia nucleare da parte degli Stati non dotati di armi e riconosciuti tali.
Va riaffermato il principio secondo il quale è sulla base del trattato che deve essere rafforzata ogni possibile cooperazione in termini di sviluppo dell’energia nucleare per scopi pacifici ed è in questo campo che l’Unione europea può contribuire in maniera determinante in quanto all’avanguardia nella ricerca e nella produzione.
La situazione internazionale ci impone di unire l’impegno per la non proliferazione, per il disarmo e per un uso pacifico dell’energia atomica. Infine, auspico che l’Europa abbia una strategia unitaria anche per la lotta contro le organizzazioni terroristiche che potrebbero accedere a questo tipo di armamenti.
Martin Schulz, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, uno dei trionfi indiscussi dell’Unione europea è il valore aggiunto in termini di sicurezza di cui questo continente gode grazie all’integrazione. L’opera di riconciliazione che ha portato l’Europa nel mondo ne ha anche fatto una regione dove prevale la pace, e l’azione militare tra i paesi partner dell’Unione europea è diventata praticamente impensabile. Questo è il presupposto che deve sottendere la filosofia di una politica di sicurezza dell’Unione europea, e cioè esportare anche nel mondo il concetto di pace che abbiamo realizzato al nostro interno.
Il gruppo socialista al Parlamento europeo fa partire questo ragionamento da un concetto di sicurezza fondata sul dialogo, la diplomazia, il disarmo, la prevenzione e lo sviluppo equo e sostenibile. Questi elementi costituiscono un tutt’uno e sono tenuti insieme dalla soluzione sostenibile dei conflitti, che a sua volta è possibile soltanto nel quadro di una concezione complessiva. L’Unione europea e la NATO hanno certamente un ruolo in questo senso, come pure altri soggetti, quali ad esempio la Russia. Pertanto, quando parliamo di iniziative di disarmo – su questo aspetto tornerò tra breve – dobbiamo chiederci se la Russia è un nostro partner o un nostro avversario. Alla luce di quanto ho appena detto, raccomando nei confronti di quel paese un approccio di partenariato e di dialogo, non di isolamento.
Il disarmo è una questione centrale nella convivenza tra popoli e l’affidabilità delle parti di un Trattato è un elemento decisivo. Se esaminiamo con attenzione il Trattato di non proliferazione nucleare, si impone la constatazione di un bilancio assai vergognoso: dalla firma del Trattato, nel mondo la proliferazione di armi nucleari non è diminuita, anzi è notevolmente aumentata, e tale fenomeno non si può imputare al fatto che i paesi firmatari, o alcuni di essi, abbiano preso sul serio il Trattato. E’ vero semmai il contrario.
Molti paesi che hanno firmato il Trattato in seguito lo hanno prontamente ignorato, anzi, contrariamente agli accordi, hanno esportato nel mondo armi nucleari o la tecnologia necessaria per la loro fabbricazione. A questo riguardo occorre invertire completamente la tendenza. Ai fini di ogni revisione del Trattato è fondamentale porsi come obiettivo la fedeltà al medesimo. Pertanto il rinnovo del Trattato implica come condizione primaria che le parti che lo firmeranno lo rispettino, e gli Stati Uniti non sono gli unici a non averlo fatto.
Un mondo libero dalle armi nucleari, onorevoli colleghi, può sembrare un’utopia perché effettivamente non viviamo in un mondo denuclearizzato, tutt’altro. E’ attualmente in discussione l’utilizzo pacifico dell’energia nucleare e a tale riguardo non posso che formulare i miei migliori auguri. Abbiamo appena sentito dire da voi quanto sia faticoso impedire che l’uso civile dell’energia nucleare diventi militare, vedi il caso Iran. In tutto il mondo si stanno costruendo nuove centrali nucleari, e poi ci sorprende trovarci di fronte non un solo Iran, ma tanti.
Nella revisione della politica nucleare militare rientra anche un’analisi critica dell’utilizzo civile. La Presidenza tedesca del Consiglio ha l’opportunità di porre tale punto all’ordine del giorno sia del Consiglio sia del G8. Inoltre è opportuno interrogarsi criticamente anche sullo scudo antimissile che dovrebbe essere installato in Repubblica ceca e in Polonia su desiderio del governo americano, seguendo la filosofia del governo Bush, che è difficilmente eguagliabile in termini di incoerenza, la cui fallacia è dimostrabile con molteplici esempi e che dovrebbe costare 58 miliardi di dollari.
Avrei una raccomandazione: prima di lasciarci, di nuovo, dividere come europei – perché se su un tema simile non arriviamo ad accordo a livello di UE, possiamo dire addio alla politica estera e di sicurezza comune – invece di spendere 58 miliardi di dollari per installare sistemi antimissile, è meglio investire questi soldi nello sviluppo sostenibile. Sarebbe un contributo maggiore alla pace rispetto all’installazione di un incerto sistema antimissile.
Signor Presidente, mi permetto di formulare una simile osservazione in relazione al Trattato di non proliferazione e alla sua revisione, perché questi temi sono collegati. Spero che Angela Merkel tenga fede al suo annuncio di iscrivere questo tema all’ordine del giorno del G8 come pure dell’UE.
(Applausi)
Annemie Neyts-Uyttebroeck, a nome del gruppo ALDE. – (NL) Signor Presidente, Ministro Gloser, onorevoli colleghi, la non proliferazione, e soprattutto la non proliferazione nucleare, è la pietra angolare di qualunque politica orientata alla pace.
Dando una scorsa a vecchi documenti sull’argomento mi sono imbattuta nei 13 passi pratici che erano stati concordati durante la Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione del 2000, vale a dire meno di sette anni fa. Nel rileggere quei punti neanch’io posso fare a meno di concludere che davvero non abbiamo compiuto alcun progresso e che, semmai, è vero il contrario.
E’ ovvio che i brutali attentati dell’11 settembre 2001, e tutto ciò che ne è seguito, di fatto hanno bloccato la realizzazione di sforzi seri in materia di disarmo in generale e di disarmo nucleare in particolare. Ciò è per me motivo di profondo rammarico. Altrettanto preoccupata sono – e parlo a titolo personale – per il fatto che a tutt’oggi non sia stata formulata una posizione di gruppo sulle iniziative che riguardano gli Stati membri Polonia e Repubblica ceca. Mi chiedo inoltre se ciò non potrebbe essere l’inizio di una nuova corsa agli armamenti, di certo l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno.
Ho preso atto con compiacimento dell’assicurazione offerta dalla Presidenza in merito al fortissimo impegno che verrà dedicato alla definizione di una posizione comune di tutti gli Stati membri in vista della Conferenza del prossimo aprile. Spero, signor Presidente, che lei – o per meglio dire la Presidenza – riuscirà in tale intento, perché gli scarsi risultati del 2005 sono imputabili alla mancanza di un’autentica unanimità tra gli Stati membri dell’UE. Spero che la storia non si ripeta.
Ģirts Valdis Kristovskis, a nome del gruppo UEN. – (LV) Signor Presidente, Commissario Ferrero-Waldner, signori rappresentanti del Consiglio, signori rappresentanti della Commissione, onorevoli colleghi, penso che tutti concordino che la non proliferazione nucleare e il disarmo sono una componente particolare della politica estera e di sicurezza comune. I colleghi hanno appena espresso in quest’Aula l’opinione che i risultati dell’attuazione di questa politica possono quasi essere considerati come passi indietro. Tuttavia, sulla scorta dell’esame dei documenti del Consiglio e della Commissione, bisogna affermare che essi sono più ottimisti e, dal mio punto di vista, se valutiamo quanto è stato effettivamente ottenuto, non si possono misconoscere i progressi compiuti dall’Unione europea. Le Istituzioni dell’Unione europea collaborano in permanenza per coordinare il proprio lavoro. Naturalmente l’Alto rappresentante della PESC segue attivamente le questioni della non proliferazione nucleare e del disarmo, il Parlamento europeo se ne occupa regolarmente, si tengono discussioni tra le Istituzioni e scambi di informazioni con il Joint Situation Centre dell’Unione europea e il coordinatore per la lotta al terrorismo. Ciò significa che iniziative sono in corso, ma i casi della Corea del Nord e dell’Iran, il fallimento della Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione nucleare del 2005 e le differenze tra Stati Uniti d’America, Cina e Russia dimostrano che rimane ancora molto da fare. Pertanto vorrei esprimere il mio apprezzamento per i preparativi anticipati per la Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione nucleare del 2010, e chiedere al Consiglio di prendere in considerazione il desiderio del Parlamento europeo di svolgere un ruolo attivo in tal senso, come pure l’iniziativa espressa nella risoluzione del Parlamento, e di includere nel prossimo futuro i deputati europei nella Conferenza come membri della delegazione dell’Unione europea.
Angelika Beer, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, ringrazio sentitamente il Commissario Ferrero-Waldner e il Ministro Gloser per le loro dichiarazioni. Innanzi tutto vorrei esprimere la mia riconoscenza a tutti i colleghi degli altri gruppi per aver accolto di buon grado l’iniziativa del gruppo Verde/Alleanza libera europea di organizzare questa discussione e soprattutto per aver approvato in questi giorni una proposta di compromesso nella quale tutti si riconoscono. Propria alla luce della situazione attuale lo considero un segnale positivo e importante. La signora Commissario ha già illustrato sinteticamente le diverse problematiche.
Vorrei brevemente rivolgere uno sguardo al passato, a 20 anni fa, l’8 dicembre 1987, quando, prima che fosse passata la minaccia atomica posta dalla guerra fredda, il mondo fu attraversato da una scossa con la firma del Trattato sulle forze nucleari intermedie, una vera e propria convenzione di disarmo nucleare. A che punto siamo oggi? Purtroppo dobbiamo evidenziare alcuni passi indietro, visto che tanto Kofi Annan quanto Henry Kissinger hanno affermato che la lotta alla proliferazione delle armi nucleari e gli sforzi per il disarmo nucleare sono sull’orlo del fallimento definitivo.
Cosa possiamo fare noi europei in questa situazione? Abbiamo abbastanza fiducia per sollevare a livello multilaterale e internazionale temi per i quali possiamo sperare in qualche progresso? Non sarebbe forse tempestivo sfruttare il prossimo incontro del Nuclear Supplies Group del 16-20 aprile a Città del Capo per contrastare l’accordo progettato da India e Stati Uniti? Se non lo faremo, che segnale sarebbe per gli altri paesi? Sarebbe come dire che si possono realizzare programmi nucleari e costruire armi nucleari anche al di fuori del TNP e addirittura ricevere le lodi e il sostegno degli Stati Uniti. Che segnale sarebbe questo per l’Iran?
Lo dico intenzionalmente, in quanto sostengo una posizione decisamente diversa su tali argomenti. Riguardo all’Iran, ci troviamo in una via senza uscita nella quale noi stessi ci siamo cacciati. Tutte le parti in causa devono fare marcia indietro per venirne fuori, altrimenti un intervento militare sarà inevitabile.
Noi vogliamo che il Trattato continui a esistere. Giovedì approveremo una risoluzione per inviare una delegazione a Vienna che segua attivamente questo processo. Spero che lì, insieme, riusciremo a trasmettere un segnale di sopravvivenza per queste importanti disposizioni del TNP.
Tobias Pflüger, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, il Trattato di non proliferazione nucleare è minacciato su più fronti, o per lo meno questo è quanto si direbbe dalle ultime notizie. Sulla Süddeutsche Zeitung del 3 marzo si leggeva che gli Stati Uniti stanno progettando nuove testate nucleari, punto sul quale noi siamo critici. Nel Regno Unito, uno Stato membro dell’Unione europea, il Primo Ministro Blair vuole destinare 30 miliardi di euro alla modernizzazione degli armamenti nucleari delle forze armate britanniche. Domani si terrà la votazione alla Camera dei Comuni. Questo è riarmo atomico e minaccia la non proliferazione nucleare. E’ auspicabile che la Presidenza tedesca rilasci una dichiarazione critica.
Noi appoggiamo le proteste contro il programma nucleare degli Stati Uniti, che progettano un sistema antimissile in Repubblica Ceca, in Polonia e nel Caucaso, e la NATO – secondo la dichiarazione del Segretario generale de Hoop Scheffer resa pubblica ieri con una nota d’agenzia – vorrebbe partecipare con un sistema antimissile proprio. Il ministro della Difesa tedesco Jung vuole che l’intero sistema antimissile sia affidato al controllo della NATO. Il Consiglio e la Commissione dell’UE dovrebbero finalmente esprimere una chiara disapprovazione nei confronti di questi piani. Insieme a due colleghi ho presentato una dichiarazione contro questo scudo antimissile.
Nel frattempo, secondo Wesley Clark, ex Comandante in capo della NATO, si sta preparando una guerra contro l’Iran. E’ipocrita criticare l’Iran se noi stessi possediamo armi nucleari e le stiamo modernizzando. Il Trattato di non proliferazione dispone che tutte le armi nucleari siano smantellate. Ovviamente non esistono armi nucleari buone: è indispensabile un disarmo immediato.
Bastiaan Belder, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) Signor Presidente, le aspirazioni nucleari di Pyongyang e Teheran costituiscono una minaccia diretta al Trattato di non proliferazione nucleare, il TNP, con i rispettivi paesi vicini nell’Asia nordorientale e in Medio Oriente che forse si sentono obbligati a unirsi alle potenze nucleari.
Inoltre, nel caso di erosione del TNP, è presumibile un effetto negativo, similmente a quanto accaduto per le armi biologiche e chimiche. In breve, l’intera struttura multilaterale di controllo degli armamenti rischia di crollare, uno spettro che minaccia davvero tutto il mondo. Al contempo c’è da chiedersi quale autorità sia rimasta al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite se i membri delle Nazioni Unite ammassano armi nucleari contro la sua espressa volontà.
Il Consiglio e la Commissione condividono il mio parere secondo cui la crisi del TNP è anche una situazione critica per la massima autorità internazionale? Data questa situazione di estrema gravità, mi aspetto che compiano il massimo sforzo per convincere il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a persuadere Pyongyang e Teheran affinché desistano dal loro sinistro corso nucleare, perché il tempo stringe.
Karl von Wogau (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Trattato di non proliferazione era stato una grande conquista, ma osserviamo che la diffusione delle armi nucleari continua. Allo stesso modo dobbiamo constatare che la Conferenza di revisione per il momento è fallita, e proprio per questo motivo la Conferenza preparatoria di Vienna è tanto importante. Inoltre è assolutamente fondamentale che il Parlamento europeo possa dare il suo contributo esprimendo la propria posizione. Tale contributo potrà però essere efficace soltanto se la risoluzione sarà comune, tale che tutti possano identificarvisi. Spero che in sede di votazione sia possibile giungere ad un simile risultato.
Dopo il crollo dell’Unione sovietica tutti abbiamo creduto che l’epoca della deterrenza si fosse ormai chiusa. Oggi, però, esiste il pericolo che ciò sia vero a livello mondiale ma non a livello regionale. Dobbiamo fare, insieme, tutto il possibile per evitare che tale scenario si avveri.
Tra le tante proposte vorrei menzionarne una: il sistema internazionale per l’arricchimento dell’uranio, un aspetto che ha assunto ormai una rilevanza straordinaria. Vorrei citare anche un altro tema che non rientra strettamente in questo dibattito, ma che deve essere discusso pubblicamente: lo scudo antimissile.
In Europa è attualmente in discussione un sistema di difesa antimissile americano e i suoi effetti su di noi, ma ciò che deve interessarci veramente, invece, è la sicurezza dell’Europa. I missili iraniani dai quali gli americani intendono proteggersi sono molto più vicini all’Europa che all’America. Ad esempio, ci risulta che i missili iraniani già oggi potrebbero colpire l’Italia meridionale e la Grecia. Pertanto dobbiamo lanciare un dibattito generale per verificare se un simile sistema sia necessario. Se così fosse, saremmo noi europei ad averne altrettanto bisogno. Questo è un altro tema di cui il Parlamento europeo deve discutere e sul quale deve adottare una decisione.
Jan Marinus Wiersma (PSE). – (NL) Signor Presidente, il Trattato di non proliferazione nucleare rappresenta davvero il pilastro più importante su cui si regge il consenso internazionale in merito alla necessità di fermare la diffusione delle armi nucleari con l’obiettivo ultimo, come ha sottolineato poc’anzi il presidente del mio gruppo, di realizzare il disarmo nucleare generalizzato. Poiché la proliferazione delle armi di distruzione di massa costituisce una minaccia crescente per la pace e la sicurezza internazionale, dobbiamo riesaminare il Trattato, instillarvi nuova linfa vitale e rafforzarlo.
E’ superfluo aggiungere che gli sviluppi in Iran destano in noi seria preoccupazione. Nonostante i ripetuti moniti dalla comunità internazionale, l’Iran prosegue le proprie attività in materia di arricchimento dell’uranio. Al contempo sappiamo che esiste un rischio reale che i gruppi terroristi abbiano accesso agli armamenti nucleari o affini.
Per impedire la diffusione di armi di distruzione di massa è indispensabile una posizione multilaterale efficace, anzi da ciò dipende il destino stesso del Trattato di non proliferazione. Gli interventi indipendenti e unilaterali, invece, sono destinati a far naufragare tutti gli sforzi comuni in questo ambito. Ecco perché le potenze nucleari riconosciute devono realizzare un investimento visibile. Di fatto, la responsabilità per la credibilità del Trattato di non proliferazione nucleare nella sua attuale forma incombe a loro. Proprio in questa luce formuliamo dei dubbi in merito al recente tentativo degli Stati Uniti di ottenere l’accordo della Polonia e della Repubblica ceca per lo stazionamento di uno scudo antimissile sui loro territori. Secondo gli americani, il sistema di difesa missilistico offre protezione contro possibili attacchi dalla Corea del Nord e dall’Iran. Ciò, di fatto, contrasta con l’intenzione di prevenire lo sviluppo di un arsenale nucleare da parte di quei paesi.
Con tale proposta gli americani ignorano anche le preoccupazioni della Russia, che, a torto o a ragione, considera lo scudo missilistico una provocazione o addirittura una minaccia alla propria sicurezza nazionale. Uno scudo protettivo che poi alimenta la sfiducia tra i tre partner principali – Stati Uniti, Russia e Unione europea – che desiderano porre fine alla proliferazione, non è esattamente l’azione multilaterale che noi avevamo in mente.
Inoltre, ci chiediamo come tale cooperazione bilaterale si coniughi con la strategia europea di sicurezza e con il partenariato NATO. Per questo motivo nutriamo serie obiezioni riguardo a tale evoluzione e invitiamo gli Stati Uniti e gli Stati membri dell’UE interessati a riconsiderare i loro progetti e a cercare alternative multilaterali compatibili con gli accordi di sicurezza reciprocamente concordati nell’Unione europea.
István Szent-Iványi (ALDE). – (HU) Sfiorettature a parte, la Conferenza di revisione del TNP del 2005 è stata un fallimento. Purtroppo l’intera storia del TNP, stranamente, non ha inanellato successi: la Corea del Nord si è ritirata dal sistema e ha lanciato il proprio programma nucleare militare. Anche l’Iran ha voltato le spalle al sistema e non sappiamo a che punto stiano le cose, ma le sue intenzioni comunque non sono favorevoli. L’India, il Pakistan e Israele non danno segni di voler aderire.
Ciononostante, vi sono anche sviluppi positivi: il 16 febbraio i colloqui a Sei a Pechino hanno partorito un accordo di cui molto presto scopriremo l’importanza. El Baradei si recherà domani in visita in Corea del Nord e tale visita, senza dubbio, appurerà se le intenzioni della Corea del Nord sono sincere. La situazione attuale è assai indicativa. E’ in pericolo il rispetto dell’intero Trattato. Dobbiamo combinare flessibilità e coerenza: dobbiamo essere flessibili nei metodi e nei tempi, ma non possiamo essere flessibili in merito agli obiettivi, che devono essere chiari e scevri da ambiguità. La Corea del Nord deve rientrare nel sistema TNP e interrompere immediatamente il programma nucleare militare. Il modo in cui gestiremo i problemi della Corea del Nord influenzerà direttamente l’Iran. Se avremo successo in Corea del Nord, altrettanto riusciremo a fare con l’Iran. Se dovessimo fallire nel primo caso, si può temere che non riusciremo a tenere in riga nemmeno l’Iran.
I preparativi per la Conferenza di revisione saranno reali e proficui se riusciremo, per questo tramite, a far fronte alle due grandi minacce poste da Corea del Nord e Iran e se riusciremo a risolvere questi due problemi. Attualmente vi è qualche flebile opportunità, ma soltanto se saremo coerenti e difenderemo con coerenza i nostri principi.
Caroline Lucas (Verts/ALE). – (EN) Signora Commissario, lei ha detto che la proliferazione è potenzialmente la maggiore minaccia alla nostra sicurezza e ne convengo. Non è il colmo dell’ironia, allora, che domani il governo britannico probabilmente deciderà di sostituire il sistema Trident di sottomarini nucleari, accelerando così la proliferazione e minacciando la nostra sicurezza collettiva? Se deciderà in questo senso il governo darà la più incredibile dimostrazione di ipocrisia: mantenere e sviluppare ulteriormente gli armamenti nucleari britannici mentre dichiara guerre illegali per cercare di impedire ad altri di ottenerle. Con quale autorità morale il governo britannico può pensare di dare lezioni a paesi come l’Iran sul divieto di sviluppare armi nucleari, se noi stessi continuiamo a fare proprio questo?
Il TNP contiene due impegni: i paesi non nuclearizzati accettano di non acquisire armi nucleari, a patto che i paesi nuclearizzati avvino un serio processo di smantellamento. Se noi non manteniamo la nostra parte di promessa, se non rispettiamo il diritto internazionale, non possiamo stupirci se gli altri non onorano il proprio impegno.
Il programma di ammodernamento del Trident da parte del governo britannico mina in modo sostanziale la posizione collettiva dell’UE in materia di non proliferazione, e quindi il Consiglio e la Commissione dovrebbero esprimere una ferma condanna nei confronti sia del Regno Unito sia della stessa Francia.
Vittorio Agnoletto (GUE/NGL). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, le crisi nucleari nordcoreane e iraniane hanno gettato ancora una volta il mondo nella paura e nel sospetto tra le nazioni e i popoli. Il dibattito internazionale sul riarmo nucleare è tornato a mettere in discussione il futuro dell’umanità. E’ necessario riavviare i negoziati con l’Iran, rifuggendo da qualsiasi iniziativa militare, che non avrebbe altro effetto se non quello di aggravare la crisi in atto. Per questo diventa essenziale il rilancio delle discussioni attorno al rinnovo del trattato di non proliferazione nucleare nel 2010.
L’Unione europea deve esercitare le opportune pressioni politiche, economiche e commerciali su paesi come India, Pakistan, Iran, Corea e altri paesi come Cina e Stati Uniti. In più, l’Unione europea ha un’urgenza massima nel promuovere un Mediterraneo libero da armi nucleari, che dobbiamo trasformare con adeguate politiche economiche e sociali in un mare di pace, in una zona totalmente denuclearizzata. Ecco perché dobbiamo esercitare le pressioni di cui si parlava anche su Israele, che certamente ha il diritto di promuovere la sua sicurezza ma che non può fondarsi sulla paura nucleare e l’annientamento di altri popoli.
In più, l’ultima decisione del Presidente Bush di installare lanciamissili nella Repubblica ceca o nuove installazioni militari di monitoraggio nucleare in Polonia non fa che peggiorare le relazioni militari con la Russia. Una decisione, quella del Presidente Bush, che condanno senza indugi.
Achille Occhetto (PSE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo tutti d’accordo che è necessario un rinnovato impegno contro la proliferazione delle armi termonucleari, come ha detto il collega Schulz nel suo intervento, ma nello stesso tempo occorre incominciare a dire con più chiarezza che non basta impedire la proliferazione, occorre bensì riprendere la battaglia per il disarmo generale. Infatti, non ci sarà mai una vera democrazia planetaria se alcuni paesi possono dominare il mondo, perché hanno il potere di distruggerlo più volte.
Infatti, i paesi del club atomico, e in particolare oggi l’Inghilterra e la Francia, avranno la forza e il diritto morale di impedire la proliferazione degli altri, se incominceranno essi stessi a disarmare e se metteranno all’ordine del giorno la messa al bando di tutte le armi di distruzione di massa.
Purtroppo non è questa la strada che si sta percorrendo, se si tiene conto della politica unilaterale, e anche contraria alla NATO, degli Stati Uniti d’America che hanno trattato nascostamente con alcuni paesi europei per inserire il loro programma antimissilistico, contro il quale noi presentiamo un preciso emendamento. Occorre quindi bloccare questi piani, dicendo “No” alla proliferazione, ma “Sì” ad un’iniziativa europea che si muova nella direzione del disarmo generale.
Jill Evans (Verts/ALE). – (EN) Signor Presidente, in vista della Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione del 2010 è indubbio che esso sia già sotto notevole pressione, particolarmente per le discussioni sull’Iran e la Corea del Nord. Quindi non potrebbe esserci momento meno appropriato per un paese per lanciare il messaggio che le armi nucleari sono fondamentali per la sicurezza di qualunque paese, per quanto siano inutili di fronte alle reali minacce con cui siamo confrontati, quali il cambiamento climatico e il terrorismo. Ebbene, questo è proprio quanto il governo britannico sta proponendo e, come abbiamo già sentito, domani a Westminster i deputati britannici voteranno se modernizzare il sistema di armamento nucleare Trident e se far entrare il Regno Unito e il resto del mondo in una nuova era nucleare e in una nuova corsa al riarmo nucleare.
Ai sensi del TNP bisognerebbe discutere di un calendario per lo smantellamento di queste armi immorali e illegali, e non per il loro ammodernamento. Invito tutti i gruppi in questo Parlamento a sostenere la risoluzione e gli emendamenti per incoraggiare i deputati britannici a votare domani contro la sostituzione del Trident e per onorare l’impegno assunto oltre 35 anni fa quando fu firmato il TNP.
Hubert Pirker (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, signor Presidente in carica del Consiglio, la minaccia nucleare è una realtà che purtroppo non scompare, anzi si sta acutizzando, come lei stesso ha confermato, signor Presidente in carica, menzionando i due punti caldi, l’Iran e la Corea del Nord.
Certamente è necessario iniziare fin d’ora a preparare per tempo la Conferenza di revisione, per fissare le nostre priorità come è debito, ma è addirittura più importante cercare di adottare, nell’immediato, misure che cementino la credibilità della comunità internazionale e dell’Unione europea in materia di applicazione e rispetto del Trattato di non proliferazione. La qualità di tale Trattato si misurerà con i successi che esso effettivamente otterrà. In questa fase, nel mio ruolo di presidente della delegazione del Parlamento europeo per le relazioni con la penisola coreana, vedo molto positivamente le opportunità di realizzazione di una simile strategia, proprio considerando la situazione in Corea del Nord e i contatti che abbiamo con la Corea del Sud e del Nord.
La nostra Unione europea, e in particolare il Parlamento, hanno contribuito alla ripresa dei colloqui a Sei, nel contesto dei quali siamo un partner gradito, non in quanto partecipanti ai colloqui a Sei ma in qualità di mediatori, di sostenitori esterni, e abbiamo fatto la nostra parte per ottenere la ripresa dei colloqui del 13 febbraio.
Sono cautamente ottimista. E’ in gioco la realizzazione del disarmo: abbiamo ricevuto un’assicurazione in tal senso ed è giunto il momento che la Corea del Nord passi ai fatti. Viceversa è altrettanto necessario che l’Unione si attivi per adottare misure che contribuiscano a favorire mutamenti politici in Corea del Nord, sostenendo, ad esempio, il programma per la sicurezza alimentare, regionale e delle persone, per arrivare a una penisola coreana denuclearizzata e dunque per eliminare la minaccia attuale anche nei confronti dell’Europa.
Ana Maria Gomes (PSE). – (PT) La futura Conferenza di Vienna è un’occasione per l’Unione europea di assumere la guida. La posizione europea dovrebbe basarsi su due idee essenziali: rafforzare l’Agenzia internazionale per l’energia atomica e fare pressioni perché sia rispettato l’articolo 6 del Trattato di non proliferazione nucleare. A tale riguardo, concordo che l’ammodernamento del Trident sia incompatibile con l’articolo 6 del TNP, e poiché riguarda il Regno Unito, riguarda anche l’Unione europea.
L’Unione europea deve sostenere l’approccio multilaterale in materia di arricchimento dell’uranio e deve garantire che tutti i paesi firmino il protocollo aggiuntivo all’accordo sul controllo di sicurezza. Ciò potrebbe prevenire ulteriori sfide come quelle poste dall’Iran.
Inoltre, l’UE deve fare tutto il possibile per garantire che i 13 passi per il disarmo definiti dal Comitato preparatorio (PrepCom) del 2000 siano realizzati quanto prima. Se l’Europa non si assumerà l’onere di mantenere l’equilibrio fondamentale su cui si basa il TNP, il PrepCom 2007 potrebbe segnare l’inizio della fine del Trattato.
Signor Presidente, in questo senso, il fatto che la Polonia, la Repubblica ceca e il Regno Unito stiano considerando unilateralmente di prendere parte al sistema di difesa missilistico degli Stati Uniti costituisce una minaccia scandalosa agli impegni europei.
Che senso ha avere l’Unione europea o addirittura la NATO, se non quello di discutere il futuro strategico dell’Europa?
Jana Hybášková (PPE-DE). – (CS) Signora Commissario, signor Presidente, alla fine del XX secolo si opponevano due scuole di pensiero in materia di sicurezza. La prima considerava che la minaccia principale per il mondo fossero gli effetti deleteri dell’elevata estrazione di petrolio sulla stabilità del Medio Oriente, la seconda i fattori ambientali e il cambiamento climatico. L’11 settembre e l’uragano Katrina hanno dimostrato che le fonti di pericolo coincidono: l’avidità energetica e il consumo smodato di energia. Garantire che il 20 per cento dell’energia che utilizziamo provenga da fonti rinnovabili non rappresenta la soluzione globale. L’unica soluzione per riuscire a fronteggiare entrambe le minacce, cioè ridurre le emissioni e la dipendenza dal Medio Oriente instabile, è l’energia nucleare. Prendiamo l’argomentazione dei Verdi, ormai datata, sulla pericolosità dell’energia nucleare. Non possiamo consentire loro di strumentalizzare la situazione in Iran e altrove per ricattarci con la scusa del possibile abuso dell’energia nucleare. Disponiamo soltanto di uno strumento di contrasto: il Trattato di non proliferazione nucleare.
Una conclusione positiva della Conferenza del 2010 sarà la definizione di misure chiave in materia di sicurezza. Dal nostro punto di vista le questioni centrali sono le seguenti: l’arricchimento e il ritrattamento dell’uranio ai sensi dell’articolo 4, incluse le discussioni sui centri di distribuzione regionali di combustibile nucleare; secondo, la necessità di trovare una soluzione al ritiro non autorizzato a norma dell’articolo 10 del Trattato. Pertanto chiediamo al Consiglio e alla Commissione di porsi alla guida dei negoziati nella riunione preparatoria di Vienna e di contribuire significativamente all’esito positivo della Conferenza nel 2010. Al contempo vi esortiamo a riferire in merito all’attuazione dei 43 punti derivanti dalla posizione comune del Consiglio, già legata all’insuccesso del negoziato sul Trattato nel 2005. Altrettanto chiaramente invitiamo gli Stati membri a rispettare alla lettera le risoluzioni pertinenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in relazione al TNP, incluse quelle riguardanti le operazioni bancarie e le imprese in alcuni paesi dell’Europa meridionale. Signora Commissario, mi consenta un’ultima considerazione. E’ necessario iniziare a cercare il modo di invitare Israele al negoziato sulla revisione del TNP. La invito a consultarci e a collaborare con noi.
Bogdan Klich (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, sono anni ormai che conviviamo con la minaccia della proliferazione delle armi di distruzione di massa. Negli ultimi tempi ne siamo divenuti ancora più consapevoli a causa del pericolo che il materiale fissile e le armi chimiche o biologiche possano cadere nelle mani dei terroristi.
Tale timore si è tradotto nei documenti strategici elaborati dall’Unione europea come pure dalle altre organizzazioni internazionali. In particolare, desidero attirare l’attenzione sull’orientamento adottato dalla NATO alla fine dell’anno scorso, il documento Comprehensive Political Guidance. Le aspirazioni nucleari di alcuni paesi, segnatamente la Corea del Nord e l’Iran, hanno altresì suscitato la nostra preoccupazione, come precedentemente indicato. Siamo lieti di prendere atto che alcuni progressi sono stati compiuti nei negoziati multilaterali con la Corea del Nord e ci rammarichiamo dello stallo nei negoziati con l’Iran.
Apparentemente sono quattro le condizioni che devono essere rispettate per superare la gravissima minaccia posta dalla proliferazione. Primo, l’attuale regime di non proliferazione nel quadro del Trattato di non proliferazione deve essere mantenuto, se non addirittura esteso nel 2010 in occasione della Conferenza di revisione. Appoggio l’invito agli Stati membri dell’Unione europea a parlare con una sola voce alla Conferenza. Sono necessari determinazione e coesione di approccio da parte loro.
Secondo, è importante che l’alleanza tra Europa e Stati Uniti continui a combattere il terrorismo in modo coerente.
Terzo, è importante che i negoziati con la Corea del Nord si rivelino efficaci e mantenere l’approccio diplomatico nei confronti dell’Iran.
Quarto, contrariamente alle opinioni di alcuni deputati della sinistra, è importante creare uno scudo antimissile che difenda non soltanto gli Stati Uniti ma anche i loro alleati dagli attacchi missilistici strategici. E’ importante che tale scudo disponga di un sistema interoperativo di protezione contro i missili a breve e media gittata e che il sistema sia comune.
Pertanto il progetto TBMD della NATO, che deve essere completato entro il 2010, è di importanza cruciale.
PRESIDENZA DELL’ON. PAN MAREK SIWIEC Vicepresidente
Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signor Presidente, Commissario Ferrero-Waldner, onorevoli parlamentari, desidero esprimervi la mia grande gratitudine per il vostro sostegno, che dimostra il nostro sostanziale accordo su tanti punti. Partendo dalla situazione attuale, dobbiamo accingerci con maggiore energia a definire, in questa fase preparatoria, una posizione comune sui punti riguardo ai quali nel 2005 abbiamo registrato una battuta d’arresto. Vorrei esplicitare una convinzione: non vi è dubbio che il Trattato di non proliferazione nucleare sia sotto pressione da più parti; tuttavia – se siamo seri nei nostri proponimenti e abbiamo concordato sulla posizione comune del 2005 – esso costituisce la base sulla quale possiamo e dobbiamo fondarci nella Conferenza preparatoria attuale.
Desidero porre espressamente in rilievo un’osservazione formulata da molti di voi, anche dall’onorevole Schulz, e cioè quanto sia importante dare risalto l’approccio multilaterale. In effetti, sappiamo per esperienza che l’unilateralismo non aiuta a progredire, che ci vuole un approccio multilaterale. Quanto più lo chiediamo, tanto più è necessario, anche all’interno dell’Unione europea, sostenere una posizione comune per progredire sulla questione.
Proprio in relazione all’Iran, la strada indicata dall’Unione europea è quella corretta, sia politicamente sia diplomaticamente, e l’offerta che il Consiglio ha confermato ancora una volta qualche settimana fa è quella giusta, anche se alcuni stanno dando segni di impazienza, come se ci fossero tante alternative. Abbiamo le due cose: una risoluzione sulla sicurezza corredata dalle sanzioni del caso, ma allo stesso tempo la porta per i negoziati con l’Iran è rimasta ancora aperta.
Sottolineo nuovamente quanto ho riferito all’inizio sulla non proliferazione e il disarmo. Questo tema deve rimanere all’ordine del giorno, nell’interesse dell’utilizzo pacifico dell’energia nucleare, anche se possono in parte variare i pareri in merito a come minimizzare i rischi.
E’ importante ottenere sostegno dal Parlamento europeo per le discussioni certamente non facili che ci attendono. In ordine allo scambio di informazioni e alla cooperazione tra Consiglio e Parlamento, a nome della Presidenza posso formulare l’offerta di riferire, in primo luogo, alla commissione competente dopo la prima riunione della Conferenza preparatoria e, in secondo luogo, di presentare una relazione sui progressi in merito ai 43 punti contenuti nella precedente risoluzione, quali sono stati realizzati e quali no.
Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, è stata una discussione molto utile in una situazione difficile. Ci riserviamo di studiare con molta attenzione le vostre raccomandazioni, perché la Conferenza preparatoria di Vienna ci offre un’importante occasione di preparare meglio la Conferenza del 2010 e quindi, si spera, di compensare la Conferenza molto difficoltosa del 2005.
Siamo consapevoli che la serietà e la gravità della situazione in materia di non proliferazione vanno ben oltre quanto è comunemente noto ai nostri cittadini. Dai recenti sondaggi di Eurobarometro emerge che i cittadini auspicano un’azione positiva. Concordo con gli onorevoli Zappalà e Neyts-Uyttebroeck quando sostengono che l’accordo sull’importanza del legame tra armi di distruzione di massa, proliferazione e terrorismo è necessario. Occorre sottolinearlo nella strategia europea per la sicurezza, come, di fatto, avviene, ma ora dobbiamo attuarla nel modo corretto.
Sono altresì convinta che gli sforzi del Parlamento europeo per promuovere la coerenza e un’azione comune maggiore siano assolutamente cruciali. Tutti hanno detto che anche parlare con una sola voce è decisivo. Pertanto la Commissione ha bisogno del vostro prezioso sostegno per massimizzare l’impatto in relazione all’obiettivo comune. Certamente contribuiremo al lavoro che sarà svolto a Vienna perché ciò consoliderà la nostra credibilità, come molti hanno sostenuto.
Desidero inoltre ringraziare l’onorevole Pirker e la delegazione del Parlamento, in particolare in relazione alla Corea del Nord. Sono d’accordo che la Corea del Nord sia importante non soltanto per se stessa ma anche come possibile finestra di opportunità per il progresso altrove. Tuttavia, siamo determinati a non cedere fintanto che sarà possibile.
Sulle prime pagine vediamo che le questioni relative alla non proliferazione sono riferite prevalentemente a singoli paesi. Tuttavia, non dobbiamo perdere di vista, come ha affermato l’onorevole Schulz, l’importanza del problema del sistema internazionale nel suo insieme rispetto all’approccio multilaterale e all’efficacia.
I quattro principi più importanti che dovremmo cercare di promuovere nuovamente alla Conferenza preparatoria e poi alla Conferenza di revisione sono i seguenti. Primo, la questione dei paesi non parte del Trattato. Credo che siano tre i paesi che fino ad oggi si sono rifiutati di aderire al Trattato: cerchiamo di farli entrare. Secondo, in merito ai recessi del gennaio 2003, la Repubblica democratica popolare di Corea, il primo Stato a farlo, aveva annunciato l’intenzione di ritirarsi dal TNP. Alcuni Stati ritengono che la Repubblica democratica popolare di Corea sia ancora legalmente vincolata al Trattato e non abbia seguito le procedure legali corrette per il ritiro. Cerchiamo di affrontare la questione dei paesi non ottemperanti. Alcuni paesi che hanno aderito al NNWS (Non Nuclear Weapon State), tuttavia, hanno cercato di acquisire armi nucleari in passato e tale problema va affrontato.
Infine, la questione della buona fede. E’ stato ampiamente ribadito che la gran parte dei paesi dotati di armi nucleari non hanno fatto abbastanza per progredire verso l’obiettivo del disarmo nucleare – articolo 6. Credo che questa dovrebbe essere l’ossatura della nostra argomentazione alle conferenze di revisione quinquennali. Ci rendiamo altresì conto che è necessaria un’ampia base di consenso, e tutti i grandi paesi, come la Russia e la Cina, dovrebbero essere inclusi in tale dialogo.
Presidente. – Comunico d’aver ricevuto 6 proposte di risoluzione(1) ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2 del Regolamento.
La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà mercoledì, alle 12.30.
Dichiarazione scritta (articolo 142 del Regolamento)
Glyn Ford (PSE). – (EN) Credo che questa discussione sia importante. La proliferazione di armi nucleari rende il mondo meno sicuro, non più sicuro. Che si tratti di Israele, dell’India, del Pakistan o della Corea del Nord, dovremmo fare pressioni su questi paesi perché aderiscano al Trattato di non proliferazione. Tuttavia, dovremmo ricordare che i negoziati TNP non riguardano soltanto la sospensione della diffusione di armi nucleari, bensì anche la riduzione e l’eliminazione delle capacità da parte delle potenze nucleari del mondo. Il primo aspetto riceve maggiore attenzione rispetto al secondo.
L’emendamento socialista che condanna lo scudo antimissile americano è più che mai appropriato. Come abbiamo visto nell’Asia nordorientale con lo spiegamento da parte giapponese della difesa missilistica di teatro e della difesa ad alta quota di teatro, questi sistemi abilitano tecnologie offensive per la dottrina della deterrenza preventiva dell’amministrazione Bush. Con il posizionamento di tali sistemi di armamento, gli Stati Uniti potranno lanciare un attacco a paesi con poche testate nucleari e difendersi da eventuali missili orfani andati persi nell’attacco iniziale.
Voterò a favore anche dell’emendamento n. 1 dei Verdi. Non sono favorevole all’abolizione unilaterale della flotta Trident britannica, ma non sono assolutamente convinto che sia necessario ammodernarla in questa fase.
13. Strutture di accoglienza per l’infanzia (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulle strutture di accoglienza per l’infanzia.
Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, il principio informatore del programma della nostra Presidenza nell’ambito della politica sociale è “cogliere il cambiamento demografico come un’opportunità e promuovere le pari opportunità per tutti sul luogo di lavoro e nella società”, perché il cambiamento demografico è un fatto innegabile e ha un’importanza fondamentale per tutti gli Stati membri dell’Unione.
Possiamo tuttavia invertire questa tendenza demografica, adoperandoci per creare le giuste condizioni in cui le persone possano realmente avere il numero di figli che desiderano, ma una condizione essenziale perché le persone possano procurarsi da vivere è la compatibilità tra vita familiare e vita professionale.
Il ritorno al lavoro dopo un congedo familiare deve essere agevolato, così come l’attività lavorativa parallela alla cura dei figli per entrambi i genitori, perché uno studio comparativo europeo rivela che, nei paesi che offrono una scelta di servizi ben sviluppati di assistenza all’infanzia, la percentuale di donne che svolgono un’attività lavorativa in generale è maggiore, in particolare di madri che hanno più di un figlio cui badare.
Si registra inoltre un tasso di natalità particolarmente basso nei paesi in cui relativamente poche donne svolgono un’attività lavorativa, mentre le donne con qualifiche elevate rinviano a lungo la nascita del primo figlio o rinunciano del tutto ad averne. Se l’orario di lavoro degli uomini in media aumenta in funzione del numero dei figli, le donne madri riducono il loro orario di lavoro. Per questo motivo, a livello di Stati membri, dobbiamo cercare di creare presupposti che permettano di migliorare la parità tra donne e uomini sul lavoro e garantire condizioni favorevoli a tal fine.
Proprio perché vi è grande bisogno di un’azione in questo campo, la Presidenza tedesca è stata la prima, dal 2002, a includere tra le sue priorità l’assistenza all’infanzia. Un passo importante verso una migliore offerta di strutture di assistenza all’infanzia era stato compiuto già nel 2002, quando i capi di Stato e di governo, al Consiglio europeo di Barcellona, decisero che gli Stati membri avrebbero dovuto garantire un livello minimo di offerta, cioè fornire entro il 2010 un’assistenza all’infanzia per almeno il 90 per cento dei bambini di età compresa fra 3 anni e l’età dell’obbligo scolastico e per almeno un terzo dei bambini di età inferiore a 3 anni. Questo obiettivo è stato incorporato, nel 2003, nella strategia europea per l’occupazione e quindi ribadito negli orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione (2005–2008).
In alcuni paesi queste quote sono già state superate, a volte in larga misura. Per esempio, circa sette Stati membri hanno conseguito o superato la quota del 33 per cento fissata per i servizi di assistenza all’infanzia per i bambini di età inferiore a 3 anni, ed è già evidente che non solo gli altri Stati membri sono ritardo, ma in alcuni di essi il livello di offerta è vistosamente basso. La proporzione è analoga tra gli Stati membri che superano o che non raggiungono l’obiettivo di Barcellona del 90 per cento per i bambini di età compresa fra 3 anni e l’età dell’obbligo scolastico.
Ciò significa che molti Stati membri devono assolutamente intensificare gli sforzi per conseguire gli obiettivi fissati a Barcellona. La relazione comune sull’occupazione 2006/2007, che il Consiglio ha adottato il 22 febbraio – solo poche settimane fa –, approfondisce questo aspetto ed è inequivocabilmente critica riguardo ai lenti progressi realizzati nel campo dell’assistenza all’infanzia. Gli scarsi progressi compiuti in questo ambito possono anche incidere negativamente su un altro obiettivo comune nel quadro della strategia europea per l’occupazione, cioè quello di aumentare il tasso di occupazione delle donne nell’Unione ad almeno il 60 per cento.
E’ quindi altamente significativo che il Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo abbia confermato la creazione di un’Alleanza europea per la famiglia, che darà nuovo slancio al conseguimento degli obiettivi fissati per l’assistenza all’infanzia e l’occupazione femminile, e sarà oggetto di discussione al Consiglio EPSCO il 30 maggio di quest’anno.
L’Alleanza europea per la famiglia contribuisce a migliorare le condizioni di vita favorevoli alla famiglia nell’Unione europea e offre una piattaforma per lo scambio di opinioni e informazioni tra gli Stati membri. E’ strettamente legata alla reale applicazione della parità, perché un migliore equilibrio tra la vita familiare e professionale contribuisce a migliorare le pari opportunità nel mondo del lavoro.
E’ stato inoltre dimostrato che, se adottiamo una linea coerente nel cercare di migliorare le condizioni per i giovani genitori, sviluppare l’assistenza all’infanzia e l’educazione nei primi anni di vita, mettere a punto – con il settore economico – strutture di lavoro sistematicamente favorevoli alla famiglia, otterremo un effetto positivo proprio nel periodo che promette di essere particolarmente problematico sotto il profilo demografico ed economico, cioè tra il 2020 e il 2030.
La questione della compatibilità tra vita familiare e professionale, tuttavia, non è una sfida solo per lo Stato, ma anche per le imprese. I bambini sono il nostro futuro: sono i lavoratori, i consumatori e i genitori di domani. La presa in considerazione dei problemi familiari deve far parte della strategia aziendale e della cultura imprenditoriale. Orari di lavoro flessibili e modelli di lavoro a tempo parziale – sia per le madri sia per i padri – devono diventare ovunque la norma. Al riguardo, sarebbe utile che le imprese comprendessero che tenere conto dei problemi familiari è proficuo anche in termini economici, perché le madri e i padri possono concentrarsi seriamente sul loro lavoro soltanto se sanno che durante il giorno i loro figli sono seguiti in modo adeguato.
Un atteggiamento favorevole alla famiglia sul luogo di lavoro è anche vantaggioso per lo Stato e per gli enti previdenziali, perché quanto più alto è il numero di madri e padri in grado di guadagnarsi da vivere tanto più alto è il livello di imposte e contributi sociali versati.
Ciò che mi sta a cuore, tuttavia, al di là di questo discorso sullo Stato e sull’economia, è non perdere di vista i bambini. Il loro benessere dovrebbe essere al centro dell’attenzione in Europa. I bambini hanno bisogno di strutture di alta qualità per acquisire competenze cognitive e sociali. Una buona assistenza diurna, stimolante per i bambini, è un complemento importante, necessario e prezioso alla loro educazione nel contesto familiare, ed è ciò che i genitori vogliono. Non dobbiamo accontentarci di servizi “light”.
Un altro motivo per cui ciò è importante è che, in molti Stati, la realtà è che non tutti gli interessi dei bambini sono incoraggiati al meglio all’interno della famiglia e molti bambini crescono senza fratelli o sorelle. Questi bambini trovano negli asili nido e nelle scuole materne un luogo sicuro, relazioni stabili e stimoli diversi per l’apprendimento della lingua e di altre competenze. Gli studi condotti in tutto il mondo dimostrano che i bambini traggono benefici dal sostegno e dall’educazione che ricevono nelle strutture di assistenza all’infanzia o da una persona che li segue durante il giorno.
Sono certo che, con il vostro sostegno, riusciremo a ottenere nuovo slancio negli ambiti che ho menzionato e che sia stato avviato un dibattito importante nell’Unione europea.
Vladimír Špidla, Membro della Commissione. – (CS) Signor Presidente, onorevoli deputati, sono passati cinque anni da quando il Consiglio europeo ha fissato obiettivi per l’offerta di servizi di assistenza ai bambini in età prescolastica, nel contesto della strategia europea per l’occupazione. Nel marzo 2002, il Consiglio europeo di Barcellona ha deciso che gli Stati membri avrebbero dovuto sforzarsi per fornire, entro il 2010, un’assistenza all’infanzia per almeno il 90 per cento dei bambini di età compresa fra 3 anni e l’età dell’obbligo scolastico e per almeno il 33 per cento dei bambini di età inferiore a 3 anni, al fine di rimuovere i disincentivi all’occupazione femminile.
Il Consiglio europeo ha ribadito la necessità di conseguire questi obiettivi nel patto europeo per la parità di genere, adottato nel marzo 2006. Tali obiettivi sono però ben lontani dall’essere conseguiti. L’offerta di servizi di assistenza all’infanzia accessibili, economici e di qualità è fondamentale perché l’Europa possa rispettare i suoi programmi per la crescita, l’occupazione e l’uguaglianza di genere. L’assistenza all’infanzia è necessaria per liberare il potenziale produttivo della forza lavoro europea. Permette alle donne e agli uomini con figli piccoli di trovare e mantenere un’occupazione retribuita e al tempo stesso migliora la qualità della loro vita. Elimina un grande ostacolo che limita la libera scelta degli individui di conciliare la vita professionale e familiare. Offre inoltre ai bambini un ottimo inizio nella vita.
Servizi di assistenza all’infanzia accessibili, economici e di alta qualità sono una condizione essenziale per conseguire un’autentica uguaglianza di genere. Le donne continuano ad assumersi gran parte delle responsabilità per la cura dei figli. Al tempo stesso, esse subiscono le disparità di genere che permangono sul luogo di lavoro, nella disoccupazione e nella retribuzione. L’offerta di servizi di assistenza all’infanzia adeguati e ampiamente accessibili contribuisce a garantire l’indipendenza economica delle donne. Offre anche ai genitori singoli, in gran parte donne, la possibilità di migliorare le loro condizioni di vita. L’assistenza all’infanzia contribuisce inoltre a far fronte alla sfida demografica dovuta al calo del tasso di natalità, sostenendo le scelte individuali delle donne e degli uomini, tra cui la decisione relativa al numero di figli che desiderano avere. Se si forniscono servizi di assistenza all’infanzia accessibili, economici e di qualità, avere un maggior numero di figli non ostacolerà la partecipazione al mercato del lavoro.
La Commissione si è impegnata a sostenere la realizzazione degli obiettivi di Barcellona. Nella tabella di marcia dello scorso anno per conseguire la parità fra le donne e gli uomini nel periodo 2006–2010, la Commissione si è impegnata a sostenere il conseguimento degli obiettivi di Barcellona riguardanti le strutture di assistenza all’infanzia e lo sviluppo di altre strutture sanitarie tramite i Fondi strutturali e lo scambio di buone pratiche. Le norme attuali che disciplinano i Fondi strutturali permettono già questo impiego. In tale contesto, la Commissione ha rilevato che i servizi e le strutture si adattano troppo lentamente a una situazione in cui sia le donne sia gli uomini lavorano e in cui le donne continuano a essere considerate le principali responsabili della cura dei figli e di altre persone dipendenti.
L’attuazione degli obiettivi di Barcellona è verificata nel quadro dell’agenda di Lisbona per la crescita e l’occupazione. Nella relazione annuale sullo stato di avanzamento, pubblicata in dicembre, si rileva che, sebbene negli Stati membri si siano compiuti alcuni progressi nello sviluppo di strutture di assistenza all’infanzia, l’attuazione degli obiettivi di Barcellona rimane lenta. La Commissione ha quindi invitato gli Stati membri a concentrarsi nel 2007 sul tema: “rafforzare la disponibilità di assistenza ai bambini di qualità e renderla finanziariamente accessibile, in funzione dei loro obiettivi nazionali”.
Nella relazione annuale sulla parità tra uomini e donne per il 2006, pubblicata il mese scorso, la Commissione ha rilevato che gli Stati membri devono intensificare gli sforzi per realizzare gli obiettivi di Barcellona e sostenere lo sviluppo di servizi di assistenza per le persone anziane e disabili. Ha inoltre dato risalto all’aspetto qualitativo dell’assistenza all’infanzia e al fatto che per le famiglie in cui i genitori lavorano a tempo pieno sono necessari orari di apertura adeguati e flessibilità.
La Commissione accoglie con favore la creazione di un’Alleanza per la famiglia, annunciata nelle conclusioni del Consiglio europeo. L’Alleanza per la famiglia offrirà una piattaforma per lo scambio di opinioni e conoscenze sulle politiche favorevoli alla famiglia, nonché di buone prassi tra gli Stati membri. La Commissione ha inoltre invitato gli Stati membri a fare pieno ricorso al potenziale offerto dalla politica di coesione per sostenere la promozione della parità tra donne e uomini, compreso il miglioramento dell’accesso a servizi di assistenza all’infanzia economicamente sostenibili, tramite programmi cofinanziati dai Fondi strutturali.
La Commissione ritiene che l’assistenza all’infanzia debba essere considerata un elemento essenziale di una strategia completa volta a conciliare la vita professionale e familiare. Gli uomini devono essere incoraggiati a condividere equamente le responsabilità familiari, in particolare incentivandoli a fruire di congedi e sviluppando modelli di lavoro innovativi e adattabili. Occorre affrontare anche la necessità di servizi di assistenza per i bambini in età scolastica e altre persone dipendenti. Sono lieto di annunciare oggi che intendo presentare, nel 2008, una comunicazione sull’assistenza all’infanzia nella quale farò proposte concrete volte ad aumentare la disponibilità, la qualità e l’accessibilità dei servizi di assistenza all’infanzia. Riteniamo che ciò fornirà agli Stati membri uno stimolo importante per la realizzazione degli obiettivi di Barcellona.
Marie Panayotopoulos-Cassiotou, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signor Presidente, mi compiaccio dell’impegno assunto dalla Commissione e dal Consiglio al fine di promuovere una migliore conciliazione tra la vita familiare e professionale e aumentare l’offerta di servizi di assistenza all’infanzia a prezzi accessibili.
Tuttavia, non posso nascondere la mia delusione riguardo ai risultati molto incerti ottenuti in seguito al Consiglio di Barcellona del 2002. Come ha concluso lo studio della Direzione generale “Occupazione” nel settembre 2005, il numero insufficiente di strutture di assistenza a prezzi accessibili costituisce non solo un ostacolo all’integrazione economica e sociale delle famiglie economicamente svantaggiate, ma anche e soprattutto un notevole freno all’equa partecipazione delle donne e degli uomini al mercato del lavoro e a una condivisione equilibrata dei compiti tra le donne e gli uomini nella vita familiare.
Risulta da un numero enorme di studi che gli europei non possono avere figli come vorrebbero o avere tanti figli quanti vorrebbero. Inoltre, alla luce dell’evoluzione delle esigenze e delle necessità del mercato del lavoro, gli Stati membri dovrebbero promuovere una maggiore flessibilità e una maggiore diversità dei servizi di assistenza, al fine di offrire un più ampio ventaglio di scelte e di rispondere alle preferenze, ai bisogni e alle circostanze specifiche dei genitori e delle famiglie. Vi sono persone che desiderano prendersi cura esse stesse dei propri figli; non possiamo deluderle o penalizzarle, perché esse contribuiscono a mantenere la coesione sociale del tessuto familiare.
Per quanto riguarda gli uomini e le donne che si occupano in modo permanente o provvisorio di persone dipendenti, essi devono godere di uno statuto riconosciuto, che conferisca loro, tra l’altro, diritti previdenziali e pensionistici e, come quelli che svolgono un’attività lavorativa retribuita, dovrebbero poter beneficiare della formazione lungo tutto l’arco della vita, in modo da poter rispondere alle esigenze del mercato del lavoro.
Jan Andersson, a nome del gruppo PSE. – (SV) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, come è appena stato ricordato, il Vertice di Barcellona ha fissato obiettivi ambiziosi per quanto riguarda lo sviluppo dell’assistenza all’infanzia. Alcuni paesi li hanno già realizzati. Altri paesi invece sono ancora lontani dal realizzarli, il che è insoddisfacente. Perché l’assistenza all’infanzia è importante? E’ importante per le famiglie, in termini di possibilità di conciliare la vita familiare e professionale. E’ importante in termini di uguaglianza di genere, perché tradizionalmente sono sempre state le donne ad assumersi la responsabilità della cura dei bambini e quindi a rimanere escluse dal mercato del lavoro. Ed è importante per i bambini avere accesso a servizi di assistenza di alta qualità, quale fase importante del loro percorso, per esempio verso la scuola e il mondo adulto.
E’ anche importante per l’occupazione e la crescita, in quanto, se esaminiamo i paesi che hanno realizzato buoni progressi nello sviluppo dell’assistenza all’infanzia, riscontriamo che essi hanno anche alti livelli di occupazione, compresa l’occupazione femminile, e quindi tassi di crescita più elevati. Alla luce dell’evoluzione demografica, constatiamo la necessità di inserire le donne – ma di fatto tutti – nel mercato del lavoro.
Il metodo che abbiamo adottato è quello delle buone prassi. Molte decisioni sono prese negli Stati membri, a livello locale e regionale. Devo dire, tuttavia, di essere molto soddisfatto che il dibattito si sia allargato. Seguo, per esempio, il dibattito in Germania, che è estremamente vivace, più di quanto lo sia mai stato in passato. E’ importante condurre questo dibattito nei nostri Stati membri e comprendere la necessità di servizi di assistenza all’infanzia, in modo da poterne promuovere lo sviluppo.
Vorrei ringraziare la Presidenza tedesca per avermi invitato, in veste di relatore per la commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, alla riunione informale che si svolgerà in maggio, durante la quale si discuteranno questi temi. Sono lieto di accettare l’invito. Ci auguriamo di riuscire a compiere progressi nello sviluppo dell’assistenza all’infanzia, non solo per il bene dei bambini e delle famiglie ma anche nell’interesse dell’occupazione.
Hannu Takkula, a nome del gruppo ALDE. – (FI) Signor Presidente, accolgo con grande favore questa iniziativa per la famiglia e l’assistenza all’infanzia. I bambini e i giovani sono il bene più prezioso che abbiamo per il futuro. Dobbiamo prendere decisioni che permettano loro di vivere una vita piena e sicura, e tali decisioni devono essere prese ora.
Mi considero privilegiato, perché, quando i miei figli erano piccoli, sono stato un uomo di casa in Finlandia per cinque anni. Nella nostra società, si poteva scegliere di rimanere a casa, ed è possibile farlo tutt’oggi. Posso quindi dichiarare che, guardando al passato, i cinque anni che ho trascorso da uomo di casa a prendermi cura di due bambini sono stati, senza dubbio, tra i migliori anni della mia vita.
Mi sembra che oggi, quando si parla di genitori, si sia ancora tradizionalmente tentati di attribuire l’onere della responsabilità unicamente alle madri e alle donne. Essere genitori significa che anche i padri devono assumersi la piena responsabilità dei propri figli. Dobbiamo anche garantire la possibilità di conciliare la vita professionale e familiare, in modo che le famiglie possano scegliere quale genitore debba andare a lavorare, se non possono farlo entrambi. D’altro canto, dobbiamo sviluppare forme di custodia diurna in modo che i bambini ricevano un’assistenza di alta qualità, se entrambi i genitori svolgono un’attività lavorativa retribuita.
L’infanzia è un periodo importante, come dimostrano i dati della ricerca. I primi quattro o cinque anni di vita di un bambino incidono sul resto della sua vita. Le decisioni prese nei suoi confronti, l’assistenza e l’amore che riceve e la sicurezza che sente di avere durante l’infanzia si ripercuotono sull’intera vita di una persona.
Sono quindi favorevole a questi obiettivi, volti a creare migliori condizioni per le famiglie e per i bambini. Mi auguro che si otterranno risultati concreti e che non rimangano soltanto obiettivi.
Marcin Libicki, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, vorrei segnalare a lei, ai rappresentanti della Commissione e del Consiglio e a tutti i presenti in Aula che la situazione demografica dell’Europa non migliorerà se i politici non si prenderanno veramente a cuore gli interessi dei bambini.
Ciò può accadere realmente soltanto se si conferiscono ai bambini diritti politici. Mi riferisco a diritti di voto per i bambini, diritti concessi ai bambini e affidati ai loro tutori legali, cioè i genitori.
Un tentativo in tal senso è già stato compiuto in seno al Parlamento tedesco, il Bundestag. Il Bundestag ha discusso un progetto di legge volto a concedere diritti di voto ai bambini sin dalla nascita. I diritti sarebbero conferiti ai genitori dei bambini e ai tutori legali. Naturalmente, ciò richiederebbe significative modifiche giuridiche, ma sembra che potrebbe contribuire a riequilibrare la situazione demografica in Europa meglio delle disposizioni giuridiche attuali.
Purtroppo, a causa delle modifiche, il progetto di legge è stato respinto durante il dibattito in seno al Bundestag, anche se era appoggiato da molti politici di spicco e sostenuto dalla commissione competente. Volevo solo segnalare questo fatto.
Eva-Britt Svensson, a nome del gruppo GUE/NGL. – (SV) Signor Presidente, il motivo più importante per garantire la parità tra le donne e gli uomini è conferire alle donne il diritto e la possibilità di essere economicamente indipendenti. Significa concedere loro non solo il diritto ma anche la possibilità di lavorare, rendendo disponibili servizi di assistenza all’infanzia di alta qualità. Se la società non aiuta tutti i bambini ad avere accesso a una buona assistenza, a costi accessibili per i genitori, e non si assume la responsabilità di promuovere questo tipo di situazione, le donne saranno costrette a fare assegnamento su altri per il loro mantenimento. Come la Presidenza, vorrei tuttavia evidenziare i diritti dei bambini e la prospettiva del bambino in questo contesto.
E’ incredibilmente importante per i bambini poter frequentare altri bambini, incontrare e trascorrere tempo con adulti diversi dai loro genitori e avere accesso alle esperienze educative necessarie per il loro sviluppo. I bambini che hanno la possibilità di fruire di servizi di assistenza, in cui incontrano sia altri bambini sia adulti con la qualifica di educatori, hanno una migliore base di partenza e accrescono le loro competenze sociali. Una buona assistenza all’infanzia è quindi tanto importante per i bambini quanto per l’uguaglianza di genere e la crescita economica. Ritengo sia ora che le Istituzioni dell’Unione e, soprattutto, gli Stati membri dedichino almeno altrettanto impegno ai diritti dei bambini di quello che hanno finora dedicato al mercato interno dei prodotti e dei servizi. Altrimenti, non conseguiremo nemmeno gli obiettivi di Barcellona.
Kathy Sinnott, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Commissario, faccio grande assegnamento sull’assistenza all’infanzia e sull’assistenza specifica agli adulti per poter essere qui e contribuire alla discussione di oggi.
E’ importante per una donna avere il diritto di intraprendere una carriera professionale se lo desidera, e un’assistenza all’infanzia adeguata a prezzi accessibili è essenziale per garantirlo. Tuttavia, avendo lavorato in casa e cresciuto una grande famiglia, sono consapevole del ruolo importante che ho svolto nello sviluppo dei miei figli. Mi considero fortunata di aver potuto rimanere a casa con i miei figli e considero i miei figli fortunati di avermi avuta con loro.
Su che cosa verte la discussione? E’ importante essere onesti. La discussione riguarda i bambini? Stamattina è nato il mio primo nipote. Se potessimo chiedere a lui, direbbe che preferirebbe essere affidato alle cure della sua mamma. La discussione riguarda la possibilità di scelta delle donne? Se è così, dovremmo, da un lato, sostenere finanziariamente l’assistenza all’infanzia e condizioni di lavoro flessibili per le madri che scelgono di lavorare e, dall’altro lato, sostenere finanziariamente le madri che scelgono di lavorare a casa, prendendosi cura dei figli.
Se la discussione riguarda l’economia dell’Unione europea, fornire in tempi brevi un sistema completo di assistenza all’infanzia e una legislazione che di fatto inserisca le donne nel mondo del lavoro, che vogliano entrarci o meno, ha senso. Tuttavia, a lungo termine, considerata la situazione demografica dell’Unione e la complessità dello sviluppo dei bambini, incanalare la grande maggioranza delle madri verso il mondo del lavoro durante i primi anni di vita dei loro figli è una politica della quale sono convinta che prima o poi ci pentiremo.
Presidente. – Sono sicuro che il Parlamento europeo desidera unirsi a me nelle congratulazioni per la nascita oggi di suo nipote.
Irena Belohorská (NI). – (SK) Il problema di inserire i bambini in età prescolastica in strutture di assistenza è strettamente legato alla questione che abbiamo discusso ieri sera in seno al Parlamento, cioè l’uguaglianza di genere e le pari opportunità.
Oltre a desiderare di essere un partner di pari livello sul lavoro, una donna vuole anche diventare madre. L’assistenza inadeguata che lo Stato offre per i bambini in età prescolastica è uno dei motivi per cui le donne hanno meno possibilità di svolgere ruoli a livello decisionale. Per questo motivo, al Vertice europeo di Barcellona del 2002 sono stati fissati obiettivi specifici. E’ stato previsto che, entro il 2010, tutti gli Stati membri dell’Unione dovranno garantire un’assistenza all’infanzia per almeno il 90 per cento dei bambini di età compresa fra 3 e 6 anni e per il 33 per cento dei bambini di età inferiore a 3 anni. E’ risaputo che a questa età i bambini crescono e si sviluppano in modo particolarmente rapido ed è quindi essenziale fare il miglior uso possibile di questo periodo per prepararli non solo alla scuola, ma anche alla vita.
La realizzazione di questi obiettivi agevolerà l’integrazione sociale dei bambini appartenenti a gruppi sociali problematici. Lo Stato deve far sì che i bambini di ogni classe sociale abbiano pari opportunità di beneficiare di una formazione di base alla vita e garantire che questa possibilità non sia determinata dalla ricchezza dei loro genitori. Di fronte al calo dei tassi di natalità in Europa e a statistiche demografiche infauste, dovremmo riflettere sul perché le giovani famiglie non sono motivate ad avere figli. Saremo tutti d’accordo sul fatto che una combinazione di brevi congedi di maternità, presi immediatamente dopo la nascita di un figlio e seguiti da lavoro a tempo parziale, e strutture di assistenza all’infanzia di alta qualità sia il mix più efficace possibile. In tal modo, si creeranno le condizioni per la crescita sana della giovane generazione e per la realizzazione delle ambizioni dei loro genitori.
Edit Bauer (PPE-DE). – (SK) Sono sinceramente soddisfatta delle dichiarazioni della Commissione europea e del Consiglio, che richiamano l’attenzione degli Stati membri sugli obblighi assunti nel 2002 a Barcellona, perché non abbiamo più molto tempo per realizzarli.
Come abbiamo appreso, nemmeno un quarto degli Stati membri ha conseguito gli obiettivi. Se in diversi Stati membri la situazione sembra essere varia, in molti nuovi Stati membri sta peggiorando anziché migliorare. Sarebbe una vera vergogna se dovessimo continuare a sprecare tempo e dichiarare nel 2010 che gli obiettivi erano illusori e irraggiungibili, in quanto non vi sono scuse per la mancanza di preparazione, e in questo caso specifico il tempo non perdona.
Senza dubbio, l’offerta di servizi di assistenza all’infanzia adeguati è una delle condizioni fondamentali per migliorare l’equilibrio tra lavoro e vita privata. Sono convinta che non si possa aumentare l’occupazione delle donne e diminuire la disoccupazione tra i giovani, che è davvero molto elevata, senza creare le condizioni per un’adeguata assistenza all’infanzia e anche ad altri membri dipendenti della famiglia.
E’ altresì ragionevole esigere che tali servizi siano adattati a modelli di lavoro più flessibili e siano più adeguati alle nuove esigenze e alle mutevoli condizioni. Potrebbe essere utile valutare se questo ambito non debba essere incluso nel concetto di flessicurezza, perché, senza flessibilità e senza un’adeguata sicurezza sociale e certezza del diritto associata a questi servizi, la flessicurezza non è realizzabile.
Nell’espandere la rete di queste strutture, emerge il problema di chi dovrebbe sostenere non solo i costi di avviamento, ma anche quelli di esercizio. Non dovrebbero esistere dubbi sul fatto che la responsabilità in materia incombe agli Stati membri.
Zita Gurmai (PSE). – (EN) Signor Presidente, cinque anni fa l’Unione ha fissato obiettivi in materia di assistenza all’infanzia. Gli Stati membri devono sforzarsi per fornire, entro il 2010, un’assistenza all’infanzia per almeno il 90 per cento dei bambini di età compresa fra 3 anni e l’età dell’obbligo scolastico e per il 33 per cento dei bambini di età inferiore a 3 anni.
Al quinto anniversario degli obiettivi di Barcellona, siamo qui a valutare i progressi compiuti in questo campo. Purtroppo, tali obiettivi non sono ancora stati raggiunti. Solo cinque paesi soddisfano l’obiettivo del 33 per cento: Belgio, Danimarca, Francia, Paesi Bassi e Svezia. Dobbiamo esaminare i risultati conseguiti negli altri Stati membri. Mi chiedo se la Commissione segua da vicino la situazione relativa a questi obiettivi. La Commissione sta preparando un’analisi? Esistono norme comuni per verificare la situazione dell’assistenza all’infanzia? Quali sono le conseguenze per gli Stati membri che non realizzano gli obiettivi?
Perché l’Europa dovrebbe investire nell’assistenza all’infanzia? Non è un caso che la campagna in materia sia stata lanciata dal Partito dei socialisti europei, che ha chiesto servizi di assistenza all’infanzia accessibili, economici e di buona qualità. Lo abbiamo fatto perché siamo fermamente convinti che investire nell’assistenza all’infanzia significhi investire nel nostro futuro; mettere i nostri figli al primo posto permette loro di cominciare bene la vita e garantisce le pari opportunità quando poi entreranno nel mercato del lavoro. Permette all’Unione di affrontare le sfide demografiche al fine di rafforzare la competitività del mercato interno, oltre a rendere l’Europa più sociale. Permette una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro e permette a uomini e donne di conciliare la vita familiare e professionale, come ha detto il Commissario nel suo intervento. E’ chiaro che, investendo nell’assistenza all’infanzia, possiamo trasformare in realtà le pari opportunità e valorizzare al massimo le opportunità di tutti i bambini. Ciò può contribuire all’eliminazione della povertà, a prescindere dal contesto socioeconomico.
Chiedo quindi agli Stati membri e alla Commissione di lavorare insieme e impegnarsi a realizzare questi obiettivi. L’Ungheria è un buon esempio: il ministro degli Affari sociali e giuridici ha riconosciuto l’importanza dell’assistenza all’infanzia e si è impegnato ad aumentarla, in particolare per i bambini di età compresa tra zero e tre anni, dall’8 al 33 per cento in cinque anni.
Marios Matsakis (ALDE). – (EN) Signor Presidente, i figli sono di gran lunga il nostro bene più prezioso. Tuttavia, al tempo stesso sono anche il più vulnerabile, non solo a causa di delicati bisogni somatici e psicologici durante la crescita, ma anche per i numerosi pericoli presenti nella vita moderna. Per questi motivi, tra molti altri, i nostri figli senza dubbio necessitano e meritano la massima cura e attenzione. Tuttavia, in un mondo in cui entrambi i genitori possono rincorrere affannosamente una carriera di successo, un mondo in cui entrambi i genitori possono consumarsi nella lotta quotidiana per guadagnare di più, un mondo in cui le forze delle tensioni sociali possono distruggere la coesione familiare, un mondo in cui la separazione geografica può limitare la preziosa assistenza di nonni e altri parenti stretti: in un mondo del genere la cura dei figli da parte dei genitori può essere gravemente compromessa.
Questo è il mondo che gli Stati membri devono aiutare in modo rapido e completo. Si devono incoraggiare le iniziative volte a creare un maggior numero di migliori servizi di assistenza all’infanzia, disposizioni atte a garantire flessibilità per i congedi parentali, nonché la creazione di ambienti di lavoro adatti alle esigenze dei genitori. Queste sono solo alcune delle necessità principali. Inoltre, si devono incoraggiare e migliorare misure innovative, come i servizi di consulenza ai genitori o persino corsi di formazione per i genitori, attraverso i quali fornire maggiori conoscenze e sostegno sul modo in cui essere genitori migliori ed essere meglio preparati a far fronte ai problemi legati a questo ruolo.
Per concludere, non dimentichiamo mai che nessun servizio di assistenza all’infanzia, per quanto buono possa essere, può sostituire l’amore e l’affetto dei genitori. Assieme a tutte le altre misure, forse dovremmo anche incoraggiare le persone a rivalutare le loro priorità nella vita. Per una famiglia, è meglio avere un reddito più alto, ma meno contatto tra figli e genitori? E’ nell’interesse di una famiglia avere entrambi i genitori che rincorrono a tempo pieno una carriera e cenano di rado in famiglia? Ogni genitore forse dovrebbe porsi questi interrogativi e cercare di rispondersi onestamente, per il bene dei propri figli.
Marek Aleksander Czarnecki (UEN). – (PL) Signor Presidente, i nostri occhi e le nostre orecchie ci dicono che l’Europa invecchia. Negli Stati membri dell’Unione europea nascono sempre meno bambini.
Perché? Non amiamo più i bambini? Di sicuro non è questo il motivo. E’ che siamo diventati più consapevoli della difficoltà di allevare figli. Inoltre, le donne in Europa rinviano sempre più a lungo la nascita del primo figlio, quando non rinunciano del tutto ad averne.
Un motivo alla base di questa situazione è la fornitura di servizi di assistenza all’infanzia durante l’orario di lavoro. Le donne possono concentrarsi sui loro impegni professionali soltanto se hanno accesso a servizi adeguati di assistenza all’infanzia. La disoccupazione femminile è minore negli Stati che offrono un’assistenza adeguata alle donne durante la gravidanza, al momento del parto e durante l’allattamento e la crescita dei figli.
L’offerta di servizi adeguati per i cittadini, a prescindere dal genere o dall’origine, e la garanzia di uno sviluppo corretto e di una protezione dal momento della nascita fino all’età anziana sono principi che devono assolutamente essere rispettati nel mondo contemporaneo.
Pier Antonio Panzeri (PSE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il tema che stiamo discutendo è di estrema importanza e pone di nuovo al centro la questione dell’Europa sociale. Da tempo si sollecita questo obiettivo e per questo è utile affermare che investire ed espandere l’assistenza all’infanzia di alta qualità, dotarsi di una migliore formazione, di buoni asili nido e di nuovi benefici per i bambini rappresenterebbe un segnale inequivocabile della volontà politica di andare nella giusta direzione.
E’ del tutto evidente che stare dalla parte dei bambini con politiche sociali ed economiche adeguate significa non solo pensare seriamente al loro futuro, ma anche contribuire a determinare nuove condizioni economiche e sociali per le famiglie e renderebbe possibile un inserimento nel mercato del lavoro di tanti genitori e soprattutto di tante donne.
Del resto, come già detto, di fronte ad una delle sfide che l’Europa deve affrontare, quella del cambiamento demografico, questa potrebbe rappresentare una risposta perché alimenterebbe positivamente il mercato del lavoro, migliorerebbe la stessa competitività europea e renderebbe più ricche le nostre società.
Serve quindi più coraggio e lungimiranza, caro Commissario, per superare i ritardi che vi sono nei singoli Stati membri e da qui l’impegno che Parlamento e Commissione devono assumere con forza e determinazione per raggiungere gli obiettivi delineati.
Edite Estrela (PSE). – (PT) Innanzi tutto, accolgo con favore le comunicazioni del Consiglio e della Commissione. Siamo tutti d’accordo sul fatto che non si raggiungerà mai la parità tra le donne e gli uomini finché non vi sarà la possibilità di conciliare la vita familiare e professionale, sia per le donne sia per gli uomini.
E’ essenziale che gli uomini condividano le responsabilità familiari e che le donne abbiano accesso alla carriera professionale. Per questo motivo, gli Stati membri devono creare con urgenza reti di strutture di assistenza all’infanzia di alta qualità, a prezzi accessibili e con orari adeguati.
Purtroppo, nel 2007, l’Anno europeo delle pari opportunità per tutti, siamo ancora lontani dal realizzare gli obiettivi di Barcellona; eppure, con l’invecchiamento della popolazione e il calo dei tassi di natalità, l’Unione europea ha bisogno del maggior numero possibile di adulti nel mercato del lavoro, e ciò significa più donne.
Attendiamo con impazienza il documento annunciato dal Commissario Špidla per il 2008 su questo tema.
Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, vorrei esprimere il mio sincero apprezzamento per i vostri contribuiti. Se non ne ho inteso male alcuni, vi è grande accordo in seno all’Assemblea riguardo all’obiettivo che ci siamo prefissi, di fatto già diversi anni fa, quando abbiamo assunto anche determinati obblighi. Abbiamo constatato che non siamo ancora riusciti a realizzare questi obiettivi in tutti gli Stati membri e che ci rimane relativamente poco tempo per adempiere tali obblighi entro il 2010.
E’ altresì importante rilanciare la discussione sull’Alleanza per la famiglia ed è necessario farlo – lo dico con piena cognizione di causa – non solo in Germania, come ha affermato l’onorevole Andersson all’inizio del suo intervento. Sono stati espressi pareri diversi in merito all’opportunità di imporre la frequenza obbligatoria presso le strutture di assistenza all’infanzia, quindi di fatto si tratta di libertà di scelta.
La libertà di scelta è un obiettivo molto importante. Nessuno prescrive a chi debba essere affidata la cura dei bambini o quanti figli si debbano avere. Non è questo l’argomento in discussione. Va detto tuttavia che esistono casi particolari in cui non è possibile esercitare questa libertà di scelta perché non ci sono strutture di assistenza specializzate. Per tale motivo, come è stato affermato dalla Commissione, da voi nei vostri interventi e anche dalla Presidenza, è importante tener fede a questo obiettivo, alla luce dei numerosi e diversi aspetti di cui occorre tenere conto.
Alcuni di voi hanno parlato di pari opportunità, altri di equilibrio tra vita professionale e familiare, cambiamento demografico ed educazione dei bambini. Un altro aspetto importante è che dobbiamo impegnarci ad aumentare la percentuale di donne che lavorano, utilizzando la flessicurezza come mezzo a tal fine. Nel corso della discussione sono quindi stati esaminati diversi aspetti.
Vorrei ribadire che sono molto lieto di aver sentito il Commissario Špidla annunciare la sua intenzione di presentare un documento il prossimo anno, al fine di fare un bilancio delle discussioni in seno al Consiglio e all’Assemblea e di ciò che avremo realizzato per conseguire questi obiettivi.
Ringraziandovi per la schiettezza della discussione, vorrei dire che spetta a ciascuno di noi, in ogni Stato membro in cui gli obiettivi non siano ancora stati conseguiti o in cui sussista il rischio che non siano realizzati entro il 2010, lanciare adeguati segnali politici affinché gli obiettivi che ci siamo prefissi possano essere conseguiti, come tutti ci auguriamo, entro la data prevista.
Vladimír Špidla, Membro della Commissione. – (CS) Onorevoli deputati, ritengo sia abbondantemente chiaro che gli obiettivi di Barcellona sono appropriati e la discussione ha confermato che esiste ampio consenso in materia. Non sussistono dubbi sul fatto che diversi paesi sono lontani dal conseguire gli obiettivi e che dobbiamo fare tutto il possibile per incoraggiare gli Stati membri a correggere questa situazione.
I vantaggi della strategia di Barcellona sono chiari, ma, se me lo permettete, vorrei ricordarli ancora una volta. In primo luogo, senza adeguate strutture di assistenza all’infanzia, non si possono conseguire gli obiettivi di base relativi all’uguaglianza di genere. In secondo luogo, senza disposizioni di questo tipo, non si può affrontare in modo responsabile la questione dell’invecchiamento demografico.
Due questioni sono emerse chiaramente dalla discussione: la prima è se la Commissione abbia dato seguito alla strategia di Barcellona. Come ho sottolineato nella mia relazione nell’ambito della strategia di Lisbona, la risposta è sì. La seconda questione riguarda le misure con cui eseguire un confronto tra i diversi paesi. Attualmente, i confronti tra paesi si effettuano sulla base dei dati che essi forniscono a livello individuale e, in termini di metodologia, è difficile confrontare tali dati. E’ facile seguire lo sviluppo nel proprio paese, ma eseguire un confronto tra un paese e un altro è estremamente difficile. La situazione è insoddisfacente e stiamo quindi lavorando al fine di rendere i vari punti di vista individuali pronti per la valutazione, un lavoro che dovrebbe essere completato entro la fine dell’anno.
E’ emersa anche una terza questione, cioè se, nel quadro della strategia di Barcellona, miriamo o meno a garantire la scelta per i genitori. Sì, conformemente alla formulazione degli obiettivi, è ciò che vogliamo. Gli Stati membri devono sforzarsi per fornire, entro il 2010, un’assistenza all’infanzia per almeno il 90 per cento dei bambini di età compresa fra 3 anni e l’età dell’obbligo scolastico; ciò significa fornire assistenza o permettere ai genitori di scegliere se o meno fruire di questa possibilità. Al riguardo, lo scopo dell’obiettivo è abbondantemente chiaro.
Onorevoli deputati, vi ringrazio per la discussione. Penso sia chiaro che vi è ancora molto da fare, ma è anche vero che siamo in grado di fare molto.
Presidente. – La discussione è chiusa.
14. Comunicazione della Commissione – Strategia per la politica dei consumatori 2007-2013
Presidente. – L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione sulla strategia per la politica dei consumatori 2007–2013.
Meglena Kuneva, Membro della Commissione. – EN) Signor Presidente, è un grande piacere per me potervi presentare la nuova strategia per la politica dei consumatori dell’UE per il 2007–2013 adottata quest’oggi dalla Commissione. Lo considero il nostro apporto per rendere ogni cittadino sicuro e fiducioso ovunque nell’Unione. Spero che il Parlamento sosterrà questo obiettivo, che è anche il nostro contributo ad aumentare il benessere economico dei nostri cittadini e la competitività dell’economia UE.
So quanto sia importante la politica dei consumatori per il Parlamento e accolgo con favore il sostegno che è stato fornito alla politica dei consumatori in passato. Il vostro appoggio alla mia nomina a Commissario per la politica dei consumatori indica chiaramente le vostre aspettative nei riguardi della Commissione e confido che la strategia sarà in linea con le vostre priorità.
Quali aspetti sono rilevanti per il programma finanziario per i consumatori 2007-2013, in relazione al quale il Parlamento è stato un attore chiave nel processo legislativo per garantire l’adozione senza intoppi del programma? Il programma è uno strumento importante per la realizzazione della strategia, e i cambiamenti ad esso apportati per tenere conto delle vostre opinioni sono stati parimenti integrati nella strategia. La strategia e la mia nomina a primo Commissario responsabile per i consumatori sono i primi segnali di una risposta alla visione di questo Parlamento. Alcuni di voi chiedono da tempo una dimensione dei consumatori più forte in tutte le politiche UE.
La politica dei consumatori mi sembra sia in grado di far fronte parimenti alle due principali sfide che confrontano l’UE: promuovere la crescita e l’occupazione e riavvicinarci ai nostri cittadini.
In merito alla crescita e all’occupazione è chiaro che Internet sta modificando in modo profondo il settore della vendita al dettaglio, ma questi cambiamenti, in pratica, fino ad oggi sono stati limitati ai mercati nazionali.
Nel settore della vendita al dettaglio sul mercato interno osserviamo una frammentazione in 27 minimercati nazionali e questo è al contempo un peccato e un’occasione mancata, in quanto il mercato interno ha il potenziale di essere il mercato della vendita al dettaglio più grande del mondo, con benefici significativi per i consumatori e per la competitività dell’economia UE.
Aprire la vendita al dettaglio transfrontaliera è la chiave per sbloccare il pieno potenziale del mercato interno. Se gli acquisti transfrontalieri diventeranno un’alternativa credibile agli acquisti nazionali, aumenterà la pressione competitiva non soltanto negli acquisti transfrontalieri ma anche nei mercati al dettaglio nazionali. Per ottenere un effetto d’integrazione non è necessario che tutti o la gran parte dei consumatori effettuino la maggior parte degli acquisti al di là della frontiera. La nostra esperienza in materia di eliminazione degli ostacoli alla vendita transfrontaliera di autoveicoli nuovi dimostra che basta che gli acquisti transfrontalieri siano un’alternativa credibile per promuovere la concorrenza sui mercati nazionali. Ciò sarebbe positivo per la crescita e l’occupazione.
Tuttavia è necessaria anche una strategia che risponda direttamente alle aspirazioni di tutti i nostri cittadini, per i quali una politica attiva dei consumatori dovrebbe costituire la parte centrale dei nostri sforzi per dimostrare che possono migliorare la loro vita quotidiana avvantaggiandosi delle opportunità create dall’Europa in termini di mercati più vasti, prezzi più bassi e diritti e protezione garantiti.
Porre i consumatori al centro di tutte le politiche e le normative europee è importante. Non si tratta soltanto di una fascia ristretta della politica dei consumatori all’interno della politica europea: la strategia impegna tutti noi, il Parlamento tanto quanto la Commissione, a considerare con maggiore attenzione tutte le politiche UE per garantire che esse tengano adeguatamente conto dell’impatto sui consumatori e abbiano misure adeguate per massimizzare i loro benefici.
Il Presidente Barroso ha dunque deciso di estendere il mandato del gruppo competitività dei Commissari per abbracciare la dimensione dei consumatori, affinché tutte le proposte con un impatto significativo sui consumatori in futuro siano sottoposte ad un esame più accurato.
Ai sensi della nostra politica dei consumatori, identifichiamo tre principali obiettivi per i prossimi sette anni. Primo, dare maggiori poteri ai consumatori d’Europa. Ciò significa creare le condizioni di mercato giuste perché possano compiere scelte informate, ponderate e originali e dotarli degli strumenti necessari a tal fine. Secondo, è mio desiderio promuovere il benessere economico e non economico dei consumatori europei in termini di prezzi, scelta, qualità e accessibilità. Terzo, voglio una protezione efficace dei consumatori. I fallimenti di mercato per i consumatori ricadono in due categorie: quelli contro i quali i singoli non si possono appellare e quelli contro i quali dovrebbero appellarsi direttamente. La legislazione in materia di consumatori dovrebbe tutelare in modo efficace i consumatori nel primo caso e metterli in grado di gestire il secondo.
In breve, voglio che la Commissione possa dire a tutti i cittadini UE entro il 2013 che possono effettuare acquisti ovunque nell’UE, dal negozio all’angolo fino al sito web, fiduciosi di beneficiare di una tutela altrettanto efficace, e a tutti i rivenditori che possono vendere ovunque sulla base di un sistema di regole unico e semplice.
Questi obiettivi sono ancora lontani. Sono stati compiuti progressi significativi, con l’aiuto del Parlamento europeo: la direttiva sulle pratiche commerciali sleali, il regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori e la rete europea dei centri dei consumatori sono avanzamenti importanti. E’ necessario completare questo lavoro e agire su vari fronti: migliori norme contrattuali, migliore applicazione, informazione, consulenza e mezzi di ricorso. Tutti questi elementi devono funzionare sia sul mercato interno sia nazionale se vogliamo che i consumatori e le PMI siano persuasi a compiere questo salto.
L’armonizzazione delle regole in ambiti mirati è centrale in un mercato integrato, ma non per accontentare gli avvocati e i burocrati. Una legislazione semplice e chiara aiuta le PMI, i consumatori e gli enti preposti ad applicarla, e non sono certa che senza regole semplici sia possibile incoraggiare i consumatori e le PMI a considerare il mercato UE come un territorio davvero unico, ma l’armonizzazione delle regole non otterrà questo aumento necessario della fiducia attuale dei consumatori se sarà concordata in modo tale da offrire un livello di tutela sostanzialmente non adeguato.
La mia preferenza va all’armonizzazione delle regole e alla buona protezione. La Commissione in carica ha lanciato recentemente un’importante consultazione in tale ambito e sono ansiosa di sentire il parere del Parlamento su tali questioni.
Concludendo, nel poco tempo a disposizione posso soltanto offrire un breve assaggio della strategia. Credo che essa fissi un’agenda ambiziosa, sulla quale avremo bisogno del sostegno del Parlamento perché possa essere realizzata.
Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) La mia domanda per la signora Commissario è la seguente: quali strumenti e progetti specifici la Commissione appoggerà per rafforzare la politica di protezione dei consumatori? Mi riferisco all’enfasi posta sul diario europeo, una scelta ragionevole che esercita un’attrattiva sugli studenti di tutta Europa e che fornisce anche un’idea di cosa le nuove generazioni dell’UE pensano dei diritti dei consumatori. L’ambizione primaria è garantire che in Europa tutti i cittadini UE abbiano uguali diritti, ovunque decidano di vivere, mangiare o fare acquisti.
Il progetto è stato finanziato con fondi UE. La Commissione europea continuerà a sostenerlo?
Presidente. – La ringrazio molto. Grazie anche per gli auguri. Evidentemente non ci sono segreti tra noi in questo Parlamento.
Evelyne Gebhardt (PSE). – (DE) Signor Presidente, desidero a mia volta farle gli auguri di buon compleanno e congratularmi vivamente con il Commissario Kuneva per il suo incarico. Lei ha appena pronunciato una frase importantissima, signora Commissario, e cioè che il consumatore deve essere al centro della politica. Si tratta di un punto fondamentale che desidero porre in risalto.
Se la sua politica in questa materia tende a esemplificare l’opinione che l’uomo non è al servizio dell’economia, bensì l’economia e il mercato interno al servizio dell’uomo, allora siamo sulla buona strada. In tale contesto mi interesserebbe sapere in quali direzioni specifiche intende portare avanti tale politica. Vuole limitarsi ad attuare questa politica a livello settoriale oppure contempla anche l’ipotesi di una direttiva quadro?
Marianne Thyssen (PPE-DE). – (NL) Signor Presidente, a mia volta vorrei farle i migliori auguri di compleanno, ma vorrei anche congratularmi con la signora Commissario, perché credo sia giusto affermare che anche se l’inchiostro del programma pluriennale per la protezione dei consumatori non si è ancora asciugato, la Commissione ha già preparato una strategia concreta per attuarlo fedelmente.
La sua velocità di reazione, signora Commissario, e il tocco di aria fresca che lei apporta a questa politica sono motivo di grande compiacimento per il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei. Condividiamo il parere di altri deputati di questo Parlamento che sarebbe buona cosa se lei riuscisse a collocare il consumatore al centro della politica del mercato interno, perché questo conferirebbe al progetto europeo uno spirito nuovo, qualcuno direbbe un’anima. Dobbiamo fare in modo di ottenere un ampio consenso da parte della società per i progetti di integrazione cui stiamo lavorando.
E’ superfluo dire che rimaniamo in attesa di proposte concrete, intendo il contenuto di tali proposte, perché decisamente lei ha compilato una lista. Tuttavia, emergono due aspetti. Primo, in merito ai rimedi legali, quali ha in mente per migliorare l’applicabilità e le possibilità di risarcimento per il consumatore rispetto a oggi? Secondo, l’armonizzazione massima è un altro punto che trovo stimolante rispetto a una legislazione più uniforme. Come pensa che ciò si possa realizzare nella pratica? La sua ambizione è puntare verso l’armonizzazione massima oppure ha in mente qualcos’altro?
Malcom Harbour (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, a nome del gruppo PPE-DE alla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, desidero, innanzi tutto, congratularmi con la signora Commissario per la sua prima comunicazione importante di fronte a quest’Aula, la prima, ne sono certo, di una lunga serie, e la ringrazio anche sentitamente per il suo approccio molto completo. In particolare, signora Commissario, reputo che lei abbia indicato chiaramente che la politica UE dei consumatori deve essere al centro di tutto il dibattito sul mercato interno. Riprendo e sottolineo le parole della collega Gebhardt, cioè che siamo qui per creare un mercato interno che sia attraente per i consumatori e li incoraggi a parteciparvi, e dunque vogliamo un pacchetto che riunisca questi due aspetti.
La domanda che le volevo rivolgere, signora Commissario, è che lei ha identificato specificamente il suo ruolo come campione delle questioni relative ai consumatori e che verificherà le altre politiche in altri ambiti della Commissione. Penso che in particolare molti di noi siano parecchio preoccupati per l’evoluzione degli aspetti collegati alle Convenzioni di Roma, che in qualche modo potrebbero ritorcersi contro la sua visione di un quadro normativo semplificato per le PMI. Ci può fornire una garanzia che intende affrontare anche questi temi?
Andreas Schwab (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, vorrei cantare al Presidente una canzoncina di auguri per il suo compleanno, ma visto il poco tempo disponibile è meglio che rinunci. Signora Commissario, desidero congratularmi con lei perché, con la sua partecipazione appassionata al Consiglio “Competitività” rende manifesto che la politica per la protezione dei consumatori nell’Unione europea è una tematica trasversale che ha diritto di cittadinanza accanto alla politica della concorrenza e del mercato interno. Per questo le sono molto grato.
In tema di commercio elettronico, il mercato interno europeo deve essere un mercato unico dei consumatori, perché se riusciremo a offrire maggiore sicurezza ai consumatori, promuoveremo significativamente in termini di volume anche il commercio transfrontaliero in generale.
Vorrei sollevare due punti. Primo: l’armonizzazione totale del tipo da lei proposto può assolutamente avere senso in alcuni settori, ad esempio il commercio elettronico, ma non può assurgere a modello per l’intero mercato interno. Per questo è necessario trovare valide argomentazioni suffragate da un’adeguata valutazione d’impatto.
Secondo: vogliamo rafforzare la posizione del consumatore nel mercato interno europeo. Tuttavia, mi permetto di dubitare che in un sistema come quello dell’Unione europea i ricorsi collettivi siano lo strumento corretto.
Potrebbe per cortesia illustrare i motivi che la inducono a formulare tali proposte?
Meglena Kuneva, Membro della Commissione. – (EN) La ringrazio, signor Presidente, non so se rimarrete tutti delusi, ma il mio compleanno è il 22 giugno. Oggi è il compleanno del Commissario Frattini. Se me lo consentite gli trasmetterò i vostri auguri e congratulazioni. Posso garantirvi che se li merita davvero. In ogni modo, grazie e spero che il 22 giugno, in qualche maniera, potrò essere di nuovo qui al Parlamento per ricevere la mia degna parte.
Cominciamo con le domande. Onorevole Pleštinská, è davvero importante che tutte le nostre politiche ricevano un sostegno finanziario e faremo del nostro meglio per integrarle nel quadro di bilancio. Credo che la cosa più significativa per voi sia come considerate la politica e come possiamo massimizzare le risorse disponibili tramite il nostro bilancio. Ciò riguarda l’istruzione, l’informazione, i centri europei dei consumatori e il rafforzamento dell’applicazione normativa. Si possono immaginare innumerevoli altri modi per spendere il denaro, ma queste sono le priorità. In tal senso sono più che contenta che lei abbia citato il diario UE. Proprio oggi ne ho distribuite diverse copie alla riunione del Collegio dei Commissari per ricordare quanto sia importante questo strumento, che rimarrà uno dei modi migliori per rimanere in contatto con la generazione più giovane.
Parlando di giovani, le nostre riflessioni in materia di diritti digitali sono molto in linea con le loro aspettative. Dopo domani avrò una riunione a Berlino sui diritti digitali e mi rivolgerò particolarmente ai membri più giovani del pubblico. In questo modo potrebbero interessarsi di più a cosa significa essere un consumatore in questo mondo in evoluzione, l’Europa.
Passo ora alla domanda dell’onorevole Gebhardt. E’ sempre molto importante avere una politica precisa e una visione precisa di come possiamo utilizzare la direttiva quadro, di che tipo essa dovrebbe essere – perché ce ne può essere solo una – e che tipo di influenza settoriale possiamo perseguire. Sono favorevole a questo approccio misto. Sono certa che una normativa orizzontale applicata uniformemente ai contratti di consumo tipici e ai diritti tipici dei consumatori, riguardo all’applicazione o a quant’altro, sia molto importante, e questo costituisce, se non l’anima, il fulcro della tutela dei consumatori.
Tuttavia non è possibile trattare in modo esaustivo tutti i problemi settoriali. Ecco perché penso che dovremmo anche concentrare la nostra attenzione su una protezione dei consumatori che sia molto efficace, particolarmente nel settore dell’energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni. Per tale motivo ritengo di grande interesse fare parte del Consiglio “Competitività”. Anche il Commissario per la concorrenza è un alleato naturale per la politica dei consumatori.
Per venire alla domanda dell’onorevole Thyssen sul risarcimento, non ho in mente il modello statunitense di class action. Non siamo in un libro di John Grisham. Abbiamo un’altra casistica, quella europea, che è molto più legata al risarcimento collettivo, che esiste in almeno dieci paesi e in un paese, l’Olanda, è più simile alla class action, ma non è la stessa cosa. Non è l’unica forma di ricorso collettivo. Si possono utilizzare sistemi di risoluzione alternativa delle controversie, che sono importanti, casi test e molte altre tipologie. Il punto non è l’armonizzazione massima, bensì eliminare le strozzature – quando e come possiamo identificarle – e focalizzare la nostra attenzione su questo elemento per arrivare al livello più elevato possibile di armonizzazione.
Onorevole Harbour, grazie per aver detto che sto cercando di essere un campione dei consumatori. Condividerei volentieri questo ruolo con qualunque dei miei colleghi Commissari, perché sogno di avere un campione dei consumatori negli altri settori.
In merito alla Convenzione di Roma, ritengo che tramite l’armonizzazione totale potremo quanto meno superare alcuni dei limiti della Convenzione di Roma I. In questa fase, riguardo a Roma I, le aziende dovrebbero rispettare tutte le norme del paese da cui il problema origina, il che non aumenta in modo significativo l’onere per le imprese.
Penso di aver praticamente risposto alla domanda dell’onorevole Schwab sul tipo di armonizzazione cui miriamo e sulla class action. Non voglio sfidare la pazienza del Presidente fornendo risposte molto lunghe, ma sarò lieta di proseguire questa conversazione con tutti voi.
Béatrice Patrie (PSE). – (FR) Signor Presidente, signora Commissario, la ringrazio per il suo intervento e per le sue risposte.
Vorrei chiederle che cosa intende per instaurare migliori procedure di ricorso per i consumatori, poiché lei afferma di non mirare ai ricorsi collettivi.
Il punto è che i diritti dei consumatori sono violati regolarmente in massa, vuoi nel settore della telefonia mobile, con tariffe eccessive, vuoi per il prelievo di spese bancarie non dovute, vuoi per le mancanze dei fornitori di accesso a Internet, e molto spesso il pregiudizio individuale non è ingente, ma nell’insieme i danni collettivi sono considerevoli e ammontano a somme estremamente elevate.
Alla luce di ciò i ricorsi individuali sono inefficaci e, in effetti, soltanto le class action possono apparire come la soluzione soddisfacente, in quanto permettono non soltanto di fornire ai consumatori un mezzo di ricorso e un processo unico di risarcimento ma anche e soprattutto di far tornare le imprese sui propri passi, come avviene segnatamente in Portogallo, senza giungere peraltro a derive all’americana.
Potrebbe fornirci dei chiarimenti in merito a che cosa sono quelli che lei definisce rimedi legali efficaci?
Alexander Stubb (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, ho tre punti.
Primo: penso che il documento presentato dalla signora Commissario sia una ventata di aria fresca. Non esiste una falsa dicotomia tra politica dei consumatori da un lato e mercato unico dall’altro, e credo che questo sia il primo documento a esplicitarlo così bene.
Secondo: apprezzo davvero che la Commissione vada a rafforzare la dimensione economica della politica dei consumatori perché in passato non è stato fatto e penso che sia un passo molto opportuno.
Il terzo punto riguarda la comunicazione. Lo ammetto. Voglio essere franco: sono un patito degli acquisti. Mi piace fare shopping, ma qualche volta su Internet non mi va troppo bene o qualcosa del genere. Pertanto le chiedo di migliorare la comunicazione ai cittadini europei in materia di politica dei consumatori. Molti dei presenti non sanno che, di fatto, l’UE europea conferisce numerosi diritti in materia di politica dei consumatori.
La mia domanda è quali sono le priorità del gruppo di Commissari che si occupano di concorrenza e politica dei consumatori? Di quali questioni potrebbe occuparsi questo gruppo?
Olle Schmidt (ALDE). – (SV) Signor Presidente, desidero ringraziare la signora Commissario per il documento straordinariamente costruttivo e importante. Molti onorevoli colleghi hanno affermato che il mercato interno, per operare adeguatamente, richiede consumatori ben informati e consapevoli, un mercato funzionante e una concorrenza vivace. Come è noto a noi tutti, è una questione nella quale gli interessi nazionali in qualche modo sono in conflitto con gli interessi dei consumatori e dell’UE.
La mia domanda alla signora Commissario è la seguente: quali sono secondo lei le possibilità di ottenere una migliore attenzione per la politica comune dei consumatori, nella quale vi sia anche spazio per adottare più misure ora di quanto sia stato fatto in passato in termini di legislazione emanata dalla Comunità europea e dall’Unione europea? Sappiamo che è stato difficile ottenere ascolto dagli Stati membri, quando si tratta di assumere ulteriori impegni riguardo a tali tematiche da parte dell’UE.
Christel Schaldemose (PSE). – (DA) Signor Presidente, desidero rivolgere un ringraziamento alla signora Commissario per la comunicazione che ha presentato. Sono entusiasta della sua energia e della sua volontà di adoperarsi a favore della politica dei consumatori e sono anche particolarmente lieta che abbia posto l’accento sull’intero tema del commercio via Internet e sui diritti e le possibilità che devono valere in questo ambito. Ritengo che ciò rivestirà estremo interesse per molti europei. La mia domanda alla signora Commissario riguarda quanto è stato affermato in merito all’obiettivo di una protezione identica ovunque si svolga l’operazione commerciale nell’UE. Forse sono io l’unica a non cogliere perfettamente cosa si intende. La signora Commissario vuole che le regole siano armonizzate nel senso di applicare le medesime regole in tutta l’UE, oppure norme de minimis, cosicché i paesi che lo desiderano possano avere regole a un livello più elevato?
Мартин Димитров (PPE-DE). – Г-жо Кунева, поздравления за вашия доклад. Започвате много добре кариерата си на еврокомисар, пожелавам ви успех.
Моят въпрос към Вас е как ще се справите с прекомерните, затормозяващи регулации, които се представят като защита на потребителите? И за да ме разберете добре, Ви давам конкретен пример от България. Законът за защита на потребителите забранява авансовото плащане при поръчка на стоки по интернет. Според текста на закона, доставчикът няма право да изисква или да приема плащане преди да изтекат седем работни дни от получаването на стоката от клиента или от сключването на договора.
Свръхрегулациите не са в полза нито на бизнеса, нито на потребителите. Подобни регулации спират много търговци въобще да доставят стоки в интернет. Това е точно пречка за малкия и среден бизнес. Смятате ли, че на европейско ниво трябва да се вземат мерки за решаването на този и на други такива случаи?
Toine Manders (ALDE). – (NL) Signora Commissario, benvenuta e grazie per il suo piglio dinamico riguardo alla proposta. Condividiamo il parere dei coordinatori della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, gli onorevoli Gebhardt e Harbour, che il mercato interno deve esercitare attrattiva e che i consumatori devono esserne al centro. In quanto sostenitore del libero mercato, considero che questo comprenda la domanda e l’offerta, ma chiedo: a vantaggio di chi? Del consumatore.
Sono preoccupato, tuttavia, che la nostra tattica in passato sia stata troppo paternalista e iperprotettiva nei confronti del consumatore, che è inondato di informazioni tra le quali non sa più distinguere il generale dal particolare. Mi piace il suo stile, questa ventata di aria fresca, perché sembra che lei prenda le distanze da questo approccio paternalista e spero, anzi confido, che il piano d’azione non prescriverà nuove restrizioni e nuove regole.
Avrei una domanda da rivolgerle: intende esaminare la legislazione vigente per verificare se può essere semplificata, in modo tale da rendere il mercato più attrattivo anche per il futuro, soprattutto pensando ai consumatori? In fin dei conti l’informazione è importante, tanto quanto la libertà di scelta, ma non dobbiamo inondare i cittadini di informazioni e non dobbiamo neanche trattarli da sprovveduti.
Piia-Noora Kauppi (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei ringraziare la signora Commissario per l’eccellente approccio al problema. Vorrei sapere qualcosa di più circa la valutazione d’impatto e le analisi svolte, signora Commissario. Qual è realmente il problema in merito alla fiducia dei consumatori? Possiamo aumentare la fiducia dei consumatori con un’armonizzazione massima? Oppure è il classico problema dell’uovo e della gallina, senza una vera domanda di commercio transfrontaliero? Cosa viene per prima?
Il mio secondo punto riguarda le promozioni commerciali sleali. Come lei ha menzionato, abbiamo svolto un ottimo lavoro nel corso dell’ultima legislatura parlamentare, ma purtroppo una certa concorrenza sleale, di fatto, è protetta dalle norme sulla tutela dei consumatori negli Stati membri. Vorrei chiederle come può garantire che un nuovo approccio in materia di legislazione per i consumatori non erga nuovi ostacoli se gli Stati membri la utilizzano nel modo sbagliato.
Barbara Weiler (PSE). – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, poiché non mi trovo molto d’accordo con le affermazioni degli ultimi due oratori, mi rallegro di poterla rassicurare che appoggiamo i suoi obiettivi ambiziosi.
Il mix di diverse opinioni da lei citato appare molto interessante, ma dubitiamo che sia realmente efficace, perché lei dovrà fare i conti non soltanto con le varie riserve degli Stati membri, bensì con interessi economici assai potenti. Per tale motivo vorremmo ricordarle che i suoi colleghi Commissari – Neelie Kroes, Günter Verheugen, Charlie McCreevy, Markos Kyprianou – si sono guadagnati il rispetto dell’opinione pubblica europea soltanto quando hanno imposto nelle loro rispettive sfere di competenza sanzioni severe ed efficaci. Vorremmo suggerirle di fare altrettanto.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, il punto è che ci interessiamo troppo poco della politica dei consumatori, in particolare in materia di salute e protezione dei giovani consumatori. Lo stato di salute della nostra società determina la nostra efficienza e la nostra produttività, le quali influenzano il tasso di crescita economica, che a sua volta garantisce uno specifico stile di vita e dunque anche di consumo.
Sostanzialmente il problema fondamentale attiene alle condizioni di vita dei bambini e dei giovani che sono determinate da fattori legati alla società, la salute, l’istruzione e l’ambiente. Tutti questi fattori contribuiscono al numero delle nascite e all’educazione di giovani sani e bene allevati che decideranno il nostro futuro.
Come affrontare tali temi anche a livello di Unione? E cosa dovrebbe invece essere intrapreso negli Stati membri?
La signora Commissario giustamente ha affermato che questi compiti e questi problemi fanno parte del mandato di ogni Commissario.
Christopher Heaton-Harris (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, vorrei formulare due osservazioni. Primo, per riallacciarmi a un’osservazione di poc’anzi, in che modo la Commissione sta proteggendo i consumatori nella sua più recente comunicazione di addebiti nella causa in materia di concorrenza contro la Microsoft? Oppure il punto è semplicemente alzare la posta pubblicitaria in questa annosa disputa che ha poco a che vedere con i consumatori e molto con i competitori e il forum shopping?
Il secondo punto riguarda le azioni di gruppo o in rappresentanza, che già esistono negli Stati membri. In Regno Unito è attualmente in corso un’azione in rappresentanza da parte del gruppo di consumatori Which? contro la JBB Sports per la vendita di magliette da calcio della nazionale inglese e del Manchester United nel 2000 e 2001, appellandosi al paragrafo 47b dell’Enterprise Act del 2002. Ritiene che l’Europa debba continuare a immischiarsi di questa materia?
Meglena Kuneva, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, inizierò con il gruppo di domande sui ricorsi collettivi, cominciando con l’onorevole Patrie. Come dicevo, la settimana scorsa abbiamo lanciato uno studio sui ricorsi collettivi e non appena disporremo dei risultati li presenteremo e ne discuteremo con il Parlamento.
Tuttavia, non vi è dubbio che l’interesse collettivo dei consumatori, in un caso come il reclamo di portata limitata cui lei si riferiva, è molto importante per garantire che il mercato sia equo e per formare l’atteggiamento dei produttori sul mercato. Pertanto proseguiremo i nostri sforzi in questo ambito che riguarda precisamente il primo e terzo pilastro della nostra politica dei consumatori – dare poteri ai consumatori e tutelarli, non in modo paternalistico ma tutto il contrario. Ciò significa che avremo bisogno di cittadini più attivi e di più strumenti a loro disposizione.
Quanto alla domanda dell’onorevole Stubb in merito alle priorità, i Commissari con responsabilità in materia di competitività cominceranno a esaminare sistematicamente le iniziative politiche per garantire che sia conferito un maggior peso ai benefici per i consumatori. Ciò riguarda la società dell’informazione, il mondo digitale, la liberalizzazione dell’energia e gli strumenti commerciali. Le prime iniziative sono contenute nel nostro programma di lavoro. Spero che, una volta fatto questo, se posso copiare lo stile dell’onorevole Stubb, saremo in grado di dire che l’Europa sta diventando più “cool” e più facile da capire per i cittadini.
In merito alla domanda dell’onorevole Schaldemose sulle regole de minimis, non penso che si possano etichettare le regole come minimaliste o massimaliste. Abbiamo bisogno di un certo volume di regolamentazione molto ben ponderato e puntualmente applicato e non sono convinta che le regole de minimis sarebbero sempre utili.
Passo ora alla domanda dell’onorevole Dimitrov e risponderò in bulgaro.
Г-н Димитров, Вие представихте това, което считат за правилно провайдърите на такъв тип услуги. Вие буквално прочетохте тяхното писмо, с което аз съм запозната отдавна. Но аз имам и друго писмо и това е от гледна точка на потребителските организации.
В събота, в София, аз ще участвам в една конференция, която е специално насочена към тези права онлайн. И се надявам, че тогава ще могат да се чуят и двете страни. В противен случай, от тук да коментираме чл. 56 на националното ни законодателство, не е може би най-доброто време за това. Но мога да Ви уверя, че цялото внимание ще бъде отдадено на това да има повече информация и да могат да се видят различните гледни точки.
(EN) Poi la valutazione d’impatto e i problemi transfrontalieri – come il nuovo approccio può andare nella giusta direzione: penso che sia esattamente questo l’obiettivo perseguito dal nuovo approccio, ma purtroppo non ho una ricetta su come possiamo evitare problemi e agevolare l’attuazione. Molto dipende dal singolo paese. L’unico modo che conosco è comunicare di più, spiegare di più e basarsi sui centri europei dei consumatori, sugli enti preposti all’applicazione della legislazione negli Stati membri e sulle organizzazioni dei consumatori. Ecco perché credo che aggiungere una forte dimensione dei consumatori alle politiche dei governi degli Stati membri e alle organizzazioni non governative sia assolutamente cruciale per lo sviluppo.
In merito alle sanzioni tangibili: in caso di violazione non esiterò ad avviare la procedura di infrazione, ma prima pensiamo a come migliorare l’applicazione e poi, se necessario, andremo oltre.
In ordine all’ultima domanda sulla Microsoft: francamente non credo di disporre di informazioni sufficienti per formulare congetture sull’argomento.
Parlando di nuove generazioni, non potrei essere più d’accordo che questo è uno degli scopi principali della Commissione. Apprezzo moltissimo l’impostazione del collega Kyprianou nel programma per la salute e penso che sarebbe utile se avessimo lo stesso approccio sul versante dei consumatori mirato alle giovani generazioni. Dovremmo davvero educare e formare la nuova generazione dei consumatori – qualcuno li ha battezzati i “nativi digitali”!
Presidente. – Passiamo ora al prossimo argomento.
PRESIDENZA DELL’ON. DIANA WALLIS Vicepresidente
15. Tempo delle interrogazioni (interrogazioni alla Commissione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca il Tempo delle interrogazioni (B6-0012/2007).
Saranno prese in esame le interrogazioni rivolte alla Commissione.
Prima parte
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 44 dell’onorevole Claude Moraes (H-0078/07):
Oggetto: Trasporti terrestri ed emissioni di CO2
Visto che nell’Unione europea i trasporti su strada causano il 25% delle emissioni di CO2, mentre il settore aereo è responsabile del 3% delle emissioni, quale tipo di ricerca ha intrapreso la Commissione riguardo all’emissione annua dei trasporti terrestri (autovetture, autobus, treni ecc.) e il suo effetto sull’ambiente, considerando la forte enfasi politica e mediatica concentratasi sulle emissioni del settore aereo?
Stavros Dimas, Membro della Commissione. – (EL) Signora Presidente, sono lieto di potere rispondere a questa interrogazione estremamente importante.
L’interrogazione dell’onorevole Moraes è volta a sapere se la Commissione è in possesso di un quadro esaustivo delle emissioni di gas a effetto serra causate dal trasporto su strada e il genere di misure che la Commissione stessa propone per ridurre gli effetti di tali emissioni sull’ambiente. I servizi della Commissione, in collaborazione con l’Ufficio europeo dell’ambiente, registrano e monitorano le emissioni annuali prodotte da tutti i mezzi di trasporto interni dell’Unione.
Mi pronuncerò innanzi tutto sulle emissioni di anidride carbonica, cui l’onorevole Moraes fa riferimento. Nel 2003 le emissioni di anidride carbonica prodotte dal settore dei trasporti nell’Europa dei Venticinque assommavano a 951 milioni di tonnellate, rappresentando circa il 21 per cento di tutte le emissioni di gas a effetto serra nell’ambito dell’Unione. Il trasporto su strada ha generato emissioni pari a 892 milioni di tonnellate di anidride carbonica; in altre parole, rappresenta la quota maggiore di emissioni di gas a effetto serra della Comunità europea. Nell’ambito di queste statistiche, che fanno riferimento a tutti i tipi di trasporto all’interno dell’Unione, dobbiamo distinguere l’aviazione internazionale. L’aviazione si può differenziare in voli interni e voli internazionali. Per quanto riguarda i voli internazionali, la produzione di anidride carbonica ammonta a 112 milioni di tonnellate in più rispetto ai quantitativi che ho menzionato prima. Devo inoltre specificare che le emissioni degli aeromobili sono cresciute vertiginosamente rispetto a quelle di altri mezzi di trasporto. Infine, l’impatto degli aeromobili sul clima è maggiore di quanto mostrino le statistiche, perché ad altitudini elevate le emissioni degli aerei influiscono sull’ozono, che è un gas a effetto serra, e influenzano la formazione di nubi. Per questo, se vogliamo ridurre gli effetti dei mezzi di trasporto sul clima, dobbiamo prendere provvedimenti che li comprendano tutti.
Per quanto riguarda il trasporto su strada, la Commissione ha già dichiarato l’intenzione di proporre un quadro legislativo per limitare le emissioni di anidride carbonica dei veicoli e dei camion nella sua comunicazione sull’anidride carbonica e sui veicoli. Le emissioni medie delle nuove auto commercializzate nell’Unione vanno ridotte entro il 2012 a 120 grammi di anidride carbonica per km. I miglioramenti apportati alla tecnologia dei motori e dei veicoli comporteranno una riduzione delle emissioni a 130 grammi per km, mentre in virtù di misure supplementari tali emissioni scenderanno ulteriormente di 10 grammi/km.
Oltre a ciò, la Commissione ha presentato una proposta per rivedere la direttiva sulla qualità del carburante. La proposta di direttiva prevede l’obbligo per i produttori di limitare le emissioni di gas a effetto serra per tutto il ciclo di esistenza del carburante. Questo tentativo comporterà una riduzione di circa il 10 per cento delle emissioni causate dal trasporto su strada entro il 2020. Per dare un’idea, in un decennio la riduzione delle emissioni sarà pari all’attuale quantitativo annuale di emissioni prodotte dalla Spagna e dalla Svezia.
Finora mi sono espresso sulle emissioni di anidride carbonica prodotte dal trasporto su strada. Per quanto riguarda quelle dell’aviazione, la Commissione ha presentato una proposta per includerle nel sistema comunitario di scambio delle emissioni. La nostra proposta è stata sottoposta al Parlamento. Oltre all’anidride carbonica, il trasporto produce altre emissioni nocive per l’ambiente e per la salute umana, come le particelle in sospensione, e le emissioni che contribuiscono a creare l’ozono, come il biossido di azoto e i composti organici volatili. Nel quadro del programma CAFE riteniamo che, se non si prendono altre misure fino al 2020, il trasporto nel suo complesso sarà la causa del 51 per cento del biossido di azoto nelle emissioni terrestri e del 20 per cento delle particelle in sospensione PM2,5. Per questo la Commissione sta proponendo restrizioni ai limiti di emissione per i veicoli e nel dicembre scorso è stato raggiunto un accordo sugli standard EURO 5 ed EURO 6. La Commissione intende anche presentare una proposta per introdurre nel corso di quest’anno nuovi standard EURO 6 per autoveicoli pesanti adibiti al trasporto merci.
Claude Moraes (PSE). – (EN) Ringrazio il Commissario Dimas per la dettagliata risposta. Penso che la maggior parte dei deputati approverà la cifra di 130 grammi per chilometro. Ovviamente i deputati al Parlamento, me compreso, vorranno vedere obiettivi migliori e più efficaci. Su questo non ci sono dubbi, ma il motivo della mia domanda era, innanzi tutto, riflettere l’azione da lei già intrapresa e che il Parlamento vuole vedere intraprendere, ma anche mettere in bilancio il fatto che case, rifiuti e ogni sorta di settori generano emissioni – non solo gli aerei – e che la Commissione, lavorando col Parlamento, sottolinea l’esistenza di un partenariato trasversale a tutti gli effetti deleteri delle emissioni di anidride carbonica, cosicché non dobbiamo dare risalto solo ai voli aerei per poi tralasciare le emissioni di navi e veicoli. Proprio a Londra, la mia città, è estremamente importante fermare il tipo di inquinamento che la sta soffocando.
Stavros Dimas, Membro della Commissione. – (EN) La ringrazio molto per la sua domanda complementare. Sono pienamente d’accordo con lei sul fatto che non dobbiamo concentrarci esclusivamente sulle emissioni del traffico aereo, anche se costituiscono il 3 per cento dell’anidride carbonica prodotta nell’Unione e hanno effetti ulteriori a causa dei fumi e degli ossidi d’azoto, perché queste emissioni si verificano a una quota molto alta e l’aumento registrato nel periodo 1990-2004 è stato dell’87 per cento e cresce tuttora. Ovviamente, altre fonti di anidride carbonica – come il traffico marittimo – contribuiscono di più, nel complesso, alle emissioni carboniche nell’ambito dell’Unione, ma non stanno aumentando così rapidamente. Inoltre, se calcoliamo l’unità di trasporto per tonnellata di anidride carbonica, vediamo che incidono meno rispetto all’aviazione. Lei menziona giustamente altre fonti come le abitazioni. Posso andare oltre e menzionare le discariche, i gas fluorurati o l’agricoltura: tutte queste sono fonti di anidride carbonica e la Commissione sta adottando misure per affrontare questi temi specifici.
C’è anche la normativa sulle emissioni dei veicoli a motore, con l’obiettivo di 120 grammi. Andrà raggiunto tramite modifiche ai propulsori e miglioramenti fino a 130 grammi, con 10 grammi ulteriori da ottenere migliorando i componenti e mediante l’impiego di biocarburanti. Questi ultimi saranno importantissimi per il trasporto su strada, in particolare con l’emendamento alla direttiva sulla qualità del carburante, che non solo promuoverà i biocarburanti sostenibili, ma ridurrà anche le emissioni di anidride carbonica. Questo si accompagnerà anche a una serie di altre misure adottate col vostro aiuto e la vostra cooperazione, misure volte a combattere efficacemente i cambiamenti climatici, che oggi costituiscono il problema principale nel mondo.
Sarah Ludford (ALDE). – (EN) Temo che la domanda dell’onorevole Moraes possa costituire un modo di esprimere appoggio all’espansione degli aeroporti londinesi, cosa alla quale sono risolutamente contraria. Tuttavia, signor Commissario, Londra già non è in grado di uniformarsi agli obiettivi comunitari in materia di qualità dell’aria relativamente agli ossidi di azoto e ai particolati, ed è prevedibile che eccederà i livelli più severi che sono in cantiere. Incrementare l’utilizzo dei mezzi pubblici è essenziale per ripulire l’aria di Londra, ma la nostra è anche la capitale con i trasporti pubblici più cari del mondo. Gli abbonamenti mensili per i pendolari costano il doppio di quelli di Parigi e Roma. Che ruolo potrebbe svolgere l’Unione nel miglioramento della qualità dell’aria a Londra, anche adottando provvedimenti e incoraggiando il Sindaco di Londra e il governo britannico a rendere più accessibili i trasporti pubblici?
Stavros Dimas, Membro della Commissione. – (EN) Abbiamo due problemi: uno è l’anidride carbonica, l’altro è costituito dalle altre sostanze inquinanti. Capisco che a Londra vigano misure aggiuntive. In effetti, molto recentemente si è registrata un’espansione della zona sottoposta a tassa d’ingresso, per cui le autorità locali stanno adottando le misure che ritengono appropriate per combattere i cambiamenti climatici, riducendo l’anidride carbonica e le varie sostanze inquinanti emesse da autovetture. Ma lei ha assolutamente ragione, migliore è il trasporto pubblico, meglio è per l’ambiente, specie se i mezzi pubblici, come gli autobus, usano carburanti sostenibili. Penso che l’introduzione dell’Euro 5 e dell’Euro 6 sarà di estrema importanza per Londra, come lo sarà per altre città dell’Unione.
Alexander Stubb (PPE-DE). – (EN) Anch’io sono contrario all’espansione dell’aeroporto di Stansted, ma perché la famiglia di mia moglie ha esercitato l’agricoltura in quel luogo per cent’anni e perderà la sua fattoria a causa dell’estensione della pista. Ma non è questa la mia domanda.
La mia domanda è un po’ da avvocato del diavolo. Ed è la seguente: perché la Commissione, che ha inizialmente dibattuto sulla cifra di 120 grammi per chilometro, l’ha aumentata a 130? Potrebbe dirci perché è accaduto questo? Lei potrebbe non essere il Commissario competente, ma può fornirci spiegazioni?
Stavros Dimas, Membro della Commissione. – (EN) Penso che questa sera lei avrà a disposizione entrambi i Commissari, perché apprendo che è in programma un’altra interrogazione e il Commissario Verheugen sarà qui, per cui lei riceverà la stessa risposta. Comunque, dal mio punto di vista, come Commissario per l’ambiente, posso garantirle che i vantaggi ambientali saranno gli stessi. La cifra che abbiamo calcolato in merito al contributo fornito dalle autovetture per il raggiungimento della quota che ci siamo prefissi, ovvero lo 0,8 per cento dell’8 per cento che costituisce l’obiettivo, verrà raggiunta, ma ovviamente lo sarà in un modo leggermente diverso. Abbiamo stabilito 130 grammi per chilometro in virtù dei miglioramenti apportati ai motori delle auto, nonché una ulteriore riduzione di 10 grammi grazie alla produzione di componenti e biocarburanti per auto. Pertanto abbiamo lasciato inalterati i vantaggi ambientali, per cui, come Commissario per l’ambiente, posso assicurarle che ne sono molto soddisfatto. Naturalmente c’è una differenza: alcuni degli oneri passano dai produttori di automobili ai produttori di componenti per auto e di biocarburanti.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 45 dell’onorevole Liam Aylward (H-0164/07):
Oggetto: Educazione dei giovani sulle questioni ambientali
Intende la Commissione promuovere la sensibilizzazione dei giovani, nelle scuole elementari, sulle questioni ambientali, che sono motivo di crescente preoccupazione per i cittadini europei ogni giorno che passa?
Stavros Dimas, Membro della Commissione. – (EL) Signora Presidente, la Commissione è totalmente d’accordo con l’onorevole Aylward sul fatto che è importante aumentare la consapevolezza e informare i giovani sulle sfide ambientali con cui è alle prese la nostra società.
Nel corso degli anni ’90 la Commissione ha organizzato programmi pilota nel tentativo di promuovere l’educazione ambientale nelle scuole. Questo sforzo includeva tanto il sostegno ai programmi relativi a temi specifici sull’ambiente quanto la preparazione di programmi didattici. Ora numerosi Stati membri hanno inserito l’educazione ambientale nei loro programmi scolastici nazionali. La Commissione ha inoltre sviluppato mezzi di comunicazione e d’iniziativa per l’ambiente che costituiscono una fonte importante per i programmi scolastici e per i giovani in generale. Per esempio, il sito della Direzione generale per l’ambiente, alla pagina intitolata “L’ambiente per i giovani europei”, offre ai giovani informazioni sull’ambiente in venti lingue. Questo sito è interattivo e analizza i problemi ambientali in maniera semplice, divertente e istruttiva. Cosa ancora più importante, mostra ai bambini i modi in cui possono tutelare l’ambiente.
Le scuole giocano un ruolo fondamentale nella strategia della Commissione dal titolo “Il cambiamento climatico dipende da te”, avviata nel maggio 2006 per elevare il grado di sensibilizzazione. Le scuole che prendono parte a questa strategia devono registrare e monitorare i propri sforzi per ridurre le emissioni di anidride carbonica e dichiarare il proprio impegno nella lotta al cambiamento climatico. Il sito relativo a tale strategia contiene una gran quantità di materiale e si rivolge ai giovani.
Inoltre, molte delle nostre pubblicazioni si rivolgono ai giovani. I libri per bambini includono varie questioni ambientali, come l’aumento vertiginoso dei rifiuti, la distruzione dello strato di ozono, l’effetto serra e i cambiamenti climatici, l’importanza di prevenire l’inquinamento dei fiumi e l’importanza della biodiversità. Altre pubblicazioni includono una quantità di disegni e storie per bambini e un istruttivo opuscolo sulla rete Natura 2000. Dispongo di copie in varie lingue di queste pubblicazioni e di un video sulla strategia della Commissione “Il cambiamento climatico dipende da te” presentata dal canale televisivo MTV. Si tratta di un video USB e ogni deputato al Parlamento interessato può ritirarne una copia. Ho anche diversi opuscoli. Vorrei anche far presente che i programmi didattici sull’ambiente si possono finanziare in base al programma d’azione nel campo dell’apprendimento permanente per il periodo 2007-2013.
Liam Aylward (UEN). – (EN) Vorrei ringraziare il Commissario Dimas per la sua risposta assai precisa e congratularmi con lui per ciò che ha già avuto luogo. Tuttavia potrei chiederle, in particolare, se si possano mettere a disposizione ulteriori risorse finanziarie per rendere possibile lo sviluppo di tematiche ambientali nelle scuole, e penso che effettivamente la Commissione debba insistere maggiormente su questo settore. Il tema scottante, al giorno d’oggi, è come salvaguardare il nostro ambiente – per quanto riguarda i mezzi e il metodo – e penso francamente che dobbiamo cercare di comunicare questo messaggio ai giovani. Ovviamente dobbiamo fare la nostra parte ed esortare i governi nazionali a fare altrettanto. Pertanto, signor Commissario, pur apprezzando ciò che lei già ha fatto, vorrei che lei esaminasse ulteriormente le possibilità a disposizione.
Stavros Dimas, Membro della Commissione. – (EN) Molto brevemente, lei sa che il regolamento LIFE + è in discussione in Parlamento e in Consiglio. Se verrà approvato, programmi come quelli che lei ha menzionato potranno essere finanziati.
Laima Liucija Andrikienė (PPE-DE). – (EN) Penso, signor Commissario, che lei concordi sul fatto che probabilmente i bambini piccoli non hanno un’età sufficiente per capire perché debbano preoccuparsi dell’incuria dell’ambiente, ma che sono abbastanza grandi per apprezzare la bellezza del mondo e cominciare a maturare buone abitudini per quanto riguarda le tematiche ambientali.
Ciò che ho capito dalla sua risposta è che lei è piuttosto soddisfatto di ciò che l’Unione sta facendo in questo campo. Stiamo dunque facendo abbastanza? E lei ha qualche nuova idea su ciò che si realizzerà nel prossimo futuro?
Stavros Dimas, Membro della Commissione. – (EN) Non sono mai soddisfatto, specie quando si tratta di questioni ambientali. C’è sempre qualcosa di più da fare. Stiamo facendo moltissimo col vostro aiuto, ma possiamo fare molto di più. Per quanto riguarda la domanda specifica sull’eventualità che le scuole europee includano nei loro corsi di studio i programmi proposti dall’Unione, si è svolto un grande dibattito su questo tema alla fine degli anni ’90, quando si è stabilito di dirimere la questione in base alla sussidiarietà e che spettava agli Stati membri decidere in merito.
Ovviamente possiamo fare di più, perché la sensibilizzazione in campo ambientale è di estrema importanza. Potete vedere cosa sta accadendo con i cambiamenti climatici, ora che la gente, nel mondo e nell’Unione, è divenuta più consapevole delle minacce che comportano, grazie ai giornali e ai media, nonché alle relazioni disponibili su questo argomento, come la relazione Turner, la relazione del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) e varie relazioni a cura di altre organizzazioni scientifiche come la NASA, e ancora grazie al lavoro svolto dal Parlamento, dalla Commissione e dall’Unione. Di conseguenza, abbiamo potuto introdurre diverse misure e giungere a un accordo.
Lo storico accordo della settimana scorsa sul pacchetto dell’energia e dei cambiamenti climatici ci conferirà non solo una posizione preminente a livello mondiale nell’ambito della lotta ai mutamenti del clima, ma, cosa più importante di tutte, ci permetterà di persuadere più efficacemente altri paesi a fare come noi dopo il 2012.
I bambini sono importantissimi non solo perché, come lei ha detto, maturano buone abitudini, ma anche perché influiscono sul comportamento dei loro genitori. Perciò sensibilizzare maggiormente i bambini sui problemi ambientali è davvero un ottimo investimento.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 46 dell’onorevole Antonis Samaras (H-0159/07):
Oggetto: Riconoscimento dei diplomi universitari
Il processo di Bologna e il protocollo relativo al riconoscimento dei diplomi di studio rilasciati dalle università europee firmato a Bergen in Norvegia prevedono che gli Stati membri devono redigere una “lista” delle università i cui titoli non vengono riconosciuti senza altre formalità. Le liste in questione non sono state ancora redatte per cui il Parlamento europeo è sommerso da una valanga di petizioni e i cittadini sono preoccupati per il futuro dei loro figli. Può la Commissione far sapere cosa è previsto a livello comunitario e quali misure gli Stati membri devono prendere per conformarsi con le disposizioni dell’Unione europea? Prevede essa di proporre ulteriori provvedimenti in questo settore?
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Una conferenza dei ministri europei responsabili dell’istruzione superiore, alla quale si riferisce l’onorevole Samaras, si è svolta a Bergen il 19 e 20 maggio 2005. Il comunicato di tale conferenza non prevede un elenco delle università i cui titoli non sono riconosciuti.
La stessa osservazione vale per il processo di Bologna nel suo insieme, anche se questo processo si è svolto al di fuori del quadro comunitario.
Più in generale, per quanto riguarda il riconoscimento accademico dei diplomi conferiti negli altri Stati membri, la Commissione farebbe riferimento alle disposizioni dell’articolo 149 del Trattato, ai sensi del quale l’organizzazione del sistema didattico rientra nella competenza degli Stati membri. Il riconoscimento è disciplinato dal diritto nazionale di ciascuno Stato membro.
Inoltre, la Commissione terrebbe a far presente che, con l’aiuto dell’Unione, è stata istituita una rete informativa in materia di riconoscimento dei diplomi – il NARIC – che dispone di uffici in ciascuno Stato membro. I cittadini interessati possono rivolgersi a questi uffici per ottenere informazioni affidabili sulla natura e sul valore dei diplomi conferiti da ciascuna università europea.
Infine, il 5 settembre 2006 la Commissione ha adottato una proposta di raccomandazione che istituisce il quadro europeo delle qualifiche. Benché non sia vincolante, questa proposta, che è attualmente in discussione presso il Consiglio e il Parlamento, invita gli Stati membri ad armonizzare i vari livelli di certificazione.
Questa è la risposta che il Commissario Figel’ ha preparato per lei, e io vorrei ringraziarla ancora una volta per la sua interrogazione.
Antonis Samaras (PPE-DE). – (EL) Signora Presidente, signor Commissario, la ringrazio per la risposta dalla quale, in linea di principio, non dissento; tuttavia vorrei sottolineare la necessità di un calendario più chiaro per l’attuazione del processo di Bologna e del protocollo di Bergen.
Esaminiamo ciò che lei ha detto. Considerando dunque che la Commissione ha proposto di istituire un quadro europeo di certificazione, quantunque senza forza legislativa, su base volontaria, quale tabella di marcia è stata pianificata per questo e quali saranno le conseguenze per i paesi che non vi si adeguano? In altre parole, intende emanare una direttiva? In caso contrario, i paesi che non si adeguano dovranno restare ai margini e io spero che chi non si adegua ci rimanga effettivamente.
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Sì, onorevole Samaras, la Commissione ha compiuto progressi, ma adesso occorre avviare un dialogo col Parlamento e col Consiglio europeo. E’ così che speriamo di far sì che le cose si evolvano nel senso da lei indicato. Questa è la risposta che posso darle; se occorre, il Commissario Figel’ sarà lieto di confermarglielo per iscritto.
Seconda parte
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 47 dell’onorevole Marc Tarabella (H-0079/07):
Oggetto: Mancata attuazione del regolamento (CE) n. 261/2004 sui diritti dei passeggeri in caso di prenotazioni in eccesso, ritardo o cancellazione del volo
Nella risposta all’interrogazione orale H-0697/06 del 26 settembre 2006, la Commissione si era impegnata a presentare entro la fine di gennaio 2007 al Parlamento europeo e al Consiglio una comunicazione sull’applicazione del regolamento (CE) n. 261/2004(1) concernente i diritti dei passeggeri. Nel frattempo, la confusione esistente si è ulteriormente aggravata in seguito a nuovi rifiuti da parte delle compagnie aeree di applicare le clausole di risarcimento.
Inoltre, il Mediatore europeo ha severamente criticato le informazioni inesatte contenute nel materiale informativo diffuso ai passeggeri dalla Commissione.
Quando e in che modo intende la Commissione risolvere tale situazione confusa che continua a penalizzare i cittadini a causa della mancanza di chiarezza del testo e del rifiuto, da parte della Commissione e degli Stati membri, di infliggere sanzioni alle compagnie aeree?
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) La Commissione intende adottare la comunicazione relativa all’attuazione del regolamento (CE) n. 261/2004 nell’aprile 2007. Questa comunicazione verrà elaborata in base ai risultati di uno studio indipendente.
Per quanto riguarda il progetto di raccomandazione del Mediatore europeo attinente al materiale informativo distribuito, la Commissione conferma il proprio parere espresso in risposta all’interrogazione P-140/07 dell’onorevole Tarabella. La Commissione ha tempo fino alla fine di marzo per commentare il progetto di raccomandazione del Mediatore.
Inoltre, la Commissione sta aggiornando il materiale informativo sui diritti dei passeggeri aerei in seguito all’adozione di nuove disposizioni legislative comunitarie in questo settore.
La Commissione sta dunque preparando un nuovo manifesto sui diritti dei passeggeri che sarà inizialmente sottoposto alle compagnie aeree e agli organi nazionali di controllo perché esprimano il proprio parere. Il lavoro preliminare è cominciato ben prima del progetto di conclusioni presentato dal Mediatore europeo. Questo manifesto nuovo e aggiornato comprenderà, per esempio, informazioni sulle persone con mobilità ridotta che viaggiano in aereo, l’elenco delle compagnie aeree che sono soggette a un divieto di operare nella Comunità e l’identità del vettore aereo operativo.
Le informazioni ritenute inesatte sono state soppresse fin d’ora dal sito Europa della Commissione. Pertanto ritengo che ci troviamo proprio sulla stessa lunghezza d’onda di questa raccomandazione del Mediatore europeo.
Marc Tarabella (PSE). – (FR) Apprezzo la sua risposta e le chiedo di scusarmi se insisto su un punto. Sono assai preoccupato nell’osservare che, malgrado tutti i suoi sforzi, la Commissione non è in grado di far rispettare il regolamento: per esempio, le compagnie aeree si rifiutano di pagare l’indennizzo previsto e gli organi nazionali incaricati di sovrintendere all’applicazione del regolamento non svolgono il loro compito, né vengono comminate sanzioni per questo.
Non è forse un’ammissione di impotenza da parte della Commissione il fatto che, per esempio, sia un’organizzazione di consumatori a dovere stabilire con un operatore turistico l’importo dell’indennizzo da corrispondere a centinaia di passeggeri bloccati in Belgio, com’è avvenuto durante le vacanze di Natale? Lei crede che in futuro, mediante i vostri adeguamenti, la Commissione sarà in grado di reagire meglio quando si troverà alle prese con i problemi che presumibilmente sorgeranno in questo settore?
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Le assicuro, onorevole Taraballa, che ho prestato molta attenzione a quanto lei ha appena detto. Io stesso ricevo lettere da persone che riferiscono di casi in cui i testi non vengono applicati. Quando disporremo dei risultati della verifica che abbiamo effettuato, sarò costretto ad aumentare la pressione sugli Stati membri, perché terrei a far presente che anche gli Stati membri, adesso, devono garantire l’applicazione delle disposizioni previste.
Ciò detto, lei ha assolutamente ragione a sottolineare la necessità di applicare nella pratica i diritti dei passeggeri. Abbiamo già convocato più volte gli organi nazionali di controllo e, in questo settore, sono pienamente intenzionato a dimostrare con la fermezza necessaria la volontà della Commissione di vedere gli Stati membri farsi gradualmente carico di questo problema, allo scopo di fornire soluzioni adeguate.
Reinhard Rack (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, benché sia importante che gli Stati membri consolidino i diritti dei passeggeri previsti da questo regolamento, è altresì evidente che, nel testo precedente, abbiamo reso molte cose troppo facili per le compagnie aeree.
Tanto per cominciare, non abbiamo previsto nessun indennizzo economico per i ritardi e, secondariamente, ci siamo trovati alle prese col problema costituito dal fatto che le norme relative alla causa di forza maggiore sono state formulate in modo tale che le compagnie aeree si sbarazzano fin troppo spesso dei passeggeri sostenendo che non possono farci nulla, che è stato un caso di forza maggiore, mentre la realtà pura e semplice è che qualcosa non ha funzionato nel sistema delle prenotazioni. Possiamo cambiare qualcosa a questo riguardo?
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Onorevole Rack, ho appena detto che è stato richiesto a un organismo del tutto autonomo di effettuare una verifica affinché disponiamo di una valutazione accurata. Successivamente vedremo come ottenere nuovamente l’appoggio degli Stati membri e anche delle linee aeree. Penso che quest’anno, il 2007, debba incentrarsi sull’applicazione effettiva dei diritti dei passeggeri. Me ne occuperò personalmente.
Jörg Leichtfried (PSE). – (DE) Anch’io vorrei dire qualcosa sullo stesso argomento, avendo ricevuto di recente moltissime lettere ed e-mail in cui si parla principalmente del fatto che, al momento, quest’applicazione non sta andando affatto bene. Vorrei associarmi a quanto ha detto l’onorevole Rack sulla necessità evidente non tanto di applicare meglio alcune cose, ma di cambiarle proprio. C’è, credo, non solo bisogno di applicazione, ma di una legislazione più rigorosa per risolvere il problema dei voli non al completo che vengono cancellati dal tabellone semplicemente ricorrendo alla causa di forza maggiore, e m’interesserebbe sapere cosa lei intenda fare in merito.
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Le prometto, onorevole Leichtfried, che farò in modo che questa situazione, che lei deplora e che deploro anch’io, migliori significativamente fin da quest’anno.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 48 dell’onorevole Bernd Posselt (H-0087/07):
Oggetto: Arteria principale europea (Magistrale für Europa)
Con decorrenza dal 10 giugno 2007, il treno ad alta velocità TGV Est collegherà in due ore e venti minuti Parigi con Strasburgo. Perché il TGV si ferma a Stoccarda e non prosegue per Monaco di Baviera? Quali provvedimenti ventila la Commissione per far sì che sia finalmente attuata anche la tratta orientale dell’arteria principale europea come previsto nell’ambito delle reti transeuropee?
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) L’asse ferroviario Parigi-Strasburgo-Stoccarda-Vienna-Bratislava è uno dei trenta progetti prioritari della rete transeuropea dei trasporti.
Dal 10 giugno, sarà attivato un nuovo servizio commerciale tra la Francia e la Germania a seguito dell’apertura di 300 chilometri di nuove linee ad alta velocità tra Parigi e Baudrecourt, nella regione della Lorena. Questa sezione fa parte del progetto prioritario in questione. La linea sarà inaugurata giovedì 15 marzo.
Il nuovo servizio commerciale effettuerà quattro viaggi giornalieri di andata e ritorno tra Parigi e Stoccarda a partire dal 10 giugno 2007. Questo servizio, che sarà esteso fino a Monaco quando, all’inizio di dicembre 2007, verranno introdotti i nuovi orari, sfrutterà la linea esistente tra Stoccarda e Monaco.
Come sapete, la Commissione segue da vicino l’ammodernamento della tratta Stoccarda-Ulma. Nel luglio 2005 ha nominato coordinatore europeo per questa linea Peter Balazs, il quale ha presentato una prima relazione sullo stato di avanzamento dei lavori che è stata pubblicata il 13 settembre 2006. Il coordinatore sta accordando una speciale priorità alla strozzatura Stoccarda-Ulma, che va assolutamente ridotta.
Inoltre, la Commissione sta già cofinanziando la tratta Augusta-Monaco, la cui entrata in funzione è prevista in parte per il 2008 e in parte per il 2010.
Vorrei segnalarle, onorevole Posselt, che il coordinatore e la Commissione stanno seguendo molto attentamente gli studi e la costruzione della linea tra Strasburgo, Kehl e Appenweier, ovvero l’interconnessione delle reti francese e tedesca con il ponte di Kehl, che attendiamo da diversi anni. Sono piuttosto ottimista. Penso che siamo a buon punto e che questo progetto, che Peter Balazs segue con estrema attenzione, sia sul binario giusto, se mi consentite di utilizzare questa espressione.
Bernd Posselt (PPE-DE). – (DE) La ringrazio molto, signor Commissario, e non solo per l’eccellente risposta; la verità, infatti, è che senza di lei e il signor Balazs non si sarebbero potuti compiere progressi tanto straordinari sulla questione, su cui non si interveniva da anni, e siete stati proprio voi a sbloccare la situazione. Ho una breve domanda complementare, riguardante il collegamento tra Mühldorf e Salisburgo e i progressi compiuti nei lavori sulla tratta Monaco-Salisburgo.
Il secondo aspetto che vorrei affrontare riguarda gli orari, poiché, ad esempio, ora c’è un Intercity che al mattino presto collega Vienna a Monaco; quando però si arriva in quest’ultima città, il treno per Strasburgo è già partito. So che la questione degli orari non è di sua competenza, ma vorrei chiederle di affrontare l’argomento con le compagnie ferroviarie affinché sia possibile porre fine a questa sorta di follia una volta per tutte.
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Attualmente il Professor Balazs sta preparando due analisi sulle tratte Stoccarda-Ulma e Monaco-Salisburgo, poiché ritiene che al momento manchi un approccio integrato al completamento di queste sezioni.
La tratta Stoccarda-Ulma è oggetto di un esercizio di pianificazione che ora è stato ultimato. Ciononostante, si sono registrati ritardi dovuti sia alla mancanza di posizioni chiare sui possibili tragitti alternativi da parte dei tre soggetti interessati tedeschi – lo Stato federale, il Land e la Deutsche Bahn – sia a finanziamenti pubblici insufficienti.
Peter Balazs è in contatto costante con le parti interessate tedesche, controlla lo sviluppo del progetto ed è vero che attualmente siamo in attesa di un chiarimento della posizione tedesca per determinare la posizione comunitaria. Le assicuro, onorevole Posselt, che in ogni caso si tratta di una questione che mi sta particolarmente a cuore. Scriverò anche una lettera agli operatori tedeschi e austriaci riguardo agli orari tra questi due paesi.
Ecco ciò che volevo dirle, onorevole Posselt, confermandole altresì la mia determinazione su questa importantissima questione.
Paul Rübig (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, la tratta Vienna-Bratislava è una questione che sta particolarmente a cuore a un nuovo Stato membro come la Slovacchia, poiché permette di collegare due aeroporti, e questa prospettiva avrebbe ovviamente un effetto considerevole sullo sviluppo della regione. Com’è la situazione a proposito di questa sezione tra Vienna e Bratislava e, in particolare, riguardo al collegamento tra i loro due aeroporti? A quanto sembra, sono all’esame tre percorsi diversi.
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Mi risulta molto difficile rispondere a una domanda tanto precisa. Le propongo, onorevole Rübig, di risponderle per iscritto, poiché sulla sezione Vienna-Bratislava devo fare il punto della situazione con il coordinatore Balazs. Nel frattempo, posso dirle che Peter Balazs è molto attento anche a questo problema e che ha instaurato i debiti contatti con i governi di Austria e Slovacchia. Con il suo permesso, però, preferirei risponderle per iscritto per evitare di essere troppo vago.
Jörg Leichtfried (PSE). – (DE) La mia domanda sull’argomento è di carattere piuttosto generale. Ora che le sezioni della rete transeuropea sono state definite da diverso tempo, si ha la sensazione che, mentre alcune sono indubbiamente operative, altre siano – se non del tutto trascurate dagli Stati membri – quanto meno non in fase di costruzione, e quindi sarei interessato a sapere se in futuro sarà possibile istituire un sistema che permetta di ricompensare gli operatori che stanno effettivamente ed efficacemente procedendo alla costruzione di queste tratte, affinché abbiano, in determinate circostanze, maggiori possibilità di ricevere sovvenzioni di chi, pur appartenendo alle reti transeuropee, non sta facendo assolutamente nulla. Vorrei pertanto sapere che cosa si farà in futuro riguardo alla definizione dei percorsi RTE.
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) In primo luogo, onorevole Leichtfried, il Parlamento deve adottare le norme sul finanziamento della rete transeuropea, cosa che, a mio avviso, dovrebbe avvenire a breve. In seguito, inviteremo i vari Stati membri a presentarci le loro proposte. Quando le avremo raccolte tutte, in autunno, potremo determinare le principali priorità, tenendo tuttavia conto degli impegni assunti dai vari Stati membri.
Indubbiamente, se avessi avuto a disposizione un bilancio di 20 miliardi di euro per il periodo 2007-2013, avrei avuto meno difficoltà a portare avanti il mio compito che con gli 8 miliardi di euro di cui effettivamente dispongo. Tuttavia, ritengo che, qualora vi sia un desiderio da parte degli Stati membri, saremo in grado di sostenerlo. Essenzialmente, però, si tratta di una decisione degli Stati membri e per questo dovete fare in modo che le proposte dei vari governi diano priorità a queste reti transeuropee. Questo è quanto posso dirvi allo stato attuale.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 49 dell’onorevole Dimitrios Papadimoulis (H-0091/07):
Oggetto: Decisione giudiziale sulla compensazione dei crediti del Tesoro greco nei confronti dell’Olympic Airways
Rispondendo ad una precedente interrogazione (E-5051/06) la Commissione ha riferito che tutte le somme dovute all’Olympic Airways fino al 2002 sono state considerate nella sentenza del 2002/... . Tale risposta, con la sentenza della Corte arbitrale che ha assegnato l’importo di 580 milioni di euro all’Olympic Airways a parziale decurtazione dei debiti del Tesoro verso la società e per debiti che sono stati registrati nei libri della stessa, espone la Commissione per il fatto che, mentre per molti anni i governi hanno oberato con debiti enormi che si rifiutavano di riconoscere l’Olympic Airways, l’Unione europea se ne è “lavata le mani” fingendo di accettare per veritieri i dati forniti dai governi. Stante che le questioni tuttora pendenti con l’Unione europea impediscono alla società di avviare gli investimenti indispensabili per realizzare le sue attività sociali, intende la Commissione definire con precisioni le proprie argomentazioni riguardo al fatto che i debiti reali del Tesoro greco nei confronti dell’Olympic Airways sono stati compensati nel corso dell’attuazione dei programmi di risanamento? Quali iniziative intende essa assumere per far sì sia bloccata la richiesta di recupero degli “aiuti” già compensati con la sentenza arbitrale?
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) La Commissione ha preso atto della decisione del collegio arbitrale del 13 luglio 2006 sugli obblighi di servizio pubblico e della decisione del 6 dicembre 2006 sul trasferimento della Olympic Airways all’aeroporto internazionale di Atene Spata.
La Commissione coopera con le autorità nazionali greche a questo riguardo al fine di stabilire lo status giuridico dei suoi finanziamenti e dei costi coperti riguardo al diritto comunitario, segnatamente in merito alle sentenze emesse. Spetta alle autorità greche dimostrare alla Commissione che le somme in questione non erano state prese in considerazione nelle precedenti decisioni sugli aiuti di Stato e sono pienamente compatibili con il diritto comunitario.
La Commissione respinge inoltre le affermazioni infondate sulle precedenti decisioni, che sono state adottate dopo indagini approfondite e dettagliate e dopo avere invitato tutte le parti interessate a esporre le loro osservazioni con la pubblicazione di un annuncio sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Questa è la risposta che posso dare all’interrogazione dell’onorevole Papadimoulis.
Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL). – (EL) Signora Presidente, signor Commissario, la ringrazio per la risposta, ma la prego di essere più preciso. La Corte arbitrale greca ha versato o meno la somma di 550 milioni di euro? Mi dia una risposta specifica. La Commissione intende contestare la decisione finale del tribunale? La Commissione dispone di prove che dimostrino che in passato i debiti del governo nei confronti dell’Olympic Airways sono stati compensati? E che cosa intende con “affermazioni infondate”? Ritiene che le sentenze della Corte arbitrale greca si siano basate su affermazioni infondate? A chi si riferisce quando parla di “affermazioni infondate”?
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) L’importante, onorevole Papadimoulis, è precisare innanzi tutto che questa difficile questione della Olympic Airways viene trattata con il massimo rigore. Devo insistere su questo punto: non vi è alcun motivo, di fatto, per non affrontare la questione con il massimo rigore.
Sulla stampa sono state indubbiamente pubblicate affermazioni sulle decisioni precedenti, in cui se ne contestava la validità, nonostante fossero state il frutto di indagini approfondite.
La Commissione tratta la Grecia alla stregua di tutti gli altri Stati membri e la Olympic Airways deve essere trattata come ogni altra compagnia aerea. La decisione della Commissione del dicembre 2002 aveva imposto alla Grecia di recuperare l’aiuto indicato nella decisione stessa, cosa che non ha fatto. Un’altra decisione negativa del settembre 2005 aveva stabilito la necessità di assegnare aiuti supplementari alla Olympic Airways. Poiché da allora non è stata avviata alcuna altra misura di recupero dalla Grecia, la Commissione è stata costretta ad avviare un procedimento giudiziario nei suoi confronti.
Se le autorità greche ottempereranno ai loro obblighi, quest’azione non verrà perseguita. Purtroppo, i problemi finanziari della Olympic Airways non sono isolati e non sono la conseguenza dell’operato della Commissione né, tanto meno, del procedimento avviato dinanzi alla Corte.
La Commissione sta semplicemente facendo in modo che le norme comunitarie sulla concorrenza siano rispettate. Questa è la risposta che posso darle, garantendole che ho chiesto ai miei servizi di affrontare la questione con equità e con il massimo rigore.
Georgios Papastamkos (PPE-DE). – (EL) Signora Presidente, signor Commissario, nella proposta di regolamento – lo ripeto – nella proposta di regolamento n. 659/1999 era stato stabilito che i ricorsi nazionali contro le procedure di recupero degli aiuti di Stato non ne avrebbero potuto sospendere i rimborsi. L’articolo 14, paragrafo 3, lettera b) del regolamento n. 659/1999, invece, non afferma nulla del genere. Di conseguenza, su cosa si basa il parere del signor Commissario, secondo cui i ricorsi dinanzi ai tribunali nazionali non hanno effetti sospensivi in materia di aiuti di Stato?
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Dinanzi a decisioni della Corte, non posso che confermarle la volontà di applicare il diritto comunitario. La decisione dei tribunali è un nuovo elemento attualmente all’esame e la Grecia deve dimostrare che le misure che ha adottato sono compatibili con il diritto comunitario. Posso sinceramente dirle che, a questo proposito, sono molto attento a rispettare la legislazione comunitaria e mi adopero – lo ripeto – affinché tale legislazione venga applicata in maniera rigorosa ed equa.
Presidente. – Le interrogazioni nn. 50, 52 e 53 riceveranno risposta per iscritto.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 54 dell’onorevole Rodi Kratsa-Tsagaropoulou (H-0144/07):
Oggetto: Cooperazione nel settore dei trasporti con i paesi confinanti, in particolare nel Mediterraneo
Il 31 gennaio 2007 la Commissione ha adottato una comunicazione sugli Orientamenti per i trasporti in Europa e nelle regioni confinanti stabilendo le principali linee strategiche per la revisione delle zone paneuropee e dei “corridoi”, come pure cinque assi principali di collegamenti dell’Unione europea con i paesi confinanti nell’ambito dei nuovi dati geopolitici, in particolare del nuovo allargamento.
Ritiene la Commissione che dei 30 progetti prioritari relativi alle reti transeuropee occorre promuovere in via prioritaria quelli relativi ai cinque assi principali, in particolare i tre che riguardano il Mediterraneo: a) autostrade del mare, b) asse sudorientale per collegare l’UE con i Balcani e la Turchia e con il Medio Oriente fino all’Egitto e al Mar Rosso, e c) asse sudoccidentale per collegare l’UE con i paesi del Maghreb fino all’Egitto.
Intende la Commissione presentare iniziative concrete per potenziare le opere prioritarie nell’ambito di questi tre assi principali che riguardano il Mediterraneo? Dal 2007 lo strumento europeo di prossimità e di partnership (IEVP) contribuirà a sostenere finanziariamente i paesi vicini erogando prestiti finalizzati all’esecuzione delle opere nei settori prioritari, come pure per misure orizzontali? Può essa riferire in merito all’importo dei mutui previsti attraverso detto strumento e quale sezione riguarderà il fabbisogno per il Mediterraneo? Oltre agli strumenti finanziari europei e internazionali, può infine essa riferire quale è la partecipazione dei paesi partner a tale riguardo?
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Prima di cedere la parola al Commissario Potočnik, vorrei chiarire, in risposta all’ultima domanda dell’onorevole Kratsa-Tsagaropoulou, le differenze tra i progetti prioritari per le reti transeuropee e gli assi transnazionali. Nel 2004, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato una decisione che modificava gli orientamenti della rete transeuropea per il territorio dell’Unione europea a 27. Questa politica concentra gli investimenti su 30 assi e progetti prioritari transnazionali.
Come sa, onorevole Kratsa-Tsagaropoulou, la dotazione finanziaria della rete transeuropea dei trasporti (RTE) ammonta a 8 miliardi di euro e, con questa cifra, non sarà possibile cofinanziare tutti i progetti prioritari nella loro totalità. Sarà dunque necessario concentrare il bilancio sulle sezioni transfrontaliere e sulle strozzature, ossia sui progetti che apportano il massimo valore aggiunto europeo.
D’altra parte, il documento individua cinque grandi assi che collegano l’Unione europea ai suoi vicini. Questi cinque assi non modificano le priorità stabilite dalle reti europee dei trasporti all’interno dell’Unione europea. Il documento è in linea con la politica europea di vicinato. Questa politica è stata elaborata per evitare l’insorgere di fratture tra l’Unione europea e i suoi vicini, sia nel contesto dell’adesione, sia nell’ottica di una più stretta cooperazione.
La cooperazione euromediterranea nel settore dei trasporti è stata ritenuta, fin dall’inizio del processo di Barcellona, una delle priorità di cooperazione nel quadro del partenariato euromediterraneo. Dipende dal forum euromediterraneo dei trasporti e dai suoi gruppi di lavoro. Attualmente alla regione è stata assegnata una dotazione finanziaria di 200 milioni di euro per il finanziamento di azioni sviluppate nell’ambito della cooperazione euromediterranea nel settore dei trasporti. Si tratta principalmente di studi preliminari di fattibilità per dieci progetti di infrastrutture sugli assi prioritari di trasporto euromediterraneo.
Il costo totale dei progetti proposti nel quadro della cooperazione mediterranea è pari a 23 miliardi di euro entro il 2020 per la regione mediterranea. Ovviamente, gli stanziamenti di bilancio nazionali sono comunque fondamentali per il settore dei trasporti, in particolare per il mantenimento della rete esistente, ma anche per gli investimenti critici, specialmente a livello transfrontaliero.
La Comunità continuerà a sostenere tali azioni come in passato, attraverso l’assistenza tecnica e tramite aiuti volti a migliorare la capacità amministrativa. In alcuni casi, il sostegno potrebbe prevedere investimenti a favore di infrastrutture critiche, specialmente transfrontaliere, oppure misure orizzontali chiave.
A questo punto desidero ricordare che i nuovi mandati della Banca europea per gli investimenti prevedono una garanzia comunitaria che dovrebbe permettere alla BEI di concedere fino a un massimo di 8,7 miliardi di euro in prestiti a paesi del Mediterraneo nel periodo 2007-2013. Ripeto, prestiti pari a 8,7 miliardi di euro! Non è una cifra trascurabile.
Inoltre, la maggior parte dei programmi indicativi nazionali prevede già abbuoni di interessi per facilitare la concessione di prestiti da parte della Banca europea per gli investimenti e di altre banche per lo sviluppo.
La Commissione intende altresì creare un fondo di investimento di 700 milioni di euro in donazioni a favore della politica europea di prossimità per il periodo 2007-2013. Questo fondo permetterà di sostenere i prestiti concessi dalla Banca europea per gli investimenti e da altre banche per lo sviluppo, segnatamente nei settori dei trasporti, dell’energia e dell’ambiente.
Questa stretta collaborazione tra la Commissione e la Banca europea per gli investimenti e gli altri finanziatori deve essere rafforzata sia a livello regionale sia a livello globale. I partenariati pubblico-privato sono uno strumento promettente per la realizzazione di progetti infrastrutturali che sono vantaggiosi dal punto di vista economico, sociale e ambientale.
Per attuare il pacchetto proposto nella comunicazione, la Commissione opterà per un approccio graduale volto a rafforzare il quadro di cooperazione tra l’Unione europea e i paesi vicini. Dal 2007 la Commissione avvierà discussioni preliminari con i paesi confinanti per definire insieme a loro quadri di coordinamento strutturati ed efficaci che dovrebbero permettere l’attuazione attiva e sincronizzata di misure lungo questi assi. Spero che, a seguito di tali discussioni, la Commissione presenterà una proposta concreta. Mi auguro anche di poter presentare una relazione a metà percorso, ossia nell’autunno del 2007.
Rodi Kratsa-Tsagaropoulou (PPE-DE). – (EL) Signora Presidente, desidero ringraziare il Commissario per le informazioni che ci ha fornito sia sulla strategia dell’Unione europea sia sulle responsabilità dei paesi partner e sulla loro partecipazione.
Vorrei sapere se il Commissario è in grado di dirci se ad alcuni di questi piani verrà attribuita maggiore priorità rispetto ad altri o se sarà accordata a tutti la stessa importanza e se in autunno ci riferirà sui progressi compiuti a livello generale.
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Oggi la mia risposta non sarà completa e di questo chiedo anticipatamente scusa all’onorevole Kratsa-Tsagaropoulou. In effetti penso che questo lavoro debba continuare affinché, in autunno, io possa stabilire quali saranno le priorità.
La sua domanda è assolutamente giustificata. La comunicazione è un documento valido, ora si tratta di cominciare a definire le priorità che attribuiremo a questa politica di estensione delle reti transeuropee, una politica che la stessa Loyola de Palacio si era impegnata moltissimo a perseguire. Spero davvero che da tutto questo lavoro scaturiscano risultati positivi e non mancherò, onorevole Kratsa-Tsagaropoulou, di aggiornarla sull’evoluzione del nostro pensiero e delle nostre proposte.
Presidente. – Grazie, Commissario.
L’interrogazione n. 55 riceverà risposta per iscritto.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 56 dell’onorevole Danutė Budreikaitė (H-0112/07):
Oggetto: Nuove fonti di energia
In occasione del Michelin Challenge Bibendum, rally automobilistico “ecologico” tenutosi a Shanghai, sono stati presentati 150 prototipi di automobili tra cui Habo, un veicolo alimentato non a benzina ma a perossido di idrogeno, una sostanza che, reagendo con l’acqua, produce ossigeno.
Negli Stati Uniti circolano già decine di camion a idrogeno. Il Canada ha già compiuto molti progressi in tale ambito, mentre la giapponese Honda dovrebbe iniziare, fra tre o quattro anni, la produzione di un’automobile alimentata a perossido di idrogeno.
Potrebbe la Commissione indicare in che modo il programma di produzione di veicoli a idrogeno trova riscontro nel Settimo programma quadro di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013) e quali sono i risultati attesi?
Janez Potočnik, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, la Commissione è perfettamente consapevole dell’importante ruolo che l’idrogeno e le celle a combustibile possono svolgere per facilitare la transizione a un sistema energetico più sostenibile. L’Esecutivo, inoltre, riconosce che è fondamentale sviluppare e impiegare processi in grado di fornire le quantità di idrogeno necessarie in modo tale che sia possibile ottenere una netta riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nel rispetto della sostenibilità ambientale.
Inizialmente la maggior parte dell’idrogeno dovrebbe provenire dai combustibili fossili, senza ricorrere, in un primo tempo, alla cattura e al sequestro del carbonio, cui invece si procederà nel medio periodo. L’obiettivo di lungo periodo è produrre idrogeno da fonti energetiche prive o povere di carbonio. Nell’ambito del quinto e sesto programma quadro, i progetti hanno studiato il potenziale dell’idrogeno come vettore energetico a livello globale, valutando altresì diverse opzioni per produrlo e utilizzarlo e analizzando i pareri economici, sociali e ambientali per diversi percorsi. Nel quadro del sesto programma quadro, i finanziamenti comunitari a favore delle attività di ricerca e dimostrazione sull’idrogeno e le celle a combustibile superano i 300 milioni di euro. Circa il 20 per cento delle attività riguarda la produzione di idrogeno attraverso strumenti applicabili nel breve periodo, quali elettrolizzatori avanzati, e tecnologie a lungo termine, quali processi biologici e fotoelettrochimici. La ricerca tecnica è integrata da studi e attività di dimostrazione in campo socioeconomico.
Permettetemi di fornirvi alcuni esempi pratici. Nell’ambito del quinto programma quadro, la Commissione ha sostenuto i programmi CUTE ed ECTOS, che hanno sperimentato l’uso di 30 autobus a celle a combustibile di idrogeno e infrastrutture per l’uso dell’idrogeno in dieci città europee contribuendo ad avvalorarne la credibilità quale alternativa alla benzina e al diesel. Nell’ambito del sesto programma quadro, queste attività sono state ulteriormente ampliate con la sperimentazione di un parco auto di 200 veicoli alimentati a idrogeno, tra cui autobus, automobili e piccoli veicoli speciali nel quadro dell’iniziativa “Idrogeno per i trasporti”.
Un altro esempio di un progetto finanziato a titolo del sesto programma quadro, e i cui risultati sono stati pubblicati solo di recente, è il progetto sul motore a combustione interna a idrogeno. Si tratta di un nuovo tipo di tecnologia a idrogeno che porterà alla produzione di motori nuovi e più efficienti. Il progetto ha testato modi di produrre motori alimentati a idrogeno dotati della stessa efficienza degli attuali motori diesel, ma non inquinanti e che presentano svantaggi scarsi o nulli in termini di dimensioni e potenza del motore. Questi motori alimentati a idrogeno offrono vantaggi chiari rispetto ai motori della generazione attuale e, a livello di prestazioni e costi, sembrano competitivi rispetto ad altri sistemi proposti. Nel quadro di questo progetto, sono stati sviluppati concetti di iniezione innovativi per motori destinati ad autoveicoli, nonché a camion e autobus.
Vorrei infine fornirvi un altro esempio, che vale la pena di menzionare perché proprio la settimana scorsa ha ricevuto il premio Cartesio per la ricerca scientifica collaborativa. Si tratta del progetto Hydrosol, un reattore solare termochimico innovativo per la produzione di idrogeno per mezzo della dissociazione dell’acqua, che ricorda il noto catalizzatore delle automobili. L’integrazione dell’energia solare con sistemi in grado di catalizzare l’acqua avrà un immenso impatto sull’economia energetica a livello mondiale, poiché costituisce una promettente alternativa per fornire idrogeno solare rinnovabile a costi accessibili con emissioni di CO2 quasi pari a zero.
Ovviamente potrei citare molti altri esempi analoghi e, se l’onorevole deputata lo desidera, posso fornirle un elenco di progetti. Nell’ambito dell’attuale settimo programma quadro, appena avviato, le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione nel campo dell’idrogeno e delle celle a combustibile saranno oggetto di un’approfonditissima consultazione tra le parti interessate avviata tramite la piattaforma tecnologica europea per l’idrogeno e le celle a combustibile. Istituita nel 2004, questa piattaforma tecnologica promossa dall’industria ha fornito l’orientamento strategico di cui il settore deve dotarsi per garantire la commerciabilità di queste tecnologie.
L’allegato 4 alla decisione del Consiglio sul programma specifico “Cooperazione” cita un’iniziativa sull’idrogeno e le celle a combustibile tra le possibili iniziative tecnologiche congiunte che possono essere avviate o in base all’articolo 171 del Trattato – che potrebbe comprendere la creazione di un’impresa comune – oppure sulla base di una modifica del programma specifico conformemente all’articolo 166 del Trattato. L’iniziativa tecnologica congiunta, sotto forma di partenariato pubblico-privato a lungo termine, definirà e metterà in atto un programma europeo a obiettivi per la ricerca industriale, lo sviluppo tecnologico e la dimostrazione finalizzati a produrre tecnologie robuste dell’idrogeno e delle celle a combustibile che saranno sviluppate fino al punto da poter essere commercializzate. Uno degli obiettivi dell’iniziativa tecnologica congiunta dovrebbe essere quello di soddisfare tra il 10 e il 20 per cento della richiesta di idrogeno per applicazioni energetiche con tecnologie di produzione prive o a bassa emissione di carbonio entro il 2015. La portata e gli obiettivi precisi verranno definiti dopo l’adozione di questa iniziativa tecnologica congiunta.
Nel frattempo, i primi inviti a presentare proposte per il settimo programma quadro sono stati pubblicati il 22 dicembre e scadranno alla fine di aprile. La questione energetica comprende una serie di questioni relative a materiali innovativi per percorsi specifici per la produzione di idrogeno.
Mi sono dilungato più del previsto, ma volevo offrirvi un’ampia panoramica dei programmi e delle iniziative in corso.
Danutė Budreikaitė (ALDE). – (LT) La ringrazio per questa risposta esauriente e istruttiva. Posso affermare con autentica soddisfazione che al riguardo non siamo molto indietro rispetto alla Cina; anche noi stiamo lavorando in quest’ambito. Vorrei rivolgerle la seguente domanda: i risultati ottenuti finora sono limitati e sulle strade sono pochi i veicoli alimentati a idrogeno; è quindi possibile che l’industria automobilistica e i paesi produttori di petrolio utilizzino la loro influenza in questo senso esercitando pressioni e limitando la ricerca sull’uso dell’idrogeno?
Janez Potočnik, Membro della Commissione. – (EN) No, tutt’altro. L’Europa è invece all’avanguardia mondiale nella tecnologia dell’idrogeno. Ponendo maggiormente l’accento sulla piattaforma tecnologica europea, che si occupa della questione, ora possiamo procedere seguendo un approccio strategico e coerente. Tutti i paesi del mondo sono ancora alle prese con importanti problemi e questo significa immettere sul mercato le scoperte attuali, che permetterebbero di realizzare una vera economia dell’idrogeno. Tuttavia, credo che possiamo essere molto orgogliosi dei risultati che abbiamo ottenuto in passato e del modo in cui stiamo gestendo attualmente la situazione. Inoltre, dare rilievo alla potenziale iniziativa tecnologica congiunta è esattamente la strategia giusta per acquisire e mantenere la nostra visibilità nel settore.
Justas Vincas Paleckis (PSE). – (LT) Ringrazio il Commissario per la sua risposta davvero interessante e ottimistica sui traguardi raggiunti e gli obiettivi previsti. Vorrei tuttavia rivolgerle una domanda sul futuro: quando, a suo avviso, le automobili alimentate a idrogeno potranno competere con i veicoli a benzina o diesel ed essere vendute a prezzi equivalenti? Infine, quando saranno in grado la Commissione europea, il Consiglio europeo e il Parlamento europeo di acquistare queste automobili a idrogeno e di collocarle nei nostri garage cercando di essere un esempio per gli altri e di dimostrare che l’Unione europea è davvero all’avanguardia in quest’ambito?
Janez Potočnik, Membro della Commissione. – (EN) Ovviamente non ho una bacchetta magica per prevedere il momento esatto in cui questo avverrà, ma credo che ci stiamo orientando in tale direzione. In questo preciso momento, cercando di dotare di coerenza i nostri metodi di ricerca, sulla base di esigenze industriali dal basso verso l’alto, stiamo aumentando la possibilità di raggiungere conclusioni quanto più rapidamente possibile. Fino a quel momento, però, che sinceramente mi auguro non sia troppo lontano, dovremo guidare auto ibride. Io stesso ne possiedo una.
Paul Rübig (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, onorevole Wallis, signor Commissario Potočnik, onorevoli colleghi, questo fine settimana il Consiglio ha deciso di emanare regolamenti che impongono un aumento dell’efficienza energetica del 20 per cento entro il 2020. Crede che si potrebbero compiere progressi nell’ambito della produzione di motori diesel, in cui l’Europa eccelle, tramite una strategia che punti all’eccellenza in termini di efficienza prevedendo sforzi maggiori, all’interno del settimo programma quadro di ricerca, nella realizzazione di obiettivi di efficienza più elevati?
Janez Potočnik, Membro della Commissione. – (EN) Non è una domanda facile. Direi che gli obiettivi adottati dal Consiglio solo alcuni giorni fa sono ambiziosi ma indispensabili. Personalmente ritengo – convinzione peraltro condivisa dalla Commissione – che non esistano alternative. Penso che sia molto importante considerare i limiti posti dall’ambiente come una vera opportunità imprenditoriale, poiché credo sinceramente che chi saprà rendersene meglio conto saprà anche porsi alla guida della comunità economica in diverse aree, comprese quelle menzionate in questo caso, quali ad esempio la protezione ambientale.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 57 dell’onorevole Teresa Riera Madurell (H-0145/07):
Oggetto: Donne e scienza
Una strategia coerente con l’obiettivo di dedicare per il 2010 il 3% del PIL dell’Unione alla ricerca sarebbe quella di far sì che 8 su 1.000 persone attive in Europa fossero ricercatori, ciò che corrisponderebbe a 700.000 nuovi ricercatori adeguatamente formati. È indispensabile a tal fine che l’Europa sfrutti al massimo il suo potenziale di ricerca promuovendo, tra le altre misure, una maggiore partecipazione delle donne alla scienza e alla tecnologia. Utilizzare unicamente la metà dei cervelli non è né intelligente né efficace.
Nella ricorrenza dell’8 marzo, Giornata internazionale della donna, può la Commissione annunciare misure intese a rimediare a tale disfunzione?
Janez Potočnik, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, la Commissione è pienamente consapevole del netto squilibrio esistente tra il numero di ricercatori e di ricercatrici. Le ultime statistiche a nostra disposizione mostrano che, in tutte le discipline, le donne rappresentano più del 50 per cento dei laureati, ma solo il 15 per cento dei docenti. Nel settore scientifico, ingegneristico e tecnologico, i dati sono rispettivamente del 34 per cento per le donne laureate e del 9 per cento per le titolari di cattedre universitarie. La Commissione riconosce che si tratta di uno spreco di talento e di risorse.
Dal 1999 la Commissione ha dedicato numerosi documenti alla partecipazione delle donne alla ricerca europea. La Commissione raccoglie dati statistici affidabili al fine di avere un quadro completo della situazione, pubblicando regolarmente questi risultati in un opuscolo dal titolo “She Figures”. Questa raccolta di dati è stata pubblicata nel 2003 e nel 2006 e la prossima uscita è prevista per il 2009. A partire dal quinto programma quadro, la Commissione fornisce altresì un contributo finanziario agli studi e alle azioni in relazione alla presenza femminile nel settore scientifico. Il sesto programma quadro, inoltre, ha previsto uno stanziamento di 15,7 milioni di euro per le donne attive nel settore scientifico. Sono molti i progetti in corso, come ad esempio quelli che affrontano la necessità di fornire modelli atti a incoraggiare le donne a intraprendere una carriera scientifica.
Nel 2005, sulla scorta delle conclusioni del Consiglio “Competitività”, gli Stati membri hanno fissato l’obiettivo del 25 per cento di donne in posizioni di rilievo nel settore pubblico. A tale riguardo, un gruppo di esperti sulla presenza delle donne nei posti di responsabilità nel settore della ricerca ha iniziato a esaminare gli ostacoli burocratici e di altra natura che impediscono alle donne di raggiungere posizioni al vertice nella ricerca. Nell’ambito del programma quadro, un analogo gruppo di esperti si concentrerà sulla questione dell’eccellenza scientifica e dei potenziali pregiudizi di genere nella valutazione di tale eccellenza.
Nel settimo programma quadro la strategia rispetto alle questioni di genere si articola in tre settori principali di attività. In primo luogo, al fine di rafforzare il ruolo delle donne nella ricerca scientifica, saranno finanziati alcuni progetti mirati a confrontare i diversi programmi di azione positiva per l’inserimento delle donne in posti di responsabilità nella ricerca, che interesseranno l’Europa, gli Stati Uniti, il Canada e l’Australia.
In secondo luogo, per quanto riguarda la dimensione di genere della ricerca, tra i settori d’intervento nell’ambito del settimo programma quadro rientreranno tematiche di genere riguardo alla definizione e alla valutazione dell’eccellenza scientifica. Ad esempio, verrà finanziata grazie a questo tipo di attività un’analisi di tutte le ricerche condotte all’interno dell’UE in materia di discriminazione e svantaggi a scapito delle ricercatrici.
In terzo luogo, infine, per quanto riguarda l’integrazione delle questioni di genere nei programmi e nella politica di ricerca della Comunità, alcuni programmi di lavoro nell’ambito del programma incentrato sulla cooperazione promuovono la partecipazione delle donne. La Commissione continua inoltre a perseguire l’obiettivo del 40 per cento di presenza femminile nelle commissioni di valutazione e tale obiettivo viene verificato regolarmente.
Abbiamo altresì previsto di fornire formazione e consulenza a vari ricercatori per quanto riguarda le modalità di integrazione delle questioni di genere nella ricerca.
A prescindere dalle azioni previste nel settimo programma quadro, ci troviamo e ci troveremo di fronte a una scelta politica importante, anche per diverse organizzazioni di ricerca che partecipano al programma quadro. Riusciremo a influire soltanto limitatamente sulle realtà sul terreno in Europa. Pertanto, stiamo anche cercando nuove idee sulle modalità d’intervento della Commissione o degli Stati membri con il sostegno della Commissione. Intendiamo perciò farne una tematica a parte nel Libro verde sullo Spazio europeo della ricerca (SER). Quanto più saranno riconosciute, ad esempio, la situazione specifica e le esigenze dei ricercatori in Europa rispetto alla mobilità o alla trasferibilità dei diritti previdenziali, tanto maggiori saranno le possibilità di occuparsi del ruolo specifico delle donne nella ricerca. La Commissione esaminerà entro breve termine il Libro verde sul SER e vorrei invitare i deputati a partecipare attivamente alla discussione che ne scaturirà. Inoltre, conto molto sul vostro appoggio in relazione a questa e ad altre questioni.
Concludendo, vorrei sottolineare che la strategia a lungo termine che abbiamo scelto si basa su un impegno costante e un sostegno continuo alla promozione del ruolo delle donne nel mondo della scienza, attraverso le misure e le attività cui ho appena accennato.
Teresa Riera Madurell (PSE). – (ES) La ringrazio, Commissario Potočnik. Le sue proposte mi sembrano molto appropriate. Come ha espresso chiaramente, l’Europa deve avvalersi al massimo del proprio potenziale nell’ambito della ricerca e, in questo senso, le donne eccellenti devono poter godere delle stesse opportunità degli uomini di pari capacità. Tuttavia ciò non sempre avviene nella pratica.
Vorrei inoltre chiederle in che misura la Commissione — senza rinunciare, logicamente, all’eccellenza come primo criterio —, potrebbe considerare, in sede di valutazione dei progetti, anche l’equilibrio tra i generi, come ha già fatto in altre occasioni, o anche tener conto della circostanza quando i progetti sono diretti da donne.
In secondo luogo vorrei chiederle se la Commissione intende adottare misure finalizzate a garantire una composizione equilibrata dal punto di vista del genere dei comitati di programma, dei gruppi di alto livello, dei gruppi di lavoro, eccetera, nonché di tutte le altre attività finanziate dall’Unione europea.
Janez Potočnik, Membro della Commissione. – (EN) Gli obiettivi del settimo programma quadro sono esattamente gli stessi del programma precedente, sebbene gli strumenti siano stati lievemente modificati.
I programmi di lavoro promuoveranno la partecipazione femminile nell’ambito della ricerca e faranno risaltare l’importanza del genere in specifici settori. Attraverso progetti di vasta portata si avrà la possibilità di intraprendere ed incoraggiare azioni mirate all’uguaglianza di genere, che saranno rimborsabili proprio come altre attività nell’ambito di tali progetti.
Vorrei tuttavia ribadire la necessità di dare un buon esempio, cosa che intendiamo fare, sebbene siamo tutti consapevoli che non possiamo risolvere il problema senza guardare al di là del portafoglio della ricerca. Le difficoltà che stiamo attualmente affrontando rientrano in un quadro più ampio della realtà, che delinea questa situazione ingiusta e sfavorevole nella quale non stiamo utilizzando tutto il nostro potenziale cognitivo. Per questa ragione ritengo che sia molto importante la discussione che seguirà, in quanto verterà specificamente anche su questo tema.
Per quanto concerne le modalità pratiche adottate, vi darò un esempio di come abbiamo affrontato la questione delle commissioni di valutazione, nelle quali vorremmo perseguire l’obiettivo del 40 per cento di presenza femminile. L’articolo 17 delle regole di partecipazione al settimo programma quadro precisa che nella selezione di esperti indipendenti siamo chiamati a garantire un ragionevole equilibrio di genere. La partecipazione femminile alle commissioni di valutazione è aumentata dal momento in cui la Commissione, nel 1999, ha stabilito il summenzionato obiettivo, passando dal 22 per cento nel 1999 al 30 per cento nel 2005. Purtroppo non dispongo ancora dei dati relativi al 2006.
Se confrontiamo questi dati con la percentuale di donne che risulta all’interno dalle nostre banche dati di esperti, pari solo al 25 per cento, appare chiaramente che stiamo facendo del nostro meglio. La Commissione incoraggia inoltre le donne esperte a registrarsi nella nostra banca dati. La piattaforma europea delle scienziate, creata alla fine del 2005, fornirà un valido contributo in questo senso. Questi sono gli obiettivi che intendiamo perseguire.
Danutė Budreikaitė (ALDE). – (LT) Vorrei esaminare più diffusamente la questione, per quanto riguarda non soltanto la partecipazione femminile alla ricerca, ma anche quella maschile. Nella competizione con gli Stati Uniti, l’Europa sta uscendo sconfitta. Sempre più scienziati (uomini e donne) stanno scegliendo gli Stati Uniti, perché ricevono una retribuzione maggiore e godono di condizioni lavorative migliori. Cosa abbiamo intenzione di fare affinché i nostri scienziati restino in Europa e anche altri decidano di stabilirsi qui?
Janez Potočnik, Membro della Commissione. – (EN) Questo è un altro aspetto della questione che merita la dovuta attenzione. La mobilità delle persone è fondamentale per il successo della ricerca condotta in Europa o in qualsiasi parte del mondo, poiché è attraverso la mobilità delle menti che si ottengono menti feconde. Naturalmente nessuno di noi auspica che le persone che hanno ottenuto un’istruzione all’interno del proprio paese – almeno al livello di scuola superiore – finiscano per lasciarlo e stabilirsi all’estero. Se ciò avviene è ovvio che occorra stabilire legami stretti con le persone che vivono al di fuori dei nostri paesi, per esempio negli Stati Uniti. Abbiamo ideato un programma speciale all’interno del settimo programma quadro che sta portando avanti proprio questo tipo di attività. E’ pertanto estremamente importante creare una sorta di rete di collegamento con coloro che si trovano all’estero, affinché il loro contributo non vada perso.
La fuga di cervelli, tuttavia, costituisce una questione da affrontare con molta serietà. In Europa i dati recenti non sono troppo preoccupanti: infatti, pur riscontrando differenze tra gli Stati membri, in molti paesi un gran numero di università molto prestigiose stanno anche registrando un ampio afflusso di studenti nell’Unione europea. Recentemente mi sono recato in visita in India, dove ho appreso che 17 000 studenti si spostano ogni anno dall’India verso il Regno Unito per studiare su territorio europeo. Ritengo che un simile afflusso sia un segnale positivo ed importante, che abbiamo il dovere di promuovere.
La fuga di cervelli, tuttavia, è un’altra questione. Dobbiamo prestarvi attenzione, anche se vi sono molte ragioni alla base di questo fenomeno, come per esempio il fascino della carriera, la trasferibilità sociale, i diritti pensionistici, e molti di questi fattori sono connessi fra loro. Non esiste una risposta semplice a questo genere di problema.
Presidente. – Grazie, Commissario Potočnik.
Passiamo ora alle interrogazioni rivolte al Commissario Verheugen.
Desidero informare i colleghi che il Tempo delle interrogazioni si prolungherà di circa 20 minuti oggi. Ringrazio anticipatamente gli interpreti per la disponibilità.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 58 dell’onorevole Sarah Ludford (H-0075/07):
Oggetto: Contraffazione di medicinali
Nella sua risoluzione del settembre 2006 sulla contraffazione di medicinali (P_TA(2006)0351), il Parlamento europeo ha invitato la Comunità a dotarsi urgentemente dei mezzi per svolgere con efficacia la sua lotta contro le pratiche mafiose nel settore della pirateria e della contraffazione di medicinali, esortato la Commissione ad andare oltre la sua comunicazione intitolata “Strategia mirante a assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale nei paesi terzi” e incoraggiato l’Unione europea a prendere le misure adeguate per lottare contro il flagello della contraffazione dei medicinali sul proprio territorio.
Quali iniziative concrete ha avviato la Commissione dal settembre 2006 per lottare contro la contraffazione di medicinali nell’Unione europea e all’estero? In particolare, quali misure ha preso per rafforzare i controlli sui prodotti farmaceutici venduti attraverso Internet?
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Signora Presidente, la Commissione è consapevole che la contraffazione di farmaci – come l’onorevole deputata ha appena affermato – costituisce un problema globale che potrebbe nuocere gravemente alla salute. Per questo ce ne stiamo occupando con estrema attenzione e non vi nascondo di essere estremamente preoccupato a tale riguardo.
La Commissione ha elaborato una strategia generale contro la contraffazione di farmaci nell’Unione europea e, vista la portata internazionale del problema, si è preoccupata di riallacciarsi alle attività dei partner internazionali, come per esempio l’Organizzazione mondiale della sanità e il Consiglio d’Europa, e di integrarle.
La normativa comunitaria che permette alle autorità di sequestrare i farmaci contraffatti, introdotti o trovati sul mercato comunitario, si articola in una legislazione comunitaria in materia di farmaci, nell’azione delle autorità doganali e nell’affermazione dei diritti di proprietà intellettuale. La principale competenza per l’approvazione delle norme vigenti spetta agli Stati membri.
Negli ultimi cinque anni gli Stati membri hanno scoperto 27 casi di contraffazione di farmaci nella catena di approvvigionamento legale sul mercato UE e 170 sul mercato nero. Se tale dato può non apparire eccessivo, nondimeno il sequestro di farmaci contraffatti effettuato dai doganieri anche alle frontiere esterne lascia pensare ad un notevole incremento nel corso degli ultimi anni.
Le statistiche per il 2005 mostrano che i doganieri hanno sequestrato 560 000 farmaci contraffatti alle frontiere esterne dell’UE nel suddetto anno. Da una prima analisi delle cifre relative agli Stati membri per il 2006 emerge che nell’anno in questione sono stati probabilmente sequestrati dai doganieri più di 1,5 milioni di farmaci contraffatti. Si tratta di un drammatico aumento.
Nella comunicazione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale, nella quale si chiedeva in che modo le autorità doganali avrebbero risposto ai recenti sviluppi relativi alla contraffazione e alla pirateria di merci e prodotti, la Commissione ha presentato un piano di azione recante una serie di misure concrete per la lotta alla contraffazione.
Si sta già lavorando a due delle più importanti misure: la creazione di un sistema elettronico per lo scambio rapido di informazioni tra le autorità riguardanti i rischi dei nuovi tipi di contraffazione e l’istituzione di un sistema mediante il quale le imprese possano trasmettere rapidamente alle autorità doganali le informazioni necessarie sulle contraffazioni, affinché le suddette autorità possano intervenire a tale riguardo. Nel marzo 2006, inoltre, la Commissione ha messo in guardia dall’offerta di farmaci contraffatti su Internet, al fine di sensibilizzare il pubblico a questo problema.
Con questa esortazione, la Commissione ha pubblicamente annunciato che avrebbe elaborato un progetto per analizzare la situazione e avrebbe verificato, in collaborazione con gli Stati membri, con l’Agenzia europea per i medicinali e con i partner internazionali, se la tutela della salute pubblica richieda un intervento. Il progetto si occuperà, fra l’altro, del commercio di farmaci contraffatti su Internet.
La Commissione intende basarsi su questa analisi, per la quale sono già iniziati i lavori, ed elaborerà soluzioni politiche, provvedendo inoltre a colmare eventuali lacune legislative. Qualora necessario, occorrerà modificare la normativa comunitaria in materia di farmaci. Queste proposte di soluzione saranno naturalmente basate su valutazioni dell’impatto, ma desidero assicurarvi che faremo tutto il possibile anche in futuro per impedire il commercio di farmaci contraffatti sul nostro mercato e per tutelare la salute dell’umanità dalle minacce che ne derivano.
Sarah Ludford (ALDE). – (EN) Grazie, signor Commissario. Attendo con impazienza il piano d’azione, ma temo che la portata della risposta non sia adeguata all’entità del problema. Due settimane fa l’International Narcotics Control Board (ente internazionale per il controllo degli stupefacenti) ha fatto riferimento ad una “ondata di medicinali contraffatti”, affermando che nei paesi in via di sviluppo il 25-50 per cento dei medicinali è probabilmente contraffatto, e in Europa, come lei ha affermato, le vendite tramite Internet rappresentano uno dei problemi maggiori. Possiamo contribuire ad individuare le persone e le società che si trovano dietro i siti Internet illegali?
E’ possibile agire, pur continuando a preservare le possibilità del commercio parallelo, affinché si garantisca che l’illegalità non penetri in quest’ultimo?
Cosa pensa di un divieto di riconfezionamento dei medicinali?
Quali sono le lacune legislative che intende colmare?
Potremmo ipotizzare una legislazione penale per uniformare le definizioni e le sanzioni per i reati nell’ambito del terzo pilastro relativo all’applicazione della legislazione? Ritengo semplicemente che occorra rendersi conto dell’urgenza di simili interventi. Si tratta di una situazione che uccide la gente e nuoce gravemente alla salute.
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Onorevole Ludford, non posso fare altro che concordare con tutto ciò che ha detto. Il progetto di cui ho parlato deve costituire un’integrazione delle attuali misure internazionali già adottate dall’Organizzazione mondiale della sanità e dal Consiglio d’Europa, elaborando una soluzione sul genere di TeleMed per l’Europa, mentre il progetto dedicato al commercio parallelo affronterà nello specifico gli aspetti riguardanti la sicurezza dei pazienti.
Al fine di risolvere realmente il problema, occorre innanzi tutto sapere quale sia precisamente la situazione dei vari paesi. Abbiamo pertanto richiesto agli Stati membri di fornirci le informazioni necessarie. Ritengo che entro la fine di quest’anno avremo tutte le informazioni che occorrono e saremo pertanto in grado di prendere le decisioni necessarie.
Condivido la sua opinione a proposito della situazione nei paesi in via di sviluppo, che ritengo profondamente scandalosa. Quando ne abbiamo discusso in questa sede negli anni scorsi, ho dichiarato che avremmo fatto tutto il possibile per aiutare i paesi in via di sviluppo nella creazione di strutture mirate a garantire che i farmaci, che si stavano diffondendo sui rispettivi mercati, fossero conformi agli standard internazionali. Il problema è che in numerosi paesi in via di sviluppo non ci sono proprio le strutture amministrative addette al controllo adeguato di queste situazioni. Mi trovo pertanto concorde con il collega Louis Michel sull’importanza fondamentale, in termini di sviluppo, di un potenziamento del nostro impegno finalizzato ad aiutare i paesi in via di sviluppo a conseguire questo obiettivo.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 59 dell’onorevole Marie Panayotopoulos-Cassiotou (H-0076/07):
Oggetto: Misure a sostegno dell’imprenditoria europea
Nel quadro della strategia di Lisbona, della Strategia europea per lo sviluppo e l’occupazione e dell’Agenda europea per l’imprenditorialità, con quali misure la Commissione europea intende sostenere l’imprenditorialità privata, specie dei giovani, e favorire la creazione di un ambiente idoneo per chi si assume rischi, tenendo presente l’obiettivo di ammodernare, sviluppare e rendere competitiva l’economia europea?
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) E’ un tema che mi preoccupa in modo particolare. L’economia europea non è dinamica come potrebbe essere e non crea tutti i posti di lavoro che potrebbe creare soprattutto perché non ci sono abbastanza imprese. Il motivo per cui non abbiamo abbastanza imprese è che non abbiamo in Europa un numero sufficiente di persone disposte ad avviare un’iniziativa imprenditoriale e ad assumersi tale rischio.
Pertanto la risposta più rilevante alla sua interrogazione è che nelle nostre stesse società deve crescere la consapevolezza che sono le imprese che creano posti di lavoro, che occorrono imprese che abbiano il coraggio di farlo e che si deve considerare l’attività imprenditoriale un atto socialmente responsabile e socialmente utile. In altre parole dobbiamo assicurare un maggior consenso a livello sociale all’iniziativa imprenditoriale. Negli ultimi due anni la Commissione ha sviluppato diverse iniziative in tale ambito.
Nell’ambito dell’Agenda europea per l’imprenditorialità l’anno scorso è stata pubblicata una relazione intermedia dalla quale emerge che gli strumenti finanziari comunitari per le imprese sono stati fortemente potenziati e che abbiamo dato l’impulso per la fondazione di minisocietà da parte di studenti di scuole e università, affinché essi possano apprendere l’imprenditorialità. Per mettere in contatto i partner commerciali abbiamo a disposizione la banca dati amministrata dagli Euro Info Centre.
Per poter promuovere la crescita e l’occupazione, l’Europa deve predisporre un quadro sociale generale che favorisca l’iniziativa imprenditoriale. Poiché la mentalità si forma in una fase precoce della vita, la formazione può offrire un contributo essenziale per sostenere positivamente l’imprenditorialità. Sulla base del lavoro svolto negli Stati membri, nel febbraio 2006 la Commissione ha potuto approvare una comunicazione intitolata “Stimolare lo spirito imprenditoriale attraverso l’istruzione e l’apprendimento”.
L’obiettivo che vorrei raggiungere è che tutti gli scolari e gli studenti europei abbiano la possibilità durante il loro percorso scolastico e accademico di venire in contatto con la realtà imprenditoriale. In molti paesi europei si possono già riscontrare prassi esemplari al riguardo, ma diversi Stati presentano ancora notevoli carenze.
Al momento la Commissione è impegnata attivamente a diffondere una mentalità imprenditoriale a livello universitario. Sappiamo dagli Stati Uniti che la loro esperienza è estremamente positiva. Le università che offrono una formazione imprenditoriale pratica e teorica riferiscono risultati eccezionali, nel senso che la percentuale di laureati di queste università che, dopo il corso di studi, risulta propensa a fondare un’impresa è decisamente maggiore che da noi.
Ci sono ancora altri tre punti importanti grazie ai quali potremmo contribuire ad agevolare la fondazione di imprese. In primo luogo mi riferisco all’intero progetto “Legiferare meglio”, volto alla semplificazione legislativa e allo snellimento burocratico. Molti soggetti esitano ad avviare un’attività anche perché credono di dover rispettare troppe norme che sono per di più eccessivamente complicate.
Secondo punto: poiché molti rinunciano a priori ad avviare un’attività perché pensano che sia troppo complicato, l’anno scorso abbiamo proposto al Consiglio europeo che gli Stati membri si impegnino a limitare i tempi necessari per costituire una società a una settimana. Questo obiettivo dovrebbe essere raggiunto entro la fine dell’anno in tutti i paesi membri.
Infine, vorrei ricordare che dedichiamo molta attenzione alla questione dell’incidenza negativa dei fallimenti. Come ci comportiamo di fronte al naufragare di un primo tentativo? Sappiamo che in America non è un problema se una prima esperienza commerciale fallisce. In molti paesi europei dopo il primo esito negativo si è definitivamente segnati.
L’ultimo punto che vorrei menzionare è il problema dei finanziamenti, che rappresenta un aspetto cruciale per l’avvio di nuove imprese. La Commissione ha notevolmente ampliato le relative opportunità di finanziamento per il periodo 2007-2013. La quota più cospicua del programma per la competitività e l’innovazione è destinata a strumenti di finanziamento: in tale ambito mettiamo a disposizione oltre un miliardo di euro per crediti e garanzie, per agevolazioni fideiussorie a livello nazionale e altri moderni strumenti finanziari, tra cui l’apporto di capitale di partecipazione. Questo programma riscuote un ottimo consenso tra le piccole e medie imprese.
Nel complesso quindi abbiamo adottato tutta una serie di misure che mi auguro favoriscano la nascita di imprese in Europa.
Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE) – (EL) Signora Presidente, ringrazio il Commissario per l’esauriente risposta fornitami. Mi consenta di chiedere la sua opinione sulla possibilità di calcolare il capitale che ciascun giovane apporta, non in termini di beni materiali ma di risorse intellettuali, in modo che questo possa diventare un criterio di ammissibilità nella costituzione di società. Lei ha sottolineato l’importanza della formazione, ma come si misurano le qualifiche dei giovani?
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Lei ha sollevato una questione decisamente importante, cui però non posso rispondere in quanto la Commissione non assegna risorse a singole imprese. La domanda va rivolta alle banche. Come reagiscono le banche quando si rivolge loro qualcuno con una buona idea, una buona formazione e doti imprenditoriali? Sono in grado di riconoscere questo talento, il coraggio di realizzare qualcosa, e lo incoraggiano, o tengono un atteggiamento burocratico? Ritengo che gli istituti di credito europei farebbero bene a comportarsi come lei ha detto, ovvero a tener conto, nell’analisi dell’affidabilità di un cliente, delle capacità del soggetto che intende fondare un’impresa, del suo talento, delle sue conoscenze e competenze. Possiamo solo incoraggiare le banche a seguire questa linea. Non possiamo però costringerle.
Danutė Budreikaitė (ALDE). – (LT) Mi è capitato di vedere alcuni dati e analisi da cui emerge che solo il 10 per cento dei partecipanti al mercato del lavoro può diventare imprenditore, avviare una propria attività e fare il datore di lavoro. Il restante 90 per cento ha solo le capacità di operare come lavoratore dipendente. Pensa che le varie attività di programma previste potranno accrescere il numero di persone più intraprendenti nella nostra società?
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Chiunque soddisfi i requisiti di legge può diventare imprenditore. In teoria possiamo immaginare una società costituita al 100 per cento da imprenditori, visto che non ci sono limitazioni in proposito. Gli ostacoli risiedono piuttosto in quello che vi ho detto: in Europa in alcuni paesi regna una cultura per cui la gente preferisce lavorare come dipendente e non assumersi i rischi di un lavoro autonomo. Potrei dirvi di quali Stati si tratta. Comunque ci sono anche gli ostacoli che ho menzionato.
La decisione di diventare imprenditori spetta a ciascun interessato. Non possiamo obbligare nessuno. L’unica cosa che possiamo fare – e in effetti la facciamo in un modo che finora non era possibile in Europa – è incoraggiare le persone a compiere il passo dell’imprenditorialità, e facilitare loro questa scelta per quanto in nostro potere. Sono abbastanza certo che avremo risultati positivi, ma non è un progetto a breve termine, anzi necessita di un’impostazione di ampio respiro.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 60 dell’onorevole Glenis Willmott (H-0085/07):
Oggetto: Ingegneria nell’Unione europea
Nell’ambito dell’Agenda di Lisbona sono stati delineati come obiettivi principali lo sviluppo delle potenzialità nonché la crescita economica e occupazionale in Europa. Tuttavia il settore ingegneristico, che potrebbe contribuire in maniera determinante al conseguimento di tali obiettivi, è troppo spesso trascurato in Europa. In Cina i laureati in ingegneria sono un milione l’anno e si conferma la tendenza all’aumento delle iscrizioni. Se confrontiamo tali cifre con quelle dell’EU, un numero inferiore di laureati (circa 170.000) ed una diminuzione delle iscrizioni nell’Unione europea. Nel solo Regno Unito è stato stimato che per il 2012 il numero di giovani laureati e di apprendisti non basterà a coprire la domanda del settore manifatturiero ed ingegneristico. Come pensa la Commissione di rispondere alla sfida lanciata dalle nuove economie emergenti e di assumere e formare la forza lavoro necessaria in Europa?
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) La Commissione conviene con l’onorevole parlamentare che le discipline ingegneristiche sono particolarmente importanti per l’economia europea nel suo complesso, soprattutto per quanto riguarda la nostra strategia per una maggiore crescita e occupazione. Il lavoro ingegneristico è essenziale per molti settori dell’economia e pertanto merita la nostra piena attenzione.
Alla fine del 2005 è stato istituito un gruppo di lavoro ad alto livello, il “Dialogo sulle politiche per l’ingegneria meccanica”, incaricato di svolgere un’analisi approfondita della competitività del settore. Questa iniziativa fa seguito a un’azione analoga avviata in altri settori industriali e a breve ne verranno intraprese altre.
I primi risultati riscontrati dal gruppo di lavoro dimostrano che i problemi della formazione e della qualificazione costituiscono una sfida seria per l’industria manifatturiera. Non solo il numero assoluto del giovane personale tecnico che entra nella vita lavorativa è inadeguato, ma sussistono problemi anche riguardo alla capacità di mantenere personale qualificato all’interno dell’industria e all’immagine pubblica del settore ingegneristico. Esistono altresì problemi riguardo al necessario adattamento ai vari cambiamenti attualmente in corso.
La Commissione sta esaminando tali questioni insieme all’industria e agli Stati membri. Poiché la Commissione ha solo una competenza molto limitata nell’ambito della formazione professionale, è particolarmente importante che altri gruppi e parti interessate apportino il loro contributo. In particolare, la Commissione sta confrontando i diversi approcci adottati dagli Stati membri per individuare le migliori soluzioni possibili e definire il giusto quadro per lo sviluppo dell’innovazione. Gli Stati membri devono fare di più, soprattutto riguardo ai contenuti dei corsi, all’apprendimento permanente e alla mobilità dei lavoratori; è invece compito dell’industria definire accuratamente i requisiti futuri e rendere più attraenti le occupazioni tecniche.
Tutto ciò fa parte dell’approccio della Commissione alla politica industriale e quest’anno aggiorneremo Parlamento e Consiglio sui progressi registrati dalle nostre proposte in materia di politica industriale.
Glenis Willmott (PSE). – (EN) Nella mia regione, le Midlands orientali, abbiamo un ottimo esempio di un progetto che ha adottato un approccio proattivo ai cambiamenti strutturali nella regione. Questo progetto, finanziato in parte con risorse comunitarie, ha messo a punto un’unità mobile che si reca direttamente dalle persone nelle aree interessate. L’unità si dirige verso zone in cui esistono problemi specifici di licenziamenti e ridistribuzione dell’organico. Questo centro risorse mobile offre sostegno vitale sia ai lavoratori che sono interessati da una ridistribuzione o che necessitano di una riqualificazione professionale, sia alle imprese che hanno bisogno di accedere immediatamente a una riserva di manodopera altamente qualificata e competente. Tale unità si reca anche nelle scuole per incoraggiare gli alunni a scegliere studi di ingegneria.
Che cosa sta facendo la Commissione per promuovere azioni pratiche di questo tipo e incoraggiare altri paesi a adottare formule analoghe?
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Onorevole Willmott, penso che queste misure siano finanziate a titolo dei Fondi strutturali europei, per i quali – come sa – non sono competente. Non intendo dire ai Commissari competenti, Hübner e Špidla, che cosa devono fare. Ritengo tuttavia che riconoscano entrambi l’importanza di questo progetto. Coglierò l’opportunità offerta dalla sua interrogazione per parlare con i colleghi Hübner e Špidla, chiedere loro qual è stata l’esperienza in materia e invitarli anche a continuare a sostenere tali iniziative qualora ciò risultasse utile.
Presidente. – Annuncio l’
interrogazione n. 61 dell’onorevole Georgios Papastamkos (H-0099/07):
Oggetto: Emissione di biossido di carbonio dalle autovetture
Il Commissario Verheugen sembra essere contrario alle proposte del collega Dimas che vorrebbe imporre a tutte le categorie di autovetture l’obbligo di ridurre le emissioni di biossido di carbonio, e chiede “un approccio maggiormente integrato”. Tra i parametri in questione figura anche il regime d’uso dei biocarburanti, che si ricollega a una questione molto importante e sensibile per l’agricoltura greca, cioè le difficoltà incontrate dai produttori di zucchero. Può il Commissario precisare se e in che cosa la sua posizione è diversa da quella del Commissario Dimas? Per quanto riguarda in particolare i biocarburanti, è in grado di avanzare qualche proposta concreta?
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Onorevole Papastamkos, devo ammettere che non so proprio su quali basi si fondi la sua interrogazione né da cosa sia stata determinata l’impressione che ne traspare. Il presupposto su cui si basa è completamente sbagliato.
Il Commissario Dimas ed io non siamo stati né siamo minimamente in disaccordo riguardo all’imposizione di un limite massimo per le emissioni di biossido di carbonio, anzi. Entrambi siamo stati i primi a dire, nel dicembre dell’anno scorso, che sono necessarie misure legislative. Nel novembre 2006 ho annunciato qui al Parlamento che avremmo stabilito misure normative con limiti vincolanti.
A tale proposito, ci basiamo sulle raccomandazioni del gruppo ad alto livello CARS21, in merito al quale ho riferito al Parlamento. Questo gruppo aveva raccomandato l’“approccio integrato”, e la Commissione lo ha incluso nella sua decisione, che è stata adottata con il consenso mio e del Commissario Dimas. Grazie all’approccio integrato sarà anche possibile ricorrere maggiormente ai biocarburanti per realizzare l’obiettivo di ridurre le emissioni di una media di 120 g/km di CO2 per il parco automobilistico europeo.
Ho concesso diverse interviste proprio su questo argomento prima e dopo la decisione della Commissione, rilevando quanto sia importante innalzare ora la quota di biocombustibili. Sono quindi molto soddisfatto che la settimana scorsa il Consiglio europeo abbia deciso di accogliere la proposta mia e della Commissione di innalzare la quota di biocarburanti almeno al 10 per cento del consumo di combustibile in Europa nei prossimi anni. Posso pertanto garantirle che sulla questione non solo non vi sono divergenze di opinione tra me e il Commissario Dimas, ma che stiamo lavorando insieme per fare tutto il possibile affinché sia possibile realizzare gli obiettivi stabiliti dalla Commissione.
Georgios Papastamkos (PPE-DE). – (DE) Ritengo che sia perfettamente comprensibile che vi siano divergenze di opinione in seno a organismi vivaci e altamente produttivi come la Commissione.
Vorrei tuttavia ricevere indicazioni più precise sui parametri per l’uso dei biocarburanti. Questo è il punto chiave della mia interrogazione, in particolare dopo le improvvise modifiche apportate alla politica agricola europea riguardo al regime dello zucchero, modifiche che hanno ripercussioni negative sui produttori di barbabietola da zucchero, specialmente nella regione dalla quale provengo. Vorrei ricevere informazioni da lei, signor Commissario, sul potenziale per la produzione di biocarburanti. Vorrei che, nella sua risposta alla mia domanda complementare, si concentrasse su questo aspetto.
Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Onorevole Papastamkos, come lei sa, la Commissione ha definito parametri solo nella sua decisione sulle emissioni di CO2 da parte dei veicoli. Uno di questi parametri è l’aumento della quota di biocarburanti. Finora non esiste alcun programma specifico che disciplini il modo di ottenere tale aumento nel contenuto di biocarburanti, soprattutto perché il Consiglio europeo ha accolto la proposta della Commissione solo venerdì scorso. La Commissione formulerà ora molto rapidamente le debite proposte. Posso tuttavia dirle che, secondo il parere generale, in Europa potremo risolvere il problema mescolando i biocombustibili con i carburanti tradizionali prodotti nelle raffinerie. Siamo convinti che dobbiamo concentrarci sui combustibili di seconda generazione per evitare effetti collaterali nocivi dal punto di vista ambientale.
La politica agricola comune sostiene i biocombustibili attraverso il regime di pagamento unico per superficie. Come sapete, gli agricoltori non possono coltivare piante alimentari su terreni ritirati dalla produzione, ma possono coltivare piante non alimentari, tra cui piante per la produzione di biocarburanti. La produzione di queste colture, compresa la barbabietola da zucchero, può essere sostenuta concedendo premi di 45 euro per ettaro a favore delle piante utilizzate per l’energia. Ora questa regola è stata estesa a tutti gli Stati membri. La nuova politica comunitaria per lo sviluppo rurale e regionale prevede anche misure di sostegno per le energie rinnovabili, contemplate altresì dal programma quadro di ricerca, che si concentra essenzialmente sui biocarburanti di seconda generazione.
Presidente. – Grazie, signor Commissario e onorevoli colleghi. Ringrazio gli interpreti per la loro disponibilità nonostante sia stato superato il tempo previsto.
Le interrogazioni che, per mancanza di tempo, non hanno ricevuto risposta, la riceveranno per iscritto (vedasi allegato).
Con questo si conclude il Tempo delle interrogazioni.
(La seduta, sospesa alle 19.35, riprende alle 21.00)
16. Commercializzazione di carne di bovini di età non superiore a dodici mesi (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0006/2007), presentata dall’onorevole Bernadette Bourzai a nome della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo alla commercializzazione della carne ottenuta da bovini di età non superiore a dodici mesi [COM(2006)0487 – C6-0330/2006 – 2006/0162(CNS)].
Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, prima di entrare nei dettagli della relazione, desidero ringraziare la relatrice, onorevole Bourzai, e la commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale per l’ottimo lavoro svolto su questo tema piuttosto delicato, vale a dire la commercializzazione della carne ottenuta da bovini di età non superiore a 12 mesi.
La relazione è una risposta alla richiesta fatta dal Consiglio a metà del 2004 di un’armonizzazione della definizione di vitello all’interno della Comunità europea. E’ stata preceduta da un lungo processo di consultazione che ha coinvolto diverse parti interessate ed esperti degli Stati membri, durante il quale la Commissione ha dimostrato la sua disponibilità a tenere conto il più possibile delle tradizioni e delle abitudini nei diversi Stati membri. La Commissione ha anche considerato la caratteristica fondamentale del consumo e della produzione di vitello all’interno dell’Unione europea. Il testo consente di affrontare i problemi principali riguardanti la commercializzazione della carne di questi giovani animali e penso che offra una risposta equilibrata alla maggior parte delle preoccupazioni che sono state sollevate.
Per la prima volta, ora è possibile giungere a un accordo su questa difficile questione. Molti degli emendamenti che sono stati proposti o introdotti mirano a semplificare la proposta della Commissione per cercare di ridurre il più possibile la burocrazia, gli oneri amministrativi e il costo, e in linea di principio questi emendamenti non dovrebbero creare problemi. Attendo con ansia di ascoltare la discussione, con l’auspicio che si possa trovare una soluzione.
Bernadette Bourzai (PSE), relatore. – (FR) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, voglio innanzi tutto ringraziarvi tutti per la collaborazione e congratularmi con i funzionari della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale e della Commissione europea, che mi hanno fornito l’appoggio tecnico necessario.
Si tratta di una questione delicata in merito alla quale gli Stati membri e la Commissione europea cercano un accordo dall’inizio degli anni ’90, come ha ricordato poc’anzi il Commissario.
Il nodo del problema è che in genere quando si vende carne di vitello non viene fatto alcun riferimento al tipo di alimentazione somministrata agli animali né all’età di questi ultimi al momento della macellazione, benché le pratiche di allevamento differiscano molto da uno Stato membro all’altro. Di conseguenza, a causa di interpretazioni divergenti, gli operatori e i consumatori si ritrovano di fronte a prodotti molto diversi, ma venduti con un’unica denominazione: vitello.
Come la Commissione europea ha sottolineato, questa pratica è tale da perturbare gli scambi commerciali e da favorire l’insorgere di condizioni di concorrenza sleale. Gli studi condotti in materia dimostrano che il termine “vitello” costituisce una denominazione di vendita a valore aggiunto che un certo numero di operatori utilizza per beneficiare di prezzi di mercato nettamente superiori, commercializzando di fatto carne di giovani bovini con qualità organolettiche molto differenti.
Su richiesta di vari Stati membri e del settore europeo della carne bovina, che auspicavano un chiarimento, la Commissione ha elaborato la sua proposta iniziale, che mi sembra del tutto appropriata.
La Commissione propone di stabilire denominazioni di vendita precise in funzione dell’età al momento della macellazione, che è un criterio abbastanza significativo e più facile da controllare rispetto all’alimentazione. Propone di creare due categorie e di utilizzare una lettera per identificarle: “X” per gli animali macellati tra zero e otto mesi di età e “Y” per gli animali macellati tra nove e dodici mesi di età, lettere che la commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo ha preferito sostituire con “V” e “Z” per evitare confusioni legate al sesso dell’animale.
Per la prima categoria, la denominazione di vendita continuerà a essere “vitello”; per la seconda, si utilizzerà un’altra terminologia: “jeune bovin” in francese, “vitellone” in italiano, eccetera. A tale riguardo, vi rinvio all’allegato II, punto B, del regolamento.
E’ prevista un’eccezione per la commercializzazione sul mercato nazionale in quattro paesi – Danimarca, Grecia, Spagna e Paesi Bassi – dove, per tenere conto degli usi locali e delle tradizioni culturali, si potrà continuare a usare il termine “vitello” anche per la seconda categoria.
I termini “vitello”, “carne di vitello” e qualsiasi altra denominazione di vendita definita nella proposta non potranno più essere utilizzati per l’etichettatura di carne ottenuta da animali di età superiore a dodici mesi. Gli operatori che desiderano completare le denominazioni di vendita previste in questa proposta con altre informazioni fornite a titolo volontario, come ad esempio il tipo di alimentazione, potranno farlo. Ad esempio, provenendo dalla regione del Limousin, potrei parlarvi del “vitello bianco”.
Ho voluto proporre alcune modifiche della proposta iniziale della Commissione europea per rendere questa legislazione più coerente e vincolante e ringrazio i colleghi per avermi sostenuta. In particolare ho chiesto l’instaurazione di un regime di sanzioni in caso di mancata osservanza delle regole e ho proposto emendamenti mirati a includere nel campo di applicazione del regolamento le preparazioni a base di carne destinate al consumo umano, i prodotti elaborati, trasformati o cotti. Ho insistito anche affinché la denominazione di vendita sia utilizzata in ogni stadio della produzione e della commercializzazione.
Ritengo peraltro che alcuni punti non siano accettabili e rischino di alterare l’equilibrio della proposta di regolamento. Si tratta degli emendamenti nn. 8 e 12 adottati in seno alla commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale. L’emendamento n. 8 lascia supporre che le denominazioni d’origine e IGP (indicazioni geografiche protette) registrate dopo la pubblicazione di questo regolamento potrebbero essere oggetto di deroga, il che non è coerente con la legislazione nel suo insieme. Il regolamento non si applica alle denominazioni d’origine controllata e alle indicazioni geografiche protette già depositate, ma è importante che le nuove DOC e IGP siano soggette alle disposizioni di questo regolamento, che altrimenti potrebbero essere aggirate.
L’emendamento n. 12 rimette in discussione la proposta di regolamento, che è basata sul criterio dell’età. Ora, come indica l’allegato II, il Regno Unito ha scelto di dare la denominazione “veal” alla prima categoria e la denominazione “beef” alla seconda categoria. Si è quindi tenuto conto della specificità di questo paese.
Inoltre non sostengo i due nuovi emendamenti nn. 26 e 27 depositati per la plenaria. Questi due emendamenti introducono una nuova deroga a mio giudizio inaccettabile all’articolo 3 del regolamento, permettendo a un dato Stato membro di non applicare il regolamento se la propria produzione di animali della prima categoria, da zero a otto mesi di età, non supera il 3 per cento della produzione totale di animali di età da zero a dodici mesi.
Onorevoli colleghi, vi chiedo di appoggiarmi e di respingere questi quattro emendamenti che ridurrebbero la portata del regolamento, la cui applicazione è prevista per tutta l’Unione europea, nonché la portata dell’armonizzazione della prima categoria “zero-otto mesi”, in quanto si tratta di risultati che sono stati molto difficili da raggiungere.
Duarte Freitas, a nome del gruppo PPE-DE. – (PT) Signora Commissario, onorevoli colleghi, la commercializzazione della carne di bovini di età non superiore a 12 mesi necessitava di una chiarificazione, quindi vorrei esprimere, in primo luogo, il mio apprezzamento per la proposta della Commissione.
Stabilire denominazioni di vendita precise in funzione dell’età dell’animale al momento della macellazione, che costituisce un criterio più facile da controllare rispetto al tipo di alimentazione, da utilizzarsi in tutti gli Stati membri, faciliterà la comprensione da parte dei consumatori ed eviterà le possibili distorsioni della concorrenza.
E’ particolarmente importante che il termine “vitello” e altri termini definiti nella proposta della Commissione non possano essere utilizzati per l’etichettatura di carne proveniente da animali di età superiore a 12 mesi.
Un altro aspetto che considero essenziale è l’inclusione nel campo di applicazione del regolamento delle carni importate da paesi terzi, evitando così qualsiasi rischio di distorsione della concorrenza.
Come la relatrice, onorevole Bourzai, con la quale mi congratulo per l’eccellente lavoro e per il dialogo da lei avviato, ritengo che la proposta della Commissione sia valida e che la questione richiedeva da tempo un chiarimento. Entrambi riteniamo inoltre che le lettere proposte dalla Commissione per l’identificazione delle carcasse non siano le più adeguate, poiché possono dare origine a confusione con il sesso dell’animale. Questo e altri aspetti della proposta di regolamento sono stati migliorati con emendamenti adottati in seno alla commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale e inclusi nella relazione in discussione.
Devo dire che eventuali riserve riguardanti particolari tradizioni che mettono in dubbio le nuove disposizioni non dovrebbero essere portate fino al punto di mettere a rischio il lavoro svolto dalla Commissione e dal Parlamento europeo.
Infine, ricordo agli onorevoli colleghi che le denominazioni proposte dalla Commissione sono il risultato di una consultazione con organizzazioni dei vari Stati membri, come ha già sottolineato la signora Commissario, e che la proposta di regolamento prevede la possibilità, in futuro, di modificare l’elenco delle denominazioni contenuto nell’allegato II.
Marc Tarabella, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, innanzi tutto mi congratulo con la collega Bernadette Bourzai, membro supplente della commissione del Parlamento per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, il cui impegno e coinvolgimento sono stati esemplari. Mi congratulo inoltre con la Commissione per la sua eccellente proposta, che apporta maggiore chiarezza nella commercializzazione della carne di vitello, permettendo di informare meglio il consumatore.
Questa proposta è il risultato di un lungo lavoro di negoziazione svoltosi in seno agli Stati membri e alle associazioni professionali interessate al fine di fornire informazioni più chiare ai consumatori e permettere una concorrenza più equa tra i vari produttori. La maggior parte di questi ultimi era infatti penalizzata da una denominazione applicata a un prodotto, il vitello, la cui evoluzione fisiologica comporta grandi differenze in un periodo di pochi mesi, a causa della sua rapidità. Il vitello passa, infatti, in alcune settimane, dallo stato di mammifero monogastrico, quando si nutre quasi esclusivamente di latte, allo stato di mammifero ruminante con quattro stomachi, quando passa agli alimenti fibrosi come l’erba, il fieno e i cereali. E’ facile immaginare le evidenti conseguenze di questa evoluzione sulla composizione dietetica e nutrizionale della carne, tra cui un diverso contenuto di vitamine e la colorazione bianca, rosata o rossa della carne per il fatto, in particolare, che il ferro è assente nel latte mentre è presente nei vegetali.
Quindi, equiparare e denominare “vitello” carne ottenuta da un animale di età inferiore a sei-otto mesi, alimentato con il latte, e carne ottenuta da un animale che ha 14 o 16 mesi e che mangia, bruca, rumina, non permette né al consumatore né al produttore di capire in realtà cosa in effetti sta mangiando.
All’interno dello spazio europeo, questa armonizzazione che permette di differenziare la carne di vitello da quella del vitellone, senza pregiudicare in alcun modo la qualità dell’una o dell’altra, è un passo importante per il rispetto del consumatore e dei produttori ed esprime la nostra preoccupazione per un’alimentazione più sana e più equilibrata per consumatori più responsabili.
Friedrich-Wilhelm Graefe zu Baringdorf, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, questo è un passo nella giusta direzione.
In passato, si mangiava vitello quando la moglie dell’allevatore aveva partorito. Lo chiamavamo “vitello a digiuno”. Si distingueva perché la sua carne era bianca, dato che il vitello si era nutrito solo di latte. Poi qualcuno ha avuto l’idea di allevare gli animali al chiuso e di privarli del cibo naturale perché la carne così prodotta era considerata buona e costosa. Venivano ingrassati fino a raggiungere da 170 a 200 kg. Quei vitelli avevano ancora carne bianca perché non venivano loro somministrati alimenti contenenti ferro. Tale pratica non cambia con questa direttiva. Tuttavia, poiché quella carne otteneva un prezzo particolarmente buono sul mercato, la pratica era indirettamente sostenuta. Se aveste visto come i vitelli chiusi nelle stalle cominciavano a mordere i cancelli cercando un po’ delle sostanze di cui avevano realmente bisogno, sapreste di cosa sto parlando.
L’introduzione del fattore tempo non ha messo fine a questa situazione, ma ora sostiene indirettamente una zootecnia adeguata alla specie. Le mucche dopo aver figliato sono mandate al pascolo e i vitelli bevono latte per parecchi mesi, ma mangiano anche già l’erba, che contiene ferro e che ne rende la carne rosa o rossa. Ciò che la direttiva ancora non contiene, anche se indirettamente l’incoraggia, è la qualità della zootecnia e del processo di crescita degli animali.
Si mette fine – o in ogni caso si segna l’inizio della fine – al pagamento di prezzi elevati per carne ottenuta da animali sottoposti a maltrattamenti e presto avremo una bella carne rosa ottenuta da animali felici. Questo non significa che la moglie dell’allevatore non mangerà più carne bianca dopo il parto, ma che la carne sarà stata davvero ottenuta da vitelli “a digiuno”.
Jean-Claude Martinez, a nome del gruppo ITS. – (FR) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, per una volta, è un piacere leggere la relazione dell’onorevole Bourzai. E’ chiara, ben scritta, ben documentata e contiene una buona proposta.
Con il mercato del vitello, una volta di più, siamo in presenza di quelle distorsioni della concorrenza, se non addirittura delle frodi, favorite in tutti i settori dal mercato unico. Saremo chiamati a riparlarne riguardo al vino, signora Commissario, con i paesi che hanno un catasto e altri che non ce l’hanno, con la composizione dei vini che può variare secondo i paesi mentre la denominazione è la stessa. C’è anche il campo dell’IVA, con le frodi intracomunitarie permesse dal mercato unico, con il dumping fiscale e i nostri amici baltici che si avvantaggiano della loro flat tax, la loro “tassa fissa”. Certamente c’è il mercato del vitello, dove se non c’è frode, c’è concorrenza sleale.
Mi scusi, signor Presidente, ma si dice che i nostri amici spagnoli o danesi hanno vitelli di età superiore a otto, nove o anche dieci mesi, vitelli che quasi potrebbero essere nonni, ma che loro continuano a chiamare vitelli. Evidentemente, con una differenza di prezzo di due o tre euro all’uscita del macello, a seconda che si tratti di un vero vitello o di un vitello nonno estremamente vecchio, sicuramente il valore aggiunto può essere estremamente redditizio, sebbene – grazie a Dio! – non siano tutte comprese le 800 000 tonnellate di vitelli, poiché l’80 per cento della produzione e il 70 per cento del consumo avvengono nei paesi che hanno armonizzato la definizione del vitello o del vitellone. La distorsione della concorrenza è quindi limitata, ma esiste.
Signora Commissario, in quasi 20 anni al Parlamento, per una volta mi congratulo con la Commissione, il che dimostra che non bisogna mai disperare. Il sistema che ci viene proposto è eccellente. Innanzi tutto definire l’età del vitello in funzione di un limite fissato a più o meno otto mesi è molto chiaro, come è molto chiaro prevedere due lettere, X e Y. A questo proposito, c’era un’ambiguità, ormonale o sessuale o di altro tipo, e la relatrice ha fatto bene a proporre la lettera V come vitello e la lettera Z, che non si sa a cosa corrisponda, ma comunque è meglio. Avere previsto un sistema di sanzioni è eccellente ed estendere la legislazione ai prodotti conservati a base di carne di vitello è ottimo. Inoltre non ci si può che rallegrare per l’esclusione delle DOC e IGP.
Dopo tutto, signor Presidente, signora Commissario, tutto ciò offre forse un buon esempio: se si potessero definire i politici di destra o di sinistra in funzione dell’età, dell’alimentazione, a seconda che siano monogastrici oppure mammiferi, sarebbe più facile per gli elettori capire se sono in presenza di un vitellone di sinistra o di un vitellone di destra. Forse la nostra relatrice ci propone al riguardo una pista da esplorare.
Gábor Harangozó (PSE). – (HU) Onorevoli colleghi, desidero innanzi tutto esprimere il mio favore per la proposta della Commissione e per la relazione elaborata dall’onorevole Bourzai. Sostenendo la proposta della Commissione nella versione modificata dalla relazione della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, possiamo porre fine all’ulteriore diffusione dell’abuso di vantaggi competitivi derivanti da inadeguatezze della normativa, nonché di informazioni confuse nella commercializzazione della carne di manzo.
Purtroppo, la diversità delle normative in vigore negli Stati membri offre occasioni per tali abusi, e perciò in numerosi casi sono emerse richieste di chiarimenti della definizione di “vitello” e di un’armonizzazione fra i vari Stati. Poiché le modalità di produzione e commercializzazione della carne di bovini di età non superiore a 12 mesi variano da un paese all’altro, anche i prodotti finiti possono differire significativamente tra loro. Di conseguenza, arrivano sul mercato sotto denominazioni diverse e anche i prezzi di vendita possono essere considerevolmente diversi tra loro.
Considero quindi importante la proposta di regolamento del Consiglio oggi all’ordine del giorno, intesa a regolamentare il mercato e a fornire al consumatore informazioni più precise di quelle al momento disponibili. In questo modo saremo in grado di eliminare le distorsioni di mercato nella commercializzazione e offrire la possibilità di risolvere i problemi che ne derivano con misure a livello nazionale. L’armonizzazione e l’identificazione di denominazioni commerciali nei vari Stati membri possono contribuire alla trasparenza del mercato. Inoltre, consentiremmo così ai consumatori di essere informati adeguatamente sulla carne proveniente da qualsiasi Stato membro. In una fase successiva dovremo dedicare attenzione anche a garantire che gli utenti finali ricevano informazioni sulle denominazioni commerciali che saranno introdotte, specialmente se in uno Stato membro saranno diverse dalle denominazioni consuete e comunemente usate. I consumatori e i produttori sono i soggetti che saranno maggiormente avvantaggiati da tali processi di armonizzazione, poiché un sistema trasparente di etichettatura offre un livello più alto di protezione del consumatore e un controllo più affidabile.
Proprio per questa ragione vorrei esprimere ancora una volta il mio favore per lo sforzo sistematico dimostrato dalla Commissione in questo caso e in altri analoghi per creare normative adeguate, e ancora una volta desidero in particolare congratularmi con l’onorevole Bourzai per la sua relazione.
Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, ringrazio per i contributi forniti alla discussione per cercare di trovare una soluzione su come etichettare i bovini di età inferiore a 12 mesi, che l’onorevole Graefe zu Baringdorf ha definito “animali felici”.
Come ho detto all’inizio, la maggior parte di questi emendamenti non dovrebbe creare difficoltà. Io penso che siamo tutti allineati nel cercare di semplificare il più possibile la nostra legislazione senza compromettere il sistema.
Tuttavia, vi sono alcuni emendamenti che non possiamo accogliere. Si tratta in particolare degli emendamenti nn. 2, 11 e 16, riguardanti le informazioni da includere nei documenti commerciali. Questo imporrebbe al settore un onere supplementare. Analogamente, gli emendamenti nn. 1 e 9, riguardanti l’estensione del campo di applicazione ai prodotti cotti, non sono indispensabili.
Infine, gli emendamenti nn. 8 e 21 non chiarirebbero la procedura di approvazione per le DOC e le IGP e complicherebbero anche in modo eccessivo la procedura di modifica dei vari allegati alla proposta.
Riguardo all’emendamento n. 12, volto a introdurre sul mercato l’uso di denominazioni di vendita stabilite per la carne appartenente alla seconda categoria di questi animali – quelli di età compresa tra 8 e 12 mesi – sono disposta a tentare di trovare una soluzione con i ministri sull’utilità di questa opzione.
Infine, malgrado la presente questione riguardante i bovini sia stata difficile, penso che le difficoltà sarebbero ben più ardue se volessimo trovare un’etichetta adatta all’onorevole Martinez!
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani, alle 12.30.
Dichiarazione scritta (articolo 142 del Regolamento)
Véronique Mathieu (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Sono ormai dieci anni che vengono prese varie iniziative per armonizzare le regole di commercializzazione della carne ottenuta da bovini di età inferiore a dodici mesi, ma senza successo.
Finora, la Francia e altri Stati membri che privilegiavano la qualità della carne fissando l’età di macellazione degli animali prima degli otto mesi e alimentandoli a base di latte erano penalizzati dalla mancanza di armonizzazione in materia di denominazione della carne di vitello.
Il consumatore poteva essere indotto in errore, poiché due carni diverse per età, sapore e qualità potevano recare la stessa denominazione e la stessa etichettatura.
Mi rallegro quindi del compromesso che infine abbiamo trovato, un compromesso che inoltre non è stato ottenuto a scapito delle tradizioni, né della qualità. Infatti, questa relazione tiene conto delle considerazioni legate al mercato interno, ma rispetta le tradizioni, preservando IGP (indicazioni geografiche protette) e DOC (denominazioni di origine controllata).
Sono lieta di constatare che l’Europa non si preoccupa solamente delle norme di sicurezza, che sono già rispettate dalla carne bovina: queste difficoltà sono state superate. Rimaneva da promuovere la qualità e l’informazione del consumatore, e questo è l’obiettivo della relazione su cui votiamo oggi.
17. Ratifica della convenzione sul lavoro marittimo del 2006 (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0019/2007), presentata dall’onorevole Mary Lou McDonald a nome della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, sulla proposta di decisione del Consiglio che autorizza gli Stati membri a ratificare, nell’interesse della Comunità europea, la Convenzione consolidata sul lavoro marittimo del 2006 dell’Organizzazione internazionale del lavoro [COM(2006)0288 – C6-0241/2006 – 2006/0103(CNS)].
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, l’Organizzazione internazionale del lavoro ha adottato l’ambiziosa Convenzione sul lavoro marittimo, che stabilisce norme minime per le condizioni di lavoro a bordo: condizioni di impiego, condizioni di alloggio, protezione e sicurezza sociale, senza dimenticare le disposizioni di esecuzione.
Il valore aggiunto di questa Convenzione, che costituirà la base per un codice internazionale del lavoro marittimo, consiste nel rendere più efficaci le norme esistenti, nell’adattarle alla globalizzazione e soprattutto nel favorire un aumento del numero delle ratifiche da parte degli Stati. La Commissione, come l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), ritiene fondamentale l’obiettivo della parità di condizioni. Siamo convinti che la Convenzione sul lavoro marittimo contribuirà a tale obiettivo, eliminando le attività di navigazione che non rispettano le norme minime e rendendo inoltre più attraente la professione del marittimo.
Tuttavia, per produrre tali effetti positivi la Convenzione deve essere ratificata in tempi rapidi. Dal punto di vista giuridico è necessaria una decisione che autorizzi gli Stati membri a ratificare la Convenzione, dato che le regole in vigore dell’OIL non permettono alla Comunità in quanto tale di ratificare il testo, anche se questo comprende disposizioni che rientrano nella sfera di competenza comunitaria.
Per non ritardare le procedure di ratifica, la Commissione si è sforzata di presentare rapidamente la sua proposta di decisione subito dopo l’adozione della Convenzione.
Nella sua proposta, la Commissione prevede il principio dell’autorizzazione a ratificare e suggerisce la data del 31 dicembre 2008 come termine ultimo per depositare gli strumenti di ratifica. La Commissione vuole di conseguenza mantenere una formulazione ferma per quanto riguarda l’impegno a ratificare la Convenzione e respinge le formulazioni che potrebbero indebolire questo principio.
Onorevole McDonald, desidero ringraziarla e offrirle il mio pieno sostegno per la sua relazione, che approva il termine del 2008. Tenuto conto del livello delle norme europee, si può pensare che i paesi terzi saranno molto più colpiti dall’entrata in vigore della Convenzione rispetto agli Stati membri, che applicano già norme più esigenti. L’entrata in vigore della Convenzione ridurrà quindi le differenze tra le norme della maggior parte dei paesi terzi e quelle della Comunità, il che dovrebbe favorire condizioni di concorrenza più eque.
Intere sezioni della Convenzione sono già coperte da disposizioni equivalenti nel diritto comunitario. Gli Stati membri non dovranno così rivedere la loro legislazione nel suo insieme e potranno accelerare la ratifica.
La Commissione può comprendere i vincoli interni degli Stati membri e, in questo contesto, può essere più flessibile sulla data limite in sé, ma non sul principio di una scadenza definita non subordinata a condizioni. Sarebbe proprio un peccato perdere lo slancio che abbiamo conosciuto durante i negoziati a Ginevra, indebolendo il principio del deposito degli strumenti di ratifica.
Signor Presidente, onorevoli deputati, vi ringrazio dell’attenzione e rinnovo i miei ringraziamenti all’onorevole McDonald(1).
Mary Lou McDonald (GUE/NGL), relatore. – (EN) Signor Presidente, “la Convenzione sul lavoro marittimo dell’OIL è la cosa migliore che sia mai stata realizzata nel settore del lavoro marittimo”. Queste non sono parole mie, ma di Dierk Lindemann, che è stato portavoce degli armatori durante i negoziati sulla Convenzione.
La Convenzione riunisce 65 precedenti convenzioni dell’OIL in un unico documento consolidato. Stabilisce requisiti minimi per i marittimi, con disposizioni in materia di condizioni di lavoro e assunzione, orari di lavoro, protezione dei salari, congedi e rimpatrio, alloggio a bordo, tempo libero, vitto e ristorazione, salute e assistenza medica, servizi sociali e protezione sociale. Migliorerà enormemente le condizioni di milioni di lavoratori in questo settore in tutto il mondo. Dato il carattere globale dell’industria marittima, è importante che siano adottate norme a livello internazionale per limitare gli effetti negativi della globalizzazione, in particolare il dumping sociale.
La Convenzione, quando sarà ratificata, si applicherà a tutte le navi, anche quelle battenti bandiere di paesi che non hanno provveduto individualmente alla ratifica. Modificherà i comportamenti dell’intera industria creando norme minime ed evitando il dumping sociale.
Subito dopo la sua adozione nel febbraio 2006, Chris Horrocks, segretario generale della International Shipping Federation, ha detto: “Questa decisione è una pietra miliare ed è solo l’inizio. Ora dobbiamo far sì che ogni governo ratifichi al più presto possibile questa Convenzione e la applichi pienamente”.
Nel luglio 2006 l’Associazione armatori della Comunità europea e la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti hanno confermato il loro pieno appoggio alla Convenzione in una lettera ai ministri dei Trasporti dell’UE. Nella lettera raccomandano con vigore agli Stati membri di ratificare la Convenzione e avviare al più presto possibile le necessarie procedure.
La rappresentante dell’OIL, Cleopatra Doumbia-Henry, parlando alla commissione per l’occupazione e gli affari sociali, in seno alla quale è stata discussa la Convenzione, ha detto che un ritardo nella ratifica potrebbe rallentare lo slancio straordinario creatosi a favore della Convenzione. Parole davvero forti per una rappresentante dell’OIL!
La Commissione, che ha investito molto nei negoziati sulla Convenzione, garantendo inoltre che fosse compatibile con il diritto comunitario, ha altresì dichiarato di sostenere la ratifica della Convenzione entro la fine del 2008. La ratifica per tale data consentirebbe l’entrata in vigore della Convenzione entro il 2009, quasi dieci anni dopo l’inizio dei negoziati.
Mi sembra che gli unici che non vogliono che la Convenzione sia ratificata entro il 2008 siano gli Stati membri, che, secondo quanto dichiarato, intendono “compiere sforzi per ratificare la convenzione, preferibilmente entro il 31 dicembre 2010”.
La realtà è che, senza la Convenzione, il settore marittimo in Europa troverà difficile competere, essendo minacciato in modo crescente da navi battenti bandiere ombra. Esorterei quindi i colleghi ad appoggiare la Convenzione a larga maggioranza e, adottando la relazione, a inviare un messaggio agli Stati membri: il settore marittimo e, in particolare, i lavoratori di tale settore non possono aspettare. Gli Stati membri dovrebbero smettere di tirarla per le lunghe e ratificare rapidamente la Convenzione.
Vorrei aggiungere qualche osservazione su altre misure che potrebbero essere introdotte dall’Unione europea. L’eccellente comunicazione della Commissione sul rafforzamento delle norme sul lavoro marittimo offre un buon punto di partenza, e spero che la mia relazione dia un piccolo contributo proprio a tal fine. L’UE deve esaminare i settori non completamente disciplinati dalla Convenzione e, in particolare, la regolamentazione delle agenzie che assumono manodopera. Dovrebbe esaminare come rafforzare, completare o estendere le norme della Convenzione dell’OIL e proteggere ulteriormente i diritti e gli interessi dei marittimi. Dovrebbe adottare misure atte a ridurre i rischi di interpretazioni divergenti della Convenzione tra gli Stati membri. Si dovrebbero presentare proposte per far sì che sulle navi siano disponibili strutture per le famiglie. L’Unione dovrebbe inoltre cercare di far rispettare norme minime in materia di impiego e salari per tutte le navi che operano nelle sue acque e, in particolare, la Commissione dovrebbe ripresentare la proposta di una direttiva UE sui traghetti.
Comunque, il primo e più importante passo è la ratifica della Convenzione dell’OIL sul lavoro marittimo. Non c’è tempo da perdere in proposito e non ci possono essere ritardi.
Rodi Kratsa-Tsagaropoulou (PPE-DE), relatore per parere della commissione per i trasporti e il turismo. – (EL) Signor Presidente, anch’io desidero ringraziare la relatrice per il suo lavoro ed esprimere la mia soddisfazione per il fatto che siamo molto vicini a firmare la Convenzione sul lavoro marittimo, che salvaguarda i diritti sociali e condizioni di vita dignitose per la gente di mare e promuove le professioni marittime, perché con l’istruzione e l’organizzazione dei lavoratori, possiamo salvaguardare la necessaria qualità del lavoro marittimo, di cui l’Unione europea ha bisogno per la sua competitività. Oltre alla qualità del lavoro dei marittimi, le professioni marittime potranno cominciare a esercitare maggiore attrattiva, cosa che accogliamo con favore, dato il bisogno di marittimi per la competitività del nostro settore marittimo.
Questa Convenzione è anche molto importante per la navigazione a livello globale, perché certe norme per l’organizzazione del lavoro marittimo saranno applicate uniformemente. Oggi i vari Stati applicano disposizioni frammentarie già esistenti attraverso questa Convenzione, ma, a parte ciò, sono salvaguardate anche condizioni di concorrenza leale; con la clausola che vieta un trattamento privilegiato, saranno protette le flotte degli Stati che ratificano la Convenzione, evitando così il dumping sociale al quale faceva riferimento proprio ora la relatrice e che è ingiusto per i nostri marittimi e le nostre compagnie di navigazione, dato che, nella situazione attuale, numerose imprese hanno già l’opportunità di impiegare lavoratori provenienti da paesi privi di norme in materia sociale del livello che la Convenzione internazionale desidera imporre e a cui l’Unione europea aspira.
L’altro punto importante è l’istituzione del certificato di lavoro marittimo e della dichiarazione di conformità del lavoro marittimo. Questo sistema è assoggettato al controllo dello Stato di approdo, che può ispezionare e trattenere le navi in caso di dubbi sulla conformità. Io credo che i principi che desideriamo diffondere in tutto il mondo, al di là dell’applicazione alla nostra entità politica, siano espressi in questa Convenzione, ed è positivo che tutti gli Stati membri stiano compiendo sforzi al fine di garantirne la tempestiva ratifica. In seno alla commissione per i trasporti e il turismo, avevamo elaborato emendamenti per un rinvio al 2010, perché sappiamo che non vige lo stesso tipo di ratifica nei vari Stati membri e riteniamo che sarebbe stato possibile concedere tempo sufficiente per preparare in modo corretto tale ratifica. In ogni caso, il parere prevalente è che dobbiamo completare le procedure entro il 2008, il che significa che dobbiamo affrettarci e dare un buon esempio di integrazione e di applicazione corretta, a cominciare dall’Unione europea.
Marie Panayotopoulos-Cassiotou, a nome del gruppo PPE-DE. – (EL) Signor Presidente, mi congratulo con l’onorevole McDonald, perché con la sua relazione il Parlamento europeo accoglie la proposta del Consiglio di autorizzare gli Stati membri a ratificare la Convenzione sul lavoro marittimo dell’Organizzazione internazionale del lavoro nell’interesse dell’Unione europea. Riconosce così quanto è importante che lo status dei marittimi sia salvaguardato nel quadro della globalizzazione e che siano impedite pratiche di sfruttamento. Salvaguarda anche l’esistenza di un regime comunitario che coordina i sistemi di assicurazione sociale. Ratificando la Convenzione, gli Stati membri rafforzeranno primariamente il quadro sociale globale, perché mirano a condizioni dignitose a livello mondiale.
Noi consideriamo necessario rafforzare la sicurezza marittima, in modo che le professioni marittime attirino i giovani europei e si possano coprire 17 000 posti vacanti per marittimi comunitari, specialmente personale di ponte e di macchina. E’ un’occasione, signor Commissario, per sottolineare quanto sia importante rafforzare l’istruzione marittima e la campagna paneuropea per l’orientamento professionale riguardante le professioni marittime.
Gli attuali progressi tecnologici permettono un contatto diretto quotidiano tra i marittimi e le loro famiglie e contribuiscono alla sicurezza delle condizioni di lavoro. Una campagna per attrarre un maggior numero di lavoratori nelle professioni marittime dovrebbe includere prospettive di occupazione per lavoratori disabili in attività a terra o un impiego alternativo parallelo tra mare e attività a terra. Dobbiamo anche potenziare gli uffici per i marittimi disoccupati, in modo da avere una gestione ottimale della forza lavoro disponibile. E’ positivo che, a livello europeo, si stia avviando il dialogo sociale tra marittimi e armatori, che speriamo sfoci in un accordo. La corretta applicazione della Convenzione internazionale dell’OIL prevede anche un controllo da parte di una commissione tripartita con la partecipazione di rappresentanti degli armatori, dei lavoratori marittimi e degli Stati.
Infine, vi ricordo che nel 2001 la Commissione europea ha giustamente ritirato la proposta di norme minime in materia di lavoro e salari per i marittimi operanti nelle sue acque. I piani per la parità di trattamento dei marittimi comunitari e extracomunitari sono buoni, ma in pratica una direttiva comunitaria sui traghetti per automobili non può essere applicata poiché tutti i viaggi sono internazionali. Invitiamo la Commissione europea a prestare particolare attenzione riguardo alla compatibilità delle sue proposte con il diritto marittimo internazionale.
Proinsias De Rossa (PSE). – (EN) Signor Presidente, anch’io accolgo con favore la relazione e apprezzo il lavoro dedicato dall’onorevole McDonald a questo tema. Non c’è alcun dubbio che la Convenzione consolidata sulle condizioni di lavoro dei marittimi costituisca un passo avanti estremamente importante. E’ un tentativo di aggiornare alcune convenzioni che risalgono anche al 1920 e mira a introdurre norme internazionali che, si spera, condurranno a condizioni più umane a bordo delle navi.
Come è già stato sottolineato, comunque, anche le norme minime più elevate stabilite dalla convenzione non raggiungeranno comunque il livello delle norme riguardanti i lavoratori e l’occupazione in vigore nei vari Stati membri dell’UE. E’ quindi deplorevole che gli Stati membri stiano opponendo resistenza a una ratifica in tempi rapidi di questa particolare Convenzione. A mio parere, fa parte della corsa verso il basso, alla quale molti Stati membri si sono opposti. Per esempio, in Irlanda c’era la direttiva sugli equipaggi dei traghetti e l’esperienza è stata che Irish Ferries ha cercato di licenziare tutto il personale e successivamente impiegare manodopera più economica a meno della metà del salario minimo legale in Irlanda.
In conclusione, penso che il blocco della direttiva sugli equipaggi dei traghetti e il tentativo di rallentare la ratifica di questa Convenzione siano sintomatici degli atteggiamenti di alcuni Stati membri. Sono d’accordo su tutto ciò che ha detto l’onorevole McDonald riguardo alla necessità di una regolamentazione a livello europeo. Tuttavia, per introdurre tale regolamentazione abbiamo bisogno del voto a maggioranza qualificata in questo settore di lavoro, che attualmente non abbiamo. Per poter avere il voto a maggioranza qualificata abbiamo bisogno della proposta Costituzione europea e invito quindi l’onorevole McDonald a rivedere la sua opposizione alla Costituzione se vogliamo seriamente compiere progressi riguardo all’attuazione di norme comuni sul lavoro in tutta l’Europa.
Robert Navarro (PSE). – (FR) Signor Presidente, attualmente è in pieno svolgimento il processo per l’Erika. Il caso dell’Erika è emblematico delle catastrofi che sono evitabili, ma che si verificano ugualmente, perché i guadagni di un manipolo di individui devono necessariamente avere la precedenza su tutto. E’ la conclusione di una logica liberale del profitto spinto all’estremo, secondo la quale, per guadagnare qualche euro in più, tutto è permesso, anche ignorare le regole più elementari di sicurezza, fino alla catastrofe.
Questa stessa logica è quella che si è vista applicata nel caso tristemente famoso di Irish Ferries, che presto di irlandese avrà solo il nome: in nome del profitto, si licenzia la totalità del personale di un’impresa, anche se perfettamente funzionante.
Questa logica è ancora la stessa che spinge certi armatori che gestiscono il cabotaggio intracomunitario a fare circolare navi con equipaggi numericamente insufficienti e in condizioni tali da mettere in pericolo sia gli equipaggi sia la navigazione nel suo insieme.
Queste misere condizioni di lavoro giungono altresì a mettere in pericolo le tradizioni e le competenze marittime europee, poiché danno un’immagine del settore tale che è diventato sempre più difficile impiegare personale marittimo europeo!
Certamente, questa logica del profitto non è mai dichiarata. Si preferisce piuttosto avanzare l’argomento della concorrenza internazionale, essenzialmente asiatica e ovviamente “sleale”, per giustificare queste pratiche, anche quando la concorrenza non esiste; si sono mai viste compagnie cinesi gestire traghetti nel Baltico o nella Manica?
Non si tratta di negare la concorrenza, che in realtà colpisce una parte del settore e che ha anche i suoi meriti. Deve tuttavia essere disciplinata e deve essere leale. E’ possibile scegliere su quali elementi deve fondarsi e il dumping sociale è purtroppo una triste realtà del settore marittimo, ma non è una fatalità.
Naturalmente, vi sono quelli che lo accettano e cercano di trarne profitto, ma si può anche rifiutare, spingendo per un innalzamento generale delle norme in materia sociale in tutto mondo, affinché tutti si ritrovino infine su un piano di parità in termini di concorrenza internazionale. Questa, l’avrete compreso, è la via che spero voglia percorrere l’Europa.
In Europa, come sappiamo, non sarà possibile ottenere la competitività con la minimizzazione dei costi e l’abbassamento delle norme sociali, ma soltanto attraverso la qualità, ossia la qualità delle navi e la qualità degli equipaggi, garantita da condizioni dignitose di formazione e di lavoro.
La Convenzione dell’OIL di cui discutiamo questa sera ci offre l’occasione di compiere questa scelta. Non risolve tutti i problemi, ma rappresenta un passo avanti. Per gli armatori europei e per gli Stati membri è l’occasione di dimostrare il loro attaccamento alla difesa di certi valori incarnati dall’Unione europea e dal suo modello sociale. Firmandola, nel febbraio 2006, hanno firmato una dichiarazione d’intenti in questo senso. Ora attendiamo che passino all’azione.
Per quanto riguarda gli armatori, non posso che apprezzare il fatto che si siano impegnati con forza e volontà sulla via del dialogo sociale europeo con i partner sindacali, in vista della firma, entro la fine dell’anno, di un accordo collettivo europeo che riprenda le pertinenti disposizioni di questa Convenzione. Un primo ciclo di negoziati si è concluso oggi e il clima sembra molto costruttivo. E’ una buona cosa e credo che si possa altresì apprezzare il ruolo costruttivo svolto dalla Commissione europea nel favorire questo processo.
Quanto agli Stati membri, loro hanno le chiavi dell’entrata in vigore di questa Convenzione. Come è stato detto, se l’Unione europea e l’Associazione europea di libero scambio la ratificano, la Convenzione entrerà in vigore e si applicherà ovunque. Se l’Europa la ratificherà in tempi rapidi, le altre nazioni seguiranno e l’Europa avrà svolto un ruolo trainante, dimostrando inoltre che una via diversa da quella dello sfruttamento e del dumping è possibile e che concorrenza può anche conciliarsi con responsabilità.
E’ quindi essenziale, se si crede alla specificità del modello europeo, fare in modo che questa Convenzione sia ratificata in tempi rapidi. Di conseguenza, è indispensabile conservare il termine della fine del 2008 proposto dall’OIL.
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Signor Presidente, innanzi tutto ringrazio nuovamente l’onorevole McDonald. Vorrei anche sottolineare che la Convenzione dell’OIL costituisce una prima risposta. Innalzando le norme in materia di lavoro, avrà l’effetto di permettere una concorrenza più equa.
Inoltre, la Commissione ha intrapreso uno studio molto approfondito sul settore dei traghetti. La Commissione valuterà ulteriormente la pertinenza e l’opportunità di una nuova proposta di direttiva sull’argomento.
Voglio anche dire che siamo consapevoli che il termine del dicembre 2008 è ambizioso, ma realistico. L’OIL ha elaborato un piano d’azione che conta su un’entrata in vigore della Convenzione sul lavoro marittimo nel 2010 o, al più tardi, nel 2011. La Commissione, proponendo il deposito degli strumenti di ratifica entro la fine del 2008, garantisce che gli Stati membri saranno in linea con il calendario previsto. Tenuto conto delle regole proprie dell’OIL, se gli Stati membri depositano i loro strumenti di ratifica al più tardi alla fine del 2008, la Convenzione entrerebbe in vigore prima dell’inizio del 2010. Dunque, vedete che è essenziale attenerci a tale data.
Rispondo anche all’onorevole Navarro e all’onorevole Panayotopoulos. Parallelamente ai lavori del Parlamento europeo relativi al parere sul progetto di decisione che autorizza la ratifica della Convenzione, le parti sociali si sono riunite per trattare un eventuale accordo sociale sulla base di questa stessa Convenzione. Vi ricordo che il metodo del dialogo congiunto è un’opportunità per l’Unione europea ed è vero che io stesso avevo avuto l’occasione di esprimere alle parti sociali, vale a dire sia agli armatori che ai sindacati, il mio auspicio di vederli firmare un accordo su questa Convenzione.
Le parti sociali, poiché dispongono del testo esistente, non devono rinegoziarlo, ma piuttosto selezionarne le disposizioni adeguate per completare il diritto comunitario. Sembra oggi che la prospettiva di un accordo congiunto entro la fine del 2007 sia veramente plausibile. A partire dal momento in cui disporrà di un accordo delle parti sociali, la Commissione proporrà una direttiva per assicurare che le disposizioni dell’accordo siano rispettate in tutta Europa.
Grazie al Parlamento, possiamo contare sulla necessaria ratifica della Convenzione e, grazie alle parti sociali, abbiamo un accordo sociale che permetterà di introdurre rapidamente nel diritto europeo le nuove disposizioni. Credo che avremo lavorato bene insieme per le condizioni dei marittimi, per un progresso sociale decisamente importante, che favorirà, come avete or ora sottolineato, il reclutamento di giovani marittimi, dei quali l’Unione europea ha bisogno per sviluppare il trasporto marittimo.
Ringrazio vivamente il Parlamento, signor Presidente, per la sua azione estremamente determinata in favore di questa grande Convenzione. Sono lieto di vedere che l’Europa guida il movimento e, in un certo senso, contribuisce alla promozione di una globalizzazione dal volto umano di cui abbiamo bisogno.
Presidente. – Grazie, signor Commissario. Desidero congratularmi con la relatrice, onorevole McDonald.
La Commissione può accettare gli emendamenti nn. 1, 2 e 3.
Dichiarazione scritta (articolo 142 del Regolamento)
Marianne Mikko (PSE), per iscritto. – (ET) I settori di attività marittimi danno lavoro a cinque milioni di persone nell’Unione europea. Il Mar Baltico è il nostro mare interno, il Mediterraneo e il Mar Nero hanno una posizione centrale nella nostra politica estera e la Dimensione settentrionale espande la nostra area di responsabilità alle acque dell’Artico.
E’ ora di cominciare a considerare l’Unione europea anche un’unione di Stati marittimi e di assumere come tale una posizione nel mondo.
La mia terra natia, l’Estonia, è da secoli un paese marittimo. Ernest Hemingway disse che si potrebbe trovare un estone in ogni porto del mondo. Negli ultimi dieci anni, tuttavia, abbiamo perso il 57 per cento dei posti di lavoro nel settore marittimo.
Le navi da carico hanno cominciato a operare battendo bandiere ombra e il personale assunto a bordo proviene da paesi terzi che sono disposti ad accettare condizioni di lavoro più sfavorevole. In totale, vi sono 17 000 posti vacanti nel trasporto marittimo europeo. Ciò è dovuto principalmente alle inadeguate condizioni di lavoro prevalenti in questo settore.
Non possiamo permettere l’eliminazione di posti di lavoro collegati al settore marittimo, specialmente quando ciò conduce a un abbassamento degli standard del lavoro marittimo.
Non possiamo ritirarci da un settore strategico che garantisce il 90 per cento della navigazione mondiale e il 40 per cento della navigazione all’interno dell’Unione europea. La ratifica di norme per il lavoro marittimo da parte degli Stati membri sarebbe un grande passo avanti per rendere tali norme più universalmente accettate.
Contribuendo a creare una concorrenza equa nel settore mondiale della navigazione, essenzialmente realizzeremmo anche gli obiettivi del processo di Lisbona migliorando la competitività dell’Unione europea sui mari.
Il vantaggio competitivo ottenuto a spese della vita e della salute umana non può essere giustificato da alcuna considerazione economica. Non c’è spazio nel XXI secolo per norme che non garantiscono la sicurezza dei lavoratori marittimi e della natura.
Posizione della Commissione sugli emendamenti: cfr. Allegato.
18. Agenzia europea per la sicurezza aerea (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0023/2007), presentata dall’onorevole Jörg Leichtfried a nome della commissione per i trasporti e il turismo, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1592/2002 del 15 luglio 2005, recante regole comuni nel settore dell’aviazione civile e che istituisce l’Agenzia europea per la sicurezza aerea [COM(2005)0579 – C6-0403/2005 – 2005/0228(COD)].
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, nel 2002 avete approvato il regolamento (CE) n. 1592/2002, che contiene norme comuni sulla navigabilità degli aeromobili e istituisce l’Agenzia europea per la sicurezza aerea.
In quella circostanza avevate riconosciuto che era possibile garantire un livello ottimale e uniforme di sicurezza solo ampliando la portata del regolamento e, di conseguenza, le competenze dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea, le quali infatti sono state estese alle operazioni aeree, al rilascio delle licenze ai piloti e alla sicurezza degli aeroplani di paesi terzi.
Inoltre, avevate chiesto espressamente alla Commissione di avanzare una proposta in merito. E’ giunto il momento di porre fine a un’anomalia. Mentre gli aeromobili si evolvono nella massima libertà in un mercato unificato, i livelli di sicurezza restano diversi da Stato membro a Stato membro.
Voi e io sappiamo benissimo che le norme stabilite da organizzazioni intergovernative specializzate vengono applicate in modi molto diversi all’interno dell’Unione. Vi sono pertanto grandi disparità nazionali, senza dimenticare che non sempre sono applicati gli standard più rigorosi.
Ci avevate chiesto di proseguire gli sforzi volti a innalzare il livello generale di sicurezza aerea in Europa; questo è per l’appunto lo scopo della proposta di cui stiamo discutendo, la quale mira a estendere le norme comuni alle operazioni di volo, al rilascio di licenze ai piloti e alla sicurezza degli aeroplani di paesi terzi – in sintesi, a dotare l’Unione europea di strumenti atti ad aumentare la sicurezza del trasporto aereo in Europa.
Inoltre, la proposta rinforza i doveri degli Stati membri in materia di ispezioni degli aerei sia di paesi terzi sia di altri Stati membri e conferisce all’Agenzia il potere d’ispezione estendendolo a tutte le attività delle autorità aeronautiche civili degli Stati membri e delle rispettive compagnie e linee aeree, allo scopo di verificare il rispetto delle norme comuni. E’ previsto inoltre un sistema di sanzioni, quali la revoca del riconoscimento reciproco in caso di mancato adempimento.
Questo testo fa parte di un coerente pacchetto di misure per il miglioramento della sicurezza aerea. Ve le ricorderò brevemente: la lista nera, che permette di bandire dai nostri paesi le linee aeree che rispettano meno delle altre le norme di sicurezza, e il potenziamento dei sistemi d’ispezione degli aerei – direttiva SAFA. Molto presto la Commissione proporrà di integrare questo quadro normativo estendendo le competenze dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea alla sicurezza negli aeroporti e alla navigazione aerea, come indicato nell’allegata proposta di regolamento oggi al vostro esame.
In tal modo, entro il 2010 l’Unione europea potrà disporre di una serie di norme di sicurezza coerenti e uniformi e di un’unica organizzazione – l’Agenzia europea per la sicurezza aerea – responsabile della preparazione, dell’attuazione e del completamento della loro applicazione.
Signor Presidente, onorevoli deputati, mi congratulo con voi e vi ringrazio per il contributo che avete fornito a questa strategia mirata al rafforzamento della sicurezza aerea in Europa. Ascolterò con interesse i vostri interventi su questo tema, che – è superfluo dirlo – è di vitale importanza per i cittadini dell’Unione europea.
Jörg Leichtfried (PSE), relatore. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, poiché questa è la mia prima relazione per il Parlamento europeo vorrei innanzi tutto cogliere l’occasione di ringraziare i relatori ombra per la loro stretta collaborazione; mi rivolgo in particolare agli onorevoli Becsey, Degutis, Lichtenberger e Kohlíček, ma anche agli altri gruppi, perché ho imparato che si può collaborare molto bene su una materia come questa e che, con concentrazione e disponibilità, si può anche raggiungere un consenso.
Entrando nel merito, c’è da chiedersi quale sia attualmente lo stato dello spazio aereo europeo. Bene, in teoria esiste un cielo unico europeo, però ci sono 27 standard di sicurezza diversi, il che rende possibili alcune situazioni che non considero positive. Ad esempio, le linee aeree di dubbia reputazione hanno ancora oggi, per così dire, la possibilità di scegliersi in Europa il livello di sicurezza che preferiscono, a seconda del paese in cui vogliono ottenere il certificato. Vi sono, poi, aeroplani europei che non fanno ritorno nel paese di origine per anni e anni perché operano su altre rotte, dove sono soggetti a ispezioni inadeguate o addirittura a nessuna ispezione, ed è stato relativamente difficile controllare gli aerei che entrano nell’Unione europea provenendo da paesi terzi.
Ho quindi apertamente apprezzato – e penso che questo valga anche per la grande maggioranza del Parlamento – la proposta della Commissione, che il Commissario ci ha testé illustrato. Il punto su cui non sempre abbiamo concordato in toto era il modo in cui ottenere il risultato tanto auspicato da tutti. In linea di principio, vorrei distinguere a tale riguardo tre aree: eravamo d’accordo sull’assoluta necessità di sottoporre a ispezioni efficaci gli aerei di paesi terzi, come pure sulla necessità di dotare l’Agenzia europea per la sicurezza aerea del potere di eseguire le ramp inspection senza subire condizionamenti.
Alquanto più difficile è stato mettersi d’accordo sulla nomina dei futuri membri del consiglio di amministrazione dell’Agenzia. A mio parere, nella sua votazione la commissione per i trasporti e il turismo, in quanto commissione competente, ha avanzato una proposta molto positiva con l’europeizzazione dell’intera procedura, ossia spostando, in certo senso, il fulcro dagli Stati membri al Consiglio e al Parlamento. La seconda questione fondamentale riguardava le qualifiche dei membri del consiglio di amministrazione, e anche qui abbiamo trovato una soluzione soddisfacente. Molto più arduo da sciogliere è stato invece il nodo delle sanzioni, ovvero se attribuire all’Agenzia la facoltà di imporle. In quest’Assemblea vi sono opinioni diverse e nella votazione di domani vedremo come sarà risolta tale questione.
C’erano, poi, due punti che si sono rivelati particolarmente ostici e che non siamo riusciti a far approvare, ma ne vorrei parlare ugualmente. In primo luogo – e non ho mai fatto segreto delle mie opinioni in proposito – non siamo stati in grado di concordare norme comuni per la certificazione del personale di cabina. Su questo punto sembra essere in corso una guerra di religione – l’onorevole Jarzembowski mi sta additando come l’iniziatore di tale guerra – tra uno schieramento favorevole che non ammette compromessi, da un lato, e uno schieramento contrario altrettanto poco disposto a scendere a compromessi, dall’altro. Posso solo sperare che la soluzione che abbiamo ora individuato possa aprire la strada a una soluzione futura e che, nell’interesse del personale di cabina ma soprattutto della sicurezza dei passeggeri, tale soluzione futura non tardi troppo ad arrivare.
Il secondo punto su cui abbiamo incontrato particolari difficoltà è la questione difficile per eccellenza, cioè il finanziamento. Nel 2006 il bilancio dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea è stato di 70 milioni, finanziati in parte con la certificazione e in parte dai contribuenti.
Il problema della certificazione è, primo, che diventa sempre più complicato incassare danaro per alcuni compiti di certificazione e, secondo, che a parere di molti – me compreso – i costi di certificazione dovrebbero gravare di meno sulle piccole e medie imprese che su quelle più grandi, facilitate in ciò dai maggiori volumi di produzione. Una soluzione interessante sarebbe stata l’introduzione di una sorta di tassa sul passeggero, se si pensa che bastano 5 centesimi a biglietto per finanziare la metà del bilancio dell’Agenzia. Su tale proposta, però, non abbiamo trovato l’accordo.
Seguirò con grande interesse la votazione di domani. Concludo ringraziandovi nuovamente per la stretta collaborazione.
Zsolt László Becsey, a nome del gruppo PPE-DE. – (HU) Rinnovo le mie congratulazioni alla Commissione per questa tempestiva proposta ed esprimo il mio apprezzamento al relatore, onorevole Leichtfried, per il suo grande impegno e la sua disponibilità al compromesso, nell’interesse di un buon esito della relazione.
Il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei condivide l’approccio secondo cui, nella situazione attuale, è necessario estendere, entro limiti ragionevoli, le competenze dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea, onde rendere la sua attività più efficace soprattutto in materia di rilascio di licenze ai piloti, controllo del traffico aereo e relazioni con i paesi in via di sviluppo. Riconosciamo altresì che, a tale scopo, sono necessari finanziamenti e bilanci più consistenti, che vanno sottoposti a un controllo continuo, come afferma la commissione per i bilanci nel suo parere.
Vorrei nondimeno ricordare alcune questioni di principio. Primo: reputo importante che, riguardo al personale di volo, non modifichiamo in alcun modo il compromesso sulla formazione e sui permessi che abbiamo già raggiunto nel quadro del cosiddetto UE-OPS. Secondo: reputo importante mantenere la distinzione tra l’autorizzazione per le attività commerciali e quella per le attività non commerciali, perché, a prescindere dalla sicurezza, i parametri dei due tipi di attività e la loro natura sono diversi, e non dovremmo usare strumenti burocratici per impedire le attività private. Nello stesso spirito, per quanto riguarda le visite mediche e le attività amatoriali dobbiamo applicare il principio di sussidiarietà, non essendoci alcun motivo per complicare le cose.
In considerazione della crescente complessità dei compiti da affrontare, siamo favorevoli alla creazione di un comitato esecutivo nonché, nel caso del consiglio di amministrazione, a un ruolo più rilevante nella Comunità. La nomina del delegato degli Stati membri dovrebbe spettare al Consiglio, previa consultazione del Parlamento, mentre alla Commissione dovrebbe essere riservato il 25 per cento dei voti – un compromesso realistico. A mio parere è importante che i compiti dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea relativamente al rilascio delle certificazioni di tipo non penalizzino, rispetto al precedente periodo dei permessi nazionali, la competitività delle imprese di piccole dimensioni né in termini di prezzo né in termini di tempo. Siamo contrari alla proposta di attribuire all’Agenzia la responsabilità di imporre autonomamente sanzioni; questa competenza deve restare riservata agli Stati membri. E’ essenziale garantire la trasparenza dei finanziamenti dell’Agenzia e impedire che gruppi di pressione possano acquisire un’influenza decisiva per mezzo di donazioni. Siamo inoltre contrari all’idea di far gravare sui passeggeri gli oneri derivanti da nuovi obblighi, poiché nessuno dei settori qui considerati riceve sovvenzioni, bensì lavora esclusivamente in base alle regole del mercato, e l’industria paga tasse e contributi a questo scopo.
Robert Evans, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, come già osservato da altri oratori, penso anch’io che questa sia una relazione valida. Mi congratulo con l’onorevole Leichtfried non solo per la relazione ma anche per il modo in cui è riuscito a coinvolgere altri colleghi nelle discussioni e nel dibattito.
Stiamo assistendo a un’estensione delle competenze dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea. Penso che, in sé, si tratti di una buona idea, la quale però dev’essere attuata in maniera corretta perché, altrimenti, non darebbe risultati positivi. In quanto membri di questa commissione e di questo Parlamento sappiamo che il trasporto aereo – molti di noi ricorrono all’aereo più spesso di quanto vorrebbero – è in effetti una delle modalità di trasporto più sicure. Credo che abbiamo bisogno di una risposta ragionevole, e in un mercato unico è senz’altro opportuno che la risposta alla sicurezza sia di portata europea.
Detto ciò, devo rilevare che la relazione affronta questioni sulle quali nutro talune perplessità, in parte già note al relatore. Vorrei ora richiamare l’attenzione dei colleghi su alcune di esse.
L’emendamento n. 17 illustra le mie preoccupazioni riguardo alle ammende e alle sanzioni. Non credo si possa giungere a compromessi sulla sicurezza; di conseguenza, ritengo che le ammende e le sanzioni non siano misure efficaci per risolvere i problemi attinenti alla sicurezza. Qualora sussistano timori in merito alla sicurezza di una determinata compagnia aerea, preferirei di gran lunga l’adozione di provvedimenti quali la sospensione della licenza o la revoca del certificato della compagnia in questione. Non penso che le mezze misure vadano bene, né che un’ammenda o una sanzione, analogamente all’eventuale revoca del certificato, indurrebbero una compagnia ad apportare migliorie.
(Interruzione dell’onorevole Jarzembowski)
Mi faccia continuare e io non la interromperò. Non ho potuto udire nulla di ciò che ha detto. Per quanto importanti fossero le sue parole, non ne ho sentita nemmeno una!
Nutro riserve anche sui diritti perché credo che l’Agenzia debba poter contare su una base sicura: deve disporre di finanziamenti, deve avere la garanzia della loro continuità e, a mio parere, non ci devono essere limiti arbitrari alla loro definizione.
Un’altra mia perplessità riguarda il consiglio di amministrazione, di cui ha parlato anche l’onorevole Leichtfried. Penso che i cittadini si aspettino che i membri del consiglio di amministrazione svolgano un ruolo fondamentale nella difesa della loro sicurezza. Agli Stati membri va riconosciuta la facoltà di nominare e scegliere persone qualificate, al fine di garantire la tutela dei loro interessi e l’adempimento dei loro obblighi.
Infine vorrei soffermarmi sull’emendamento n. 1. C’è differenza tra sicurezza del traffico aereo (safety) e sicurezza aerea (security). Si tratta di due concetti ben distinti, e non mi è chiaro – sarò grato a chi me lo spiegherà – quali vantaggi ricaveremmo dall’inserire il concetto di sicurezza aerea in questa misura, che riguarda la sicurezza del traffico aereo. La sicurezza del traffico aereo è altrettanto importante, ma è tutt’altra questione.
Presidente. – Qui non siamo a Westminster. Invito pertanto i colleghi a non interrompere chi esercita il diritto di parola.
Arūnas Degutis, a nome del gruppo ALDE. – (LT) Desidero ringraziare il relatore e il relatore ombra per la loro collaborazione nella redazione degli emendamenti, grazie alla quale siamo diventati buoni amici. Questo è forse uno degli aspetti più gradevoli del nostro lavoro qui in Parlamento.
Oggi ci occupiamo degli emendamenti ai regolamenti entrati in vigore nel 2002 – un passo conseguente, che ci offre l’occasione di valutare ed estendere l’applicazione dei regolamenti in vigore.
Gli emendamenti proposti prevedono l’estensione delle competenze dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea e ne migliorano la gestione, il finanziamento del bilancio e altre procedure. Molta attenzione è stata riservata alla conferma di standard uniformi di sicurezza aerea e ai controlli sulla loro applicazione. La sicurezza aerea è una priorità per tutti noi. La crescita continua del traffico aereo ci impone di istituire un ente unico e forte, capace di impedire che problemi di coordinamento o contrasti tra le singole autorità aeronautiche nazionali possano avere conseguenze negative per la sicurezza aerea. E’ per tale motivo che la maggior parte delle modifiche proposte mira a raggiungere il risultato più importante: quello di conferire all’Agenzia europea per la sicurezza aerea maggiori poteri effettivi per svolgere i compiti che ci si aspettano da lei.
Vorrei sottolineare che con questi miglioramenti del regolamento abbiamo cercato non solo di introdurre maggiore severità e di centralizzare le competenze, bensì anche di allentare gli standard nei settori in cui l’evolversi delle circostanze lo rende possibile; uno di tali settori è quello degli aeromobili leggeri usati a fini amatoriali. Gli emendamenti proposti stabiliscono standard meno rigidi per il rilascio di licenze private di volo e regole meno severe per questo tipo di attività, permettendo agli enti autorizzati – ad esempio, alle associazioni di piloti – di rilasciare cosiddette licenze di volo per aeromobili amatoriali leggeri.
Gli emendamenti concernono altresì la protezione delle fonti d’informazione, la qual cosa è importante quando si vogliano ottenere informazioni cruciali su violazioni delle norme.
Anche le osservazioni di accompagnamento sui regolamenti mirano a migliorare le norme sul reclutamento di esperti da parte dell’Agenzia, nell’ottica di consentirle anche in futuro di attirare specialisti esperti e di creare le condizioni per la necessaria formazione interna.
Concludo invitando i colleghi ad appoggiare questi emendamenti, tempestivi e indubbiamente necessari.
Mieczysław Edmund Janowski, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, sono grato al relatore, onorevole Leichtfried, per l’ottimo lavoro che ha compiuto. Insieme al resto del mondo, l’Europa deve garantire che la sua aviazione civile sia in grado di trasportare in maniera sicura ed efficiente tanto le merci quanto i passeggeri. Lo stesso vale per l’aviazione amatoriale, gli sport aeronautici e la formazione dei piloti.
Occorre pertanto adottare le necessarie misure tecniche, organizzative e giuridiche. E’ chiaro che non si possono trascurare nemmeno le questioni connesse con la tutela dell’ambiente e dei lavoratori impiegati nell’industria aeronautica. Tutto questo ha, com’è ovvio, una specifica dimensione finanziaria.
Il regolamento (CE) n. 1592/2002 attualmente in vigore risale a quasi cinque anni fa e si è rivelato abbastanza funzionale. E’ giunto il momento, però, di tener conto delle circostanze nuove che sono emerse in parte a seguito dell’attuale crescita esponenziale del trasporto aereo e della minaccia terroristica, in parte a seguito della necessità di razionalizzare e uniformare tutto il complesso sistema di disposizioni, procedure e standard in campo aeronautico.
Il regolamento ora in discussione deve quindi essere conforme ad altre norme vigenti in questo settore, in primis a quelle della Convenzione di Chicago. Dobbiamo sperare che l’Agenzia europea per la sicurezza aerea sarà in grado di svolgere diligentemente i compiti che le sono stati affidati, in collaborazione con i singoli Stati membri – aspetto, questo, che giudico molto importante. Dobbiamo sperare altresì che gli standard di sicurezza siano uniformati e che gli standard nuovi siano elevati.
Vale la pena ricordare l’importante ruolo della collaborazione internazionale nel trasporto aereo. E’ deplorevole che l’Unione europea non abbia un proprio rappresentante in seno all’ICAO, ovvero nell’organismo delle Nazioni Unite competente per le questioni aeronautiche mondiali. A tale mancanza va posto rimedio. Il regolamento prevede che l’Agenzia europea per la sicurezza aerea si occupi anche degli aeromobili di paesi terzi, il che è giusto. L’Agenzia potrà dunque eseguire controlli volti a garantire che gli operatori di paesi terzi soddisfino gli standard di sicurezza prima di essere autorizzati a operare.
Sono d’accordo con il relatore anche sull’estensione delle competenze dell’Agenzia alle questioni attualmente gestite da Eurocontrol. A nome del gruppo “Unione per l’Europa delle nazioni” esprimo il nostro sostegno a questo regolamento e a quasi tutti gli emendamenti presentati. Vorrei tuttavia ribadire che le nostre attività devono concentrarsi in primo luogo sulla protezione dei passeggeri e sulla sicurezza e il comfort del viaggio, ivi compresi sia il tempo passato in aeroporto sia la durata del volo. Ritengo necessario portare avanti il processo di armonizzazione delle norme europee e mondiali in questo importante settore.
Eva Lichtenberger, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, anch’io rivolgo sinceri ringraziamenti all’onorevole Leichtfried, che si è impegnato moltissimo nella ricerca di un consenso. All’inizio sembrava che questo fosse un argomento facile da affrontare, ma lo era solo in apparenza. Naturalmente, è evidente a tutti, di primo acchito, che un cielo unico europeo comporta di necessità anche standard uniformi e controlli uniformi e severi, se vogliamo garantire la sicurezza. Dobbiamo inoltre trarre l’ovvia conclusione dalla nostra discussione sulle “liste nere” e provvedere affinché le linee aeree dei paesi terzi siano sottoposte a controlli altrettanto severi e attenti di quelli previsti per le linee europee.
Abbiamo creato alcune delle condizioni. Il consiglio di amministrazione così come è proposto adesso sarà in grado di agire molto meglio e più velocemente rispetto al passato. Riguardo ai finanziamenti, in aggiunta ai soliti diritti per la certificazione degli aeromobili, i quali chiaramente non devono essere sostituiti da alcuna forma di tassazione, dobbiamo pensare all’introduzione di altri diritti per la fornitura di servizi che non rientrano in questo campo e che non sono né possono essere utilizzati a fini commerciali, per così dire.
Ancora una volta si è discusso molto del personale di cabina; avevamo avuto la stessa discussione in sede di UE-OPS. Si tratta di una questione che va risolta. Dobbiamo fissare standard che ci mettano al riparo anche da condizioni di lavoro scadenti e dal dumping sul piano sociale e della sicurezza.
Un altro compito futuro sarà la riduzione a un livello accettabile delle emissioni nocive in aeronautica e il loro adeguamento agli obiettivi climatici dell’Unione europea.
Vladimír Remek, a nome del gruppo GUE/NGL. – (CS) Onorevoli colleghi, in linea di massima concordiamo tutti sulla bontà dei provvedimenti che mirano ad aumentare la sicurezza del trasporto aereo. Ad esempio, non si può che plaudire al fatto che l’Agenzia europea per la sicurezza aerea possa contribuire a garantire la libera circolazione dei prodotti della tecnologia aeronautica, dei servizi di trasporto e degli equipaggi, visto che i vari permessi, licenze e altri documenti rilasciati dall’Agenzia o dalle autorità nazionali sulla base delle rispettive norme saranno accettati automaticamente negli altri Stati membri.
Pertanto, alla luce della mia lunga carriera di pilota, desidero manifestare il mio sostegno a questa proposta di regolamento e il mio apprezzamento per l’operato del relatore. Onorevoli colleghi, non dobbiamo tuttavia dimenticare che talvolta, a dispetto delle migliori intenzioni, i provvedimenti che si adottano possono avere effetti controversi o persino controproducenti su alcuni dei soggetti interessati. Ne è un esempio il fatto che il rafforzamento del ruolo dell’Agenzia in materia di aeromobili di peso fino a 600 chilogrammi non solo non migliora in maniera sostanziale il trasporto aereo, ma comporta anche costi straordinari e maggiori oneri amministrativi. La produzione di aeromobili ultraleggeri costituisce una buona opportunità per le nostre PMI più attive sul fronte delle esportazioni di far sentire la loro presenza sui mercati difficili a livello internazionale, compreso quello degli Stati Uniti.
Dato che l’allegato al regolamento, purtroppo, non prevede l’esenzione di questo settore specializzato della tecnologia aeronautica dall’ambito di applicazione del regolamento stesso, a differenza di altri settori, il provvedimento in esame avrà conseguenze gravissime sulla competitività dei produttori e creerà discriminazioni sul mercato – cosa che non rientra di certo tra gli obiettivi della nuova legislazione né degli emendamenti giuridici approvati dal Parlamento.
Ritengo inoltre che le questioni relative all’imposizione di sanzioni siano tali da ingenerare confusione. Ho l’impressione che sarebbe meglio mantenere la pratica già in uso, ovvero la revoca delle licenze o il rifiuto del loro rilascio. Le ammende non sono una misura standard e sussiste il rischio che se ne faccia un uso spropositato nel tentativo di aumentare il gettito degli enti destinatari di risorse introitate in questo modo.
Vorrei infine osservare che alcuni dei suggerimenti contenuti nella proposta attengono alla sovranità degli Stati membri, pur non avendo a che fare con i requisiti della sicurezza del trasporto aereo. Dovremmo pertanto controllare con maggiore attenzione tutte le conseguenze prodotte dalle nostre misure su tutti i cittadini e tutte le imprese dell’Unione europea, in quanto parte del nostro impegno generale a favore di una maggiore sicurezza. Grazie.
Georg Jarzembowski (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Vicepresidente, vorrei collocare questa discussione in un contesto diverso, ovvero quello della discussione che abbiamo avuto stamattina sulla situazione nei servizi aerei UE-USA.
Stamattina abbiamo concordato sul fatto che esiste un grande mercato transatlantico per i servizi aerei, che nei nostri auspici dovrebbe continuare a crescere. La questione che si pone ora è: chi sono gli operatori di questo mercato? In sede di negoziato abbiamo detto chiaramente che vogliamo che l’Europa stia alla pari con gli Stati Uniti. Ciò significa anche che dobbiamo far evolvere l’Agenzia europea per la sicurezza aerea in modo tale che possa diventare un partner alla pari dell’americana Federal Aviation Administration (FAA). Nella situazione odierna, è la FAA a decidere quali aeromobili devono essere riparati e quali ritirati dal servizio, e lo può fare perché dispone di un alto livello di competenza e detiene un potere enorme nel settore aeronautico mondiale.
La discussione odierna sull’estensione delle competenze dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea va vista in quel contesto. Dobbiamo elevare gradualmente la nostra Agenzia allo stesso livello della FAA, di modo che entrambi, Europa e Stati Uniti, siamo rappresentati in ambito amministrativo in qualità di partner.
Per questo motivo, signor Commissario, nelle prossime settimane discuteremo tranquillamente nella nostra commissione, come già stabilito, dello sblocco delle risorse per l’Agenzia. A mio parere, però, l’interrogativo fondamentale è: quale dotazione di mezzi e di personale deve avere l’Agenzia per poter essere riconosciuta sia dalle autorità nazionali di sicurezza aerea – perché sussistono ancora dubbi al riguardo – sia dalla FAA?
Se continueremo in questa direzione – un’estensione graduale e prudente delle competenze dell’Agenzia per quanto riguarda la dotazione sia di mezzi che di personale, per farla diventare un partner della FAA a tutti gli effetti – avremo fatto del nostro meglio per le nostre linee aeree e per i nostri passeggeri.
Inés Ayala Sender (PSE). – (ES) Signor Presidente, desidero anzi tutto complimentarmi con il Commissario per averci sottoposto con grande diligenza questo testo, urgente e necessario, e in particolare con l’onorevole Leichtfried per aver lavorato tanto per riunire le diverse volontà e ottenere l’approvazione della maggioranza del Parlamento.
Ritengo che gli emendamenti proposti migliorino il testo, tra l’altro perché semplificano la gestione dell’Agenzia per effetto dell’eliminazione del comitato esecutivo, che risultava ridondante. E’ garantita l’indipendenza dell’Agenzia sotto il profilo economico, sono stabilite le condizioni per la trasparenza dei conti ed è previsto un sistema di sanzioni per garantire una corretta applicazione.
Ciò nondimeno, la proposta va ulteriormente migliorata. Sono perciò favorevole all’emendamento n. 30, presentato dall’onorevole Jarzembowski, che mira a evitare conseguenze negative per l’industria europea aumentando il numero dei passeggeri degli elicotteri. Non sono invece molto d’accordo sull’indicazione di definizioni degli aeromobili, ma concordo sulla necessità di estenderle, visto che devono essere incluse. Invito tutti a sostenere in particolare gli emendamenti nn. 33 e 34, che riconoscono l’importanza del personale di cabina in quanto sempre più responsabile della nostra sicurezza, oltre che del nostro comfort.
Dobbiamo adeguarci a quanto è stato stabilito nel regolamento UE-OPS, nonché potenziare e fornire occasioni di formazione, qualifiche e certificazioni mediche e professionali armonizzate e di alto livello per il personale di cabina.
Marios Matsakis (ALDE). – (EN) Signor Presidente, mi congratulo con il collega per l’ottima relazione su questa proposta della Commissione, che mira a estendere le competenze dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea. Tale misura si è resa necessaria allo scopo di conseguire un elevato e uniforme livello di sicurezza aerea mantenendo, allo stesso tempo, condizioni eque per gli operatori del trasporto aereo nell’Unione europea.
In linea di massima, la relazione sembra incontrare un ampio consenso trasversale in tutti i gruppi, il che è in larga parte indicativo della buona collaborazione instaurata dall’onorevole Leichtfried con i relatori ombra.
A mio parere, l’aspetto più rilevante della relazione è il fatto che la commissione per i trasporti e il turismo ha approvato pochi ma molto importanti emendamenti alla proposta della Commissione che attribuisce all’Agenzia europea per la sicurezza aerea il potere di imporre ammende con pagamenti periodici di sanzioni qualora gli standard di sicurezza non siano applicati correttamente. Per chiarezza, è bene precisare che le ammende vanno ad aggiungersi a misure più drastiche, quali la revoca della licenza.
Inoltre, la commissione ha votato a favore di un’adeguata tutela degli informatori, cioè di coloro che potrebbero dare notizia di eventuali violazioni o inadempimenti delle norme vigenti. Gli emendamenti della commissione meritano il nostro incondizionato sostegno poiché ci mettono a disposizione strumenti ragionevoli e idonei a garantire che la sicurezza aerea riceva da tutte le parti interessate doverosa e seria attenzione, nell’ottica di arrivare effettivamente a una rigorosa attuazione delle norme di sicurezza. Vi sono casi, come questo, in cui non basta la carota ma serve anche il bastone.
Diciotto mesi fa nel mio paese, Cipro, si è verificato un gravissimo incidente aereo nel quale sono morte 121 persone. L’indagine condotta sulle cause della tragedia ha messo in luce gravi carenze nell’applicazione degli standard di sicurezza aerea. Se questa proposta della Commissione fosse già stata in vigore al momento del disastro, sono certo che lo si sarebbe potuto evitare. Possiamo quindi soltanto augurarci che la proposta di cui stiamo discutendo, con gli emendamenti della commissione per i trasporti, sia sollecitamente tradotta in pratica: quanto prima questo accadrà, tanto meglio sarà per la prevenzione di altri gravi disastri aerei.
Jaromír Kohlíček (GUE/NGL). – (CS) Desidero in primo luogo ringraziare il relatore onorevole Leichtfried per l’ottima collaborazione. Onorevoli colleghi, ogni volta che si istituisce un’agenzia nuova o si devono estendere le competenze di un’agenzia esistente per mezzo di un regolamento, dobbiamo chiederci se il personale e le competenze siano commisurati alle necessità dell’agenzia in questione.
E’ sicuramente importante addivenire a norme comuni nel settore dell’aviazione civile. Come nel caso del regolamento precedente, il problema risiede nella definizione di aviazione civile nel settore di pertinenza delle norme. Rimane una discrepanza tra le norme degli Stati Uniti e quelle dell’Unione europea, non da ultimo per quanto attiene alla definizione delle specifiche della categoria degli ultraleggeri. Forse i negoziatori europei e quelli americani affronteranno tale questione in una prossima fase delle trattative e il risultato di queste sarà inserito in un emendamento al nuovo regolamento in vigore nell’Unione.
Per quanto riguarda l’Agenzia, ritengo che il numero di dipendenti e il bilancio che sono stati proposti siano insufficienti rispetto ai compiti di coordinamento e controllo. La possibilità di eseguire test nazionali praticamente non è stata presa in considerazione; credo che questo punto sarà esaminato e affrontato dal Consiglio. Le proposte avanzate rafforzeranno l’Agenzia europea per la sicurezza aerea. Non le appoggio tutte per considerazioni di natura pratica; in particolare, sono contrario all’idea di sottoporre a controllo centralizzato le ispezioni degli ultraleggeri.
Vorrei citare in particolare l’emendamento n. 5, in merito al quale non riesco a comprendere perché la proposta della Commissione limiti a nove il numero massimo di posti passeggeri ammessi negli aeromobili piccoli con una massa al decollo di 5 700 chilogrammi. Tale proposta è in contrasto con il compito di promuovere la produzione di aeromobili di piccole dimensioni nell’ambito del programma CESAR, adottato oltre un anno fa dalla Commissione sulla base della terza sfida prevista dal sesto programma quadro per la scienza e la ricerca.
Il nuovo emendamento prevede 19 posti passeggeri, in linea con la proposta del programma CESAR. Riguardo, poi, all’esigenza che non solo i piloti bensì l’intero personale di volo siano qualificati, gli emendamenti precisano la formulazione originaria, e li sostengo per questo motivo. Purtroppo, la categoria degli ultraleggeri non è stata specificamente esclusa dalle competenze dell’Agenzia. Come ha osservato l’onorevole Remek, essa comprende tutti gli aerei di peso inferiore a 600 chilogrammi. Sarebbe opportuno che, per questa categoria, le nuove procedure di controllo e ispezione adottate contemplino anche la possibilità che le verifiche continuino a essere eseguite dalle autorità d’ispezione nazionali.
Luís Queiró (PPE-DE). – (PT) Signora Presidente, anch’io desidero come prima cosa congratularmi con l’onorevole Leichtfried per la sua relazione e l’eccellente lavoro che ha compiuto. Il tema di cui ci stiamo occupando è della massima importanza per il futuro dell’aviazione civile europea, specialmente nella prospettiva di una crescita continua del trasporto aereo nei prossimi anni e degli impegni assunti di recente dall’Unione europea riguardo alle emissioni di anidride carbonica, che certamente avranno conseguenze anche per l’aviazione civile.
Con la creazione dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea miriamo a dotarci delle norme di sicurezza per l’aviazione civile più severe possibile, norme che varranno anche per gli operatori extra europei che utilizzano lo spazio aereo e gli aeroporti europei. Da un’analisi dell’attività compiuta dall’Agenzia a partire dal 2003, però, emerge molto chiaramente che dobbiamo procedere con cautela a estendere le sue competenze in materia di operazioni di volo, rilascio di licenze ai piloti e aeromobili di paesi terzi, senza tuttavia appesantire in alcun modo la burocrazia e senza frapporre ostacoli illegali alle normali attività di questo settore.
Non possiamo che essere favorevoli a tali cambiamenti, se contribuiranno effettivamente a una maggiore sicurezza aerea. L’inevitabile e conseguente perdita di competenze da parte delle autorità aeronautiche nazionali è inaccettabile, a meno che non vi sia un evidente valore aggiunto dal punto di vista della gestione della sicurezza e del futuro dell’aviazione civile europea.
Siamo quindi accomunati dall’obiettivo di attribuire all’Agenzia europea per la sicurezza aerea i poteri effettivi necessari per svolgere i nuovi compiti che le sono stati affidati. Finora, ciascuno Stato membro era solito adottare, nella maggior parte dei casi, norme proprie sulla base degli standard minimi concordati a livello internazionale, ed è assodato – lo dico in tutta onestà – che lo spazio aereo dell’Europa è sempre stato il più sicuro al mondo.
Vorrei pertanto sottolineare la necessità di tener conto dell’esperienza delle autorità nazionali competenti, al fine di garantire che siano stabilite e attuate efficacemente norme comuni europee e che la sicurezza sia migliorata costantemente.
Senza entrare nei dettagli – ne sono già stati menzionati parecchi – possiamo prevedere che in diversi settori si dovrà introdurre una serie di aggiustamenti, soprattutto per quanto attiene a una più stretta interazione con le autorità aeronautiche degli Stati membri. Anche in futuro, signora Presidente, lo scopo sarà quello di garantire ancora maggiore protezione e sicurezza a tutti i passeggeri che utilizzano lo spazio aereo europeo.
Silvia-Adriana Ţicău (PSE). – Mobilitatea şi libera circulaţie a mărfurilor şi a persoanelor sunt indispensabile dezvoltării Uniunii Europene. Zilnic, 25 000 de aeronave operează pe aeroporturile europene, iar 30% din transportul aerian global este realizat de operatorii europeni.
Datele publicate astăzi pe site-ul Comisiei arată că numărul pasagerilor din primele 11 luni ale anului 2006 se ridică la 318 milioane. Deschiderea pieţei şi competiţia din domeniul transportului aerian au permis apariţia operatorilor aerieni cu preţuri reduse şi dezvoltarea aeroporturilor regionale. Numai în trimestrul 4 al anului 2006, companiile low-cost au abordat 201 noi rute care au generat 1 800 de zboruri pe săptămână. De aceea, creşterea siguranţei pasagerilor şi a securităţii transportului aerian, prin impunerea de reguli de securitate comune tuturor operatorilor de transport aerian, reprezintă o prioritate.
Agenţia europeană de siguranţă a aviaţiei va superviza autorităţile naţionale responsabile de pregătirea şi testarea pentru licenţierea piloţilor. În contextul securităţii transportului aerian şi al siguranţei pasagerilor, se impune însă şi certificarea şi testarea medicală a personalului navigant. Agenţia europeană de siguranţă a aviaţiei va impune aeronavelor şi echipajelor din ţări terţe, ce operează în spaţiul comunitar, prin verificări ex-ante, respectarea regulilor comune privind siguranţa aviaţiei. Având în vedere importanţa securităţii transportului aerian şi a siguranţei pasagerilor, doresc să felicit raportorul pentru munca depusă.
Alojz Peterle (PPE-DE). – (SL) Signor Commissario, onorevoli colleghi, in quanto deputato al Parlamento europeo, utente abituale del trasporto aereo e pilota, esprimo il mio sostegno agli emendamenti al regolamento n. 1592/02, che contribuiranno in misura significativa alla sicurezza dell’aviazione civile.
Tuttavia, a essere in gioco qui non è soltanto la questione chiave della sicurezza. E’ ora che l’Unione europea definisca con maggiore chiarezza la sua posizione riguardo allo spazio aereo, e con ciò intendo i suoi rapporti con i clienti delle linee aeree, i costruttori di aeroplani e i difensori dell’industria. E’ importante che collaboriamo all’introduzione di standard uniformi, perché solo così sarà possibile contribuire alla creazione di uno spazio aereo unico europeo.
Anche il mercato unico è importante. Se vogliamo ampliarlo, dobbiamo anche introdurre norme uniformi per la produzione e la certificazione degli aeromobili. I più esposti alle incongruenze in questo settore sono i piloti di ultraleggeri. Desidero esprimere il mio particolare apprezzamento per la nostra decisione di riservare maggiore attenzione ai piloti amatoriali, i quali saranno ben contenti della standardizzazione e semplificazione delle norme, ma non di eventuali tentativi di appesantire gli oneri burocratici.
Christine De Veyrac (PPE-DE). – (FR) Signora Presidente, signor Vicepresidente della Commissione, onorevoli colleghi, desidero anzi tutto complimentarmi con il relatore, onorevole Jörg Leichtfried, per l’eccellente relazione e per la qualità del lavoro che ha svolto riguardo a questo regolamento.
Sono completamente d’accordo con lui quando sostiene che l’estensione delle competenze dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea rappresenta un passo avanti per l’Unione europea e per la sicurezza dei passeggeri. Il regolamento stabilisce infatti che gli aeromobili di paesi terzi non potranno più volare nell’Unione europea se non avranno la certificazione dell’Agenzia. Il testo in esame, dunque, rappresenta un miglioramento in termini di sicurezza. Tutti gli aeromobili saranno sottoposti a ispezioni e dovranno ottenere la certificazione per essere autorizzati a trasportare passeggeri nell’Unione europea. Il testo rappresenta altresì un miglioramento in termini di armonizzazione della protezione dei cittadini europei, la quale, signor Commissario, costituisce il proseguimento del processo iniziato con la lista nera europea, il cui scopo è di permettere a ciascun passeggero di godere della stessa protezione in tutti gli aeroporti del territorio dell’Unione europea.
Prima di concludere desidero fare una breve osservazione sulle modalità di finanziamento dei nuovi compiti affidati all’Agenzia europea per la sicurezza aerea. In commissione sono stati proposti emendamenti riguardanti l’applicazione di una tassa sui biglietti aerei, ma per fortuna sono stati respinti. Dobbiamo smetterla di cercare sempre di trasferire sui passeggeri i costi di simili provvedimenti. Le tasse che gravano sui biglietti aerei sono già molto alte, e mi auguro che troveremo una modalità di finanziamento che non comporti ulteriori oneri diretti a carico dei passeggeri del trasporto aereo.
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Signora Presidente, desidero rinnovare i miei più calorosi ringraziamenti all’onorevole Leichtfried e alla commissione per i trasporti e il turismo per aver sostenuto e rafforzato la proposta della Commissione. Gli emendamenti presentati dal vostro relatore confermano l’importanza degli obiettivi indicati dalla Commissione nell’interesse della sicurezza aerea in Europa.
La Commissione può quindi accogliere 14 degli emendamenti, che contribuiscono al raggiungimento di questo obiettivo. Vorrei citare in particolare i due emendamenti che prevedono la revoca automatica del rilascio e del riconoscimento reciproco dei certificati in caso di mancato adempimento delle norme comuni. Desidero ricordare anche l’emendamento che impone all’Agenzia europea per la sicurezza aerea l’obbligo di trasmettere alla Commissione tutte le informazioni utili all’aggiornamento della lista nera. Ho inoltre rilevato che negli emendamenti supplementari si chiede di inserire un riferimento al certificato medico all’articolo 6 ter, paragrafo 4. Vi posso assicurare il mio sostegno a tale richiesta perché essa riflette la proposta originaria della Commissione. Sto parlando dell’emendamento n. 34 dell’onorevole Ticău.
D’altro canto ritengo che 15 degli emendamenti proposti dal relatore non siano ricevibili allo stato attuale e meritino ulteriori approfondimenti. Onorevole Leichtfried, onorevole Evans, il vostro emendamento n. 17 mira ad autorizzare l’Agenzia a infliggere ammende, ma la Commissione non può accoglierlo nella sua forma attuale. Posso comprendere l’interesse a imporre ammende in caso di violazioni decisamente di poco conto, ed è vero che gli strumenti ora a disposizione dell’Agenzia possono, in tal senso, sembrare inadeguati. Ma questa proposta di emendamento, per quanto interessante, solleva moltissime questioni di carattere giuridico, istituzionale e pratico. Per poter esprimere un parere su tali questioni, importanti e complesse, la Commissione ha bisogno di studiarle con attenzione. Dobbiamo, in effetti, essere certi che le norme che verrebbero approvate siano conformi al Trattato. Nel frattempo – lei comprenderà – la Commissione non può accogliere questo emendamento, pur giudicandolo interessante.
Onorevole Leichtfried, onorevole Evans, per noi è difficile accogliere l’emendamento n. 27, che propone di finanziare una parte del processo di certificazione con sovvenzioni comunitarie. Nel 2007 i costi di tali processi ammonteranno a 9 milioni di euro e cresceranno rapidamente di circa il 5 per cento l’anno, al netto dell’inflazione, di modo che non sarà possibile finanziarli nell’ambito delle attuali prospettive finanziarie. Inoltre, l’emendamento avrà l’effetto di far gravare questi costi sul contribuente anziché sugli imprenditori che hanno o hanno avuto vantaggi in termini di commercializzazione dei prodotti interessati.
Sono stati appena presentati numerosi emendamenti, più precisamente i nn. 30, 31 e 33, riguardanti la questione UE-OPS. Come sapete, essa è stata oggetto di lunghi e infuocati dibattiti che hanno infine portato, l’anno scorso, a un compromesso ampiamente accettato dalle tre Istituzioni. Tale compromesso – il regolamento (CE) n. 1899/2006 – prevede ulteriori sviluppi. Non ritengo che sarebbe ragionevole cercare di metterlo in discussione proprio ora. Vi chiederei pertanto di limitarvi all’emendamento approvato dalla commissione per i trasporti e il turismo e all’emendamento n. 34, che posso accogliere. Ci sono peraltro alcuni punti che vanno ulteriormente discussi e che richiedono anche precisazioni aggiuntive(1).
Onorevole Janowski, la Commissione tende sempre, ovviamente, a cercare l’accordo degli Stati membri e del Parlamento europeo per poter dare il proprio contributo a nome dell’Unione europea nelle organizzazioni internazionali. Ringrazio il Parlamento per il suo appoggio. Purtroppo, gli Stati membri non si sono ancora resi conto appieno di quanto sia importante che la Commissione e l’Unione siano presenti all’interno di organismi internazionali quali l’Organizzazione internazionale per l’aviazione civile.
L’onorevole Remek ha sollevato il tema degli aeroplani ultraleggeri, che operano anche a fini commerciali e possono raggiungere velocità elevate. Anch’essi utilizzano lo stesso spazio aereo degli altri aeroplani. E’ pertanto opportuno che debbano sottostare a norme di sicurezza, anche se, naturalmente, meno severe.
Un’altra domanda, cui ho già risposto, riguarda la capacità dell’Agenzia di far fronte a queste nuove competenze che le vengono attribuite. Si può dire che l’Agenzia dispone delle risorse materiali e umane necessarie per adempiere tali compiti. Alla fine del 2006, meno di quattro anni dopo la sua istituzione, il personale dell’Agenzia era costituito da 280 agenti, mentre la dichiarazione finanziaria allegata alla proposta che vi è stata sottoposta prevede uno staff di 330 agenti alla fine del 2007. Detto ciò, è vero, d’altro canto, che le risorse finanziarie dell’Agenzia rappresentano un problema, dato che, naturalmente, il suo bilancio deve essere finanziato in parte con sovvenzioni ma in parte anche con i diritti pagati dagli operatori delle linee aeree che richiedono la certificazione dei loro aeromobili. Si tratta di un problema complesso, signora Presidente, onorevoli deputati, e avremo certamente l’opportunità di ritornarvi perché, anche a questo riguardo, dovremo definire un bilancio che possa restare abbastanza costante. Ne riparlerò con la commissione per i trasporti e il turismo.
L’onorevole De Veyrac ci ha ricordato tutti i progressi che abbiamo compiuto e l’importante ruolo svolto al riguardo dal Parlamento. Ciò significa, forse, che le norme di cui stiamo discutendo renderanno superflua la lista nera? No, perché la lista nera è uno strumento repressivo che ha lo scopo di bandire dai cieli europei gli operatori di qualità scadente. Il requisito dell’autorizzazione preventiva che sarà richiesto agli operatori di paesi terzi per poter volare nell’Unione europea costituirà invece uno strumento di prevenzione mirato a garantire che nell’Unione possano operare solamente le compagnie aeree con un livello di sicurezza adeguato. Queste due disposizioni normative sono complementari l’una all’altra e si può immaginare che un giorno, grazie all’opera di prevenzione, le misure di repressione diventeranno effettivamente inutili. Ma non siamo ancora a quel punto – il mio era solo un auspicio.
Signora Presidente, mi scuso per non aver, evidentemente, risposto a tutte le domande. Desidero esprimere la mia profonda gratitudine al Parlamento europeo per averci aiutato in questo modo a dotare gradualmente l’Unione europea di norme sulla vigilanza della sicurezza degli aeromobili e del trasporto aereo che, a mio parere, saranno tra le più efficaci al mondo. Noi vogliamo un cielo europeo che sia sicuro; questo è molto importante per i nostri concittadini, che si dovranno servire sempre più del trasporto aereo e che, com’è ovvio, pretendono una protezione adeguata da tutti i rischi per la loro sicurezza.
Grazie. Ringrazio nuovamente tutto il Parlamento per i suoi preziosi contributi.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani, giovedì, alle 12.30.
La Commissione può accogliere gli emendamenti nn. 2, 8, 10, 14, 15, 16, 19, 21, 22, 23, 24 e 34.
La Commissione può accogliere in linea di principio gli emendamenti nn. 4, 13 e 29.
La Commissione non può accogliere gli emendamenti nn. 1, 3, 5, 6, 7, 9, 11, 12, 17, 18, 20, 25, 26, 27, 28, 30, 31 e 33.
Dichiarazione scritta (articolo 142 del Regolamento)
Zita Gurmai (PSE), per iscritto. – (HU) L’estensione delle competenze dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea permetterà in futuro a tutti noi di viaggiare più sicuri.
Non posso che appoggiare la pubblicazione di questa relazione, che riassume le aree da noi individuate, nei cinque anni dall’istituzione dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea, in cui è necessario emendare o, forse, ritoccare le norme vigenti, o in cui, al contrario, occorre ampliare le competenze dell’Agenzia.
Il relatore ha cercato – peraltro con successo – di rispondere a tali interrogativi. Il fatto che in futuro le competenze dell’Agenzia saranno estese al rilascio delle licenze ai piloti, alle operazioni aeronautiche, agli aeromobili di paesi terzi, alla vigilanza collettiva, eccetera, significa che la sicurezza del trasporto aereo non può che aumentare, considerato che, in questo tipo di attività, le procedure centralizzate possono rivelarsi molto più efficaci di singole, differenti legislazioni nazionali.
Non meno rilevante è il fatto che l’Agenzia sia in grado di affrontare le sfide del futuro per poter garantire la sicurezza aerea sul lungo termine. Dobbiamo altresì vincere le sfide riguardanti la disponibilità di finanziamenti adeguati. A mio parere, la relazione compie un importante passo avanti anche in tale direzione.
Per tutti questi motivi mi congratulo con il relatore e propongo che la relazione – che non può che andare a beneficio di tutti i cittadini europei – sia approvata così com’è.
Posizione della Commissione sugli emendamenti: cfr. Allegato.
19. Caccia illegale di uccelli a Malta (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca l’interrogazione orale (Ο-0013/2007 – Β6-0015/2007) dell’onorevole Marcin Libicki, a nome della commissione per le petizioni, alla Commissione, sulla caccia illegale di uccelli a Malta.
Marcin Libicki (UEN), autore. – (PL) Signora Presidente, presiedo la commissione per le petizioni, che ormai da tempo si occupa della questione della caccia illegale di uccelli a Malta. Abbiamo ricevuto una petizione da una serie di associazioni per la protezione degli uccelli che contano complessivamente centinaia di migliaia di iscritti.
Questa attività di caccia è biasimevole per tre ragioni. In primo luogo, perché si svolge in primavera. In secondo luogo, perché viene fatto uso di trappole. In terzo luogo, perché viene svolta da barche a motore sul mare.
Vi è un’opposizione molto forte alla caccia e la commissione per le petizioni ha ricevuto di recente due corposi volumi che descrivono in modo particolareggiato le ultime violazioni dei principi sui quali si suppone debba fondarsi l’arte venatoria. Come potete vedere, in copertina c’è una fotografia di un falco pescatore. Il falco pescatore è un uccello in via d’estinzione in Europa, eppure a Malta viene cacciato e ucciso.
Occorre tenere presente che le spedizioni di caccia descritte prendono di mira solo gli uccelli migratori. Il motivo è che nessun uccello rimane a lungo a Malta. Questi sono tutti gli uccelli che percorrono distanze enormi, spesso dall’Africa meridionale fino all’Europa settentrionale e ritorno. Si fermano a Malta solo per riposare un poco, finendo per morire per mano dei cacciatori.
Onorevoli colleghi, abbiamo appurato che la maggior parte degli abitanti di Malta è contraria a questa attività di caccia. La commissione per le petizioni ha intrapreso l’anno scorso una speciale missione d’inchiesta a Malta per riferire sulla situazione. Abbiamo avuto l’impressione che solo una piccola parte della popolazione sia coinvolta nella caccia. Si tratta, tuttavia, di persone appartenenti a svariati partiti politici, che quindi godono dell’appoggio di vari politici di tutti gli schieramenti. Questo significa che, pur costituendo un’esigua minoranza, la categoria dei cacciatori è in una posizione di forza, perché sa che tutti i partiti politici proteggeranno i suoi interessi. In pratica tutti i partiti sono disposti ad appoggiare questi cacciatori dediti all’uccellagione.
Abbiamo appreso di recente che ora il governo intende concedere ancora una volta licenze di caccia per la prossima primavera. Sono proprio le battute di caccia primaverili ad avere l’effetto più distruttivo sull’avifauna di Malta e di fatto sull’avifauna dell’intera Europa perché, come ho detto prima, si tratta di uccelli migratori. Le ripercussioni si fanno sentire sulle popolazioni avicole dell’intero continente. Malta è di fatto il paese meno colpito perché non vi sono uccelli che risiedano in maniera permanente sul suo territorio.
Di conseguenza, ho rivolto un’interrogazione alla Commissione europea. La sostanza dell’interrogazione è la seguente. Nonostante l’avvio di una procedura di infrazione nei confronti di Malta da parte della Commissione e le raccomandazioni formulate dalla commissione per le petizioni in seguito alla missione d’inchiesta condotta nel maggio dell’anno scorso, il governo maltese si appresta ad autorizzare la caccia di uccelli selvatici durante la primavera del 2007, come ha fatto ogni anno dalla sua adesione all’Unione europea nel 2004. La domanda è: quali misure urgenti intende adottare la Commissione europea per convincere le autorità maltesi a vietare di fatto la pratica della caccia di uccelli selvatici, specie nella stagione migratoria in primavera? Va ricordato che molti volatili cacciati, tra i quali alcuni rapaci come il falco pescatore, sono specie a rischio di estinzione. In che modo intende la Commissione costringere il governo maltese a rispettare gli impegni presi attuando correttamente e facendo applicare la direttiva “Uccelli” a Malta?
Attendo con ansia la sua risposta, signor Commissario, insieme alla commissione per le petizioni e all’intera Assemblea.
Stavros Dimas, Μembro della Commissione. – (EL) Signora Presidente, ringrazio l’onorevole Libicki per avermi fornito l’occasione di formulare la posizione della Commissione sulla caccia di uccelli a Malta. Si tratta di una questione di rispetto del diritto comunitario.
La direttiva concernente la conservazione degli uccelli selvatici vieta chiaramente la caccia di uccelli migratori che ritornano nelle aree di riproduzione, come contenuto nell’allegato ΙΙ alla direttiva. Come ha affermato anche l’onorevole Libicki, la caccia praticata in primavera è la forma più dannosa.
L’articolo 9 della direttiva prevede la possibilità di deroga per gli Stati membri. Tuttavia, tale disposizione si applica solo in circostanze eccezionali, subordinatamente al rispetto dei criteri molto rigorosi stabiliti nell’articolo. In tali casi, la possibilità di derogare è concessa sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti.
Nel 2004 il governo maltese ha deciso di esercitare il diritto di applicare una deroga per la caccia alla quaglia e alla tortora durante la migrazione primaverile. Tuttavia, secondo le informazioni fornite alla Commissione dalle autorità maltesi, la deroga in oggetto non sembra conforme ai requisiti stabiliti nella direttiva “Uccelli”. Soprattutto, le autorità maltesi non sono state in grado di dimostrare che non vi fossero altre soluzioni soddisfacenti né che la caccia primaverile si svolgesse in condizioni di stretto controllo. Per queste ragioni, la Commissione è giunta alla conclusione che la deroga per il 2004 violava gli articoli 7 e 9 della direttiva “Uccelli”. Nel luglio 2006 sono state avviate procedure di infrazione ai sensi dell’articolo 226 del Trattato e la Commissione non ha ancora ricevuto una risposta ufficiale dalle autorità maltesi.
La questione in discussione riguarda la deroga per l’anno 2004. Nondimeno, la Commissione sa che Malta ha autorizzato la caccia primaverile anche durante gli anni seguenti, cioè nel 2005 e nel 2006, e sembra che l’abbia autorizzata anche per quest’anno, il 2007. La continuazione della caccia in primavera in tutti questi anni, in violazione della legislazione, costituisce un caso sistematico di mancata applicazione della direttiva “Uccelli”. Per questa ragione, al fine di estendere l’oggetto delle procedure di infrazione in corso, intendiamo inviare un’ammonizione scritta aggiuntiva alle autorità maltesi riguardante quella che è diventata una pratica standard da parte loro negli anni dal 2004 a oggi. La decisione della Commissione dovrebbe essere presa durante la riunione del 21 marzo. Se Malta non si conformerà alla direttiva “Uccelli”, la Commissione intraprenderà i procedimenti legali previsti a tal fine. Tuttavia, non siamo ancora giunti a questa fase e continuo a sperare che le autorità maltesi si conformino al diritto comunitario. Entro i limiti della sua competenza, la Commissione sta adottando e continuerà ad adottare le misure necessarie, affinché Malta, come ogni altro Stato membro, rispetti il disposto della direttiva “Uccelli”.
Simon Busuttil, a nome del gruppo PPE-DE. – (MT) In primo luogo desidero ricordare a tutti i presenti in Aula, e in particolare al Commissario, che, durante i negoziati intercorsi tra Malta e l’Unione europea, la Commissione europea riconobbe per iscritto che, dopo l’adesione all’UE, Malta si sarebbe avvalsa di una deroga per autorizzare la caccia in primavera. Infatti, ho qui di fronte a me il documento datato 27 settembre 2002, che lo dimostra. La Commissione conosce bene le difficoltà incontrate durante i negoziati con Malta perché la decisione sull’eventuale adesione di Malta riguardava il paese intero, ma comunque Malta non ha reclamato arbitrariamente il proprio diritto a una deroga. Non mi aspetto quindi che il Commissario venga qui e dica, alla prima occasione in cui Malta chiede di avvalersi di tale deroga: “adesso non può avvalersene”. Come ha potuto la Commissione accettare per iscritto l’uso di una deroga durante i negoziati e poi, la prima volta che questa deve essere applicata, dire che ciò non è permesso? Inoltre, come può la Commissione affermare che vi sono alternative alla caccia primaverile? Perché questo non è stato detto durante i negoziati? Queste sono le risposte che ci aspettiamo da lei, signor Commissario.
Sono completamente d’accordo con lei sul fatto che questa deroga non dà carta bianca ai cacciatori e gradirei informarla riguardo ad alcune misure che Malta sta adottando contro coloro che violano le regole di caccia. Prima di tutto, in primavera possono essere cacciate soltanto due specie. Prima dell’adesione di Malta, in tale stagione dell’anno era autorizzata la caccia a 32 specie; abbiamo quindi ridotto il numero da 32 a due. In secondo luogo, la stagione di caccia primaverile è stata abbreviata di 18 giorni. Il terzo e più importante punto è che le sanzioni per chi viola le regole sono state aumentate a una pena pecuniaria di 14 000 euro, due anni di reclusione e il ritiro permanente delle licenze di caccia per i trasgressori recidivi; in altri termini, la seconda volta c’è il cartellino rosso e l’espulsione. Io spero che la Commissione riconosca che si tratta di importanti passi avanti. Purtroppo il Commissario non ne ha fatto menzione.
Quindi condanniamo la violazione delle regole, ma chi non viola le regole non dovrebbe essere considerato alla stregua di chi trasgredisce. Per tale motivo sono contrario a coloro che, all’altro estremo, vorrebbero vietare del tutto la caccia. Inoltre, per concludere, la Commissione deve essere attenta, nonostante le intense pressioni politiche, a non ignorare quanto è stato concordato durante i negoziati.
Anne Van Lancker, a nome del gruppo PSE. – (NL) Signor Commissario, come deputata socialista belga al Parlamento europeo, prendere parte alla discussione di questa sera significa molto per me, soprattutto perché si svolge in risposta a una petizione della Società reale belga per la protezione degli uccelli, che ha raccolto più di 20 000 firme sul tema della caccia di uccelli a Malta.
Questo è davvero un problema internazionale. Ogni anno a Malta vengono uccise o catturate migliaia di uccelli migratori. Si tratta di un fenomeno particolarmente negativo dal momento che Malta è uno dei pochi luoghi di riposo per gli uccelli migratori quando attraversano il Mediterraneo. Dopo tutto, a che serve che i paesi europei investano denaro ed energia in misure di protezione nel quadro delle direttive “Habitat” e “Uccelli” se quegli stessi uccelli sono poi uccisi in altri paesi durante il loro viaggio?
Alle mie controparti maltesi vorrei dire che è senz’altro vero che Malta ha ottenuto, fino al 2008, una serie di misure di transizione nel trattato di adesione, ma tali misure riguardano soltanto la cattura di uccelli allo scopo di farli riprodurre per preservarne la specie. In altri termini, si tratta di misure di protezione degli animali. In nessuna circostanza questa misura di transizione consente la caccia primaverile agli uccelli migratori. Nella sua notifica la Commissione ha affermato chiaramente che Malta sta violando, in questo caso, la direttiva “Uccelli” e che non possono essere fatte eccezioni.
Inoltre, la relazione dell’onorevole Libicki del giugno 2006 della task force di inchiesta della commissione per le petizioni denuncia il modo in cui gli uccelli migratori sono cacciati su larga scala e conclude che la deroga alla direttiva “Uccelli”, che Malta ha deciso da sola, dovrebbe decadere. Penso quindi che sia della massima importanza che il Parlamento sostenga la Commissione nella procedura e convinca Malta a rispettare la direttiva “Uccelli” e quindi a non autorizzare questa primavera la caccia a uccelli migratori. Questo caso potrebbe, infatti, dimostrarsi fondamentale se si dovessero riscontrare violazioni della direttiva “Uccelli” in altre parti dell’Unione europea.
David Hammerstein Mintz, a nome del gruppo Verts/ALE. – (ES) Signora Presidente, ci troviamo ad affrontare una questione molto importante per la protezione dell’ecosistema, ma anche per la difesa di un’applicazione corretta del diritto comunitario.
Siamo ormai praticamente in primavera e a Malta si continua a cacciare. I cacciatori illegali hanno occupato una parte notevole del territorio del paese. La direttiva concernente la conservazione degli uccelli selvatici viene palesemente violata, dinanzi alla totale passività delle autorità maltesi.
I cacciatori, con la protezione del governo, agiscono persino con violenza. Tre giornalisti maltesi sono stati ricoverati in ospedale dopo essere stati attaccati brutalmente dai cacciatori mentre svolgevano semplicemente il loro lavoro vicino a chi protestava contro questa pratica illegale.
Tuttavia, la maggior parte della società maltese si oppone alla caccia primaverile. Secondo un recente sondaggio, oltre l’80 per cento dei maltesi è contrario a questa pratica illegale. Sono contrari persino i proprietari degli alberghi e dei ristoranti di Malta, perché dicono che tale situazione si ripercuote negativamente sul turismo e sull’economia.
Perché il governo di Malta è deciso a proteggere questa pratica illegale e barbara? Solo il partito maltese Alternativa democratica – i Verdi – difende il diritto comunitario a Malta. Il governo di Malta dimostra una scandalosa inadempienza nei confronti del Trattato europeo che ha firmato di recente, prima dell’adesione all’Unione europea. Come è possibile?
Chiediamo alla Commissione di affrontare con fermezza e determinazione questa sfida al diritto comunitario.
David Casa (PPE-DE). – (MT) La risoluzione oggi all’esame rischia di stabilire un precedente molto grave e pericoloso. Sostiene infatti che un accordo già approvato dall’Unione europea, da questo Parlamento e dai cittadini maltesi in un referendum e nelle elezioni politiche dovrebbe essere invalidato. Questa risoluzione ha implicazioni che vanno oltre l’appoggio o l’opposizione alla caccia, perché, se sarà approvata, invieremo a tutti gli europei il messaggio che l’Unione europea non mantiene la parola data. Risoluzioni di questo genere minano la credibilità delle Istituzioni europee. Quale garanzia abbiamo, come maltesi, che l’Unione europea manterrà la sua parola riguardo agli altri aspetti dei negoziati? Quale garanzia ha un europeo che l’Unione europea continuerà a rispettare l’esito dei negoziati svolti con il suo paese?
I gruppi politici del Parlamento hanno tutto il diritto di presentare i loro programmi. Questo deve comunque avvenire entro i parametri corretti e nessun accordo può essere violato per la semplice ragione che alcuni hanno programmi politici diversi. Se c’è qualcuno contrario alla caccia illegale, quello sono io. Sono anche il primo a condannare le violenze avvenute durante la marcia di protesta a Malta. Comunque, se vogliamo parlare di atti di barbarie commessi nei paesi dell’Unione europea, è sufficiente menzionare ciò che accade in Spagna o in Italia, che sono esempi di altri paesi dell’Unione europea nei quali viene praticata la caccia illegale. Dico quindi: combattiamo la caccia illegale nell’Unione europea con tutti i mezzi, ma combattiamola in tutta l’Unione europea e non solo a Malta.
Ciò che ci è stato promesso durante i negoziati deve rimanere valido, ed esorto tutti i colleghi, compresi quelli che non sono membri del mio gruppo politico, a impegnarsi a proteggere ciò che spetta di diritto al cittadino europeo. Vorrei citare il collega, onorevole Schultz, presidente del gruppo socialista al Parlamento europeo, il quale proprio questa mattina, benché in un contesto diverso, ha affermato che dobbiamo rispettare ogni accordo che firmiamo. Questo vale anche nel caso di Malta. Dobbiamo quindi rispettare ciò che è stato convenuto.
Louis Grech (PSE). – (MT) Noi crediamo che tutti i governi degli Stati membri, compreso quello di Malta, abbiano il dovere di garantire che le normative ambientali, comprese quelle in materia di caccia, siano conformi alle direttive dell’Unione, ai trattati di adesione e a ogni altro trattato che sia stato firmato. Concordiamo anche sul dovere delle autorità di assicurare che queste direttive e leggi siano rispettate da tutti e non possiamo in alcun modo condonare la pratica della caccia illegale. A tal fine, uno degli emendamenti proposti dal gruppo socialista al Parlamento europeo chiede un approccio più trasparente e propone che la Commissione e il governo maltese pubblichino le loro posizioni tecniche sull’argomento, compresi i verbali delle decisioni prese in riunioni che hanno avuto luogo o che avranno luogo.
Questo risulta più rilevante se si rammenta che, prima dell’adesione di Malta all’Unione europea, il governo maltese aveva affermato, che, insieme alla Commissione europea, aveva negoziato una deroga riguardante la questione della caccia primaverile. Sebbene altre forze politiche e il settore della società civile avessero espresso serie preoccupazioni riguardo all’interpretazione da parte del governo maltese dell’uso di questa deroga, la Commissione europea scelse, per ragioni note solo a se stessa, di tacere e adottare una posizione ambigua. Purtroppo questo atteggiamento ha reso la questione ancora più confusa. Se all’epoca vi fosse stata più trasparenza da entrambe le parti, ciò avrebbe condotto a meno ambivalenza e a una minore probabilità che la società maltese dovesse ingiustamente subire ripercussioni finanziarie. E’ anche una questione di credibilità.
Joseph Muscat (PSE). – (MT) E’ più chiaro che mai che il governo maltese ha ingannato ambientalisti e cacciatori quando, prima dell’adesione di Malta all’Unione europea, ha cercato di dare l’impressione di essere riuscito a ottenere tutto per tutti. Le normative ambientali devono essere conformi alle direttive dell’Unione europea e ai termini del trattato di adesione. Questo è chiaro e da parte nostra lo affermiamo da molto tempo. Il governo maltese, ripeto, ha fuorviato la popolazione.
Comunque, signori della Commissione, prima di annuire, bisogna dire che in parte è colpa vostra. Prima che si svolgesse il referendum, quando il governo maltese andava sbandierando in lungo e in largo che aveva ottenuto un accordo con voi riguardo alla caccia in primavera, avete scelto di tacere. Quando il partito laburista, noi e alcune associazioni di ambientalisti e di cacciatori abbiamo espresso dubbi su questo cosiddetto risultato, avete continuato a tacere – anche se molti di voi erano stati a Malta. Il minimo che ora possono fare il governo maltese e la Commissione è pubblicare le rispettive posizioni tecniche, perché non è sufficiente affermare che tutto ciò di cui si è discusso è stato reso pubblico. Vi sono certi documenti che, a tutt’oggi, non riusciamo a trovare, per quanto li cerchiamo. Si fanno riferimenti a questi documenti, ma è come inoltrarsi in un enorme labirinto. Questi documenti devono essere messi a disposizione di tutti e i verbali di ogni riunione, passata e futura, devono essere pubblicati, compresi quelli della recente riunione a Bruxelles, dalla quale tutti sono usciti proclamandosi vittoriosi. Non capisco proprio come tutti possano uscire vittoriosi dalla stessa riunione. In ultima analisi, però, se questi verbali non vengono pubblicati, coloro che hanno ingannato la gente continueranno a farlo.
John Attard-Montalto (PSE). – (MT) Indubbiamente, anche adesso, la Commissione sta affermando a chiare lettere che siamo dinanzi a una violazione del diritto europeo. I colleghi dell’altra parte sostengono che esiste una lettera in cui si dichiara che il governo può avvalersi di una deroga. Non sorprende quindi se tutti si sentono piuttosto confusi, considerando che pur essendo ben pochi in quest’Aula non riusciamo a essere d’accordo sui fatti. Come hanno sottolineato i due colleghi del gruppo socialista al Parlamento europeo, è necessaria maggiore trasparenza e, come minimo, occorre essere d’accordo sui fatti. Il problema è che, in realtà, regnano ambiguità e confusione. Questo stato di cose, però, non si è creato per caso. Anzi, credo che la confusione sia rimasta perché, anche se per i cacciatori cacciare è una passione e, per BirdLife Malta è oggetto di una missione, in ultima analisi si tratta di un problema politico. Riguarda chi otterrà i voti da quei settori che potrebbero davvero decidere l’esito di un referendum o delle elezioni politiche. Come i colleghi che mi hanno preceduto, chiedo quindi che i fatti relativi agli accordi di negoziazione tra Malta e l’Europa siano pubblicati e spiegati con la massima chiarezza possibile e in tal modo che tutte le parti interessate ne siano informate. Per concludere, vorrei ribadire che, se non riusciamo neppure a essere d’accordo sui fatti, vi sono scarse speranze di trovare una soluzione al problema.
Stavros Dimas, Μembro della Commissione. – (EL) Signora Presidente, benché anche i voti abbiano le ali e volino da una parte all’altra, la questione che più mi sta a cuore è quella della caccia illegale e non quella dei voti.
E’ impossibile che gli onorevoli deputati non conoscano le risposte alle domande che hanno già posto. Sanno che qualsiasi accordo preso per l’integrazione dei paesi nell’Unione europea viene reso pubblico. Non esistono accordi segreti e sono sicuro che gli onorevoli deputati lo sanno benissimo, perché siedono al Parlamento europeo ormai da due anni. Di conseguenza non capisco quali siano esattamente questi documenti segreti. Non c’è alcun mistero. Tutto quello che è stato concordato è di dominio pubblico. Per Malta era stato convenuto che ci sarebbe stato un periodo di transizione sulla questione dell’uccellagione. Non esistono altri accordi.
Per quanto riguarda le deroghe, il diritto di chiedere una deroga è sancito all’articolo 9 per tutti gli Stati membri. Anche Malta può chiedere una deroga ai sensi dell’articolo 9. Ma Malta non l’ha chiesta, si è fatta la deroga da sola, abbiamo avviato una procedura giudiziaria e dal luglio 2006 stiamo aspettando una reazione. A tutt’oggi non ci ha ancora fatto pervenire alcuna risposta.
Signor Presidente, la Commissione accoglie con favore l’intervento attivo della commissione per le petizioni del Parlamento europeo. La visita effettuata dai membri della commissione per le petizioni a Malta nel maggio 2006 è stata fruttuosa e la relazione su tale visita conferma che, in questo caso, la Commissione e il Parlamento europeo sono dello stesso parere.
La Commissione è ricorsa alla procedura di infrazione perché le autorità maltesi continuano ad autorizzare la caccia in primavera, in violazione del diritto comunitario. Malta sta chiaramente commettendo una violazione. Ha cominciato con la deroga nella stagione di caccia del 2004 e ha continuato negli anni successivi e, a quanto pare, sta continuando anche quest’anno.
Per la Commissione, la priorità è impedire la violazione sistematica e generalizzata della legislazione comunitaria in materia di uccelli selvatici. Perciò – come ho detto prima – intendiamo estendere le procedure di infrazione attualmente in corso per il 2004 alle pratiche di violazione generalizzata di Malta. In questo modo, saremo in condizione di affrontare e impedire future violazioni; attueremo tale provvedimento nel corso della riunione della Commissione del 21 marzo.
Per quanto riguarda la situazione attuale, il 28, 29 e 30 marzo una delegazione della Commissione si recherà a Malta per discutere più dettagliatamente la questione. Saranno chiesti chiarimenti alle autorità nazionali competenti e sarà ribadito con chiarezza che devono conformarsi al diritto comunitario senza indugi. Se le autorità maltesi non cambieranno atteggiamento, la Commissione passerà alla fase successiva della procedura, che consiste nel formulare un parere motivato, e subito dopo potrà adire la Corte di giustizia.
L’iter che la Commissione può seguire – per qualsiasi caso, non mi riferisco solo a Malta – nel quadro del procedimento principale e una volta emesso il parere motivato ai sensi dell’articolo 228, prevede un’ingiunzione con cui si ordina allo Stato membro di porre fine alla violazione. La Corte può emettere un’ingiunzione se ritiene che vi sia l’urgente necessità di impedire danni irreparabili come risultato dell’evidente infrazione del diritto comunitario per la quale sussistano prove incontestabili.
Nel caso di Malta, sino ad ora la Commissione non avrebbe potuto emettere una lettera di messa in mora senza prima estendere – come ho detto che farà – il contenzioso del 2004 anche agli anni successivi (2005, 2006 e, forse, 2007). La Corte avrebbe respinto la richiesta, dato che il rischio di danni irreparabili sarebbe già passato. La richiesta sarebbe rimasta lettera morta, dato che si sarebbe riferita solamente all’infrazione del 2004. Proprio per questa ragione – da un punto di vista giuridico e per prevenire future violazioni – abbiamo ritenuto auspicabile l’estensione delle procedure in corso, in occasione della riunione della Commissione del 21 marzo.
Confido che, con la visita degli alti funzionari della DG Ambiente, le autorità maltesi si convinceranno a conformarsi pienamente alle disposizioni del diritto comunitario.
Presidente. – Comunico di aver ricevuto sette proposte di risoluzione(1) ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 5, del Regolamento.
La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani, giovedì, alle 12.30.