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Procedura : 2005/0156(COD)
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Testi presentati :

A6-0004/2007

Discussioni :

Votazioni :

PV 14/03/2007 - 5.1
CRE 14/03/2007 - 5.1
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2007)0065

Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 14 marzo 2007 - Strasburgo Edizione GU

6. Dichiarazioni di voto
Processo verbale
  

– Relazione Klamt (A6-0004/2007)

 
  
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  Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’evoluzione delle politiche e della legislazione comunitaria in materia di migrazione e di asilo rende necessario disporre di informazioni statistiche di qualità molto superiore rispetto a quelle attualmente disponibili.

Sostengo quindi questa iniziativa, che fa seguito alle conclusioni del Consiglio europeo di Salonicco del 2003, in cui si è riconosciuta la necessità di creare meccanismi più efficaci per raccogliere e analizzare le informazioni su migrazione e asilo nell’Unione europea.

Accolgo favorevolmente la relazione dell’onorevole Klamt, che sostiene la necessità di creare un quadro comune per la raccolta e la compilazione di statistiche comunitarie in questo campo. Ciò consentirà agli Stati membri di utilizzare meglio i dati disponibili per l’elaborazione di statistiche che corrispondano, per quanto possibile, a definizioni armonizzate.

Migliorerà in tal modo l’interscambio di dati statistici e sarà possibile effettuare un’analisi comune per definire politiche comunitarie eque ed efficaci in materia di migrazione e di libera circolazione delle persone.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La relazione in esame dev’essere considerata un ulteriore passo verso la totale armonizzazione della normativa comunitaria. Creare un organismo destinato al monitoraggio dei flussi migratori e al trasferimento dei dati riguardanti tali flussi da e verso l’Unione europea è alquanto superfluo a nostro parere, e pone un ulteriore onere a carico del bilancio comunitario. Definendo concetti giuridici quali “cittadinanza” e “immigrati in situazione illegale”, la relatrice non ha dimostrato alcun rispetto per l’attuale legislazione nazionale. In realtà, sono già disponibili dati e analisi accurate ed affidabili, redatte da specialisti, in materia di migrazione, non solo all’interno dell’Unione ma anche nel mondo intero attraverso le Nazioni Unite. La cittadinanza, lo status di rifugiato e di immigrato sono tutti concetti già definiti perfettamente nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite.

La Lista di giugno non intende contribuire alla creazione di una società controllata in cui la libertà di movimento dei cittadini possa essere compromessa da decisioni adottate a livello sopranazionale. Votiamo quindi contro la relazione nel suo complesso.

 
  
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  Martine Roure (PSE), per iscritto. – (FR) L’attuazione di una politica europea in materia di asilo e immigrazione presuppone che siano disponibili statistiche europee globali e paragonabili su una serie di questioni legate alla migrazione. La proposta in esame, che istituisce regole comuni per la raccolta e l’elaborazione di statistiche in questo campo, deve mettere a disposizione dati confrontabili, in modo che si possa ottenere un quadro preciso dei flussi migratori in Europa.

In particolare ho ritenuto necessario che la proposta contemplasse anche i dati relativi ai cosiddetti procedimenti accelerati. Infatti l’Europa deve accertare che i procedimenti accelerati non vengano applicati in modo sistematico e generalizzato e che siano garantiti la protezione internazionale, il diritto di asilo e il rispetto del principio di non respingimento.

Da ultimo, abbiamo sollecitato statistiche distinte per le persone trasferite, conformemente al regolamento Dublino II sulla determinazione dello Stato membro responsabile della richiesta d’asilo. Sembra infatti che questo regolamento imponga un onere sproporzionato agli Stati membri situati alle frontiere esterne dell’Unione. In assenza di una valutazione da parte della Commissione, inizialmente prevista per la fine del 2006, i dati statistici ci consentiranno di definire l’entità del fenomeno.

 
  
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  Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto – (SV) Una direttiva non è il modo migliore per disciplinare il complicato processo dell’elaborazione di statistiche. Questo compito può essere affrontato meglio mediante la stipulazione di accordi fra organismi responsabili dotati della necessaria competenza. Sul documento in esame la mia posizione, quindi, è di astensione.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto – (PL) Ho votato a favore della relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche comunitarie in materia di migrazioni e di protezione internazionale.

L’onorevole Klamt ha preparato una relazione di grande qualità, che solleva importanti questioni sull’efficacia dei meccanismi di rilevazione e analisi dei dati in materia di asilo e migrazione nell’Unione europea. Con l’allargamento dell’Unione è diventato vieppiù necessario disporre di statistiche armonizzate e comparabili. L’attendibilità delle informazioni costituisce un presupposto essenziale per l’attività di definizione e controllo della normativa e della politica in materia di immigrazione e asilo.

 
  
  

– Relazione Leichtfried (A6-0023/2007)

 
  
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  Hubert Pirker (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, benché abbia votato a favore della relazione, desidero cogliere l’occasione per far presente la situazione delle agenzie. Nell’Unione europea ne esistono al momento 33, e la Commissione ha appena annunciato la creazione della 34a, mentre il loro costo è salito a oltre un miliardo l’anno. Gli addetti sono 2 700 e il 60-70 per cento dei costi relativi alle agenzie sono puri costi amministrativi. Mi sembra che sia in atto una tendenza sbagliata su cui vorrei richiamare la vostra attenzione.

Sollecito un riesame delle prestazioni, dell’efficienza e dell’utilità di tutte queste agenzie, per poi prendere in esame la necessità di chiudere quelle che non apportino alcun valore aggiunto all’azione dell’Unione europea. Solo a quel punto potremo interrogarci sull’opportunità di aprire una nuova agenzia, qualora se ne constatasse l’utilità.

 
  
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  Françoise Castex (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione Leichtfried riguardante l’emanazione di regole comuni nel settore dell’aviazione civile e l’istituzione di un’Agenzia europea per la sicurezza aerea.

Considero un passo avanti la proposta di ampliare il ruolo dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea (AESA) nella prospettiva di definire norme comuni di sicurezza aerea vincolanti per tutte le compagnie aeree operanti in Europa, che abbiano o meno sede nell’Unione europea. Il rispetto di norme che assicurino i massimi livelli di sicurezza costituisce oggi una seria preoccupazione per i cittadini europei.

A questo proposito la normativa conferisce all’AESA il potere di infliggere ammende e sanzioni finanziarie periodiche qualora le norme di sicurezza non vengano applicate correttamente.

Ho inoltre sostenuto le proposte volte a estendere le competenze dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea in materia di licenze dei piloti affinché possa accertare il possesso dei requisiti di formazione e di competenza professionale e linguistica.

Ho anche appoggiato un emendamento analogo che prevede un’identica certificazione per l’equipaggio di cabina.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Regole comuni nel settore dell’aviazione civile sono necessarie e auspicabili, soprattutto per motivi di sicurezza. Vi sono quindi buone ragioni per discutere dell’opportunità e dei modi di portare avanti e sviluppare l’attuale cooperazione in materia di trasporto aereo. Come sempre, tuttavia, il Parlamento europeo cerca di introdurre nuove proposte per aumentare il potere dell’Unione in settori che dovrebbero essere riservati all’autorità dei singoli Stati membri. Riteniamo inoltre che la relazione in esame preveda un mandato eccessivamente ampio per l’Agenzia europea per la sicurezza aerea. Siamo certi che le competenti autorità nazionali sono in grado di garantire che i piloti abbiano sufficienti capacità professionali e adeguate competenze linguistiche. Inoltre non condividiamo l’opinione secondo la quale i paesi europei dovrebbero avere un rappresentante comune in seno all’ICAO, l’organismo dell’ONU che si occupa di questioni attinenti all’aviazione a livello mondiale. Abbiamo quindi votato contro la relazione.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Le competenze degli Stati membri in materia di aviazione civile vengono poco a poco trasferite alla “Comunità” e la proposta di modifica del regolamento (CE) n. 1592/2002 costituisce un passo ulteriore in tale direzione. Questo processo di trasferimento e alienazione delle competenze è tanto più negativo in quanto ha luogo in un quadro di cui non sono chiaramente precisati i limiti.

Con la normativa in esame, l’Agenzia europea per la sicurezza aerea (AESA) dovrebbe diventare responsabile anche della certificazione di aeromobili e piloti, compito che attualmente rientra fra le competenze delle autorità nazionali.

Oggi le autorità nazionali attuano e fanno rispettare i requisiti in vigore previsti dagli accordi internazionali in materia di aviazione civile. La cooperazione fra Stati membri e paesi terzi è già in atto, e sarebbe anche possibile ampliarla e promuoverla pur nel rispetto della sovranità di ciascun paese, dei lavoratori e dei loro diritti (assicurando l’armonizzazione sociale con l’applicazione di condizioni lavorative più favorevoli), nonché dei diritti degli utenti.

In sostanza, l’iniziativa in esame rappresenta un ulteriore “passo avanti” verso la creazione del cosiddetto “cielo unico europeo”, al quale ci opponiamo. Nel processo di modifica del regolamento, che viene ora avviato, continueremo a seguire gli sviluppi della questione in modo da garantire in ogni momento la tutela della sovranità nazionale.

 
  
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  Fernand Le Rachinel (ITS), per iscritto. – (FR) Assistiamo ancora troppo spesso, è vero, a catastrofi aeree dovute non solo al cattivo stato di alcuni aeromobili, ma anche al mancato rispetto dei requisiti di sicurezza.

Il merito di questa proposta del Parlamento e del Consiglio è che rafforza gli obblighi degli Stati membri in materia di ispezione non solo degli aerei dei paesi terzi ma anche di quelli dei paesi comunitari.

Inoltre, qualora un’ispezione riguardante le compagnie aeree o le attività delle autorità dell’aviazione civile rivelasse anomalie o un’inosservanza delle norme di sicurezza standard, l’Agenzia europea per la sicurezza aerea avrebbe il potere di far scattare un meccanismo di sanzioni e di ritirare alle compagnie aeree in difetto l’autorizzazione a trasportare viaggiatori all’interno dell’Unione. Credo si tratti di un notevole progresso nella prospettiva della prevenzione dei rischi di incidenti aerei.

Infine, il lavoro e la missione di questa Agenzia consentiranno di completare, spero in modo utile, la lista nera europea dai cattivi vettori.

Anche se non sono stati ancora risolti tutti i problemi nel campo della sicurezza aerea, ci sembra che questo documento coniughi infine la questione della prevenzione con quella della repressione. Voteremo pertanto a favore.

 
  
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  Luca Romagnoli (ITS), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione Leichtfried mira ad ampliare la competenza dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea, dandole un controllo non solo sull’aviazione ma anche sul comportamento delle compagnie. L’Agenzia sarà competente per il rinnovo e la fornitura di certificati e licenze e per il controllo dell’applicazione di norme uniformi di sicurezza. Essa sarà altresì in grado di imporre ammende fiscali se la sicurezza non è correttamente applicata.

La relazione è anche notevolmente attenta all’esperienza maturata dall’Agenzia a partire dal 2002 in materia di assunzioni; in proposito l’EASA ha registrato difficoltà nel reclutare il personale competente ed esperto di cui ha bisogno a causa di vari fattori, tra cui le competenze linguistiche; perciò, è condivisibile il sollecito del relatore ad affrontare il problema con soluzioni nuove, quali ad esempio sfruttare le possibilità offerte dallo statuto dei funzionari dell’Unione Europea.

Tuttavia, oggi ho appreso con grande sorpresa che gli italiani che fanno parte dell’EASA sono solo 4, mentre i francesi sono 45 e i tedeschi 37. Sollecito l’EASA e la Commissione ad affrontare e risolvere anche questo problema di rappresentatività, che vede una sperequazione ingiustificabile ai danni della Italia.

 
  
  

– Relazione Bourzai (A6-0006/2007)

 
  
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  Jim Allister (NI) , per iscritto. – (EN) Oggi ho votato a favore dell’emendamento n. 12 alla suddetta relazione per esentare dalle norme stabilite in questo regolamento le carni ottenute da bovini di età compresa tra gli otto e i dodici mesi che vengono commercializzate con la dicitura “vitellone”. Occorre concedere questa esenzione affinché i produttori di carne del Regno Unito possano ottenere vantaggi in termini di riduzione dei costi e di sgravio da onerose procedure di costituzione di lotti separati per ogni fase del processo di produzione. Ritengo che l’aggiunta di questa misura sia ingiustificata e pertanto spero che venga concessa un’esenzione.

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. – (DE) Ho votato contro la relazione dell’onorevole Bourzai sulla commercializzazione della carne ottenuta da bovini di età non superiore a dodici mesi. Il potenziale consumatore non solo deve poter apprendere dall’etichetta l’età di macellazione dell’animale e dati comuni come il prodotto, il peso, il prezzo e la data di scadenza, ma deve anche essere informato sul numero di chilometri che gli animali hanno percorso quand’erano ancora in vita e nel tragitto verso il luogo di macellazione. Al momento dell’acquisto, i consumatori europei devono poter sapere, in maniera semplice e rapida, per quanto tempo la carne cui sono interessati è stata trasportata prima della macellazione, per poter poi decidere se comprarla o meno.

 
  
  

– Relazione McDonald (A6-0019/2007)

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) L’approvazione di questa relazione costituisce un importante passo avanti nella tutela dei diritti dei lavoratori del settore marittimo.

La Convenzione del 2006 dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) sul lavoro marittimo mira ad assicurare condizioni di vita e di lavoro dignitose a bordo delle navi, riunendo in un solo testo le convenzioni e le raccomandazioni relative al lavoro marittimo adottate dall’OIL fin dal 1919, e costituisce pertanto la bozza di un primo codice universale in materia di lavoro marittimo.

Per assicurare che si facciano tutti gli sforzi possibili per attuare in modo efficace la citata Convenzione è quindi fondamentale la ratifica da parte degli Stati membri.

Tenendo conto dell’importanza strategica del settore, che assicura il trasporto del 90 per cento degli scambi mondiali e del 40 per cento di quelli intracomunitari, nonché del numero di lavoratori interessati, questa iniziativa era attesa da molto tempo. Abbiamo quindi votato a favore della relazione e speriamo in una sollecita ratifica e attuazione della Convenzione da parte degli Stati membri.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione su un documento che riunisce in un solo testo tutte le convenzioni e raccomandazioni ILO esistenti fin dal 1919. Sono lieto che sia stato indicato nel 2010 un possibile termine per la ratifica da parte degli Stati membri, in quanto l’Unione europea non aderisce all’ILO né ha sottoscritto la Convenzione in questione, ed è quindi importante che ciascuno Stato membro ratifichi le raccomandazioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La Convenzione sul lavoro marittimo dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) fissa i diritti dei lavoratori del mare al più basso livello possibile, molto al di sotto dello standard dei loro effettivi diritti e delle aspettative del settore. Abbiamo serie riserve su alcune delle disposizioni in essa contenute, quali il provvedimento che riconosce il diritto dei mercanti di schiavi di esistere e di svolgere la loro attività, che dovrebbe essere quella di trovare lavoro alla gente di mare.

La relazione del Parlamento europeo e la proposta della Commissione che autorizzano gli Stati membri a ratificare la Convenzione riflettono le contraddizioni e la spietata concorrenza esistente fra le varie fazioni di chi detiene il capitale nel settore marittimo.

Alla Convenzione si oppongono ferocemente gli armatori greci, che fanno fronte comune persino contro la salvaguardia di condizioni di lavoro e di retribuzione inadeguate, per mantenere inalterato il quadro legislativo di stampo neocoloniale nel settore marittimo creato dai governi della Nuova democrazia e del PASOK, e per poter continuare a sfruttare impunemente i lavoratori marittimi greci e di altra nazionalità e aumentare i loro profitti.

Il partito comunista greco invita i marittimi a unire le forze nella lotta di classe, a intensificare lo scontro per la salvaguardia e l’affermazione dei loro diritti e il soddisfacimento delle esigenze della loro vita di oggi, opponendosi così alla politica antisociale dell’Unione europea, del partito della Nuova democrazia e del PASOK, che appoggiano il capitale e le forze che in Europa operano sempre a senso unico.

 
  
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  José Albino Silva Peneda (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione in esame perché concordo sulla necessità di elaborare un primo codice universale del lavoro marittimo.

Con l’adozione della Convenzione del 2006 dell’OIL potremo contare su norme minime nel campo della salute, della formazione, delle condizioni di lavoro e della protezione sociale dei lavoratori del settore marittimo, a garanzia di condizioni di vita e di lavoro dignitose a bordo delle navi in tutto il mondo.

Tocca ora agli Stati membri ratificare la Convenzione. Sollecito quindi le autorità portoghesi a ratificare questa Convenzione dell’OIL in modo da assicurare condizioni di lavoro minime più omogenee.

Desidero esprimere il mio apprezzamento per il fatto che la Convenzione introduce meccanismi innovativi, quali il certificato di lavoro marittimo emesso dallo Stato di bandiera della nave, previa verifica che le condizioni di lavoro a bordo rispettino la legislazione nazionale e le norme della Convenzione.

Spero che la Convenzione in oggetto contribuisca a stabilizzare il settore del trasporto marittimo, sottoposto alla pressione della concorrenza mondiale di operatori legati a normative sociali meno severe e, anche per quanto riguarda il traffico intracomunitario, alle minacce di delocalizzazione nel reclutamento dei lavoratori marittimi, a detrimento dell’occupazione in Europa.

 
  
  

– Relazione Hasse Ferreira (A6-0057/2007)

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE).(SK) L’invecchiamento della popolazione, in altre parole la percentuale crescente di persone anziane, e la soluzione di problemi legati a una carente fornitura di servizi sociali costituiranno le sfide principali cui l’Unione europea dovrà far fronte negli anni a venire.

Accolgo con favore l’energica relazione dell’onorevole Hasse Ferreira, che si sforza di definire regole chiare per i servizi sociali sull’intero territorio dell’Unione, a maggior ragione perché tali servizi, per loro natura, sono stati esclusi dall’ambito normativo della direttiva sui servizi approvata di recente. Sostengo incondizionatamente la necessità di rispettare il principio di sussidiarietà. Tenendo conto dei 27 diversi modelli e concetti applicati nel finanziamento e nella prestazione dei servizi sociali, dobbiamo riconoscere agli Stati membri il diritto di definire gli obblighi di fornitura dei servizi sociali conformemente alla loro prassi nazionale, e di metterli a disposizione dei cittadini seguendo, per quanto possibile, criteri di prossimità.

I cittadini europei si aspettano un messaggio chiaro da parte nostra, a conferma del fatto che l’Unione assicurerà a tutti, e in particolare ai più deboli e vulnerabili, la possibilità di vivere in condizioni decorose e di sicurezza economica. Ritengo che il Parlamento, grazie a questa relazione, contribuirà ancora una volta alla definizione di un modello sociale sostenibile per l’Europa.

 
  
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  Andreas Mölzer (ITS). – (DE) Signor Presidente, ho votato contro la relazione Hasse Ferreira perché a breve ci troveremo di fronte al collasso del sistema sociale. Infatti, da un lato entra sempre meno denaro nelle casse previdenziali e dall’altro cresce il numero di coloro che dipendono dallo Stato nonostante abbiano un lavoro.

Se degradiamo le madri a perenni beneficiarie di sussidi sociali, se non è possibile vivere di un lavoro onesto, e se mettere al mondo bambini rappresenta una strada certa verso la povertà, non dobbiamo stupirci né del calo di entusiasmo per l’Unione né dello spauracchio della contrazione delle nascite. A mio parere, da lungo tempo sarebbe necessario valutare e rendere noto quanto costa effettivamente all’Unione la migrazione economica – tanto gli immigrati arrivati qui col pretesto di chiedere asilo, quanto quelli clandestini –, in particolare per gli oneri che ne derivano ai nostri sistemi di previdenza sociale.

Coloro che sognano una società multiculturale dovranno rinunciare una volta per tutte all’illusoria speranza che gli immigrati stranieri possano compensare il nostro calo demografico e dare assistenza alla nostra popolazione anziana, perché rischiamo un’incontenibile marea di costi sociali che finirà per sommergere, lentamente ma inesorabilmente, la popolazione europea autoctona.

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. – (SV) Abbiamo dato il nostro sostegno a questa relazione. I servizi sociali hanno natura specifica e si differenziano dai servizi commerciali. Come finanziare e fornire questi servizi è una decisione che spetta agli Stati membri, ma è importante assicurare un alto livello di qualità e l’accessibilità a tutti.

Per far sì che i servizi sociali non siano influenzati dalle norme sul mercato interno, è opportuno disporre di una direttiva settoriale specifica che definisca chiaramente i servizi sociali e i servizi commerciali, in modo che sia possibile distinguerli senza equivoci.

Ci incuriosisce tuttavia il concetto di “occupazione femminile”, un termine che ci è sconosciuto. Supponiamo che, dal punto di vista del relatore, quello dei servizi sociali sia un settore in cui lavorano molte donne e che sia importante promuovere la loro presenza sul mercato del lavoro e contemporaneamente combattere le condizioni di insicurezza del posto di lavoro. Per quanto riguarda il tempo parziale, riteniamo si debba assicurare il diritto al tempo pieno, ma che debba esistere anche l’opzione dell’orario ridotto. Teniamo poi a chiarire che il lavoro volontario non retribuito è inconcepibile a livello pubblico, ma che può esistere in un’economia sociale integrativa. Il lavoro casalingo non retribuito, invece, non rientra nella categoria del servizi sociali.

Interpretiamo il concetto di “partenariato pubblico-privato” come relativo all’esistenza, nell’ambito dei servizi sociali, di una varietà di servizi che sono finanziati con denaro pubblico e forniti da una pluralità di attori, quali società a responsabilità limitata di diritto pubblico, organizzazioni senza scopo di lucro, società cooperative e società di diritto privato.

 
  
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  Roselyne Bachelot-Narquin (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Era ora! Era ora che una relazione prendesse in esame le specificità dei servizi sociali di interesse generale. Era ormai indispensabile che di tali servizi, che bisogna distinguere dagli altri servizi di interesse economico generale, fossero chiariti la definizione di missione e i principi organizzativi. Del resto, i servizi sociali di interesse generale sono una componente essenziale del modello sociale europeo, che non solo vogliamo salvaguardare ma anche promuovere. E’ quindi buona cosa che il Parlamento europeo abbia fatto sua questa materia di importanza fondamentale.

Il compromesso cui siamo pervenuti è soddisfacente, e pertanto ho votato a favore della relazione Hasse Ferreira.

La scelta appare conforme all’orientamento del Parlamento europeo fin dal compromesso Gebhardt/Harbour riguardante la direttiva sui servizi e, più recentemente, dal compromesso Rapkay/Hökmark sulla relazione Rapkay. Desidero precisare ancora una volta che la scelta odierna non costituisce in alcun modo un impegno in vista di una direttiva quadro sui servizi di interesse economico generale.

Nondimeno la presente relazione non può essere sufficiente. E mi riferisco all’indispensabile direttiva settoriale sui servizi in materia di sanità.

 
  
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  Françoise Castex (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione sui servizi sociali di interesse generale.

Mi congratulo per il senso di continuità e per la coerenza di cui il Parlamento ha dato prova con il suo voto, tenendo conto di esigenze di certezza del diritto e di chiarezza del quadro comunitario applicabile ai servizi sociali di interesse generale.

Ritengo che la relazione in esame consenta di trovare un equilibrio fra l’applicazione del diritto comunitario stricto sensu e l’adempimento dei compiti di interesse generale dei servizi sociali.

Si tratta in realtà di una fase preliminare necessaria in vista di quella direttiva settoriale sui servizi sociali di interesse generale che il Parlamento ha richiesto con la relazione Rapkay relativa al Libro bianco sui servizi di interesse generale.

Per concludere, accolgo favorevolmente la proposta di iniziativa del Parlamento di convocare un forum sui servizi sociali di interesse generale, e chiedo che esso diventi operativo già sotto la Presidenza portoghese dell’Unione europea.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore di questa relazione perché si tratta di una questione importante per i cittadini europei e perché condivido l’opinione del relatore: i servizi di interesse generale (SSIG) sono uno dei pilastri fondamentali su cui poggia il modello sociale europeo e costituiscono uno strumento per rafforzare la dimensione sociale della strategia di Lisbona e per far fronte alle sfide della globalizzazione, delle trasformazioni industriali, del progresso tecnologico, dei cambiamenti demografici, delle migrazioni e dell’evoluzione dei modelli sociali e del mondo del lavoro.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La pericolosa falla aperta con la direttiva sulla creazione del mercato interno dei servizi (la famigerata direttiva Bolkestein) continua a portare avanti il suo sistematico attacco ai servizi pubblici con questa relazione sui servizi di interesse generale.

Lo fa, tanto per incominciare, ammettendo la distinzione dei servizi di interesse generale in servizi economici e servizi sociali.

In secondo luogo non afferma chiaramente il diritto di ciascuno Stato membro di definire i servizi pubblici che intende tutelare, né in che modo vuole organizzarli e finanziarli.

In terzo luogo consente la prestazione di servizi di interesse generale alle imprese private, aprendo in tal modo la strada alla privatizzazione dei servizi pubblici essenziali e compromettendo il rispetto dei principi di uguaglianza, universalità, coesione sociale e, soprattutto, la possibilità di dare attuazione concreta ai diritti umani fondamentali.

Da ultimo, devo rilevare anche la reiezione di tutte le proposte da noi presentate, per esempio l’appello rivolto agli Stati membri affinché ribaltino l’orientamento delle cosiddette “riforme” intraprese finora, che hanno istituzionalizzato modelli di protezione sociale basati sul mercato assoggettandoli alle regole di concorrenza, e affinché rinuncino a promuovere il partenariato pubblico-privato e a esternalizzare servizi sociali al settore privato, perché si tratta di strategie che comportano gravi insidie.

 
  
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  Bruno Gollnisch (ITS) , per iscritto. – (FR) Al punto 6 della relazione sui servizi sociali di interesse generale si richiama “la libertà delle autorità degli Stati membri di definire, organizzare e finanziare i SSIG a loro discrezione” in virtù del principio di sussidiarietà.

Questa sola frase, nonostante la pretesa “corresponsabilità” dell’Unione, rende inutile la parte rimanente del testo: i servizi pubblici sono e devono continuare a essere prerogativa esclusiva degli Stati. Spetta a ciascuno Stato decidere se tali servizi devono dipendere dal mercato, dalla solidarietà nazionale in quanto garante del bene comune, oppure da una giusta commistione dei due elementi.

In atri termini, non spetta né alla Commissione né alla Corte di giustizia di Lussemburgo definire e ancor meno dettar legge in materia di servizi pubblici. Sappiamo bene che cosa succede in caso contrario: privatizzazione degli utili in nome dell’ultraliberalismo e della concorrenza, a grande vantaggio del capitale internazionale, e “nazionalizzazione” delle perdite, senza scrupoli per l’interesse generale né per quello dei cittadini, in particolare dei meno abbienti.

Non si denuncerà mai a sufficienza la responsabilità di queste politiche nei confronti della disintegrazione sociale che vivono oggi i nostri paesi.

 
  
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  Carl Lang (ITS), per iscritto. – (FR) L’onorevole Hasse Ferreira ha ragione nell’affermare che i servizi sociali di interesse generale costituiscono una componente essenziale del modello sociale europeo, fondato sulla protezione delle persone più vulnerabili: i bambini, le persone anziane, i malati, i portatori di handicap, i disoccupati e così via.

Tre fenomeni mettono oggi a repentaglio questo modello sociale. Innanzi tutto, l’immigrazione incontrollata, che sta distruggendo i nostri sistemi di previdenza sociale. In Francia, per esempio, la concessione dell’assistenza medica gratuita da parte dello Stato agli immigrati clandestini costa ogni anno 600 milioni di euro. In secondo luogo, l’eliminazione delle frontiere, che, mettendo le nostre imprese alla mercé della concorrenza internazionale e del dumping sociale, in particolare della Cina, distrugge il fondamento economico di questo modello sociale. Da ultimo, la soppressione progressiva dei servizi pubblici decisa nel 2000 in occasione del Vertice europeo di Lisbona.

La relazione dell’onorevole Hasse Ferreira non propone alcuna soluzione, perché questi fenomeni sono il risultato dell’ideologia ultraliberale voluta dall’Europa di Bruxelles.

Soltanto un’altra Europa, l’Europa delle patrie, fondata sul rispetto delle sovranità nazionali, sulla preferenza comunitaria e su frontiere in grado di proteggere il nostro continente da un’immigrazione sfrenata e da una concorrenza internazionale sleale, consentirà alle nostre nazioni di ricostruire un modello sociale europeo.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione che invita la Commissione a esaminare la proposta di direttiva settoriale sui servizi sociali di interesse generale, visto che non è possibile ricondurli alle norme che disciplinano i servizi commerciali nell’Unione. I servizi sociali devono mantenere un elevato livello di qualità e rimanere accessibili a tutti; inoltre le norme che regolano la loro erogazione devono essere stabilite nella legislazione.

 
  
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  Bairbre de Brún e Mary Lou McDonald (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Nonostante le riserve che nutriamo su alcuni aspetti della relazione, nel complesso abbiamo deciso di votare a favore. Pur non essendo convinte della necessità di un quadro giuridico, né soddisfatte del modo in cui alcuni servizi sociali sono stati definiti come servizi di interesse economico generale, riteniamo positivo che la relazione dia ampio sostegno ai valori dell’uguaglianza e della solidarietà, nonché ai principi dell’accessibilità e del servizio universale.

Il nostro voto favorevole non deve in alcun modo essere considerato come un avallo dei partenariati pubblico-privato.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto – (EL) La relazione, oltre alle gratuite dichiarazioni relative al “carattere particolare” dei servizi di interesse generale, prepara la strada per la loro privatizzazione e integrazione nella direttiva riguardante la liberalizzazione dei servizi (direttiva Bolkestein).

Nell’ambito della riorganizzazione del capitalismo, settori fondamentali dei servizi di protezione sociale sono stati ceduti al “libero mercato” e alla “libera concorrenza”, vale a dire alla irresponsabilità dell’alta finanza, così che al momento raramente agiscono nel rispetto degli attuali pur limitati criteri sociali, e producono invece utili per la plutocrazia.

La comunicazione della Commissione europea e la relazione del Parlamento europeo relative ai servizi sociali sono entrambe orientate all’introduzione di modifiche antipopolari.

Esse limitano drasticamente il concetto di servizi di interesse generale, promuovendone il trasferimento dal settore pubblico al settore privato (trasformando così gli organismi pubblici in “servitori” della “libera concorrenza”) nonché il diffondersi di collaborazioni tra pubblico e privato che costituiscono “l’ariete” per la penetrazione di gruppi di monopolio economico nei servizi sociali del settore di interesse generale.

I lavoratori hanno il dovere di combattere contro questo futuro raccapricciante consolidando il movimento della classe operaia e popolare e intensificando la propria lotta, per contribuire, così, al mutamento dell’interazione delle forze politiche nel nostro paese e in Europa, al fine di ribaltare questa politica reazionaria e fortemente antipopolare.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’Unione europea non ha nulla da guadagnare definendo rigidamente le attività economiche e determinandone la natura pubblica o privata. L’economia moderna, in particolare quella europea, richiede flessibilità. Ciò detto, il miglior modello di integrazione europea è quello che lascia un margine di discrezionalità a ciascuno Stato membro per operare le scelte che i suoi cittadini preferiscono, eventualmente lasciando loro anche la facoltà di commettere errori. La possibilità di sbagliare fa parte della libertà di scegliere.

Convengo quindi sulla necessità di una definizione chiara, in termini giuridici, di che cosa si intende per servizi economici di interesse generale e per servizi sociali di interesse generale. Una loro corretta identificazione è importante per far sì che, adottando una normativa, l’Unione europea non imponga né proibisca alcunché al di fuori della sua competenza. In questo senso sono favorevole a molte delle considerazioni contenute nella presente relazione. Mi trovo altresì d’accordo con il relatore quando afferma che i servizi sociali di interesse generale devono essere dotati di finanziamenti sufficienti. Si tratta di un’asserzione incontestabile, anche se possono esservi opinioni divergenti sulle modalità di finanziamento e anche se i singoli Stati membri possono avere concezioni diverse su quelli che sono i suoi doveri nei confronti dei cittadini.

 
  
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  Bernadette Vergnaud (PSE), per iscritto. – (FR) I servizi sociali di interesse generale sono una componente essenziale del modello sociale europeo.

La comunicazione presentata dalla Commissione europea su questi servizi offre la prospettiva di un chiarimento del loro ruolo in seno all’Unione europea in merito agli aspetti sociali, ai principi che vi si possono applicare e alla certezza giuridica che occorre assicurare loro. I modelli organizzativi e gestionali dei servizi sociali di interesse generale sono infatti molto diversi da uno Stato membro all’altro.

Uno degli aspetti su cui la Commissione deve concentrarsi riguarda la creazione di uno strumento giuridico e, più specificamente, di una direttiva settoriale, al fine di garantire la trasparenza politica delle procedure e la certezza giuridica alle organizzazioni sociali interessate. La creazione, durante la Presidenza portoghese, di un forum sotto l’egida del Parlamento europeo, con la collaborazione di tutte le parti sociali, consentirà di raggiungere tale obiettivo.

I servizi sociali di interesse generale possono svolgere un ruolo importante nella realizzazione della dimensione sociale della strategia di Lisbona, grazie ai posti di lavoro che possono creare e alla coesione sociale che in vari modi contribuiscono a garantire sull’intero territorio dell’Unione europea. Per tutti questi motivi ho votato a favore della relazione dell’onorevole Hasse Ferreira.

 
  
  

– Proposta di risoluzione (B6-0077/2007)

 
  
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  Robert Evans (PSE). – (EN) Signor Presidente, i miei colleghi del partito laburista britannico ed io disapproviamo alcuni punti della risoluzione e abbiamo votato contro di essa nella votazione finale poiché riteniamo che sia troppo squilibrata a favore degli Stati Uniti d’America.

Se questa proposta verrà accettata dal Consiglio nella sua forma attuale, le compagnie aeree degli Stati Uniti potranno accedere pressoché indiscriminatamente al mercato interno dell’Unione europea, mentre le linee aeree europee continueranno a non potere effettuare voli interni negli Stati Uniti. Inoltre, gli interessi statunitensi potranno possedere fino al 49 per cento delle azioni con diritto di voto per il controllo delle compagnie aeree dell’Unione europea, mentre ai sensi dell’accordo reciproco gli interessi europei avranno solo il 25 per cento delle azioni con diritto di voto per il controllo delle compagnie aeree statunitensi. A mio avviso, quindi, il progetto di accordo è di poco migliore rispetto a quello del novembre 2005, ritenuto squilibrato sia dal Consiglio sia dalla Commissione.

Ritengo che, avendo raggiunto i loro principali obiettivi negoziali in questo progetto di accordo, gli americani saranno poco incentivati a liberalizzare ulteriormente in futuro. Mi spiace che sia il Regno Unito a pagare il prezzo di questo accordo, che garantisce grandi diritti di traffico alle compagnie aeree statunitensi concedendo loro pieno accesso a Heathrow, che detiene già il 40 per cento del mercato transatlantico, e nonostante il fatto che il traffico transatlantico da Heathrow sia già garantito da quattro compagnie aeree – non solo americane. Ritengo pertanto che, per il Regno Unito e per l’intera Unione europea, questo sia un accordo molto insoddisfacente.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La Lista di giugno accetta che l’Unione europea rappresenti gli Stati membri su questioni riguardanti la politica commerciale. L’attuale accordo sull’aviazione con gli Stati Uniti, volto a permettere alle compagnie aeree dell’Unione europea di volare in qualsiasi parte degli USA, rientra in quest’ambito.

A nostro avviso, tuttavia, è inopportuno che il Parlamento europeo si pronunci sulla struttura proprietaria delle compagnie aeree statunitensi. Si tratta di una questione di competenza delle autorità degli Stati Uniti. Condividiamo tuttavia l’impostazione generale della risoluzione. L’accordo sull’aviazione, inoltre, è vantaggioso per il mercato interno, area che noi tuteliamo e intendiamo sviluppare. Abbiamo pertanto votato a favore di questa risoluzione nella votazione finale.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Uno degli obiettivi della conclusione di questo preaccordo sul trasporto aereo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d’America è ridurre al minimo le disuguaglianze attualmente esistenti, a diversi livelli, tra le compagnie dei paesi UE e quelle degli USA.

Accogliamo dunque con preoccupazione la conclusione di questo preaccordo. Il presupposto secondo cui la competenza per la conclusione di questo tipo di accordi spetta alla Comunità e non agli Stati membri pregiudica la sovranità di ogni Stato membro su una questione di enorme importanza strategica, tanto più che il principio che guida questo accordo è “costituire un modello per una maggiore liberalizzazione e convergenza normativa su scala mondiale”, che noi riteniamo inaccettabile.

I vantaggi derivanti dalla conclusione di accordi multilaterali sono ben noti. Tali accordi sono vantaggiosi purché contribuiscano a migliorare le condizioni in cui viene prestato il servizio – in particolare ai passeggeri –, le rotte disponibili e il prezzo praticato, nonché semplifichino le procedure e minimizzino l’impatto ambientale, oltre a salvaguardare e promuovere i diritti dei lavoratori del settore e ad assicurare il rispetto del diritto e della sovranità di ogni paese.

 
  
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  Stanisław Jałowiecki (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Le sentenze della Corte di giustizia europea che hanno imposto la revisione degli accordi sul trasporto aereo tra l’Unione europea e i paesi terzi ci hanno chiamati a fronteggiare sfide completamente nuove, in particolare nel caso di paesi come la Russia e soprattutto degli Stati Uniti. Dobbiamo altresì ricordare che le sentenze della Corte di giustizia europea sono vincolanti per una parte, ossia l’Unione europea. L’UE deve pertanto negoziare un nuovo accordo; siamo obbligati a farlo, e questo fatto pone fin dall’inizio i negoziatori UE in una situazione di maggiore difficoltà.

E’ quindi ancor più positivo che due settimane fa, dopo un altro difficile ciclo di negoziati, la Commissione europea sia riuscita a giungere a un’intesa parziale che, pur non essendo del tutto soddisfacente, deve tuttavia essere considerata un importante passo avanti. E’ tuttavia fondamentale procedere senza porsi obiettivi irrealistici. A mio avviso, le disposizioni volte ad armonizzare la politica sociale nel settore dell’aviazione su entrambe le sponde dell’Atlantico, che de facto costituirebbero un tentativo di imporre il modello sociale europeo agli Stati Uniti, sono un tipico esempio di approccio irrealistico. Non si tratterebbe di un peccato di vanità?

D’altro canto, sono decisamente favorevole a insistere sullo scambio delle migliori pratiche in materia di protezione ambientale. Dopo tutto, se anche il riscaldamento globale si rivelasse un mito globale, l’ambiente in sé è un bene inestimabile.

 
  
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  Timothy Kirkhope (PPE-DE) , per iscritto. – (EN) I conservatori britannici sono favorevoli ad aprire il mercato dell’aviazione a un’ulteriore concorrenza e a sottoscrivere una politica “cieli aperti” con gli Stati Uniti. Tuttavia, le proposte discusse negli ultimi negoziati perpetuano uno squilibrio a favore degli Stati Uniti. Questo tipo di accordi deve essere improntato all’assoluta reciprocità e deve permettere alle compagnie aeree europee di godere oltreoceano degli stessi diritti di cui beneficiano le linee statunitensi nell’Unione europea. La Commissione ha fatto progressi, ma occorre compierne altri, e presto. Per questo motivo, la delegazione dei conservatori britannici si è astenuta.

 
  
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  David Martin (PSE) , per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa risoluzione che considera la sicurezza e la sostenibilità due importanti obiettivi dell’accordo tra UE e USA. Penso che sarà importante ripristinare un adeguato equilibrio di interessi tra l’Unione europea e gli Stati Uniti dopo la decisione del ministero dei Trasporti di ritirare la sua sentenza sul controllo effettivo dei vettori statunitensi.

 
  
  

– Proposta di risoluzione (RC-B6-0078/2007)

 
  
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  Hubert Pirker (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, ho dato il mio appoggio alla risoluzione perché i lavori preparatori per la conferenza di revisione sono urgentemente necessari e ora è il momento giusto per farli. Tuttavia, poiché è dai risultati che sarà giudicata la qualità del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari e dei suoi protocolli aggiuntivi, dovremmo cogliere l’opportunità emersa ora con la ripresa dei colloqui a sei per lavorare per il disarmo nucleare della Corea del nord. L’Unione europea – e il Parlamento europeo in particolare – ha dato un contributo essenziale a far ripartire tali colloqui e ad attuare con misure concrete quello che è chiamato l’accordo di Pechino.

Ora, tuttavia, dobbiamo dare un sostegno pratico all’attuazione delle misure che sono state decise per denuclearizzare la Corea del Nord, e mi aspetto che l’Unione europea appoggi pienamente le misure riguardanti la sicurezza alimentare, vale a dire gli aiuti allo sviluppo agricolo e alla sicurezza regionale, nonché al miglioramento delle relazioni diplomatiche nella regione, e le misure mirate a una reale applicazione dei diritti umani.

Il nostro obiettivo deve essere che la Corea del nord, senza armi nucleari, disponga dei mezzi necessari per vivere e, in generale, che si realizzi un cambiamento di regime nella Corea del nord nell’interesse della pace e della stabilità nell’intera regione.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Le armi nucleari costituiscono una minaccia globale per la popolazione mondiale. Gli sviluppi ai quali assistiamo attualmente, con l’aumento del numero di paesi che acquisiscono la tecnologia delle armi nucleari, sono molto preoccupanti. Ogni Stato sovrano ha il diritto naturale di difendere se stesso e i suoi cittadini. Tuttavia, per principio riteniamo che le armi nucleari non siano giustificate. La storia ha mostrato la devastazione che queste armi possono causare.

La risoluzione all’esame contiene formulazioni sia positive che negative. Ad esempio, a nostro parere, dovrebbero essere eliminati tutti i riferimenti alla strategia europea per la sicurezza. Questa tematica rivela infatti quanto sia inopportuno che l’Unione europea abbia una politica estera e di sicurezza comune (PESC). Più di uno Stato membro ha un significativo arsenale di armi nucleari, mentre altri hanno messo il proprio territorio a disposizione di paesi non europei con armi nucleari. In una futura Unione europea con una politica di sicurezza comune, gli Stati membri senza armamenti nucleari potrebbero essere trascinati contro la loro volontà in conflitti che coinvolgono l’uso di tali armi.

Inoltre, il mondo è più grande dell’Unione europea e un problema globale deve essere risolto a livello globale. L’ONU ha la conoscenza e l’esperienza necessarie ed è l’istituzione competente per evitare la diffusione delle armi nucleari nel mondo.

Noi crediamo che dietro alla risoluzione vi sia l’intenzione di rafforzare la PESC e l’influenza del Parlamento su tali questioni. Quindi votiamo contro la risoluzione.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La non proliferazione e il disarmo nucleare costituiscono una delle questioni centrali della nostra epoca, in un quadro internazionale caratterizzato dall’instabilità e dall’insicurezza derivanti dalla crescente aggressività e dall’interventismo dell’imperialismo guidato dagli Stati Uniti, coadiuvati dalle grandi potenze capitaliste.

La corsa agli armamenti è promossa dagli Stati Uniti, un paese che sviluppa le proprie armi nucleari e vuole installare nuovi sistemi di armi offensive in Europa, di cui sono un esempio i nuovi sistemi antimissili in Polonia e nella Repubblica ceca.

Diventando sempre più militarizzati, gli Stati Uniti minacciano altri Stati sovrani con la loro ingerenza e aggressione militare.

In questo contesto, è assai significativo il rifiuto da parte della maggioranza del Parlamento delle proposte presentate dal nostro gruppo parlamentare. Le proposte erano le seguenti:

– insiste per “una soluzione politica pacifica della disputa relativa ai programmi nucleari dell’Iran” e “riafferma la sua opposizione a qualsiasi azione militare o minaccia dell’uso della forza”;

– “esprime la sua opposizione all’utilizzo di nuovi sistemi di missili balistici e antibalistici sul territorio degli Stati membri dell’Unione europea”;

– e invita “gli Stati che detengono armi nucleari a revocare per i propri arsenali lo stato di massima allerta e a impegnarsi a non attaccare gli Stati non nuclearizzati con armi nucleari”.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa risoluzione poiché sussistono serie preoccupazioni sul rischio di proliferazione ed è importante ridare energia e vigore al Trattato di non proliferazione. L’Unione europea ha adottato una posizione comune sulla non proliferazione che costituisce una piattaforma positiva per uno sforzo più vigoroso in questo campo, in particolare adottando un efficace multilateralismo.

 
  
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  Mary Lou McDonald (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Il Sinn Féin è contrario senza riserve alla proliferazione nucleare e accoglie con favore l’opposizione dichiarata oggi dal Parlamento europeo.

L’Irlanda è un paese denuclearizzato e deve rimanere tale. Tuttavia, il settore nucleare influisce comunque sul nostro ambiente e sulla nostra salute poiché le centrali nucleari straniere hanno prodotto effetti sui nostri mari e sulle nostre campagne causando problemi di salute alla popolazione.

Tutti i paesi, indipendentemente dalle dimensioni, dall’influenza e dalla forma di governo, dovrebbero avviare al più presto un processo di disattivazione dei loro arsenali nucleari. Siamo contrari all’ingresso di nuovi paesi tra le potenze nucleari e all’estensione delle capacità nucleari delle potenze già dotate di armi nucleari.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Il Parlamento europeo, mentre ogni anno vota la sua solita lista dei desideri sulla non proliferazione e il disarmo nucleari, rifiuta di condannare l’installazione di nuovi sistemi balistici e antibalistici in Europa.

Essenzialmente, questa decisione equivale all’accettazione e alla partecipazione al sistema nazionale di difesa missilistica degli Stati Uniti, che ha l’obiettivo di costituire una rete globale di attacco con razzi nucleari. L’installazione di nuove basi statunitensi è già in corso di preparazione nella Repubblica ceca e in Polonia, e il Parlamento europeo, nelle proposte di risoluzione del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei e della stragrande maggioranza di socialisti e liberali, dà il suo beneplacito.

Noi deputati del partito comunista greco ci siamo astenuti dal voto perché ci rifiutiamo di partecipare all’autoillusione sulla natura dell’Unione europea, che era ed è tuttora aggressiva anche in questo settore. Le forze politiche che la sostengono cercano di presentarla come una “potenza antinucleare”. Vi sono Stati membri (il Regno Unito e la Francia) che hanno armi nucleari. Vi sono anche armi nucleari americane sul territorio dell’UE. Ora si appresta a partecipare al sistema nazionale statunitense di difesa missilistica, che sta alimentando una nuova corsa agli armamenti e nuovi antagonismi.

Nonostante le belle dichiarazioni, ciò dimostra ancora una volta che per quanto riguarda le questioni strategiche l’Unione europea è dalla parte degli Stati Uniti e contro il popolo. Il sistema nazionale statunitense di difesa missilistica ha lo scopo di stabilire la sovranità imperialista mediante il terrorismo nucleare.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Approvo vivamente il contenuto di questa risoluzione comune. Il Trattato di non proliferazione è la nostra arma migliore contro la diffusione delle armi nucleari, che costituisce una grave minaccia alla sicurezza mondiale. Va detto che è importante non solo la presenza delle armi nucleari, ma anche chi le possiede. Come abbiamo visto, non tutti i paesi si comportano allo stesso modo a questo riguardo.

Per questa ragione, seppure esprimendo il mio accordo e il mio voto favorevole, insisto sul fatto che abbiamo responsabilità che vanno al di là dei meri atti formali. Nel campo della politica mondiale, ciò che ci interessa di più è assicurare un’ampia e duratura sicurezza. A questo proposito, non sono più sicuro di cosa abbiamo realizzato. Speriamo che gli attuali segnali, poco chiari ma allarmanti, si dimostrino infondati.

 
  
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  Geoffrey Van Orden (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Il possesso di armi nucleari è un elemento chiave della politica di difesa del Regno Unito degli ultimi 54 anni. Dati i pericoli insiti nel mondo di oggi e l’imprevedibilità delle minacce future, sarebbe sciocco prendere decisioni che indebolirebbero la nostra possibilità di mantenere un deterrente nucleare britannico indipendente o la credibilità della nostra politica di deterrenza. Con un investimento relativamente modesto, inferiore al 3 per cento del bilancio di difesa nazionale su un periodo di 20 anni, il Regno Unito può mantenere una capacità di difesa di vitale importanza. Il Regno Unito è riconosciuto come Stato legittimo con armi nucleari ai sensi del Trattato di non proliferazione (TNP) e i conservatori sostengono l’obiettivo finale del disarmo nucleare globale stabilito dall’articolo VI del TNP.

Tuttavia, siamo fermamente contrari a un disarmo nucleare unilaterale che esporrebbe a rischi la nostra nazione e la popolazione e lascerebbe la nostra difesa strategica interamente nelle mani di altri. Le decisioni che influiscono sulla sicurezza del Regno Unito, del suo territorio e dei suoi cittadini sono responsabilità del governo di Sua Maestà e non dell’Unione europea. Gran parte della risoluzione di oggi è sorprendentemente esente da controversie e gli emendamenti estremi presentati dalla sinistra sono stati respinti.

Non possiamo però sostenere un testo che accoglie con favore gli sforzi compiuti da colleghi parlamentari in tutto il mondo nella cosiddetta Campagna per il disarmo nucleare, nell’ambito della “Rete internazionale di parlamentari per il disarmo nucleare” (considerando E). Ci siamo quindi astenuti dal voto sulla risoluzione nel suo insieme.

 
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