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Procedura : 2006/2173(INI)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo dei documenti :

Testi presentati :

A6-0468/2006

Discussioni :

PV 14/03/2007 - 9
CRE 14/03/2007 - 9

Votazioni :

PV 15/03/2007 - 5.5
CRE 15/03/2007 - 5.5
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2007)0076

Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 14 marzo 2007 - Strasburgo Edizione GU

9. Relazioni euromediterranee - Creazione della zona di libero scambio euromediterranea (discussione)
Processo verbale
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione congiunta su EUROMED, nella quale sarà esaminato quanto segue:

– dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulle relazioni euromediterranee e

– la relazione (A6-0468/2006), presentata dall’onorevole Arif a nome della commissione per il commercio internazionale, sulla creazione della zona di libero scambio euromediterranea [2006/2173(INI)].

 
  
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  Gernot Erler, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, sono lieto di potervi parlare oggi delle relazioni euromediterranee e di poter partecipare insieme a voi al dibattito sulla relazione della commissione per il commercio internazionale in merito alla creazione della zona di libero scambio euromediterranea. La relazione dell’onorevole Arif contiene molti spunti interessanti sul tema delle relazioni tra l’UE e i paesi del Mediterraneo.

E’ nell’interesse dell’Unione europea – non da ultimo per ragioni storiche e geografiche, ma anche in virtù degli attuali sviluppi, tra cui il rischio sempre maggiore posto dal terrorismo e da stretti legami economici – che la regione del Mediterraneo sia sicura, politicamente stabile ed economicamente ben sviluppata. Ci viene ricordato quasi ogni giorno che le regioni dell’Africa settentrionale e del Medio Oriente non hanno ancora trovato una stabilità politica ed economica.

La proposta di risoluzione del Parlamento europeo illustra senza giri di parole i principali problemi sottesi a questa situazione.

Il conflitto mediorientale ha lasciato il segno nella vita politica, economica e sociale e i suoi effetti si faranno sentire a lungo sulla regione. Un netto incremento della popolazione negli Stati della sponda meridionale del Mediterraneo, unito a uno sviluppo economico incapace di tenere il passo con una simile situazione, ha impedito a un sempre maggior numero di persone di avere accesso all’istruzione e all’occupazione. I giovani, in particolare, non intravedendo alcuna prospettiva per il loro futuro nei propri paesi, cercano di emigrare in Europa o diventano facile preda di chi propina “soluzioni facili” sotto forma di idee radicali; talvolta si verificano contemporaneamente entrambi i casi. I governi di alcuni paesi mediterranei rifiutano di attuare le riforme necessarie negando ai loro cittadini la possibilità della partecipazione politica.

La proposta di risoluzione, tuttavia, riconosce che il processo di Barcellona ha consentito – e cito: “notevoli progressi nella regione... attraverso l’instaurazione di legami politici, economici, sociali e culturali fra il nord e il sud del Mediterraneo”.

Il processo di Barcellona non è stato in grado di risolvere il conflitto mediorientale, ma, all’epoca, non era questo il suo obiettivo e, inoltre, apporta valore aggiunto in un altro modo da non sottovalutare, poiché è una delle poche sedi in cui Israele e i suoi vicini arabi si riuniscono periodicamente allo stesso tavolo. Il processo di Barcellona fornisce loro un tetto sotto il quale possono avere la possibilità di una cooperazione e uno scambio autentici anche in momenti in cui sono divisi da differenze politiche, e spetta ai paesi partecipanti stessi decidere fino a che punto vogliono avvalersi di tale opportunità.

Permettetemi di fornirvi un paio di esempi. A marzo 2006, rappresentanti palestinesi e israeliani hanno partecipato costruttivamente alla riunione degli alti funzionari Euromed e del Comitato Euromed, nonostante le divergenze sorte in seguito al risultato delle elezioni nei territori palestinesi.

Il secondo esempio è che, nella riunione speciale degli alti funzionari Euromed e del Comitato Euromed, svoltasi il 22 febbraio 2006 per discutere il “caso delle vignette”, sono state avanzate proposte costruttive sia dall’UE che dal versante arabo. Anche in questo caso è degno di nota che fossero presenti entrambe le delegazioni, israeliana e araba.

Ne consegue che, sebbene gli ambiziosi obiettivi formalmente sanciti nella Dichiarazione di Barcellona del 1995 – tra cui l’instaurazione di uno spazio comune di pace e stabilità, la creazione di una zona di prosperità condivisa e lo sviluppo di uno stretto partenariato nei settori sociale, culturale e umano – non siano realizzati, il processo di Barcellona resta uno strumento di cui non possiamo fare a meno.

Il fatto è che, nonostante tutti i suoi difetti, può aiutare la regione mediterranea a trasformarsi da “un mare di scontro” a un “mare di cooperazione”, per citare la definizione fornita dall’ex ministro degli Esteri tedesco Joschka Fischer.

E’ il processo di Barcellona a garantire che non siano solo i rappresentanti dei governi e i membri delle élite accademiche a potersi riunire, ma che anche le persone comuni e i membri della società civile su entrambe le sponde del Mediterraneo possano avvicinarsi gli uni agli altri e la “Fondazione Anna Lindh per il dialogo tra le culture” apporta il proprio contributo in tal senso con un impegno che sarà ulteriormente raddoppiato in futuro.

Potrei aggiungere che un’importante istituzione nel campo della cooperazione euromediterranea è l’Assemblea parlamentare euromediterranea (APEM), che è stata istituita nel 2003 allo scopo di esercitare una sempre maggiore influenza nella promozione delle strutture democratiche e dei diritti umani in tutti i paesi Euromed.

Dalla riunione tenutasi in occasione del decimo anniversario del processo di Barcellona è emerso che, nonostante le divergenze di opinione sulla portata e l’effettiva forma che dovrebbe assumere, l’UE e i paesi del Mediterraneo continuano a volere una stretta cooperazione. Il programma di lavoro per i cinque anni seguenti adottato dal vertice contiene obiettivi specifici in tutte le aree del processo di Barcellona, non solo a livello di cooperazione politica, economica e culturale, ma anche nell’ambito dell’immigrazione, e sussistono le condizioni per una cooperazione durevole.

Ciò che voglio dire a questa Assemblea è che non può esservi stabilità senza progresso economico; lo sappiamo tutti, e ciò vale anche per il contesto euromediterraneo. Per questo i ministri degli Esteri euromediterranei, nella riunione svoltasi a Tampere alla fine di novembre 2006, hanno ribadito il fatto che la creazione di una zona di libero scambio euromediterranea entro il 2010 continuava a essere un obiettivo condiviso da tutti i partner euromediterranei. Questa persistente ricerca di un obiettivo stabilito oltre dieci anni fa è ragionevole o è una dimostrazione di ostinazione?

Permettetemi innanzi tutto di dire che, a mio parere, la data “2010” è divenuta un simbolo dell’importanza che i partner euromediterranei attribuiscono a una zona di libero scambio, ma, soprattutto, gli sviluppi registrati sul versante economico sono stati tali da rendere praticabile il progetto di attuare una zona di libero scambio. Le zone di libero scambio bilaterali contemplate dagli accordi di associazione in vigore tra l’UE e quasi tutti i paesi mediterranei – la Siria attualmente rappresenta l’unica eccezione – vengono attuati in maniera soddisfacente.

L’obiettivo è continuare a integrare progressivamente nell’economia europea i paesi che si affacciano sul Mediterraneo. La Presidenza tedesca del Consiglio farà tutto il possibile per sostenere la Commissione, in modo tale che i negoziati attuali possano acquisire slancio e si possano compiere ulteriori progressi, in particolare in aree quali la progressiva liberalizzazione della fornitura di servizi e il diritto di stabilimento, la progressiva liberalizzazione del commercio di prodotti agricoli e la creazione di un meccanismo per la composizione delle controversie nonché la convergenza legislativa con un particolare accento sul ravvicinamento delle normative tecniche.

L’obiettivo è agevolare ulteriormente l’accesso degli Stati mediterranei al mercato interno dell’Unione europea, in quanto l’UE, quale destinatario di oltre il 50 per cento delle loro esportazioni, è il principale partner commerciale di tali paesi. Questo sviluppo, ovviamente, va di pari passo con i progressi nell’attuazione dell’accordo di associazione di cui parlavo prima, che comporterà altre sfide, sollevando, tra l’altro, interrogativi sulla competitività delle operazioni commerciali dei partner mediterranei. Tra i paesi mediterranei stessi, sono stati compiuti notevoli progressi in materia di integrazione grazie all’accordo di Agadir, che è in vigore dal 2004 ed è volto a creare una zona di libero scambio per i paesi che si affacciano sul Mediterraneo. L’UE promuove questa cooperazione nord-sud anche concedendo sostegno finanziario al suo segretariato. Ci auguriamo che presto altri paesi si uniranno a Egitto, Giordania, Marocco e Tunisia nella firma dell’accordo di Agadir.

Le liberalizzazioni e le riforme economiche incidono inevitabilmente sulla situazione socioeconomica di un paese e l’influenza che tali cambiamenti esercitano su di essa dipende essenzialmente dal modo in cui i necessari cambiamenti strutturali vengono monitorati e realizzati in vista di un obiettivo preciso. L’UE sta fornendo ai paesi del Mediterraneo un aiuto concreto nella realizzazione di tali cambiamenti; da alcuni anni, infatti, nell’ambito del processo di Barcellona eroga cifre considerevoli per la ristrutturazione e la modernizzazione dell’occupazione e della formazione, nonché per l’ammodernamento dell’infrastruttura dei trasporti.

I programmi di sostegno regionale dell’Unione europea, quali EuroMed-Market, ANIMA ed EuroMed-Innovation, stanno contribuendo a migliorare le condizioni per gli investimenti e le iniziative imprenditoriali e stanno pertanto rafforzando il settore privato, mentre le piccole e medie imprese in particolare possono avvalersi del Fondo euromediterraneo di investimento e partenariato (FEMIP) della Banca europea per gli investimenti, che è uno strumento di sostegno valido, provato e sperimentato non solo a favore delle PMI, ma anche di progetti riguardanti l’ambiente, le infrastrutture e l’istruzione.

Come saprete, il grande ostacolo che occorre superare nello sviluppo di economie di mercato è convincere gli investitori che li attende un ambiente stabile e gratificante. Questo aspetto assume una particolare importanza alla luce dell’urgente necessità di investimenti diretti dall’estero e, giacché i paesi del Mediterraneo hanno particolarmente bisogno di noi in proposito, ci hanno chiesto aiuto a più riprese in tal senso.

Sono quindi particolarmente lieto che il 23 aprile, durante la Presidenza tedesca, si tenga un gruppo di lavoro ad hoc sugli investimenti al quale i partner euromediterranei parteciperanno per individuare i problemi più pressanti e cercare modi e mezzi per migliorare il flusso di investimenti verso la regione mediterranea.

Il punto che, per concludere, vorrei evidenziare a questa Assemblea, è che, come voi, sono del parere che una crescita economica incontrollata non sia tutto, ma che si debbano prendere in considerazione anche le dimensioni sociali e ambientali, e questo è indubbiamente innegabile anche riguardo alle relazioni dell’UE con il Mediterraneo. La Presidenza tedesca, quindi, organizzerà interessanti conferenze su entrambi gli argomenti, alle quali interverranno partecipanti di alto profilo.

Alla fine di questa settimana, quindi, il nostro ministro degli Esteri, Frank-Walter Steinmeier, inaugurerà la Conferenza euromediterranea sull’occupazione e il dialogo sociale a Berlino. La zona di sicurezza e prosperità condivisa, che è l’obiettivo del processo di Barcellona, non potrà avere un’esistenza sostenibile senza un dialogo sociale funzionante e nuovi posti di lavoro; in quella situazione, è più probabile che sussista un rischio maggiore di compromettere la stabilità sociale a causa di livelli elevati di disoccupazione, in particolare tra i giovani, e di ridurre le prospettive di sviluppo sociale ed economico negli Stati della sponda meridionale del Mediterraneo.

In secondo luogo, il 19 aprile 2007, e sempre a Berlino, si terrà una conferenza sull’efficienza energetica e le energie rinnovabili. Una politica energetica orientata al futuro è indispensabile per la sostenibilità dello sviluppo economico e un uso prudente delle risorse. I ministri dei vicini meridionali e orientali dell’UE, insieme a rappresentanti di istituzioni commerciali e finanziarie internazionali, discuteranno per trovare il modo di erogare energia in maniera sicura e sensibile dal punto di vista ambientale nell’area euromediterranea.

Come potete vedere, le nostre attività sono completamente in linea con la proposta di risoluzione, ed è evidente che vogliamo perseguire, al tempo stesso, tutti e tre i principali obiettivi del processo di Barcellona: l’instaurazione di uno spazio comune di pace e stabilità, la creazione di una zona di prosperità condivisa tramite un partenariato economico e la realizzazione, non solo di una zona di libero scambio euromediterranea entro il 2010, ma anche di una sfera di dialogo tra le culture mediante un partenariato in ambito sociale, culturale e umano.

E’ nell’interesse di tutti noi non allentare gli sforzi nel raggiungimento di questo obiettivo. Tutti noi – governi, parlamenti o altri soggetti in posizioni di responsabilità politica – possiamo offrire il nostro contributo in tal senso e, unendo le nostre forze, potremo sicuramente ottenere grandi risultati.

Grazie molte per l’attenzione.

(Applausi)

 
  
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  Peter Mandelson, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, qualsiasi discussione sulle relazioni euromediterranee è in primo luogo un dibattito su una sfida politica comune. Oggi la regione mediterranea e l’Europa formano un’area strategica ed economica in via di costruzione. In un momento in cui stiamo riscoprendo il nostro patrimonio culturale e politico comune, stiamo cementando la nostra collaborazione economica futura, poiché vogliamo nuovamente svolgere un ruolo chiave nella creazione di uno spazio di stabilità, pace e prosperità.

La vasta regione euromediterranea è la patria di due entità interdipendenti: l’Unione europea a 27 e la regione mediterranea, con i suoi oltre 250 milioni di abitanti. Siamo politicamente interdipendenti come partner che cercano di portare la pace in Medio Oriente e in altre regioni del Mediterraneo e che lavorano per promuovere il pluralismo e la democrazia.

Siamo economicamente interdipendenti: le relazioni commerciali euromediterranee sono sane e fiorenti. Oggi le esportazioni dei paesi del Mediterraneo verso l’UE a 27 sono cresciute del 10 per cento l’anno in media tra il 2000 e il 2006. Anche le importazioni dall’UE a 27 sono aumentate, ma a un ritmo più lento, pari al 4 per cento. L’eccedenza commerciale dell’Unione europea ha subito un calo sostanziale e nel 2006 il commercio è stato fondamentalmente equilibrato.

La nostra interdipendenza, tuttavia, è riscontrabile anche ad altri livelli: a livello ambientale, infatti, abbiamo oltre 46 000 chilometri di coste in comune lungo il Mediterraneo e, insieme, facciamo fronte alle sfide del cambiamento climatico, della penuria idrica e della riduzione dell’inquinamento marino. Siamo interdipendenti anche a livello energetico, grazie ai flussi delle risorse petrolifere e gassose che hanno origine, e transitano, nel Mediterraneo. Siamo anche interdipendenti a livello demografico, data la necessità di dialogare con i paesi dell’Africa settentrionale sulla gestione della migrazione legale e illegale. Infine, la nostra è anche un’interdipendenza culturale, determinata dall’impellente necessità di instaurare un dialogo approfondito tra culture e religioni.

In risposta a questa interdipendenza, l’UE ha istituito la politica di vicinato e il processo di Barcellona: quadri politici e di cooperazione complementari e coerenti, entro i quali abbiamo concluso accordi di associazione e piani d’azione sulla politica di prossimità con quasi tutti i paesi della regione. L’ultimo accordo con l’Egitto è stato adottato in occasione del Consiglio di associazione UE-Egitto il 6 marzo.

La zona di libero scambio euromediterranea, come si è detto, sta gradualmente prendendo forma e agirà da interfaccia tra un mondo sempre più globalizzato e il regionalismo aperto e inclusivo dell’Europa. Stiamo prendendo spunto dal nostro commercio liberalizzato nel settore delle merci per liberalizzare gli scambi dei servizi e la creazione di imprese in maniera tale da incoraggiare la tanto necessaria integrazione economica regionale.

Sono state create istituzioni euromediterranee attive come l’Assemblea parlamentare euromediterranea. Il 2007 sarà sicuramente un anno importante per le nostre relazioni con una regione che sta attraversando un periodo di grandi cambiamenti, che nutre molte aspettative nei confronti dell’Europa e per cui instaurare una stretta relazione con l’Unione rappresenta un’importante priorità.

Il 2007 sarà il primo anno in cui entrerà in funzione lo Strumento europeo di vicinato e partenariato. Il lavoro che svolgiamo con i nostri partner è animato dalla convinzione che, per essere durevoli, i cambiamenti devono avvenire all’interno della società.

Nel contesto della politica di vicinato, la graduale attuazione delle riforme politiche ed economiche sta aprendo la strada a un riavvicinamento tra l’Europa e i paesi mediterranei.

Se vogliamo aiutare i nostri vicini ad attuare programmi di riforma impegnativi, dobbiamo presentare loro proposte interessanti. Ci siamo già offerti di rafforzare le nostre relazioni commerciali. Potremmo anche adoperarci per ridurre le formalità relative alla concessione dei visti. L’attuazione delle proposte contenute nella comunicazione della Commissione richiede una notevole volontà politica, nonché impegni economici e finanziari di pari livello.

Il contributo del Parlamento europeo sarà essenziale affinché l’Europa mantenga una politica coerente nei confronti della regione e fornisca sostegno politico e finanziario per la riuscita attuazione delle politiche di cooperazione nella regione del Mediterraneo.

Nel contesto del processo di Barcellona, le Presidenze di Germania e Portogallo, come si è già detto, lavoreranno a stretto contatto con la Commissione per proseguire le azioni avviate in occasione del Vertice di Barcellona nel novembre 2005.

Tra le attività previste per il 2007 figurano una conferenza sugli affari sociali, che si terrà a marzo a Berlino e sarà volta a dotare il nostro partenariato di una dimensione sociale, una conferenza sulla migrazione, organizzata dalla Presidenza portoghese nella seconda metà dell’anno – la prima conferenza di questo tipo nella regione, che costituirà l’occasione per discutere approcci comuni alla lotta contro l’immigrazione clandestina e a una gestione più efficace dell’immigrazione legale, una conferenza sulla ricerca e l’istruzione universitaria, nella quale la Commissione annuncerà la creazione di borse di studio per studenti universitari nella regione e, infine, una riunione commerciale ministeriale euromediterranea, che la Presidenza portoghese sta organizzando a Lisbona, per fare il punto sui progressi compiuti verso la realizzazione di una zona di libero scambio euromediterranea.

Il 2007 sarà importante anche perché sarà l’anno in cui definiremo e attueremo piani d’azione di vasta portata per contribuire alla creazione di un futuro più luminoso per la regione: il programma “Orizzonte 2020”, finalizzato a ridurre i livelli di inquinamento nel Mediterraneo, il piano d’azione di Istanbul sul ruolo delle donne nella società, adottato nel novembre 2006, l’attuazione pratica del programma di Tampere, adottato durante la Conferenza dei ministri euromediterranei degli Affari esteri, e il piano d’azione per l’attuazione della zona di libero scambio, su cui verte la relazione dell’onorevole Arif, cui desidero dedicare ora la mia attenzione.

Desidero congratularmi con il relatore e con i deputati che hanno contribuito a rendere pertinente e completa questa proposta di risoluzione. La risoluzione si riferisce ai mediocri risultati ottenuti nell’ambito del processo di Barcellona in termini di liberalizzazione commerciale e integrazione economica, illustrando altresì la complessità del compito e le limitazioni socioeconomiche, sia a livello strutturale che riguardo all’attuale contesto internazionale, che hanno caratterizzato questa regione confinante con l’UE.

In realtà, i mediocri risultati ottenuti dalla creazione di una zona di libero scambio in termini di prosperità non sono sempre attribuibili al processo stesso o alle sue debolezze, ma sono spesso dovuti a una serie di limitazioni strutturali intrinseche alla regione, che hanno in qualche maniera impedito al processo di integrazione economica di realizzare appieno il suo potenziale.

Tuttavia, nonostante queste limitazioni, si è registrato un incremento negli scambi commerciali a seguito della liberalizzazione avviata nell’ambito del processo di Barcellona: dal 1995, le esportazioni dei partner mediterranei verso l’UE sono raddoppiate; le esportazioni comunitarie sono aumentate del 60 per cento e il disavanzo della bilancia commerciale dei paesi mediterranei è diminuito dal 20 al 10 per cento nello stesso periodo. La creazione di una zona di libero scambio euromediterranea resta un obiettivo sia del processo di Barcellona che della nostra politica di prossimità.

In entrambi i contesti, sono state sviluppate varie iniziative per approfondire e sostenere la liberalizzazione riguardo all’ulteriore liberalizzazione tariffaria e all’eliminazione delle misure non tariffarie.

Dalla conferenza ministeriale commerciale di Marrakech dello scorso anno sono stati avviati nuovi negoziati nei settori dell’agricoltura, dei servizi e degli investimenti e i nostri piani d’azione per la politica europea di prossimità hanno definito azioni prioritarie, soprattutto riguardo all’eliminazione delle barriere normative e non tariffarie.

Il processo di Barcellona ha previsto fin dall’inizio misure di accompagnamento e attenuazione per la zona di libero scambio euromediterranea: asimmetria nello smantellamento dei dazi doganali, approccio graduale alla liberalizzazione – che nel settore agricolo, ad esempio, sta iniziando soltanto ora, dopo che è seguito un arco di tempo ragionevole alla liberalizzazione industriale; ultimo punto, ma non per questo meno importante, sono stati forniti ingenti aiuti a sostegno delle riforme economiche e strutturali e dello sviluppo rurale sostenibile, prima attraverso il programma MEDA e ora tramite il nuovo strumento della politica europea di prossimità.

Per noi continua a essere prioritario rafforzare lo sviluppo sostenibile e la competitività nella regione mediterranea tramite l’eliminazione di ostacoli al commercio e la promozione dell’integrazione regionale, gli investimenti, la convergenza normativa verso le regole del mercato interno comunitario, la ricerca e l’innovazione e il rafforzamento dell’infrastruttura e delle reti nella regione. In sintesi, questo significa lavorare in vista della prosperità condivisa, che è l’obiettivo del processo di Barcellona e della nostra politica di vicinato. Faremo tutto il possibile affinché questa prospettiva diventi realtà.

Onorevoli deputati, il fulcro delle nostre relazioni con i paesi partner del Mediterraneo è il profondissimo e forte desiderio di promuovere la sicurezza, la crescita e la stabilità nella regione. Tuttavia, siamo anche fermamente convinti di prendere parte a un progetto ancora più ambizioso: costruire una regione e affermare i nostri obiettivi e valori comuni. La Commissione europea confida nel Parlamento europeo per riuscire a essere all’altezza di queste grandi sfide con l’aiuto dell’Assemblea parlamentare euromediterranea e spero che potremo continuare a lavorare insieme.

(Applausi)

 
  
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  Kader Arif (PSE), relatore. – (FR) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, sono lieto, soprattutto alla luce di quanto ho appena sentito, di presentarvi oggi la mia relazione.

Questo documento dimostra che la politica mediterranea dell’Unione è una priorità per la nostra Istituzione e che deve rimanere tale. La relazione che vi presento analizza i risultati di oltre dodici anni di cooperazione, prevista dagli obiettivi della Conferenza di Barcellona. La mia relazione avanza alcune proposte a favore dell’attuazione di una zona di libero scambio euromediterranea reciprocamente vantaggiosa. Questo lavoro, realizzato nel corso di diversi mesi, è il risultato della stretta cooperazione che ho instaurato con diversi esperti, ONG, rappresentanti di governo dei paesi mediterranei e, ovviamente, con i miei colleghi parlamentari. Permettetemi di ringraziarli per la loro collaborazione.

Queste valide conoscenze collettive, corroborate dal lavoro costruttivo dei relatori ombra – che ringrazio calorosamente – mi hanno permesso, credo, di giungere a un testo equilibrato che riflette ogni sorta di dubbio e preoccupazione. Questo spirito, questo equilibrio generale, rafforzato dal voto in seno alla commissione, deve orientare il voto di domani in plenaria.

Innanzi tutto occorre fare una constatazione. Benché ogni parte del mondo abbia la propria specificità, le relazioni tra l’Unione e i paesi della sponda meridionale del Mediterraneo sono segnate dal peso della storia, una storia di conflitti, incomprensioni e instabilità, una storia problematica e perfino tragica.

Ho pertanto cercato di elaborare questa relazione partendo soprattutto da una prospettiva prevalentemente politica. Con il Vertice di Barcellona del 1995 era nata una speranza. Era emersa la volontà politica di costruire un partenariato globale tra l’Unione europea e i paesi del bacino del Mediterraneo, al fine di trasformare questa regione in uno spazio comune di pace, stabilità e prosperità. Oggi, tuttavia, dobbiamo concludere che i risultati non sono all’altezza di quelle speranze e aspettative.

Da allora abbiamo vissuto in un contesto politico instabile: la guerra in Libano, la mancanza di prospettive di pace in Medio Oriente, la complessità delle relazioni tra il mondo occidentale e i paesi arabo-musulmani dopo l’11 settembre 2001e le tensioni tra i partner meridionali. A ciò si aggiunge l’idea – a mio avviso errata – che l’Europa non dà priorità alle sue relazioni con i paesi della sponda sud del Mediterraneo.

A questo elenco di preoccupazioni si potrebbe aggiungere il timore di un indebolimento della filosofia di Barcellona e della nuova politica di prossimità invocata dall’Unione europea, ipotesi che porrebbe fine alla convergenza e introdurrebbe la divergenza, alimentata dalla concorrenza tra paesi.

Si presenta altresì un contesto di triplice asimmetria nei settori economico, sociale e demografico. Questa evidente asimmetria tra le due parti della zona di libero scambio, ossia l’Unione europea e i paesi del Mediterraneo è altrettanto palese tra i paesi della sponda meridionale del Mediterraneo e, in ultima analisi, all’interno di alcuni di quegli stessi paesi, tra le regioni costiere e urbanizzate e i territori rurali dell’interno.

Dinanzi a tutte queste difficoltà è necessaria una forte volontà politica, ma dobbiamo anche essere realistici. E’ per questo, nonché alla luce dei talvolta considerevoli ritardi nell’attuazione delle riforme economiche e politiche necessarie alla creazione di un mercato davvero euromediterraneo, che ritengo indispensabile rivedere la scadenza del 2010 quale data di entrata in vigore di questa zona di libero scambio.

Le implicazioni di questa zona e i cambiamenti che introdurrà richiedono un approccio più cauto da parte di tutti i partner, particolarmente quando tali partner sono disuguali. Nell’ottica della creazione di questa zona di libero scambio, il filo conduttore deve restare l’obiettivo di avere una forma di commercio al servizio dello sviluppo e della riduzione della povertà, in particolare in questa regione in cui il 30 per cento della popolazione vive con meno di due dollari al giorno e in cui la disoccupazione su vasta scala e l’immigrazione selvaggia costituiscono l’unica prospettiva per un numero di giovani sempre maggiore.

La nostra priorità deve essere la creazione di un vero e proprio spazio socioeconomico euromediterraneo che integri tutti gli aspetti sociali e ambientali nella dimensione economica.

Sono pertanto favorevole allo sviluppo progressivo, controllato, graduale e concertato di una zona di libero scambio, la quale deve anche essere in grado di adattarsi alla situazione socioeconomica di ogni paese.

L’apertura dei mercati non può avvenire a scapito dei paesi del sud, con il rischio di indebolire ulteriormente molti dei delicati settori chiave attuali a causa di uno scontro sul piano della competitività.

Sappiamo tutti che la loro agricoltura è poco competitiva e non molto diversificata, caratterizzata da una maggioranza di piccole aziende agricole dotate di strutture che devono essere modernizzate, e che da parte nostra richiede una riflessione più approfondita su una forma di politica agricola integrata, incentrata sulla sicurezza alimentare.

Sappiamo anche che in alcuni paesi è stata sviluppata una forma di industria a bassa tecnologia e a basso valore aggiunto, che va sostenuta tramite investimenti nei settori della formazione e della ricerca, nonché attraverso l’ammodernamento delle sue strutture di produzione; sappiamo che non dobbiamo esercitare pressioni su questi paesi affinché aprano improvvisamente i loro mercati dei servizi, mantenendo al contempo i servizi pubblici al di fuori del quadro negoziale.

Dobbiamo seguire da vicino la situazione nel suo complesso, perché altrimenti il nostro lavoro produrrà l’effetto contrario allo sviluppo auspicato e nuocerà al benessere sociale delle popolazioni interessate. Ritengo quindi importante riconoscere ai nostri partner il diritto di gestire il ritmo della loro apertura agli scambi commerciali e il modo in cui organizzeranno la loro strategia di sviluppo.

E’ dunque indispensabile rafforzare la competitività globale delle economie dei paesi mediterranei per garantirne la diversificazione economica, la riuscita integrazione nel commercio internazionale e l’equa distribuzione dei benefici previsti; occorre altresì mantenere un sistema asimmetrico fondato sulle preferenze commerciali e sul costante impiego di strumenti di gestione dell’offerta, attirare gli investimenti, che in quest’area scarseggiano, garantire un’area stabile per gli investimenti e allestire reti infrastrutturali regionali e di trasporto euromediterraneo nonché lavorare a un ravvicinamento politico ed economico dei paesi del sud e dell’est del Mediterraneo (PSEM) per favorire il concreto rafforzamento della cooperazione e dell’integrazione.

Per concludere, vorrei sottolineare l’urgente necessità di un rinnovamento della volontà politica tra tutti i partner e del ritorno a una vera cooperazione quale priorità dell’Unione europea; in entrambi i casi si tratta di condizioni essenziali per il rilancio e la riuscita del processo di Barcellona e di una zona socioeconomica euromediterranea, senza le quali la zona di libero scambio rischia di diventare il simbolo di un malinteso euromediterraneo. Per la mia generazione è indispensabile passare al tempo della riconciliazione: è questa la sfida che dobbiamo affrontare, onorevoli colleghi. Garantire la stabilità e lo sviluppo di questa zona significa garantire lo sviluppo della democrazia e della nostra stabilità.

 
  
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  Antonio Tajani (PPE-DE), relatore per parere della commissione per gli affari esteri. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, la commissione per gli affari esteri ha approvato a stragrande maggioranza un parere sulla relazione Arif, che si concentra soprattutto sulle questioni politiche e quindi affronta anche il tema più ampio della situazione mediterranea.

Sono soprattutto sei i punti affrontati dalla commissione per gli affari esteri. Il primo riguarda l’impegno politico nell’ambito della creazione di una zona di libero scambio, volto a garantire la pace, la democratizzazione, il rispetto dei diritti umani, la parità tra donne e uomini e la promozione del dialogo interculturale e interreligioso.

Il secondo punto riguarda la necessità urgente per l’Unione europea di adoperarsi per la creazione di una zona di sicurezza e di stabilità nell’intera regione, compresa la difesa della piena sovranità del Libano nonché l’impegno per la coesistenza pacifica fra lo Stato israeliano e un futuro Stato palestinese. Si ravvisa altresì, come terzo punto, la necessità di accordare un sostegno finanziario per la ricostruzione di queste zone, che hanno sofferto momenti veramente gravi di scontri violenti, anzi, di guerra vera e propria. Noi chiediamo ovviamente che la creazione di una zona di libero scambio possa trasformarsi in un primo passo per la cessazione delle guerre del terrorismo nel Medio Oriente.

Il quarto punto, invece, insiste sulla necessità di incoraggiare riforme politiche, democratiche e socioeconomiche nei paesi partner dell’Unione europea, al fine di creare uno spazio di prosperità condivisa, in vista anche di una sempre più forte presenza cinese soprattutto nel continente africano.

Per quanto riguarda il quinto punto, la commissione per gli affari esteri ha insistito perché possa finalmente nascere una banca euromediterranea, autonoma rispetto alla BEI, in grado di dare risposte alla continua e crescente richiesta di prestiti e finanziamenti dai paesi partner.

Il sesto ed ultimo punto riguarda il tema assai delicato dell’immigrazione. La commissione per gli affari esteri sollecita accordi con i paesi partner affinché vi sia un controllo anche a monte dei fenomeni dei flussi migratori, e ciò onde evitare che, tra i tanti lavoratori che cercano occupazione in Europa e che possono rappresentare una risorsa per il nostro continente, si nascondono elementi pericolosi per la stabilità dell’Unione europea ma anche per l’immagine dei paesi dai quali provengono.

 
  
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  Jean-Claude Fruteau (PSE), relatore per parere della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale. – (FR) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto congratularmi con il relatore, onorevole Arif, per la pertinenza delle sue analisi.

Da un punto di vista agricolo, se, da un lato, l’apertura dei mercati oggi offre reali prospettive di sviluppo economico su entrambe le sponde del Mediterraneo, dall’altro è importante che questa tendenza si basi sull’esperienza delle popolazioni locali e degli attori sul campo. E’ indispensabile che il processo sia attuato in maniera misurata, prodotto per prodotto e secondo un calendario graduale, affinché sia possibile tenere conto delle piccole aziende agricole, che sono le più fragili, le più numerose e le più idonee a sviluppare un’agricoltura multifunzionale rispettosa delle risorse naturali e dello sviluppo locale.

Questo lavoro normativo s’incentra sul rafforzamento delle preferenze commerciali sulla base di una relazione asimmetrica volta a favorire i paesi più vulnerabili. S’incentra anche su misure di sostegno che ci permetteranno di aiutare questi paesi ad ammodernare le loro strutture di produzione e che contribuiranno allo sviluppo di sinergie, attraverso la cooperazione tecnica e finanziaria tra esperti e tramite politiche comuni di etichettatura.

 
  
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  Vito Bonsignore, a nome del gruppo PPE-DE. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, nei prossimi giorni si riunirà finalmente l’Assemblea parlamentare euromediterranea (APEM). L’obiettivo è il suo rilancio per dare una dimensione parlamentare al dialogo e alla cooperazione nel Mediterraneo.

La posizione del Parlamento europeo è espressa in modo compiuto nella proposta di risoluzione comune della quale voglio evidenziare tre punti: la sollecitazione per la creazione della Banca euromediterranea per lo sviluppo, la richiesta di maggiore attenzione per i problemi ambientale e dell’energia e soprattutto i problemi della condizione della donna.

Noi ci aspettiamo una comunanza di impegni dalle istituzioni dell’Unione europea e chiediamo alla Commissione che sostenga attivamente lo sforzo del Parlamento europeo e del suo Presidente Pöttering per il rilancio dell’APEM, sostegno che dovrà essere, a mio avviso, ben visibile a Tunisi, con la loro partecipazione ai massimi livelli.

E’ opportuno dare oggi al dibattito sulla zona del libero scambio un rilievo particolare, sapendo che, se realizzata, potrà dare concretezza e sbocco alle attività politiche e parlamentari. Per rendere più efficaci le azioni nel Mediterraneo abbiamo sottoscritto il cosiddetto processo di Barcellona. Siamo consapevoli che oggi ci sono ritardi nel raggiungimento degli obiettivi previsti.

L’Unione europea non è stata all’altezza delle sue ambizioni ed è quindi ora che il processo di integrazione euromediterranea sia la nuova politica dell’Unione europea, sia la priorità della politica dell’Unione europea. Consapevoli che il mondo è cambiato, bisogna adeguare la nostra strategia senza rallentare la nostra azione: occorre potenziare gli scambi verticali nord-sud e aiutare a realizzare quelli sud-sud. In questa direzione è opportuna la ricerca di un’azione concreta e visibile.

La Commissione europea, d’accordo con le altre istituzioni, scelga un simbolo, realizzi un grande progetto. Il Presidente Barroso, la Commissaria Benita Ferrero-Waldner, il Commissario Mandelson hanno tutti gli argomenti per avanzare una proposta. Condizione indispensabile è la conquista della pace nell’area, con la collaborazione di tutti i soggetti interessati – da Israele ai palestinesi, dalla Siria all’Iran – con il sostegno attivo del nuovo ruolo dell’Unione europea e con l’intensa attività del quartetto. L’Unione europea sia meno timida, osi di più: bisogna arrivare al più presto alla Conferenza di pace.

 
  
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  Pasqualina Napoletano, a nome del gruppo PSE. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, signor Commissario, signor rappresentante del Consiglio, credo che la relazione Arif sia una di quelle relazioni che fanno storia al Parlamento europeo. Essa affronta in modo nuovo e completo la dimensione commerciale delle relazioni euromediterranee. Tuttavia, i gruppi politici hanno deciso di aggiungere alla relazione un dibattito e una risoluzione, che naturalmente la comprende ma che tende anche a fare un bilancio di questa politica.

Io non nascondo che abbiamo qualche preoccupazione rispetto alle prospettive del nostro lavoro nel partenariato con i paesi mediterranei, dovuta al fatto che la politica di vicinato, che avrebbe dovuto inserire queste relazioni in una dimensione consapevolmente continentale, ha rischiato di frammentare questa politica. Noi abbiamo un grande rispetto e apprezzamento per il lavoro che la Commissione sta compiendo nel negoziare i piani d’azione paese per paese, ma segnaliamo che i piani d’azione sono solo una parte di questa politica e che grandi problemi come l’occupazione, la lotta alla povertà, l’ambiente e il recupero del Mediterraneo come uno spazio non solo fisico ma anche ambientale, culturale, politico ed economico, hanno bisogno di un respiro più ampio, di una politica multilaterale e di un investimento politico più importante da parte dell’Unione europea.

E’ per questo motivo che noi vogliamo sollecitare il Consiglio, e in particolare la Presidenza che dimostrato una grande sensibilità su questo dossier, a compiere un passo in avanti che ci auguriamo possa avere anche il sostegno dell’Assemblea parlamentare che si riunirà a Tunisi la prossima settimana. Ricordo che l’Assemblea parlamentare è l’unica sede politica dove il nord e il sud discutono ed anche l’unica sede politica dove israeliani e palestinesi ancora discutono.

 
  
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  Philippe Morillon, a nome del gruppo ALDE. – (FR) Signora Presidente, i nostri colleghi, onorevoli Bonsignore e Napoletano, hanno appena ricordato che, alla fine della settimana, i rappresentanti delle popolazioni costiere di entrambe le sponde del Mediterraneo si riuniranno di nuovo in questo forum – ora divenuto fortunatamente un’assemblea parlamentare – all’interno del quale si sono impegnati a sviluppare, fin dalla sua creazione, relazioni di fiducia di cui lei, signor Presidente in carica del Consiglio, ha giustamente sottolineato l’importanza.

Questa sarà la nostra prima riunione in plenaria dopo la tragedia libanese, nella quale l’Europa, a mio avviso, è rimasta troppo a lungo silenziosa e in cui è alla fine intervenuta in maniera disorganizzata, su iniziativa di questo o quello Stato membro. Tuttavia, sappiamo benissimo che ci si aspettava che fosse l’Unione stessa, erede dei valori umanisti e culturali che conosciamo e forte del suo potere economico e della sua dimensione demografica, a svolgere un ruolo interventista prima e un ruolo di mediazione poi. All’epoca, forse, non era ancora giunta l’ora di fare sentire la voce dell’Unione; forse adesso il momento è più indicato.

Javier Solana, il nostro Alto rappresentante, l’altro ieri si trovava a Beirut. Ieri è stato ricevuto dal Re Abdullah dell’Arabia Saudita, mentre oggi incontrerà il Presidente siriano Bachar Al-Assad.

Mi auguro che queste azioni permetteranno di rafforzare la speranza scaturita dalle recenti iniziative diplomatiche, che lascerebbero finalmente intravedere una distensione della situazione. Una distensione della situazione in Libano, dopo l’incontro tra il Primo Ministro e il capo del parlamento, una distensione della situazione in Palestina, dopo l’accordo raggiunto alla Mecca tra Fatah e Hamas, e i primi segnali di calma in Medio Oriente dopo la prima conferenza internazionale tenutasi a Bagdad sabato scorso.

E’ sotto questi auspici che dobbiamo continuare a sviluppare la diplomazia parlamentare a Tunisi, grazie alla quale, mi auguro, potremo riunire i nostri colleghi israeliani e palestinesi, che, dalla nostra ultima seduta plenaria, svoltasi un anno fa, hanno a malapena avuto occasione di incontrarsi e di avere uno scambio di opinioni per riuscire a vincere questa malattia di timore reciproco da cui sono profondamente afflitti i loro due popoli.

 
  
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  Adriana Poli Bortone, a nome del gruppo UEN. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, signor Commissario, il rafforzamento della politica di vicinato verso il sud deve essere una priorità strategica. Nelle relazioni con i paesi mediterranei il processo di Barcellona è stato una tappa significativa e continua ad esserlo.

I pessimisti ci diranno che i risultati sono stati inferiori alle attese, che la cooperazione economica sud-sud è ancora agli albori e che sul fronte della cogestione del fenomeno dell’immigrazione siamo ancora lontani dall’aver raggiunto risultati apprezzabili. Certo si poteva fare di più, ma sicuramente non si sarebbe raggiunto ciò che si è raggiunto senza la Conferenza di Barcellona e senza il processo che ne è seguito.

Ciò che si è raggiunto è un dialogo politico approfondito fra le due parti su tematiche allargate. Ne sono prova i frequenti Consigli dei ministri euromediterranei e il completamento di una serie di accordi di associazione bilaterali fra l’Unione europea e i suoi partner, che possono essere considerati la base per lo sviluppo di un’integrazione economica più globale. La nuova politica di vicinato offre strumenti di cooperazione più stretti nell’area mediterranea. I piani d’azione permettono di tematizzare gli interventi e di renderli più aderenti ai bisogni di ogni singolo partner. Tuttavia, essi non devono essere un’alternativa al processo di Barcellona, bensì strumenti complementari che debbono permettere una migliore applicazione e realizzazione degli obiettivi di Barcellona.

Si tratta di problematiche comuni che si modificano col tempo e con le nuove necessità che richiedono, nell’interesse di tutti gli attori della regione, un approccio comune. Mi permetto di ricordare fra questi la prospettiva di un’integrazione graduale dei mercati energetici euromediterranei per la realizzazione di programmi energetici comuni e per lo sviluppo di fonti di energia sostenibili, in un quadro di cooperazione attiva che miri anche alla sicurezza degli approvvigionamenti energetici, alla diversificazione delle stesse fonti di energia, alla promozione dell’efficienza energetica, allo sviluppo di nuove tecnologie, alle attività di ricerca e allo sviluppo di progetti comuni in materia.

Tutto ciò ha permesso una reciproca e più approfondita conoscenza, che deve portare a un confronto più ampio e aperto e a correggere gli eventuali errori commessi, affinché stabilità, pace, democrazia e progresso possano diventare risultati condivisi.

 
  
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  Hélène Flautre, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signora Presidente, tra gli aspetti chiave delle relazioni euromediterranee, e di tutte le risoluzioni e le dichiarazioni ad esse relative, spiccano il processo di pace in Medio Oriente, la lotta al terrorismo, la cooperazione nei settori della politica di immigrazione e asilo e la promozione della democrazia e dei diritti dell’uomo. Ma quant’è lunga la strada e quant’è ampio il divario che separa le dichiarazioni dai modesti risultati raggiunti!

In Medio Oriente, l’Unione europea ha grande difficoltà a sostenere l’applicazione effettivamente imparziale del diritto internazionale. La retorica sviluppata finora dall’Unione europea sul rispetto dei diritti fondamentali nel quadro della lotta al terrorismo ha perso terreno dopo la relazione dell’onorevole Fava sull’immigrazione. La politica dell’Unione europea ha l’effetto immediato di detenere migranti e profughi nella loro zona d’origine o di transito, in violazione dei loro diritti fondamentali. Inoltre, le mediocri prestazioni in materia di democrazia e diritti umani cozzano ogni giorno contro i nomi dei difensori dei diritti umani – giornalisti, oppositori politici e persino prigionieri di coscienza e sindacalisti – che marciscono in prigione.

In Tunisia, dove l’Assemblea parlamentare euromediterranea, l’APEM, si riunirà per la sua seduta plenaria, tutti i progetti finanziati dall’Unione europea a favore della società civile sono bloccati. Nessun giornalista può esprimersi liberamente. La Lega tunisina per i diritti dell’uomo, l’unione dei giornalisti e altre associazioni vengono tuttora private della possibilità di tenere i propri congressi. Per il signor Abou, avvocato e attivista per i diritti umani di cui chiediamo il rilascio dal giugno 2006, è appena iniziato il terzo anno di prigione.

Onorevoli colleghi, sappiamo che sono la partecipazione delle società civili al processo e il controllo democratico e parlamentare delle politiche euromediterranee a costituire la chiave del rilancio di una dinamica virtuosa, di una dinamica per la pace, di una dinamica per lo sviluppo sostenibile e per i diritti umani.

L’Assemblea parlamentare euromediterranea deve quindi fare tutto il possibile per sostenere, promuovere e coinvolgere reti e attori della società civile nel suo lavoro e sviluppare una capacità davvero indipendente e autonoma da parte dei governi, una capacità di valutare, avviare iniziative e avanzare proposte nel quadro della politica euromediterranea.

 
  
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  Luisa Morgantini, a nome del gruppo GUE/NGL. – Signora Presidente, onorevole colleghi, mi congratulo con l’onorevole Kader Arif per la sua complessa e articolata relazione. Affronterò in un minuto una questione: gli obiettivi e i risultati del processo di Barcellona non potranno compiersi se noi non affrontiamo con determinazione e in tempi rapidi il conflitto tra Palestina e Israele.

Siamo nel 2007. Dal 1967 i territori palestinesi sono occupati e ciò significa quarant’anni di privazione della libertà e della giustizia e quarant’anni di violazioni delle risoluzioni ONU e dei diritti umani. Come ha detto la Presidenza tedesca, è necessario il dialogo e ben vengano tutte le iniziative che lo promuovono. Ciò che serve è un negoziato che possa portare alla soluzione del conflitto, affinché i palestinesi e gli israeliani possano coesistere in reciproca sicurezza.

L’iniziativa araba e la formazione del governo di unità nazionale palestinese sono opportunità da cogliere senza indugio per riportare palestinesi e israeliani ai negoziati nel quadro di una conferenza internazionale. Dobbiamo rendere possibile tale conferenza se vogliamo che il processo di Barcellona non sia affermazione retorica, bensì pratica reale in un Mediterraneo di relazioni e di scambi. Per questo io credo che sia necessaria una politica di partnership reale nella libertà di circolazione di merci e di persone.

 
  
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  Derek Roland Clark, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signora Presidente, il mio partito è favorevole al libero scambio e all’instaurazione di buone relazioni. Il desiderio degli europei nei confronti dei paesi del Mediterraneo è senz’altro questo, e stamani il Presidente in carica del Consiglio Steinmeier ha espresso il parere che l’UE deve essere in grado di rispondere alle aspettative dei cittadini. Questi ultimi, però, hanno anche il diritto di sapere come vengono spesi i loro soldi, tra cui i 5 350 milioni di euro destinati al programma Euromed fino al 2007. Se si considerano tutte le altre richieste di risorse, i contribuenti potrebbero metterne in discussione il valore, soprattutto quando si stanziano ulteriori fondi alla lotta contro il cambiamento climatico. In questo caso si tratta di spendere ingenti somme a caccia di illusioni, in quanto le prove scientifiche, che sono molto sospette, vengono ulteriormente screditate dal modo non scientifico, emotivo e teatrale in cui vengono presentate.

Se con queste affermazioni verrò tacciato di eresia, spero di non subire il destino di Abdel Kareem, condannato a quattro anni di carcere in Egitto per avere criticato sia il suo governo che i radicali violenti nel suo paese.

Se consideriamo che oggi ci è stato chiesto di sostenere l’azione dell’UE contro il terribile regime di Mugabe, forse chi gestisce i fondi Euromed dovrebbe tenere presente che alcune di queste risorse andranno a paesi in cui trovano rifugio gruppi di rilievo che non hanno ancora rinunciato alla violenza.

 
  
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  Philip Claeys, a nome del gruppo ITS. – (NL) Signora Presidente, il problema dell’immigrazione riveste grande importanza, ma gli viene prestata troppo poca attenzione durante i dibattiti sul partenariato euromediterraneo. Giacché dai paesi euromediterranei proviene la stragrande maggioranza degli immigranti che giungono nella maggior parte degli Stati membri, è più che logico affrontare l’argomento nel quadro di Euromed e discutere più approfonditamente di alcuni problemi specifici. Tra questi, ad esempio, figurano l’immigrazione illegale, i richiedenti asilo che sono giunti alla meta, ma che vengono riammessi nei loro paesi – in alcuni casi partner euromediterranei – solo con grande difficoltà. E’ inoltre necessario parlare della cooperazione che dovremmo poterci attendere dall’altra sponda del Mediterraneo per ostacolare questa sorta di immigrazione illegale e scoraggiarla.

Dobbiamo anche iscrivere in agenda il problema posto dal crescente fondamentalismo islamico sia per i paesi partner euromediterranei che per l’Europa stessa. Un’altra preoccupazione è la scarsa integrazione di molti immigranti in Europa e, anche in questo caso, i loro paesi d’origine devono intervenire riguardo a questioni quali, ad esempio, quella degli immigranti che adottano la nazionalità del paese che li ospita volendo, o piuttosto dovendo, mantenere al contempo la nazionalità del loro paese d’origine; occorrerebbe discutere anche di questo aspetto.

Il Commissario Mandelson ha parlato poc’anzi di gestire e controllare l’immigrazione legale. Ebbene, penso che sia ormai giunto il momento di esporsi e di dire che non ci occorrono altri immigrati e che l’idea di chi trova difficile rimandare i migranti nel luogo d’origine non deve più essere un argomento tabù.

 
  
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  José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra (PPE-DE). – (ES) Signora Presidente, credo che dobbiamo rallegrarci tutti per lo svolgimento di questo dibattito alla vigilia della Conferenza dell’Assemblea parlamentare euromediterranea di Tunisi e, al tempo stesso, per l’approvazione di questa risoluzione, che è stata adottata da tutti i gruppi politici del Parlamento e dalla commissione per il commercio internazionale.

Sono lieto che il signor Commissario abbia affermato che siamo dinanzi a una sfida politica comune. Credo che, accanto agli aspetti commerciali, energetici, idrici, culturali e migratori, a questo dibattito sia sotteso un problema fondamentale, quello politico.

Ritengo che come Unione europea dobbiamo seguire con grande attenzione il prossimo Vertice della Lega araba, che si terrà alla fine del mese a Riad, in cui verrà proposto un nuovo piano per la regione. L’Unione europea, attraverso le sue Istituzioni, signor Commissario, deve impegnarsi a cercare di trasmettere le nostre osservazioni e opinioni al riguardo.

Credo che dobbiamo altresì stare molto attenti al ruolo attivo attualmente svolto dalla diplomazia saudita, alle visite del Segretario di Stato americano e di altri leader internazionali, al colloquio svoltosi di recente alla Mecca tra il Presidente dell’Autorità nazionale palestinese e i responsabili di Hamas, al fine di formare un governo di unità nazionale, e alla visita del Presidente iracheno.

Pertanto, signora Presidente, credo che sia più che giusto considerare tutti i fattori che contraddistinguono la politica euromediterranea dell’Unione europea – tenendo in considerazione tutte le possibilità offerte dagli strumenti della nuova politica di prossimità e in particolare le importanti risorse finanziarie di cui disponiamo – ma credo, signor Commissario, che la politica debba essere una priorità e, in questo senso, ritengo che le decisioni adottate in seno all’ultimo Vertice di Barcellona, e segnatamente il codice di condotta sul terrorismo, dovranno esercitare un’influenza fondamentale sui lavori del prossimo Vertice della Lega araba previsto per la fine del mese a Riad.

 
  
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  Carlos Carnero González (PSE). – (ES) Signora Presidente, onorevoli colleghi, stiamo inviando un messaggio di ottimismo perché, ogni volta che parliamo del Mediterraneo, diamo l’impressione che nella regione la situazione sia assolutamente negativa, ma non è così. Ovviamente abbiamo molti problemi, ma abbiamo anche molte opportunità. In realtà il Mediterraneo è una sorta di test per vedere se saremo in grado di cogliere tali opportunità, ad esempio in caso di conflitti o in Medio Oriente. A questo proposito, però, dobbiamo allestire una conferenza internazionale di pace Madrid II, approfittando delle finestre di opportunità che si sono aperte, come la parziale accettazione dell’iniziativa della Lega araba o le riunioni stesse che questa organizzazione terrà a breve.

Abbiamo il problema della povertà, che è alla base dell’immigrazione. Abbiamo anche il problema dello sviluppo, anche se per farvi fronte abbiamo a disposizione il ciclo negoziale di Doha, che dobbiamo riattivare, gli accordi multilaterali, gli accordi di associazione e gli Obiettivi del Millennio.

Abbiamo il problema dell’energia, dell’ambiente e del cambiamento climatico, ma abbiamo anche il processo di Barcellona per far fronte a di tali questioni.

Dobbiamo combattere il terrorismo, contro il quale abbiamo però adottato un codice di condotta approvato da Barcellona+10.

Abbiamo problemi in materia di democrazia e diritti umani, ma esistono accordi di associazione e accordi nell’ambito dei programmi di vicinato che possono essere utilizzati in questo senso.

Di conseguenza, esistono problemi e al tempo stesso opportunità. Il Mediterraneo non è un problema e un punto debole per l’Unione europea. E’ parte della soluzione di molti dei nostri problemi. Occorre dunque rilanciare e rafforzare il processo euromediterraneo a livello politico, economico, sociale, ambientale, umano e culturale. Dobbiamo attuare le conclusioni di Barcellona+10 e fare in modo che la politica europea di prossimità non ignori il processo di Barcellona.

Esistono soluzioni per questa regione in quanto tale. Non dobbiamo incoraggiare i paesi a cercare soluzioni individuali; si tratta infatti di un obiettivo impossibile da realizzare, che non è proficuo né per la popolazione né per l’Unione europea come partner.

Pertanto credo che l’associazione tra pari, che sono inevitabilmente asimmetrici, sia un buon punto di partenza per lavorare ed è la base del processo di Barcellona, che fornisce un quadro di dialogo politico ed economico, come illustrano chiaramente la splendida relazione di Kader Arif e la risoluzione che ci accingiamo ad approvare.

L’Assemblea parlamentare euromediterranea che si riunirà a Tunisi sarà un elemento fondamentale in questo senso e il Parlamento europeo, che ha partecipato alla sua creazione, deve continuare a partecipare appieno alle sue attività.

 
  
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  Gianluca Susta (ALDE). – Signora Presidente, onorevoli colleghi, innanzitutto permettetemi di ringraziare il collega Arif per il modo in cui ha condotto l’elaborazione della proposta di relazione che voteremo.

Seimila anni dopo l’affacciarsi sul Mediterraneo delle prime grandi civiltà, questa parte del mondo è ancora al centro di tensioni, opportunità e problemi che vanno governati. Dodici anni fa, con la dichiarazione di Barcellona, l’Unione europea e i dodici paesi mediterranei beneficiari del programma Meda hanno gettato le premesse per un vero e proprio patto politico, il cui obiettivo di creare una zona di libero scambio si inserisce in un quadro più generale che punta a creare un’area di pace e stabilità. Il raggiungimento di questo obiettivo passa anche attraverso la stabilizzazione in Medio Oriente e la soluzione della questione palestinese secondo il principio “due popoli, due Stati”, che è indispensabile per una liberalizzazione delle relazioni non solo tra questi paesi e l’Unione europea, ma anche tra loro stessi.

La relazione dell’onorevole Arif indica un percorso per la creazione di una zona di libero scambio, in cui le ragioni della competitività anche europea ben si conciliano con le aspettative dei popoli del Nordafrica e del Medio Oriente e in cui l’impegno dell’Unione europea non si esaurisce nell’egoistica difesa dei propri interessi.

 
  
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  Tokia Saïfi (PPE-DE). – (FR) Signora Presidente, vorrei innanzi tutto congratularmi con il collega, onorevole Arif, per l’ottima relazione che ha elaborato e che presenta oggi. Come hanno affermato i miei colleghi, al termine di questa settimana l’Assemblea parlamentare euromediterranea si riunirà a Tunisi. I lavori svolti dall’APEM negli ultimi tre anni hanno spianato la strada a un futuro politico ancor più costruttivo, ma il conflitto mediorientale resta il problema numero uno. A questo proposito, a giugno, l’APEM terrà al Cairo una riunione straordinaria sulla questione.

I politici di entrambe le sponde del Mediterraneo che fanno parte dell’APEM vogliono contribuire a creare una pace duratura. Resta il fatto che l’Europa deve svolgere un ruolo più attivo all’interno di questo conflitto e deve assolutamente ripristinare l’assistenza finanziaria a favore dei palestinesi, come raccomanda la Banca mondiale nel suo ultimo rapporto.

Per quanto riguarda la creazione di zone di libero scambio, l’Europa e i suoi partner devono raddoppiare gli sforzi. L’Unione europea deve incoraggiare l’avvio di riforme nel sud attraverso un utilizzo efficace del nuovo strumento di vicinato e deve sostenere il Fondo euromediterraneo di investimento e partenariato (FEMIP) e la sua necessaria trasformazione in una vera banca di sviluppo dedicata al Mediterraneo. Dal canto loro, i paesi del sud devono partecipare appieno al partenariato e lavorare al rafforzamento dell’integrazione regionale al fine di creare una zona di prosperità reciprocamente vantaggiosa.

L’Unione europea e i suoi partner sono quindi chiamati ad agire se vogliono essere all’altezza della sfida di una liberalizzazione degli scambi commerciali ambiziosa ed efficace. Di conseguenza, l’Europa deve anche contribuire a ridurre una delle cause principali all’origine degli squilibri, ossia la disoccupazione nei paesi della sponda sud del Mediterraneo. Di fatto, ogni anno quattro milioni di giovani dei paesi del sud entrano nel mercato del lavoro senza trovare un impiego. Al tempo stesso, lo squilibrio commerciale a favore dell’Europa si attesta su diverse decine di miliardi di euro. Questa situazione peggiora di anno in anno; non corrisponde a una logica di libero scambio, è fonte di un crescente impoverimento ed è un elemento di insoddisfazione.

Per concludere, tutti insieme, dobbiamo rafforzare il dialogo tra le civiltà in una regione in cui esiste un’eccezionale ricchezza storica e umana. La questione culturale è indubbiamente la più importante, poiché è nel cuore degli uomini e delle donne che nascono i desideri di guerra o di pace.

 
  
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  Jamila Madeira (PSE). – (PT) Vorrei innanzi tutto ringraziare il collega Arif per l’esauriente relazione che ci ha presentato oggi, che apporterà un importante contributo a questo dibattito.

La cooperazione euromediterranea, nel suo approccio al Mediterraneo, deve sempre favorire la realizzazione degli Obiettivi di sviluppo del Millennio nel loro complesso. Come hanno affermato precedenti oratori, l’obiettivo della povertà zero non è un ideale utopistico, ma una meta alla nostra portata nella regione. In tale contesto, il principale obiettivo della proposta che, come vicepresidente della commissione per i problemi economici, presenterò a Tunisi il prossimo fine settimana, sarà la creazione di un piano specifico di ristrutturazione amministrativa, sociale ed economica che permetta di lottare efficacemente contro la povertà, in termini assoluti o relativi, nel Mediterraneo.

Il 2010 potrebbe segnare la realizzazione di una zona di prosperità condivisa da circa 750 milioni di cittadini proprio sulla nostra soglia. In realtà, la stabilità politica di quest’area è cruciale non solo per l’Unione europea, ma per il mondo intero. Conosciamo tutti le sensibilità dei diversi Stati membri su tali questioni e siamo altresì al corrente della responsabilità della Presidenza del Consiglio di tenere conto di tali sensibilità. Il Commissario Mandelson ha affermato proprio questo quando ha manifestato il suo indiscusso impegno quale rappresentante della Commissione.

Sappiamo anche, però, che senza un forte impegno tecnico e politico da parte della Commissione stessa, nessuna delle parti interessate darà il proprio contributo al riguardo. Come minimo, i piani d’azione che abbiamo negoziato resteranno lettera morta per tali attori, che ricorreranno a un approccio puramente individuale.

Signor Commissario, lo sviluppo di questa zona e la sua stabilità politica sono nelle nostre mani. E’ comunque evidente che dobbiamo adempiere il nostro ruolo assegnando nuovi strumenti sociali e finanziari, offrendo al microcredito un sostegno maggiore e assolutamente inequivocabile e mantenendo fede al nostro costante impegno riguardo al funzionamento di questo partenariato e ai cruciali accordi su cui poggia. Dobbiamo inequivocabilmente rispettare i nostri valori.

 
  
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  Ignasi Guardans Cambó (ALDE). – (ES) Signora Presidente, il processo di Barcellona ha lanciato un progetto estremamente ambizioso che, come illustra perfettamente questa relazione, deve ancora percorrere molta strada; infatti, presenta ancora diverse lacune. Senza dubbio, la creazione di una zona di libero scambio nel Mediterraneo era un corollario essenziale degli obiettivi fissati dal processo di Barcellona.

Dobbiamo congratularci per questa risoluzione e complimentarci con il suo autore perché ha saputo andare oltre le belle dichiarazioni politiche e formulare un’analisi realista, sensata e costruttiva della situazione reale e delle difficoltà con cui è confrontata. Spesso le nostre risoluzioni contengono troppe dichiarazioni fiorite; in questo caso non è così.

Tra tutte le questioni interessanti affrontate nella relazione, vorrei sottolinearne una in particolare: la necessità di rafforzare il commercio sud-sud, la necessità che la Commissione europea si impegni direttamente a intensificare gli scambi commerciali sud-sud. A tale proposito disponiamo dell’accordo di Agadir, che dobbiamo ampliare, ed è questa la base su cui è stato firmato, ma l’obiettivo specifico deve diventare il rafforzamento del commercio sud-sud, senza il quale sarà impossibile compiere progressi in tale direzione.

 
  
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  Edward McMillan-Scott (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, mi congratulo con il relatore per avere portato in Aula questa relazione.

La questione del commercio nel Mediterraneo è, com’è logico, estremamente importante e storica, e il Commissario ha giustamente riflettuto sulla dimensione generale delle nostre relazioni con la sponda meridionale del Mediterraneo. In realtà, trovo molto preoccupante che, come da lui osservato, l’accordo con l’Egitto sia appena stato siglato sullo sfondo di una notevole repressione nel paese, la più importante della regione.

A fine gennaio ho cercato di fare visita in carcere al dottor Ayman Nour, che è uno dei due parlamentari che si trovano attualmente detenuti al Cairo, nella stessa prigione. In un certo senso, questa situazione indica l’incapacità dell’Unione europea di rispettare i principi che dovremmo teoricamente rappresentare in quest’Aula. Dico questo perché, com’è stato rilevato, nel fine settimana si terrà una riunione dell’Assemblea parlamentare euromediterranea a Tunisi e, quale Vicepresidente del Parlamento europeo, ho il privilegio di lavorare al dossier in questione.

Uno degli elementi ai quali potremmo iniziare a pensare nel contesto di tale Assemblea è l’evoluzione di un parlamento più concreto. Sono il presidente di un gruppo di lavoro che si occupa del finanziamento e dell’organizzazione dell’APEM e alla riunione di Tunisi saranno effettivamente presentate proposte di riforma. Tuttavia, una delle aree in cui non siamo ancora riusciti a fare progressi è la questione della creazione di famiglie politiche in seno all’Assemblea in maniera da normalizzare il dibattito politico discostandoci dalle importanti, e nondimeno esistenziali, questioni mediorientali, verso le più mondane, e nondimeno terribilmente fondamentali, questioni degli scambi, dell’ambiente, del commercio, dei trasporti – molti degli innumerevoli problemi quotidiani dei quali, a mio avviso, ci dovremmo preoccupare negli sforzi congiunti che compiamo per dare senso alle nostre relazioni nel Mediterraneo.

In questa maniera potremmo iniziare ad attribuire una minore importanza ai partiti fondamentalisti islamici che sono attualmente oggetto di così tanta attenzione in quella parte del mondo.

 
  
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  Béatrice Patrie (PSE). – (FR) Signora Presidente, l’immigrazione è una questione difficile nel contesto del processo di Barcellona; è un fenomeno complesso che deve essere affrontato da ogni angolazione, non solo nell’ottica della sicurezza, argomento che viene sollevato troppo spesso.

Troppo spesso, infatti, è stata l’Europa a imporre i temi dell’agenda euromediterranea, accordando la precedenza, in una sorta di macedonia di tematiche, al terrorismo, alle armi di distruzione di massa, al traffico di stupefacenti e all’immigrazione. Non dobbiamo più seguire questo approccio: i flussi migratori e gli scambi di popolazione sono una necessità economica e una risorsa umana per i paesi ospitanti. A tale proposito, vorrei avanzare tre proposte. Dobbiamo aprire i canali di immigrazione legale e combattere i canali di immigrazione illegale, che sfruttano la povertà e creano una nuova forma di schiavitù moderna. Dobbiamo rafforzare la dimensione politica del partenariato perché la democrazia, il rispetto delle libertà fondamentali, la condizione delle donne e il buon governo offrano un notevole contributo allo sviluppo e permettano altresì di contenere la diffusione della povertà ad altre regioni.

Infine, è indispensabile stabilire una cooperazione operativa tra le autorità responsabili della gestione dei flussi migratori su entrambe le sponde del Mediterraneo e, a tale proposito, accolgo con favore l’iniziativa europea Frontex, che richiede un aumento delle risorse.

 
  
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  Francisco José Millán Mon (PPE-DE). – (ES) Signora Presidente, negli ultimi anni l’Unione europea ha prestato una speciale attenzione all’est del continente. Pensiamo ai Balcani, al quinto allargamento, ai cambiamenti politici in Ucraina e in Georgia o alle non sempre facili relazioni con la Russia. D’altro canto, spesso abbiamo avuto la tendenza a limitare le nostre discussioni sulle relazioni con il Mediterraneo al conflitto mediorientale. Tuttavia, dobbiamo prestare un’attenzione prioritaria all’intero bacino del Mediterraneo cercando di fare in modo che sia uno spazio di pace, prosperità, libertà e stabilità.

Stiamo parlando di paesi vicini, legati da molteplici e antiche relazioni agli Stati dell’Unione europea, paesi che hanno gravi problemi, quali ad esempio un insufficiente sviluppo democratico e istituzionale e una scarsa crescita economica, e che di conseguenza non sono in grado di fornire impiego a una popolazione di giovani sempre più vasta. Sono paesi di origine e transito dell’immigrazione illegale.

Ebbene, tutti questi problemi con cui sono confrontati i nostri vicini ora si ripercuotono sui paesi dell’Unione. Siamo interdipendenti. Per il bene di tutti, quindi, dobbiamo cooperare e incrementare le nostre relazioni economiche e commerciali, procedendo tra l’altro alla definitiva creazione di una zona di libero scambio.

I nostri vicini devono sapere effettuare anche importanti riforme per affrontare i loro problemi. L’immobilismo non porterà la stabilità. Sono necessarie riforme politiche, sociali ed economiche, anche per attrarre gli indispensabili investimenti esteri. A tal fine è necessario aumentare sostanzialmente il commercio sud-sud.

Purtroppo, il Vertice del 2005, che ha segnato i 10 anni del processo di Barcellona, è stata un’occasione mancata per dimostrare, soprattutto all’opinione pubblica dei paesi mediterranei, la necessità di cooperare con l’Unione europea. Il livello di rappresentanza dei paesi della sponda sud del Mediterraneo è stato deludente. Tuttavia, dobbiamo proseguire i nostri sforzi. I 12 miliardi di euro della politica europea di prossimità sono una cifra modesta in confronto ad altre somme erogate dal bilancio dell’Unione, anche alla luce delle enormi necessità dei vicini del sud. I loro cittadini trovano sempre più difficile rassegnarsi al contrasto tra la prosperità della vicina Europa e le gravi carenze di cui essi sono vittime.

In sintesi, le relazioni euromediterranee devono costituire una priorità per l’Unione europea. A giovarne saranno entrambe le parti.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MARTÍNEZ MARTÍNEZ
Vicepresidente

 
  
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  Panagiotis Beglitis (PSE). – (EL) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto congratularmi con l’onorevole Kader Arif per l’analisi e le proposte eccellenti contenute nella sua relazione.

Ovviamente, non dobbiamo adottare una visione manicheistica dei risultati del processo di Barcellona. Al contempo, però, dobbiamo essere onesti e realistici. Oggi, a dodici anni dalla Dichiarazione di Barcellona, credo che i risultati siano negativi e che, purtroppo, siamo ben lungi dall’aver realizzato gli obiettivi stabiliti nel novembre 1995.

Ritengo che oggi l’Unione europea non abbia una strategia mediterranea affidabile e integrata che le permetta di svolgere un ruolo di spicco in Medio Oriente e nel Maghreb e questo per un motivo ben preciso: il Commissario Mandelson ha affermato che la politica di prossimità è complementare alla politica euromediterranea dell’Unione europea. Deve permettermi di dissentire. A mio avviso una delle ragioni per cui la cooperazione euromediterranea non sta compiendo progressi e registra risultati negativi è esattamente questa politica europea di prossimità. Da partner strategici di paesi terzi mediterranei siamo diventati loro vicini. Stiamo passando da un partenariato strategico a una strategia di vicinato. Il problema non è solo semantico; si tratta infatti della fondamentale assenza politica dell’Unione europea dalla regione nel suo complesso.

Vorrei aggiungere un’altra osservazione: con la politica europea di prossimità abbiamo sostanzialmente cancellato la dimensione regionale, politica, economica e sociale della cooperazione euromediterranea e questo è un aspetto fondamentale per la presenza dell’Europa nella regione.

 
  
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  Simon Busuttil (PPE-DE). – (MT) Come ha giustamente affermato il Commissario Mandelson, il Mediterraneo rappresenta una sfida comune per tutti noi. Credo che il Commissario abbia colto nel segno quando ha dichiarato che, se non riconosciamo che ci troviamo dinanzi a una sfida comune, non possiamo nemmeno iniziare ad affrontare questa sfida e tanto meno vincerla.

Ritengo che la strategia che abbiamo seguito per costruire l’Europa debba valere anche per il Mediterraneo. Pertanto, dobbiamo rafforzare ulteriormente la cooperazione e l’integrazione economica, e poi il resto verrà da sé quasi automaticamente. Per rafforzare la cooperazione economica, dobbiamo ovviamente impegnarci di più a realizzare l’obiettivo della creazione di una zona di libero scambio entro il 2010. Logicamente, non possiamo limitarci a compiere sforzi nella realizzazione di una zona di libero scambio senza tenere conto delle conseguenze negative che potrebbe avere per vari settori, compresi i posti di lavoro e l’occupazione, la qualità della vita, lo sviluppo sociale e l’ambiente. Per ridurre al minimo queste conseguenze, dobbiamo assumere nuovi impegni, a livello sia finanziario sia di maggiore accessibilità verso i paesi mediterranei, ad esempio attraverso l’iniziativa della Banca mediterranea. Sostengo incondizionatamente tale iniziativa e mi auguro di assistere a sviluppi positivi in quest’area nel prossimo futuro. Con questa iniziativa non dovremmo limitarci a fornire un sostegno finanziario, ma inviare anche un importante messaggio politico.

Vi sono diverse altre questioni che non ho il tempo di approfondire, ma vorrei soffermarmi sull’immigrazione e le risorse idriche. Si sa che, senz’acqua, non può esserci vita, eppure in questo settore gli investimenti a lungo termine sono estremamente carenti. Inoltre, il miglioramento delle relazioni nel Mediterraneo richiede molta pazienza e perseveranza da parte nostra. Confido che, nonostante le sfide con cui siamo confrontati, riusciremo a costruire una zona di prosperità, nello stesso modo in cui abbiamo costruito l’Europa mattone su mattone dopo la guerra. Ora dobbiamo continuare a essere pazienti e a perseverare.

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE). – (MT) E’ vero che il processo di Barcellona era troppo ambizioso. Tuttavia, è anche vero che, per molti anni, non abbiamo accordato al Mediterraneo l’importanza che meritava. Ora sembra che, all’improvviso, si voglia recuperare il tempo perso, motivo per cui il progetto era probabilmente troppo ambizioso. Sono stato molto lieto di sentire la grande eloquenza con cui il Commissario Mandelson ha dipinto un quadro tanto positivo della situazione nel Mediterraneo, richiamando altresì l’attenzione su diversi fattori importanti, tra cui le esportazioni e il commercio.

Tuttavia, dalla lettura della relazione traspare un quadro molto diverso. Si registrano problemi in ogni settore: finanza, industria e sviluppo sono soltanto alcuni esempi. Tuttavia, vi sono indubbiamente questioni, come l’energia e l’immigrazione, che stiamo cercando di risolvere insieme, in modo tale da realizzare una convivenza più costruttiva. In conclusione, mi limiterò semplicemente a dire che senza dubbio la fiducia reciproca è fondamentale. Se la fiducia sarà reciproca su entrambe le sponde del Mediterraneo, potremo di certo iniziare a costruire, e continuare a farlo, sulla base degli elementi positivi che ci accomunano.

 
  
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  Gernot Erler, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signor Presidente, mi trovo nella fortunata posizione di non dovere utilizzare tutti i miei cinque minuti. Mi sembra di percepire un ampio consenso su questo punto – consenso sulla necessità di accogliere la relazione dell’onorevole Arif con grande rispetto e gratitudine – e, al tempo stesso, sono fermamente convinto che, se da un lato non esistono alternative al processo di Barcellona quale strumento per cercare di costruire uno spazio di pace e stabilità, dall’altro ritengo che esso, da solo, non possa realizzare tutte le azioni che è necessario compiere nella regione in materia di politica di pace, e che peraltro non sia questo il suo compito. Vorrei altresì sottolineare il grande lavoro svolto dalla Presidenza del Consiglio per la ripresa del formale processo di pace e il proseguimento dei negoziati nel quadro del Quartetto.

E’ emersa un’intesa generale anche sulla necessità di non abbandonare l’obiettivo di realizzare una “zona di libero scambio” entro il 2010, ma è proprio perché sarà possibile raggiungere questo obiettivo solo se in definitiva tale quadro di libero scambio si fonderà sulla capacità di competere che dobbiamo comprendere chiaramente quanto la politica europea di prossimità, con i suoi piani d’azione concreti, può essere importante e quanto può essere prezioso trasferire al processo di Barcellona l’esperienza maturata grazie a essa. E’ questa l’osservazione conclusiva che volevo formulare. In realtà, l’attuale Presidenza del Consiglio e la prossima, quella portoghese, lavorano a stretto contatto e, lungi dal voler mettere queste diverse regioni le une contro le altre, intendiamo, nelle nostre relazioni con il sud, sfruttare l’esperienza che abbiamo acquisito – e che continueremo ad acquisire – nell’Europa orientale, perché offrirà al processo di Barcellona la grande opportunità di compiere buoni progressi.

 
  
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  Peter Mandelson, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare tutti gli onorevoli deputati che sono intervenuti perché, con le loro osservazioni e i loro suggerimenti sulle relazioni euromediterranee, hanno dimostrato l’interesse e l’importanza che l’Assemblea attribuisce al partenariato e al suo futuro, come peraltro fa anche la Commissione.

Il dibattito ha ribadito l’importanza che la zona di libero scambio euromediterranea può avere, se attuata con moderazione, in particolare il suo potenziale nella promozione degli scambi nord-sud, ma anche sud-sud, come è stato evidenziato durante questo dibattito.

Nonostante le difficoltà e gli ostacoli incontrati dal processo di pace in Medio Oriente, il processo di Barcellona ha continuato a registrare progressi notevoli. Il protrarsi del conflitto non ha scalfito la nostra fiducia nella necessità del partenariato euromediterraneo e nella politica di vicinato. In seguito alla conferenza dei ministri degli Esteri tenutasi a Lussemburgo nel maggio 2005, siamo riusciti a giungere a conclusioni comuni in seno a tutti i vertici ministeriali euromediterranei. Questa è la dimostrazione di una volontà politica comune di procedere e di promuovere il processo di Barcellona.

Molti deputati hanno sollevato la questione della migrazione. Vorrei citare la riunione ministeriale Euromed sulla migrazione, prevista per novembre 2007. Questa riunione ministeriale deve concordare un piano d’azione comune sulle tre tematiche principali individuate: migrazione legale, migrazione illegale e sviluppo.

Quanto emerge nell’Africa settentrionale e in Medio Oriente riveste grande importanza per il futuro dell’Europa. Facciamo in modo che, laddove oggi esistono dubbi, domani si creino opportunità, basando il nostro partenariato sul rispetto, ribadendo il nostro impegno nei confronti di una regione che è sia nostra vicina sia strategicamente fondamentale per l’Europa e, infine, adoperandoci affinché alla politica faccia sempre seguito l’azione.

 
  
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  Presidente. – A conclusione della discussione, comunico d’aver ricevuto sette proposte di risoluzione(1) ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2, del Regolamento.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani, alle 12.00.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (NI), per iscritto. – L’idea della creazione di una zona di libero scambio (ZLS) rappresenta una reale opportunità di crescita per i Paesi dell’area mediterranea. Il rafforzamento del ruolo del Mediterraneo rappresenta di fatto uno dei principali obiettivi da perseguire da parte dell’intera comunità europea essendo quest’area al centro di un importante mix di culture differenti e di un forte interesse economico di scala mondiale.

In questo senso il vertice di Barcellona del 1995 ha generato un ambizioso quadro di cooperazione tra le due sponde del mediterraneo basandosi sul raggiungimento dei tre obiettivi principali per la creazione di uno spazio comune di prosperità attraverso

– il dialogo politico e la sicurezza;

– l’utilizzo di partenariato economico;

– la cooperazione in campo sociale, culturale e umano.

Per rendere efficace il suo intervento l’U.E. dovrebbe rafforzare l’assistenza tecnica e finanziaria sostenendo le realtà economiche di scala territoriale, creare un quadro di sviluppo economico e sociale di lungo termine, regolamentare l’area di libero scambio in modo da non creare squilibri nei differenti mercati del lavoro ed introdurre un Codice di Condotta applicabile alle imprese.

Creare sviluppo nel mediterraneo significa incoraggiare il dialogo tra culture diverse plasmando un sentimento di pace e di reciproca comprensione nel rispetto dei diritti umani.

 
  
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  Bogdan Golik (PSE), per iscritto. – (PL) Vorrei esprimere il mio sostegno all’idea del partenariato euromediterraneo e alla creazione di una zona di libero scambio euromediterranea entro il 2010, conformemente a quanto annunciato nella Dichiarazione di Barcellona. Quale membro della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, desidero richiamare l’attenzione su alcuni aspetti della liberalizzazione del commercio dei prodotti agricoli con i paesi euromediterranei. A mio parere, occorre aprire in maniera graduale e programmata i mercati tra l’Unione europea e la parte meridionale e orientale del Mediterraneo, e condurre individualmente e separatamente i negoziati sull’accesso ai mercati per ogni prodotto, tenendo conto delle caratteristiche specifiche del settore agricolo nei paesi euromediterranei. E’ importante garantire che prodotti sensibili come frutta e verdura, zucchero, alcol etilico e concentrato di pomodoro siano esclusi dalla liberalizzazione prevista. L’Unione europea deve anche fare in modo di mantenere la possibilità di invocare clausole di esclusione speciali che potrebbe utilizzare per contrastare eventuali minacce poste da un eccesso di importazioni a basso costo. E’ anche importante incoraggiare i paesi Euromed a migliorare la qualità dei prodotti esportati e a rispettare le norme fitosanitarie e di qualità imposte dall’UE.

 
  
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  Dominique Vlasto (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Il progetto di una zona di libero scambio euromediterranea è in ritardo e, pertanto, è improbabile che possa essere ultimato nel 2010. Tuttavia, è urgentemente necessario adottare iniziative in questa parte del mondo, in cui la presenza dell’Unione dovrebbe essere maggiore.

La nostra principale priorità deve essere, attraverso la politica europea di vicinato, l’adozione di un approccio più mirato, paese per paese. La globalità dell’approccio non deve essere determinata dall’interesse collettivo che riveste. Dobbiamo sviluppare una cooperazione su misura, in modo tale che ogni paese acquisti il sufficiente potere economico di cui deve essere dotato per partecipare alla zona di libero scambio. Questa cooperazione deve essere aperta alle autorità locali su entrambe le sponde del Mediterraneo, affinché sia possibile instaurare legami solidi a tutti i livelli politici.

Come secondo obiettivo dobbiamo stimolare gli scambi sud-sud, poiché continuano a essere inadeguati. A seguito di questi allargamenti, l’Unione ha acquisito un’esperienza unica, che può condividere con i paesi partner aiutandoli a prepararsi in aree chiave della loro transizione economica, come l’istruzione, la ricerca, la formazione, la preparazione degli attori economici e dei governi e il ravvicinamento delle legislazioni.

E’ soprattutto sostenendo la creazione di un autentico mercato comune mediterraneo che potremo realizzare la zona di libero scambio euromediterranea.

 
  

(1)Cfr. Processo verbale.

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