Indice 
 Precedente 
 Seguente 
 Testo integrale 
Ciclo di vita in Aula
Ciclo dei documenti :

Testi presentati :

RC-B6-0149/2007

Discussioni :

PV 25/04/2007 - 2
CRE 25/04/2007 - 2

Votazioni :

PV 25/04/2007 - 11.13
CRE 25/04/2007 - 11.13
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :


Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 25 aprile 2007 - Strasburgo Edizione GU

2. Relazioni transatlantiche (discussione)
Processo verbale
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulle relazioni transatlantiche.

 
  
MPphoto
 
 

  Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, come afferma la Strategia europea in materia di sicurezza, “agendo insieme, l’Unione europea e gli Stati Uniti possono costituire una forza formidabile per il bene del mondo”.

Il rafforzamento dell’azione comune transatlantica e delle nostre relazioni con gli Stati Uniti rappresenta una priorità della nostra Presidenza, sia nella sfera politica ed economica, sia nell’ambito della sicurezza energetica e della lotta ai cambiamenti climatici, e l’intenzione è che questo messaggio emerga dal Vertice UE-USA che si terrà a Washington il 30 aprile.

E’ positivo che abbiamo l’opportunità di discuterne qui oggi, pochi giorni prima del Vertice, cosicché dal Parlamento europeo possa emergere questo importante segnale.

Il Parlamento europeo sta svolgendo un ruolo attivo nelle relazioni transatlantiche, per fare solo un esempio anche attraverso il Dialogo transatlantico dei legislatori, che costituisce una parte significativa della rete di collegamenti bilaterali che stabiliscono legami attraverso l’Atlantico a molti diversi livelli, e desidero ringraziare espressamente lei, signor Presidente, e l’intero Parlamento europeo per questo impegno.

Gli Stati Uniti sono ancora il partner con il quale l’Unione europea intrattiene le relazioni più strette e più varie. Le relazioni transatlantiche si fondano su una solida base derivante da esperienze storiche comuni, interessi molto simili e, soprattutto, valori condivisi – libertà, democrazia, Stato di diritto e tolleranza. Tali esperienze hanno dimostrato che questa base, talvolta messa duramente alla prova, resiste comunque a molte sollecitazioni, ed è quindi tanto più importante un rinnovamento continuo delle relazioni transatlantiche che le renda adeguate per il futuro. A mio parere l’azione pratica comune è il modo più sostenibile per confermare l’importanza della cooperazione transatlantica, sia per il presente che per il futuro.

Il partenariato transatlantico non è limitato a questioni bilaterali, ha invece una forte dimensione globale. In quasi tutte le crisi – dall’Afghanistan all’Iran al Kosovo – i partner transatlantici si uniscono per cercare di trovare possibili soluzioni. Mentre siamo in larga misura d’accordo sulla nostra analisi dei pericoli e delle sfide chiave e sui nostri obiettivi strategici fondamentali, l’Unione europea e gli Stati Uniti hanno avuto, e hanno tuttora, posizioni divergenti sulle priorità, nonché su strumenti e metodi. E’ una situazione destinata a continuare e sarebbe irrealistico aspettarsi di essere sempre d’accordo.

Invece di ignorare le questioni difficili, ne discutiamo in un dialogo intenso con gli Stati Uniti, senza deviare dalla nostra posizione secondo cui le misure prese per combattere il terrorismo devono essere pienamente conformi ai nostri obblighi internazionali, ivi compresi la legislazione sui diritti umani e sui rifugiati nonché il diritto umanitario internazionale, e devono essere adottate sulla base dei nostri valori condivisi. Il Parlamento europeo ha preso ripetutamente una posizione molto chiara su questo punto e continueremo ad affrontare tali questioni nei colloqui con i nostri partner americani.

Quel che è essenziale è non permettere a tali questioni di dividerci, poiché una stretta cooperazione tra l’Unione europea e gli Stati Uniti è indispensabile per entrambe le parti, e anche questo messaggio deve emergere dall’imminente Vertice UE-USA del 30 aprile a Washington.

In tale occasione ci si concentrerà non solo su questioni politiche e di sicurezza, ma anche sul rafforzamento del commercio transatlantico e su una più stretta cooperazione sulla protezione del clima e sulla politica energetica.

A margine del Vertice, firmeremo l’accordo sul trasporto aereo tra Unione europea e Stati Uniti, che costituisce un ulteriore importante passo verso mercati transatlantici più liberalizzati, a beneficio sia dei cittadini che delle imprese.

Mi colpisce il fatto che anche la mobilità dei nostri cittadini rappresenti un fattore importante in questo ambito, perché, come sapete, i cittadini di 12 Stati dell’Unione europea hanno ancora l’obbligo del visto anche per brevi visite negli Stati Uniti. La Presidenza sta esortando gli Stati Uniti a concedere a tutti i cittadini dell’Unione europea di godere di quello che è noto come Programma di esenzione dall’obbligo del visto, e anche questo argomento sarà discusso durante il Vertice. E’ un aspetto che desidero ribadire a questo punto, poiché di recente è emerso un certo grado di irritazione in alcuni Stati membri che credevano che la Presidenza forse non fosse favorevole; insieme ai nostri successori alla Presidenza, vorrei sottolineare che senza dubbio vogliamo che tutti gli Stati membri siano inclusi nel Programma statunitense di esenzione dall’obbligo del visto.

Gli Stati Uniti e l’Unione europea sono già le aree economiche più strettamente intercollegate del mondo. Noi crediamo – e so che molti di voi la pensano allo stesso modo – che il nostro potenziale per la cooperazione economica sia lungi dall’essere esaurito. Approcci diversi alla regolamentazione nell’Unione e negli Stati Uniti generano costi di transazione non necessari, perciò è urgente un ulteriore abbattimento delle barriere non tariffarie al commercio. Per tale ragione vogliamo avvalerci del Vertice UE-USA come trampolino di lancio per un commercio transatlantico rafforzato. Al centro di questa iniziativa c’è un impegno politico reciproco ad approfondire la cooperazione allo scopo di realizzare una convergenza normativa, nonché collegamenti economici più stretti. Vogliamo inoltre cercare di usare questa iniziativa per ridare energia alla cooperazione su tutta una serie di fronti, per esempio in materia di condizioni di investimento, regolamentazione dei mercati finanziari, nuove tecnologie industriali e proprietà intellettuale.

Ci aspettiamo di riuscire a mettere insieme un pacchetto ambizioso che imprimerà uno slancio rinnovato.

Un aspetto che vorrei sottolineare è che questa iniziativa non è intrapresa in opposizione a sforzi multilaterali mirati ad agevolazioni commerciali; al contrario è intesa a completarli e a sostenere la conclusione positiva del Doha Round.

Altri temi del Vertice saranno la sicurezza energetica e il cambiamento climatico, che la Presidenza considera questioni chiave per il futuro in ambito transatlantico. Al Vertice di primavera dell’Unione europea, svoltosi l’8 e 9 marzo, abbiamo convenuto obiettivi di vasta portata per la protezione del clima e un piano d’azione sull’energia. Alla luce di queste decisioni, vogliamo avvalerci del Vertice UE-USA per sviluppare una cooperazione più stretta con gli Stati Uniti nei settori citati.

Non devo fare un particolare sforzo per ricordare all’Assemblea che, in questi ultimi anni e decenni, si sono registrate ricorrenti differenze di opinione tra l’Unione europea e gli Stati Uniti sulle questioni inerenti al cambiamento climatico, alcune delle quali sui punti fondamentali; sono nondimeno convinto che possiamo fare assegnamento sull’impressione che molte cose stanno cambiando negli Stati Uniti, in particolare per quanto riguarda la cooperazione nella ricerca e nella tecnologia, un settore in cui anche gli americani, infatti, sono molto interessati a rafforzare la cooperazione con l’Unione europea. Anche considerando che si tratta di un mercato importante per il futuro, dobbiamo puntare a unire le nostre energie e ad abbreviare radicalmente i cicli di innovazione relativi a nuovi processi e tecnologie, ed è nel nostro stesso interesse più intrinseco che i nostri partner transatlantici devono assumere un ruolo di guida. Dico questo anche pensando alla comunità della ricerca in Europa e all’influenza che il Parlamento europeo ha su di essa. Sono convinto che la sicurezza energetica e i cambiamenti climatici saranno fra i progetti transatlantici del XXI secolo.

La sicurezza e la prosperità in Europa e in America dipendono in misura fondamentale dallo sviluppo pacifico e stabile in tutto il mondo, perciò vogliamo avvalerci del Vertice UE-USA per mandare un segnale di massimo accordo possibile su questioni di politica estera e di sicurezza.

Nel conflitto in Medio Oriente, riproponendo il Quartetto, abbiamo riaperto la porta – sarò molto cauto su questo punto – a una soluzione, almeno in qualche misura. Nei nostri rapporti con l’Iran e i suoi partner nucleari, siamo riusciti a preservare il fronte unito presentato dalla comunità internazionale, che – ne sono convinto – è un requisito indispensabile per giungere a una soluzione concordata con l’Iran. Stiamo lavorando in stretta collaborazione con la NATO e gli Stati Uniti per la stabilizzazione civile e militare dell’Afghanistan, e vogliamo migliorare ulteriormente tale cooperazione, in special modo per quanto riguarda l’addestramento della polizia; lo stesso vale per la missione progettata in Kosovo nel quadro della PESD.

Queste sono soltanto alcune delle questioni internazionali sulle quali è necessaria una stretta cooperazione transatlantica.

Concluderei riferendomi ancora una volta alla Strategia europea in materia di sicurezza, in cui si afferma: “nessun paese è in grado, da solo, di affrontare i problemi complessi di oggi” – un’affermazione che vale sia per l’Unione europea che per gli Stati Uniti. Soltanto se saremo capaci di sfruttare l’influenza, l’esperienza e il potenziale di Europa e America e di mobilitare le loro forze e idee migliori, saremo in grado di trovare risposte vitali per il nostro futuro comune e per il futuro delle successive generazioni.

 
  
MPphoto
 
 

  Vladimír Špidla, Membro della Commissione. – (DE) Desidero innanzi tutto scusarmi per l’assenza del Commissario Ferrero-Waldner, che è dovuta andare al funerale dell’ex Presidente della Federazione russa Boris Eltsin.

Signor Presidente, onorevoli deputati, il Vertice UE-USA del 30 aprile è una nuova opportunità per rafforzare i nostri legami politici ed economici con gli Stati Uniti d’America. Mi soffermerò quindi brevemente sugli obiettivi di tale Vertice.

In primo luogo, lavoreremo verso una convergenza economica attraverso l’Atlantico, poiché, rappresentando il 40 per cento del volume degli scambi commerciali globali, le relazioni economiche tra gli Stati Uniti e l’Unione europea sono tra le più importanti del mondo, eppure hanno bisogno di un’iniezione di nuovo vigore politico, e l’eliminazione degli ostacoli al commercio e agli investimenti sarebbe un guadagno notevole per i nostri consumatori e imprenditori.

Per tale ragione la Commissione accoglie con favore l’iniziativa presa dal Cancelliere Merkel, che si è espressa chiaramente a favore di un nuovo e ambizioso partenariato economico tra l’Unione europea e gli Stati Uniti nel quale le istituzioni legislative e gli organi di regolamentazione dovranno svolgere il loro ruolo, mentre i partecipanti al Vertice eserciteranno importanti ruoli direttivi e di controllo.

Al Vertice delineeremo specifici settori strategici nei quali possiamo realizzare progressi sostenibili, comprendenti, tra l’altro, una cooperazione in ambito normativo su prodotti industriali, energia, innovazione, mercati finanziari e investimenti.

In secondo luogo, in politica estera esploreremo una serie di aree chiave in cui abbiamo un terreno comune con gli Stati Uniti, con i quali continueremo a cooperare strettamente per portare la stabilità, la prosperità e lo Stato di diritto in Kosovo e in Afghanistan.

Come membri del Quartetto per il Medio Oriente, l’Unione europea e gli Stati Uniti stanno lavorando insieme in modo costruttivo per ridare vita a un processo politico che coinvolga i capi di governo di Israele e Palestina, e la nostra volontà di negoziare con il governo di unità nazionale al fine di sostenerlo dipenderà non solo dalla sua politica, ma anche dal fatto che agisca o meno in concordanza con i principi del Quartetto.

La Commissione ha un ruolo particolare da svolgere nello sviluppo di un meccanismo internazionale di aiuto per il popolo palestinese, con gli obiettivi di sostenerlo e migliorare il modo in cui è governato.

Un altro evento di alto profilo al Vertice sarà la firma dell’accordo recentemente concluso, di portata storica, sull’apertura del mercato dell’aviazione civile tra l’Unione europea e gli Stati Uniti, che – su entrambe le sponde dell’Atlantico – produrrà benefici economici stimati a 12 miliardi di euro e creerà circa 80 000 nuovi posti di lavoro. Al tempo stesso ribadiremo il nostro impegno per la seconda fase dei negoziati su un accordo completo sui servizi di trasporto aereo, che incrementerà i benefici economici della liberalizzazione di questo importante settore.

I preparativi per il Vertice non sono ancora stati completati e tra le questioni centrali vi saranno i cambiamenti climatici e l’energia. Il nostro scopo è quello di convincere gli Stati Uniti a impegnarsi per una politica fondata su obiettivi quali un meccanismo di mercato e tecnologie pulite e su un approccio globale; gli sforzi europei a tal fine sono fondati sul consenso raggiunto al Consiglio europeo del 9 marzo 2007, secondo cui è necessaria un’azione globale da parte nostra per ridurre le emissioni di gas serra.

L’intenzione è che l’imminente riunione al Vertice veda un avanzamento della cooperazione europea con l’America in questo campo; spero che la dichiarazione che ne emergerà preparerà la strada all’adozione di posizioni non ambigue da parte del G8 e della conferenza dell’ONU sul clima che si svolgerà a Bali nel dicembre di quest’anno. Discuteremo anche questioni relative alla sicurezza e all’efficienza energetica e definiremo obiettivi comuni per lo sviluppo di tecnologie pulite e per la loro applicazione a breve e a medio termine.

Riguardo alla politica in materia di visti, al Vertice UE-USA chiederemo al Presidente Bush di spingere affinché tutti i cittadini dell’Unione europea siano autorizzati a entrare negli Stati Uniti senza visto, esattamente come i cittadini degli Stati Uniti non sono più obbligati a chiedere il visto per entrare nell’Unione europea; apprezzeremmo molto se gli Stati Uniti estendessero l’esenzione dall’obbligo del visto a tutti gli Stati membri dell’Unione europea, mettendo fine così alla discriminazione de facto ai danni di cittadini dell’UE.

Esorteremo altresì gli Stati Uniti ad accettare una soluzione per la trasmissione dei dati dei passeggeri delle compagnie aeree diretti negli Stati Uniti che soddisfi i requisiti più severi di protezione dei dati in un nuovo quadro che sostituisca le attuali disposizioni transitorie.

Rientra inoltre nella nostra agenda, ovviamente, sottolineare la necessità di una più stretta cooperazione nella lotta contro il terrorismo; in tale ottica faremo riferimento al nostro impegno di garantire che tali sforzi non contrastino con il nostro dovere di rispettare il diritto internazionale, poiché ciò è essenziale se vogliamo che le misure che adottiamo insieme in questo settore abbiano qualche credibilità.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Joseph Daul, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, signor Presidente in carica del Consiglio, onorevoli colleghi, sono nato sessant’anni fa in Alsazia e faccio parte di una generazione che può testimoniare, per esperienza, il grande debito degli europei nei confronti degli americani.

I legami transatlantici molto forti che uniscono i nostri due continenti si fondano su milioni di storie personali analoghe alla mia, e hanno contribuito a plasmare la nostra storia e i nostri valori comuni.

In occasione della recente celebrazione del cinquantesimo anniversario dei Trattati di Roma, il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei ha riconosciuto il ruolo chiave degli Stati Uniti nel gettare le basi di quella che sarebbe diventata l’Unione europea. Infatti, senza il sostegno del Piano Marshall, senza il ruolo decisivo svolto dagli Stati Uniti e dal Canada nel quadro della NATO, indubbiamente la ricostruzione dell’Europa non sarebbe stata possibile. Anche nei momenti difficili, abbiamo sempre creduto nell’importanza vitale del partenariato transatlantico, un partenariato fondato sul dialogo e sul rispetto.

In seno al Parlamento europeo, il nostro gruppo è il sostenitore più determinato di strette relazioni transatlantiche. Perciò ho auspicato che la prima visita al di fuori dell’Unione fosse a Washington. Il Parlamento europeo deve sviluppare legami più forti con il Congresso e l’amministrazione degli Stati Uniti per cooperare più a monte sugli argomenti di interesse comune. E io vorrei proporre, in questa sede, che il Presidente del Parlamento inviti la nuova Presidente della Camera dei rappresentanti a intervenire in seduta plenaria.

Sono stato felice di apprendere che, come noi, il Congresso americano ha costituito una commissione temporanea sul clima. Auspico che le due commissioni possano instaurare una stretta cooperazione.

Onorevoli colleghi, la creazione di un mercato comune transatlantico entro il 2015 è una delle nostre priorità. Dobbiamo ridurre il carico di normative, stimolare la concorrenza e armonizzare le norme tecniche sulle due sponde dell’Atlantico. Dotiamoci di una tabella di marcia vincolante, accompagnata da un calendario preciso con il 2015 come termine per il lancio di un mercato transatlantico senza barriere.

Il Parlamento europeo deve essere ampiamente coinvolto in questo processo, ma tra amici abbiamo anche il dovere di parlarci in tutta franchezza, anche esprimendo critiche.

Come osservò il Presidente Kennedy nel 1963, non dobbiamo ignorare le nostre differenze, ma dobbiamo anche interessarci dei mezzi per superarle. Desidero sottolineare anche la mia preoccupazione riguardo ai rischi che i controlli doganali più rigorosi da parte degli Stati Uniti si trasformino in barriere al commercio camuffate.

Dobbiamo mantenere la nostra vigilanza senza minare la lealtà degli scambi commerciali. Allo stesso modo, la legislazione statunitense sulla protezione dei dati personali lascia ancora emergere dubbi sul pieno rispetto della protezione della vita privata e delle libertà civili.

L’Europa è determinata a lottare contro il terrorismo e la criminalità organizzata, ma questa lotta deve essere fondata su basi giuridiche appropriate. Il rispetto dei diritti fondamentali non farà che rafforzare la nostra azione e la nostra influenza nel mondo.

Condividiamo anche l’impegno mirato a creare le condizioni per la stabilità, la pace e la prosperità nel vicinato dell’Unione europea. Abbiamo già cooperato in modo positivo in Bielorussia, in Ucraina e nel Kosovo. Tuttavia, dobbiamo agire anche in Africa. E’ un dovere morale e storico ridare speranza ai più poveri del pianeta.

Il genocidio nel Darfur o la dittatura nello Zimbabwe dimostrano che non siamo all’altezza delle sfide. Dobbiamo persuadere anche altre nazioni come la Cina, l’India, il Brasile e il Sudafrica a unirsi ai nostri sforzi nei paesi in via di sviluppo.

Inoltre, bisogna concludere l’accordo di sviluppo di Doha perché riguarda lo sviluppo per i paesi più poveri. L’Europa e gli Stati Uniti devono concludere al più presto un accordo globale.

Infine, il nostro gruppo crede nella possibilità di un mondo più sicuro. La proliferazione nucleare ha reso il mondo più pericoloso. Appoggiamo una soluzione negoziata sul programma nucleare iraniano. Europei e americani condividono radici comuni che hanno ampiamente plasmato il nostro mondo. Dobbiamo mantenere la nostra posizione in un mondo divenuto multipolare. Come disse Jean Monnet, insieme, gli americani e gli europei difendono una civiltà comune.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Jan Marinus Wiersma, a nome del gruppo PSE. – (NL) Signor Presidente, penso sia chiaro a tutti noi che a Washington è cambiato il vento: tira una nuova aria che sta aprendo nuove opportunità, anche per la cooperazione con l’Unione europea. Innanzi tutto, ovviamente, vi è la vittoria della maggioranza democratica in entrambe le Camere del Congresso, per cui ancora una volta desideriamo congratularci, ma vi sono anche cambiamenti percettibili nell’amministrazione Bush. Il tono è cambiato, e possiamo affermare che l’autorità del Dipartimento di Stato e di Condoleezza Rice è cresciuta enormemente. Si cerca una maggiore cooperazione, e su questo punto dobbiamo dimostrarci sensibili.

La settimana scorsa mi trovavo con la delegazione a Washington, dove è in corso un cambiamento tangibile. Prima di tutto, si registra un maggiore appoggio per qualcosa che è sempre stato molto importante per noi, vale a dire un efficace multilateralismo. C’è un appoggio crescente anche per la ricerca di cooperazione con l’Unione europea in questo settore. Si rendono conto che l’approccio adottato in Iraq è fallito e che occorre trovare altri modi di cooperare per affrontare i problemi legati alla sicurezza.

L’Afghanistan è citato da molti come esempio; a nostro parere, non c’è alcuna ragione per cui, nel contesto della NATO, l’Unione europea e i suoi Stati membri non possano unire le forze con gli americani in progetti che comprendono sia la sicurezza sia la ricostruzione. Di fatto, si sta svolgendo attualmente un dibattito proprio a quel livello sulla difesa missilistica. Mentre ci colpisce il fatto che si cerca di intensificare il dialogo con gli europei e i russi, rimaniamo critici sui risultati di questo processo.

Un altro importante punto che abbiamo sollevato è quello riguardante il conflitto in Medio Oriente. Vorremmo sottolineare ancora una volta – e speriamo che la Presidenza ne prenda nota – che dobbiamo fare in modo che il nuovo governo di unità nazionale in Palestina non sia abbandonato a se stesso, e dobbiamo cercare modi per sostenere questo nuovo sviluppo.

Un’altra cosa che ci ha colpiti è che i democratici, in particolare, stanno perseguendo una nuova agenda sociale per gli Stati Uniti in cui l’attenzione sia rivolta al problema dell’assistenza sanitaria, ma anche a Doha. Cosa possiamo fare insieme per assicurare che l’ambiente e le condizioni di lavoro abbiano una posizione di primo piano nei colloqui commerciali?

Vi sono anche, naturalmente, motivi di critica che abbiamo menzionato nel contesto delle consegne straordinarie e dei campi di prigionia segreti, ma anche riguardo agli accordi sulla protezione dei dati. Queste sono questioni che devono rimanere in primo piano. In ultima analisi, in fin dei conti, esiste un’importante agenda per la cooperazione, basata sui valori comuni che sono già stati menzionati.

Vorrei concludere con un punto minore, vale a dire che speriamo che la Presidenza possa mettere all’ordine del giorno del Vertice anche il caso Wolfowitz, se dovesse dimostrarsi necessario, perché a nostro parere, dato l’importante ruolo che la Banca mondiale deve svolgere nella lotta contro la corruzione, la sua posizione come direttore di tale istituzione è diventata indifendibile.

(Applausi a sinistra)

 
  
MPphoto
 
 

  Graham Watson, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, dopo l’11 settembre Le Monde annunciò: “Nous sommes tous Américains”. I tempi sono cambiati.

In campo economico, ambientale ed etico il governo degli Stati Uniti ha fatto a pezzi i valori per i quali l’America godeva del nostro rispetto. La sfida per gli Stati membri dell’Unione europea è quella di resistere alle mosse degli Stati Uniti verso l’unilateralismo, che si tratti di politica commerciale, di Kyoto o del rispetto del diritto internazionale. Questo richiederà un dialogo transatlantico franco, diretto e talvolta teso su questioni come il programma di esonero dall’obbligo del visto, l’estradizione e l’accordo “cieli aperti”, al quale sinora i nostri Stati membri hanno opposto resistenza. Effettivamente, il Presidente Bush riesce molto bene nel suo divide et impera dell’Europa, almeno quanto il Presidente Putin.

Questo Vertice è un’occasione per far emergere alcune verità spiacevoli. Eliminare le barriere normative e armonizzare gli standard tra i maggiori partner commerciali del mondo deve essere la nostra priorità. Comunque, non dovrebbe avvenire a spese dell’esito positivo del Doha Round prima della scadenza del mandato di Bush il 1o luglio.

Dobbiamo anche avvalerci del Vertice per imporre il riconoscimento della maggiore minaccia alla sicurezza dell’età moderna – il cambiamento climatico – e fare in modo che gli americani accettino di stabilizzare e ridurre le emissioni di gas serra. Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha discusso la questione per la prima volta la settimana scorsa, sottolineando la gravità della situazione.

Dobbiamo anche insistere, tuttavia, affinché l’amministrazione chiarisca la sua posizione riguardo alle accuse di tortura, prigioni segrete e consegne straordinarie nel quadro della guerra al terrorismo. Non solo è giusto, ma è l’unica cosa da fare per ripristinare la reputazione dell’America.

A lungo termine, soltanto un controllo democratico più ampio cui partecipino il Parlamento europeo, il Congresso e il Senato degli Stati Uniti, magari nel quadro di un sistema transatlantico di tipo Schengen, può rafforzare le nostre relazioni strategiche e impedire il limbo giuridico che stiamo sperimentando con i dati di identificazione dei passeggeri o con le operazioni di pagamento SWIFT.

Il successo della guerra al terrorismo dipende dall’equilibrio tra libertà e sicurezza, senza sacrificare le nostre libertà civili.

Il disordine in Iraq è la prova di quello che accade quando non troviamo tale equilibrio. Gli Stati Uniti e l’Unione europea dovrebbero aiutare a riparare il danno e dimostrare solidarietà ai due milioni di rifugiati iracheni. Gli americani hanno accolto esattamente 466 rifugiati iracheni dal 2003 a oggi. Noi sappiamo che non vogliono riconoscere una fuga di rifugiati, che sarebbe un sintomo del loro fallimento, ma abbiamo bisogno di un bilancio chiaro ed esauriente per gli aiuti e di un accordo sulla condivisione degli oneri relativi alle richieste di asilo.

Infine, i nostri negoziatori non devono avere timore di prendere l’iniziativa. Paul Wolfowitz ha minato l’autorità morale della Banca mondiale. Il nostro messaggio a loro deve essere che è ora che se ne vada.

In conclusione, devo a un poeta americano, Ralph Waldo Emerson, il pensiero che non esiste la storia ma solo la biografia. I leader dell’Europa dovrebbero ricordare che saranno giudicati come individui per il coraggio che dimostreranno a Washington.

 
  
MPphoto
 
 

  Angelika Beer, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, domani adotteremo, congiuntamente e unanimemente, una risoluzione che condanna la brutalità con cui sono stati trattati i dimostranti dalle forze armate russe, e ci aspettiamo che anche durante il Vertice UE-USA si parli in termini altrettanto chiari. Sì, naturalmente vogliamo nuove relazioni economiche e rapporti transatlantici più forti e rinnovati, ma essi devono fondarsi su valori inequivocabili, i valori democratici che l’Unione europea si è impegnata a difendere.

Dopo Guantánamo, dopo la tortura e il rapimento di persone innocenti, c’è bisogno di gettare un ponte, e quale altro ponte possiamo gettare se non spingere l’amministrazione degli Stati Uniti ad adottare in futuro una politica guidata da principi democratici? Quando parliamo di una moratoria sulla pena di morte – come abbiamo fatto in queste ultime settimane e faremo ancora in futuro – ne parliamo non solo per salvare potenziali vittime in Iran, ma anche nell’aspettativa che gli americani vi aderiscano.

Quando parliamo della guerra al terrorismo, ci aspettiamo analogamente che siano ridefiniti da ogni parte i valori fondamentali e che sia esteso il controllo parlamentare, non solo nei parlamenti nazionali ma anche in questo Parlamento, poiché ciò che abbiamo visto accadere è qualcosa che non possiamo accettare come reale lotta contro il terrorismo, perché in quel modo riduciamo le libertà fondamentali per l’Europa, per i cittadini e per le società.

Per quanto riguarda l’Afghanistan e il Kosovo, esorto entrambe le parti a non limitarsi ai bei discorsi sul cambiamento di strategia in Afghanistan, ma a metterlo in pratica; l’operazione Enduring Freedom non ha più alcuna ragione giuridica e deve essere modificata, ma anche noi europei dobbiamo destinare maggiori risorse finanziarie per rendere possibile uno sviluppo pacifico in Afghanistan, specificamente nella lotta contro la droga, nell’educare e sostenere i cittadini democratici di quel paese e le donne in particolare.

Lo stesso vale per il Kosovo: non possiamo aspettare che siano gli americani a sbrogliare la situazione per noi. Ancora una volta faccio appello all’Unione europea e ai ministri degli Esteri perché ora diano al Kosovo la sua indipendenza, affinché possa evitare un’altra guerra.

Per quanto riguarda l’Iran, è ora di abbandonare l’idea del cambiamento di regime alla quale Bush è ancora legato; insieme ai negoziati, è l’unico modo per prevenire la prossima guerra, e spero che l’Unione europea si impegni inequivocabilmente a tal fine.

 
  
MPphoto
 
 

  Francis Wurtz, a nome del gruppo GUE/NGL. – (FR) Signor Presidente, che cosa ci riserva esattamente il partenariato economico transatlantico?

Secondo la signora Merkel, non si tratterebbe né di libero scambio né di mercato comune, bensì di regolamentazione dei mercati, di protezione dei brevetti, di armonizzazione delle regole e di cooperazione mirata a migliorare la governance economica mondiale. Il suo Segretario di Stato Würmeling è stato più diretto dichiarando che l’obiettivo è quello di procedere verso un mercato transatlantico senza barriere. Del resto, la stessa Cancelliere Merkel ha lasciato intendere che l’esperienza del mercato unico europeo potrebbe servire da modello a questo nuovo spazio.

Vi devo ricordare la definizione che dava di questo mercato unico il Commissario competente in materia McCreevy? Come lui ha osservato, il mercato unico “è di gran lunga l’esercizio di deregolamentazione più spinto della storia recente dell’Europa”. Dunque è questo esperimento ciò che si vorrebbe estendere su scala transatlantica?

La domanda merita di essere posta tanto più che questo progetto ha già una storia tumultuosa. Nel marzo 1998 il Commissario Leon Brittan, allora figura di primo piano dell’Europa liberale, aveva lanciato il progetto del New Transatlantic Market, ricalcato sul modello dell’accordo nordamericano di libero scambio, il NAFTA. Parallelamente si negoziava in gran segreto all’OCSE il progetto di Accordo multilaterale sugli investimenti, il MAI, che mirava già a individuare qualsiasi atto legislativo percepito dagli investitori come un ostacolo alle loro operazioni finanziarie sempre più tentacolari.

I due progetti hanno suscitato nell’opinione europea un tale scalpore che hanno dovuto essere abbandonati. In seguito, però, alcune lobby, come il Dialogo transatlantico tra le imprese, hanno continuato a riproporre questo progetto strategico sotto una nuova forma. L’adozione, l’anno scorso, delle norme contabili americane e, più recentemente, l’acquisizione delle borse europee Euronext da parte del New York Stock Exchange si inseriscono in questa tendenza inquietante.

Lontano dall’immagine della cooperazione costruttiva che ci viene venduta, si tratta piuttosto di un fronte fondamentale nella battaglia sulla concezione del futuro dell’Europa. Sono in gioco al tempo stesso il modello europeo di società e la sua identità democratica. Ricordo che la relazione adottata a questo proposito lo scorso giugno dal nostro Parlamento si rammaricava del fatto “che le relazioni UE-USA sono notevolmente messe in ombra dal conflitto politico e molto spesso sono caratterizzate da retorica”.

Dovremo forse tacere, in nome dei valori comuni del Dialogo transatlantico tra le imprese, sulla guerra in Iraq o su Guantánamo? Sulla pena di morte o sul Tribunale penale internazionale? Su Kyoto o gli OGM? Sui dati personali, sulla questione SWIFT o sui voli della CIA? Mentre si è avviato il processo che dovrà condurre a un nuovo Trattato europeo, la natura delle relazioni tra l’Unione europea e gli Stati Uniti costituisce una sfida cruciale che bisognerà affrontare nella massima chiarezza.

 
  
MPphoto
 
 

  Godfrey Bloom, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, nel tempo molto breve che mi è concesso vorrei fare un paio di osservazioni, magari pronunciando qualche parola di cautela. In questi ultimi due anni ho visto che qui c’è una sorta di mania per una politica dei gesti, che è invece qualcosa che dobbiamo essere estremamente attenti a evitare nelle nostre relazioni con gli Stati Uniti d’America. L’impatto della legislazione, per esempio, è assolutamente globale. Tutto quello che facciamo ha una dimensione globale. La crescita più massiccia del PIL è sulle coste del Pacifico, in India e in Cina, oltre ad altre regioni del Pacifico e al Giappone, perciò dobbiamo guardarci bene dal rompere i ponti quando trattiamo con gli Stati Uniti, che hanno anche un considerevole elemento protezionistico nella loro società. Come sanno gli inglesi, gli Stati Uniti sono il maggiore partner commerciale e di investimenti del Regno Unito ormai da parecchi anni. E’ una vergogna che gli inglesi siano stati costretti, contro la loro volontà, ad abbandonare la misura imperiale, che ovviamente condividiamo con gli Stati Uniti e che ci ha dato un particolare vantaggio in quel paese. Comunque, per questo aspetto dovremo attendere un altro giorno.

 
  
MPphoto
 
 

  Frank Vanhecke, a nome del gruppo ITS. – (NL) Signor Presidente, condivido la speranza di molti in questa Assemblea che il Vertice del 30 aprile e il nuovo partenariato transatlantico si rivelino un successo, anche se dovremmo aggiungere, ovviamente, che il nuovo partenariato deve fondarsi sulla reciprocità e sul rispetto di interessi fondamentali reciproci. Di conseguenza, gli americani e i loro diplomatici dovranno imparare, per esempio, che la Turchia non è un paese europeo e non può diventare uno Stato membro dell’Unione europea, indipendentemente dagli interessi americani in tale questione.

Le nostre relazioni commerciali con gli Stati Uniti saranno l’argomento dei colloqui che si svolgeranno a Washington ad aprile, quando si discuterà di energia e cambiamenti climatici, ma io la considero anche un’occasione per pensare maggiormente alla lotta comune che dobbiamo condurre contro il terrorismo internazionale e in particolare contro l’incombente fondamentalismo islamico. Non dimentichiamo che questa lotta riguarda i valori occidentali che condividiamo, e che sono proprio questi valori occidentali che il fondamentalismo islamico e il terrorismo hanno nel mirino. Questo è un aspetto che spesso è trascurato, anche dal Parlamento.

La politica estera degli Stati Uniti molto spesso è criticabile, ma la parzialità con cui il Parlamento europeo sovente muove le sue critiche non è molto costruttiva. Le attività unilaterali della commissione temporanea sulle attività della CIA in Europa e le conclusioni altrettanto unilaterali alle quali è giunta, nonché la questione dei dati personali, spiccano come esempi. Qualunque cosa facciamo, non dobbiamo sbagliarci nell’identificare il nostro nemico. Nonostante i numerosi malintesi e le opinioni diverse che possiamo avere, è bene ricordarci del fatto che gli Stati Uniti non sono un nemico, ma un alleato.

 
  
MPphoto
 
 

  Brian Crowley, thar ceann an Ghrúpa UEN. – A Uachtaráin, tá an gaol eacnamaíochta idir an tAontas Eorpach agus Meiriceá ar an ngaol eacnamaíochta is tábhachtaí ar domhan. Is dhá chóras pholaitiúla sinn, le haidhm láidir a chinntíonn caomhnú agus cur chun cinn an daonlathais ar fud an domhain. Bíonn ár naimhde ag iarraidh aird a tharraingt ar an difríocht pholaitiúil atá idir an dá réimeas. Ní mór dóibh cuimhneamh, áfach, go bhfuil i bhfad níos mó nithe comónta eadrainn ná mar atá difríochtaí.

(EN) In particolare, quando consideriamo i legami esistenti tra Europa e Stati Uniti in relazione all’azione che possiamo svolgere sulla scena globale, è ancor più importante andare avanti ora, nonostante le difficoltà e le divergenze che abbiamo avuto in passato.

Basta pensare a ciò che accade nel mondo. In Afghanistan dobbiamo lavorare con gli Stati Uniti non solo per assicurare una stabilizzazione della situazione, non solo nell’interesse del paese stesso, ma anche perché il 90 per cento dell’eroina usata in Europa al momento proviene dall’Afghanistan. Analogamente, nell’America del sud dobbiamo agire congiuntamente affinché si possano individuare colture alternative per i contadini, dato che da quella regione provengono enormi quantità di cocaina.

Se consideriamo il Darfur, in particolare, vediamo che la comunità internazionale non agisce né reagisce al genocidio in atto nel paese. E’ nostro dovere di europei coinvolgere gli Stati Uniti al fine di intraprendere un’azione ulteriore e più forte. Analogamente, visto che oggi celebriamo la giornata mondiale della malaria, le azioni che possiamo intraprendere collettivamente sono di gran lunga più vaste di quelle che possiamo avviare individualmente.

Più importanti di tutte sono, comunque, le azioni nel settore del commercio mondiale, per garantire una società più equa e giusta per tutti. Invito la Commissione e altri in questa sede a non rescindere più i nostri accordi con altri paesi al fine di proteggere e assistere i più poveri del mondo. Ciò che possiamo realizzare insieme è superiore a quanto ci divide, e in tal modo possiamo superare le nostre differenze politiche su questioni minori.

 
  
MPphoto
 
 

  Roger Helmer (NI).(EN) Signor Presidente, qui al Parlamento europeo amiamo vantarci delle nostre credenziali di stampo ecologista e criticare gli Stati Uniti e il Presidente Bush per il loro vandalismo ambientale. Dopo tutto, noi abbiamo firmato il Protocollo di Kyoto e loro no.

Fermiamoci un attimo e verifichiamo come stanno le cose in realtà. Di fatto, gli Stati Uniti hanno firmato il Protocollo di Kyoto ma non lo hanno ratificato. Qui in Europa l’abbiamo ratificato, ma non lo stiamo applicando. Nonostante la Commissione abbia passato gli ultimi dieci anni a cercare di truccare le cifre di riferimento del Protocollo, sembra che forse soltanto due Stati membri realizzeranno davvero i loro obiettivi di Kyoto.

Noi diciamo che gli Stati Uniti sono il maggiore inquinatore del mondo, ma soltanto perché costituiscono la più grande economia del mondo. Da quando esiste il Protocollo di Kyoto, la tendenza degli Stati Uniti in merito alle emissioni di CO2 è stata migliore della nostra! Ripeto, per l’onorevole Watson, che in questi ultimi anni la tendenza degli Stati Uniti per quanto riguarda le emissioni è stata migliore rispetto all’Unione europea. L’intensità energetica dell’economia statunitense è simile alla nostra e, sulla base delle tendenze attuali, sarà più ecologica di quella dell’Europa entro il 2010. Gli Stati Uniti hanno un vasto programma riguardante i biocarburanti. Stanno investendo in tecnologia verde e il loro partenariato AP6 coinvolge Cina e India, senza le quali nessun programma globale può riuscire. Il Commissario Špidla chiede agli Stati Uniti di adottare un approccio globale, ma l’hanno già fatto.

E’ ora che in questo Parlamento abbandoniamo le nostre pose moralistiche e cominciamo a trattare il nostro alleato americano con un po’ più di cortesia e di rispetto.

 
  
MPphoto
 
 

  José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra (PPE-DE).(ES) Signor Presidente, credo che sia importante sfrondare dall’ideologia questa discussione sulle relazioni transatlantiche.

Non so se, come afferma la risoluzione comune negoziata, siano necessarie le dimissioni del Presidente della Banca mondiale, ma quello che mi sembra importante è che l’Unione europea inizi a sviluppare le sue posizioni strategiche e diventi un attore maturo sulla scena internazionale. So che il Commissario Ferrero-Waldner dedica tutti i suoi sforzi – che non sono pochi – a questo obiettivo.

Ritengo che questo non debba farci dimenticare che il vincolo transatlantico non è scritto nel codice genetico dell’Unione europea, che sono stati gli Stati Uniti – forse per le nostre incapacità – i garanti della sicurezza in Europa e che, attualmente, in materia di sicurezza, non c’è alternativa al vincolo transatlantico.

Signor Presidente, credo che, se vogliamo che l’Unione europea diventi una potenza europea, ciò non si possa fare contro gli Stati Uniti, bensì con gli Stati Uniti, come due soci che si rispettano, che condividono una serie di valori e che hanno una stessa visione del mondo.

Naturalmente, questo non significa che si debba firmare un assegno in bianco, e l’Unione europea deve affermare i suoi principi sul tema della pena di morte, sul tema del Tribunale penale internazionale, sul tema del Protocollo di Kyoto e sul tema delle leggi con effetto extraterritoriale.

Questo significa anche che gli Stati Uniti devono imparare a rispettare l’Unione europea, che oggi è un fattore di stabilità nel mondo e svolge un ruolo fondamentale esercitando la sua influenza in molte regioni.

In questo Emiciclo, signor Presidente, il Commissario Patten disse in un’occasione che, affinché l’Unione Europea potesse raggiungere i suoi obiettivi e i suoi propositi – e tra questi uno dei più importanti è il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali in tutte le regioni del pianeta –, era imprescindibile la collaborazione degli Stati Uniti, così come gli obiettivi degli Stati Uniti si sarebbero potuti raggiungere solo con la cooperazione con l’Unione europea.

Se l’Unione europea e gli Stati Uniti lavoreranno insieme, miglioreranno nel mondo la prosperità, la stabilità e la sicurezza, signor Presidente, e credo che questi siano gli obiettivi ai quali deve contribuire e per i quali deve cooperare questo Vertice transatlantico.

 
  
MPphoto
 
 

  Poul Nyrup Rasmussen (PSE).(EN) Signor Presidente, ringrazio il Commissario e il Presidente in carica del Consiglio Gloser per le loro dichiarazioni sulle relazioni tra Unione europea e Stati Uniti.

Mi sembra che l’umore e la strategia degli Stati Uniti stiano gradualmente e provvisoriamente cambiando dall’unilateralismo al multilateralismo. Appena sei giorni fa, con l’onorevole Wiersma, il vicepresidente del nostro gruppo, e altri colleghi ci siamo recati in visita al Congresso e al Senato degli Stati Uniti, ed è molto evidente che il clima sta cambiando. Questo offre una nuova opportunità per l’Unione europea.

Ho tre riflessioni da condividere con voi. In primo luogo, penso che un requisito indispensabile per il progresso dei negoziati dell’OMC è che incorporiamo in qualche modo l’agenda per il lavoro dignitoso. Ammettiamolo: non è possibile ottenere nuovi e sostanziali progressi senza di essa.

In secondo luogo, è ora di comprendere che i mercati finanziari e i recenti sviluppi relativi agli hedge fund e a fondi di private equity molto grandi e potenti non sono pienamente compatibili con gli obiettivi di Lisbona e le nostre necessità a lungo termine di investimento e finanziamento. Questa osservazione non è solo europea, ma viene sempre più spesso anche dal partito democratico, che detiene la maggioranza nel Congresso e nel Senato degli Stati Uniti. Noi speriamo quindi che questo segnale risulti chiaro e che la questione sia discussa durante l’imminente riunione del G8 a Heiligendamm.

In terzo luogo, riguardo al Medio Oriente non dobbiamo essere ingenui e aspettarci cambiamenti importanti nella politica americana nelle prossime due settimane. Comunque, varrebbe la pena migliorare il nostro dialogo con i nostri amici e colleghi americani e insistere sull’appoggio al governo di unità palestinese. Se tale governo fallisce, chi ne uscirà vincente sarà Hamas, e nessuno vuole questo.

(Applausi a sinistra)

 
  
MPphoto
 
 

  Sarah Ludford (ALDE).(EN) Signor Presidente, durante una visita parlamentare a Washington la settimana scorsa abbiamo appreso di più sul gruppo di contatto di alto livello sulla sicurezza rispetto a quanto sapevamo a Bruxelles. Meno male che negli Stati Uniti esiste la cultura della libertà d’informazione! Abbiamo anche appreso delle discussioni transatlantiche rinnovate fra funzionari sulla base giuridica per le consegne straordinarie. I membri del Congresso e i deputati al Parlamento europeo devono essere non solo informati, ma anche coinvolti in tale dibattito.

Le tattiche della guerra globale al terrorismo hanno fallito, secondo il capo dell’antiterrorismo di Scotland Yard, il quale ieri ha detto che Al-Qaeda non solo è sopravvissuta a sei anni di attacchi, ma ha acquistato nuovo slancio.

Certamente dobbiamo cercare di creare uno spazio comune transatlantico per quanto riguarda la giustizia e i trasporti in cui vi sia la massima condivisione di informazioni. Dobbiamo anche insistere, comunque, su massime garanzie e massimo rispetto per i diritti fondamentali. Se le informazioni condivise sono basate su profili dubbi o esercizi di estrazione di dati, o se sono contaminate dalla tortura, che valore hanno? Come ha detto uno dei funzionari a Washington con quello stile americano così fresco e diretto, “Garbage in, garbage out”: se inserisci dati errati, avrai risultati inattendibili. Il danno potenziale ai diritti individuali è enorme.

Dobbiamo avere più cooperazione tra il Congresso degli Stati Uniti e il Parlamento europeo al fine di attuare la responsabilità democratica e l’obiettivo auspicato di una zona transatlantica di tipo Schengen.

 
  
MPphoto
 
 

  Konrad Szymański (UEN). – (PL) Signor Presidente, di tutti i più importanti problemi politici ed economici dell’Europa non ce n’è neanche uno che possa essere risolto senza il dialogo e la cooperazione con gli Stati Uniti. Solamente un mercato comune euro-atlantico può metterci in condizione di competere con la Cina e l’India. Soltanto la cooperazione UE-USA contribuirà al successo nell’arginare la minaccia alla nostra sicurezza posta dall’Iran, che oggi è la maggiore minaccia alla pace nel mondo, essendo una potenza nucleare e un nemico giurato della civiltà occidentale. Soltanto insieme riusciremo a fermare la Corea dall’aggressione incontrollata. E, con le dovute proporzioni, soltanto insieme riusciremo a frenare la Russia dall’abuso della sua forza militare e in campo energetico in Europa e nei paesi vicini. Oggi abbiamo l’opportunità di agire con maggiore pragmatismo. Non è solo questione di un cambio di governo a Washington, ma anche a Parigi e Berlino. Io vivo nella speranza che otterremo un esito positivo e che l’identità europea non sarà mai più ridotta a un confronto meschino, falso e pericoloso con gli Stati Uniti di fronte a minacce così serie alla nostra sicurezza e ai nostri valori.

 
  
MPphoto
 
 

  Johannes Voggenhuber (Verts/ALE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, il partenariato è basato sul rispetto reciproco, in primo luogo per le leggi e per i valori condivisi di entrambe le parti. Non poche delle invocazioni all’armonia transatlantica nella presente discussione di oggi causerebbero, senza dubbio, agli austriaci grande stupore e grave sconcerto.

L’opinione pubblica in Austria è occupata e turbata da due fatti. Un’importante banca è stata acquisita da un fondo americano e, da un giorno all’altro, è stata costretta a liberarsi dei suoi clienti cubani – senza preavviso e unicamente per la loro nazionalità, il che è contrario al diritto internazionale, al diritto europeo e al diritto penale austriaco. Ora una grande impresa di minerali sarà costretta a interrompere i propri contatti commerciali con l’Iran – e anche questo è contrario al diritto austriaco, europeo e internazionale.

Sono assai stupito che tale questione cruciale non sia stata menzionata nella presente discussione. Se i nostri partner riconoscono il nostro ordinamento giuridico e i nostri valori, abbiamo un partenariato; diversamente, si tratta di un rapporto tra padrone e servitore. La reazione della Commissione a questi due eventi in Austria, che hanno ricevuto molta pubblicità e hanno suscitato grande inquietudine, non fa nulla per migliorare la fiducia dell’opinione pubblica nella sua capacità e volontà di difendere e applicare il diritto europeo, eppure il partenariato si fonda su questo.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Miguel Portas (GUE/NGL).(PT) Signor Presidente, in un quartiere di Bagdad l’esercito statunitense sta costruendo un muro che, in nome della sicurezza, dividerà il popolo iracheno. Lo sta facendo nonostante le proteste degli abitanti del quartiere e le critiche del Primo Ministro iracheno. L’amministrazione Bush adora i muri: li costruisce in Iraq, in Palestina e al suo confine con il Messico. Il punto di vista europeo deve essere diverso. Il muro caduto a Berlino deve essere l’ultimo.

Le relazioni euro-atlantiche dovrebbero quindi occupare un posto più rilevante nell’agenda politica. Per l’Europa del liberalismo economico, politica significa affari, anche se il deprezzamento del dollaro, il dumping ambientale praticato da un paese che non ha ratificato il Protocollo di Kyoto e lo squilibrio tra i diritti sociali dimostrano il pericolo di abbattere ciecamente le barriere alla circolazione dei capitali in un mondo di muri.

 
  
MPphoto
 
 

  Bastiaan Belder (IND/DEM).(NL) Signor Presidente, oggi l’Unione europea e gli Stati Uniti sono alla pari per quanto riguarda le immense questioni della politica mondiale. Prima di tutto, c’è il pericolo del terrorismo islamico in agguato a ogni angolo. La cosa più ovvia sarebbe affrontare congiuntamente le minacce comuni. Tuttavia, non è facile e da anni non viene fatto all’interno delle relazioni transatlantiche, e sarebbe troppo facile puntare il dito accusatore europeo verso l’America. Molto spesso, all’interno dell’Unione europea si fanno sentire stereotipi antiamericani che rischiano di paralizzare la cooperazione transatlantica. Teniamo presente che il punto in questione è niente di meno che una strategia essenziale di sopravvivenza.

Perciò vorrei augurare al Consiglio e alla Commissione ogni successo nel creare un clima di lavoro transatlantico favorevole. Questo sforzo da parte nostra sfida l’idea americana che vede gli europei come esotici e ingovernabili. L’unione delle forze transatlantiche produrrà in ogni caso relazioni di lavoro costruttive e questa, dopo tutto, è sicuramente la posta in gioco in ogni Vertice transatlantico.

 
  
MPphoto
 
 

  Andreas Mölzer (ITS).(DE) Signor Presidente, prima dell’invasione dell’Iraq, l’Europa aveva avuto l’opportunità di sganciarsi dall’equivoco rimorchio degli Stati Uniti e ritagliarsi un ruolo indipendente come mediatore motivato dalla ragione, e anche successivamente, in occasione dell’affare dei voli, delle prigioni segrete e dei casi di tortura ad opera della CIA, avremmo dovuto prendere chiaramente le distanze dalle attività della banda di George Bush, inumane e contrarie al diritto internazionale, e avremmo dovuto denunciarle invece di far pagare ai contribuenti europei per le politiche belligeranti degli americani.

Imporre, come è in progetto, sanzioni più severe all’Iran, significherebbe ancora una volta da parte nostra obbedire ciecamente agli ordini di Washington, il che sicuramente indurrebbe il mondo islamico a percepirci come nemici ancor più di adesso, come risulta evidente dagli atti terroristici precedenti e dalle recenti minacce contro la Germania e l’Austria. Senza dubbio nella speranza di fare andar bene il Vertice UE-USA, abbandoniamo senza pensarci due volte la posizione di mediatore, che abbiamo cercato di mantenere con un arduo lavoro, scrivendo la parola fine per la nostra politica estera indipendente e propositiva.

Molto spesso gli americani hanno dimostrato che nutrono scarso interesse per l’Unione europea come partner e che preferirebbero vederla indebolita da un eccessivo allargamento, da problemi interni e da zone calde di crisi ai suoi confini – il che è proprio ciò che accadrebbe come risultato dell’adesione della Turchia. L’idea è che le controversie renderebbero l’Unione europea impotente, ed è proprio qui che si inseriscono i sistemi antimissili in progetto.

Le potenze politiche non hanno amici, ma solo interessi. Gli americani stanno cercando di mettere al sicuro i propri interessi, spietatamente e anche a spese degli europei, che si suppone siano loro amici.

 
  
MPphoto
 
 

  Jana Bobošíková (NI).(CS) Signor Presidente, sostengo pienamente l’accordo sul partenariato economico tra l’Unione e gli Stati Uniti.

Norme e regole comuni per l’industria e la finanza non solo semplificano il commercio, ma fanno anche risparmiare miliardi di dollari e di euro. Mi sembra che l’esenzione dall’obbligo del visto per i cittadini dell’Unione europea sia una parte ovvia di tale accordo.

Le relazioni transatlantiche, comunque, non possono essere ristrette ai visti e al commercio. Dobbiamo presentare approcci diversi per risolvere insieme la situazione in Iraq e lavorare insieme per sviluppare fonti di energia non inquinanti che consentano uno sviluppo durevole e sostenibile.

Onorevoli colleghi, credo fermamente che sia finita l’epoca di seria rivalità tra l’Unione europea e gli Stati Uniti. Porci in conflitto dopo che abbiamo costruito una base comune sui valori condivisi di libertà, democrazia, diritti umani e Stato di diritto non porta alcun valore aggiunto ai cittadini europei.

A mio parere, una priorità ben più incalzante è una risposta congiunta alla sfida posta da India e Cina, che stanno cominciando a superarci in termini di sviluppo economico e politico. Queste potenze si basano su valori ambientali e sociali diversi dai nostri. L’Unione europea e gli Stati Uniti hanno sistemi sociali costruiti sulla base dell’esperienza passata.

Ci aspetta il difficile compito di assicurare che la competitività del nostro modello culturale condiviso e il tenore di vita dei nostri cittadini siano sostenuti a lungo termine e non vengano diminuiti. Mi sembra quindi che la più grande sfida che attende le relazioni transatlantiche sia quella di difendere la posizione della cultura più all’avanguardia sul pianeta. Grazie.

 
  
MPphoto
 
 

  Charles Tannock (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, il prossimo Vertice UE-USA si dimostrerà d’importanza storica e sostengo appieno l’iniziativa della Presidenza tedesca per un partenariato economico esteso tra l’Unione europea e gli Stati Uniti, che attualmente rappresenta circa il 40 per cento del commercio mondiale, e in particolare l’ambizioso obiettivo del Cancelliere Merkel di un mercato transatlantico senza barriere entro il 2015 attraverso il riconoscimento reciproco delle stesse norme per varie industrie e servizi, in particolare nel settore finanziario.

Qualcuno in quest’Aula la definirebbe deplorevolmente una “rivalità” transatlantica piuttosto che un “partenariato”, perché considera l’Unione in competizione con gli Stati Uniti. Se davvero fosse così, l’America sarebbe nettamente vincente. Le sane prospettive a lungo termine della sua economia liberista sono in netto contrasto con il graduale declino dell’Unione europea in un mare di eccessiva regolamentazione, al quale dobbiamo porre rimedio prima che sia troppo tardi. Le relazioni UE-USA, come le relazioni UE-India – e a questo proposito sono molto lieto della visita al nostro Parlamento, più tardi in mattinata, del Presidente dell’India Kalam – sono un partenariato costruito sui nostri valori comuni di democrazia, diritti umani, libertà e sicurezza.

Sulla scena mondiale dovremmo essere grati agli Stati Uniti per essere disposti a sostenere un carico sproporzionatamente grande nella lotta contro il terrorismo globale, per la loro intransigenza di fronte all’acquisizione da parte dell’Iran di una bomba nucleare, che ora esige una risposta analoga dai governi dell’Unione europea. Gli Stati Uniti hanno preso l’iniziativa di chiedere l’imposizione di sanzioni al Sudan in relazione al genocidio nel Darfur e hanno contrastato le esportazioni di armi in Cina. L’America sta anche contribuendo a rendere l’Europa più sicura attraverso il suo spiegamento di missili e scudi antimissile, e ora sta lavorando con l’Unione per difendere i principi del Quartetto per una pace durevole arabo-israeliana. Il suo impegno con paesi come Georgia, Moldova, Bielorussia e Ucraina nel tentativo di risolvere conflitti congelati è altresì molto apprezzato.

Infine, insieme dobbiamo esortare la Russia a comportarsi in modo affidabile come fornitore di energia e a mantenere i suoi impegni per la democrazia e i diritti umani.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. McMILLAN-SCOTT
Vicepresidente

 
  
MPphoto
 
 

  Erika Mann (PSE).(DE) Signor Presidente, vorrei soffermarmi soltanto su alcuni aspetti attinenti all’idea del mercato transatlantico. Spesso, ascoltando i deputati di questa Assemblea, si ha l’impressione che le relazioni tra Europa e Stati Uniti siano notevolmente tese, con l’aspettativa di una frustrazione permanente da una parte e di un costante entusiasmo dall’altra; ma questa non è una base solida per un partenariato. Abbiamo bisogno di un sano realismo, e vorrei quindi congratularmi con la Presidenza tedesca del Consiglio per avere accolto l’idea del mercato transatlantico, che il Parlamento aveva presentato in numerose risoluzioni, e, nel corso di molti anni, per aver svolto un grande lavoro con gli americani e anche, chiaramente, con varie Presidenze del Consiglio e con la Commissione. Desidero quindi ringraziare tutti coloro che hanno partecipato a tale lavoro.

E’ di questo sano realismo che avremo bisogno in futuro, insieme a un modello, un ambiente normativo, nel quale possa essere migliorata la cooperazione economica tra le due parti, nel quale possiamo lavorare insieme in maggior misura e guardare insieme al futuro; tuttavia, l’obiettivo di tale processo non è l’uniformità, bensì che le due aree economiche e le due società continuino a svilupparsi lungo linee autarchiche. Il futuro porterà controversie tra noi, ma ciò dipende intrinsecamente dal fatto che non costituiamo un unico spazio economico, ma abbiamo differenze in molti settori. Tuttavia, abbiamo bisogno di questo sano pragmatismo, e spero che le future Presidenze del Consiglio e la Commissione si diano da fare e si sforzino di coltivarlo in molti settori.

E’ altresì chiaro che non si tratta solo di economia; questo modello ha ripetutamente ricevuto sostegno in molti dialoghi su temi che variano dalla protezione dei consumatori ai sindacati, ed è sostenuto ampiamente da tutta la società. Aggiungerei che è semplicemente ragionevole che i deputati al Parlamento europeo siano coinvolti nel lavoro di cooperazione, la qual cosa è, peraltro, indispensabile se vogliamo sviluppare un modello adeguato per il futuro. Non credo vi sia alcun motivo che giustifichi la preoccupazione espressa da alcuni colleghi secondo cui i paesi in via di sviluppo potrebbero esserne danneggiati; tale idea è assurda, perché, al contrario, tramite la cooperazione li aiuteremo, invece di dividerli.

 
  
MPphoto
 
 

  Sophia in ’t Veld (ALDE).(NL) Signor Presidente, l’Unione europea ha ragione a criticare il metodo applicato dall’amministrazione Bush nella lotta contro il terrorismo, ma questo non è un segno di antiamericanismo come inducono a pensare alcune aspre critiche, vane e di cattivo gusto, fatte in quest’Aula, perché la critica all’amministrazione di Bush e al modo in cui calpesta i diritti umani è di gran lunga più forte negli stessi Stati Uniti che qui in Europa. Comunque, non è sufficiente lamentarsi degli Stati Uniti che impongono la loro politica all’Europa o esprimere la nostra disapprovazione a tale riguardo. Invece di lamentarsi, l’Unione europea dovrebbe decidersi a parlare con una sola voce, perché soltanto così possiamo far prevalere i nostri principi. Dobbiamo essere un partner forte e credibile nel dialogo con gli Stati Uniti, perché protestare con 27 voci stridule non farà nessuna impressione. Vorrei richiamare la vostra attenzione sul fatto che sono gli stessi Stati Uniti, e non gli europei, ad aver denunciato gli scandali delle consegne straordinarie della CIA, lo scandalo SWIFT, le intercettazioni telefoniche illegali, o il cattivo uso da parte dell’FBI delle Lettere di sicurezza nazionali.

Infine, sono favorevole a unire le forze con gli americani, a condizione che ciò non avvenga all’interno di piccoli gruppi antidemocratici dediti ad attività di spionaggio, di cui è un esempio il gruppo di contatto di alto livello, ma semplicemente seguendo procedure democratiche.

 
  
MPphoto
 
 

  Mario Borghezio (UEN). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Presidenza tedesca ha apportato un clima migliorato nelle relazioni transatlantiche e un fortissimo impegno contro il terrorismo. Tutto questo contrasta, ad esempio, con la politica di uno Stato membro, vale a dire la politica estera del governo Prodi-D’Alema, una politica ambigua, pericolosissima e forse addirittura suicida. Un governo che è amico degli Hezbollah e che dialoga con Hamas, per non parlare del sostegno dato a Chávez e a Morales, nonché dell’ambigua trattativa condotta con i talebani per la liberazione di un giornalista. Tutto ciò contrasta con il miglioramento delle relazioni transatlantiche e rende ambigua anche la politica europea.

Io credo che l’Europa dei popoli che noi cerchiamo di rappresentare non voglia certo la sudditanza nei confronti degli Stati Uniti in tutti i campi, per esempio per quanto riguarda gli OGM, la politica commerciale e il dossier della Turchia, sul quale invitiamo gli Stati Uniti a riflettere maggiormente. Penso invece che le relazioni dell’Europa con gli Stati Uniti vadano inserite nell’ambito di una politica di piena solidarietà, fiducia reciproca e lealtà, secondo la visione di Edmund Burke, perché quello che ci lega sono i valori profondi con l’America profonda, vera e reale, che è ancorata alla sua tradizione, ai suoi valori storici e religiosi e culturali.

 
  
MPphoto
 
 

  Georgios Karatzaferis (IND/DEM). (EL) Signor Presidente, non molto tempo fa Bush, riferendosi direttamente all’Europa, ha detto: “Chi non è con me è contro di me”. Neanche Hitler aveva detto una cosa simile.

Adesso dimentichiamo le parole di questo ricattatore e gli corriamo dietro implorandolo di concederci la sua cooperazione? Il Congresso ha votato una risoluzione simile a nostro favore? E’ possibile che abbiamo dimenticato la condotta di questa persona e di questa nazione con i suoi voli segreti sull’Europa? Che tipo di cooperazione stiamo cercando per l’industria e l’economia europea, se l’America è spietata? Le nostre industrie si attengono alle normative di Kyoto, mentre quelle americane non le rispettano. Come potrà esservi cooperazione? Come potrà esservi cooperazione quando noi abbiamo una valuta “costosa” e non possiamo esportare nulla, mentre gli americani possono farlo?

Se vogliamo realizzare la cooperazione, in un ambiente commerciale transatlantico, dobbiamo ragguagliare le due valute. Non possiamo permetterci questo lusso. Soltanto i prodotti statunitensi sono venduti in tutto il mondo. Se davvero vogliamo vedere realizzati i sogni dell’Europa, cioè libertà, democrazia e relazioni internazionali, dovremmo chiedere le dimissioni di Wolfowitz e di Bush.

 
  
MPphoto
 
 

  Jonathan Evans (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, come presidente del Dialogo transatlantico dei legislatori (TLD), martedì della settimana scorsa ho avuto l’onore di guidare la delegazione del Parlamento nella missione di riferire al Congresso a Washington riguardo ai risultati raggiunti dalla commissione temporanea sul presunto utilizzo di paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegale di prigionieri. Abbiamo ricevuto una risposta forte dal presidente del sottocomitato per le organizzazioni internazionali Delahunt, rappresentante del Massachusetts al Congresso, che non solo ci ha dato il suo appoggio, ma ha anche ringraziato il Parlamento per il lavoro svolto sulla questione.

Era la prima volta che si svolgeva una riunione di tal genere, in questo caso della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni sotto l’egida del TLD e nella sede del Congresso. Come ha detto il nostro relatore, l’onorevole Fava, ai colleghi americani, grande merito va al Congresso perché è stato il primo organo parlamentare a chiedere alla commissione del Parlamento di condividere e discutere i risultati della sua inchiesta. Le nostre critiche sono state dirette anche a governi europei e parlamenti nazionali, che sinora non hanno seguito l’esempio del Congresso.

Come ho detto al Congresso, siamo alleati che condividono valori comuni di libertà, democrazia e Stato di diritto, ma nel promuovere questi valori altrove nel mondo dobbiamo fare in modo che siano rispettati nei nostri stessi paesi. Io spero che questa iniziativa del Congresso, sotto l’egida del TLD, sarà ripresa da altre commissioni del Parlamento europeo nelle settimane e nei mesi a venire.

Questo fine settimana guiderò una piccola delegazione del Parlamento, che sarà a Washington per discussioni di alto livello a margine del Vertice UE-USA di lunedì. So che il Consiglio e la Commissione reputano prioritario migliorare significativamente la profondità e la regolarità del dialogo tra legislatori transatlantici. In preparazione del Vertice sono emerse numerose idee; dovremo aspettare fino a lunedì per vedere quante di esse avranno successo. Ma è cruciale che la dichiarazione del Vertice esprima chiaramente la necessità di un dialogo più intenso.

Concludo osservando che è degno di nota che i tre presidenti Barroso, Bush e Merkel terranno una conferenza informativa formale con il Dialogo transatlantico delle imprese e con amministratori delegati di imprese mondiali, ma non hanno ancora previsto una riunione con i legislatori degli Stati Uniti e dell’UE. Spero che rimedieranno a questa omissione nei futuri vertici.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – Buona fortuna per la sua delegazione, onorevole Evans.

 
  
MPphoto
 
 

  Hannes Swoboda (PSE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, ricordo bene uno dei primi discorsi del Presidente Barroso, in cui disse che dovevamo trattare con gli Stati Uniti da pari a pari, e penso che ciò sia assolutamente giusto. C’è bisogno di un partenariato economico. Sono pienamente favorevole alla creazione di un mercato comune che riconosca le norme internazionali generalmente accettate, come quelle dell’OMC.

Quello che non è accettabile, tuttavia – e vi si è già accennato – è che l’America, o in ogni caso l’amministrazione Bush, cerchi talvolta, e di recente con più frequenza, di aggirare le risoluzioni delle Nazioni Unite e altre regole esercitando pressioni sulle imprese europee e dicendo loro come comportarsi.

Si è già accennato a un caso specifico di questo comportamento in Austria, dove i nuovi proprietari della BAWAG, un’importante banca austriaca, sono costretti a interrompere tutte le operazioni commerciali con cittadini cubani, il che è scandaloso: non spetta al governo americano decidere come le banche europee devono condurre i loro affari, come non spetta a noi imporre decisioni simili alle loro omologhe americane. Mi aspetto pertanto che la Commissione o il Consiglio facciano chiaramente sentire la loro voce su questo punto.

Di fatto ho avuto una risposta perfettamente chiara dalla Commissione su un’altra questione collegata, ma la risposta giunta dal Segretariato del Consiglio è stata piuttosto vaga. Qui serve una posizione chiara e non ambigua in modo da non soffiare sul fuoco dell’antiamericanismo, ma da mantenere invece relazioni buone e corrette tra l’Europa e l’America.

Potrei aggiungere che a mio parere Wolfowitz dovrebbe ritirarsi; coloro che lottano contro la corruzione non possono avere scheletri negli armadi, e questa è un’altra cosa che l’Unione europea e gli Stati Uniti devono risolvere congiuntamente.

(Applausi a sinistra)

 
  
MPphoto
 
 

  Anneli Jäätteenmäki (ALDE).(FI) Signor Presidente, è positivo che si riconosca su entrambe le sponde dell’Atlantico che occorre ricostruire i ponti della cooperazione. Valori comuni e una storia condivisa sono rimasti sinora la base delle relazioni transatlantiche. Dobbiamo riconoscere, comunque, che non possiamo sopravvivere soltanto grazie agli elogi e ai conseguimenti passati.

Durante e dopo la Seconda guerra mondiale eravamo uniti da una visione comune dei diritti umani. Oggi penso che dobbiamo chiedere cosa è accaduto a quella visione comune. Se vogliamo vincere la lotta contro il terrorismo non dovremmo sacrificare i diritti e le libertà fondamentali dei cittadini, e spero che anche questo punto sia discusso al Vertice.

Le elezioni del Congresso tenute l’autunno scorso hanno annunciato un clima nuovo, e la proposta di invitare Nancy Pelosi a parlare qui al Parlamento europeo vale la pena, a mio parere, di essere sostenuta, nell’ottica di rafforzare i ponti della cooperazione tra il Parlamento europeo e il Congresso.

 
  
MPphoto
 
 

  Miloslav Ransdorf (GUE/NGL).(CS) Grazie, signor Presidente. La situazione attuale in Iraq dimostra che aveva ragione il pensatore statunitense Santayana quando disse che coloro che non imparano dalla storia sono condannati a ripeterla.

Quando si trattò di attaccare l’Iraq, alcuni paesi come la Francia, la Germania e il Belgio rifiutarono di avere alcuna parte all’impresa. Il ministro della Difesa Rumsfeld all’epoca distinse tra nuova e vecchia Europa e guardò di mal occhio paesi come la Francia e la Germania. In realtà, i paesi che hanno sostenuto l’attacco all’Iraq erano i paesi della vecchia Europa. Erano i paesi che di fatto aderivano alle tradizioni delle guerre coloniali e all’arroganza del potere.

Mi sembra che la nuova Europa sia basata su idee di tolleranza, dialogo e comprensione reciproca tra civiltà, senza perdere di vista i grandi conseguimenti del nostro continente. Mi sembra che se oggi l’Unione europea è la voce della ragione e della dignità umana nel mondo, possiamo sperare che anche gli Stati Uniti si alleeranno alla voce della ragione e della dignità umana dopo le prossime elezioni presidenziali.

 
  
MPphoto
 
 

  Paul Marie Coûteaux (IND/DEM).(FR) Signor Presidente, ciò che sentiamo da questa mattina sulle cosiddette relazioni transatlantiche – espressione molto fallace perché le nostre capitali intrattengono relazioni molto varie con gli Stati Uniti – non ci rassicura.

In realtà, questa espressione nasconde senza riuscirci una relazione di subordinazione che, per di più, mi sembra stia aumentando. Cediamo su tutto. Che si tratti della trasmissione di dati personali per diversi motivi, che si tratti di queste stupefacenti rinunce alla sovranità, vergognose per tutta l’Europa, che sono le prigioni segrete della CIA e altri affari di questo genere, troppo presto dimenticati, che si tratti della nostra compiacenza ad accettare l’espressione stessa “comunità internazionale”, che non significa altro che la coorte dell’impero e dei suoi complici, o ancora che si tratti in generale del posto, del resto troppo misconosciuto, che occupa l’ambasciata degli Stati Uniti negli organi centrali dell’Unione, queste relazioni celano senza riuscirci interessi diversi, principi diversi, visioni del mondo diverse.

Invito gli Stati membri a mostrare nei confronti di Washington, come la Francia tenta di fare, anche se con risultati incerti, un po’ più di dignità e di spirito di indipendenza per il bene di tutta l’Europa.

 
  
MPphoto
 
 

  Alexander Radwan (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, parlo oggi in particolare a nome della commissione per i problemi economici e monetari e sul tema dei mercati finanziari, in cui noi europei siamo già coinvolti, da molto tempo, in una rete internazionale, e transatlantica, di relazioni. Perciò, avendo esperienza pratica di tali questioni, parlerò anche di un progetto di cooperazione economica che coinvolge l’Europa e l’America e che noi accogliamo con favore e sosteniamo.

In particolare per quanto concerne la legislazione, abbiamo alcune riserve e qualche esperienza, che potrei sintetizzare menzionando Basilea II e AFAS; vorrei rivolgere le mie osservazioni in particolare al Consiglio, poiché posso dire al Ministro Gloser che dobbiamo assicurarci, nell’affrontare questo tema, che le prerogative del Parlamento europeo e i diritti dell’Europa siano trattati alla pari con quelli degli americani quando si tratta di stabilire le regole, poiché ciò che è accaduto con Basilea II era che gli americani alla fine hanno deciso di non attuare il pacchetto.

Dobbiamo anche considerare la questione della normativa, di quale normativa è applicata e dove; c’è bisogno che citi Sarbanes-Oxley? In più occasioni abbiamo sollevato con la Commissione le conseguenze dell’incursione del newest stock exchange in Euronext. Le normative saranno americane? Sinora la Commissione ha detto che a decidere della questione sarà il mercato dei capitali.

La BAWAG ci dà un esempio contemporaneo di come la normativa americana intervenga direttamente nel mercato europeo allo scopo di sganciarlo dalle regole europee, e la Commissione deve affermare in modo chiaro e inequivocabile la propria opposizione e chiedere spiegazioni. Lo stesso vale ovviamente, Presidente Gloser, per il Consiglio, e le ricorderei il caso SWIFT: anche in quel caso la normativa europea è stata costretta a piegarsi a quella americana.

Esorto la Commissione a fare finalmente qualcosa sugli hedge fund, dove si sta verificando un’invasione americana, e se ne sta discutendo a livello nazionale. Si tratta di un problema globale, in espansione; la Commissione mantiene un silenzio assoluto sull’argomento e il Commissario responsabile dice regolarmente: “il mercato è così”.

Quando si uniscono sforzi cooperativi internazionali, è particolarmente importante evitare di erodere il controllo parlamentare, e dicendo questo penso in particolare al Consiglio. Penso alle discussioni di comitatologia e ai comportamenti antidemocratici dei ministeri degli Esteri in Europa quando insisto perché il Parlamento sia consultato a tempo debito sui futuri progetti di questo genere, invece di essere informato del fatto compiuto.

 
  
MPphoto
 
 

  Martine Roure (PSE).(FR) Signor Presidente, la settimana scorsa la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni ha inviato una delegazione, che si è rivelata molto utile, per affrontare le questioni dell’esenzione dall’obbligo del visto e della protezione dei dati, anche riguardo al negoziato di un accordo sul PNR e ai problemi posti da SWIFT. E’ deplorevole che, per ottenere risposte alle domande che avevamo posto senza risultato alle nostre Istituzioni, siamo dovuti andare a Washington.

Per il Parlamento europeo, è indispensabile distinguere i negoziati sul programma di esenzione dall’obbligo del visto da quelli sul PNR. Gli Stati esclusi dell’esenzione del visto subiscono un ricatto. Su questi due argomenti, non è accettabile alcun negoziato bilaterale; possono essere considerati solo accordi a livello di Unione europea. I cittadini statunitensi sono protetti dalla legislazione europea in materia di protezione dei dati, ma la legislazione degli Stati Uniti esclude gli europei e non consente loro alcun ricorso.

Dunque, a mio parere, l’Europa deve proporre un negoziato per un accordo globale sullo scambio e la protezione dei dati personali con gli Stati Uniti. Abbiamo il dovere di proteggere i dati dei nostri cittadini.

 
  
MPphoto
 
 

  Jerzy Buzek (PPE-DE).(PL) Signor Presidente, oggi gli Stati membri dell’Unione europea oscillano tra due estremi: o un atteggiamento freddo e distante verso gli Stati Uniti, o un totale sostegno che ignora gli interessi europei. Nessuno dei due costituisce l’atteggiamento corretto. La risposta all’eterna domanda – più concorrenza o più collaborazione con gli Stati Uniti? – è chiara. Nel mondo odierno, una cooperazione informata e saggia è l’unica opzione possibile sia per gli Stati Uniti che per l’Unione europea.

Cominciamo con una cooperazione chiara e completa nel settore commerciale e nella tecnologia. Non c’è nessun bisogno di ripetere ricerche che siano già state fatte sulla sponda opposta dell’Atlantico – noi siamo più avanzati per quanto riguarda le energie rinnovabili, per esempio, e gli Stati Uniti nelle tecnologie pulite per l’uso del carbone.

Apriamo completamente i nostri mercati gli uni agli altri e allo scambio di tecnologie. Collaboriamo più ampiamente nel settimo programma quadro europeo e nella National Science Foundation americana. Smettiamo di competere così caparbiamente per i mercati del petrolio e del gas. Accordiamoci per agire insieme. La diversificazione è importante per entrambi i lati dell’Atlantico.

 
  
MPphoto
 
 

  Andrzej Jan Szejna (PSE).(PL) Signor Presidente, le relazioni tra due importanti potenze mondiali come gli Stati Uniti e l’Unione europea hanno sempre suscitato molta partecipazione non solo a causa del loro effetto sull’ordine internazionale, ma anche a causa della loro complessità e della gamma di questioni su cui influiscono.

Tutte le questioni sollevate nella risoluzione dovrebbero essere considerate importanti e dovrebbero essere discusse estesamente al prossimo Vertice. Il coinvolgimento di entrambi i partner nella cooperazione per rafforzare il mercato transatlantico è un aspetto molto positivo. Sono altresì d’accordo che queste relazioni hanno bisogno di nuovo slancio, e un modo per ottenerlo sarebbe aggiornare la nuova agenda.

Viviamo in un momento di enorme aumento della concorrenza internazionale ad opera di paesi come la Cina, l’India e la Russia. Per questa ragione migliorare la nostra cooperazione commerciale stabilendo una metodologia comune ed evitando discrepanze giuridiche è negli interessi dello sviluppo economico sia dell’Unione che degli Stati Uniti.

Vorrei anche richiamare l’attenzione su quello che è attualmente un punto morto importante nelle relazioni UE-USA: lo scudo di difesa missilistica. Dobbiamo stabilire pubblicamente se la questione dello scudo di difesa missilistica non debba essere soggetta a una decisione politica comune tra la NATO e l’Unione europea nel quadro di una politica estera e di sicurezza comune. Mentre sono d’accordo che dobbiamo sostenere gli Stati Uniti nella loro lotta contro il terrorismo e nella protezione della sicurezza mondiale, ciò non significa che dobbiamo permettere l’emergere di nuove linee di divisione in Europa. E tali divisioni continuano a operare all’interno dell’Unione europea, per esempio nel regime dei visti. I cittadini dei nuovi Stati membri e della Grecia sono ancora discriminati quando si tratta di entrare negli Stati Uniti. Chiedo che siano rispettati i principi di cooperazione leale e di non discriminazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Bogdan Klich (PPE-DE).(PL) Signor Presidente, da molti anni ormai chiediamo che gli Stati Uniti aboliscano le restrizioni in materia di visti per i cittadini di alcuni Stati membri. Tuttavia, l’assenza di progressi ha suscitato una comprensibile frustrazione nei paesi interessati, tra i quali la Polonia. La politica statunitense in materia di visti non dovrebbe creare cittadini di prima e seconda classe in Europa permettendo a un gruppo di entrare negli Stati Uniti senza visto, mentre altri sono costretti a mettersi pazientemente in coda per ottenere il visto d’ingresso.

Dallo scorso dicembre, gli Stati Uniti dimostrano, comunque, una disponibilità ad apportare modifiche al Programma di esenzione dall’obbligo del visto. L’abbiamo sentito sia dal Campidoglio sia dai Dipartimenti di Stato e di Sicurezza. Dobbiamo cogliere questa occasione ed esortare gli Stati Uniti al prossimo Vertice ad agire concretamente per esonerare dall’obbligo del visto tutti i cittadini dell’Unione europea. Invito la Presidenza e la Commissione a compiere questo passo. Al tempo stesso dobbiamo assicurarci che lo scambio di dati personali dei passeggeri in viaggio verso gli Stati Uniti non violi le regole di protezione di dati.

 
  
MPphoto
 
 

  Helmut Kuhne (PSE).(DE) Signor Presidente, voglio soffermarmi sull’annuncio fatto dal Presidente in carica del Consiglio che in occasione del Vertice verrà chiesto di estendere il programma di esenzione dall’obbligo del visto a tutti i cittadini dell’Unione europea. E’ un annuncio molto importante, poiché in tal caso tutti i cittadini dell’Unione europea potranno sperimentare gli effetti pratici della politica europea, e la divisione che esiste fra loro a tale riguardo, alla quale è stato fatto riferimento, potrà essere eliminata.

Passando alla politica di sicurezza, noi europei possiamo assolutamente essere orgogliosi del fatto che l’approccio politico che abbiamo proposto – con una combinazione di diplomazia, pressione e offerte all’Iran – ora è divenuto la politica concordata dall’Unione europea e dagli Stati Uniti, ed è questo approccio che ha unito la comunità internazionale, diversamente da altri che l’avevano divisa.

Tuttavia, se c’è una politica sulla quale tutti sono d’accordo, sorge spontanea una domanda in relazione al programma antimissile, al quale molti hanno già fatto riferimento, poiché, se siamo convinti che l’approccio comune avrà successo, la questione da risolvere prima di qualsiasi discussione sul collocamento dei missili e su chi debba parteciparvi è perché, se è possibile convincere l’Iran a rinunciare agli armamenti nucleari con mezzi pacifici e con il negoziato, sia così necessario prendere nell’immediato una decisione sul posizionamento di questi missili. Dato che sinora non ho sentito nulla dai partecipanti alla presente discussione sulla politica di sicurezza che risponda a tale domanda, sarei molto lieto se la questione fosse iscritta all’ordine del giorno.

 
  
MPphoto
 
 

  Avril Doyle (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, come ha detto il Cancelliere Merkel, abbiamo bisogno di un nuovo partenariato economico ambizioso tra gli Stati Uniti e l’Unione europea, ma questo deve andare di pari passo con un nuovo ambizioso partenariato ambientale.

Si è registrato un accordo transatlantico alla recente riunione dei ministri dell’Ambiente del G8, quando si sono detti d’accordo con la relazione scientifica sottoposta a revisione tra pari di 2 500 scienziati del mondo, secondo cui il cambiamento climatico indotto dall’uomo sta accelerando e ha conseguenze non solo per l’ambiente naturale ma anche per la crescita e lo sviluppo economico, per i livelli di povertà globale, per la sicurezza internazionale e per gli approvvigionamenti di energia. E’ stato convenuto unanimemente che il cambiamento climatico richiede “un’azione pronta” e “risposte politiche rapide e decise”. Si è registrato un minore accordo, purtroppo – ma di questo non siamo sorpresi – su quali dovrebbero essere tali risposte politiche. Il punto 16 della nostra proposta di risoluzione sottolinea la delusione per il fatto che gli Stati Uniti hanno rifiutato di avanzare su questioni come gli obiettivi delle emissioni e la creazione di sistemi globali di scambio delle emissioni di carbonio.

Comunque, con la relazione Stern, le recenti elezioni negli Stati Uniti, la relazione IPCC e l’aumento delle richieste da parte dei cittadini su entrambi i fronti, mi sembra che il dialogo transatlantico e la cooperazione sul cambiamento climatico stiano di fatto aumentando e che condurranno e devono condurre a un accordo per il periodo post-Kyoto 2012 che includa gli Stati Uniti.

 
  
MPphoto
 
 

  Adrian Severin (PSE).(EN) Signor Presidente, vengo da quella parte dell’Europa dove l’America era, ed è ancora, considerata una potenza europea.

Non c’è problema globale, dal Medio Oriente ai Balcani, dall’energia al cambiamento climatico, che non possa essere risolto se l’Unione europea e gli Stati Uniti agiscono insieme. Questo dovrebbe essere il principio fondamentale sul quale costruire il partenariato transatlantico.

I concetti democratici e la retorica degli Stati Uniti e dell’Unione europea spesso differiscono, ma sono semplicemente due dialetti della stessa lingua, e questa lingua è radicata negli stessi valori fondamentali. Dobbiamo fondarci su questo fatto, e durante il Vertice dobbiamo insistere che i nostri amici americani ritornino al principio “insieme quando possibile, da soli quando è necessario” e abbandonino il principio sempre più diffuso “da soli quando è possibile, insieme quando è necessario”.

Uno dei problemi del dialogo transatlantico è che non parliamo con una sola voce. Un problema parallelo è che spesso non riconosciamo a sufficienza l’esistenza di scuole di pensiero diverse in America. Dobbiamo incoraggiare coloro che vogliono ritornare al realismo e scoraggiare la continuazione dell’unilateralismo neoconservatore.

Se vogliamo riuscire in questo tentativo, dobbiamo agire per eliminare asimmetrie e disparità in termini di ricerca, miglioramento tecnologico e spesa per la sicurezza.

Infine, dobbiamo lodare le idee ambiziose della Presidenza tedesca su un partenariato transatlantico. E’ ora di lavorare per una zona di libero scambio transatlantica che possa aprire la strada a una cooperazione transatlantica istituzionalizzata. Abbiamo bisogno di più partenariato e meno rivalità.

 
  
MPphoto
 
 

  Georgios Papastamkos (PPE-DE).(EL) Signor Presidente, è risaputo che l’Unione europea e gli Stati Uniti sono attori chiave nella politica commerciale mondiale. Come membro della commissione per il commercio internazionale, vorrei dire che l’intesa tra i due partner, con relazioni armoniose e funzionali, conduce a risultati positivi non solo a livello bilaterale. Gli effetti positivi sono trasferiti al sistema generale multilaterale di scambi commerciali, influenzando l’equilibrio commerciale su scala mondiale, non in termini di potere politico ma in termini di interdipendenza economica.

Più rafforziamo la convergenza tra commercio e politica, più diverranno visibili gli effetti della cooperazione economica e politica internazionale. Le voci contrarie al sistema commerciale multilaterale nel quadro dell’OMC lasciano spazio alla frammentazione del sistema commerciale mondiale e non lasciano alternative a un ritorno al bilateralismo.

Onorevoli colleghi, le discipline dell’OMC tollererebbero un importante mercato libero euro-atlantico, che attualmente rappresenta il 40 per cento del commercio mondiale? Quali sarebbero le conseguenze per altri paesi, specialmente quelli in via di sviluppo?

 
  
MPphoto
 
 

  Richard Falbr (PSE).(CS) Signor Presidente, onorevoli colleghi, in tutta la loro storia, i pompieri cechi sono entrati in conflitto con due concetti della politica estera degli Stati Uniti, vale a dire il concetto di faro e il concetto di crociata. La dottrina di Monroe del 1823 e le azioni di Roosevelt nel 1904, in altre parole il diritto di intervenire e gli interventi compiuti nei Caraibi – Haiti, Panama, Repubblica Domenicana, Cuba e Guatemala – sono illustrazioni significative di una dottrina vecchia di un secolo che ora è stata riesumata. Sin dall’importante Vertice NATO a Washington all’epoca del bombardamento della Serbia, è risultato chiaro che gli Stati Uniti possono andare avanti per la loro strada senza il Consiglio di sicurezza e senza la NATO.

E’ emersa la globalizzazione dell’intervento militare, parallelamente alla globalizzazione economica. L’amministrazione Bush è tornata indietro di cento anni. Non può continuare così. Occorre ricordare agli Stati Uniti che “il diritto internazionale non deve essere disprezzato, la tortura è uno strumento che non produce risultati credibili; e la democrazia non può e non deve essere esportata usando le baionette”.

Io dico sì alle relazioni transatlantiche, ma su un piano di parità, senza i comportamenti tipicamente servili mostrati da alcuni dei nuovi Stati membri.

 
  
MPphoto
 
 

  Antonio Tajani (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi in Italia si celebra la Festa della liberazione nazionale, la fine della dittatura e della guerra. Tuttavia, non potremmo ricordare il 25 aprile 1945 se non ci fosse stato anche il sacrificio di migliaia e migliaia di giovani americani. Senza l’impegno degli Stati Uniti, l’Europa non avrebbe potuto sconfiggere, dopo il nazismo, anche il comunismo.

Nel parlare di relazioni transatlantiche non possiamo dimenticare chi si è battuto per la nostra libertà perché condivide i valori fondamentali della nostra società occidentale. E’ per questo motivo che le relazioni con la più importante democrazia del mondo devono rappresentare un cardine della politica europea, dalla lotta al terrorismo e per la sicurezza a quella contro il narcotraffico, dalla ricerca della libertà energetica alla questione dei cambiamenti climatici.

In questo contesto, l’Europa deve sostenere la proposta Merkel che punta alla creazione di una zona di libero scambio transatlantico. Sono altresì convinto che la nascita di un futuro esercito europeo non debba essere in contrasto con la NATO, strumento utile per l’ONU e per la sicurezza di tutti quanti noi.

Tuttavia, come l’Europa ha bisogno dell’America, l’America non può fare a meno di un’Europa forte, capace di essere interlocutore leale, credibile e affidabile nonché protagonista indispensabile nella difesa dei valori comuni sui quali si fondano le nostre democrazie e la democrazia degli Stati Uniti.

 
  
MPphoto
 
 

  Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, anche se, in considerazione dell’orario, intendo essere molto breve, desidero innanzi tutto ringraziarvi per questa discussione vivace e franca.

Un punto essenziale che è emerso dal dibattito è che è meglio parlarsi che parlare l’uno dell’altro. Risulta evidente dai contatti mantenuti tra i deputati al Parlamento europeo e i membri del Congresso degli Stati Uniti che il dialogo è l’unico modo per imparare gli uni dagli altri e per comprendersi meglio.

Le relazioni transatlantiche erano importanti in passato e saranno importanti in futuro, in particolare in considerazione delle sfide che nell’Unione europea ci troviamo ad affrontare insieme: le questioni relative all’energia e al cambiamento climatico ma anche, per esempio, la lotta contro il terrorismo internazionale. Le nostre relazioni con altri importanti attori economici dimostrano che tutte queste cose le possiamo fare soltanto insieme e non in opposizione l’uno all’altro. Prima l’onorevole Mann ha detto che non serve a nulla né l’eccessivo entusiasmo né la frustrazione, e il pragmatismo al quale avete fatto riferimento è il modo giusto di affrontare le cose, perché il pragmatismo è vitale in qualsiasi dialogo in corso con gli Stati Uniti.

Sono state mosse alcune critiche su questioni di sicurezza che sono rilevanti non solo per gli Stati Uniti ma anche per l’Unione europea, come le norme sulla protezione dei dati, i dati dei passeggeri e la questione SWIFT. Tali questioni sono affrontate apertamente, senza elusioni, e la Commissione e la Presidenza hanno già affermato chiaramente che tutte saranno sollevate con gli americani. Vorrei mettere in evidenza ancora una volta la questione dell’esenzione dall’obbligo del visto. All’interno dell’Unione europea non vi devono essere differenze di trattamento quando si tratta di decidere chi potrà entrare negli Stati Uniti senza visto; tale possibilità deve essere aperta ai cittadini di tutti gli Stati membri dell’Unione europea, poiché è con quest’ultima che gli USA devono trattare.

Forse posso soffermarmi su alcuni altri commenti critici. Io credo che l’Unione europea sia riuscita, in certi conflitti internazionali, ad abbandonare l’unilateralismo e a orientarsi verso una forma di multilateralismo, ed è così che l’Unione europea è riuscita a coinvolgere l’America nelle sue iniziative riguardo all’Iran, che hanno anche comportato consultazioni e cooperazione con la Cina e la Russia. In questo stesso modo sono stati compiuti altri passi importanti. So che gli onorevoli deputati non sono soddisfatti di ciò che è stato realizzato sinora per quanto riguarda il Medio Oriente, ma, all’indomani del conflitto tra il Libano e Israele, si propugnava con entusiasmo una nuova mobilitazione del Quartetto per il Medio Oriente, e affrontare tali questioni in tandem con l’America dà un importante contributo. Spero che questo Vertice che coinvolge sia l’Unione europea che gli Stati Uniti condurrà alla definizione di una base sostenibile per la futura discussione di questioni critiche. Un’alleanza o una relazione non deve considerarsi pregiudicata soltanto perché vi sono punti controversi al suo interno.

 
  
MPphoto
 
 

  Vladimír Špidla, Membro della Commissione. – (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, la presente discussione è stata ovviamente abbastanza approfondita e mi prendo la libertà di parlare un poco più a lungo del solito. Sono emerse numerose e interessanti argomentazioni e ritengo giusto rispondervi in modo adeguato.

Accolgo con favore il parere del Parlamento secondo cui dovremmo lavorare insieme agli Stati Uniti al fine di trovare soluzioni multilaterali alle sfide che dobbiamo affrontare insieme: sono pienamente d’accordo. Vi assicuro che stiamo lavorando molto intensamente affinché la dichiarazione che emergerà dal Vertice UE-USA esprima in termini estremamente chiari la nostra determinazione comune a rafforzare il potere delle Nazioni Unite e a dotarle degli strumenti di cui ha bisogno per svolgere i suoi compiti.

Al Vertice UE-USA continueremo a esortare gli Stati Uniti a ricorrere in modo preferenziale alle Nazioni Unite per risolvere le crisi come quelle in Iran, nel Sudan e in Afghanistan e, naturalmente, a seguire l’approccio del Quartetto nel processo di pace in Medio Oriente.

Un altro esempio è quello del cambiamento climatico: l’approccio multilaterale è l’unico modo per affrontarlo in modo efficace. Al Vertice ci sforzeremo di assicurarci l’appoggio americano per l’avvio dei negoziati su un quadro globale nel corso dei colloqui organizzati dalle Nazioni Unite a Bali (Indonesia) a dicembre.

La Commissione ha costantemente sostenuto gli sforzi delle varie Presidenze del Consiglio di ricordare agli Stati Uniti il nostro dovere di sostenere in modo incondizionato l’applicazione del diritto internazionale alle questioni umanitarie e riguardanti i diritti umani. Vi rammento che è stata l’Unione europea, al Vertice del 2006, a indurre il Presidente Bush a dichiarare di voler vedere chiuso Guantánamo e i detenuti rimasti portati dinanzi a un tribunale o messi in libertà. Le preoccupazioni che avete espresso sono state fra le principali ragioni per l’avvio del dialogo della troika dell’Unione europea con il consulente legale del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.

Accolgo altresì con favore l’idea di un dialogo migliorato tra i deputati al Parlamento europeo e i membri del Congresso degli Stati Uniti. Il dialogo tra i parlamentari di entrambe le parti costituisce un importante pilastro delle relazioni tra l’Unione europea e gli Stati Uniti. La Commissione non ha lesinato gli sforzi per assicurare la stretta partecipazione delle istituzioni legislative alle relazioni transatlantiche e, in particolare, ha avviato tra loro il dialogo transatlantico. I membri di queste istituzioni potrebbero mettersi in una posizione ancora più forte se tenessero la loro riunione annuale al massimo livello immediatamente prima del Vertice UE-USA, come è la prassi per il dialogo economico transatlantico.

Come fa sempre, quest’anno la Commissione ha cercato di indurre i nostri partner americani a coinvolgere gli organi legislativi negli eventi a margine del Vertice; da quanto ne so, l’attuale piano degli americani è invitare i rappresentanti del TLD a una conferenza informativa di funzionari di alto livello dell’Unione europea e degli Stati Uniti nel pomeriggio dopo il Vertice.

Il nostro obiettivo è che, nel quadro del nuovo accordo strategico sulla promozione di relazioni economiche bilaterali, venga nominata una figura politica in rappresentanza di ciascuna parte per portare avanti il processo del Vertice UE-USA, e abbiamo suggerito agli Stati Uniti che queste persone o contatti, come sono definiti, siano informati da un piccolo gruppo informale composto da persone scelte tra i membri di organi legislativi, associazioni di imprese e gruppi di consumatori.

I nostri obiettivi condivisi riguardanti lo sviluppo e l’utilizzo di energie ecologiche coprono, a medio termine, limitandosi alla loro promozione, l’uso di carbone in larga misura esente da emissioni, lo sviluppo e l’uso di fonti di energia rinnovabili – i biocarburanti in particolare – e la promozione dell’efficienza energetica; in ciascuna di queste aree ci sforzeremo di fissare obiettivi qualificabili sia per l’Unione europea che per gli Stati Uniti. L’Unione lavorerà sulla base della piattaforma strategica concordata alla riunione del Consiglio europeo del 9 maggio.

Passando alla questione dei visti, devo sottolineare che l’impegno dell’amministrazione statunitense a riformare il sistema è da apprezzare, anche se, poiché sarebbe prematuro, al momento attuale, adottare una posizione sulla riforma del programma degli Stati Uniti in materia di visti, dobbiamo attendere di vedere il contenuto del documento finale, che il Congresso degli Stati Uniti potrebbe approvare già prima dell’estate. Soltanto allora la Commissione sarà in condizione di giudicare se il nuovo programma rappresenti un progresso in termini di maggiore reciprocità tra l’Unione europea e gli Stati Uniti.

La nostra posizione, che è stata chiara sin dall’inizio, è che tutti i cittadini dell’Unione devono poter entrare negli Stati Uniti senza visto, esattamente come per i cittadini statunitensi è possibile entrare senza visto nell’Unione europea. Abbiamo sollevato ripetutamente tali questioni a tutti i livelli con gli Stati Uniti e abbiamo chiesto che il programma di esenzione dall’obbligo del visto sia esteso a tutti gli Stati membri dell’Unione europea, garantendo così parità di trattamento per tutti i cittadini dell’UE.

I negoziati sui dati dei passeggeri delle compagnie aeree sono cominciati a Washington il 26 febbraio e ci aspettiamo di poterli concludere entro la fine di luglio, vale a dire entro la scadenza prevista dell’attuale accordo sui dati PNR. Abbiamo avuto ulteriori colloqui costruttivi la settimana scorsa con gli Stati Uniti, sui quali forse il Vicepresidente Frattini sarà in grado di fornirvi informazioni più particolareggiate.

Miriamo anche ad assicurare analoghe misure di sicurezza per SWIFT al fine di garantire che i dati dei cittadini europei siano protetti adeguatamente negli Stati Uniti, e stiamo continuando a lavorare con gli Stati Uniti per concordare a lungo termine una serie di principi generali di protezione dei dati. Il dialogo tra gli esperti di entrambe le parti è stato finora fruttuoso, ma non siamo ancora giunti a negoziare un accordo formale.

E’ stato fatto riferimento anche alla questione dello scudo missilistico. Su questo tema approvo ciò che ha detto Javier Solana al Parlamento il 29 marzo, vale a dire che l’Unione europea non è un’alleanza difensiva e che, ai sensi dei Trattati, la sovranità in questo settore rimane agli Stati membri, anche se va detto che ciò non significa che l’UE sia completamente estranea alla questione. In considerazione del fatto che l’Unione possiede una politica estera e di sicurezza comune e una politica di sicurezza e di difesa e che potrebbero essere coinvolte questioni di interesse comune, tra cui le relazioni tra l’Unione europea e la Russia, mi sembra importante trovare l’occasione per un dibattito su questo tema a livello di Unione.

Il caso BAWAG è interessante, ma la Commissione non ha ancora alcuna informazione sul fatto che la BAWAG abbia davvero adottato tale provvedimento; se avesse deciso di agire così, la Commissione avrebbe dovuto esserne informata, poiché questo genere di extraterritorialità non è accettabile ai sensi delle nostre leggi. I fatti del caso sono ancora poco chiari, ma le normative dell’Unione europea non consentono, in generale, tali misure né un’extraterritorialità di tal genere.

L’espressione “contatti economici” non deve essere intesa come mera deregolamentazione, ma piuttosto come la risoluzione di questioni di interesse comune in modo che si possa utilizzare realmente il potenziale economico su entrambe le sponde dell’Atlantico.

Sono sicuro – e tale convinzione è riflessa anche nella presente discussione – che le relazioni tra gli Stati Uniti e l’Unione europea e le questioni di interesse comune che condividono sono estremamente importanti e che non esistono per l’Europa relazioni di maggiore importanza. Non esiste praticamente nessuna questione rilevante in cui l’Europa e gli Stati Uniti non hanno un interesse e un coinvolgimento comune, perciò – come è stato altresì espresso chiaramente – dovremmo rivolgerci gli americani da pari a pari e coinvolgerli in un dialogo veramente razionale, senza mai perdere di vista, così facendo, i nostri valori comuni europei.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – Signor Commissario, grazie per gli sforzi compiuti per abbreviare quello che era palesemente un discorso molto più lungo.

Comunico di avere ricevuto sette proposte di risoluzione(1) ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2, del Regolamento.

La discussione è chiusa. La votazione si svolgerà in un momento successivo della giornata.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)

 
  
MPphoto
 
 

  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Uno dei principali eventi all’inizio della Presidenza tedesca dell’UE è stata la visita del Cancelliere Merkel negli Stati Uniti, con l’obiettivo di rinnovare la proposta della Germania di un partenariato strategico tra l’Unione europea, la Germania e gli Stati Uniti mirato a una “leadership mondiale condivisa”, in un momento di grandi difficoltà e di crescente isolamento dell’amministrazione Bush.

Nel contesto della rivalità/conciliazione tra le grandi potenze capitaliste europee – con in testa la Germania – e gli Stati Uniti, la situazione attuale può essere caratterizzata dal tentativo di rilanciare le cosiddette relazioni transatlantiche. Il Vertice UE-USA, previsto per il 30 aprile, è il risultato dei tentativi di superare le differenze, mettere da parte i disaccordi e riallineare le agende politiche, economiche e militari dei due lati del nord Atlantico.

Una delle priorità sull’agenda del dibattito evidenziata dal Cancelliere Merkel è il rafforzamento di quello che è denominato il “nuovo partenariato economico transatlantico”, con lo scopo di creare un “mercato transatlantico senza barriere” nei prossimi anni.

Questi sforzi – guidati dal Cancelliere Merkel e dal suo governo di coalizione tra destra e socialdemocratici – si svolgono in un momento in cui gli Stati Uniti rafforzano le loro radici militari in Europa con la creazione di nuove basi militari e con il progetto di installare sistemi antimissili che rappresentano nuove minacce alla pace.

Le macchinazioni di stampo imperialista…

 
  

(1)Cfr. Processo verbale.

Note legali - Informativa sulla privacy